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fabio a. sulpizio - Centro Interdipartimentale di Studi su Descartes e ...

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI LECCE<br />

PUBBLICAZIONI DEL CENTRO INTERDIPARTIMENTALE DI STUDI<br />

SU DESCARTES E IL SEICENTO<br />

FABIO A. SULPIZIO<br />

‘Parlar philosophice’ – ‘parlar me<strong>di</strong>ce’<br />

Eru<strong>di</strong>zione, filosofia, me<strong>di</strong>cina nell’abate Giacinto Gimma (1668-1735)<br />

CONTE EDITORE<br />

© copyright 2002 – Conte E<strong>di</strong>tore - Tutti i <strong>di</strong>ritti riservati<br />

ISBN 88-87143-66-8


DOTTORATO DI RICERCA<br />

in<br />

“Discipline storico-filosofiche”<br />

Sede amministrativa: Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Lecce<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Filologia classica e <strong>di</strong> Scienze filosofiche<br />

2


‘Parlar philosophice’ – ‘parlar me<strong>di</strong>ce’<br />

Eru<strong>di</strong>zione, filosofia, me<strong>di</strong>cina nell’abate Giacinto Gimma (1668-1735)<br />

Dottorando: Tutor<br />

Fabio Angelo Sulpizio Prof. Giulia Belgioioso<br />

Ciclo XII<br />

AA.AA. 1996-97/1997-98/1998-99<br />

3


4<br />

Introduzione p. 6<br />

Capitolo 1. Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina: la polemica Musitano-De Martino p. 20<br />

1. L’Accademia degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano: nuovi modelli <strong>di</strong> organizzazione<br />

del saper p. 26<br />

2. L’affaire Musitano-De Martino e gli attacchi alla nuova me<strong>di</strong>cina p. 30<br />

3. La Nuova Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi e il Ju<strong>di</strong>cium <strong>di</strong> Gimma p. 54<br />

Capitolo 2. Eru<strong>di</strong>zione e storia: “Non tutti amano il buon genio del secolo” p. 82<br />

1. La forma letteraria dell’Elogio e la storia p. 86<br />

2. La ‘storia’ nella Nova Encyclopae<strong>di</strong>a p. 93<br />

3. La storia negli Elogi accademici p. 98<br />

4. Gli Elogi accademici. Problemi filosofici e scientifici p. 103<br />

5. L’intervento nella Galleria <strong>di</strong> Minerva e la critica dell’astrologia p. 116<br />

6. La critica del favoloso nel primo volume delle Dissertationes academicae p. 128<br />

Capitolo 3. Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare: “Ha ogni secolo avuto i <strong>su</strong>oi<br />

antiquari e i <strong>su</strong>oi moderni”<br />

1. Le favole dell'Antico Testamento e l'origine della scienza nell'Idea<br />

dell’Italia letterata p. 155<br />

2. Teologia scolastica e nuova scienza p. 164<br />

3. Platonismo, corpuscolarismo e nuova scienza p. 169<br />

4. La nuova filosofia sperimentale p. 175<br />

5. L’astronomia p. 177<br />

6. La me<strong>di</strong>cina p. 181<br />

Capitolo 4. Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale: il ‘vivente’ e la ‘generazione’<br />

1. La generazione dei viventi: omne vivum ex ovo p. 202


2. “Tolta la Fede che si deve alla Sagra Scrittura […] chi ci assicura <strong>di</strong><br />

questo universale <strong>di</strong>luvio?” p. 210<br />

3. “Machinae quidem <strong>su</strong>nt Animalia”: me<strong>di</strong>ci contra cartesianos p. 244<br />

Conclusione p. 260<br />

Bibliografia p. 265<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi p. 295<br />

5


6<br />

Introduzione<br />

Sull’abate carmelitano Giacinto Gimma, nato a Bari il 12 marzo 1668 e<br />

morto nella stessa città il 19 settembre 1735, eru<strong>di</strong>to e poligrafo, ha riportato<br />

l’attenzione Cesare Vasoli nel 1970, in un importante saggio consacrato alla<br />

Nova Encyclopae<strong>di</strong>a, monumentale opera in sette tomi 1 . La ponderosa<br />

Encyclopae<strong>di</strong>a che rimase, com’è noto, manoscritta consentì in ogni modo<br />

all’autore <strong>di</strong> ottenere gran<strong>di</strong> cre<strong>di</strong>ti nella respublica litteraria 2 . Delle<br />

numerose relazioni che egli intrattenne con gli intellettuali più importanti<br />

dell’epoca è data testimonianza, però, solo da alcune lettere, e dagli articoli<br />

che egli scrisse per la «Galleria <strong>di</strong> Minerva» 3 .<br />

1 G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a, sive novus doctrinarum orbis in quo Scientiae omnes<br />

tam Divinae, quam Humanae, necnon et artes tum liberales, tum mechanicae, iuxta<br />

Veterum et Recentiorum inventa Libris VI pertractantur, Biblioteca Sagarrica – Visconti <strong>di</strong><br />

Bari, Mss. I/113-116, sette volumi in quattro tomi.<br />

2 C. VASOLI, L’abate Gimma e la «Nova Encyclopae<strong>di</strong>a» (Cabbalismo, lullismo e «nuova<br />

scienza» in un testo della fine del Seicento), in Stu<strong>di</strong> in onore <strong>di</strong> Antonio Corsano, Lecce,<br />

Lacaita, 1970, pp. 787-846; <strong>su</strong>ccessivamente, Vasoli ha ristampato il <strong>su</strong>o saggio in Profezia<br />

e ragione. Stu<strong>di</strong> <strong>su</strong>lla cultura del Cinquecento e del Seicento, Napoli, Morano, 1974. Oltre<br />

al fondamentale saggio <strong>di</strong> Vasoli, che comunque ha segnato la lettura <strong>di</strong> Gimma, vanno<br />

ricordate le ricerche <strong>di</strong> altri stu<strong>di</strong>osi come A. JURILLI, Aristotelici e Investiganti nella<br />

biblioteca <strong>di</strong> un abate ‘Fin de Siècle’, in «Accademie e biblioteche d’Italia», LVI (1988), n.<br />

2, pp. 11-31; Introduzione alla «Nova Encyclopae<strong>di</strong>a» <strong>di</strong> Giacinto Gimma, in «Archivio<br />

storico Pugliese», XXXII (1979), pp. 311-336; Tra<strong>di</strong>zione e rinnovamento nella cultura <strong>di</strong><br />

Giacinto Gimma, in «Quaderni della regione», XI (1981), pp. 77-88; L’abate Gimma e il<br />

ruolo delle accademie, in Storia <strong>di</strong> Bari nell’Antico Regime, t. II, Bari, 1992, pp. 223-239;<br />

Giacinto Gimma, in R. Tateo, M. De Nichilo e P. Sisto (a cura <strong>di</strong>), Puglia neolatina. Un<br />

itinerario del Rinascimento fra autori e testi, Bari, Cacucci, 1994, pp. 453-507; D.<br />

GIORGIO, L’abate Gimma e l’‘Idea della Storia dell’Italia letterata’, «Critica letteraria»,<br />

Napoli, XIV, 1986; M. CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo. Storia <strong>di</strong> una<br />

polemica nella Napoli <strong>di</strong> Giambattista Vico, «Bollettino del <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> Vichiani», XX<br />

(1990), pp. 169-184; G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo. Scritti <strong>su</strong> G.<br />

Gimma, P. M. Doria, C. Cominale, Lecce, Congedo, 1992; Philosophie aristotélicienne et<br />

mécanisme cartésien à Naples à la fin du XVIIe siècle, in «Nouvelles de la République des<br />

Lettres», I (1995), pp. 19-48. Ma cfr. anche E. GARIN, Giacinto Gimma, note e notizie, in<br />

«Giornale Critico della Filosofia italiana», XXXVIII (1959), pp. 426-427, che <strong>di</strong>versi anni<br />

prima <strong>di</strong> Vasoli aveva richiamato l’attenzione degli stu<strong>di</strong>osi <strong>su</strong>ll’abate barese.<br />

3 Di particolare importanza la lettera del 1705 a Muratori, in cui Gimma afferma che<br />

vorrebbe condurre a termine l’Encyclopae<strong>di</strong>a, e pubblicarla, ma lo preoccupavano le spese<br />

<strong>di</strong> stampa: «La mia Enciclope<strong>di</strong>a sta a buon termine, benchè per più anni non vi ho<br />

applicato; posso bensì terminare quel che rimane, ovunque mi trovi, perché ho tutto


Introduzione<br />

La vasta produzione dell’abate sembra <strong>di</strong>retta a <strong>di</strong>mostrare due as<strong>su</strong>nti<br />

principali: la possibilità <strong>di</strong> comporre un’enciclope<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tutto il sapere,<br />

seguendo il modello fornito da Alsted 1 ; il riconoscimento del fatto che il<br />

sapere ha sempre prodotto, non solo nell’età moderna, ma in ogni epoca,<br />

una contrapposizione tra veteres e novatores 2 . L’istanza enciclope<strong>di</strong>ca si<br />

rifaceva ad una caratterizzazione lulliano-ramista che non può non ricordare<br />

Alsted, e in quest’elemento Vasoli ha in<strong>di</strong>cato la centralità <strong>di</strong> Gimma 3 . Le<br />

numerose pagine de<strong>di</strong>cate ai confronti tra i meto<strong>di</strong>, le finalità e i contenuti<br />

dei saperi dei veteres e dei novatores, portavano, d’altro canto, l’abate al<br />

ri<strong>su</strong>ltato, per certi aspetti sorprendente, del rifiuto dell’identificazione dei<br />

veteres con gli aristotelici e dei novatores con i cartesiani. Si ripresenta,<br />

così, negli scritti gimmiani il topos della critica all’aristotelismo, ma in<br />

forme nuove: e, se Giuseppe Valletta aveva as<strong>su</strong>nto la ‘parte istorica’ per<br />

svalutare, <strong>su</strong>l terreno filosofico e teologico, gli aristotelici e valorizzare i<br />

raccolto ed all’or<strong>di</strong>ne; bensì non penso <strong>di</strong> finirla, se non nello stesso tempo, che si stampa, e<br />

spero, che non passerà molto tempo, non altro trattenendomi, che la spesa grande, che vi<br />

bisogna per sette Tomi gran<strong>di</strong> in foglio, e già ne ho principiato il trattato, sperando ridurlo<br />

al fine, perché è opera <strong>di</strong> mio genio, dalla quale spero ricavarne qualche gloria, per essere<br />

fatica universale, e <strong>di</strong> molti anni». Mentre «la composizione degli Elogi è stata per me una<br />

semplice ca<strong>su</strong>alità, e dalla stessa non ho pretesa alcuna lode, mentre è composta in<br />

pochissimo tempo e nell’atto stesso, che si stampava con tutta fretta»: T. SORBELLI, Lettere<br />

<strong>di</strong> G. Gimma a L. A. Muratori, in appen<strong>di</strong>ce a L. A. Muratori e la Puglia, in «Archivio<br />

Storico Pugliese», V (1952), p. 332.<br />

1 Oltre che della Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, Gimma è autore <strong>di</strong> numerose altre opere sia a<br />

stampa che manoscritte. Quanto all’elenco completo dei manoscritti e gli In<strong>di</strong>ci delle<br />

Sylvae, cfr. G. BELGIOIOSO, Note per l’e<strong>di</strong>zione dei testi manoscritti <strong>di</strong> Giacinto Gimma, in<br />

Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., pp. 51-165, e G. ULIVIERI, I manoscritti <strong>di</strong><br />

Giacinto Gimma custo<strong>di</strong>ti presso la Biblioteca Nazionale ‘Sagarrica Visconti Volpi’ <strong>di</strong><br />

Bari descrizione, consistenza e provenienza, Appen<strong>di</strong>ce a G. GIMMA, Sylva rerum<br />

notabilium ab autorum operibus tum latinis, tum italicis excerptarum. Tomus III, a cura <strong>di</strong><br />

M. Occhinegro, apparato critico e fonti <strong>di</strong> G. Belgioioso, Lecce, Milella, 1999, pp. 243-250<br />

(da ora in poi G. GIMMA, Sylva seguito dal numero romano in<strong>di</strong>cante il tomo; per la Sylva<br />

III verranno sempre in<strong>di</strong>cate le pagine dell’e<strong>di</strong>zione a stampa, mentre nel caso delle altre<br />

Sylvae i riman<strong>di</strong> si faranno sempre alle pagine del manoscritto).<br />

2 Cfr. G. BELGIOIOSO, Aristotelici ‘antiquari’ e ‘moderni’ cartesiani: Giacinto Gimma, in<br />

«Stu<strong>di</strong> filosofici», X-XI (1987-88), pp. 229-265, <strong>su</strong>ccessivamente ristampato in Cultura a<br />

Napoli e Cartesianismo…, cit., pp. 19-165; A. JURILLI, Aristotelici e Investiganti nella<br />

biblioteca <strong>di</strong> un abate ‘Fin de Siècle’, cit.<br />

3 Presso la Biblioteca Nazionale ‘Sagarrica Visconti Volpi’ <strong>di</strong> Bari, è conservata<br />

l’Autorizzazione al Gimma del S. Ufficio a leggere le opere del luterano Alsted del 14. VII.<br />

1693, ms. I/116, 23 v. Cfr, anche Art. 6. Iu<strong>di</strong>cium Encyclopae<strong>di</strong>ae Alste<strong>di</strong>i, in<br />

Prolegomena, in G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, vol. I, ms. I/116, pp. 41-42.<br />

7


Introduzione<br />

platonico-pitagorici, l’antiaristotelismo <strong>di</strong> Gimma si manifesta nella forma<br />

della critica agli ‘abusi’ dei peripatetici nel dominio delle scienze 1 .<br />

D’altra parte, l’attenzione con cui Gimma segue le vicende intellettuali più<br />

controverse della <strong>su</strong>a epoca – soprattutto il <strong>di</strong>battito <strong>su</strong>lla generazione dei<br />

viventi – consente <strong>di</strong> rileggere le <strong>su</strong>e opere a stampa inserendole nella<br />

temperie culturale che dominava l’Italia alla fine del XVII secolo, e nel<br />

primo trentennio del XVIII. In questa prospettiva, un elemento essenziale<br />

per la valutazione degli interessi <strong>di</strong> Gimma – e non della modernità o della<br />

‘giustezza’ delle <strong>su</strong>e teorie – è costituito dai cinque volumi manoscritti <strong>di</strong><br />

Sylvae 2 . Questi volumi, pur essendo solo, per lo più, appunti <strong>di</strong> lavoro,<br />

rias<strong>su</strong>nti e stralci <strong>di</strong> testi raccolti con un or<strong>di</strong>ne che forse è ca<strong>su</strong>ale, e non<br />

un’opera organica, sono una fonte inestimabile per ricostruire interessi,<br />

curiosità, intolleranze dell’abate. Permettono inoltre <strong>di</strong> definire chiaramente<br />

quali fossero i materiali con i quali Gimma lavorava, quali testi<br />

effettivamente leggeva e come e cosa ne avrebbe tratto e utilizzato nelle<br />

opere a stampa 3 . Nelle Sylvae si trovano, anche, commenti, riflessioni,<br />

1<br />

Cfr. Giuseppe Valletta. Opere filosofiche, a cura <strong>di</strong> M. Rak, Firenze, Olschki, 1975; M.<br />

RAK, La parte istorica. Storia della filosofia e libertinismo eru<strong>di</strong>to, Napoli, Guida, 1971;<br />

Di alcuni documenti dell’Ideologia della ricerca atomista e dei <strong>su</strong>oi modelli <strong>di</strong><br />

comunicazione (1681-1709), in S. Bertelli (a cura <strong>di</strong>), Il libertinismo in Europa, Milano-<br />

Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1980, pp. 435-463; V. I. COMPARATO, Giuseppe Valletta. Un<br />

intellettuale napoletano della fine del Seicento, Napoli, Istituto italiano per gli stu<strong>di</strong> storici,<br />

1970; B. DE GIOVANNI, Cultura e vita civile in G. Valletta, in Saggi e ricerche <strong>su</strong>l<br />

settecento, Napoli, Istituto Italiano per gli Stu<strong>di</strong> Storici, 1968, pp. 1-47; G. BELGIOIOSO,<br />

‘Una certa filosofia nomata comunemente moderna avvegnaché ella sia antichissime’. Il<br />

<strong>di</strong>battito <strong>di</strong> fine Seicento a Napoli, in La variata immagine <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>. Gli itinerari della<br />

metafisica tra Parigi e Napoli (1690-1733), Lecce, Milella, 1999, pp. 29-62; E. LOJACONO,<br />

Immagini <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> a Napoli: da Giuseppe Valletta a Costantino Grimal<strong>di</strong>, <strong>di</strong> prossima<br />

pubblicazione.<br />

2<br />

G. GIMMA, Sylvae rerum notabilium, Mss. I/50-54, 5 tomi in possesso della Biblioteca<br />

Sagarrica – Visconti <strong>di</strong> Bari.<br />

3<br />

Allo stato attuale degli stu<strong>di</strong>, e solo in<strong>di</strong>cativamente, si può affermare che le Sylvae hanno,<br />

riguardo il piano dell’opera e la <strong>su</strong>ccessione dei volumi, un or<strong>di</strong>ne cronologico che (fatte<br />

salve le questioni <strong>su</strong>lla cosiddetta Sylva II o Selva, e <strong>su</strong> cui mi riservo <strong>di</strong> tornare nella<br />

Premessa a G. GIMMA, Sylva rerum notabilium ab autorum operibus tum latinis, tum<br />

italicis excerptarum. Tomus I, a cura <strong>di</strong> F. Sulpizio, <strong>di</strong> prossima pubblicazione; cfr. anche<br />

G. BELGIOIOSO, Premessa a G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 2) può essere scan<strong>di</strong>to in<br />

blocchi <strong>di</strong> quattro volumi ciascuno dei quali copre un arco <strong>di</strong> circa <strong>di</strong>eci anni. La Sylva I<br />

copre un periodo più ampio rispetto alle altre, infatti in essa troviamo quella che è<br />

probabilmente la testimonianza della scrittura più antica <strong>di</strong> Gimma: a p. 389, in<br />

corrispondenza <strong>di</strong> un breve trattato de<strong>di</strong>cato alla critica dell’astrologia c’è, infatti, la glossa<br />

«Scritta in Bari nel 1685, essendo studente <strong>di</strong> Logica», mentre l’opera più tarda citata da<br />

Gimma in questa Sylva sono le Lettere ecclesiastiche <strong>di</strong> Monsignor Pompeo Sarnelli<br />

8


Introduzione<br />

precisazioni relativi ad opere che ha già pubblicato, ma anche rinvii<br />

incrociati tra i <strong>di</strong>versi volumi delle Sylvae e tra le Sylvae e la Nova<br />

Encyclopae<strong>di</strong>a 1 ; e ancora i prezzi praticati dalle stamperie napoletane, o<br />

quelli relativi al costo della carta, lunghi elenchi <strong>di</strong> papi e <strong>di</strong> re, annotazioni<br />

<strong>di</strong> ‘precisi’ fatti storici 2 e polemiche pagine in cui si <strong>di</strong>fendono i letterati<br />

italiani dalle critiche degli stranieri 3 . Esse costituiscono, per questo, la<br />

risorsa principale per l’in<strong>di</strong>viduazione delle fonti delle Dissertationes e della<br />

Fisica sotterranea, ma anche, in mi<strong>su</strong>ra limitata, dell’altra opera<br />

manoscritta, l’Encyclopae<strong>di</strong>a. In particolare, e per quel che attiene alla mia<br />

ricerca, un uso analogo delle Sylvae presenta il Ju<strong>di</strong>cium, prima opera a<br />

stampa <strong>di</strong> Gimma 4 .<br />

Vescovo <strong>di</strong> Biseglia, tomo terzo, che ne contiene altre cinquanta: aggiuntovi un Discorso<br />

istorico, e morale contra le Perucche degli Ecclesiastici, in Napoli, nella Stamperia <strong>di</strong><br />

Felice Mosca, MDCCII, a p. 392. Sylva III si apre con la trascrizione <strong>di</strong> un testo <strong>di</strong> G.<br />

Valletta, probabilmente copiato da Gimma prima del 1700: infatti è presente un passo che<br />

torna nel Ju<strong>di</strong>cium pubblicato nella Nuova Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi, e si ‘chiude’ con la<br />

trascrizione <strong>di</strong> un passo dall’e<strong>di</strong>zione del 1710 dell’Opera omnia <strong>di</strong> Baglivi. In Sylva IV<br />

troviamo un accenno a quanto <strong>su</strong>ccesso a «Roma 15. Luglio 1719». Infine in Sylva V, il<br />

testo più tardo citato è del 1732 a p. 74.<br />

1 Ad esempio, G. GIMMA, Sylva I, p. 199 dove si legge: «Lampadum aeternarum fidem in<br />

dubium vocat Ken. Digby Demonstr. Immort. animae tract. 1, c. 7, et si fuerint aliquae<br />

artificiosa quadam alimenti circulatione fieri posse putat […]. Huiusmo<strong>di</strong> lucernarum<br />

confectio unum est ex quatuor, de quibus certant Philosophi (ut <strong>di</strong>ximus in Aurifactoria in<br />

Encycloped.)», la sottolineatura è mia.<br />

2 In Sylva III, a pp. 89-92 troviamo pagine molto interessanti <strong>su</strong>lla Legge Salica; cfr. infra.<br />

3 Ancora Re<strong>di</strong>, con il Bacco in Toscana. Ditirambo <strong>di</strong> Francesco Re<strong>di</strong> accademico della<br />

Crusca con le annotazioni, in Firenze, 1685, per Piero Matini all’insegna del Lion d’Oro,<br />

<strong>di</strong>ligentemente – e tendenziosamente – annotato alle pp. 589-597 <strong>di</strong> Sylva I.<br />

4 Ju<strong>di</strong>cium Martinianum pro Musitano, et recentiorum schola me<strong>di</strong>ca. Hyacinthi Gimma J.<br />

U. D. atque illustrum Academiarum, sive Societatum, Peregrinorum Romae,<br />

Spensieratorum Rossani, etc. promotoris; necnon Academici Infecund. Platan. Unit.<br />

Inflammat. etc. Epistola ad Claris. Virum. Carolum Musitanum artium et me<strong>di</strong>cinae<br />

doctorem, academicu etc, in Nuova Staffetta da Parnaso circa gli affari della me<strong>di</strong>cina.<br />

Pubblicata dal Sig. Gaetano Tremigliozzi e <strong>di</strong>rizzata all’illustrissima Accademia degli<br />

Spensierati <strong>di</strong> Rossano, in Francfort, 1700, pp. 255-287. Sulla Nuova Staffetta…, e<br />

<strong>su</strong>ll’importanza <strong>di</strong> questo scritto nell’economia del pensiero <strong>di</strong> Giacinto Gimma, cfr. M.<br />

CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo. Storia <strong>di</strong> una polemica nella Napoli<br />

<strong>di</strong> Giambattista Vico…, cit.. Al Ju<strong>di</strong>cium de<strong>di</strong>ca anche un breve cenno B. DE GIOVANNI,<br />

Filosofia e <strong>di</strong>ritto in Francesco D’Andrea. Contributo alla storia del previchismo, Milano,<br />

Giuffrè, 1958, pp. 54-55, in cui nota che «il Gimma in una lettera a Carlo Musitano, vede<br />

rivolto lo sforzo <strong>di</strong> Cartesio – insieme a Boyle, Gassen<strong>di</strong>, Galilei – ‘ad ampliandum hanc<br />

Philosophiam Experimentalem’». Sulla Nuova Staffetta sempre interessanti le notazioni <strong>di</strong><br />

N. BADALONI, Introduzione a G. B. Vico, Milano, Feltrinelli, 1961, p. 291.<br />

9


Introduzione<br />

Per tutto questo, le Sylvae debbono essere considerate parte integrante del<br />

corpus degli scritti gimmiani: costituiscono una testimonianza preziosa delle<br />

scelte compiute da Gimma. Esse, tuttavia, non si limitano a fornire al lettore<br />

in<strong>di</strong>cazioni interne al percorso formativo e <strong>di</strong> ricerca dell’abate. I libri che<br />

Gimma legge e appunta sono quelli che i <strong>su</strong>oi contemporanei leggono e<br />

appuntano insieme con lui. Gimma ne <strong>di</strong>scute con Vallisneri, Lancisi,<br />

Crescimbeni e tanti altri. A loro si rivolge quando a Bari trova <strong>di</strong>fficoltà nel<br />

rifornirsi <strong>di</strong> libri; da loro riceve le ultime novità e le loro stesse opere. Le<br />

scelte documentate nelle Sylvae appaiono non appartenere solo al loro<br />

autore, ma essere con<strong>di</strong>vise dai più importanti letterati veneti, napoletani,<br />

toscani a lui contemporanei. L’orizzonte, apertoci da questi manoscritti,<br />

mostra una rete <strong>di</strong> testi e <strong>di</strong> questioni che inducono a ripensare la presenza e<br />

la consistenza delle filosofie moderne nel Meri<strong>di</strong>one d’Italia e la stessa<br />

vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> denominazioni quali quella <strong>di</strong> cartesiani per in<strong>di</strong>care in blocco i<br />

letterati napoletani novatores e il medesimo Gimma. È significativo, ad<br />

esempio, che quest’ultimo accolga la teoria cartesiana dell’animale<br />

macchina, riportandola, però, alla prospettiva <strong>di</strong> una teoria «ricavabile dal<br />

De motu animalium <strong>di</strong> Borelli e riconducibile ad Aristotele, ossia quella per<br />

cui non solo gli animali, ma anche gli uomini, sono definibili macchine in<br />

quanto costituiti <strong>di</strong> organi che si muovono meccanicamente» 1 . La <strong>su</strong>a,<br />

in<strong>di</strong>scutibile, adesione alla filosofia dei moderni va intesa cogliendone la<br />

complessità: Gimma innesta <strong>su</strong> un preesistente sostrato <strong>di</strong> empirismo <strong>di</strong><br />

matrice aristotelica (con forti simpatie, però, per la filosofia corpuscolare,<br />

nel senso illustrato da Vasoli) il più recente empirismo <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong>, <strong>su</strong> cui<br />

l’eru<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Bari ha lungamente me<strong>di</strong>tato 2 . A conclusione del <strong>su</strong>o percorso,<br />

1 G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., p. 36. Ma cfr. anche J. U. D. D.<br />

Hyacinthi Gimma Barensis, Civitatis Neap. Advoc. Extraor<strong>di</strong>narii: Ruscianensis<br />

Incuriosorum Societatis Promotoris-Perpetui, etc. Dissertationum academicarum tomus<br />

secundus, qui dua exhibet Dissertationes, nempè III. De Brutorum Anima, et Vita. IV.<br />

Miscellanea: De Hominibus, et Animalibus Fabulosis. Et Fabulae in Philosophia-<br />

Experimentali, praesertim in Hominum, et Animalium Historia Naturali introductae, non<br />

sine ratione, et Observationibus refelluntur. Illustriss., et reveren<strong>di</strong>ss. Domino D.cono<br />

Luchino De Verme Episcopo Ostuni, Summi Pontificis Episcopo Assistenti, Comiti<br />

Palatino, Equiti Aurato, J. U. D. Societatis Ruscianensis Incuriosorum Academico, etc.<br />

Neapoli apud Felicem Muscam 1732, pp. 136-137: «Machinae quidem <strong>su</strong>nt Animalia, quod<br />

Aristoteles etiam affirmavit; sed ab anima <strong>di</strong>riguntur; unde Alphon<strong>su</strong>s Borellus in Tract. De<br />

Motu Animalium, eorundem Machinas fusè osten<strong>di</strong>t, juxta eorundem, et membrorum<br />

varietatem; part. 1 enumerat ea, quae <strong>su</strong>pponi debeant».<br />

2 Cfr. G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., pp. 21-24; C. VASOLI,<br />

10


Introduzione<br />

Gimma definisce un concetto <strong>di</strong> modernità che attraversa la storia, e che si<br />

caratterizza in base alla scelta del metodo dell’osservazione empirica e della<br />

verifica sperimentale.<br />

Posta questa premessa, e in<strong>di</strong>pendentemente dai contenuti, Gimma annota,<br />

nelle Sylvae da testi <strong>di</strong> autori come Athanasius Kircher ma anche Leonardo<br />

Di Capua, Francesco Re<strong>di</strong> e Jan Baptiste Van Helmont. Da costoro,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto che essi si schierino dalla parte dei moderni o<br />

degli antichi, attinge notizie ed esperienze e riporta i resoconti dei fenomeni,<br />

spesso improbabili, <strong>di</strong> cui sono testimoni 1 . Nes<strong>su</strong>na sorpresa, dunque, che<br />

egli in questi anni, per l’interpretazione della filosofia antica e per il valore<br />

da assegnare alle ricerche condotte dai novatores, faccia ricorso anzitutto ai<br />

resoconti delle attività della Royal Society 2 . Nel primo volume delle Sylvae<br />

L’abate Gimma e la «Nova Encyclopae<strong>di</strong>a»..., cit., p. 825. Sulla presenza <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong> nelle<br />

Sylvae, cfr. Sylva I che presenta a pp. 639-654, la traduzione italiana <strong>di</strong> alcuni passi dalle<br />

Animadversiones…; Sylva III, dove Gimma trascrive altre sezioni dalle Animadversiones…,<br />

a pp. 126-130; infine in Sylva IV gli appunti tratti dalle Animadversiones…, occupano pp.<br />

1-158.<br />

1 Sulla <strong>di</strong>ffusione della filosofia moderna a Napoli cfr. N. BADALONI, Introduzione a G. B.<br />

Vico…, cit.; molto interessante anche da questo punto <strong>di</strong> vista, E. LOJACONO, L’arrivo del<br />

«Discours»…, cit., che ben ricostruisce l’ambiente intellettuale napoletano e la <strong>su</strong>a reazione<br />

all’arrivo delle opere dei filosofi moderni portati da Cornelio; cfr. anche N. BADALONI,<br />

Fermenti <strong>di</strong> vita intellettuale a Napoli dal 1500 alla metà del ‘600, in Storia <strong>di</strong> Napoli,<br />

Napoli, Società e Storia <strong>di</strong> Napoli, vol. V, 1 1972, pp. 643-689, che mette in luce come<br />

Napoli fosse già un luogo <strong>di</strong> cultura autonomamente preparato all’accoglimento <strong>di</strong> nuove<br />

tendenze. Molto utile ri<strong>su</strong>lta il fascicolo III <strong>di</strong> settembre-<strong>di</strong>cembre 1996 del Giornale critico<br />

della filosofia italiana, numero monografico de<strong>di</strong>cato alla <strong>di</strong>ffusione del cartesianesimo in<br />

Italia tra XVII e XVIII secolo, in cui oltre al già ricordato intervento <strong>di</strong> Ettore Lojacono,<br />

vengono pubblicati altri interventi <strong>di</strong> grande interesse, quale quello <strong>di</strong> R. GATTO (Il<br />

cartesianismo matematico a Napoli, pp. 360-379) che illustrano con chiarezza quale fu<br />

l’accoglienza ricevuta dalle opere <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>.<br />

2 A causa del loro carattere <strong>di</strong>scontinuo e frammentario le Sylvae presentano numerose<br />

<strong>di</strong>fficoltà, così il modo migliore per orientarsi al loro interno è probabilmente la selezione<br />

<strong>di</strong> tematiche che permettono <strong>di</strong> accorpare la decine, e in alcuni casi centinaia, <strong>di</strong> pagine che<br />

Gimma ha scritto in tanti anni. Ora, il rapporto con la philsophia recepta, formula<br />

preferibile ad un troppo vago ed impreciso, soprattutto trattando <strong>di</strong> Gimma, ‘aristotelismo’,<br />

e la critica <strong>di</strong> essa viene delineata in prima approssimazione con <strong>su</strong>fficiente chiarezza in<br />

Sylva I, nelle primissime pagine grazie alla lettura <strong>di</strong> Gimma degli atti della Royal Society.<br />

Sulla Royal Society C. WEBSTER, La grande instaurazione. Scienza e riforma sociale nella<br />

rivoluzione puritana, Milano, Feltrinelli, 1980; M. BOAS HALL, Promoting Experimental<br />

Learning. Experiment and the Royal Society 1660-1727, Cambridge-New York-Port<br />

Chester-Melbourne-Sydney, Cambridge University Press, 1991; <strong>su</strong>i contatti con vari<br />

esponenti della cultura italiana, della stessa autrice, La scienza italiana vista dalla Royal<br />

Society, in R. Cremante e W. Tega (a cura <strong>di</strong>), Scienza e letteratura nella cultura italiana<br />

del Settecento, Bologna, Il Mulino, 1984, pp. 47-64. Sui contatti della Royal Society e gli<br />

11


Introduzione<br />

ricopia, annota, commenta i saggi pubblicati da Oldenburg negli Acta<br />

Philosophica, nella traduzione latina delle Philosophical Transactions<br />

pubblicata a Lipsia nel 1675, che ebbe una notevolissima <strong>di</strong>ffusione. Sylva I<br />

si apre con ben quattro pagine de<strong>di</strong>cate a definire quale sia una filosofia<br />

congruente alla nuova scienza e in che mi<strong>su</strong>ra l’aristotelismo può ancora<br />

produrre conoscenze utili e coerenti con le scoperte scientifiche più recenti 1 .<br />

Gimma affronta questi problemi utilizzando – e in certa mi<strong>su</strong>ra adattando<br />

alle proprie esigenze – gli articoli pubblicati negli Acta lon<strong>di</strong>nesi: sotto il<br />

titolo Philosophia 2 , infatti, copia una recensione all’importante testo <strong>di</strong><br />

Thomas Sprat <strong>su</strong>lla storia della Royal Society, che riconduceva l’ispirazione<br />

della società lon<strong>di</strong>nese all’attività e all’opera <strong>di</strong> Francis Bacon. L’autore<br />

dell’articolo in<strong>di</strong>vidua due forme <strong>di</strong> filosofia: la prima, perversa e degna <strong>di</strong><br />

biasimo, si riduce alle sterili <strong>di</strong>spute che rendono l’intelletto debole, e<br />

incapace come farebbe il peggiore dei morbi 3 ; la seconda è la ‘filosofia<br />

sperimentale’, farmaco che preserva la mente dalla corruzione e <strong>di</strong>sperde le<br />

ombre che oscurano le azioni umane 4 . Una <strong>di</strong>chiarazione d’intenti, per così<br />

investiganti, cfr. M. H. FISCH, L’accademia degli Investiganti, in «De Homine», (1968), n.<br />

27-28, pp. 17-78. Sull’uso <strong>di</strong> riviste e abstracts cfr. <strong>Descartes</strong> e dopo <strong>Descartes</strong>: il metodo,<br />

la matematica, le scienze, in G. Belgioioso et alii (a cura <strong>di</strong>), <strong>Descartes</strong>: il metodo e i<br />

Saggi, 2 voll., Roma, Istituto della Enciclope<strong>di</strong>a Italiana, 1990, Vol. II, pp. 699-730.<br />

1 Cfr. Sylva I, pp. 2-6.<br />

2 Cfr. Acta philosophica Societatis Regiae in Anglia, Anni MDCLXV, LXVI, LXVII, LXVIII,<br />

LXIX, Auctore Henrico Oldenburgio, Societatis Reg. Secr. Anglice conscripta, et in<br />

Latinum Versa Interprete C. S. Nunc Iterum, Adjecto In<strong>di</strong>ce Accurato, E<strong>di</strong>ta. Lipsiae,<br />

Sumptibus Johannis Fritschii, Bibliop. Typis Johannes Erici Hahnii, 1675, p. 409 (da<br />

questo momento AP seguito dal numero <strong>di</strong> pagina). Si tratta <strong>di</strong>: AP Mensibus Jul. August.<br />

et Sept., n. 23, Relatio quorundam Librorum I. Historiae Regiae Societatis Lon<strong>di</strong>nensis,<br />

institute Promotionem Philosophiae experimentalis, per Tho. Sprat. Cfr. AP pp. 407-412.<br />

Ci sarà occasione <strong>di</strong> tornare <strong>su</strong>ll’importanza rivestita da Oldenburg e <strong>su</strong>lla presenza<br />

dell’e<strong>di</strong>zione lipsiense delle Philosophical Transactions.<br />

3 G. GIMMA, Sylva I, p. 2: «Duplex est Philosophia: alia reprehensionem incurrit, quod<br />

consistat in arguendo, et <strong>di</strong>sputando, quod animos nostros inflet, reddatque tumidos,<br />

insolentes, arrogantes, obstinatos, aversosque a praxi, et inidoneos <strong>su</strong>fferen<strong>di</strong>s<br />

<strong>di</strong>fficultatibus operationis, nec non propensos in res nullibi in Terrarum Orbe utiles, et<br />

rerum praeteritarum sollecitu<strong>di</strong>ne incuriosos praesentium». Cfr. anche AP 409.<br />

4 Id., pp. 2-3: «alia, quae <strong>di</strong>citur experimentalis, homines impellit ad tentamina, et labores,<br />

curat animos eorum a tumore Thrasonico, ostendendo eis omnia familiarissime et quidem<br />

exacte secundum rerum ipsarum amplitu<strong>di</strong>nem; liberat eos a perversitate, non permittendo<br />

iis conclusionum <strong>su</strong>arum nimis peremptorium iu<strong>di</strong>cium; manus eorum as<strong>su</strong>efacit rebus,<br />

quibuscum negotio vitae arctius interce<strong>di</strong>t cognationis vinculum; propellit umbras, quae vel<br />

extendunt, vel obscurant actiones humanas. Thom Sprat in Hist. Reg. Soc. Lon<strong>di</strong>nens».<br />

12


Introduzione<br />

<strong>di</strong>re, che sarà espressa con parole molto simili nell’Idea della storia<br />

dell’Italia letterata 1 :<br />

Non altra cura hanno per molti secoli <strong>di</strong>mostrata i Filosofi, che <strong>di</strong> specolare,<br />

commentare, e tradurre quanto avevano gli Antichi insegnato, e tutti i contrasti<br />

nell’argomentare, e <strong>di</strong>sputare si son veduti per <strong>di</strong>fender quelle dottrine, che da’<br />

Greci si sono ricevute [...]. Altra Filosofia però, che appellano Sperimentale<br />

professano alcuni Moderni, quella naturale Scienza solo coltivando, che col mezo<br />

della Notomia, e delle osservazioni può errar meno, e <strong>di</strong>scuoprire i segreti della<br />

Natura per la via de’ sensi, dalla ragione, e dalla sperienza guidati [...]. Bisogna<br />

leggere le nostre Dissertazioni De Hominibus Fabulosis, e De Fabulosis<br />

Animalibus, per osservare quante favole degli Antichi, ed anche <strong>di</strong> alcuni moderni<br />

sono state nella sola Istoria naturale degli Animali mantenute, ed insegnate lungo<br />

tempo per vere da Uomini ancora dotti; perché avea gran forza l'autorità <strong>di</strong> qualche<br />

Scrittore a far credere quelche alla Sperienza, ed alla osservazione era affatto<br />

contrario 2 .<br />

Il vero confronto è tra una filosofia moderna portatrice <strong>di</strong> luce e utile<br />

all’uomo ed una filosofia recepta attardata <strong>su</strong> inutili <strong>di</strong>squisizioni<br />

<strong>di</strong>alettiche 3 . Gli «Aristotelici […] <strong>su</strong>is asperis et duris contentionibus,<br />

sterilique et obstrepente garrulitate sibi ipsis nocent» 4 ; <strong>di</strong>ffondono le<br />

tenebre, contro la luce rasserenatrice portata dalle conclusioni dei filosofi<br />

1 Sull’ispirazione baconiana della Royal Society insiste Gimma a pp. 164-165 <strong>di</strong> Sylva I:<br />

«Regiae Societatis Angliae Domus fundamenta stravit Franciscus Baco de Verulamio.<br />

Insignia Societati concessa <strong>su</strong>nt Argentea cum Gentilitiis Anglici Regni in prima <strong>di</strong>visione,<br />

dein Aquila, et duo canes venatici cum duabus coronis loco monilium pro fulcris. Lemma a<br />

societate electum est. Nullius in verba, cui lemmati ad<strong>di</strong>tum emblema, argenteus campus<br />

cum mensa vacua. Pro conventu celebrando donavit iisdem munificentissme Rex<br />

Collegium Greshamense et Praesi<strong>di</strong> Collegii, qui e Comitum numero est, concessit, ut<br />

Baculus argenteus sceptri Academici instar praeferretur, Au<strong>di</strong>torium intraturo, mensae illi<br />

imponendus, cui Praeses cum secretario assidet, reliquis Academici in scamnis<br />

circumsedentibus. Latius Regiae huius Societatis originem, occasionem institutionis,<br />

Patroni, incitamenta, <strong>di</strong>ploma, statuta, ordo, menbra, numerus illorum, universalis<br />

correspondentia singulari libro descripta in lingua Anglica. 1667, Lon<strong>di</strong>ni pro<strong>di</strong>erunt cum<br />

titulo: Historia Societatis Regiae». Il brano non è tratto, però, AP, bensì da Praemissa,<br />

Historia <strong>su</strong>ccinta et brevis ortus et progres<strong>su</strong>s S. R. Imp. Academiae Naturae Curiosorum,.<br />

in Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica…, cit., t. II.<br />

2 G. GIMMA, Idea della storia…, cit., t. II, pp. 509-510. A proposito <strong>di</strong> queste favole si<br />

possono vedere le critiche a Paracels o, che Gimma colloca tra i moderni, in Dissertationes<br />

academicae…, cit., De fabulosis Hominibus Paracelsi, t. I, pp. 14-16.<br />

3 G. GIMMA, Sylva I, pp. 3-6. Cfr. AP 329-334: Praefatio ad tertium horum Actorum<br />

Annum, mensis martii 1666. L’autore è H. Oldenburg.<br />

4 G. GIMMA, Sylva I, p. 3.<br />

13


Introduzione<br />

sperimentali. Aristotele, alcuni «magnum Oraculum appellant. Nos vere<br />

maiore aestimatione veneramur veram eius <strong>di</strong>gnitatem, quam personati<br />

Aristotelici reipsa faciant. Dicimus, Logica, et Rhetorica eius maxime<br />

aestimanda esse. Ethica, et Politica ut plurimum firmae veritatis.<br />

Metaphysica in multis notionibus acuta» 1 . Tutti questi aspetti positivi, sono<br />

oscurati «et depressa examinibus parvorum serpentium Systematum, et<br />

<strong>di</strong>lutorum Commentariorum». E per quanto concerne le altre opere<br />

aristoteliche, «libros de Animantibus, eiusdem Mathematicos, et<br />

Mechanicos, eos numquam inspiciunt. Eius solum defectus evellunt, et<br />

assertiones temerarias, eius velitationes cum Veterioribus, et Coaevis circa<br />

atomos, et obscuriora principia. Materiam, quae neque quid sit, neque<br />

quantum, neque quale. Formam, et <strong>su</strong>bstantiam, quam Cicero ipse<br />

interpretari non potuit […]. Legant Aristotelem, legant eum in lingua<br />

Graeca, qua ipse scripsit; legant ip<strong>su</strong>m totum, et integrum de capite ad<br />

calcem; sed ne pascantur tantum in eius ulceribus, et tuberibus», mentre il<br />

vero lavoro <strong>di</strong> chi vuole fare filosofia «est tam requirere omnes probatas<br />

antiquitates, quam nova inventa ad perfectionem perducere, tam bona vetera<br />

<strong>su</strong>bsi<strong>di</strong>a recuperare, quam invenire nova, et eodem cultu veneramur secula<br />

Veterum, ac praesens seculum; nobisque statutum est recludere omnia<br />

naturae repositoria, extrahere eius secretissimas operationes, et raritates, et<br />

eru<strong>di</strong>tis communicare» 2 .<br />

Il passo è importante perché fa risaltare i due tratti che a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma<br />

caratterizzano la scienza moderna: il valore sovranazionale del sapere 3 , tema<br />

portante non solo per l’eru<strong>di</strong>to Gimma ma anche per il Promotore <strong>di</strong><br />

un’Accademia <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> ambizioni; l’importanza della collaborazione fra gli<br />

scienziati che debbono in<strong>di</strong>rizzare il loro sapere al fine <strong>di</strong> realizzare il<br />

miglioramento della vita degli uomini, anche <strong>di</strong> quei e popoli ‘altri’ che le<br />

nuove scoperte geografiche hanno fatto conoscere. Gimma, rias<strong>su</strong>me e<br />

accetta le opinioni <strong>di</strong> Oldenburg il quale, <strong>di</strong>fendendo l’opera della Royal<br />

Society critica, più che Aristotele, i pedanti ripetitori <strong>di</strong> dottrine ormai<br />

<strong>su</strong>perate, quei vires, cultores virtutis, che vengono identificati con gli<br />

1 Ib.<br />

2 Id., pp. 4-6. Gimma scrive solo eru<strong>di</strong>tis communicare, mentre il testo porta: «id debito<br />

tempore communicare in toto terrarum orbe iis, quibus res has cordati <strong>di</strong>squirere placuerit»<br />

(AP 333).<br />

3 Cfr. G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., pp. 19-22.<br />

14


Introduzione<br />

aristotelici. Con lui ripete il giu<strong>di</strong>zio positivo <strong>su</strong>lla logica e la retorica<br />

aristoteliche, e le riserve <strong>su</strong> etica, politica e metafisica («Logica, et<br />

Rhetorica eius maxime aestimanda esse. Ethica, et Politica ut plurimum<br />

firmae veritatis. Metaphysica in multis notionibus acuta»), riba<strong>di</strong>sce le<br />

deficienze della filosofia <strong>di</strong> Aristotele, e rivolge agli aristotelici l’invito a<br />

leggere Aristotele, a leggerlo per intero e in greco, per avvicinarsi ad un<br />

pensatore tanto importante quanto oscuro e <strong>su</strong>perare così tante perniciose<br />

esegesi 1 . Con Oldenburg, ancora, con<strong>di</strong>vide l’idea che lo scopo della Royal<br />

Society, e <strong>di</strong> riflesso <strong>di</strong> ogni accademia degna <strong>di</strong> questo nome, è <strong>di</strong>ffondere<br />

le scoperte della nuova filosofia sperimentale, rileggere criticamente le<br />

opere degli antichi recuperando ciò che in esse c’è <strong>di</strong> valido, avviare un<br />

forte confronto con gli ‘eru<strong>di</strong>ti’ <strong>di</strong> tutto il mondo.<br />

Verificare le teorie degli antichi e dei moderni per <strong>di</strong>stinguere il vero dal<br />

falso, lo scientifico dal favoloso è proprio quanto si propone Gimma 2 . La<br />

verifica delle teorie degli antichi è quella che abbisogna dell’eru<strong>di</strong>zione e<br />

della storia. La verifica delle teorie dei moderni avviene attraverso una<br />

sperimentazione rigorosa ma, a giu<strong>di</strong>zio dell’abate, ancora imperfetta. Egli<br />

conosce bene limiti della sperimentazione e, quin<strong>di</strong>, gli ostacoli che si<br />

frappongono alla costruzione <strong>di</strong> una scienza vera e certa. Le <strong>su</strong>e<br />

considerazioni <strong>su</strong>ll’esperimento sono rilevanti: l’esperimento è definito un<br />

concetto mutevole nel tempo. Non possono, infatti, essere definiti<br />

esperimenti quelli che in tal modo Aristotele presentava. Quest’ultimo, ad<br />

esempio, non <strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong> quella strumentazione <strong>di</strong> <strong>su</strong>pporto <strong>di</strong> cui i<br />

moderni si avvalgono. In secondo luogo, le osservazioni isolate, o ri<strong>su</strong>ltanti<br />

da esperimenti che non vengono ripetuti con regolarità, non possono<br />

confermare una teoria, ciò che Gimma vede accadere in quegli autori che<br />

propongono come vere solo cose che sono verisimiles, o ad<strong>di</strong>rittura<br />

impossibiles. Al contrario le osservazioni debbono essere catalogate e<br />

or<strong>di</strong>nate al fine <strong>di</strong> elaborare una storia naturale vera ed universale 3 . La<br />

1 L’esortazione <strong>di</strong> Oldenburg ri<strong>su</strong>lta indebolita dalla trascrizione <strong>di</strong> Gimma che trasforma<br />

l’imperativo Legite in un più morbido legant: «Legite Aristotelem, legite eum in lingua<br />

Graeca, qua ipse scripsit; legite ip<strong>su</strong>m totum, et integrum de capite ad calcem» (AP 333).<br />

2 Un progetto per certi aspetti analogo era stato portato avanti da Fabio Colonna, cfr. A.<br />

OTTAVIANI, La natura senza inventario: aspetti della ricerca naturalistica del linceo Fabio<br />

Colonna, in «Physis. Rivista internazionale della scienza», XXXIV (1997), nn. 1-2, pp. 31-<br />

72, a cui rinvio per la bibliografia.<br />

3 Cfr. G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., p. 32, dove mette in rilievo<br />

15


Introduzione<br />

filosofia naturale deve, dunque, mettere insieme e conciliare la ‘parte<br />

istorica’ e quella ‘osservativa’, i dati storici e quelli ri<strong>su</strong>ltanti dalle<br />

osservazioni. Il lavoro al quale l’abate pensa non può che essere il ri<strong>su</strong>ltato<br />

<strong>di</strong> un impegno <strong>di</strong> gruppo, il prodotto collettivo <strong>di</strong> un progetto comune, come<br />

è possibile solo nelle accademie. Questo è il progetto <strong>di</strong> cui Gimma investe<br />

l’Accademia degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>venta Promotore perpetuo.<br />

Nelle pagine che seguono mi propongo <strong>di</strong> seguire il percorso <strong>di</strong> Gimma dal<br />

momento del <strong>su</strong>o ritorno a Bari (1696) sino alla pubblicazione del secondo<br />

volume delle <strong>su</strong>e Dissertationes academicae. Come si vedrà, sono anni<br />

contrad<strong>di</strong>ttori: l’abate entrerà in contatto con alcuni fra i più importanti<br />

esponenti della cultura italiana; renderà l’Accademia degli Spensierati <strong>di</strong><br />

Rossano una istituzione <strong>di</strong> rilievo nel panorama meri<strong>di</strong>onale; parteciperà<br />

<strong>di</strong>rettamente a quella che forse è l’ultima grande polemica che investe la<br />

me<strong>di</strong>cina napoletana nell’ambiente che si ispira al dettato degli Investiganti;<br />

interverrà, in<strong>di</strong>rettamente con la <strong>su</strong>a Idea dell’Istoria dell’Italia letterata,<br />

nella polemica Bouhours-Orsi; pubblicherà opere che ritiene si possano<br />

legittimamente inserire nel <strong>di</strong>battito scientifico più avanzato <strong>su</strong> questioni<br />

fondamentali quali la generazione dei viventi e la formazione dei fiumi, dei<br />

monti e, più in generale, delle pietre. Nonostante tutto ciò, egli si sentirà<br />

che nel 1732, nel secondo tomo delle Dissertationes academicae…, pp. 2-3 vi sarà una<br />

maggiore insistenza <strong>su</strong>lla matrice galileiana e sperimentale delle ricerche dei recentiores e<br />

<strong>su</strong>lla loro fedeltà al programma baconiano. Infatti, a p. 3 Gimma adotta un motto <strong>di</strong> Francis<br />

Bacon: «Non fingendum, aut excogitandum; sed inveniendum qui Natura faciat, aut<br />

quaerat», per illustrare il proce<strong>di</strong>mento investigativo dei moderni, il più importante dei<br />

quali è Galileo, iniziatore della moderna filosofia (il motto <strong>di</strong> Bacon, con ogni probabilità<br />

non è tratto dalle opere del filosofo inglese, ma piuttosto dal motto riportato <strong>su</strong>l frontespizio<br />

dell’opera <strong>di</strong> Robert Boyle Experimenta et Considerationes de Coloribus Primum ex<br />

occasione inter alias quasdam Diatribas, ad amicum scripta, nunc vero in lucem pro<strong>di</strong>re<br />

passa, seu Initium Historiae Experimentalis de Coloribus a Roberto Boyle Nobili Anglo, et<br />

Societatis Regiae Membro. Non fingendum, aut excogitandum, sed inveniendum, quid<br />

natura faciat aut ferat. Bacon, Roterodami, Ex officina Arnol<strong>di</strong> Leers, 1671). Gimma, «non<br />

negat inter Priscorum non paucas nugas aliqua etiam seria involvi; sed ipse quoque non<br />

pauca docuit fabulosa, et multa defen<strong>di</strong>t, quae antiquitatem sapiunt; deceptus, quod non<br />

omninò talia creduntur; quamvis evidens illaurm causa, et ratio non ità facilè inveniatur.<br />

Proponit exemplum, quod tot sympathiae, et antipathiae genera Me<strong>di</strong>ci observarunt,<br />

quorum plerumque causa nulla red<strong>di</strong>tur. Constat autem nova Recentiorum methodo<br />

introducta, plurima Veterum esse penitùs falsa, et imaginaria, non veritate, et solida ratione<br />

firmata, sed autoritate, et aliorum infirma ratione; unde tot animalia, et alia quaedam à<br />

Poetis efficta inter vera fuerunt connumerata» (ib.). Più che matrice galileiana però, è forse<br />

il caso <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> una più generica matrice sperimentale, con forti simpatie corpuscolari,<br />

come avrò occasione <strong>di</strong> mostrare.<br />

16


Introduzione<br />

sempre, ed effettivamente sarà, a margine della circolazione delle idee in<br />

Italia. Un <strong>su</strong>o rammarico è che non ci sono ‘letterati’ a Bari.<br />

Ho gà in<strong>di</strong>cato le chiavi <strong>di</strong> lettura che ritengo più proficue: il confronto<br />

critico fra le acquisizioni della filosofia e la scienza dei moderni e quelle<br />

degli antichi. Questo confronto, egli intende svolgere <strong>su</strong>ll’intero albero del<br />

sapere, con la Nova Encyclopae<strong>di</strong>a nella quale, la parte de<strong>di</strong>cata alle ‘sette’<br />

della philosophia recepta 1 (cc. 10v-14v) sopravanza quella de<strong>di</strong>cata ai<br />

moderni. Solo una pagina ha per oggetto la filosofia dei recentiores e vi<br />

accomuna senza remore atomisti, cartesiani e gassen<strong>di</strong>sti (cc. 15 r-15v) 2 .<br />

Gimma, ben presto, è costretto a rivedere il <strong>su</strong>o progetto: la Encyclopae<strong>di</strong>a<br />

cede il posto a ricostruzioni storiche in cui l’eru<strong>di</strong>zione continua ad avere un<br />

ruolo fondamentale, ma è pensata come funzionale ad un <strong>di</strong>segno<br />

ambizioso: la liberazione della filosofia dalle favole.<br />

Il primo capitolo è de<strong>di</strong>cato alla polemica De Martino-Musitano. Questa<br />

polemica, scatenata da Pietro De Martino, me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> scuola galenica, contro<br />

Carlo Musitano, associato all’Accademia <strong>di</strong> Rossano ed amico <strong>di</strong> Gimma<br />

segna un punto <strong>di</strong> svolta. Una lettura anche non approfon<strong>di</strong>ta del Ju<strong>di</strong>cium<br />

<strong>di</strong> Gimma, scritto in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Musitano, mostra la legittimità per il filosofo<br />

<strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. Una legittimità, però, ancora fondata <strong>su</strong>l ruolo che il<br />

sapere eru<strong>di</strong>to ha nella e<strong>di</strong>ficazione della nuova scienza e non <strong>su</strong>lle<br />

conoscenze approfon<strong>di</strong>te delle questioni. Egli, per questo, evita per ora <strong>di</strong><br />

entrare nello specifico delle questioni <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. Lo farà più avanti negli<br />

Elogi accademici e soprattutto nelle opere <strong>su</strong>ccessive 3 .<br />

La convergenza <strong>di</strong> ‘parlar me<strong>di</strong>ce’ e ‘parlar philosophice’ segna la<br />

riflessione <strong>di</strong> Gimma e la varia curvatura che as<strong>su</strong>merà questo binomio nelle<br />

<strong>su</strong>e opere caratterizzerà l’intero arco della <strong>su</strong>a produzione (compresa la<br />

Fisica sotterranea). Il connubio, non scontato, <strong>di</strong> riflessione scientifica in<br />

ambito me<strong>di</strong>co e speculazione filosofica lo accomuna del resto, come<br />

vedremo, ad altri importanti esponenti della cultura italiana, da Tommaso<br />

Cornelio a Antonio Vallisneri. Questo rapporto viene da Gimma sostanziato<br />

con il ricorso – tipico dell’eru<strong>di</strong>to – alle più <strong>di</strong>verse auctoritates nei<br />

<strong>di</strong>fferenti ambiti, e con una indagine storica delle origini delle nazioni civili<br />

1 Cfr. G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, cit., Ms. I 116, cc. 10v-14v.<br />

2 Cfr. Id., cc. 15 r-15 v. Il primo dei due articoli è De Chymicorum Sectis; il secondo è De<br />

Atomisticis, Cartheisanis; aliisque sectis variis.<br />

3 Su questo problema cfr. infra, cap. I.<br />

17


Introduzione<br />

e delle scienze che segna la convergenza delle questioni più spiccatamente<br />

scientifiche (il problema della generazione dei viventi nella <strong>su</strong>a doppia<br />

valenza: negazione della generazione spontanea, da una parte, e <strong>di</strong>battito fra<br />

epigenisti e preformisti, dall’altro) e <strong>di</strong> quelle ‘storico naturali’ (problema<br />

dei fossili e della formazione delle montagne).<br />

Ciò che ormai è un dato acquisito per la storiografia, ossia che la filosofia<br />

moderna è nata anche <strong>su</strong>lle basi <strong>di</strong> una importante ‘rivoluzione me<strong>di</strong>ca’ che,<br />

la si in<strong>di</strong>chi con la figura <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> o quella <strong>di</strong> Harvey, <strong>di</strong> Paracelso o<br />

ancora <strong>di</strong> Malpighi, è stato un altro momento della mia indagine <strong>su</strong> Gimma 1 .<br />

L’abate ritiene, infatti, che la me<strong>di</strong>cina sia uno dei campi in cui è più<br />

proficuo il confronto fra ‘antichi’ e ‘moderni’ e, anche, dove maggiormente<br />

1 Su questo tema Cfr. W. BERNARDI, Filosofia e scienze della vita. La generazione animale<br />

da Cartesio a Spallanzani, Torino, Loescher, 1980; ID., Le metafisiche dell’embrione.<br />

Scienze della vita e filosofia da Malpighi a Spallanzani (1672-1793), Firenze, Olschki,<br />

1986; G. CANGUILHEM, Il normale e il patologico, a cura <strong>di</strong> S. Caruselli, Rimini, Guaral<strong>di</strong>,<br />

1975; ID., La conoscenza della vita, a cura <strong>di</strong> F. Bassani, Bologna, Il Mulino, 1976; ID.,<br />

Organismes et modèles mécaniques. Rèflections <strong>su</strong>r la biologie cartésienne, in «Revue<br />

philosophique», 1955, LXXX, pagg. 281-299; ID., La formation du concept du reflexe aux<br />

XVII et XVIII siécles, Paris, PUF., 1955; ID., Études d'histoire et de philosophie des<br />

sciences, Paris, Vrin, 1983; A. DINI, Filosofia della natura, me<strong>di</strong>cina, religione.<br />

Lucantonio Porzio (1639-1724), Milano, Franco Angeli, 1985; F. DUCHESNEAU, La<br />

physiologie des lumières. Empirisme, Modèles et Théories, The Hague/Boston/London,<br />

Martinus Nijhoff Publishers, 1982; J. EHRARD, L'idée de nature en France dans la<br />

première moitié du XVIII siècle. La generation des animaux de <strong>Descartes</strong> à l’Encyclope<strong>di</strong>e,<br />

Paris, S.E.V.P.E.N., 1963, 2 voll.; S. L. GILMAN, Immagini della malattia dalla follia<br />

all'AIDS, Bologna, Il Mulino, 1993; M. GRMEK (a cura <strong>di</strong>), Storia del pensiero me<strong>di</strong>co<br />

occidentale. Dal Rinascimento all’Inizio dell’Ottocento, II, Roma-Bari, Laterza, 1996; ID.,<br />

La première révolution biologique. Réflexions <strong>su</strong>r la physiologie et la médecine du XVII e<br />

siècle, Paris, Payot, 1990; ID., Le malattie all'alba della civiltà occidentale, Bologna, Il<br />

Mulino, 1985; KING L. S., The road to me<strong>di</strong>cal enlightenment, London-New York;<br />

American Elsevier, 1970; ID., The philosophy of Me<strong>di</strong>cine. The Early Eighteenth Century,<br />

Cambridge, Harvard University Press, 1978; W. PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey.<br />

Aspetti scelti e sfondo storico, Milano, Feltrinelli, 1979; ID., Paracelso. Un’introduzione<br />

alla me<strong>di</strong>cina filosofica nell’età del Rinascimento, con introduzione <strong>di</strong> E. Garin, Milano, Il<br />

Saggiatore, 1989; W. RIESE, Il concetto <strong>di</strong> malattia. Storia, interpretazione e natura,<br />

Milano, Episteme, 1975; J. ROGER, Les sciences de la vie dans la pensée française du XVIII<br />

siècle. La génération des animaux de <strong>Descartes</strong> à l’Encyclopé<strong>di</strong>e, Paris, Colin, 1963; J.<br />

ROSTAND, La genèse de la vie. Histoire des idées <strong>su</strong>r la génératione spontanée, Paris,<br />

Hachette, 1943; J. STAROBINSKI, Storia del trattamento della malinconia dalle origini al<br />

1900, Milano, ed. Guerrini e Associati, 1990; A. VARTANIAN, Diderot e <strong>Descartes</strong>, Milano,<br />

Feltrinelli, 1956; C. WEBSTER, La grande instaurazione. Scienza e riforma sociale nella<br />

rivoluzione puritana…,cit.; ID., Magia e scienza da Paracelso a Newton, Bologna, Il<br />

Mulino, 1984.<br />

18


Introduzione<br />

risaltano i progressi ottenuti seguendo le regole della ‘filosofia<br />

sperimentale’.<br />

Nel primo capitolo, ho ricostruito così la polemica Musitano-De Martino,<br />

che darà occasione alla prima opera a stampa <strong>di</strong> Gimma. Il secondo ha<br />

seguito il progressivo definirsi dell’interesse dell’abate per questioni <strong>di</strong><br />

carattere scientifico, in particolare per la me<strong>di</strong>cina, e mostra come questa<br />

progressiva definizione passi attraverso un ripensamento del ruolo della<br />

storia, considerata il luogo in cui si accumulano le favole. Il terzo segue la<br />

ricostruzione storica che Gimma offre delle ‘scienze dell’uomo’, facendo<br />

emergere, comunque, le questioni filosoficamente più rilevanti. Il quarto,<br />

infine, fa il punto <strong>su</strong>lle tre gran<strong>di</strong> questioni con cui Gimma si mi<strong>su</strong>ra: la<br />

generazione dei viventi, la formazione dei fossili (cui è connesso comunque<br />

il problema del Diluvio universale) e la critica alla tesi cartesiana<br />

dell’animale-macchina.<br />

Credo che mostrare la persistenza <strong>di</strong> certi temi nel Settecento italiano, in un<br />

personaggio non marginale quale è stato l’abate Giacinto Gimma, possa<br />

costituire un tassello importante per una migliore comprensione della<br />

cultura e della <strong>di</strong>ffusione delle idee nell’Italia meri<strong>di</strong>onale. Questa<br />

<strong>di</strong>ffusione è avvenuta attraverso percorsi non sempre lineari e, nel caso <strong>di</strong><br />

Gimma, ma non solo, è passata dalla lettura <strong>di</strong> opere <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>ti o <strong>di</strong> riviste<br />

scientifiche ormai ampiamente <strong>di</strong>ffuse e che contenevano (si pensi al<br />

«Giornale de’ letterati) ampi resoconti delle scoperte e delle novità nel<br />

mondo letterario <strong>di</strong> tutta Europa. Le Sylvae costituiscono un primo tassello<br />

nella ricostruzione esauriente <strong>di</strong> questo complesso panorama.<br />

19


20<br />

Capitolo 1.<br />

Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina: La polemica Musitano-De Martino.<br />

Prima <strong>di</strong> entrare nello specifico del Ju<strong>di</strong>cium <strong>di</strong> Gimma, pubblicato, come<br />

già detto, nella Nuova Staffetta da Parnasso <strong>di</strong> Tremigliozzi, in occasione<br />

della polemica Musitano–De Martino, occorre in<strong>di</strong>care alcuni punti fermi.<br />

Ciò è necessario perché, come vedremo, la ‘me<strong>di</strong>cina’ che Gimma <strong>di</strong>fende è<br />

quella definita da Cornelio e dai giovani che riunì a Napoli intorno a lui alla<br />

metà del Seicento.<br />

Il primo punto fermo da tenere presente è che il me<strong>di</strong>co Tommaso Cornelio,<br />

<strong>su</strong>l finire del 1649, torna a Napoli portando con sé alcuni fra i più importanti<br />

testi della filosofia moderna 1 . Qui vengono letti e me<strong>di</strong>tati all’interno <strong>di</strong> una<br />

nuova e <strong>di</strong>ffusa consapevolezza antiperipatetica e antiscolastica, che<br />

riesplora in chiave critica il naturalismo rinascimentale, richiamandosi,<br />

<strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente, alle più recenti teorie <strong>di</strong> Kepler, <strong>di</strong> Galilei,<br />

Gassend, Bacon e <strong>Descartes</strong>, ma anche ad auctoritates che rispondono al<br />

nome <strong>di</strong> Democrito e Lucrezio, Platone, Pitagora ed Epicuro 2 . È altrettanto<br />

noto che uno degli sno<strong>di</strong> teorici che la filosofia moderna deve affrontare, per<br />

1 Su Tommaso Cornelio e la <strong>su</strong>a importanza per la <strong>di</strong>ffusione della filosofia moderna a<br />

Napoli, cfr. M. TORRINI, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Tommaso Cornelio a M. A. Severino, in «Atti e<br />

Memorie dell'Accademia Toscana <strong>di</strong> scienze e lettere La Colombaria», XXXV, 1970, pp.<br />

146-147; Tommaso Cornelio e la ricostruzione della scienza, Napoli, Guida, 1977; E.<br />

LOJACONO, L’arrivo del «Discours» e dei «Principia» in Italia: prime letture dei testi<br />

cartesiani a Napoli, in Dalla scienza mirabile alla scienza nuova. Napoli e Cartesio.<br />

Catalogo della mostra bibliografica e iconografica, Napoli, Istituto Italiano per gli Stu<strong>di</strong><br />

Filosofici, 1997, pp. 13-73, ristampato in «Giornale critico della filosofia italiana», LXXV<br />

(1996), n. 3, pp. 395-454; P. ZITO, Circa mun<strong>di</strong> constitutionem. L’orizzonte sperimentale<br />

degli Investiganti, in Dalla scienza mirabile …, cit., pp. 131-148; P. CRISTOFOLINI,<br />

Tommaso Cornelio et l’histoire du matérialisme, in Gassen<strong>di</strong> et l’Europe (1592-1792).<br />

Actes du colloque international de Paris «Gassen<strong>di</strong> et sa posterité (1592-1792)»<br />

(Sorbonne, 6-10 octobre 1992), réunis sous la <strong>di</strong>rectione de S. Murr, Paris, Vrin, 1997, pp.<br />

335-346; <strong>su</strong>ll’arrivo delle opere <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> in Italia, cfr. C. BUCCOLINI, La prima e<strong>di</strong>zione<br />

dei Principia e degli Specimina <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> a Roma nel 1645, in «Nouvelle de la<br />

Republique des Lettres», 1996-II, pp. 151-154.<br />

2 Cfr. E. GARIN, Da Campanella a Vico, in Dal Rinascimento all’Illuminismo. Stu<strong>di</strong> e<br />

ricerche, Firenze, Le Lettere, 1993, pp. 73-106.


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

farsi accettare a Napoli, e non solo a Napoli, è quello <strong>di</strong> una pre<strong>su</strong>nta<br />

<strong>su</strong>periorità dei moderni in ambito me<strong>di</strong>co. La <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> questa<br />

<strong>su</strong>periorità è, spesso, presente in alcune fra le opere più interessanti del<br />

secondo ‘600 napoletano 1 . Le questioni epistemologiche e scientifiche<br />

sollevate dalla scienza me<strong>di</strong>ca trovano, ad esempio, particolarmente<br />

sensibili gli Investiganti 2 . Le prime gran<strong>di</strong> polemiche che coinvolgono<br />

l’Accademia degli Investiganti e i <strong>su</strong>oi membri più importanti, Tommaso<br />

Cornelio, Leonardo Di Capua e Sebastiano Bartoli, fanno guadagnare<br />

all’istituzione un respiro e un impegno civile che si manifesta per la prima<br />

volta quando a Napoli nel 1656 scoppia una terribile epidemia <strong>di</strong> peste.<br />

Questa pestilenza segna un momento drammatico della vita della città: la<br />

me<strong>di</strong>cina dei moderni sperimenta una <strong>di</strong>sperante impotenza, mentre il<br />

contagio si <strong>di</strong>ffonde inarrestabile grazie anche all’ignavia delle autorità e<br />

alla persistenza <strong>di</strong> un galenismo <strong>di</strong> stretta osservanza, non immune da<br />

infiltrazioni <strong>di</strong> carattere magico astrologico 3 . Negli anni <strong>su</strong>ccessivi la<br />

<strong>di</strong>stanza tra il fronte degli antichi e quello dei moderni aumenta, sino al caso<br />

più clamoroso: l’attacco condotto dai <strong>di</strong>fensori della tra<strong>di</strong>zione contro<br />

Sebastiano Bartoli.<br />

Nel 1663, infatti, l’ancor giovane Bartoli, che negli anni precedenti si era<br />

messo in luce componendo una serie <strong>di</strong> esercitazioni paradossali che<br />

attaccavano le credenze dei me<strong>di</strong>ci ‘regolari’, decide <strong>di</strong> pubblicarne alcune,<br />

insieme al <strong>su</strong>o sistema <strong>di</strong> astronomia microcosmica, come egli definiva la<br />

me<strong>di</strong>cina 4 . L’opera ottiene gli imprimatur ecclesiastici e civili, il libro viene<br />

stampato ma non può uscire: Carlo Pignataro, protome<strong>di</strong>co e capo ufficiale<br />

dei me<strong>di</strong>ci del Regno <strong>di</strong> Napoli, lo fa condannare da una sentenza delle<br />

1<br />

Preziose in<strong>di</strong>cazioni in questo senso vengono anche da M. H. FISCH, L’accademia degli<br />

Investiganti…, cit.<br />

2<br />

Basti citare le opere <strong>di</strong> T. Cornelio (Progymnasmata physica), S. Bartoli (Astronomiae<br />

microcosmicae), Leonardo Di Capua (Lezioni intorno alla natura delle mofete, e il Parere)<br />

che dell’accademia furono i fondatori.<br />

3<br />

Cfr. P. ZITO, Circa mun<strong>di</strong> constitutionem…, cit., pp 137-138; cfr. anche M. TORRINI,<br />

L’Accademia degli Investiganti <strong>di</strong> Napoli 1663-1670, in «Quaderni storici», XVI (1981),<br />

vol. 48, pp. 871-874; fra le vittime della peste si ricorda Marco Aurelio Severino, me<strong>di</strong>co e<br />

chirurgo <strong>di</strong> fama europea, e maestro <strong>di</strong> Cornelio, cfr. N. BADALONI, Introduzione a G. B.<br />

Vico…, cit., pp. 24-37; M. TORRINI, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Tommaso Cornelio…, cit.<br />

4<br />

Astronomiae microcosmicae systema novum, authore Sebastiano Bartolo parthenopo<br />

philosopho libero, cui <strong>su</strong>a<strong>su</strong> amicorum accessit exercitationum paradoxicarum decas in<br />

eversionem scholasticae me<strong>di</strong>cinae, opusculum in stu<strong>di</strong>orum authoris tyrocinio<br />

elucubratum ac non bene <strong>di</strong>gestum, Napoli, Novello de Bonis, 1663.<br />

21


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

autorità ecclesiastiche come blasfemo, e quasi tutte le copie stampate<br />

vengono confiscate e date alle fiamme 1 .<br />

I ‘sostenitori degli antichi’ però non si fermano a questo: si impegnano<br />

anche per impe<strong>di</strong>re che venga istituito un insegnamento <strong>di</strong> chimica<br />

nell’Università napoletana. Per il partito dei moderni la chimica era una<br />

<strong>di</strong>sciplina essenziale per la pratica della me<strong>di</strong>cina e tale <strong>di</strong>vieto li colpisce<br />

duramente. Il partito avverso ai moderni oltretutto, sempre per iniziativa <strong>di</strong><br />

Pignataro, riesce ad ottenere un decreto che impe<strong>di</strong>sce anche l’insegnamento<br />

privato della chimica che, ad esempio, tiene Di Capua 2 . I moderni, che in<br />

questo caso forse per la prima volta si muovono come fronte compatto,<br />

contestano la legalità <strong>di</strong> tale proibizione e pubblicano in data 28 settembre<br />

1663, un opuscolo anonimo in forma <strong>di</strong> rimostranza al Viceré e al Consiglio<br />

Collaterale, intitolato Discorso per <strong>di</strong>fesa dell’arte chimica, e de’ professori<br />

<strong>di</strong> essa. Nel quale si <strong>di</strong>mostra, che il legger privatamente la chimica in<br />

tempo <strong>di</strong> vacanze, così per li statuti delli Stu<strong>di</strong> publici, come per legge<br />

comune, non possa esser cosa prohibita 3 .Contro questo opuscolo viene<br />

stampato un Discorso nel quale si <strong>di</strong>mostra, che i Me<strong>di</strong>camenti Spagirici<br />

sieno per lo più mal sicuri, e pericolosi, e da non permettersi senza<br />

l’approbazione de’ Me<strong>di</strong>ci Galenisti: e che la lettura della chimica, benché<br />

privatamente, come non utile, debba restare proibita. Contro la nuova<br />

pretenzione de’ Moderni Chimici, scritto da tale Moinero <strong>di</strong> Giarbo 4 .<br />

1 Tre anni dopo il libro viene ristampato a Venezia, con alcune mo<strong>di</strong>fiche strutturali, mentre<br />

Bartoli as<strong>su</strong>me la carica <strong>di</strong> protome<strong>di</strong>co presso il nuovo vicerè Pietro D’Aragona.<br />

2 Cfr. M. TORRINI, ib.; <strong>su</strong> Bartoli, cfr. N. BADALONI, Introduzione a G. B. Vico…, cit., p.<br />

65; a pp. 70-71 Badaloni aggiunge: «in relazione ad una metodologia scientifica più<br />

moderna, l’opera del Bartoli può essere giu<strong>di</strong>cata come un momento <strong>di</strong> transizione tra il<br />

vecchio ed il nuovo». Attenua il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Badaloni, E. LOJACONO, L’arrivo del<br />

«Discours» e dei «Principia» in Italia: prime letture dei testi cartesiani a Napoli,<br />

introduzione al catalogo della mostra bibliografica Dalla scienza mirabile…, cit.,<br />

ristampato in «Giornale critico della filosofia italiana», LXXV (1996), n. 3, pp. p. 424; ma<br />

cfr. anche, S. SERRAPICA, Sebastiano Bartoli (1630-1676). La polemica tra «antichi» e<br />

«moderni»: dalla <strong>di</strong>sputa <strong>su</strong>lla macerazione dei lini nel lago <strong>di</strong> Agnano alla «Astronomia<br />

del Microcosmo», «Stu<strong>di</strong> filosofici», XIX (1996), pp. 177-222.<br />

3 Si può notare quella che <strong>di</strong>verrà una caratteristica del partito dei moderni: gli opuscoli in<br />

<strong>di</strong>fesa delle loro dottrine sono spesso il ri<strong>su</strong>ltato <strong>di</strong> un lavoro comune a un gruppo <strong>di</strong> filosofi<br />

e scienziati, o come tali almeno vengono presentati. Un caso abbastanza emblematico è<br />

rappresentato dalla Celeberrimorum virorum apologiae pro R. D. Carolo Musitano<br />

adver<strong>su</strong>s Petrum Antonium De Martino che avrò occasione <strong>di</strong> illustrare.<br />

4 In realtà Federico Meninni, che in seguito <strong>di</strong>venterà socio dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano e a<br />

cui Gimma de<strong>di</strong>cherà un capitolo nei <strong>su</strong>oi Elogi Accademici (G. GIMMA, Elogi<br />

accademici…, t. I, pp. 121-132). Cfr. M. TORRINI, Un episo<strong>di</strong>o della polemica tra ‘antichi’<br />

22


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quasi trent’anni, la polemica Musitano–De Martino ricalcherà<br />

questa prima <strong>di</strong>sputa.<br />

Il secondo punto fermo da tenere presente è che fra il 1670, anno in cui<br />

l’Accademia degli Investiganti cessa la <strong>su</strong>a attività, e il 1699, anno in cui<br />

viene stampato l’opuscolo contro Musitano, non si placano le polemiche<br />

<strong>su</strong>lla me<strong>di</strong>cina e la filosofia dei moderni. Ad esempio, nel 1676, Carlo<br />

Celano sferra un violento attacco alla nuova me<strong>di</strong>cina in un opuscolo dal<br />

titolo Avanzi delle Poste 1 . La Staffetta da Parnasso è la risposta <strong>di</strong> Gaetano<br />

Tremigliozzi a Celano. Il me<strong>di</strong>co Tremigliozzi ricorre allo pseudonimo<br />

Angelo Matteo Argirizzi, che è il <strong>su</strong>o nome anagrammato e finge, nella <strong>su</strong>a<br />

opera, che Apollo <strong>di</strong>a il bando a tutti i Galenici. A Celano e Tremigliozzi si<br />

aggiunge Giovanni Giacomo Lavagna, critico nei confronti <strong>di</strong> entrambi, che<br />

pubblica il Corriere spe<strong>di</strong>to da Parnasso, nel quale «finger volle, che la<br />

Maestà <strong>di</strong> Apollo per la <strong>su</strong>pplica <strong>di</strong> Reclamazione portata da’ Galenici per<br />

impe<strong>di</strong>re il decreto, esaminata la causa d’amendue le Scuole, e conoscendo,<br />

che la Me<strong>di</strong>cina instituita a beneficio del genere umano fosse stata da<br />

ciascheduno adulterata, avesse tutti i Me<strong>di</strong>ci scacciati da quella<br />

Repubblica» 2 . L’intervento <strong>di</strong> Lavagna provoca le reazioni <strong>di</strong> tutti i me<strong>di</strong>ci,<br />

e ‘moderni’: la <strong>di</strong>sputa <strong>su</strong>lla macerazione dei lini nel lago d’Agnano, in «Bollettino del<br />

<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Vichiani», V (1975).<br />

1 Degli avanzi delle poste del Signor Carlo Celano Parte prima. All’illustriss. Signore D.<br />

Giacomo Capece Galeota. Duca <strong>di</strong> S. Angelo a Fasanella, Cavaliere dell’habito <strong>di</strong> S.<br />

Giacomo, Decano del Supremo Conseglio Collaterale <strong>di</strong> Stato, Procancelliero del Regno <strong>di</strong><br />

Napoli, Signor <strong>di</strong> Corleto, Ottato, &c., Napoli, Appresso Antonio Bulifo, 1676. In questa<br />

opera Celano narra che «nelle serenissime corti, che stanno in Parnaso, sono morti gran<br />

Cortigiani, quasi repentinamente per la brevità del tempo, e con infermità non conosciute, il<br />

che ha ripieno tutti <strong>di</strong> spavento. Si è parlato malamente de’ Me<strong>di</strong>ci, <strong>di</strong>cendosi: o che non<br />

sanno conoscere più le febri, e le qualità de’ mali; o che siano collegati con certi cervelli<br />

moderni, i quali, per fare esperienza a spese de’ poveri ammalati, hanno lasciato <strong>di</strong><br />

camminare per le strade maestre, e vanno per certe oscure, e pericolose scortatoie, loro<br />

ad<strong>di</strong>tate da certe teste stralunate, che più ambiscono d’essere maestri stravaganti, che<br />

<strong>di</strong>scepoli so<strong>di</strong>; che stimano più la vanagloria d’essere inventori nella Fisica, che ingegnosi,<br />

e so<strong>di</strong> osservatori dell’inventato […]. Questi <strong>di</strong>scorsi arrivati all’orecchio<br />

dell’Eccellentissimo Protome<strong>di</strong>co Galeno l’attristorno molto. Ma perche si trattava della<br />

riputatione, e buon concetto, ch’è l’anima de’ me<strong>di</strong>ci, si portò da Sua Maestà, alla quale<br />

raccontò quanto occorreva, e con questo la <strong>su</strong>pplicò, come figlio <strong>di</strong> quella venerata Iside,<br />

che fu inventrice della Me<strong>di</strong>cina, a volersi degnare <strong>di</strong> convocare avanti della <strong>su</strong>a Real<br />

presenza, e delli Principi <strong>di</strong> Pindo tutto il Collegio me<strong>di</strong>cale; acciò che si fusse stata<br />

stracciata la Toga in publico, e venduta la Mula all’incanto ad istanza del Fisco; ma fatto<br />

soggiacere ad ogni più rigida pena ad arbitrio della Maestà Sua» (id., pp. 198-199). La<br />

riunione si conclude con la scacciata dei moderni dal Parnaso.<br />

2 Gaetano Tremigliozzi Consiglier-Promotoriale per l’Accademia degli Spensierati, in<br />

23


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

sia <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo moderno sia antico, al punto che l’autore viene costretto a<br />

ristampare l’opera, aggiungendovi una lettera, con la quale chiarisce che <strong>su</strong>a<br />

intenzione è solo <strong>di</strong>mostrare che la me<strong>di</strong>cina è una scienza eccessivamente<br />

complessa per averne una conoscenza piena e troppo incerta e fallace perché<br />

se ne possa avere fiducia.<br />

Tutte queste questioni ritroveremo più avanti, quando esamineremo la<br />

Nuova Staffetta da Parnasso 1 .<br />

Il quarto punto da tener fermo è che l’attacco dei galenici a Musitano viene<br />

letto, giustamente, come un attacco alla filosofia dei novatores, e alle<br />

istituzioni che la sostengono: le accademie 2 . Per questo, entrano in gioco le<br />

Elogi Accademici della società degli spensierati <strong>di</strong> Rossano, Parte II. Descritti dal dottor<br />

signor D. Giacinto Gimma promotor perpetuo della Medesima, Avvocato della Fedelis.<br />

Città <strong>di</strong> Napoli, ecc. pubblicati da Gaetano Tremigliozzi Consiglier-Promotoriale, colle<br />

Memorie storiche della società stessa aggiunte dal Medesimo in questa Seconda Parte, e<br />

con gli applausi accademici raccolti dal signor D. Padovano Guasco Segretario<br />

Promotoriale, ecc. Consecrati agl’Illustriss. ed Eccellentiss. Signori Eletti della fedeliss.<br />

Città <strong>di</strong> Napoli, in Napoli, a spese <strong>di</strong> Carlo Troise Stampatore Accademico della Medesima<br />

Società, 1703, t. II, p. 161. L’Elogio <strong>di</strong> Gimma (Id., pp. 153-170) ricostruisce con cura le<br />

polemiche che hanno per protagonista, appunto, Tremigliozzi.<br />

1 Su Tremigliozzi, oltre al già citato, essenziale Elogio <strong>di</strong> Gimma, sono interessanti le<br />

notazioni <strong>di</strong> G. MAUGAIN, Étude <strong>su</strong>r l’évolution intellectuelle de l’Italie de 1657 à 1750<br />

environ, Paris, Hachette, 1909, pp. 58-59, il quale nota che a Napoli, con Cornelio e Di<br />

Capua, «les deux champions les plus actifs des idées modernes furent […] Sébastien Bartoli<br />

et Gaétan Tremigliozzi». Quest’ultimo scelse come guide Cornelio e Bartoli, e «désormais,<br />

la jeune école n’eut pas de défenseur plus décidé. Il la vengea, en 1676, des injures de<br />

Charles Celano. En ces derniers temps, constatait celui-ci, la mort a décimé les nobles. Rien<br />

de moins étonnant. A leurs chevets s’asseoient des barbares qui, lin d’utiliser l’expérience<br />

de leurs devanciers, se permettent des essais désastreux <strong>su</strong>r les malades qu’on leur livre.<br />

Tremigliozzi répon<strong>di</strong>t, sous un pseudonyme, par la Staffetta da Parnasso. Pour fair passer<br />

les gens de vie à trépas, les galénistes défient, <strong>di</strong>t-il, toute rivalité, car ils sont partisans de la<br />

saignée. Pratiquée quatre ou cinq fois au cours d’une même mala<strong>di</strong>e, elle rend la mort<br />

inévitable». Cfr. anche pp. 132-133 <strong>su</strong>lla <strong>di</strong>ffusione della filosofia dei moderni in Puglia per<br />

opera <strong>di</strong> Tremigliozzi. Maugain utilizza a piene mani le pagine <strong>di</strong> Gimma de<strong>di</strong>cate a<br />

Tremigliozzi nei <strong>su</strong>o Elogi accademici.<br />

2 È celebre il passo dell’autobiografia vichiana che loda la funzione delle accademie,<br />

presentate come il luogo ideale per avvicinarsi agli stu<strong>di</strong>; G. B. VICO, Vita <strong>di</strong> Giambattista<br />

Vico scritta da se medesimo, in Opere filosofiche, introduzione <strong>di</strong> N. Badaloni, testi,<br />

versioni e note a cura <strong>di</strong> P. Cristofolini, Firenze, Sansoni, 1971, pp. 6-7: «Errando egli così<br />

fuori del dritto corso <strong>di</strong> una ben regolata prima giovanezza, come un generoso cavallo e<br />

molto e bene esercitato in guerra e lunga pezza poi lasciato in <strong>su</strong>a balìa a pascolare per le<br />

campagne, se egli avviene che o da una tromba guerriera, riscuotendosi in lui il militare<br />

appetito, gestsce d’esser montato dal cavaliere e menato nella battaglia; così il Vico,<br />

nell’occasione <strong>di</strong> una celebre Accademia degl’Infuriati, resttuita a capo <strong>di</strong> moltissimi anni<br />

in San Lorenzo, dove valenti letterati uomini erano accomunati co’ principali avvocati,<br />

senatori e nobili della città, egli dal <strong>su</strong>o genio fu scosso a riprendere l’abbandonato<br />

24


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

accademie e, nel caso in questione, quella degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano, del<br />

quale Musitano era membro dal 1696. In effetti l’Accademia <strong>di</strong> Rossano<br />

interviene a <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> un <strong>su</strong>o autorevole socio, e riafferma la propria<br />

peculiarità <strong>di</strong> nuovo luogo ideale d’incontro per i sostenitori della filosofia<br />

dei moderni e ideale proseguitrice dell’attività dell’Accademica degli<br />

Investiganti 1 . In questa prospettiva, le Memorie storiche della Società degli<br />

Spensierati <strong>di</strong> Rossano, <strong>di</strong> Gaetano Tremigliozzi, contengono una<br />

documentazione preziosa dell’attività della Società, oltre che della <strong>su</strong>a<br />

storia, e offrono importanti chiavi <strong>di</strong> lettura 2 . Tremigliozzi sottolinea, ad<br />

esempio, che i modelli istituzionali ai quali Gimma, Promotore Perpetuo<br />

dell’Accademia, fa riferimento sono la Royal Society e, soprattutto,<br />

l’Accademia dei Curiosi della Natura <strong>di</strong> Lipsia. Da quest’ultima, in effetti,<br />

l’abate aveva mutuato e il nome e lo statuto 3 .<br />

cammino, e si rimise in istrada. Questo bellissimo frutto rendono alle città le luminose<br />

accademie, perché i giovani, la cui età per lo buon sangue e per la poca sperienza è tutta<br />

fiducia e piena <strong>di</strong> alte speranze, s’infiammino a stu<strong>di</strong>are per via della lode e della gloria,<br />

affinchè poi, venendo l’età del senno e che cura le utilità, esse le si proccurino per valore e<br />

per merito onestamente».<br />

1 Nel 1696 i membri <strong>su</strong>perstiti del gruppo investigante si riuniscono, oltre che nella<br />

biblioteca <strong>di</strong> Valletta, ricchissima <strong>di</strong> opere scientifiche anche straniere, nell’Accademia<br />

degli Spensierati <strong>di</strong> Rossano, che comprende fra i <strong>su</strong>oi soci il me<strong>di</strong>co Lucantonio Porzio<br />

(1639-1713), dal 1670 professo <strong>di</strong> anatomia a Roma e dal 1687 a Napoli; Agnello Di<br />

Napoli, Tommaso Donzelli, figlio <strong>di</strong> Giuseppe Donzelli, Antonio Monforte e Gennaro<br />

D’Andrea, fratello <strong>di</strong> Francesco, Carlo Musitano. Cfr. S. RICCI, Momenti essenziali della<br />

<strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> Cartesio e dei ‘moderni’ a Napoli, in Dalla scienza mirabile …, cit., pp. 251-<br />

255; <strong>su</strong> Porzio, cfr. A. DINI, Filosofia della natura, me<strong>di</strong>cina, religione. Lucantonio Porzio<br />

(1639-1724)…, cit.<br />

2 G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche della Società degli Spensierati <strong>di</strong> Rossano, in Elogi<br />

Accademici…, cit., t. II, pp. 401-440. In Tremigliozzi l’antichità della Società si confonde<br />

quasi con l’antichità del luogo, ricco <strong>di</strong> storia e culla della cultura europea. Pure, «volendo<br />

dar’io qualche unione alle operazioni, e progressi della Società nostra, ho appena potuto<br />

aver tanta materia, che bastasse a <strong>di</strong>mostrare la dovuta loro continuazione; contuttociò […]<br />

non ho mancato descrivere quelle sole cognizioni, che mi è stato possibile poter ragunare».<br />

Con il topos dell’origine me<strong>di</strong>terranea, e più precisamente egizio-italico-greca, del sapere,<br />

che ricorre la cultura dei rossanesi all’antica filosofia pitagorica, Gimma e Tremigliozzi<br />

legittimano il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> Rossano a intervenire, con una <strong>su</strong>a Accademia, nelle più urgenti<br />

questioni scientifiche del tempo: «Descrivono più Autori l’aumento grande, che ricevè la<br />

Filosofia, colla scuola <strong>di</strong> Pitagora costituita nella Calabria; e si può fermamente credere,<br />

che da quella abbiano molto fiorito i Rossanesi nelle scienze; poicchè nello stesso<br />

Monastero Basiliano si veggono vari Volumi in lingua Jonica scritti, ed assai <strong>di</strong>fficili a<br />

potersi interpretare» (Id., p. 402). Cfr. anche M. MAYLENDER, Accademia degli Spensierati.<br />

Rossano, in Storia delle Accademie d’Italia, vol. V, Bologna, Cappelli, 1930, pp. 239-243.<br />

3 Id., pp. 425-426. Cfr. Praemissa, Historia <strong>su</strong>ccinta et brevis ortus et progres<strong>su</strong>s S. R. Imp.<br />

Academiae Naturae Curiosorum, in Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica Academiae<br />

25


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

1. L’Accademia degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano: nuovi modelli <strong>di</strong><br />

organizzazione del sapere.<br />

È importante, a questo punto, ripercorrere brevemente le tappe dei primi<br />

anni dell’accademia da quando Gimma ne <strong>di</strong>viene Promotore Perpetuo, nel<br />

1695 al 1703, anno <strong>di</strong> pubblicazione degli Elogi accademici.<br />

Dell’Accademia, dopo la stagione <strong>di</strong>retta dall’abate si perdono le tracce.<br />

Da Tremigliozzi si apprende che è con Gimma - già membro <strong>di</strong> numerose<br />

accademie tra le più prestigiose d’Italia 1 - che l’Accademia degli<br />

Naturae Curiosorum sive Ephemeridum Me<strong>di</strong>co-Physicarum Germanicarum curiosarum<br />

annus Primus. Anni scilicet MDCLXX mi continens celeberrimorum Me<strong>di</strong>courm in et estra<br />

Germaniam Observationes Me<strong>di</strong>cas et Physicas, vel Anatomicas, vel Botanicas, vel<br />

Pathologicas, vel Chirurgicas, vel Therapeuticas, vel Chymicas. Praefixa Epistola<br />

invitatoria ad celeberrimos me<strong>di</strong>cos Europae. Lipsiae <strong>su</strong>mpt. Viti Jacobi Trescheri<br />

Bibliopol. Wratislav. Typis Johannis Baueri, Anno 1671, t. II, in particolare Sacri Romani<br />

Imperii Academiae Naturae Curiosorum auctae et reformatae leges, dove vengono<br />

riportate le leges dell’accademia, e le lettere <strong>di</strong> Sachs, T. Bartholinus, e <strong>di</strong> altri, che<br />

delineano le linee <strong>di</strong> ricerca che verranno applicate nell’accademia, e <strong>di</strong> cui si troverà<br />

riscontro nelle Effemeri<strong>di</strong>.<br />

1 Nel mese <strong>di</strong> luglio 1694 Gimma è aggregato all’Accademia del Platano <strong>di</strong> Roma, nel mese<br />

<strong>di</strong> agosto dello stesso anno all’Accademia degl’Infecon<strong>di</strong> sempre <strong>di</strong> Roma. Nel 1695 è<br />

eletto Promotore-Con<strong>su</strong>ltore nel Regno <strong>di</strong> Napoli per l’Accademia dei Pellegrini <strong>di</strong> Roma e<br />

lo stesso anno viene eletto Promotore Generale per l’Accademia dei Pigri <strong>di</strong> Bari. Nel<br />

febbraio 1696 è associato all’Accademia degli Uniti <strong>di</strong> Napoli, e a novembre è eletto<br />

all’unanimità Promotore-Censore per l’Accademia degli Spensierati <strong>di</strong> Rossano: cfr. G.<br />

TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, pp. 407-408; ma cfr. anche G. GIMMA, Autobiografia<br />

<strong>di</strong> NN, Ms. coll. I, 10, cc. 269-276, Biblioteca Nazionale ‘Sagarrica Visconti Volpi’ <strong>di</strong> Bari.<br />

D’ora in avanti BNB; D. GIUSTI, Vita ed opere dell’abate Giacinto Gimma, Bari, Fusco,<br />

1923, p. 22. Secondo G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., p. 409, il Principe<br />

dell’Accademia dei Pigri aveva moltiplicato le istanze per indurre Gimma, ‘a forza <strong>di</strong><br />

argomenti’, a non trascurare le glorie della Patria, facendogli anche scrivere dal Canonico<br />

Michele Simi, Segretario dell’Adunanza, e «Soggetto assai eru<strong>di</strong>to, con lettera […] che<br />

principiava con queste parole: La ritrosa modestia, colla quale s’ingegna V. S. Illustrissima<br />

insinuarci i <strong>su</strong>oi sentimenti per <strong>di</strong>spensarsi dall’impiego del <strong>su</strong>o nobilissimo talento a pro <strong>di</strong><br />

questa Accademia de’ Pigri, dà pur troppo chiaramente a <strong>di</strong>vedere la gelosa stima, che fa<br />

del nuovo glorioso titolo dell’Accademia <strong>di</strong> Roma […]. Ma non ostante qualsisia<br />

rimostranza in contrario, fissa più che mai nella già presa risoluzione la nostra Adunanza,<br />

né può, né vuole in conto alcuno sfornirsi <strong>di</strong> quei virtuosi fregi, da’ quali spera col mezo<br />

dell’eru<strong>di</strong>to ingegno <strong>di</strong> V. S. Illustriss. vedersene tra breve ricamato dalla gloria a <strong>di</strong>vise <strong>di</strong><br />

splendori un famoso ammanto, etc». la lettera porta la data del 23 luglio 1695. Non poteva<br />

Gimma rifiutare l’impegno, e – ma questo Tremigliozzi esplicitamente non lo <strong>di</strong>ce – l’abate<br />

barese fu quasi costretto ad accettare «per non farsi conoscere ingrato verso la Patria».<br />

Tornato a Bari nel 1696, ben presto cominciarono «alcune civili <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e», e per vivere<br />

«colla <strong>su</strong>a quiete, ne fe volontaria rinunzia, abbandonando nella Patria quegli onori, che<br />

fuori <strong>di</strong> essa avea ricevuti». Non sappiamo che natura avessero queste civili <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e,<br />

26


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Spensierati, ribattezzata dal nuovo Promotore degli Incuriosi, acquista<br />

finalmente il ruolo che le spetta fra le altre accademie d’Italia e che molte<br />

altre accademie gli avevano offerto lo stesso incarico, ma che l’abate aveva<br />

preferito rinunciare per amore dei <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> 1 .<br />

Gimma si impegna in effetti a risollevare l’Accademia dallo stato <strong>di</strong><br />

abbandono in cui versava ormai da troppi anni e mutua il modello<br />

dell’Accademia romana dei Pellegrini 2 . In questo modo ottiene numerose<br />

adesioni da parte <strong>di</strong> scienziati e filosofi che provengono da ogni parte<br />

d’Italia 3 e consolida ed estende la fama dell’Accademia calabrese degli<br />

anche perché né Tremigliozzi, né Mauro<strong>di</strong>noja ne parlano, ma è evidente che la ritrosia <strong>di</strong><br />

Gimma ad accettare la carica offertagli dall’accademia barese era giustificata da oggettive<br />

incompatibilità, che lo costrinsero poi ad abbandonare la funzione <strong>di</strong> Promotore.<br />

Sull’Accademia dei Pigri, cfr. le notizie in P. SORRENTI, Le accademie in Puglia dal XV al<br />

XVIII secolo, Bari, Laterza et Polo, 1965, pp. 17-25.G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…,<br />

p. 407: Dimorava a Napoli per «cagione degli stu<strong>di</strong> legali, a’ quali s’era tutto applicato D.<br />

Giacinto Gimma <strong>di</strong> Bari […] quale più tosto intento alle <strong>su</strong>e occupazioni, che agli affari<br />

Accademici, si vide in età giovanile aggregato all’Accademie del Platano, e degl’Infecon<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Roma nel 1694, senza che in quella Città stato mai fosse. Diè saggio della <strong>su</strong>a dottrina<br />

alle medesime Adunanze, che si <strong>di</strong>chiararono <strong>di</strong> non essersi ingannate nell’onorarlo colle<br />

aggregazioni; conforme dalle stesse lor lettere Accademiche si ricava, delle quali in altra<br />

occasione ho alcune pubblicate, che potei con qualche destrezza aver nelle mani».<br />

Tremigliozzi si riferisce alla lettera pubblicata nella Nuova Staffetta..., cit., p. 301.<br />

1 G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., p. 409.<br />

2 Cfr. M. MAYLENDER, Storia delle Accademie d’Italia…, cit., pp. 239-240: «L’origine <strong>di</strong><br />

quest’illustre Accademia si riconduce alle <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e insorte circa l’anno 1540 in seno<br />

all’altra letteraria adunanza […] dei Naviganti […]. Un esodo dai Naviganti, promosso da<br />

Camillo Toscani, contribuì a far nascere fra i <strong>di</strong>ssidenti l’idea d’una nuova Accademia, che<br />

<strong>di</strong> fatto fu poco dopo formato col nome degli Spensierati e l’Impresa d’un Alcinoe in mar<br />

tempestoso, col motto: ADVERSA SECURUS […] tutt’e due le Accademie […] in breve si<br />

spensero. Quella degli Spensierati si riebbe nel 1600, essendo stato eletto a Principe<br />

Giuseppe Marino, dottore <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina, il quale, dopo Camillo Toscani e Mario Paramatti,<br />

fu il terzo <strong>su</strong>o capo. A lui <strong>su</strong>ccesse nel Principato accademico Francesco Di Lanzo, poi<br />

Carlo Blasco, Principe per ben 13 anni, e quin<strong>di</strong> il canonico D. Ignazio Di Lauro».<br />

Chiamato in qualità <strong>di</strong> promotore Gimma, e «accettata che egli ebbe nel 1695 la detta<br />

incombenza ed as<strong>su</strong>nta nell’Accademia la particolare Impresa d’un giglio secco, che per<br />

l’acqua scorrentegli appresso, pullula e si rinnova, ed il motto: REDIERE IN PRISTINA VIRES,<br />

nonché il nome <strong>di</strong> Rinascente, il Gimma si fece iniziatore della riforma delle leggi<br />

accademiche […], dopo d’aver mutato e latinizzato il titolo dell’Accademia in quello <strong>di</strong><br />

INCURIOSORUM».<br />

3 A proposito dell’importanza che veniva attribuita a questa iniziativa, cfr. la recensione<br />

anonima (forse dello stesso Gimma) pubblicata in «Galleria <strong>di</strong> Minerva», tomo V, p. 78:<br />

«Da Accademia <strong>di</strong> Belle Lettere, qual’era stata da lungo tempo, riformandola con nuove<br />

leggi e facendola <strong>di</strong>venire Società Scientfica, dopo aver aggregati alla medesima i primi<br />

letterati dell’Europa, l’ha renduta <strong>di</strong> stima ragguardevole, pubblicando le glorie della<br />

medesima colle vite de’ <strong>su</strong>oi virtuosi colleghi». Dove la pubblicazione delle glorie<br />

dell’accademia va intesa come la pubblicazione degli Elogi accademici…<br />

27


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Spensierati. Tremigliozzi riporta le leges dell’accademia, che sono un<br />

documento <strong>di</strong> grande importanza per comprendere la posizione che Gimma<br />

as<strong>su</strong>merà nella polemica Musitano-De Martino e dunque nel Ju<strong>di</strong>cium. A<br />

queste leges sarà bene fare riferimento per comprendere anche tutto il<br />

percorso intellettuale <strong>di</strong> Gimma così come si manifesterà anche nelle<br />

<strong>su</strong>ccessive opere a stampa 1 .<br />

Le Leges dell’Accademia degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano regolano l’attività<br />

dell’accademia: stabiliscono finalità, forme <strong>di</strong> collaborazione e regole<br />

precise, che guideranno la vita della Società rossanense sia nella normale<br />

attività, sia – come è <strong>su</strong>ccesso nella vicenda Musitano – in situazioni<br />

eccezionali 2 . Le Reformatae Incuriosorum leges sono <strong>di</strong>vise in sette leggi<br />

particolari, o capitoli, <strong>di</strong> cui il primo, posta l’Accademia sotto la protezione<br />

<strong>di</strong> S. Niccolò <strong>di</strong> Bari, e dei Santi Nilo e Bartolomeo Abati, patroni della città<br />

<strong>di</strong> Rossano, fissa quale sia lo scopo dell’Accademia: «Dei omnipotentis<br />

gloria, Scientiarum me<strong>di</strong>tatio, et ingeniorum stu<strong>di</strong>um […], in Academiae<br />

Incuriosorum augmentum, et Civitatis Rusciani splendorem propositus finis<br />

esto» 3 . La Lex II detta le normative per le cariche accademiche 4 . La Lex III<br />

riguarda l’elezione <strong>di</strong> un Promotore perpetuo, il quale, chiamato a governare<br />

l’Accademia, e in<strong>di</strong>pendente dal Principe, ha facoltà <strong>di</strong> scegliersi, nel luogo<br />

in cui risiede abitualmente, oppure in quello abitato dal maggior numero <strong>di</strong><br />

1 Cfr. Reformatae Incuriosorum leges per Hyacinthum Gimma Perpetuum Societatis<br />

Promotorem, etc., in G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., pp. 433-439; le leges sono<br />

firmate «Hyacinthus Gimma Promotor» che «haec sanxit, et Academiae ju<strong>di</strong>cio tra<strong>di</strong><strong>di</strong>t<br />

approbanda. Neapoli <strong>di</strong>e 10 Januarii 1696».<br />

2 G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., p. 427, dova a proposito delle leggi scrive:<br />

«acciochè <strong>di</strong>vengano comuni, mi è paruto qui descrivere per intelligenza non solo de’ nostri<br />

Accademici, che nuovamente si vanno da giorno in giorno aggregando, ma <strong>di</strong> quei Virtuosi,<br />

che hanno il desiderio <strong>di</strong> averle sotto l’occhio. E dalle medesime si potrà facilmente<br />

raccogliere qual sia l’Instituto dell’Accademia, ed in qual maniera venga ella governata,<br />

senza che io mi affatichi a dare <strong>di</strong> tutto ciò una piena cognizione». Cfr. M. MAYLENDER,<br />

Storia delle Accademie d’Italia…, cit., p. 240, scrive che le leggi «degli Incuriosi, dettate in<br />

elegante lingua latina, costituiscono senz’altro un modello del genere, vuoi per la<br />

straor<strong>di</strong>naria laconicità, vuoi per la saggezza delle <strong>di</strong>sposizioni»<br />

3 G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., p. 433.<br />

4 Id., pp. 434-435, in essa affermato che «Summa Societatis facultas in Principe, et<br />

Promotore elucescat». Il Principe e i <strong>su</strong>oi principali collaboratori sono eletti «communi<br />

Sociorum Rusciani voto»; le altre cariche accademiche sono quelle <strong>di</strong> Censore-assistente,<br />

nel numero <strong>di</strong> due, <strong>di</strong> Segretario dell’Accademia, un Provve<strong>di</strong>tore, due Prefetti e un bidello,<br />

i quali «initio cujuslibet anni creare, sive creatos confirmare, ipsamque Academiam in<br />

Rusciani iure congregare ac <strong>di</strong>rigere; et Ruscianenses, aliosque eru<strong>di</strong>tos eiusdem Provinciae<br />

viros Societati adscribere».<br />

28


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

aggregati, quattro Consiglieri, un adeguato numero <strong>di</strong> Censori e due<br />

Segretari; ha inoltre, e soprattutto, l’autorità <strong>di</strong> aggregare altri stu<strong>di</strong>osi<br />

all’Accademia, senza limiti <strong>di</strong> numero, previo semplice avviso al Principe<br />

dell’adunanza 1 . Probabilmente, i problemi incontrati all’Accademia dei<br />

Pigri <strong>di</strong> Bari, inducono Gimma ad assicurarsi per statuto l’autonomia<br />

decisionale che gli permette <strong>di</strong> gestire una politica <strong>di</strong> affiliazione consona<br />

alle ambizioni <strong>su</strong>e e dell’Accademia. La Lex IV stabilisce le modalità<br />

dell’aggregazione, e <strong>su</strong>d<strong>di</strong>vide gli Accademici in nove classi: «Peculiares<br />

demum constituant Classes Grammatici, Rhetores, Poetae, Historici,<br />

Philosophi, Me<strong>di</strong>ci, Mathematici, Jurisperiti, Theologi, et illustres Viri» 2 ,<br />

mentre la Lex V regola l’or<strong>di</strong>ne delle sessioni accademiche e delle<br />

<strong>di</strong>scussioni. La Lex VI as<strong>su</strong>me una rilevanza particolare: prescrive quali<br />

con<strong>di</strong>zioni gli accademici debbano rispettare per ottenere che nei testi a<br />

stampa figuri il titolo <strong>di</strong> Accademico Spensierato o Incurioso. Stabilisce<br />

inoltre che le opere degli accademici vengano sottoposte a cen<strong>su</strong>ra<br />

preventiva, che siano impresse presso lo stampatore dell’Accademia e che<br />

1 Id., p. 435: «Promotor <strong>su</strong>mmam Academiae potestatem extra Ruscianum eserceat, eiusque<br />

decus promoveat: <strong>su</strong>os eligat singulis annis Consiliarios quatuor Promotoriales, quibus<br />

Societatis negotia communicet, duplicem Secretarium et plures in Civitatibus Censores:<br />

veris et hyemis mensibus, prout sibi videbitur, novos adscribat Societati socios in <strong>su</strong>as<br />

Classes <strong>di</strong>stributos; eisdemque Testimoniales literas Principis, et Academiae auctoritate sibi<br />

communicata <strong>di</strong>stribuat: Volumina Societatis facultate edenda permittat: Illius Acta<br />

scientifica evulgari curet: Academicos excitet, atque compellat ad literarios labores: inertes,<br />

factiosos, inobsequenes, et alios qui de Societate male merentur, proscribat, eorumque<br />

nomina ex Collegarum albo expungat, et deleat; laboriosos vero complectatur, et protegat.<br />

Legum perplexitati, si qua foret, ac necessitati <strong>su</strong>ppleat Principis consen<strong>su</strong>; et aliquam ex<br />

occasione reddat leniorem, aut duriorem; ubique demum fuerit, socio Incuriosorum titulo<br />

sibi liceat congregare; Ianuarii autem mense Officiales creare, sive confirmare quolibet<br />

anno».<br />

2 Id., pp. 436-437: «Nullus, nisi aut pravia ipsiusmet petitione, aut alterius Academici in<br />

socium recipiatur, sive <strong>su</strong>pplici libello, sive epistola; sitque clarus genere, moribus, aut<br />

scientia, aut ministerio, aut laurea Doctorali in aliqua Facultate insignitus, aut in aliqua<br />

Academia laudabili receptus et a Censoribus, aut ab alioquo Socio approbatus; annumque<br />

vigesimumprimum excedat, nisi aetatem doctrina <strong>su</strong>perari ostendant eius opera, et<br />

ingenium. Admis<strong>su</strong>s, testimonialibus literis acceptis, eucharisticam epistolam Principi, vel<br />

Promotori, vel Academiae transmittat, neque respon<strong>su</strong>m aliquod, aut titulum honorificum,<br />

eisdem Academiam representantibus, debitum exquirat, nisi eorundem placito. Receptorum<br />

autem nomina in <strong>su</strong>as classes <strong>di</strong>stributa, in prima Academiae sessione a Secretario<br />

publicentur, et describantur in Academicis Ephemeri<strong>di</strong>bus, quas una cum lectionibus,<br />

epistolis, poematis, aliisque voluminibus Cancellarius asservet. Recentior tamen<br />

Incuriosorum Catalogus, Societatis facultate e<strong>di</strong>tus semper attendatur, et in eodem<br />

tantummodo descripti pro Academicis recognoscantur».<br />

29


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

una copia sia depositata presso la Biblioteca. La regola <strong>su</strong>ccessiva, <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>fesa collettiva da attacchi rivolti alle opere approvate e pubblicate sotto<br />

l’egida dell’accademia, è una <strong>di</strong>retta conseguenza <strong>di</strong> questa premessa. Per<br />

questo è rigidamente imposta la legge che nes<strong>su</strong>n accademico può fregiarsi<br />

del titolo <strong>di</strong> socio dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano, se non ha prima ottenuto il<br />

permesso scritto dal Promotore, che deve a <strong>su</strong>a volta con<strong>su</strong>ltare la<br />

commissione <strong>di</strong> cen<strong>su</strong>ra, chiamata a pronunciarsi anche <strong>su</strong>lle opere del<br />

medesimo 1 . L’ultima legge, infine, tratta dell’operosità degli accademici<br />

stranieri 2 . L’importanza della sesta lex risalterà proprio in occasione della<br />

polemica che coinvolgerà Musitano, le cui opere erano state approvate<br />

dall’Accademia.<br />

2. L’affaire Musitano-De Martino e gli attacchi alla nuova me<strong>di</strong>cina<br />

Sono ora chiari i motivi che hanno spinto Tremigliozzi e Gimma a<br />

pubblicare la Nuova Staffetta Parnasso 3 . Se l’opera evidenzia che<br />

1 Id., pp. 437-438: «In librorum e<strong>di</strong>tione Incuriosorum Academicum affirmari nemini sit<br />

licitum, nisi obtenta in scriptis licentia a Promotore, praecedente operis recognitione a<br />

Censoribus electis facta, aut saltem recepto eius consen<strong>su</strong>; eodemque uti posse titulo,<br />

maximi sit decoris, et pro non vulgari honoris nota in Societate habeatur. Promotor ipse <strong>su</strong>a<br />

opera tradat recognoscenda aliquibus Consiliariis, et eorum sententia Promotoris titulo, et<br />

auctoritate Academica utatur. Promotoris sit Socios eligere, qui Academici librum<br />

Societatis facultate, et approbatione e<strong>di</strong>tum, et a criticis ad cen<strong>su</strong>ram vocatum defendant<br />

scriptis, et voluminibus, eiusdemque causam amplectantur. E<strong>di</strong>ta aliquot volumina quilibet<br />

Promotori, et Academiae a Cancellario servanda transmittat. Typographis Academicis uti<br />

omnibus convenit, qui nihil nisi a Societate approbatum e <strong>su</strong>is typis evulgent; neque<br />

Academico liceat absque Societatis, Promotorisve licentia librum contra aliquem<br />

Academicum evulgare».<br />

2 Id., pp. 438-439: «Exteri <strong>su</strong>as mittant elucubrationes, vel rerum naturalium experimenta,<br />

vel Carmina quolibe saltem anno, prout Promotori videbitur, in Academiae sessionibus<br />

perlegena, et in Actis Academicis evulganda». Nes<strong>su</strong>no, poi può fregiarsi del simbolo<br />

dell’Accademia «nisi Principis, aut Promotoris consen<strong>su</strong>»; rappresentante «Lilia crescentia,<br />

et perfecta in florido horto cum epigraphe: Non alunt curas».<br />

3 D. MAURODINOJA, Breve ristretto della vita dell’abate Giacinto Gimma descritta secondo<br />

l’or<strong>di</strong>ne de’ tempi, in «Raccolta <strong>di</strong> opuscoli scientifici dell’abate Calogerà», XVII, 1737,<br />

pp. 375-376, ricorda «che […] si videro tosto a favore del Musitano uscite dalle stampe <strong>di</strong><br />

Francoforte la nuova Staffetta <strong>di</strong> Parnaso circa gli affari della Me<strong>di</strong>cina, la quale benché<br />

porti in fronte il nome <strong>di</strong> Gaetano Tremigliozzi; fu però, a <strong>di</strong>r vero, fatica del medesimo D.<br />

Giacinto Gimma». Sulla base <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> Mauro<strong>di</strong>noja, C. Vasoli, attribuisce<br />

la Nuova Staffetta a Gimma, cfr. C. VASOLI, L’abate Gimma e la «Nova Encyclopae<strong>di</strong>a»…,<br />

cit., p. 824, dove a proposito <strong>di</strong> C. Musitano scrive che «intorno alle <strong>su</strong>e dottrine si svolse<br />

una vasta polemica che impegnò, tra gli altri, Gabriele Fontana e Giacomo Lavagna, ed alla<br />

quale rispose la Nuova Staffetta del Parnaso circa gli affari della Me<strong>di</strong>cina pubblicata del<br />

30


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

rimangono ancora aperte alcune fondamentali questioni (ad esempio, quella<br />

relativa alla definizione del metodo della scienza), che ancora forte è<br />

l’opposizione alla nuova filosofia da parte delle istituzioni e che, anche<br />

all’interno del partito dei moderni, vi sono posizioni non univoche, come<br />

<strong>di</strong>mostrano le <strong>di</strong>fferenti posizioni <strong>di</strong> Tremigliozzi e Gimma all’interno della<br />

stessa Nuova Staffetta, tuttavia essa, <strong>su</strong> <strong>di</strong> un punto non secondario, presenta<br />

univocità <strong>di</strong> vedute tra i due autori: ‘parlar me<strong>di</strong>ce’ è la stessa cosa che<br />

‘parlar philosophice’ 1 . L’espressione <strong>di</strong> Tremigliozzi è pienamente<br />

con<strong>di</strong>visa dall’abate. Me<strong>di</strong>co e filosofo si rispecchiano l’un l’altro e non c’è<br />

questione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina che un filosofo non possa trattare e, quin<strong>di</strong>, un<br />

me<strong>di</strong>co può e deve trattare questioni <strong>di</strong> filosofia. Tremigliozzi avvalora<br />

questa affermazione con l’immagine dell’arbor scientiarum ch’egli mutua<br />

da Cicerone, ricordando che non può davvero definirsi me<strong>di</strong>co chi non cerca<br />

<strong>di</strong> comprendere i misteriosi processi naturali e che per compiere una<br />

proficua ricerca occorre essere padroni <strong>di</strong> molteplici rami delle scienze. Ciò<br />

che solo il filosofo può fare 2 .<br />

Il filosofo che Tremigliozzi descrive in queste interessanti pagine è, nello<br />

specifico, Gimma. Si vedrà, infatti, che queste <strong>di</strong>chiarazioni sono messe in<br />

bocca a Giusto Lipsio per <strong>di</strong>fendere il <strong>di</strong>ritto, che i <strong>di</strong>fensori della me<strong>di</strong>cina<br />

antica non vorrebbero concedere, dell’autore <strong>di</strong> una Encyclopae<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

intervenire in questioni <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. Una prima notazione da fare, quin<strong>di</strong>, è<br />

questa: il filosofo, secondo Tremigliozzi, è anzitutto un filosofo<br />

‘sperimentale’ e domina l’intero universo del sapere, l’intero albero, oppure<br />

‘circolo’ delle scienze chiamato ‘enciclope<strong>di</strong>a’ 3 . Le scienze cui pensa<br />

Tremigliozzi però non sono quelle che hanno un fondamento matematico,<br />

ad esempio, l’astronomia: si tratta, piuttosto, <strong>di</strong> saperi contrad<strong>di</strong>stinti non da<br />

apo<strong>di</strong>ttiche certezze, ma dalla tensione verso una operatività imme<strong>di</strong>ata. Di<br />

scienze, cioè, che offrano una ricaduta pratica che non solo ne assicuri la<br />

vali<strong>di</strong>tà, ma ne convali<strong>di</strong> la verità. Caratteristica <strong>di</strong> questo modello<br />

scientifico è una soglia <strong>di</strong> formalizzazione, sorprendentemente bassa: il<br />

Sig. Gaetano Tremigliozzi […], scritta in realtà proprio dal Gimma». In realtà l’operetta <strong>di</strong><br />

Tremigliozzi costituisce un ampliamento della prima Staffetta.<br />

1 Cfr. G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., pp. 288-291.<br />

2 Cfr. Id., p. 289.<br />

3 Cfr. Id., p. 297.<br />

31


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

mondo delle matematiche, quin<strong>di</strong>, sembra estraneo alla cultura degli autori<br />

della Nuova Staffetta.<br />

Da parte <strong>di</strong> Gimma, d’altro canto, c’è la profonda convinzione che le<br />

scienze, e in questo caso la scienza me<strong>di</strong>ca, conoscano degli stati evolutivi –<br />

dalla semplice osservazione alla ‘ratio’ – che storicamente si manifestano<br />

secondo un processo simile alla crescita <strong>di</strong> un organismo 1 . Si tratta<br />

comunque <strong>di</strong> un processo che avviene nella storia, e che storicamente va<br />

indagato, inseguendolo anche dentro le favole, anch’esse fonte<br />

in<strong>di</strong>spensabile della sapienza, e quin<strong>di</strong> da non respingere, ma da vagliare<br />

criticamente cogliendone gli elementi positivi 2 .<br />

Che ‘parlar me<strong>di</strong>ce’ e ‘parlar philosophice’ siano la stessa cosa è<br />

un’opinione che i due autori della Nuova Staffetta accolgono da un topos<br />

ampiamente <strong>di</strong>ffuso a Napoli e non solo. Non sono soltanto le gran<strong>di</strong><br />

personalità, Severino e Cornelio, Sebastiano Bartoli, o Di Capua, a proporre<br />

questa identificazione: essa viene ormai accettata come luogo comune.<br />

Gimma, in Sylva I, annota da Lavagna, un autore certo non favorevole ai<br />

moderni, proposizioni che denotano come la progressione naturale dalla<br />

filosofia alla me<strong>di</strong>cina facesse parte <strong>di</strong> un comune universo <strong>di</strong> pensiero:<br />

«Per principii» scrive Lavagna «tiene fra gli altri Anassimene l’aria.<br />

Achelao l’aria, e l’infinito, aggiungendovi il raro, e ’l denso. Metrodoro gli<br />

atomi e ’l vacuo. Zenone Dio, e la Materia. Il Telesio, il caldo, il freddo, e la<br />

materia, a’ quali il Campanella aggiunge le tre formalità essenziative, cioè<br />

Potenza d’essere, Sapienza d’essere, ed Amor d’essere. Il Patrici tiene per<br />

principio lo Spazio, il Lume, il Calore, e ’l fluore»; Gassen<strong>di</strong> «i principi<br />

crede, che siano gli Atomi, quali egli vuole, che siano mobili, <strong>di</strong> grandezza<br />

1 Cfr. G. GIMMA, Sylva I, p. 179: «Incepit Ars meden<strong>di</strong> observatione, crevit exemplis,<br />

formata est ratione. Ab incurabilis Aegyptiacis, adolescentia <strong>su</strong>b Hippocrate, eiusque<br />

commentatoribus, Graecorum, Arabum, Latinorum, aliorumque variae aetates perquirantur.<br />

Perquirantur dein, et As<strong>su</strong>larum novi morbi, novaque reme<strong>di</strong>a, in senio denique<br />

microscopiorum ope detecta Anatomicorum, Physicorum, Practicorum inventa, statusque<br />

adeo praesens excutiatur, ita quidem ut quid quisque boni pro salute humana attulerit,<br />

expendatur, et trutina imprimis, et veritate experimentorum, et experientia examinatum<br />

colligatur».<br />

2 Negli anni della polemica fra Musitano e De Martino, il me<strong>di</strong>co e accademico<br />

dell’Arca<strong>di</strong>a Bernar<strong>di</strong>no Ramazzini, membro dell’Accademia dei Curiosi della Natura <strong>di</strong><br />

Germania con il nome <strong>di</strong> ‘Terzo Ippocrate’, batteva le campagne per farsi spiegare dai<br />

conta<strong>di</strong>ni le antiche pratiche farmaceutiche della me<strong>di</strong>cina popolare, venata <strong>di</strong> magia<br />

eppure efficace. Cfr. G. COSMACINI, Me<strong>di</strong>ci nella storia d’Italia. Per una tipologia della<br />

professione me<strong>di</strong>ca, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1996, p. 18.<br />

32


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

<strong>di</strong>spari, e <strong>di</strong> varie figure dotati, in<strong>di</strong>visibili non per natura, ma per la<br />

picciolezza, quale non puossi dal senso comprendere»; <strong>Descartes</strong> «il Moto, e<br />

la Materia, e questa in tre generi <strong>di</strong>visa, cioè uno costitutivo <strong>di</strong> particelle<br />

<strong>di</strong>visibili in minuzie d’indefinita picciolezza, l’altro <strong>di</strong> minimi <strong>di</strong><br />

determinata quantità, e l’altro <strong>di</strong> particelle più crasse, e <strong>di</strong> figura meno atta<br />

al moto. Dal primo egli vuole, che sia costituito il sole, e le stelle fisse; dal<br />

secondo il Cielo, dal terzo la Terra, le Piante, e le comete» 1 ; Ippocrate<br />

confessa «che più egli ne uccise, che ne sanasse, nella lettera a Democrito<br />

lib. 8, Ego sane plus reprehensionis, quam honoris ex arte mihi consecutus<br />

reperio. La me<strong>di</strong>cina più offende, che giovi, <strong>di</strong>ce Avicenna P. 3, doct. 2, c.<br />

Me<strong>di</strong>cina purgat, et inveterat» 2 . Tale era secondo Lavagna lo scetticismo nei<br />

confronti <strong>di</strong> questi me<strong>di</strong>ci e filosofi naturali che i «Lacedemoni, e gli Arca<strong>di</strong><br />

giammai si vollero servir <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ci […]. Nè i Turchi, e <strong>di</strong>ce Cardano […],<br />

Quis non videt adhuc Turcicam gentem sine illis me<strong>di</strong>cis vivere, ac longe<br />

melius? Ne anco si servirono gli Egizzi, i Babilonii, i Portughesi» 3 .<br />

Autori pure tanto <strong>di</strong>versi tra loro, il ‘tra<strong>di</strong>zionalista’ Lavagna e il ‘moderno’<br />

Gimma utilizzano spesso le medesime fonti, costituite in gran parte da opere<br />

eru<strong>di</strong>te. In esse i due autori trovano elaborato un modello <strong>di</strong> sapere che<br />

mette insieme me<strong>di</strong>cina e filosofia, antichi e moderni, paracelsisti e<br />

corpuscolaristi. In queste fonti non rilevano le contrad<strong>di</strong>zioni che gli<br />

interpreti moderni enfatizzano; <strong>di</strong> esse, anzi, si servono sia a <strong>di</strong>fesa del<br />

nuovo modello <strong>di</strong> filosofia sperimentale – è il caso <strong>di</strong> Gimma -, sia a <strong>di</strong>fesa<br />

della filosofia recepta – è il caso <strong>di</strong> Lavagna e, pressappoco negli stessi<br />

anni, dell’Aletino. Per Gimma la me<strong>di</strong>cina si presenta come un para<strong>di</strong>gma: è<br />

il modello della nuova ‘filosofia sperimentale’, come insegna Francesco<br />

Re<strong>di</strong> 4 .<br />

1<br />

Cfr. G. GIMMA, Sylva I, pp. 306-307.<br />

2<br />

Cfr. Id., p. 307.<br />

3<br />

Cfr. Id., pp. 308-309.<br />

4<br />

Cfr. Id., pp. 160-164, e p. 582; Sylva IV, pp. 388-395. L’autore dell’Articolo VIII, in<br />

Giornale de’ letterati d’Italia tomo ventesimo. Anno MDCCXV sotto la protezione del<br />

Serenissimo Gio. Gastone, Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia, 1715, appresso Gio. Gabbriello<br />

Ertz, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, e con privilegio anche <strong>di</strong> N. S. Papa Clemente XI, nella<br />

prima parte della recensione del primo volume delle Dissertationes Accademicae…, p. 161<br />

<strong>di</strong> Gimma scrive che l’abate «protesta <strong>di</strong> non avere voluto perdere il tempo nella Fisica<br />

Scolastica, la quale molti con modo metafisico insegnano, e tessono solamente quistioni<br />

inutili, e vane, né ha voluto ricercare i principi degli atomi <strong>di</strong> Democrito, o <strong>di</strong> Epicuro, o<br />

sistemi d’altri, ma più tosto ha voluto seguitare quella parte <strong>di</strong> Fisica, la quale coll’aiuto<br />

dell’Anatomia, e delle Osservazioni può meno errare, e che per mezzo de’ sensi, dalla<br />

33


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Questi temi costituiscono lo sfondo culturale della Nuova Staffetta, che<br />

affronta principalmente le questioni me<strong>di</strong>che più <strong>di</strong>battute <strong>di</strong> quegli anni: la<br />

vali<strong>di</strong>tà terapeutica dei me<strong>di</strong>camenti spagirici, da una parte, e della me<strong>di</strong>cina<br />

galenica (ma non necessariamente <strong>di</strong> quella ippocratica), dall’altra. La posta<br />

in gioco era l’elaborazione <strong>di</strong> strumenti logici che permettessero alla<br />

me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> affiancarsi alle scienze della natura quanto a capacità <strong>di</strong><br />

previsione dei fenomeni e chiarezza dell’oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o 1 . Il caso <strong>di</strong> Carlo<br />

Musitano è, in tal modo, la causa occasionale per <strong>di</strong>scutere dei due modelli,<br />

‘galenico’ e ‘moderno’, intorno ai quali i me<strong>di</strong>ci si erano <strong>di</strong>visi. Musitano è<br />

personaggio <strong>di</strong> primo piano nella cultura scientifica meri<strong>di</strong>onale tra fine<br />

Seicento e primo Ventennio del Settecento, come provano le numerose<br />

e<strong>di</strong>zioni delle <strong>su</strong>e opere. Basti pensare che tra il 1701 e il 1738 si hanno<br />

almeno tre e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Opera omnia 2 .<br />

ragione, dall’esperienza, e dalla osservazione in<strong>di</strong>ritti, i segreti della natura ricerca».<br />

1 Sulla Nuova Staffetta…, e <strong>su</strong>ll’importanza <strong>di</strong> questo scritto nell’economia del pensiero <strong>di</strong><br />

Giacinto Gimma, cfr. M. CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina…, cit.<br />

2 Ho notizia <strong>di</strong> tre <strong>di</strong>verse e<strong>di</strong>zioni delle opere <strong>di</strong> Musitano: R. D. Caroli Musitani Iatrias<br />

Professoris Celeberrimi, opera omnia, seu Trutina Me<strong>di</strong>ca, Chirurgica, pharmaceuticochymica<br />

etc. Omnia juxta recentiorum, philosophorum principia, et Me<strong>di</strong>corum<br />

experimenta, excogitata, et adornata. Accesserunt huic novae e<strong>di</strong>tioni tractatus tres,<br />

nunquam e<strong>di</strong>ti, nempe de morbis infantum, de luxationibus, et de fracturis. cum in<strong>di</strong>cubus<br />

capitum, rerum et materiarum locupletissimis. Genevae, <strong>su</strong>mptibus Cramer et Perachon,<br />

1716, 2 tt.; Id., Opera Omnia seu Trutina Me<strong>di</strong>ca, chirurgica, Pharmaceutico-Chymica<br />

[…] omnia iuxta recentiorum philosophorum principia et me<strong>di</strong>corum experimenta,<br />

excogitata et adornata, Venetiis, apud Josephum Bortoli, 1738, 2 voll; Id., Opera omnia<br />

seu Trutina Me<strong>di</strong>ca […], Lugduni, Sumptibus Cramer et Perachon, 1733. Salvo <strong>di</strong>versa<br />

in<strong>di</strong>cazione l’e<strong>di</strong>zione utilizzata è quella <strong>di</strong> Ginevra. Per dare un’idea della fortuna delle<br />

opere <strong>di</strong> Musitano, vale la pena ricordare che oltre alla rarissima e<strong>di</strong>zione veneziana della<br />

Trutina Me<strong>di</strong>ca del 1688 – ristampata nell’e<strong>di</strong>zione veneziana delle opere –, e ai due<br />

volumi del 1698 – Chirurgia theoretico-practica seu Trutina chirurgico-physica, 2 voll.,<br />

Coloniae, Sumptibus Cramer et Perachon – viene e<strong>di</strong>ta nel 1701, sempre a Colonia, dai<br />

medesimi e<strong>di</strong>tori la Opera me<strong>di</strong>ca Chymico-practica seu Trutina Me<strong>di</strong>co-chymica, e tra il<br />

1701 e il 1702 <strong>di</strong> quest’opera si pubblicava in Germania la traduzione tedesca:<br />

Chirurgische und Physicalische Schriften, Frankfurt und Leipzig, 1701-1702. Della fortuna<br />

<strong>di</strong> Musitano fuori d’Italia è naturalmente testimone anche G. GIMMA, Idea della storia<br />

dell’Italia letterata esposta coll’or<strong>di</strong>ne cronologico dal <strong>su</strong>o principio fino all’ultimo secolo,<br />

colla notizia delle Storie particolari <strong>di</strong> ciascheduna Scienza. E delle Arti nobili: <strong>di</strong> molte<br />

Invenzioni: degli Scrittori più celebri, e de’ loro Libri: e <strong>di</strong> alcune memorie della Storia<br />

Civile, e dell’Ecclesiastica: delle Religioni, delle Accademie, e delle Controversie in vari<br />

tempi accadute: e colla Difesa dalle cen<strong>su</strong>re, con cui oscurarla hanno alcuni stranieri<br />

creduto: <strong>di</strong>visa in due tomi, colle tavole de’ capitoli, e delle controversie nel primo: degli<br />

autori o lodati, o impugnati; e delle cose notabili nel secondo. Discorsi <strong>di</strong> D. Giacinto<br />

Gimma dottore delle leggi, avvocato straor<strong>di</strong>n. della città <strong>di</strong> Napoli, promotor-Generale<br />

della Scientifica Società Rossanense degl’Incuriosi, ecc. Tomo II. Dall’anno 1401 secolo<br />

34


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Gimma ne ricostruirà la biografia negli Elogi. Musitano nasce nel 1635,<br />

«nel quinto giorno <strong>di</strong> Gennaio, che fu anche natale a Francesco Suarez nel<br />

1548» a Castrovillari «Città della Provincia, che nel Regno <strong>di</strong> Napoli<br />

Calabria-citrà vien nominata», da Scipione Musitano e Laura Pugliese 1 . Il<br />

futuro me<strong>di</strong>co in poco tempo termina il corso <strong>di</strong> Grammatica, al punto che a<br />

soli <strong>di</strong>eci anni conosce perfettamente le regole della poetica e della retorica<br />

latine. Stu<strong>di</strong>a presso i Padri Maestri Conventuali Bonaventura Casalnuovo, e<br />

Lucovico Campanella la Filosofia Aristotelica, e buona parte della Teologia.<br />

Si trasferisce, quin<strong>di</strong>, a Napoli dove frequenta il circolo <strong>di</strong> Tommaso<br />

Cornelio, Di Capua, e Bartoli 2 . Comincia ad esercitare la professione<br />

me<strong>di</strong>ca, ma parendogli sconveniente, racconta Gimma 3 (sempre attento nel<br />

<strong>su</strong>o intento agiografico e mettere in rilievo la statura morale dei componenti<br />

dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano), che attendesse alla cura degl’infermi <strong>di</strong> ogni<br />

sesso «da colui, che al culto Divino avea se medesimo de<strong>di</strong>cato», chiese al<br />

Pontefice Clemente IX la licenza <strong>di</strong> poter proseguire l’esercizio della<br />

Me<strong>di</strong>cina 4 . Autore, tra le altre, della miglior opera dell’epoca <strong>su</strong>i rime<strong>di</strong> per<br />

decimoquinto sino all’anno 1723. Secolo decimottavo ed ultimo. In Napoli, nella Stamperia<br />

<strong>di</strong> Felice Mosca, 1723, pp. 732-733.<br />

1 D. Carlo Musitano, in G. GIMMA, Elogi Accademici…, cit., t. I, p.101.<br />

2 Cfr. Vita D. Caroli Musitani, ab incerto Authore conscripta in C. MUSITANO, Opera<br />

omnia, t. I, s. p.: «Humaniores literas ingenio adjutus promptissimo arripuit potius, quam<br />

<strong>di</strong><strong>di</strong>cit, adeo, ut vix decimum annum excedens, non modo latine loqueretur alacriter, sed<br />

Poeticos, Rhtetoriscoque canones optime calleret. Hinc, fasti<strong>di</strong>ente quamvis stomacho,<br />

Peripateticorum nugas ebibit universas plaudente Monachorum coetu, quibus magistris,<br />

necessitate potius, quum voluntate ductus, in patria u<strong>su</strong>s est: donec sacris initiatus<br />

Neapolim petiit». Ma cfr. anche G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp 101-102, dove a<br />

proposito dei maestri <strong>di</strong> Musitano scrive che una volta presi «ch’egli ebbe i Sacri Or<strong>di</strong>ni,<br />

passò nel 1659 in Napoli Città feconda <strong>di</strong> Virtuosi; ove da periti Maestri, e colla lettura de’<br />

libri imparò la nuova Filosofia. Ma perché il genio lo portava allo stu<strong>di</strong>o della Me<strong>di</strong>cina,<br />

volle apprenderla da Tommaso Cornelio, da Lionardo <strong>di</strong> Capoa, e da Sebastiano Bartolo»<br />

essi che «veggonsi gloriosi nella Repubblica Me<strong>di</strong>ca: e poicchè <strong>di</strong>scipuli est magistrum<br />

imitari […], si affezzionò alle nuove opinioni, non approvando ciò, che dalla sperienza non<br />

veniva stabilito».<br />

3 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 102.<br />

4 Ib.: «Anzi in tempo del Car<strong>di</strong>nal Antonio Pignatelli Arcivescovo <strong>di</strong> Napoli, che morì<br />

Pontefice della Chiesa col nome d’Innocenzo XII fu posto nel numero de’ Confessori;<br />

accoppiando la cura de’ corpi umani, con quella delle anime». Cfr. anche Vita D. Caroli<br />

Musitani…: «In exercenda aegrorum cura, aemulos pas<strong>su</strong>s est plurimos, religiosissimos<br />

praecipue, qui (utrum verae pietatis zelo ducti, an potius invi<strong>di</strong>ae livore) Musitanum<br />

nostrum insectari coeperunt, canina verba jactantes foro: Turpe esse Sacerdoti foemellas<br />

me<strong>di</strong>cinae praetextu invisere; imo artis me<strong>di</strong>cae exercitium ecclesiasticis hominibus<br />

in<strong>di</strong>stinctè a canonibus vetitum. Hujusmo<strong>di</strong> turbas, seu potius pueriles ineptias risit: eluit<br />

citissime impetrato a Clemente IX Pont. Max. amplissimo meden<strong>di</strong> <strong>di</strong>polmate. Viri fide<br />

35


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

la sifilide 1 , Musitano è anche convinto assertore della sperimentazione e<br />

dell’applicazione della chimica alla me<strong>di</strong>cina, e scrive numerosi trattati,<br />

<strong>su</strong>lla scorta delle <strong>su</strong>e esperienze, che conoscono una <strong>di</strong>ffusa circolazione e<br />

numerose ristampe che continueranno ad essere ristampate ben oltre la <strong>su</strong>a<br />

morte avvenuta nel 1714.<br />

Alla biografia, così ricca <strong>di</strong> Gimma, si deve aggiungere qualche ulteriore<br />

notazione che si può ricavare dallo stesso Musitano. Nella Premessa<br />

anonima all’Opera omnia si in<strong>di</strong>cano i <strong>su</strong>oi maestri, gli investiganti Bartoli<br />

e Cornelio. E la <strong>su</strong>a formazione ‘moderna’ è, infatti, visibile già nel 1683,<br />

anno in cui Musitano pubblica la <strong>su</strong>a Pyretologia 2 , opera in cui spiega tutte<br />

le preparazioni chimiche, che nel Regno naturale, nel vegetabile, e<br />

nell’animale «fabricar si sogliono» 3 . L’importanza della Pyretologia è anche<br />

dovuta al fatto che in quest’opera Musitano si schiera a favore <strong>di</strong> Ippocrate e<br />

contro Galeno, spezzando così la tra<strong>di</strong>zione me<strong>di</strong>ca in due tra<strong>di</strong>zioni, una<br />

positiva – la cosiddetta scuola ippocratica, che si attiene alle osservazioni –<br />

e l’altra dannosa: Galeno e i galenisti, responsabili <strong>di</strong> aver portato nella<br />

me<strong>di</strong>cina pericolose ‘speculazioni’ <strong>su</strong>lle ‘facoltà’. Secondo Musitano,<br />

filosofare rettamente significa attenersi al senso e riconoscere che le<br />

costruzioni ideali – come ad esempio le malattie – possono condurci fuori<br />

strada. Ippocrate <strong>di</strong>venta simbolo <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>cina libera da ogni <strong>su</strong>d<strong>di</strong>tanza<br />

nei confronti <strong>di</strong> altre <strong>di</strong>scipline e, soprattutto, ricondotta nell'alveo <strong>di</strong> un’arte<br />

terapeutica sperimentale e concreta: per recuperare il vero insegnamento <strong>di</strong><br />

Ippocrate occorre privilegiare l’osservazione e la catalogazione e rifiutare<br />

l’astrazione affrettata 4 .<br />

Per comprendere appieno il senso della <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Gimma, è utile allargare<br />

l’orizzonte. In questa prospettiva <strong>di</strong> riconsiderazione della me<strong>di</strong>cina<br />

<strong>di</strong>gnissimi Musitanum in mulierum praecipue morbis percuran<strong>di</strong>s, castitatem firmare, non<br />

perdere, audacter, et verissime testari <strong>su</strong>nt; si enim Me<strong>di</strong>cis omnibus u<strong>su</strong> venit propter<br />

morborum muliebrium nauseam, Carolus noster a puero Coelibratui ad<strong>di</strong>ctus, constanti<br />

animo foemineum genus semper pero<strong>su</strong>s, carnis illecebras inoffenso pede calcavit».<br />

1<br />

C. MUSITANO, De lue venerea libri quatuor, Neapoli, ex Nova Officina Sociorum D. A.<br />

Parrino et M. Aloysii Mutii, 1689.<br />

2<br />

D. Caroli Musitani iatrias professoris, Pyretologia seu de febribus liber unicus, in C.<br />

MUSITANO, Opera…, 1701.<br />

3<br />

G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 103.<br />

4<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che anche Charles Barbeyrac, uno dei me<strong>di</strong>ci più noti del <strong>su</strong>o tempo, nonché<br />

conosciuto e stimato da Locke (a <strong>su</strong>a volta allievo <strong>di</strong> Sydenham), aveva ricordato Ippocrate<br />

in questa prospettiva. Cfr. S. MORAVIA, Filosofia e scienza umana nell'età dei lumi,<br />

Firenze, Sansoni, 1982, p. 140.<br />

36


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

ippocratica, Musitano si inserisce in un importante <strong>di</strong>battito europeo che <strong>di</strong><br />

lì a qualche anno troverà accomunati, al <strong>di</strong> là delle innegabili e gran<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenze, personalità del calibro <strong>di</strong> Giorgio Baglivi e Thomas Sydenham 1 .<br />

Musitano cioè partecipa <strong>di</strong> un movimento teso a rivalutare non solo la figura<br />

taumaturgica <strong>di</strong> Ippocrate – collegata spesso a quella <strong>di</strong> Democrito – ma<br />

soprattutto le <strong>su</strong>e opere. In tutta Europa viene letto con particolare<br />

attenzione il trattato ippocratico conosciuto come Pronostici, all’inizio del<br />

quale si leggono alcune osservazioni generali che contengono,<br />

implicitamente, anche una dottrina dell’evoluzione storica della malattia, <strong>di</strong><br />

notevole interesse proprio per la sifilide. In questo trattato, com’è noto, i<br />

sintomi sono stu<strong>di</strong>ati, descritti e valutati insieme al complesso della storia<br />

della malattia e del paziente. Un determinato sintomo, in sé e per sé, è privo<br />

<strong>di</strong> significato: esso acquista un significato, soltanto se viene considerato in<br />

una prospettiva ‘storica’. Solo in tal modo, esso può essere spiegato insieme<br />

con altri sintomi. Si costituisce così una inter<strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> tutte le<br />

manifestazioni vitali caratteristiche <strong>di</strong> un organismo, l’esistenza e lo<br />

sviluppo del quale sono resi possibili da questa correlazione tra tutte le <strong>su</strong>e<br />

parti. Ma con il far risalire i sintomi al passato e con l’assegnare <strong>di</strong>verse fasi<br />

alla malattia, viene messo chiaramente in rilievo il ‘criterio storico’, il quale<br />

conoscerà una nuova <strong>di</strong>mensione con l’opera <strong>di</strong> Baglivi 2 . Quest’ultimo,<br />

infatti, è fedele all’insegnamento ippocratico, secondo il quale la malattia è<br />

un complesso mutevole <strong>di</strong> fenomeni naturali, un <strong>su</strong>sseguirsi or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong><br />

avvenimenti, che richiede e pre<strong>su</strong>ppone, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Baglivi, una facoltà <strong>di</strong><br />

sintesi e un vero e proprio intervento da parte <strong>di</strong> chi la osserva. Per questo,<br />

Baglivi giunge a sostenere, provocatoriamente, che la malattia esiste<br />

solamente nella mente dell’uomo 3 . Non è qui possibile de<strong>di</strong>care lo spazio<br />

1 Su questi temi sono ancora valide le considerazioni <strong>di</strong> W. RIESE, Il concetto <strong>di</strong> malattia.<br />

Storia, interpretazione e natura, Milano, Episteme ed., 1975.<br />

2 G. BAGLIVI, Opera Omnia Me<strong>di</strong>co-practica, et anatomica e<strong>di</strong>tio septima, cui praeter<br />

Dissertationes, & alios Tracatus sextae E<strong>di</strong>tioni adjunctos accedunt Eiusdem Baglivi<br />

Canones de me<strong>di</strong>cinâ solidorum; Dissertatio de progressione Romani Terraemotûs; de<br />

Systemate & u<strong>su</strong> motûs solidorum in corpore animato; de Vegetatione Lapidum &<br />

analogismo circulationis maris ad circulationem sanguinis: nec non J. D. Santorini<br />

Opuscula quatuor; de Structurâ & motu fibrae; de Nutritione animali; de<br />

Haemorrhoi<strong>di</strong>bus; & de Catameniis. Lugduni, Sumptibus Anisson, et Joannis Po<strong>su</strong>el, 1710.<br />

3 L’argomento era stato affrontato con particolare acume da Thomas Sydenham, il quale<br />

mirava a raccogliere una descrizione genuina e naturale, una storia, <strong>di</strong> tutte le malattie «sive<br />

morborum omnium descriptio, quoad fieri potest, graphica et naturali» T. SYDENHAM,<br />

Praefatio, in Opera me<strong>di</strong>ca, Venetiis, 1735, p. 69. Per Sydenham gli scritti ippocratici<br />

37


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

che meriterebbe a questo tema, ma è comunque opportuno comprendere<br />

cosa, precisamente, si trovi <strong>di</strong>etro l’idea della storia naturale della malattia,<br />

o del <strong>su</strong>o corso in<strong>di</strong>sturbato. In primo luogo, la <strong>su</strong>a caratteristica intrinseca,<br />

che non tiene conto <strong>di</strong> tutti gli elementi estrinseci o estranei, tanto che, se<br />

fosse possibile stabilire un quadro autoctono <strong>di</strong> ogni morbo, si potrebbe<br />

approntare una topografia delle malattie e pervenire allo stesso grado <strong>di</strong><br />

precisione e costanza <strong>di</strong> leggi della fisica e delle altre scienze esatte. Messi<br />

tra parentesi tutti i cambiamenti e le variazioni derivanti dal trattamento<br />

terapeutico, le malattie, ‘lasciate a se stesse’, appariranno allora come un<br />

complesso <strong>di</strong> manifestazioni vitali, provocate da alcuni fattori patogeni<br />

(estrinseci) e manifestate da organismi le cui reazioni, sebbene analoghe per<br />

alcuni aspetti, <strong>di</strong>fferiscono da in<strong>di</strong>viduo a in<strong>di</strong>viduo, non solo per quanto<br />

riguarda l’intensità, ma anche per il tipo. In secondo luogo, la <strong>su</strong>a<br />

caratteristica estrinseca: i caratteri intrinseci delle malattie sono comunque<br />

correlati ai singoli in<strong>di</strong>vidui ammalati ed è impossibile stu<strong>di</strong>are un qualsiasi<br />

prodotto organizzato isolato dal <strong>su</strong>o ambiente. Un organismo è un prodotto<br />

naturale eccitabile e, poiché le eccitazioni esistono e variano finché c’è vita,<br />

l’organismo costantemente <strong>su</strong>bisce l’influsso <strong>di</strong> eccitazioni, da quelle più<br />

elementari, che derivano dal clima, dalle stagioni, dall’alimentazione, a<br />

quelle più complesse derivanti dalle abitu<strong>di</strong>ni, dalla professione, dal livello<br />

e dal tipo <strong>di</strong> civilizzazione, dalla guerra e dalla pace, dalla povertà e dalla<br />

ricchezza. Ognuna <strong>di</strong> esse può essere non solo causa <strong>di</strong> malattia, ma anche<br />

fattore mo<strong>di</strong>ficatore della medesima 1 . Se la malattia è solamente il vigoroso<br />

mostravano una storia genuina delle operazioni della natura nelle malattie dell’umanità:<br />

«legitimane exhibens Historiam earum Naturae operationum, quas in his hominum morbis<br />

e<strong>di</strong>t» (Ib). Il <strong>su</strong>o sforzo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are e <strong>di</strong> scrivere la storia naturale delle malattie<br />

necessariamente lo porta ad ammettere la vis me<strong>di</strong>catrix naturae, uno strumento logico<br />

in<strong>di</strong>spensabile nel <strong>su</strong>o ‘sistema’. La <strong>su</strong>a definizione <strong>di</strong> malattia conteneva perfino il<br />

principio risanatore come un elemento intrinseco: «<strong>di</strong>ctat ratio, si quid ego hic in<strong>di</strong>co,<br />

Morbum, quantumlibet eius causae humano corpori adversentur, nihil esse aliud qam<br />

naturae conamen, materiae morbificae exterminationem, in aegri salutem omni ope<br />

molienti» (Ib.). Nel Ragguaglio del libro del dottor Sydenham intitolato, Methodus curan<strong>di</strong><br />

febres propriis observationibus <strong>su</strong>perstructa, in Il giornale de letterati per tutto l’anno<br />

1671, in Roma, per Nicolò Angelo Tinassi, MDCLXXI, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, e<br />

privilegio, p. 95, si legge: «finalmente avverte <strong>di</strong> lasciar far la natura il <strong>su</strong>o lavoro, non<br />

richiedendosi niente dal me<strong>di</strong>co se non regolarla quando è esorbitante, e fortificarla quando<br />

ella è troppo debole».<br />

1 Questo <strong>di</strong>battito non si esaurirà nel XVIII secolo. Ancora nel 1829 Broussais avverte<br />

l’esigenza <strong>di</strong> respingere con forza la prospettiva <strong>di</strong> storia naturale della malattia, e <strong>di</strong><br />

sottolineare l’importanza delle influenze <strong>di</strong> agenti esterni, <strong>di</strong> fattori mo<strong>di</strong>ficanti, e <strong>di</strong> una<br />

38


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

sforzo della natura per liberarsi della materia morbifica – e l’esempio<br />

principe è quello delle febbri, argomento trattato da Musitano –, viene però<br />

in questo modo pre<strong>su</strong>pposta una forza operosa che tende alla conservazione<br />

dell’organismo, una forza animante che, nella prospettiva <strong>di</strong> Musitano, si<br />

può identificare con l’etere 1 . Un tema, questo, che trova un fertile terreno<br />

nelle elaborazioni <strong>di</strong> Giovanni Alfonso Borelli, fonte e auctoritas in<strong>di</strong>scussa<br />

per Gimma, Musitano e tutti i moderni, anche fuori <strong>di</strong> Napoli 2 .<br />

Borelli è tra l’altro autore <strong>di</strong> un trattato <strong>su</strong>lle febbri 3 , nel quale la natura<br />

viene stu<strong>di</strong>ata come una regolatrice sapientissima che «intende la<br />

conservatione dell’animale, et è me<strong>di</strong>ca accorta de i morbi, e senza haver<br />

molteplicità delle mo<strong>di</strong>ficazioni patologiche. Egli afferma, al contempo, che le malattie nel<br />

loro stato naturale resistono all’identificazione. Ciò che realmente è in in questione,<br />

sostiene Broussais , nel problema sollevato dalla storia naturale della malattia, è la<br />

concezione ontologica della malattia. Il concetto, infatti, <strong>di</strong> decorso in<strong>di</strong>sturbato e<br />

in<strong>di</strong>pendente della malattia pre<strong>su</strong>ppone che essa effettivamente esista come auto<strong>su</strong>fficiente,<br />

sebbene sia entità cronologica. Cfr. F. G. V. BROUSSAIS, Examen des doctrines mé<strong>di</strong>cales<br />

et des systèmes de nosologie, Bruxelles, 2 ed, 1836.<br />

1 C. MUSITANO, Opera omnia…, 1738, e precisamente nel <strong>su</strong>o Pyrotechniae Sophicae liber<br />

secundus, p. 438, dove insiste <strong>su</strong>l fatto che anche come gli stoici ritenessero «Deum esse<br />

[…] ignem arte prae<strong>di</strong>tum, rationeque et via ad generationem procedentem, atque omnes<br />

rerum omnium rationes continentem, ecc. Hunc ignem Zeno aethera esse voluit, quem ut<br />

refert Cicero, I de Natura Deorum, Deum <strong>di</strong>cit esse. Unde cecinit Ovi<strong>di</strong>us. Est Deus in<br />

nobis, agitante calescimus illo / et poeta Jovis omnia plena. Tertio Cleanthes, Zenonis<br />

au<strong>di</strong>tor, ut narrat Cic. I de nat. Deorum, tum ip<strong>su</strong>m mundum Deum <strong>di</strong>cit esse, tum totius<br />

naturae menti, atque animo hoc nomen tribuit, tum ultimum et altissimum atque un<strong>di</strong>que<br />

circumfu<strong>su</strong>m et extremum omnia cingentem, atque complexum ardorem qui, aether<br />

nominatur certissimum Deum iu<strong>di</strong>cat. Merito <strong>di</strong>vinus Poeta <strong>di</strong>xit. Spiritus intus alit,<br />

totamque infusa per artus Mens agitat molem et magno se corpore miscet. Id Euripides<br />

quoque tragico cothurno lepide atque praeclare expressit: vides <strong>su</strong>blime u<strong>su</strong>m<br />

immoderatum aethera, qui tenero terram circumjiectu amplectitur? Hunc <strong>su</strong>mmum habeto<br />

Divum, humc perhibent Iovem».<br />

2 Su G. A. Borelli, e <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>a importanza per gli Investiganti napoletani, cfr. N. BADALONI,<br />

Introduzione a G. B. Vico…, cit., pp. 81-97; P. CRISTOFOLINI, Tommaso Cornelio…, cit.,<br />

pp. 335-346; M. TORRINI, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Tommaso Cornelio…, cit., pp. 146-147; Borelli<br />

fu anche una figura <strong>di</strong> particolare importanza per Elia Astorini, solitamente in<strong>di</strong>cato quale<br />

maestro ideale <strong>di</strong> Gimma, cfr. E. GARIN, L’Ars Magna <strong>di</strong> Elia Astorini, in Dal<br />

Rinascimento all’Illuminismo…, cit:, 1993, pp. 135-152.<br />

3 Delle Cagioni delle Febbri Maligne della Sicilia negli anni 1647 e 1648. Discorso <strong>di</strong> Gio.<br />

Alfonso Borrelli Accademico della Fucina, Filosofo e Professore delle scienze Matematiche<br />

nello Stu<strong>di</strong>o della Nobile Città <strong>di</strong> Messina. Diviso in tre parti; con una appen<strong>di</strong>ce della<br />

natura della febbre in Comune. Et in fine si tratta della <strong>di</strong>gestione de’ cibi con un nuovo<br />

metodo, in Cosenza, per Gio. Battista Rosso, 1649. Borelli venne chiamato nel 1635 a<br />

insegnare matematica all’università <strong>di</strong> Messina, dove rimase fino al 1656. Viene<br />

solitamente in<strong>di</strong>cato fra i fondatori della scuola iatromeccanica in me<strong>di</strong>cina, poiché cercò <strong>di</strong><br />

servirsi dei princìpi meccanici per la <strong>di</strong>agnosi e lo stu<strong>di</strong>o delle malattie.<br />

39


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

bisogno <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>, e stimoli nostri, per propria elettione, e spontaneamente<br />

resiste, e combatte contro la causa del male. E veramente non mi pare che le<br />

operationi della natura <strong>su</strong>ccedano a caso, o per necessità, poiché si vede<br />

esser elle fatte industriosamente, e economicamente; perché veggo in quelle<br />

cicatrici dove manca la carne, e le ossa sono rotte, usar ella un’accortezza<br />

maravigliosa, raccogliendo prima providamente i materiali<br />

abbondantemente fuor del <strong>su</strong>o solito, per riparare i danni, conducendoli tutti<br />

ad una parte, cosa che nello stato <strong>di</strong> salute non faceva; poi <strong>di</strong>sponendoli, e<br />

senza confusione collocando ciascheduna parte al <strong>su</strong>o debito luogo, con<br />

mirabile or<strong>di</strong>ne, e <strong>di</strong>spositione, fabricando prima l’ossa con i materiali<br />

opportuni; poi le membra; appresso i muscoli e le <strong>su</strong>e pellicciuole; poi la<br />

pingue<strong>di</strong>ne, e finalmente la pelle» 1 . Una provvidenziale attività si esprime, a<br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Borelli nella resistenza alla malattia: «la natura è me<strong>di</strong>ca […]<br />

non stimolata, ma spontaneamente resiste e contrasta, come in una guerra,<br />

contro la causa del morbo» 2 , mentre a proposito della febbre Borelli è<br />

ancora più esplicito:<br />

È dunque manifesto che i movimenti or<strong>di</strong>narii usati dalla natura in tempo <strong>di</strong> salute<br />

non sono bastevoli in tempo d’infermità; e poi è necessario che si aumentino,<br />

principalmente per toglier via l’ostruttione de’ pori, la quale è compagna assidua<br />

delle infermità; e non potendosi ella togliere, senza che gli spiriti furiosamente<br />

scommossi, o <strong>di</strong>ssolvano, o scaccino o rarefacciano o scommuovano, o raffred<strong>di</strong>no,<br />

<strong>di</strong>scacciando le fumosità ignee, o spingan fuori gli impe<strong>di</strong>menti, che otturano i detti<br />

pori, sarà necessario intendere una vehemente e istraor<strong>di</strong>naria agitatione del Cuore,<br />

acciocché i detti spiriti possano spingersi con quella furia, che la necessità ricerca<br />

[…] non si può questo moto introdurre senza agitare impetuosamente il cuore,<br />

principio <strong>di</strong> tutti i movimenti. Adunque ne’ detti casi d’infermità il cuore deve<br />

gagliardamente agitarsi per elettione spontanea della natura 3 .<br />

Borelli, in questa fase, ossia prima <strong>di</strong> scoprire che l’or<strong>di</strong>ne naturale è un<br />

or<strong>di</strong>ne matematico, sostiene una fondamentale incapacità dello scienziato <strong>di</strong><br />

oltrepassare il livello dell’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> cause probabili. Questa <strong>su</strong>a<br />

convinzione dell’impossibilità <strong>di</strong> attingere ad una conoscenza non<br />

probabilistica viene affermata da un duplice punto <strong>di</strong> vista: quello<br />

1 Id., pp. 164-166.<br />

2 Id., p. 167.<br />

3 Id., pp. 170-171.<br />

40


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

soggettivo e quello oggettivo. Nel primo senso, Borelli reinterpreta il nihil<br />

scire socratico, sviluppando un atteggiamento <strong>di</strong> riserbo che mette in<br />

rapporto con la oggettiva saggezza della natura 1 : «la facoltà e la sapienza<br />

della Natura, con la breve e angusta capacità del cervello humano, né quel<br />

che non si trova scritto ne i libri degli huomini, non si potrà ritrovare<br />

registrato nel gran volume della Natura» 2 . Nel secondo senso, il fatto che la<br />

mente non possa tradurre in termini logici i processi naturali, e<br />

comprenderne la natura, significa solo che essi avvengono seguendo un<br />

or<strong>di</strong>ne secondo il quale essa procede con semplicità, evitando il <strong>su</strong>perfluo e<br />

una inutile moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> mezzi; anche se «non habbiamo metodo sicuro da<br />

ritrovare il temperamento delle cose, […] siamo certi, che né i veleni, né gli<br />

antidoti operano in virtù delle prime qualità elementari. E però quando mi<br />

domandano qual facoltà habbia il solfo, in virtù della quale può resistere alla<br />

corrente epidemia, rispondo non esser una cosa simile a quella con la quale<br />

l’argento vivo guarisce il mal francese, ed il ferro tira la calamita: le quali<br />

conforme loro non sanno quel che si siano, così io professo esserne<br />

ignorante: ma non perché il nostro sapere è debole si ha da niegare, ch’elle<br />

vi siano in natura, quando l’esperienza sensatamente lo <strong>di</strong>mostra. Sì che io<br />

conchiudo, che se bene non intendo perché il Solfo è antidoto contro la<br />

pestilenza, devo in ogni modo affermarlo, perché così l’ha mostrato la<br />

sperienza a tanti autori famosi […], e a noi in queste correnti febbri<br />

maligne» 3 .<br />

Non è qui possibile sviluppare tutte le questioni trattate da Borelli, ma è<br />

opportuno quantomeno rilevare quanto sia sfuggente la relazione fra<br />

scienza, arte e pratiche terapeutiche che egli stabilisce: l’osservazione<br />

sembra fornire prove a favore <strong>di</strong> certe tesi – il ferro guarisce il mal francese<br />

– ma non si è ancora in grado <strong>di</strong> comprendere il motivo.<br />

Se in ambito astronomico Borelli contribuirà a definire la funzione delle<br />

ipotesi, in ambito me<strong>di</strong>co egli lascia tutto indeterminato: quali farmaci sono<br />

davvero efficaci e quali inutili, o ad<strong>di</strong>rittura dannosi? Il problema che qui si<br />

pone è, evidentemente, quello del criterio da adottare nelle osservazioni:<br />

quanto è affidabile l’esperienza, sia essa condotta <strong>di</strong>rettamente, o sia<br />

1<br />

Su Borelli, e le <strong>su</strong>e affinità con Leonardo Di Capua, uno dei maestri <strong>di</strong> Musitano, cfr. N.<br />

BADALONI, Introduzione a G. B. Vico…, cit., p. 87.<br />

2<br />

G. A. BORELLI, Delle Cagioni delle Febbri Maligne…, cit., pp. 98-99.<br />

3 Id., p. 192.<br />

41


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

testimoniata da auctoritates accre<strong>di</strong>tati, da cui non si riesce a ricavare<br />

certezza? Su questa questione, Borelli non si pronuncia: essa sarà affrontata<br />

e risolta, e con esiti non <strong>di</strong>sprezzabili, da Gimma nelle opere scientifiche.<br />

In Borelli, comunque, questi temi sono legati alla complessità e misteriosità<br />

dei processi chimici 1 . Anche per Musitano, e per tutti i moderni, la chimica<br />

è fondamentale, sia per la comprensione del fenomeno vivente, che per<br />

l’elaborazione <strong>di</strong> efficaci terapie basate principalmente <strong>su</strong>i farmaci. Essa<br />

permette anche <strong>di</strong> teorizzare una forza guaritrice interna alla natura, tesa alla<br />

conservazione dell’organismo e <strong>di</strong> reinterpretare la funzione delle febbri<br />

quali in<strong>di</strong>ci della malattia, segno <strong>di</strong> un qualcosa che se non è comprensibile<br />

in sé, pure è analizzabile nelle <strong>su</strong>e manifestazioni. Nei trattati teorico-pratici<br />

che dà alle stampe Musitano espone i ri<strong>su</strong>ltati delle <strong>su</strong>e osservazioni: «Data<br />

quippe accuratissima cujuslibet morbi descriptione, annectuntur signa illius<br />

<strong>di</strong>agnostica, mox in causas inquiritur, ut ex his non minus prognosis, quam<br />

curativae demum in<strong>di</strong>cationes, saepe a Galenicorum aliorumque methodo<br />

meden<strong>di</strong> multum recedentes, eliciantur, reme<strong>di</strong>aque elegantissima, istis<br />

satisfacientia, <strong>su</strong>bjiciantur» 2 . Galeno è qui richiamato non perché aveva<br />

delineato - per primo - una rigorosa concezione della malattia <strong>su</strong> basi<br />

fisiche 3 , ma in quanto teorico delle ‘facoltà’ 1 e della ‘me<strong>di</strong>cina umorale’.È<br />

1<br />

La peste, ad esempio, ha un’origine chimica, e chimico è anche il <strong>su</strong>o antidoto: lo zolfo.<br />

2<br />

Bibliopolarum antecedentis e<strong>di</strong>tionis praefatio ad lectorem, in C. MUSITANO, Opera<br />

omnia…, 1738, p. VI.<br />

3<br />

Sull’argomento, cfr. W. RIESE, Il concetto <strong>di</strong> malattia…, cit., e M. VEGETTI, Tra E<strong>di</strong>po e<br />

Euclide. Forme del sapere antico, Milano, Il Saggiatore, 1983. È però necessario<br />

<strong>di</strong>stinguere due versioni <strong>di</strong> questa concezione, cosa che non sempre è stato fatto, soprattutto<br />

dai sostenitori della scuola galenica. La prima è puramente razionale e non contiene<br />

elementi sensibili: considera le malattie come cambiamento e adotta la definizione<br />

aristotelica del cambiamento come movimento. Galeno <strong>di</strong>stingue due tipi: l’alterazione e la<br />

locomozione. Definisce le funzioni movimenti attivi delle parti, e la malattia un’alterazione<br />

che <strong>di</strong>venta una <strong>di</strong>atesi permanente. Ma Galeno non fa in realtà uso <strong>di</strong> questa concezione<br />

strettamente razionale della malattia. Lo ve<strong>di</strong>amo usare la <strong>su</strong>a seconda, più empirica,<br />

concezione della malattia ogniqualvolta si occupa delle malattie. Il ruolo principale nella<br />

gerarchia <strong>di</strong> questi costituenti è attribuito a quello fisiologico della functio laesa, al cui<br />

proposito Galeno afferma che si deve stu<strong>di</strong>are soprattutto la funzione alterata. L’alterazione<br />

della funzione specifica <strong>di</strong> un determinato organismo è in<strong>di</strong>cata come il <strong>su</strong>o sintomo<br />

specifico o patognomonico. Questo è l’unico costituente in<strong>di</strong>spensabile della malattia, con<br />

il quale non possono competere quei sintomi che ri<strong>su</strong>ltano da variazione nel tipo e<br />

nell’intensità delle lesioni. Subito dopo viene l’esame della parte interessata (il costituente<br />

regionale o topico della <strong>di</strong>agnosi); l’esame del tipo <strong>di</strong> lesione. In alcuni casi le lesioni<br />

sembrano in<strong>di</strong>stinguibili dalle alterazioni funzionali; Galeno include, ad esempio, le due<br />

gran<strong>di</strong> comunanze stabilite dalla setta dei meto<strong>di</strong>ci, cioè il laxum e lo strictum, nella<br />

42


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

in questa prospettiva, del resto, che a lui si richiamano criticamente anche<br />

Borelli e Cornelio e, fuori d’Italia, Sydenham. A Galeno, soprattutto, viene<br />

rimproverato <strong>di</strong> avere fatto prevalere l’astratto <strong>su</strong>l concreto, l’elaborazione<br />

teorica <strong>su</strong>lla pratica osservativa. Ai galenici <strong>di</strong> opporsi, in nome del<br />

giuramento in verba magistri, ai ri<strong>su</strong>ltati delle ricerche più avanzate, sia<br />

anatomiche sia fisiologiche. I moderni combattono soprattutto una scuola, e<br />

categoria delle lesioni. In altri casi, come nel tumor, nelle infiammazioni, nella<br />

tumefazione, nella pietra o corpo estraneo, le lesioni as<strong>su</strong>mono decisamente il significato<br />

anatomo -patologico della terminologia moderna. Una volta attraversati i confini della salute<br />

e del temperamento, e stabilitasi la malattia, quest’ultima non cambia più la <strong>su</strong>a natura: una<br />

volta formata, la malattia ha un <strong>su</strong>o proprio tipo precisamente fin dall’inizio, e solo<br />

l’intensità e l’ampiezza delle lesioni sono soggette a variazioni. La stessa idea, secoli dopo,<br />

la espone F. X. M. BICHAT, Anatomie générale appliquée à la physiologie et à la médecine,<br />

3 voll, Paris, Brossom-Pabon, 1801, vol. I, p. 77: «Puisque chaque tis<strong>su</strong> organisé a une<br />

<strong>di</strong>sposition par-tout uniforme, puisque, quelle que soit sa situation, il a la même structure,<br />

les mêmes propriétès, etc., il est evident que ses mala<strong>di</strong>es doivent être par-tout les mêmes».<br />

1 Galeno nega alle strutture la misteriosa proprietà <strong>di</strong> produrre le funzioni o, nei <strong>su</strong>oi propri<br />

termini, egli si astiene dallo spiegare le facoltà naturali con le strutture, dal fare cioè della<br />

fisiologia l’ancella della morfologia. Egli crede in facoltà innate, date dalla natura a<br />

ciascuno degli organi proprio all’origine e fa così della funzione il primo principio <strong>di</strong> vita e<br />

non quello derivato e secondo. L’analisi e l’interpretazione dei fenomeni vitali ha inizio con<br />

le funzioni e non con le strutture, a torto considerate capaci <strong>di</strong> produrre le funzioni; queste<br />

ultime vanno considerate come le manifestazioni imme<strong>di</strong>ate della vita. Nella fisiologia<br />

galenica le strutture mantengono la loro importanza strumentale poiché ciascuna facoltà<br />

rimane inoperante in assenza del <strong>su</strong>o appropriato materiale. Nel De naturalibus<br />

facultatibus, Galeno afferma con chiarezza che le facoltà sono la causa delle funzioni. Ogni<br />

organismo, infatti, si genera, si sviluppa e vive grazie a una serie <strong>di</strong> attività specifiche, che<br />

si svolgono secondo una precisa regola <strong>di</strong> natura, che Galeno denomina facoltà. Non<br />

conoscendo gli afferma, la causa agente, la si chiama facoltà, e per fare una ricerca<br />

sistematica del numero e della natura delle facoltà, secondo le teorie <strong>di</strong> Galeno, si deve<br />

sempre iniziare con le azioni, e non con le facoltà stesse, per evitare il rischio <strong>di</strong><br />

ipostatizzare entità inesistenti. C. GALENO, Sulle facoltà naturali, I, 9-10, a cura <strong>di</strong> M.<br />

Mortarino, Milano, Mondadori, 1996, p. 15: ad esempio «la facoltà cosiddetta emopoietica<br />

nelle vene e ogni alra facoltà è pensata nella ‘categoria dei concetti <strong>di</strong> relazione’:<br />

innanzitutto perché è causa dell’attività, ma anche per accidente causa dell’effetto. Ma se la<br />

causa è relativa a qualcosa, perché è la causa soltanto <strong>di</strong> ciò che deriva da essa e <strong>di</strong><br />

nient’altro, è evidente che anche la facoltà si può ascrivere alla ‘categoria dei concetti <strong>di</strong><br />

relazione’. E finché non conosciamo l’essenza della causa operante la chiamiamo facoltà,<br />

nell’atto <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che nelle vene vi è una certa facoltà emopoietica, come anche nel canale<br />

alimentare ve n’è una <strong>di</strong>gestiva e nel cuore una pulsatile, e in ciascuna delle altre parti una<br />

facoltà specifica dell’attività <strong>di</strong> quella parte. Se dunque volessimo ricercare con metodo<br />

quante e <strong>di</strong> qual natura siano le facoltà, bisognerebbe partire dai loro effetti, perché<br />

ciascuno <strong>di</strong> questo deriva da una qualche attività e una qualche causa precede ciascuna <strong>di</strong><br />

queste».<br />

43


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

non esitano a rivolgere contro i loro nemici gli insegnamenti del loro stesso<br />

maestro 1 .<br />

Nel 1688 Musitano tratta dei morbi umani, esamina le opinioni <strong>di</strong> Ippocrate,<br />

Galeno, Paracelso e Van Helmont, e <strong>di</strong> altri moderni, «aggiugnendo a<br />

ciascun morbo le <strong>su</strong>e particolari osservazioni, e i <strong>su</strong>oi me<strong>di</strong>camenti colla<br />

sperienza praticati» 2 , pubblica a Venezia il primo tomo della Trutina me<strong>di</strong>ca<br />

antiquarum et recentiorum <strong>di</strong>squisitionum gravioribus de morbis<br />

habitarum.<br />

È negli Elogi accademici <strong>di</strong> Gimma che si leggono le osservazioni più<br />

penetranti <strong>su</strong>lle <strong>su</strong>e ricerche . Di lui, scrive l’abate: «Avea per molti anni<br />

atteso alla cura del mal Venereo, del quale già tenendo pratica non or<strong>di</strong>naria<br />

per la varietà de’ morbi, che gli convenne osservare, e per li rime<strong>di</strong>, che gli<br />

bisognò porgere in varie occasioni, <strong>di</strong>è in luce un nobile trattato De Lue<br />

Venerea». Accolta con grande interesse, l’opera viene tradotta «nella favella<br />

Italiana» e dato «in Napoli alle stampe da Giuseppo Musitano <strong>su</strong>o Nipote,<br />

laureato anche nella professione della Chirurgia» 3 . Pubblica poi il De<br />

1 C. MUSITANO, Praefatio benevolo lectori salutem. Ad trutinam me<strong>di</strong>cam, in Opera…,<br />

1716, s. p. ricorda quanto ammoniva Galeno: «Ego inquit Gal. 6 de morbis vulgaribus non<br />

solum in Hippocratis scriptis, sed in omnibus antiquorum libris observo, ut non temere<br />

quae quisque ipsorum <strong>di</strong>xerit, probem, sed experientia, et ratione, verumve, an fal<strong>su</strong>m sit<br />

quod <strong>di</strong>xerint, examino». Il me<strong>di</strong>co calabrese interviene prudentemente anche <strong>su</strong> questioni<br />

particolarmente delicate quali la <strong>di</strong>visibilità all’infinito della materia e la funzione del<br />

calore: «Ecce nunc ad sen<strong>su</strong>m, demonstrarunt recte philosophantes elementa concreta esse<br />

corpora, non autem simplicia, elementum ignis in universitate rerum non esse; calore, et<br />

frigus esse in elementis, prout in reliquis concretis, non autem elementa; aerem, et terram<br />

nullo modo concurrere ad corporum mistionem, sed ea tantum ex elemento aquae<br />

concrescere; temperamenta ex quatuor qualitatibus re<strong>su</strong>ltantia, non esse in natura, sed<br />

motum, formas, vitam, et animam sensitivorum, ab ipsa natura pendere, quae corporibus<br />

inest per se, non per accidens ut bene Aristoteles <strong>di</strong>xit, quae natura, sive motus principium<br />

non solum in mistis, quae vocant, corporibus inest, sed elementis ipsis, quippe natura prior<br />

ipsi elementis est, illisque universalior». (Caput II. Corporis viventis <strong>di</strong>visionem in<br />

continentia, contenta, et impetum facientia, ab Hippocrate tra<strong>di</strong>tam, optime fuisse<br />

institutam, multumque ad cognitionem constitutiones eiusdem viventis corporis conferre, e<br />

contra Galenum in hoc fuisse Sophisticum, illumque veritatem deferuisse, demonstratur, in<br />

C. MUSITANO, Opera…, 1701, p. 320). Nella <strong>su</strong>a speculazione questi temi si intrecciano al<br />

<strong>di</strong>battito <strong>su</strong>ll’etere, e al <strong>di</strong>battito <strong>su</strong>l platonismo e <strong>su</strong>ll’epicureismo – e <strong>su</strong>l democritismo –<br />

che a Napoli impegnò i più interessanti pensatori della seconda metà del ‘600, da S. Bartoli<br />

a Cornelio a Tremigliozzi. Su tali questioni, e <strong>su</strong>lle posizioni filosofiche scientifiche <strong>di</strong><br />

Musitano cfr. N. BADALONI, Introduzione a G. B. Vico…, cit., pp. 290-291 e p. 315.<br />

2 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 103.<br />

3 Id., pp. 103-104. Gimma testimonia la prudenza con cui Carlo Musitano procede nelle <strong>su</strong>e<br />

ricerche: «Dubitò per lo spazio <strong>di</strong> molti anni, se i me<strong>di</strong>camenti <strong>di</strong> Adriano Misiet sperimenti<br />

con molta felicità nel <strong>su</strong>o Clima Boreale avessero anche nel nostro la loro efficacia; e però<br />

44


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Lapide Philosophorum, sive de Tinctura Physica, proces<strong>su</strong>s Philosophicus<br />

inau<strong>di</strong>tus. Quale sia l’intenzione dell’autore, nello scrivere un’opera dal<br />

titolo evocativo, ma anche ambiguo, per i <strong>su</strong>oi echi alcimistici, Gimma lo<br />

svela citando l’Epistola a’ Lettori del nipote: «De aureo Philosophorum<br />

Lapide, ut morem Auctori gereret, temporique inserviret, nonnulla et ipse<br />

vaticinatus est; attamen non ita spernenda scriptio haec erit, ut omnino<br />

quamplura aperit mysteria, voces, aenigmata» 1 . Insomma, l’autore della<br />

Trutina, lungi dall’avventurarsi in un campo pericoloso – sospetto <strong>di</strong> eresia<br />

– vuole piuttosto «anch’egli per ischerzo far l’indovino, con tanti<br />

innumerabili Autori Arabi, Greci, Spagnuoli, Francesi, Italiani, Inglesi,<br />

Germani, e <strong>di</strong> altra nazione, che stimano esser creduti partecipi <strong>di</strong> un tanto<br />

arcano» 2 e <strong>di</strong>mostrare così <strong>di</strong> poter insegnare ad altri «col velame degli<br />

enimmi», come hanno fatto in tanti, e tanti libri «<strong>di</strong>versamente replicati, de’<br />

quali ne formaron Catalogo […] Pietro Borelli» 3 . Allo stesso modo, il caso<br />

<strong>di</strong> quel chiodo famoso del Gran Duca <strong>di</strong> Toscana tanto dagli alchimisti<br />

celebrato, come <strong>di</strong> ferro, «la cui metà posta nel licore da essi chiamato del<br />

Lapis Philosophrum, fosse <strong>di</strong>venuto oro perfettissimo, scrive l’Oldembugio,<br />

essere stata una impappolata, e furberia del Turneisero Chimico Germano»,<br />

che nell’infonderlo in una certa spezie <strong>di</strong> olio, lo colorì <strong>di</strong> oro; e che «poscia<br />

si sia scoverta a forza <strong>di</strong> fuoco, non esservi altro, che la sola tintura; ma che<br />

tutto era <strong>di</strong> finissimo oro, che vero ferro appariva prima d’infonderlo<br />

nell’oglio»; non essendo impossibile potersi colorire i metalli; come aveva<br />

<strong>di</strong>mostrato il Cardano: oltre che altri affermano «vedersi chiaramente<br />

conuginta [sic!] in quel Chiodo la parte <strong>di</strong> ferro coll’altra <strong>di</strong> oro» 4 . Così<br />

con lunga sperienza esaminandogli, conoscendo la forza loro, volle non solamente che in<br />

Napoli si ristampassero, ma aggiugnervi colla <strong>su</strong>a Mantissa tutte quelle me<strong>di</strong>cine, che avea<br />

per uso della salute umana inventate, e fabbricate <strong>di</strong> propria industria».<br />

1<br />

Id., p. 104.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib. Non v’è <strong>di</strong>fficoltà, secondo Gimma, ad affermare «che potrebbe l’Arte colla <strong>su</strong>a<br />

industria emular la Natura», anche nella formazione dell’oro, e dell’argento, come hanno<br />

pur detto tanti auctores – per quanto, avverte l’abate barese molti si siano affaticati a<br />

<strong>di</strong>mostrare la contraria sentenza; ma «che nell’arte non vi sia stata sì gran perfezione, che<br />

abbia fabbricato qualche volta l’oro, o l’argento uguale a quel, che dalla Natura è prodotto,<br />

è pur verità fortemente <strong>di</strong>fesa tra gli altri dal Chirchero […]. Né son poche le menzogne<br />

degli Alchimisti in asserire, che il Lullio, […] il Paracelso, [..] l’abbiano già formato, ed<br />

imbrattando <strong>di</strong> vanità una dottrina tano utile all’uso degli Uomini, qual è l’Alchimistica;<br />

Spondent quas non habent <strong>di</strong>vitias, come <strong>di</strong>sse il Pontefice Giovanni XII» (Id., p. 105).<br />

4<br />

G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 105-106.<br />

45


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

essendo deboli, e vane tutte le esperienze, che vengono addotte a sostegno<br />

della tesi della trasformabilità dei metalli, come quella «del Sacsio [sic!]<br />

riferita nel primo Tomo dell’Efemeri<strong>di</strong> <strong>di</strong> Germania, e can<strong>di</strong>damente<br />

ributtata come falsa nel Tomo quarto delle stesse; lodevolmente D. Carlo<br />

per deludere sì vani Scrittori, pubblicò il <strong>su</strong>o Sherzo [sic!] dandogli titolo:<br />

Proces<strong>su</strong>s Philosophicus inau<strong>di</strong>tus», in cui, <strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> avere insegnata<br />

quella Me<strong>di</strong>cina universale, non solo <strong>su</strong>fficiente a debellare qualsivoglia<br />

morbo del corpo, e a rendere lunga la vita, ma capace anche <strong>di</strong> trasmutare<br />

tutti i metalli in oro perfetto, «conchiude con ingegnosa ironia a’ Lettori:<br />

Redde itaque Omnipotenti Deo infinitas gratias, qui humanarum<br />

calamitatum misertus, tandem hoc nostro aevo inexhustum thesaurum nobis<br />

revelavit, et nos ad commune commodum patefecimus; prae omnibus pro<br />

tanti muneris largitate, ne delinquas in conspectu eius, oramus, aliter si<br />

feceris, sine auro evades Midas auritus. Rassembrando col <strong>su</strong>o intelletto<br />

quel Cigno figurato dal Lucarini, che per farsi vedere infaticabile volando<br />

passa il mare col motto: Nec defes<strong>su</strong>s, nec <strong>di</strong>ffi<strong>su</strong>s» 1 . Nel 1698 vengono<br />

pubblicati a Colonia i due tomi dell’opera Chirurgia theoretico-practica seu<br />

Trutina chirurgico-physica, che può considerarsi il primo tentativo organico<br />

<strong>di</strong> sistemazione delle ricerche condotte negli anni precedenti. Questa<br />

pubblicazione va messa in relazione alla prima Trutina, del 1688, e al De<br />

lue venerea. In questi trattati, che espongono in forma eru<strong>di</strong>ta non solo gli<br />

esperimenti condotti da Musitano, ben documentati e spiegati con notevole<br />

chiarezza, ma anche i <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> <strong>su</strong>lle cause e <strong>su</strong>i rime<strong>di</strong> delle malattie più<br />

<strong>di</strong>ffuse, contrassegnati dalla caratteristica costante <strong>di</strong> partire dall’accurata<br />

osservazione delle varie forme <strong>di</strong> manifestazione <strong>di</strong> un morbo in pazienti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versa ‘costituzione’ e ‘temperamento’, Gimma in<strong>di</strong>vidua il modello della<br />

ricerca me<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Musitano. Emblematiche le osservazioni dell’abate a<br />

proposito delle ricerche <strong>di</strong> Musitano <strong>su</strong>lla sifilide, male che più <strong>di</strong> tanti altri<br />

atterriva l’Europa. Gimma comincia con il ricordare che «si veggono da<br />

nuovi morbi afflitti gli Uomini allo spesso, non bastando de’ medesimi la<br />

varietà così grande, che appena giugne la Me<strong>di</strong>cina a numerargli: ma il più<br />

crudele sopra tutti il contagio venereo si sperimenta, il quale con barbarie i<br />

corpi tormentando, non gli abbandona, se non prima gli con<strong>su</strong>mi» 2 .<br />

1 Id., p. 106.<br />

2 Id., p. 99.<br />

46


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Continua sottolineando quanto accese fossero le <strong>di</strong>scussioni dei me<strong>di</strong>ci<br />

intorno alle origini, e alle cause della malattia: alcuni «facendolo derivar<br />

dalla forza delle Stelle: altri […] da’ vizi dell’aria: altri […] dal vario<br />

mescolamento de’ semi dalle impure Donne raccolti». Molti, affermavano<br />

che fosse un morbo antico, e anzi che Giobbe fosse stato «da questa pessima<br />

infermità angustiato, per opera del Demonio indotta, credè il Pineda»,<br />

contro il quale intervenne Thomas Bartholin, affermando «che più tosto<br />

Elefantiasi, o Scorbuto, o ulcera Siriaca stata fosse». Gimma non lo cita, ma<br />

accoglie, per quel che riguarda l’origine storica del morbo, l’ipotesi<br />

avanzata, tra gli altri da Bartolomè de Las Casas nell’Historia <strong>di</strong> Las In<strong>di</strong>as<br />

e da Antonio Foresti che racconta come Colombo riportasse dalle terre da<br />

lui scoperte ricchezze gran<strong>di</strong>, ma anche due in<strong>di</strong>geni affetti da una malattia<br />

sconosciuta che loro chiamavano bubas 1 , gli italiani mal franzese, i turchi<br />

‘mal dei cristiani’ e, infine, nel 1530, da Girolamo Fracastoro, nel <strong>su</strong>o<br />

poema in tre libri Syphilis seu morbus gallicus, era stata denominata sifilide.<br />

Comunque la si chiamasse il male era sembrata una nuova lebbra: come la<br />

lebbra colpiva la pelle in modo appariscente, <strong>su</strong>scitava ripugnanza e<br />

corrodeva. Questo nuovo male si presentava come un immane flagello che,<br />

come la peste, colpiva la totalità del consorzio europeo 2 .<br />

Gimma registra, a questo punto, come anche nel caso della sifilide la<br />

me<strong>di</strong>cina sembri sperimentare una <strong>di</strong>sperante impotenza, proprio come<br />

contro la peste: mancava alla «Repubblica Me<strong>di</strong>ca un volume, che dasse la<br />

piena cognizione de’ morbi Gallici, de’ quali avean molti trattato in<br />

1 A. FORESTI, Del Mappamondo istorico, Tomo quarto, Parte Seconda. In cui si espongono<br />

i regni nati dalla declinatione, e caduta dell’Imperio Romano in Occidente. Cioè dell’Anno<br />

<strong>di</strong> Christo 420 sino all’Anno 1692. Opera del P. Antonio Foresti della Compagnia <strong>di</strong><br />

Giesù. Seconda e<strong>di</strong>tione. Di nuovo de<strong>di</strong>cato all’Illustrissimo, e Reveren<strong>di</strong>ssimo Monsignor<br />

Paolo Vallaresso Vescovo <strong>di</strong> Concor<strong>di</strong>a. &c., in Venetia, 1697, p. 119. Las Casas riporta<br />

che gli in<strong>di</strong>ani <strong>di</strong> Hispaniola (Haiti), alla domanda se la malattia in quel luogo fosse molto<br />

antica, avevano risposto che lo era da molto prima che i Cristiani arrivassero; cfr. G.<br />

COSMACINI, La me<strong>di</strong>cina e la <strong>su</strong>a storia. Da Carlo V al Re Sole, Milano, Rizzoli, 1989, p.<br />

23; per una recente, ottima, ricostruzione dell’arrivo della sifilide in Europa, fatta anche<br />

<strong>su</strong>lla base <strong>di</strong> considerazioni parassitologiche e genetico-evolutive, R. S. DESOWITZ, Chi ha<br />

dato la Pinta alla Santa Maria?, Roma, Fioriti, 1999.<br />

2 Cfr. anche quanto scrive Gimma nella Idea della storia…, t. II, p. 693: «Girolamo<br />

Fracastoro, il quale benchè Ga lenico, nella Sifilide, poema, per cui fu somigliato a Virgilio<br />

[…], assegnò l’aria sola esser principio <strong>di</strong> tutte le cose; oltre la <strong>di</strong>versità del filosofare, e del<br />

me<strong>di</strong>care, che si vede nelle <strong>su</strong>e opere». La fonte <strong>di</strong> questa breve analisi <strong>di</strong> Gimma è<br />

Leonardo Di Capua.<br />

47


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

maniera, che bisognava ricercargli dentro le lor opere» 1 , senza avervi in<br />

realtà mai de<strong>di</strong>cato opere specifiche che fossero frutto delle necessarie<br />

osservazioni. Infatti, se era ormai acquisita la consapevolezza dell’avvento<br />

della malattia in Europa con Colombo, poiché «è comune l’opinione degli<br />

Storici, che dall’Isola Spagnola, così nominata nelle In<strong>di</strong>e dal Colombo,<br />

trasportato l’avessero nell’Italia i soldati Spagnuoli, quando venuti alla<br />

guerra <strong>di</strong> Napoli nell’anno 1494 ed infettate le donne, si scovrì nell’esercito<br />

de’ Francesi; perlocchè fu detto morbo Gallico, o Italiano, o Napoletano, o<br />

pure Spagnuolo; secondo la varia opinione de’ popoli» 2 , erano state, invece,<br />

assolutamente in<strong>su</strong>fficienti le ricerche condotte dai me<strong>di</strong>ci e dagli scienziati:<br />

«<strong>di</strong>latandosi però si pestifero veleno, innumerabili furono i Me<strong>di</strong>ci, che a<br />

specolarne la sede, i segni, i prognostici, e le me<strong>di</strong>cine si affaticarono, e<br />

pubblicarle in <strong>di</strong>versi volumi, colla dottrina <strong>di</strong> Galeno, contra la quale<br />

cominciarono poi a scrivere altri colle nuove opinioni introdotte» 3 .<br />

Il merito <strong>di</strong> Musitano, <strong>di</strong>scende da queste osservazioni e dall’ampia<br />

<strong>di</strong>samina che Gimma ha proposto: il me<strong>di</strong>co calabrese, infatti, «nella nuova<br />

Scuola nutrito, pubblicò per uso comune tra le altre <strong>su</strong>e opere un Trattato<br />

così ricco <strong>di</strong> dottrina, e <strong>di</strong> nuovi rime<strong>di</strong> non già da altri considerati, che<br />

ricevuto con sod<strong>di</strong>sfazione da’ Professori, ha goduto nello spazio <strong>di</strong> pochi<br />

anni coll’i<strong>di</strong>oma Italiano vederlo uscir la seconda volta dal torchio, e la terza<br />

nel proprio latino, in cui fu prima composto» 4 .<br />

1<br />

Id., p. 100.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Id., p. 101. Musitano «ha dalla <strong>su</strong>a penna la nuova Me<strong>di</strong>cina ricevuto parte <strong>di</strong> quello<br />

splendore, che tanti Ingegni si sono affaticati ad accrescere; acciocchè libera dalla servitù<br />

degli Antichi, a beneficio dell’uman genere più fruttuosa comparisse nel Teatro delle<br />

dottrine» (Ib.). Sul rapporto fra gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Musitano con Cornelio e S. Bartoli, e le <strong>su</strong>e<br />

ricerche, cfr. Vita D. Caroli Musitani…, cit., s. p.: «Indè ad Me<strong>di</strong>cinae stu<strong>di</strong>um se contulit,<br />

praeceptores habuit Thomam Cornelium Consentinum, Leonardum a Capua, et<br />

Sebastianum Bartholum, (quorum nomina nunc in aeterna bene<strong>di</strong>ctione <strong>su</strong>nt) in qua<br />

comparanda non modo in<strong>su</strong>davit ardentissime, verum ante oculos, ut in coeteris semper,<br />

scopum habens veritatis, non priùs ullum Me<strong>di</strong>corum, quotquot unquam fuerunt, recepit<br />

animo, quam in defoecati ju<strong>di</strong>cii Trutina <strong>su</strong>btiliter examinavit, experientiam magistram,<br />

favente in primis, quam optime callet Pyrotechnica. Grassante in hac potissimuum Civitate<br />

Morbo Gallico quem Galli fortasse verius, Neapolitanum appellant, praecipuum huic<br />

bellum in<strong>di</strong>xit: nec ulla pestis istius specie infecti <strong>su</strong>nt mortales, quae accedente Caroli<br />

manu, vel pharmaco ab ipsomet parato, quam festinanter non aufugerit, haud amplius<br />

re<strong>di</strong>tura».<br />

48


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

L’elogio <strong>di</strong> Gimma, dove i gran<strong>di</strong> meriti del me<strong>di</strong>co calabrese vengono<br />

enfatizzati, è posteriore al Ju<strong>di</strong>cium pubblicato nella Nuova Staffetta <strong>di</strong><br />

Parnasso a <strong>di</strong>fesa della Trutina Chirurgica che Musitano aveva pubblicato<br />

nel 1688. Su quest’opera, l’abate torna negli Elogi ricostruendone la genesi<br />

e illustrandone la fortuna: essa era stata «ricercata dagli Stampatori <strong>di</strong> Lione,<br />

senza che men<strong>di</strong>casse i Mecenati; ripartendola in quattro Tomi, secondo i<br />

quattro Trattati de’ Tumori, delle Ulcere, delle Ferite, e del mal Venereo,<br />

accresciuto <strong>di</strong> nuove osservazioni» 1 . Ristampata nel 1698 aveva <strong>su</strong>scitato<br />

violente reazioni: dopo pochi mesi si vide «comparir nel Campo letterario<br />

una Cen<strong>su</strong>ra contra la <strong>su</strong>a Trutina Me<strong>di</strong>ca, molti anni prima pubblicata» 2 .<br />

Nel rispetto delle Leges dell’Accademia degli Incuriosi, Musitano aveva<br />

comunicato la notizia della cen<strong>su</strong>ra «alla Società nostra» ed era stato «non<br />

solo dal Promotor perpetuo <strong>di</strong> essa raffrenato, ma impe<strong>di</strong>to a scrivere: però<br />

con <strong>su</strong>a gloria si vide in campo le <strong>di</strong>fese <strong>di</strong> molti nobili ingegni della Società<br />

medesima, alla quale appartenea <strong>di</strong>fenderlo: poicchè le <strong>di</strong> lui opere avea con<br />

pubblici attestati approvate: ed uscì dalle stampe <strong>di</strong> Francfort la Nuova<br />

Staffetta da Parnasso circa gli affari della Me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> Gaetano<br />

Tremigliozzi, colle composizioni <strong>di</strong> alcuni Accademici: e da quelle <strong>di</strong><br />

Krusvvik un tomo col titolo: Celeberr. Virorum Apologiae pro Carolo<br />

Musitano, etc.» 3 . A Lione vengono pubblicate nel medesimo tempo l’Opera<br />

omnia in due tomi, nei quali «si veggono la <strong>su</strong>a Trutina Me<strong>di</strong>ca intera, ed<br />

accresciuta, <strong>di</strong>visa in tre libri: il <strong>su</strong>o nuovo trattato De Febribus, e la <strong>su</strong>a<br />

Pyrotechnia Sophica, altre volte stampata: rimanendo anche da pubblicarsi i<br />

trattati De Morbis mulierum, et puerorum; e gli altri De Luxationibus, et<br />

fracturis per compimento della Chirurgia» 4 .<br />

Come era preve<strong>di</strong>bile, Musitano doveva <strong>su</strong>scitare le contrapposizioni dei<br />

galenici. Le <strong>su</strong>e prescrizioni tanto nella cura chirurgica, quanto in quella<br />

farmaceutica, e anche nella <strong>di</strong>agnostica, emendano nella maggioranza dei<br />

casi le antiche formulazioni e prescrizioni <strong>di</strong> Galeno e <strong>di</strong> altri autori antichi<br />

e moderni 5 . In sostanza egli abbandona la teoria degli umori, e prospetta una<br />

1<br />

G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 101.<br />

2<br />

Ib. L’opuscolo <strong>di</strong> De Martino, era quin<strong>di</strong> rivolta contro la prima Trutina, del 1688, e non<br />

contro la seconda, a riprova dell’ignoranza del galenista.<br />

3<br />

Id., p. 107.<br />

4<br />

Id., p. 108.<br />

5<br />

L’andamento dell’argomentazione <strong>di</strong> Musitano prevede una descrizione del fenomeno<br />

patologico, le proposte terapeutiche degli autori che avevano stu<strong>di</strong>ato il male, e infine le<br />

49


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

terapia basata <strong>su</strong> una nuova farmacologia: i <strong>su</strong>oi farmaci sono preparati con<br />

cura e con oculata scelta dei componenti, alcuni sono inventati dall’autore,<br />

altri <strong>di</strong> uso comune, ma tutti <strong>su</strong>ffragati da ripetute esperienze 1 .<br />

Musitano si muove in sintonia con i più celebri me<strong>di</strong>ci novatori europei. La<br />

centralità della sperimentazione nelle <strong>su</strong>e ricerche ha ra<strong>di</strong>ci profonde: ha<br />

stu<strong>di</strong>ato anatomia con Bartoli e Cornelio, ha letto le opere <strong>di</strong> Girolamo<br />

Fabrici <strong>di</strong> Acquapendente, ha aderito senza riserve alle teorie <strong>di</strong> W. Harvey<br />

<strong>su</strong>lla circolazione sanguigna. In ultima istanza è collegato, in qualche<br />

mi<strong>su</strong>ra, alle tecniche <strong>di</strong> ricerca più avanzate e innovative 2 . Forse non è<br />

ca<strong>su</strong>ale che la polemica Musitano-De Martino scoppi negli stessi anni in cui<br />

Napoli vive una vicenda che lascerà segni profon<strong>di</strong>, quella nota con il nome<br />

<strong>di</strong> ‘processo agli ateisti’.<br />

Può perciò essere utile fissare alcune significative date. Il 1688, anno della<br />

pubblicazione veneziana della prima Trutina, è anche l’anno dell’inizio del<br />

proposte dell’autore, frutto <strong>di</strong> anni <strong>di</strong> esperimenti.<br />

1 La questione farmacologica era primaria nella me<strong>di</strong>cina d’inizio ‘700. Molto spesso, a<br />

innovative ricerche in campo più strettamente scientifico – quali le ricerche <strong>su</strong>i<br />

microorganismi – non corrispondevano progressi altrettanto importanti nel dominio<br />

farmacologico. Antonio Vallisnieri, ad esempio, era tanto scientificamente rigoroso<br />

nell’applicare alla biologia il metodo sperimentale, quanto era macchinoso in quello<br />

terapeutico. Le <strong>su</strong>e prescrizioni per i calcoli urinari comprendevano polvere <strong>di</strong> millepie<strong>di</strong>,<br />

emulsioni <strong>di</strong> seme <strong>di</strong> melone, <strong>di</strong> viole rosse, <strong>di</strong> alchecheugi, e per cibo, brodo <strong>di</strong> gamberi<br />

bolliti e spremuti nel brodo <strong>di</strong> pollo, una gelatina formata con raspatura <strong>di</strong> corno <strong>di</strong> cervo e<br />

infuso <strong>di</strong> vipere. Inoltre, una <strong>su</strong>a or<strong>di</strong>nazione <strong>di</strong> eliotropio dell’Orto dei Semplici<br />

dell’Università <strong>di</strong> Padova, era complicata dalla necessità che il fiore fosse spiccato dal 28 al<br />

30 luglio, in caso contrario avrebbe perduto le virtù curative. A parte l’eliotropio, il cui<br />

tropismo verso il sole, fonte <strong>di</strong> vita, ne faceva una pianta <strong>di</strong> cui sfruttare la salutifera forza<br />

calorica, che era massima in estate, la limatura <strong>di</strong> corvo <strong>di</strong> cervo era ritenuta in grado <strong>di</strong><br />

conferire la virtù della longevità poiché il cervo era solito appartarsi in luoghi remoti e<br />

segreti per morirvi tanto solitario quanto longevo; e l’infuso <strong>di</strong> tritato <strong>di</strong> vipere era ritenuto<br />

il contravveleno efficace contro il veleno o virus <strong>di</strong> molte malattie, ivi compresa la peste.<br />

Su questo argomento cfr. G. COSMACINI, Me<strong>di</strong>ci nella storia d’Italia…, cit., pp. 9-10; Il<br />

me<strong>di</strong>co ciarlatano. Vita inimitabile <strong>di</strong> un europeo del Seicento, Roma-Bari, Laterza, 1998;<br />

<strong>su</strong>ll’importanza dei rituali nella raccolta delle piante me<strong>di</strong>cinali cfr. J. STAROBINSKI,<br />

Histoire du traitement de la mélancolie des origines à 1900, Basel, J.R. Geigy, 1960; tr. it.,<br />

Storia del trattamento della malinconia dalle origini al 1900, Milano, ed. Guerrini e<br />

Associati, 1990, in particolare pp. 28-29.<br />

2 Per far risaltare la vicinanza <strong>di</strong> Musitano alle teorie ed alle tecniche dei gran<strong>di</strong> maestri<br />

della modernità, nel 1738 l’e<strong>di</strong>tore veneziano dell’Opera omnia <strong>di</strong> Musitano, G. Bortoli,<br />

pubblica, dopo il <strong>su</strong>o De Lue Venerea, la Praefatio quam Hermann Boerhaave praepo<strong>su</strong>it<br />

Aphro<strong>di</strong>siacis alla ristampa dell’opera cinquecentesca <strong>di</strong> Louis Luvigni De morbo gallico<br />

quae extant apud omnes me<strong>di</strong>cos cuiuscumque nationis. A questo proposito cfr. M. CAMBI,<br />

Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo…, cit., pp. 171-172.<br />

50


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

processo contro gli ‘ateisti’ 1 . Il processo appare <strong>su</strong>bito un mezzo attraverso<br />

il quale le autorità ecclesiastiche intendevano colpire i novatores raccolti<br />

intorno a Tommaso Cornelio e a Giuseppe Valletta. Esso è stato giu<strong>di</strong>cato, a<br />

ragione, dalla storiografia gravissimo episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> intolleranza: «in questo<br />

caso il vero processo riguardava la nova scientia, i novatores; si trattava <strong>di</strong><br />

un vero e proprio attacco a tutto il gruppo degli Investiganti e […] attraverso<br />

le esplicite <strong>di</strong>chiarazioni del prefetto delle scuole dei ge<strong>su</strong>iti, G. B. De<br />

Bene<strong>di</strong>ctis, allo stesso principio della libertas philosophan<strong>di</strong>» 2 . Si<br />

fronteggiano da una parte una fazione che, sclerotizzata ormai nei dogmi<br />

della tra<strong>di</strong>zione, riven<strong>di</strong>ca un magistero in<strong>di</strong>scutibile e il controllo assoluto<br />

‘<strong>di</strong> cattedre e gra<strong>di</strong>’, secondo una celebre espressione <strong>di</strong> Giannone;<br />

dall’altra, sospettata <strong>di</strong> ateismo e accusata – forse strumentalmente – <strong>di</strong><br />

cartesianismo 3 e <strong>di</strong> gassen<strong>di</strong>smo, la fazione dei giovani ‘letterati’ che<br />

1 Cfr. L. AMABILE, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli, Città <strong>di</strong> Castello, S. Lapi,<br />

1892; L. OSBAT, L’inquisizione a Napoli. Il processo agli ateisti. 1688-1697, Roma,<br />

E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> storia e letteratura, 1974.<br />

2 V. FERRONE, Scienza Natura Religione. Mondo newtoniano e cultura italiana nel primo<br />

settecento, Napoli, Jovene, 1982, pp. 6-7. Su G. B. De Bene<strong>di</strong>ctis , G. DE LIGUORI, La<br />

reazione a Cartesio nella Napoli del Seicento. Giovambattista De Bene<strong>di</strong>ctis, in «Giornale<br />

critico della filosofia italiana», LXXV (1996), n. 3, pp. 330-359.<br />

3 Per quel che riguarda la presenza <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> negli scritti <strong>di</strong> Musitano, è rilevante quanto<br />

si legge in Eru<strong>di</strong>tissimo, et Experientissimo Philosophiae, ac Me<strong>di</strong>cinae Professori Domino<br />

Nicolao Crescentio S. P. D. Joan. Andreas Lizzano. Dialogus Secundus, pubblicata nella<br />

Celeberrimorum virorum apologiae pro R. D. Carolo Musitano adver<strong>su</strong>s Petrum Antonium<br />

De Martino, Me<strong>di</strong>cum Geofonensem, qui Trutinam me<strong>di</strong>cam anno 1688 Venetiis typis<br />

e<strong>di</strong>tam, qua harveana sanguinis circulatio, aliaeque recentiorum me<strong>di</strong>corum sententiae<br />

statuminantur, temere, et inepte impugnare au<strong>su</strong>s est, Kruswick, apud Petrum Antonium<br />

Martellum, 1700; l’e<strong>di</strong>zione da me utilizzata è in C. MUSITANO, Opera…, 1701, p. 33,<br />

dove Musitano è posto accanto ad Aurelio Cassiodoro, a Gaspar de los Reyes e a <strong>Descartes</strong>,<br />

il quale «pinealem glandulam, rationalis animae adaequatam sedem esse probavit», nella<br />

<strong>di</strong>fesa della teoria secondo la quale l’anima razionale si trova in capite. Ricorda inoltre<br />

Musitano che si può anche «annectere, quicquid clarissime philosophatus est iuxta<br />

perspicacissimas Renati me<strong>di</strong>tatione Excellens Antonius Le Grand in art. 7 de Mente<br />

humana, ubi sati, inquit, ex <strong>di</strong>ctis manifestum est animam humanam toti corpori esse<br />

conjunctam, et huius motus ab illius cogitationibus ita dependere, ut nonnisi compositum<br />

unum efficere <strong>di</strong>cantur. Hinc natum illud inter philosophos, animam totam in toto corpore,<br />

et totam in singulis eius partibus esse; non quod anima positive, et per veram extensionem,<br />

in singulis corporis partibus inveniatur, id enim immateriali <strong>su</strong>bstantiae, qualem esse<br />

mentem humanam osten<strong>di</strong>mus, repugnat; sed quia corpus, et unum quid, et peculiari<br />

quodam sen<strong>su</strong> in<strong>di</strong>viduum est, ratione nimirum <strong>di</strong>spositionis Organorum, quae omnia ita ad<br />

se mutuo referuntur, ut vel uno eorum ablato, mutilum, et imperfectum corpus reddatur, et<br />

quoniam ea est animi natura, ut omni extensione, <strong>di</strong>mensionibusque careat, ad nullum<br />

corporis membrum, quasi ad illius quantitatem adaequet, referri potest, sed ad totam<br />

organorum compagem dumtaxat, quae ut una consideratur. Et paulo post: Sed quamvis toti<br />

51


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

avrebbero adoperato la nuova scienza per prospettare una visione del mondo<br />

tale da creare turbative in ambito religioso 1 .<br />

A due anni dalla conclusione del processo, nel 1699, viene pubblicato a<br />

Napoli un volumetto <strong>di</strong> Pietro Antonio De Martino, Respon<strong>su</strong>m Trutinae<br />

Me<strong>di</strong>caei Musitani 2 . L’autore, esponente non particolarmente famoso della<br />

scuola galenica, in nome <strong>di</strong> Galeno, presentato come unica autorità della<br />

corpori Anima sit nexa, <strong>di</strong>ci tamen potest, illam intimius, et imme<strong>di</strong>atius uni parti uniri,<br />

quam alteri; sicuti licet Deus per totum Mundum <strong>di</strong>ffundatur, et per <strong>su</strong>am potentiam amnia<br />

loca repleat, peculiari tamen raione in Coelo esse <strong>di</strong>citur, ex quo omnia nutu <strong>su</strong>o regit, et<br />

administrat: ita <strong>di</strong>cimus mentem humanam in cerebro, utpote in <strong>su</strong>prema corporis parte<br />

velut in arce residere. Haec ille: ex alio capite non pauci <strong>su</strong>nt Sancti Patres […], a quibus<br />

Rationalis Animae sede in corde consideratur, absque eo, quod tota in toto, et tota in<br />

qualibet parte totius censeatur, ut annotante Petro Gassendo eru<strong>di</strong>tissimo» (Id., pp. 33-34).<br />

Si trova qui un altro elemento <strong>di</strong> valutazione <strong>su</strong>ll’interpretazione della filosofia cartesiana,<br />

che in questo caso sembra passare attraverso la lettura <strong>di</strong> Le Grand.<br />

1 Su D’Andrea e il <strong>di</strong>battito <strong>su</strong>l <strong>di</strong>ritto nella Napoli <strong>di</strong> fine secolo cfr. B. DE GIOVANNI,<br />

Filosofia e <strong>di</strong>ritto in Francesco D’Andrea…, cit.; Id., La vita intellettuale a Napoli fra la<br />

metà del ‘600 e la restaurazione del Regno, in Storia <strong>di</strong> Napoli, Napoli, Società e Storia <strong>di</strong><br />

Napoli, vol. VI, 1968; E. LOJACONO, Immagini <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> a Napoli: da Giuseppe<br />

Valletta a Costantino Grimal<strong>di</strong>, <strong>di</strong> prossima pubblicazione; S. MASTELLONE, Note <strong>su</strong>lla<br />

cultura napoletana al tempo <strong>di</strong> F. D’Andrea e G. Valletta, in «Critica storica», I (1962), pp.<br />

596-625; A. BORRELLI, D’Andrea atomista, L’«Apologia» e altri ine<strong>di</strong>ti nella polemica<br />

filosofica della Napoli <strong>di</strong> fine Seicento, Napoli, Liguori 1995 e sempre <strong>di</strong> A. BORRELLI<br />

anche L’Apologia in <strong>di</strong>fesa degli atomisti <strong>di</strong> Francesco D’Andrea in «Filologia e critica», II<br />

(1981), n. 6, pp. 257-280; S. MASTELLONE, Pensiero politico e vita culturale a Napoli nella<br />

seconda metà del Seicento, Messina-Firenze, D’Anna, 1965; il contributo <strong>di</strong> I. ASCIONE,<br />

Togati e Classe <strong>di</strong>rigente, in F. D’ANDREA, Avvertimenti ai nipoti, a cura della stessa<br />

Ascione, Napoli, Jovine, 1990, pp. 5-114. Sul processo, cfr. L. OSBAT, L’inquisizione a<br />

Napoli…, cit., p. 13: il processo «scosse profondamente Napoli e segnò l’avvio <strong>di</strong> un<br />

periodo <strong>di</strong> reazione, da parte della Curia romana e <strong>di</strong> quella napoletana, nei confronti delle<br />

nuove tendenze culturali che erano approdate alla città e che avevano affascinato laici e<br />

clero. Un processo che ruppe definitivamente l’unanimismo del mondo delle lettere e<br />

produsse una incrinatura più profonda non solo tra Napoli e la Curia romana ma anche<br />

all’interno della stessa città, tra coloro che si sentirono <strong>di</strong> restare fedeli alla ventata<br />

rinnovatrice e quelli che, con altro genere <strong>di</strong> fedeltà, si strinsero attorno le istituzioni<br />

minacciate», e più oltre (pp. 26-27): «da un lato una Napoli aperta agli influssi della cultura<br />

europea, <strong>su</strong>lla strada <strong>di</strong> anticipare il rinnovamento culturale e politico del secolo <strong>su</strong>ccessivo;<br />

dall’altra la Chiesa ferma nella riaffermazione dei propri privilegi e più ancora attenta a<br />

bloccare <strong>su</strong>l nascere ogni moto <strong>di</strong> pensiero che potesse farle correre il rischio <strong>di</strong> rinunciare<br />

al monopolio culturale che sino allora aveva gestito o <strong>di</strong> esporre i fedeli a pericoli <strong>di</strong> eresie<br />

o <strong>di</strong> ateismo»<br />

2 Petri Antonii De Martino, Geofonensis Respon<strong>su</strong>m Trutinae Me<strong>di</strong>cae Musitani in quo<br />

tractatur de omnibus morbis humani corporis, impugnatur Harvejana sanguinis circulatio,<br />

et multa sententia contra veterem, et communem doctrinam exortae refellentur pro Galeno,<br />

et Asseclis contra aliquos Modernos, Neapoli, ex semper nova Typographia Michaelis<br />

Aloysii Mutio, 1699.<br />

52


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

me<strong>di</strong>cina, attacca Musitano. L’opera del De Martino si propone <strong>di</strong><br />

invalidare, attraverso una critica testuale condotta paragrafo per paragrafo,<br />

tutte le ammissioni fondamentali che compaiono nella prima e<strong>di</strong>zione della<br />

Trutina <strong>di</strong> Musitano. Secondo lo schema u<strong>su</strong>ale nelle polemiche ‘letterarie’<br />

dell’epoca, De Martino mescola critiche scientifiche e attacchi personali:<br />

Musitano è descritto come <strong>su</strong>perficiale e del tutto inadeguato al compito che<br />

si è as<strong>su</strong>nto; le <strong>su</strong>e teorie, in realtà, sono le antiche rivestite a nuovo:<br />

«Inopinatis vocabulis utitur tantus Auctor, et confusis, ae inter se, non bene<br />

connexis propositionibus; nescio, an, ut novam doctrinam novis vestiat<br />

verbis, an, ut insimet, ineffabile esse; quod turbide per<strong>su</strong>adet; vel fal<strong>su</strong>m<br />

esse; quod insinuare non valet» 1 ; Musitano inoltre si è macchiato della più<br />

grave delle colpe, facendosi vanto <strong>di</strong> nullius jurare in verba magistri; è uno<br />

‘spagirico’. Accuse ed ingiurie personali sono sapientemente dosate per<br />

sminuire l’importanza delle ricerche e la figura stessa del me<strong>di</strong>co calabrese.<br />

È plausibile ritenere che i motivi che avevano promosso il processo da poco<br />

conclusosi avessero incoraggiato De Martino nel <strong>su</strong>o attacco al celebre<br />

me<strong>di</strong>co calabrese 2 : fra gli addebiti che muove a Musitano l’esagerata e<br />

nefasta stima per le teorie <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong> e <strong>Descartes</strong> e la soverchia simpatia<br />

per il paracelsismo. Sono proprio i numerosi echi della dottrina <strong>di</strong> Paracelso,<br />

in effetti, quelli che vengono sottolineati e che fanno temere a De Martino<br />

che la Trutina potrebbe produrre una libertà e una spregiu<strong>di</strong>catezza<br />

eccessive nelle <strong>di</strong>scussioni filosofiche e teologiche.<br />

I me<strong>di</strong>ci antigalenici intervengono imme<strong>di</strong>atamente in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Musitano:<br />

nel 1700 il volumetto Celeberrimorum virorum Apologiae pro Carolo<br />

Musitano adver<strong>su</strong>s Petrum Antonium De Martino, contiene le lettere<br />

in<strong>di</strong>rizzate da Carlo Musitano ai più illustri me<strong>di</strong>ci e intellettuali del tempo,<br />

Lorenzo Terraneo, Giovanni Maria Lancisi ed altri, e le risposte <strong>di</strong> costoro<br />

in <strong>su</strong>a <strong>di</strong>fesa. Il volumetto è ben organizzato: ogni intervento in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong><br />

Musitano fornisce, conformemente alla specializzazione me<strong>di</strong>ca dell’autore,<br />

dettagliate tesi a sostegno della causa dei moderni 3 . Nel loro insieme gli<br />

1 Id., p. 15.<br />

2 Cfr. M. CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo…, cit., p. 173.<br />

3 Fra gli scritti in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Musitano «si leggono le dotte investigazioni <strong>di</strong> Giovanni-Andrea<br />

Lizzano; e lettere apologetiche scritte da Giuseppe Prisco, da Giovambattista Vulpino <strong>di</strong><br />

Asti, da Lorenzo Terraneo <strong>di</strong> Torino, da Daniele le Clerc, da Giovan-Giacomo Mangeti, e<br />

da Gabriele Cramer amendue <strong>di</strong> Genevra, e dallo stesso Musitano: e similmente le Poesie <strong>di</strong><br />

[…] alcuni altri della stessa nostra Società; e da molti, che nelle nostre Accademie non si<br />

53


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

interventi, lungi dal limitarsi ad una semplice <strong>di</strong>fesa della filosofia moderna<br />

e dell’amico ingiustamente accusato, contengono puntuali e precise critiche<br />

alle teorie dei galenici. Ad esempio Giovambattista Vulpino <strong>di</strong>mostra<br />

l’abuso da parte dei galenici <strong>di</strong> unguenti e <strong>di</strong> pericolosi salassi 1 . Tra gli<br />

intellettuali chiamati a pronunciarsi <strong>su</strong>lla <strong>di</strong>sputa, figura anche Giacinto<br />

Gimma. La lettera <strong>di</strong> Musitano, però, non ha risposta e viene pubblicata<br />

senza quella in <strong>su</strong>a <strong>di</strong>fesa del Promotore Perpetuo della Accademia degli<br />

Incuriosi <strong>di</strong> Rossano 2 . Sarà Tremigliozzi a spiegare, nella finzione della<br />

Nuova Staffetta, il perché <strong>di</strong> questa assenza: Apollo dà or<strong>di</strong>ne che si <strong>di</strong>a<br />

lettura <strong>di</strong> due lettere che la Guar<strong>di</strong>a del Parnaso ha ritrovato dopo che alcuni<br />

delinquenti, appartenenti naturalmente alla setta galenica, le avevano<br />

sottratte a un corriere. Nella borsa trafugata si trovano alcune lettere inviate<br />

da Carlo Musitano ai «<strong>su</strong>oi stampatori […], acciocché le dessero alle<br />

stampe» 3 . Si tratta della lettera <strong>di</strong> Musitano a Gimma, la stessa pubblicata<br />

senza risposta nelle Celeberrimorum virorum Apologiae, e della risposta <strong>di</strong><br />

Gimma, appunto il Ju<strong>di</strong>cium Martinianum pro Carolo Musitano.<br />

3. La Nuova Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi e il Ju<strong>di</strong>cium <strong>di</strong> Gimma<br />

La polemica Musitano–De Martino dà nuovo slancio all’ Accademia <strong>di</strong><br />

Rossano che, dopo le speranze del rinnovamento avviato con Gimma,<br />

quando numerosi ‘letterati’ vi avevano aderito, viveva un momento <strong>di</strong> stasi.<br />

Se ne ha precisa cognizione leggendo le Memorie storiche che, qualche<br />

anno più tar<strong>di</strong>, Gaetano Tremigliozzi, Consigliere promotoriale<br />

dell’Accademia, scrive ricostruendo le fasi <strong>di</strong> quella complessa vicenda:<br />

Videsi impugnato il nostro Collega D. Carlo Musitano con volume Particolare, che<br />

veggono annoverati», G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 107. Il volume della Apologia<br />

contiene anche la simulazione <strong>di</strong> una lettera che Sebastiano Bartoli avrebbe scritto e inviato<br />

dal Parnaso in appoggio al <strong>su</strong>o <strong>di</strong>scepolo Musitano. Questa epistola, <strong>di</strong> mano del me<strong>di</strong>co<br />

napoletano Giuseppe Prisco, <strong>di</strong>mostra, in<strong>di</strong>rettamente, che gli in<strong>di</strong>rizzi del me<strong>di</strong>co calabrese<br />

debbono essere considerati come l’ideale continuazione del <strong>di</strong>scorso interrotto degli<br />

Investiganti.<br />

1 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 235-242.<br />

2 Sui rapporti fra Gimma e Musitano, ve<strong>di</strong> G. GIMMA, Idea della storia…, cit., vol. II, p.<br />

784: dove si ricorda che venne «tradotto in Francese nel 1711, il trattato De Lue Venerea<br />

del nostro amico Carlo Musitano, <strong>di</strong> cui negli Elogi Accademici abbiamo scritto la vita».<br />

Cfr. anche G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 107.<br />

3 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. 246.<br />

54


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

fu stampato contro la <strong>su</strong>a prima Trutina Me<strong>di</strong>ca pubblicata fin dall’anno 1688. E<br />

perché le <strong>su</strong>e Opere portavano espressa l’Approvazione Accademica, inviò <strong>su</strong>bito<br />

al Promotore la Cen<strong>su</strong>ra che gli era stata fatta, accompagnandola con una lettera, in<br />

cui dando la notizia <strong>di</strong> quanto l’era avvenuto, ricercò la deliberazione della Società,<br />

per potere eseguire quanto se gli dovea or<strong>di</strong>nare. Gli replicò il Promotore con una<br />

Epistola in Latino, e gl’impose a non aver cura <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere se stesso, convenendo<br />

ciò fare all’Accademia per l’obbligo promesso nelle leggi 1 .<br />

L’epistola in latino <strong>di</strong> Gimma, citata da Tremigliozzi, è il Ju<strong>di</strong>cium<br />

Martinianum pro Musitano, et recentiorum schola me<strong>di</strong>ca, pubblicata nel<br />

1700 nella Nuova Staffetta da Parnasso <strong>di</strong> Tremigliozzi. Questo scritto <strong>di</strong><br />

Gimma è la risposta alla lettera <strong>di</strong> Musitano non stampata Celeberrimorum<br />

virorum Apologiae 2 . A conferma <strong>di</strong> questo sta il fatto che Gimma fa<br />

riprodurre nella Nuova Staffetta la missiva <strong>di</strong> Musitano, come premessa alla<br />

<strong>su</strong>a risposta. Una scelta indovinata, quella <strong>di</strong> far pubblicare la lettera <strong>di</strong><br />

Musitano e la <strong>su</strong>a risposta in un unico volume, la Nuova Staffetta da<br />

Parnasso, perché dà visibilità alla pubblicazione nella forma <strong>di</strong> un’iniziativa<br />

autonoma e specifica dell’Accademia degli Incuriosi.<br />

Della Nuova Staffetta da Parnasso, Gimma è il promotore nel senso che –<br />

come impongono le Leges dell’Accademia – è lui che dà a Tremigliozzi<br />

l’incarico della <strong>di</strong>fesa del Musitano 3 . Un incarico conferito non soltanto<br />

perché Tremigliozzi era stato censore accademico delle opere <strong>di</strong> Musitano,<br />

ma anche perché, me<strong>di</strong>co egli stesso <strong>di</strong> grande esperienza, aveva prima<br />

stu<strong>di</strong>ato la me<strong>di</strong>cina galenica con Luca Tozzi nello Stu<strong>di</strong>o pubblico ed<br />

aveva poi coltivato, sotto la guida <strong>di</strong> Bartoli e Cornelio, la filosofia naturale:<br />

quasi «avesse la certezza nelle cose naturali ritruovata – scriverà <strong>di</strong> lui<br />

Gimma - pregiavasi <strong>di</strong> quelle fatiche negli <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> sofferite; ma facendosi<br />

da Sebastiano Bartoli […] la Sezione <strong>di</strong> un Cadavero umano, e<br />

<strong>di</strong>mostrandosi nella Regione animale i luoghi del condotto pancreatico, e<br />

1 G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., p. 431.<br />

2 Cfr. M. CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo…, cit., p. 177, fa notare,<br />

giustamente come il Ju<strong>di</strong>cium <strong>di</strong> Gimma vada letto in continuità logica con la lettera <strong>di</strong><br />

Musitano pubblicata nella Apologia.<br />

3 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. XVII: «Nella scelta degli Accademici è pur<br />

toccata a me la sorte <strong>di</strong> un’impresa tanto eroica, ad esser il primo a comparire nello steccato<br />

Letterario, per ispianar la strada agli altri»; e ancora G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…,<br />

cit., p. 432: «io mi vi<strong>di</strong> eletto il primo a nome della Società a <strong>di</strong>fendere lo stesso Musitano<br />

[…] scrissi dunque la Nuova Staffetta da Parnasso».<br />

55


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

biliario, e molte parti nuovamente osservate; e nel seguente giorno la<br />

circolazione del sangue negli animali vivi; restò sopraffatto dalla novità de’<br />

vocaboli altre volte nella Me<strong>di</strong>cina non u<strong>di</strong>ti; e dalle cose, per le quali il<br />

Sistema <strong>di</strong>verso da quello de’ Galenici appariva» 1 ; aveva cominciato «ad<br />

apprendere la Filosofia <strong>di</strong> Gassendo, e la Me<strong>di</strong>cina de’ Moderni dallo stesso<br />

Maestro; e da Tommaso Cornelio ne’ Regi Stu<strong>di</strong>, ove quello era<br />

Cattedratico, l’Arte Me<strong>di</strong>cinale <strong>di</strong> Galeno» 2 . Per questi motivi, la scelta <strong>di</strong><br />

Gimma si rivela valida, oltre che opportuna: per la <strong>su</strong>a formazione,<br />

Tremigliozzi, oltre a vantare una profonda conoscenza delle ragioni dei due<br />

schieramenti contrapposti - galenici e moderni - con<strong>di</strong>vide pienamente<br />

l’impostazione atomistica del me<strong>di</strong>co calabrese 3 . Egli è, inoltre, una<br />

personalità stimata nell’ambito delle accademie italiane, Principe e<br />

fondatore (nel 1682 col me<strong>di</strong>co Niccolò Versili) dell’Accademia dei<br />

Coraggiosi, e socio delle Accademie dei Pellegrini, dell’Arca<strong>di</strong>a, dei<br />

Filoponi, e degli Infiammati, oltre che degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano. Infine,<br />

non è la prima volta che Tremigliozzi si impegna in una polemica in <strong>di</strong>fesa<br />

della me<strong>di</strong>cina, e della filosofia, dei moderni. Come abbiamo visto, nel<br />

1676, era intervenuto contro Carlo Celano, l’Autore degli Avanzi delle<br />

Poste 4 .<br />

1 Cfr. Gaetano Tremigliozzi Consiglier-Promotoriale per l’Accademia degli Spensierati, in<br />

G. GIMMA, Elogi Accademici…, t. II, cit., p. 156. Gaetano Tremigliozzi nasce il 2 gennaio<br />

1655 a Castelnuovo «nella provincia <strong>di</strong> Capitanata». Terminato il corso <strong>di</strong> Grammatica<br />

passa a stu<strong>di</strong>are Logica a Foggia, e dopo essersi «trattenuto alcuni anni in Salerno, per<br />

domestici affari, proseguì in Napoli l’intero corso della Filosofia Aristotelica […] ma si<br />

applicò poi poscia appena alla Legge, che nell’u<strong>di</strong>re i continui contrasti de’ giovani dell’età<br />

<strong>su</strong>a intorno alla fabbrica de’ corpi umani, s’invaghì tosto <strong>di</strong> quella dottrina»; stu<strong>di</strong>a la<br />

me<strong>di</strong>cina galenica con Luca Tozzi, ed esercita la pratica sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Vincenzo<br />

Protospataro. Decise poi <strong>di</strong> «perfezionarsi nelle cognizioni filosofiche», e volle «nel 1674<br />

prender la laurea nel Collegio <strong>di</strong> Salerno» (Id., p. 157).Id., p. 158. Tremigliozzi si ritiene<br />

ingannato dal <strong>su</strong>o maestro Tozzi, il quale si scusa spiegando ch’egli aveva insegnato quello<br />

che desideravano gli studenti della me<strong>di</strong>cina galenica, e che egli non parlava secondo la <strong>su</strong>a<br />

opinione, ma secondo quella <strong>di</strong> Galeno.<br />

2 Id., p. 159.<br />

3 Ib. Cfr. anche M. TORRINI, La <strong>di</strong>scussione <strong>su</strong>llo statuto delle scienze tra la fine del ‘600 e<br />

l’inizio del ‘700, in F. Lomonaco e M. Torrini, (a cura <strong>di</strong>) Galileo e Napoli, Napoli, Guida,<br />

1987, p. 371.<br />

4 Cfr., C. CELANO, Degli avanzi delle poste…, cit., pp. 198-205. Tremigliozzi nelle <strong>su</strong>e due<br />

Staffette usa la stessa ambientazione mitologica, il Parnasso, ispirato all’opera <strong>di</strong> Traiano<br />

Boccalini. Sull’importanza dei Ragguagli <strong>di</strong> Parnaso e Pietra <strong>di</strong> Paragone politico, <strong>di</strong><br />

Traiano Boccalini, e <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>a profonda influenza, cfr. L. FIRPO, Allegoria e satira in<br />

Parnaso, «Belfagor», 1, 1946, pp. 673-699, e M. FUMAROLI, Académie, Arca<strong>di</strong>e, Parnasse:<br />

56


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

L’Elogio de<strong>di</strong>cato da Gimma all’amico Tremigliozzi è indubbiamente meno<br />

denso delle pagine de<strong>di</strong>cate a Musitano, o <strong>di</strong> quelle decisamente più note<br />

de<strong>di</strong>cate a Elia Astorini 1 . Introduce però notizie importanti. Conferma ad<br />

esempio l’ampia <strong>di</strong>ffusione e conoscenza dei testi <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong> nel<br />

Meri<strong>di</strong>one d’Italia ancora tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo:<br />

Tremigliozzi – era quanto avevano testimoniato per loro medesimi Valletta<br />

e Vico, per citare due celebri esempi - si avvicina alla filosofia <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong><br />

perché deluso dalla filosofia scolastica 2 . Conferma, altresì, l’importanza<br />

assegnata, nella pratica me<strong>di</strong>ca, all’anatomia: Musitano e Tremigliozzi<br />

l’avevano appresa da Bartoli e per Gimma l’anatomia <strong>di</strong>viene l’essenziale<br />

<strong>di</strong>scrimine fra le dottrine valide e quelle ormai da rigettare. Ora,<br />

l’osservazione del fenomeno della circolazione sanguigna – e non, verrebbe<br />

da <strong>di</strong>re, la lettura dei testi <strong>di</strong> Harvey – era <strong>su</strong>fficiente a minare alle<br />

fondamenta la scienza galenica.<br />

I due autori della Nuova Staffetta riversano così in quest’opera le loro<br />

personali esperienze e le loro conclusioni e fanno il punto <strong>su</strong>lle dottrine<br />

scientifiche più avanzate e le posizioni più innovative. Se un’attenzione<br />

particolare viene de<strong>di</strong>cata da Tremigliozzi all’Accademia degli Investiganti,<br />

al punto che, nella finzione del Parnasso, fa pronunciare a Daniello Bartoli<br />

un lungo <strong>di</strong>scorso in <strong>di</strong>fesa dei moderni contro la setta galenica, ciò non<br />

toglie che egli tenga ben presenti altri autori della modernità: Bacon, Boyle<br />

e Francesco Re<strong>di</strong>. Nel <strong>su</strong>o intervento, si collega alla <strong>su</strong>a precedente<br />

Staffetta, e coglie l’occasione per chiudere definitivamente altre polemiche,<br />

<strong>di</strong> parte galenica, che avevano avuto corso tra il 1676 e il 1700 3 . Gimma, da<br />

trois lieux allégoriques du loisir lettré, in ID., L’école du silence. Le sentiment des images<br />

au XVII e siècle, Paris, Flammarion, 1994, 2 ed. 1998, pp. 24-30.<br />

1<br />

Cfr. P. M. Elia Astorini maestro e dottore della Sagra Teologia dell’Or<strong>di</strong>ne de’<br />

Carmelitani, in Id., vol. I, pp. 387-415.<br />

2<br />

Sulla <strong>di</strong>ffusione del pensiero <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong> in Europa, cfr. Gassen<strong>di</strong> et l’Europe…, cit.;<br />

anche da questo punto <strong>di</strong> vista E. LOJACONO, L’arrivo del «Discours»…, cit.; cfr. anche N.<br />

BADALONI, Fermenti <strong>di</strong> vita intellettuale…, cit.<br />

3<br />

Ne «La Galleria <strong>di</strong> Minerva», Venezia, 1706, vol. VI, p. 322, un anonimo recensore scrive<br />

che Tremigliozzi «avea fin dall’anno 1676 dato in luce la Staffetta da Parnasso in <strong>di</strong>fesa dé<br />

Moderni, per alcune controversie, che in Napoli erano insorte in què tempi, pubblicatala in<br />

Roma dalle stampe <strong>di</strong> Niccolò Angelo Tinassi, col nome anagrammatico <strong>di</strong> Angelo Maria<br />

Argirizzi […]. Trascurò poscia rispondere al Corriero Straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Giacomo Lavagna,<br />

quando nel 1700 eletto dal Promotore a <strong>di</strong>fendere il Musitano, risolve rinovellare la<br />

memoria della <strong>su</strong>a prima Staffetta, continuandola contro la Cen<strong>su</strong>ra col titolo Petri Antonii<br />

De Martino, Geofonensis – Respon<strong>su</strong>m Trutinae Me<strong>di</strong>cae Musitani, pubblicata in Napoli<br />

57


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

parte <strong>su</strong>a, non possiede – almeno nel 1700 – una specifica preparazione<br />

me<strong>di</strong>ca. Egli è piuttosto un eru<strong>di</strong>to: le <strong>su</strong>e competenze sono fortemente<br />

deficienti e non lo rendono assolutamente idoneo alla ste<strong>su</strong>ra <strong>di</strong> un’opera<br />

almeno in certa mi<strong>su</strong>ra tecnica. Se questa preparazione traspare nelle opere<br />

pubblicate tra il 1714 e il 1733, non è certo secondario che nella Nova<br />

Encyclopae<strong>di</strong>a manchi una sezione de<strong>di</strong>cata alla me<strong>di</strong>cina. Eppure nella<br />

Idea dando il piano dell’Encyclopae<strong>di</strong>a, aveva spiegato ch’essa<br />

comprendeva, nell’or<strong>di</strong>ne, nel primo tomo «le Scienze Scritturali, e le<br />

Teologiche <strong>di</strong>stintamente, e quelle, che dalle stesse <strong>di</strong>pendono, dopo aver<br />

trattato in generale dell’Origine delle Scienze, della loro <strong>di</strong>visione, e <strong>di</strong> altre<br />

proemiali materie. Nel secondo sono le Fisiche, e le Me<strong>di</strong>che, e tutte le<br />

Dottrine naturali con tutta la Naturale Istoria ezian<strong>di</strong>o. Nel terzo le<br />

Matematiche, le quali per la vastità loro in due Tomi sono spiegate; però il<br />

quarto tratta delle Celesti ed Astronomiche. Nel quinto delle Filologiche,<br />

delle quali è ancora grande il numero. Nel sesto delle Filosofiche Morali, e<br />

delle altre, che alla stessa appartengono; ed il settimo tratta delle arti<br />

meccaniche, e tutte le Scienze, e le Arti sono or<strong>di</strong>nate secondo il loro<br />

<strong>di</strong>ffusissimo albero descritto nel primo Tomo, in cui i soli nomi <strong>di</strong> esse,<br />

colla loro derivazione sono spiegati, e secondo la nostra <strong>di</strong>visione» 1 .<br />

Comunque siano andate le cose, non è, allo stato attuale degli stu<strong>di</strong>,<br />

possibile stabilire se una parte della Nova Encyclopae<strong>di</strong>a sia andata<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente perduta, o piuttosto se Gimma non abbia in realtà mai<br />

scritto le sezioni de<strong>di</strong>cate alla scienza <strong>di</strong> Ippocrate.<br />

dal Mutii nel 1699, in 4, e prendendo anche l’occasione <strong>di</strong> rispondere al Lavagna, ed à<br />

Gabriel Fontana, che si palesò partegiano dell’Ippocratica Me<strong>di</strong>cina colla <strong>su</strong>a Me<strong>di</strong>cina<br />

Anti-hermetica stampata in Lione nel 1681».<br />

1 G. GIMMA,, Idea della storia…, vol. II, p. 829. In base a questo passo, D. GIUSTI, Vita ed<br />

opere dell’abate Giacinto Gimma…,cit., pp. 91-92, si lamenta delle mutilazioni dell’opera:<br />

«mancano i seguenti libri: il terzo e il quarto che parlano delle scienze matematiche e delle<br />

celesti ed astronomiche; il sesto che parla delle scienze filosofiche, morali e <strong>di</strong> altre che con<br />

esse hanno attinenza; ed il settimo ove si tratta delle arti meccaniche». L’opinione <strong>di</strong> M.<br />

Cambi è che «secondo la testimonianza dello stesso Gimma la <strong>su</strong>a Nova Encyclopae<strong>di</strong>a<br />

aveva proprio nel secondo tomo una sezione de<strong>di</strong>cata alle Scienze me<strong>di</strong>che. Ma» aggiunge<br />

«è lecito ipotizzare che si trattasse <strong>di</strong> materiale scarsamente originale e per <strong>di</strong> più non<br />

aggiornato agli ultimi sviluppi della <strong>di</strong>sciplina in questione, come nel caso della trattazione<br />

<strong>di</strong> argomenti affini alla scienza me<strong>di</strong>ca nei quali non si trova mai un contributo, da parte<br />

dell’autore, tale da far pensare ad una <strong>su</strong>a preparazione specifica in questo campo»; M.<br />

CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo…, cit., pp. 179-180.<br />

58


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Per quel che attiene il Ju<strong>di</strong>cium, nella finzione <strong>di</strong> Tremigliozzi, esso viene<br />

letto, per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Apollo, da Traiano Boccalini, segretario del <strong>di</strong>o, davanti<br />

al tribunale del Parnaso, dove vengono giu<strong>di</strong>cati «tutti i me<strong>di</strong>ci, <strong>di</strong><br />

qualsivoglia setta per cagione <strong>di</strong> danni, che al genere umano recavano» 1 .<br />

Ben presto il lettore si rende conto che sotto accusa è la me<strong>di</strong>cina galenica:<br />

le prove raccolte al fine <strong>di</strong> ottenere un giu<strong>di</strong>zio obbiettivo <strong>su</strong>ll’arte me<strong>di</strong>ca, e<br />

<strong>di</strong> stabilire le effettive responsabilità dei sostenitori delle dottrine degli<br />

antichi e dei moderni, tendono scopertamente a ribaltare la situazione,<br />

facendo ricadere <strong>su</strong>i galenisti le accuse <strong>di</strong> cattiva amministrazione della<br />

me<strong>di</strong>cina che questi ultimi avevano mosso ai moderni.<br />

Per pronunciare un giu<strong>di</strong>zio definitivo <strong>su</strong>lla questione, Apollo - la me<strong>di</strong>cina<br />

è sacra ad Apollo - convoca un’assemblea straor<strong>di</strong>naria, nominando due<br />

assessori – Francis Bacon e Robert Boyle – il cui motto, ironicamente, è<br />

nullius jurare in verba magistri, e una giuria <strong>di</strong> consiglieri composta da<br />

Galileo, Re<strong>di</strong>, Gassen<strong>di</strong>, tra i moderni, e Democrito, Pitagora, Platone e<br />

Ippocrate – anche questo è in<strong>di</strong>cativo – fra gli antichi. Fra i sapienti chiamati<br />

da Apollo a giu<strong>di</strong>care la questione sono presenti anche Giusto Lipsio e<br />

<strong>Descartes</strong>, il quale però, unico fra i presenti, tacerà 2 . La Nuova Staffetta,<br />

dunque, è ambientata nel Parnasso, secondo il modello tracciato da<br />

Boccalini, e utilizzato anche da Giovanni Giacomo Lavagna nel <strong>su</strong>o<br />

Corriere spe<strong>di</strong>to da Parnasso. Nella finzione <strong>di</strong> Tremigliozzi, quasi tutti i<br />

me<strong>di</strong>ci «della Scuola Galenica per tema d’essere <strong>di</strong>scacciati da Parnasso<br />

[…] si acostavano a quella de’ Moderni, o almeno da Maestri non soffrendo<br />

<strong>di</strong>venir <strong>di</strong>scepoli, si pubblicavano per tali, che senza appigliarsi a Setta<br />

alcuna, essaminando le dottrine, e le invenzioni <strong>di</strong> qualsisia Auttore circa la<br />

cura de’ corpi umani, non l’ammettono, se non le scorgono approvate dalla<br />

Ragione, e dalla Esperienza» 3 . Ultimamente, però «sono già alcuni Mesi,<br />

che essendosi pubblicato un libro con titolo sciocchissimo: Petri Antonii de<br />

Martino Geofonensis Respon<strong>su</strong>m Trutinae Me<strong>di</strong>cae Musitani, cioè a <strong>di</strong>re<br />

contro Carlo Musitano», autore tanto riverito in questa Reggia, e tanto<br />

1 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. 5.<br />

2 Sul perché del silenzio <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>, che pure era noto anche per i <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> ricondotti, e<br />

riconducibili nell’alveo della me<strong>di</strong>cina, ed esplicitamente citato da Musitano e da altri<br />

autori della Celeberrimorum virorum apologiae, sarà necessario tornare.<br />

3 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. 8; la minaccia era del Dio Apollo, che non<br />

amava i settatori <strong>di</strong> Galeno.<br />

59


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

benemerito alla Repubblica Letteraria, per le <strong>su</strong>e numerose opere, «che<br />

manda alla luce a beneficio dell’uman genere: si è mosso tutto questo<br />

Senato, <strong>di</strong>videndosi in Fazzionari; perlocche la Maestà Sua <strong>di</strong> ciò non poco<br />

<strong>di</strong>sturbata, fattone <strong>di</strong>ligentissimo essame, non solo per reprimere l’ar<strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />

cosi arrogante Galenico; ma per ovviare ad ogni tumulto che potesse per<br />

l’avvenire <strong>su</strong>ccedere, convocò tutti questi Senatori <strong>di</strong> qualsivoglia<br />

professione si fossero, per deliberare in una materia <strong>di</strong> tanto peso, ed<br />

essaminato il tutto, ed anco il libro medesimo, ha or<strong>di</strong>nato, che s’inviasse<br />

Nuova Staffetta, colla quale ripetendosi quanto colla prima si era riferito, si<br />

dasse notizia <strong>di</strong> tutte le novità <strong>su</strong>ccedute in Parnasso circa simili affari» 1 .<br />

Radunata dunque un’assemblea generalissima, dopo avere ascoltato i vari<br />

pareri proposti, viene or<strong>di</strong>nato a Demetrio Falereo «antichissimo<br />

Bibliotecario, che presa la Staffetta già dall’anno 1676 publicata, e<br />

conservata fra i libri più preziosi <strong>di</strong> questa Biblioteca, la leggesse ad alta<br />

voce; acciocche non potendosi commodamente leggere da tutti, per essere<br />

<strong>di</strong>venuta non poco rara, la potessero almeno u<strong>di</strong>re» 2 . Demetrio Falereo<br />

ubbi<strong>di</strong>sce prontamente e così comincia a leggere: «Nelle Serenissime Corti,<br />

che stanno in Parnasso, morirono, è vero, molti Cortigiani in brevissimo<br />

tempo i giorni ad<strong>di</strong>etro, e come che in simili persone servili non vi si<br />

sogliono impiegare i Me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> primo grido, o <strong>di</strong> molto sapere; ma per lo<br />

più, dozzinali, e pandettari, furono fatti chiamare da’ i loro Padroni i Me<strong>di</strong>ci,<br />

che si vantano del titolo <strong>di</strong> Antiquari, i quali per che poco intendenti della<br />

varietà de’ morbi, e del loro dovuto metodo nella cura, non sanno altro<br />

or<strong>di</strong>nare, che Sottrativi, Sciroppi, Salassi replicati, Vesicanti, e Cauteri, in<br />

breve tempo con una ricetta <strong>di</strong> passaporto spe<strong>di</strong>rono i poveri Cortigiani per<br />

l’altro Mondo 3 ». Dato che la Maestà Apollo ha l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> lasciar correre<br />

1 Id., pp. 8-10.<br />

2 Id., pp. 10-11.<br />

3 Id., pp. 11-12. E. LOJACONO, L’arrivo del «Discours»…, cit., p. 433, a proposito del<br />

Parere <strong>di</strong>visato in otto Ragionamenti ne’ quali partitamente narrandosi l’origine, e ‘l<br />

progresso della Me<strong>di</strong>cina, chiaramente l’incertezza della medesima si fa manifesta, Napoli,<br />

per Giacomo Raillard, 1689, <strong>di</strong> L. DI CAPUA, osserva che «Anche il Parere è scritto<br />

d’occasione: essendo morto poco tempo prima un cavaliero, della cui morte fu stimato<br />

responsabile un me<strong>di</strong>co galenista, il Viceré nominò una giunta <strong>di</strong> saggi che stabilisse le<br />

regole <strong>di</strong> comportamento <strong>di</strong> un perfetto me<strong>di</strong>co, e il Signor Leonardo fu naturalmente<br />

chiamato, come quegli che conosciuto intendessimo della chimica havrebbe fatto ricevere<br />

con maggior plauso l’or<strong>di</strong>nazione che si fusser fatte». Anche in questo caso un processo<br />

dunque, ma tragicamente reale. Cfr. anche N. BADALONI, Introduzione a G. B. Vico…, cit.,<br />

pp. 125-126.<br />

60


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

le cose «dove vanno, non impicciandosi a fatti altrui particolari; ma al solo<br />

pubblico attendendo, poco si curò, che simile razza <strong>di</strong> gente perisse per<br />

mano de’ Maniscalchi. Ma perche poi ha inteso, che il <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> questi,<br />

dagl’ignoranti si attibuisca a’ i sensati Letterati, e Filosofi, solo ritenuti in<br />

Parnasso per li bisogni più urgenti delle infermità de’ Personaggi illustri;<br />

risentendosi molto <strong>di</strong> questa ingiuria, come <strong>di</strong> cosa, che reca molto danno al<br />

pubblico, ha dato or<strong>di</strong>ni rigorosi, che se ne scoprisse l’Auttore» 1 , e da tutti<br />

venne in<strong>di</strong>cato un solo responsabile e cioè che fosse una macchinazione <strong>di</strong><br />

Galeno, «il quale come nuovamente as<strong>su</strong>nto nella Cattedra <strong>di</strong> Politica,<br />

poteva facilmente aver molta mano con simil sorte <strong>di</strong> persone Cortigiane;<br />

onde fattolo chiamare avanti la <strong>su</strong>a presenza, così gli <strong>di</strong>sse. Io coll’averti<br />

promosso alla Cattedra <strong>di</strong> Politica pensai cassarti dalla professione de’<br />

Me<strong>di</strong>ci, e Filosofi, come non più atto a questo mestiere, e che dovresti pur<br />

una volta dar fine a tante imposture; ma scorgo adesso, che <strong>di</strong> bel nuovo vai<br />

<strong>di</strong>sturbando la quiete Filosofica de’ veri investigatori delle cose Naturali, col<br />

fare da’ tuoi seguaci spargere voce molto nociva alla fama <strong>di</strong> quelli» 2 .<br />

Apollo non apprezza questo intervento politico <strong>di</strong> Galeno, e gli rimprovera<br />

con asprezza i <strong>su</strong>oi errori, «ti dovressi rammentare del danno grave, che<br />

unito d’accordo col tuo Collega Ippocrate, fosti per cagionare a tutto il<br />

genere umano, procurando <strong>di</strong> ridurlo a niente» 3 . Il rimprovero è solo<br />

apparentemente rivolto sia a Galeno che ad Ippocrate. In effetti <strong>di</strong> fronte ad<br />

accuse così gravi «Galeno, tutto timido per essere <strong>di</strong> natura pusillanimo,<br />

così rispose: Sire, io già colla mutazione della Cattedra da V. M.<br />

conferitami, ho già mutato ancora la professione; ma a <strong>di</strong>re il vero sono<br />

sempre travagliato da alcuni, che falsamente si fan chiamare miei seguaci, e<br />

servendosi male del mio nome, tramano continuamente insi<strong>di</strong>e per<br />

deprimere gli altri, che veggono a loro stessi molto <strong>su</strong>periori; e con tutto,<br />

che io non cessi <strong>di</strong> ammonirli, che desistano dalla loro proterva pertinacia» 4 ,<br />

e continua <strong>di</strong>cendo: «M’immagino forse per non iscre<strong>di</strong>tarsi dal posto, in cui<br />

si trovano, o perché impigriti non vogliono affaticarsi; o perché la natura<br />

loro è tale, che non fa vivere senza malignità» 5 .Nel tempo, in cui Galeno era<br />

1 Id., pp. 12-13.<br />

2 Id., pp. 13-14.<br />

3 Id., p. 14.<br />

4 Id., pp. 15-16.<br />

5 Id., p. 17.<br />

61


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

insegnante <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina, «ogni giorno gli ripetea quella lezzione […]: Quod<br />

semper <strong>di</strong>co, etiam nunc proloquar; nimirum per<strong>su</strong>a<strong>su</strong>m me habere, quod<br />

<strong>di</strong>fficillimum sit ad veritatem revocare eos, qui Sectae alicujus servituti se<br />

ad<strong>di</strong>xerunt. Verum qui prudentes <strong>su</strong>nt, simulque veritatem syncere amant,<br />

eos spero custo<strong>di</strong>turos esse ea, quae veluti ju<strong>di</strong>canti instrumenta nobis a<br />

natura data <strong>su</strong>nt, ad actionum vitae cognitionem, experientiam <strong>di</strong>co, et<br />

rationem. E poco dopo. Etenim falsae opiniones, animos hominum<br />

praeoccupantes, non solum <strong>su</strong>rdos; sed et caecos faciunt; ita ut videre<br />

nequeant, quae aliis conspicue apparent» 1 . E <strong>su</strong>bito dopo prosegue<br />

affermando: «Questi detti l’ho più volte replicati; particolarmente, quando<br />

nel 3 de loc. affect. Cap. 2 io <strong>di</strong>ceva: Nihil enim causae est, quamobrem<br />

mentiar: quod facere solent ii, qui uni Sectae ad<strong>di</strong>cti, omnem ex ipsa<br />

gloriam quaerunt: quippe conteniose eos defendere oportet, eam Sectam<br />

veram esse, quam unicam noverunt; nam ex nullo alio <strong>di</strong>sciplinarum genere<br />

gloriam sperare pos<strong>su</strong>nt. Ego vero re ipsa, et publice, et privatim apud eos,<br />

videlicet qui Sectam quamlibet a me <strong>di</strong>scere cupiebant, osten<strong>di</strong> in omnium<br />

Sectarum scientia (ne majus quicquam <strong>di</strong>xerim) me esse posthabendum<br />

nemini. Quod si uni Sectarum patrocinium ferre velim; quamvis ex tempore,<br />

ac pro re nata <strong>di</strong>cendum fuerit, haud tamen facile ab aliquo convinci me,<br />

rationum penuria, patiar. Non enim, ut nonnulli faciunt, ex libris eas <strong>di</strong><strong>di</strong>ci;<br />

sed praestantissimis in unaquaque Secta praeceptoribus u<strong>su</strong>s <strong>su</strong>m. Neque<br />

sane o<strong>di</strong>sse pos<strong>su</strong>m Empyricos, quorum sermonibus <strong>su</strong>m institutus, neque<br />

ullos Dogmaticos: pari enim stu<strong>di</strong>o omnibus de<strong>di</strong> operam, versatusque <strong>su</strong>m<br />

cum praestantissimis in unaquaque Secta praeceptoribus. Quam obrem nihil<br />

prohibet, quo minus de unaquaque Secta vere <strong>di</strong>cam ea, quae sentio […],<br />

nel 6 Epidem. com 2 text. 25 io scrissi: Neque id Hippocratis solum scriptis;<br />

sed et in aliis omnibus Antiquorum libris observo, ut non temere quae<br />

quisque ipsorum <strong>di</strong>xerit, approbem; sed experientia, et ratione; verum ne,<br />

an fal<strong>su</strong>m sit, quod scripserunt, examino. At qui se unius Auctoris<br />

Doctrinae, veluti servos, aut libertinos ad<strong>di</strong>xerunt, simul atque ab eo<br />

1 Id., pp. 17-18. Cfr. G. GIMMA, Sylva I, pp. 96-97: «Quod semper <strong>di</strong>co etiam nunc<br />

proloquor, nimirum per<strong>su</strong>a<strong>su</strong>m me habere, quod <strong>di</strong>fficillimum sit ad veritatem revocare eos,<br />

qui sectae alicuius servituti se ad<strong>di</strong>xerunt. Verum qui prudentes <strong>su</strong>nt, simulque veritatem<br />

syncere amant, eos spero custo<strong>di</strong>turos esse ea, quae veluti in<strong>di</strong>can<strong>di</strong> instrumenta nobis a<br />

natura data <strong>su</strong>nt, ad actionum vitae cognitionem, experientiam <strong>di</strong>co, et rationem: Galenus,<br />

De compositione me<strong>di</strong>camentorum localium lib. 8 cap. 1». È curioso che lo stesso Gimma<br />

citi questo passo nel <strong>su</strong>o Ju<strong>di</strong>cium, in<strong>di</strong>cando però erroneamente il luogo.<br />

62


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

scriptum aliquod invenerunt, inconsiderate, ac temere credunt» 1 . Apollo,<br />

avendo ascoltato questa debole <strong>di</strong>fesa 2 , «convocò <strong>su</strong>bito alcuni de’ più<br />

ostinati seguaci <strong>di</strong> Galeno, e fatto loro un precetto comminatorio, gli cavò <strong>di</strong><br />

bocca quanto <strong>di</strong>siderava, cioè che avendo amistà per poche visite fate senza<br />

mercede ad uno, che si dava ad intendere per buono Istorico, e Censore, e<br />

molto prattico nelle Scene» 3 , indussero quest’ultimo a descrivere il<br />

«<strong>su</strong>ccesso della Morte de’ Cortigiani altrimente da quello, ch’era,<br />

infarinatolo ancora essi medesimi <strong>di</strong> pochi termini, e <strong>di</strong> alcuni Auttori<br />

volgari, che stimavano migliori a tal proposito, esendo egli per altro <strong>di</strong>giuno<br />

<strong>di</strong> simili letterature» 4 . E poiché la consideravano un mezzo efficacissimo per<br />

eccitare le liti e le polemiche, «gli fecero destramente buttar la finta lettera<br />

nella Posta; acciocchè nelle mani del volgo credulo capitata, togliesse il<br />

cre<strong>di</strong>to alla fama de’ Moderni Me<strong>di</strong>ci, e Filosofi, e turbasse la quiete<br />

pubblica» 5 .<br />

È a questo punto che Apollo decide <strong>di</strong> far celebrare il nuovo processo, dopo<br />

quello che nella prima Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi si era concluso con la<br />

scacciata dei me<strong>di</strong>ci seguaci <strong>di</strong> Galeno dal Parnasso, e con la rimozione del<br />

loro maestro dalla cattedra <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina, trasferito a quella <strong>di</strong> Politica.<br />

Si è già detto degli assessori e dei componenti della giuria. A proposito <strong>di</strong><br />

quest’ultima, va rilevato che più che l’assenza <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>, merita <strong>di</strong> essere<br />

sottolineata la presenza <strong>di</strong> Ippocrate, accanto ad altri auctores molto seguiti<br />

dai moderni, come Pitagora, Democrito e Platone 6 . Il me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Cos viene<br />

inserito, quin<strong>di</strong>, nella schiera degli avversari della me<strong>di</strong>cina galenica.<br />

1<br />

Id., pp. 19-21.<br />

2<br />

Queste affermazioni <strong>di</strong> Galeno meriterebbero però un’analisi più approfon<strong>di</strong>ta, che qui<br />

non è possibile fare. Tremigliozzi sembra voler rimarcare l’impossibilità fattuale <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinguere in certi casi quanto viene detto dal maestro <strong>di</strong> una scuola, e quanto viene<br />

insegnato dagli allievi, che ipostatizzano gli insegnamenti ricevuti e non ne ammettono la<br />

<strong>di</strong>scussione, tradendo così i precetti del loro stesso mentore.<br />

3<br />

Id. p. 22.<br />

4<br />

Id. pp. 22-23.<br />

5<br />

Id., p. 23.<br />

6<br />

A proposito <strong>di</strong> Democrito, cfr. G. GIMMA, Sylva III, p. 32: «Questa Filosofia come <strong>di</strong>ce il<br />

Verulamio non ha potuto essere in tanto tempo [oltraggiata dallo strepito dell'infinito<br />

Populo de' Peripatetici, nè dalle male arti dello stesso Aristotile: Haec ipsa Democriti (cioè<br />

Filosofia, e son parole del Verulamio), apud sapientes, et contemplationum silentia, et<br />

ardua arctius complexos, in magno honore erat. Itaque non Aristoteles, sed Gensericus, et<br />

Attila, et Barbari hanc Philosophiam pes<strong>su</strong>ndederunt».<br />

63


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Per primo viene chiamato a deporre Galeno, il quale deve intervenire in<br />

<strong>di</strong>fesa della <strong>su</strong>a dottrina e della <strong>su</strong>a scuola, accusata <strong>di</strong> terribili nefandezze, e<br />

che ha infaticabilmente lavorato per secoli al fine <strong>di</strong> sterminare il genere<br />

umano. Galeno interviene ricordando i <strong>su</strong>oi gran<strong>di</strong> meriti nella storia<br />

dell’umanità, soprattutto l’esser riuscito a fondare la me<strong>di</strong>cina come scienza,<br />

dandole un or<strong>di</strong>ne sistematico, e l’aver elaborato le pratiche terapeutiche <strong>di</strong><br />

maggior <strong>su</strong>ccesso, quali i salassi e i cauterii, che avevano salvato<br />

innumerevoli vite; era <strong>su</strong>o merito, inoltre, l’aver fornito un quadro definitivo<br />

delle malattie, e l’avere in<strong>di</strong>viduato le principali funzioni del corpo umano,<br />

in<strong>di</strong>cando anche i principi sottesi ad esse, le facoltà 1 . Tale presentazione del<br />

pensiero <strong>di</strong> Galeno certo forzata, era anche corretta, avendo Tremigliozzi<br />

stu<strong>di</strong>ato anzitutto con me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> scuola tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Galeno viene ben presto aggre<strong>di</strong>to e messo a tacere da Giusto Lipsio, e da<br />

altri <strong>di</strong>fensori della filosofia dei moderni; le <strong>su</strong>e ‘facoltà’, gli viene detto,<br />

sono chimere della mente umana, che non corrispondono ad alcuna realtà,<br />

non spiegano nulla, e soprattutto non riescono a farci comprendere la<br />

complessità fisiologica dell’organismo umano. Le ultime ricerche della<br />

scienza moderna, e soprattutto gli stu<strong>di</strong> chimici dei paracelsiani, e le<br />

ricerche anatomiche <strong>di</strong> Harvey 2 , e <strong>di</strong> Willis hanno messo in luce tanti e tali<br />

1 Cfr. Id., pp. 78-84.<br />

2 Di Harvey, naturalmente, non venivano messi in luce i debiti nei confronti <strong>di</strong> Aristotele, e<br />

veniva seguita fedelmente l’immagine che ne forniva la Royal Society. È W. Pagel a<br />

sottolineare come l’immagine <strong>di</strong> Harvey che i posteri si sono formati è fatta a somiglianza<br />

dei <strong>su</strong>oi creatori ‘positivisti’. Secondo Pagel, le origini <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>storsione dell’immagine<br />

dello scienziato inglese possono essere fatte risalire all’omissione <strong>di</strong> parole cruciali e alla<br />

loro sostituzione arbitraria con una frase che è frutto della penna dell’autore della cosiddetta<br />

standard translation – The Works of William Harvey, M. D., translated from the Latin with<br />

a life of the autor by Robert Willis , Sydenham Soc., London 1847. Così, ad esempio, la<br />

scoperta della circolazione sanguigna è stata considerata come il semplice ri<strong>su</strong>ltato <strong>di</strong> una<br />

messe <strong>di</strong> prove che erano a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> Harvey, prima ch’egli le utilizzasse per la <strong>su</strong>a<br />

scoperta. Non è però necessario arrivare alla standard translation per vedere il sorgere <strong>di</strong><br />

questa immagine; già la presentazione che ne facevano i membri della Royal Society,<br />

conteneva i prodromi <strong>di</strong> questa interpretazione del me<strong>di</strong>co inglese. Cfr. W. PAGEL, William<br />

Harvey’s Biological Ideas. Selected Aspects and Historical Background, Basel, New York,<br />

Karger, 1966; ID., William Harvey Revisited, in «History of Science» voll. VIII-IX (1969-<br />

1970), tr. it. Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey. Aspetti scelti e sfondo storico, Milano,<br />

Feltrinelli, 1979. Anche F. VOLTAGGIO, La me<strong>di</strong>cina come scienza filosofica, Roma-Bari,<br />

Laterza, 1998, p. 111 ricorda come «le considerazioni <strong>di</strong> Harvey, le quali si muovono in<br />

una conoscenza <strong>di</strong> fondo che annovera elementi <strong>di</strong>versi della tra<strong>di</strong>zione me<strong>di</strong>ca più antica,<br />

ma anche e soprattutto <strong>su</strong>ggestioni sapienziali <strong>di</strong> derivazione paracelsiana, riescono a<br />

importi e a rendere dominante il nuovo para<strong>di</strong>gma solo in quanto la me<strong>di</strong>cina respinge le<br />

64


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

elementi <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione e <strong>di</strong> falsità nelle dottrine galeniche che ormai<br />

queste ri<strong>su</strong>ltano inaccettabili.<br />

Vengono quin<strong>di</strong> ascoltati come testimoni Galilei, che si lamenta del danno<br />

arrecatogli dai galenici che lo avevano privato della vista, Gassen<strong>di</strong>, il quale<br />

ricorda che se Galilei può rimproverare ai settatori <strong>di</strong> Galeno la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un<br />

così nobile senso, egli allora deve loro ad<strong>di</strong>rittura la morte, che gli fu<br />

perpetrata con i loro dannosi me<strong>di</strong>camenti 1 , e Francesco Re<strong>di</strong>, che racconta<br />

quanta ostilità avessero mostrato verso le <strong>su</strong>e ricerche <strong>su</strong>lla natura,<br />

<strong>su</strong>ll’inoculazione e azione del veleno delle vipere, e <strong>su</strong>lla falsa opinione<br />

della spontanea generazione degli insetti 2 .<br />

Particolarmente importanti però sono le testimonianze <strong>di</strong> Ippocrate e <strong>di</strong><br />

Democrito. Il primo spiega qual è il <strong>su</strong>o atteggiamento nei confronti dei<br />

progressi della me<strong>di</strong>cina, e della funzione dell’osservazione e<br />

dell’esperienza. Le <strong>su</strong>e opere, sono semplici raccolte <strong>di</strong> osservazioni,<br />

giacché non era <strong>su</strong>a intenzione costruire in alcun modo un sistema. Afferma<br />

Ippocrate, non solo <strong>di</strong> non potersi schierare contro gli innovatori della<br />

scienza me<strong>di</strong>ca, dato che costoro non fanno altro che seguire i consigli dati<br />

nei <strong>su</strong>oi libri, ma che deve lodarli perché essi con l’ausilio delle scienze<br />

chimiche, e non fidandosi <strong>di</strong> altro che della loro ragione, cercano <strong>di</strong><br />

perfezionare questa <strong>di</strong>sciplina così importante eppure così sfortunata. Lungi<br />

obiezioni <strong>di</strong> una nuova episteme, che fa capo alle dottrine gnoseologiche e metodologiche,<br />

nonché a quelle biologiche, <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>».<br />

1 Cfr. G. GIMMA, Sylva I, p. 303:« Gassendo nel male <strong>di</strong> Apoplesia morì per l’aperture<br />

fatteli della vena. Cartesio per non aversi voluto cavar sangue nella Pleuritide. Multitudo<br />

errantium non parit errori patrocinium. Philosophiam, non ex hominum multitu<strong>di</strong>ne, sed<br />

hominum multitu<strong>di</strong>nem ex Philosophali veritate iu<strong>di</strong>care potius oportet. Qui velut<br />

admirationi esse, debeat aliquid novum excogitare. […] Giacomo Silvio me<strong>di</strong>co maestro <strong>di</strong><br />

Vesalio per fidarsi nella sperienza facta da Galeno nel sanare il tumor sanguigno negli<br />

occhi con la bevanda <strong>di</strong> vino puro, e generoso acciecò affacto Pietro Ramo . Nicol.<br />

{Nanzel} Nancel. in Vita Pietro Rami». Manca invece, nella Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi,<br />

l’accenno a <strong>Descartes</strong>.<br />

2 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., pp. 90-92. Cfr. F. REDI, Osservazioni intorno<br />

agli animali viventi che si trovano negli animali viventi, in Opere, 4 voll., Milano, Utet,<br />

1810; vol. III, pp. 257-393; ID., Esperienze intorno alla generazione degl’insetti fatte da<br />

Francesco Re<strong>di</strong> Accademico della Crusca, e da lui scritte in una lettera all’illustrissimo<br />

signor Carlo Dati, Terza impressione, in Firenze per Francesco Onofri Stampator<br />

Arcivescovale, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, 1674; ID., Osservazioni intorno alle vipere fatte<br />

da Francesco Re<strong>di</strong> gentiluomo Aretino, Accademico della Crusca, rivedute dall’autore, e<br />

da lui scritte in una lettera all’illustriss. Sig. Conte Lorenzo Magalotti gentiluomo della<br />

Camera, e ora Cavalier Trattenuto del serenissimo Granduca <strong>di</strong> Toscana, in Firenze, per<br />

Piero Matini all’Insegna del Leone, 1686.<br />

65


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

dall’affermare l’impossibilità <strong>di</strong> una scienza me<strong>di</strong>ca, come aveva fatto<br />

Lavagna, Tremigliozzi, per bocca <strong>di</strong> Ippocrate, riven<strong>di</strong>ca a merito dei<br />

moderni il fatto ch’essi stanno facendo i passi necessari per la comprensione<br />

della base naturale comune a tutte le malattie, e della causa razionale dalla<br />

quale ciascuna <strong>di</strong>pende 1 . Il secondo, rivolgendosi ridendo all’amico, gli<br />

ricorda quando gli abderiti, temendo che il loro legislatore fosse impazzito,<br />

lo avevano chiamato affinché lo guarisse 2 . Nes<strong>su</strong>no dei <strong>su</strong>oi concitta<strong>di</strong>ni<br />

aveva compreso gli stu<strong>di</strong> <strong>su</strong>gli organismi animali che stava conducendo, e<br />

avevano preferito bollarlo come folle, piuttosto che accettare le <strong>su</strong>e ricerche.<br />

Allo stesso modo i galenisti, rimangono avvinghiati alle loro credenze che<br />

ormai, si potrebbe <strong>di</strong>re, non hanno altro valore che quello delle favole, e<br />

attaccano coloro i quali ritengono che sia possibile condurre una ricerca<br />

positiva nella me<strong>di</strong>cina 3 .<br />

Ma è alla luce del lungo intervento <strong>di</strong> Daniello Bartoli 4 , che i precedenti<br />

interventi acquistano la loro giusta prospettiva. Tremigliozzi chiarisce qui<br />

1 Sulla perdurante fortuna <strong>di</strong> questa immagine <strong>di</strong> Ippocrate cfr. P. PINEL, Traité mé<strong>di</strong>cophilosophique<br />

<strong>su</strong>r l'aliénation mentale ou la manie. Avec figures représentantent des<br />

formes de crâne ou des portraits d'Aliénés, Paris, Chez Richard, Caille et Ravier, An IX<br />

(ottobre 1800); tr. it., La mania. Trattato me<strong>di</strong>co-filosofico <strong>su</strong>ll'alienazione mentale, a cura<br />

<strong>di</strong> F. Fonte Basso e S. Moravia, Venezia, Marsilio, 1987. «Appare Ippocrate, e si innalza<br />

una barriera eterna tra l'uso empirico dei me<strong>di</strong>camenti e la vera scienza me<strong>di</strong>ca; intendo<br />

<strong>di</strong>re lo stu<strong>di</strong>o approfon<strong>di</strong>to del carattere e del decorso delle malattie [...] egli ha dato<br />

l'esempio generale del più severo metodo descrittivo; e gli uomini capaci <strong>di</strong> apprezzarlo lo<br />

prendono per modello». Pinel era anche il curatore della G. Baglivi opera omnia me<strong>di</strong>co<br />

pratica et anatomica, novam e<strong>di</strong>tionem men<strong>di</strong>s innumeris expurgatam, notis illustravit et<br />

praefatus est Ph. Pinel, 1788, 2 voll. in 8°, dove nella praefatio elogiava il me<strong>di</strong>co slavoleccese<br />

per le <strong>su</strong>e innovative ricerche ispirate dal metodo ippocratico e dalla filosofia <strong>di</strong> F.<br />

Bacon.<br />

2 Sulla figura <strong>di</strong> Democrito, filosofo che ride, e <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>a fortuna nella modernità cfr. J.<br />

STAROBINSKI, Democrito parla, l’introduzione a R. BURTON, Anatomy of Melancholy, III<br />

ed 1628, tr. it. Anatomia della melancolia, a cura <strong>di</strong> J. Starobinski, Venezia, Marsilio, 2 ed.,<br />

1988; <strong>su</strong> questo tema cfr. anche J.-C. DARMON, Philosophie épicurienne et littérature au<br />

XVII e siècle. Études <strong>su</strong>r Gassen<strong>di</strong>, Cyrano de Bergerac, La Fontaine, Saint-Evremond,<br />

Paris, PUF, 1998.<br />

3 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., pp. 167-172.<br />

4 Id., pp. 237-248. D. Bartoli, spirito sinceramente credente, umanista raffinato,<br />

apertamente e risolutamente antigiansenista, tentò, come è noto, <strong>di</strong> conciliare il metodo<br />

scolastico con quello speculativo <strong>di</strong> Galileo, per il quale osò manifestare ammirazione<br />

anche dopo la condanna, pur rimanendo sempre legato alle posizioni aristoteliche. Cfr.<br />

l’Introduzione <strong>di</strong> E. Raimon<strong>di</strong>, in D. BARTOLI, Scritti, a cura <strong>di</strong> E. Raimon<strong>di</strong>, Milano-<br />

Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1960; 2 a ed. Torino, Einau<strong>di</strong>, 1977. Gimma aveva una buona conoscienza<br />

degli scritti <strong>di</strong> D. Bartoli, soprattutto La ricreatione del savio in <strong>di</strong>scorso con la natura e<br />

con Dio, libri due del P. Daniello Bartoli, della compagnia <strong>di</strong> Giesù, in Roma, MDCLIX,<br />

66


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

senza ambiguità <strong>di</strong> essere un ‘erede’ degli investiganti, giacché ferma e<br />

contraria ad ogni speculazione astratta, e non confermata con ripetute<br />

esperienze, è la <strong>su</strong>a posizione 1 . Egli, insomma, <strong>di</strong>fende una concezione della<br />

me<strong>di</strong>cina sperimentale, legata anche alla tra<strong>di</strong>zione corpuscolare e<br />

probabilistica che a Napoli aveva i <strong>su</strong>oi maggiori esponenti in Borelli<br />

(almeno in una certa fase del <strong>su</strong>o pensiero), da una parte, e in Caramuel,<br />

Cornelio e Di Capua dall’altra 2 .Come molti degli Investiganti, del resto,<br />

prende esplicitamente le <strong>di</strong>stanze da <strong>Descartes</strong>: il punto <strong>di</strong> rottura anche per<br />

lui – ma anche per Gimma, Cornelio e gli altri ‘cartesiani’ 3 – è proprio il<br />

modello dell’uomo-macchina, così come era stato presentato da <strong>Descartes</strong><br />

nel <strong>su</strong>o Traité de l’Homme 4 . Insomma, anche in questo caso, la questione è<br />

che l’uomo <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> non è l’uomo dell’anatomista, ma un uomo<br />

costruito sotto la garanzia <strong>di</strong> Dio 5 . Anche nei confronti dei cartesiani<br />

nella Stamperia d’Ignatio de’ Lazzeri, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, più volte citato in Sylva I, a<br />

pp. 397, 407-408, 413 e 417. Cfr. anche Sylva III, p. 40, dove si ricordano quei religiosi che<br />

avevano rifiutato la filosofia aristotelica «e questa, che <strong>di</strong>cono novella forma <strong>di</strong> filosofare<br />

abbracciarono, come sono […], il P. Grimal<strong>di</strong>, il P. Par<strong>di</strong>es, il P. Bartoli».<br />

1 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. 241. «I Fetonti, i giovani vogliosi <strong>di</strong> libertà,<br />

vogliosi <strong>di</strong> novità, escono dalla carreggiata e a freni sciolti correndo dovunque il capriccio<br />

li porta e li trasporta guastano la natura e mettono in combustione il mondo, e rovinano<br />

l’universo». Tali, continua Tremigliozzi, «sono le speculazioni astratte dalla materia<br />

sensibile, le quali come l’uccello, che perciò chiamo del para<strong>di</strong>so, non si crede aver pie<strong>di</strong> da<br />

posarsi e toccar terra, sempre in aria, sempre in volo, sempre <strong>su</strong> l’ali, anzi essi stessi tutta<br />

ala».<br />

2 Su Caramuel, e la <strong>su</strong>a importanza per gli investiganti e l’ambiente napoletano, N.<br />

BADALONI, Introduzione a Vico…, cit., pp. 44-65; D. PASTINE, Juan Caramuel:<br />

probabilismo ed enciclope<strong>di</strong>a, Firenze, La Nuova Italia, 1975. Cfr. anche M. TORRINI, Juan<br />

Caramuel e l’Accademia napoletana degli Investiganti, in Le meraviglie del probabile,<br />

Juan Caramuel 1606-1682, 1990, pp. 22-33. Lo stesso Gimma ebbe ben presente gli<br />

insegnamenti <strong>di</strong> Caramuel, come <strong>di</strong>mostrano le pagine <strong>su</strong>i Laberinti metametrici, contenuti<br />

in Sylva I, Centone, pp. 431-433, confluite in Encyclopae<strong>di</strong>a, De Poetica Par. IV, De<br />

Metametrica cap. 23, Sect. 1 De centone, et eius legibus.<br />

3 Cfr. G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., pp. 234-236.<br />

4 Sulle reazioni della cultura europea al pensiero ‘biome<strong>di</strong>co’ <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>, cfr. F.<br />

MESCHINI, Neurographia cartesiana. Momenti del <strong>di</strong>battito attorno alla neurofisiologia <strong>di</strong><br />

<strong>Descartes</strong> (1640-1641/1664-1665), Firenze, Olschki, 1998. Sulla presenza de l’Homme<br />

cartesiano, e della <strong>su</strong>a traduzione latina a Napoli, cfr. M. RASCAGLIA, E<strong>di</strong>zioni cartesiane a<br />

Napoli (secc. XVII-XVIII), in Dalla scienza mirabile…, cit., pp. 77-102.<br />

5 M. DI GIANDOMENICO, Cartesianesimo e iatromeccanica in Italia…, cit., p. 653, nota che<br />

la prospettiva in cui <strong>Descartes</strong> si muove «è certamente nuova, essendoci sostituzione <strong>di</strong><br />

forma anatomica con processo <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong>namica […]. Il costruttivismo ed il<br />

genetismo sono gli aspetti che conseguono imme<strong>di</strong>atamente dalla concezione metodologica<br />

cartesiana». Poco prima Di Giandomenico aveva rilevato a proposito del modello<br />

dell’organismo macchina che «anche Aristotele aveva assimilato nel De motu animalium<br />

67


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

metafisici, del resto, il <strong>su</strong>o giu<strong>di</strong>zio era netto. Scriveva: non si può «non<br />

condannare lo smentire il nome co’ fatti, trasformando contra ogni ragione<br />

<strong>di</strong> natura» come fanno i cartesiani «la fisica in Metafisica» 1 .<br />

L’intervento <strong>di</strong> Gimma non è, e non vuole essere, un intervento tecnico. Il<br />

Ju<strong>di</strong>cium evita accuratamente <strong>di</strong> entrare nei dettagli me<strong>di</strong>ci della questione<br />

e, quando non può farne a meno, si limita a brevi commenti. Gimma sceglie<br />

<strong>di</strong> seguire un’altra strada: legittimare, <strong>su</strong>l terreno della storia, le scelte del<br />

me<strong>di</strong>co calabrese. Così, per <strong>su</strong>ffragare l’insostenibilità della<br />

sanguinificazione epatica, prima ancora che ad Harvey, si appella<br />

all’autorità <strong>di</strong> Thomas Bartholin 2 , ri<strong>di</strong>colizzando gli argomenti contro la<br />

circolazione car<strong>di</strong>aca 3 . A Napoli, oltretutto, si fanno continui esperimenti e<br />

vengono pubblicati ogni giorno testi a sostegno delle tesi dei moderni. Per<br />

tutti, Gimma cita il Me<strong>di</strong>cinale Patrocinium del me<strong>di</strong>co spagnolo Francesco<br />

gli organi del movimento animale a degli organa, cioè a parti <strong>di</strong> macchine belliche […] ma<br />

la <strong>su</strong>a teoria del movimento è molto <strong>di</strong>versa da quella <strong>di</strong> Cartesio […]. In realtà, l’idea base<br />

della iatromeccanica consiste appunto nella riduzione degli organi e delle loro funzioni<br />

vitali ad un insieme complesso, ben formato e ben governato, <strong>di</strong> piccole macchine, le quali<br />

sono certo intellettualmente in maniera chiara, ma esigono l’aiuto – ancora in<strong>su</strong>fficiente –<br />

dell’anatomia microscopica per affiorare ad oculos» (Id., p. 654-655).<br />

1 Id., p. 244. La necessità <strong>di</strong> tenere <strong>di</strong>stinti i piani è con<strong>di</strong>visa anche da Gimma che molti<br />

anni dopo, nel secondo tomo della Fisica sotterranea, contestando le opinioni <strong>di</strong> A. Kircher<br />

«solito a credere alle altrui relazioni», <strong>su</strong>lla generazione spontanea delle conchiglie<br />

conclude «che tutto ciò <strong>su</strong>ccede, perché alcune scuole <strong>di</strong>fendono la generazione dalla<br />

putre<strong>di</strong>ne, uccellando dalla metafisica la sperimentale fisica» (G. GIMMA, Della storia<br />

naturale delle gemme, delle pietre, <strong>di</strong> tutti i minerali, ovvero della Fisica sotterranea <strong>di</strong><br />

D.Giacinto Gimma dottore delle leggi, avvocato straor<strong>di</strong>nario della città <strong>di</strong> Napoli,<br />

Promotor-Generale della Scientifica Società Rossanese degl’incuriosi […] <strong>di</strong>visa in libri<br />

VI o Tomi II […], in Napoli, Gennario Muxio, erede <strong>di</strong> Michele–Luigi, 1730, t. II, p. 276).<br />

Su questo aspetto della Nuova Staffetta, cfr. N. BADALONI, Introduzione a G. B. Vico…,<br />

cit., p. 291, dove scrive: «Come si vede lo anticartesianismo del Vico non è un <strong>su</strong>o<br />

personale atteggiamento ma corrisponde ad un in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> pensiero <strong>di</strong> una corrente».<br />

Sull’accoglimento della me<strong>di</strong>cina e, più in specifico, della neurofisiologia cartesiana a<br />

Napoli, cfr. M. DI GIANDOMENICO, Cartesianesimo e iatromeccanica in Italia tra XVII e<br />

XVIII secolo, in <strong>Descartes</strong>: il metodo e i saggi…, cit., vol. II, pp. 651-658; interessante da<br />

questo punto <strong>di</strong> vista anche, G. CIMINO, Teoria del sistema nervoso e ottica fisiologica in<br />

<strong>Descartes</strong>, in ID., pp. 247-272; da leggere anche le precisazioni, dello stesso autore, che<br />

troviamo in L’aspetto ‘rivoluzionario’ della neurofisiologia <strong>di</strong> Cartesio, in G. Belgioioso,<br />

(a cura <strong>di</strong>) Cartesiana, Galatina, Congedo, 1992, pp. 79-82.<br />

2 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., p. 276: «Plena <strong>su</strong>nt argumentis et<br />

observationibus Recentiorum volumina, et sanguinificationi hepatis exequias cecinit<br />

Thomas Bartholinus». Su William Harvey, cfr. W. PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…,<br />

cit..<br />

3 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., p. 277: «Ri<strong>di</strong>culum est his temporibus<br />

hujsmo<strong>di</strong> circulationem in dubium revocare».<br />

68


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Morelli, pubblicato a Napoli nel 1678, che forniva prove inconfutabili delle<br />

ipotesi <strong>di</strong> Harvey 1 . Insomma, secondo Gimma – come già per Tremigliozzi<br />

– solo De Martino, pensa ancora che le tesi dei moderni non siano<br />

accettabili e si ostina a <strong>di</strong>fendere pratiche quali la flebotomia, la cui<br />

efficacia era stata ri<strong>di</strong>mensionata già da Paracelso, Van Helmont 2 , Marco<br />

Aurelio Severino, Tommaso Cornelio: «Admittes tran<strong>su</strong>fionem sanguinis,<br />

quam vocat Modernorum elusionem, ineptiam, temeritatem, et Me<strong>di</strong>cinam<br />

fabulosam? Repetes experimenta, quae refert Richardus Lovver huius<br />

inventi auctor; item alia, quae produxerunt Academia Anglica, et Gallica,<br />

Io: Guilelmus Riva, qui Transfusoriam Romae triplici experimento<br />

celebravit» 3 . In quanto tali tesi sono insostenibili, De Martino, può ricorrere<br />

a sostegno delle <strong>su</strong>e sciagurate scelte me<strong>di</strong>che, e proprio nel caso della<br />

trasfusione, ad un filosofo, Marsilio Ficino, il quale non si era mai<br />

interessato a questa questione, rivelando, una volta <strong>di</strong> più, la <strong>su</strong>a ignoranza 4 .<br />

De Martino ha dunque sbagliato ad attaccare uno dei più rispettabili me<strong>di</strong>ci<br />

d’Italia, conosciuto e apprezzato dai letterati <strong>di</strong> tutta Europa 5 , e proprio <strong>su</strong><br />

temi come la circolazione harvejana, ormai accettata da tutti i dotti. Come se<br />

non bastasse, «non sine tae<strong>di</strong>o librum evolvi, et si mihi fas est ju<strong>di</strong>cium de<br />

eo ferre, nihil profecto habet, quod non vergat ad ineptias, et fatuum sapiat.<br />

1 Id., pp. 278-279: «Franciscus Morellus Triremium Hispanicarum Archiater, anno 1678<br />

[…], Me<strong>di</strong>cinale patrocinium pro sanguinis circulatione ab Harvejo descripta firmiter<br />

probanda publicavit, inconcussis argumentorum ponderibus, antiquorum primae notae,<br />

Neotericorumque auctoritatibus, ac tandem Anatomicis experimentis, luce clarioribus<br />

adductis; admissa etiam Galeni, et verum omnium sententia contra Recentiores sanguinem<br />

produci ab hepate, et exinde ad cor, pro generatione spiritum vitalium, et sanguinis<br />

arterialis; necnon ad singulas partes corporis pro ipsarum nutritione pervenire. Morelli<br />

sententiae se <strong>su</strong>bscripserunt peculiaribus epistolis, et poematis imp ressis, Me<strong>di</strong>ci e<br />

Galenicorum Schola non pauci, nec infimae notae».<br />

2 Su queste tesi <strong>di</strong> Paracelso, e Van Helmont cfr. L. S. KING, The road to me<strong>di</strong>cal<br />

enlightenment, London, New York, e soprattutto, W. PAGEL, Paracelso…, cit.<br />

3 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., p. 276.<br />

4 Id., p. 277; a proposito della trasfusione «eam damnat Martinus, quam neque vi<strong>di</strong>t, neque<br />

<strong>di</strong><strong>di</strong>cit; sicut neque perlegit Marsilium Ficinum ab ipso falso relatum; cum Ficinus ibi<br />

nullam faciat hujus transfusionis mentionem».<br />

5 Id., p. 255: «O pessimam temporis jacturam! Invenio titulum Martino plane <strong>di</strong>gnum:<br />

nempe Petrii Antonii de Martino Geofonensis Respon<strong>su</strong>m Trutinae Me<strong>di</strong>cae Musitani:<br />

quasi in Trutina tua, provinciam adver<strong>su</strong>s eum <strong>su</strong>scepisses. Pergo ulterius: In quo tractatur<br />

de omnibus morbis humani corporis, impugnatur Harvejana sanguinis circulatio, et multae<br />

sententiae contra veterem et communem doctrinam exortae refelluntur pro Galeno, et<br />

Asseclis, contra aliquos Moderno. O bellum inquam hominem, atque facetum, qui hisce<br />

temporibus admissam a Galenicis ipsis sanguinis circulationem reiiciat».<br />

69


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Nullus lepos, nulli sales, nullae Veneres, nullus nitor, nulla denique solida<br />

doctrina <strong>su</strong>i ines verbis; sed horridus quidam sermo, a linguae Latinae<br />

castimonia abhorrens, et veterem inscitiam habet in ore» 1 . De Martino è,<br />

secondo Gimma, la prova inconfutabile dell’impossibilità <strong>di</strong> avviare<br />

qualunque <strong>di</strong>scussione con i galenici: essi oppongono alle argomentazioni il<br />

principio <strong>di</strong> autorità; si lamentano <strong>di</strong> tutto senza motivo, e non posseggono<br />

«aequo animo» per giu<strong>di</strong>care le vali<strong>di</strong>tà delle nuove scoperte 2 .<br />

La <strong>di</strong>scussione non riguarda più a questo punto il confronto tra i due modelli<br />

– galenico e sperimentale – <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. Come nel caso <strong>di</strong> altri famosi<br />

<strong>di</strong>battiti, a cominciare da quello tra <strong>Descartes</strong> e Voetius 3 , a quello che aveva<br />

visto affrontarsi Giovan Battista De Bene<strong>di</strong>ctis e Giuseppe Valletta, o<br />

ancora De Bene<strong>di</strong>ctis e Costantino Grimal<strong>di</strong> 4 , a quello infine tra De Martino<br />

e Musitano, la polemica si sposta <strong>su</strong> un altro terreno: l’attacco personale. I<br />

galenici vengono definiti ipocriti e ignoranti 5 . De Martino non si è reso<br />

conto che in realtà con il <strong>su</strong>o infame libello ha attaccato anzitutto se stesso,<br />

e non Musitano, evidenziando la <strong>su</strong>a ignoranza non solo nella me<strong>di</strong>cina ma<br />

anche delle più elementari regole della grammatica 6 . De Martino è una<br />

vergogna: non conosce il latino, crede as<strong>su</strong>rdamente e acriticamente negli<br />

antichi, e dà cre<strong>di</strong>to, più che ai seri ricercatori, a «praestigiatores, aliique<br />

vaniloquidoci, quos refert Sachsius; sed etiam Pseudome<strong>di</strong>castri, qui artis<br />

hujus ignari, aut ea levissime imbuti» 7 , come <strong>di</strong>ce «Primerosius, empto in<br />

1<br />

Id., pp. 255-256.<br />

2<br />

Id., pp. 257-258: «Nec ipse Deus omnibus placet […]. Si Aestu est, de ari<strong>di</strong>date<br />

causamur; si pluvia, de inundatione conquerimur. Si infecun<strong>di</strong>or annus est, accusamus<br />

sterilitatem. Si fecun<strong>di</strong>or, utilitatem. A<strong>di</strong>pisci abundantiam cupimus, et eandem accusamus.<br />

Quid <strong>di</strong>ci hac re improbius, quid contumeliosius potest, etiam in hoc de misericor<strong>di</strong>a Dei<br />

querimur, qui tribuat, quod rogamus». Cfr. Sylva I, pp. 95-96, dove il passo è presente<br />

senza alcuna <strong>di</strong>fferenza rispetto all’opera a stampa. Non è, però, possibile sapere se il<br />

materiale raccolto da Gimma nella Sylva I, e almeno in parte, nella Sylva III sia stato<br />

selezionato proprio in funzione della polemica Musitano – De Martino.<br />

3<br />

Cfr. T. Verbeek, (a cura <strong>di</strong>) La Querelle d’Utrecht, Paris, Les impressions nouvelles,<br />

1988.<br />

4<br />

Cfr. COSTANTINO GRIMALDI, Memorie <strong>di</strong> un anticurialista del settecento, a cura <strong>di</strong> V. I.<br />

Comparato, Firenze, Olschki, 1964; G. VALLETTA, Opere filosofiche…, cit.; V. I.<br />

COMPARATO, Giuseppe Valletta…, cit.<br />

5<br />

G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., pp. 256-258.<br />

6<br />

Id., p. 258: «Scripsit potius contra seip<strong>su</strong>m, famo<strong>su</strong>m libellum, ut bene ais, quam contra<br />

tuam Trutinam; siquidem ut se Me<strong>di</strong>cum ostenderet, ineptum se patefecit Grammaticum.<br />

Hoc est Me<strong>di</strong>cinae dedecus, quae licet in optimis professoribus tam periculosa sit, ac<br />

<strong>di</strong>fficilis; attamen ab ignaris quoque videtur impune exerceri».<br />

7<br />

Id., p. 259, cfr. Sylva I, pp. 153-154: «Me<strong>di</strong>cina. Non solum eo deventum iam est, ut in<br />

70


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Academiis titulo, aut saltem se emisse simulantes, ementito honore, <strong>su</strong>perbi<br />

domum redeunt, ut civium sanguine, et <strong>di</strong>vitiis saginentur» 1 . Lo scritto è fin<br />

troppo ricco <strong>di</strong> vocaboli barbaro-latini, verbi coniugati in maniera pedestre,<br />

perio<strong>di</strong> sconclusionati: come ha insegnato Quintiliano, senza possedere<br />

almeno i ru<strong>di</strong>menti della grammatica «fideliter jeceris, quidquid<br />

<strong>su</strong>perstruxeris corruit» 2 e non può pretendere <strong>di</strong> perlustrare il vasto campo<br />

delle scienze. Una grammatica ben conosciuta, al contrario, da Carlo<br />

Musitano, che tra le <strong>su</strong>e prime opere date alle stampe, vantava appunto un<br />

prezioso e intelligente manualetto <strong>di</strong> Grammatica 3 . Il me<strong>di</strong>co deve avere, a<br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma, una formazione che tenga conto delle duplici<br />

competenze che deve possedere: quelle più legate all’esercizio dell’arte e<br />

quelle storico–eru<strong>di</strong>te che debbono accompagnare e, soprattutto, legittimare,<br />

ogni sapere. Per questo è necessario che essi apprendano la filosofia, la<br />

grammatica, la poetica, la retorica, la matematica e la geometria, la<br />

cosmografia, la topografia, la musica, l’astronomia, la fisica, la metafisica, e<br />

Me<strong>di</strong>cinae sacra illotis manibus irrepserint oli<strong>di</strong> myropolae, circumpurpurati agyrtae,<br />

fraudulenti dentifrangibuli, Scatophagi empirici, pe<strong>di</strong>culosi unguentarii, umbratici<br />

me<strong>di</strong>castri, infames magi, crumenimulgi, praestigiatores, pro<strong>di</strong>giosi uromantes,<br />

extesticulatores lithotomi, gran<strong>di</strong>strepi sacrificuli, furnarii ciniflones, et qui <strong>su</strong>nt alii<br />

vaniloquidoci, et mugi polyloquides: sed et alia merx mala accessit fatales scilicet<br />

latiophisicae, et fastuosae me<strong>di</strong>castrae, quae non raro impune mortes per experimenta<br />

incerta in hominibus exercent et c. Phil. Iac. Sachs in Schol. ad observ. 26, Tom. 2, Ephem.<br />

German».<br />

1 Ib. Cfr. Sylva I, p. 204: «Plurimi me<strong>di</strong>castri huius artis ignari, aut ea levissime imbuti,<br />

empto in peregrinis Academiis Doctoris titulo, aut saltem se emisse simulantes, et sic<br />

ementito honore <strong>su</strong>perbi domum redeunt, ut civium sanguine, et <strong>di</strong>vitiis saginentur. Ita<br />

Primerosius l. c. lib. 1, cap. 2».<br />

2 Id., p. 263.<br />

3 C. MUSITANO, Me<strong>di</strong>tationes speculative in linguam latinam. Nunc primum grammaticale<br />

isagogicon, quod ad omnem partem collustrantes, tum potissime rationalem Definitione,<br />

Divisione, Argumentatione, Quaesitis Thesibus, singula ru<strong>di</strong>menta conquisite enuncleantes,<br />

quibus praecesserunt nonnulla prolegomena ad facilitatem et ornatum confecta, Neapoli,<br />

apud P. A. Moscatellium, 1682. G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 102-103: «Assai<br />

necessaria è la Gramatica de’ Latini per la cognizione delle Scienze; mentre<br />

Grammaticorum hae <strong>su</strong>nt partes, ut omne Scriptorum genus, Poetas, Historicos, Oratores,<br />

Philosophos, Me<strong>di</strong>cos, Juriscon<strong>su</strong>ltos excutiant; come <strong>di</strong>sse Poliziano» e per questo<br />

Musitano seguendo l’esempio <strong>di</strong> altri importanti stu<strong>di</strong>osi quali il Caramuel, e il Kircher,<br />

«scorgendo, che la gioventù senza i Gramaticali fondamenti s’erano già introdotti allo<br />

stu<strong>di</strong>o delle Scienze più <strong>di</strong>fficili, scriver volle la Gramatica Specolativa con quell’or<strong>di</strong>ne<br />

medesimo, con quale invaghiti gli osservava, e con cui sogliono gli Scolastici seguaci della<br />

dottrina <strong>di</strong> Aristotele insegnar la Logica; spiegando le regole della Gramatica stessa colle<br />

Conclusioni, colle obiezioni, e colle risposte nella forma Sillogistica […]: onde pubblicò<br />

nel 1682 un volume col titolo Me<strong>di</strong>tationes Speculativae in linguam Latinam».<br />

71


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

la storia 1 . Cosa <strong>di</strong>re, dunque, dell’inettissimo De Martino, ignorante della<br />

grammatica, «qui fuatis doctrinis hinc inde furto <strong>su</strong>breptis, et confarcinatis e<br />

Galenicorum libris, <strong>su</strong>ppresso etiam nomine eorum, a quibus <strong>su</strong>bripuerit,<br />

Trutinam tuam au<strong>su</strong>s est trutinare?» 2 Egli non corrisponde in alcun modo<br />

all’ideale <strong>di</strong> me<strong>di</strong>co che viene presentato da Gimma. Nel cumulo <strong>di</strong><br />

sciocchezze e <strong>di</strong> errori, che il galenista inserisce nella <strong>su</strong>a opera,<br />

promettendo così gran<strong>di</strong> cose nel titolo, e ottenendo alla fine così miseri<br />

frutti («si <strong>di</strong>gnus est cen<strong>su</strong>ra, ipsemet se ad calculum vocavit ob tot nugas in<br />

eo opere <strong>di</strong>ffusas, quod errorum Polyanthea, et ineptiarum Sylva <strong>di</strong>ci merito<br />

poteri» 3 ) è grave, prosegue Gimma, che l’attacco <strong>di</strong> De Martino non sia<br />

rivolto semplicemente contro l’opera <strong>di</strong> Musitano, perché allora sarebbe<br />

frutto <strong>di</strong> semplice ignoranza, ma, per <strong>su</strong>a stessa ammissione, contro la<br />

me<strong>di</strong>cina dei moderni 4 . A Gimma appare una figura patetica: non possiede<br />

una chiara cognizione <strong>di</strong> ciò che ha scritto, eppure pretende poter giu<strong>di</strong>care<br />

delle questioni più <strong>di</strong>fficili della filosofia e della me<strong>di</strong>cina 5 . Gimma ritiene<br />

più proficuo illustrare i nuovi meto<strong>di</strong> della schola recentiorum che,<br />

rifiutando i facili sofismi, ha elaborato quelle teorie che permetteranno<br />

finalmente alla me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> fare i progressi tanto attesi 6 . Gimma segue la via<br />

1<br />

G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., pp. 259-260. «Difficilis quidem est Me<strong>di</strong>cina,<br />

cum ex Me<strong>di</strong>corum <strong>di</strong>versa methodo, atque in omnibus fere morbis pertinaci inter se<br />

contentione […]; tum ex morborum <strong>di</strong>versitate, rebus me<strong>di</strong>cis, et earum nominibus; tum<br />

etiam ex scientiarum cognitione, quae mederi cupientibus necessaria est […], Me<strong>di</strong>cum<br />

omnes Philosophiae partes, Grammaticam, Poeticam, Rhetoricam, Mathematicam,<br />

Geometriam, Cosmographiam, Topographiam, Musicam, Astronomiam, Physicam,<br />

Metaphysicam, atque non levem Historiarum notitiam delibasse oportere».<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Id., p. 261.<br />

4<br />

Ib.: «Quae tu Musitane, tulisti, fuerunt errore, gratisque projecta: quae Martinus fert, <strong>su</strong>nt<br />

injustitia, ac veritate stipata. Hoc est Martini ju<strong>di</strong>cium in <strong>su</strong>i operis praelu<strong>di</strong>o, qui non<br />

proprie contra te certatur, ut ibidem ait; sed contra Recentiorum scholam, ut vetustam<br />

solidaret sententiam, Tyronibusque ostenderet, qui novitatibus allucinantur, veteremque<br />

viem magis duceret ad vitam. En quem Ducem produxit Galenicorum Schola! En novum<br />

Jaricae restauratorem!».<br />

5<br />

Id., pp. 261-262: «Ecce egregie virum, qui stu<strong>di</strong>orum est reformatur: qui non o<strong>di</strong>o; sed<br />

amore captus, communem <strong>su</strong>bivit palestram. Ecce quis in arenam secum jubet descendere<br />

Philosophos, et Me<strong>di</strong>cos, qui a veterum opinionibus elongantur! Ecce qui doctissimos viros<br />

per totum orbem <strong>di</strong>ffusos audet sycophantari! Homulus, qui gloriatur Grammaticam<br />

parvipendere, quam ignorat, monens <strong>su</strong>um librum in Dialogo: Si alicujus assertiones<br />

fundantur <strong>su</strong>per virgulas, puncta, vel litteras male positas, adeoque non faciant ad rem;<br />

tunc sequere ultra, nullum habens cum eo verbum».<br />

6<br />

Id., p. 263: «O nobilem scriptorem, brassicarum corona <strong>di</strong>gnum! Cacophysicus, qui<br />

destruit artium fundamenta, nunc Me<strong>di</strong>cinae Corypheus, Recentiores profligabit? Et tamen<br />

72


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

tracciata da Oldenburg, Sprat 1 e Ippocrate e, attraverso la storia della<br />

me<strong>di</strong>cina, evidenzia quello che <strong>di</strong> nuovo è stato scoperto, e quello che in<br />

larga parte rimane ancora da scoprire 2 .<br />

Poiché molte università, quelle dove le cattedre sono tenute da galenici, si<br />

oppongono alle nuove scoperte, e quin<strong>di</strong> rinunciano a guidare questo moto<br />

<strong>di</strong> rinnovamento questo ruolo, sembra <strong>su</strong>ggerire Gimma, deve essere<br />

as<strong>su</strong>nto dalle Accademie che, libere da interessi <strong>di</strong> politica universitaria<br />

(Tremigliozzi scrive, del resto, che è Galeno il responsabile della cattedra <strong>di</strong><br />

Politica) <strong>di</strong> fatto faranno progre<strong>di</strong>re le scienze e le lettere come accade nel<br />

resto d’Europa 3 . La me<strong>di</strong>cina, se non vuole <strong>su</strong>bire irrime<strong>di</strong>abili danni, scrive<br />

chiaramente Gimma, non può rifiutare l’apporto della chimica 4 , ciò che solo<br />

«ab acephalo Martino dudum vexata» viene rifiutato 5 .<br />

nostro hoc aevo Me<strong>di</strong>cina cum <strong>su</strong>is artibus in <strong>di</strong>es magis, magisque cultiore amictu pro<strong>di</strong>re<br />

videtur, atque naevis, quibus per tot saecula nimis fede scatuit, pror<strong>su</strong>s mundata: siquidem<br />

Recentiores omnia reiecerunt sophismata, verborumque laqueos, tyronum animos frustra<br />

irretientes, atque novam invexerunt methodum».<br />

1 Cfr. Supra, n.44.<br />

2 Cfr. Id. p. 262; cfr. anche G. GIMMA, Sylva I, p. 305: «Disse Ippocrate in Artis init. Mihi<br />

vero invenire aliquid eorum, quae nondum inventa <strong>su</strong>nt, quod ip<strong>su</strong>m notum, quam occultum<br />

esse videtur».<br />

3 Id., p. 263: «Accessere demum Academiae, et Collegia cum experimentalia, tum Me<strong>di</strong>ca,<br />

quorum labor eo collimat, ut valere omnino jussis verborum tricis, et sophismatum<br />

irreticulis, quibus Philosophia pene ad nugas devenerat; soli<strong>di</strong>orem doctrinam firment,<br />

atque in plana sen<strong>su</strong>um obiecta deducant, ut inquit Oldemburgius. Hujusmo<strong>di</strong> <strong>su</strong>nt Societas<br />

Regia in Anglia, alia Lon<strong>di</strong>nensis, Academia Curiosorum naturae in Germania,<br />

Lyncaeorum in Italia, et similes; quare in primis latrices stu<strong>di</strong>osae legenda sat <strong>su</strong>nt praeter<br />

opera virorum mox relatorum, Acta Philosophica Regiae Societ. in Anglia ab Henrico<br />

Oldemburgio conscripta: Acta Me<strong>di</strong>ca, et Philosophica Haffniensia a Thomae Bartholino<br />

publicata. Ephemerides Gallicae, quae liberalem rerum curiosarum cognitionem<br />

<strong>su</strong>ppe<strong>di</strong>tarunt: specimina exporimentorum naturalium in Academia del Cimento Florentiae<br />

factorum: Ephemerides Germanorum in sola Me<strong>di</strong>cina, illiusque filiis, et agnatis; et<br />

Bibliotheca Anatomica, seu potius recens in Anatomia inventorum thesaurus, quem una<br />

cum Daniele le Clerc <strong>di</strong>gessit, <strong>su</strong>pplevitque doctissimus noster Academicus Io: Iacobus<br />

Mangetus». Cfr. G. GIMMA, Sylva I, p. 11<br />

4 Id., p. 265: «Praeterea Recentiorum stu<strong>di</strong>o meden<strong>di</strong> ars ita cum Chymica est copulata,<br />

immo colligata ut si esset iterum separanda, nobili admodum membro mutila remanere, ut<br />

inquit Libavius».<br />

5 Ib.: «Quam tandem ob causam? Ut fidem <strong>su</strong>am liberaret, qua tempore Doctoratus Salerni,<br />

gratia <strong>su</strong>orum Me<strong>di</strong>cinae Antistitum peracti, promisit, quousque regetos, dum spiritus,<br />

artus, semper Peripateticam, et Galenicam tutari sententiam». E <strong>su</strong>bito dopo: «Simile<br />

quippiam effecit iis, qui terrarum orbem descripsisse, atque, eo nomine se Cosmographos<br />

au<strong>di</strong>re cupiunt, parvulo circulo descripto, atque in quatuor partes <strong>di</strong>viso; qui tamen neque<br />

magnitu<strong>di</strong>nem, neque figuram, neque Regionum fines; nedum maria, flumina, montes,<br />

Civitates, nevigan<strong>di</strong> normam, aut iter agen<strong>di</strong> canones in<strong>di</strong>cat».<br />

73


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

La conclusione è: «si tuam Trutinam ex Recentiorum sententia conscriptam,<br />

eorundem rationibus oppugnasset, <strong>di</strong>gnus esset aliqua laude» 1 .<br />

Il Ju<strong>di</strong>cium, tuttavia, va ben oltre la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Musitano. Gimma tocca temi<br />

presenti anche nelle Sylvae, ad esempio argomenta a favore della libertas<br />

philosophan<strong>di</strong>. Lì aveva ad esempio sostenuto che lo stesso Tommaso<br />

D’Aquino era da considerare un autentico antiaristotelico, per il quale il<br />

giuramento in verba magistri aveva avuto un carattere meramente<br />

strumentale mentre nutrito era l'elenco degli aristotelici accusati d’eresia 2 .<br />

Queste argomentazioni, Gimma curvava, nel Ju<strong>di</strong>cium, <strong>su</strong>l piano più<br />

specifico della me<strong>di</strong>cina e anche in questo ambito sottolineava la<br />

pericolosità e la falsità <strong>di</strong> un aristotelismo che aveva inquinato la Religione<br />

1 Id., p. 266.<br />

2 Cfr. Id., pp. 267-269; cfr. anche G. GIMMA, Sylva III, p. 52: «In Philosophia Aristotelica<br />

omnium <strong>su</strong>o tempore doctissimus, novitatem terminorum contra Theologorum<br />

con<strong>su</strong>etu<strong>di</strong>nem immiscens varios errores inducens publice condemnatus fuit. Gaspare<br />

Peucero per simil cagione fu carcerato nel Tribunale dell'Inquisizione. Filippo Melantone <strong>di</strong><br />

lui <strong>su</strong>ocero, ed emulatore nell'Eresia, e nell'Aristotelismo solea <strong>di</strong>re: Sè aver con<strong>su</strong>mata<br />

tutta la <strong>su</strong>a età nello stu<strong>di</strong>o della Dialettica d'Aristotile, e che se più {ltnga} lunga gli fosse,<br />

per essere, più breve, e corta sempre mai l'avrebbe giu<strong>di</strong>cata, tanto era il <strong>di</strong>letto, che ne<br />

ricevea. Fu così idolatra d'Aristotile, che una volta convenendogli allontanarsi dalla frase<br />

d'Aristotile, si scusò <strong>di</strong>cendo: Peto mihi veniam dari, si interdum ab Aristotelica phrasi<br />

<strong>di</strong>scessi, come si legge nella Prefazione al <strong>su</strong>o Trattato De Anima. Lo chiamò sempre<br />

Philosophum veritatis, e lo fe' <strong>di</strong> nuovo comparire nelle migliori stampe <strong>di</strong> Basilea, e<br />

parlando delle <strong>su</strong>e Opere <strong>di</strong>sse: Etsi autem quaedam praeclara scripta eius perierunt,<br />

tamen existimo, ea quae reliqua <strong>su</strong>nt, quae quidem in Scholis maxime <strong>su</strong>nt apta, <strong>di</strong>vinitus<br />

servata esse, ut posteritas rectius doceri possit». Cfr. G. GIMMA, Sylva III, p. 65: «avendo<br />

trovato S. Tommaso, e gli altri teologi <strong>di</strong> quella età, che la Filosofia <strong>di</strong> Aristotile per mezo<br />

degli Arabi regnava in tutte le Accademie furon costretti avvalersi <strong>di</strong> quei termini per<br />

esplicare, ed insegnare la Teologia. L'istesso afferma nelle <strong>su</strong>e Storie che se bene S.<br />

Tommaso si avvalse nella <strong>su</strong>a Somma contro i Gentili <strong>di</strong> Aristotile, e de' <strong>su</strong>oi seguaci, ciò<br />

fu nel modo, e termini Peripatetici, e non nelle cose de' medesimi; perché egli vivea nel<br />

secolo XIII nel quale era sorta in gran riputazione la Setta degli Arabi, i quali dominavano<br />

specialmente nell'Andalusia, ed aveano convertito Cordova in un'altra Atene. E con l'Opere<br />

<strong>di</strong> Averroe erasi risvegliata la Filosofia <strong>di</strong> Aristotile giacciuta sopita, e sepolta per<br />

lunghissimo tempo innanzi, e la insegnavano con metodo, e con sottigliezza, rifiutando con<br />

le ragioni Peripatetiche i misteri della Fede. Ed altrove <strong>di</strong>ce, che S. Tommaso <strong>di</strong>visò le <strong>su</strong>e<br />

questioni con termini Peripatetici affinché si fatte sentenze ritrovassero più amorevole<br />

albergo negli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> quei tempi». Gimma cita da Notizie, ed autorità cavate da una<br />

lettera <strong>di</strong> N. N. per li Diputati della Città <strong>di</strong> Napoli al Papa, intorno al proce<strong>di</strong>mento del<br />

Santo Uficio nella detta Città, nella quale si <strong>di</strong>fende la Filosofia Moderna, e si biasima<br />

l’Aristotelica. È un Volume in 4° <strong>di</strong> fogli sino alla segnatura Ff senza principio, e senza<br />

fine. L’Autore è Giuseppe Valletta, <strong>su</strong>lla presenza <strong>di</strong> Valletta in Sylva III, cfr. G.<br />

BELGIOIOSO, Premessa…, cit..<br />

74


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Cattolica 1 .Nel caso <strong>di</strong> De Martino, poi, rilevava una infedeltà al vero dettato<br />

<strong>di</strong> Galeno il quale aveva scritto: «Si Galenicus est, juravitque in verba<br />

Magistri, a quo tanquam equus capistro retinetur, cur non Galeni ipsius <strong>di</strong>cto<br />

est au<strong>di</strong>ens, scribentis: quod semper <strong>di</strong>co, etiam nunc proloquor: nimirum<br />

per<strong>su</strong>asim me habere, quod <strong>di</strong>fficillimum sit a veritatem revocare eos, qui<br />

sectae alicujus servituti se ad<strong>di</strong>xerunt. Verum qui prudentes <strong>su</strong>nt, simulque<br />

veritatem syncere amant, eos spero custo<strong>di</strong>turos esse ea, quae veluti<br />

ju<strong>di</strong>can<strong>di</strong> instrumenta nobis a natura data <strong>su</strong>nt, ad actionum vitae<br />

cognitionem, experientiam <strong>di</strong>co, et rationem» 2 , mentre lo stesso Cardano,<br />

«non Me<strong>di</strong>corum infimus in schola veterum», invitava a non accettare<br />

acriticamente tutto quanto viene attribuito a Galeno, e Aristotele 3 .<br />

1 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., pp. 266-267.<br />

2 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., p. 270. Cfr. G. GIMMA, Sylva I, p. 96-97:<br />

«Quod semper <strong>di</strong>co etiam nunc proloquor, nimirum per<strong>su</strong>a<strong>su</strong>m me habere, quod<br />

<strong>di</strong>fficillimum sit ad veritatem revocare eos, qui sectae alicuius servituti se ad<strong>di</strong>xerunt.<br />

Verum qui prudentes <strong>su</strong>nt, simulque veritatem syncere amant, eos spero custo<strong>di</strong>turos esse<br />

ea, quae veluti in<strong>di</strong>can<strong>di</strong> instrumenta nobis a natura data <strong>su</strong>nt, ad actionum vitae<br />

cognitionem, experientiam <strong>di</strong>co, et rationem: Galenus, De compositione me<strong>di</strong>camentorum<br />

localium lib. 8 cap. 1».<br />

3 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., p. 270., pp. 271-272: Cardano «haec scripsit<br />

Maxime quoddam hominum genus aversari debemus, qui nos Aristotele, et Galeno jubent<br />

esse contentos: totamque machinam hanc, totque arcana sapientiae duorum hominum qui<br />

nec se totos stu<strong>di</strong>is <strong>di</strong>sciplunarum tra<strong>di</strong>derunt, arbitrio committunt. Rem sane intolerandam,<br />

et mortalium generi perniciosissimum. Et inferius. Magis <strong>di</strong>ligunt existimationem, et<br />

pecuniolas, quam veritatem; magis timent <strong>su</strong>perari, aut mutare sententiam, quam falsa<br />

credere, et docere, et pes<strong>su</strong>ndare sapientiam, et mortalium commoda. Videas quam parum<br />

doctrinae hae duae adeo cultae. A<strong>di</strong>o splen<strong>di</strong>dae, cum tot praemiis, professoribus ad<strong>di</strong>tis,<br />

creverint: ne <strong>di</strong>cam imminutas esse, ut illorum aetate ad hanc usque cum Geometria, et<br />

Astronomia longe commo<strong>di</strong>s humanis minus aptae, nullis praemiis, aut favoribus<br />

Principum adjutae, ferme ad culmen humani ingenii aucate sint. Quae horum causa? Nisi<br />

pervicacia, pertinacia, impudentiaque professorum, et expositorum, qui cum duos homines,<br />

duos faciant Deos, et vera, ex aequo tuentur: et ea, quae ne somniarunt quidem, mor<strong>di</strong>cus<br />

tenent illos <strong>di</strong>xisse: et in quibus errasse convincuntur, ipsa potius megare experimenta,<br />

quam illorum fateri ignorantiam. Sic facum est, ut etiam in eisdem haereamus, in quibus<br />

etiam illorum aetate homines haerebant: nec tot annorum cur<strong>su</strong>m quicquam profuisse<br />

putemus ad detegenda naturae arcana; sic vix retinemus impressionis, et bellicarum<br />

machinarum, et acus navigan<strong>di</strong> u<strong>su</strong>m: atque id merito, quod in homines Philosophiae<br />

ignaros inciderunt. Nam existimo, si cura etiam horum cuipiam Philosopho demandata<br />

esset, perdenda potius fuisse, quam perdendum iniquum dogma. At ista ob evidenem<br />

utilitatem, et maximam, ab i<strong>di</strong>otis servata <strong>su</strong>nt: quanta vero perierunt ab his infi<strong>di</strong>s<br />

Peripateticis? Alia etiam Galenicis Me<strong>di</strong>cis commissa, quod non adeo utilia usibus<br />

hominum viderentur, nec commissa i<strong>di</strong>otarum custo<strong>di</strong>ae: Adhuc <strong>di</strong>sceptant, an necesse sit<br />

semen foeminae ad generationem concurrere: ita fit, ut necesse sit semen foeminae in<br />

generatione foetus concurrere, et non sit necesse. O pulchrum dogma, et <strong>di</strong>gnum talibus<br />

auctoribus, ac tanta sapientia, etc.».<br />

75


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Il resto del Ju<strong>di</strong>cium è cronistoria, il libro <strong>di</strong> Musitano era già stato<br />

sottoposto al giu<strong>di</strong>zio della commissione della Società degli Incuriosi 1 .<br />

Gaetano Tremigliozzi, «concivem nostrum, qui scripsit alias pro<br />

Recentioribus», si occuperà della <strong>su</strong>a <strong>di</strong>fesa, in nome dell’intera accademia 2 .<br />

IL Ju<strong>di</strong>cium mostra in Gimma una matura consapevolezza epistemologica<br />

per quanto attiene al modello <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina sperimentale. Quando avrà<br />

perfezionato la tecnica della sperimentazione, la me<strong>di</strong>cina, a giu<strong>di</strong>zio<br />

dell'abate, potrà anzi favorire un vasto movimento <strong>di</strong> riforma dell'intera<br />

filosofia sperimentale. Gimma in<strong>di</strong>vidua le linee <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> questa<br />

filosofia sia in Italia sia nel resto d’Europa e, ovunque, essa gli appare<br />

strettamente connessa ai progressi della me<strong>di</strong>cina 3 . La me<strong>di</strong>cina deve quin<strong>di</strong><br />

essere antidogmatica e non proporsi il raggiungimento della verità, in<br />

quanto quest'ultima non appartiene all’uomo. Questa prospettiva, nelle<br />

opere <strong>su</strong>ccessive <strong>di</strong> Gimma, verrà approfon<strong>di</strong>ta, in particolare il rapporto fra<br />

‘storia’ e ‘scienza’, insieme al tema delle ‘favole’, <strong>di</strong>verrà un tema portante<br />

della <strong>su</strong>a riflessione, dove la storia <strong>di</strong>venta sì il luogo dell’errore, e in un<br />

certo senso la madre delle favole, ma anche, il farmaco della malattia,<br />

perché, se adeguatamente stu<strong>di</strong>ata, permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>rimere le questioni con<br />

<strong>su</strong>fficiente chiarezza, e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le proposte valide che ci vengono<br />

dagli antichi non meno che dai moderni.<br />

La Nuova Staffetta, comunque, non si conclude con il Ju<strong>di</strong>cium <strong>di</strong> Gimma.<br />

Nella finzione <strong>di</strong> Tremigliozzi, alla fine della lettura della lettera dell’abate<br />

carmelitano, un silenzio ammirato si <strong>di</strong>ffonde nell’assemblea, mentre<br />

Apollo approva il <strong>su</strong>ggerimento <strong>di</strong> Gimma, a Musitano <strong>di</strong> non rispondere<br />

alle critiche mossegli da De Martino 4 . La Nuova Staffetta si conclude<br />

affrontando due problematiche più generali: il rapporto tra filosofia e<br />

1 Id., p. 282: «Ego sane antequam librum a te reciperem, eum quorundam Academicorum<br />

examini istic <strong>su</strong>bjeci; putabam enim non abs re futurum, si praestantissimus, atque<br />

doctissimus socius, ab universa Societate (cuius in primis est tae famae con<strong>su</strong>ltum velle)<br />

defenderetur; verum re perpensa, opereque Martiniano perlecto, illud Academica cen<strong>su</strong>ra<br />

in<strong>di</strong>gnum cen<strong>su</strong>imus». La commissione che aveva esaminato l’opera <strong>di</strong> Musitano era<br />

composta da G. Gimma stesso, da G. Tremigliozzi, C. Carafa, A. Core, G. B. Notarangelo.<br />

2 Id., pp. 283-284.<br />

3 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., pp. 262-263. Cfr. Sylva I, p. 111. Cfr. anche,<br />

Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica…, cit., t. I, Epistola invitatoria ad celeberrimos<br />

Europae me<strong>di</strong>cos. Vire Magnifici, Amplissimi, Nobilissimi, Excellentissimi, Experientissimi<br />

Me<strong>di</strong>cinae scrutatores naturalium arcanorum solertissimi, pp. 1-8.<br />

4 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. 288.<br />

76


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

me<strong>di</strong>cina e il valore del sapere enciclope<strong>di</strong>co. In tutt'e due i casi l'operetta va<br />

ben oltre l'occasione della polemica De Martino-Musitano. La prima<br />

questione viene introdotta per bocca <strong>di</strong> Gabriele Fontana, autore della<br />

Me<strong>di</strong>cina anti-ferneliana. Quest'ultimo, con occhio livido, e «con voce sì<br />

acuta, che sembrava l’istessa invi<strong>di</strong>a», si fa avanti e così comincia a parlare:<br />

«Sire, qual giu<strong>di</strong>zio sincero può dar questo Gimma delle cose della<br />

Me<strong>di</strong>cina, non essendo egli me<strong>di</strong>co? Quod Me<strong>di</strong>corum est, promittunt<br />

Me<strong>di</strong>ci; tractant fabrilia fabri: cantò Orazio. Altro è parlar Me<strong>di</strong>cè, altro è<br />

parlar philosophicè; come appunto <strong>di</strong>cea l’Auttor del Corriero<br />

Straor<strong>di</strong>nario; onde può restar egli facilmente ingannato» 1 . È Giusto Lipsio,<br />

<strong>su</strong>ccessore <strong>di</strong> Galeno che «tenea la Cattedra <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina in Parnasso» 2 , a<br />

rispondere, ritenendosi personalmente oltraggiato da «tal proposta; quasi<br />

che la <strong>di</strong>fficoltà fatta dal Fontano contro se stesso applicar si potesse»,<br />

perché pur non essendo me<strong>di</strong>co pure insegnava la me<strong>di</strong>cina nel Parnaso, e<br />

«così l’interruppe. Dunque avran solo i Me<strong>di</strong>ci la cognizione della loro Arte,<br />

ed io, che Me<strong>di</strong>co non sono, sarò inabile a sostenere la carica dalla Maestà<br />

Sua conferitami? Dunque il filosofare non appartiene, se non a colui, ch’è<br />

Me<strong>di</strong>co? Dunque un professore d’una scienza, ha da inceppare il proprio<br />

intelletto alla cognizione d’una sola dottrina, senza passare i limiti della<br />

medesima? E chi mai t’insegnò sciocchezza simile?» 3 Sono, secondo Giusto<br />

Lipsio, le Scienze, e le Arti tra loro, come tanti membri, atti a formare un<br />

corpo, «e ben lo conobbe il Principe dell’eloquenza Latina, quando avvertì il<br />

<strong>su</strong>o Oratore, che Omnis ingenuarum, et humanarum artium doctrina uno<br />

quodam societatis vinculo continetur. Qual’è [sic!] quella scienza, o<br />

quell’arte, che delle altre non tenga il bisogno?» 4 Quali siano le conoscenze<br />

necessarie al me<strong>di</strong>co «poco fa l’au<strong>di</strong>sti nel Giu<strong>di</strong>zio Martiniano […]. Né<br />

posso io <strong>di</strong>mostrarti questa necessità <strong>di</strong> saper tutto, con farti il Catalogo <strong>di</strong><br />

tutte le professioni. Sapientia est rerum <strong>di</strong>vinarum, et humanarum cognitio;<br />

è <strong>di</strong>ffinizione comune, uscita dall’Accademia <strong>di</strong> Platone» 5 .<br />

1 Ib.<br />

2 Id., p. 289.<br />

3 Id., pp. 289-291.<br />

4 Id., p. 291: «Prende il Teologo molte cose dalla Filosofia; e giova l’Aritmetica, e la<br />

Geometria a capire molti misteri della Sagra Scrittura».<br />

5 Ib. E <strong>su</strong>bito dopo fa notare: «Se ad Apelle non fosse mancata la cognizione<br />

dell’Agricoltura, non si avrebbe u<strong>di</strong>to la cen<strong>su</strong>ra <strong>di</strong> un villano, per avere mal <strong>di</strong>pinta una<br />

spiga del grano».<br />

77


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

Concetto questo che viene sottolineato attraverso <strong>su</strong>ccessivi exempla:<br />

Senti che cosa ti rinfaccierebbe quel secondo Tullio ne’ Rostri Romani,<br />

Marcantonio Mureto, che deplora l’abuso ne’ <strong>su</strong>oi tempi introdotto: Stulti<br />

adolescentes Latinae linguae vix primis elementis utcumque perceptis, Graeca ne<br />

salutata quidem, aut statim valere iussa, ad Iurisprudentiam, aut ad meden<strong>di</strong> artem<br />

properant; illic tantum gloriae, illic <strong>di</strong>vitarum certissimam spem propositam <strong>di</strong>cti<br />

antes. Stultiores liberis patres ultro adjurvant praepoperam, et incon<strong>su</strong>ltam filiorum<br />

cupi<strong>di</strong>tatem; quasi verentes, ne quando penuria sit in Civitate hominum, qui aut<br />

lites, aut morbos serant, et aut aegrotos reme<strong>di</strong>is, aut formulis, ac cautionibus<br />

patrimonia jugulent 1 .<br />

E lo stesso Cornelio Celso, tanto celebre proprio fra i galenici<br />

avendo scritto gli otto elegantissimi libri De re Me<strong>di</strong>ca, non dovea scrivere <strong>di</strong><br />

Rettorica, delle cose militari, e delle altre professioni, come scrisse, leggendosi, che<br />

nullum pene <strong>di</strong>sciplinae genus intactum reliquit? Il tuo tanto lodato Aristotele non<br />

dovea forse pubblicar tanti libbri, de’ quali vien creduto Auttore, per esser’egli<br />

Filosofo? 2<br />

Quello stesso Aristotile, «che vien tanto da’ Moderni contrastato nelle cose<br />

Filosofiche; vien da’ medesimi fatto giu<strong>di</strong>ce nelle materie de’ Poeti, e degli<br />

Oratori; e ben si sia, ch’egli giammai fosse stato Poeta» 3 . Egli<br />

evidentemente «scrisse bene <strong>di</strong> Poetica; perché seppe ben’osservare le opere<br />

<strong>di</strong> colui, che <strong>di</strong>ede il lume alla Poesia Greca», cioè Omero, né «già il<br />

Lavagna, auttore del Corriero Straor<strong>di</strong>nario fu Me<strong>di</strong>co. Ed oh quanti san<br />

più <strong>di</strong>scorrere della Me<strong>di</strong>cina, che i Me<strong>di</strong>ci stessi. Volesse il Cielo, che tanto<br />

i Me<strong>di</strong>ci sapessero, quanto altri ne sanno della professione <strong>di</strong> essi. Ma a che<br />

vado io <strong>di</strong>longandomi co gli esempi? Posso ben tenere la Cattedra della<br />

Me<strong>di</strong>cina, e può Gimma dar giu<strong>di</strong>zio delle materie de’ Me<strong>di</strong>ci, e del volume<br />

del tuo Collega Martino; può essere arbitro della tua professione; non solo<br />

come scrittore <strong>di</strong> tutte le Arti Me<strong>di</strong>che; ma <strong>di</strong> tutto l’intiero circolo delle<br />

scienze da lui chiamato Encyclopae<strong>di</strong>a, la quale (tralasciando gli altri <strong>su</strong>oi<br />

libri in altre materie) <strong>di</strong>visa in sette gran volumi latini, quasi una Biblioteca<br />

portatile, come da alcuni vien detta, servirà per Giar<strong>di</strong>no scientifico; in cui<br />

1 Id., pp. 293-294.<br />

2 Id., p. 295.<br />

3 Ib.<br />

78


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

le api degl’ingegni potran cogliere con sazietà il mele [sic!] d’ogni uman<br />

sapere; non essendovi trattato, che lo passi in silenzio: non quistione utile,<br />

che non la sciolga: non arte, che non l’accresca <strong>di</strong> novità scientifiche; e non<br />

dottrina, che non la chiami ad esame, professando quel Nullius ad<strong>di</strong>ctus<br />

jurare in verba Magistri» 1 .<br />

Il cenno alla Nova Encyclopae<strong>di</strong>a è rilevante anzitutto perché è una riprova,<br />

sia pure in<strong>di</strong>retta, della fama della monumentale opera in sette volumi, quasi<br />

una biblioteca portatile appunto, dell’ancor giovane abate barese 2 ; inoltre,<br />

essa viene presentata come un’opera che si inscrive, pur con l’ambizione <strong>di</strong><br />

costituire una <strong>su</strong>mma delle conoscenze dell’epoca, nella tra<strong>di</strong>zione<br />

sperimentale dei moderni, se non altro proprio per quella <strong>di</strong>chiarazione,<br />

nullius jurare in verba magistri, che era <strong>di</strong>ventato il manifesto dei<br />

novatores 3 . Questo conferma il giu<strong>di</strong>zio che Vasoli dà degli interessi <strong>di</strong><br />

Gimma 4 , che negli anni <strong>su</strong>ccessivi si definiranno e si volgeranno con<br />

1 Id., pp. 295-297.<br />

2 Secondo quanto viene <strong>di</strong>chiarato nel manoscritto in possesso della Biblioteca Nazionale <strong>di</strong><br />

Bari, Autobiografia <strong>di</strong> NN…, cit., e forse servito come fonte alla vita <strong>di</strong> Gimma scritta da<br />

Mauro<strong>di</strong>noja, la ste<strong>su</strong>ra della Nova Encyclopae<strong>di</strong>a è iniziata il 7 aprile 1692 «giorno <strong>di</strong> S.<br />

Tommaso, [in cui] cominciò a comporre l’Enciclope<strong>di</strong>a», all’età quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> ventiquattro<br />

anni.<br />

3 Cfr. anche, Praemissa, Historia <strong>su</strong>ccinta et brevis ortus et progres<strong>su</strong>s S. R. Imp.<br />

Academiae Naturae Curiosorum, in Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica…, cit., t. II,<br />

pagine non numerate all’inizio del volume, ma in<strong>di</strong>cate con le lettere da d a i; a ogni lettera<br />

spettano quattro fogli recto verso, alle pagine d r. / v., c’è il riconoscimento della funzione<br />

<strong>di</strong> Bacon, la descrizione delle insegne della Royal Society e la citazione del testo <strong>di</strong> Thomas<br />

Sprat, che riproduce nel frontespizio lo stemma della Royal Society e porta anche il motto:<br />

Nullius in verba. Che Gimma conoscesse da tempo le Effemeri<strong>di</strong> dell’accademia dei<br />

Curiosi <strong>di</strong> Germania viene testimoniato da Prolegomena, De sapientiae definitione, eiusque<br />

sectatoribus. Cap. 3, Art. 5. De Platonicorum, et Academicorum sectis, in Nova […]<br />

Encyclopae<strong>di</strong>a…, cit., fol. 12 r.: «Marsilius Ficinus Canonicus Florentinus, clarissimus<br />

Platonis operum interpres. Hic Platonis eiusdem imaginem in cubiculo habebat, et ante<br />

eandem <strong>di</strong>es, noctesque lampadem ardentem perpetuo <strong>su</strong>spendebat […] ut legitur in anno<br />

quinto Ephem. Germanicar», passo che corrisponde perfettamente alla p. 18 <strong>di</strong> Sylva I.<br />

4 C. VASOLI, L’abate Gimma e la ‘Nova Encyclopae<strong>di</strong>a’..., cit., p. 825: «Non occorre,<br />

credo, insistere più oltre per notare come il Gimma intenda definire, con piena<br />

consapevolezza storica e critica, tutta una situazione culturale particolarmente legata certo<br />

ai <strong>su</strong>oi primi interessi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> cose me<strong>di</strong>che e, in genere, all’ambiente napoletano in<br />

cui ha me<strong>di</strong>tato e composto l’Encyclopae<strong>di</strong>a, ma che in<strong>di</strong>ca pure una delle <strong>di</strong>rezioni<br />

feconde della scienza seicentesca»; Gimma, che «identifica largamente il pensiero dei<br />

‘recentiores’ con la ‘philosophia atomistica et chymica’ non ha, del resto, alcun dubbio<br />

<strong>su</strong>ll’efficacia, importanza, utilità generale della nuova chimica scientifica […] la cui<br />

conoscenza è, quin<strong>di</strong>, in<strong>di</strong>spensabile a tutti i me<strong>di</strong>ci ai quali insegna a separare le<br />

‘corporum particulas’, a <strong>di</strong>stinguere le proprietà inerenti alla stessa sostanza». Secondo<br />

Vasoli, questa arte me<strong>di</strong>ca è il modello e il prototipo della magia proba.<br />

79


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

decisione verso una decisa critica delle favole che ammorbano le teorie della<br />

generazione dei viventi, da una parte, e un’analisi della teoria harvejana<br />

dell’omnia ex ovo, dall’altra 1 .<br />

Indubbiamente, il tentativo <strong>di</strong> Gimma <strong>di</strong> reperire all’interno della tra<strong>di</strong>zione<br />

il filone della ricerca e della sperimentazione, per presentarla come la parte<br />

più viva della scienza me<strong>di</strong>ca – e delle scienze in generale – sia del passato,<br />

che del presente, non era una novità. Ora, però, quell’aspetto<br />

particolarmente fecondo della scienza me<strong>di</strong>ca veniva qualificato come<br />

caratteristica peculiare degli sforzi e delle ricerche <strong>di</strong> Musitano e dei <strong>su</strong>oi<br />

maestri e amici. La me<strong>di</strong>cina, proprio come le altre scienze e arti, nel corso<br />

del proprio secolare cammino, ha abbandonato definitivamente le favole, i<br />

sofismi e gli errori cui avevano prestato fede gli antichi. La tra<strong>di</strong>zione va<br />

accettata criticamente, essa è un patrimonio necessariamente incompleto <strong>di</strong><br />

continui tentativi, considerata dunque nel segno <strong>di</strong> un concetto della verità<br />

concepita come un processo <strong>di</strong> progressiva acquisizione conoscitiva, una<br />

verità mai raggiunta e impossibile da raggiungere nella <strong>su</strong>a pienezza 2 .<br />

De Martino, schiacciato probabilmente dall’intensità della reazione, non<br />

rispose agli attacchi, né lo fece nes<strong>su</strong>n altro ‘galenista’.<br />

L’importanza che ha rivestito questa <strong>di</strong>sputa per l’attività dell’Accademia <strong>di</strong><br />

Rossano, oltre che per Gimma, traspare dalla minuziosa ricostruzione della<br />

polemica Musitano–De Martino che qualche anno più tar<strong>di</strong> comparirà nella<br />

«Galleria <strong>di</strong> Minerva» 3 . Gli autori <strong>di</strong> questa ricostruzione rimarranno ignoti,<br />

1 L’Articolo V, in Giornale de’ letterati d’Italia tomo ventesimoprimo. Anno MDCCXV<br />

sotto la protezione del Serenissimo Gio. Gastone, Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia,<br />

MDCCXV, appresso Gio. Gabbriello Ertz, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, e con privilegio anche<br />

<strong>di</strong> N. S. Papa Clemente XI, p. 176, nella seconda parte della recensione al primo volume<br />

delle Dissertationes academicae…, ricorda che Gimma nello Ju<strong>di</strong>cium ha accennato<br />

soltanto alla questione, de<strong>di</strong>cando i <strong>su</strong>ccessivi anni allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> essa.<br />

2 Cfr. M. CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo…, cit., p. 183.<br />

3 Galleria <strong>di</strong> Minerva, in Venetia, MDCCVII, vol. V, pp. 35-326. Nello stesso volume<br />

compaiono due scritti <strong>di</strong> Gimma, in forma <strong>di</strong> epistole inviate ad A. Magliabechi (Intorno<br />

l’uso <strong>di</strong> quel che nella Meccanica è chiamato Vectis tertii generis, come alla medesima<br />

necessario, ritrovato dal Sig. D. Girolamo Locatelli, Lettore <strong>di</strong> Matematica negli Stu<strong>di</strong><br />

Regi <strong>di</strong> Napoli, pp. 264-265), e a A. Vallisnieri (All’Illustrissimo Signor Antonio Vallisneri<br />

Profess. Publ. <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>c. Pratica nell’Università <strong>di</strong> Padova, Nobilissimo Accademico della<br />

Società Regia <strong>di</strong> Londra, etc. lettera del Dottore Signor D. Giacinto Gimma Canonico della<br />

Chiesa Metropolitana <strong>di</strong> Bari, Avvocato Straor<strong>di</strong>nario della Fedelissima Città <strong>di</strong> Napoli,<br />

Promotore della Società Rossanese, etc. In cui gli comunica la <strong>su</strong>a Opinione intorno la<br />

vanità della Metoposcopia, e della Chiromanzia tanto Astrologiche, quanto Fisiche, e <strong>di</strong><br />

tutte le altre Dottrine <strong>di</strong>vinatorie anche naturali col mezo della Notomia, contro la<br />

80


Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />

ma la conoscenza della vicenda è così profonda che non si può escludere<br />

che a scriverla siano stati lo stesso Gimma, o Tremigliozzi. Il recensore,<br />

chiunque egli sia, rende comunque una fedelissima sintesi dell’azione<br />

proces<strong>su</strong>ale che si svolge nel tribunale parnassiano e de<strong>di</strong>ca un cenno<br />

particolare al Ju<strong>di</strong>cium e alla Corona Poetica <strong>di</strong> scherzi eru<strong>di</strong>ti al Martino,<br />

il cui autore era sempre Gimma.<br />

Ora che la vicenda è definitivamente chiusa, si può comprendere come la<br />

polemica avesse favorito anzitutto la visibilità delle attività scientifiche dei<br />

soci dell’Accademia e avesse reso esplicito l’orientamento 'sperimentale'<br />

as<strong>su</strong>nto dall’istituzione, in <strong>di</strong>fesa della nuova me<strong>di</strong>cina e della nuova<br />

filosofia.<br />

commune sentenza de’ Professori <strong>di</strong> esse, pp. 311-317), oltre ad un dettagliatissimo<br />

resoconto dei due volumi <strong>di</strong> Elogi accademici <strong>di</strong> Gimma.<br />

81


82<br />

Capitolo 2.<br />

Eru<strong>di</strong>zione e storia: «Non tutti amano il buon genio del secolo».<br />

In una lettera, in<strong>di</strong>rizzata a Giovanni Giuseppe Orsi, Gimma scrive: «Dal<br />

gentilissimo Signor Muratori mi fu riferito aver letti i miei Elogi, ed avergli<br />

ricevuti dalle <strong>su</strong>e mani, e che altresi venivano compatite le mie fatiche, non<br />

per altra ragione in uno stesso tempo composte e pubblicate, che per lo solo<br />

impegno, a cui volle tirarmi un’emulo» 1 . A chi si riferisca Gimma con la<br />

qualifica <strong>di</strong> ‘emulo’ non è possibile <strong>di</strong>re; probabilmente è una formula<br />

retorica, atta a giustificare la pubblicazione dei due volumi <strong>di</strong> Elogi<br />

accademici. Quest’opera, nelle intenzioni dell’autore, doveva rispondere a<br />

una duplice esigenza: anzitutto presentare l’Accademia <strong>di</strong> Rossano alla<br />

Repubblica delle Lettere. Le vicende legate all’affaire Musitano, infatti,<br />

avevano permesso agli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano <strong>di</strong> acquistare una visibilità che,<br />

tuttavia, irrime<strong>di</strong>abilmente legata ad una polemica, rimaneva limitata al solo<br />

ambito napoletano. L’Accademia, invece, nelle intenzioni dell’abate,<br />

avrebbe dovuto as<strong>su</strong>mere un ruolo centrale, attraverso una rete <strong>di</strong> scambi e<br />

rapporti, anche fuori dell’Italia meri<strong>di</strong>onale. In secondo luogo, gli Elogi<br />

dovevano presentare Gimma medesimo come l’interlocutore più idoneo,<br />

nell’Italia meri<strong>di</strong>onale, ad avviare proficui rapporti scientifici con i più<br />

importanti letterati italiani.<br />

In questa prospettiva va letta la corrispondenza che Giacinto Gimma avvia<br />

con Antonio Vallisneri e con l’ambiente veneto negli anni <strong>su</strong>ccessivi alla<br />

pubblicazione della Nuova Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi. Il controverso rapporto<br />

con il grande scienziato, testimoniato dalle lettere che ci sono pervenute 2 ,<br />

1 Lettera al Marchese Giovan Giuseppe Orsi. Ms. B 24 della Biblioteca dell’Archiginnasio<br />

<strong>di</strong> Bologna. A. SORBELLI, Inventari dei Manoscritti delle Biblioteche d’Italia, opera<br />

fondata dal Prof. Giuseppe Mazzatinti, vol. LIII, Bologna, Firenze, Olschki, 1933, p. 42,<br />

in<strong>di</strong>ca questa lettera con il numero 177; dopo il restauro la carta reca il numero 179, mentre<br />

l’in<strong>di</strong>ce manoscritto posto all’inizio del volume la in<strong>di</strong>ca come 182 e <strong>su</strong>lla lettera, accanto<br />

alla segnatura 179, si leggono, depennate, anche 182 e 178. La lettera comunque si trova a<br />

carta 360. Le segnature delle pagine sono a matita.<br />

2 Cfr. A. JURILLI, L’enigma, la confessione, il volo: ‘lettere’ sommerse fra Sei e Novecento,<br />

a cura <strong>di</strong> Giorgio Baroni, Ed. Otto/Novecento, 1992. Il primo contatto, in<strong>di</strong>retto, con


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

permette a Gimma <strong>di</strong> varcare i confini del Regno <strong>di</strong> Napoli 1 . Secondo un<br />

recente interprete, del resto, vanno ri<strong>di</strong>mensionati i rapporti <strong>di</strong> Gimma con<br />

l’ambiente degli Investiganti: «Non ri<strong>su</strong>ltano particolari rapporti fra il<br />

Gimma e gli Investiganti napoletani anche se l’abate barese non manca <strong>di</strong><br />

lodare in molti luoghi della <strong>su</strong>a opera l’audacia scientifica dei novatori<br />

napoletani» 2 . Giu<strong>di</strong>zio solo in parte con<strong>di</strong>visibile, come vedremo più avanti<br />

analizzando gli Elogi accademici. Comunque sia Gimma, attraverso<br />

Vallisneri, intende stabilire un forte e articolato collegamento con lo<br />

‘sperimentalismo’ patavino e con le più avanzate iniziative culturali ed<br />

e<strong>di</strong>toriali del tempo attivate a Venezia. Iniziative queste che si intrecciano<br />

con quelle della riforma dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano e con un’oculata<br />

attenzione e selezione degli iscritti, spesso presenti in altre accademie.<br />

Anche in tal modo, l’abate crea significativi legami istituzionali 3 . Anche<br />

Vallisneri può forse essere fatto risalire al 1704. Il 24 novembre <strong>di</strong> quell’anno infatti,<br />

Apostolo Zeno scrive a Vallisneri: «a proposito <strong>di</strong> accademie, ora v’è in grido quella degli<br />

Spensierati <strong>di</strong> Rossano, della quale è promotore perpetuo l’abate Gimma. Questi ha già<br />

pubblicati due grossi tomi <strong>di</strong> Elogi, che contengono le memorie <strong>di</strong> molti de’ <strong>su</strong>oi<br />

accademici. Sta ora scrivendo sopra del terzo, nel quale vi saranno li signori Orsi,<br />

Ramazzini, Muratori, […] a me pure la <strong>di</strong> lui gentilezza ha voluto darvi un posto, e però me<br />

ne ha richieste notizie con abbozzo del mio ritratto. Ora egli mi fa istanza che avendo alcun<br />

amico in Italia eru<strong>di</strong>to, da me giu<strong>di</strong>cato degno <strong>di</strong> entrare fra gli encomiati, glielo proponga.<br />

Quando ciò non vi spiaccia, ho gittati gli sguar<strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> voi, e dovendogli scriver per<br />

sabbato, avvisatemi liberamente, se in ciò volete che io vi serva» (cfr. A. ZENO, Lettere, 3<br />

voll. Venezia, P. Valvasense, 1752, p. 101). Le incomprensioni fra Gimma e lo scienziato<br />

patavino sono testimoniate dallo stesso Zeno che scrive a Vallisneri il 17 aprile 1712: «mi<br />

rallegro […] voglio <strong>di</strong>re, che abbiate uno sciocco avversario, qual è quell’abate Gimma.<br />

Sarà bene, che m’informiate d’ogni cosa; e che mi facciate vedere ciò che ha stampato o<br />

scritto contro <strong>di</strong> voi. Io no sono all’oscuro» (id., p. 199), e ancora pochi giorni dopo, 26<br />

aprile 1712: «del Gimma non fate punto caso. Egli è un pazzo solennissimo» (id., p. 304).<br />

1 A. JURILLI, L’enigma, la confessione, il volo…, cit., p. 46: «i mo<strong>di</strong> e i contenuti delle<br />

missive del Gimma al Vallisnieri (le uniche, insieme ad una sola minuta <strong>di</strong> responsiva del<br />

naturalista, che oggi documentino lo scambio epistolare), sottintendono, da parte del<br />

mittente, una più complessa strategia, solo in parte omologabile a quella comune dello<br />

scambio <strong>di</strong> informazioni letterarie, o a quella che trasferisce nel genere epistolare le forme e<br />

i meto<strong>di</strong> della <strong>di</strong>sputa scientifica; e invece costantemente preoccupata <strong>di</strong> tessere e<br />

consolidare le trame <strong>di</strong> un ambìto rapporto con un centro avanzato <strong>di</strong> cultura scientifica e <strong>di</strong><br />

prosperità e<strong>di</strong>toriale, nella prospettiva, coltivata da Gimma, <strong>di</strong> vedere legittimate, non senza<br />

velleità utopistiche, le <strong>su</strong>e aspirazioni, e quelle <strong>di</strong> una parte della società colta meri<strong>di</strong>onale,<br />

ad una rifondazine ab imis del loro statuto intellettuale».<br />

2 Id., p. 47.<br />

3 Id., p. 68. Nella prima lettera a Vallisneri, l’abate scrive che Crescimbeni «letterato assai<br />

noto e custode della Romana Accademia d’Arca<strong>di</strong>a […], per favorirmi, mi ha tosto fatto<br />

seguire l’aggregazione alla medesima, come stimo che n’avrà ricevuto il <strong>di</strong>spaccio<br />

accademico; il che anche era seguito al signor Ramazzini, avendo a caro lo stesso signor<br />

83


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Giovanni Mario Crescimbeni portava avanti un progetto simile. In questa<br />

prospettiva aveva proposto a Gimma una coiscrizione <strong>di</strong> Spensierati e<br />

Arca<strong>di</strong> alle rispettive accademie e aveva sollecitato una iscrizione <strong>di</strong><br />

quest’ultimo all’Arca<strong>di</strong>a, a cui l’abate aderisce in effetti nel 1702 con il<br />

nome <strong>di</strong> Liredo Messoleo 1 . Si può intravedere una volontà <strong>di</strong> mettere<br />

insieme le esperienze, attraverso comuni strategie, delle <strong>di</strong>verse accademie<br />

che operano <strong>su</strong>l <strong>su</strong>olo italiano. Negli anni in cui pubblica i <strong>su</strong>oi Elogi<br />

accademici, Gimma non intreccia rapporti con il solo Vallisneri. Anzi è<br />

proprio per il tramite <strong>di</strong> Crescimbeni, che egli entra in contatto anche con<br />

Giovanni Giuseppe Orsi, autore delle celebri Considerazioni sopra un<br />

famoso libro francese, dura replica al libro <strong>di</strong> Dominique Bouhours, La<br />

manière de bien penser 2 , e con Angelo Marchetti, figlio del noto traduttore<br />

<strong>di</strong> Lucrezio 3 . Anche con questi ultimi cerca <strong>di</strong> avviare una collaborazione<br />

proficua, nell’interesse anche <strong>su</strong>a Accademia 4 .<br />

Di fatto, il primo contatto <strong>di</strong> Gimma con Vallisneri avviene a <strong>di</strong>eci anni<br />

dall’as<strong>su</strong>nzione della carica <strong>di</strong> Promotore Censore degli Incuriosi <strong>di</strong><br />

Rossano. In quel momento, il processo <strong>di</strong> rinnovamento dell’Accademia era<br />

rimasto un programma non realizzato nonostante che tra i soci figurassero<br />

Crescimbeni che tutti i Virtuosi che <strong>di</strong>vengono accademici della Società nostra Rossanese,<br />

si veggano pure Arca<strong>di</strong>».<br />

1 Cfr. A. JURILLI, Giacinto Gimma, in Puglia Neo-Latina…, cit., pp. 454-507.<br />

2 Sulla polemica Orsi-Bouhours cfr. M. FUBINI, Dal Muratori al Baretti, Roma-Bari,<br />

Laterza, 1968. Nella citata lettera a Orsi Gimma scrive: «Sospiro <strong>di</strong> veder le <strong>su</strong>e<br />

eru<strong>di</strong>tissime Considerazioni fatte in risposta al libro Franzese, e ringrazio la liberalità <strong>di</strong><br />

Vostra Signoria Illustrissima che mi dà l’onore <strong>di</strong> potermi eru<strong>di</strong>re colla lettura delle<br />

medesime, e poter’anche onorare col <strong>su</strong>o Nome il primo Tomo della mia Opera col titolo <strong>di</strong><br />

Libreria: perlocché ho scritto al Signor Crescimbeni, che me l’in<strong>di</strong>rizzi per procaccio,<br />

quanto più presto sarà possibile, giacchè si ritrova in poter <strong>su</strong>o» (c. 360 r). Anche<br />

quest’opera <strong>di</strong> Gimma, come altre del resto, rimarrà probabilmente sempre una semplice<br />

intenzione, cfr. G. BELGIOIOSO, Premessa a G. GIMMA, Sylva III…, cit.<br />

3 In una lettera datata 26 maggio 1703 (Biblioteca Universitaria <strong>di</strong> Pisa ‘La Sapienza’ Ms.<br />

358.155), scritta in risposta ad una missiva <strong>di</strong> Angelo Marchetti andata perduta, Gimma<br />

scrive che è onorato <strong>di</strong> poter corrispondere con in figlio del grande letterato: «ho<br />

sempremai venerato in nome del Signor Alessandro <strong>su</strong>o degnissimo Genitore, e con mia<br />

grande sod<strong>di</strong>sfazione avrei incontrata l’occasione <strong>di</strong> fargli qualche servitù». Debbo la<br />

segnalazione <strong>di</strong> questa lettera alla cortesia del Professor Giuliano Campioni.<br />

4 Ib.: «è stata pur mia fortuna aver servita un’Uomo così illustre, ed aggiunto alla Società<br />

nostra un Suggetto così eru<strong>di</strong>to». Il nome <strong>di</strong> Angelo Marchetti, «Fiorentino, Professore<br />

delle Matematiche nello Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Pisa» si trova nel Catalogo de’ signori accademici<br />

spensierati, che per tutto il mese <strong>di</strong> Decembre dell’anno 1702 si trovano descritti nel ruolo<br />

della Società, <strong>di</strong>sposti in or<strong>di</strong>ne alfabetico, in G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, p. 441.<br />

84


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

personaggi <strong>di</strong> primo piano, quali Gennaro D’Andrea e Lucantonio Porzio.<br />

Lo stesso Gimma, del resto, non aveva ancora pubblicato nulla <strong>di</strong><br />

significativo, fatta eccezione per l’intervento a favore <strong>di</strong> Musitano e la<br />

Nuova Staffetta, da parte <strong>su</strong>a, non era stata accolta con eccessivo<br />

entusiasmo. Le testimonianze non mancano. Scrive, ad esempio, Cestoni a<br />

Vallisneri in una lettera del 16 gennaio 1705: «Il libro stampato in<br />

Francoforte 1700. Venuto da Napoli intitolato Nuova da Parnasso circa gli<br />

affari della me<strong>di</strong>cina pubblicato dal sig. Gaetano Tremigliozzi e <strong>di</strong>rizzata<br />

all’illustrissima accademia degli Spenzierati <strong>di</strong> Rossano: e tra gli accademici<br />

vi è il Sig. abbate Giacinto Gimma dottore delle leggi. Io lo vado leggendo<br />

questo libro in ottavo, ma con poco gusto» 1 . Del resto alcune delle questioni<br />

che avevano spinto Tremigliozzi a scrivere la prima Staffetta erano ormai<br />

state <strong>su</strong>perate dagli eventi e le polemiche scientifiche e filosofiche degli<br />

anni <strong>su</strong>ccessivi si svolgevano ormai sotto un segno troppo <strong>di</strong>fferente rispetto<br />

all’ardente, anche se vago, baconismo che contrassegnava l’operetta <strong>di</strong><br />

Tremigliozzi, in particolare nella <strong>su</strong>a prima versione 2 .<br />

La prolungata assenza dalla scena letteraria del Promotore e dei soci<br />

rischiava <strong>di</strong> far scomparire l’Accademia dall’orizzonte della Repubblica<br />

delle Lettere 1 .<br />

La pubblicazione degli Elogi rappresenta dunque nell’ambito delle attività<br />

dell’Accademia un momento importante: essi presentano alla Repubblica<br />

delle Lettere il frutto dei primi anni <strong>di</strong> lavoro dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano<br />

sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Gimma, le personalità più illustri che ne fanno parte e,<br />

soprattutto, sotto la maschera <strong>di</strong> un modello retorico prettamente<br />

umanistico, l’elogio, il pensiero che si può ritenere ormai maturo del<br />

promotore barese dell’Accademia.<br />

1 Cfr. A. JURILLI, L’enigma, la confessione, il volo…, cit., p. 47. A questo proposito, si può<br />

notare come fin da quest’opera Gimma insista <strong>su</strong> un tema che verrà ampiamente sviluppato<br />

nella Idea: «Le accademie, che son chiamate de’ Begl’Ingegni, o delle Belle Lettere, non<br />

altrove più numerose, che nella Italia sempremai si son vedute; ed intente ad esercitare i<br />

virtuosi nell’arte oratoria, nella poesia, e nella perfezione della lingua, han cagionato invero<br />

grande accrescimento alle umane lettere, svegliando molti allo stu<strong>di</strong>o delle medesime» (G.<br />

GIMMA, Idea dell’Istoria..., cit., t. I, pp. 77-78).<br />

85


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

1. La forma letteraria dell’Elogio e la storia<br />

Pietro Emilio Guasco, nell’epistola al lettore del primo volume degli Elogi<br />

accademici, riporta il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Giambattista Vico, «pubblico regio<br />

cattedratico <strong>di</strong> Rettorica nella città <strong>di</strong> Napoli», secondo il quale l’opera <strong>di</strong><br />

Gimma «mihi id videtur opus Polyanthea, vel humanae Vitae Theatrum in<br />

certa Elogia <strong>di</strong>gestum, ac <strong>di</strong>stributum» 1 . Vico rileva che Gimma, nella <strong>su</strong>a<br />

voluminosa opera, «nova quadam, et ab aliis excultis ejus generis<br />

Scriptoribus insolita arte de quaque re eum, qui <strong>su</strong>scipitur laudandus<br />

admonuit» 2 .<br />

Il grande filosofo napoletano coglie la peculiarità dell’opera <strong>di</strong> Gimma,<br />

l’esser cioè pensata quasi come fosse una Polyanthea, un teatro o, si<br />

potrebbe aggiungere, una Encyclopae<strong>di</strong>a 3 .<br />

Vico aveva ragione: Gimma nella Introduzione al secondo volume degli<br />

Elogi accademici, affronta una serie <strong>di</strong> questioni <strong>su</strong> cui aveva raccolto molto<br />

materiale negli anni dei <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> a Napoli e del <strong>su</strong>o ritorno a Bari 4 . Il <strong>su</strong>o<br />

intento è fondere il racconto delle vite <strong>di</strong> alcuni illustri personaggi con le<br />

questioni filosofiche e scientifiche che maggiormente gli stanno a cuore.<br />

Posso precisare che se questo non presenta <strong>di</strong>fficoltà negli Elogi <strong>di</strong><br />

Musitano, Tremigliozzi e Astorini, che offrivano materia per puntualizzare<br />

alcune questioni scientifiche, in altri casi il progetto <strong>di</strong> Gimma appare un<br />

1 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, D. Pietro Emilio Guasco Giu<strong>di</strong>ce Perpetuo Decano<br />

della Gran Corte della Vicaria nel Regno <strong>di</strong> Napoli al Lettore, s. p. È una lettera in<strong>di</strong>rizzata<br />

ad Alfonso Crivelli, all’epoca avvocato presso il Sacro Real Consiglio, nominato poi nel<br />

1708 Consigliere. La lettera è stata pubblicata recentemente in G. B. VICO, Epistole con<br />

aggiunte le epistole dei <strong>su</strong>oi corrispondenti, a cura <strong>di</strong> M. Sanna, Napoli, Morano, 1993, pp.<br />

74-75. Come ricorda M. Sanna, la presenza della lettera <strong>di</strong> Vico negli Elogi accademici…<br />

fu segnalata e pubblicata la prima volta da B. CROCE, Nuove ricerche <strong>su</strong>lla vita e le opere<br />

del Vico e <strong>su</strong>l vichismo, in «La Critica», XXXVI (1938) 5, pp. 148-149; Croce aveva<br />

avvertito come essa fosse sfuggita ai ricercatori. La lettera fu poi inserita in G. B. VICO,<br />

Autobiografia. Il Carteggio e le poesie varie, a cura <strong>di</strong> B. Croce e F. Nicolini, Bari, Laterza,<br />

1929, in appen<strong>di</strong>ce, p. 278.<br />

2 Ib.<br />

3 Ib. Il Guasco, da parte <strong>su</strong>a, scrive al lettore <strong>di</strong> leggere con attenzione questa fatica<br />

«d’Uomo Eroico» perché si potrà «da quest’opera formar giu<strong>di</strong>zio de’ Volumi<br />

dell’Enciclope<strong>di</strong>a, che prepara alle stampe, ricchissimi <strong>di</strong> dottrina, e <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zioni,<br />

argomentando come dall’unghia il Leone, e dal <strong>di</strong>to Ercole».<br />

4 Cfr. G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, pp. 1-35.<br />

86


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

po’ forzato, come ad esempio nell’elogio <strong>di</strong> Monsignor Nicolò Antonio <strong>di</strong><br />

Tura, Vescovo <strong>di</strong> Sarno 1 .<br />

In questa Introduzione, inoltre, Gimma abbozza una sorta <strong>di</strong> ‘teoria<br />

dell’elogio’: gli elogi vanno <strong>di</strong>sposti in or<strong>di</strong>ne cronologico 2 ; essi non<br />

possono essere ricondotti alla semplice «narrazione istorica, o nuda<br />

descrizione <strong>di</strong> vita, che raccontamento semplicemente si <strong>di</strong>rebbe» 3 ; non<br />

sono neanche una vera e propria orazione retorica soggetta alle leggi dei<br />

proemi e delle <strong>su</strong>e altre parti, «e bisognosa <strong>di</strong> figura atte a provare», per<br />

quanto la verità ne ri<strong>su</strong>lti poi alterata 4 . Su questo aspetto, ossia quello della<br />

verità dell’elogio e dell’uso dell’ornamento retorico, «considerando più<br />

convenire lo stile nudo e semplice a coloro, che Scrittori <strong>di</strong> Vite si<br />

chiamano; non ho avuto <strong>di</strong>fficoltà ornar coll’eru<strong>di</strong>zioni, e colle dottrine i<br />

racconti, che han titolo <strong>di</strong> Elogi» 5 : l’eru<strong>di</strong>zione, scrive Gimma è anzitutto un<br />

ornamento che <strong>di</strong>letta il lettore e affina l’oratore nella pratica <strong>di</strong> tutte le<br />

scienze «affinchè <strong>di</strong> quelle valer si possa per ornamento del <strong>di</strong>re; e ricavar<br />

anche dalle medesime gli argomenti […] i prudenti oratori; quando in tal<br />

genere <strong>di</strong> <strong>di</strong>re, delle dottrine si servono, adoprano con accortezza le stesse» 6 .<br />

1<br />

Cfr. Id., pp. 25-34. L’elogio contiene un interessante accenno alle «macchine <strong>di</strong> D.<br />

Giovanni Ronchi, il quale, con gli artifici non altrove veduti, che la fede istessa affermar<br />

proibisce, sapendo produrre al Mondo nuovi stupori, con cui celebrano le penne il<br />

maraviglioso Orologio da lui formato, atto a <strong>di</strong>mostrar il moto naturale, e’l ratto delle Sfere,<br />

e de’ Pianeti, e le ore stesse, a ciascheduna il <strong>su</strong>ono <strong>di</strong> organo precedendo», opera per la<br />

quale meritò che venisse paragonato ad Archimede. È una delle tante testimonianze<br />

dell’interesse <strong>di</strong> Gimma nei confronti della scienza e della tecnica – qui viste ancora in una<br />

prospettiva <strong>di</strong> curiosità destinate a <strong>su</strong>scitare la meraviglia (Id., pp. 27-28).<br />

2<br />

Id., p.1: «Continuando gli Elogi, <strong>di</strong>sposti con quell’or<strong>di</strong>ne dell’età, in cui gli Accademici<br />

stessi, de’ quali cominciai a scrivere, si ritrovano; mi è paruto continuar similmente lo stile<br />

con quel metodo, che necessario sin dal principio stimai».<br />

3<br />

Id., p. 4.<br />

4<br />

Cfr. ib.<br />

5<br />

Id., p. 2.<br />

6<br />

Id., pp. 2-3. Naturalmente il modello è Cicerone, il quale «toccando la materia vastissima<br />

della Divina Providenza nell’Orazione Miloniana, le varie opinioni de’ Filosofi, e le oscure<br />

ragioni tralascia, semplicemente la cosa proponendo, e con grave somiglianza illustrandola;<br />

acciocchè il Foro in Accademia convertir non si vegga: e nell’altra a favor <strong>di</strong> Murena i capi<br />

tutti degli Stoici riepiloga, facendo accorgere, che <strong>di</strong>r non possa ciò ch’egli sappia, mentre<br />

in Giu<strong>di</strong>zio ragione» (id., p. 3). Come giustamente ricorda Badaloni, «il riferimento a<br />

Cicerone è qualcosa che va al <strong>di</strong> là della fonte classica» (N. BADALONI, Introduzione a<br />

Vico…, p. 294) ma simbolegga anche l’integrazione della filosofia antica con una<br />

metafisica che meglio <strong>di</strong> adattava alla scienza e alla filosofia dei moderni. Quanto<br />

all’‘ornamento’ si tenga presente quanto scritto da M. FUMAROLI nella Préface <strong>di</strong> L’âge de<br />

l’éloquence. Rhétorique et ‘res literaria’ de la Renaissance au seuil de l’époque classique,<br />

87


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Gli elogi, altro non sono che composizioni narrative formate nel genere<br />

<strong>di</strong>mostrativo-epi<strong>di</strong>ttico, per il quale l’eru<strong>di</strong>zione è doppiamente<br />

in<strong>di</strong>spensabile: perché conserva il valore <strong>di</strong> verità dell’istorica narrazione,<br />

«che ad una casta Vergine fu assomigliata», la quale ammette solo lo stile<br />

semplice e privo <strong>di</strong> figure retoriche «affinchè dall’eleganza non sia la verità<br />

alterata», da una parte; e perché contribuisca a quello stile magnifico che<br />

deve essere tipico <strong>di</strong> un «encomiastico narramento nel genere Epi<strong>di</strong>ttico»,<br />

dall’altra 1 . L’elogio, proprio in quanto non è narrazione storica e non è<br />

orazione retorica che, come già visto, altera sensibilmente la verità 2 ,<br />

abbisogna <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione accompagnata da uno stile che «molto abbia del<br />

magnifico» in cui i perio<strong>di</strong> siano «così ritorti e circolari, ed acconciamente<br />

insieme concatenati; che abbon<strong>di</strong> la lor tessitura <strong>di</strong> congiunzioni, e<br />

sospensivi […] affinchè non lasci appena prender fiate; essendo ciò proprio<br />

de’ sospensivi, e de’ rigiramenti <strong>di</strong> parole, che la prosa intrecciata, ritorta, e<br />

perio<strong>di</strong>ca formano» e a questo stile «molto più le dottrine convengono; si<br />

perché a scrivere sia molto atta la forma del <strong>di</strong>mostrativo, nella quale si fa<br />

pompa del sapere e del <strong>di</strong>re […] sì anche dall’avergli dato il titolo <strong>di</strong> Elogi<br />

Accademici, scrivendo <strong>di</strong> coloro, che nelle dottrine esercitati si stimano; e<br />

proponendogli non già al volgo; ma agli uomini eru<strong>di</strong>ti, per cui tali materie<br />

scriver si sogliono, e i quali d’ogni intelligenza si <strong>su</strong>ppongono<br />

capacissimi» 3 .<br />

Lo stile era questione centrale e non solo nella polemica ‘letteraria’ che<br />

contrapponeva antichi e moderni. In un curioso rovesciamento delle<br />

Paris, Albin, 1994, p. VIII: «Les anciens rhéteurs ont rangé les figures du <strong>di</strong>scours dans la<br />

catégorie de l’ornement, ornatus. L’appauvrissement sémantique du mot ‘ornement’ dans le<br />

langues modernes a favorisé un pli que même le plus grands esprits ont pu prendre, et selon<br />

lequel le ‘fond’ compte plus que la ‘forme’, dont le caractère ornamental est à la limite<br />

<strong>su</strong>perflu». Se Gimma scrive in periodo decisamente <strong>su</strong>ccessivo a quello preso in esame da<br />

Fumaroli, è pur vero che gli autori <strong>di</strong> riferimento sono rimasti gli stessi: Cicerone,<br />

Quintiliano e, fra i moderni, Muret. La prosa <strong>di</strong> Gimma, poi, segna un particolare momento<br />

nel processo <strong>di</strong> impoverimento dell’ornatus, che deve piegarsi a un’argomentazione sempre<br />

più scientifica.<br />

1 Id., p. 4.<br />

2 Ib. Ma cfr. anche G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 134: «armonioso è senza dubbio<br />

il parlare degli oratori, i quali col fondamento <strong>di</strong> falda [sic!] dottrina, e <strong>di</strong> ragioni efficaci,<br />

affaticandosi negli artificiosi giri delle parole, or col <strong>su</strong>ono grave, or coll’acuto della voce, e<br />

della pronunzia, movendo a forza <strong>di</strong> per<strong>su</strong>asione gli affetti degli u<strong>di</strong>tori, degli animi umani<br />

acquistano il dominio».<br />

3 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, pp. 4-5.<br />

88


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

posizioni rispetto al <strong>di</strong>battito filosofico, troviamo dalla parte degli antichi –<br />

Dante, Petrarca e Boccaccio – i novatores, ad esempio Cornelio, e Bartoli;<br />

mentre i moderni, seguendo la lezione <strong>di</strong> Marino, erano fautori <strong>di</strong> uno stile<br />

«ricco <strong>di</strong> gonfi traslati e iperboli sonore» 1 . Tra i moderni, significativamente<br />

Gimma ricorda alcuni celebri pre<strong>di</strong>catori: il ge<strong>su</strong>ita Giuglaris 2 e soprattutto<br />

Francesco Panigarola 3 , che pur consigliando ai pre<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> essere<br />

semplici, riservati e parchi al fine <strong>di</strong> non snervare la severità con la bellezza<br />

– faceva poi un largo uso <strong>di</strong> metafore e dei tra<strong>di</strong>zionali ornamenti retorici.<br />

Soprattutto nell’oratoria e nella retorica l’influenza <strong>di</strong> Panigarola è rilevante.<br />

Dalla lettura del <strong>su</strong>o commento a Demetrio Falereo, Gimma è indotto a<br />

rivalutare il modello retorico aristotelico e a ripensare le dottrine dei<br />

moderni e degli antichi. Da questi ultimi, l’abate prende le <strong>di</strong>stanze per l’uso<br />

dell’i<strong>di</strong>oma toscano: «so che mi vorrebbero alcuni <strong>di</strong>ligentissimo<br />

osservatore del Boccaccio, o <strong>di</strong> altro scrittore, che <strong>di</strong>cono del buon secolo» e<br />

anzi vorrebbero «obbligarmi a non iscriver voce, che toscana non sia» 4 ;<br />

recepisce le esortazioni <strong>di</strong> Cornelio, Bartoli e Di Capua, ma decide <strong>di</strong> non<br />

rivoltare vocabolari, grammatiche e regole del ben parlare e <strong>di</strong> non ricorrere<br />

1 R. COTUGNO, La sorte <strong>di</strong> Giovan Battista Vico e le polemiche scientifiche e letterarie<br />

dalla fine del XVII alla metà del XVIII secolo, Bari, Laterza, 1914, p. 99; dello stesso<br />

autore, cfr. Gregorio Caloprese, Trani, Vecchi, 1911 2 . Su questo tema essenziale è ancora<br />

M. FUBINI, Dal Muratori al Baretti…, cit.<br />

2 Quaresimale del Padre Luigi Giuglaris della Compagnia <strong>di</strong> Giesù. Al Rev.mo Padre<br />

Maestro Padron Col.mo Il P. Giulio Mercori da Cremona dell’Or<strong>di</strong>ne de’ Pre<strong>di</strong>catori, ed<br />

Inquisitore Generale nella Città <strong>di</strong> Milano, <strong>su</strong>o Stato, e Dominio, Milano, Appresso<br />

Lodovico Monza, 1665; cfr. G. GIMMA, Sylva I…, pp. 245-246. Sullo stile <strong>di</strong> Giuglaris<br />

Cotugno è decisamente drastico: molti pre<strong>di</strong>catori «e particolarmente il Ge<strong>su</strong>ita Giuglaris,<br />

celebri pre<strong>di</strong>catori, sembravano piuttosto ciarlatani piacevoli che oratori evangelici» (R.<br />

COTUGNO, La sorte <strong>di</strong> Giovan Battista Vico…, cit., p. 99).<br />

3 L’opera più famosa, e complessa, è Il Pre<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> F. Francesco Panig.la Minore<br />

osservante vescovo d’Asti, Overo Parafrase, Commento, e Discorsi intorno al libro<br />

dell’Elocutione <strong>di</strong> Demetrio Falereo. Ove vengono i precetti, e gli essempi del <strong>di</strong>re, che già<br />

furono dati a’ Greci, ridotti chiaramente alla prattica del ben parlare in prose Italiane, e la<br />

vana Elocutione de gli Autori profani accommodata alla Sacra Eloquenza de’ nostri<br />

Dicitori, e Scrittori Ecclesiastici. Con due Tavole, una delle questioni, e l’altra delle cose<br />

più notabili. Con privilegi. In Venetiam, Appresso Bernardo Giunti, Gio. Battista Ciottim et<br />

Compagni, 1609. Cfr. anche Modo <strong>di</strong> comporre una Pre<strong>di</strong>ca trovato da R. P. Francesco<br />

Panigarola per quelli che cominciano, Roma, Giglietti, 1633. Crf., G. GIMMA, Sylva I…,<br />

pp. 42-88. A proposito <strong>di</strong> Panigarola, e <strong>su</strong>l drastico giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Giulio Cesare Scaligero –<br />

che onorò il grande pre<strong>di</strong>catore del titolo <strong>di</strong> sodomita – cfr. M. FUMAROLI, L’âge de<br />

l’éloquence…, pp. 142-143 e pp. 215-216.<br />

4 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, p. 9.<br />

89


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

a termini <strong>di</strong><strong>su</strong>sati e ranci<strong>di</strong> 1 . Dai primi si <strong>di</strong>stanzia per la scelta <strong>di</strong> uno stile<br />

non eccessivamente ridondante 2 . Gli Elogi accademici utilizzano la lingua<br />

dei dotti, si rivolgono ai letterati, che riescono ad apprezzarne sfumature<br />

linguistiche e stilistiche, usano la lingua italiana non nelle forme ormai<br />

sclerotizzate del Trecento toscano, ma come lingua viva, che «può<br />

ammettere alcune novità necessarie, senza starsi in tutto legato all’uso degli<br />

Antichi» 3 . Del resto, Pietro Bembo - ricorda Gimma - nelle <strong>su</strong>e prose<br />

<strong>di</strong>mostra «che i linguaggi tutti si mutano allo spesso, e si adattano all’uso,<br />

come appunto le vesti» 4 . In realtà, «se ben si considera» il paragone della<br />

lingua degli antichi e dei moderni non ha molto senso, o meglio «non ha<br />

forza alcuna <strong>di</strong> paragone; perché l’Antiquario amerà il <strong>su</strong>o Villani, come<br />

partegiano dello stesso; e’l Moderno riconoscerà più nobile il Guicciar<strong>di</strong>ni,<br />

1 Basilio Jannella, negli Avvertimenti […] dati al <strong>su</strong>o figlio, scrive che ha ascoltato «dalla<br />

bocca <strong>di</strong> alcun <strong>di</strong> costoro, che veggendo giunta sì oltre l’ignoranza e la goffaggine dello<br />

scrivere moderno, stimarono non esservi mezzo più acconcio né più sicuro per rinnovar la<br />

purità della prisca eloquenza italiana, se non il porre per scorta del ben scrivere gli autori<br />

più antichi; acciocchè l’autorità del nome accresciuta ancora dal corso <strong>di</strong> tanti secoli<br />

aggiungesse cre<strong>di</strong>to alle loro imprese, ed insieme conoscendo necessario nei mali estremi,<br />

rime<strong>di</strong> estremi a lodare in essi, anche i <strong>di</strong>fetti e le parole rancide e <strong>di</strong><strong>su</strong>sate, acciocchè per<br />

l’obbligo della <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> tali parole e <strong>di</strong> loro autori, venissero loro maggiormente in o<strong>di</strong>o gli<br />

usi dello scrivere moderno», citato in R. COTUGNO, La sorte <strong>di</strong> Giovan Battista Vico…, pp.<br />

109-110. Nella Idea dell’Istoria…, cit., t. I, p. 9, Gimma scrive: «muove a riso veramente<br />

l’abbaglio <strong>di</strong> alcuni, che più volte ci biasimarono per la lingua da noi usata ne’ nostri Elogi<br />

Accademici, affermando esserci apertamente <strong>di</strong>chiarati <strong>di</strong> non aver voluto valerci della<br />

buona lingua; quasi che sia stato nostro proposito usare una lingua sciocca, e commetter<br />

falli nella gramatica, e nella scelta delle voci, e della proprietà delle stesse.<br />

Nell’Introduzione de secondo tomo degli Elogi abiamo veramente asserito <strong>di</strong> non aver<br />

voluto con somma <strong>di</strong>ligenza osservare il Boccaccio, o altro scrittore, che <strong>di</strong>cono del buon<br />

secolo; ma questo non è sprezzare la buona lingua, le <strong>su</strong>e regole, e la scelta de’ vocaboli;<br />

poicchè fu nostra cura <strong>di</strong> scrivere secondo l’uso degli uomini dotti, e della lingua osservare<br />

le leggi».<br />

2 Per quel che riguarda Gimma <strong>di</strong> assoluto rilievo è Demetrio Falereo Della Locuzione.<br />

Volgarizzato da Pier Segni Accademico della Crusca detto l’Agghiacciato. Con postille al<br />

testo, ed esempli Toscani, conformati a’ Greci. Al Sereniss. Signore, il Sig. Don Cosimo<br />

Me<strong>di</strong>ci, Principe <strong>di</strong> Toscana, <strong>su</strong>o Signore, in Firenze, nella Stamperia <strong>di</strong> Cosimo Giunti,<br />

1603, annotato con grande cura da Gimma in Sylva I…, pp. 19-40, oltre al già citato testo <strong>di</strong><br />

Panigarola del quale troviamo ampi stralci sempre in Sylva I…, pp. 42-92.<br />

3 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, p. 9.<br />

4 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, p. 10: Bembo «descrive la durezza della lingua<br />

italiana appo gli Antichi, e le lor voci poco atte, le quali furono poscia dall’uso rigettate;<br />

perlocchè Dante stesso nel libro della Vita nuova, e negli altri del Convivio, e della<br />

Comme<strong>di</strong>a si vede molto <strong>di</strong>verso; mutando forma <strong>di</strong> scrivere; siccome si cambiava la<br />

lingua, per sod<strong>di</strong>sfare all’uso».<br />

90


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

o ’l Mascar<strong>di</strong>» 1 . È certo più proficuo esaminare le varie e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> uno<br />

stesso libro, e registrarne le variazioni linguistiche «perché si possa<br />

riconoscere il miglioramento della lingua». Osserva l’abate che, «in ogni<br />

secolo cose nuove sempremai si son ritruovate, ogni i<strong>di</strong>oma si è spesso<br />

veduto mancante <strong>di</strong> alcune voci» 2 , mentre la lingua toscana «o sia italiana»<br />

si è «col progresso de’ tempi migliorata, ed accresciuta con nuovi vocaboli,<br />

e con nuove forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>re» arricchendosi anche <strong>di</strong> termini tecnici e<br />

scientifici che i <strong>di</strong>fensori dell’antico vorrebbero rifiutare, e latinismi o<br />

grecismi, sicché, <strong>di</strong>ce Gimma «non sarà a me biasimevole l’aver talvolta<br />

usato voci, che hanno del latino, o del greco, o del popolare, e son propri <strong>di</strong><br />

alcuna scienza, o arte» 3 .<br />

In secondo luogo, nell’introduzione al primo tomo degli Elogi Gimma cerca<br />

<strong>di</strong> far risaltare l’importanza della <strong>su</strong>a iniziativa e <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>care la legittimità<br />

della forma dell’elogio, nonostante sia ritenuto dai più «pericoloso […] lo<br />

scriver le vite de’ viventi, e molto più lo scrivere <strong>di</strong> coloro, co’ quali o<br />

vincolo d’amistà parziale, o <strong>di</strong> società virtuosa v’intercede» 4 . Troppi critici<br />

– osserva l’abate - sono pronti a ricordare il motto ante mortem ne laudes<br />

hominem quemquam, per il puro gusto <strong>di</strong> attaccare un’opera nuova e <strong>di</strong><br />

ostacolare la <strong>di</strong>ffusione delle idee nella Repubblica delle Lettere. Questi<br />

stessi critici, però, sembrano ignorare che «non v’è pur i<strong>di</strong>oma, in cui non<br />

leggansi con sod<strong>di</strong>sfazione degl’intendenti le opere <strong>di</strong> più Autori, che in<br />

prosa, o col verso non solo degli stranieri; ma de’ loro amici, o benefattori, o<br />

nemici stessi formarono gli Encomi, e descrissero le vite» 5 . Per essere<br />

davvero tale l’elogio non deve trasformarsi in specchio deformante tale che<br />

scopra «quelle azioni, o que’ vizi, che oscurar sogliono la buona fama» 6 ; più<br />

onestamente, esso deve eccitare l’emulazione lodevole dei gran<strong>di</strong> ingegni<br />

1 Id., pp. 11-12.<br />

2 Id., pp. 13-14.<br />

3 Id., p. 13: «certi vocaboli son propri <strong>di</strong> alcune scienze, e <strong>di</strong> alcune professioni e ‘l volergli<br />

<strong>di</strong>re altrimente da quel che veramente si <strong>di</strong>cono dal volgo, o dal professore; è un alterare il<br />

significato, o dare oscurezza al parlare».<br />

4 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I., p. 1.<br />

5 Id., pp. 3-4. Anzi, «praecipum beneficium est in rebus honestis laudari, <strong>di</strong>cea il<br />

Nazianzeno; laus enim parit aemulationem, aemulatio virtutem, virtus felicitatem, quae<br />

finis est omnium, quae desiderantur, et quod omins viri boni motus refertur» (id., p. 5).<br />

Quello della lode è un tema che ritorna frequente in Gimma, soprattutto in relazione<br />

all’impegno scientifico.<br />

6 Id., p. 5.<br />

91


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

che onorano l’Accademia <strong>di</strong> Rossano e non seguire le mode <strong>di</strong> quei critici<br />

che «veggono le macchie, ove pur vi sono» 1 , ma scegliere solo ciò che va<br />

imitato, tralasciando «la cura <strong>di</strong> biasimare quelle operazioni, che biasimate<br />

vorrebbero; quando talvolta vi fossero» 2 .<br />

Questa <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Gimma rientra nello stile delle ‘premesse’: contiene la<br />

illustrazione del genere e la presentazione della legittimità dell’opera.<br />

Certamente il clima <strong>di</strong> sospetti, <strong>di</strong> gelosie, gli attacchi alla nuova me<strong>di</strong>cina e<br />

alla nuova filosofia in genere, <strong>di</strong>etro i quali vengono avanzate anche accuse<br />

<strong>di</strong> eterodossia, se non proprio <strong>di</strong> eresia, rende la scrittura <strong>di</strong> Gimma<br />

particolarmente prudente 3 . Specifica anche in quale senso sia da intendere il<br />

<strong>su</strong>o impegno <strong>di</strong> ‘storico’ nella ste<strong>su</strong>ra degli Elogi: non è la sequenza<br />

oggettiva dei fatti quella che lo ha ispirato nelle <strong>su</strong>e ricerche e in tal senso<br />

ritiene <strong>di</strong> non aver <strong>di</strong>ritto al «rigoroso titolo d’Istorico» 4 . Con Marc-Antoine<br />

Muret, ricorda che il titolo <strong>di</strong> storia spetta solamente alle Rerum publice<br />

gestarum <strong>di</strong>ffusa, et continuata narratio, negando «essere Istoria ogni vero<br />

racconto; ma solo quello <strong>di</strong> cose pubblicamente fatte […]. Bella, paces,<br />

inducia foedera, se<strong>di</strong>tiones, tumultus, leges, iu<strong>di</strong>cia, commutationes rerum<br />

publicarum, et quae <strong>su</strong>nt eiusdem generis, qualia apud Herodotum,<br />

Thucy<strong>di</strong>dem, Henophontem, Polybium, Dionysium Halicarnasseum,<br />

Sallustium, Livium, Diodorum Siculum, Cornelium Tacitum, […] et<br />

eiusmo<strong>di</strong> alios leguntur: quos vere, ac merito pos<strong>su</strong>mus historiarum<br />

scriptores nominare» 5 . Come storico Gimma si mi<strong>su</strong>rerà, qualche anno<br />

dopo, nell’Idea dell’Italia Letterata.<br />

1 Ib.<br />

2 Id., pp. 5-6.<br />

3 È fin troppo facile pensare ad Elia Astorini, ma in questra prospettiva non vanno<br />

<strong>di</strong>menticati gli stessi Gaetano Tremigliozzi e Carlo Musitano, e soprattutto Lucantonio<br />

Porzio, presentato come Filosofo Meccanico, e Lettor <strong>di</strong> Notomia nella Regia Università <strong>di</strong><br />

Napoli (che Vico aveva insignito del titolo <strong>di</strong> «ultimo filosofo italiano della scuola <strong>di</strong><br />

Galileo», scienziato <strong>di</strong> spiccata personalità, e vicino a Tommaso Cornelio), e Gennaro<br />

D’Andrea, Reggente del Conseglio Collaterale <strong>di</strong> Napoli, Vicegrancanelliere del Collegio<br />

de’ Dottori, e soprattutto fratello <strong>di</strong> Francesco D’Andrea. Per la citazione <strong>di</strong> Vico, cfr. G. B.<br />

VICO, Autobiografia Poesie Scienza Nuova, a cura <strong>di</strong> P. Soccio, Milano, Garzanti, 1983, p.<br />

43.<br />

4 Del resto, ricorda Gimma, tale «pregio tolse a se stesso Plutarco, scrittore assai nobile<br />

delle Vite degli Uomini illustri, che <strong>di</strong>sse: Neque enim historias scribimus; sed vitas» (id.,<br />

p. 6).<br />

5 Id., pp. 6-7.<br />

92


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Il <strong>su</strong>o esempio è Platone, «che parlò nelle <strong>su</strong>e opere o secondo il sentimento<br />

<strong>di</strong> Socrate, o <strong>di</strong> altri, che ne’ <strong>su</strong>oi Dialoghi introdusse». Per questo Gimma<br />

dà spesso e volentieri la parola ad altri autori che hanno scritto <strong>su</strong>i letterati<br />

da lui elogiati e, in genere, fa sfoggio, per la prima volta sistematicamente<br />

negli Elogi, della <strong>su</strong>a vasta eru<strong>di</strong>zione. Un’eru<strong>di</strong>zione che lo rende<br />

particolarmente vulnerabile, in quanto egli mette insieme opere ortodosse ed<br />

eterodosse, ‘cristiane’ e ‘pagane’. Questione alla quale Gimma risponde<br />

ricorrendo ai Padri della Chiesa: i Santi Padri l’hanno già <strong>di</strong>ffusamente<br />

affrontata, approvando la lettura <strong>di</strong> tali volumi, purché «si approvino le cose<br />

utili, e per ripu<strong>di</strong>arsi le altre si leggano», comportandosi nei confronti <strong>di</strong><br />

tutti i libri come i chimici che «appunto da’ veleni potentissimi cavano<br />

me<strong>di</strong>cine salutifere» 1 giovandosi delle «eru<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> coloro, che <strong>di</strong><br />

Gentilesimo, o <strong>di</strong> Eresia sono infettati; e conservare nella <strong>su</strong>a purità quella<br />

Fede, che dalla Chiesa Romana è abbracciata» 2 . La questione della storia,<br />

come si vede da queste prime battute, è particolarmente importante e<br />

centrale nel programma <strong>di</strong> rinnovamento delle scienze che Gimma intende<br />

avviare. Per questo, ripercorrerò alcuni significativi momenti della<br />

definizione del concetto <strong>di</strong> ‘storico’, a cominciare dalle Nova<br />

Encyclopae<strong>di</strong>a.<br />

2. La ‘storia’ nella Nova Encyclopae<strong>di</strong>a<br />

Se negli Elogi la storia è posta in opposizione, almeno parziale, all’elogio,<br />

nella Nova Encyclopae<strong>di</strong>a 3 essa è definita in opposizione alla poesia in<br />

1 Ib. A questo proposito si può anche vedere quanto scriveva T. RAYNAUD, Critica Sacra.<br />

[…] Tomus undecimus, in quo literati non poenitendas invenient ad<strong>di</strong>tiones; cum in<strong>di</strong>ce<br />

copiosissimo. Lugduni, Sumpt. Horatii Boissat, et Georgii Remes, 1665, che all’erotema<br />

XI, Num libri Gentilium, etiam Polytheismum spectantes, improban<strong>di</strong>, p. 310, afferma:<br />

«Huiusmo<strong>di</strong> libros, in se malos esse, quippe mendacissima fabulositate, et nefan<strong>di</strong>ssimis<br />

narrationibus, ac impietatibus foetos, dubitare non licet. Non esse tamen lectoribus noxios,<br />

sed omnes pene omnium Ethnicorum libros, exceptis iis, qui cum Epicuro literas non<br />

<strong>di</strong><strong>di</strong>cerunt, eru<strong>di</strong>tionis doctrinaeque plenissimos esse, (verba <strong>su</strong>nt S. Hieronymi epist. 84 in<br />

fine,) patet iugi tot seculorum experimento; quo impunè et ipsis quoque Patribus autoribus,<br />

et leguntur». Gimma ha una profonda conoscenza del teologo ge<strong>su</strong>ita del quale cita la<br />

Critica sacra… alle pp. 455-475 <strong>di</strong> Sylva I, anche se non troviamo il passo <strong>di</strong> Raynaud<br />

citato in questa nota.<br />

2 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 12-13.<br />

3 De Historica. Pars Quinta, in G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, cit., Ms. I 113, cc. 92r-<br />

120 v..<br />

93


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

quanto alla prima spetta il dominio del vero, mentre alla seconda quello del<br />

verosimile 1 . In positivo, la storia è definita dal <strong>su</strong>o oggetto: c’è la storia<br />

dell’Antico e del Nuovo Testamento, quella della giurisprudenza che ha<br />

come argomento gli e<strong>di</strong>tti e gli or<strong>di</strong>namenti, ci sono le storie naturali,<br />

«me<strong>di</strong>cinae in plantis, mineralibus, et aliis: Physicae in animalibus» 2 , la<br />

storia della morale «in virtutum exemplis» 3 . La ‘nobiltà’ della storia viene,<br />

inoltre, <strong>di</strong>mostrata dal fatto che presso gli Ebrei «Historici fuerunt Moyses,<br />

Io<strong>su</strong>e, Phophetae, et Sacerdotes. Egypty quoque sacerdotibus hoc munus<br />

tribuerunt» 4 e la <strong>su</strong>a utilità non può essere messa in <strong>di</strong>scussione se non altro<br />

perché «nos doceat aliorum erratis offensionibus, frustrationibus, ad nostri<br />

emendationem» 5 . Quanto alla <strong>su</strong>a origine, Gimma evita <strong>di</strong> pronunciarsi a<br />

proposito dell’esistenza della scrittura, o comunque <strong>di</strong> libri precedenti a<br />

Mosè 6 e si limita ad affermare che «asserere licet […] Historiae originem<br />

antiquissimam esse, et quidem ante Moysem, qui tamen eam planius ante<br />

omnes conscripsit» 7 , pur riportando varie opinioni che in<strong>di</strong>cano in Cadmo,<br />

Senofonte e soprattutto Mosè il primo storico e l’inventore del genere. Egli<br />

analizza poi i significati del termine e ne fa l’etimologia: presso i Greci, il<br />

termine «historeo, quod significat videre, cognoscere»; mentre presso i latini<br />

il termine historia significa «narro […], video, inquiro, interrogo, scio».<br />

Conclude che la storia è «rerum gestarum ad docendum rerum u<strong>su</strong>m<br />

syncram, et illustrem narrationem» 8 .<br />

Non è, tuttavia, questa la storia che a Gimma interessa. Una in<strong>di</strong>cazione in<br />

tal senso si trova nella <strong>su</strong>ccessiva sezione in cui viene riferita la partizione<br />

della storia <strong>di</strong> Francis Bacon che <strong>di</strong>stingue nel «lib. 2 de Augm. Scient.<br />

Humanam scientiam in Hystoriam, Poesim, et Philosophiam» 9 . Gimma<br />

1<br />

Cfr. id., c. 92 r.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Ib.<br />

5<br />

Id., c. 92 r.<br />

6<br />

Su questi temi cfr. P. ROSSI, Le sterminate antichità, Pisa, Nistri-Lischi, 1969; ID., I segni<br />

del tempo. Storia della terra e storia delle nazioni da Hooke a Vico, Milano, Feltrinelli,<br />

1979. Sempre <strong>di</strong> P. ROSSI, interessanti anche le <strong>su</strong>e notazioni in Vico e il mito dell’Egitto,<br />

in Omaggio a Vico, Napoli, Morano, 1968, pp. 25-36.<br />

7<br />

G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, c. 93 r.<br />

8<br />

Ib.<br />

9<br />

Id., c. 93 v. Sia in questo passo che nei <strong>su</strong>ccessivi Gimma sembra aver presente quanto<br />

affermato da Francis Bacon nel De Augmentis scientiarum: «La migliore <strong>di</strong>visione del<br />

sapere umano è quella che si ricava dalla tripartizione dell’anima razionale, che è sede del<br />

94


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

chiosa: «nonnulli Fabularem Historicam considerant, que voluptatis gratia<br />

quadam ingenii iucun<strong>di</strong>tate componitur […] ut Esopi fabulae» 1 . Per lui, non<br />

c’è una scienza umana della quale faccia parte la storia, ma esiste una storia<br />

«naturalis» e una storia «Humana» 2 : alla prima spetta lo stu<strong>di</strong>o del mondo e<br />

dell’uomo e ad essa fanno capo le principali scienze moderne che hanno per<br />

oggetto le res naturales 3 . Quanto alla seconda, che ha per oggetto hominum<br />

res, et gesta può essere <strong>di</strong> duplice natura, ecclesiastica e civile: la prima<br />

viene detta anche storia sacra e affronta le questioni riguardanti res sacras et<br />

ecclesiasticas; quest’ultima, detta anche storia profana, o politica, esamina<br />

hominum commercia, et facta commemorat 4 . Gimma propone anche un’altra<br />

<strong>di</strong>stinzione della storia, più tra<strong>di</strong>zionale: universale e particolare 5 . Questa<br />

seconda partizione sembra però avere piuttosto un valore pragmatico <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>namento interno della ricostruzione storica, nella mi<strong>su</strong>ra in cui permette<br />

una più articolata <strong>di</strong>stinzione della materia storica 6 . In ogni caso,<br />

sapere tutto: la storia si riferisce alla memoria, la poesia alla fantasia, la filosofia alla<br />

ragione […]. La storia è o naturale, o civile […]. Penso che la storia civile si possa<br />

giustamente <strong>di</strong>videre in tre parti: 1) storia sacra o ecclesiastica, 2) storia civile vera e<br />

propria) 3) storia delle lettere e delle arti. Cominciamo da quest’ultima, che è da collocare<br />

tra i desiderata, mentre le altre due esistono». (F. BACON, Opere filosofiche, 2 tt., a cura <strong>di</strong><br />

E. De Mas, Bari, Laterza, 1965, t. II, pp. 87, 89 e97). È interessante notare come, in un<br />

certo senso, proprio la mancante quarta storia, quella letteraria, che dovrebbe «esporre lo<br />

stato generale della scienza <strong>di</strong> età in età» corrisponda al progetto perseguito da Gimma<br />

nella Idea dell’Istoria dell’Italia litterata. Sulla conoscenza <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> Bacon da parte <strong>di</strong><br />

Gimma è però lecito sollevare qualche dubbio.<br />

1<br />

Ib.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Id., cc. 93 v-94 r: «Naturalis describit totius Mun<strong>di</strong> <strong>su</strong>ppellectilem, elementa, lapides,<br />

metalla, Animantia genera, Hominis structuram, et dotes, caeli partes, et similia, ideo ex<br />

hoc capite ad ipsam pertinet Cosmographiam, Astronomiam, Stoecheologiam,<br />

Meteorologiam, Mineralogiam, Astrologiam, Zoologiam, Anatomiam, aliaeque omnes,<br />

quorum obiectum <strong>su</strong>nt res naturales».<br />

4<br />

Cfr. id., c. 94 r.<br />

5<br />

Ib.: «Universalis ecclesiastica est […]. Civilis universalis vero, quae ad temporalem<br />

Monarchiarum omnium, vel Regnorum spectant. Sic a converso ecclesiastica particulars<br />

describit res ecclesiae particulares; civilis vero particularis est, quane unius dumtaxat<br />

Regni, vel Provinciae propria recenset».<br />

6<br />

Gimma in<strong>di</strong>ca le varie storie particolari: Chronica, Bio<strong>di</strong>daschalia, Idolanchiresis o<br />

Idolagraphia (est tractanti ratio de Idolis Gentilium), Caesarographia (est Imperatorum<br />

descriptio), Basileologia (est Regum sermo), Archontologia, Genealogia, Archiereologia,<br />

Monasteriologia, Synodologia, Schysmatographia o scismatologia, Heresiologia e<br />

Martyrologia. La Chronica «demum amplitu<strong>di</strong>nem ationum publicarum, et personarum<br />

facies externos, et in publicum versas proponit, ut ait Verulamius. Haec autem continet<br />

Annales, Ephemerides, Adversaria, Commentarias, Registra, et epitomas. Sic Ephemerides<br />

aut <strong>su</strong>n domesticae, aut militarea, aut publicae, aut Nocturane, aut Me<strong>di</strong>cae, aut Rusticae,<br />

95


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

fondamento della storia la verità: ad essa deve costantemente guardare lo<br />

storico onesto 1 , che deve, in ogni caso, causas quaerere, anche quando<br />

omette alcune notizie non sono necessarie o ad<strong>di</strong>rittura essere dannose 2 .<br />

L’abate passa poi all’analisi degli strumenti dei quali si deve servire lo<br />

storico: geografia e cronologia 3 che in «rerum gestarum labyrinthis<br />

versantes, regunt <strong>di</strong>rigunt, gubernant, ut ad optatum lectionis portum<br />

pervenire possint» 4 .È impossibile fare un serio <strong>di</strong>scorso storico se si<br />

ignorano gli svolgimenti effettivi degli eventi, quin<strong>di</strong> la cronologia «quam<br />

accurata temporis in historiarum letione notatis, et animadversio, te vocatur<br />

historiae dexter oculus; nam qui sine temporum ratione historias sese<br />

intelligere prore putant falluntur, et inter innumerabiles anfractus incerti<br />

feruntur, nec intelligunt» 5 . Quanto alla geografia, che «est alter Historiae<br />

oculus» è «<strong>di</strong>ligens, et accurata locorum notitia» 6 ed è in<strong>di</strong>spensabile per<br />

una vera e propria profilassi nei confronti degli errori più banali commessi<br />

soprattutto dagli storici dell’antichità. Sempre in questa prospettiva Gimma<br />

si occupa De nominibus, et Patriis ab historico non immutan<strong>di</strong>s 7 , riportando<br />

il caso <strong>di</strong> Heliogabalus, che viene spesso ricordato come Heleogabalus,<br />

Hiliogabalus, e motiva questi cambiamenti come uno stratagemma<br />

finalizzato in alcuni casi a nascondere il vero nome, oppure «ad maiorem<br />

brevitatem» 8 , ma non nascondendo i pericoli che tali operazioni<br />

comportano.<br />

In questa <strong>di</strong>samina del lavoro dello storico e della storia come <strong>di</strong>sciplina,<br />

molte altre sono le questioni che l’Encyclopae<strong>di</strong>a mette a punto. Nella<br />

sezione decima l’analisi si svolge <strong>su</strong>l valore delle <strong>di</strong>gressioni nelle opere<br />

[…] aut Astrologicae» (ib.).<br />

1 Id., c. 96 r: «Historiae namque fundamentu veritas est, per quam a Poesi <strong>di</strong>stinguitur».<br />

Nemici dello storico sono l’o<strong>di</strong>o, l’adulazione e l’invi<strong>di</strong>a, che rischiano <strong>di</strong> falsarne il<br />

giu<strong>di</strong>zio: cfr. id., cc. 96 v-98 r.<br />

2 Cfr. id., cc. 105v-107 v. Lo storico deve riferire quelle «gesta […] quae <strong>su</strong>nt praeclara, et<br />

publicae utilitati iuvant» e le vicende oscene et prava possono essere omesse dallo storico<br />

se non sono necessarie. Due sono le leggi che lo storico deve seguire: «prima est, ut ea<br />

tantum narret, quae ad publicum pertinent, et ex quibus notabilia pendent […]. Secunda lex<br />

est, ut fiat narratio paucis verbis, et quidem honestis» (id., c. 98 r).<br />

3 Id., c. 107 v: «Historiarum duos oculos appellant Geographiam, et Chronologiam».<br />

4 Ib.<br />

5 Ib.<br />

6 Id., c. 100 r.<br />

7 Cfr. id., cc. 100v-101r.<br />

8 Id., c. 100 v.<br />

96


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

degli storici 1 : esse sono proprie dei poeti 2 , non degli storici, a meno che non<br />

riguar<strong>di</strong>no le fabulae 3 ; sono necessarie nei casi in cui «situs, temporum,<br />

instrumentorum, gentium morum, gubernan<strong>di</strong> formae, populorum<br />

con<strong>su</strong>etu<strong>di</strong>nis, caeremoniarum in rebus sacris, et similium, fit descriptio,<br />

alias narratio nimis evaderet obscura» 4 . Nella sezione un<strong>di</strong>cesima, viene<br />

posto il problema se davvero lo storico possa docere e dopo aver riportato il<br />

parere negativo <strong>di</strong> Patrizi e <strong>di</strong> Mascardus secondo il quale, invece, è<br />

possibile, anzi auspicabile, una maggiore considerazione in questa ottica<br />

della storia e un ripensamento del <strong>su</strong>o rapporto con la filosofia 5 , affronta e<br />

lascia insoluto questo problema, <strong>su</strong>l quale ritornerà più volte negli anni<br />

<strong>su</strong>ccessivi.<br />

Nella Encyclopae<strong>di</strong>a, tuttavia, l’accento è posto non <strong>su</strong>lla storia naturale, ma<br />

<strong>su</strong> quella umana. In particolare, il capitolo tre<strong>di</strong>ci è de<strong>di</strong>cato alla Storia<br />

universale, sia civile sia ecclesiastica 6 . Alla seconda spetta il primato, anche<br />

perché è la più antica 7 , ed essa può essere stu<strong>di</strong>ata in vari mo<strong>di</strong>:<br />

or<strong>di</strong>nari potest vel secundum or<strong>di</strong>nem Chronologicum, ea scilicet temporum<br />

<strong>su</strong>ccessione, qua res evenerunt, vel secundum aliquos titula a quibus omnia<br />

comprehendantur. Pos<strong>su</strong>nt vero plures esse tituli 8 .<br />

Si potranno quin<strong>di</strong> descrivere le vite dei pontefici romani, della origine delle<br />

<strong>di</strong>gnità ecclesiastiche, della introduzione dei riti della Santa Chiesa, e della<br />

propagazione della fede; mentre la storia civile, «quae similiter Prophana<br />

<strong>di</strong>citur» 9 , ha il <strong>su</strong>o oggetto precipuo nella storia degli uomini che «appellari<br />

1<br />

Id., De Historicis Digressionibus, et Descriptionibus, cc. 102r-102v.<br />

2<br />

Id., c. 102 r: «Digressiones a Poetis episo<strong>di</strong>a appellatae <strong>su</strong>nt alienae rei tractationes, sed ad<br />

utilitatem causae pertinentis extra or<strong>di</strong>nem escurrentes».<br />

3<br />

Ib.: «a converso pos<strong>su</strong>nto Historici <strong>di</strong>gressiones inserere de rebus fabulosis».<br />

4<br />

Ib.<br />

5<br />

Id., c. 102 v: «Contrarium [rispetto al pensiero <strong>di</strong> Patrizi] tamen […] Mascardus […]<br />

scribit enim posse Historiam a Philosophia praeceptum aliquod mutuari ad ostendendam<br />

operationis rationem eo modo, quo exempla de<strong>su</strong>mit ex Historia ad <strong>su</strong>am doctrinam<br />

confirmandam Philosophia».<br />

6<br />

Id., c. 103 v: «Difficilis quoque est, logni temporis, et laboris, quoniam uno intuitu omnia<br />

veluti membra in corpus re<strong>di</strong>gere debet. Cum autem Universalem Historiam duplicem<br />

fecerimus, ecclesiasticam nempe, et Civilem, a prima exor<strong>di</strong>ri volumus».<br />

7<br />

Ib.: «Ecclesiastica commemorat precipue res ecclesiasticas, et omnium prima est, ac<br />

antiquissima».<br />

8 Ib.<br />

9 Id., c. 104 v.<br />

97


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

solet etiam Politica», più precisamente nello stu<strong>di</strong>o dell’origine delle<br />

nazioni, <strong>di</strong> tutte le nazioni, <strong>di</strong>ce Gimma, della loro storia e delle loro<br />

istituzioni 1 . In entrambi i casi è in<strong>di</strong>spensabile «descriptione chronologicus<br />

ordo servata ratione temporum» 2 .<br />

In questa lunga, a tratti - per il lettore moderno - farraginosa, <strong>di</strong>samina della<br />

storia, troviamo anche un capitolo che forse è quello che più si avvicina al<br />

modello dell’elogio: De bio<strong>di</strong>dascalia seu de Vitarum descriptionibus 3 .<br />

Secondo il modello as<strong>su</strong>nto più tar<strong>di</strong>, le vite narrate non sono solo quelle<br />

degli eroi, bensì quelle <strong>di</strong> tutti gli uomini che brillano per la loro virtù, come<br />

insegnava Plutarco 4 . Questo scarno schema, opportunamente mo<strong>di</strong>ficato e<br />

arricchito, viene utilizzato da Gimma nei <strong>su</strong>o Elogi accademici.<br />

3. La storia negli Elogi accademici<br />

Negli anni della ste<strong>su</strong>ra degli Elogi, cominciano a delinearsi i più<br />

interessanti abbozzi <strong>di</strong> teoria della storia, che si preciseranno nella<br />

riflessione dell’abate pugliese negli anni imme<strong>di</strong>atamente <strong>su</strong>ccessivi. Lo<br />

schema fissato nella Encyclopae<strong>di</strong>a viene rielaborato anche nei casi in cui<br />

l’abate torna <strong>su</strong> questioni già analizzate: nel primo tomo degli Elogi<br />

accademici ripresenta, ad esempio, le pagine de<strong>di</strong>cate all’origine della<br />

scrittura e della storia operando però una decisione rispetto a quanto scritto<br />

pochi anni prima. Egli afferma ora nettamente che non è possibile dubitare<br />

che già prima <strong>di</strong> Mosè fossero stati scritti dei libri e che, quin<strong>di</strong>, si deve<br />

riconoscere che l’invenzione della storia è più antica 5 : i nipoti <strong>di</strong> Seth<br />

«avanti il <strong>di</strong>luvio in due colonne […] tutto quanto avevano imparato,<br />

descrissero», «acciocchè le scienze, che da Id<strong>di</strong>o ricevè Adamo a’ posteri<br />

fossero propagate, s’è già vero, che Adamo stesso si abbia inventore <strong>di</strong> tutte<br />

1 Ib.: «nationum omnium origines prosequitur Imperiorum, Monarchiarum, Rerum<br />

publicarum initia, constitutiones […] gubernationes […] et mutatione eventus celestes,<br />

terrestres et marittimos».<br />

2 Ib.: «ut siquis vellet generalem Sanctorum historiam describere, deberet primo locum dare<br />

aliis sanctorum veteris Testamenti; secundo Ie<strong>su</strong> Christi, et Beatae Virginis; demum<br />

aliorum; sic de aliis <strong>di</strong>cendum».<br />

3 Cfr. id., c. 104 r: «universalis quidem, si plurium hominum vitas describat, veluti<br />

Sanctorum, Imperatorum, Regum; item Pontificum, Episcoporum, et similium. Particularis<br />

vero, si alicuius vitam exponet».<br />

4 Ib.: «Reputamus animo qualis quisque, et quantus fuerit, et quae praecipua <strong>su</strong>nt,<br />

cognituque pulcherrima ex rebus eorum gestis excerptimus».<br />

5 Cfr. G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 193-195.<br />

98


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

le dottrine» 1 . È <strong>di</strong>fficile in questo caso decidere quale rilevanza dare<br />

all’inciso ‘s’è già vero’; come giustamente rilevato da Vasoli, anche nella<br />

Encyclopae<strong>di</strong>a Gimma sembra presentare una doppia genesi della scienza<br />

dopo il <strong>di</strong>luvio universale, «a familia Noe, et ab experientia» 2 . È mia<br />

opinione, che spero <strong>di</strong> poter <strong>su</strong>ffragare nelle pagine che seguiranno, che<br />

Gimma per motivi che non toccano solo la sfera dell’ortodossia della<br />

religione cristiana, cui pure fu sempre attento, ma anche quella delle<br />

questioni più propriamente scientifiche della <strong>su</strong>a epoca, eviti <strong>di</strong> prendere<br />

troppo esplicitamente posizione <strong>su</strong>l problema del <strong>di</strong>luvio universale, e<br />

quin<strong>di</strong> dell’età della terra, pur non restando insensibile al fascino <strong>di</strong> alcune<br />

teorie che spostavano molto in<strong>di</strong>etro la nascita del genere umano,<br />

preferendo procedere per ipotesi verosimili, e mantenendo <strong>su</strong>llo sfondo il<br />

<strong>di</strong>luvio quale ipotesi necessaria 3 .<br />

Il <strong>di</strong>scorso storico si complica negli Elogi accademici anche per la non<br />

omogeneità della trattazione <strong>di</strong> Gimma il quale, scegliendo la figura della<br />

<strong>di</strong>gressione per trattare dei temi che più lo interessano, <strong>di</strong>ssemina le<br />

questioni in <strong>di</strong>versi punti dell’opera, in una complessa tessitura dottrinale e<br />

storiografica che rischia <strong>di</strong> <strong>di</strong>sorientare il lettore. Così, accanto ai problemi<br />

inerenti all’origine della scrittura, e della scienza, vengono posti anche<br />

quelli riguardanti la genesi del mondo civile, e delle leggi 4 : «bastarono un<br />

tempo agli uomini per bene instituirgli, i precetti della natura; ma poscia in<br />

comunanza ridotti, e <strong>di</strong>visi del loro avere i termini; perché furono soggette a<br />

molte imperfezioni le cose umani, e corrotta la natura medesima al male<br />

inclinata, bisognò per frenarla, che si formassero le leggi, colle quali e le<br />

pene a’ trasgressori, e i premi agli osservatori si preponessero» 5<br />

1 Id., p. 194.<br />

2 G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, t. I, c. 8v: Art. 5. De duplici scientiarum origine post<br />

Diluvium, nempe a familia Noe, et ab experientia; come ricorda C. VASOLI, L’abate Gimma<br />

e la ‘Nova Encyclopae<strong>di</strong>a’..., cit., p. 794, l’Encyclopae<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Gimma si apre con un breve<br />

articolo <strong>su</strong>lla nobiltà ed utilità della sapienza, cui fa seguito la storia – <strong>su</strong> cui non è possibile<br />

soffermarsi in questa sede – delle prime scoperte e conoscenze che gli uomini acquisirono,<br />

prima del <strong>di</strong>luvio universale, grazie alla sapienza concessa da Dio ad Adamo . A queste<br />

pagine fa seguito la storia della nuova origine delle scienze ad opera <strong>di</strong> Noè e dei <strong>su</strong>oi figli<br />

ma, soprattutto, ab experientia.<br />

3 Su questo tema cfr. P. ROSSI, I segni del tempo…, cit.<br />

4 D. Carlo Petra Duca del Vasto-Girardo, Reggente, e Consigliere Decano nel Regio<br />

Consiglio <strong>di</strong> S. Chiara in Napoli, Cavaliere dell’Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Calatrava, etc., in G. GIMMA,<br />

Elogi accademici…, t. I, pp. 43-52.<br />

5 Id., pp. 43-44 <strong>su</strong>lla necessità dei magistrati invoca la testimonianza <strong>di</strong> Aristotele, Platone e<br />

99


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Gimma abbozza un quadro <strong>di</strong> violenza e soprusi che appartengono alla<br />

natura dell’uomo, la quale è inclinata al male e fa sì che, se non controllata<br />

e bilanciata dall’esercizio della giustizia – dovere dei magistrati sin dall’alba<br />

dei tempi – sia impossibile «che le nimicizie, le contese, e le turbolenze non<br />

nascano» 1 .<br />

In questo quadro un ruolo essenziale ricoprono i magistrati i quali, «come<br />

parte necessaria per la conservazione delle comunità, tutto se stessi<br />

applicarono alla osservanza delle leggi, e ad ispianarle colle loro opere» 2 .<br />

Essi sono responsabili della buona condotta dei citta<strong>di</strong>ni, della<br />

comprensibilità e giusta applicazione delle leggi.<br />

Per la questione relativa alle interconnessioni fra storia, <strong>di</strong>ritto e<br />

magistrature l’abate utilizza il materiale raccolto in Sylva I. Lì ha ben<br />

illustrato la funzione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione degli strumenti legislativi ed<br />

amministrativi per trasformare le tensioni presenti nelle comunità sociali in<br />

fattori <strong>di</strong> sviluppo. Nelle pagine de<strong>di</strong>cate alla Origine de’ Banchi della città<br />

<strong>di</strong> Napoli 3 , l’eru<strong>di</strong>to barese annota, ad esempio, che «havendo da scrivere<br />

una <strong>su</strong>ccinta narrativa dell’origine, progressi, e stato de’ Banchi <strong>di</strong> questa<br />

città, stimo opportuno principiarla con dar qualche notizia delle mense<br />

argentarie, che come usate in Roma vengono allo spesso mentionate da<br />

Giurecon<strong>su</strong>lti» 4 . Nelle opere giuri<strong>di</strong>che Gimma trova anche l’origine<br />

filologica del vocabolo ‘argentario’, il quale, benché abbia nelle leggi<br />

significato non univoco, «poiché viene confuso con quello <strong>di</strong> Mensario,<br />

Nummulario, Collibisto, e col vocabolo greco Trapezista […] sta dagl’autori<br />

eru<strong>di</strong>ti spiegato, che li Nummularii, e Collibista, e Trapezista erano quelli<br />

che permutavano il denaro con maggior prezzo con quello <strong>di</strong> minor valuta, o<br />

permutavano una moneta d’una Provincia con quella d’un altra regione» 5 .<br />

Per questa loro attività, gli argentari, non solo non sono <strong>di</strong>sprezzabili, come<br />

gli u<strong>su</strong>rai, ma, al contrario, sono utili alla società. Essi, infatti, «che col<br />

proprio nome latino erano nominati Men<strong>su</strong>arii, o men<strong>su</strong>larii non solo<br />

cambiavano le monete <strong>di</strong> maggior prezzo, ma appresso <strong>di</strong> loro i citta<strong>di</strong>ni<br />

Agostino.<br />

1<br />

Id., p. 44.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Cfr. G. GIMMA, Sylva I…, cit., pp. 627-639.<br />

4 Id., p. 627.<br />

5 Ib.<br />

100


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

facevano deposito del denaro, alcuni per sicurezza tenendo quelli denari<br />

deposti nel tempio <strong>di</strong> Castore, e Polluce, altri per haver certezza de’<br />

pagamenti, che si facevano per le compre, e ven<strong>di</strong>te registrati ne’ loro<br />

libri» 1 . Questi argentarii, o ‘mensarii’, quin<strong>di</strong>, «non si potranno uguagliare<br />

con i mercanti de’ nostri tempi, quali esercitano con autorità privata, ma<br />

solamente con i banchieri, che sono approvati con autorità de’ magistrati,<br />

come <strong>di</strong>ffusamente ne <strong>di</strong>scorre Menochio De arbitr. lib. 2, cas. 91» 2 . Era<br />

questo dei banchi, d’altronde, un costume antichissimo tipico «delle più<br />

industriose nationi» 3 . La storia è il filo rosso che lega le tante pagine delle<br />

Sylvae. Documenti e testi ricopiati e annotati costituiscono il materiale <strong>su</strong>l<br />

quale l’abate costruisce le <strong>su</strong>e riflessioni <strong>su</strong>lla storia e fa la storia. Essi<br />

saranno utilizzati nell’Idea dell’Istoria dell’Italia letterata 4 , ma sono al<br />

1 Id., pp. 627-628. Gimma aggiunge <strong>su</strong>bito dopo: «i detti Argentarii davano denaro sotto le<br />

permesse u<strong>su</strong>re. Questo loro esercitio era approvato con autorità publica, ed i loro libri<br />

facevano piena fede, anco a favore dello scribente».<br />

2 Id., p. 628. Il testo citato da Gimma è il De fide libri rationum Argentariorum,<br />

Banqueriorum, et Mercatorum nostri temporis, multa scitu non in<strong>di</strong>gna explicata, et ibi qui<br />

olim essent Argentarii, et qui Numularii, in Iacobi Menochii papiensis, iuris c.<br />

excellentissimi, Regiae Cathol. Maiest. Re<strong>di</strong>tum extraor<strong>di</strong>narium praesi<strong>di</strong>s, ac secretioris<br />

intimique Consilii conisliarii Me<strong>di</strong>olanensis, et olim in nobilissimo Cymnasio Patavino<br />

iuris Caesarei intepretis Primarii. De arbitrariis iu<strong>di</strong>cum quaestionibus et causis, centuriae<br />

sex quibus tota iuris pars, quae a iu<strong>di</strong>cum arbitrio et potestate pendet, perquam docte, late,<br />

et eleganer pertractatur, magno iu<strong>di</strong>scentium, docentium et <strong>di</strong>scentium commodo.<br />

Accesserunt postremae huic e<strong>di</strong>tioni eiusdem de a<strong>di</strong>piscenda, retinenda, et recuperanda<br />

possessione doctissima commentaria, item, responsa causae finariensis, a multis Italiae<br />

celeberrimus Iuriscon<strong>su</strong>ltis red<strong>di</strong>ta. Omnia nunc emendatius et or<strong>di</strong>natius quam antehac<br />

e<strong>di</strong>ta. Cum in<strong>di</strong>cibus locupletissimis, Genevae, apud Philippum Albertum, 1630, in<br />

particolare il Ca<strong>su</strong>s XCI, pp. 260-262.<br />

3 Id., p. 629.<br />

4 Cfr. G. GIMMA, Sylva III…, pp. 89-92. I testi utilizzati da Gimma in queste pagine sono<br />

numerosi e piuttsoto interessanti. Si tratta <strong>di</strong> J. FERRAULT, Tractatus seu privilegia aliqua<br />

regni Franciae, in Stilus Supremae Curiae parlamenti parisiensis […] cum novis<br />

annotationibus Do. Caroli Molinaei, Parisiis, apud Galeotum a Prato 1551; J. LE CIRIER,<br />

Jure primogeniture vel maiori natus, s. l., apud Reginaldum Chan<strong>di</strong>ere 1521; J. NAUCLER,<br />

Chronica […] compraehendentia res memorabiles seculorum omnium ac gentium, ab initio<br />

Mun<strong>di</strong> usque ad annum Christi nati M.CCCCC, 2 voll., Coloniae, apud Calenium, et<br />

Haeredes Iohannis Quentel, 1579; P. EMIL, Historiae iam denuo emendatae […], de rebus<br />

gestis Francorum, a Pharamundo primo rege usque ad Carolum octavum, libri X. Arnol<strong>di</strong><br />

Ferroni Bur<strong>di</strong>galensis […] de rebus gestis Gallorum libri IX ad historiam Pauli Aemilii<br />

ad<strong>di</strong>ti, a Carolo octavo usque ad Henricum II ad huius historiae lucem, in fine a<strong>di</strong>unctum<br />

est: Chronicon Ioan. Tilii de Regibus Francorum, a Pharamundo usque ad Henricum II,<br />

Basileae per Sixtum Henricpetri, 1569; R. GAGUIN, Rerum gallicarum annales, cum<br />

Huberti Velleii <strong>su</strong>pplemento, Francofurti ad Moenum, Ex officina Typographica And.<br />

Wechelix, 1577; G. DE TOURS, Historiae Francorum libri decem, Basileae, per Petrum<br />

101


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

fondo delle osservazioni presenti negli Elogi. Così è, ad esempio, per Sylva<br />

III dove Gimma analizza, da una parte, il problema dell’origine storica <strong>di</strong><br />

una legge, risalendo al mitico re-legislatore; dall’altra opera una acuta, e<br />

dura, critica della storiografia e della politica francese che cercano la loro<br />

legittimazione proprio <strong>su</strong> leggi mitiche: «vantano i Franchi per comune<br />

sentimento degli Storici l’origine da Troiani» 1 . Quanto alla loro legge<br />

Salica, riferita da Giovanni Feral<strong>di</strong> – «nulla portio haere<strong>di</strong>tas de Terra Salica<br />

mulieri veniat, sed ad virilem sexum tota haere<strong>di</strong>tatis perveniat» 2 – fatta<br />

risalire al re Faramondo, «non costa che, veramente Faramondo sia stato Re,<br />

perché non costa dove abbia egli regnato, non nelle vicinanze del Reno, nè<br />

nella Franconia, o Orientale Francia» 3 . I Franchi, commenta Gimma,<br />

vengono da qualche angolo deserto della Germania o vicino al Reno dove,<br />

costruiti alcuni tuguri, vivevano miseramente riuscendo appena a<br />

sopravvivere 4 ; non avevano <strong>su</strong>fficiente ampiezza <strong>di</strong> territorio per creare un<br />

re, né potevano riven<strong>di</strong>care un qualsiasi ius sopra quel paese, che<br />

apparteneva ad un altro re legittimo, «sicché non Re, ma appena capo de’<br />

fuorusciti si potea <strong>di</strong>re, e <strong>di</strong> gente raminga» 5 . La storia è anche, nelle mani<br />

<strong>di</strong> Gimma, strumento per mettere a nudo le contrad<strong>di</strong>zioni degli storici: a chi<br />

sostiene che la legge Salica non fosse opera <strong>di</strong> Faramondo, ma dal re<br />

Pipino 6 , si oppone Jean Naucler per il quale la legge Salica deve il <strong>su</strong>o nome<br />

a Salagasto 7 ; mentre Paul Emil, dal <strong>su</strong>o canto, <strong>di</strong>sse, che il nome è dovuto al<br />

fiume Sala, da cui furono i Francesi detti Salii 8 : «A Sala flumine Salios<br />

Francos initio <strong>di</strong>ctos, <strong>su</strong>nt qui tradunt, atque inde Salicam legem<br />

nuncupatam» 9 . Gimma commenta: «non so capire, come dalla mente <strong>di</strong> due<br />

Pernam, 1568; O. TORTORA, Historia <strong>di</strong> Francia, In Venetia, appresso Gio. Battista Ciotti,<br />

1619.<br />

1 G. GIMMA, Sylva III…, p. 89.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib.: «e se abitavano in qualche ridotto o angolo del Reno, erano pochi quelli Franchi, i<br />

quali avanzarono dalla rovina <strong>di</strong> Sicambria, alla Palude Meolide, e dalla strage delle genti<br />

<strong>di</strong> Valentiniano Imperatore a cui ricusavano dare tributi».<br />

4<br />

Cfr. id., p. 224.<br />

5<br />

Ib.<br />

6<br />

Ib.: «onde Gio. le Cirier dottor Parigino, […] allega gli Autori, che <strong>di</strong>cono che fuit con<strong>di</strong>ta<br />

a Rege Pipino in <strong>di</strong>e S. Joannis Baptistae, celebrata missa».<br />

7<br />

Ib.: «A Salgasto lex Salica nomen accepit».<br />

8 Id., pp. 224-225.<br />

9 Id., p. 225. E <strong>su</strong>bito dopo: «Il Feral<strong>di</strong> loco citato <strong>di</strong>ce est nominata Salica a loco<br />

Saletham, ubi con<strong>di</strong>ta est. Roberto Gaguino Storico Francese nella Vita <strong>di</strong> Faramondo<br />

102


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

autori <strong>di</strong> tanto grido sia uscita tanta semplicità» 1 . Se le leggi sono istituite<br />

per la riforma dei costumi, quei costumi non poterono essere affinati dalla<br />

legge Salica, la quale co<strong>di</strong>fica «una ingiustizia aperta, ch’è l’esclusione delle<br />

femmine dalla ragione ere<strong>di</strong>taria del Regno» 2 . Gimma andava al <strong>di</strong> là della<br />

<strong>di</strong>scussione <strong>su</strong> <strong>di</strong> una legge. Gli storici francesi, sottolineava, si erano fatti<br />

<strong>di</strong>fensori della pretesa <strong>di</strong> assolutezza dei re <strong>di</strong> Francia 3 , sicché i Francesi<br />

ritengono <strong>di</strong> poter «rapire l’altrui» 4 , ma, quando debbono alienare le<br />

province conquistate, o restituire quelle u<strong>su</strong>rpate, si appellano agli articoli<br />

della legge Salica 5 .<br />

Questa analisi, che va indubbiamente pensata all’interno della polemica<br />

Orsi-Bouhours, permette <strong>di</strong> rilevare comunque il complesso intreccio<br />

concettuale con il quale Gimma si affatica: origine delle leggi e loro<br />

vali<strong>di</strong>tà, indagine storica che sveli le menzogne delle favole con le quali si<br />

pretende <strong>di</strong> donare vali<strong>di</strong>tà a leggi ingiuste, e la funzione dei magistrati i<br />

quali debbono sapere interpretare le leggi e renderne edotti i citta<strong>di</strong>ni.<br />

Infine, ma forse soprattutto, l’intreccio fra storiografia e stu<strong>di</strong>o delle leggi<br />

può fornire un aiuto fondamentale nell’indagine storica, un’esplorazione che<br />

non si ferma solo allo stu<strong>di</strong>o delle origini – siano esse origini del genere<br />

umano, o origine dei banchi – ma <strong>di</strong>venta attenzione critica, sguardo storico<br />

rivolto ai fenomeni della contemporaneità.<br />

4. Gli Elogi accademici. Problemi filosofici e scientifici<br />

Natura umana inclinata al male, leggi istituite per la riforma dei costumi,<br />

necessità delle magistrature per la convivenza civile: sono queste le note più<br />

interessanti che troviamo in queste prime opere <strong>di</strong> Gimma, sia a stampa sia<br />

manoscritte 6 . Per Gimma – e quanto in questo convincimento vi sia <strong>di</strong><br />

asserisce: Sicut cibi con<strong>di</strong>mentum custosque Sal est, ita Saliqua lex Francorum moribus<br />

con<strong>di</strong>mentum extitit vitae melioris: cum ante e<strong>di</strong>tam legem incomposite viverent, nihil satis<br />

temperanter operantes; le stesse parole si trovano appresso il Feraldo».<br />

1<br />

Ib.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib.: «Pretendono i Re <strong>di</strong> Francia essere assoluti monarchi del loro Reame, e che solo tal<br />

legge sia loro <strong>su</strong>periore, e per la stessa si mostrano così zelanti, che si fanno lecito rompere<br />

ogni protesta, ogni patto, ogni accordo».<br />

4<br />

Id., pp. 225-226.<br />

5<br />

Cfr. id., p. 226.<br />

6<br />

Su questo tema, a titolo puramente in<strong>di</strong>cativo ritengo ancora valide le parole <strong>di</strong>. N.<br />

BADALONI, Introduzione a G. B. VICO, Opere giuri<strong>di</strong>che. Il <strong>di</strong>ritto universale, a cura <strong>di</strong> P.<br />

103


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

giansenistico rimane tutto da verificare 1 - la natura umana è inclinata al<br />

male. Accanto a questa convinzione è presente una consapevole critica e un<br />

deciso rifiuto non tanto dei ri<strong>su</strong>ltati che si riverberano, ad esempio, nel<br />

<strong>di</strong>ritto o nelle scienze della natura, quanto delle dottrine filosofiche che<br />

potevano esserne alla base: giansenismo, molinismo, lucrezismo ateo.<br />

Gimma è sicuramente a conoscenza delle vicende che avevano<br />

accompagnato la vita dell’Accademia degli Investiganti. Come ricordemo,<br />

ricopia l’Istoria filosofica in Sylva III. E molti interpreti hanno evidenziato<br />

la presenza a Napoli <strong>di</strong> tematiche giansenistiche: De Giovanni, ad esempio,<br />

ricorda che a Napoli «molinosiani, gassen<strong>di</strong>ani, cartesiani, atomisti, furono<br />

egualmente avversati dalla polemica scolastica, e contro <strong>di</strong> essi, con<br />

singolare ma comprensibile concordanza, mossero l’avvertimento e la<br />

<strong>di</strong>ffidenza ecclesiastiche» 2 . Del resto, proprio in quegli anni, De Bene<strong>di</strong>ctis<br />

Cristofolini, Firenze, Sansoni, 1974, p. XVI in cui l’autore ricorda che la cultura napoletana<br />

del ‘600 «mostrasse una esigenza comune e due linee <strong>di</strong>vergenti. La esigenza comune era<br />

giustificata dalla necessità <strong>di</strong> dare al potere politico una <strong>su</strong>a in<strong>di</strong>pendenza ed autonomia<br />

rispetto alle concezioni teocratiche e lassistiche; <strong>su</strong>l modo <strong>di</strong> concretizzare tale autonomia,<br />

la cultura giuri<strong>di</strong>ca meri<strong>di</strong>onale mi sembrava <strong>di</strong>visa tra due linee, una delle quali,<br />

apoggiandosi a Grozio, tendeva a dare un significato unitario ed una fonte incontrovertibile<br />

ad una legislazione che tuttavia manteneva alcuni caratteri <strong>di</strong> benignitas e reinterpretava in<br />

questa nuova luce temi che da Erasmo in poi avevano con<strong>di</strong>zionato la cultura giuri<strong>di</strong>ca<br />

europea penetrando anche nelle formulazioni cattoliche del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> natura e persino in<br />

talune tematizzazioni lassistiche; la seconda, invece, riallacciandosi ad una idea<br />

pessimistica della natura umana, sentiva il bisogno <strong>di</strong> riferire più <strong>di</strong>rettamente il <strong>di</strong>ritto<br />

naturale alla auctoritas della ragione […] rinunciando preliminarmente a filtrarlo attraverso<br />

una interpretazione del <strong>di</strong>ritto naturale che lo con<strong>di</strong>zionasse nella <strong>di</strong>rezione della<br />

benignitas. Per quando riguarda la prima corrente mi riferivo esplicitamente al nome <strong>di</strong><br />

Giuseppe Valletta. Per quanto riguarda la seconda mi riferivo a quello <strong>di</strong> G. V. Gravina».<br />

Su Grozio, figura centrale nel panorama dei moderni a Napoli, cfr. F. LOMONACO, Lex<br />

regia. Diritto, filologia e fides historica nella cultura politico-filosofica dell’Olanda <strong>di</strong> fine<br />

seicento, Napoli, Guida, 1990.<br />

1 N. BADALONI, Introduzione a Vico…, cit., p. 229: «ritengo che si possa parlare <strong>di</strong><br />

giansenismo a Napoli quando confluiscono insieme i seguenti elementi: 1. Motivi<br />

regalistici e laicizzanti. 2. Una teoria della natura come malvagia (o almeno non buona) ed<br />

una teoria della grazia, cioè <strong>di</strong> un aiuto che viene decisamente e ra<strong>di</strong>calmente dall’alto<br />

<strong>su</strong>ll’uomo. Il punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione può essere in<strong>di</strong>viduato in questo: se è dalla natura che<br />

viene il <strong>su</strong>ggerimento al bene (con tutte le limitazioni che questo principio può <strong>su</strong>bire in<br />

sede <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione teologica), ivi non si può parlare <strong>di</strong> giansenismo». Sulla sterminata<br />

bibliografia che negli anni <strong>su</strong>ccessivi alla pubblicazione del libro <strong>di</strong> Badaloni si è<br />

accumulata si può ancora fare riferimento alle in<strong>di</strong>cazione che lo stesso Badaloni fornisce<br />

in Introduzione a Vico, Laterza, Bari, 1988.<br />

2 Cfr. B. DE GIOVANNI, Cultura e vita civile in G. Valletta…, cit., p. 12. A pp. 9-13 De<br />

Giovanni richiama l’attenzione <strong>su</strong>ll’importanza del pensiero <strong>di</strong> Miguel Molinos il quale<br />

«sia pure attraverso una sottile serie <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azioni culturali» <strong>di</strong>venta uno «strumento dei<br />

104


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

intrecciava la <strong>su</strong>a strenua <strong>di</strong>fesa della scolastica con la critica della filosofia<br />

cartesiana e delle perverse eresie che si erano infiltrate a Napoli, soprattutto<br />

il giansenismo 1 . Anche quando Gimma scrive, il giansenismo è lo spettro da<br />

combattere. E l’abate frequenta anche dei giansenisti, o almeno pre<strong>su</strong>nti tali,<br />

e, almeno in un caso, interviene in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> un <strong>su</strong>o amico accusato <strong>di</strong><br />

giansenismo, Biagio Maioli d’Avitabile 2 . Anche in questa occasione,<br />

novatori napoletani» (ID., p. 11). Su questi temi comunque, cfr. ancora A. CORSANO,<br />

Umanesimo e religione in G. B. Vico, Bari, Laterza, 1935, in particolare pp. 112-113. Su<br />

Valletta, cfr. M. RAK, La parte istorica…, cit.<br />

1 Cfr. G. DE LIGUORI, La reazione a Cartesio nella Napoli del Seicento…, cit. Sulle<br />

polemiche fra l’Aletino e Grimal<strong>di</strong>, cfr. V. I. COMPARATO, Ragione e fede nelle <strong>di</strong>scussioni<br />

istoriche, teologiche e filosofiche <strong>di</strong> Costantino Grimal<strong>di</strong>, in Saggi e ricerche <strong>su</strong>l<br />

settecento…, cit., pp. 48-93. Sulla <strong>di</strong>ffusione del giansenismo a Napoli e <strong>su</strong>lle polemiche<br />

del De Bene<strong>di</strong>ctis – traduttore dei Ragionamenti <strong>di</strong> Cleandro e Eudosso sopra le Lettere al<br />

Provinciale recati nell’italiana favella, del Ge<strong>su</strong>ita Gabriel Daniel, Napoli, Raillard, 1694<br />

– cfr. C. A. JEMOLO, Il giansenismo in Italia prima della rivoluzione, Bari, Laterza, 1928;<br />

R. DE MAIO, Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna (1656-1799), Napoli, ESI,<br />

1971; L. OSBAT, L’inquisizione a Napoli…, cit.; P. SPOSATO, Le lettere provinciali <strong>di</strong><br />

Biagio Pascal e la loro <strong>di</strong>ffusione a Napoli durante la rivoluzione intellettuale della<br />

seconda metà del secolo XVII, Tivola, A. Chicca, 1960; S. MASTELLONE, Pensiero politico<br />

e vita culturale a Napoli nella seconda metà del Seicento, Firenze-Messina, D’Anna, 1969;<br />

V. I. COMPARATO, Memorie <strong>di</strong> un anticurialista del Settecento, Firenze, Olschki, 1975; M.<br />

AGRIMI, <strong>Descartes</strong> nella Napoli del Seicento, in <strong>Descartes</strong>: il metodo e i saggi…, cit., pp.<br />

545-586.<br />

2 Cfr. anche V. I. COMPARATO, Ragione e fede nelle <strong>di</strong>scussioni istoriche…, cit., p. 52<br />

passim. quanto a Biagio Maioli d’Avitabile, la <strong>su</strong>a opera Lettere Apologetiche Teologicomorali<br />

scritte da un Dottor Napoletano a un Letterato Veneziano. De<strong>di</strong>cate all’Altezza<br />

Serenissima D’Emanuel Maurizio <strong>di</strong> Lorena Principe d’Elbeuf […], in Avignone, appresso<br />

Pietro Offray, 1709, e alla polemica antige<strong>su</strong>itica e filogiansenista che in esse traspariva,<br />

questa scatenò una violenta polemica quando Giovanni Crisostomo Scarfò, con lo<br />

pseudonimo <strong>di</strong> Crisofano Car<strong>di</strong>electi, pubblicò una Giunta al primo tomo del Giornale de’<br />

Letterati d’Italia a cui gli autori del Giornale risposero ufficialmente, e con grande durezza,<br />

nelle Novelle Letterarie d’Italia dell’Aprile, Maggio, e Giugno, MDCCXII – <strong>di</strong> Napoli,<br />

«Giornale de’ Letterati d’Italia», X, 1712, art. XIII, pp. 519-522 dove si contesta a Scarfò <strong>di</strong><br />

aver voluto <strong>di</strong>fendere Biagio Maioli d’Avitabile «a cui siccome dà gran<strong>di</strong>ssime lo<strong>di</strong>, così<br />

v’ingiuria, e maltratta orribilmente varie persone ecclesiastiche e religiose […] e quello che<br />

<strong>su</strong>pera ogni maraviglia, cerca <strong>di</strong> sostenere alcuni libri dannati dalla Santa Sede Apostolica,<br />

e tra gli altri le Lettere Apologetiche del Sig. Avitabile, tanti soggetti degnissimi […] anzi<br />

abbiamo in pronto sicuri fondamenti <strong>di</strong> poterne convincere il P. Scarfò <strong>di</strong> manifesta<br />

impostura». Gimma si adoperò, nel <strong>su</strong>o carteggio con Vallisneri, in <strong>di</strong>fesa dell’avvocato,<br />

eru<strong>di</strong>to napoletano e accademico arcade Biagio Maioli d’Avitabile, soprattutto nello sforzo<br />

che quest’ultimo fece per asserire la propria estraneità alle iniziative e<strong>di</strong>toriali <strong>di</strong> Scarfò,<br />

che pure aveva <strong>di</strong>feso strenuamente le <strong>su</strong>e Lettere Apologetiche… dagli attacchi del<br />

«Giornale de’ Letterati d’Italia» che, prima, ne aveva fornito un estratto molto critico,<br />

mettendo in rilievo le implicazioni filo-giansenistiche e anti-ge<strong>su</strong>itiche dell’opera<br />

(«Giornale de’ Letterati d’Italia», I, 1710, art. VIII, pp. 261-267) e poi, nelle Novelle<br />

Letterarie d’Italia del Gennaio, Febbraio e Marzo, MDCCXII-Di Roma, «Giornale de’<br />

105


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

tuttavia, Gimma cercherà <strong>di</strong> fornire una genealogia ‘ortodossa’ delle correnti<br />

della filosofia moderna, utilizzando anche le argomentazioni dei più feroci e<br />

intelligenti avversari dei moderni, come l’Aletino o il me<strong>di</strong>co Luca Tozzi,<br />

quest’ultimo, come ricorderemo, socio dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano 1 . È una<br />

tecnica per lui abituale che metterà in atto anche, ad esempio, nei casi <strong>di</strong><br />

Giordano Bruno e del medesimo <strong>Descartes</strong>. In alcuni casi, tuttavia,<br />

l’atteggiamento <strong>di</strong> Gimma è più netto. La <strong>su</strong>a condanna <strong>di</strong> Giuseppe-<br />

Francesco Borri, contenuta nell’elogio de<strong>di</strong>cato a Carlo-Bartolomeo Piazza,<br />

intreccia le riserve <strong>di</strong> carattere scientifico a quelle <strong>di</strong> carattere religioso:<br />

Borri viene presentato come «una <strong>di</strong> quelle api […], le quali ore mella<br />

ferunt; sed aculei pungunt simbolo <strong>di</strong> quegli uomini, che primo <strong>di</strong>stillant<br />

ore dulce<strong>di</strong>nem, sed postmodum spargunt aculeatae falsitatis errorem»: e<br />

bene ha fatto Piazza a denunciarlo: «fu il primo a manifestare<br />

all’Arcivescovo la <strong>di</strong> lui perniciosa dottrina […], allorchè nel Seminario<br />

Maggiore fu laureato nelle Leggi» 2 . Niente più che un breve accenno a<br />

Letterati d’Italia», IX, 1712, art. XIV, p. 468, comunicò che «Ai do<strong>di</strong>ci del passato Gennaio<br />

furono a pieni voti dannate dalla Sacra Congregazione dell’In<strong>di</strong>ce le Lettere Apologetiche<br />

del Sig. Biagio Majoli de Avitabile, cen<strong>su</strong>rate nel […] Giornale». Nella lettera <strong>di</strong> Gimma a<br />

Vallisneri del 9 settembre 1713, l’abate insiste <strong>su</strong>l fatto che «il Sig.r Biagio <strong>di</strong> Avitabile<br />

m’è carissimo amico; ed assai affettuoso ancora <strong>di</strong> V. S. Ill.ma e, quando il Padre Scarfò<br />

stava fuori <strong>di</strong> Napoli, uscirono tre <strong>su</strong>oi opuscoli insieme, non un solo, sicché non corre la<br />

ragione che apporta per prova. Né posso io credere, che il detto Sig.r Avitabile abbia voluto<br />

scrivere contro il Sig.r Muratori, tra gli altri, con cui ha servitù, ed ora appunto corregge la<br />

stampa del libro dello stesso, che si fa in Napoli col titolo <strong>di</strong> Riflessioni sopra il Buon gusto<br />

delle scienze ec. […] ho stimato espe<strong>di</strong>ente, che i Sig.ri giornalisti possano stampare una<br />

<strong>di</strong>chiarazione da farsi dal Sig. Avitabili, in cui non solo si <strong>di</strong>chiari che quella lettera (scil.<br />

l’intervento <strong>di</strong> Scarfò) non è <strong>su</strong>a, ma lo<strong>di</strong> ancora gli autori <strong>su</strong>ddetti (scil. gli autori criticati<br />

da Scarfò), e l’assicuro che sarà pronto ad ogni altra <strong>di</strong>chiarazione, secondo gli or<strong>di</strong>ni che<br />

riceverà da giornalisti». Il rapporto <strong>di</strong> Gimma con Avitabile era molto stretto, al punto che,<br />

come spiega Gimma nella stessa lettera, l’avvocato napoletano lo assiste «alla correzione<br />

della mia opera». Con la me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> Gimma e <strong>di</strong> Vallisneri comparve infine la<br />

<strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> Maioli d’Avitabile nelle Novelle Letterarie d’Italia, del Luglio, Agosto, e<br />

Settembre MDCCXIII – Di Napoli, «Giornale de’ Letterati d’Italia», XV, 1713, art. XVIII,<br />

pp. 453-456. Tutta la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Gimma, comunque, è <strong>su</strong>l versante ‘letterario’ e ‘<strong>di</strong>plomatico’<br />

dei rapporti dell’amico con l’ambiente del Giornale mentre non si fa mai cenno alle<br />

problematiche religiose; <strong>su</strong> tutto questo cfr. l’eccellente ricostruzione che fornis ce il<br />

curatore in A. VALLISNERI, Epistolario, Vol. II 1711-1713, a cura <strong>di</strong> D. Generali, Milano,<br />

Franco Angeli, 1998, pp. 199-202.<br />

1 Su Luca Tozzi, cfr. E. GARIN, Luca Tozzi o la filosofia dei me<strong>di</strong>ci, in «Rivista critica <strong>di</strong><br />

storia della filosofia», XXVII (1972), n. 1, pp. 75-78; A. DINI, Filosofia della natura,<br />

me<strong>di</strong>cina, religione…, cit.; S. SERRAPICA, Note napoletane alle ‘Passioni dell’anima’, in<br />

«Giornale Critico della Filosofia italiana» , LXXV (1996), pp. 476-494.<br />

2 Ab. Carlo-Bartolomeo Piazza degli Oblati <strong>di</strong> Milano, Arciprete <strong>di</strong> S. Maria in Cosme<strong>di</strong>n<br />

106


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Borri, ma molto significativo: Borri incarna la figura del me<strong>di</strong>co ‘ciarlatano’<br />

opposta a quella che Gimma prefigura in Musitano o Vallisneri, lontani<br />

certamente da ogni chimera magico–ermetica.<br />

Mi limiterò ad analizzare solo alcuni degli elogi – quelli dell’eru<strong>di</strong>to<br />

Magliabechi e quello del me<strong>di</strong>co Meninni in particolare – dai quali è<br />

possibile trarre le linee teoriche del percorso <strong>di</strong> Gimma <strong>su</strong>i due aspetti<br />

centrali del <strong>su</strong>o pensiero: la ‘biblioteca’, come luogo ideale <strong>di</strong> raccolta <strong>di</strong><br />

tutto il sapere, ossia l’encyclopae<strong>di</strong>a, e la me<strong>di</strong>cina. In tutt’e due i casi<br />

Gimma arricchisce la <strong>su</strong>a analisi <strong>di</strong> osservazioni utili a chi le due<br />

professioni, rispettivamente quella dell’eru<strong>di</strong>to o quella del me<strong>di</strong>co, svolge.<br />

Tessendo le lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> Antonio Magliabechi Gimma dà una mappa dell’intero<br />

e<strong>di</strong>ficio del sapere in tutte le <strong>su</strong>e complesse articolazioni 1 . A <strong>su</strong>o giu<strong>di</strong>zio<br />

l’eru<strong>di</strong>to deve possedere pienamente le dottrine filologiche – l’arte scrittoria,<br />

la ‘glottomatia’, ‘l’ortoepeia’, l’ortografia e la grammatica, accanto alla<br />

rettorica e alla mnemonica – che costituiscono la base fondamentale per la<br />

cognizione delle scienze storiche e poetiche 2 . Quanto alle scienze fisiche,<br />

l’eru<strong>di</strong>to «specola i naturali principi, la natura, le cagioni, il moto, l’infinito,<br />

il luogo, e’l vacuo, il tempo, e la quantità nelle cose, la generazione, e<br />

creazione, l’alterazione, e pasione, gli elementi, e l’anima, che negli<br />

Uomini, ne’ bruti, e ne’ vegetanti <strong>di</strong>versamente si truova: conoscendo la<br />

natura dell’Uomo stesso coll’Antropologia: de’ quadrupe<strong>di</strong>, e de’ pesci, de’<br />

serpenti, degli uccelli, degl’insetti, e de’ mostri colla Zoologia: dell’erbe,<br />

degli alberi, de’ fiori, de’ frutti, e de’ Vegetabili tutti colla Fitologia: de’<br />

Metalli, de’ minerali, e de’ misti colla Minerografia: delle gemme, e <strong>di</strong> tutto<br />

quello, che nel globo terraqueo si produce». Non solo: con la Magia<br />

conosce le meraviglie che si formano con la Chimica, o con le Matematiche,<br />

o con le forze soprannaturali, e soprattutto con la <strong>su</strong>perstizione; con la<br />

Me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong>stingue le parti del corpo (Gimma identifica in questo caso in<br />

<strong>di</strong> Roma, Con<strong>su</strong>ltore della Sacra Congregazione dell’In<strong>di</strong>ce, ecc., in Id., pp. 55-56. Su<br />

Giuseppe Francesco Borri, cfr. G. COSMACINI, Il me<strong>di</strong>co ciarlatano…, cit., che mette in<br />

luce il controverso rapporto <strong>di</strong> Borri con la Chiesa Romana e l’ambiente me<strong>di</strong>co della <strong>su</strong>a<br />

epoca.<br />

1 Cfr. Antonio Magliabecchi Bibliotecario del Gran Duca <strong>di</strong> Toscana, G. GIMMA, Elogi<br />

accademici…, t. I, p. 63: «Volle dare Id<strong>di</strong>o all’Uomo un intelletto, con cui fosse valevole a<br />

comprendere tutto ciò, che della <strong>su</strong>a Onnipotenza fu opera, e farlo capacissimo delle<br />

cognizioni delle Scienze, per iscovrire le cagioni, e gli effetti delle cose naturali; anzi<br />

specolar col loro mezo quelle ancora, che son fuori della Natura».<br />

2 Cfr. id., p. 64.<br />

107


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

maniera forzata, ma anche in<strong>di</strong>cativa degli orientamenti del tempo, me<strong>di</strong>cina<br />

ed anatomia) e stu<strong>di</strong>a anche la generazione dell’uomo e dei bruti; e ancora i<br />

temperamenti, la varietà dei cosiddetti umori, il chilo, la circolazione del<br />

sangue, gli spiriti, le facoltà, i sensi, i morbi, i me<strong>di</strong>camenti, e le cure. Le<br />

matematiche vengono ulteriormente ripartite in Geometria, che per mezzo<br />

dei punti, delle linee, della <strong>su</strong>perficie, degli angoli, e dei corpi stu<strong>di</strong>a le<br />

mi<strong>su</strong>re della Terra; in Aritmetica che indaga la ragione dei numeri; in<br />

Musica che stu<strong>di</strong>a la varietà dei toni; in Ottica che si occupa <strong>di</strong> tutto quel<br />

«che per <strong>di</strong>ritto raggio si vede» 1 ; in Catoptrica che esamina i raggi riflessi<br />

negli specchi, siano essi piani, concavi o convessi, e anche negli specchi<br />

parabolici, ellittici, negli iperbolici; in Diottrica, il cui oggetto precipuo è<br />

costituito dai «raggi rotti ne’ Cannocchiali, negli Engiscopi, e ne’<br />

Microscopi» 2 ; in Orolagrafia, con la quale è possibile costruire gli orologi e<br />

i planetari per le ombre o <strong>di</strong> ruote, o ci acqua, o <strong>di</strong> sabbia; in Prospettiva che<br />

concerne pittura e scultura. Il lunghissimo elenco si conclude con una<br />

curiosa mistione <strong>di</strong> scienze piuttosto <strong>di</strong>sparate: da una parte la Cronologia<br />

che ha il compito – essenziale – <strong>di</strong> stabilire «le mi<strong>su</strong>re de’ tempi», la Statica<br />

che deve invece stabilire i pesi (e qui l’eco degli esperimenti <strong>di</strong> Torricelli è<br />

probabilmente più che presente), l’Architettura che costruisce gli e<strong>di</strong>fici con<br />

simmetria, l’Architettonica Polemica che invece si de<strong>di</strong>ca alla fortificazione<br />

delle città e «altre dottrine, che membri loro si <strong>di</strong>cono» 3 ; dall’altra «le parti<br />

della stessa Matematica» che «intende coll’Uranologia l’intelligenza de’<br />

Cieli: colle Astronomiche la cognizione delle Stelle: coll’Aerologia le<br />

regioni dell’Aria, e le Meteore, che in esse si compongono: colla Geografia<br />

la descrizione della Terra: coll’Idrografia la <strong>di</strong>versità de’ Mari, e delle<br />

acque: colla Nautica il navigare: coll’Idrostatica il peso dell’acque<br />

medesime: colla Pirologia la generazione del fuoco, e colla Meccanica la<br />

ragione delle Arti tutte, che all’Agricoltura, alla Fabrile, alla Militare, alla<br />

Cacciatrice, alla Pastura, ed alla Tessitrice si riducono» 4 .<br />

Gimma dà le linee del sapere enciclope<strong>di</strong>co che ha già realizzato nella <strong>su</strong>a<br />

Encyclopae<strong>di</strong>a e che rimarrà una costante del <strong>su</strong>o pensiero. Occorre però<br />

anche tener presente che l’elogio è de<strong>di</strong>cato ad Antonio Magliabecchi<br />

1 Ib.<br />

2 Ib.<br />

3 Ib.<br />

4 Id., pp. 64-65.<br />

108


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Bibliotecario ed è come se, in queste che sono le prime pagine in cui l’abate<br />

delinea un quadro generale del sapere, venisse anche prefigurata una<br />

biblioteca ideale, i settori ch’essa dovrebbe presentare e l’or<strong>di</strong>namento<br />

teorico che dovrebbe sostenerla 1 . Istanza enciclope<strong>di</strong>ca e organizzazione<br />

dello spazio de<strong>di</strong>cato alle scienze procedono <strong>di</strong> pari passo; e sempre prevale<br />

l’esigenza della classificazione per ‘generi’ e ‘specie’. Le ‘ontologie<br />

regionali’, se così si può <strong>di</strong>re, fissate da Gimma non corrispondono in nulla<br />

alle classificazioni moderne – basti pensare all’albero delle scienze <strong>di</strong><br />

<strong>Descartes</strong> – e in gran parte scompariranno anche quando si metterà mano<br />

1 A questo proposito, cfr. A. JURILLI, Aristotelici e Investiganti nella biblioteca <strong>di</strong> un abate<br />

‘Fin de Siècle’…, cit. A proposito della componente enciclope<strong>di</strong>ca nel sapere dell’uomo <strong>di</strong><br />

scienza anche la decisione <strong>di</strong> Tremigliozzi <strong>di</strong> ritornare a stu<strong>di</strong>are e <strong>di</strong> seguire gli<br />

insegnamenti <strong>di</strong> Cornelio e Bartoli, seppure in<strong>di</strong>cativa, viene comunque inserita da Gimma<br />

in un contesto teorico che prevede che «la cognizione, della quale ha ella (scil. la me<strong>di</strong>cina)<br />

bisogno» si costituisca come un ambito estremamente vario: «molto ampio è il campo delle<br />

cose, la cui natura va investigando […] colla Notomia la maravigliosa fabbrica dell’Uomo,<br />

la cute, la carne, le ossa, le cartilagini, i muscoli, i nervi, le parti destinate alla nutrizione, ed<br />

a propagar la spezie, la struttura del cuore, del celabro [sic!], gli organi, che a’ loro ufici<br />

ministrano, e le cose più minute, che in ciascheduna parte del corpo considerar si possono».<br />

Con la fisiologia considera «la natura <strong>di</strong> sì gran fabbrica, la <strong>su</strong>a generazione, quei che han<br />

nome <strong>di</strong> temperamenti, e <strong>di</strong> umori, il chilo, la circolazione del sangue, gli spiriti, le facoltà,<br />

i sensi; passa coll’aiuto dell’Etiologica alle cagioni, che son’atte a conservarla, o a<br />

<strong>di</strong>struggerla, ed alle cagione anche de’ morbi, esaminando l’aria, i cibi, le bevande, il moto<br />

e quiete, il sonno, e la vegghia, e le altre cose intorno gli effetti dell’animo; conosce le crisi,<br />

le varietà de’ polsi, la respirazione, e i segni tutti della Semiotica: le rotture delle ossa, i<br />

tumori, le ulcere, e le ferite colla Cirurgica [sic!], e si serve della Chimica per uso della<br />

Farmaceutica; acciocchè formando i proporzionati me<strong>di</strong>camenti, gli unguenti, e le bevande<br />

per la cura de’ morbi stessi, instituir possa un’ottima Terapeutica. Desiderosa <strong>di</strong> saper le<br />

forze <strong>di</strong> tutto ciò, che dalla Natura si produce, ricorre alla Zoologia per apprendere la<br />

cognizione degli animali o quadrupe<strong>di</strong> colla Tetrapodologia, o ferini colla Terologia, o<br />

volatili colla Ornitologia, o serpenti colla Osiologia, acquatici colla Ictiologia; o Zoofiti, o<br />

insetti, o anfibi, o mostruosi, o <strong>di</strong> antra natura colle loro Facoltà; anzi per lo regno<br />

vegetabile, e metallico vagando, sa la virtù dell’erbe dalla Botanica, de’ frutti dalla<br />

Tamnologia, degli alberi dalla Dendrologia, de’ minerali dalla Nerterologia, de’ metalli<br />

dalla Metallografia; e <strong>di</strong> tutto quello, che nella Terra si genera, da altre Dottrine la notizia<br />

riceve». Oltre a tutto questo il povero me<strong>di</strong>co deve anche conoscere Latino, Greco e Arabo,<br />

ed essere pratico <strong>di</strong> poetica, retorica, storia, geometria, cosmografia, topografia, musica,<br />

astronomia, e <strong>di</strong> tutte le matematiche - «anzi delle Scienze tutte» - e naturalmente il me<strong>di</strong>co<br />

non potrà «giu<strong>di</strong>car la malattia» dagli occhi e dal volto dell’uomo se non è anche pratico<br />

della «fisionomia». Senza <strong>di</strong>menticare l’Ottica, e l’Astronomia, anche perché,<br />

«cagionandosi molti morbi dalle influenze delle Stelle, cioè dal lume, e dal calore delle<br />

medesime», un bravo me<strong>di</strong>co non può farsi cogliere impreparato. Affermazione questa che<br />

ha una valenza retorica, e forse ironica, poiché Gimma, e con lui Tremigliozzi, era<br />

fortemente scettico nei confronti <strong>di</strong> ipotetiche influenze astrali <strong>su</strong>lla vita umana (G. GIMMA,<br />

Elogi Accademici…, t. II, cit., pp. 153-155).<br />

109


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

alla costruzione delle ‘enciclope<strong>di</strong>e’ moderne 1 . All’abate, in questo elogio,<br />

interessa in realtà solo delineare una geografia concettuale e tracciare, sia<br />

pure sommariamente, i confini delle varie <strong>di</strong>scipline <strong>di</strong> cui si compone il<br />

sapere enciclope<strong>di</strong>co. Le ricerche particolari dove sono definiti gli oggetti e<br />

i confini delle singole regioni, egli li ha già definiti soprattutto nella<br />

Encyclopae<strong>di</strong>a 2 .<br />

Nell’Elogio <strong>di</strong> Federigo Meninni 3 Gimma de<strong>di</strong>ca ampio spazio al me<strong>di</strong>co<br />

Marco Aurelio Severino, maestro <strong>di</strong> Tommaso Cornelio 4 . Ricostruisce la<br />

biografia <strong>di</strong> Meninnni confrontadola con l’attività Severino attraverso alcuni<br />

dati significativi: nel 1656, quando a Napoli infieriva la peste, «racchiuso<br />

nella propria casa per lo spazio <strong>di</strong> più mesi […] mosso però da impetuoso<br />

<strong>di</strong>siderio <strong>di</strong> rivedere il Ricci <strong>su</strong>o maestro, <strong>di</strong>venne partecipe del <strong>di</strong> lui<br />

contagio e già si mirò vicino al sepolcro» 5 . Il me<strong>di</strong>co sopravvisse e ricevette<br />

nel Collegio Napoletano la Laurea in me<strong>di</strong>cina, «alla quale fu tanto dalla<br />

natura inclinato, che da se solo, e senza altrui aiuto cominciando a<br />

praticarla, si vide già destinato alla cura <strong>di</strong> molti nobili ragguardevoli» 6 .<br />

Questi dati servono a Gimma per evidenziare – ed è certo significativo che<br />

un quasi contemporaneo sottovaluti, al contrario <strong>di</strong> quello che fa la più<br />

1 Per quanto appartiene a questo sentimento <strong>di</strong> straniamento che scombussola tutte le<br />

familiarità del nostro pensiero, «cioè: <strong>di</strong> quello che ha la nostra età e la nostra geografia –<br />

sconvolgendo tutte le <strong>su</strong>perfici or<strong>di</strong>nate e tutti i piani che placano ai nostri occhi il rigoglio<br />

<strong>di</strong> esseri», sempre <strong>su</strong>ggestive le riflessioni <strong>di</strong> M. FOUCAULT, Le parole e le cose.<br />

Un’archeologia delle scienze umane, Milano, Rizzoli, 1988, dalla p. 5 del quale traggo il<br />

passo citato.<br />

2 Il lungo elenco <strong>di</strong> Gimma continua ancora: «per la moral filosofia regola i governi de’<br />

costumi coll’etica; della case coll’economia; degli Stati colla politica; e del <strong>di</strong>ritto de’<br />

Popoli colla giurisprudenza: ma le cose immateriali col natural lume volendo considerare;<br />

colla metafis ica l’essere, la verità, l’unità, la bontà, il principio, la causa, e gli effetti, il<br />

necessario, e’l contingente, il semplice, e’l composto, il tutto, e la parte, l’universale, e’l<br />

particolare, l’infinito, e’l finito; l’esistenza, l’essenza, e la sostanza viene a sapere: anzi<br />

dalle Teologie la cognizione delle cose Divine, e spirituali ricevendo, spiega la Sacra<br />

Scrittura secondo i sensi della Chiesa colla positiva: tratta <strong>di</strong> Dio, degli Angeli, e <strong>di</strong> tutti i<br />

misteri della Fede colla Scolastica: e delle azioni, e leggi umane, de’ peccati, delle Cen<strong>su</strong>re,<br />

della giustizia, de’ contratti, de’ Sacramenti, e <strong>di</strong> simili materie colla morale: delle<br />

controversie degli eretici colla polemica: e della maniera <strong>di</strong> unirsi a Dio, e servirlo,<br />

coll’ascetica» (G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 65-66).<br />

3 Cfr. G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 121-132.<br />

4 Id., p. 124: <strong>di</strong> Marco Aurelio Severino Gimma <strong>di</strong>ce che «destinato dal <strong>su</strong>o zio alla facoltà<br />

legale, l’ubbidì <strong>di</strong> mala voglia […]; ma poscia abbracciando la me<strong>di</strong>cina si vide nato più<br />

tosto per la medesima».<br />

5 Ib.<br />

6 Ib.<br />

110


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

recente storiografia, le innovazioni apportate dal Severino negli stu<strong>di</strong><br />

anatomici - la <strong>su</strong>a grande perizia prognostica, «annunziando nelle prime<br />

visite l’evento de’ morbi» 1 .<br />

A giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma la prima qualità dei me<strong>di</strong>ci è «prognosticare nelle<br />

infermità» 2 : la capacità <strong>di</strong> fare una prognosi accurata è principio<br />

riconosciuto da tutti i me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> tutte le epoche; e già Ippocrate, Galeno e<br />

Celso ponevano la capacità <strong>di</strong> prognosi del me<strong>di</strong>co come vero <strong>di</strong>scrimine tra<br />

proce<strong>di</strong>mento me<strong>di</strong>co serio e scientifico e vano parlare. Solo da una<br />

prognosi esatta può derivare una scelta esatta delle cure 3 . Questa attenzione<br />

al centralità nella professione me<strong>di</strong>ca della prognosi, Gimma evidenzia<br />

come elemento unificante due esponenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti correnti teoriche: da<br />

una parte il ‘moderno’ Severino, dall’altra il ‘galenico’ Meninni: Federigo<br />

Meninni (il Moinero <strong>di</strong> Giarbo del Discorso contro i me<strong>di</strong>camenti spagirici),<br />

è definito degno erede <strong>di</strong> Severino nell’arte della ‘prognosticazione’ pur<br />

essendo un esponente esemplare della scuola galenica che aveva fatto<br />

conoscere «la <strong>su</strong>a dottrina in tutto il corso dell’età <strong>su</strong>a nel pre<strong>di</strong>re<br />

all’infermo i buoni, o i cattivi eventi della in<strong>di</strong>sposizione, secondo quelle<br />

conghietture probabili, che sono somministrate dall’arte» 4 . Il <strong>di</strong>scrimine è<br />

fissato in queste ‘conghietture probabili’, ipotesi sottoposte a verifica e<br />

dedotte dall’‘arte’, ma affinate con la pratica quoti<strong>di</strong>ana. Il sapere del<br />

me<strong>di</strong>co ha dunque due ra<strong>di</strong>ci: l’osservazione e l’eru<strong>di</strong>zione, l’esperienza,<br />

poiché non è concepibile che un me<strong>di</strong>co ignori i processi caratterizzanti la<br />

malattia e questa conoscenza non è ottenibile altrimenti che con<br />

l’osservazione, e la lettura dei testi classici della storia della me<strong>di</strong>cina –<br />

siano essi gli antichi testi ippocratici, o le opere <strong>di</strong> Galeno, dei novatores,<br />

paracelsiani, cartesiani o ancora dei seguaci delle teorie <strong>di</strong> Thomas Willis.<br />

Anche questa conoscenza si traduce, infatti, in una forma inesauribile <strong>di</strong><br />

esperienze. Lo stu<strong>di</strong>o dei mali viene condotto quin<strong>di</strong> sia leggendone il<br />

decorso nel corpo del malato, anche e soprattutto nei casi delle epidemie (la<br />

grande pestilenza del 1656 era stata indubbiamente uno straor<strong>di</strong>nario<br />

1<br />

Id., p. 125.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib.: «non può istituirsi giusta cura in quel morbo, che non si conosche, né applicarsi giusta<br />

cura in quel morbo, che non si conosche […]; così la perizia nel prognostico <strong>di</strong>mostra la<br />

facile cognizione del morbo, e la proporzionata applicazione de’ rime<strong>di</strong>».<br />

4<br />

Ib.<br />

111


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

crogiuolo <strong>di</strong> osservazioni e <strong>di</strong> teorie), sia ricostruendone la storia nei testi<br />

fondamentali della me<strong>di</strong>cina.<br />

L’elogio rivolto a Meninni presenta due aspetti che meritano <strong>di</strong> essere<br />

sottolineati: anzitutto, l’importanza della prognosi. Riconoscerne la<br />

<strong>di</strong>fficoltà e l’essenzialità nella pratica me<strong>di</strong>ca è in<strong>di</strong>spensabile per la<br />

me<strong>di</strong>cina, siano i <strong>su</strong>oi cultori antichi, siano essi moderni: il me<strong>di</strong>co che<br />

rifiuti la prognosi come momento qualificante della pratica me<strong>di</strong>ca è, a<br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma, una contrad<strong>di</strong>zione in termini, in<strong>di</strong>pendentemente dal<br />

fatto che egli possa essere sostenitore degli antiquari o dei novatori.<br />

L’atteggiamento fondamentale dell’uomo <strong>di</strong> scienza deve essere quello <strong>di</strong><br />

continua e infaticabile raccolta dei dati dell’esperienza; cosa <strong>di</strong> più lampante<br />

dei dati che il me<strong>di</strong>co raccoglie durante il <strong>su</strong>o stu<strong>di</strong>o dei progressi della<br />

malattia? Non si tratta <strong>di</strong> stabilire una <strong>di</strong>agnosi, <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare una malattia –<br />

questa, eventualmente, ove è possibile, sarà una fase <strong>su</strong>ccessiva. Il me<strong>di</strong>co<br />

deve limitarsi ad osservare il processo che si svela nella storia della malattia,<br />

così da <strong>di</strong>vinarne le crisi e i momenti <strong>di</strong> stasi, e da intervenire con gli<br />

opportuni rime<strong>di</strong> per favorire una soluzione proficua. Il ruolo delle<br />

congetture è fondamentale, giacché esse si innestano in un processo<br />

osservativo che è comune a Ippocrate come a Galeno, a Celso come a<br />

Baglivi.<br />

Attraverso l’elogio <strong>di</strong> Federigo Meninni – è questo il secondo aspetto - <strong>di</strong><br />

fatto Gimma introduce due elementi tra gli elementi qualificanti della<br />

scienza me<strong>di</strong>ca dei novatori. Il primo, appunto, la prognosi; il secondo<br />

l’apporto della chimica in me<strong>di</strong>cina e il ruolo svolto dagli Investiganti,<br />

Francesco D’Andrea, Tommaso Cornelio e Leonardo Di Capua,<br />

nell’innovazione me<strong>di</strong>ca 1 .<br />

L’inserzione in un elogio de<strong>di</strong>cato a un tra<strong>di</strong>zionalista <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi così<br />

positivi <strong>su</strong> alcune delle gran<strong>di</strong> personalità dell’Accademia degli Investiganti,<br />

è importante per due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> ragioni: conferma un legame culturale<br />

dell’abate con la grande tra<strong>di</strong>zione scientifica napoletana; conferma anche<br />

che questo legame non passa dalla accettazione totale delle teorie<br />

scientifiche elaborate dagli Investiganti, né delle dottrine filosofiche relative<br />

1 Cfr. ib.: «cominciarono a’ <strong>su</strong>oi tempi le gare tra’ galenici, e i chimici. ed uscita a favor<br />

della chimica una ben soda scrittura; la quale fu creduta opera <strong>di</strong> Francesco D’Andrea; che<br />

morì Consigliere con fama immortale; <strong>di</strong> Tommaso Cornelio, e <strong>di</strong> Lionardo <strong>di</strong> Capoa;<br />

introduttori della nuova scuola in Napoli».<br />

112


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

alla <strong>di</strong>stinzione tra antico e moderno. Più volte, attraverso <strong>di</strong>gressioni o<br />

attraverso gli elogi, l’eru<strong>di</strong>to barese tornerà all’esperienza investigante<br />

ponendola quasi come un exemplum da seguire per la <strong>su</strong>a Accademia. Lo<br />

farà nell’elogio <strong>di</strong> Lucantonio Porzio e in quello <strong>di</strong> Gennaro D’Andrea,<br />

fratello del più celebre Francesco 1 . Nel primo Gimma conduce il proprio<br />

<strong>di</strong>scorso <strong>su</strong> due piani: da una parte, la <strong>di</strong>fesa della me<strong>di</strong>cina dei moderni,<br />

che s’ispira alla filosofia sperimentale sempre attenta agli insegnamenti<br />

dell’esperienza, e fruttuosa non solo per le scienze, ma anche per i più<br />

<strong>di</strong>sparati domini dell’attività umana 2 ; dall’altra, la ricostruzione della breve<br />

ma intensa stagione investigante che si conferma per Gimma, e per molti<br />

affiliati all’accademia <strong>di</strong> Rossano, un momento fondamentale per la<br />

rinascita delle scienze in Italia. Attraverso l’anatomia – fondamento della<br />

me<strong>di</strong>cina moderna – «colla sperienza conosciuta», i moderni hanno appreso<br />

«colle maraviglie della Divina Onnipotenza» il sito e la varietà dei membri<br />

nei corpi, la <strong>di</strong>sposizione delle «parti anche interiori, che a’ morbi soggette<br />

si veggono», le ragioni delle infezioni che sono già conosciute me<strong>di</strong>ante una<br />

ricostruzione sintomatica delle malattie che permette <strong>di</strong> intervenire con<br />

maggiore prontezza e sicurezza nelle cure 3 .<br />

All’anatomia Gimma assegna un valore para<strong>di</strong>gmatico: essa è il modello al<br />

quale si deve ispirare la nuova scienza me<strong>di</strong>ca. Osteggiata sin dai tempi<br />

antichi, anche perché era ritenuta crudele e sacrilega, e perché sembrava<br />

«contra i cadaveri stessi, che lacera, incrudelire», era stata praticata spesso<br />

in maniera imperfetta. A parte il caso <strong>di</strong> Democrito che aveva dovuto<br />

simulare la pazzia per indagare le visceri degli animali, o <strong>di</strong> Galeno che era<br />

stato costretto a limitare le <strong>su</strong>e osservazioni agli animali (scimmie e porci),<br />

anche il grande maestro Aristotele, per scrivere i <strong>su</strong>oi trattati, era stato<br />

costretto a raccogliere le notizie da relazioni altrui 4 . La storia ha così<br />

1 Cfr. rispettivamente Lucantonio Porzio filosofo meccanico; e lettor <strong>di</strong> notomia nella<br />

Regia Università <strong>di</strong> Napoli, in id., pp. 141-158, e D. Gennaro D’Andrea reggente del<br />

Consiglio Collaterale <strong>di</strong> Napoli, Vicegran Cancelliere del Collegio de’ Dottori, ecc, in id.,<br />

pp. 159-168.<br />

2 Id., p. 141: «alla pittura, ed alla fisica recò gran<strong>di</strong>ssimo giovamento Alcmeone colla <strong>su</strong>a<br />

invenzione della notomia, la quale fu poi <strong>su</strong>ccessivamente a’ posteri insegnata».<br />

3 Id., p. 142: le meraviglie dell’Onnipotenza Divina svelate dall’anatomia sono <strong>di</strong> grande<br />

aiuto anche «a’ Pittori […] acciocchè le <strong>di</strong>verse attitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> quelli [i membri de’ corpi]<br />

esprimer possano, come l’han fatto vedere Michelagnolo Buonaruoti Fiorentino […], ed<br />

altri, che da Periti Notomisti, gran nome nell’arte del <strong>di</strong>pingere acquistarono».<br />

4 Cfr. ib.<br />

113


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

consentito a Gimma in poche righe, <strong>di</strong> seminare il dubbio <strong>su</strong>l valore degli<br />

insegnamenti dei gran<strong>di</strong> maestri dell’antichità: se, infatti, Democrito aveva<br />

stu<strong>di</strong>ato l’anatomia animale, fingendosi pazzo, per scoprire l’origine della<br />

bile nera responsabile della malinconia – realizzando un curioso gioco <strong>di</strong><br />

specchi per il quale lui, falso malinconico, proprio in virtù della <strong>su</strong>a<br />

pre<strong>su</strong>nta malattia poteva stu<strong>di</strong>are i fondamenti fisici <strong>di</strong> quel male che era<br />

opinione comune lo uccidesse – senza però interessarsi più <strong>di</strong> tanto<br />

all’anatomia in quanto tale, Aristotele e Galeno, che erano i maestri della<br />

me<strong>di</strong>cina occidentale, avevano preteso <strong>di</strong> fondare una <strong>di</strong>sciplina così<br />

importante <strong>su</strong> osservazioni imperfette, condotte <strong>su</strong> animali e non <strong>su</strong>gli<br />

uomini e affidandosi quin<strong>di</strong> a quell’ambigua figura che è l’analogia 1 . La<br />

proibizione <strong>di</strong> un esercizio così fruttuoso e «per la quale gran<strong>di</strong> errori quegli<br />

antichi ci han lasciato, che scriver vollero <strong>di</strong> tal’arte» 2 , ha influenzato<br />

negativamente la scienza me<strong>di</strong>ca sino alla modernità. Osservazioni lacunose<br />

o favolose avevano, infatti, ottenuto il <strong>su</strong>ggello del tempo e dell’auctoritas 3 .<br />

Una situazione che si era protratta nel tempo sino ad Andrea Vesalio, grande<br />

me<strong>di</strong>co belga, che «aprendo gli occhi a molti, ed esponendo come non sia da<br />

prestar fede a tutto ciò, che si truova scritto»aveva restituito all’anatomia il<br />

posto che le competeva nella complessa geografia delle scienze 4 .<br />

Gli Elogi, nelle opere <strong>di</strong> Gimma, si presentano come la pars destruens:<br />

evidenziano i limiti della scienza e della me<strong>di</strong>cina tra<strong>di</strong>zionali. Solo dopo<br />

1 Non mancano del resto, ricorda Gimma, casi <strong>di</strong> crudeltà tristemente famosi «come, oltre<br />

<strong>di</strong> Erasistrato, si legge <strong>di</strong> Erofilo, che non sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> aver secato più <strong>di</strong> settecento de’<br />

morti, e d’esser creduto aver in o<strong>di</strong>o gli uomini, per tenere più particolare notizia della<br />

composizione dell’uomo, <strong>di</strong>versi condannati ottenendo; acciocchè quelle cose, che la natura<br />

nascondea, nell’ultimo lor fiato considerare potesse, gli fe segar vivi; il che ripeter volse<br />

Giacomo Carpo, che spaccati due vivi spagnuoli <strong>di</strong> mal francese infetti, meritò il bando da<br />

Bologna» (ib.). Galeno, per parte <strong>su</strong>a, in<strong>di</strong>cava la maggiore utilità dell’anatomia, e<br />

dell’anatomofisiologia, nella <strong>di</strong>mostrazione dell’arte della natura all’opera nei corpi; cfr. tr.<br />

it C. GALENO, Proce<strong>di</strong>menti Anatomici, II, 286, a cura <strong>di</strong> I. Garofalo, Milano, Rizzoli,<br />

1991, vol. I, p. 183: «altra infatti è l’utilità della dottrina anatomica per il naturalista che<br />

ama la scienza per sé; altra è quella per chi non l’ama per sé, ma per mostrare ch nulla è<br />

stato fatto invano dalla natura; altra ancora quella per chi vuol procurarsi premesse in vista<br />

della conoscenza <strong>di</strong> una qualche funzione, o naturale o psichica».<br />

2 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 143.<br />

3 Sulle conoscenze anatomiche nella Grecia arcaica, in particolare nei testi omerici, cfr. M.<br />

D. GRMEK, Le malattie all'alba della civiltà occidentale, Bologna, Il Mulino, 1985.<br />

4 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 143. Cfr. infra per la fonte <strong>di</strong> Gimma <strong>su</strong> Vesalio<br />

(Leonardo Di Capua) e per l’importanza del grande me<strong>di</strong>co belga per la storia della<br />

me<strong>di</strong>cina.<br />

114


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

l’incontro con Antonio Vallisneri, a partire dai saggi in forma <strong>di</strong> lettera che<br />

pubblicherà <strong>su</strong>lla «Galleria <strong>di</strong> Minerva», l’abate esporrà un compiuto<br />

modello <strong>di</strong> filosofia sperimentale, nel quale farà interagire in senso nuovo le<br />

categorie <strong>di</strong> ‘antico’ e <strong>di</strong> ‘moderno’. Definirà solo allora uno<br />

sperimentalismo curioso degli arcana naturae 1 , ma capace <strong>di</strong> potenziare gli<br />

effetti pratici delle nuove conoscenze, uno sperimentalismo che, nutrito<br />

della linfa che gli viene dal milieu scientifico patavino, impegnato<br />

nell’indagine degli aspetti me<strong>di</strong>co-fisico-chimici della nuova scienza,<br />

stabilisce un rapporto critico, ma non preclusivo, con il patrimonio degli<br />

antichi. È forse nel giusto chi afferma che lo «sperimentalismo del<br />

Vallisnieri» è «assai più complesso e ricco <strong>di</strong> motivazioni scientifiche <strong>di</strong><br />

quanto apparisse a Gimma» 2 , ed è probabilmente vero che l’abate barese,<br />

dopo i giovanili trascorsi enciclope<strong>di</strong>stici, cercava presso la società dei dotti<br />

un riconoscimento del <strong>su</strong>o definitivo <strong>di</strong>stacco dalla materia esoterica e<br />

pitagorico-lulliana. Egli, insomma, vedeva nello scienziato patavino un<br />

interlocutore prestigioso (ma anche un prezioso interme<strong>di</strong>ario e<strong>di</strong>toriale) del<br />

<strong>su</strong>o modo <strong>di</strong> fare scienza, «con<strong>di</strong>zionato da un irrisolto <strong>di</strong>scrimen fra la<br />

chimica, la fisica e la me<strong>di</strong>cina dei recentiores, e la magia proba, naturalis e<br />

persino daemoniaca del <strong>su</strong>o bagaglio scientifico secentesco» 3 . Vallisneri era<br />

indubbiamente un interlocutore moderato, del quale oltretutto Gimma<br />

tendeva a neutralizzare, ad esempio, la fondamentale intuizione della<br />

‘grande catena dell’essere’, dove si <strong>di</strong>mostrava che anche le forme<br />

‘mostruose’ della natura rispondevano a rigorose leggi stabilite e dove non<br />

c’era spazio per il miracolo e per le favole adamitica e noetica, anche queste<br />

ancora assai vive nella cultura naturalistica <strong>di</strong> Gimma 4 . Eppure, le vicende<br />

che conducono l’abate a riconsiderare continuamente la <strong>su</strong>a formazione e ad<br />

approfon<strong>di</strong>re gli stu<strong>di</strong> condotti in gioventù lo porteranno non molto lontano<br />

dalle più ra<strong>di</strong>cali acquisizioni vallisneriane: gli Elogi accademici<br />

costituiscono solo un primo momento <strong>di</strong> questo processo.<br />

1 Cfr. A. JURILLI, L’enigma, la confessione, il volo…, p. 49, ricorda come Vallisneri avesse<br />

esor<strong>di</strong>to qualche anno prima con una ricerca <strong>su</strong>lla ‘curiosa’ origine, sviluppi e costumi<br />

ammirabili <strong>di</strong> molti insetti, pubblicata nella Galleria <strong>di</strong> Minerva.<br />

2 Cfr. A. JURILLI, L’enigma, la confessione, il volo…, p. 49.<br />

3 Id., p. 50.<br />

4 Cfr. ib.<br />

115


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

5. L’intervento nella Galleria <strong>di</strong> Minerva e la critica dell’astrologia<br />

Va valutata con attenzione la de<strong>di</strong>ca a Vallisneri contenuta nel primo saggio<br />

<strong>di</strong> Gimma pubblicato nella Galleria <strong>di</strong> Minerva 1 . Si tratta <strong>di</strong> un<br />

saggio/lettera in cui le pretese arti <strong>di</strong>vinatorie vengono passate al vaglio<br />

dell’anatomia. L’abate stralcia da un’ampia sezione della Nova<br />

Encyclopae<strong>di</strong>a 2 – una semplice rielaborazione per l’impossibilità <strong>di</strong><br />

continuare le <strong>su</strong>e ricerche a causa dei malanni che lo hanno afflitto 3 – e<br />

presenta il <strong>su</strong>o saggio con l’orgogliosa consapevolezza <strong>di</strong> essere stato il<br />

primo ad aver impugnato le «Divinatorie Fisiche e le Astrologiche» 4 .<br />

Nella Lettera a Vallisneri, Gimma ripropone quin<strong>di</strong> una linea interpretativa<br />

già fissata precedentemente e presente, prima che negli Elogi accademici,<br />

anche nelle Sylvae. Per avere un quadro d’insieme, conviene dunque<br />

ripercorrere le varie fasi della riflessione dell’abate <strong>su</strong> questo tema, a partire<br />

dalle Sylvae.<br />

Quest’ultima opera particolarmente significativa, come ormai sappiamo,<br />

perché rende note le letture che, anche <strong>su</strong> questo argomento, l’abate ha fatto.<br />

Così nelle prime pagine <strong>di</strong> Sylva I troviamo le osservazioni <strong>di</strong> James<br />

Primerose <strong>su</strong>lle <strong>su</strong>perstiziose credenze riguardanti le comete, le quali<br />

«or<strong>di</strong>narium mala, perniciemque mortalibus portendere vulgaris est opinio.<br />

Politicis bella, se<strong>di</strong>tiones, Theologis religionum mutationes, haereses,<br />

1 All’illustrissimo Signor Antonio Vallisneri Profess. Publ. <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>c. Pratica<br />

nell’Università <strong>di</strong> Padova, nobilissimo Accademico della Società Regia <strong>di</strong> Londra, etc.<br />

Lettera del Dottore Signor Giacinto Gimma Canonico della Chiesa Metropolitana <strong>di</strong> Bari,<br />

Avvocato Straor<strong>di</strong>nario della Fedelissima Città <strong>di</strong> Napoli, Promotore della Società<br />

Rossanese, etc. in cui gli comunica la <strong>su</strong>a opinione intorno la vanità della metoposcopia,<br />

della chiromanzia tanto astrologiche, quanto fisiche, e <strong>di</strong> tutte le altre dottrine <strong>di</strong>vinatorie<br />

anche naturali col mezo della Notomia, contro la commune sentenza de’ Professori <strong>di</strong> esse,<br />

in Galleria <strong>di</strong> Minerva, t. V, in Venezia, Girolamo Albrizzi, 1707, parte XII, pp. 311-317.<br />

2 G. GIMMA, Nova encyclopae<strong>di</strong>a…, Volume 2, parte 3, cap. 6.<br />

3 Id. , p. 311: sembrando ad un letterato ar<strong>di</strong>ta una tale critica contro le arti <strong>di</strong>vinatorie come<br />

venivano affrontate negli Elogi Accademici e nella Encyclopae<strong>di</strong>a, «tuttochè travagliato<br />

dalle mie in<strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> testa, dalla passata grave infermità cagionate, che<br />

m’impe<strong>di</strong>scono lo stu<strong>di</strong>o, raccogliendo dalla stessa opera, e con altro or<strong>di</strong>ne quel che possa<br />

qui convenientemente bastare, ho voluto compiacerlo».<br />

4 Nello stesso numero della Galleria Gimma presenta una lettera al Magliabechi <strong>su</strong>lle leve<br />

del terzo genere: una specie <strong>di</strong> rassegna delle richerche <strong>su</strong>lla meccanica condotte da<br />

Girolamo Locatelli, lettore <strong>di</strong> Matematica nello stu<strong>di</strong>o partenopeo: Notizie […] intorno<br />

l’uso <strong>di</strong> quel che nella ‘Meccanica’ è chiamato ‘vectis tertii generis’, come alla medesima<br />

necessario; ritrovato dal signor D. Girolamo Locatelli, lettore <strong>di</strong> Matematica negli Stu<strong>di</strong><br />

Regi <strong>di</strong> Napoli, in Galleria <strong>di</strong> Minerva, t. V, parte X, pp. 254-267.<br />

116


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Nautis ventos, et tempestares, Agricolis annonae penuriam, sterilitates,<br />

me<strong>di</strong>cis pestem significare cre<strong>di</strong>tur» 1 . L’aristotelico Primerose, prima <strong>di</strong><br />

Bayle, stigmatizza queste credenze come <strong>su</strong>perstiziose: «Bella, Principum<br />

mortes, […] pestes» e altre trage<strong>di</strong>e hanno colpito il genere umano senza<br />

che nes<strong>su</strong>na cometa ne avesse annunciato gli avventi? 2 Accanto a questi<br />

passi, però, compaiono quelli più ambigui citati da Van Helmont: «stellae<br />

<strong>su</strong>nt per modum signi, et praenuncii, non per modum causae» 3 . Gimma<br />

ripercorre testi <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa e registra tutte le posizioni. In questo caso<br />

gli interessa, ad esempio, approfon<strong>di</strong>re con l’aiuto <strong>di</strong> Van Helmont il tema<br />

del rapporto tra astrologia, prescienza <strong>di</strong>vina e libertà dell’uomo 4 : quattro le<br />

possibili forme delle influenze astrali nella vita umana: «Inclinatio autem<br />

quadruplex est. Una qua naturaliter propendet quis in professiones, regiones,<br />

artes, scientias, mercaturam, vel negotia exercenda, et voco inclinationem<br />

vocationis. Altera concernit mores virtutes vitia, et est Moralis, vel Ethica.<br />

Tertia spectat sanitatem, morbos, vitam brevem, longam et <strong>di</strong>citur Vitalis.<br />

Quarta est fortunarum» 5 . Tutte vengono confutate in quanto limitative della<br />

potenza <strong>di</strong>vina e vengono ricondotte a fattori naturali e, si <strong>di</strong>rebbe oggi,<br />

genetici 6 . La stessa sanità «pendet ex debilitate vel robore seminum<br />

1 Cfr. G. GIMMA, Sylva I…, cit., p. 15. Cfr. anche J. PRIMEROSE, Jacobi Primerosii doctoris<br />

me<strong>di</strong>ci De vulgi erroribus in Me<strong>di</strong>cina Libri IV. Roterdami, Ex officina Arnol<strong>di</strong> Laers,<br />

1657, p. 225. Questa è la seconda e<strong>di</strong>zione dell’opera <strong>di</strong> Primerose; la prima, pubblicata ad<br />

Amsterdam, (apud Ioannem Ianssonium, anno 1639) e presenta notevoli <strong>di</strong>vergenze al<br />

punto che non corrisponde ai passi citati da Gimma.<br />

2 «Ita Iacobus Primerosius, qui lib. 2, de error. vulg. in me<strong>di</strong>cina, cap. 34 probat cometas<br />

non esse signum pestilentiae, vel alterius damni» annota Gimma (ib.).<br />

3 Id., p. 219. Il testo <strong>di</strong> riferimento è il piccolo trattato <strong>di</strong> J.-B. van Helmont Astra<br />

necessitant: non inclinant nec significant de vita, corpore, vel fortunis nati, in Ortus<br />

Me<strong>di</strong>cinae, id est initia physicae inau<strong>di</strong>ta. Progres<strong>su</strong>s me<strong>di</strong>cinae novus, in morborum<br />

ultionem, ad vitam langam. Authore Joanne Baptista Van Helmont, Toperchâ in Merode,<br />

Royenborch, Oorsocht, Pellines, etc. Edente Authoris Filio, Francisco Mercurio Van<br />

Helmont, cum eius Praefatione ex Belgico transatâ. E<strong>di</strong>tio nova, cumque loclupetioni<br />

Rerum et Verborum Iu<strong>di</strong>ce, pro illa Venetiis nuper excusa, multam partem adauctior red<strong>di</strong>ta<br />

et exornatior, Amstelodami, apud Ludovicum Elzevirium, 1652, pp. 95-104. Gimma<br />

procede ad un rias<strong>su</strong>nto <strong>di</strong> questo trattato, facendo un complesso intarsio <strong>di</strong> citazioni e<br />

parafrasi.<br />

4 Id., p. 220: «praecognitio <strong>di</strong>vina non tollit ab homine arbitran<strong>di</strong> libertatem» annota<br />

Gimma da Van Helmont, allo stesso modo si può conciliare la capacità pre<strong>di</strong>ttiva<br />

dell’astrologia con la libertà umana, soprattutto tenendo conto del fatto che l’influsso degli<br />

astri sarebbe molto meno forte e necessitante dell’onniscienza <strong>di</strong>vina.<br />

5 Ib.<br />

6 Id., pp. 220-221: «Quoad primam certum est Deum creare mentem humanam, et eam<br />

<strong>di</strong>rigere ad certam <strong>su</strong>i vocationem, in qua sibi possit placere maxime; itaque invocationis<br />

117


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

totamque <strong>su</strong>best <strong>di</strong>rectori Arche in natura, non a stellis, unde notandum,<br />

quod Astrologo non est credendum, eo quod cuique credendum sit in arte<br />

<strong>su</strong>a» 1 .<br />

L’opposizione <strong>di</strong> Van Helmont all’astrologia era, com’è noto, pienamente<br />

conforme alle <strong>su</strong>e teorie filosofiche e me<strong>di</strong>che, in particolare alla <strong>su</strong>a teoria<br />

della vita me<strong>di</strong>a. Secondo questa teoria, ogni cosa as<strong>su</strong>nta dall’in<strong>di</strong>viduo (ad<br />

esempio un alimento per il corpo umano) lascia un’impronta come avviene<br />

nel caso del contagio. Questo meccanismo, operante in ogni parte della<br />

natura, del cosmo intero, non solo nella vita animale, genera un equilibrio<br />

misterioso in cui prevale il più forte 2 . Questo meccanismo opera con tanta<br />

più forza quanto più il contatto fra i corpi è <strong>di</strong>retto, conseguentemente<br />

<strong>di</strong>venta via via inoperante con l’aumentare della <strong>di</strong>stanza tra i corpi<br />

aumenta. Diventa nullo nel caso <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stanza molto grande com’è quella<br />

che passa tra la Terra e le stelle.<br />

La possibilità degli astrologi <strong>di</strong> leggere le vicende degli uomini nelle<br />

costellazioni, e <strong>di</strong> scorgervi le fortune e le sfortune degli in<strong>di</strong>vidui è dunque<br />

per Van Helmont – Gimma accoglie pienamente questa tesi – da ritenersi<br />

già folle con l’astronomia tolemaica, <strong>di</strong>venta, con il sistema <strong>di</strong> Copernico,<br />

del tutto insostenibile: «Incertum est punctum nativitatis, cumque astra<br />

singula punto varient, necessario omnis pre<strong>di</strong>ctio est incerta» 3 . I destini<br />

in<strong>di</strong>viduali (sortes enim nostrae), «in manibus Domini <strong>su</strong>nt» 4 e tutt’al più si<br />

può ammettere, ma con formula dubitativa, che nel cielo Dio abbia posto i<br />

‘segni’ delle vicende dei popoli e delle nazioni o meglio ancora le leggi<br />

generali delle vicende umane 5 .<br />

inclinatio […], datur a Deo, sicut porrigit talenta […], non astris». Id., p. 221: «Inclinatio<br />

moralis ut est belluina, dependet a seminis ente: sic canis est animal vorax, mordax,<br />

invidum, latrans, adulativum propter semen caninum, in quo <strong>su</strong>nt proprietates seminales, et<br />

specificae, in eo impressae non autem ab astris. Homini quoque id evenit, et eiusmo<strong>di</strong><br />

inclinationes hominum, ex brutali aliqua proprietate seminum nato inolescere putavi.<br />

Reperi quoque inter homines, integras familias non raro furiosas, stupidas, callidas, idque a<br />

semine, et a parentibus, non ab Astris; mala enim astra essent, si inclinassent ad vitia.<br />

Inclinatio itaque ad malum ex corrupta natura in <strong>su</strong>i ra<strong>di</strong>ce, ac semine, emanat. A corde<br />

emanant malae cogitationes, et ab anima consen<strong>su</strong>s, prout a con<strong>su</strong>etu<strong>di</strong>ne peccan<strong>di</strong>, fortis<br />

inclinatio; bonum vero ex gratia, voluntate, et exercitio, non a stellis».<br />

1 Id., pp. 221-222.<br />

2 Id., p. 222: «Fortes creantur fortibus, et bonis », sottolineatura <strong>di</strong> Gimma.<br />

3 G. GIMMA, Sylva I…, cit., p. 224.<br />

4 Id., p. 222.<br />

5 Id., p. 223: «Puto in caelis, tanquam tabulis, descriptos typos rerum per secula<br />

118


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

In Primerose e in Van Helmont, Gimma trovava sostegno ad argomentazioni<br />

e ipotesi che aveva annotato da studente. Sylva I documenta questi primi<br />

interessi in un inserto che ha per titolo Dell’Astrologia e la precisazione:<br />

«Scritta in Bari nel 1685, essendo studente <strong>di</strong> Logica» 1 . L’astrologia, in<br />

questo piccolo trattato, è anzitutto una scienza, ma in quanto tale non ha<br />

nulla a che vedere con la capacità pre<strong>di</strong>ttiva degli eventi futuri che viene<br />

pretesa dai chiromanti 2 . Per Gimma l’astrologia può essere <strong>di</strong>visa «in<br />

teorica, et speculatrice astrologia, e prattica» 3 , la prima con l’aiuto delle<br />

«geometriche, ed aritmetiche <strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong>chiara i movementi <strong>di</strong><br />

ciascuna stella, la grandezza, sito, <strong>di</strong>stanza, aspetti, e l’apparenze ritrovate<br />

per manifestissime osservationi, e questa vien detta astrologia naturale, o<br />

astronomia» 4 ; la seconda è la «giu<strong>di</strong>aria astrologia, o Prognosticatrice» 5 che<br />

con «raggioni naturali ricerca le forze, e valore delle stelle, con le quali esse<br />

eccitano alteratione per certa loro convenienza», così negli elementi, come<br />

anche nei corpi elementari, «le mutationi de’ tempi, li temperamenti, de’<br />

Corpi humani, l’inclinationi, e simili, imponendo necessità» 6 . Solo<br />

quest’ultima è stata condannata dalla chiesa 7 . Essa si <strong>di</strong>vide in<br />

«introduttoria, et esercitatoria»: la prima considera i soli principi «del<br />

presagire», cioè intendere la «natura, forza, qualità de’ pianeti, stelle fisse,<br />

parti del Cielo, e communicatione fra loro»; la seconda aspira a giu<strong>di</strong>care e<br />

«antivedere li futuri <strong>su</strong>ccessi delle cose» 8 . L’esercitatoria, ancora, si <strong>di</strong>vide<br />

in quattro parti: la prima tratta «delli Principii, mutationi, casi, rovine <strong>di</strong><br />

Città, Imperi, e Monarchie, luoghi dove <strong>su</strong>ccederanno, tempi, paci, pesti,<br />

saette, guerre, Terremoti, Comete, <strong>di</strong>luvii» 9 , i quali <strong>di</strong>pendono dal concorso<br />

<strong>su</strong>ccessivarum (quos typos leges fati nominant)».<br />

1<br />

Id., p. 389.<br />

2<br />

Ib. : «L’Astrologia è una parte della Matematica mista che considera la quantità in tale, o<br />

tale materia. Dicesi Astrologia da Astro, cioè stella, per che è trattato, o scienza delle stelle,<br />

e sfere celesti con li loro moti, siti, grandezze, aspetti, et altre passioni loro».<br />

3<br />

Id., p. 390.<br />

4<br />

Ib.<br />

5<br />

Ib.<br />

6<br />

Id., pp. 390-391.<br />

7<br />

Id., p. 391: da questa seconda forma <strong>di</strong> astrologia «è derivata la <strong>di</strong>vinatoria celeste con la<br />

Fisonomia, Metoposcopia, Chiromantia Neomantia, e simili, quali sono anco prohibite se<br />

sono giu<strong>di</strong>tiarie, e <strong>di</strong> questo ne daremo qualche notitia trattandone, e <strong>di</strong>scorrendone<br />

probabilmente secondo n’hanno scritto altri, e a noi ci è permesso».<br />

8<br />

Ib.<br />

9 Ib.<br />

119


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

dei Pianeti; la seconda della mutatione, e stato «dell’aere, come sono freddo,<br />

humido, secco, sereno, turbato, caldo, piovoso e delle cose, che <strong>di</strong> là<br />

nascono, come sanità, peste, carestie, infermità, terremoti, da questa è<br />

derivata la scienza <strong>di</strong> far gli Almenacchi, o Pronostici» 1 ; la terza considera i<br />

principi delle cose quali «l’opre, l’attioni, le malatie, l’elettione de’ tempi<br />

per coltivare la Terra» oltre che per «purgare i corpi infermi, navigare, e<br />

simili»; questa conoscenza è necessaria al me<strong>di</strong>co, all’agricoltore, o al<br />

marinaio ed infatti non ri<strong>su</strong>lta fra le conoscenze proibite dalla Santa Chiesa;<br />

la quarta, infine giu<strong>di</strong>ca della vita <strong>di</strong> ciascun uomo, dello stato del corpo,<br />

della fortuna, con<strong>di</strong>zione, inclinatione alla virtù, ai vizi, e ancora dei<br />

costumi, infermità, pericoli, prigionie, liti, viaggi, pericoli innocenti,<br />

esaltazioni, felici o infauste riuscite <strong>di</strong> negozi, morti o violente o naturali, «e<br />

simili cose facendole <strong>di</strong>pendere assolutamente dalle stelle, e Pianeti, e<br />

questa è quella parte prohibita dalla Chiesa, che la condanna falsa, come<br />

provaremo esser tale» 2 .<br />

I filosofi, nota Gimma, si sono sempre chiesti se possano i «matematici, o<br />

astrologi giu<strong>di</strong>tiarii, o genetliaci» indovinare i «futuri liberi, e contingenti, e<br />

presagire tutte le future cose» 3 , che sono destinate a <strong>su</strong>ccedere all’uomo nato<br />

in un determinato giorno con il mezzo delle stelle, e della loro influenza nel<br />

mondo <strong>su</strong>blunare. Concludono tutti, però, che non è assolutamente<br />

possibile, come viene spiegato dalla «Filosofia de’ Padri Comimbriacensi<br />

de Coelo lib. 2, qu. 8, art. 2, ove portano l’opinione <strong>di</strong> S. Tomaso» 4 , e come<br />

viene testimoniato da molti altri autori che <strong>di</strong>struggono punto per punto le<br />

1<br />

Id., p. 392.<br />

2<br />

G. GIMMA, Sylva I…, cit., p. 392.<br />

3<br />

Id., pp. 392-393.<br />

4<br />

Id., p. 393. Cfr. riguardo all’e<strong>di</strong>zione dei Conimbricensi usata da Gimma Commentarii<br />

Collegii Conimbricensis S. J. in quatuor libros de coelo Aristotelis stagiritae, Lugduni, Ex<br />

officina Iuntarum, 1598. Comunque, non bisogna credere agli astrologi per molti motivi,<br />

come <strong>di</strong>ligentemente annota l’allora giovanissimo Gimma: «questi Astrologi si fondano <strong>su</strong><br />

falsi principii, e <strong>su</strong>ppongono, che la <strong>di</strong>vinatoria, e Giu<strong>di</strong>tiaria Astrologia sia vera essendo<br />

falsa per molte reggioni, primo perché non vi è opinione certa circa questa scienza. 2a,<br />

perché si fallisce nella naturale, che è vera, maggiormente deve fallire nelli futuri liberi. 3°<br />

perché non si può sapere se Dio havendo creato i Cieli, v’habbia descritto l’attioni nostre in<br />

quelli. 4° perché le stelle hanno numero stabilito, però non possono descrivere l’attioni <strong>di</strong><br />

tanti innumerabili huomini. 5° li Cieli non influiscono come causa totale, ma partiale, e con<br />

causa. 6° perché questa scienza come falsa fu prohibita da Molte Nationi, e Concilii. 7° per<br />

che quelle pre<strong>di</strong>ttioni riuscite o a Caso, e per <strong>di</strong>abolica operatione s’attribuiscono<br />

all’Astrologia. 8 Da essa non se ne ricava niun vale, anzi è <strong>di</strong>spositione a farci <strong>di</strong>venir<br />

Athei» (id., pp. 393-394).<br />

120


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

argomentazioni portate dai sostenitori dell’astrologia a sostegno delle loro<br />

tesi.<br />

Non è qui possibile seguire tutto il complesso ed intricato percorso che<br />

Gimma affronta in queste pagine, affastellando citazioni ed esempi presi dai<br />

padri della chiesa – Agostino <strong>su</strong> tutti – classici romani, soprattutto Cicerone,<br />

ma anche Tacito, ed autori contemporanei come Daniello Bartoli la cui<br />

Ricreazione del savio può considerarsi un vero e proprio breviario <strong>di</strong><br />

retorica e filosofia 1 .<br />

1 Mi permetto <strong>di</strong> citare estesamente il quinto argomento contro l’astrologia, che troviamo a<br />

pp. 400-404: «Fanno gl’astrologi la natività considerando, e notando quel punto, nel quale<br />

esce alla luce il nato, onde se in quel punto il Pianeta, che domina, è fortunata, sarà anco<br />

fortunato l’huomo, così per il Contrario, perché riceve l’influsso da quel Pianeta, quanto ciò<br />

sia falso lo considereremo da molte raggioni in questo presente numero. Non nego, che le<br />

stelle influiscono, e che la doctrina <strong>di</strong> Tolomeo non sia accetta, come da molti seguitata, ma<br />

<strong>di</strong>co essere impossibile, che dalla Nascita si possa formare la figura Celeste; perché le stelle<br />

non influiscono, come causa totale, ma partiale, e concausa; e che ciò sia vero niuno potrà<br />

negare, che alla complessione dell’huomo concorra il padre, e madre con il loro seme, il<br />

clima, la staggione, e simili, come concause, mentre il seme del padre, e madre, ra<strong>di</strong>caliter,<br />

et fundamentaliter è complessione del figlio nascituro, altrimente se non vi concorressero<br />

tali concause, la Complessione saria composta d’accidenti, e cause remote, non prossime, e<br />

se li Cieli fussero cause prossime, il figlio si <strong>di</strong>cesse celeste, e non humano, e potesse<br />

nascere senza il seme, e congiuntione carnale. Oltre <strong>di</strong> ciò ne seguitasse, che si come <strong>di</strong><br />

Cieli hanno egual virtù tanto in un bambino, che nasce, quanto nel medemo quando cresce,<br />

così da hora in hora li variasse la complessione si come si variassero l’influssi, il che è<br />

as<strong>su</strong>rdo: Non concorrono dunque li Cieli, come causa totale, ma partiale e<br />

conseguentemente la complessione si dà al figlio quando si concepisce nel ventre della<br />

madre, non quando nasce, perché nato che è il figlio il padre non riconcorre più, nè la<br />

madre, quale se concorresse con il latte non l’haveria perfectionata la complessione, e la<br />

perfectionasse quando li toglie il latte. Se dunque la complessione si dà al figlio quando si<br />

concepisce, devono gl’astrologi cavare la concettione, non la natività, ma il punto della<br />

concettione non si può sapere; l’astrologia dunque va in fumo». In secondo luogo nell’ora,<br />

in cui «l’astrologo forma la figura celeste d’un figlio, infiniti figli saranno nati nel mondo, e<br />

quella figura converrà a tutti, e pure tutti saranno o in tutto o in parte <strong>di</strong>ssimili, così <strong>di</strong> volto,<br />

come <strong>di</strong> costumi, e complessione, dunque per fondamento dell’Astrologia non si deve<br />

prendere l’hora della nascita […], cioè, che si è visto molti essere nati sotto la medema<br />

costellatione, devono dunque gl’astrologi <strong>di</strong>re l’istesso <strong>di</strong> tutti, il che è falso, come si è visto<br />

chiaramente mentre altri sono stati pescatori, altri Nocchieri, altri Re, altri poveri, altri dotti,<br />

altri ignoranti, e tutti <strong>di</strong>fferenti […]: a questo rispondono gl’Astrologi, che quella<br />

brevissima tardanza, che vi è fra il parto de’ gemelli, benchè a noi paia poca non <strong>di</strong>meno<br />

nel mondo celeste è molto grande sì per la <strong>di</strong> lui grandezza, come per la velocità, e corso <strong>di</strong><br />

Pianeti, però è Causa <strong>di</strong> varietà: ma a questa loro scusa vi risponde S. Gregorio Hom. 10,<br />

sopra l’Evangelii». In terzo luogo «sicome è certo in un hora regnare aspetti celesti tra loro<br />

contrarii, e quell’hore <strong>di</strong>consi planetarie al voler dell’astrologi, così sarà impossibile saper<br />

ridurre al vero aspetto la figura celeste, non potendosi sapere qual pianeta domini<br />

propriamente in quel punto d’hora, oltre <strong>di</strong> ciò essendo fallaci gl’horologii <strong>di</strong> quarti, e<br />

mezz’ore non si potrà mai saper <strong>di</strong> certo se le ventitrè hore siano 23 giuste, o 23 e quarto, o<br />

121


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Negli Elogi aveva dato grande rilievo alla critica <strong>di</strong> Pompeo Sarnelli alla<br />

magia naturale del Della Porta 1 . Era stato Sarnelli, infatti, che aveva messo<br />

in evidenza come l’autore del Della fisionomia dell’Huomo aveva<br />

illegittimamente aperto la strada ad emuli sciocchi: astrologi e, soprattutto,<br />

filosofi i quali accettano come dato incontrovertibile «che si possano dalla<br />

<strong>di</strong>sposizione delle linee indagare le umane complessioni» 2 . Della Porta<br />

aveva, infatti, indagato, seguendo i principi naturali della fisionomia, la<br />

somiglianza dei «monti della mano dell’uomo» con quella degli animali, «e<br />

la forma delle medesime», deducendone l’uguaglianza delle composizioni e<br />

delle inclinazioni «dalla natura concedute» 3 . L’insostenibilità <strong>di</strong> questa<br />

posizione viene da Gimma motivata con l’indeterminatezza del metodo<br />

più, o meno e per conseguenza non si potrà mai sapere, a che hora propriamente è nato il<br />

fanciullo mentre un momento <strong>di</strong> tempo, che varia la figura, facendo il pianeta in un<br />

momento molte miglia, e mutando varii aspetti». In quarto luogo «si doman<strong>di</strong>no<br />

gl’Astrologi, come esser può, che molte migliaia <strong>di</strong> vascelli da traino e guerra, e da corso<br />

fabricati in <strong>di</strong>versi arsenali e in <strong>di</strong>versi tempi, e sotto punti <strong>di</strong> stelle <strong>di</strong>ssimili vi ritroviamo<br />

la medema fortuna <strong>di</strong> vento, e <strong>di</strong> mare, a perire in una istessa hora, e rimaner seppelliti in un<br />

medemo fondo? Come s’accor<strong>di</strong>no tante migliaia <strong>di</strong> passeggieri navigare insieme essendo<br />

parte schiavi, parte liberi, e parte soldati? Come tanti huomini morsero <strong>di</strong> una battaglia<br />

medema, o restarono sepolti sotto le rovine delle Cità, o <strong>su</strong>bissati in una voragine apertasi<br />

per terremoto? Non si può <strong>di</strong>re, che tutti sono nati sotto la medema Costellatione, perché<br />

ciascuno nacque in tempi, e luoghi <strong>di</strong>fferenti. Risponderanno essi, che le navi, e le cità<br />

furono fabricate in quel punto, che le stelle le destinarono a sommergersi, o profondare, o<br />

<strong>di</strong>ruparsi, e che li passeggieri e naviganti, e gl’habitatori con li loro minori destini<br />

soggiacevano a maggiori, ch’erano quelli delle Cità, e Navi. Se dunque li minori destini<br />

sono sottoposti a maggiori, chi può accertare, che sia vero quel che pre<strong>di</strong>chino essi?». La<br />

grande varietà degli argomenti addotti per questo singolo caso rende l’idea del<br />

proce<strong>di</strong>mento adottato in queste pagine dall’autore. Mi limito a notare che in queste pagine<br />

è presente un tema me<strong>di</strong>co che se non ha un rigore scientifico che Gimma pretenderà <strong>di</strong><br />

raggiungere qualche anno dopo, testimonia comunque un’attenzione che doveva essere non<br />

semplicemente dell’allora giovanissimo autore quanto della scuola; gli argomenti addotti,<br />

poi, non erano certo tipici della me<strong>di</strong>cina dei moderni – quanto piuttosto largamente <strong>di</strong>ffusi<br />

sia nella scuola degli antichi che in quella dei novatores, soprattutto, ma non solo, Van<br />

Helmont.<br />

1 Cfr. Mons. D. Pompeo Sarnelli Vescovo <strong>di</strong> Biseglia, in G. GIMMA, Elogi accademici…, t.<br />

I, pp. 283-304; in particolare, a p. 287 Gimma ricorda che Sarnelli «corresse nella favella<br />

italiana, nella quale era scorrettissima, la Natural magia <strong>di</strong> Gio. Battista della Porta».<br />

2 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 289. Gli astrologi «con altro fondamento<br />

pre<strong>su</strong>mono indovinar dalle linee i futuri avvenimenti, che da una finta, ed immaginaria<br />

<strong>su</strong>pposizione del dominio de’ pianeti, da niuno sin’oggi <strong>di</strong>mostrata; ma soltanto asserita, e<br />

<strong>su</strong>pposta, conforme fu fatta nella metoposcopia […] che […] <strong>di</strong>è l’origine alle sciocchezze<br />

<strong>di</strong> tanti indovini».<br />

3 Id., pp. 288-289. Rileva N. BADALONI, Introduzione a Vico…, cit., p. 11, che «come<br />

nell’alessandrismo anche in Della Porta il problema fisionomico si collega a quello della<br />

incombenza del peccato (e quin<strong>di</strong> della assimilazione dell’uomo all’animale)».<br />

122


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

usato: «mi sembra affatto impossibile ad investigarsi il metodo» 1 grazie al<br />

quale riconoscere altra origine delle linee della mano se non «dalla primiera<br />

piegatura della mano stessa dentro l’utero» 2 . La corrispondenza tra le parti<br />

interne del corpo e le linee della mano è dunque del tutto ca<strong>su</strong>ale, e le linee<br />

della mano non possono ricevere forza alcuna dalle medesime parti interne 3 .<br />

Servendosi della ‘notomia’ galenica e moderna, Gimma anche nella Lettera,<br />

insiste <strong>su</strong>lla assenza <strong>di</strong> metodo che caratterizza le cosiddette ‘scienze’ <strong>di</strong><br />

astrologi e chiromanti 4 . L’origine dell’as<strong>su</strong>rda pretesa <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinare il futuro<br />

viene in<strong>di</strong>viduata da Gimma nell’errore degli astrologi i quali, ritenendo che<br />

tutte le azioni e le operazioni umane soggiacciano all’influsso dei cieli e<br />

degli astri, pretendono <strong>di</strong> vaticinare gli eventi futuri grazie all’osservazione<br />

delle stelle 5 :<br />

Vanità a vanità aggiugnendo non con altro fondamento han voluto pre<strong>su</strong>mere<br />

indovinar delle linee i futuri avvenimenti, che da una finta, ed immaginaria<br />

<strong>su</strong>pposizione del dominio de’ pianeti, da niuno sin’oggi <strong>di</strong>mostrata, ma solamente<br />

asserita, e <strong>su</strong>pposta […] le han piene d’imposture così stomachevoli, che<br />

giustamente come false, e <strong>su</strong>perstiziose dalla Santa Chiesa Cattolica sono state<br />

condannate.<br />

Per abbattere teorie tanto vane e sciocche Gimma si addentra nella selva <strong>di</strong><br />

autori che si erano occupati <strong>di</strong> temi tanto controversi. Egli intoduce figure<br />

quali i ‘fisici’, cioè propriamente gli astrologi, i ‘chiromanti fisici’, che a<br />

<strong>di</strong>fferenza dei fisici non ammettono l’influsso delle stelle. Figure che anche<br />

per l’abate non sempre era facile <strong>di</strong>stinguere rigorosamente, giacché<br />

1<br />

G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 289.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib. E ancora: «non possono dalle medesime ricever la forza; perchè, per cagion <strong>di</strong><br />

esempio, la linea detta vitale non corrisponde col cuore né per mezo de’ nervi, né delle<br />

vene, per le quali possa scorrere il sangue, e gli spiriti, né delle fibre, come la Notomia<br />

stessa palesa; quando si volessero ancora concedere le parti chiamate principali da’<br />

Galenici, valevoli a dare virtù <strong>di</strong>versa nel sangue, ch’è lo stesso in ogni parte, per cui scorre<br />

colla <strong>su</strong>a continua circolazione».<br />

4<br />

G. GIMMA, Lettera […] intorno la vanità della metoposcopia…, cit., p. 311: «questa mia<br />

sentenza, con cui condanno, come vane tutte le <strong>di</strong>vinatorie non solo astrologiche, ma<br />

fisiche, le quali sono comunemente e da’ fisici, e da’ leggisti, e da teologi morali permesse,<br />

non <strong>di</strong> altro mezo servendomi, se non della notomia e galenica, e moderna». Interessante<br />

anche l’uso funzionale che si fa dell’anatomia sia galenica che moderna, utilizzandone i<br />

ri<strong>su</strong>ltati quando siano congruenti con l’esperienza e il buon senso.<br />

5<br />

Cfr. id., p. 312.<br />

123


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

l’astronomo si sovrapponeva all’astrologo, l’anatomista al chiromante e<br />

tutte queste figure si ritrovavano tra tolemaici e copernicani, galenici e<br />

antigalenici. I fisici per cominciare sostenevano che l’influsso dei pianeti è<br />

visibile nelle linee della mano, della fronte e delle altre parti del corpo:<br />

«nello specolare gli argomenti, che fossero valevoli a far concedere questo<br />

immaginato influsso de’ pianeti nelle linee, stimai potersi <strong>di</strong>fendere colle<br />

ragioni de’ fisici, i quali il dominio <strong>di</strong> alcune stelle a certe parti del corpo<br />

ammettono», come <strong>su</strong>ccede tra il sole e il cuore, «ed affermano venir<br />

<strong>di</strong>mostrato il temperamento del cuore dalla linea vitale della mano;<br />

perlocchè dovrebbe colla fisica ragione concedersi, che la linea vitale dal<br />

sole riceva l’influsso» 1 . I chiromanti fisici, presenti tra gli antichi e i<br />

moderni, che formulavano congetture probabili intorno al temperamento e<br />

alle inclinazioni dell’animo umano, senza chiamare in causa le stelle, e<br />

«senza inoltrarsi nella curiosità degli atti liberi» 2 . Richiamandosi a Galeno,<br />

il quale «da questo principato i genitali escluder non volle», essi<br />

in<strong>di</strong>viduavano tre parti principali del corpo: il cuore, a cui corrisponde la<br />

linea vitale 3 ; il cervello, a cui corrisponde la linea naturale; mentre la linea<br />

mensale corrisponde ai genitali 4 . Gimma osservava che fondamenti della<br />

loro concezione dell’uomo erano, la dottrina delle parti principali e quella<br />

dell’origine e derivazione dei vasi. Osservava, quin<strong>di</strong>, che ei moderni<br />

avevano ‘<strong>di</strong>roccato’ «amendue le basi» e, così facendo avevano ‘atterrato’<br />

«la mole della chiromanzia» 5 . Questi ultimi avevano, infatti, rifiutato con<br />

decisione la visione gerarchica dell’organismo sottesa a questa concezione a<br />

favore <strong>di</strong> una rappresentazione più ‘democratica’ all’interno della quale un<br />

ruolo particolarmente importante è occupato dalle viscere:<br />

i moderni niuna parte, che sia principe ammettono al corpo; ma <strong>su</strong>ppongono, che<br />

tutte sono ugualmente alla vita necessarie, e particolarmente tutte le viscere.<br />

1 Ib.<br />

2 Id., p. 312. A p. 313 Gimma scrive: nella chiromanzia fisica, «a ciaschedun membro<br />

principale del corpo le <strong>su</strong>e linee attribuiscono [gli antichi], da cui molto felicemente potersi<br />

conoscere il tempreamento del corpo stesso dell’uomo si vantano, e della <strong>di</strong> lui vali<strong>di</strong>tà, e<br />

fortezza».<br />

3 Ib.: «colla <strong>su</strong>a longhezza, col color vivo e lucido da altre linee non interrotta lunga vita<br />

<strong>di</strong>mostrando, lunga vita <strong>di</strong>mostrando, sanità, e virtù del cuore, moltitu<strong>di</strong>ne degli spiriti,<br />

abbondanza <strong>di</strong> buon sangue, ar<strong>di</strong>re, ingegno, liberalità e simili cose».<br />

4 Ib.<br />

5 Ib.<br />

124


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Togliendo dunque al cuore, al cervello, ed al fegato il principato, vani tutti i<br />

chiromantici assiomi si rendono 1 .<br />

A questi ri<strong>su</strong>ltati i moderni erano giunti grazie all’osservazione anatomica.<br />

E Gimma elenca i <strong>su</strong>ccessi in<strong>di</strong>scutibili: il fegato non ha un ruolo particolare<br />

nella produzione del sangue 2 ; non «dal cuore totalmente le vitali azioni si<br />

cagionino, ed affermano, che quelle nascono dalla stessa anima, che dà<br />

vita» 3 ; operazioni vitali sono tutte le operazioni animali e naturali e<br />

principio vitale è il continuo moto del sangue (tanto tempo viviamo, quanto<br />

il sangue per le arterie si <strong>di</strong>ffonde nei vari membri del corpo). I moderni<br />

hanno quin<strong>di</strong> operato una rivoluzione ra<strong>di</strong>cale sia spostando dal cuore al<br />

sangue il principio vitale, sia escludendo l’organo car<strong>di</strong>aco dalla funzione <strong>di</strong><br />

motore degli spiriti vitali: «la natura <strong>di</strong> essi [gli spiriti] non si ha dalla virtù a<br />

loro comunicata dal cuore, ma perché in tutti i flui<strong>di</strong> eterogenei le parti<br />

sottili, e le grasse si ritrovano, le quali o coll’infusione <strong>di</strong> qualche mestruo, e<br />

col fuoco si separano, come appare nella separazione dello spirito del vino»<br />

ed essendo il sangue un corpo eterogeneo, prodotto da cibi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura,<br />

non c’è da meravigliarsi «se nel sangue stesso fatigati, e raccolti alcuni<br />

<strong>su</strong>cchi fermentativi, le più sottili parti del sangue si spieghino, e <strong>di</strong> continuo<br />

si muovano» 4 . Lo stesso cervello non è più una delle parti principali del<br />

corpo, «poiché non da lui solamente, ma dalla spirituale midolla si generano<br />

gli spiriti animali» 5 .<br />

Il secondo capitoletto della Lettera opera il collegamento tra astrologia e<br />

anatomia, mettendo in crisi la teoria della <strong>su</strong>pposta corrispondenza tra astri e<br />

configurazione del corpo umano. Fatto chiaro che nes<strong>su</strong>no – né astrologi, né<br />

chiromanti – ha potuto stabilire <strong>su</strong> basi certe la teoria delle corrispondenze<br />

(«ma non v’è pur uno, che tal <strong>su</strong>pposto provare abbia voluto»), Gimma<br />

1<br />

Ib.: «non essendo dunque parti imperanti, né parti <strong>su</strong>d<strong>di</strong>te governando, alle quali non<br />

comunicano l’influsso unicamente perfetto, come potranno ricavar presagi i chiromanti?».<br />

2<br />

Ib.: «non è parte principale il fegato, perché ci <strong>di</strong>mostra la sperienza, ch’egli non forma il<br />

sangue, né à tutto il corpo lo <strong>di</strong>stribuisce, com’è noto a tutta la nuova scuola; anzi […]<br />

separa solamente dal sangue la bile; e scoprì con microscopio il Malpighi essere il fegato<br />

una glandula non <strong>di</strong>ssimile dal Pancrea, cioè un’organo da innumerabili glandule<br />

composto».<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Ib.: «perlocchè conchiudono essere gli spiriti nel sangue, come gli spiriti del vino nel<br />

vino, ed escludono il cuore dal principato».<br />

5<br />

Ib. Fin troppo chiare, e <strong>di</strong>chiarate dallo stesso Gimma, a proposito <strong>di</strong> questo ultimo punto,<br />

i debiti ch’egli ha contratto con le ricerche <strong>di</strong> Willis e Stenone.<br />

125


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

mette in chiaro che essa ha solo un fondamento filosofico nella teoria<br />

neoplatonica <strong>di</strong> un parallelismo fra microcosmo e macrocosmo 1 . La scienza,<br />

al contrario, fornisce argomenti contro le arti degli astrologi <strong>di</strong>mostrandone<br />

la natura favolosa 2 . Sia i preformisti, sia gli epigenisti, pur da posizioni<br />

opposte, forniscono, ad esempio, argomenti inconfutabili contro l’influsso<br />

degli astri. Infatti, sia per coloro che ritengono che le parti del corpo<br />

vengano generate tutte insieme, sia per coloro che giu<strong>di</strong>cano «che vengano<br />

in tempo <strong>di</strong>verso generati, ed una parte della mano prima e dopo dell’altra»,<br />

ri<strong>su</strong>lterebbe <strong>di</strong>fficile spiegare come parti <strong>di</strong>verse abbiano ricevuto influssi<br />

<strong>di</strong>versi dalle <strong>di</strong>verse costellazioni e a <strong>di</strong>stinguere, come vogliono i<br />

chiromanti, <strong>di</strong>stinguere così <strong>di</strong>verso influsso «essendo così vicine tra loro le<br />

parti della mano, che alle stelle si attribuiscono» 3 . Non sfugge neanche allo<br />

‘storico’ Gimma che tra i sostenitori <strong>di</strong> tale insensata teoria vi siano<br />

tolemaici e copernicani 4 : a ciò «si aggiugne l’incertezza grande de’ sistemi,<br />

non essendosi stabilito fin’ora il vero or<strong>di</strong>ne e sito de’ cieli, e de’ pianeti né<br />

col sistema <strong>di</strong> Tolomeo, né con quello <strong>di</strong> Copernico, né coll’altro <strong>di</strong> Ticone<br />

Brae» 5 benché quest’ultimo sembri godere del favore dei dotti.<br />

Anche <strong>su</strong>l terreno teologico, l’argomento dei chiromanti («Id<strong>di</strong>o, e la natura<br />

niuna cosa invano abbiano fatto, e però essere state poste nella mano, e nella<br />

fronte le linee per <strong>di</strong>mostrare la <strong>di</strong>versa complessione degli uomini,<br />

l’inclinazione, e le opere») è insostenibile e, ad<strong>di</strong>rittura, prossimo all’eresia.<br />

Costoro non possono <strong>di</strong>rsi interpreti e della natura e <strong>di</strong> Dio. Ricorda, infatti,<br />

Gimma:<br />

1 Id., p. 314: Agezio, inventore della metoposcopia astrologica, «non con altro fondamento<br />

il dominio de’ pianeti stabilì nelle linee della fronte, se non per una certa similitu<strong>di</strong>ne che il<br />

Mondo grande col picciolo, ch’è l’uomo».<br />

2 Ib.: «non so perché il monte, ch’è nella ra<strong>di</strong>ce del pollice della mano sia <strong>di</strong> Venere, e la<br />

linea, ch’è sotto il <strong>di</strong>to anulare sia del Sole, e le altre siano d’altri pianeti, né in qual tempo<br />

ricever possano il dominio». Non può essere nel tempo della concezione del feto, poiché in<br />

questo caso si dovrebbe ricercare se tutte le parti del corpo si generino insieme o a poco a<br />

poco e, nel caso, quali membri ri<strong>su</strong>lterebbero privilegiati. A questo proposito Gimma non<br />

ritiene necessario scomodare le ultime ricerche me<strong>di</strong>che, quelle che si rifacevano alle teorie<br />

<strong>di</strong> Malpighi, perché «il più comune parere de’ me<strong>di</strong>ci con Ippocrate, è che non si <strong>di</strong>a<br />

membro primogenito, ma che tutti insieme si generano, e si accrescono».<br />

3 Id., p. 315.<br />

4 Id., p. 316: «molti libri dunque <strong>di</strong> tali vanità a uomini gravi falsamente si attribuiscono;<br />

molti ignoranti molte cose hanno col mezo delle osservazioni solamente affermato, e non<br />

tutti seguono il sistema <strong>di</strong> Tolomeo».<br />

5 Ib.<br />

126


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

nascono le linee, i monti e i tubercoli dal primo inviluppamento, ed incurvatura<br />

della mano fatta entro l’utero materno, poicchè nel chiudersi la mano, le quattro<br />

estremità delle <strong>di</strong>ta vengono a formare una certa concavità nella palma, a corrugare<br />

la cute, e sollevare quelle parti carnose, che monti da loro son chiamati, alcuno<br />

impe<strong>di</strong>mento non avendo, e le parti a loro contigue venendo premute dalle stesse<br />

estremità delle <strong>di</strong>ta; onde son formate le linee per l’uso necessario della piegatura,<br />

e così miransi le linee in tutte le parti del corpo, ove le parti de’ membri piegare si<br />

debbono, come ne’ no<strong>di</strong> delle <strong>di</strong>ta, nel gomito, nella fronte, ed altrove; non così<br />

nella parte esteriore della mano, nelle braccia, e nella polpa delle gambe. Così le<br />

linee si variano secondo la <strong>di</strong>versa piegatura della mano, e secondo la grassezza<br />

<strong>di</strong>versa de’ Corpi. Più linee avranno i corpi <strong>di</strong> secca, e meno <strong>di</strong> grossa<br />

complessione; e però non altra chiromanzia lecita conoscer dobbiamo, se non<br />

quella, che si riduce alla parte più sana della fitonomia, che non allontanano dalla<br />

natural filosofia 1 .<br />

Ho citato per intero questo non breve passo <strong>di</strong> Gimma, perché qui più<br />

esplicita appare la simpatia dell’abate nei confronti del meccanicismo e del<br />

naturalismo. La spiegazione tutta naturale della formazione delle linee del<br />

corpo espunge dal <strong>di</strong>scorso filosofico e scientifico ogni possibile finalismo:<br />

possiamo <strong>di</strong>re «che sieno forti gli uomini, se avranno mani gran<strong>di</strong>,<br />

articolate, e nervose; deboli e timi<strong>di</strong>, se saranno delicate» e altro ancora ma<br />

nulla che si debba ricondurre al <strong>di</strong> fuori e al <strong>di</strong> là dell’organizzazione<br />

fisiologica dell’in<strong>di</strong>viduo 2 . L’unica arte <strong>di</strong>vinatoria possibile è, in definitiva,<br />

a giu<strong>di</strong>zio della me<strong>di</strong>cina moderna e <strong>di</strong> Gimma, molto prossima alla<br />

prognosi e alla <strong>di</strong>agnosi del me<strong>di</strong>co.<br />

Un’ultima riflessione si impone: sia nelle pagine <strong>di</strong> Sylva I, sia in quelle<br />

degli Elogi accademici, sia infine nella Lettera a Vallisneri insieme alla<br />

coerente adesione alle dottrine filosofiche e scientifiche dei moderni, va<br />

fatta risaltare la funzione della storia – nella <strong>su</strong>a duplice veste <strong>di</strong> storia<br />

naturale e storia degli uomini: la storia come luogo degli errori, ma anche<br />

come luogo dello scoprimento della verità in qualunque età della storia e<br />

luogo della Terra. In tal modo Gimma rivede la <strong>di</strong>cotomia che<br />

1 Ib.<br />

2 A questo bisogna aggiungere che i filosofi, i legislatori e i teologi morali hanno ammesso<br />

la possibilità <strong>di</strong> questa forma <strong>di</strong> chiromanzia fisica «perché vollero seguir l’opinione e<br />

dottrine degli antichi, la quale parea fermarsi nelle ragioni naturali, e segni probabili che<br />

dalle linee si ricavava». Questa chiromanzia, del resto, se non fu approvata non fu neanche<br />

condannata dalla chiesa perché «non forzava la volontà libera degli uomini, come avviene<br />

agli astrologi» (ib.).<br />

127


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

tra<strong>di</strong>zionalmente oppone gli ‘antiquari’ ai moderni, a favore <strong>di</strong> un più<br />

equilibrato giu<strong>di</strong>zio ‘storiografico’ 1 .<br />

128<br />

6. La critica del favoloso nel primo volume delle Dissertationes<br />

academicae<br />

L’annuncio della pubblicazione delle Dissertationes viene dato dal Giornale<br />

de’ Letterati d’Italia: «si va incamminando la stampa dal Muzi<br />

soprallegato» cioè dell’e<strong>di</strong>tore Mosca <strong>di</strong> Napoli, «delle Dissertazioni del<br />

Sig. Abate Giacinto Gimma, Canonico della Metropolitana <strong>di</strong> Bari,<br />

Avvocato straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> questa città <strong>di</strong> Napoli, e Promotore perpetuo della<br />

scientifica Società Rossanese, con questo titolo: D. Hyacinthi Gimma, ec.<br />

Dissertationum Academicarum Tomus I qui duas exhibet nempe I de<br />

hominibus fabulosis, II de fabulosis animalibus, ubi de generatione<br />

viventium, in 4. L’eru<strong>di</strong>zione, il giu<strong>di</strong>cio, e la fama dell’Autore, <strong>di</strong> già<br />

notissimo per li due Tomi de’ <strong>su</strong>oi Elogi de’ letterati, corrisponderanno<br />

certamente alla curiosa materia, <strong>di</strong> cui egli tratta; onde sempre più si avrà<br />

occasione <strong>di</strong> rallegrarsi, che si vada purgando la naturale istoria da tanta<br />

menzogne, che l’ingombravano» 2 . Il medesimo Giornale de’ letterati<br />

1 Sugli ‘antiquari’ comunque è <strong>di</strong>fficile non tener conto <strong>di</strong> quanto presente in Sylva I, pp.<br />

305-306, «Gli antiquari sono simili alle pecore <strong>di</strong> Dante: ‘Come la pecorelle escon dal<br />

chiuso / Ad una, a due, a tre, e l’altre stanno / Timidette atterrando e l’occhio, el muso /e<br />

ciò che fa la prima e l’altre fanno’». Le fonti <strong>di</strong> questo passo possono essere <strong>di</strong>verse, ma<br />

soprattutto G. G. LAVAGNA, Il corriero straor<strong>di</strong>nario spe<strong>di</strong>to da Parnaso…, p. 51; cfr.<br />

anche Osservazioni intorno alle vipere fatte da Francesco Re<strong>di</strong> gentiluomo Aretino,<br />

Accademico della Crusca, rivedute dall’autore, e da lui scritte in una lettera all’illustriss.<br />

Sig. Conte Lorenzo Magalotti gentiluomo della Camera, e ora Cavalier Trattenuto del<br />

serenissimo Granduca <strong>di</strong> Toscana, in Firenze, MDCLXXXVI, per Piero Matini all’Insegna<br />

del Leone, con lic. de’ <strong>su</strong>p., p. 1; e ancora cfr. Observationes de viperis Francisci Re<strong>di</strong><br />

nobilis aretini Academici Fufurariorum sive della Crusca scriptae in literis ad<br />

generosissimum Dominum Laurentium Magalotti magni duci Hetruriae Camerarium ex<br />

italica in latinam translatae, in Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica…, cit., t. I, dove i<br />

versi <strong>di</strong> Dante sono in italiano e preceduti anche qui dalla <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> Re<strong>di</strong> secondo la<br />

quale è cosa <strong>di</strong>fficilissima «indagare veritatem sapissime a mendacio circumventam, et<br />

quam multi Scriptores tam antiqui quam moderni imitantur oviculas illas, de quibus<br />

Divinus noster Poeta», p. 3.<br />

2 Cfr. Articolo XVIII. Novelle letterarie d’Italia, del luglio, agosto, e settembre MDCCXIII,<br />

in Giornale de’ letterati d’Italia tomo decimoquinto. Anno MDCCXIII sotto la protezione<br />

del Serenissimo Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia, MDCCXIII, appresso Gio. Gabbriello<br />

Ertz, pp. 452-453.


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

pubblica la recensione - un vero e proprio specimen - all’opera <strong>di</strong> Gimma 1 ,<br />

forse <strong>di</strong> Vallisneri. L’autore, chiunque esso sia, coglie con precisione<br />

l’aspetto più interessante dell’opera: «la strana credenza <strong>di</strong> molti antichi, la<br />

vana pompa d’alcuni <strong>di</strong> scrivere meraviglie, e la non curanza quasi <strong>di</strong> tutti <strong>di</strong><br />

certificarsi del fatto, prima <strong>di</strong> scrivere, sono state la cagione, che s’è tanto<br />

empiuta la Storia naturale delle favole» 2 . È contro questa ‘vana pompa’ che<br />

scrive Gimma e contro la strana credenza degli antichi «in questo<br />

oculatissimo secolo è convenuto», che le più celebri penne si siano<br />

impegnate per cancellarle, eliminando gli infiniti pregiu<strong>di</strong>zi, che<br />

occupavano, e forse occupano «ancora la mente <strong>di</strong> chiarissimi uomini» 3 . La<br />

recensione è molto puntuale e riconosce che l’autore in questo trattato ha<br />

tenuto un or<strong>di</strong>ne proprio e giu<strong>di</strong>zioso 4 ; e prima <strong>di</strong> inoltrarsi nella <strong>di</strong>scussione<br />

filosofica più pregnante «mette avanti un savio <strong>di</strong>scorso intorno agli autori,<br />

che <strong>di</strong> questa materia hanno scritto, e una pesata critica ne apporta; <strong>di</strong>poi<br />

nella parte prima della prima Dissertazione incomincia dal più nobile<br />

soggetto che è l’uomo, parlando del De fabulosis hominum generibus» 5 .<br />

L’opera era costata a Gimma anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile lavoro e <strong>di</strong> ricerche<br />

impegnative, rese più gravose dal <strong>su</strong>o impegno <strong>di</strong> Promotore Perpetuo come<br />

si legge nella Epistola de<strong>di</strong>catoria alla Società degli Incuriosi:<br />

1 Articolo VIII, in Giornale de’ letterati d’Italia tomo ventesimo. Anno MDCCXV sotto la<br />

protezione del Serenissimo Gio. Gastone, Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia, MDCCXV,<br />

appresso Gio. Gabbriello Ertz, pp. 154-175.<br />

2 Id., p. 155.<br />

3 Ib. E poi: «ora abbiamo un libro, <strong>di</strong> cui ne <strong>di</strong>amo l’estratto, molto utile in vero, e degno <strong>di</strong><br />

lode, per essersi anch’esso affaticato con indefesso stu<strong>di</strong>o il chiarissimo Autore, <strong>di</strong> porre in<br />

faccia al mondo eru<strong>di</strong>to la verità, e cancellare tante menzogne, che l’ingombravano» (ib.).<br />

4 Id., pp. 155-156: «premesse le approvazioni, e i testimoni del valore dell’opera, e<br />

dell’autore, lo <strong>di</strong>vide in due <strong>di</strong>ssertazioni, e queste in parti, e le parti in capitoli, ne’ quali<br />

<strong>di</strong>stintamente tratta con molta eru<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ciò che d’illustrar si propone».<br />

5 Id., p. 156. Subito dopo l’autore della recensione rias<strong>su</strong>me il contenuto dell’opera <strong>di</strong><br />

Gimma: «nel primo capo stabilisce un solo genere <strong>di</strong> huomini; nel II tratta degli uomini<br />

favolosi <strong>di</strong> Paracelso, e del Borri; nel III degli uomini favolosi, creduti generati per arte<br />

chimica, o dalle piante. Nel IV d’altri uomini terrestri favolosi. Nel V degli uomini<br />

mostruosi, che sanno <strong>di</strong> favola. Nel capo primo della parte seconda cerca, se ci sieno stati i<br />

giganti; nel II della loro origine; nel III ragiona de’ giganti de’ libri d’Enoch; nel IV de’<br />

Demoni <strong>su</strong>ccubi, ed incubi; nel V de’ giganti dopo il Diluvio. Segue la parte terza, nel<br />

primo capitolo della quale <strong>di</strong>scorre de’ centauri; nel II de’ satiri; nel III de’ cinocefali, e<br />

d’altri uomini guarniti <strong>di</strong> peli; nel IV de’ tritoni, delle sirene, e d’altri uomini favolosi; nel<br />

V degli uomini favolosi de’ poeti; nel VI mostra, che gli uomini favolosi sono demoni, e<br />

conchiude questa prima Dissertazione trattando della conversione d’uomini in Lupi».<br />

129


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Diu me retardarunt curae, et mea stu<strong>di</strong>a retinuerunt post e<strong>di</strong>tos Elogiorum Tomos,<br />

amplissima Societas, et me etiam ab Academicis laboribus ablegarunt. Ad curas<br />

literarias nun redeo, mea quoque stu<strong>di</strong>a re<strong>su</strong>mo, et inter socios, quasi florentia lilia<br />

[…] veluti renascens lilium me restituo 1 .<br />

È l’amore per la verità a indurre l’abate a pubblicare le <strong>di</strong>ssertazioni. Egli<br />

non è «gloriae cupido», ma è spinto dall’esigenza <strong>di</strong> purgare le storie<br />

naturali dalla grande quantità <strong>di</strong> favole che le contaminano 2 , in modo che i<br />

«creduli, et parum in naturalibus periti historiam ipsam; imo et<br />

philosophiam naturalem expurgarent, et vera a falsis <strong>di</strong>siungerent, etsi<br />

authorìbus non paucis contra<strong>di</strong>cendo, qui falsa quoque retulerunt, audax<br />

nimium videar» 3 . Vallisneri gliene dà pubblico riconiscimento: l’abate si è<br />

portato tanto avanti «nelle naturali cognizioni» da poter finalmente<br />

detergere la «mente degli uomini creduli, e fascinati dal troppo cre<strong>di</strong>to degli<br />

antichi scrittori» 4 , unendosi «in questo memorabil secolo destra a destra, e<br />

penna a penna per richiamare una volta il sodo gusto della letteratura, e<br />

d’una filosofia non fantastica, né corrotta da favole sopra favole» 5 .<br />

La ricognizione della storia, condotta <strong>su</strong>l duplice versante della storia<br />

naturale e della filosofia naturale, è in effetti in<strong>di</strong>rizzata da Gimma<br />

all’in<strong>di</strong>viduazione della nascita e del permanere degli errori – delle favole –<br />

e alla proposizione delle soluzioni 6 . La classica e primitiva causa <strong>di</strong> errore<br />

derivava in<strong>di</strong>rettamente dall’ossequio all’autorità. Molti si limitavano infatti<br />

a seguire pe<strong>di</strong>ssequamente i testi greci e latini («veterum graecorum<br />

monumenta latina faciendo» 7 ) riproducedone gli errori, molti mescolavano<br />

1<br />

Amplissimae incuriosorum societati ruscianensi Hyacinthus Gimma promotor S. D., in J.<br />

U. D. Hyacinthi Gimma Barensis, Civitatis Neap. Advoc. Extraor<strong>di</strong>narii: Ruscianensis<br />

Incuriosorum Societatis Promotoris- Perpetui, etc. Dissertationum academicarum tomus<br />

primus, qui duas exhibet Dissertationes, nempe I. De hominibus fabulosis. II. De fabulosis<br />

animalibus, in qua legitur de fabulosa generatione viventium; et fabulae in Philosophiaesperimentali:<br />

praesertim in Hominum, et Animalium Historia naturali introductae, et<br />

observationibus refelluntur, Neapolis, in ae<strong>di</strong>bus Mutii, 1714, s. p.<br />

2<br />

Ib.: «nihil sane utilius existimavi, nihilque <strong>di</strong>gnius, quam tollere mendacia, deceptiones, et<br />

narrationes falsas, quae naturalem historiam, et rectam etiam philosophiam corrumpunt».<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Citato nella Epistola ad Lectorem <strong>di</strong> D. A. Lopes, in id., s. p.<br />

5<br />

Ib.<br />

6<br />

Id., p. 4: «Longa quidem seculorum serie fuit naturalis philosophia maculis obumbrata,<br />

òultisque nevis conspurcata naturalis hisotira; quoniam multa ex au<strong>di</strong>tu potius, quam visa<br />

scriptis authores retulerunt».<br />

7<br />

Ib.<br />

130


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

favole e storia: «quippe multa fabulosa intermiscentur historiis, et levis<br />

saepe similitudo credulos fallit, aut ansam praebet imponen<strong>di</strong>; ac<br />

potissimum cum nemo non peccet familiare illud peccatum, ut velit ex<br />

rerum novarum recitatione clarescere» 1 ; altri, ancora, sostituivano alle<br />

favole antiche favole moderne 2 .<br />

Gimma contrappone a tutto questo le ‘regole’ della Royal Society 3 : compito<br />

<strong>di</strong> una società scientifica «non est <strong>di</strong>sputare, sed operari; et scopus non<br />

prosequi imaginaria instituta; sed liberare philosophiam vanis<br />

imaginationibus, et fabricationibus phantasiae; reddendo eam palpabilem, et<br />

deducendo in plana obiecta sen<strong>su</strong>um» 4 . Un modello, quello della Royal<br />

Society al quale si ispirano, ricorda Gimma, gli scienziati che in varie parti<br />

d’Europa hanno fondato accademie scientifiche 5 . Da questo punto <strong>di</strong> vista,<br />

la me<strong>di</strong>cina as<strong>su</strong>me per Gimma la duplice funzione <strong>di</strong> modello privilegiato<br />

della scienza e <strong>di</strong> cartina <strong>di</strong> tornasole delle storture introdotte nella scienza<br />

dalle favole e degli inevitabili ritar<strong>di</strong> che ne sono derivati. Come insegnava<br />

un vecchio adagio: «philosophos fabularum quodammodo amatores esse: eo<br />

quod fabula ex admiran<strong>di</strong>s constet» 6 .<br />

Non stupisce quin<strong>di</strong> che Gimma registri i <strong>di</strong>ssensi che <strong>di</strong>vidono i me<strong>di</strong>ci «in<br />

omnibus naturae operationibus», e anche nella stessa anatomia, dove lo<br />

‘sguardo’, l’analisi autoptica, dovrebbe pur fugare ogni dubbio 7 .<br />

De hymene virginum, de earum carunculis, aliisque innumeris quot sententiae<br />

leguntur, quibus eas dari, vel non, nihil statuere pos<strong>su</strong>mus, cum ex utraque parte<br />

1<br />

Id., p. 5: in questo caso Gimma cita da Gassen<strong>di</strong>. Sulla presenza <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong>, in<br />

particolare a proposito <strong>di</strong> questo tema, cfr. Sylva III, pp. 126-130.<br />

2<br />

G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 7: «ut autem antiquos, eorumque<br />

compilatores, et sectatores omittam, eorundem morbo lavorant etiam pleique recentiores,<br />

qui licet eorum fabulas refellere studeant, et nitori <strong>su</strong>o naturalem praesertim historiam<br />

restituere; nihilominus fabulas aut stabiliunt, aut de novo introducunt».<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Ib.<br />

5<br />

Cfr. ib.<br />

6<br />

Ib. È da notare che la citazione <strong>di</strong> Aristotele è in Guillelmi Harvei Exercitationes de<br />

generatione animalium, Patavii, ex Officina Heredum Pauli Frambotti, 1666, pp. 598-599;<br />

cfr. G. GIMMA, Sylva III, pp. 141-142.<br />

7<br />

Ib.: «his acce<strong>di</strong>t mirabilis me<strong>di</strong>corum <strong>di</strong>ssensio in omnibus naturae operationibus, non<br />

solum in tot morborum <strong>di</strong>versitate, ac totius me<strong>di</strong>cinae partibus, in quibus ratio, et iu<strong>di</strong>cium<br />

exercentur; sed etiam, quod mirum est, in ipsis anatomicis, in quibus oculi, et manus<br />

operantur».<br />

131


ationes, et observationes producantur? 1<br />

Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Gimma nella storia, dove si inoltra nella selva <strong>di</strong> favole e metafore, trova gli<br />

esempi del retto metodo e scopre che anche le verità della scienza moderna<br />

sono meno indubitabili <strong>di</strong> quanto talvolta si pensi. Gimma riconosce che la<br />

moltitu<strong>di</strong>ne confusa <strong>di</strong> esperimenti <strong>di</strong> cui i moderni infarciscono le loro<br />

opere non facilita l’impresa del filosofo naturale. Ed è per questo, anzi, che<br />

«post tot secula nullam habemus veram, et universalem historiam» 2 . Gli<br />

esperimenti descritti da Aristotele si sono rivelati fallaci, e, da parte <strong>su</strong>a, un<br />

novatore come Re<strong>di</strong> ha mostrato che solo le esperienze continuamente<br />

ripetute sono valide 3 . Tutte le storie naturali, quelle degli antichi e quelle dei<br />

novatori, vanno, dunque, lette con cautela, per poter <strong>di</strong>stinguere quali cose<br />

sono verisimilia, quali probabilia e quali impossibilia 4 . La scienza<br />

sperimentale deve quin<strong>di</strong> fondarsi <strong>su</strong>ll’esperienza; richiedere ripetute<br />

conferme anche attraverso procedure <strong>di</strong> verifica molto complesse; delimitare<br />

rigorosamente i confini degli ambiti <strong>di</strong>sciplinari, avere sguardo vigile e, nel<br />

caso particolare della me<strong>di</strong>cina, ridefinire opportunamente la <strong>su</strong>a mappatura.<br />

Fino a quando queste con<strong>di</strong>zioni non saranno tutte sod<strong>di</strong>sfatte, qualunque<br />

teoria – per quanto improbabile o ad<strong>di</strong>rittura as<strong>su</strong>rda – troverà dei convinti<br />

1 Ib.<br />

2 Ib.<br />

3 Ib. L’Articolo VIII, in Giornale de’ letterati d’Italia…, cit., a p. 162-163, riconosce che<br />

nella prefazione Gimma «fa una savia critica, e da il giu<strong>di</strong>cio <strong>di</strong> molti Autori, esponendo<br />

con filosofica can<strong>di</strong>dezza i più bugiar<strong>di</strong>, e la cagione delle loro bugie, stupendosi con<br />

ragione, come molte cose, delle quali può essere giu<strong>di</strong>ce il senso, possano essere a tanti<br />

inganni, e dubbietà soggette, delle quali ne porta gli esempli». Osserva, soprattutto, «come<br />

in questo secolo ci è una sterminata congerie d’esperimenti, e <strong>di</strong> osservazioni, e come fra<br />

queste molte appariscono false, contaminandosi la filosofica fede, benchè paiono vere, <strong>di</strong><br />

maniera che non è ancora ben sicuro il <strong>di</strong>scorrere intorno agli effetti della natura, della<br />

quale (che è un vitupero) dopo il corso <strong>di</strong> tanti secoli non abbiamo ancora una vera, ed<br />

universale storia: il che tutto prova con riferirne pure gli esempi. Biasima giustamente<br />

ancora coloro, i quali vendono per proprie le cose rubate ad altri […]. Egli si <strong>di</strong>chiara<br />

d’essere a tutti fedele, confermando i <strong>su</strong>oi detti colle autorità, e dando a ciascuno i <strong>di</strong>ritti<br />

<strong>su</strong>oi. Non vuole però, che prevalga l’autorità, ma la ragione, e l’esperienza, quando quella<br />

non acconsenta col vero, mettendo in non cale il rossere, ed impugnandola con franchezza,<br />

quando s’allontanerà dal medesimo».<br />

4 Id., p. 10. Quanto al tema <strong>di</strong> quest’opera, «in his <strong>di</strong>ssertationibus quaedam colligere<br />

studui, quae ad animalium naturam, et generationem pertinet: alia in aliis <strong>di</strong>ssertat. Tradam;<br />

in omnibus tamen claissimorum hominum non praevalebit authoritas; nisi veritati consona<br />

erit; ideo eosdem saepissime oppugnare non erubescam; quia criticum tracto argumentum,<br />

et quatenus vires <strong>su</strong>ppetunt, me semper ostendam veritatis stu<strong>di</strong>o<strong>su</strong>m, et recentiorum<br />

amantissimum».<br />

132


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

sostenitori 1 . La verità della scienza così ricercata non si opporrà mai, in<br />

nes<strong>su</strong>n caso, a quella della fede; sempre a quella delle favole. E l’abate<br />

nell’esposizione delle <strong>su</strong>e ricerche, a <strong>di</strong>mostrazione, fa precedere il ‘parlar<br />

theologice’ al parlar ‘parlar philosophice’.<br />

Gimma riconosce a Walter Needham il merito <strong>di</strong> avere posto con particolare<br />

chiarezza il problema della definizione dello statuto <strong>di</strong>sciplinare della<br />

scienza me<strong>di</strong>ca<br />

non unius aetatis est phaenomena quoti<strong>di</strong>e tum in philosophia, tum in me<strong>di</strong>cina<br />

occurrentia colligere, in propias classes <strong>di</strong>sterminare, eorumque rationes ex veris,<br />

et indubitatis causis deducere. In arte pror<strong>su</strong>s coniecturali aliorum sententias<br />

convellere facilius est, quam solutionum principia, et fundamenta adeo evidentia<br />

<strong>su</strong>bsistere, ut sagacibus harum rerum indagatoribus satisfieri possit; obscura ideo<br />

est adhuc rerum naturalium veritas; etsi magis magisque in <strong>di</strong>es nobiliora <strong>su</strong>mat<br />

incrementa 2 .<br />

Sulla base <strong>di</strong> queste osservazioni, che hanno carattere metodologico, Gimma<br />

si addentra nella ampia letteratura che concerne l’uomo e le bestie 3 . Tutte le<br />

teorie e tutte le favole vengono registrate puntualmente, a cominciare da<br />

quella relativa all’anima delle bestie (e in questo caso, Gimma propende per<br />

la soluzione aristotelico-tomistica) a quella che pone l’assoluta uguaglianza<br />

tra uomini e bestie <strong>di</strong> chi «naturalem historiam perturbando, daemones, et<br />

belluas cum hominibus confuderunt»:<br />

Hanc ideo Dissertationem de Hominibus fabulosis scribo, ut homines a<br />

daemonibus, et ab animalibus <strong>di</strong>stinguerem, et aliquas fabulas, quae humanae<br />

naturae tribuerunt, detego. Ea vero, quae de homine <strong>di</strong>cuntur in iis, in quibus cum<br />

animalibus comparatur, ut de eius generatione, et similibus, in secunda Dissertat.<br />

De Fabulosis Animalibus perquiram; quare in hac Dissertatione prima, hominem,<br />

ut est: in secunda, ut est animal, considerabo 4 .<br />

1 Id., p. 8: «nullum est improbabile, et nulla, ut ita <strong>di</strong>cam, fatuitas; quae <strong>su</strong>os non habeat<br />

fautores etiam clarissimos; nihil inconveniens, quod authoritatibus, rationibus, et<br />

experientia non fulciatur; et Nihil quidem est, quod ex aliorum sententia probari non<br />

possit».<br />

2 Id., p. 9.<br />

3 Id., p. 12: «commune habet homo cum animantibus ea, quae ad corpus spectant; quae vero<br />

ad eius animam pertinent, cum iis nullo modo pos<strong>su</strong>nt comparari; unde quoad animam<br />

rationalem angelis, quoad corpus, animalibus comparatur».<br />

4 Ib.<br />

133


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Qui si vede il procedere univoco <strong>di</strong> teologia e scienza, giacché anche i testi<br />

sacri pongono l’unicità del genere umano e dell’humana <strong>su</strong>bstantia 1 . Al<br />

genere degli impossibilia, appartengono dunque le opinioni <strong>di</strong> Leone Ebreo<br />

che aveva affermato «fuisse a Deo productum primum hominem<br />

hermaphro<strong>di</strong>tum» 2 .<br />

Una più attenta considerazione Gimma de<strong>di</strong>ca alle dottrine <strong>di</strong> Paracelso e<br />

del <strong>su</strong>o ‘allievo’ italiano Giuseppe Francesco Borri 3 . Il primo, soprattutto,<br />

«<strong>di</strong>ver<strong>su</strong>s ab Adamo genus hominum penitus fabulo<strong>su</strong>m excogitavit» 4 , anzi<br />

<strong>di</strong>vise gli uomini in adamitici e non-adamiciti: i primi sono i nostri<br />

progenitori, i secon<strong>di</strong> sono i personaggi delle leggende e delle favole –<br />

ninfe, gnomi, salamandre e melusine. Questi ultimi non sono spiriti, ma anzi<br />

hanno sangue, carne ed ossa, proprio come noi, e «similes ideo esse<br />

hominibus in procreando, in figura, in commixtione, et sic esse homines, in<br />

procreando, in figura, in commixtione» 5 ; sono dotati <strong>di</strong> spiritus, ma non <strong>di</strong><br />

anima, che appartiene solo alla stirpe <strong>di</strong> Adamo. Il secondo, Gimma pone<br />

tra gli amatores delle favole paracelsiane 6 . Nelle Epistolae 7 , anche il<br />

‘me<strong>di</strong>co ciarlatano’, per usare una recente formula, ha posto come Paracelso<br />

quattro specie <strong>di</strong> creature che corrispondono ai quattro elementi 8 e ha<br />

avanzato ipotesi prive <strong>di</strong> alcun fondamento:<br />

fieri ait mortales huiusmo<strong>di</strong> soeminas elementares, si cum hominibus copulentur;<br />

sic etiam masculos cum mulieribus; et hanc sententiam, nullo tamen fundamento,<br />

a<strong>di</strong>u<strong>di</strong>cat Platoni, Pythagorae, Celso, […] aliisque recentioribus, et <strong>su</strong>am excusaret<br />

1<br />

Cfr. ib. Questa <strong>su</strong>bstantia prescinde dalla <strong>di</strong>fferenza dei sessi. Gimma parla anche <strong>di</strong><br />

«Thalmu<strong>di</strong>starum insania» (id., p. 13).<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Rinvio ancora, a proposito <strong>di</strong> G. F. Borri, a G. COSMACINI, Il me<strong>di</strong>co ciarlatano…, cit.;<br />

cfr. anche F. ABBRI, Gli ‘arcana naturae’: filosofia, alchimia e ‘chimica’ nel Seicento, in<br />

Cristina <strong>di</strong> Svezia. Scienza ed alchimia nella Roma barocca, Bari, Dedalo, 1990, pp. 49-68;<br />

A. BELARDINELLI, Il governo della peste: l’esperienza romana del 1656, in «Sanità,<br />

Scienza e Storia», (1987) n. 1, pp. 51-79.<br />

4<br />

Id., p. 14.<br />

5<br />

Ib.<br />

6<br />

Id., pp. 14-15: «sequutus est eum (scil. Paracelso) Joseph.-Franc. Borri Me<strong>di</strong>olanensis, qui<br />

Romae periit in carcerem conjectus ex sententia Sacr. Congreg. Inquisitionis ob innumeras<br />

haereses, et vanitte, quas docuit».<br />

7<br />

G. F. BORRI, Epistolae duae. I. De cerebri ortu et u<strong>su</strong> me<strong>di</strong>co. II. De artificio oculorum<br />

humores restituen<strong>di</strong>. Ad Th. Bartholinum, Hafniae, 1669.<br />

8<br />

Id., p. 15: «maris nempe Un<strong>di</strong>nos, aut Nymphas; Terrae Gnomos; ignis Salamandrios, et<br />

aeris Sylphos».<br />

134


insaniam 1 .<br />

Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

I deliri <strong>di</strong> entrambi Gimma annota meticolosamente: secondo Borri, gli eroi<br />

e i semidei erano figli <strong>di</strong> uomini non adamitici 2 ; tutt’e due «Daemones ergo<br />

cum hominibus confundunt» e «Daemones ipsos esse homines <strong>di</strong>xerunt, et<br />

eos, a quibus dabantur Oracola, homines esse Elementares» 3 . Ri<strong>di</strong>cola e<br />

falsa è l’altra opinione, insegnata da Paracelso e seguita da molti, secondo la<br />

quale sarebbe possibile generare gli uomini per ‘arte chimica’ 4 :<br />

Abesina etiam, et Amatus Lusitanus apud Bartholinum sine utero huiusmo<strong>di</strong><br />

generationem fieri posse arbitrantur, et Petru Borellus […] satuere putavit, posse<br />

hominciones Paracelsi fieri invasculi ad ignem me<strong>di</strong>ocrem, quae semen humanum<br />

contineant, vel <strong>su</strong>b gallina inter ova reponantur, vel <strong>su</strong>b axilla 5 .<br />

Gimma oppone che non è in alcun modo possibile che gli uomini vengano<br />

generati dal seme contenuto in vasetti, e sotto le ascelle, o covato da una<br />

1 Ib.<br />

2 Ib.: «sic Zoroastem facit filium Oromasi Salamandrii: et Romulum Martis , aut alterius<br />

Salamandrii, ac Sylviae filium, et utrosque a patribus inflammato curru ad aeris regionem<br />

raptos» e soprattutto «asseritque Daemones incubos, et <strong>su</strong>ccubos esse potius elementares<br />

creaturas».<br />

3 Ib. Il già citato recensore del Giornale de’ letterati… aveva messo in rilievo questo<br />

aspetto. Gimma stabilisce «darsi un solo genere d’uomini, anzi un solo esserne stato creato<br />

da Dio, dalla cui costa cavò Eva la femmina, determinando essere una l’umana sostanza,<br />

contenersi il maschio, e la femmina sotto il nome d’uomo, e levando molte menzogne de’<br />

Talmu<strong>di</strong>sti, spettanti ad Adamo, come, che fosse un gigante, e che fosse ermafro<strong>di</strong>to. Ciò<br />

posto incomincia ad una ad una a <strong>di</strong>saminare le sentenze <strong>di</strong> coloro, che ne ammisero altri<br />

generi, e in primo luogo leva la falsa credenza del Paracelso, e del Borri, che vollero, darsi<br />

certi omaccini, del genere <strong>di</strong> que’ <strong>di</strong> Adamo <strong>di</strong>versi, abitatori degli elementi, come gli<br />

On<strong>di</strong>nni o Ninfe, i Pigmei, Gli gnomi, i Vulcani, e Salamandri, le Medusine, o Silfi<strong>di</strong>,<br />

giu<strong>di</strong>cando, essere questi Demoni, confusi o per ignoranza, o per malizia cogli uomini. Cfr.<br />

Articolo VIII, in Giornale de’ letterati d’Italia…, cit., pp. 164-165. G. COSMACINI, Il<br />

me<strong>di</strong>co ciarlatano…, cit., p. 69 nota come Borri fosse «esperto nelle pratiche chemiatriche<br />

e, più latamente, me<strong>di</strong>che» ma anche «ferratissimo nelle nuove conoscenze fisicofilosofiche,<br />

nel Seicento legate soprattutto al nome <strong>di</strong> Cartesio». Borri era un pensatore che,<br />

non sempre or<strong>di</strong>nato e rigoroso, non era comunque un favolista troppo legato ad antiquate<br />

formule magico-alchemiche e, sia pure con la cautela dovuta anche alle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>care con precisione quali opere siano effettivamente dell’eretico milanese e quali invece<br />

non lo siano, si può aggiungere che la <strong>su</strong>a attenzione per la nuova filosofia cartesiana, e per<br />

gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Re<strong>di</strong>, ne fanno piuttosto un pensatore particolarmente interessante proprio in<br />

virtù della continua commistione <strong>di</strong> elementi ‘moderni’ e ‘premoderni’.<br />

4 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 16: «aliam docuit fabulam Paracel<strong>su</strong>s,<br />

et homunculos nonnisi ri<strong>di</strong>cule tra<strong>di</strong><strong>di</strong>t formam generan<strong>di</strong> vi Alchymistica».<br />

5 Ib.<br />

135


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

gallina. Non è possibile vedere nelle bocce <strong>di</strong> vetro – riempite con il sale<br />

ricavato dalle ceneri delle ossa – le immagini dei nostri antenati, come pure<br />

Pierre Borel si era ingegnato <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare. Non possono gli uomini nascere<br />

dalle piante, né come le piante che vengano generati dalla terra, come<br />

Camerario immagina che accada ogni anno non molto lontano dal Cairo, in<br />

Egitto; ed è una «fabulam item esse semine in terram immisso posse<br />

homunculum generari» 1 . Gimma passa in rassegna la vasta letteratura<br />

‘favolosa’ e quella ‘scientifica’ che mostra come i fenomeni più curiosi<br />

possono essere spiegati: il caso riportato da Kircher <strong>di</strong> alcuni fanciulli che<br />

sembravano essere stati generati da sconosciuti esseri che vivono all’interno<br />

delle grotte, si spiega ipotizzando che quei fanciulli si erano probabilmente<br />

introdotti nelle caverne in tempo <strong>di</strong> guerra, o <strong>di</strong> peste, e avevano acquistato<br />

un colore verde a causa della grande umi<strong>di</strong>tà del luogo 2 , come accade ai<br />

muri. Il caso descritto da Girolamo Brusoni che ha mostrato che è possibile<br />

vivere in caverne, con l’aria purgata dai fuochi sotterranei, o in altri luoghi<br />

apparentemente inabitabili 3 . Brusoni legge i resoconti dei viaggiatori. Nel<br />

1668 - racconta - fu trovata l’isola <strong>di</strong> Pines da una nave fiamminga «la quale<br />

fu ivi portata venti contrari, e dalla nebbia, e ritrovò in detta Isola, ch’è<br />

appresso la Terra Australe, intorno a dodeci mila persone. Questa nave ne<br />

portò la notizia con tutte le <strong>su</strong>e pertinenze al Re della Gran Brettagna a cui<br />

<strong>di</strong>ede una Relazione lasciata quivi dal primo huomo, che l’abitò» 4 . Da<br />

questa relazione egli ha appreso che nell’anno 1589 «andarono quattro navi<br />

verso le coste dell’Africa. Nel mese d’agosto giunte a vista dell’Isola <strong>di</strong> S.<br />

Lorenzo», furono investite da una formidabile tempesta, che le separò. Una<br />

<strong>di</strong> esse nel primo ottobre avvistò la terra, ma avvicinandosi alla costa fece<br />

naufragio «e postosi il Capitano colla maggior parte de’ marinari in uno<br />

schiffo, per scampare, rimasero tutti sommersi» 5 . Si salvarono solamente<br />

1 Id., p. 19.<br />

2 Id., p. 22.<br />

3 Cfr. G. GIMMA, Sylva I, pp. 499-501, e Dissertationes accademicae…, cit., p. 23. La fonte<br />

<strong>di</strong> Gimma per questa curiosa vicenda è Della Historia d’Italia <strong>di</strong> Girolamo Brusoni libri<br />

XL. Riveduta dal medesimo autore, accresciuta, e continuata dall’anno 1625 fino al 1676.<br />

De<strong>di</strong>cata all’illustris. mo ed Eccell.mo Signore il Signor D. Ramiro Ravaschieri De’ Conti<br />

della Vagnia, e de’ Prencipi <strong>di</strong> Belmonte. In Venetia, Appresso Antonio Rivanni, 1676,<br />

Libro Trentesimo sesto, pp. 918-920.<br />

4 G. GIMMA, Sylva I, p. 499.<br />

5 Ib.<br />

136


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

quei pochi che erano rimasti <strong>su</strong>lla nave cioè un uomo, che «tenea l’ufficio <strong>di</strong><br />

Cassiero, la figlia del Capitano, due serve, ed una Mora». I quattro scampati<br />

approdarono in un luogo <strong>di</strong>sabitato, e nello spazio <strong>di</strong> otto giorni riuscirono a<br />

costruirsi una casa per ripararsi dalle belve, con la speranza che ripassasse<br />

qualche nave per portarli in salvo. «Si sostentarono quattro mesi con ucelli<br />

che ritrovarono, ed ova de’ medesimi, pesci, e certa sorte <strong>di</strong> noci come gran<br />

pomi, che secche servivano <strong>di</strong> pane. L’ozio, e l’abbondanza <strong>di</strong> quel che<br />

bisognava incitò il detto huomo della Famiglia Pines, a conversare colle<br />

donne, le quali rimasero tutte gravide, e in <strong>di</strong>versi tempi partorirono» 1 . La<br />

vicenda raccontata da Brusoni continua: essendo «il Pines giunto alli 60<br />

anni <strong>di</strong> età, e venti dalla venuta all’Isola, maritò i figli, accasando quelli<br />

d’una donna con la famiglia dell’altra. Essendo già <strong>di</strong> anni 80 consegnò<br />

gl’istromenti, e’l <strong>su</strong>o guadagno al figlio maggiore, e lo fece Capitano, e<br />

Governatore degli altri; avendo dato a tutti porzione uguale della terra,<br />

acciocchè non contrastassero per l’agricoltura. Raccolse tucti per contare i<br />

<strong>su</strong>oi <strong>di</strong>scendenti, e li ritrovò, ch’erano 1789 persone, le quali bene<strong>di</strong>sse» 2 .<br />

Questa curiosa vicenda era stata annotata in Sylva I, viene ora definita nelle<br />

Dissertationes, senza mezzi termini, una storia inventata 3 , ed utilizzata per<br />

1 Id., p. 500. Dopo ventidue anni dal loro arrivo <strong>su</strong>ll’isola morì la «Mora». Gimma, non<br />

annota il fatto, ma Brusoni scrive piuttosto precisamente che si erano stabilite gerarchie<br />

molto precise all’interno del gruppo <strong>di</strong> naufraghi: se all’uomo spettava il ruolo <strong>di</strong> capo<br />

in<strong>di</strong>scusso era la figlia del Capitano a governare le vicende della casa e a fare le veci del<br />

compagno per le decisioni che riguardavano i rapporti fra i membri <strong>di</strong> sesso femminile.<br />

Esemplare il fatto che la ‘mora’ prima <strong>di</strong> poter conversare con l’uomo, dovesse chiedere il<br />

permesso alle altre donne – <strong>di</strong> razza bianca, riconoscendo un’inferiorità che aveva i crismi<br />

della naturalità. Cfr. G. BRUSONI, Della Historia…, cit., p. 919.<br />

2 G. GIMMA, Sylva I, pp. 500-501. «Diede a tutti il nome <strong>di</strong> Pines per essere il <strong>su</strong>o casato.<br />

Gl’istruì nella Scrittura Sagra, la quale salvò colle robbe, e mobili rimasti dopo il naufragio;<br />

e gl’impose, che non avessero mutato la loro lingua, anche se fossero venuti stranieri ad<br />

introdurvi altra. Fece una relazione <strong>di</strong> quanto era <strong>su</strong>cceduto, e la consegnò al figlio<br />

maggiore, acciocchè se n’avesse notizia del modo, in cui fu popolata l’Isola» (id., p. 501).<br />

3 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 23: «habitarunt incultam terram, ad<br />

quam pervenerunt, construxeruntque domum, et pro cibo avibus usi <strong>su</strong>nt, aviumque ovis,<br />

piscibus, inventisque pomis, quae exiccata, panis vicem gerebant. Otio, ac rerum copia<br />

motus Pines, praegnantes omnes red<strong>di</strong><strong>di</strong>t mulieres, et spatio annorum viginti, quibus terram<br />

illam incoluerat, aetatis autem <strong>su</strong>ae sexaginta, filios, et filias matrimonio coniunxit, et<br />

eosdem instruxit in Sacra Scriptura, quam non amiserat. Verum annum agens octogesimum,<br />

facta pius terrae <strong>di</strong>visione ad lites <strong>di</strong>rimendas, et filiis singulis parte <strong>di</strong>stributa, maiorem<br />

filium familiae <strong>su</strong>ae ducem et gubernatorem constituit omnium, quos volens numerare,<br />

invenit cum mulieribus 1789 numero. Hanc describit narratione fusius Brussonius, cuius<br />

fides sit apud Authorem». Il recensore del Giornale de’ letterati…, cit., a p. 167 annota a<br />

proposito «dell’Isola detta Pines, trovata appresso la terra Australe, che venne abitata per<br />

137


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

<strong>di</strong>mostrare che molteplici sono i motivi per i quali degli esseri umani<br />

possono abitare in luoghi come caverne.<br />

Gimma <strong>di</strong>scute poi delle favole relative ai Pigmei 1 , ai Serenigeri 2 e ai<br />

Giganti: «Maximas inviolvit <strong>di</strong>fficultates gigantum historia, an sint penitus<br />

fabulosi creden<strong>di</strong>; an verum sit, quod aliquando visi sint, et ea magnitu<strong>di</strong>ne<br />

mira, quam referunt; convenit ideo, ut aliqua breviter de eis perpendam» 3 .<br />

Le <strong>di</strong>fficoltà alle quali qui Gimma accenna sono legate alle implicazioni<br />

teologiche evidenti, giacché, «in Sacra Scriptura pluribus nominibus<br />

Gigantum genera <strong>di</strong>cuntur […] de cuius genere Goliath erat» 4 . Anche in<br />

questo caso, tuttavia, Gimma passa in rassegna le <strong>di</strong>verse e contrapposte<br />

opinioni. Quelle <strong>di</strong> chi crede siano figure favolose e quelle <strong>di</strong> chi crede siano<br />

realmente esistiti:<br />

Pygmaeos quoti<strong>di</strong>e fere pluribus in locis observamus, et <strong>su</strong>nt homines vere, parvae<br />

tamen staturae; et a con<strong>su</strong>eta degenerantes ex naturae defectu. Pygmaei igitur aut<br />

tales homines <strong>su</strong>nt, aut simiae, aut aliquando Daemones, qui formam<br />

homunculorum <strong>su</strong>mpserint; unde fal<strong>su</strong>m es eorum integras nationes reperiri 5 ,<br />

Gigantes nunquam fuisse cre<strong>di</strong>derunt nonnulli, asserentes eorum nomine venire<br />

homines <strong>su</strong>perbos, impios, Dei osores, et adversarios, praesertim Atheos […]. Alii<br />

<strong>di</strong>xerunt esse homines iratos, et in<strong>di</strong>gnatione venenatos contra Principes asperos;<br />

nec alia ratione fuisse eos a Poetis inventos; nisi ad Principum admonitionem; sicut<br />

enim terra contra Deos in<strong>di</strong>ganta gigantes peperit, qui <strong>su</strong>ae staturae magnitu<strong>di</strong>ne<br />

possent cum Deis certare; sic populi populos acer<strong>su</strong>m Principem <strong>su</strong>bertunt 6 .<br />

accidente da gente colà cacciata de [sic!] una tempesta <strong>di</strong> mare, dove tanto moltiplicarono,<br />

che il Pines giunto all’età <strong>di</strong> 80 anni, volle <strong>di</strong>videre l’Isola a’ figliuoli, e trovò, che fra<br />

maschi, e femmine erano 1789 compresi tutti i nati da’ medesimi, del che pare però, che<br />

dubiti il savio nostro autore»<br />

1 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 25: «genus aliud hominum<br />

commemorant, qui Pygmaei: nani, pumiliones, et homunciones breviculi, et mo<strong>di</strong>ce ab<br />

humo extantes <strong>di</strong>cuntur».<br />

2 Id., p. 26: «De serenigeris idem est <strong>di</strong>cendum […], infestari nempe ab iis Grutlan<strong>di</strong>ae<br />

populos, et eosdem Sereningeros facit Pygmaeis similes, et astutissimos, hyeme loca<br />

<strong>su</strong>bterranea incolentes, ac aestate, et cum Gruibus etiam pugnare, et unum vi<strong>di</strong>sse in<br />

manibus Siculi Moabitae parum palmo longiorem, humanis, membris et capite perforato a<br />

Guibus».<br />

3 Id., p. 32<br />

4 Id., p. 34.<br />

5 Id., p. 27:<br />

6 Ib.<br />

138


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Le <strong>di</strong>verse opinioni, il contrasto tra gli stessi Padri della Chiesa 1 , non<br />

impe<strong>di</strong>scono all’abate <strong>di</strong> far trasparire in controluce, e con tutte le cautele, il<br />

<strong>su</strong>o scetticismo: i giganti sono solo uomini che «inusitatam habent corporis<br />

magnitu<strong>di</strong>nem» 2 , giacché nes<strong>su</strong>na certezza vi è <strong>su</strong>i libri <strong>di</strong> Enoch, molti<br />

essendo andati perduti e alcuni essendo apocrifi 3 . Quando passa ad<br />

esaminare le favole relative ai demoni, <strong>su</strong>ccubi ed incubi, Gimma affianca -<br />

e già questo può essere considerato una spia della <strong>su</strong>a personale posizione -<br />

le opinioni dei me<strong>di</strong>ci, secondo i quali gli incubi non sono demoni, ma sono<br />

sogni che nascono quando, dormendo in posizione <strong>su</strong>pina, si prova un senso<br />

<strong>di</strong> oppressione <strong>su</strong>llo stomaco, e quelle dei Padri della Chiesa e dei teologi,<br />

secondo i quali si tratta <strong>di</strong> demoni:<br />

Ephialtes apud Me<strong>di</strong>cos, latine Incubus, est nocturna, corporis oppressio, et<br />

quaedam quasi <strong>su</strong>ffocatio, cum quis ab initio somni <strong>su</strong>pinus jacens, gran<strong>di</strong> se mole<br />

opprimi imaginatur, cum <strong>di</strong>fficili respiratione, immobilitate, ac voce praepe<strong>di</strong>ta<br />

proprie <strong>su</strong>ffocari videatur 4 .<br />

Una definizione scientifica della quale Gimma svela la paternità: «causam<br />

red<strong>di</strong>t Willis de anim. Brut. Par. 2 c. 6» 5 .<br />

Quanto ai teologi, essi non solo credono che gli Incubi siano dei demoni ma<br />

li affiancano ai Succubi: entrambi si manifestano durante il sonno ed hanno<br />

caratteristiche <strong>di</strong>fferenti: i secon<strong>di</strong> sono i demoni della ses<strong>su</strong>alità 6 . Gimma<br />

entra nello specifico delle numerose relazioni dove minuziosi sono i casi<br />

1 Id., p. 35: «ad explicandum gigantum originem magna fuit Authorum, et Patrum<br />

contentio, red<strong>di</strong>tque rationem Sixtus in Bilioth. Annot. 70 explicans locum Genesis, ubi<br />

legitur: Videntes filii Dei filias hominum […]. Patrum autem sententias varias ne hic<br />

referam, duae <strong>su</strong>nt opinione praecipuae, quae aptius verba Genesis explicant. Prima<br />

affirmat Filios Dei fuisse filios Seth: filias hominum, filias de stirpe Cain. Secunda per filio<br />

Dei intelligit Daemones, qui tales <strong>di</strong>cuntur ob spiritualem naturam: per filias hominum,<br />

mulieres: sicque gigante ab incubis, et <strong>su</strong>ccubis daemonibus genitos putant».<br />

2 Ib.: «Apud alios gigantum nomine veniunt homines, qui inusitatam habent corporis<br />

magnitu<strong>di</strong>nem; ideoque eos a monstrorum genere; sictu et Pygmaeos exclu<strong>di</strong> affirmant;<br />

quoniam proportionata habent membra; nec monstra, nisi quoad staturam conuetam <strong>di</strong>ci<br />

posse». Cfr. id., pp. 37-40.<br />

3<br />

4 Id., p. 40. Sulla figura dell’incubo cfr. il bel testo <strong>di</strong> J. STAROBINSKI, Troi fureurs, Paris,<br />

Gallimard, 1974; tr. it: Tre furori, Torino, Garzanti, 1978.<br />

5 Ib.<br />

6 Ib.: «Dixerunt alii <strong>su</strong>ccubum deci spiritum nocturnum muliebrem, illudentem inter<br />

dormiendum, ac si rem haberent veneram; quedadmodum masculus spiritus vocatur<br />

incubus», come fra gli altri sostiene Paracelso.<br />

139


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

descritti <strong>di</strong> atti ses<strong>su</strong>ali e delle modalità dei 'congressi' tra uomini e demoni 1 .<br />

Questi ultimi, essendone privi, si sarebbero serviti del seme <strong>di</strong> uomini<br />

particolarmente robusti per procreare giganti, semidei - Ercole, Enea, Servio<br />

Tullio, e persino Platone 2 - e stregoni, ad esempio Merlino e i Fauni<br />

Quod intelligendum tamen est, si Daemonis generationem intendat, et Deus id non<br />

prohibeat; poterat enim alias fictum semen infundere, et quandoque frigidum, cum<br />

se occultare <strong>su</strong>ccubis mulieribus noluerit, ut probat Delrius 3 .<br />

Posse maiorem solito volupatem afferre, ut semen abundantius emmitteretur,<br />

plurimum titillando, et imaginationi plurima ad rem facientia repraesentando;<br />

plurima enim pars venereorum motuum ab imaginatione fluit. Robusti ergo, et<br />

grandes ut nascerentur, ita poterant Daemones procurare 4 .<br />

La fonte <strong>di</strong> Gimma è, in questo caso, Del Rio. Dalle Disquisitiones<br />

magicarum viene condotto attraverso la letteratura <strong>su</strong>ll'argomento, da<br />

Diogene Laerzio a Vallesio («affirmat Franciscus Valesius apud Delrium» 5 ).<br />

Non viene negata l'esistenza, dopo il Diluvio, dei giganti, meglio <strong>di</strong> uomini<br />

<strong>di</strong> grande statura («Gigantes autem adeo magnos, ut jugera plura, ac<br />

1 Ib.: «Dari autem incubos, et <strong>su</strong>ccubos Daemones, qui venereum actum exerceant,<br />

communis est Patrum, et Theologorum sententia, imo Philosophorum experientia<br />

comprobata, ut probat Delrius Disqu. Mag. Lib 2 qu. 15 et soli<strong>di</strong>or est»; e id., p. 41: «Filii<br />

tamen ex tali concubitu nati non daemonis essent, qui corporei non <strong>su</strong>nt, et semine carent;<br />

sed hominis, cuius esset semen acceptum; et in hoc Authores omnes conveniunt». Questa la<br />

'dottrina' dalle quale hanno cavato le loro favole, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma, sono i 'moderni'<br />

Paracelso e Borri: «Ex hac doctrina <strong>su</strong>ae sententiae fundamenta <strong>su</strong>mpsit Paracel<strong>su</strong>s, qui<br />

probare conabatur dari <strong>di</strong>versa hominum genera, et Borri eius sectator cre<strong>di</strong><strong>di</strong>t etiam<br />

homines Elementaroes ab hominibus Adamicis <strong>di</strong>fferre»; Borri e Paracelso, ricorda ancora<br />

Gimma «<strong>di</strong>xerunt enim esse homines non Adamicos eos, qui Daemones <strong>su</strong>nt», mentre Van<br />

Helmont «eos appellavit animalia rationalia ab hominibus <strong>di</strong>stincta» (id., pp. 41-42).<br />

2 Ib.: «Ab Apolline, idest Daemone incubo natus credebatur Plato; nec alii erant antiquitatis<br />

Dii, quam Daemones […]. Idemque <strong>di</strong>ci poterit de Rege Danorum, et aliis, qui ab<br />

animalibus natu creduntur». Cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 88: «Saxo Danorum<br />

Scriptor […] Racconta, che l’orso rapì una donzella, dal cui congiungimento ne nacque un<br />

figlio, ‘cuius filius’ poi ‘Trugillus Sprachaleg nihil a paterna virtute deficiens, Ulfonem<br />

genuit, a quo Rex Sveno, et caetera Danorum Regum Stemmata seu quodam derivata<br />

principio, longo <strong>su</strong>ccessionis or<strong>di</strong>ne (teste Saxone) proluxerun’»; cfr. O. MAGNUS,<br />

Historiae septentrionalium gentium breviarium, libri XXII, Lugduni Batavorum, apud A.<br />

Wyngaerde et F. Moiardum,1645.<br />

3 Ib.<br />

4 Ib.<br />

5 Id., p. 42.<br />

140


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

ducentos cubito excederent, visos fuisse, non tam facile credam, si tantam<br />

molem consideremus» 1 ), ma viene svalutata la letteratura favolosa <strong>su</strong> questo<br />

argomento: testi sacri e moderna scienza non sono in contrad<strong>di</strong>zione 2 . Da<br />

Francis Bacon, uno degli autori <strong>di</strong> Vico, ma noto anche a Gimma, derivano<br />

non poche <strong>su</strong>ggestioni in ambiente napoletano. L'interpretazione delle<br />

favole <strong>di</strong> Gimma, ma anche quella <strong>di</strong> Giambattista Vico, vi si riallacciano in<br />

varie e <strong>di</strong>versificate maniere.<br />

Solo l’intervento straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Dio o quello dei demoni può produrre<br />

mutamenti nell'or<strong>di</strong>ne naturale che è costante e uniforme. La maggior parte<br />

dei fenomeni straor<strong>di</strong>nari descritti dalla letteratura 'favolosa' non appartiene<br />

a questo ambito, ma nasce da una sovrapposizione fantastica a fenomeni<br />

naturali che la scienza è in grado <strong>di</strong> spiegare. Da tali fantasie sono nate<br />

figure comi i silvestri, i centauri, e i satiri 3 , i Cinocefali, «et pilosis aliis<br />

hominibus» 4 , le nerei<strong>di</strong>, i tritoni 5 , quelle immaginate dai poeti 6 , gli uomini<br />

lupo 7 . Il me<strong>di</strong>co Ettmüller, nel caso dei satiri, ha fornito una possibile<br />

spiegazione:<br />

Ettmullerus scribens de Satyriasi, ita eam <strong>di</strong>ctam a Satyris ait, qui membro erecto,<br />

atque ad Venerem prono semper finguntur, et pinguntur; nomstris scil. talibus, quae<br />

et ipsa ex nefando hominum virorum cum capris congres<strong>su</strong> pronata fuerunt. Item<br />

de Format. Foetus cap. 23 ait, quod duplex genitura, duplicesque spiritus genitales<br />

1<br />

Id., p. 43.<br />

2<br />

Ib.: «Plures fuisse visos gigantes mirae magnitu<strong>di</strong>nis testantur authores, sive a primis<br />

propagatos, sive ab hominibus me<strong>di</strong>ocris staturae genitos».<br />

3<br />

Cfr. id., pp. 46-51.<br />

4<br />

G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., pp. 505-2.<br />

5<br />

Cfr. id., pp. 52-55.<br />

6<br />

Id., p. 56: «novi astrologum, cuius quaedam commemoravi in Epistola ad Virum<br />

eru<strong>di</strong>tissimum Antonium Vallisnerium […]; osten<strong>di</strong>tque ope anatomiae easdem vanas, et<br />

fabulosas, contra communem eorum sententiam, qui artes illas aut docent, aut profitentur<br />

[…]. Plura <strong>di</strong>xi eisdem per otium, quibus esse huiusmo<strong>di</strong> libros fabulosos ostenderem; nihil<br />

tamen profeci, cum potius me fabulo<strong>su</strong>m quilibet existimaret. Quae <strong>su</strong>nt falsa, rationi, et<br />

veritati contraria, dummodo ea Author aliquis referat, facillime creduntur. Hoc idem evenit<br />

historicis, qui mirabilia, immo impossibilia tanquam vera narrant, sive ab historicis, sive a<br />

poetis ea collegerint: ita Plinius in <strong>su</strong>a Historia Naturali plura poetarum figmenta<br />

commiscuit; plerique etiam fabulosos poetarum homines veros esse, et in <strong>su</strong>is regionibus<br />

reperiri scripserunt». La lettera a Vallisneri cui fa riferimento Gimma è naturalmente quella<br />

stampata <strong>su</strong>lla Galleria <strong>di</strong> Minerva, cfr. <strong>su</strong>pra.<br />

7<br />

Cfr. id., pp. 66-68. A p. 58 si legge: «Homines igitur faulosi, de quibus hactenus scripsi,<br />

aut nunquam fuerun, aut animalia <strong>su</strong>nt, aut Daemones; sed ut tutius ostendam Daemones<br />

quandoque eorum formas <strong>su</strong>mpsisse, sequens caput conscribo». Ma cfr. Articolo VIII, in<br />

Giornale de’ letterati d’Italia…, cit., p. 173.<br />

141


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

duplici modo formatum dant foetum, v. g. in mulo, in Satyro, etc. 1<br />

In Del Rio – l’ho già precisato - Gimma trova la grande messe <strong>di</strong> notizie che<br />

utilizza in questa lunga panoramica critica delle favole nella storia e nella<br />

filosofia naturali. In quanto ecclesisatico, del resto, era pienamente<br />

giustificato nelle <strong>su</strong>e letture: «bisogna, che sieno ancor note agli<br />

ecclesiastici e per condannarsi, e per darsi le pene a coloro che le usano, e<br />

per sapersi almeno quelle vanità [...] le quali abborrire si debbono 2 .<br />

La seconda delle due Dissertationes usa propriamente il 'parlar philosophice'<br />

e approfon<strong>di</strong>sce i temi accennati nel Ju<strong>di</strong>cium Martinianum 3 .<br />

L'argomento in <strong>di</strong>scussione è quello della generazione dei viventi. Anche in<br />

questo caso - Gimma lo precisa nella prefazione - <strong>su</strong>o primo compito è<br />

quello <strong>di</strong> fare giustizia delle molte favole <strong>su</strong>lla generazione degli animali e<br />

degli uomini 4 . In prima istanza, l'abate pone tra le favole degli antichi la<br />

considerazione <strong>di</strong> cielo, pianeti, e terra come esseri animati 5 . In seconda<br />

istanza, egli entra nello specifico della <strong>di</strong>scussione tra me<strong>di</strong>ci e filosofi <strong>su</strong>:<br />

generazione spontanea o dall'uovo; epigenisti e preformisti. In terza istanza,<br />

prende partito - sempre con le dovute cautele - a favore dei preformisti 6 . In<br />

conclusione <strong>di</strong> questa analisi, liberata la storia e la filosofia naturali da<br />

1 Id., p. 48:<br />

2 G. GIMMA, Idea della storia…, cit., t. II, p. 764.<br />

3 Cfr. Articolo V, in Giornale de’ letterati d’Italia tomo ventesimoprimo. Anno MDCCXV<br />

sotto la protezione del Serenissimo Gio. Gastone, Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia,<br />

MDCCXV, appresso Gio. Gabbriello Ertz, pp. 176-212.<br />

4 Cfr. G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., pp. 69-71. E a p. 72 «Deus namque<br />

creavit primum cuncta, quae in mundo <strong>su</strong>nt, et mundum ip<strong>su</strong>m, ut sacrae literae testantur, et<br />

homines non ex limo, et aqua vermiculorum modo effusi sponte uteris e terra conformatis<br />

eruperun, illis <strong>di</strong>sruptis, ut veteres philosophi cre<strong>di</strong>derunt, quorum sententiam inferius<br />

reiiciam».<br />

5 Id., p. 72-73: gli antichi filosofi «mundum enim plerique animatum <strong>di</strong>xerunt, ut Thales<br />

apud Laertium asserebat; nec non Terram instar animalis, cuius lanugo, et pili sint ipsae<br />

plantae, et arbores; imo Coelestes Orbes <strong>di</strong>xerunt animatos; siquidem existimantes corpora<br />

coelestia gravia esse, noluerunt ideo datam caelo animam, ut eius vi in <strong>su</strong>blimi consisteret,<br />

atque caeli salutem Atlante quodam in<strong>di</strong>gere, qui humeris <strong>su</strong>is illud <strong>su</strong>bstentarent.<br />

Empedocles praesertim caelum crystalli obstinere specie, et animam, et omnigenum<br />

animalium, atque arborum species indui; et se aliquam<strong>di</strong>u fuis se puerum, atque pulleam,<br />

arborem, et avem, atque piscem, de quo idem Laertius».<br />

6 Id., p. 74: l'uomo «pecularia habuit organa, in quibus semen, et futuri foetus materia<br />

generetur, ac retineatur, <strong>su</strong>osque tempore foetus ipse in lucem edatur».<br />

142


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

questa zavorra, egli verificherà una sostanziale convergenza tra teologia e<br />

scienza 1 .<br />

Gimma stabilisce innanzitutto che, a prescidere dalle personali inclinazioni<br />

per le teorie preformista o epigenista, è fuori <strong>di</strong> dubbio che tutti gli esseri<br />

viventi sono generati da un uovo 2 . Le esperienze <strong>di</strong> Francesco Re<strong>di</strong>, me<strong>di</strong>co,<br />

accademico del Cimento e archiatra granducale, letterato cruscante e poi<br />

anche arcade 3 <strong>su</strong>gli insetti sono, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma, decisive 1 . Attraverso<br />

1 A p. 74 (Id.) Gimma giustifica la liceità per il cristiano <strong>di</strong> affrontare queste questioni:<br />

«Licebit ideo ea tractare, et de iis loqui in sequentibus quaestionibus, cum opus fuerit, eo<br />

modo, quo verecun<strong>di</strong>s, et christiansi praesertim philosophis permis<strong>su</strong>m est; sicut et<br />

theologis ad <strong>di</strong>gnoscendas peccatorum circumstantias permittuntur, quae alias essent<br />

reticenda; si enim animalium fabulae in eorum genratione <strong>su</strong>nt ostendendae; nisi nominibus<br />

propriis partium generationi inservientium loquar, quomodo illas aperire licebit? At de hoc<br />

satis».<br />

2 Id., p. 73: «his tamen philosophorum figmentis omissis, fabulosa animalia, et eorum<br />

fabulosas proprietates antequam describam, quaedam preaemittenda duxi, quibus tota<br />

fabularum machina corruet. Sic rejecta primum fabulosa generatione spontanea, et ex putri;<br />

nec non statuta omni generatione ab ovo, et semine, quae totius Dissertationis erit quasi<br />

fundamentum; item probata necessitate ovi; et foeminei seminis, ultra semen maris, ad<br />

generationem perficiendam, ostendam fabulosam generatione sine maribus, aut per<br />

somnium, aut in Balneo». L’autore cui fare riferimento, sia <strong>di</strong>rettamente che in<strong>di</strong>rettamente,<br />

è naturalmente W. HARVEY, De humido primigenio. Exercitatio LXXII, in Exercitationes<br />

de generatione animalium, Amstelodami, apud Joannem Jansonium, 1651, <strong>su</strong>l cui<br />

frontespizio viene mostrato Zeus che apre un uovo dal quale escono animali <strong>di</strong> goni genere,<br />

compreso un uomo, e <strong>su</strong>ll’uovo compare il famoso motto Ex ovo omnia. Nel testo c’è la<br />

fondamentale formula ovum esse primor<strong>di</strong>um commune. Su questi temi cfr. ancora W.<br />

PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…, cit., pp. 276-294 e pp. 338-388. Vale la pena<br />

ricordare come la parola ‘uovo’, ad un esame attento, si riveli ambigua: se infatti nel caso<br />

degli animali ovipari essa ri<strong>su</strong>lta abbastanza precisa, in altri casi sfuggiva ad una<br />

definizione precisa. Ad esempio, Harvey non comprese mai la funzione degli organi che noi<br />

chiamiamo ovaie negli animali vivipari, per cui quello che definiva l’uovo del cervo era<br />

invece il sacco amniotico, nel quale si era andato sviluppando per alcune settimane<br />

l’embrione, o nel caso degli insetti era il bozzolo da cui fuoriesce la farfalla. Per uovo,<br />

quin<strong>di</strong>, più che il prodotto <strong>di</strong> un’ovaia femminile intendeva una materia prima o primo<br />

inizio, il primor<strong>di</strong>um comune appunto: l’uovo, l’origine <strong>di</strong> ogni essere vivente, si<br />

presentava ad Harvey come un punto omogeneo <strong>di</strong> materia che un principio formativo<br />

innato modellava e trasformava in un in<strong>di</strong>viduo articolato in grado <strong>di</strong> produrre, come <strong>su</strong>o<br />

atto basilare, un altro punto omogeneo <strong>di</strong> materia, il primor<strong>di</strong>um <strong>di</strong> un’altra generazione. In<br />

questa prospettiva, il seme maschile non può avere alcuna funzione materiale nella<br />

generazione, e Harvey ne definiva l’azione con il termine ‘contagion’, influenza<br />

immateriale che ritardava e stimolava l’uovo assopito.<br />

3 Su Francesco Re<strong>di</strong> la bibliografia è naturalmente sterminata, mi limito qui ad in<strong>di</strong>care<br />

titoli <strong>di</strong> particolare importanza: L. BELLONI, F. Re<strong>di</strong>, biologo, in Celebrazioni della<br />

Accademia del Cimento nel tricentenario della fondazione, Pisa, Domus Galileiana, 1958,<br />

pp. 53-70; G. BRACALI, Le prose scientifiche del Re<strong>di</strong>, in «Rivista d’Italia», 1916, pp. 145-<br />

179; P. OMODEO, La <strong>di</strong>sputa <strong>su</strong>lla generazione spontanea da Re<strong>di</strong> fino a Lamarck, in<br />

143


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

l’osservazione <strong>di</strong> un campionario <strong>di</strong> carni (<strong>di</strong> pesci, <strong>di</strong> serpenti, vitella da<br />

latte, e altro ancora) che viene fatta putrefare in fiaschi con le bocche serrate<br />

con carta e spago e sigillate con cura, lo scienziato aretino trae la<br />

<strong>di</strong>mostrazione che in assenza <strong>di</strong> germi provenienti dall’esterno non è<br />

possibile che si formino produzioni verminose. La putre<strong>di</strong>ne non è, quin<strong>di</strong>,<br />

uno stato <strong>di</strong> mezzo tra la morte e la vita; dal putrescente non nasce il vivente<br />

e non è dal marciume delle cortecce, delle foglie e dei frutti che nascono i<br />

vermi <strong>di</strong> cui brulicano le piante, o sbucano gli uccelli che ni<strong>di</strong>ficano <strong>su</strong>i<br />

rami, così come non è dalle palu<strong>di</strong>, dai letamai, dalle fogne che nascono gli<br />

insetti, o i semi della pestilenza 2 .<br />

Società, 1957, pp. 490-523; ID., Il metodo scientifico <strong>di</strong> F. Re<strong>di</strong>, in «La Rassegna della<br />

letteratura italiana», 1961, pp. 476-500; ID., Scienza e ‘filosofia’ in F. Re<strong>di</strong>, in «La<br />

Rassegna della letteratura italiana», 1962, pp. 85-99; G. M. PICCININI, La via nuova<br />

tracciata alla farmacoterapia da F. Re<strong>di</strong>, in «Rivista <strong>di</strong> storia critica delle scienze me<strong>di</strong>che<br />

e naturali», 1922, pp. 62-85; R. PITTALUGA, F. Re<strong>di</strong>, naturalista, in «Rivista d’Italia»,<br />

1909, pp. 254-260. Sull’attività poetica <strong>di</strong> Re<strong>di</strong>, e <strong>su</strong>l Bacco in Toscana, cfr. M. L. ALTIERI<br />

BIAGI, Lingua e cultura <strong>di</strong> F. Re<strong>di</strong>, Firenze, Olschki, 1968; G. IMBERT , Il Bacco in Toscana<br />

<strong>di</strong> F. Re<strong>di</strong> e la poesia <strong>di</strong>tirambica, Città <strong>di</strong> Castello, Lapi, 1890; C. A. MADRIGNANI, La<br />

poetica <strong>di</strong> F. Re<strong>di</strong> nella Firenze letteraria <strong>di</strong> fine Seicento, in Belfagor, Rassegna <strong>di</strong> varia<br />

umanità, 1960, pp. 402-414.<br />

1 Id., p. 82: «Insectorum genera omnia sine ovis, seu seminiis generari fabulo<strong>su</strong>m est [...].<br />

Huiusmo<strong>di</strong> generationem vermiculorum in caseo, cerasis, carnibus, aliisque rebus fieri<br />

osten<strong>di</strong>t Franciscus Re<strong>di</strong>us in lib. de Insect. Etenim a muscis, aut eiusmo<strong>di</strong> animalibus ova<br />

parturientibus originem ducunt vermiculi». La stima <strong>di</strong> Gimma per le ricerche <strong>di</strong> Francesco<br />

Re<strong>di</strong> fu sempre eccezionale e aveva una conoscenza delle <strong>su</strong>e opere non <strong>su</strong>periciale; in<br />

Sylva IV, a p. 615 annota le varie e<strong>di</strong>zioni delle <strong>di</strong>verse opere <strong>di</strong> Re<strong>di</strong>, a a proposito del <strong>su</strong>o<br />

scritto <strong>su</strong>gli insetti scrive: «Esperienze intorno alla generazione degl’Insetti 1668. in 4. Fu<br />

tradotto in latino, e stampato in Amsterdam, <strong>su</strong>mptibus Andreae Frisis, che lo tradusse,<br />

mercante <strong>di</strong> libri. 1671. in 12». Anche Harvey, secondo Gimma, era arrivato alle stesse<br />

conclusioni: cfr. id., p. 83: «sic eruca, quorum semina instar atomorum invisibilium a ventis<br />

ut plurimum deferuntur, in arboribus generari ait Harveus, ut <strong>su</strong>perius <strong>di</strong>ctum est; et ita<br />

etiam de omnibus insectis, et forte evidentiora explicantur; et si quae de caseo, et cerasis<br />

<strong>di</strong>cuntur, nonnullas habere <strong>di</strong>fficultates videantur; praesertim quod possint ovula illa in<br />

caseo conservari, et non vitiari in coctione casei; de quo fortsasse alibi loquar […]. Herbae,<br />

carnes, et alia omnia, quae putrescerepos<strong>su</strong>nt in insectorum generatione, et limus in mari,<br />

quem Rondeletius producere pisces affirmabat, aliud munus non exercent; quam aptum<br />

praestare locum ut ova, et alia vermiculorum semina <strong>su</strong>fficiens habeant alimentum, quo<br />

nutriantur. Plura ideo pos<strong>su</strong>nt explicari reiecta generatione ex putri, tanquam fabulosa, et<br />

fere in omnibus iam insectorum speciebus hanc generationem invenerunt recentiores,et<br />

assiduis observationibus Clarissimi Viri hanc doctrinam illustrare conantur».<br />

2 In A. BORRELLI, Francesco D’Andrea. Lettere a G. Baglivi, A. Bal<strong>di</strong>giani, A.<br />

Magliabechi, M. Malpighi, A. Marchetti, F. Re<strong>di</strong>, L. Porzio 1671-1692, in «Archivio<br />

Storico per le Province Napoletano» CXV dell’intera collezione, Società Napoletana <strong>di</strong><br />

Storia Patria, Napoli, 1997, p. 158.<br />

144


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Re<strong>di</strong> aveva così tolto ogni fondamento alla teoria della generazione<br />

equivoca: i vermi del formaggio o della carne putrefatta avevano origine da<br />

uova invisibili deposte dagli insetti 1 . Favole sono dunque le 'prove' addotte<br />

dai sostenitori della generazione spontanea (generatio aequivoca).<br />

Va, tuttavia, precisato che Re<strong>di</strong> non era così univoco come Gimma lo<br />

rappresentava. Scrive, ad esempio, il 4 febbraio 1673, Francesco D’Andrea<br />

ad Antonio Bal<strong>di</strong>giani: «Scrissi al signor Re<strong>di</strong> ciò che si era osservato dal<br />

signor Malpighi circa la produttion de’ vermini nelle galle e negli altri frutti,<br />

portando esso [Malpighi] opinione che non nascano né dalla putre<strong>di</strong>ne come<br />

sin’hora è stato creduto, né dal seme della pianta, come par che conceda il<br />

signor Re<strong>di</strong>, ma dall’uovo o seme della mosca», E, in effetti, Re<strong>di</strong> partecipa<br />

ad una <strong>di</strong>scussione aperta e a più voci alla quale prendono parte, fra gli altri,<br />

Harvey che aveva avanzato l’ipotesi dell'esistenza <strong>di</strong> vasi sanguigni non<br />

visibili e Malpighi che aveva scoperto <strong>di</strong> fatto l'esistenza dei capillari.<br />

Entrambi avevano posto, in tal modo, le basi della teoria secondo la quale<br />

vermi e insetti nascono da uova o semi anche se non invisibili 2 .<br />

Gimma passa in rassegna le teorie dei moderni, quelle dove non trovava<br />

alcuna commistione con il favoloso: quella <strong>su</strong>lle funzioni delle ovaie <strong>di</strong><br />

Reiner de Graaf, Nicolaus Stenon 3 e Jan Swammerdam, nota anche a<br />

1 Id., pp. 82-83: «duabus ipse carni portionibus ex recenter mactatis animalibus, tum<br />

piscibus, tum serpentibus, tum aliis in vitreo vase unam immisit partem quod operuit, ne<br />

musca, vel quid simile introiret: in alio aliam non clauso repo<strong>su</strong>it. Utraque carne poste <strong>di</strong>es<br />

putrefacta, verminosam tantum carnem in vase non clauso repositam invenit; non eam vero,<br />

ad quam musca a<strong>di</strong>tum non habuerat. Similem quoque vermiculorum productionem saepe<br />

in carnius, aut psicibus in loco expositis, ad quem accedere possit musca, observamus; vix<br />

enim illa musca retigit, praesertim aestivo tempore, vermiculorum copia confestim gignitur,<br />

etiam carne recenter mactata, et non putrefacta; neque aliud, nisi muscarum ova <strong>su</strong>nt<br />

vermiculi. In caseo, et aliis, quae fiunt verminosa, idem evenire aiunt; cum enim fit caseus,<br />

<strong>su</strong>per eum volitant muscae, quae ova pariunt, et ea in internas casei partes fermentatione<br />

perficiuntur, et fiunt vermiculi. De fructibus idem asserunt; praecipue in quibusdam<br />

cerasorum poris, facile parvula ovula introducuntur, flantibus ventis advecta, quae vel per<br />

aerem eran <strong>di</strong>sseminata, vel foliis, vel arborum corticibus adhaerebant; aut ab ipsis<br />

animalculis fuerant deposita. Solis inde aestu adveniente, ac cerasorum maturitate, quae fit<br />

per naturalem, et intrinsecam fermentationem, ovula illa vermiculos producunt; idemque in<br />

aliquibus cerasorum speciebus non observari aiunt, quia figuram habent aptam illa ovula ad<br />

transeundam per pororum configurationem unius, non vero alterius cerasorum speciei».<br />

2 Cfr. G. COSMACINI, Storia della me<strong>di</strong>cina e della sanità…, cit., p. 165, dove viene citato<br />

Re<strong>di</strong> che scrive: «bisogna bene aguzzar gli occhi e armargli bene d’un microscopio<br />

squisitissimo, per potergli squisitamente ravvisare, tanto son minuti e quasi invisibili; onde<br />

penso che ne manchi poco a potergli noverare tra gli atomi».<br />

3 Ib.: «hoc primum fuisse a Nicola Steno expres<strong>su</strong>m problemate affirmat Th. Bartholinus,<br />

145


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Bartholin, Fallopio, Roderico da Castro, Kerkring, Laurens, Riolan 1 , ma già<br />

nota ad Ippocrate o, come precisa Galeno, a Polibio «qui Psaltria quadam<br />

ancilla ovum fuisse dejectum per uterum refert» 2 .<br />

Di Reiner de Graaf, in particolare, scrive: «de Mulierum Ovariis fuse etiam<br />

scribens, saltem implicite se facit authorem; quamvis can<strong>di</strong>de nonnullas<br />

observationes circa foemellarum testes a Stenone mutuatum fuisse<br />

fateatur» 3 ; <strong>di</strong> Stenone riporta l'opinione secondo la quale «magnitu<strong>di</strong>ne inter<br />

se plurimum <strong>di</strong>fferunt haec ova in oedem ovario, et maiora in muliere ad<br />

pisi magnitu<strong>di</strong>nem vix accedutn, et minima <strong>su</strong>nti in iunioribus, maiora in<br />

provectioribus, tamque copiosa, ut in uno teste quandoque viginte et plura<br />

numeravit De Graaf» 4 ; e <strong>di</strong> <strong>di</strong> Malpighi riporta l’opinione secondo la quale<br />

quelle sinora osservate non erano vere uova 5 .<br />

Gli echi <strong>di</strong> questa questione si erano avvertiti, del resto, anche a Napoli:<br />

Francesco D’Andrea, in una lettera a Re<strong>di</strong> del 28 gennaio 1673, aveva<br />

quod nempe Stenonius propo<strong>su</strong>erit mulierum testes esse ovario Viviparorum analogos; et id<br />

collegisse ex canibus, piscibus, vaccis, cuniculis, ursa, lepore, salamandra, lupa, cerva,<br />

damis, vipera, et asina, in qua ultra vigintiova enumeravit […]. Idem in mulieribus<br />

observasse asserit; nam plura ova rotunda invenit in iuniore, quae nunquam apparuere in<br />

altera muliere quinquagenaria, in cuius testibus calculos invenit. Ova etiam reperit in<br />

<strong>di</strong>ssecto cadavee; eaque publice coqui iussit, et <strong>di</strong>ssecuit, eorumque <strong>su</strong>bstantiam perlucidam<br />

nullo apparente vitelli vestigio; ut videre esti in ovis avium, osten<strong>di</strong>t».<br />

1<br />

Id., p. 85: «hanc ovariorum doctrinam olsecit ante omnes Fallopius, a quo Tubae<br />

Fallopianae etiam nunc <strong>su</strong>nt <strong>di</strong>ctae; <strong>su</strong>per quibus doctrinae molem construxerunt<br />

<strong>su</strong>ccessores […]. Et eadem quoque olsecisse volunt Rodericum a Castro, qui humorem<br />

illum in vesiculis contentum ovi can<strong>di</strong>do, sive albunimi assimilavit, ut refert Theod.<br />

Kerckringius […]. Excreverunt postea recentiorum adeo observationes, ut nulli nunc sit<br />

dubium ab ovo generari quoque homines; habent namque mulieres ovaria, et seminis virilis<br />

spiritus profilicus ova foecundat: sic foecundata ad uterum feruntur per tubas Fallopianas,<br />

quas etiam oviductus appellant, ibique incrementum capiunt, et foventur, donec in foetum<br />

crescant, et paulatim partes illas corporis, et quidem, omnes explicando, cuius delineatio, et<br />

principia proculdubio in ovo reperiuntur, perfectione tandem acquisita in lucem prodeant.<br />

Ex interiori ovorum <strong>su</strong>bstantia foetus, ex altera, membrana scil. qua formatur ovum,<br />

quaeque illud continet, secun<strong>di</strong>nae efformantur, quae involvunt foetum ip<strong>su</strong>m; quam<strong>di</strong>u<br />

intra uterum latet, et eandem <strong>di</strong>srumpit, ut egre<strong>di</strong>atur. Recte Steno inquit: omnis uterus dum<br />

foetum gerit, ovum gerit».<br />

2<br />

G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 84.<br />

3<br />

Id., p. 84.<br />

4<br />

Id., p. 85. «Singula ova insidere cuidam sinui, sicuti glans insidet <strong>su</strong>ae cap<strong>su</strong>lae oservavit<br />

Philippus Verheyen, ad quem finum plurimae, et tenuissimae terminantur venae, et arteriae;<br />

quarum indubie hae materiam pro nutritione, et accretione ovi afferunt, illae <strong>su</strong>perfluam<br />

revehunt» (ib.).<br />

5<br />

Id., pp. 85-86: «quod tamen negat Malpighius in Epist. ad Spontum, qui in lumphaticis<br />

vesiculis contineri ait nutrimentum corporis glandulosi lutei, quod postea calix ovi est, et<br />

ovum postea <strong>su</strong>o tempore in eius me<strong>di</strong>o manifestatur».<br />

146


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

scritto che «il signor Malpighi non havea veduto il Regnero, havea bensì<br />

havuta relatione del <strong>su</strong>o pensiero per una lettera scrittagli da Inghilterra». Le<br />

<strong>di</strong>fficoltà che Malpighi incontrava nelle teorie <strong>di</strong> Graaf, precisava,<br />

nascevano «dal non vedere il ducto per lo quale l’uova potessero introdursi<br />

nelle tube falloppiane da V. S. hoggi co’ più moderni chiamate oviducti» 1 e<br />

dal non concepire come due condotti «che parean come due nervi, per gli<br />

quali l’uova, dopo ricevuto il fermento, s’introducevano nell’utero, quali io<br />

credea esser cose <strong>di</strong>fferenti dalle tube, poiché havendole egli <strong>di</strong>segnate in<br />

carta, io <strong>di</strong>cea ch’ogni altra cosa vi havea veduto, fuorchè quella espansione<br />

nell’orificio pr lo quale han meritato il nome <strong>di</strong> tube» 2 .<br />

Nella Napoli in cui il giovane Gimma stu<strong>di</strong>a, proprio negli anni in cui si<br />

scatenano alcune fra le più violente polemiche <strong>di</strong> carattere me<strong>di</strong>co, questi<br />

temi erano, come si vede, ampiamente <strong>di</strong>scussi. Gimma, pur non prendendo<br />

esplicitamente posizione a favore <strong>di</strong> Reiner de Graaf, si mostra<br />

particolarmente interessato a questo tema. E <strong>su</strong>bito dopo mostra come<br />

escano secondo il Verheyen e come debbano <strong>di</strong>stinguersi dalle idati<strong>di</strong> le<br />

vere uova 3 , per poi esporre la generazione dell’uomo, e degli animali,<br />

«riferendo con molta <strong>di</strong>ligenza le sentenze de’ principali moderni me<strong>di</strong>ci ed<br />

anatomici, né tralasciando quella del Leeuwenochio, che vide i vermicciuoli<br />

nel seme, da’ quali pensa nascere gli uomini, conchiudendo prudentemente,<br />

1 A. BORRELLI, Francesco D’Andrea. Lettere a G. Baglivi…, cit., p. 153. Nicholas Steno,<br />

nel 1667, aveva scoperto le ovaie, piene <strong>di</strong> uova, in un piccolo squalo, una creatura<br />

vivipara. Nel 1672 Graaf scoprì i follicoli <strong>su</strong>i ‘testicoli femminili’ come erano chiamati gli<br />

ovari <strong>di</strong> conigli, cani, mucche ed esseri umani. Graaf credette che si trattasse <strong>di</strong> uova ed<br />

affermò che i cosiddetti testes erano in raltà ovaie. Me<strong>di</strong>ante una serie <strong>di</strong> esperimenti con<br />

coniglie gravide, scoprì l’identità numerica costante tra il numero <strong>di</strong> embrioni nell’utero e il<br />

numero <strong>di</strong> corpi lutei nelle ovaie, i corpora lutea lasciati dai follicoli dopo l’ovulazione.<br />

Graaf aveva in realtà scambiato il follicolo per l’uovo – infatti l’uovo del mammifero è<br />

tanto piccolo che per essere scoperto occorre attendere il XIX secolo – ma la <strong>su</strong>a scoperta<br />

era essenzialmente corretta.<br />

2 A. BORRELLI, Francesco D’Andrea. Lettere a G. Baglivi…, cit., p. 153.<br />

3 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 86: «non apparet quidem, unde ovis in<br />

ovariorum membrana inclusis detur exitus ad uterm, cum illa videatur pervia; attamen<br />

patesn illa apparet, ut ait Verheyen, postquam ova ex ovario ad tubas fuerint transmissa;<br />

imo si in brutis perfectioribus observetur, ovo scil. uno, vel pluribus iam egressis, aut ad<br />

egres<strong>su</strong>m paratis, videbitur <strong>di</strong>cta membrana totidem parvis foraminibus perforata; unde<br />

<strong>di</strong>cendum est, ea foramina alio tempore nimis esse exigua; sic osculum uteri, qui ante<br />

paucos menses ne quidem pi<strong>su</strong>m admittebat, in partu ite <strong>di</strong>latatur, ut foetui nonimestri<br />

transitum concedat. Interdum in ovariis reperiuntur corpuscula, et vesiculae, quae ovorum<br />

habent similitu<strong>di</strong>nem, Hydatides <strong>di</strong>ctae, et humorem aqueum continent, coctione tamen non<br />

fiunt dura, ut vera ova, quia ova non <strong>su</strong>nt».<br />

147


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

essere ancor molto oscuro il negozio della generazione, ed esclamando col<br />

Bartolini: Tempus singula docebit» 1 .<br />

La <strong>di</strong>scussione <strong>su</strong>lla generazione dall'uovo si estendeva a quella <strong>su</strong>lla<br />

funzione dell’utero 2 . Gimma aveva raccolto il materiale in Sylva III 3 ; ora lo<br />

presenta all'interno <strong>di</strong> una elaborata <strong>di</strong>scussione. La prima precisazione<br />

riguarda la sostanziale uguaglianza tra organi genitali femminili e maschili:<br />

«Error quo falso hactenus putatum fuit partes Mulierum genitales virorum<br />

partibus analogas fuisse» 4 ; la seconda la varietà degli ovuli 5 : «In viviparis a<br />

primor<strong>di</strong>is in ovariis, quae testes vulgariter <strong>di</strong>cuntur, exigua continentur ova,<br />

in quibus cicatrix colliquamenti portione ambitur; haec autem in uterum<br />

delapsa, et ibi foecundata, adveniente ab utero nutritio <strong>su</strong>cco in novum<br />

excrescunt ovum, adaucto sensim contento foetu» 6 ; mentre negli insetti, «et<br />

quorundam imperfectorum animalium minimis ovis, ultra cicatriculam<br />

exigua humorum moles extat, et brevi incubato animal promunt, quod,<br />

<strong>su</strong>ccessiva nutritione externarum partium facta mutatione, <strong>di</strong>versas <strong>su</strong>bit<br />

apparentias, manifestatis, et emergentibus plurimis membris, et quibusdam<br />

etiam obliteratis. Alia pariter aderunt ovorum genera nobis adhuc ignota» 7 .<br />

La terza la <strong>di</strong>fferenza degli ovuli dei vegetali e degli altri viventi: «inter<br />

viventium, et vegetabilium ova est <strong>di</strong>fferentia» 8 . Quanto al seme dell'uomo,<br />

esso «non manere in oviducto, sed sive totum, sive praecipua <strong>su</strong>i parte intra<br />

sanguinem penetrare; id quod constat, et per Harveii experimenta, nihil in<br />

utero reperientis, licet plures damas eo fine aperuerit, et communi<br />

experimento fere omnium mulierum percipientium illico a conceptione<br />

symptomata universalia non aliunde oriunda, nisi a mutata proportione<br />

humorum in fluido virili, seu sanguine» 9 . La quarta la modalità della<br />

fecondazione: «Cre<strong>di</strong><strong>di</strong>t foecundationem similiter fieri per <strong>su</strong>btiliorem<br />

1 Articolo V, in Giornale de’ letterati d’Italia…, cit., p. 180.<br />

2 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 86: «uterus ex natura <strong>su</strong>a vegetationis<br />

ager <strong>di</strong>citur a Malpighio de Utero et Vivip. Ovis, in qua sata semina, seu ova foventur, et<br />

viventis partes explicatiores red<strong>di</strong>tae manifestantur, et firmantur».<br />

3 Cfr. ad esempio G. GIMMA, Sylva III, pp. 147-149.<br />

4 Id., p. 405. La fonte <strong>di</strong> queste pagine è C. BARTHOLINUS, De ovariis mulierum, epistola<br />

anatomica, Roma, typis Pauli Monetae, 1671.<br />

5 Ib.: «Ovorum species variae <strong>su</strong>nt. De illis eleganter in Anatome Plantarum Malpighius».<br />

6 Ib.<br />

7 Ib.: «ultra cicatriculam varii circumlocantur humores, qui uteri vices <strong>su</strong>pplent, contento<br />

foetui auctionem, et nutritionem <strong>su</strong>ppe<strong>di</strong>tant».<br />

8 Id., p. 406.<br />

9 Ib.<br />

148


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

seminis partem sanguini statim eodem modo communicatam per vasa<br />

sanguinea» 1 . Gimma utilizza il De morbis mulierum <strong>di</strong> Nicolaus Fontana 2 e<br />

fa tesoro delle osservazioni <strong>su</strong>lla malattia dell'utero denominata «uteri<br />

strangulatio» attraverso la quale è stato possibile fare molte utili scoperte<br />

<strong>su</strong>lla natura e le funzioni <strong>di</strong> questo organo<br />

Actio uteri statuitur motus quidam naturalis, unde Plato uterum animal esse voluit 3 .<br />

La natura anatomica – ma l'anatomia implica anche lo stu<strong>di</strong>o della fisiologia<br />

– degli organi preposti alla generazione costituiscono per Gimma l’elemento<br />

<strong>di</strong> maggiore interesse nelle ricerche che i moderni hanno condotto, spesso<br />

ricollegandosi alle teorie degli antichi: più volte, non a caso, viene<br />

sottolineato, ad esempio, come Harvey seguisse Aristotele e non i <strong>su</strong>oi<br />

contemporanei nell’elaborazione delle <strong>su</strong>e teorie <strong>su</strong>lla generazione dei<br />

viventi.<br />

Le domande alle quali la scienza doveva rispondere all'interno delle opzioni<br />

generali avevano indubbiamente una valenza teologica, in quanto<br />

includevano, ad esempio, nel problema della verginità, quello del<br />

concepimento della Madonna, e, nella questione dei fossili, quello del<br />

Diluvio universale:<br />

an possit Virgo naturaliter sine virginitatis jactura concipere: an detur generatio ab<br />

Eunuchis, aut ex congres<strong>su</strong> animalium, et extra uterum in mulieribus; aut in foetu<br />

praegnante: an item e Terra producantur homines, et animalia, an in aere, vel in<br />

1 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 86. Proprio a questo proposito ci fu una<br />

controversia con Reiner de Graaf : «De hac controversiam habuit cum Regnero De Graaf,<br />

eamque excussit in lib. de Diaphragm. Cap. 3 sect. 3 ille enim foecundari ova affirmat<br />

semine illuc per tubas transmisso, et se contrarium, et proprii Graaffii rationibus probasse<br />

autumat»: Id., p. 87; e «Me per epistolam monuit Malpighius incre<strong>di</strong>bile fere videri<br />

<strong>su</strong>bstantiam seminis in uterum penetrare, nec in Gallinis fieri posse, ut semen Galli duabus<br />

papillulis expres<strong>su</strong>m ad ovarium ascendat, cunctaque ova aspergendo foecundet» (Id., p.<br />

407). Cfr. anche G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 87: «fuisse etiam per<br />

epistolam a Malpighio nomitum refert, incre<strong>di</strong>bile fere videri, <strong>su</strong>bstantiam seminis in<br />

uterum penetrare, nec in Gallinis fieri posse, ut semen Galli duabus papillulis expres<strong>su</strong>m ad<br />

ovarium ascendat, cunctaque ova aspergendo foecundet»; ma cfr. anche G. GIMMA, Sylva<br />

III…, p. 148.<br />

2 N. FONTANUS, De uteri strangulatione, in De morbis mulierum, Venetiis, Turrinum, 1649.<br />

3 Id., p. 426. Cfr. Th. Bartholini, Anatome. In primis institutionibus b. m. parentis C.<br />

Bartholini ad circulationem harvejanam et vasa lymphatica, Lugduni Batavorum,<br />

Aacklana, 1673.<br />

149


nive, aut in igne 1<br />

e<br />

Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

quomodo pisces fossiles siant: an pisces ovipari generentur facta foecundatione ovi<br />

extra uterum: an ex arborum foliis fiant animalia: an sine corde animantia gigni;<br />

aut sine cibo vivere possint; et an posit in marem soemina mutari; ut inde ad<br />

particulares aves fabulosas, et ad terrestria, et aquatilia animalia deveniam 2 .<br />

Quanto alle opzioni generali, Gimma critica la generazione spontanea anche<br />

in quanto implica la possibilità che siano generati animali imperfetti<br />

(«essere favolosa la generazione dalla putre<strong>di</strong>ne, e non esserci alcun<br />

animale imperfetto» 3 ). Una tale teoria implica, infatti, un intervento<br />

continuo <strong>di</strong> Dio che sospenda la regolarità della natura. Gimma non<br />

ammette l’esistenza <strong>di</strong> animali imperfetti:<br />

In Creaturis Creator ipse videtur, et in minimis opera <strong>di</strong>gitorum Dei elucent, ut<br />

inquit Jacobaeus; perfectaque ea <strong>di</strong>xissent, si eorum considerassent architecturam,<br />

industriam in nutritione, in propagatione, omnibusque <strong>su</strong>i operationibus, quibus<br />

naturam in minimis mirabiliorem possent deprehendere 4<br />

Animali imperfetti, erano considerati gli insetti, i ragni, i vermi e in genere<br />

gli animali <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni. Solo gli sciocchi, afferma Gimma, oppure<br />

coloro che non hanno osservato la complessità anatomica degli insetti,<br />

possono seriamente ritenere ch’essi abbiano un grado <strong>di</strong> perfezione minore<br />

rispetto agli animali più gran<strong>di</strong>: «Plus enim formicularum et apicularum<br />

opera stupemus, quam immensa corpora balenarum» 5 ; e non può sfuggire la<br />

capacità delle api <strong>di</strong> costruire cellette perfettamente esagonali e <strong>di</strong> estrarre il<br />

nettare dai fiori: «Florum omnium quintam essentiam velut in alembico<br />

extrhaunt» 6 . In più, il microscopio ha rivelato la meravigliosa architettura<br />

1 Ib.<br />

2 Ib. Anche se gli organi preposti alla generazione, «cum pudendae partes <strong>di</strong>cantur», sono<br />

considerati osceni, poiché essi sono necessari alla riproduzione e «a Creatore Sapientissimo<br />

ad id munus exequendum artificiosissime sint con<strong>di</strong>ta», è lecito «scientificis videre etiam et<br />

tangere natura» quel che «sollicita pu<strong>di</strong>citaie conservatrix velare curavit»<br />

3 Articolo V, in Giornale de’ letterati d’Italia…, cit., p. 177.<br />

4 Id., p. 81.<br />

5 Ib.<br />

6 Ib.<br />

150


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

degli insetti 1 . Come ha scritto Thomas Willis, «insectis terrestribus, mole<br />

licet exigua prae<strong>di</strong>tis, animas ingentes adesse ait, et actiones testantur, quae<br />

quidem ab illarum nonnullis, scil. Bombyce, Ape, Formica, Aranea, et<br />

similibus admirandae eduntur» 2 .<br />

Dio - è questa la conclusione <strong>di</strong> Gimma - ha stabilito, una volta per tutte e<br />

come legge necessaria, che ogni simile produca il simile. Né è possibile che<br />

sia il caso a 'macchinare' «un’architettura cotanto mirabile» 3 . Dio ha<br />

stabilito per ciascuna specie il proprio seme, «semen iuxta genus <strong>su</strong>um» 4 .<br />

I testimoni chiamati in causa a sostegno della «generatio a semine» sono<br />

Thomas Bartholin e Francesco Vallesio 5 . Gimma li cita e riporta anche le<br />

loro incertezze. Quelle dello stesso Vallesio e <strong>di</strong> Guillaume Rondelet 6 ,<br />

contro la quale Gimma cita Harvey, secondo i quali molte piante ed animali<br />

nascono spontaneamente dalla putre<strong>di</strong>ne (per accidens, o ex putri) 7 :<br />

1<br />

Ib.: «Miramur […] culici annexas pennas argenti aemulas, caveam ventris jejunam, artis<br />

geminae proboscidem so<strong>di</strong>endo acutam, sorbendo fistularum. Miramur in locusta<br />

pulmonum tubulos, in Apibus utrem <strong>di</strong>stenctum melle: in Bombyce serico tumens<br />

mar<strong>su</strong>pium, ut plura alia omittam, quae numero memoriam fallunt».<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib. Cfr. G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 75: «naturae lege fuit a Deo<br />

constitutum, ut omne simile sibi simile per semen <strong>su</strong>um producat; alias enim animantia, et<br />

vegetabilia iuxta speciem <strong>su</strong>am non essent similia, et vanum est recurrere ad ca<strong>su</strong>m; cum is<br />

non possit externarum partium, et internarum etiam in minimis animalculis tam mirabilem<br />

architecturam moliri».<br />

4<br />

Ib. E ancora: «de<strong>di</strong>t ergo Deum semen or<strong>di</strong>naturm, scil. materiam proportionatam ad<br />

producendas species, et ad exprimendam naturae similitu<strong>di</strong>nem; sic plantae unius generis<br />

alterius generis plantam non generat; nec planta a semine bruti generatur; aut brutum a<br />

planta; est enim semen generationis materia ad pruductionem [sic!] in naturae similitu<strong>di</strong>ne<br />

proportionata; alias frustra singulis rebus de<strong>di</strong>sset Deus semen iuxta genus <strong>su</strong>um; et<br />

me<strong>di</strong>corum etiam Veterum est sententia, singulas seminis particulas determinationem<br />

singularum habere, referentera illam partem corporis parentum ex qua fluxerunt; et quam in<br />

foetu debent effingere, ut ait Barholinus in Anat. lib. 2 cap. 28 qua de re fusius inferius<br />

agam» (id., p. 76).<br />

5<br />

Ib.<br />

6<br />

Cfr. id., pp. 76-77.<br />

7<br />

Secondo il Vallesio alcuni animali «generari […] per putrescentiam, aut per<br />

concoctionem, aut per alterationes quasdam; sic aurum ab auro fieri, et metallum aliud ab<br />

alio negat, aut lapis a lapide, asserens ex terra, et aqua gigni, nullamque seminalem inesse<br />

virtutem, siccut neque in aliis, quae vegetabilim naturam non habent. Triplicem ideo<br />

constituit <strong>di</strong>fferentiam, ab aliis quoque ante ip<strong>su</strong>m tra<strong>di</strong>tam: alia perfectissima vocat, quae a<br />

sibi similibus generari pos<strong>su</strong>nt, ut homo […]. Alia vilissima, quae generari ait per accidens,<br />

ut pe<strong>di</strong>clua, vermes, fungi […]. Alia demum inter haec perfectione etiam me<strong>di</strong>a,quae tum a<br />

similibus, tum sponte nasci affirmant, ut mures, vespae […]. Plantis quoque hanc triplicem<br />

nascen<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferentiam constituit; imo et ex omnibus creatis, alia per se fuisse initio mun<strong>di</strong>,<br />

alia in potentia, et in <strong>su</strong>is principis, ex quibus orta, naturaliter sint, ut etiam ex terra, et aqua<br />

151


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

Dari autem hanc spontaneam generationem per accidens, et ex putri, aut alia<br />

ratione sine semine, nostro hoc aevo fabulo<strong>su</strong>m esse docent experimenta, et<br />

Clariss. Virorum observationes; cum firmissime constet omnia ex semine produci.<br />

Probat Harveus de Concept. Omnia ex univoco fieri, nempe idem semper idem<br />

progenerare; quod non solum in artefactis observare licebit […]; sed in iis etiam,<br />

quae ad animum spectant, ut mens mentem procreat, opinionem opinio 1 .<br />

È eadem norma che regola la trasmissione ere<strong>di</strong>taria <strong>di</strong> virtutes e vitia:<br />

«parentibus <strong>su</strong>is similes nascuntur, virtutes etiam, et vitia haere<strong>di</strong>taria ad<br />

nepotes transferuntur; morbi quoque sibi similes in aliis producunt, et alia,<br />

quae fusius ipse descripsit, et Theoremate propo<strong>su</strong>it» 2 .<br />

L'impiego da parte <strong>di</strong> Harvey del termine epigenesi nel <strong>su</strong>o moderno<br />

significato embriologico, denotante la formazione del feto e degli animali<br />

per ad<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> parti una dopo l’altra 3 , fornisce a Gimma le armi contro la<br />

generatio aequivoca, ossia la generazione spontanea e la metamorfosi.<br />

Nell'accezione <strong>di</strong> Harvey/Gimma la metamorfosi è sinonimo <strong>di</strong> generazione<br />

spontanea: in<strong>di</strong>ca il processo che si ha, ad esempio, quando da un uovo o da<br />

materiale in putrefazione (che è «<strong>di</strong>ssolutio compositorum», un processo per<br />

il quale «quod fuit factum ad <strong>su</strong>a prima, aut ad <strong>su</strong>a secunda composita»<br />

ritornano 4 ) nasce un verme 5 . A questa concezione essi oppongono che le<br />

varie parti del corpo si formano, al contrario, ad una ad una, anche se si<br />

soventibus ea caelestibus corporibus, aut intra sex ipsos <strong>di</strong>es, aut postea, orta fuisse affirmat<br />

metalla […] herbas sponte nascente, et alia omnia quae non habere putat seminale<br />

principium, nque fieri a similibus; sed aliarum causarum concussione per accidens produci»<br />

(id., pp. 76-77). Quanto al Rondeletius, egli afferma tra le altre cose che «testacea omnia<br />

sponte fieri in limo pro limi <strong>di</strong>fferentia» (id., p. 77).<br />

1<br />

Id., pp. 77-78.<br />

2<br />

Id., p. 78.<br />

3<br />

In origine il termine era usato per designare qualcosa che sopravviene a qualcos’altro,<br />

soprattutto un sintomo come epifenomeno della malattia, ma anche per in<strong>di</strong>care una causa<br />

morbosa che si <strong>di</strong>ffonde per progapazione. Seguo qui le fondamentali analisi <strong>di</strong> W. PAGEL,<br />

Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…, cit. e <strong>di</strong> W. BERNARDI, Le metafisiche dell’embrione…, cit.<br />

4<br />

W. PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…, cit., pp. 78-79.<br />

5<br />

Id., p. 277: «il modo <strong>di</strong> operare <strong>di</strong> questo processo è simile all’azione con cui viene<br />

impresso un sigillo o viene modellata la materia in uno stampo, ossia avviene per<br />

trasformazione dell’intero materiale. Qui tutto è lasciato al caso: un fattore accidentale<br />

come il caldo o l’umi<strong>di</strong>tà rivelerà strutture preformate che a un certo momento saranno<br />

pronte a ricevere la vita», così nascono api, calabroni, farfalle e tutti gli altri esseri che<br />

nascono per metamorfosi da un bruco, essendo nati per generazine spontanea non hanno in<br />

sé la possibilità <strong>di</strong> conservare la loro specie.<br />

152


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

nutrono e hanno origine da una stessa materia e, contemporaneamente,<br />

acquistano la loro specifica forma 1 :<br />

Corpora omnia similaria ex <strong>di</strong>versis, sive heterogeneis generari, quia apparens<br />

solum unio esset, et facta congeries, neque generatio, et debita partium positura ab<br />

aggregatione <strong>di</strong>fferret. Neque in ulla corporum similarium generatione aut<br />

congregationem eiusmo<strong>di</strong>, aut miscibilia <strong>di</strong>versa in generationis opere unienda,<br />

praexistere videntur; partes enim similares prius quolibet <strong>su</strong>o or<strong>di</strong>ne fiunt, aut una<br />

existunt, ut ex iis simul iunctis organa, sive membra, et totum animal postea<br />

componatur; sed potius primum corporis ru<strong>di</strong>mentum est similare tantum et molle<br />

gluten, spermatico concremento non absimile, ex quo mutato, aut procedente<br />

generationis lege in plura <strong>di</strong>viso 2 .<br />

Le stesse regole valgono per la generazione degli animali 3 . Il problema<br />

teologico che la teoria della epigenesi chiamava in causa, ossia<br />

l'impossibilità <strong>di</strong> spiegare il ripopolamento della terra dopo il Diluvio,<br />

veniva risolto da Gimma come al solito, proponendo, accanto alla risposta<br />

teologica, quella più plausibile offerta dalla scienza: o si accettava la teoria<br />

agostiniana secondo la quale gli animali «transire potuisse ad proximas<br />

in<strong>su</strong>las natando, vel ab hominibus translata; vel saltem ab Angelis Dei jus<strong>su</strong>:<br />

sicut in Arca ante Diluvium fuerunt Angelorum auxilio animalia omnia<br />

introducta, etiam e longissimis regionibus, non autem, ab hominibus, ut<br />

1 Ib.: «i loro organi insomma si formano uno dopo l’altro e, crescendo,<br />

contemporaneamente si formano uno dopo l’altro e, crescendo, contemporaneamente<br />

as<strong>su</strong>mono forma».<br />

2 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 78. Cfr. anche G. GIMMA, Sylva III, pp.<br />

149-151, dove sotto il titolo «Ex Harvaeo De Calido innato exercitat. 71» l’abate copia in<br />

realtà l’Exercitatio LXXII, De humido primigenio, in cui si legge: «Olim eorum omnium,<br />

ho<strong>di</strong>eque etiam vulgaris error est Corpora omnia similaria ex <strong>di</strong>versis sive heterogeneis<br />

generari. Hoc pacto enim Linceis oculis nihil esset similare, unum, idem, et continuum; sed<br />

potius apparens solum unio, minimorumque corporum congregatione, vel colligatione<br />

quadam, facta congeries, et acervus: neque generatio ab aggregatione, debitaque partium<br />

positura quicquam <strong>di</strong>fferret. Ego vero neque in animalium productione, nec omnino in ulla<br />

corporum similarium generatione (sive partium animalium, sive plantarum, lapidum,<br />

mineralium etc. fuerit) vel congregationem eiusmo<strong>di</strong> vel miscibilia <strong>di</strong>versa in generationis<br />

opere unienda praeexistere, observare unquam potui» (id., p. 412).<br />

3 Id., pp. 79-80: «sic vere cernuntur erucae, quorum semina instar atomorum invisibilium a<br />

ventis ut plurimum deferuntur; non autem ut vulgo cre<strong>di</strong>tur, sponte, vel e putre<strong>di</strong>ne ortum<br />

ducut», anzi come insegna Harvey, «et arbores statim gemmulas <strong>su</strong>as protrudunt, erucis illis<br />

ce<strong>su</strong>ras in alimentum; quas vicissim aviculae plurimae insectantur, alen<strong>di</strong>sque pullis <strong>su</strong>is in<br />

nidos deferunt […]. Animalium igitur semina deferuntur iis in locis, in quibus prius non<br />

videbantur, aut animalia ipsa ferri posse non est impossibile, ut in novo Orbe animalia, et<br />

semina plantarum fuerunt ab Hispanis delata».<br />

153


Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />

recepta est Sacrae Scripturae Interpretum sententia» 1 ; oppure, con<br />

Gassen<strong>di</strong>, si ammetteva che Dio all’inizio dei tempi aveva creato tutti i<br />

semina necessari alla generazione e li aveva <strong>di</strong>ffusi per tutta la regione<br />

terrestre, non tutti nello stesso luogo 2 . Entrambe avevano dei limiti,<br />

entrambe si opponevano alla teoria della metamorfosi.<br />

Quest’opera segna il punto <strong>di</strong> avvio <strong>di</strong> un'indagine <strong>su</strong>lla storia e <strong>su</strong>lla<br />

filosofia naturali che impegnerà Gimma sino alla morte e accompagnerà la<br />

raccolta <strong>di</strong> dati e notizie eru<strong>di</strong>te. Sin da ora, la storia è centrale: Gimma ne<br />

fa uso per svelare le verità scientifiche. Per questo pre<strong>di</strong>lige i resoconti delle<br />

controversie: allora le posizioni contrarie appaiono come in un quadro<br />

sinottico e si delineano più nette. Di fronte ad esperimenti che non può<br />

riprodurre e che sono presentati a sostegno <strong>di</strong> opposte teorie decide <strong>di</strong><br />

eleggere a tribunale la ‘parte istorica’. Le favole sono costantemente in<br />

agguato: si mescolano a teorie deboli e le legittimano quando non sono<br />

<strong>su</strong>fficientemente provate. Gimma le snida anche in gran<strong>di</strong> scienziati come<br />

Re<strong>di</strong>, Graaf, Harvey, Gassen<strong>di</strong>, Boyle e Baglivi.<br />

L’Idea, il seguito delle Dissertationes…, e la Fisica sotterranea…<br />

continueranno a muoversi in questa <strong>di</strong>rezione.<br />

1 Ib.<br />

2 Ib.: «recte Gassendus rerum omnium principium a Deo Creatore statuit, qui initio<br />

Creationis iussit, ut terra, et aqua germinarent plantas, et animalia, eisque foecun<strong>di</strong>tatem<br />

in<strong>di</strong><strong>di</strong>t, creavitque rerum omnium generebilium semina, aut tunc producta, aut in posterum<br />

producenda […]. Complevit inquam, idest perfecti, quantum operis ratio postulabat, et<br />

quasi <strong>di</strong>cerent Deum, qui in aeternum vivit, omnia simul creasse; vidertuque haec semina<br />

per totam generabilium regionem <strong>di</strong>sseminata; non omnia tamen in eodem loco; sed in iis,<br />

in quibus Deus voluit; sic non omnes regiones eadem habere observamus».<br />

154


155<br />

Capitolo 3.<br />

Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare: «Ha ogni secolo avuto i <strong>su</strong>oi<br />

antiquari e i <strong>su</strong>oi moderni.<br />

1. Le favole dell'Antico Testamento e l'origine scienza nell'Idea dell’Italia<br />

letterata<br />

Annotava Garin che, della produzione <strong>di</strong> Gimma, «non può <strong>di</strong>rsi che sia<br />

molto viva la memoria, anche se non del tutto senza eco è rimasta la <strong>su</strong>a<br />

Idea della Storia dell’Italia letterata» 1 . Questo giu<strong>di</strong>zio risale al 1959, ma<br />

rimane ancora valido per la conoscenza <strong>di</strong> questo testo, anche se non era<br />

mancato, in precedenza, chi ne aveva messo in rilievo l’importanza, sia pure<br />

come primo esempio <strong>di</strong> storia letteraria e della cultura 2 . Scrive Garin.<br />

1 E. GARIN, Giacinto Gimma, note e notizie…, cit., pp. 426. Cfr. ancora E. GARIN, Antonio<br />

Genovesi storico della scienza, in Dal Rinascimento all’Illuminismo…, cit., pp. 232-233:<br />

«la Disputatio genovesiana andrà collocata fra i non pochi tentativi storiografici che<br />

caratterizzano la prima metà del secolo XVIII. Davanti alla gran congerie <strong>di</strong> dati e <strong>di</strong> teorie<br />

si sente da più parti il bisogno, sia <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>namento sistematico, che <strong>di</strong> una storia che<br />

integri l’‘enciclope<strong>di</strong>a’ me<strong>di</strong>ante una <strong>di</strong>stribuzione temporale […], vien fatto <strong>di</strong> pensare, sia<br />

ai tentativi <strong>di</strong> Elia Astorini che cerca già <strong>di</strong> delineare delle storie delle singole scienze, sia a<br />

Giacinto Gimma, che […] compila e pubblica a Napoli nel 1723 una voluminosa Idea della<br />

storia dell’Italia Letterata […]. L’opera del Gimma meriterebbe una minuta analisi proprio<br />

per la larga parte fatta, oltre che alle scienze singole, ai ritrovati tecnici. Un intero capitolo è<br />

de<strong>di</strong>cato alle ‘Accademie sperimentali <strong>di</strong> filosofia naturale in Europa’; sezioni speciali<br />

trattano l’atomismo, il gassen<strong>di</strong>smo, il cartesianismo, la ‘filosofia Maiganistica’ […], la<br />

filosofia sperimentale, mentre capitoli particolari e molto <strong>di</strong>ffusi si occupano della<br />

‘Geografia degli italiani’, della bussola e <strong>di</strong> svariate altre questioni, «sono centinaia <strong>di</strong><br />

pagine <strong>di</strong> storia delle singole scienze e delle tecniche, con un’attenzione costante rivolta<br />

agli strumenti da un lato, agli istituti <strong>di</strong> ricerca dall’altro. Qualunque ne sia poi la<br />

consistenza, l’Idea del Gimma non può trovare un posto notevole in una storia della<br />

storiografia scientifica della prima metà del Settecento italiano. Attesta la preoccupazione<br />

costante, in un ambiente culturale determinato, per una <strong>di</strong>mensione storica del pensiero,<br />

oltre che propriamente filosofico, scientifico: alle prime storie della filosofia del Valletta<br />

[…] si affiancano così le prime storie della scienza».<br />

2 G. GETTO, Storia delle storie letterarie, Milano, Bompiani, 1942, pp. 65-66: «bisogna<br />

arrivare al Gimma per potere con sicurezza segnare il secondo momento nel processo <strong>di</strong><br />

sviluppo della storiografia italiana. Poiché l’Idea della storia dell’Italia letterata, uscita a


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Agli inizi del Settecento la storia letteraria viene dunque ad essere rappresentata da<br />

queste due forme estreme, la storia del Crescimbeni come storia della poesia, e<br />

quella del Gimma come storia della cultura. Nell’opera del Tiraboschi confluiranno<br />

questi due tipi storiografici e nascerà, così, una storia della cultura in cui avrà il più<br />

ampio rilievo la storia della poesia 1 .<br />

Tra contemporanei, che in generale lessero quest’opera come un intervento,<br />

a <strong>di</strong>fesa della ‘antica tra<strong>di</strong>zione italica’ nella polemica Bouhours-Orsi 2 , non<br />

mancò chi, come Muratori espresse qualche perplessità 3 . In effetti questo<br />

aspetto, ossia la <strong>di</strong>fesa della tra<strong>di</strong>zione italica, è presente nell’Idea; mentre<br />

Napoli nel 1723, per opera <strong>di</strong> quella curiosa personalità che fu il barese Giacinto Gimma (in<br />

cui la formazione nelle scuole dei ge<strong>su</strong>iti e il gusto enciclope<strong>di</strong>co vivamente risentito, e<br />

documentato anzi da un’opera ine<strong>di</strong>ta, rimangono i tratti biografici, interiormente, <strong>di</strong><br />

maggior peso) acquista in questa storia un valore evolutivo denso <strong>di</strong> responsabilità».<br />

1 Id., p. 69. L’autore continua così: «in queste gran<strong>di</strong> linee, in cui può essere segnato il<br />

processo <strong>di</strong> svolgimento della storiografia letteraria settecentesca, l’Idea del Gimma<br />

rappresenta uno dei momenti più essenziali, offrendo un modello nuovo <strong>di</strong> ricerca<br />

storiografica […].Il vero archetipo della Storia del Tiraboschi va in<strong>di</strong>cato in questo lavoro<br />

del Gimma (come <strong>di</strong>segno ispiratore almeno se non come pratica attuazione) […]. E tale<br />

esemplarità va riscattata non solo per la cronologia, ma anche per il sentimento <strong>di</strong> italianità<br />

che ispira questi volumi» (id., pp. 69-70).<br />

2 G. BELGIOIOSO, Aristotelici ‘antiquari’ e ‘moderni’ cartesiani: Giacinto Gimma…, cit., p.<br />

20. Le opere del Bouhours e dell’Orsi sono De la manière de bien penser dans les ouvrages<br />

de l’esprit del 1687 e le Considerazioni sopra l’opera francese intitolata ‘La maniera <strong>di</strong><br />

ben pensare <strong>su</strong>lle opere <strong>di</strong> spirito’ del 1703.<br />

3 Cfr. la lettera <strong>di</strong> Muratori a Vallisneri in Epistolario <strong>di</strong> L. A. Muratori, a cura <strong>di</strong> M.<br />

Càmpori, 13 voll., Modena, Soc. Tip. Modenese, 1903, VI, p. 2364: «ho veduta l’idea del<br />

Sig. Gimma (Giacinto). Richiederebbe un grande eru<strong>di</strong>to, e provveduto <strong>di</strong> una vastissima<br />

biblioteca, e poi <strong>di</strong> naso acuto. Se si lascierà vedere ancor qui, conoscerò s’egli habbia<br />

colpito nel segno. Ma, vuol egli passare si o no <strong>di</strong> qua dal 1500? Forse la gran farragine, de’<br />

libri usciti dopo quel tomo, lo spaventa». Cfr. P. FLORIANI, Giacinto Gimma, «La Rassegna<br />

della letteratura italiana», Firenze, II-III, 1964, pp. 377: «quand’anche si riesca a <strong>su</strong>perare<br />

la <strong>di</strong>ffidenza per uno schema così rigoroso [quello proposto da Getto], mi sembra però<br />

<strong>di</strong>fficile sostenere che l’opera <strong>di</strong> Gimma <strong>su</strong>ggerisca una nuova <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> ricerca storica,<br />

che cioè rappresenti veramente un in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> ‘storia della cultura’, e non una semplice<br />

compilazione, spesso imprecisa delle più <strong>di</strong>sparate notizie». Era stato Vallisneri a stimolare<br />

l’iniziativa <strong>di</strong> Gimma. Scrive infatti Vallisneri a Riccati il 7 settembre1721 : «L’Ab.e<br />

Gimma da Bari ha fatto anch’esso un gorsso volume che va a ferire i francesi intitolato La<br />

letteratura italiana etc. in cui fa vedere come tutte le scienze e le belle arti hanno avuto<br />

principio in Italia e <strong>di</strong> qui sono passate in Francia e ciò ha fatto da me consigliato per esser<br />

uomo eru<strong>di</strong>ttissimo. il male ora si è che non trova alcuno che lo voglia stampare a <strong>su</strong>e spese<br />

ed egli non ha il commodo <strong>di</strong> farlo, onde Dio sa come anderà sì bell’opera»; in un’altra<br />

lettera sempre a Riccati senza data (ma tra il 7 e il 20 settembre 1721) Vallisneri scrive: «mi<br />

spiace che il Sig.re Ab. Gimma non trovi torchio per il <strong>su</strong>o libro» (J. RICCATI – A.<br />

VALLISNERI, Carteggio (1719-1729), a cura <strong>di</strong> M. L. Soppelsa, Firenze, Olschki, 1985, pp.<br />

124-125).<br />

156


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

contro le ingiuste critiche degli stranieri era già intervenuto Antonio Conti 1 .<br />

Gimma lo ammette esplicitamente: fra gli italiani, «molti han cura <strong>di</strong><br />

trascriver libri, e ripeter materie già note; i titoli, e l’or<strong>di</strong>ne solo mutando» 2 ,<br />

e molti si limitano a ripetere dottrine stantie, ma questo è «n male, <strong>di</strong> cui son<br />

ancor piene le altre Nationi letterate» 3 e non riguardano la sola Italia. Se si<br />

guarda ai libri stampati nelle altre nazioni non li si troverà tutti dello stesso<br />

valore<br />

Perché non tutti amano il buon genio del secolo, in cui dedecus est vetera repetere,<br />

et aliena transcribere; une aut nihil scribendum est, aut nova <strong>su</strong>nt proponenda, aut<br />

vetera refellenda, vel saltem illustranda 4 .<br />

Obiettivo primario <strong>di</strong> quest’opera è, allora, mostrare alle nazioni straniere le<br />

glorie dell’Italia, ma, poiché sono necessari molto tempo e molta fatica per<br />

raccogliere le tante innumerevoli novità delle scienze nello spazio <strong>di</strong> tanti<br />

secoli, «quanti dall’età del Diluvio sono scorsi», «abbiam voluto - precisa<br />

Gimma - prevenire colla Idea» la storia vera e propria, «in cui sarà lecito<br />

colle <strong>di</strong>gressioni trattenerci per mettere in chiaro e contrastare alcune cose,<br />

che <strong>di</strong> soda essamina han bisogna» 5 ; questa opera varrà solo come «fiaccola,<br />

che ci guida in così vasto laberinto» 6 .<br />

L'intento apologetico fa aggio <strong>su</strong>lla verità storica: l'Italia è un paese dove vi<br />

è la massima libertà <strong>di</strong> filosofare («ben possiamo con tutta la nostra libertà<br />

pubblicare nuove opinioni, e nuove invenzioni; senza che alcun ce<br />

l’impe<strong>di</strong>sca» 7 ) e i censori sono presentati come buoni padri <strong>di</strong> famiglia che<br />

1<br />

G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. I, p. 2: gli stranieri «scrivono spesso ne’ loro libri<br />

con <strong>di</strong>sprezzo sconvenevole de’ nostri autori; e come pur se ne duole giustamente in una<br />

lettera l’eru<strong>di</strong>tissimo Abate Conte Antonio Conti, che nel Tomo XII del Giornale de’<br />

Letterati d’Italia si legge, pretendono essi, che le vere scienze non sieno punto in pregio ed<br />

in coltura tra noi: che si moltiplicano gli Autori, i libri, e le Biblioteche, e nulla crescono le<br />

osservazioni, le arti, e le dottrine».<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Id., pp. 2-3.<br />

5<br />

Id., p. 5.Gimma ci tiene a precisare che non affronta il <strong>di</strong>fficile compito che si prefigge in<br />

quest’opera a cuor leggero, e senza una preparazione adeguata, anzi lo fa solo dopo «aver<br />

compiuta la Storia naturale delle Gemme, e delle Pietre in cinque libri <strong>di</strong>visa», che verrà<br />

pubblicata però solo nel 1730.<br />

6<br />

Id., p. 6.<br />

7<br />

Id., p. 3. E ancora «tante novità, che ne’ libri de’ nostri italiani si leggono, tante critiche, e<br />

<strong>di</strong>fese, che pur si veggono permesse, ben <strong>di</strong>mostrano esser tutto <strong>di</strong>verso quel che altri <strong>di</strong> noi<br />

asseriscono» (ib.).<br />

157


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

trattengono «quelle false opinioni e dottrine, che alla Santa Religione<br />

contra<strong>di</strong>r possono, o a’ buoni costumi, o pure alla riverenza de’ Principi; ed<br />

in ciò fanno oficio <strong>di</strong> padri […]; perché non solo coll’autorità pongon freno<br />

alle <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e scandalose; ma han cura, che le false dottrine non infettino, e<br />

non corrompano le menti de’ buoni; anzi il male ci mostrano, da cui<br />

guardarci dobbiamo» 1 .<br />

Nonostante ciò, il ‘buon genio del secolo’ non è in Gimma vana formula<br />

retorica, ma convinto e consapevole convincimento che le scienze, le<br />

filosofie e le favole non hanno seguito percorsi lineari, progressivi e<br />

seaparati. L’indagine storica che egli pone a fondamento delle <strong>su</strong>e ricerche –<br />

in questo caso, della <strong>su</strong>a apologia della ‘cultura italica’ – gli ha insegnato<br />

che la verità è figlia del secolo.<br />

La storia per intero percorre l'abate per determinare quando abbia avuto<br />

origine la conoscenza 2 . Il sapere comunicato da Dio ad Adamo (Adamo non<br />

perse la scienza donatagli da Dio per il peccato, «siccome il Demonio per lo<br />

peccato, che fu maggiore, e senza pentimento, non perdè i <strong>su</strong>oi doni<br />

naturali» 3 ), e perduto con il Diluvio, ha la <strong>su</strong>a vera data <strong>di</strong> origine dopo<br />

quest'evento catastrofico. La scienza, donata da Dio ad Adamo, si propagò<br />

«ne’ <strong>su</strong>oi posteri, sino al Diluvio, e poi Noè co’ figliuoli furono i Maestri <strong>di</strong><br />

tuto l’umano sapere, e da’ medesimi derivarono le Accademie, che si sono<br />

in vari luoghi <strong>di</strong>latate, ed accresciute» 4 . È allora che l'uomo, per conoscere<br />

la natura, ha bisogno <strong>di</strong> ricorrere all'esperienza e all'osservazione:<br />

1 Id., pp. 3-4.<br />

2 Id., p. 11: : «se delle scienze l’origine prima del <strong>di</strong>luvio considerare vogliamo, non vi è<br />

pur dubbio, che furon queste dopo la creazione del mondo date da Dio al primo padre<br />

Adamo , il quale come per opera perfettissima del Divino Artefice, e formato ad immagine<br />

<strong>di</strong> lui stesso, fu creato in età perfetta e matura, e colla cognizione <strong>di</strong> tutte quelle cose, che<br />

collo stu<strong>di</strong>o naturale conoscer si possono».<br />

3 Id., pp. 11-12.<br />

4 Id., p. 15. Le genealogie, indubbiamente fantasiose ma <strong>di</strong>ffuse al tempo <strong>di</strong> Gimma,<br />

ri<strong>su</strong>ltano piuttosto interessanti: a Cam viene attribuita l’accademia dei Caldei, la chimica,<br />

che potrebbe anche definirsi ‘Chamica’, e tutte le male arti – le arti magiche cioè. I Caldei<br />

poi appresero da Nembrot una nuova magia piena <strong>di</strong> errori, sostenitore dell’opinione della<br />

materia ingenita ed eterna seguita poi da Zenone e dagli Stoici. Questa magia degenerò poi<br />

in magia <strong>di</strong>abolica con Zoroastro, la cui influenza arriva fino a Cornelio Agrippa. A Giafet<br />

si deve invece l’accademia Ionica, «e questo, a cui toccò l’Asia Occidentale, e L’Europa<br />

tutta, fu nominato Japeto da’ Greci, che accommodarono il nome Ebraico secondo la<br />

soavità della lingua loro, e loe<strong>di</strong>ssero figliuolo del Cielo e della Terra il più antico degli<br />

uomini». Da lui, e da <strong>su</strong>o figli sarebbero derivate le scienze dei barbari, e quelle dei Greci; i<br />

poeti antichi, però, confusero i due Prometei, cioè «l’antichissimo, che fu Abele figliuolo <strong>di</strong><br />

158


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Questa scienza stessa comunicò [Dio], a’ <strong>su</strong>oi figliuoli, e conservata ne’ posteri<br />

sino al Diluvio, e dalla famiglia <strong>di</strong> Noè agli altri partecipata, aggiugnendosi la<br />

sperienza, vera interprete della Natura, fu poi da molti <strong>di</strong>sposta in conclusioni, in<br />

principi o canoni, e precetti 1 .<br />

Lo storico tuttavia non possiede dati relativi alle età che hanno preceduto e<br />

seguito il Diluvio universale. Gimma lo <strong>di</strong>chiara apertamente. Per lui non è<br />

possibile avere una conoscenza certa «delle cose dell’Italia, anzi del Mondo<br />

tutto prima del Diluvio», in quanto esso ha <strong>di</strong>strutto le memorie, «gli<br />

uomini, e i libri, e quanto avvenne in quei tempi». Le notizie <strong>di</strong> quanto è<br />

avvenuto dopo il <strong>di</strong>luvio «intorno alle scienze», sono oscure ed incerte per<br />

la loro grande antichità, quin<strong>di</strong> è estremamente <strong>di</strong>fficile ricostruire le<br />

vicende imme<strong>di</strong>atamente <strong>su</strong>ccessive al Diluvio universale anche se «molte<br />

cose da vari autori sono <strong>di</strong>stintamente riferite» 2 .<br />

Le conoscenze del periodo pre e post-<strong>di</strong>luviano sono molto limitate. Noè<br />

con la <strong>su</strong>a famiglia ripopola la terra («era l’anno del mondo 1788»); poi<br />

<strong>di</strong>vide il mondo assegnando a Sem l’Asia Orientale oltre l’Eufrate, a Cam la<br />

Siria, l’Arabia e l’Africa, a Giafet l’altra parte dell’Asia Occidentale e<br />

l’Europa 3 ; poi male<strong>di</strong>ce Canaan («Canaan figliuolo <strong>di</strong> Cam avea scoperto la<br />

<strong>su</strong>a nu<strong>di</strong>tà dal vino cagionata, lo male<strong>di</strong>sse, bene<strong>di</strong>cendo Sem, e Giafet, che<br />

lo coprirono sol mantello"). Noè infine avrebbe stabilito la <strong>su</strong>periorità degli<br />

giapeti<strong>di</strong> e quin<strong>di</strong>, afferma Gimma, <strong>di</strong> Roma e dell’Italia: "Bene<strong>di</strong>ctus<br />

Dominus Deus Sem. <strong>di</strong>latet Deus Japhet, & habitet in tabernaculis Sem;<br />

sitque Chanaam servus eius» 4 .<br />

Adamo , coll’altro figliuolo <strong>di</strong> Japeto». La fonte principale <strong>di</strong> Gimma è Natalis Comitis<br />

Mythologiae, sive explicationis fabularum, libri decem: in quibus omnia prope Naturalis &<br />

Moralis Philosophia dogmata contenta fuisse demonstratur. Nuper ab ipso autore recogniti<br />

& locupletati. Eiusdem libri IIII de venatione. Cum in<strong>di</strong>ce tripli; rerum memorabilium,<br />

urbium & locorum a variis heroibus denominatorum, ac plantarum & animalium singulis<br />

Diis <strong>di</strong>catorum. Opus cuiu<strong>su</strong>is facultatis stu<strong>di</strong>osis perutile ac prope necessarium. Ad<strong>di</strong>ta<br />

mythologia musarum, a Geofredo Linocerio uno libello comprehensa, & nunc recens à F.<br />

S. multis & foe<strong>di</strong>s men<strong>di</strong>s expurgata, Francofurti, apud haeredes Andreae Wecheli, 1584.<br />

1<br />

Id., p. 12.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Id., p. 16: è «Japhet voce ebrea, che <strong>su</strong>ona latitudo letteralmente <strong>di</strong>noti: Dilatet Deus<br />

latitu<strong>di</strong>nem, e che furono parole <strong>di</strong> profezia, dando un senso più <strong>su</strong>blime, e mistico, cioè<br />

che Giafet, da cui derivarono i Romani, abitò in Tabernaculis Sem, da cui gli Ebrei dovean<br />

derivarsi; non solo perché i Romani debellarono spesso gli Ebrei; ma perché a’ Tabernacoli<br />

<strong>di</strong> Sem, o della Chiesa <strong>di</strong> Cristo incominciatea ne’ Giudei venne la somma e Papale Potestà<br />

159


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Più note, e storicamente accertate, le notizie <strong>su</strong> quei <strong>di</strong>scendenti <strong>di</strong> Noè, che<br />

misero insieme insieme le «cognizioni [...], che colla tra<strong>di</strong>zione, colla<br />

ragione, coll’opinione, e coll’uso avean per vere, furono stimati inventori <strong>di</strong><br />

qualche scienza» 1 . Gimma ha fatto un salto storico. I <strong>di</strong>scendenti <strong>di</strong> Noè ai<br />

quali si riferisce sono: Mosè, e gli inventori dell'arte «geroglifica, sacra, e<br />

segreta, che per via <strong>di</strong> simboli si spiegava, perché a tutti non <strong>di</strong>venisse<br />

comune» 2 , Talete inventore della filosofia naturale, Socrate <strong>di</strong> quella<br />

morale, Zenone della <strong>di</strong>alettica, e altri personaggi, inventori <strong>di</strong> altre scienze<br />

«le quali col tempo sono state accresciute, e coll’industria degl’ingegni, e<br />

colla sperienza si accrescono; essendo pur certo, che molte, e molte furono<br />

affato ignote agli Antichi» 3 .<br />

Gimma torna in queste pagine <strong>su</strong> questioni già affrontate: tutte le scienze -<br />

ripete - sono state donate da Dio al primo uomo; esse hanno progre<strong>di</strong>to<br />

perché sono state fondate <strong>su</strong>ll'esperienza. Non vi è dunque una<br />

contrad<strong>di</strong>zione tra teologia e filosofia naturale; le esperienze sono variate<br />

nel corso dei secoli anche grazie al <strong>su</strong>pporto della tecnica. Ancora, esse<br />

spesso hanno avuto una origina antichissima: «più arti, e scienze, che da<br />

alcuni inventate si credono, erano da altri più antichi già conosciute» e si<br />

racconta «che trovarono i figliuoli <strong>di</strong> Set la scienza delle cose celesti, e<br />

perché non se ne perdesse la memoria, fabbricarono le colonne <strong>di</strong> pietra, e <strong>di</strong><br />

matoni, a resistere alle pioggie, ed al fuoco valevoli, e che nelle stesse le<br />

loro invenzioni scolpirono» 4 . I Greci spesso u<strong>su</strong>rparono la gloria «de’ loro<br />

della Chiesa Cristiana, che ha in Roma la Sede, e si <strong>di</strong>ffonde e <strong>di</strong>lata per tutto, occupando i<br />

luoghi <strong>di</strong> Sem; poicchè il Romano Pontefice da’ Tabernacoli <strong>di</strong> Giafet, da Roma occupa<br />

quelli <strong>di</strong> Sem; e così la posterità <strong>di</strong> Giafet è tanto <strong>di</strong>latata, che abita ne’ Tabernacoli». P.<br />

FLORIANI, Giacinto Gimma…, cit., ironizza <strong>su</strong> questa pre<strong>su</strong>nta predestinazione romana, ed<br />

italica, alla grandezza, ma <strong>su</strong> questi temi cfr., P. ROSSI, Le sterminate antichità…, cit.<br />

1 Ib.<br />

2 Id., p. 13. «Vuole Pico della Mirandola, che la scienza segreta sia pure stata scritta dopo la<br />

cattività <strong>di</strong> Babilonia, quando Esdra Prefetto della Chiesa, restituito da Ciro alla <strong>su</strong>a patria il<br />

Popolo d’Israele, e rie<strong>di</strong>ficato il Tempio, perché quella scienza, che a voce si comunicava a’<br />

posteri non perisse, volle scriverla; e per la Scienza segreta intende Pico stesso la Cabala<br />

degli Ebrei […]. Ma il terzo, e quarto libro <strong>di</strong> Esdra non sono stati dalla Chiesa ricevuti, ed<br />

approvati per li vari errori, che in essi si leggono, e spezialmente quello, che poi sostenne<br />

Tertulliano, che le Anime de’ Santi non vedranno Dio prima del giorno del Giu<strong>di</strong>zio, e<br />

prima <strong>di</strong> compirsi il numero de’ Giusti; e che si trattengono in un luogo dell’Inferno» (ib.).<br />

Nonostante questi errori però, «maggiore autorità debban fare appo i cristiani, questi libri<br />

non approvati, che le Istorie <strong>di</strong> Livio, <strong>di</strong> Tacito, e <strong>di</strong> altri» (id., p. 14).<br />

3 Ib.<br />

4 Ib.<br />

160


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

più antichi» e se ne attribuirono i meriti; i poeti oscurarono ‘le vere istorie’ e<br />

le resero tanto confuse «che appena un’ombra della verità nelle medesime si<br />

riconosce; poicchè le cose vere hanno <strong>di</strong>versamente trasformato» 1 ; le<br />

pestilenze, le guerre e gli incen<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>strutto «molte celebri Librarie<br />

colle notizie delle imprese degli Antichi, de’ quali i nomi, i luoghi, i tempi,<br />

e i fatti alterati, e scambiati si veggono» 2 .<br />

In questa oscurità, lo storico non si pronuncia <strong>su</strong>lla atten<strong>di</strong>bilità delle <strong>su</strong>e<br />

fonti, avanza delle perplessità <strong>su</strong>l binomio antichità/verità (coloro che<br />

vogliano posson prestar fede alle «cose antiche», ma sono liberi <strong>di</strong> decidere<br />

«se debban rifiutarle, o accettarle» 3 ). Così egli registra: «vogliono molti che<br />

dopo il <strong>di</strong>luvio Noè arrivasse in Italia e vi fondasse delle colonie e <strong>di</strong>venne<br />

noto con il nome <strong>di</strong> Giano, con il quale signoreggiò <strong>su</strong>i popoli «da’ <strong>su</strong>oi<br />

figliuoli propagati, in quel luogo, ove fu poi Roma fabbricata» 4 ,<br />

che Giano sia Noè dal nome stesso lo <strong>di</strong>mostrano, poicchè Giano Enotrio, ch’è<br />

quello de’ Romani, e fu il primo a <strong>di</strong>fferenza degli altri Giani, i quali poi si videro,<br />

è lo stesso che Noè così detto dall’invenzione del vino. Si legge nella Genesi […]<br />

che Noè inventò gli aratri […] e che piantò anche la vite, che prima del Diluvio era<br />

silvestre e senza coltra, e che inventò anche il vino. Il vino è detto Jain dagli Ebrei,<br />

ed Enos da’ Greci; e da ciò credono, che Noè sia stato appellato Giano […] e<br />

benchè <strong>su</strong> rapporti l’età <strong>di</strong> Giano più tarda <strong>di</strong> Noè, niente rileva, non potendosi<br />

sapere in quale età Giano fosse vis<strong>su</strong>to in tanta antichità 5 .<br />

Tanti Noè/Giano quanti popoli sono comparsi <strong>su</strong>lla Terra. Gimma non cita<br />

in nes<strong>su</strong>n luogo delle <strong>su</strong>e opere Vico, eppure la <strong>su</strong>a interpretazione<br />

dell'origine delle società civili presenta sorprendenti analogie con quella,<br />

che <strong>di</strong> lì a due anni, sarà proposta nella Scienza Nuova. Per Gimma, però,<br />

l'origine del sapere, prima delle <strong>di</strong>versificazioni nazionali, è comune: dopo il<br />

<strong>di</strong>luvio universale, dal comune testo della Sacra Scrittura, attraverso Mosè e<br />

la cultura egizia, sono state le favole «profanate dai Gentili» e i nomi<br />

alterati, "come fu costume de’ Greci» 6 . Anche se gli Egizi si vantavano dei<br />

1<br />

Id., p. 26.<br />

2<br />

Id., p. 27.<br />

3<br />

Id., p. 31.<br />

4<br />

Ib.<br />

5<br />

Ib.<br />

6<br />

Id., p. 34. E ancora: «così il vero Diluvio <strong>di</strong> Noè in quello <strong>di</strong> Deucalione mutarono: il<br />

lungo giorno <strong>di</strong> Gio<strong>su</strong>è nella caduta <strong>di</strong> Fetonte: la Torre <strong>di</strong> Babilonia nella favola de’<br />

Giganti; la Manna degl’Israeliti nell’ambrosia degli Dei: la peste del deserto nella peste<br />

161


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

essere stati i primi «ad esprimere i concetti dell’animo colle figure degli<br />

animali», prima <strong>di</strong> loro «i libri <strong>di</strong> Set, e <strong>di</strong> Enoc della famiglia <strong>di</strong> Adamo<br />

furono antichissimi» 1 ; gli elleni, da parte loro, si gloriavano, «secondo il<br />

costume d’ingran<strong>di</strong>r le cose loro, <strong>di</strong> essere stati inventori delle scienze e<br />

delle arti» 2 .<br />

Quel che è certo - l'intento dell'opera è apologetico - è che tra i primi savi<br />

che i Greci elencavano figura Pitagora 3 . Attraverso questo dato, Gimma<br />

introduce il concetto dell'anticchisima sapienza italica. Pitagora è filosofo<br />

«<strong>di</strong> chiarezza, <strong>di</strong> nome, e <strong>di</strong> dottrina; anzi <strong>di</strong> fama, <strong>di</strong> sapienza, <strong>di</strong><br />

moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> scolari, e <strong>di</strong> nobiltà loro non solo <strong>su</strong>però tutti i Filosofi prima<br />

<strong>di</strong> lui; ma degli altri, che <strong>su</strong>ccessero o fu maggiore, o fu uguale; però a<br />

niuno inferiore» 4 . Gimma si sofferma <strong>su</strong> questo padre della filosofia<br />

romana: il serpente <strong>di</strong> Mosè in quello d’Esculapio, e così altre favole, che ne’ libri de’ Poeti<br />

si leggono; e le Metamorfosi <strong>di</strong> Ovvi<strong>di</strong>o da’ libri <strong>di</strong> Mosè in gran parte furon tolte». La<br />

fonte privilegiata <strong>di</strong> queste pagine, come già detto, è il testo <strong>di</strong> N. Conti, o per essere più<br />

precisi, le aggiunte <strong>di</strong> Goffredo Linocerio, ma, <strong>su</strong>lle origini ebraiche della filosofia greca<br />

cfr. anche G. GIMMA, Sylva III…, cit.. p. 33, dove Gimma copia il celebre testo del Valletta<br />

«Galeo sopra citato però, così nel libro latino, come in un altro in lingua Inglese pensa, che<br />

Mocho sia stato lo stesso Mosé, per detto del Casaubono», dopo aver congetturato a p. 30<br />

che «Mocho avesse forse questa dottrina degli atomi tratta da’ libri <strong>di</strong> Mosé nella<br />

descrizione dell’uman genere prodotto dalle particelle della polve; onde avesse poi<br />

conghietturato: Primam Mun<strong>di</strong> materiam fuisse <strong>di</strong>spersorum Atomorum Chaos, nulla <strong>su</strong>a<br />

parte cohaerens»; <strong>su</strong>ll’identificazione <strong>di</strong> Mosè con Mocho, antichissimo filosofo, insiste<br />

anche «Il Vescovo Daniello Huetio» che «<strong>di</strong>ce ancora: Hinc ergo emendandus Iamblicus, et<br />

pro Mocho, quod etiam in scriptis Co<strong>di</strong>cibus reperi, scribendum Moscho; atqui Moschus<br />

ipsissimus videtur Moises, qui merito physiologus <strong>di</strong>ctus est utpote qui scripserit de rerum<br />

primor<strong>di</strong>is, quique Troianum bellum aetate praecessit, et Sidonius cre<strong>di</strong> potuit ab iis, qui<br />

patriam ipsius ignorabant; vel quod in hac potissimum Urbe propagata fortasse fuerit<br />

ipsius doctrina, multique eam amplexi sint; vel propter Iudaeae viciniam: nonnunquam<br />

enim cum Phoenicibus Iudaeos confun<strong>di</strong> certum est» (id., p. 34).<br />

1 Id., pp. 47-48.<br />

2 Id., p. 47: i Greci si vantavano che presso <strong>di</strong> loro fossero fioriti sette savi: «Talete Milesio,<br />

Pittaco <strong>di</strong> Mitilene, Solone Ateniese, Biante <strong>di</strong> Priene, Cleobolo da Lindo, Periandro da<br />

Corinto, e Chilone Lacedemonico; ma Laerzio vi aggiunse Anacarsi Scita, Misone, Chineo,<br />

Ferecide Siro, Epimenide Cretese, e Pisistrato. Mutò poi Pitagora il titolo <strong>di</strong> Savio, come<br />

dovuto al solo Dio, e <strong>di</strong>r si volle Filosofo».<br />

3 Prova Bisogni De Gatti «che i primi greci, che vennero ad abitarvi – in Calabria – furono i<br />

calcidesi, i quli co i masseni dal Peloponneso calando, abitarono in Reggio […]. Dopo i<br />

calcidesi vennero nella Calabria Enotro, e Peucezio fratelli Arca<strong>di</strong> prima della guerra <strong>di</strong><br />

Troia» (id., p. 53); cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., pp. 168-174. Il testo <strong>di</strong> riferimento in<br />

questo caso è Hipponi seu Vibonis Valentiae, vel Montisleonis, Ausoniae civitatis accurata<br />

historia, in tres libros <strong>di</strong>visa, auctore D. Iosepho Bisogni De Gatti eiusdem urbis patritio,<br />

Neapoli, F. Mosca, 1710.<br />

4 Id., p. 56.<br />

162


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

ricostruendone la biografia attraverso Giuseppe Valletta, <strong>su</strong>a fonte non<br />

citata, ma, come sappiamo, trascritta in Sylva III: Pitagora «conversò co’ i<br />

sacerdoti della Fenicia; nell’Epistola ad Irenaeum <strong>di</strong>sse [San Girolamo]: Ex<br />

Judaeorum doctrina derivavit Magisterii praecepta Pythagoras; meritque<br />

magnus apud Philosophos habitus, qualem ut aiunt vix reperiri nullum» 1 ;<br />

solo perché era un gentile, e traeva «questa pazza opinione dagli Egizi"<br />

oppure perché "per trasmigrazione volle intendere il passaggio delle anime<br />

alle pene delle loro passioni» o, infine, per spaventare «gli uomini, e da’ vizi<br />

gli raffrenasse; siccome tutta la <strong>su</strong>a dottrina fu simbolica», 'insegnò' la<br />

dottrina della trasmigrazine delle anime, affermando che «la metempsicosi,<br />

o trasmigrazione delle anime fosse un transito ne’ corpi anche degli animali<br />

bruti colle loro forme, e costumi» 2 . Gimma accoglie da Valletta anche la<br />

cristianizzazione <strong>di</strong> Pitagora: per primo ha sostenuto l’immortalità<br />

dell’anima e ha insegnato che Dio era «unità, e mente, che in tutte le parti<br />

dell’Universo si <strong>di</strong>ffonde» 3 . Gimma non si sofferma <strong>su</strong> questo aspetto della<br />

filosofia pitagorica, né <strong>su</strong> questa <strong>di</strong>ffusività o onnipresenza <strong>di</strong>vina. Quello<br />

che più gli sta a cuore - e in tal senso fa un'apologia dentro quella più ampia<br />

alla quale l'opera è <strong>di</strong>retta - è che Pitagora ha fondato un'accademia e che<br />

questa accademia sia stata costituita nell'Italia meri<strong>di</strong>onale.<br />

Orgogliosamente lo ricorda contestando l’opinione dell’eru<strong>di</strong>tissimo<br />

«Vallemont, che con pregiu<strong>di</strong>zio della nazione italiana, per non <strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />

qualche altra, ha voluto scrivere […], narrando la varietà delle cose<br />

avvenute nelle monarchie novelle; nell’anno 790 Cominciamento della<br />

1 Id., p. 57.<br />

2 Ib. cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., pp. 4-5: «Pitagora tenne la scuola in Crotone. San<br />

Girolamo […] <strong>di</strong>ce, ch’egli avesse conversato co’ Profeti, e specialmente nella Fenicia con<br />

Ezechiele, e con tutti gli altri, che <strong>su</strong>ccedettero a Mocho, e con li Sacerdoti della Fenicia», e<br />

poco sotto, a p. 5: «San Girolamo scrivendo ad Ireneo: Et ex Iudeorum doctrina derivavit<br />

Magisterii praecepta Pythagoras; meritoque magnus apud Philosophos habitus, qualem, ut<br />

aiunt, vix reperiri ullum». Entrambi questi passi si trovano nelle pagine copiate da Valletta.<br />

A p. 3 <strong>di</strong> Sylva III…, cit., «Pitagora da alcuni è tenuto <strong>di</strong> Samo della Grecia; da altri <strong>di</strong><br />

Samo della Calabria ora detta Crepacori, al <strong>di</strong>r del Barrio, del Car<strong>di</strong>nale Sirleto e del<br />

Lascari». Non è qui possibile riportare volta per volta le convergenze – che spesso sono<br />

vere e proprie coincidenze – delle analisi <strong>di</strong> Gimma con il giustamente celebre testo <strong>di</strong><br />

Valletta; va però ricordato che, se l’impostazione generale <strong>di</strong> Gimma segue quella <strong>di</strong><br />

Valletta solo fino ad un certo punto, e se molte sono le <strong>di</strong>vergenze, entrambi però<br />

concordano <strong>su</strong>lla valutazione estremamente positiva delle filosofia pitagorica e <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>a<br />

persistente grandezza.<br />

3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. I, p. 57.<br />

163


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

famosa università <strong>di</strong> Parigi, madre <strong>di</strong> tutte quelle, che son nell’Europa» 1 . In<br />

realtà, egli scrive, «la celebre Accademia <strong>di</strong> Parigi non è stata la madre delle<br />

italiane; ma più tosto coll’esempio <strong>di</strong> quelle dell’Italia, e coll’opera<br />

degl’italiani ha riconosciuto i <strong>su</strong>oi principi» 2 .<br />

Il tono smaccatamente 'agiografico, non sminuisce alcuni punti fermi ai<br />

quali Gimma è pervenuto: l'origine umana della scienza e la <strong>su</strong>periorità della<br />

ricerca sperimentale; la tra<strong>di</strong>zione cristiana della filosofia sperimentale che<br />

ha la <strong>su</strong>a antica origine; tramite Pitagora, in Mosè e Noè.<br />

2. Teologia scolastica e nuova scienza<br />

Oggetto precipuo della trattazione, e dell’interesse, <strong>di</strong> Gimma è la Teologia<br />

cristiana<br />

Questa teologia, che tratta delle cose <strong>di</strong>vine ha poi ricevuta le <strong>su</strong>e <strong>di</strong>visioni;<br />

secondo che è Dio considerato; così la Scritturale considera la <strong>di</strong>vina legge, e<br />

spiega i <strong>su</strong>oi precetti: la Scolastica <strong>di</strong>scorre dell’essenzia <strong>di</strong> Dio, la Morale, o<br />

Scolastica pratica, in<strong>di</strong>rizza le nostre operazioni; acciocchè i <strong>di</strong>vini precetti si<br />

osservino; e la Mistica o Ascetica ci instruisce all’amore <strong>di</strong> Dio o col mezo della<br />

via purgativa, producendo in noi la perfezione col conoscere i peccati, col<br />

detestargli, e coll’ ammendarci; o col mezo della via illuminativa, mostrandoci le<br />

virtù; o col mezo dell’unitiva, colla quale ci unisce con Dio 3<br />

1<br />

Id., p. 154.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Id., pp. 319-320. A p. 320 la <strong>di</strong>stinzionce continua: della Mistica fanno parte<br />

«l’esemplare, che le vite <strong>di</strong> Cristo, della Beata Vergine, e de’ Santi considera, le quali<br />

imitare dobbiamo : la Meletetica, che è l’arte <strong>di</strong> ben me<strong>di</strong>tare; e la Liturgia, che è la dottrina<br />

delle Orazioni, degli ufici, de’ Sagramenti, delle Consagrazioni, delle bene<strong>di</strong>zioni, e <strong>di</strong> altre<br />

cose simili». E poi la Teologia polemica «detta da alcuni dogmatica, o controversistica, le<br />

quali sono da altri <strong>di</strong>stinte tra loro; benchè abbiano uno stesso fine, è tutta intenta a<br />

<strong>di</strong>fendere i principi della teologia, valendosi de’ <strong>di</strong>ece luoghi teologici a provare contro gli<br />

eretici, e gl’infedeli le <strong>su</strong>e conclusioni; e ad unire le chiese <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>, e ridurle all’unione<br />

della fede. Aggiungono altri la teologia oratoria, la quale colle pre<strong>di</strong>che attende a<br />

per<strong>su</strong>adere la religione cristiana, e ad imitare Giesù Cristo collo stu<strong>di</strong>o delle virtù; così altre<br />

parti considerare si possono, come la meto<strong>di</strong>ca, la quale <strong>di</strong>spone le materie teologiche,<br />

raccogliendo in compen<strong>di</strong>o gli assioni salutevoli, che occorrono nella parola <strong>di</strong> Dio, e<br />

riducendogli a certi capi: la Parenetica, la quale considera le omelie, e le pre<strong>di</strong>che: la<br />

Casistica, che è la dottrina de’ casi, e scioglie le questioni <strong>di</strong> coscienza; e questa alcuni<br />

colla morale confondono, e talvolta colla canonica; la quale considera le leggi canoniche.<br />

La catechistica è un compen<strong>di</strong>o della cristiana religione, con cui i domestici, i fanciulli<br />

s’instruis cono, e quei, che vengono alla fede; ma sono molte le parti della Teologia, se<br />

164


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Precisamente quella del Nuovo Testamento. La teologia ha infatti origine<br />

dall’insegnamento orale <strong>di</strong> Cristo e dei <strong>su</strong>oi Apostoli, dai Vangeli e, in<br />

forma propria, da Dionigi l’Aeropagita che conciliò l’insegnamento<br />

evangelico con la filosofia platonica 1 . Da questo evento ha origine<br />

quell’importantissimo 'commercio' tra teologia e filosofia che avrebbe<br />

segnato la cultura occidentale 2 . In tal modo Gimma introduce, attraverso la<br />

ricostruzione <strong>di</strong> Valletta, la <strong>su</strong>a riflessione <strong>su</strong>ll'aristotelismo: a partire dal<br />

XII secolo «molti eretici co’ i principi della filosofia pretendeano <strong>di</strong><br />

spiegare tutti i misteri della Fede» 3 . Questi eretici erano «Giovanni Sofista,<br />

il Dinant <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Amalrico, il Ruscellino». Tutti costoro erano da<br />

ritenere responsabili delle <strong>di</strong>spute che avevano lacerato il mondo cristiano.<br />

Insieme a loro, Abelardo, «che circa l’anno 1140 facea professione <strong>di</strong> una<br />

dottrina mista <strong>di</strong> quella degli Arriani, de’ Nestoriani, e de’ Pelagiani;<br />

aggiugnendovi molte altre stravaganti opinioni», «i Valdensi, e nella<br />

Linguadoca gli Albigesi» che «nello stesso secolo si u<strong>di</strong>rono in Parigi» 4 .<br />

Ovunque «si vedea corrompere la Teologia»: ad Oxford, ad esempio, dove<br />

«scioccamente <strong>di</strong>sputavano della potestà delle chiavi, della <strong>di</strong>gnità<br />

dell’or<strong>di</strong>ne monastico, del fermento, dell’azimo; della concezione <strong>di</strong> Maria<br />

Vergine, e <strong>di</strong> simili questioni, in cui gli Eretici anche oggidì gran <strong>di</strong>letto<br />

ritrovano» 5 .<br />

minutamente considerar le vorremo; perché la Mariologia tratta della Beata Vergine:<br />

l’Angelologia degli Angeli, e così delle altre; e tutte col progresso de’ tempi, e colle<br />

occasioni date dall’Eresie, e dall’essercizio si sono ad Arte ridotte». Gimma non entra nel<br />

merito dell’effettiva necessità <strong>di</strong> una tale proliferazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scipline teologiche, si limita a<br />

ricostruire la storia della teologia nell’occidente cristiano. Pur non ritenendole questioni <strong>di</strong><br />

scarso peso evidentemente <strong>su</strong>ppone che sia <strong>di</strong> estrema <strong>di</strong>fficoltà raggiungere un punto<br />

fermo nelle questioni <strong>di</strong>battute dai teologi, se non ricostruendo storicamente il loro sorgere<br />

e il loro svilupparsi.<br />

1 Id., p. 325: «assegnano dunque l’origine della teologia a S. Dionigi Aeropagita, filosofo<br />

platonico, il quale insegnò ne <strong>su</strong>oi libri, e si servì dell’autorità dell’Evangelio».<br />

2 Id., p. 330: «biasimano alcuni l’uso da’ Teologi introdotto <strong>di</strong> aver fatta Scolastica, e<br />

<strong>di</strong>sputatrice la Teologia, colla maniera filosofica le <strong>su</strong>e materie tratando, e la filosofia stessa<br />

colla Teologia accoppiando».<br />

3 Id., p. 332. E ancora, «Pietro <strong>di</strong> Bruis , che rinnovava gli errori <strong>di</strong> Berengario intorno<br />

l’Eucaristia, e’l Battesimo de’ fanciulli, pre<strong>di</strong>cava contro il merito delle buone opere, contro<br />

l’onor delle immagini, e rovinava le chiese, <strong>di</strong>cendo, che i cristiani per onorare Dio non<br />

avean bisogno <strong>di</strong> alcun luogo particolare, e molti altri sciocchi errori insegnò in Provenza».<br />

Le eresie più pericolose erano nate, secondo Gimma, in terra <strong>di</strong> Francia.<br />

4 Ib.<br />

5 Id., p. 334. Gimma accenna qui a questioni che non erano affatto state <strong>di</strong>menticate se si<br />

tiene conto del fatto che Mabillon continuava a riflettere e a pubblicare <strong>su</strong> questi temi.<br />

165


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Due le conclusioni che si possono trarre da questi passi: la filosofia va<br />

tenuta separata dalla teologia; l'aristotelismo ha introdotto l'eresia nella<br />

teologia cristiana: per combattere le eresie, «scorgendosi, che da’ libri <strong>di</strong><br />

Aristotele in quei tempi, tutti gli errori si cagionavano, contro gli stessi più<br />

decreti furon fatti» 1 ; nello stesso anno «in cui si celebrò il Concilio <strong>di</strong><br />

Laterano, cioè nel 1215, si congregò ancora il Concilio Provinciale <strong>di</strong><br />

Parigi, in cui furono proibite tutte le traduzioni de’ libri Aristotelici, volendo<br />

formarne una, che non fosse ripugnante alla dottrina della loro Università<br />

Parigina» 2 . Già prima, I padri della Chiesa, S. Giustino e S. Bernardo, "la<br />

riprovarono; perché troppo quel Filosofo attribuiva all’intelletto, ed a’ sensi,<br />

e perché stabiliva principi alla nostra Religione contrari: anzi dava l’armi<br />

agli eretici per combatterla» 3 . Inoltra tutti i commentatori arabi «colla<br />

filosofia, e me<strong>di</strong>cina l’astrologia, e la magia similmente accoppiarono, e la<br />

loro teologia". Per questo, Martino Del Rio ha ragione nell'affermare, "che<br />

D’altra parte che l’interesse fosse ancora presente viene testimoniato proprio dalla<br />

recensione a Mabillon pubblicata <strong>su</strong> Il giornale de’ letterati <strong>di</strong> Francesco Nazari per tutto<br />

l’anno 1675, in Roma, a spese <strong>di</strong> Benedetto Carrara al Pie-<strong>di</strong>-marmo, con licenza de’<br />

<strong>su</strong>periori e privilegio, pp. 155-156, dove viene presentata la «Dissertatio de pane<br />

eucharistico, azymo et fermentato, auct. D. Io. Mabillon Congreg. S. Mauri, in 8 Parisiis<br />

apud Ludovicum Billaine», <strong>di</strong> cui viene scritto: «v’è in questo libro raccolto con molta<br />

<strong>di</strong>ligenza ed eru<strong>di</strong>tione ciò che riguarda la questione del pane azimo, che ha eccitate tante<br />

liti tra gli eru<strong>di</strong>ti. L’autore esamina al principio se Giesù Christo si servisse del pane azimo<br />

nell’ultima cena istituendo l’Eucharistia, e fa vedere che i SS. Padri sono stati <strong>di</strong> questo<br />

sentimento, confessa però quest’esempio <strong>di</strong> N. S. non essere stato una legge che habbia<br />

obligato necessariamente la Chiesa ad usar l’azimo nell’Eucharistia, non essendosene<br />

Giesù-Christo servito che per occasione, poiche non era lecito à Giudei adoprar altro pane<br />

nella Pasqua. E per questo non si deono condannar i Greci, perche si servono del<br />

fermentato, ancorche la Chiesa Latina habbia con ragione anteposto l’azimo. Non è facile à<br />

decider positivamente se questa pratica de’ Greci sia stata in ogni tempo ricevuta nella lor<br />

Chiesa. L’Autore fà vedere almeno con la testimonianza <strong>di</strong> Gio. Filopono che vivea 1100<br />

anni sono, che i Greci si servivano d’allora del fermentato, e che questo autore stimava tal<br />

uso ricevuto dal principio della Chiesa tra Greci. Poi passa dall’altre comunità Cristiane alla<br />

Chiesa Latina, e dopo haver esaminate certe prove che gli paiono false o sospette per provar<br />

l’antichità dell’azimo nella Chiesa Latina, apporta <strong>di</strong>verse congetture per mostrare che<br />

v’era in uso da’ primi secoli del Cristianesimo». Sui rapporti <strong>di</strong> Mabillon con l’ambiente<br />

napoletano, cfr. E. LOJACONO, Immagini <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> a Napoli…, cit.<br />

1 Id., p. 334.<br />

2 Ib. «La cagione però, per cui veniva da’ Filosofi corrotta la Teologia, erano i libri <strong>di</strong><br />

Aristotile portati da Costantinopoli, e proibiti dal Concilio <strong>di</strong> Parigi sotto Innocenzo III nel<br />

1203» (id., p. 336).<br />

3 Id., p. 504. «Non era perciò lo stu<strong>di</strong>o della dottrina d’Aristotile approvato a’ Cristiani, nel<br />

1209 furono i <strong>di</strong> lui libri pubblicamente bruciati in Parigi, e vietata colla pena <strong>di</strong> scomunica<br />

la lettura loro secondo il Concilio Senonense» (ib.).<br />

166


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

quando i Saraceni la Spagna occuparono, le pubbliche scuole delle arti<br />

magiche aprirono in Toledo, in Siviglia, ed in Salamanca» favorendo il<br />

<strong>di</strong>ffondersi delle arti magiche in Europa, come <strong>di</strong>mostra il caso <strong>di</strong> Cornelio<br />

Agrippa 1 .<br />

A giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma, tutto questo era accaduto sia perché Aristotele era un<br />

gentile e dunque, non illuminato dalla fede («privo <strong>di</strong> quei lumi della Fede<br />

che <strong>di</strong>ssingannar lo potevano»), sia perché i <strong>su</strong>oi errori erano stati<br />

amplificati dagli arabi che avevano <strong>di</strong>ffuso l'aristotelismo in Occidente: "la<br />

Filosofia <strong>di</strong> Aristotile, che già da lungo tempo stava sopita […] ad opera <strong>di</strong><br />

Averroe, e <strong>di</strong> Alfarabio fu rinnovata, e l’insegnavano con molta sottigliezza<br />

rigettando, e deridendo co’ i loro Aristotelici fondamenti i sagri misteri della<br />

nostra Fede» 2 introducendo una scandalosa libertà <strong>di</strong> filosofare «colla<br />

Filosofia <strong>di</strong> Aristotile nelle materie della Teologia» 3 . Gli arabi, soprattutto<br />

Averroè (che «non era istruito nelle cose d’Aristotile, e delle Sette <strong>di</strong>verse<br />

de’ Filosofi; però malamente cita gli antichi, né del greco, né del latino<br />

linguaggio avendo pratica […]. È da tutti appellato empio Averroe»), hanno<br />

operato tanti e tali interventi <strong>su</strong>i testi del filosofo greco, che «se ri<strong>su</strong>scitasse<br />

Aristotile, negarebbe molte cose esser <strong>su</strong>e, che sono a lui attribuite» 4 : «la<br />

prima <strong>di</strong>fficultà» da <strong>di</strong>rimere è quella circa il numero dei libri <strong>di</strong> Aristotele<br />

«poicché il Laerzio <strong>di</strong>ligente autor greco affermò, che ne’ <strong>su</strong>oi tempi i libri<br />

certi <strong>di</strong> Aristotele giugnevano a quattrocento […]; ma <strong>di</strong>cono i Padri <strong>di</strong><br />

Coimbra, che ora non ne abbiamo, che 120 e’l Patrizi <strong>di</strong>ce 202» 5 .<br />

Gimma elenca gli 'errori' <strong>di</strong> Aristotele:<br />

che il Mondo fu ab aeterno, e <strong>di</strong> questa opinione molto si pregiava: insegnò, che le<br />

1 Id., p. 505.<br />

2 Id., p. 336. Gimma continua affermando: «le opere <strong>di</strong> Averroe sono così piene <strong>di</strong> errori,<br />

che da molti fuchiamato empio; ed oltre, che fu Maomettano, ed ebbe in o<strong>di</strong>o la nostra<br />

Religione Cristiana, e si servì anche <strong>di</strong> corrotti libri <strong>di</strong> Aristotile, ed in più luoghi guasti,<br />

tolsi egli a <strong>di</strong>o la provvidenza, e la scienza delle Cose, che sono sotto la Luna, e privò noi<br />

dell’immortalità dell’anima, e del libero arbitrio; e con queste opinioni empie ardì torgliere<br />

ogni religione, ogni culto <strong>di</strong> Dio, come che non abbia <strong>di</strong> noi alcuna cura, né veruna<br />

cognizione […]. Non è maraviglia, che i seguaci della dottrina <strong>di</strong> Averroe, degli Arabi, e<br />

de’ Greci sieno caduti in mille Eresie, ed abbiano ancora tentato <strong>di</strong> corrompere la Teologia;<br />

ma è ben maraviglia, che stimino loro gloria l’appellarsi Averroisti i Cattolici, ed abbian<br />

voltuo abbracciare le opinioni de’ Gentili, degl’Infedeli, e <strong>di</strong> empi Maestri, e pretendere<br />

ancora d’introdurle nelle Scuole, e sostenerle fra Cattolici» (id., pp. 336-337).<br />

3 Id., p. 337.<br />

4 Id., p. 501.<br />

5 Id., p. 502.<br />

167


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

generazioni degli animali perfetti sieno state ancora tutte ab aeterno […]. Affermò<br />

che Dio non abbia potuto far cosa alcuna dal niente, come riferisce essere stata <strong>su</strong>a<br />

opinione Simplicio; e però leggendo i libri sagri della Genesi, molto gli <strong>di</strong>sprezzò,<br />

perché il Sagro Istorico senza recare le ragione, che egli desiderava, dal niente la<br />

creazione del Mondo stabiliva […]. Disse, che l’uomo abbia l’anima mortale, come<br />

fu <strong>su</strong>o parere […]; e benchè affermò, che il Mondo non sia da per tutto animato, né<br />

sensibile, né guarnito <strong>di</strong> ragione, e d’intelletto; non<strong>di</strong>meno <strong>di</strong>sse, che dalla<br />

Provvidenza non sia governato; perchè le cose celesti sono partecipi <strong>di</strong> tutte queste<br />

cose, per esser circondate da sfere animali e vitali: ma che le terrestri sien prive <strong>di</strong><br />

tutte loro, e non per natura, o per altra cagione atnicipata; ma a caso or<strong>di</strong>nate 1 .<br />

Lo fa sia per fare emergere le dottrine dei commentatori arabi, sia per<br />

evidenziare i corretivi <strong>di</strong> Tommaso D'Aquino: solo con S. Tommaso<br />

d’Aquino fu possibile rime<strong>di</strong>are al danno poiché «fece con sommo<br />

<strong>di</strong>spiacere degli Eretici parlar Cristiano Aristotile«, al punto che «cominciò<br />

la stessa Filosofia a ricever quasi nuova vita; onde fu il notro Italiano S.<br />

Tommaso appellato il Principe de’ Teologi, e de’ Filosofi, e cominciò<br />

ancora ad insegnarsi in tutte le scuole» 2 .<br />

Il leit-motiv della <strong>su</strong>periorità italica - fu un italiano a cristianizzare<br />

Aristotele e italiani furono i primi «ad essaminare gli argomenti <strong>di</strong><br />

Aristotele, ed a purgare il <strong>su</strong>o sistema dagli errori degli Arabi» 3 , il<br />

Piccolomini - non cela il progetto che sta veramente a cuore dell'abate:<br />

<strong>di</strong>mostrare la <strong>su</strong>periorità del modello <strong>di</strong> filosofia sperimentale dei moderni<br />

<strong>su</strong>lla philosophia recepta: Con Valletta, ma prima ancora con Mabillon, egli<br />

<strong>di</strong>stingue le varie fasi della scolastica, e salva solo il tomismo, ma il <strong>su</strong>o<br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>su</strong>ll'aristotelismo rimane del tutto negativo: non ha contribuito al<br />

progresso delle scienze, anzi è stato <strong>di</strong> ostacolo e solo quando,<br />

«introducendosi la libertà d’impugnare Aristotile, come fu poi de’ primi<br />

Bernar<strong>di</strong>no Telesio Cosentino ad impugnarla tutta», la scienza ha potuto<br />

riprendere il <strong>su</strong>o cammino 4 .<br />

1 Id., p. 507.<br />

2 Id., p. 508. A questo punto, «crebbe molto <strong>su</strong>’l finire del secolo XIV l’emulazione, sopra<br />

la filosofia <strong>di</strong> Ariostotile tra’ Nominali, e Realisti, tra’ Tomisti, e Scotisti, e tanti libri si<br />

scrissero, che asserì Francesco Patrizio essersi impressi ne’ <strong>su</strong>oi tempi più <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci mila<br />

volumi» (ib.).<br />

3 Ib.<br />

4 Ib.<br />

168


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

3. Platonismo, corpuscolarismo e nuova scienza<br />

La filosofia aristotelica, dunque, anche quella tomistica e cristianizzata 1 , non<br />

ha favorito la rinascita delle scienze, anch'essa fiorita in territorio italico -<br />

ricor<strong>di</strong>amo l'intento apologetico che pervade l'intera opera -, grazie<br />

soprattutto alle accademie 2 .<br />

Tale rinascita è da Gimma attribuita, interamente, alla ripresa della filosofia<br />

platonica con l'arrivo in Italia delle opere <strong>di</strong> Platone: nel 1439, quando «ne’<br />

travagli della Grecia passò nell’Italia Bessarione Arcivescovo <strong>di</strong> Nicea, ed<br />

egli stesso con Isidoro Monaco <strong>di</strong> S. Basilio […] si trovò nel Concilio <strong>di</strong><br />

Firenze» 3 ; ed è in seguito alla presa <strong>di</strong> Costantinopoli che, grazie all'arrivo<br />

in Italia <strong>di</strong> Giorgio Trapezunzio, Teodoro Gaza, Giorgio Gemisto Pletone<br />

«fu dalla Grecia trasportata la stessa Atene» 4 . È questa filosofia che<br />

favorisce il fiorire <strong>di</strong> accademie de<strong>di</strong>cate allo stu<strong>di</strong>o della storia naturale («e<br />

per coltivarlo, assai nobili Accademie, o Ragunanze <strong>di</strong> Uomini dotti<br />

fioriscono altresì, tutte applicate a scoprire i segreti della Natura col mezzo<br />

della Sperienza») «a beneficio della naturale istoria, e della filosofia<br />

necessarie alla me<strong>di</strong>cina» 5 . È a questa filosofia che si richiama Pierre<br />

Gassen<strong>di</strong>. Egli ha, infatti, praticato la filosofia atomistica che aveva avuto<br />

origine nella Magna Grecia, dove era sorta e aveva prosperato la filosofia <strong>di</strong><br />

Pitagora, <strong>di</strong> cui Democrito «non solo seguitò la dottrina […]; ma ricevè tutte<br />

le cose <strong>su</strong>e» 6 . Gimma accoglie il quadro storico vallettiano dove Epicuro<br />

viene presentato come un <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Democrito (si era appassionato alla<br />

filosofia dopo averne letto le opere) e quin<strong>di</strong> come l’ultimo esponente della<br />

1 Ib.: «non è dunque <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cevole asserire, che sia <strong>di</strong>venuta italiana la filosofia aristotelica,<br />

ridtoaa in quella forma, con cui ora si legge nelle Scuole dell’Europa, non insegnandosi la<br />

pura Aristotelica, o quella dagli Arabi alterata, e da’ Greci; ma la riformata e spurgata da S.<br />

Tommaso, la quale è stata il fondamento <strong>di</strong> quelle Scuole, che seguirlo han voluto, o pure<br />

impugnarlo; così l’impugnò Scoto, che fu Capo della Scotistica: a Scoto Occamo si oppose,<br />

che fu Capo de’ Nominali, e così delle altre, tutte Aris totile segundo, e <strong>di</strong>versamente<br />

spiegando».<br />

2 Id., p. 459: «fu lodevole instituto degl’Italiani incominciato nel secolo XV e continuato<br />

ne’ seguenti, <strong>di</strong> introdurre le Accademie per illustrare ed ampliare le scienze, e le lingue, e<br />

restaurarle altresì; perché ne’ corrotti secli ad<strong>di</strong>etro si erano tralasciate, e poco meno che<br />

perdute per lo dominio de’ barbari».<br />

3 Ib.<br />

4 Id., p. 460.<br />

5 Id., p. 476.<br />

6 Id., p. 488.<br />

169


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

scuola <strong>di</strong> Pitagora. I <strong>su</strong>oi errori – viene precisato – erano quelli «<strong>di</strong> cui<br />

furono sporcati i filosofi gentili»:<br />

Se Democrito dava il mondo a caso, Epicuro affermava, che non sia Dio rettore del<br />

mondo: che Dio non abbia la cura degli uomini, e che vi sieno più mon<strong>di</strong>, e tra loro<br />

intermun<strong>di</strong>a, cioè gli spazi, e molte altre cose, che non sono da’ cattolici accettate, i<br />

quali hanno il vero lume della Santa Fede 1 .<br />

Da Platone, a Pitagora ad Epicuro, ai neoplatonici, a Gassen<strong>di</strong>: Gimma<br />

delinea la via unitaria della filosofia sperimentale.<br />

Di Epicuro Gimma elenca, accanto agli errori – quelli reali e quelli<br />

attribuitigli ingiustamente -, i numerosi pregi, testimoniati dalla accoglienza<br />

riservata alla <strong>su</strong>a filosofia in ambienti cristiani sin dai tempi dei Padri della<br />

Chiesa: Origene ricorda quei i consoli <strong>di</strong> Roma che «appresero la<br />

continenza, e le virtù della scuola Epicurea». Ma già Cicerone testimoniava<br />

che gli epicurei credevano vi fosse «una mente, cioè un Dio, che regge, e<br />

da’ il moto all’universo, e da cui è stata ogni cosa prodotta» 2 . Da quei primi<br />

tempi, molti hanno aderito alla filosofia epicurea, tra i protestanti ad<br />

esempio Ettmüller 3 , tra i cattolici il ge<strong>su</strong>ita Foresti secondo il quale «il<br />

vocabolo <strong>di</strong> go<strong>di</strong>mento e piacere» va collocato «non nella sterile<br />

specolazione delle cose naturali, né ne’ beni <strong>di</strong> fortuna; ma nella contentezza<br />

1 Ib. Cfr., G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 37: «tanto Democrito, quanto Epicuro <strong>di</strong>ssero la<br />

cagione <strong>di</strong> ogni moto, ed azione, e generazione esser gli atomi. Ma ciò <strong>di</strong>cendo, non posero<br />

il Mondo a caso, perocchè sosteneano, che Dio gli avesse creati, ed impresso loro il<br />

movimento, il <strong>di</strong>sten<strong>di</strong>mento, e la figura».<br />

2 Ib. Cfr. ancora lo scritto <strong>di</strong> Valletta in G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 42: «Origene, ed<br />

altri, <strong>di</strong>cono ch’erano lontani affatto dalle lascivie, e per esempio <strong>di</strong> ciò, va numerando i<br />

migliori Consoli, e Capitani Romani, che dalla Scuola Epicurea appresero la continenza, ed<br />

ogni altra virtù […]. Cicerone commemora molti Epicurei del <strong>su</strong>o tempo […] e molti altri<br />

sono riferiti da Seneca, Plutarco, e Lucrezio. Ed appo Cornelio Nepote si può vedere con<br />

quanta moderazione, e continenza i veri Europei si reggessero, sino ad avere i beni comuni,<br />

e l’abitazione, come già fecero i Pitagorici. E <strong>di</strong>ce Porfirio, che Ermarco si astenea dalla<br />

carne, non meno che i Pitagorici, quando sacrificavano. Credevano ancora, che vi fosse una<br />

mente, cioè un Dio, che regge, e dà il moto a questo Universo, e dal quale tutte le cose sono<br />

state prodotte. Anzi Petronio, e Luciano, che furono degli empi Epicurei, né anche<br />

negarono affatto la Provvidenza <strong>di</strong> Dio».<br />

3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 489: «ex hac schola Democritica venit<br />

Epicurus incomparabilis ille philosophus nulli aequiparandus tam in philosophia morali,<br />

quam naturali». La fonte <strong>di</strong> Gimma è M. Ettmüller <strong>di</strong> cui sono state con<strong>su</strong>ltate la Opera<br />

omnia me<strong>di</strong>co-physica, theoretica et practica, 3 tt., Venetiis, <strong>su</strong>mptibus Joh. J. Hertz, 1700;<br />

e la Opera Me<strong>di</strong>ca theoretico-practica, 3 tt., Francofurti ad Moenum – Amstelodami, Jo. D.<br />

Zumerus – Jo. Rips, 1696.<br />

170


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

dell’animo, che può render beato l’uomo in questo mondo, aggiuntavi<br />

l’indolenza del corpo» 1 . Tra i moderni corpuscolari, Gimma annovera<br />

Telesio, Galilei e Boyle 2 , soprattutto Gassen<strong>di</strong> che ha restituito «dopo tanti<br />

secoli la stessa antica filosofia degli atomi uscita dalle scuole italiana e<br />

rinnovò le opinioni <strong>di</strong> Democrito, <strong>di</strong> Epicuro, e <strong>di</strong> Lucrezio, i quali la stessa<br />

filosofia insegnarono, <strong>di</strong> cui era il principe Leucippo nostro antico<br />

italiano» 3 . Il doux prêtre ha fatto: ha emendato l’epicureismo degli errori<br />

«che ripugnavano alla nostra fede cattolica», spiegando o contestando quelle<br />

sentenze «che quelli per esser gentili avean <strong>di</strong>feso»:<br />

impugnò l’errore <strong>di</strong> Democrito, che il mondo sia stato fatto dal caso, e quei <strong>di</strong><br />

Epicuro, che il mondo debba rovinarsi per la forza della natura, non per comando<br />

<strong>di</strong> Dio: che il mondo sia animato, come gli animali, e le piante; ed abbia le <strong>su</strong>e età,<br />

adolescenza, gioventù, e vecchiezza: che la terra sia piana, e non rotonda: che gli<br />

animali furono nella prima loro generazione prodotti a caso dalla terra colla<br />

<strong>di</strong>stinzione de’ membri: che Dio non sia autore del mondo, né rettore, né abbia cura<br />

degli uomini: che si <strong>di</strong>ano più mon<strong>di</strong>, e gli sapzi tra essi, e tante altre false opinioni<br />

insegnate nelle scuole de’ Gentili, come false pur ne ebbero Platone, ed Aristotele 4 .<br />

La filosofia ‘gassen<strong>di</strong>stica’ anche se da più parti viene in<strong>di</strong>cata come<br />

moderna, in realtà non è che la democritea ed epicurea, ossia la prima<br />

filosofia italiana 5 .<br />

1 Ib.<br />

2 Id., p. 491. Quanto al Galilei, «degli atomi, e del vacuo sentì <strong>di</strong>versamente da Democrito,<br />

e da Epicuro; poicchè inane non ceu rem quandam; sed potius tanquam capacitatem<br />

corporeae naturae pror<strong>su</strong>s expertem ad rerum naturalium concretiones a<strong>su</strong>mit: come <strong>di</strong>sse<br />

Tommaso Cornelio, e degli atomi ita <strong>di</strong>sputat, ut si illa instar puncti mathematici nullam<br />

plane magnitu<strong>di</strong>nem haberent: ed affermò altresì corpora fluida, et metalla liquata in<br />

eiusmo<strong>di</strong> atomos esse <strong>di</strong>visa».<br />

3 Ib. Cfr., G. GIMMA, Sylva V…, cit., p. 107: «Pietro Gassendo […] seguì un sitema <strong>di</strong>verso<br />

da quello del <strong>Descartes</strong>, ammettendo il vacuo, e gli atomi secondo il sentimento <strong>di</strong><br />

Epicuro». Gassen<strong>di</strong>, annota l’autore copiato da Gimma «avea maggior lettura, ed<br />

eru<strong>di</strong>zione, che’l <strong>Descartes</strong>, ma non tanta invenzione, né tanta penetrazione». La fonte <strong>di</strong><br />

Gimma viene in<strong>di</strong>cata dall’autore in questo modo: «La storia profana dal <strong>su</strong>o principio sino<br />

al presente, composta in lingua francse dall’autore della Storia della Chiesa, e tradotta<br />

nell’italiano da Selvaggio Canturani. Padova, 1719. Stampa del Seminario Tomi 6 in 12»<br />

(id., p. 87).<br />

4 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 491.<br />

5 Ma in realtà spetta agli italiani anche il merito <strong>di</strong> aver per primi riscoperto l’atomismo:<br />

«l’Abate Conte Antonio Conti […] mostra che il nostro Galileo è uno de’ capi della<br />

moderna filosofia; senza <strong>di</strong> cui non avrebbe il Gassendo, come ancora il Cartesio formate le<br />

nuove loro filosofie, e porta le parole del Valliso inglese, che scrisse: si non habuissemus in<br />

171


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Dal cartesiano Valletta, ancora, Gimma accoglie l’ipotesi che la stessa<br />

filosofia cartesiana sia <strong>di</strong> ascendenza epicurea. Questo conferma: sia che<br />

l’innesto della filosofia cartesiana <strong>su</strong>l tronco epicureo sia corrente a Napoli<br />

sin dagli anni della Accademia degli Investiganti, sia che il cartesianesimo<br />

sia marginale per Gimma, come abbiamo già visto nel caso della polemica<br />

Musitano-De Martino 1 . Non a caso, viene citato l’anticartesiano Huet<br />

secondo il quale la filosofia cartesiana altro non è che «un centone <strong>di</strong> varie<br />

cose, e <strong>di</strong> vari sentimenti ricavati dagli antichi, e da moderni filosofi, senza<br />

che alcun <strong>di</strong> loro nominasse» 2 : il fisico <strong>Descartes</strong> ha ‘copiato’ Empedocle e,<br />

tra i filosofi italiani 3 , «spezialmente […] Giordano Bruno Nolano» 4 . Di<br />

quest’ultimo, Gimma descrive dettagliatamente le dottrine filosofiche: nel<br />

De Immenso, aveva affermato che il Sole è al centro dell’universo, che la<br />

Terra «con perpetue vertigini intorno al Sole si aggiri», che ciascuna stella è<br />

in realtà un altro sole ed ogni stella è un mondo, e ancora che le stelle fisse<br />

sono in numero infinito, che «tutti questi mon<strong>di</strong> formino l’universo, e<br />

ciascheduno sia abitato da sostanze <strong>di</strong>verse, e forse migliori della nostra, e<br />

governato da un’anima universale» 5 . La connessione fra la filosofia <strong>di</strong><br />

Italia Galilaeum, et in Anglia Verulamium, forte nec habuissemus Cartesium, Gassendum,<br />

totamque quam vocant, novam philosophiam» (id., p. 492).<br />

1<br />

Ib.: «Renato Cartesio del Perrì, Castello tra la Bertagna, e’l Poitù, e tutti i <strong>su</strong>oi seguaci<br />

[…], ed altri <strong>su</strong>oi illustratori, i cui libri con cautela legger si debbono, perché più cose<br />

contengono alla Santa Fede ripugnanti».<br />

2<br />

Ib.: «fu un fondamento della <strong>su</strong>a dottrina quell’Ego cogito, ergo <strong>su</strong>m: e fu avvertito dal<br />

Mersenno, esser pure <strong>di</strong> S. Agostino».<br />

3<br />

Id., p. 493: «Leucippo, Democrito, et Epicuro <strong>di</strong>stribuirono la prima materia delle cose in<br />

vari vortici o mon<strong>di</strong>, e <strong>di</strong>ce lo stesso Huezio».<br />

4<br />

Ib.: «scrive l’Huezio: Extitit vero inter novitios Philosophos Jordanum quidam Brunus<br />

Nolanus, quem Cartesianae doctrinae antesignanum iure <strong>di</strong>cas, adeo accurate omnem eius<br />

compositionem praesignavit il eo libro, quem De Immenso, et innumerabilibus inscripsit.<br />

Nam et universi infinitatem, et mundorum innumerabilitatem tuetur, etc. Sed ne nimium<br />

sim, librum legi velim: qui fecerti, feret operae pretium, et quampulcre ei cum Cartesio<br />

conveniat, agnoscet. Provenerunt pest Brunum acuti Philosophi Gilbertus, et Galilaeus, qui<br />

Mundum esse infinitum, ac proinde figura, centroque carere sentirent, et si non aperte<br />

sententiam <strong>su</strong>am scriptis explicarunt».<br />

5<br />

Ib. Si veda ancora lo scritto <strong>di</strong> Valletta in G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 41: «Giordano<br />

Bruno con dottrina esecrabile (la quale volesse Id<strong>di</strong>o, che fosse rimasa spenta, ed affatto<br />

incenerita nelle giustissime fiamme, in cui arse l’Autore, e non vivesse ancora nel <strong>su</strong>o<br />

abominevole libro scritto della pluralità de’ Mon<strong>di</strong>) insegnò, e formò un nuovo sistema, ed<br />

inu<strong>di</strong>to. Giace, <strong>di</strong>c’egli, nel mezo del nostro Mondo immobile il Sole, e la Terra con<br />

perpetue vertigini, intorno a quello s’aggira. Vuole che ogni Pianeta sia una Terra, e<br />

ciascuna stella sia un altro Sole, e che detti Pianeti non siano quei pochi, che noi<br />

osserviamo, né tampoco le stelle, ma infiniti, ed innumerabili, e queste, e quelli sparsi nello<br />

172


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Bruno e quella <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> era stata posta da quel medesimo Huet che è la<br />

fonte <strong>di</strong> Valletta, ma forse anche del ‘gran renatista’ Tommaso Cornelio: «in<br />

easdem fere <strong>di</strong>fficultates delabitur Cartesius; nam innumerabiles illi<br />

vortices, ex quibus mundum coagmentari voluit, Bruni systematibus<br />

respondere videntur» 1 .<br />

In quanto <strong>di</strong> ascendenza bruniana («i libri, e gli scritti del Bruno furono<br />

proibiti dalla Sede Apostolica […] insieme con altri libri, che false dottrine,<br />

eretiche, erronee, o scandalose contengono» 2 ) la filosofia <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> è<br />

stata condannata dalla Chiesa e «nella Francia spezialmente fu proibita, e<br />

biasimata; e da molti autori anche <strong>di</strong> varie nazioni impugnata» 3 . Essa,<br />

infatti,<br />

mentem sensim ad impietatem inclinat, machinalis hae philosophia, quam<br />

propterea eru<strong>di</strong>to opere acute nuper, et <strong>su</strong>btiliter oppugnavit Parkerus 4 .<br />

La condanna della filosofia cartesiana è singolarmente decisa, anche se essa<br />

avviene a partire dalle teorie cosmologiche e dalle loro implicazioni<br />

religiose 5 . Va comunque precisato che le Sylvae non contengono<br />

significative annotazioni <strong>di</strong>rette da opere <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>. La conoscenza che<br />

l’abate ha del filosofo francese è dunque in<strong>di</strong>retta e me<strong>di</strong>ata da Valletta,<br />

Huet, De Bene<strong>di</strong>ctis e Cornelio. Di quest’ultimo conosceva sicuramente i<br />

Progymnasmata che cita nelle <strong>su</strong>e opere a stampa. Quello che spinge<br />

Gimma in tale <strong>di</strong>rezione è, come era accaduto per gli Investiganti, un<br />

Spazio infinito dell’Universo, ch’essendo, com’ei <strong>di</strong>ce, immagine dell’Onnipotenza<br />

infinita, non dee riconoscere termine alcuno. Dice, che tutti questi mon<strong>di</strong> sono abitati da<br />

Sostanze <strong>di</strong>verse, e forse migliori della nostra, e che l’interminata ampiezza dell’Universo<br />

sia assistita, e governata da un’anima universale non meno che ciascun mondo dalla <strong>su</strong>a<br />

particolare». La bibliografia bruniana è sterminata. Sul tema dell’infinità dell’univ erso e<br />

della pluralità dei mon<strong>di</strong> cfr. S. RICCI, La fortuna del pensiero <strong>di</strong> Giordano Bruno, 1600-<br />

1750, Firenze, Le Lettere, 1990, e il bel volume <strong>di</strong> A. DEL PRETE, Universo infinito e<br />

pluralità dei mon<strong>di</strong>. Teorie cosmologiche in età moderna, Napoli, La Città del Sole, 1998.<br />

1<br />

G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 493.<br />

2<br />

Id., p. 494.<br />

3<br />

Id., pp. 494-495. E continua poco dopo: «saremo forse <strong>di</strong>spiacevoli a’ Professofi della<br />

Cartesiana filosofia, ci cui più tosto i biasimi, che le lo<strong>di</strong> abbiam posto sotto l’occhio; ma<br />

siamo pur tenuti a mostrare, che la medesima sia derivata da’ fotni impuri italiani, e<br />

spezialmente rigettati; e siccome le opinioni del Bruno, sono ancora dalla Chiesa<br />

condannate, ed alcune altre, che seguir volle il Cartesio; così molti <strong>su</strong>oi libri nell’In<strong>di</strong>ce<br />

Romano si veggono proibiti» (id., p. 495).<br />

4<br />

Ib.<br />

5<br />

Ib.: «molti errori <strong>di</strong> questa filosofia considerati da Tommaso Bonarte inglese, e da altri».<br />

173


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

<strong>di</strong>verso atteggiamento teoretico nei confronti delle scienze sperimentali e<br />

della filosofia corpuscolare dei moderni.<br />

Corpuscolari e platonici vengono messi insieme in nome dell’antica origine<br />

teoretica e geografica. Entrambe le filosofie hanno avuto il loro massimo<br />

sviluppo in Italia, e il platonismo è riconducibile al corpuscolarismo<br />

pitagorico. In connessione le due filosofie Gimma trova nel padre<br />

Emmanuel Maignan 1 .<br />

Gimma ripropone qui la lettura <strong>di</strong> Platone in opposizione ad Aristotele che<br />

era stata proposta, fra gli altri da Valletta. Anche a Gimma questo serve per<br />

ricondurre la filosofia moderna a quella platonica e quest’ultima e accordare<br />

quest’ultima con la religione cristiana. A sostegno <strong>di</strong> questa tesi egli si<br />

appellava all’autorità dei Padri della Chiesa 2 : «vogliono alcuni veramente»<br />

che i gentili, osservando le leggi <strong>di</strong> natura e adorando un solo ed unico Dio<br />

come autore soprannaturale «e sana dottrina insegnando, salvar si<br />

potessero» 3 .<br />

Anche <strong>di</strong> Platone Gimma elenca gli errori commessi in quanto ‘gentile’. Il<br />

<strong>su</strong>o metodo, dove la storia doveva fare emergere, attraverso l’in<strong>di</strong>viduazione<br />

degli errori, gli aspetti vitali <strong>di</strong> ciascuna filosofia, viene applicato anche in<br />

questo caso:<br />

Non fu però creduta priva degli errori la <strong>su</strong>a filosofia, perché fu ancora egli<br />

Gentile, e come <strong>di</strong>ssero Plotino, Porfirio, Jamblico, Siriano, Proclo […], <strong>di</strong>ede pure<br />

il mondo ab aeterno, ed increato, e secondo che narra Apuleio, assegnò una materia<br />

non prodotta, ed incorruttibile; che avesse molto prima del mondo sia da’ secoli<br />

infiniti il <strong>su</strong>o essere, e che le anime nel principio del mondo fossero state prima de’<br />

loro corpi prodotte, anzi eterne, e che va<strong>di</strong>no per le stelle vagando, finchè ne’ loro<br />

corpi introdotte da un corpo all’altro facciano la loro trasmigrazione […]. Così fu<br />

opinione de’ Platonici, seguita da Filone, e dallo stesso Origene, che i cieli sieno<br />

animati, e che il sole, la luna, e le stelle fossero <strong>di</strong> fuoco, che per alimentarsi<br />

1 Id., p. 495.<br />

2 Id., p. 497: «S. Agostino stesso afferma aver letto in alcuni libri de’ Platonici il principio<br />

dell’Evangelio <strong>di</strong> S. Giovanni: In principio erat Verbum; sino al verso: Et tenebrae eam non<br />

comprehenerunt; non colle stesse parole, ma con simili, le quali quanto narra l’Evangelio<br />

per<strong>su</strong>adevano». Poco prima Gimma riferisce l’opinione <strong>di</strong> alcuni secondo il quali, «nel <strong>su</strong>o<br />

sepolcro fu trovato scritto in una piastra in oro: Credo in Christum nasciturum de Virgine,<br />

pas<strong>su</strong>rum pro humano genere, et tertia <strong>di</strong>e re<strong>su</strong>rrecturum» (ib.).<br />

3 Ib.<br />

174


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

avessero bisogno de’ vapori della terra 1 .<br />

La metafisica platonica, riscoperta in Italia da Marsilio Ficino (ed è «a<br />

Marsilio Ficino che è pur data la gloria, <strong>di</strong> averla interamente restituita, e<br />

rinnovata» 2 ), è l’anello <strong>di</strong> congiunzione tra corpuscolarismo antico e<br />

moderno, da una parte, e religione e scienza, dall’altra.<br />

4. La nuova filosofia sperimentale<br />

Anche i platonici, pure inseriti tra i precursori della moderna filosofia, si<br />

sono macchiati <strong>di</strong> alcuni degli errori commessi dagli aristotelici: hanno solo<br />

commentato e tradotto gli autori antichi e si sono impegnati spesso in<br />

<strong>di</strong>spute e speculazioni vane. Solo la nuova filosofia sperimentale ha ar<strong>di</strong>to<br />

proporre una nuova metodologia e nuovi obiettivi alla filosofia 3 :<br />

occupati alcuni moderni filosofi nelle osservazioni, ogni autorità rigettando, se alla<br />

ragione o al senso non corrisponde, hanno una maniera <strong>di</strong> filosofare tutta <strong>di</strong>versa<br />

introdotto, applicandosi a scoprire novità, ed operazioni della natura, che erano<br />

ignote, o ad esaminare quelche gli antichi hanno scritto 4 .<br />

Gimma si attribuisce a merito non piccolo – primo in assoluto – <strong>di</strong> avere<br />

contribuito non poco allo sviluppo della filosofia sperimentale proprio<br />

‘purgandola’ delle favole che ancora la intorbi<strong>di</strong>vano e che aveva trovato<br />

nei testi degli antichi e dei moderni 5 . In tal modo egli ha evidenziata la<br />

congruità e la pregnanza dell’aggettivo ‘nuova’ per questa filosofia ‘italica’,<br />

facendo risaltare le nuove metodologie e le nuove scoperte 6 :<br />

1<br />

Id., pp. 947-498.<br />

2<br />

Id., p. 499. Ficino è indubbiamente un autore importante in queste pagine, al punto che<br />

Gimma si sente in dovere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderlo contro le accuse <strong>di</strong> coloro che ne ricordano le<br />

credenze astrologiche: «scrisse i tre libri De vita, in cui molte <strong>su</strong>perstizioni cavate dalla<br />

<strong>di</strong>vinatrice astrologia si leggono; ma vogliono, che le rigettò tutte, quando vide il libro <strong>di</strong><br />

Pico Mirandolano contro gli Astrologi» (ib.).<br />

3<br />

Id., p. 509.<br />

4<br />

Id., pp. 509-510.<br />

5<br />

Id., p. 510: «niuno accrescimento aveano per ciò ricevuto le scienze naturali per molto<br />

tempo; ma ora tante belle novità si sono scoperte, che è forza confessare essersi più saputo<br />

in uno, che in <strong>di</strong>ece e più secoli. Col mezo della notomia, delle osservazioni, e delle<br />

sperienze, valendosi ancora delle matematiche, scuopre la sperimental filosofia i segreti<br />

della natura».<br />

6<br />

Ib.: «molto hanno ancora giovato le invenzioni de’ microscopi, e <strong>di</strong> altri strumenti ottici,<br />

ed artificiali fatti da’ nostri italiani, tanto necessari a potere ben filosofare, <strong>di</strong> cui eran privi<br />

175


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Michel’Angelo Andreolli […] affermò, che i principi de’ trovamenti moderni, che<br />

ora la fisica adornano, professata da’ neoterici sperimentatori, sono quasi tutti<br />

venuti da’ nostri italiani, che poi osservati dalle Accademie degl’inglesi, de’<br />

francesi, de’ danesi, degli olandesi, ed altre, hanno sopra i gettati fondamenti<br />

italiani innalzate sontuose macchine […] come ha fatto la Società Regia<br />

d’Inghilterra, nella quale se con tante sperienze si è veduto fiorire il celebre<br />

Roberto Boile […] ha avuto i primi motivi da’ nostri accademici fiorentini, che<br />

cinquanta anni innanzi <strong>di</strong> lui avean mostrato colle stampe la tanto celebre forze<br />

elastica dell’aria. Se l’Arveo fiorì, prese i motivi da’ nostri Professori <strong>di</strong> Padova, e<br />

la circolazione del sangue gli fu mostrata da quel gran Paolo Servita; e mostra lo<br />

stesso delle invenzioni nell’Astronomia dopo l’occhialone del Galileo 1 .<br />

Enfatizzando le ra<strong>di</strong>ci ‘italiche’ della moderna filosofia, ponendo <strong>su</strong>llo<br />

stesso piano Bernar<strong>di</strong>no Telesio, Francesco Patrizzi e Galileo Galilei,<br />

Gimma descrive il percorso <strong>di</strong> questa filosofia sperimentale 2 . Galilei<br />

soprattutto che «fu <strong>di</strong> tanta stima appresso i francesi, che alcuni per<br />

solamente vederlo, passarono nell’Italia, e» ci fu chi «andò in Firenze, e<br />

dopo aver per tredeci giorni con somma sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> veri segreti della<br />

natura <strong>di</strong>scorso col Galileo, partì <strong>su</strong>bito <strong>di</strong> ritorno nella Francia, ogni altro<br />

negozio trascurando» 3 .<br />

L’esaltazione <strong>di</strong> Galilei, soprattutto se affiancata alla critica alla filosofia<br />

cartesiana, ci mostra un Gimma inequivocabilmente schierato a favore della<br />

filosofia naturale moderna: egli, attraverso lo scienziato pisano, pone<br />

l’accento <strong>su</strong>l ruolo dell’osservazione e dell’esperienza e <strong>su</strong> una tra<strong>di</strong>zione<br />

che annovera i gran<strong>di</strong> progressi compiuti, tra gli altri, da Torricelli, Castelli,<br />

Malpighi, e Borelli.<br />

Conciliando la filosofia con la me<strong>di</strong>cina e le matematiche, rifiutandosi <strong>di</strong><br />

iurare in verba magistri i moderni hanno potuto «scoprire più tosto gli altrui<br />

errori, e far manifesta la verità delle cose» 4 . Nonostante le critiche dei<br />

veteres, «dell’antichità troppo affezionati», per i quali contrad<strong>di</strong>re gli autori<br />

antichi è un gravissimo delitto, «perlocchè uno scrittore non ha avuto<br />

<strong>di</strong>fficultà <strong>di</strong> deridere la nuova maniera <strong>di</strong> scrivere, e <strong>di</strong> coloro, che van<br />

gli antichi, e col <strong>di</strong> cui mexo la filosofia è <strong>di</strong>venuta sperimentale».<br />

1 Id., pp. 510-511. Il Paolo Servita cui si fa cenno è Paolo Sarpi che, come è noto, aveva<br />

scoperto le valvole delle vene.<br />

2 Id., p. 511.<br />

3 Id., p. 513.<br />

4 Id., p. 515.<br />

176


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

trovando gli abbagli, e gli errori per far vedere, che darsi fede a chi che sia<br />

non si debba», Gimma ritiene che questa sia una posizione minoritaria.<br />

Chiunque abbia pratica «de’ libri, che sono secondo il buon genio del<br />

secolo, e secondo il buon gusto composti», ha ben chiaro che i moderni<br />

filosofi vogliono piuttosto parlare con ‘la lingua della natura’ e della verità 1 .<br />

Le tante polemiche, che pure esistono, all’interno dello schieramento dei<br />

moderni– e Gimma aveva personalmente partecipato ad una <strong>di</strong> esse; mentre<br />

ricorda che «il Travagini me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Venezia», autore <strong>di</strong> una Synopseos<br />

Novae Philosophiae, et Me<strong>di</strong>cinae, era stato attaccato da Henry Oldenburg<br />

per aver teorizzato troppo ar<strong>di</strong>tamente una nuova filosofia me<strong>di</strong>ca legata alla<br />

chimica 2 - non ne inficiano i ri<strong>su</strong>ltati ottenuti soprattutto in asctronomia e<br />

me<strong>di</strong>cina. Sono queste le due <strong>di</strong>scipline nelle quali la filosofia sperimentale<br />

ha dato la migliore prova <strong>di</strong> sé.<br />

5. L’astronomia<br />

La astronomia che l’abate aveva catalogato fra le matematiche 3 , e che era<br />

stata coltivata sin dall’antichità, nel Seicento 4 , aveva fatto «trasecolare il<br />

1 Ib.<br />

2 Ib.: Oldenburg <strong>di</strong>ce «che abbia compsto il <strong>su</strong>o sistema della natural filosofia, col mezo<br />

delle osservazioni e sperienze accomodato a beneficio della vita umana, ed atto a servire<br />

alla me<strong>di</strong>cina, ed alle <strong>su</strong>e arti: che pretende aver fabbricata la <strong>su</strong>a filosofia sopra alcuni<br />

principi certi corporei cavati da’ msiti; benchè da se setessi invisibili; non<strong>di</strong>meno visibili<br />

per la loro contrarietà, e scambievole operazione tra loro, e che gli stessi principi sieno due<br />

sali, che appella acido, ed alcali, da cui si facciano varie composizioni delle cose create; e<br />

tutta la stessa filosofai esponendo, conchiude: an haec philosophia sit nova, facile est<br />

iu<strong>di</strong>catu». Ettmüller invece aveva apprezzato l’opera: «Jo. Bapt. Travagini, qui scripsit<br />

Synopsiu Me<strong>di</strong>camentorum, in fine ad<strong>di</strong>t appen<strong>di</strong>cem fundamentorum philosophiae<br />

experimentalis. Omnia fundamenta <strong>su</strong>nt in acido, et alkali, qui liber est accuratus, et in<br />

chimia singularis» (ib.).<br />

3 Id., p. 631: «nobilissima parte della matematica è l’astronomia, tutta intenta alla<br />

contemplazione de’ cieli, e delle stelle, e giocon<strong>di</strong>ssima altresì per la moltitu<strong>di</strong>ne delle cose,<br />

che considera».<br />

4 Id., p. 636: «il secolo XVII siccome pe le altre scienze, così per l’astronomia fu felice, la<br />

quale ricevè dagli astronomi italiani ben grande accrescimento. Andrea Argoli […] fu<br />

matematico, ed astrologo assai noto per le <strong>su</strong>e Effemeri<strong>di</strong>, e per le altre opere alle dottrine<br />

astrologiche assai utili […]. Francesco Fontana matematico napoletano ed astrologo<br />

celebrato […], pubblicò nel 1696 il libro col titolo Novae caelestium, terrestriumque rerum<br />

observationes, et fortasse hactenus non vulgatae, specillis a se inventis, et ad <strong>su</strong>mmam<br />

perfectionem perductis». Le Novae coelestium terrestriumque rerum observationes,<br />

Neapoli, apud Gaffarm, 1646, furono un testo <strong>di</strong> grande imprtanza per Napoli e per l’Italia.<br />

L’attività <strong>di</strong> Fontana, del resto, aveva improntato gli ambienti scientifici napoletani da molti<br />

177


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

mondo tutto» 1 . Furono soprattutto le scoperte astronomiche <strong>di</strong> Galilei a<br />

stupire i <strong>su</strong>oi contemporanei 2 ; ma Gimma fa emergere la grandezza dello<br />

scienziato pisano cogliendolo nel vivo dei <strong>di</strong>battiti ai quali aveva preso parte<br />

(quello, ad esempio, con «Fortunio Liceto per la luce della Luna, e con altri<br />

aristotelici») e delle ostilità che aveva <strong>su</strong>scitato persino fra i <strong>su</strong>oi emuli. Tra<br />

questi ultimi, Gimma annovera <strong>Descartes</strong>, il quale «mostrò a lui grande<br />

invi<strong>di</strong>a, e tentò invano <strong>di</strong> oscurargli la gloria per le <strong>su</strong>e tanto nobili<br />

invenzioni, ad altri più tosto, ed a’ <strong>su</strong>oi nazionali procurando attribuirle» 3 .<br />

anni e quando Gassen<strong>di</strong>, nel 1635, chiese notizie <strong>su</strong>ll’eclissi lunare ottenne la preziosa<br />

collaborazione <strong>di</strong> parte del mondo scientifico partenopeo, soprattutto <strong>di</strong> Camillo Gloriosi,<br />

Bernardo De Magistris e altri, che utilizzavano il telescopio <strong>di</strong> Francesco Fontana, la cui<br />

casa era <strong>di</strong>venuta una sorta <strong>di</strong> osservatorio pubblico frequentato, fra gli altri, da Tommaso<br />

Cornelio. P. CRISTOFOLINI, Tommaso Cornelio et l’histoire du matérialisme, cit., pp. 336-<br />

337. Fontana pretese anche <strong>di</strong> essere stato il primo ad inventare il telescopio e il<br />

microscopio come scrive in Novae coelestium…, cit., Tractatus octavus de microscopio,<br />

quo minutissima, & quasi inuisibilia, sic augentur, ut clarè, <strong>di</strong>stinctèque conspiciantur.<br />

Caput I. De inventione huius specilli, pp. 145-146: «Inventionem hanc reperi in anno 1618.<br />

duo afferro. Primò, <strong>di</strong>ctum specillum antiquius non esse <strong>di</strong>cto anno. Secundò, me fuisse<br />

inventorem in hac Civitate Neapolitana, in qua haec publici iuris fiunt, limito <strong>di</strong>ctum, quia<br />

ut etiam <strong>su</strong>pra in alia mea inventione teloscopii duarum lentium conuexarum insinuaui,<br />

omnes intellectu, & operatione prae<strong>di</strong>ti <strong>su</strong>mus, atque adeò microscopij inuentio, alibi, citato<br />

anno antiquior potest esse. Quoàd primum patet, quia antea nullum extabat vestigiuni<br />

huiusmo<strong>di</strong> specilli, nec ullus Author (saltem ante recensitum annum) meminerat; <strong>di</strong>xi ante<br />

recensitum annum: nam in anno 1626 […]. 3. Alios testes non afferro tùm quia allatus,<br />

multis aequivalet, tùm quia non dum iis (o lis) contrestata: quandoquidem <strong>su</strong>pra<strong>di</strong>ctus<br />

Author non sibi adscribit, sed inuentionem refert, & fortasse talis inuentionis notitia hinc<br />

ipsi fuit delata. Secundum et constat, quia de hoc tot existunt testes, quot Patres <strong>su</strong>nt, tùm<br />

Societatis Ie<strong>su</strong>, tùm aliarum religionum hic degentes, qui maximo concur<strong>su</strong> ad<br />

inspiciendum sestinabant (o festinabant)».<br />

1 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 637.<br />

2 Ib.: «ha dato notizia <strong>di</strong> stelle quasi infinite <strong>di</strong> <strong>di</strong>ece volte maggior numero <strong>di</strong> quelle, che<br />

prima eran note: che il corpo della Luna sedeci <strong>di</strong>ametri della Terra da noi lontano possa da<br />

noi così vicino essere veduto, come se fosse <strong>di</strong>stante solamente due, in maniera, che il<br />

<strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> essa quasi trenta, la <strong>su</strong>perficie novecento, e’l corpo solo ventisettemila<br />

maggiore appaia <strong>di</strong> quello, che possa coll’occhio solo vedersi: che la luna stessa non sia <strong>di</strong><br />

<strong>su</strong>perficie liscia e pulita; ma ascpra e <strong>di</strong><strong>su</strong>guale, come appunto dquella della Terra piena <strong>di</strong><br />

tumori, <strong>di</strong> gonfiezze, e <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà senza fine: che intorno la via lattea troncò tutte le<br />

<strong>di</strong>fficultà, avendola al senso stesso sottposta: che le stelle nominate nuvolose dagli<br />

astrologie sieno <strong>di</strong> altra natura o sostanza <strong>di</strong> quella, che sin’hora essi tenuto. Ritrovò con<br />

maraviglia quattro pianeti non conosciuti, e tutto ciò col mezo del <strong>su</strong>o occhiale, che quando<br />

sia con ogni esattezza fatto, può rappresentare un’oggetto mille volte più grande, e trenta<br />

volte più vicino <strong>di</strong> quello, che in fatti sia […]. Ful il primo Galileo nel 1610 a <strong>di</strong>scuoprire<br />

quatro stelle appresso il pianeta <strong>di</strong> Giove, che volle chiamare Me<strong>di</strong>cee […]. Molto scoprì<br />

delle macchie solari».<br />

3 Id., p. 638.<br />

178


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Gimma esalta la figura <strong>di</strong> Galilei, che considera inventore della filosofia<br />

meccanicistica, astronomo e scienziato senza pari, filosofo naturale della<br />

massima grandezza. Di Galilei l’abate non può ignorare la <strong>di</strong>fesa del<br />

copernicanesimo. Quando affronta questa questione e quella connessa della<br />

condanna ecclesiastica le pagine dell’abate palesano imbarazzo. La<br />

controversa questione viene posta come se fosse un problema dovuto<br />

anzitutto alla testardaggine dello scienziato pisano:<br />

lo scoglio però, in cui il Galileo urtar volle, fu l’aver voluto <strong>di</strong>fendere l’opinione<br />

del moto della Terra da Nicolò Copernico rinnovata, per cui patì i <strong>su</strong>oi <strong>di</strong>sagi 1 .<br />

Galilei, quin<strong>di</strong>, «questo sistema già dalla Chiesa condannato volle<br />

<strong>di</strong>fendere». Per questo nella Congregazione del 25 febbraio 1616 venne<br />

decretato che il Car<strong>di</strong>nale Bellarmino «e poi il Commissario del Santo<br />

Uficio [gli or<strong>di</strong>nasse] a lasciare questa falsa dottrina, e non insegnarla o<br />

<strong>di</strong>fenderla». Galilei, precisa Gimma, è stato condannato in base a «due<br />

proposizioni […] le quali sono riferite dal P. Giovambattista Riccioli<br />

Gie<strong>su</strong>ita, cioè: 1. Solem esse in centro munti, et immobilem motu locali, est<br />

propositio ab<strong>su</strong>rda, et falsa in philosophia, et formaliter haeretica; quia est<br />

expresse contraria Sacrae Scripturae. 2. Terram non esse centrum mun<strong>di</strong>,<br />

nec immobilem; sed moveri motu etiam <strong>di</strong>urno, est item propositio ab<strong>su</strong>rda,<br />

et falsa in philosophia, et theologice considerata, ad minus erronea in<br />

Fide» 2 .<br />

Gimma, da parte <strong>su</strong>a, ricorre alla storia. Qui trova che questa teoria è stata<br />

fatta propria sia da pagani, sia da cristiani, sia da eretici, sia da religiosi.<br />

Pitagora ne è stato il primo teorizzatore 3 , ma non è stato Copernico a<br />

1 Ib.<br />

2 Id., p. 641.<br />

3 Id., p. 639: «incominciò però la <strong>su</strong>a opinione a mettersi in cre<strong>di</strong>to dopo il 1616 ed allora lo<br />

stesso libro De revolutionibus orbium coelestium del Copernico» venne inserito dalla Sacra<br />

Congregazione perché insegnava «falsam illam doctrinam Pythagoricam, <strong>di</strong>vinaeque<br />

Scripturae omnino adversantem de immobilitate Solis, et mobilitate Terrae». Cfr. anche G.<br />

GIMMA, Silva I…, pp. 279-280: «Fu parere d’Aristarco Samio […], che il Sole fusse centro<br />

dell’Universo, e che la Terra intorno a quello si aggirasse. Questa opinione però non ebbe<br />

gran seguito, venendo da tutti abbracciato il Sistema Tolemaico. Nicolò Copernico però nel<br />

tempo <strong>di</strong> Paulo III, fe’ ri<strong>su</strong>scitare tal’opinione dalle tenebre dell’antichità: dopo la prima<br />

e<strong>di</strong>zione fu ristampato il <strong>su</strong>o libro in Basilea nel 1566, in fol. in Amsterdam nel 1617, in 4.<br />

Parve, che incominciasse ad acquistar cre<strong>di</strong>to dopo il 1616, nel quale al tempo <strong>di</strong> Paulo V,<br />

venne detto libro del Copernico sospeso, in compagnia <strong>di</strong> altri, ed una lettera <strong>di</strong> Paulo<br />

Foscarini maestro Carmelitano, che pretese <strong>di</strong>mostrare che tal’opinione fosse conforme alla<br />

179


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

rinnovare per primo questa opinione: «perché avanti <strong>di</strong> lui da cento e più<br />

anni la rinnovò il Car<strong>di</strong>nal Nicolò <strong>di</strong> Cusa» 1 . L’opinione «che la Terra sia<br />

come una stella, che si muova» fu abbracciata anche da <strong>Descartes</strong> e fu «pure<br />

<strong>di</strong> questa opinione Giordano Bruno Nolano, da cui ha trascritto le cose <strong>su</strong>e il<br />

Cartesio» 2 .<br />

E’ significativo che <strong>su</strong> una questione tanto delicata, Gimma non solo metta<br />

in evidenza questi dati, ma che confuti la teoria copernicana <strong>su</strong>lla base della<br />

in<strong>su</strong>fficienza <strong>di</strong> prove empiriche. Ossia, appellandosi a quel metodo<br />

sperimentale che andava rigorosamente rispettato in ogni ricerca per non<br />

fare rispuntare le favole nella filosofia. In questo egli fa consistere il <strong>su</strong>o<br />

personale apporto al progresso della moderna filosofia sperimentale. In<br />

questo – debbo precisare – traspaiono i limiti della <strong>su</strong>a formazione<br />

aristotelica <strong>di</strong> un empirismo che rifugge da ogni uso dell’ipotesi.<br />

Gimma, in<strong>di</strong>rettamente, continua a credere che filosofia e scienze moderne<br />

possano trovare un terreno <strong>di</strong> conciliazione con la teologia, nonostante i<br />

conflitti che le <strong>di</strong>lacerano. In tutte le <strong>su</strong>e opere questa conciliazione, tra i<br />

ri<strong>su</strong>ltati gran<strong>di</strong>osi della scienza e la teologia, viene perseguita sacrificando la<br />

lettura ‘razionale’ del Sacro Testo. Così, ad esempio, collocherà il Diluvio<br />

verità, e non <strong>di</strong>screpante dalla Sacra Scrittura, e così fu totalmente proibita. Tra gl’Italiani<br />

ancora fu da molti abbracciata, non però vi fu alcuno, che maggiormente si <strong>di</strong>chiarasse <strong>di</strong><br />

Galileo Galilei Fiorentino; che perciò nella Congregazione tenuta li 25 <strong>di</strong> Febraro 1616, fu<br />

decretato, che l’em. Bellarmino gli or<strong>di</strong>nasse, che egli dovesse lasciare la detta dottrina<br />

falsa, e che ricusando <strong>di</strong> ciò fare, dal Commissario del Sant’Officio li dovesse esser fatto<br />

or<strong>di</strong>ne precetto <strong>di</strong> lasciar detta dottrina, e che non potesse insegnarla ad altri, nè <strong>di</strong>fenderla,<br />

nè trattarne: conforme gli fu or<strong>di</strong>nato in presenza <strong>di</strong> Notaro, e Testimoni. Al qual precetto<br />

avendo egli poscia contravenuto con la publicazione d’un libro, che intitolò Dialogo <strong>di</strong><br />

Galileo Galilei delli due massimi sistemi del Mondo, Tolemaico e Copernicano, in Firenze<br />

per il Lan<strong>di</strong>ni 1632, in 4, nell’anno seguente chiamato a Roma fu sentenziato al carcere<br />

formale <strong>di</strong> quel S. Officio per tempo ad arbitrio, e che per tre anni fusse tenuto a <strong>di</strong>re una<br />

volta la settimana i sette salmi penitenziali, ed in età <strong>di</strong> anni 70, ad abiurare, come seguì a<br />

22 Giugno 1635. Dopo la proibizione fu ristampato in più luoghi, e tradotto in Latino». La<br />

fonte <strong>di</strong> Gimma <strong>su</strong> questo tema è La Grillaia curiosità eru<strong>di</strong>te. Di Scipio Glareano,<br />

Accademico Incognito; Geniale; Apatista ed Ansioso, Conte Palatino, etc. All’Illustriss.<br />

Sig. il Sig. Don Antonio Muscetta, in Napoli, per Novello de Bonis, MDCLXVIII.<br />

1 Ib.<br />

2 Id., p. 640: «<strong>di</strong>ssero i pitagorici, che ogni stella sia un mondo, in cui si contengono la<br />

terra, l’aria, e l’etere; e da’ nomi delle stelle i nomi de’ mon<strong>di</strong> ricavano; appellando mondo<br />

solare quello del sole, canicolare dalla canicola, e così delle altre stelle. Pensarono, che tra<br />

loro si comunichino questi mon<strong>di</strong> in maniera, che <strong>di</strong> tutti si faccia un mondo intero, cioè<br />

l’universo […] come narra il Gassendo, ed abbiamo anche ciò riferito tra le opinioni<br />

favolose nelle nostre Dissertazioni».<br />

180


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

in un tempo così antico da poterlo equiparare alle favole prive <strong>di</strong> qualunque<br />

storica testimonianza. Una posizione che emergerà con maggiore evidenza<br />

quando l’abate carmelitano affronterà il problema dei fossili.<br />

6. La me<strong>di</strong>cina<br />

Che la me<strong>di</strong>cina abbia un ruolo centrale per la filosofia e la scienza dei<br />

moderni era emerso già nel Ju<strong>di</strong>cium e negli Elogi accademici. In più era<br />

stato definito l’ampio ambito delle conoscenze del me<strong>di</strong>co. Esso viene<br />

riproposto nell’Idea:<br />

Vasta è certamente la me<strong>di</strong>cina per l’intera cognizione <strong>di</strong> tutti i corpi naturali, e per<br />

l’aiuto <strong>di</strong> molte arti, e scienze, delle quali ha bisogno; acciocchè il me<strong>di</strong>co la natura<br />

delle cose conoscendo, la <strong>di</strong>sposizione delle parti, e la virtù <strong>di</strong> tutto quello, che<br />

nella Terra è prodotto, possa colla <strong>su</strong>a arte recare agl’infermi quel giovamento, che<br />

dal <strong>su</strong>o uficio è richiesto 1 .<br />

Adesso, fuori dalla logica che lo aveva guidato nella <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Musitano e <strong>di</strong><br />

quella del <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto, attraverso le ‘<strong>di</strong>gressioni’ che avevano<br />

caratterizzato gli Elogi, Gimma affronta <strong>di</strong>rettamente il tema della me<strong>di</strong>cina<br />

de<strong>di</strong>cando ad essa un intero capitolo: Della me<strong>di</strong>cina, e della notomia.<br />

Anche per la ‘buona me<strong>di</strong>cina’, egli ritiene che le <strong>su</strong>e conquiste possano<br />

emergere solo dopo che essa sia stata purgata dalle tante favole che le<br />

facevano velo. Per questo conduce il <strong>su</strong>o lettore attraverso la storia e, prima<br />

ancora, attraverso i miti. Per i cristiani essa è stata donata da Dio a Adamo<br />

«coll’intelligenza <strong>di</strong> quanto può l’umana mente capire», e da Adamo era<br />

passata ai <strong>su</strong>oi <strong>di</strong>scendenti e da Noè «a’ vari popoli, che dalla loro famiglia<br />

ebbero il principio» 2 . Per i Greci è stata inventata da Esculapio 3 , che per<br />

primo si era de<strong>di</strong>cato alla cura dei malati «col mezo della sperienza, e della<br />

cirurgia da’ Centauri apparata». Egli non si era curato, però, «<strong>di</strong> porre<br />

qualche stu<strong>di</strong>o a mantener sani gli uomini, e conservagli dalle infermità<br />

lontani» come invece avrebbero fatto i <strong>su</strong>oi figli, Podalirio e Macaone,<br />

1<br />

Id., p. 672.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Id., p. 673: «<strong>di</strong>sse Sorano Efesio: Me<strong>di</strong>cinam Apollo quidem invenis, amplificavit<br />

Aesculapius, perfecit Hippocrates».<br />

181


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

gran<strong>di</strong> eroi e guerrieri oltre che me<strong>di</strong>ci, che parteciparono alla guerra <strong>di</strong><br />

Troia 1 .<br />

Liquidati i miti, Gimma passa alla storia e alla tra<strong>di</strong>zione corpuscolare<br />

risalente ad Ippocrate. A lui riconosce il merito <strong>di</strong> essere stato il padre della<br />

me<strong>di</strong>cina sperimentale e <strong>di</strong> avere dato organicità e or<strong>di</strong>ne ad una <strong>di</strong>sciplina<br />

che fino ad allora si era presentata in maniera caotica, confusa ed oscura.<br />

Ippocrate, ascritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto nella tra<strong>di</strong>zione filosofica corpuscolarista che<br />

risale a Democrito, ha, per questo, un posto <strong>di</strong> assoluto rilievo nella Idea:<br />

fu Ippocrate in tempo <strong>di</strong> Democrito, e vogliono alcuni, che fu <strong>su</strong>o <strong>di</strong>scepolo; anzi la<br />

me<strong>di</strong>cina ippocratica sia democritica, non aristotelica 2 .<br />

Il più grande me<strong>di</strong>co dell’antichità ha dunque avuto il grande merito <strong>di</strong><br />

classificare tutte le malattie che erano state curate a Cos e i me<strong>di</strong>camenti<br />

utilizzati, «<strong>di</strong>mandando ad ognuno ciò che si sapeva delle virtù e proprietà<br />

de’ semplici, e trovando altri libri antichi anche <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina». Ad Efeso,<br />

«dal Tempio <strong>di</strong> Diana tolse copia <strong>di</strong> tutte le ricette, che erano scritte <strong>su</strong> le<br />

tavole <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina, e le or<strong>di</strong>nò e le accrebbe colle <strong>su</strong>e esperienze» 3 .<br />

Ippocrate mise or<strong>di</strong>ne, dunque, nei più antichi precetti, piuttosto che<br />

inventarne <strong>di</strong> nuovi, or<strong>di</strong>nandoli rigorosamente e per questo merita il titolo<br />

<strong>di</strong> «vero padre, e l’inventore» della me<strong>di</strong>cina 4 .<br />

La scienza me<strong>di</strong>ca, però, non si è fermata alla sistemazione ippocratica: essa<br />

ha via via accresciuto le proprie conoscenze con l’estendersi delle<br />

esperienze e con il continuo sorgere <strong>di</strong> nuove malattie «da’ vizi della gola, e<br />

1 Cfr., OMERO, Iliade, II 732. Quel che Gimma non <strong>di</strong>ce è che Podalirio e Macaone<br />

intervengono soprattutto per le ferite nelle azioni <strong>di</strong> guerra, o che talvolta mostrano lesioni<br />

piagate; la loro opera si avvale <strong>di</strong> erbe che leniscono il dolore e arrestano la fuoriuscita <strong>di</strong><br />

sangue, utilizzano cioè una tecnica che prevede già una <strong>di</strong>screta conoscenza dei farmaci e<br />

dell’organismo umano.<br />

2 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 674. Gimma accenna anche alla complessa<br />

questione dell’attribuzione delle opere ippocratiche: «e i libri, che ora si hanno col nome<br />

d’Ippocrate commentati da Galeno, e da altri, sieno <strong>di</strong> molti autori» (ib.). Il problema della<br />

datazione, e dell’attribuzione, delle opere del corpus ippocratico è ancora oggi attualissimo:<br />

i primi trattati ippocratici datano all’incirca al 430-415 a. C. (De prisca me<strong>di</strong>cina), e al 410-<br />

400 (Epidemiae, I, III). Su questo problema, cfr. J. JOUNNA, Hippocrate, Paris, Fayard,<br />

1992, in particolare pp. 527-563.<br />

3 Id., pp. 673-674.<br />

4 Id., p. 674.<br />

182


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

della libi<strong>di</strong>ne cagionati» 1 : sono numerose le malattie che, ignote agli antichi,<br />

sono sorte solo ad un certo punto della storia umana.<br />

Non fu conosciuta da Ippocrate la podagra: vivendo […] Asclepiade si fecero<br />

vedere l’idrofobia ignota ne’ tempi <strong>di</strong> Aristotile, e l’elefantiasi familiare agli egizi<br />

[…]. Si può […] considerare da’ mali degli occhi, il più piccol membro del corpo,<br />

de’ quali assegnò Galeno, o chi sia l’autore dell’Introduttorio, cento e do<strong>di</strong>ci mali 2 .<br />

Il continuo incremento e la <strong>di</strong>versificazione delle malattie comporta<br />

l’incremento anche nell’invenzione dei farmaci: in ogni epoca furono<br />

scoperti vari ritrovati per la cura dei morbi, «ma con tutto ciò essendo<br />

dottrina congetturale, bisognevole ancora <strong>di</strong> lungo stu<strong>di</strong>o, e fatica, sovente<br />

inganna i me<strong>di</strong>ci stessi più periti» 3 .<br />

La me<strong>di</strong>cina, nel corso dei secoli, ha sofferto <strong>di</strong> un male che perdura: il<br />

décalage tra congetture e verifica sperimentale. Le prime non sempre hanno<br />

avuto il carattere della scientificità e, anzi, spesso, hanno as<strong>su</strong>nto la forma <strong>di</strong><br />

favole inventate. Tutto questo, anche e soprattutto, a causa <strong>di</strong> Galeno che<br />

«introdusse nella Scuola Me<strong>di</strong>ca la dottrina <strong>di</strong> Aristotele, come fondamento<br />

della naturale scienza» <strong>di</strong>sprezzando altre <strong>di</strong>scipline importantissime quali<br />

«la pirotecnia, che è il principal mezo <strong>di</strong> accrescere la filosofia, e la<br />

me<strong>di</strong>cina sperimentale» 4 . Da qui le tante confusioni <strong>di</strong> chi come Michael<br />

Ettmüller che non riconosce la grande antichità e il valore della scuola<br />

me<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Salerno – afferma che «gl’italiani lacerano la dottrina d’Ippocrate<br />

nello spiegarlo» 5 – e <strong>di</strong> Van Helmont, per il quale, dai tempi <strong>di</strong> Ippocrate, la<br />

me<strong>di</strong>cina non ha progre<strong>di</strong>to.<br />

È nel XVII secolo, che la me<strong>di</strong>cina dà libero corso alla <strong>su</strong>a vocazione<br />

sperimentale e, come l’astronomia, compie i <strong>su</strong>oi maggiori progressi. Se già<br />

Paracelso, chimico egregio e innovatore della me<strong>di</strong>cina «per l’invenzione <strong>di</strong><br />

ottimi me<strong>di</strong>camenti chimici, si acquistò nome grande» 6 , Van Helmont,<br />

«<strong>di</strong>strusse affatto quel ghiaccio, il quale avea cominciato a rompere<br />

Paracelso» conducendo una strenua battaglia contro la dottrina galenica 7 . Le<br />

1<br />

Ib.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Id., p. 685.<br />

5<br />

Id., p. 684.<br />

6<br />

Ib.<br />

7<br />

Id., pp. 685-686.<br />

183


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

favole che permangono nella me<strong>di</strong>cina, sono, allora, quelle <strong>di</strong> chi, come<br />

Ettmüller la lega ai progressi della chimica. Quest’ultimo ha mancato nel<br />

non sottoporre preventivamente a critica le dottrine dei chimici e degli<br />

alchimisti. Per questo ha mescolato acriticamente il vero e il falso, le favole<br />

dei Rosacroce e la scienza 1 . Quei Rosacroce che, secondo la tra<strong>di</strong>zione che<br />

Gimma accoglie, avevano per primi introdotto in me<strong>di</strong>cina tre elementi<br />

chimici, sale, zolfo e mercurio, sia come principi esplicativi delle malattie,<br />

sia come elementi per ricavare nuovi ‘me<strong>di</strong>camenti’. Avevano però fallito in<br />

quanto non erano riusciti a spiegare «come da quei principi vengano<br />

generati i morbi» 2 . Dopo <strong>di</strong> loro, Paracelso che «molti alchimisti […]<br />

biasimano» 3 e Van Helmont che «in parte seguì Paracelso, ed in parte<br />

inventò molte cose nuove, e non u<strong>di</strong>te» 4 . Le notizie <strong>su</strong> <strong>di</strong> lui e <strong>su</strong>l <strong>su</strong>o<br />

«sistema dell’acqua, come principio», Gimma le ricava da Leonardo Di<br />

Capua. Come già aveva fatto nel caso <strong>di</strong> Valletta, l’abate ricopia intere<br />

pagine dal Parere, senza dare espliciti riferimenti: la spiegazione è in<br />

quell’epiteto, ‘autor proibito’, che, nei due rari casi <strong>di</strong> citazione esplicita,<br />

accompagna il nome <strong>di</strong> Di Capua 5 . Anche in questo caso, l’abate usa<br />

liberamente le <strong>su</strong>e fonti, cattoliche e protestanti. Di Capua, dunque, ma<br />

anche Glisson che <strong>di</strong> Van Helmont ha scritto: «Di forte ingegno, ma<br />

infelice» incapace <strong>di</strong> comprendere le più importanti innovazioni me<strong>di</strong>che 6 .<br />

Gimma non nega che la chimica abbia avuto un <strong>su</strong>o posto <strong>di</strong> rilievo nella<br />

storia della me<strong>di</strong>cina 7 , ma riconosce ad all’anatomia il merito <strong>di</strong> aver reso<br />

nuova l’arte me<strong>di</strong>ca – «l’arte tutta nuova è <strong>di</strong>venuta, e <strong>di</strong>versa da quella<br />

degli antichi» :<br />

Essendosi conosciuta colle osservazioni in gran parte <strong>di</strong>fferente la notomia, e<br />

<strong>di</strong>versi i sistemi così per la medesima; come per la circolazione del sangue, per la<br />

1 Id., p. 686: «mostra dunque Etmullero, che i soli chimici hanno tutta la perfezione dato<br />

alla me<strong>di</strong>cina».<br />

2 Ib.<br />

3 Ib.<br />

4 Id., p. 689.<br />

5 Ib.<br />

6 Ib.: «negat enim circuitum sanguinis, sanguificationem hepatis asserit, lacteas non<br />

agnoscit venas, lymphae ductus ignorat, Lienis humorem acidum in Ventriculum effun<strong>di</strong>t».<br />

7 Id., p. 686: «non vi è dubbio, che si veda molto necessaria alla me<strong>di</strong>cina la chimica,<br />

avendola arricchita <strong>di</strong> nuovi rime<strong>di</strong>, come <strong>di</strong> essenze, <strong>di</strong> estratti, <strong>di</strong> sali, <strong>di</strong> magisteri, <strong>di</strong><br />

spiriti, <strong>di</strong> quinte essenze, <strong>di</strong> tinture, <strong>di</strong> elissiri, e <strong>di</strong> altre preparazioni; e che molto abbia<br />

giovato a far conoscere l’unione, e la proprietà dei misti, e la natura interna de’ corpi».<br />

184


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

generazione dall’uovo, e dal seme, e per tante altre cose nuovamente scoperte;<br />

onde è nata una nuova maniera <strong>di</strong> curare i morbi, e <strong>di</strong> applicarvi anche i rime<strong>di</strong> 1 .<br />

Non è stata, quin<strong>di</strong>, la unione della me<strong>di</strong>cina con la chimica 2 che ne ha<br />

favorito lo sviluppo. È stata, al contrario, la filosofia sperimentale, che l’ha<br />

portata a perfezione: i «me<strong>di</strong>ci tutti dell’Italia, seguaci <strong>di</strong> vari maestri<br />

antichi» as<strong>su</strong>nsero un atteggiamento libero nei confronti della tra<strong>di</strong>zione e,<br />

in nome della la libertas philosophan<strong>di</strong>, presero le <strong>di</strong>stanze da quelle teorie<br />

che avevano bisogno <strong>di</strong> un <strong>su</strong>pplemento <strong>di</strong> indagine, come <strong>di</strong>mostra<br />

«Lionardo <strong>di</strong> Capoa, benchè egli voglia provare altro argomento, che è tutto<br />

<strong>di</strong>verso dal nostro» 3 .<br />

Gimma intende provare che la me<strong>di</strong>cina è rinata grazie all’anatomia,<br />

<strong>di</strong>sciplina sperimentale per eccellenza, e, in <strong>su</strong>bor<strong>di</strong>ne, che tale rinascita, è<br />

avvenuta in Italia dove Paolo Sarpi per primo scopre la circolazione del<br />

sangue 4 , e dove qualche anno dopo «Marco Aurelio Severino più moderno<br />

con filosofica libertà non solo impugnò Galeno, e gli altri antichi; ma fece<br />

vedere manifesti agli occhi <strong>di</strong> tutti, gli errori, che i Greci, gli Arabi, e i<br />

Latini loro seguaci aveano commessi nella notomia; oltre <strong>di</strong> Bastiano<br />

Bartoli, così libero nel filosofare, che con<strong>su</strong>mò l’impresa <strong>di</strong> un novello<br />

sistema <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina» 5 .<br />

E’ così che, nel XVII secolo, l’anatomia conquista decisamente il ruolo che<br />

le spetta nel panorama delle scienze moderne 6 . Gimma cita le due gran<strong>di</strong><br />

scoperte <strong>di</strong> due gran<strong>di</strong> anatomisti: Gaspare Aselli, che <strong>su</strong>ffragando le <strong>su</strong>e<br />

congetture con numerose osservazioni, <strong>su</strong>gli animali scopre le vene lattee,<br />

cioè i «condotti degl’intestini per lo mesenterio <strong>di</strong>sperse, e tutte piene <strong>di</strong><br />

latte», che hanno la funzione <strong>di</strong> far confluire nel sangue «la parte più sottile<br />

del chilo» 7 ; Paolo Sarpi – l’abate tace il nome <strong>di</strong> William Harvey – che,<br />

1<br />

Ib.<br />

2<br />

Ib. Contro la novità <strong>di</strong> questa alleanza fra me<strong>di</strong>cina e chimica Gimma ricorda «gli antichi<br />

egizi, i quali della chimica si hanno inventori (assegnandosi da molti per autore Ermete, che<br />

vogliono essere stato Mosè) tutte le scienze nobili coltivarono, e molto più la filosofia, <strong>di</strong><br />

cui la me<strong>di</strong>cina è assai nobil arte».<br />

3<br />

Id., p. 693.<br />

4<br />

Id., p. 691: scoperta «pubblicata poi dall’Arveo, e più volte [Paolo Sarpi] ne ha scritto<br />

dentro le <strong>su</strong>e opere».<br />

5<br />

Id. p. 693.<br />

6<br />

Id., p. 695. Le novità in anatomia cominciarono «nel secolo decimosettimo, con gloria<br />

dell’Acquapendente».<br />

7<br />

Ib. Il cibo, trasformato dal calore dello stomaco in chilo, viene condotto dall’intestino<br />

185


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

scoprendo la circolazione del sangue, ha segnato la vera e propria<br />

rivoluzione nelle scienze me<strong>di</strong>che 1 . Gimma non era l’unico a voler<br />

ri<strong>di</strong>mensionare la figura <strong>di</strong> Harvey. Questo accanimento contro il me<strong>di</strong>co<br />

inglese era iniziata praticamente in contemporanea con la pubblicazione del<br />

De motu cor<strong>di</strong>s e, nell’ultimo trentennio del XVII secolo, la questione era<br />

ancora al centro <strong>di</strong> <strong>di</strong>battiti, come testimonia il testo <strong>di</strong> Janus Leonicenus<br />

(Johann Nicolaus Pechlin), Metamorphosis Aesculapii et Apollinis<br />

Pancreatici, che attribuisce proprio a Paolo Sarpi la scoperta della<br />

circolazione del sangue e l’osservazione delle valvole delle vene 2 :<br />

Non neghiamo, che abbia l’Arveo potuto col mezo dell’ambasciador veneto<br />

palesare l’invenzione, o più tosto l’osservazione e sperienza da Paolo Sarpa;<br />

imperocchè avendo saputo il segreto, quando fu in Venezia, ed in Padova, ed<br />

avendone poi fatta l’osservazione in Londra <strong>su</strong>a patria, ben dovea accertare quel<br />

tenue e dall’intestino crasso al mesentere e <strong>di</strong> qui attraverso piccoli condotti lattei al fegato.<br />

Il chilo, quin<strong>di</strong>, non viene condotto, come credevano gli antichi, dalle vene meseteriche: in<br />

queste non viene riscontrato neanche il primo principio del chilo. Sono i condotti lattei che<br />

effettivamente ri<strong>su</strong>ltano pieni <strong>di</strong> chilo il quale, una volta trasformato in sangue dal calore<br />

del fegato, viene immesso nella vena cava attraverso la quale il sangue affluisce al<br />

ventricolo destro del cuore.<br />

1 Id., p. 696: «nuova è stata veramente l’invenzione, e fatta da Paolo Sarpa nostro italiano, e<br />

pur l’attribuiscono alcuni, e spezialmente gl’inglesi a Guglielmo Arveo Me<strong>di</strong>co Regio e<br />

Professore <strong>di</strong> notomia nel collegio me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Londra; ma che l’Arveo n’abbia avuto la<br />

notizia da Paolo Sarpa Veneziano, e che da altri italiani sia stata molto prima conosciuta la<br />

stessa circolazione non è cosa da mettersi in dubbio».<br />

2 W. PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…, cit., pp. 426-427, ricorda l’importanza della<br />

figura <strong>di</strong> Fabrici d’Acquapendente per Harvey («l’aristotelismo padovano dovette lasciare<br />

una impressione profonda e duratura <strong>su</strong> <strong>di</strong> lui negli anni formativi, personificato com’era<br />

nel <strong>su</strong>o insegante Fabrici», id., p. 426), al punto che il me<strong>di</strong>co inglese designava il più<br />

anziano me<strong>di</strong>co padovano come <strong>su</strong>a guida <strong>su</strong>bito dopo lo stesso Aristotele. Non per questo<br />

però, come sottolinea lo stesso Pagel, si deve sopravvalutare l’entità effettiva<br />

dell’insegnamento ricevuto da Harvey anche se indubbiamente durante la permanenza a<br />

Padova, Fabrici d’Acquapendente orientò gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Harvey sooprattutto verso il sistema<br />

car<strong>di</strong>ovascolare e verso la generazione degli animali. Negli stessi anni in cui Harvey<br />

stu<strong>di</strong>ava a Padova Fabrici d’Acquapendente era impegnato a preparare per la stampa la <strong>su</strong>a<br />

opera <strong>su</strong>lle valvole delle vene (1600-1602, l’opeva venne pubblicata nel 1603) e fu la<br />

riflessione <strong>su</strong>lla <strong>di</strong>sposizione delle valvole delle vene in relazione al cuore che stimolò le<br />

ricerche del me<strong>di</strong>co inglese. Le valvole delle vene erano già state descritte da altri autori<br />

prima <strong>di</strong> Fabrici, ma questi fu il primo a darne una completa trattazione anatomica. Quel<br />

che sfuggì all’Acquapendente, ma non ad Harvey, fu la vera funzione delle valvole, che è<br />

collegata con la <strong>di</strong>rezione centripeta del fluire del sangue venoso, mentre Fabrici rimase un<br />

<strong>di</strong>fensore della dottrina galenica della <strong>di</strong>rezione centrifuga della <strong>di</strong>rezione del sangue<br />

venoso, dal cuore verso la periferia e le viscere.<br />

186


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

padre, <strong>di</strong> cui era l’invenzione, essergli appunto riuscita la sperienza 1 .<br />

Del resto, le polemiche <strong>su</strong>lla circolazione del sangue erano state numerose e<br />

Di Capua ne aveva enumerato le più importanti:<br />

il Primerosio, […] e’l sottil notomista per altro Riolano il giovine volendosi con<br />

isfacciata trascuraggine all’aggirar del sangue pertinacemetne opporre, smentiti alla<br />

fine, e beffati da tutti più famosi letterati d’Europa, stretti fossero a ricredersi<br />

vergognosamente delle lor follie; e come Vopisco Fortunato Plemplio, pubblico<br />

lettore <strong>di</strong> Lovagno, essendosi in prima gagliardamente contro all’aggirar del sangue<br />

scagliato, <strong>di</strong>chiaritone poi, e sgannatone dal gran Renato delle Carte […],<br />

mandando <strong>di</strong> nuovo più avvedutamente le <strong>su</strong>e opere in istampa, cantasse<br />

finalmente quella celebre Palino<strong>di</strong>a: Primum mihi inventum hoc non placuit: quod<br />

et voce, et scripto publice testatus <strong>su</strong>m; sed dum postea ei refutando, et explodendo<br />

vehementius incumbo, refutor ipse, et explodor: adeo <strong>su</strong>nt rationes eius non<br />

per<strong>su</strong>adentes, sed cogentes 2 .<br />

Quanto a Gimma, egli sottolinea i debiti contratti da Harvey nei confronti <strong>di</strong><br />

Acquapendente:<br />

nel trattato De generatione si <strong>di</strong>chiara, nel fine della prefazione, che volle spiegare<br />

quel che avea scritto Aristotile oscuramente, e quel che avea delineato Fabbrizio,<br />

perché Fabritius ab Aquapendente fabricam pulli in ovo picturis potius osten<strong>di</strong>t,<br />

quam verbis explicare maluit; onde conchiuse aver voluto seguitare Aristotele tra<br />

gli antichi 3 .<br />

1 Id., pp. 696-697. Era questo un luogo comune dell’epoca come viene confermato ancora<br />

da Gimma: «Giuseppe Gran<strong>di</strong> […] tra le altre cose riferisce, che la circolazione del sangue<br />

sia stata prima trovata in Italia. Fabbrizio Acquapendente nell’anno 1579 trovò le valvole<br />

delle vene, e da questo artificio Paolo Sarpa Servita […] dedusse il circolo del sangue;<br />

<strong>di</strong>poi Realdo Colombo Cremonese Anatomico <strong>di</strong> Padova lo confermò; e finalmente Andrea<br />

Cesalpino Romano lo <strong>di</strong>pinse, considerando la gonfiezza delle vene, quando si cava il<br />

sangue dal braccio; onde l’Arveo in Padova quando vi fu scolaro, ed in Venezia imparò<br />

questo trovato, l’adornò poi, e misi più in chiaro».<br />

2 Id., p. 31.<br />

3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 700. «Si vede però aver’egli voluto continuare<br />

le fatiche e le osservazione, le quali non avea potuto perfezionare l’Acquapendente <strong>su</strong>o<br />

maestro, per esser vecchio; anzi col comodo <strong>di</strong> tanti animali, che potè in Londra <strong>su</strong>a patria<br />

aprire, ed osservare, è manifesto essersi applicato a spiegare quelle dottrine, che da’ <strong>su</strong>oi<br />

maestri […] aveva imparate». Non erano mancati, oltretutto, gli avversari «si opposero il<br />

Primerosio […], Riolano il giovine, che poi beffati da tutti i celebri uomini dell’Europa<br />

furono costretti a correggersi; e Vopisco Fortunato Plemplio lettore <strong>di</strong> Lovanio, convinto<br />

dal Cartesio […], ristampando le <strong>su</strong>e opere si ritrattò <strong>di</strong>cendo: primum mihi inventum hoc<br />

187


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Troviamo a questo proposito quin<strong>di</strong> una posizione peculiare dell’abate nei<br />

confronti della scienza, rispetto alla filosofia, e in particolare della me<strong>di</strong>cina.<br />

Se Gimma non aveva mai abbracciato esplicitamente la tesi degli<br />

Investiganti, che sicuramente gli era nota almeno dalla lettura del testo <strong>di</strong><br />

Valletta, secondo la quale la filosofia moderna è la più antica <strong>di</strong> tutte 1 ,<br />

sicuramente non l’aveva neanche mai esplicitamente contestata. In più<br />

occasioni, anzi, aveva ammesso che alcune fra le più importanti scoperte<br />

della filosofia naturale, proprio come le più importanti teorie filosofiche e<br />

metafisiche, erano già presenti negli antichi 2 . Da questo punto <strong>di</strong> vista, la<br />

questione cosmologica dell’eliocentrismo è rilevante perché si presenta<br />

come una questione <strong>di</strong> confine. Gimma non si pronuncia né a favore, né<br />

contro, ma certamente riconduce le teorie cosmologiche <strong>di</strong> Bruno, e del <strong>su</strong>o<br />

‘seguace’ <strong>Descartes</strong>, a quelle <strong>di</strong> Pitagora 3 . Diverso l’atteggiamento che egli<br />

as<strong>su</strong>me quando <strong>di</strong>scute <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. In questo caso, infatti, le congetture<br />

possono essere sottoposte a verifica sperimentale, utilizzando anche gli<br />

strumenti inventati negli ultimi secoli. Il microscopio svela allo sguardo il<br />

campo dell’infinitamente piccolo e sempre più le parti meno visibili del<br />

corpo umano sono conosciute. Il microscopio, ad esempio, aveva<br />

confermato la congettura <strong>di</strong> Vesalio che negava l’esistenza <strong>di</strong> fori nel setto<br />

interventricolare del cuore attraverso i quali il sangue passava da un<br />

ventricolo all’altro. Il grande anatomista belga aveva, infatti, negato che una<br />

minima quantità <strong>di</strong> sangue passasse dal ventricolo destro a quello sinistro, e<br />

queste conclusioni erano state accettate dallo spagnolo Serveto che nello<br />

scritto Christianismi restitutio (1553) aveva per primo proposto la piccola<br />

circolazione come soluzione alla questione 4 .<br />

non placuit, quod et voce, et scripto publice testatus <strong>su</strong>m; sed dum postea ei refutando, et<br />

explodendo vehementius incumbo, refutor ipse, et explodor; adeo <strong>su</strong>nt rationes eius non<br />

per<strong>su</strong>adentes, sed cogentes» (id., p. 701).<br />

1 Cfr., G. BELGIOIOSO, ‘Una certa filosofia nomata comunemente moderna avvegnaché ella<br />

sia antichissima’. Il <strong>di</strong>battito <strong>di</strong> fine Seicento a Napoli, in La variata immagine <strong>di</strong><br />

<strong>Descartes</strong>, Lecce, Milella, 1999, pp. 29-62.<br />

2 Il rilievo che ha la filosofia platonica, e soprattutto quella <strong>di</strong> Agostino, oltre a quella<br />

Aristotelica in<strong>di</strong>cano il grande interesse che Gimma continua a nutrire per le elaborazioni<br />

filosofiche degli antichi. Dalla parte dei moderni c’è invece la scienza. Lo stesso <strong>Descartes</strong>,<br />

ricordato poco sopra, viene inserito in un contesto scientifico che lo connette con le gran<strong>di</strong><br />

scoperte me<strong>di</strong>che e fisiche del ‘600, mentre viene ignorata la <strong>su</strong>a metafisica.<br />

3 Cfr., <strong>su</strong>pra, cap. III, note 90, 91 e 124.<br />

4 Secondo Serveto il sangue, attraverso le arterie polmonari, viene immesso nel polmone in<br />

quantità <strong>su</strong>periore a quella necessaria per alimentarlo; il sangue, dopo essersi mescolato con<br />

188


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Gimma riprende testualmente – in molti casi sembra sposare – le tesi<br />

dell’‘autor proibito’ Leonardo Di Capua. A lui <strong>di</strong>rettamente conviene,<br />

quin<strong>di</strong>, fare riferimento per conoscere lo status quaestionis della me<strong>di</strong>cina 1 .<br />

Il grande filosofo napoletano esalta la figura <strong>di</strong> Paracelso (che «la vital<br />

notomia nella filosofia, e nella me<strong>di</strong>cina felicemente introduceva») e delinea<br />

sinteticamente la grande confusione che regnava nella me<strong>di</strong>cina quando fece<br />

la <strong>su</strong>a comparsa la spagirica 2<br />

Costui [Paracelso] la chimica tutta, <strong>di</strong> cui intendentissimo era, nella me<strong>di</strong>cina<br />

impiegando, con quella, come con utile, e concio strumento i più riposti<br />

nascon<strong>di</strong>gli de’ naturali corpi spiando, co’ rime<strong>di</strong>, ch’egli per iscienza <strong>di</strong> cotal arte<br />

lavorava, anche <strong>di</strong> risanare le più <strong>di</strong>sperate malattie felicissimamente imprese 3 .<br />

Di Capua continua sottolineando i <strong>su</strong>ccessi del paracelsismo in ambito<br />

terapeutico e me<strong>di</strong>co. E questi <strong>su</strong>ccessi oppone ai critici: questa dottrina,<br />

scrive, «o per la nuova, e curiosissima strada al vero filosofare aperta, o per<br />

la piacevolezza, ed efficacia de’ me<strong>di</strong>camenti, o per li buoni avvenimenti<br />

delle malattie sino a que’ tempi <strong>di</strong> niuna speranza giu<strong>di</strong>cata», conquistò in<br />

brevissimo intervallo <strong>di</strong> tempo un gran<strong>di</strong>ssimo numero <strong>di</strong> seguaci 4 . Egli<br />

in<strong>di</strong>vidua i limiti della spagiriga, nel linguaggio involuto, e anzi per<br />

‘enimmi’: molto maggiori «senza fallo sarebbono stati gli avanzamenti delle<br />

<strong>su</strong>e glorie, se a bello stu<strong>di</strong>o non si fosse egli [Paracelso] ingegnato con gli<br />

il pneuma nel polmone, non potendo questa mescolanza intervenire nello spazio limitato<br />

degli atri car<strong>di</strong>aci, torna nel cuore attraverso le vene polmonari. È possibile che Gimma non<br />

fosse a conoscenza della scoperta <strong>di</strong> Serveto, ma è più probabile che abbia deciso <strong>di</strong><br />

ignorarne la paternità vista la pericolosità degli scritti <strong>di</strong> Serveto. Dopo tutto, a conclusioni<br />

identiche ra pervenuto Realdo Colombo – che non aveva alcuna notizia delle ricerche <strong>di</strong><br />

Serveto – il quale però aveva formulato una serie <strong>di</strong> ipotesi ad hoc costruite allo scopo <strong>di</strong><br />

salvare il nocciolo della teoria galenica della circolazione, ma meglio sarebbe <strong>di</strong>re<br />

trasmissione del sangue<br />

1 Ragionamento primo, in L. DI CAPUA, Parere…, cit., pp. 28-33. Noi citiamo dall’e<strong>di</strong>zione<br />

del 1689, mentre Gimma utilizza la prima e<strong>di</strong>zione del 1681<br />

2 L. DI CAPUA, Parere…, cit., pp. 28: «Ma mentrechè più cal<strong>di</strong> infra’ me<strong>di</strong>ci i litigi<br />

bollivamo, ed ecco levarsi <strong>su</strong>so l’ingegnosissimo Teofrasto Paracelso ad appiccar<br />

maggiormente la zuffa; il quale l’antichissimo uso del filosofare già per lungo spazio<br />

tralasciato rinovellando, cominciò attentissimamente, per imprender la cagione de’ naturali<br />

avvenimenti, a legger il voluminoso libro della natura».<br />

3 Ib.<br />

4 Ib.: «E già la fama del <strong>su</strong>o valore per tutto cresciuta, comunemente nella Germania, nella<br />

Francia, ed in altre provincie del mondo Cristiano furono per huomini in iscienza valorosi<br />

le <strong>su</strong>e dottrine abbracciate, ed a gara seguite».<br />

189


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

oscuri enimmi, e volute allegorie, dagli autori della Chimica usate,<br />

d’ascondere, e inviluppare la <strong>su</strong>a dottrina» 1 . Anche da questo erano derivate<br />

le tante contese fra i ‘paracelsisti’, mentre quelle tra soli ‘galienisti’, che<br />

«sovente in se medesimi rivolgendo l’armi, si mordevano a gara l’un l’altro,<br />

e a guisa <strong>di</strong> cani rabbiosi si laceravano» 2 , avevano portato alla crisi della<br />

me<strong>di</strong>cina antica. Quanto a quelle «che Paracelso-Galienisti, e Galieno-<br />

Chimici potrebbono <strong>di</strong>rsi», esse infestavano ancora la me<strong>di</strong>cina 3 .<br />

Accanto alla rivoluzione operata da Paracelso nella me<strong>di</strong>cina, Di Capua<br />

pone quella che si deve a Vesalio nell’anatomia, «huomo certamente degno<br />

d’eterna fama», avvezzo fin da fanciullo a «tagliar topi, ed altri piccioli<br />

animaletti, giunto poi a più grave età, andò più minutamente le parti degli<br />

umani cadaveri spiando, ne ad altra testimonianza dando mai fede, che a<br />

quella, che la propia mano, e i propi occhi gliene davano, chiaro a ciascun se<br />

vedere in quanti errori erano in prima vis<strong>su</strong>ti gli antichi notomisti, e sopra<br />

tutti Galieno; il quale egli tacciò ben <strong>di</strong> centinaia d’errori» 4 .<br />

Vesalio, in anatomia, scar<strong>di</strong>na anch’egli Galeno. Di Capua registra questo<br />

attacco concentrico alla me<strong>di</strong>cina galenica:<br />

Perché strana, e maravigliosa cosa è ad u<strong>di</strong>re, quanto egli [Vesalio] da’ me<strong>di</strong>ci de’<br />

<strong>su</strong>oi tempi perseguitato oltremodo, e oltraggiato ne fosse: e in<strong>di</strong> i romori nella<br />

me<strong>di</strong>cina più, e più s’accrescessero; volendo costantemente alcuni a <strong>di</strong>ritto, ed a<br />

rovescio <strong>di</strong>fendere, e mantenere i manifestissimi falli del lor maestro Galieno,<br />

niente curando <strong>di</strong> trapassar perciò, e d’andar contro al primo, e principal<br />

sentimento <strong>di</strong> lui; il quale più tosto contentavasi <strong>di</strong> corre pericolo d’errare co’ <strong>su</strong>oi<br />

sensi medesimi, che presta ciecamente fede a ciò, che aver ravvisato negli umani<br />

cadaveri gli antichi notomisti ne rapportavano 5<br />

Fra i più fieri, ed ostinati, avversari <strong>di</strong> Vesalio Di Capua ricorda Giacomo<br />

Silvio (Jacques Dubuois), che «sì stizzosamente il morde, e graffia», che il<br />

nome cambiò il nome <strong>di</strong> Vessalio in vesano, cioè pazzo 6 . Tanto o<strong>di</strong>o però<br />

1<br />

Ib.<br />

2<br />

Id., p. 29.<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Ib.<br />

5<br />

Ib.<br />

6<br />

Id., pp. 29-30: le resistenze a Vesalio vengono bene illustrate in queste pagine <strong>di</strong> Di Capua<br />

de<strong>di</strong>cate al primo Silvio che «chiama il <strong>su</strong>o (<strong>di</strong> Vesalio) libro indegnissima, rozza, ed<br />

avviluppata mischianza d’errori, ed abbominevol fogna <strong>di</strong> sconci, e scellerati insegnamenti.<br />

Quin<strong>di</strong> volto a’ lettori con ischiamazzi, e prieghi gli esorta, e scongiura a squarciarlo, e<br />

190


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

non scoraggia i fautori della nuova me<strong>di</strong>cina i quali, «animosi <strong>di</strong>venuti», si<br />

misero «con ogni stu<strong>di</strong>o a seguir la medesima traccia» 1 e favorirono le<br />

<strong>su</strong>ccessive ricerche <strong>di</strong> Gasparre Aselli e William Harvey «il quale pe<br />

universal consentimento <strong>di</strong> tutti i dotti viene annoverato fra’ maggiori, e più<br />

avveduti notomisti dell’età nostra, o delle passate tutte» e «Marcello<br />

Malpighi […] il qual vago <strong>di</strong> novo pregio, così bene esercitare nelle piante<br />

la notomia si vede, che nulla più» 2 .<br />

L’anatomia – che come abbiamo visto as<strong>su</strong>me il valore <strong>di</strong> modello<br />

para<strong>di</strong>gmatico – e la nascente anatomo-fisiologia ne sono la <strong>di</strong>mostrazione<br />

più convincente. Esse hanno portato le conoscenze dell’uomo molto oltre<br />

quello che gli antichi avrebbero potuto <strong>su</strong>pporre. La prospettiva storica del<br />

sapere, consente all’autore <strong>di</strong> delineare un processo cumulativo del sapere,<br />

grazie al quale si possono definitivamente abbandonare vecchie e <strong>su</strong>perate<br />

teorie, e, nel contempo, liberare la me<strong>di</strong>cina dalle favole che ne avevano<br />

impe<strong>di</strong>to lo sviluppo.<br />

Gimma riscrive la storia <strong>di</strong> galenici e paracelsisti per fare emergere come la<br />

me<strong>di</strong>cina avesse progre<strong>di</strong>to via via che aveva fatto prevalere la<br />

sperimentazione <strong>su</strong>lla elaborazione concettuale non provata. La sola<br />

scoperta della circolazione sanguigna aveva comportato la nullificazione<br />

darlo alle fiamme. Priega l’Imperador <strong>di</strong> que’ tempi, ch’all’autore, mostro, come ei <strong>di</strong>ce, <strong>di</strong><br />

sciocchezza, e d’ingratitu<strong>di</strong>ne, esemplo d’arroganza, e <strong>di</strong> scelleratezza, vilmente nato, e<br />

pessimamente nella corte <strong>di</strong> lui allevato, dea acerbo gastigo, anzi l’opprima affatto, e’l<br />

soffochi; acciocchè col <strong>su</strong>o pestifero, ed attossicato spirito non appuzzi, e non guasti il<br />

rimanente dell’Europa tutta. Or che si avrebbe <strong>di</strong> grazia potuta far più, se reo <strong>di</strong> lesa maestà<br />

il miserabile Vessalio stato si fosse, non già del messer maestro Galieno, ma del medesimo<br />

Cesare […]: o se i <strong>su</strong>oi scritti, come que’ <strong>di</strong> Filippo Melantone, o dell’empio Lutero stati si<br />

fossero? Pur tanto poterono appresso lo Imperadore le calunnie, e le <strong>di</strong>ffamazioni<br />

dell’invi<strong>di</strong>oso Silvio, e degli altri ribal<strong>di</strong> Galienisti, che alla fine il Vessalio ne fu<br />

infelicemente dalla grazia <strong>di</strong> quel Principe, comechè per altro giustissimo, tracollato, e dalla<br />

corte licenziato».<br />

1 Id., p. 30.<br />

2 Id., pp. 30-31. Anche Di Capua riven<strong>di</strong>ca un ruolo fondamentale dell’Italia nel progresso<br />

della scienza me<strong>di</strong>ca, insistendo anch’egli <strong>su</strong>l ruolo della scoperta harveyana della<br />

circolzazione sanguigna che sarebbe avvenuta in Italia: «E bene immagino Io liberamente<br />

potersi confessare più maraviglie assai nel breve giro <strong>di</strong> pochi anni essere <strong>di</strong>scoverte, che<br />

nel lungo corso <strong>di</strong> ben trentacinque, o quaranta secoli passati, ne’ corpi degli animali<br />

conosciute se ne siano; senzachè ar<strong>di</strong>sco pure a <strong>di</strong>re, che più monti il solo ritrovato<br />

dell’aggiramento del sangue nella nostra Italia conosciuto in prima, la qual mai sempre (o<br />

somma nostra infelicità) videsi de’ <strong>su</strong>oi parti […] quin<strong>di</strong> in Inghilterra stabilito appieno, e<br />

<strong>di</strong>volgato: che quanto seppe, e potè mai rinvenire, tutta insieme ragunata, e congiunta<br />

l’antichità».<br />

191


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

delle favole che avevano appestato la me<strong>di</strong>cina. Anche le teorie galeniche,<br />

equiparate alle favole, come aveva mostrato Bernar<strong>di</strong>no Ramazzini 1 .<br />

Gimma, seguendo Ramazzini e Vallisneri, insiste <strong>su</strong>l fatto che la scoperta <strong>di</strong><br />

Harvey non è solo convincente dal punto <strong>di</strong> vista teorico ma anche ricca <strong>di</strong><br />

conseguenze:<br />

col mezo delle osservazioni accresciuta la storia della circolazione stessa del<br />

sangue, giugnendo a sapersi, fatto il conto da’ più esperti me<strong>di</strong>ci, e notomisti,<br />

quante volte nello spazio solo <strong>di</strong> ventiquattro ore circoli il sangue per tutto il corpo,<br />

avendo trovato, generalmente parlando, che per ottocento, e più volte passa, e<br />

ripassa 2 .<br />

Con Vallisneri, considera l’uomo macchina ‘animata’ e accoglie, in tal<br />

modo, la tra<strong>di</strong>zione iatromeccanica <strong>di</strong> Santorio, Borelli e Malpighi: gli<br />

uomini non sono<br />

che una pura animata macchina, e farsi in noi, tolte le operazioni dell’anima, tutto<br />

per via <strong>di</strong> una esquisita meccanica degli sforzi, e da’ contrasforzi, e da particelle<br />

attivissime sfiancanti, sempre in moto, e che impeto continuamente fanno, agitata;<br />

onde finalmente secondo l’or<strong>di</strong>ne della natura moriamo; perché si logora il solido;<br />

non perchè manchi il fluido, o l’umido ra<strong>di</strong>cale si con<strong>su</strong>mi, o la fiaccola vitale si<br />

estingua 3 .<br />

Al matrimonio tra me<strong>di</strong>cina e chimica oppone quello tra meccanica e<br />

me<strong>di</strong>cina: «dalle sperienze fatte ne’ corpi soli<strong>di</strong> e ne’ flui<strong>di</strong>, e considerato il<br />

loro sito, la gravità, il moto, e la figura, si è conosciuto quanto le<br />

matematiche veri instrumenti del sapere, sieno necessarie a ben filosofare, e<br />

a scoprire le cose della natura» e soprattutto quanto siano necessarie alla<br />

me<strong>di</strong>cina per esaminare le leggi che la natura adopera così nel grande come<br />

1 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 701: «scoperta la circolazione del sangue,<br />

osserva il Ramazzini, che si scuopriron vane la favolosa famiglia delle facultà, le teorie dei’<br />

morbi, la scelta delle vene nel cavar sangue della creduta potestà della revulsione per mezo<br />

della vena tagliata, e tante altre cose, che si insegnavano dagli antichi».<br />

2 Ib. «Così <strong>di</strong>ce […] Vallisnieri, che mostra ancora essere una gentil favoletta de’ buoni<br />

vecchi quel caldo innato, quell’umido ra<strong>di</strong>cale, quella loro sede nel cuore, e nelle altre parti<br />

sognata; ed essere ri<strong>di</strong>cola quella fiamma vitale, che dell’umido portato dal ventre della<br />

madre si pascoli, come fa la fiamma d’una candela del sevo, o d’una lucerna dell’olio».<br />

3 Ib. Cfr. anche G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, cit., pp. 128-129. Su questo<br />

tema, G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli…, cit., p. 36.<br />

192


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

nel piccolo mondo 1 . L’Ars de statica me<strong>di</strong>cina (1614) <strong>di</strong> Santorio Santorio 2<br />

e il De motu animalium <strong>di</strong> Borelli sono testi para<strong>di</strong>gmatici e all’avanguar<strong>di</strong>a<br />

nella me<strong>di</strong>cina europea: in essi si esaminano con l’aiuto della matematica<br />

«tutte le parti de’ corpi così degli animali nel regno animale, come delle<br />

piante» e anche i minerali e i fossili.<br />

Il felice connubio <strong>di</strong> sperimentazione e matematica ha reso finalmente<br />

possibile spiegare la «macchina ammirabile del corpo dell’uomo, la<br />

composizione delle <strong>su</strong>e parti, e la cagione de’ <strong>su</strong>oi morbi» e in<strong>di</strong>viduare i<br />

rime<strong>di</strong> più adatti ed efficaci 3 . Gimma si sofferma <strong>su</strong>i tre personaggi che<br />

giu<strong>di</strong>ca maggiormente abbiano contribuito al progre<strong>di</strong>re della me<strong>di</strong>cina.<br />

Accanto a loro, descrive una galleria <strong>di</strong> personaggi – Luigi Anguillara,<br />

Michele Mercati, Antonio Vallisneri, Gabriele Fallopio, Fabrici<br />

d’Acquapendente, William Harvey, etc. – che tutti hanno partecipato al<br />

movimento <strong>di</strong> rinnovamento della me<strong>di</strong>cina. Coprotagonisti ai quali spetta<br />

tutta l’attenzione dello storico.<br />

Santorio, capo<strong>di</strong>striano e insegnante a Padova dal 1611 al 1624, amico <strong>di</strong><br />

Sarpi, Fabrici d’Acquapendente e Galilei, per primo aveva felicemente<br />

applicato la matematica alla me<strong>di</strong>cina, partendo dal pre<strong>su</strong>pposto che il corpo<br />

umano altro non è che «una macchina, la quale idraulico-pneumatica<br />

appellano; perché è composta <strong>di</strong> sangue, e <strong>di</strong> spiriti, che hanno luogo <strong>di</strong><br />

principi attivi» e <strong>di</strong> parti solide che a loro volta sono il soggetto passivo e<br />

che si muovono per mezzo dei primi 4 :<br />

Se il cibo dell’uomo <strong>di</strong> un giorno sarà <strong>di</strong> otto libre, per li pori del corpo, e per la<br />

cute traspirano insensibilmente circa cinque libre; per la bocca quasi meza libra, e<br />

questa traspirazione abondantissima nel tempo del sonno si fa al doppio più, che<br />

nel tempo in cui si veglia 5 .<br />

1 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 711.<br />

2 Cfr. <strong>su</strong> Santorio G. GIMMA, Sylva IV…, cit., pp. 568-573.<br />

3 Id., p. 712: «è stata necessaria la scienza della quantità, e della gravità per potere indagare<br />

le forze della natura, e giu<strong>di</strong>care giustamente nelle sperienze».<br />

4 Ib.: «il Santorio scuoprì l’insensibile traspirazione da’ corpi, colla quale tanto si evacua in<br />

un giorno, quanto si possa per quindeci giorni evacuare dal luogo destinato dalla natura».<br />

Metodo quantitativo applicato come si vede con cura da Santorio, e Gimma lo riconosce. In<br />

realtà, anche Galeno aveva fatto uso <strong>di</strong> ragionamenti fondati <strong>su</strong> considerazioni quantitative,<br />

cfr. C. GALENO, Sulle facoltà naturali…, cit., I 17, p. 91.<br />

5 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 712.<br />

193


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Santorio è figura emblematica del me<strong>di</strong>co e del teorico che Gimma<br />

pre<strong>di</strong>lige. Egli ha conciliato l’opinione degli antichi, secondo la quale la<br />

salute è dovuta all’‘eucrasia’ degli umori, e l’as<strong>su</strong>nto meccanicistico che<br />

secondo il quale l’armonia tetraumorale – qualitativa – si esprime in un<br />

equilibrio materiale – quantitativo – tra materia ingerita (cibi e bevande) e<br />

materia evacuata (feci e urine). Il me<strong>di</strong>co padovano aveva sperimentato <strong>su</strong><br />

se stesso, registrando le variazioni del proprio peso corporeo con il metodo<br />

della doppia pesata, e scoprendo così che gli scarti ponderabili non<br />

<strong>di</strong>pendono solo da ingesti ed escreti, ma anche dalla perspiratio insensibilis<br />

che avviene attraverso la pelle e i polmoni. Santorio aveva anche ipotizzato<br />

che questa traspirazione fosse dovuta alla cozione degli umori durante la<br />

veglia e all’impulso degli umori ancora cru<strong>di</strong> durante il sonno, proponendo<br />

la fondamentale innovazione per cui «il ricambio dell’organismo viene letto<br />

in chiave metabolica quantitativa e non più in base a una metabolé<br />

aristotelica <strong>di</strong> tipo qualitativo» 1 .<br />

Giovanni Alfonso Borelli aveva continuato <strong>su</strong>lla via in<strong>di</strong>cata da Santorio<br />

che aveva posto le basi della teoria secondo la quale «la traspirazione [è]<br />

necessaria per potersi conservare la vita dell’animale» 2 .<br />

Se Borelli, Malpighi e Santorio avevano con le loro ricerche contribuito a<br />

fare avanzare la me<strong>di</strong>cina, Luigi Anguillara aveva contribuito a definire<br />

nuovi ambiti della storia naturale. Le <strong>su</strong>e osservazioni, condotte presso<br />

l’Orto dei Semplici <strong>di</strong> Padova 3 , lo avevano indotto, infatti, ad ampliare i<br />

confini della storia naturale, dalle «fonti, de’ minerali, delle pietre […] delle<br />

1 G. COSMACINI, Storia della me<strong>di</strong>cina e della sanità…, cit., p. 155. Cosmacini continua<br />

ricordano che il passaggio «dello sguardo me<strong>di</strong>co da qualitativo a quantitativo ricalca la<br />

svolta metodologica ed epistemologica impressa da Galileo a un sapere scientifico ancora<br />

in equilibrio instabile» e che Santorio offrì il <strong>su</strong>o libro a Galileo con una de<strong>di</strong>ca nella quale<br />

afferma che lo considera <strong>su</strong>o Maestro. Gli stu<strong>di</strong> galileiani <strong>di</strong> termometria e intorno al<br />

pendolo, poi, «ispirano la costruzione da parte <strong>di</strong> Santorio del primo termometro clinico e<br />

del primo pulilogium per la mi<strong>su</strong>razione del polso». Interessanti anche la notazione <strong>di</strong><br />

Cosmacini <strong>su</strong>l «fattore principale del ritardo» del perfezionamento del termometro, fattore<br />

che è <strong>di</strong> «or<strong>di</strong>ne teorico, legato al fatto che fino alla seconda metà dell’ottocento la febbre è<br />

vista come un’entità morbosa autonoma, manifesta attraverso la frequenza del polso e la<br />

debolezza del corpo, non come un fenomeno spia, che meriti <strong>di</strong> essere rilevato e<br />

quantificato me<strong>di</strong>ante mi<strong>su</strong>ra. La febbre è considerata una malattia, non un sintomo: la <strong>su</strong>a<br />

transizione da essenzaa epifenomeno richiederà lunghi tempi e una mutazione concettuale<br />

della teoria delle febbri» (id., p. 156). Cfr., <strong>su</strong>pra Cap. I.<br />

2 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 712.<br />

3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 716.<br />

194


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

piante», alla «varietà degli animali, e <strong>di</strong> tutte le produzioni della natura».<br />

Non le sole piante, come si riteneva costituiscono l’oggetto <strong>di</strong> questa storia,<br />

ma come preciserà Michele Mercati nella <strong>su</strong>a Metalloteca, «[le] Terre, [i]<br />

sali, e [i] nitri, [gli] alumi, [i] <strong>su</strong>ghi agri, e [i] <strong>su</strong>ghi pingui […], [le] pietre<br />

simili alla terra, […] quelle che nascono dentro gli animali, […] quelle <strong>di</strong><br />

una figura, o forma particolare dotate, e [i] marmi» 1 .<br />

È la prospettiva <strong>di</strong> ricerca in cui poi si inseriranno Marco Aurelio Severino<br />

(Vipera Pythia, idest de Viperae natura, veneno me<strong>di</strong>cina, demonstrationes,<br />

et experimenta nova, pubblicato a Napoli nel 1651) e Francesco Re<strong>di</strong> il cui<br />

«Trattato delle vipere si vide tradotto, e ristampato in più lingue» è stato<br />

prontamente tradotto in latino «nell’Effemeri<strong>di</strong> dell’Accademia de’ Curiosi<br />

<strong>di</strong> Natura della Germania» 2 :<br />

qui però avvertire vogliamo, che non solo i professori <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina han voluto delle<br />

cose, che alla naturale historia appartengono, scrivere più libri; ma altri ancora <strong>di</strong><br />

professione <strong>di</strong>versa. Così noi abbiam pubblicato le <strong>di</strong>ssertazioni De Hominibus, e<br />

De Animalibus fabulosis, in cui le favole introdotte nella stessa istoria scuoprire<br />

abbiam voluto, e continuaremo altresì a pubblicare gli altri tomi delle piante, e de’<br />

minerali; e la storia naturale delle gemme, e delle pietre; ed altri <strong>di</strong> varie cose<br />

naturali hanno scritto 3 .<br />

La storia si allarga e si precisa. Non più solo il luogo delle favole, ma anche<br />

quello dei viventi, dei minerali, dei fossili, dei vegetali e degli uomini. Essa<br />

è, propriamente, anche storia naturale.<br />

Al titolo <strong>di</strong> storia naturale, nella <strong>su</strong>a duplice accezione, ha <strong>di</strong>ritto quella che<br />

scrive Vallisneri: egli ‘parla’ attraverso le esperienze, «che vuol <strong>di</strong>re colla<br />

lingua della natura» 4 ; e, attraverso le <strong>su</strong>e scoperte «sopra la curiosa origine<br />

1 Id., p. 717.<br />

2 Cfr. Observationes de viperis Francisci Re<strong>di</strong> nobilis aretini Academici Fufurariorum sive<br />

della Crusca scriptae in literis ad generosissimum Dominum Laurentium Magalotti magni<br />

duci Hetruriae Camerarium ex italica in latinam translatae, in Miscellanea curiosa<br />

Me<strong>di</strong>co-Physica…, cit., t. I, dove Re<strong>di</strong> ricorda che è cosa <strong>di</strong>fficilissima «indagare veritatem<br />

sapissime a mendacio circumventam, & quam multi Scriptores tam antiqui quam moderni<br />

imitantur oviculas illas, de quibus Divinus noster Poeta» (p. 3).<br />

3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 719.<br />

4 Id., p. 735: «Vallisneri […] è tutto […] applicato a’ nuovi scoprimenti, sempre colle<br />

osservazioni, e colle sperienze parlando, che vuol <strong>di</strong>re colla lingua della natura; e <strong>di</strong> molte<br />

novità ha arricchito le scinze naturali, rigettando altresì varie menzogne degli antichi».<br />

L’impegno profuso da Vallisneri «ne’ <strong>su</strong>oi geniali stu<strong>di</strong>» è però, secondo Gimma,<br />

forzatamente con<strong>di</strong>zionato «dal peso delle letture, e della cura degli infermi» oltre che dalla<br />

195


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

degl’insetti» svela la falsità dei «fondamenti <strong>di</strong> coloro, che i nascimenti<br />

spontanei <strong>di</strong>fendono» 1 . Egli ha descritto «la nuova scoperta delle uova,<br />

dell’ovaia, e della nascita delle anguille» e ha mostrato la vacuità della<br />

teoria della generazione spontanea; al ‘vermicoloso’ Nicolas Andry, che nel<br />

1701 aveva pubblicato ad Amsterdam il De la generation des vers dans<br />

l’homme, aveva replicato (Considerazioni ed esperienze intorno alla<br />

generazione de’ vermi or<strong>di</strong>nari del corpo umano fatte da Antonio<br />

Vallisneri) che i ‘vermi’ non «s’ingoiano colle bevande, e co’ i cibi, o<br />

coll’aria stessa, mentre respiriamo», ma che «nascono e vivono, come nel<br />

loro mondo dentro i nostri corpi, e dalle madri si traman<strong>di</strong>no o col latte, o<br />

nell’utero a’ figliuoli». A conferma, il fatto che non vi è animale che «i <strong>su</strong>oi<br />

propri vermi non abbia, né pianta, o parte della pianta, in cui non anni<strong>di</strong>no i<br />

loro vermi, come nel loro mondo particolare», e che non si possono togliere<br />

questi ‘vermi’ dal loro ‘mondo’ senza causarne la morte, poiché li si priva<br />

del loro alimento 2 .<br />

Vallisneri viene valutato per le <strong>su</strong>e ricerche embriologiche e perché ha<br />

contribuito a delineare una tassonomia nuova e più precisa 3 . Non solo.<br />

Importanti sono anche «la bellissima Istoria della generazione dell’uomo, e<br />

degli animali; e l’altra ancora De’ corpi marini, che <strong>su</strong>’ monti si trovano,<br />

della loro origine, e dello stato del mondo avanti il <strong>di</strong>luvio, nel <strong>di</strong>luvio, e<br />

pratica della me<strong>di</strong>cina «a pro spezialmente de’ nobili venendo per la <strong>su</strong>a perizia obbligato»,<br />

ma che lo <strong>di</strong>stolgono dalle <strong>su</strong>e ricerche. Anche a proposito <strong>di</strong> se stesso Gimma lamentava<br />

gli impegni che lo obbligavano a <strong>di</strong>stogliersi dai <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>letti, al punto che dopo<br />

molti anni riuscì ad ottenere la <strong>di</strong>spensa dal <strong>di</strong>re messa e dagli altri obblighi ecclesiastici;<br />

cfr. D. GIUSTI, Vita ed opere…, cit.<br />

1 Id., p. 736. Tra le molte scoperte <strong>di</strong> Vallisneri, Gimma ricorda, «oltre le molte <strong>su</strong>e<br />

osservazioni fatte in varie piante, ne’ minerali, e negli animali, scoprì egli il seme della<br />

lenticola palustre, e ne descrisse la <strong>su</strong>a vegetazione».<br />

2 Ib. Vallisneri, nelle Considerazioni ed esperienze intorno alla generazione de’ vermi<br />

or<strong>di</strong>nari del corpo umano propone <strong>di</strong> risolvere la questione della genesi dei parassiti con<br />

ipotesi preformiste che lo porta a scontrarsi con il francese Andry: Vallisneri teorizza una<br />

genesi dei platelminti contemporanea a quella del primo uomo, per cui Adamo sarebbe<br />

stato il ‘portatore’ dei ‘vermi’. Questi parassiti sarebbero quin<strong>di</strong> passati <strong>di</strong> generazione in<br />

generazione a tutti i <strong>di</strong>scendenti <strong>di</strong> Adamo e non sarebbero, quin<strong>di</strong>, as<strong>su</strong>nti dall’esterno. Per<br />

la lunga e annosa polemica che oppose Vallisneri e Andry, cfr. nota 3 della lettera <strong>di</strong><br />

Vallisneri a Muratori del 7/IV/1710, in A. VALLISNERI, Epistolario, a cura <strong>di</strong> D. Generali,<br />

Vol. I, 1679-1710, Milano, Franco Angeli, 1991, pp. 519-520.<br />

3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 737. Legata a questa nuova tassonomia,<br />

naturalmente, è sempre la ricerca <strong>su</strong>lle origini <strong>di</strong> questi insetti, in particolare «delle pulci<br />

dall’uovo, e del seme dell’alga marina […] del verme del naso, e della caverna della fronte<br />

delle pecore, de’ montoni, e <strong>di</strong> simili animali» che lo scienziato veneto de<strong>di</strong>cò a Gimma.<br />

196


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

dopo il <strong>di</strong>luvio, Lettere critiche colle annotazioni, alle quali si aggiungono<br />

tre altre lettere critiche contra le opere del Sig. Andry francese» 1 . Tra tutte,<br />

Gimma si sofferma <strong>su</strong>lla Istoria della generazione dell’uomo (mentre ignora<br />

l’importante scritto <strong>su</strong>l <strong>di</strong>luvio), fornendone una sintesi illuminante:<br />

nella prima parte <strong>di</strong> quest’opera impugna l’opinione de’ vermi spermatici; nella<br />

seconda <strong>di</strong>fende la sentenza delle uova; e nella terza tratta della sterilità delle<br />

donne, e de’ <strong>su</strong>oi rime<strong>di</strong> prendendosi per guida Ippocrate nel libro, dove tratta De<br />

sterilibus, non mai commendato da nes<strong>su</strong>no 2 .<br />

Vallisneri ha scritto una storia naturale meccanicistica. Da qui la valutazione<br />

dell’abate che guarda con estremo interesse a questo nuovo para<strong>di</strong>gma. Egli<br />

se ne serve per avviare una riflessione <strong>su</strong>lla «generazione degli uomini, e<br />

degli animali dall’uovo» 3 . E’ a Gabriele Fallopio che spetta il merito <strong>di</strong><br />

avere aperto una nuova via in me<strong>di</strong>cina favorendo nuove ‘specolazioni’ e<br />

osservazioni <strong>di</strong> «altre novità ne’ corpi» 4 . Scopritore delle tube, è stato il<br />

primo a stu<strong>di</strong>are le ovaie e le ‘uova’ osservando «quell’umore contenuto<br />

nelle vescichette al bianco dell’uovo» 5 . A partire da questa dottrina <strong>di</strong><br />

Fallopio e da quella dell’Acquapendente nel De formatione ovi et pulli,<br />

Harvey ha poi <strong>di</strong>mostrando che tutte le generazioni degli animali, e degli<br />

uomini si «facciano dall’uovo, e dal seme» 6 . Harvey però per uovo non<br />

intendeva «ovum stricte, et proprie <strong>di</strong>ctum», ancor meno intendeva il<br />

prodotto foeminarum testiculis, che per le tube <strong>di</strong> fallopio arrivano all’utero.<br />

Negli animali vivipari, anche nell’uomo, precisava, c’è un conceptus<br />

1<br />

Ib.<br />

2<br />

Id., pp. 737-738. In quest’opera Vallisneri vuole analizzare «le due principali oppinioni<br />

del secolo, e tutte le altre de’ trasandati filosofi a <strong>di</strong>etro lasciando, cercare se sieno per<br />

avventua apposti al vero que’ savi uomini sperimentatori che hanno donata tutta la gloria<br />

della generazione a certi vermicelli che nel seme de’ maschi guizzano e come in dolce nido<br />

perpetuamente a loro detta soggiornano, ovvero alle uova delle femmine, nelle quali tutta la<br />

macchinetta dell’animale rinchiudasi e aspetti solo il moto o l’urto vitalo o lo spirito del<br />

maschio fecondatore» (A. VALLISNERI, Istoria della generazine dell’uomo e degli animali,<br />

se sia da’ vermicelli spermatici o dalla uova, in M. L. Altieri Biagi e P. Basile, (a cura <strong>di</strong>)<br />

Scienziati del Settecento, Milano-Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1983, p. 19).<br />

3<br />

G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 701.<br />

4<br />

Ib.<br />

5<br />

Id, p. 702.<br />

6<br />

Effettivamente, e a questo Gimma non fa cenno, l’Acquapendente aveva attribuito la<br />

generazione dall’uovo alla maggior parte degli animali, mentre Harvey afferma che ciò vale<br />

per tutti gli animali.<br />

197


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

‘preesistente’ che è solo analogicamente paragonabile all’uovo prodotto<br />

dalla gallina. Nelle piante, l’uovo corrisponde al seme, negli ovipari esso è<br />

propriemente uovo, nei vivipari, dunque, primus conceptus 1 . Data<br />

l’importanza <strong>di</strong> questa scoperta, non c’è da stupirsi se molti, Reiner de<br />

Graaf, Stenon e Swammerdam, il medesimo Francesco Re<strong>di</strong> abbiano voluto<br />

attribuirsene la paternità 2 . Ciascuno <strong>di</strong> loro, in realtà, ha posto nuovi<br />

importanti tasselli <strong>su</strong> questa ‘primitiva’ scoperta.<br />

Malpighi viene ricordato per le scoperte embriologiche e anatomiche 3 :<br />

Ha il primo osservato la struttura de’ i denti, che crescono, e come uno all’altro<br />

<strong>su</strong>ccede: la reticolare struttura della cute, la mirabile fabbrica delle glandole<br />

conglomerate, le glandole vescicolari del pericar<strong>di</strong>o, della pleura, del peritoneo, del<br />

ventricolo degli animali, la sostanza vescicolare e vasculosa del polmone, la<br />

glandolare del fegato, del cervello, della milza; ed ha fatto la sempre lodevole<br />

dell’uovo, e del pollo, e del verme della seta. Da lui abbiamo la particolare struttura<br />

del nervo ottico, la circolazione del sangue nelle rane viventi, le varie linfe, e<br />

<strong>di</strong>versi moti del corpo delle medesime, da cui si illustrano ancora i moti de’ nostri<br />

flui<strong>di</strong>. Ha fatto la <strong>di</strong>ligente notomia della lucciola, e della parte, che luce: del grillo,<br />

della locusta, della talpa <strong>di</strong> Ferrante Imperato; ha scoperta l’origine vera, ed il<br />

corso della linfa, e tante altre cose fabbricate dalla natura negli animali 4 .<br />

1 Cfr., ib.<br />

2 Cfr., id., pp. 702-703: Stenone si vantava con Thomas Bartholin «essere stao il primo […]<br />

a mostrare ciò che fossero gli ovari delle donne, in tutto simili agli ovari de’ vivipari, ed<br />

averne fatta la sperienza ne’ cani, ne’ pesci, nelle vacche […] e nell’asina, in cui trovò più<br />

<strong>di</strong> venti ova […]. Allo stesso Tommaso Bartolino mandò la <strong>su</strong>a invenzione Giovanni<br />

Suammerdamio […] avendo nella figura descritto gli ovari nel loro sito naturale co’ i vasi<br />

spermatici […]. Gran<strong>di</strong> ancora sono state le sperienze notomiche dell’Arveo, che ebbe una<br />

grande abbondanza <strong>di</strong> animali, ed una grande occasione ancora <strong>di</strong> osservare […] onde ha<br />

meritato il titolo <strong>di</strong> nuovo Democrito». Un titolo importante, ma <strong>su</strong>bito dopo la figura <strong>di</strong><br />

Harvey viene ri<strong>di</strong>mensionata poiché «alcuni gli attribuiscono più <strong>di</strong>ligenza nell’osservare,<br />

che nel giu<strong>di</strong>care».<br />

3 Id., p. 708: Malpighi «mostrò la struttura de’ testicoli in casa del Borelli […] ha scoperto i<br />

follicoli ova<strong>di</strong> de’ peli, de’ capelli, e delle penne; ed ha mostrato essere come piante in un<br />

vaso <strong>di</strong> fiori: ha descritta la vera struttura delle unghie, delle corna, e delle veruche: ha<br />

trovato le papille nervose della cute, che sono il soggetto del senso del tatto, e quelle della<br />

lingua, che sono il soggetto del gusto».<br />

4 Ib. E ancora «ha faticato nella notomia delle piante, de’ semi, delle galle, e delle altre<br />

produzioni naturali con tanta perizia e giu<strong>di</strong>zio; ed ha scoperte tante novità non ancora<br />

considerate da altri autori», al punto che si stima, giustamente, un miracolo, «come abbia<br />

potuto un solo virtuoso scoprir tanto ne’ segreti della natura, e scrivere le <strong>su</strong>e opere con<br />

tanta dottrina».<br />

198


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Storico naturale nella nuova accezione gimmiana, egli quando si è de<strong>di</strong>cato<br />

allo stu<strong>di</strong>o della generazione dei pulcini, aveva alle spalle le ricerche <strong>su</strong>lle<br />

piante e <strong>su</strong>i bachi da seta. Ha osservato in questi ultimi, in forma<br />

ru<strong>di</strong>mentale, la presenza delle ali e delle antenne della farfalla; mentre in un<br />

germoglio ha scorto il ‘compen<strong>di</strong>o’ <strong>di</strong> una pianta non ancora compiutamente<br />

rivelata. Malpighi scrive <strong>di</strong> sacchi e vescicole nelle quali si sviluppano le<br />

<strong>di</strong>verse parti: isolate dal resto dell’uovo da membrane che funzionano come<br />

setacci, le vescicole contengono la materia della quale sono formate le parti<br />

dell’organismo. Adattando alla <strong>su</strong>a teoria la concezione gassen<strong>di</strong>ana<br />

dell'attrazione del simile per il simile, Malpighi ritiene che, quando le<br />

vescicole si riuniscono, emerge la struttura dell’animale. Gimma non dà<br />

rilievo alle straor<strong>di</strong>narie micromacchine organiche che, da un punto <strong>di</strong> vista<br />

teorico, influenzarono i contemporanei dello scienziato almeno quanto le<br />

<strong>su</strong>e gran<strong>di</strong> scoperte.<br />

Le scoperte <strong>di</strong> Re<strong>di</strong>, Malpighi e Borelli sono così evidenziate in quanto<br />

hanno fornito alla me<strong>di</strong>cina teorie sottoponibili a prova, e dunque<br />

verificabili. Il dato che dà forza alla filosofia corpuscolare è proprio questa<br />

verificabilità, e dunque possibile confutabilità, delle teorie scientifiche. La<br />

pre<strong>di</strong>lezione <strong>di</strong> Gimma per il modello meccanicistico dell’organismo è<br />

fondata <strong>su</strong> una concezione della filosofia sperimentale apparentemente<br />

lontana da ogni affermazione metafisica. Del resto in questa <strong>di</strong>rezione,<br />

anche <strong>di</strong> recente, si muove chi, magari unilateralmente, insiste <strong>su</strong> questo<br />

aspetto sottolineando che «il più cartesiano degli in<strong>di</strong>rizzi me<strong>di</strong>ci […] la<br />

iatromeccanica, poté in qualche modo affermarsi solo perché gli<br />

iatromeccanici non erano fino in fondo cartesiani convinti» 1 .<br />

1 F. VOLTAGGIO, La me<strong>di</strong>cina come scienza filosofica…, cit., p. 123: «se si scorrono le<br />

pagine del De motu animalium […] <strong>di</strong> Gian Alfonso Borelli […], nonostante l’approccio<br />

decisamente quantitativo e i complicatissimi calcoli compiuti per quantificare la forza<br />

motrice dei muscoli, il principio ispiratore dell’opera, come <strong>di</strong> tutta l’attività scientifica e<br />

professionale <strong>di</strong> Borelli, sia decisamente anticartesiano: principio del moto (e della vita)<br />

degli animali è l’anima, morta la quale, muore (cessa, cioè, ogni movimento) lo stesso<br />

corpo. Insiti in questa tesi sono almeno tre as<strong>su</strong>nti <strong>di</strong> base, nes<strong>su</strong>no dei quali <strong>Descartes</strong><br />

sarebbe stato <strong>di</strong>spost ad accogliere: a) se tutti i corpi vienti, in quanto viventi, hanno moto,<br />

allora essi hanno un’anima, che è causa dei loro movimenti, talchè anche gli animali<br />

devono avere un’anima (essi, dunque, non vanno considerati, come vorrebbe <strong>Descartes</strong>, alla<br />

stregua <strong>di</strong> automi); b) se l’anima è mortale come il corpo, essa <strong>di</strong>venta anch’essa un<br />

momento della res extensa, che ha in sé la <strong>di</strong>visibilità e la corruttibilità, e allora non può<br />

essere identificata con una sostanza <strong>di</strong>stinta e separata dalla materia, qual è la res cogitans;<br />

c) se viene a cadere questa <strong>di</strong>stinzione, viene a cadere anche la sostanziale libertà del<br />

199


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

Gimma mette insieme il modello iatromeccanico <strong>di</strong> Borelli e Cornelio e le<br />

ricerche embriologiche <strong>di</strong> Malpighi, Re<strong>di</strong> e Vallisneri. Il corpo-macchina e i<br />

problemi della <strong>su</strong>a generazione. L’altra questione, sinora rimasta<br />

nell’ombra, quella relativa alla funzione dell’anima nel corpo, sarà<br />

analizzata nel secondo volume delle Dissertationes e nella Fisica<br />

sotterranea.<br />

Per ora, Gimma si espone consapevolmente alle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> una scienza che<br />

si autogiustifica e si fonda <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>a forza esplicativa, sopperendo ad una<br />

metafisica apparentemente assente, con gli straor<strong>di</strong>nari ri<strong>su</strong>ltati ottenuti in<br />

me<strong>di</strong>cina in un tempo relativamente breve e soprattutto grazie alle<br />

pensiero nei confronti della realtà esterna, così come la <strong>su</strong>a capacità <strong>di</strong> avere l’idea <strong>di</strong> una<br />

terza sostanza, o Dio, che operi la me<strong>di</strong>azione tra res extensa e res cogitans». In questo<br />

testo, non privo <strong>di</strong> un certo interesse, F. Voltaggio cerca a più riprese <strong>di</strong> mettere in luce «la<br />

vocazione antifilosofica della me<strong>di</strong>cina del tardo-Seicento, che <strong>di</strong> fatto si risolve in una<br />

contestazione più o meno esplicita del cartesianesimo – in parallelo con la confutazione<br />

ra<strong>di</strong>cale avviatane da Locke in filosofia – sfocia nella ricerca <strong>di</strong> una piattaforma teorica, atta<br />

a salvare le qualità peculiari dei fenomeni vitali, consentendone, nel contempo, una<br />

valutazione quantitativa» (id., p. 126). Questa me<strong>di</strong>cina, vera e propria antifilosofia,<br />

combatte quin<strong>di</strong> una filosofia, quella cartesiana, malata: ‘<strong>Descartes</strong> era una personalità<br />

decisamente nevrotica – <strong>di</strong> una nevrosi <strong>di</strong> tipo compulsivo – contrassegnata da una curiosa<br />

tendenza al misticismo […]. Nonostante questi tratti caratteristici <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> fossero noti<br />

da tempo, solo nel 1937 venne posta una correlazione significativa tra la <strong>su</strong>a personalità e il<br />

<strong>su</strong>o pensiero. In quell’anno, infatti, in un dossier della ‘Revue philosophique’ […]<br />

compariva un saggio <strong>di</strong> Karl Jaspers, ove il grande stu<strong>di</strong>oso elaborava la tesi secondo cui il<br />

metodo cartesiano, nella <strong>su</strong>a pretesa <strong>di</strong> costruire un’interpretazione adeguata della realtà,<br />

sarebbe l’espressione <strong>di</strong> una personalità ansiosa, con spunti allucinatori, afflitta da un<br />

complesso <strong>di</strong> potenza».<br />

200


Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />

aspettative <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> progressi futuri. Quando farà i conti con il problema<br />

metafisico della funzione dell’anima, riterrà conclusa, o meglio marginale,<br />

l’indagine propedeutica <strong>su</strong>l favoloso che ha avuto una parte preponderante<br />

nella Idea e si mi<strong>su</strong>rerà con la storia naturale. L’anima è, infatti, una delle<br />

questioni attinenti a quella più generale della generazione dei viventi. Un<br />

problema, quest’ultimo, che dal 1714, quando lo aveva affrontato per la<br />

prima volta nel primo volume delle Dissertationes non aveva alcuna<br />

connessione con temi <strong>di</strong> natura metafisica. La me<strong>di</strong>cina viene piegata alle<br />

esigenze <strong>di</strong> argomenti e temi nuovi.<br />

201


202<br />

Capitolo 4.<br />

Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale: il ‘vivente’ e la ‘generazione’.<br />

1. La generazione dei viventi: omne vivum ex ovo<br />

Nelle Dissertationes del 1714, che ho già analizzato per la parte <strong>su</strong>lla critica<br />

delle favole riguardanti l’uomo, Gimma era entrato anche nello specifico dei<br />

problemi <strong>su</strong>lla generazione: dopo avere stabilito che la generazione è<br />

possibile dall’uovo – ‘generatio omnis ab ovo’ 1 – egli si era impegnato a<br />

<strong>di</strong>mostrare l’impensabilità della generazione spontanea. Egli aveva anche<br />

passato in rassegna le obiezioni a questa teoria – «ovaristarum inventum non<br />

fuit primum ab omnibus aequo animo acceptum» 2 – mosse da scienziati <strong>di</strong><br />

grande fama e <strong>di</strong> ‘sodo giu<strong>di</strong>zio’ 3 . Tra tutti, mi pare che la posizione <strong>di</strong><br />

Hartmann sia trattata da Gimma come quella che esemplifica la posizione <strong>di</strong><br />

quanti si oppngono alla generazione dall’uovo. Anche in questo caso, le<br />

obiezioni consentono, mi pare, un confronto speculare <strong>di</strong> teorie opposte che<br />

getta luce <strong>su</strong> entrambe e permette alla verità <strong>di</strong> risaltare con maggiore<br />

nettezza.<br />

Hartmann parte da una constatazione piuttosto comune, per contestare poi la<br />

funzione dell’uovo nella generazione: se è vero, come è vero, che i figli<br />

somigliano ad entrambi i genitori, allora il seme <strong>di</strong> entrambi i genitori<br />

concorre alla generazione del figlio e la funzione dell’uvo può essere messa<br />

drasticamente in <strong>di</strong>scussione 4 . Le obiezioni <strong>di</strong> Hartmann sono serie –<br />

1<br />

Cfr. G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, pp. 82-89.<br />

2<br />

Id., p. 90.<br />

3<br />

Cfr. ib per le critiche rivole a Graaf e Malpighi.<br />

4<br />

Id., p. 91: «dantur filii similes patri et matri; ergo utriusque parentis semen concurret ad<br />

generationem […]. Vel similitudo pendet ex seminali materia, vel a spiritu foecondante si a<br />

seminali materia; ergo ab utroque parente vient seminalis materia. Si a spiritu foecundante,<br />

hic spiritus habetur solum ex parte maris; ideo maribus solum deberet assimilari, quod<br />

repugnat experientiae; alias aut non pendet a spiritu foecundante, aut si pendet, hic spiritus<br />

foecundans habetur etiam ex parte matris, et sic mater haberet materiam, ex qua primo<br />

fieret, naberet spiritum foecundantem, uterum, alimentum, sic ipsa sola foetum concipere<br />

posset, et alere».


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

toccano anche un’altra annosa questione, quella dell’ere<strong>di</strong>tarietà o meno <strong>di</strong><br />

certi morbi, e dei caratteri morali degli in<strong>di</strong>vidui – e le risposte <strong>di</strong> Gimma<br />

vanno valutate con attenzione: secondo quest’ultimo, questi motivi non sono<br />

<strong>su</strong>fficienti per rifiutare l’ipotesi delle uova, e per ritenere queste ultime non<br />

necessarie alla generazione: è infatti possibile affermare che la somiglianza<br />

<strong>di</strong>penda dal seme fecondante dell’uomo, dal seme della donna e dalla stessa<br />

materia dell’uovo:<br />

In ovo delineationem partium omnium foetus, et principia <strong>su</strong>ppono, quae a semine<br />

virili, et etiam a muliebri perficiuntur 1 .<br />

Stabilendo un ar<strong>di</strong>to, ma non inesatto, parallelo fra il seme animale e quello<br />

vegetale, che non può svilupparsi e crescere se non nella terra 2 , Gimma<br />

afferma che la madre «praestat materiam in ovo <strong>di</strong>spositam, et a <strong>su</strong>o semine<br />

<strong>di</strong>spositam; ita tamen, quod si a viri seminali aura non irroretur ovum, non<br />

foecundetur». E’ questo che spiega come mai il figlio somigli sia alla madre<br />

sia al padre «ab hoc quidem ope <strong>su</strong>i seminis; ab illa, ope materiae, et<br />

seminis» 3 . Chi ha osservato come avviene il concepimento delle galline, del<br />

resto, conferma:<br />

Videmus gallinam concipere ova, quae a gallo foecundantur, et pullorum alii matri<br />

similes excluduntur, alii patri. Mater dat materiam <strong>di</strong>spositam, scil. ova; pater eam<br />

spiritu seminali foecundat; assimilatur autem patri, aut matri foetus, iuxta maiores<br />

unius, aut alterius seminis vires; nempe iuxta maiorem, vel minorem salis volatilis<br />

geniturae copiam, ex mulierum, aut virorum genitalibus emissam; unde si patris<br />

maius erit sal volatile, filium sibi similem generat; idem de matre 4 .<br />

Problema che si ripropone anche in un’altra tipologia della mescolanza,<br />

quella fra razze <strong>di</strong>verse quando «proles alba ab italo, cum aethiope<br />

haberetur» oppure «nigra ab aethiope cum itala». In questo secondo caso <strong>di</strong><br />

mescolanza, Gimma chiama in causa il ruolo dell’immaginazione nelle<br />

1 Id., p. 92.<br />

2 Ib. : «sic ovum <strong>su</strong>as partes habet delineatas, aptas ad foetum efformandum. Semen matris<br />

illud <strong>di</strong>sponit ad foecundationem; virile semen illud foecundat, et actuat […] ita ut ab ipso<br />

foecundationis actu incipiat augeri ovum, vegetare, et explicare <strong>su</strong>a membra iam delineata,<br />

quae ante foecundationem torpida eran, inefficacia, et fatua: eo pror<strong>su</strong>s modo, quo plantae<br />

semen inefficax est extra terram».<br />

3 Ib.<br />

4 Ib.<br />

203


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

donne gravide 1 . In Sylva I Gimma aveva de<strong>di</strong>cato <strong>di</strong>verse pagine al tema<br />

dell’immaginazione e alla <strong>su</strong>a influenza <strong>su</strong>l corpo, in particolare aveva<br />

ricopiato e annotato, dalla Miscellanea dei Curiosi della Natura 2 , il<br />

paragrafo intitolato Imaginatio, et Phantasia in Gravi<strong>di</strong>s, che poneva una<br />

stretta correlazione fra il corpo e le perturbazioni dell’animo.<br />

Hartmann si chiedeva anche - è questa forse la questione più delicata -<br />

quando e in che modo si formano tutti quegli organi che non appartengono<br />

alla madre 3 . Gimma riteneva che per spiegare il fenomeno non fosse<br />

necessario abbandonare il ‘para<strong>di</strong>gma ovulare’: nell’uovo i membri in<br />

questione sono «omnia impolite, et crasse delineata»; e, inoltre, gli organi<br />

genitali femminili sono consimili a quelli maschili 4 . Comunque, è il seme<br />

maschile a prevalere nella formazione del sesso del feto, a seconda della<br />

quantità maggiore o minore <strong>di</strong> sali rispetto a quello femminile 5 .<br />

1 Id., p. 94: «sic mater gravida in civitate Virgilianorum, quae in nostra Apulia sita est,<br />

perterrita ob vi<strong>su</strong>m piscem magnum prope maris littus anno 1671 filium squammis toto<br />

corpore contectum peperit, excepta facie, et pene».<br />

2 Cfr. G. GIMMA, Sylva I…, cit., pp. 169-170. Le fonti sono le Observatio LXXXIII. D.<br />

Simonis Scholzi. Terror praegnanti faetui lethalis, in Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-<br />

Physica…, t. II, p. 158 e Observatio LXI. D. Simonis Scholzi. Phantasia et terror in gravida<br />

faetui valde noxia, in id. pp.118-120: «Simon Scholzius Observ. 83, Ephem. German. Tom.<br />

2, refert <strong>su</strong>am mulierem praegnantem au<strong>di</strong>to signo campanae in<strong>di</strong>cantis incen<strong>di</strong>um in<br />

quadam urbis domo, inopinato metu percellitur; post aliquot tamen <strong>di</strong>es perfectum<br />

peperisse, cuius totum sinistrum latus a capite usque ad calcem colore flammeo<br />

conspiciendum erat; post aliquot horas vero filium periisse. Idem observ. 61, refert<br />

mulierem quandam perterritam ex improviso acces<strong>su</strong> cuiusdam viri, cui manus utraque<br />

curva erat, paucis <strong>di</strong>ebus elapsis filiolum curvis manibus, et pe<strong>di</strong>bus peperisse. Marcus<br />

Marci a Kronland in lib. 1 Idear. operatric. Idea, cap. 4, refert de <strong>su</strong>a cognata gravida,<br />

quae, cum sibi prohiberetur a marito e<strong>su</strong>s cuiusdam pomi agrestis, ne noxam inferret,<br />

pomum cupitum animo volutavit. Soluta partu filium peperit cum notis pomi. Et licet ex<br />

arte exhibitis ligaturis petiolo inarescente postea deciderit semper tamen cicatrix remansit.<br />

Idem de alia mercenaria, quae Pragae: avide de capite carpionis piscis comederet, cunque<br />

obiurgaretur, pudore affecta in patinam reiecit ambe<strong>su</strong>m piscem. Surrexit lacrymabunda,<br />

tristis, et caput cubito innixa assiduo piscem illum cogitabat. In partu postmodum e<strong>di</strong><strong>di</strong>t<br />

infantulum, cuius caput non pror<strong>su</strong>s humanum, sed ex <strong>di</strong>mi<strong>di</strong>o piscem referens vi<strong>su</strong>m; illa<br />

nimirum parte, quae cubito matre innitente fuerat compressa, ita ut ip<strong>su</strong>m quoque os in duo<br />

semiora, in partesque ori humano, et quale carpioni similes <strong>di</strong>videretur, quin et color<br />

cyaneus, et squammarum similitudo eidem inesset. In causas, cur tantae mutationes in<br />

foetibus fiant, exquirit Marcus Marci loco cit. […], quomodo praegnantis imaginatio<br />

alicuius rei ardenter appetitae stigma eiusdem rei imprimere valeat?»<br />

3 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, p. 94: «quando mares procreantur, quis<br />

penis, testium aliarumque partium, quas faeminae non habent, configurationem de<strong>di</strong>t?»<br />

4 Ib.<br />

5 Id., p. 95: «ita ut si viri maior erit copia salis volatilis in semine, filium sibi similem<br />

efficiet; nempe ovum accipiet maris formam: si maior erit copia in semine matris, ovum<br />

204


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

La soluzione proposta a questa ultima questione, secondo Gimma, non può<br />

essere rifiutata né dagli antichi, né dai moderni. Essa, posso aggiungere, è<br />

effettivamente sottile 1 : vi traspare l’intuizione della funzione<br />

dell’‘l’informazione’ nella formazione del feto e quella degli apporti che<br />

alla me<strong>di</strong>cina possono venire dalla ‘chimica’. Quanto alla tesi della<br />

corrispondenza tra organi genitali maschili e femminili, non vi era, da parte<br />

dei moderni, identità <strong>di</strong> vedute. Reiner de Graaf, ad esempio, la riteneva<br />

ri<strong>di</strong>cola 2 , altri la <strong>di</strong>fendevano portando a sostegno la funzione del clitoride 3 :<br />

Mater potest dare conformationem, licet incultam, et rudem partium virorum in<br />

ovo, et <strong>su</strong>o etiam semine. Pater eandem perficere poterit <strong>su</strong>o semine; quia eius<br />

seminis spiritus est formator foetus, ut ait Dolaeus, sive architectus, ut inquit<br />

Bartholinus […]. Mater igitur praestat materiam aptam ad formas <strong>di</strong>sposita, nam<br />

materia est tanquam cera ad omnes formas <strong>di</strong>sposita, imo praestat materiam, non<br />

modo <strong>di</strong>spositam, sed crasse delineatam formis ipsis, quas virile semen perficere<br />

habebat formam seminae: alias non solium mater non posser dare formas partium, quas non<br />

habet, nempe penis, et testium, sed neque pater dare potest patres, quibus caret, vulvam<br />

nempe, uterum, et alia».<br />

1<br />

Ib.: «haec sententia nec veterum, nec ovaristarum sententiis regugnare videtur, et quae<br />

mox <strong>di</strong>xi, sequentibus explico».<br />

2<br />

G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 145: «ri<strong>di</strong>culum plane est quod aliqui partem illam<br />

masculorum peni ita correspondere velint, ut, quae in viris foris, illa in foeminis intus<br />

collocanta sint; ri<strong>di</strong>culum <strong>di</strong>cimus, quia nullam omnino cum pene similitu<strong>di</strong>nem habet».<br />

Cfr. anche G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, p. 95, dove all’autorità <strong>di</strong> Graaf<br />

agginge Caspar Bartholin il quale «errorem esse ait, quo falso hactenus putatum fuit, partes<br />

mulierum genitales virorum partibus analogas fuisse, cum tamen ova in ovariis mulierum<br />

soltertia detexit».<br />

3<br />

G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 112: «Aliis Tentigo, aliis virga vel penis muliebris, tum<br />

quia penis similis est situ, <strong>su</strong>bstantia, compositione, spirituum repletione, et erectione; habet<br />

item aliquid glan<strong>di</strong> simile, et praeputio, tum quia in quibusdam excrescit in magnitu<strong>di</strong>nem<br />

penis, adeo ut penis virilis loco». Questo tema offre anche il destro a Gimma per accennare<br />

a quelle deformità naturali che influenzano poi non solo la morale ses<strong>su</strong>ale, ma persino la<br />

salute mentale della donna: «Clitori<strong>di</strong>s inventores se faciunt Fallopius, et Columbus.<br />

Demonstrat Riolanus […], Clitoridem veteribus Anatomicis Nymphae nomine cognitam<br />

fuisse. Praeternaturalis Clitori<strong>di</strong>s magnitudo deformitatem, pudorem, atque molestiam<br />

<strong>su</strong>mmam mulieribus or<strong>di</strong>narie procreat, quatenus vestimentis, inter ambulandum aut<br />

domestica munia obeunda, attritu ita eas ad libi<strong>di</strong>nem irritat, ut quasi dementia captae<br />

volentes nolentes in viri amplexum ruant; imo quod horribilius est, virorum ad instar cum<br />

aliis mulieribus coeant, ac mutuis coitibus tam incubis quam <strong>su</strong>ccubis sese polluant». Sulla<br />

tra<strong>di</strong>zionale relazione tra <strong>di</strong>sfunzione dell’organo ses<strong>su</strong>ale femminile e salute mentale cfr.<br />

S. VEGETTI FINZI, Ninfomania: tempo e mito della ses<strong>su</strong>alità femminile, saggio introduttivo<br />

a J.-D.-T BIENVILLE, La ninfomania ovvero il furore uterino, a cura <strong>di</strong> Andrea Gloria<br />

Michler e Silvia Vegetti Finzi, Venezia, Marsilio, 1986.<br />

205


debet, et <strong>su</strong>o spiritu vivificare 1 .<br />

Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Quanto questo tema fosse importante, e quanto fosse effettivamente<br />

complesso lo mostra lo spazio che Gimma gli de<strong>di</strong>ca nelle Dissertationes,<br />

dove ben due capitoli, IV e il V, sono de<strong>di</strong>cati al problema del seme delle<br />

femmine e al ruolo che svolge nella fecondazione dell’uovo 2 . Ancora una<br />

volta, Gimma enumera le varie opinioni a partire dalle più antiche sentenze<br />

intorno alla generazione 3 . I pre-aristotelici ritennero che fosse l’uomo a<br />

somministrare la totalità del seme necessario alla formazione del feto,<br />

mentre la femmina avrebbe avuto solo l’‘incombenza’ del luogo, dove il<br />

feto si forma. Essi ritennero, dunque, che il seme maschile fosse composto<br />

da tutte quelle parti che sono necessarie alla corretta formazione del corpo<br />

umano 4 . I galenici che il feto fosse formato dalla commistione del seme<br />

maschile e <strong>di</strong> quello femminile 5 . Dottrina che gode ancora <strong>di</strong> grande favore:<br />

«haec opinio viget adhuc, et magnos, atque clarissimos habet sectatores<br />

aliquos» 6 . I recentiores insegnano che le femmine racchiudano dentro <strong>di</strong> sé<br />

delle uova, «que <strong>su</strong>nt omnis generatione principia» 7 . Il seme maschile<br />

feconda l’uovo, avvolto nella stessa membrana che avvolge il feto nella <strong>su</strong>a<br />

vita intrauterina 8 . I sostenitori <strong>di</strong> questa opinione «<strong>di</strong>cunt ideo mulierem<br />

1 Id., p. 96.<br />

2 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, pp. 100-101. Id., p. 100: «ad hanc<br />

quaestionem enodandam, plura quae <strong>di</strong>xi in praecedenti capite cum iis, quae adducam in<br />

praesenti, essent coniungenda».<br />

3 Ib.: «in explicando generationis, seu animalium procreationis opere non omnes quidem<br />

conveniunt; cum enim sit naturae opus <strong>di</strong>fficillimum, <strong>di</strong>versam de<strong>di</strong>t <strong>di</strong>sputan<strong>di</strong> rationem».<br />

4 Ib.: «prima, quae vetustissima est, quamque primi philosophi secuti <strong>su</strong>nt, existimavit<br />

<strong>su</strong>bministrari a viro totum semen necessarium ad formandum foetum, a foemina vero<br />

locum, ubi formabitur. Dixerunt ideo foeminam esse, quasi fertile quoddam solum, quod<br />

bonum afferet fructum, si bonum semen, sibi committatur. Semen viri compositum esse ex<br />

omnibus partibus, quae ad humani corporis conformationem <strong>su</strong>nt necessariae. Muliebre<br />

semen vero nihil esse». Gimma ha ragione. Eschilo ha scritto: «non è la madre, no, quella<br />

che crei, come si <strong>di</strong>ce, la <strong>su</strong>a creatura; ma nutrice, e non più, del nuovo seme. Solo chi getta<br />

il seme è il genitore; lei serba, ospite all’ospite, il germoglio, quando non l’abbia un<br />

demone <strong>di</strong>sperso. E ti darà prova <strong>di</strong> quanto <strong>di</strong>co: è padre alcuno, pure senza madre; l’attesa<br />

qui la figlia dell’Olimpio, che né buio <strong>di</strong> viscere nutriva, né dea fiorirà mai <strong>di</strong> tale virgulto»<br />

(ESCHILO, Eumeni<strong>di</strong> in Orestiade, a cura <strong>di</strong> L. Traverso, Milano, Longanesi, 1971, p. 186).<br />

5 Id.,p. 101: «secunda sententia est, quod foetus ex virilis, et muliebris seminis<br />

commixtione efformetur».<br />

6 Ib.<br />

7 Ib.<br />

8 Ib.: «ovum foecundari aiunt a virili semine, cujas <strong>su</strong>btiliores partes, spirituosae nempe, et<br />

volatiles in vapores per tubas usque ad ovaria excitantur, et membranam penetrant ad illud<br />

206


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

<strong>su</strong>bministrare semen, ex quo fit infans, locum, in quo formatur, et<br />

sanguinem, quo nutritur. Virum vero inhil conferre ad generationem, quam<br />

<strong>su</strong>i seminis spiritus, quibus foeminae semen vivificatur, et foecundatur» 1 .<br />

La quarta opinione è quella del medesimo Gimma e ri<strong>su</strong>lta da una<br />

conciliazione della seconda e della terza:<br />

sicut enim <strong>di</strong>cebam […] ovum, et foemineum semen, et semen maris in generatione<br />

requiri opinor; ita ut ex crassiori semina foemineo ovum fiat, spirituosius aliud a<br />

foemina eadem excernatur in venereo actu, quod ovum <strong>di</strong>sponat, ut foecundetur; et<br />

virile semen ovum ip<strong>su</strong>m foecundet. Unde cum tertia sententia <strong>di</strong>co ovum semen<br />

esse foeminae, et feminis concedo semen cum secunda sententia, non tamen eo<br />

modo, quo ab aliis admittitur. Nego semen viri esse materiam foetus, ut primi<br />

<strong>di</strong>cebant, quia materia <strong>su</strong>fficiens est ovum, ut aiunt tertii 2 .<br />

Il seme maschile, o meglio lo ‘spirito’ del seme, è necessario alla<br />

fecondazione dell’uovo, mentre quello femminile, anche in questo caso,<br />

propriamente il <strong>su</strong>o spirito, è in<strong>di</strong>spensabile per pre<strong>di</strong>sporre l’uovo ad essere<br />

fecondato. Le ovaie, altrimenti definite foeminis testes, servono ad<br />

‘elaborare’ il seme «et in testibus ova reperiri necessaria ad generationem»,<br />

cosicchè non è con<strong>di</strong>visibile l’affermazione <strong>di</strong> Hoffmann secondo il quale le<br />

ovaie femminili non sono altro che «cadavera testium» 3 . Ricapitolando,<br />

oltre all’uovo, la femmina ha un altro seme più ‘spiritoso’, che si separa<br />

nell’atto venereo e che <strong>di</strong>spone l’uovo, affinchè venga fecondato dal seme<br />

vivincandum; et ita foecundatum per tubam illabi utero, et ex eo formari infantem.<br />

Membrana, quae ovum format, et quae semen illud continet, eandem esse, quae foetum<br />

involvit, quam<strong>di</strong>u, intra uterum latet, et esse eam, quam foetus <strong>di</strong>srumpit, ut egre<strong>di</strong>atur».<br />

1 Ib. «Dicunt igitur recentiores tertiae sententiae foeminas non habere semen, nisi in ovo,<br />

quod semen foemineum sit; ita quod ovaria ova <strong>di</strong>sposita ad maturitatem usque conservent.<br />

Negant a foermina semen emitti; sed potius liquorem seminale, ut aiunt illi primae<br />

sententiae, qui per ductus vaginae uteri, et partium vicinarum expurgata <strong>di</strong>ci possit pollutio,<br />

et ad cavitatem uteri non vadat, nec a testibus detineri possit. A prima, et secunda sententia<br />

alia mutuantes, alia negantes, <strong>di</strong>cunt testes foeminarum non vere testes esse; sed ovaria;<br />

quatenus ova continent, non quond semen conficiant. Concedunt cum secunda sententia,<br />

causam efficientem foetus esse virum, et mulierem; hanc tamen ovum praestando, illum<br />

foecundando, foeminam active concurrere; alias non assimilaretur foetui; effectus enim ipsi<br />

causae operanti principaliter debent assimilari» (id., pp. 101-102).<br />

2 Id., p. 102. «Non esse pror<strong>su</strong>s rejiciendam secundam sententiam jam explicatam; neque<br />

tertiam ovaristarum, et utramque admittendam existimo, nonnullis tame explicatis, et<br />

conciliatis».<br />

3 Ib.: «in iis elaboratur semen foemineum <strong>su</strong>o modo, quo semine, sine viro ovi materia<br />

componitur, ut a viro foecundetur».<br />

207


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

maschile 1 . Ri<strong>su</strong>lta chiaro che secondo Gimma tre cose si richiedano per la<br />

generazione, cioè l’uovo, il seme della femmina, e quello del maschio. In tal<br />

modo, dal seme della femmina più grossolano si fa l’uovo, da quello più<br />

‘spiritoso’, che si separa nell’atto venereo, si <strong>di</strong>spone l’uovo, che infine<br />

viene fecondato dal seme maschile. Come si vede, Gimma si rifà alle due<br />

sentenze dei moderni, tentando una conciliazione tra chi identificava e chi<br />

negava che l’uovo fosse il seme della femmina 2 . Gimma nega, comunque,<br />

che il seme dell’uomo sia materia del feto e, anzi, spiega in cosa consista la<br />

perfezione e l’imperfezione del seme tanto nella donna quanto nell’uomo 3 .<br />

Chiarisce poi ulteriormente la <strong>su</strong>a posizione a proposito del seme, dei<br />

testicoli e dei vasi nella femmina, <strong>di</strong>scutendo l’opinione contraria <strong>di</strong><br />

Ettmüller 4 , <strong>di</strong> Graaf, Riolan, Cornelio 5 . La <strong>su</strong>a soluzione ha il pregio <strong>di</strong><br />

essere applicabile a tutto il regno animale e persino a quello vegetale<br />

1 Id., p. 103: «sic non duo semina foeminis tribuo, sed unum, nempe idem semen», <strong>di</strong><br />

natura più grossolana «quidem pro ovo efformando, quod bene habebit portionem spiritus,<br />

et hoc est semen, concentratum in ovo, quod ita appellat Ettmullerus: spirituosius vero<br />

magis elaboratum a <strong>su</strong>o fermento, et in <strong>su</strong>is vesciculis porpriis, pro ovo <strong>di</strong>sponendo ad<br />

foecundationem in actu venereo; et hoc semen excitatur in coitu, et miscetur cum semine<br />

virili».<br />

2 Cfr. Articolo V, in Giornale de’ letterati d’Italia tomo ventesimoprimo. Anno MDCCXV<br />

sotto la protezione del Serenissimo Gio. Gastone, Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia,<br />

MDCCXV, appresso Gio. Gabbriello Ertz, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, e con privilegio anche<br />

<strong>di</strong> N. S. Papa Clemente XI, pp. 181-182.<br />

3 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, p. 104: «sic foeminis semen concedo, et<br />

illud <strong>su</strong>o modo perfectionem habere, et imperfectionem: perfectionem nempe, quod aliquid<br />

tribuat conceptui: imperfectionem, quod conceptum non possit, nisi virtute virilis seminis,<br />

eiusque spiritus prolifici pervicere. Ita perfectum virile semen <strong>di</strong>ci poterit, quia materiam<br />

<strong>di</strong>spositam, seu ovum perficit, et actuat: imperfectum, quia foetum producere nequit ex se.<br />

Si praeter ovum foemina semen non <strong>su</strong>bninistraret, non posset ovum a viro foecundari; e si<br />

ovum cum semine concentrato <strong>su</strong>fficeret, posset quoque foecundari a viro, si esset extra<br />

uterum».<br />

4 Id., p. 105: «Ettmullerus, qui sequitur communem ovaristarum sententiam […] falsissima<br />

esse ait, foeminarum testes, vasa praeparantia, similemque apparatum non esse ad alium<br />

u<strong>su</strong>m destinata, quam ad generationem seminis <strong>su</strong>i generis, quo in mixtione cum semine<br />

virili in utero semen foecundum faceret; quod quidem aquosius sit, quam virorum, cum ex<br />

defecta epi<strong>di</strong>dymidum ultimam perfectionem non accipiat; esse tamen perfectum in <strong>su</strong>o<br />

genere».<br />

5 Id., pp. 114-115: «questionem de nomine esse <strong>di</strong>ceret quidam, dum liquorem seminalem<br />

semen appello; at quaestionem non esse de nomine; se de <strong>su</strong>bstantia constat; dum aliud<br />

importat semen, aliud liquor. Sane liquorem <strong>di</strong>cunt, quia caret iis, quae virili semini<br />

conveniunt; se si ea haberet, aptum esset sine virili ad generationem. Cum autem a natura<br />

constitutum sit, ut nulla fia t procreatio, nisi maris, et foeminae conjunctio concurrat;<br />

necessarium fuit, ut maris perfectum, et ad <strong>su</strong>um munus exequendum aptissimum, ut<br />

saepius <strong>di</strong>xi».<br />

208


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

(Gassen<strong>di</strong>, Malpighi, Marco Marci concordano nell’assimilare il seme della<br />

pianta all’uovo 1 ; e Vallisneri aveva in<strong>di</strong>viduato il seme della lenticola<br />

palustre, che si credeva nascesse spontaneamente, «et descripsit inter alia,<br />

quae sine semine credebantur, et plantarum tran<strong>su</strong>mationem confutat» 2 ),<br />

mostrando, così, che la natura della generazione degli esseri viventi è<br />

sempre la stessa 3 . Non solo. Anche le pietre ed i metalli nascono dalle<br />

uova 4 , come ha sostenuto Gassen<strong>di</strong>, che ha negato la generazione spontanea<br />

1 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, pp. 81-92, nell’elogio de<strong>di</strong>cato a Giovan-Giacomo<br />

Mangeti. Protome<strong>di</strong>co e consigliere dell’Elettore <strong>di</strong> Brandeburgo, viene affrontata la<br />

questione una prima volta: rifacendosi alle osservazioni <strong>di</strong> Malpighi e <strong>di</strong> Vallisneri afferma<br />

che «alla terra, ed all’acqua stabilì Id<strong>di</strong>o la fecon<strong>di</strong>tà, e la virtù seminale, con cui potesse<br />

ogni vivente produrre altro a lui simile, ed ogni pianta, altra a se conforme; ciascheduna<br />

secondo la propria spezie» (id., p. 81). I nuovi filosofi hanno permesso <strong>di</strong> conoscere «colle<br />

continue sperienze, e colle <strong>di</strong>mostrazioni […], non esservi animale, che la <strong>su</strong>a generazione<br />

dal seme non riconosca, poiché quei medesimi, che hano nome d’insetti, e quei, che dalla<br />

putre<strong>di</strong>ne formarsi credean gli antichi, vengono già tra gli ovipari collocati, scorgendosi col<br />

mezo delle uova generarsi […]. I vermi, che nelle carni putride, e nelle frutta si mirano,<br />

come ben <strong>di</strong>mostra Francersco Re<strong>di</strong>, han pur la loro origine dagli altri animali in esse<br />

racchiusi, che mandano fuori o il seme, o le uova […]. Le uova non solo ne’ picciolissimi<br />

animaletti si osservano […]; ma ne’ bruti, e negli uomini […]. Chiarissima è ancora nelle<br />

piante la virtù seminale […]. Il lor seme, che da esse, ed in esse si forma, si nutrisce, si<br />

augumenta [sic!], e si perfeziona; ritiene la medesima loro anima, con cui viver si <strong>di</strong>cono, e<br />

per cui essendo corporea, non altro doversi intendere affermò Gassendo, oltre Cartesio […],<br />

ed altri col Willis , che una sottile, pura, attiva, ed industriosa sostanza sparsa per la pianta;<br />

simile allo spirito, o alla fiammella; e che per la scarsità d’alimento languisca, o si soffochi<br />

per l’abbondanza dell’umore, o per la siccità si esali, o per la freddezza s’induri; onde<br />

avvenire la lor morte si <strong>di</strong>ce […]. Ma siccome oscura è in alcuni animali, ed in alcune<br />

piante la virtù seminale, così nelle pietre, e ne’ metalli pensò essere anche il Gassendo. Non<br />

ha anima la pietra, né il metallo, per cui nutrir si possano, e crescere […] non è però cosa<br />

<strong>di</strong>s<strong>di</strong>cevole l’asserire, che sia nelle pietre un certo seme petrino atto a costituir la loro<br />

sostanza, e la forma, ed una virtù seminale, con cui coagular le parti si possano […]. Tutto<br />

ciò ne’ minerali, e ne’ metalli similmente si osserva; forse, perché il metallico seme sparso<br />

con gli altri semi a guisa <strong>di</strong> alito; scorrendo per le viscere della terra, abbia forza <strong>di</strong> unir la<br />

materia <strong>di</strong>sposta, ed alla medesima dar forma <strong>di</strong> metallo; ciascheduno la propria origine de’<br />

<strong>su</strong>oi propri semi traendo; come <strong>di</strong>versa è la natura <strong>di</strong> ogniuno» (id., pp. 82-85).<br />

2 Id., p. 119.<br />

3 Id., p. 115: «hanc doctrinam de foemineo semine, quam in hominis, et animalium<br />

generatione osten<strong>di</strong>, eadem naturae lego in plantis, et in piscibus quoque licebit existimare;<br />

quoniam natura eadem semper est, et unica tantum lege uti universim in generatione<br />

viventium <strong>di</strong>cendum est».<br />

4 Id., p. 117: «plantarum generationem a semine agnoscunt etiam recentiores, statuta jam ab<br />

ovo, et semine generatione in animantibus, quam satis osten<strong>di</strong>s se existimo. Semina<br />

huiusmo<strong>di</strong> comparantur ovis, quae valeant propriam speciem comparare, nec inepte<br />

Empedocles a plantis fieri ova affirmavit, cum ovis similia fructus sint, qui semen<br />

contineant».<br />

209


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

nei metalli. Gimma ammetteva l’esistenza <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> vis lapi<strong>di</strong>fica che<br />

espleta la funzione del seme 1 .<br />

Le favole, trattando delle questione della generazione dei viventi, non<br />

scompaiono, ma sono collocate in fondo alla trattazione scientifica, non più<br />

mescolate ad essa. E questa volta c’è un solo caso significativo, quello <strong>di</strong><br />

Pomponio Mela che aveva sostenuto la possibilità della generazione senza il<br />

concorso dei maschi 2 . E’ questa la favola più incre<strong>di</strong>bile, ma non la sola. Tra<br />

le favole Gimma include anche la credenza del concepimento come frutto <strong>di</strong><br />

un sogno e <strong>di</strong> quello delle vergini 3 .<br />

2. «Tolta la Fede che si deve alla Sagra Scrittura […] chi ci assicura <strong>di</strong><br />

questo universale <strong>di</strong>luvio?» 4<br />

Ho già accennato al fatto che l’Idea <strong>di</strong> Gimma abbia avuto un’accoglienza<br />

non eguale, e che numerose erano state le perplessità: in una lettera del<br />

1724, che ho ritrovato nella Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio <strong>di</strong><br />

Bologna 5 , destinata ad un interlocutore ignoto, Gimma dopo aver<br />

annunciato l’intenzione <strong>di</strong> scrivere un terzo tomo della Idea, riporta la<br />

notizia del «Signor Matteo Egizzio letterato Napoletano» il quale<br />

«spezialmente ancorchè da me lodato, ha qui [a Bari] mandata una lettera<br />

critica <strong>di</strong> un foglio, in cui si stende a mostrare, che io ho fondata la mia<br />

1 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, p. 120: «in lapi<strong>di</strong>bus, et metallis quoque<br />

aliquam agnoscunt generationem ex semine, dant enim illis virtutem quandam seminali<br />

analogam […]. Probabile est, ait Gassendus […] esse quoddam quasi germen, seu semen<br />

metallicum, quod in apparatam debite materiam, halitusque specie <strong>di</strong>ffu<strong>su</strong>m, ut quandam<br />

per lactis <strong>su</strong>bstantiam coagulum <strong>di</strong>ffun<strong>di</strong>tur, metalli formam faciat, ac praestet. An<br />

huiusmo<strong>di</strong> germen, talisve halitus contincatur in ipsa materia; an aliunde potius incurrat, ut<br />

varie oberrans per viscera terrae cum seminibus rerum caeteris, haud immmerito [sic!]<br />

dubitari potest. Et ratio posterior est virisimilior; nam alioquin <strong>su</strong>lphur, argentum vivum,<br />

vitriolumque ex specialibus seminibus constant, ob quae unumquodque <strong>su</strong>ae specialis<br />

naturae est; et videntur metalla esse inter se <strong>di</strong>versae naturae, plus, minusve. De lapi<strong>di</strong>bus<br />

idem asserit […] ut enim in quibudam plantis est vis seminalis obscurior, ita etiam est in<br />

lapi<strong>di</strong>bus […]. In aliis ait, quod videtur exigi lapi<strong>di</strong>ficum quoddam semen, quod <strong>su</strong>bstantiae<br />

constitutionem, formamque tribuat; idque pluribus demonstrat».<br />

2 Cfr. id., De fabulosa generatione sine maribus, et de mola, pp. 121-125.<br />

3 Rispettivamente id., pp. 125-129 e pp. 129-154.<br />

4 A. Vallisneri, lettera senza data a Louis Bourguet, in N. BADALONI, Antonio Conti…, cit.,<br />

p. 254.<br />

5 La lettera si trova nella Collezione degli Autografi Pallotti XIV, n. 878 [15] [278]. Porta<br />

l’in<strong>di</strong>cazione ‘Giacinto Gimma, Naturalista’.<br />

210


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Istoria <strong>su</strong> le favole <strong>di</strong> Noè, e <strong>di</strong> Giano, e che ho buttato la Rete, ed ho tirato<br />

alghe, e Testacei nu<strong>di</strong>, quali però non descrive» 1 . Gimma si <strong>di</strong>ce pronto a<br />

rispondere alle critiche «se avrò nelle mani la <strong>su</strong>a critica, in cui non mi<br />

cen<strong>su</strong>ra altra cosa. Mi si rende bensì <strong>di</strong>fficile poterla avere, avendola egli<br />

mandata con segretezza; acciocchè io non la legga». Non lo sorprende,<br />

comunque, la critica <strong>di</strong> Matteo Egizio il quale «ha voluto sfogare le <strong>su</strong>e<br />

passioni, essendo notissimo seguace, e <strong>di</strong>fensore de’ Francesi, ma da<br />

Italiano qual è dovea aver qualche freno. Uscirò in campo io stesso, ed<br />

usciranno buoni amici scandalizati <strong>di</strong> così sconcia azione, e servirà questa<br />

briga letteraria a mantenere ancora contro gl’Italiani la gloria dell’Italia».<br />

Quanto all’obiezione <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>fensore dei Francesi, «basta la medesima<br />

opera mia a smentirlo, perché non ho data per certa la notizia <strong>di</strong> Giano, e<br />

Noè, come troppo antiche». Gimma sapeva bene che <strong>di</strong>etro queste critiche<br />

all’antichità <strong>di</strong> Noè e Giano c’era quella più inquietante riguardante<br />

l’eternità del mondo 2 .<br />

1 Ib. Matteo Egizio era anche associato all’Accademia <strong>di</strong> Rossano. La lode a Matteo Egizio<br />

si trova in G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 729: «il valore dell’eru<strong>di</strong>tissimo<br />

Matteo Egizio è ben celebrato ne’ Giornali de’ Letterati d’Italia, e dello stesso, e <strong>di</strong> vari<br />

altri ben possiamo scriver molto». A proposito della preferenza per i francesi <strong>di</strong> Matteo<br />

Egizio, N. Badaloni osserva che secondo Egizio, «<strong>Descartes</strong> avrebbe dato una teoria<br />

dell’anima per cui questa <strong>su</strong>bisce l’influenza dei corpi nelle percezioni. Si determina così<br />

una capacità <strong>di</strong> sviluppare passioni attive in realzione alle percezioni ed inoltre anche <strong>di</strong><br />

risvegliare un movimento <strong>di</strong> spiriti ‘quando non sono presenti gli oggetti esterni’. È questa<br />

propriamente la fantasia che ci rappresenta immagini ‘le quali danno a gli spiriti un<br />

movimento inverso la ghiandola, eguale a quello quando eran presenti gli oggetti, onde<br />

siegue una egual commozione e percezione nell’anima’. Ritorna dunque in questa chiave<br />

cartesiana l’idea della immaginazione <strong>di</strong> oggetti, cui non corrisponde percezione e quin<strong>di</strong><br />

idea, e che tuttavia è in grado <strong>di</strong> produrre gli stessi <strong>di</strong> questa: e si realizza<br />

contemporaneamente la estensione <strong>di</strong> questo modello teorico alla interpretazione storica<br />

della idolatria vista appunto come manifestazione <strong>di</strong> tale sfrenatezza <strong>di</strong> passioni non<br />

limitata dalle corrispondenti percezioni-idee. La tesi dello Egizio è che ‘solemne id fuit<br />

romanis populos per luxum et voluptates enervare’. Si tratta <strong>di</strong> una religione che poté poi<br />

prestarsi alla deificazione degli imperatori e che <strong>di</strong>mostra che tra le invenzioni della<br />

fantasia (cui non corrisponde alcuna idea oggettiva) e le idee della ragione non vi è altra<br />

possibile via <strong>di</strong> raccordo che quella che passa attraverso il dominio <strong>di</strong> quest’ultima e la <strong>su</strong>a<br />

incarnazione in uno stato che sia sensibilmente <strong>di</strong>pendente dai sapientes». (N. BADALONI,<br />

Introduzione a G. B. VICO, Opere giuri<strong>di</strong>che…, cit., p. XIX). In questa densa pagina<br />

Badaloni accenna a tante questioni, alcune delle quali sono affrontate anche da Gimma nei<br />

due tomi delle Dissertationes, in rapporto alla funzione dell’immaginazione, della relazione<br />

fra anima e corpo, che Gimma sviluppa invece in una decisa prospettiva non cartesiana.<br />

2 Su questi temi, cfr. P. ROSSI, Le sterminate antichità…, cit. e I segni del tempo…, cit.<br />

211


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Le notizie <strong>su</strong> Noè e <strong>su</strong>l Diluvio universale – lo abbiamo già visto – sono da<br />

considerare con cautela: troppo lontani i tempi e troppo labile la<br />

documentazione. Il tema viene ripreso all’interno <strong>di</strong> quello della formazione<br />

dei continenti e della formazione dei fossili nella Fisica sotterranea.<br />

Seguirò la <strong>di</strong>scussione in questa opera matura <strong>di</strong> Gimma, l’ultima nella<br />

quale il tema viene trattato. Intanto preciso che: 1. il Diluvio è considerato<br />

l’evento dal quale ha origine il tempo storico dell’umanità; 2. esso, tuttavia<br />

è al <strong>di</strong> là della storia e, per questo, non spiega alcun evento ‘storico’ naturale<br />

(l’origine dei fossili e <strong>di</strong> altri fatti naturali) o sociale (la scomparsa <strong>di</strong> terre,<br />

<strong>di</strong> popolazioni e civiltà <strong>di</strong> cui è rimasta memoria). Il percorso seguito da<br />

Gimma è tuttavia opposto allo schema da me in<strong>di</strong>cato. Egli affronta per<br />

primo il tema della generazione delle pietre e dei fossili. Trova che ogni<br />

generazione può avere avere una spiegazione naturale. Conclude che il<br />

Diluvio è un evento che ha una valenza teologica-religiosa e non<br />

naturalistica.<br />

Conviene quin<strong>di</strong> seguire i ragionamenti dell’abate, attraverso il complesso<br />

mondo <strong>di</strong> favole, che vanno descritte per liberarsense, <strong>di</strong> spiegazioni<br />

‘scientifiche’ e <strong>di</strong> congetture filosofiche. Attraverso, cioè, l’or<strong>di</strong>to del testo<br />

cui egli dà il nome <strong>di</strong> Storia naturale delle gemme, delle pietre, e <strong>di</strong> tutti i<br />

metalli, ovvero della fisica sotterranea.<br />

L’opera, elaborata lungo gli ultimi trenta anni della <strong>su</strong>a vita, viene<br />

solitamente ricordata per la posizione nei confronti dell’annoso problema<br />

dei fossili e dell’antichità del mondo 1 . Essa va considerata, tuttavia, una<br />

1 Cfr. A. L. MORO, De’ crostacei e degli altri marino corpi, in in Scienziati del<br />

Settecento…, cit., p. 444, dove <strong>di</strong> Gimma viene scritto: «ad un’immobolità geologica<br />

credevano, ad esempio, nel tardo Seicento, pur con sottili <strong>di</strong>stinzioni, Athanasius Kircher,<br />

Giacinto Gimma e Thomas Shirley, seguaci del paracelsismo e della ‘filosofia mosaica’»;<br />

Moro, da parte <strong>su</strong>a, allude a Gimma in un passo della <strong>su</strong>a opera: «Si sa che un cocentissimo<br />

foco ha forza <strong>di</strong> molte materie convertir in cristallo, il perché, sendo vementissimo il fuoco<br />

che nelle viscere della terra si nutre, non è fuor <strong>di</strong> ragione atribuire al medesimo della<br />

formazione <strong>di</strong> que’ cristalli che negli accennati strati si ammirano. Che se a certi spiriti<br />

minerali accagioransi anche volessero, la prima cagione fisica, per cui opra ove si truovano<br />

pervennero, altra non fu che l’impeto de’ sotterranei fuochi che in que’ luoghi trasportarono<br />

i minerali. Simil cosa o poco <strong>di</strong>fferente de’ <strong>di</strong>rsi anche delle pietre figurate, e più o meno<br />

preziose» (id., p. 461).. Su questo cfr. naturalmente P. ROSSI, I segni del tempo…, cit., pp.<br />

25-26: «L’anima delle pietre – aveva scritto Alsted nel 1649 – ‘è latente e prossima<br />

all’anima vegetativa’; quando si afferma che i minerali sono corpi inanimati hoc<br />

accipiendum est non absolute, sed comparate. Le pietre, ‘ivi comprese quelle che si<br />

ritrovano nei reni e nelle vesciche degli uomini’ sono generate, per Thomas Shirley,<br />

dall’acqua che viene ‘condensata dal potere dei semi’. Sotto la crosta terrestre – in base ad<br />

212


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

continuazione delle Dissertationes e non solo per i numerosi rinvii che<br />

queste ultime contengono. Lo conferma il medesimo autore: «Terminando<br />

la stampa delle nostre Dissertazioni speravamo stampar <strong>su</strong>bito una picciola<br />

istoria delle Gemme nell’i<strong>di</strong>oma latino», ma prioritaria <strong>di</strong>ventò l’Idea. Poi<br />

venne la decisione <strong>di</strong> aggiungere alla storia delle gemme e delle pietre<br />

quella <strong>di</strong> quegli altri minerali i quali «o dalle pietre <strong>di</strong>pendono, o della loro<br />

natura sono partecipi» 1 . E, in questa <strong>di</strong>rezione, va letta l’illuminante<br />

citazione da Beccherus posta all’inizio del primo tomo che ricorda<br />

esplicitamente la funzione assegnata alle favole nelle Dissertationes:<br />

multa deprehendes falsa, quae hactenus vera a multi seculis cre<strong>di</strong>ta <strong>su</strong>nt; et multa<br />

vera erunt, quae pro non entibus hactenus conclusa, et habita fuere 2 .<br />

Fulgenzio Pascali, nell’Epistola al Lettore, enfatizza il carattere baconiano e<br />

innovativo <strong>di</strong> questa storia naturale scritta da Gimma: la filosofia,<br />

contrariamente alle apparenze («a vista <strong>di</strong> cotanti e <strong>di</strong>uturni sforzi<br />

d’innumerabili chiarissimi letterati non men de’ passati, che de’ presenti<br />

tempi, adoperati intorno a’ segreti della natura»), non è affatto «giunta<br />

all’ultima perfezione» perché «così numerose scoperte riguardo alle quasi<br />

infinite verità, che finora ascose rimangono, son poco meno, che nulla: e son<br />

rarissime quelle, che reggono al cimento d’un rigido profondo esame» 3 .<br />

una teoria che fu sostenuta fra gli altri anche da Giorgio Agricola – circola, in forma<br />

liquida, un <strong>su</strong>ccus lapi<strong>di</strong>ficus o lapidescens (o ‘<strong>su</strong>go petroso’) oppure, in forma gassosa,<br />

un’aurea petrifica o lapi<strong>di</strong>fica che trasforma in pietra, le varie sostanze. Ancora nel 1730,<br />

Giacinto Gimma paragonerà quest’aura alla testa della Gorgona».<br />

1 Ib.: «tutti i minerali, tutti i fossili hanno tra loro una certa unione; perché o sono pietre, o<br />

dalle pietre si formano, e le terre ancora impietrire si possono, e dalle pietre sono la<br />

materia».<br />

2 G. GIMMA, Della storia naturale delle gemme, delle pietre, <strong>di</strong> tutti i minerali, ovvero della<br />

Fisica sotterranea <strong>di</strong> D. Giacinto Gimma dottore delle leggi, avvocato straor<strong>di</strong>nario della<br />

città <strong>di</strong> Napoli, Promotor-Generale della Scientifica Società Rossanese degl’incuriosi […]<br />

<strong>di</strong>visa in libri VI o Tomi II […], in Napoli, Gennario Muxio, erede <strong>di</strong> Michele –Luigi, 1730,<br />

t. I, s. p.; J. J.BECHER, Spirensis med. d. sacrae caesar. maiestatis consiliarius, nec non<br />

serenissimi Bavariae Electoris aulae me<strong>di</strong>cus. Actorum laboratorii chymici monacensis,<br />

seu Phisicae <strong>su</strong>bterraneae, 2 voll., Francofurti, 1649; cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., pp.<br />

189-206.<br />

3 Fulgenzio Pascali Censore della Società degl’Incuriosi <strong>di</strong> Rossano, Accademico Arcade,<br />

detto Orgelio, Spione, Agitato, et Me<strong>di</strong>co Primario della Città <strong>di</strong> Barletta, in G. GIMMA,<br />

Fisica sotterranea…, cit., t. I, s. p. Sulla verità che, come <strong>di</strong>ce Seneca, «in alto latet» e <strong>su</strong>lla<br />

<strong>di</strong>fficoltà, ma non impossibilità, <strong>di</strong> raggiungerla Pascali insiste: «siamo nati per la verità»<br />

che è «il Sole della nostra anima, e l’anima de’ nostri stu<strong>di</strong> all’avisar del P. Lamy ; ma<br />

purtroppo scarsi, e fievoli sono i mezzi, che adopra l’umano ingegno per rintracciarla. La<br />

213


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Baconiano giu<strong>di</strong>ca anche procedere per gra<strong>di</strong> nella ricerca della verità:<br />

«Ottimo convenevol mezzo egli è l’esaminare da cima a fondo, e con<br />

esattezza i singolari», anche se lo spirito umano è tanto poco inclinato a<br />

questo lungo e <strong>di</strong>fficoltoso processo che facilmente rimane atterrito e<br />

‘neghittoso’. L’intelletto è «tutt’ale, tutto vigor, tutto lena» quando si tratta<br />

<strong>di</strong> seguire le idee generali ed astratte, ma così facendo non si avvede che<br />

quelle nozioni generali che vengono ricavate «da’ singolari manchevomente<br />

noverati, e mal concepiti» servono solo a farci precipitare negli errori: già le<br />

esperienze da sole non sono <strong>su</strong>fficienti a garantire l’accrescimento della<br />

conoscenza, ancor meno lo sono quando «formar vogliamo ed assiomi, e<br />

sistemi <strong>di</strong>versi dopo il languido esame <strong>di</strong> pochissimi corpi» 1 . Per questo<br />

motivo nel corso <strong>di</strong> tanti secoli sono stati elaborati tanti sistemi e tutti tra<br />

loro contrari: «Siam pur anco nel desiderio <strong>di</strong> vedere almen due sistemi, che<br />

non siano fra <strong>di</strong> loro contrari» 2 . Eppure, la natura, grande maestra, è<br />

«mirabilmente uniforme nelle <strong>su</strong>e operazioni: e la verità è senzameno una,<br />

ed invisibile». Ma se la verità è una, sembra impossibile che la si possa<br />

trovare percorrendo sentieri <strong>di</strong>versi e così <strong>di</strong>stanti fra <strong>di</strong> loro 3 , occorre<br />

piuttosto che tutti i filosofi collaborino nella ricerca del vero. In un passo <strong>di</strong><br />

indubbio sapore baconiano Pascali asserisce con decisione:<br />

egli è d’uopo trovarlo [il gran tesoro del vero], non fingerlo; ubbi<strong>di</strong>re alla natura, se<br />

si pretende, ch’ella ubbi<strong>di</strong>sca, e farci da lei guidare, non già guidarla. È necessario<br />

in fine, che i nostri sistemi sian conformi alle <strong>su</strong>e regole, non già confondere le <strong>su</strong>e<br />

regole, per accomodarle a’ sistemi. La natura è maestra, noi siam <strong>di</strong>scepoli. Ella è<br />

luce, noi siamo i ciechi, ed è la fida sicura scorta, che fra’l buio della nostra<br />

ignoranza, guida i passi <strong>di</strong> nostra mente, per non traviare dal dritto sentiere. Parmi<br />

adunque, che da questa gran <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> esattamente filosofare sia veramente<br />

debolezza dell’uman spirito è grande, e l’ha <strong>di</strong>mostrato l’Uezio, e’l <strong>di</strong>mostrerà vieppiù<br />

chiaramente […] Niccolò Fragianni […] nelle <strong>su</strong>e tanto desiderate filosofiche me<strong>di</strong>tazioni»<br />

(ib.).<br />

1 Ib: «da sì fatta inclinazione adunque del nostro spirito per le generali nozioni, e dalla quasi<br />

natural svogliatezza, che serba per un compiuto rigoroso esame delle particolari sostanze,<br />

nascon poi molte altre cagioni, che han malmenato la ricerca del vero, come insegnano il<br />

Bacone, il Boile, il Cartesio, il Gassendo, il Malebranche, l’Arnaldo, il Muratori, e’l<br />

Newtone. Una tal svogliatezza d’inquirer minutamente d’intorno a’ singolari, produce la<br />

nostra detestabile faciltà <strong>di</strong> prestar ciecamente il consenso agli altrui rapporti, idolatrando<br />

l’autorità degli Scrittori, senza badare al <strong>di</strong>scernimento del vero dal falso».<br />

2 Ib.<br />

3 Ib.: «bisogna, che tutti i filosofanti concor<strong>di</strong> ed uniformi nel ricercarla, premano un sol<br />

calle, e quello appunto, che senza inciampo conduce all’acquisto del gran tesoro del vero».<br />

214


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

accaduto, che non men gli antichi, che i moderni filosofanti, ancorchè <strong>di</strong> fino<br />

elevato ingegno adorni, e per le <strong>di</strong> loro gloriose fatiche sempre immortali, abbian<br />

colle verità già poste in chiaro mescolato non sol tante e tante fallaci oppinioni, ma<br />

infinite favole ancora, che <strong>di</strong> tutta quasi la naturale storia han fatto un cattivo<br />

governo, e che per lo tratto <strong>di</strong> tanti secoli hanno incontrato quasi universale<br />

credenza 1 .<br />

Ad un programma baconiano, Pascali giu<strong>di</strong>ca ispirata l’opera <strong>di</strong> Gimma:<br />

essa è anzittutto un trattato filosofico «non già partorito dalla fantasia <strong>di</strong><br />

false immagini piena, e gonfia, ma ricavato fedelmente dal seno della<br />

natura, e lavorato a tenore <strong>di</strong> quelle leggi infallibili, che la medesima<br />

insegna»; le esperienze ripetute e le ‘ragioni fondate’ «non si <strong>di</strong>scostano<br />

dalle regole de’ meccanici movimenti». Al lettore viene offerta una<br />

compiuta, ed esatta storia naturale delle pietre e dei fossili «non essendovi<br />

corpo fossile, che sotto terra producasi, che <strong>di</strong>ffusamente, e con ammirabile<br />

<strong>di</strong>stinzione non se ne tratti in maniera affatto gradevole». Infine, essa<br />

presenta una «piena, chiara, e <strong>di</strong>stinta cognizione <strong>di</strong> quanto altri autori<br />

hanno scritto <strong>su</strong> questo veramente curioso argomento» al punto che si<br />

presenta «come una picciola Biblioteca degli scrittori, che delle cose<br />

sotterranee hanno scritto; ed una ricchissima miniera <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione sagra, e<br />

profana; scientifica, filosofica, ed istorica». Ma la vera novità <strong>di</strong> quest’opera<br />

è il <strong>di</strong>svelamento, definito meraviglioso, delle favole che hanno appestato la<br />

storia naturale dei fossili e delle pietre «e che non men dagli antichi, che da’<br />

moderni filosofanti <strong>di</strong> sommo cre<strong>di</strong>to, e riputazione sono state riferite,<br />

inventate, credute, ed ostinatamente <strong>di</strong>fese» 2 . Egli è riuscito in un’impresa<br />

<strong>di</strong>fficile: «Trascegliere, cotante favolose notizie, che qua e la giaceano; ma<br />

parimente con una critica soprafina e degna <strong>di</strong> tutta lode, l’ha date a<br />

<strong>di</strong>vedere per tali con gagliarde ragioni, e fortissimi argomenti».<br />

1 Ib: «Avendo adunque ben conosciuto, e compianto questa <strong>di</strong>savventura delle scienze<br />

naturali […] Giacinto Gimma, <strong>di</strong>essi, dopo varie profon<strong>di</strong>ssime me<strong>di</strong>tazioni dell’illuminato<br />

<strong>su</strong>o spirito, a risarcir colle <strong>su</strong>e fatiche cotanto danno».<br />

2 Ib.: «il saper <strong>di</strong>stinguere il vero dal falso è ‘l più proprio carattere del perfetto filosofo: né<br />

può mai giugnere ad una tal perfezione se non quegli, che arriva a penetrare fin fondo<br />

l’essenzial magistero <strong>di</strong> quell’obbieto, che vuol conoscere. L’esteriori apparenze spesso<br />

c’ingannano; perché talora le falsità sotto la bella <strong>di</strong>visa del vero si ascondono; e<br />

quell’affastellare in un fascio e favole e verità naturali, è un potentissimo mezo, che glo<br />

giusto <strong>di</strong>scernimento del vero mette in iscompiglio, e confonde».<br />

215


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

L’epistola <strong>di</strong> Fulgenzio Pascali quin<strong>di</strong> inserisce questa opera in un contesto<br />

scientifico <strong>di</strong> ispirazione baconiana. Non mancano, tuttavia, interessanti<br />

accenni ad una filosofia della luce che illumina la mente, che presenta echi<br />

ciceroniani oltre che baconiani.<br />

Gimma, nella Introduzione, conferma le osservazioni <strong>di</strong> Pascali <strong>su</strong>lla<br />

<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> costruire una storia naturale 1 : dopo tanti secoli, e dopo tante<br />

esperienze, siamo a malapena a conoscenza <strong>di</strong> «come una pianta veramente<br />

germogli, come un picciolo animale si generi, e come un vil minerale si<br />

produca» 2 . Le congetture si affollano e si aggiungono le une alle altre, e la<br />

scienza appare ancora «piena <strong>di</strong> favole, e <strong>di</strong> menzogna». La storia,<br />

soprattutto quella naturale, «è una delle più nobili, e più oscure parti della<br />

natural filosofia», ma ancora abbisogna <strong>di</strong> essere liberata dalle favole («per<br />

illustrarla, e dalle favole in essa introdotte liberarla» 3 ). Tra queste ultime<br />

vengono poste le teorie relative alla pluralità dei mon<strong>di</strong> e quelle animistiche:<br />

Fu un errore <strong>di</strong> alcuni antichi filosofi, non solo che fosse il mondo un’animale; ma<br />

che più mon<strong>di</strong> vi sieno; e Democrito n’assegnò infiniti; altri <strong>di</strong>ssero, che ogni stella<br />

sia un mondo; ed altre vanità aggiunsero 4 .<br />

Plutarco riferisce l’opinione <strong>di</strong> quei filosofi che ipotizzarono «infiniti<br />

mon<strong>di</strong>» e <strong>di</strong> altri ancora «che ad ogni elemento un mondo assegnarono» 5 . In<br />

mezzo a questa vera e propria selva <strong>di</strong> opinioni, Gimma sottolinea la<br />

convergenza tra Sacra Scrittura e scienza: «molti filosofi anche gentili» -<br />

primo fra tutti Platone - hanno sostenuto che il mondo creato da Dio è uno<br />

solo, proprio come uno solo è Dio 6 :<br />

fu la <strong>su</strong>a materia creata dal niente, e non fu creata ab aeterno […] e nel terzo giorno<br />

della creazione comandò, che l’acqua si ritirasse in un luogo, che appellò mare, e<br />

secca apparisse la terra; ed or<strong>di</strong>nò ancora che la terra fruttificasse, si vestisse <strong>di</strong><br />

1<br />

Id., p. 1: «Le storie naturali sembrano certamente assai chiare; poicchè trattano delle cose,<br />

che sono <strong>di</strong> materia formate, e dalla natura prodotte, le quali, come soggette a’ nostri sensi,<br />

tuttogiorno si veggono, e si toccano. Sono le stesse non<strong>di</strong>meno assai bastevoli a farci<br />

apprendere, che la debolezza dell’umano intelletto è ben grande».<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Id., p. 4.<br />

4<br />

Id., pp. 20-21.<br />

5<br />

Id., p. 21.<br />

6<br />

Id., p. 23: «È questo mondo un congiungimento <strong>di</strong> Cielo, e <strong>di</strong> Tera, e <strong>di</strong> quelle nature, che<br />

in esse si contengono […] però è detto mondo grande, o universale».<br />

216


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

erba, e si adornasse <strong>di</strong> fiori, <strong>di</strong> alberi e <strong>di</strong> piante 1 .<br />

L’abate fa iniziare la storia della terra dall’atto <strong>di</strong>vino <strong>di</strong> separazione della<br />

terra dalle acque: «cominciò in questo giorno la fertilità dei minerali» 2 , <strong>di</strong><br />

quelli che scorrono come «gli aliti, e i liquori» e <strong>di</strong> quelli che «sono fissi nel<br />

<strong>su</strong>o termine» 3 . Anche le gemme 4 vennero create al principio del mondo ed<br />

antichissimo è l’uso delle gemme e degli anelli 5 . Per primo, racconta il mito,<br />

se ne è servito Prometeo il quale, liberato da Giove, «in memoria della <strong>su</strong>a<br />

libertà, circondò il <strong>di</strong>to anulare della mano sinistra coll’anello composto dal<br />

sasso <strong>di</strong> quel monte, e dal ferro, <strong>di</strong> cui era composta la catena» 6 . Un<br />

Prometeo che Gimma trova, con altri nomi, presso tutti i popoli antichi: così<br />

Prometeo è in realtà Abele, mentre Giove è Caino 7 . Le favole contengono<br />

«qualche cosa <strong>di</strong> verità, la quale sta oscurata e coll’antichità, e colle<br />

menzogne de’ greci» 8 e <strong>di</strong> una verità che riguarda l’origine <strong>di</strong> tutte le<br />

nazioni civili.<br />

Non è possibile seguire Gimma nel labirinto, anche contorto, nel quale<br />

<strong>di</strong>ssemina una mole sterminata <strong>di</strong> notizie e <strong>di</strong> analisi in cui, una dopo l’altra,<br />

vengono spiegate favole e storia, aral<strong>di</strong>ca e pratiche sociali simbolizzate<br />

dall’uso degli anelli. Egli illustra le teorie <strong>di</strong> Aristotele e Alberto Magno,<br />

1 Ib.<br />

2 Ib.<br />

3 Id., p. 25: «gli aliti, che spiriti alle volte si appellano, sono molti, e <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa, o<br />

vapori, o secchi, o aerei, o ignei; i liquori sono il mercurio, gli oli, e le acque minerali.<br />

Negli oli il bitume liquido, e l’ambra liquida vantaggiano nelle acque le acidette, le salsette,<br />

e quelle delle stuffe. I minerali, che nel <strong>su</strong>o termine sono fissi, <strong>di</strong>re si possono fossili, ed<br />

alcuni, come i metalli, sono atti a <strong>di</strong>stendersi: altri facilmente si rompono, ed in polvere si<br />

riducono: e <strong>di</strong> questi alcuni sono metallici, come l’antimonio: altri rozzi, come i terri, cioè<br />

le pietre, i boli: e i <strong>su</strong>gosi, cioè i <strong>su</strong>ghi atti ad infiammarsi, cioè i sali; ma queste spezie, e<br />

molte altre più tosto agli alchimisti appartengono».<br />

4 Id., p. 29: «propriamente Gemma è l’occhio della vite, quando germoglia, e si vede negli<br />

articoli de’ sermenti […]. A simiglianza <strong>di</strong> questa è la gemma un nome generale <strong>di</strong><br />

qualsivoglia pietra preziosa».<br />

5 Id., p. 30: si trova nella «Sagra Scrittura […] che negli stessi principi del mondo, e<br />

spezialmente in quei tempi, in cui le arti a fiorire incominciarono, abbia avuto il principio<br />

altresì l’uso delle gemme, e degli anelli, e perciò sia stato antichisismo».<br />

6 Id., p. 31.<br />

7 Ib.: «possiamo però <strong>di</strong>re, che gli anelli da Abele cominciarono, o da’ <strong>su</strong>oi tempi; e che sia<br />

tutto favoloso l’anello <strong>di</strong> Prometeo, perché Abele non fu legato nel monte, come <strong>di</strong><br />

Prometeo favoleggiarono gli antichi».<br />

8 Ib.: «tutti però scrivono […] che non si debba dalle favore ricercar l’origine delle gemme,<br />

e degli anelli», soprattutto <strong>di</strong> fronte alle testimonianze vere della Sacra Scrittura.<br />

217


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

degli alchimisti e <strong>di</strong> Fortunio Liceto, <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong> e <strong>di</strong> Van Helmont 1 . E<br />

conclude, con Boyle che «i libri delle gemme, i quali per lo volgo si<br />

veggono sparsi, non sono uguali alla nobiltà delle gemme stesse, e la loro<br />

storia è così piena <strong>di</strong> favole, che gli uomini dotti hanno giustamente negate<br />

tante virtù niente probabili e talvolta impossibili» 2 .<br />

La storia delle gemme viene ricostruita sia guardando all’uso che gli uomini<br />

ne hanno fatto («secondo che delle stesse gli uomini si sono valuti o per<br />

ornamento, o per sigillo, o per segno <strong>di</strong> onore, o ad altro uso, anche nelle<br />

cose della Chiesa» 3 ), sia indagando la generazione, la vegetazione, i colori e<br />

le virtù delle gemme «le quali cose propriamente, perché sono naturali, sono<br />

ricercate dal filosofo naturale, ed è questa la prima, e la vera origine delle<br />

gemme».<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista del filosofo naturale, la pietra «è uno dei corpi misti e<br />

duri, che non si può stendere, come il metallo, né sciogliere nell’acqua,<br />

come la terra, né da se stesso <strong>di</strong>venir liquido» 4 . Essa è generata dal ‘seme<br />

petrifico’ (o ‘<strong>su</strong>go petrifico’) che ha «la virtù formatrice, simile o analoga a<br />

quella del seme maschile, nella generazione necessaria» ed è simile<br />

all’anima «vegetevole, o quel principio vitale attivo, che ri<strong>su</strong>lta dal moto<br />

intrinseco e locale, fecondante il corpicciuolo dell’uovo della femmina», che<br />

forma dalla materia dell’uovo il «corpicciuolo co’ <strong>su</strong>oi membri e parti» 5 .<br />

Le pietre, quin<strong>di</strong>, si generano allo stesso modo degli animali, <strong>di</strong> tutti gli<br />

animali, seguendo la regola «omne simile sibi simile producit». Alla<br />

generazione delle pietre concorrono, insieme al ‘<strong>su</strong>go pietrifico’, «il loto, il<br />

<strong>su</strong>go bituminoso, e salino». Questo spiega come mai anche l’acqua, in<br />

quanto ricca <strong>di</strong> particelle saline e pietrose, nonché <strong>di</strong> <strong>su</strong>go pietrifico, riesce a<br />

formare delle pietre 6 . Il ‘loto’ è formato dalla terra «e benchè possa il loto<br />

1 Id., pp. 59-60.<br />

2 Id., p. 57.<br />

3 Id., p. 59.<br />

4 Id., p. 61.<br />

5 Ib.: «si genera però la pietra a guisa <strong>di</strong> ogni animale, che dal seme dell’animale della <strong>su</strong>a<br />

spezie è generato, ed ogni pianta dal seme <strong>di</strong> altra pianta dal seme <strong>di</strong> altra pianta a lei<br />

simile».<br />

6 Ib. Alcune pagine dopo: «La sperienza ci mostra, che il <strong>su</strong>go petrifico alle volte senza loto<br />

forma le pietre: e ciò perché l’acqua è pregna dello stesso <strong>su</strong>go, e <strong>di</strong> particelle terree e<br />

petrose; mentre le stesse acque, che passano ne’ fiumi, radono dalla <strong>su</strong>perficie delle pietre,<br />

qualche pietrosa porzione, e seco la conduce; e quando risiede, in pietra la coagula: e<br />

quanto più è pura e sottile, tanto più fa pure e risplendenti le pietre, come sono le gemme, e<br />

i cristalli» (id., p. 63).<br />

218


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

indurito <strong>di</strong>venir simile alla durezza della pietra, non però farà pietra», ma<br />

piuttosto si trasforma facilmente in polvere. Il loto si coagula maggiormente<br />

con l’intervento del «<strong>su</strong>go bituminoso, che Aura bituminosa vien detta,<br />

perché tale <strong>su</strong>go è viscoso, e tenace» 1 . Gimma descrive minutamente anche<br />

l’‘aura’: «i sali o nitrosi […] o aci<strong>di</strong> […], o composti, sono valevoli a<br />

coagulare il loto; e la materia priva <strong>di</strong> ogni sale, non si ridurrà in pietra».<br />

L’aura è il sale <strong>di</strong> cui scrive Du Hamel che ha la proprietà <strong>di</strong> ‘sforzare’<br />

«tutte le soluzioni metalliche, e tutte le indurisce» 2 ; il <strong>su</strong>go petrifico è<br />

l’architetto, una specie <strong>di</strong> principio attivo, l’elemento centrale della<br />

formazione dei minerali:<br />

<strong>di</strong>cesi questo <strong>su</strong>go aura, spirito, o seme petrifico, e non è altro, che acqua pregna,<br />

così <strong>di</strong> particelle e raschiature petrose, come <strong>di</strong> sali, la cui virtù è <strong>di</strong> rosicare, e<br />

indurire. L’acqua è veicolo delle particelle pietrose, e de’ sali: e per le miniere de’<br />

metalli, delle pietre, e <strong>di</strong> altre terre passando, e per le viscere de’ monti, porta seco<br />

le particelle stesse, e le parti saline, delle quali si fa pregna 3 .<br />

L’acqua, traboccante <strong>di</strong> particelle pietrose e <strong>di</strong> sali, invade il loto coagulato<br />

dal <strong>su</strong>go bituminoso, convertendolo in pietra tanto più dura quanto maggiore<br />

sarà la quantità <strong>di</strong> <strong>su</strong>go bituminoso e <strong>di</strong> sale. Lo stesso <strong>su</strong>go bituminoso, se<br />

si ferma, si coagula imme<strong>di</strong>atamente in pietra e, se invece penetra nel legno,<br />

o in altri corpi porosi, li trasforma in pietra 4 . In questo caso, uno dei rari casi<br />

in cui ciò accade, Gimma cita <strong>Descartes</strong> 5 .<br />

1<br />

Id. p. 61: questo <strong>su</strong>go bituminoso «è quell’aura pingue, che da’ sotterranei fuochi esala, e<br />

condensa il loto a guisa della colla. Esalano speso queste aure per la forza de’ fuochi<br />

sotterranei, i quali sono da altri detti fuoco centrale».<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Ib.: in questo modo si generano le pietre, o ancora «sopra legni, o altri corpi fermandosi,<br />

senza introdursi ne’ pori, in cui non saranno atte le particelle a penetrare, come prive della<br />

sottigliezza necessaria, farà crosta o tartaro pietroso sopra gli stessi legni». In effetti, «così<br />

possono spiegarsi tante petrificazioni <strong>di</strong> animali, <strong>di</strong> piante, e <strong>di</strong> altre cose, delle quali<br />

<strong>di</strong>stintamente scriveremo […] potendo ogni corpo, che ha pori, impietrirsi, ne’ pori il <strong>su</strong>go<br />

petrifico penetrando. Se creder si dovesse alle relazioni degli scrittori, nella stessa maniera<br />

si potranno impietrire corpi intieri <strong>di</strong> animali, e <strong>di</strong> uomini; benchè non siamo troppo facili a<br />

concedere petrificazioni così stravaganti, che <strong>di</strong>versamente riferite si veggono» (id., p. 66).<br />

5<br />

Ib.: «Come <strong>di</strong>ssero l’Agricola, e ‘l Cartesio nell’Epistole, scorrendo per le pietre de’<br />

monti, conduce per le pietre de’ monti, conduce seco molti sali, valevoli a rodere non solo<br />

le parti <strong>su</strong>perficiali delle stese pietre, che ono molli dentro i monti (cioè meno dure per<br />

cagione dei quella umi<strong>di</strong>tà, <strong>di</strong> cui ivi abbondano) ma ezian<strong>di</strong>o de’ metalli; e sono i sali o<br />

volatili, atti a penetrare i corpi, e scioglierli; o fissi, atti a restringerli, unirgli, e fargli duri».<br />

219


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Proprio come il <strong>su</strong>go delle pietre viene definito pietroso, quello dei metalli<br />

si <strong>di</strong>ce metallico e ogni cosa che si produce nella terra ha il <strong>su</strong>o <strong>su</strong>go.<br />

Quanto alle pietre, il <strong>su</strong>go pietrifico è in<strong>di</strong>spensabile perché esse si formino 1<br />

e, in presenza <strong>di</strong> alcune particolari con<strong>di</strong>zioni ambientali, ed il <strong>su</strong>go<br />

pietrifico è copioso e abbondante, la generazione <strong>di</strong> pietre e gemme è<br />

ininterrotta. Questo spiega come mai vi siano delle grotte dove, pur<br />

togliendo «le gemme, e le pietre, dopo alcuni anni nuove gemme, e nuove<br />

pietre si ritruovano; perché il <strong>su</strong>go forma le nuove, e vi concorre ezian<strong>di</strong>o<br />

nuovo seme, dalle <strong>su</strong>e vene, e canali scorrendo» 2 . L’esperienza ha poi<br />

provato che in una stessa miniera si ritrova sempre il medesimo minerale:<br />

oro nella miniera dell’oro, <strong>di</strong>amante in quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>amanti, etc. e, anche nei<br />

casi in cui si trovino in una stessa miniera più metalli, si può riscontrare<br />

facilmente che ve ne è uno in quantità decisamente maggiore. Non basta<br />

allora, nella generazione dei metalli, «il semplice loto, o la semplice acqua»,<br />

che possono indurirsi, ma occorre soprattutto un seme particolare, che<br />

produce il minerale della <strong>su</strong>a propria specie e non un altro «imperocchè<br />

ciascheduno è lavorato dal <strong>su</strong>o spirito seminale, ed architetto, che la <strong>su</strong>a<br />

sostanza produce; avendo creato Dio i seminari, come principi delle cose,<br />

de’ quali ciascheduna spezie la <strong>su</strong>a forma riceve» 3 .<br />

L’ampia <strong>di</strong>scussione riservata al ‘<strong>su</strong>go pietroso’ e alle <strong>su</strong>e proprietà, mostra<br />

in Gimma una matura consapevolezza della funzione dell’ipotesi nella<br />

spiegazione dei fenomeni naturali. Una conoscenza certa si costruisce <strong>su</strong><br />

ipotesi verificabili. Ciò esclude dall’ambito dello scientifico sia ciò che non<br />

è verificabile (il ‘favoloso’, nella terminologia <strong>di</strong> Gimma), sia ciò che non è<br />

verificato più volte (e dunque ‘noverato manchevomente’ «da’ singolari, e<br />

mal concepiti»). La verifica dell’ipotesi – è questa la tesi sottintesa nella<br />

1 Id., p. 67-68: «non si fanno le pietre in ogni luogo, perché non da per tutto vi è il seme o<br />

<strong>su</strong>go petrifico; né ogni tera è <strong>di</strong>sposta a ricevere la virù <strong>di</strong> tale <strong>su</strong>go. Così nella Libia, e<br />

nell’Arabia non si generano le pietre; perché dal calor sotterraneo troppo ardente <strong>di</strong> quella<br />

regione, perde il <strong>su</strong>go la <strong>su</strong>a forza, e ‘l bitume <strong>di</strong> continuo è troppo liquido […]. Così non si<br />

fanno in ogni luogo le gemme; perché non in ogni luogo è <strong>di</strong>sposta la terra, né in ogni luogo<br />

vi è il <strong>su</strong>go petrifico proporzionato».<br />

2 Id. p. 68.<br />

3 Ib. È vero che «cessano alle volte nelle miniere le produzioni; altre volte per molti secoli<br />

continuare si veggono: e ciò avviene dalla conservazione de’ semi o spiriti minerali, e dalla<br />

crescenza, o mancamento loro. Quin<strong>di</strong> è, che tolte le pietre dalla <strong>su</strong>a miniera, altre pietre<br />

talvolta <strong>di</strong> nuovo non si generano; perché manca il <strong>su</strong>o seme architetto, colla cui forza la<br />

terra in pietra si converte» (id., p. 69).<br />

220


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Fisica sotterranea – può avvenire in un altro modo: la congettura deve<br />

presentarsi come ‘ragione fondata’, ossia essere capace <strong>di</strong> spiegare<br />

coerentemente fenomeni che non è possibile osservare per i limiti<br />

connaturati all’uomo e alla strumentazione <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone. La congettura dei<br />

‘<strong>su</strong>ghi’ è una <strong>di</strong> queste ipotesi che permette a Gimma <strong>di</strong> spiegare<br />

‘razionalmente’ le questioni relative ai fossili, alla formazione dei monti,<br />

alle loro mo<strong>di</strong>ficazioni e a tutti quei fenomeni che Gimma – ma non solo lui<br />

– accorpa sotto il titolo ‘generazione’.<br />

La congettura dei ‘<strong>su</strong>ghi’ gli sembrava spiegare, ad esempio, la<br />

stratificazione dei monti. Era il concorrere dei <strong>su</strong>ghi in uno stesso luogo, che<br />

spiegava perché i monti apparissero <strong>di</strong>sposti <strong>su</strong> strati <strong>di</strong> materia <strong>di</strong>versa,<br />

come se fossero «fatti in più volte, perché vari sono gli strati della materia<br />

che gli compongono» 1 . La <strong>su</strong>a congettura relativa al <strong>su</strong>go pietrifico e alla<br />

azione contemporanea <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>su</strong>ghi pietrifici, era una risposta alla<br />

congettura <strong>di</strong> Vallisneri. Quest’ultimo spiegava gli strati ipotizzando <strong>di</strong>verse<br />

inondazioni che avevano determinato le <strong>su</strong>ccessive stratificazioni 2 :<br />

alcuni strati si sollevano sopra il piano della terra, come una crosta sopra l’altra,<br />

ognuna sembrando lasciata in forma <strong>di</strong> posatura da varie inondazioni; e questi<br />

alcuni sono <strong>di</strong> pura terra, altri <strong>di</strong> sabbia, e <strong>di</strong> piccioli sassolini, altri <strong>di</strong> densa argilla,<br />

o <strong>di</strong> creta; altri <strong>di</strong> un misto <strong>di</strong> arene, e <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong> grandezza e <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa:<br />

altri <strong>di</strong> sola pietra, o <strong>di</strong> tufo, o <strong>di</strong> marmo, o <strong>di</strong> gesso, o <strong>di</strong> calce, o <strong>di</strong> tartaro, o <strong>di</strong><br />

varie vene, e materie metalliche, e minerali: altri <strong>di</strong> sole arene, e <strong>di</strong> spoglie <strong>di</strong><br />

animali insetti, <strong>di</strong> chiocciole, <strong>di</strong> piante, <strong>di</strong> pesci marini: altri <strong>di</strong> pietra scissile, atta a<br />

<strong>di</strong>vidersi in lastre: altri cavernosi, altri soli; come si possono veder le figure nel<br />

1 Id., p. 69: «in uno stesso monte varie produzioni si formano: e come in se stesse <strong>di</strong>viso in<br />

più parti, varie materie, e corpi minerali contenere in ciascheduna <strong>di</strong> esse, senza veruna<br />

comunicazione tra loro».<br />

2 Scrive M. L. Soppelsa, nella Introduzione a J. RICCATI – A. VALLISNERI, Carteggio<br />

(1719-1729)…, cit., p. 14: «una <strong>di</strong>alettica continuità interna si <strong>di</strong>spiega coerentemente dalla<br />

ricerca della vera origine delle fonti perenni alla spiegazione degli impietramenti montani,<br />

dai fossili al <strong>di</strong>luvio, dalle con<strong>di</strong>zioni climatiche, etologiche, antropologiche pre<strong>di</strong>luviane a<br />

quelle post<strong>di</strong>luviane, dal <strong>di</strong>luvio universale o particolare alla teoria <strong>di</strong> varie inondazioni, dal<br />

racconto noetico al problema degli insetti, dall’origine degli insetti alla confutazione della<br />

generazione spontanea e alla riproposizione del problema della generazione dell’uomo e<br />

degli animali». Anche Gimma si muove all’interno <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>battito, e se le posizioni e le<br />

soluzioni da lui proposte sono spesso <strong>di</strong>stanti da quelle <strong>di</strong> Vallisneri (si pensi alla somma<br />

prudenza con cui Gimma accenna, in ogni occasione, al problema del <strong>di</strong>luvio), i problemi<br />

posti ne fanno un interlocutore se non privilegiato comunque presente.<br />

221


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Problema delle Fontane del Valsinieri [sic!] 1 .<br />

Alcuni strati, poi, sono concavi e servono per ricettacoli delle acque e poi<br />

fuoriescono dal monte formando i fiumi e le fonti 2 .<br />

1 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 69. Cfr. A. VALLISNERI, Opere fisicome<strong>di</strong>che<br />

stampate e manoscritte […], corredate d’una prefazione in genere sopra tutte, e<br />

d’una in particolare sopra il Vocabolario della Storia Natura.e, ded<strong>di</strong>cate agli Illustriss. ed<br />

Eccell. Signori Riformatori della stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Padova, 3 tt., in Venezia, appresso Sebastiano<br />

Coletti, 1733, p. 14: «paiono i monti, a chi ben bene coll’occhio li mira e colla mente li<br />

pondera, quasi tutti fatti in più volte, tanto varia è la materia che li compone, essendo <strong>di</strong><br />

molti strati, l’uno sovra l’altro composti. Riescono simili a que’ luoghi dove sono state valli<br />

o cavità, che allagati in <strong>di</strong>versi tempi e molte volte da’ fiumi che traboccano, vengono ad<br />

esser riempiti e formati come <strong>di</strong> tanti tavolati e bellette <strong>di</strong>verse, quante sono state le<br />

inondazioni; il che manifestamente si vede nel far cavare nuovamente a perpen<strong>di</strong>colo in<br />

qualche sito de’ medesimi. In maniera non punto <strong>di</strong>ssimigliante appariscono formati i<br />

monti, cioè <strong>di</strong> strati, o <strong>di</strong> tavolati, ma sollevantisi sovra il piano della terra, come una crosta<br />

sovra l’altra, ognuna delle quali sia stata lasciata in forma <strong>di</strong> posatura da varie inondazioni,<br />

in tempi a noi ignoti seguite, eccettuata quella dell’universale <strong>di</strong>luvio. Queste posature sono<br />

alcune <strong>di</strong> pura terra […] alcune <strong>di</strong> sabbia e <strong>di</strong> piccoli ciottoletti o sassolini che paiono<br />

essere stati rotolati qualche volta pe’ fiumi, essendo tutti smussati e ritondati; altre <strong>di</strong> densa<br />

argilla o creta […]; altre d’un misto d’arene e <strong>di</strong> pietre […]; altre <strong>di</strong> sola pietra o <strong>di</strong> tufo o <strong>di</strong><br />

marmo o <strong>di</strong> geso o <strong>di</strong> calcio o <strong>di</strong> tartaro o <strong>di</strong> varie vene e materie metalliche e minerali; altre<br />

<strong>di</strong> sole arene e spoglie d’animali, insetti, chiocciole, piante e pesci marini; altre <strong>di</strong> una certa<br />

pietra, detta scissile, perché in varie lastre o lamine facilmente si <strong>di</strong>vide, infra le quali si<br />

trovano imprigionati, e a guisa <strong>di</strong> mummie inari<strong>di</strong>ti e conservati pesci veri <strong>di</strong> mare e<br />

d’acqua dolce, granchi e gamberi marini, ricci, […]; altre ne contengono d’una sorta sola,<br />

altre <strong>di</strong> due o tre, altre varie, altre tutte, altre pura e schietta rena <strong>di</strong> mare. Ma qui non<br />

termina questa strana <strong>di</strong>versità degli strati […] e ciò ch’è degno d’osservazione, si vede che<br />

molti <strong>di</strong> questi marmi ora durissimi, e quasi invincibili, furono un giorno come pasta<br />

tenerissima, o un corpo fluido, perché dentro <strong>di</strong> loro si trovano rinchiusi, e come impaniati<br />

e incarcerati animai da acqua e da terra, o erbe e piante».<br />

2 Sull’interesse <strong>di</strong> Gimma per il problema della formazione dei fiumi cfr. G. GIMMA, Sylva<br />

I…, pp. 6-8 dove, sotto il titolo Fluminum origo, viene riportata la recensione <strong>di</strong> J. Wallis a<br />

Isaacus Vossius de Nili et aliorum fluminum origine, in Acta philosophica…, cit., mensis<br />

septemb. 1666, pp. 241-243. Questa recensione è inserita in una Relatio Diversorum<br />

librorum nuper e<strong>di</strong>torum <strong>di</strong> cui è autore Wallis (cfr. id., pp. 238-246), <strong>di</strong> cui Gimma salta<br />

tutte le pagine in cui Wallis critica l’opera <strong>di</strong> Isaac Voss. Sulla presenza <strong>di</strong> questo tema cfr<br />

anche Isaacus Vossius de Nili et aliorum fluminum origine, in 4, Hagae comitis, in Il<br />

Giornale de Letterati per tutto l’Anno 1674, in Roma, per Nicolò Angelo Tinassi, 1674, pp.<br />

25-28: «Nel XII Giornale dell’anno 1671, si riferì un Discorso […] intorno alla cagione<br />

dell’inondatione del Nilo: e in questo libro d’Isaaco Vossio si descrive non solo<br />

l’inondatione, ma l’origine <strong>di</strong> esso, e degli altri fiumi ancora. 1. Dice che que’ canali<br />

sotterranei, per cui <strong>di</strong>versi filosofi pretendono che il mare si scarichi ne’ fiumi, sono non<br />

solo imaginarri ma inutili, essedno impossibile che l’acqua salga da luoghi sotterranei sopra<br />

le motagne dove sono or<strong>di</strong>nariamente le sorgenti de’ fiumi. 2. Spiega perche se si mette un<br />

cannello in un bacile pieno d’acqua, questa si vede stare più alta nel cannello che nel bacile,<br />

e che sale più a proportione che il cannello è stretto: all’incontro se si mette il medesimo<br />

cannello in un vaso pieno d’argento vivo, l’argento vivo resta più basso nel cannello, che<br />

222


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Debbo, tuttavia, precisare, che il <strong>su</strong>go pietrifico <strong>di</strong> cui parla Gimma non è un<br />

principio vitale insito nella materia, una forza plastica, ma è molto vicino<br />

agli elementi chimici <strong>di</strong> Paracelso e Boyle. Un principio inerente alle<br />

macchine dei corpi e dei vegetali, in tutto simile al seme <strong>di</strong> animali e piante,<br />

con la medesima funzione riproduttiva.<br />

Egli, in tal modo, attacca il principio <strong>di</strong> una fissità della natura (e riconosce<br />

che anche Vallisneri lo fa) contro le congetture aristoteliche tra<strong>di</strong>zionali<br />

sostenute dal padre Riccioli:<br />

i monti col principio del mondo vi sono stati, e molti ad una smi<strong>su</strong>rata altezza si<br />

sono colla cima sollevati anche sopra le nuvole […]. Aristotele riferisce, che nella<br />

cima del monte Olimpo dell’Asia, furono ritrovati i Caratteri segnati da molti anni<br />

nella polvere: perché ivi i venti, le pioggie, e le nevi non si fanno 1 .<br />

nel Cile<br />

è la famosa Cor<strong>di</strong>gliera, che Serra si <strong>di</strong>ce […] saranno in tutto poco meno <strong>di</strong><br />

settemila e cinquecento miglia, costeggiando sempre la terra. È così grande<br />

l’altezza, che tre, e quattro giorni si spendono nel salire alla cima più alta […] e<br />

ritrovandosi alcuno in quell’altezza de’ monti, pare, che calpesti le nuvole 2 .<br />

L’esistenza e le <strong>di</strong>mensioni dei monti, attestate fin dall’antichità, sono un<br />

argomento, che Gimma registra contro l’opinione che essi siano stati<br />

originati dal Diluvio («Fallopio nega con Aristotile, che sian fatti dal<br />

Diluvio»): originati «a caso dall’acqua» come aveva sostenuto l’Agricola 3 .<br />

nel vaso. La ragione che ne rendo, è, che l’acqua attaccandosi facilmente a tutto quel che<br />

tocca, vien sostenuta da’ lati del cannello dove è chiusa: e in effetto se il cannello affatto si<br />

ritira fuor dell’acqua, ella non cade tutta, ma tanta ve ne resta quanta i lati del cannello ne<br />

possono sostenere. Perciò l’acqua sostenuta da’ detti lati non pesando più sopra quella che<br />

stà nel bacile, è spinta in <strong>su</strong> e si mantiene alzata sopra il <strong>su</strong>o livello: Mà l’argento-vivo non<br />

attaccandosi così facilmente come l’acqua alle cose che tocca, non si sostiene da’ lati del<br />

cannello: e così non sale sopra il <strong>su</strong>o livello, ma più tosto cala a basso, perché il cannello<br />

stretto impe<strong>di</strong>sce la forza che fa l’argento-vivo per salir al <strong>su</strong>o livello. Aggiunge che<br />

quest’osservazione non fa niente per la spiegatione dell’origine de’ fiumi, perhce se bene è<br />

vero che l’acqua sale in questo modo sopra il <strong>su</strong>o livello, non esce però mai fuori do sopra<br />

al cannello. Risponde poi alle ragioni che or<strong>di</strong>nariamente si allegano per mantenere<br />

quest’opinione».<br />

1 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 70.<br />

2 Ib. Cfr. <strong>su</strong>lle relazioni dal Regno del Cile G. GIMMA, Sylva V…, pp. 1-43.<br />

3 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 70.<br />

223


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Solo ipotizzando che la generazione/trasformazione delle pietre sia<br />

determinata da <strong>di</strong>fferenti ‘<strong>su</strong>ghi’ si può spiegare la stratificazione e le<br />

<strong>di</strong>fferenziazioni osservabili nei monti:<br />

se, dunque, uguali fossero i <strong>su</strong>ghi, e tutti <strong>di</strong> una stessa materia, e <strong>di</strong> una stessa<br />

forza, una materia consimile ancora comporrebbero: ma perché sono <strong>di</strong>verse, vari<br />

minerali vengono anche a formare; onde varie miniere <strong>di</strong> pietre, <strong>di</strong> qualità, e <strong>di</strong><br />

grandezza formano, secondo la qualità, e la quantità loro. Così i <strong>su</strong>ghi pietrosi<br />

forman pietre, i metallici formano metalli, o le pietre loro metalliche, e nella stessa<br />

gisa formano vari minerali; perlocchè sono i <strong>su</strong>ghi, come semi <strong>di</strong> quelle materie,<br />

che vengono a formare; e perché non sono in ogni luogo i <strong>su</strong>ghi <strong>di</strong> una materia,<br />

come <strong>di</strong> pietra o <strong>di</strong> metallo; però non si veggono in ogni luogo le pietre, o i<br />

metalli 1 .<br />

Questo «<strong>su</strong>go, o spirito petrifico ha non solo il potere <strong>di</strong> causare, ma anche<br />

quello <strong>di</strong> conservare fissare, fermare e <strong>di</strong>struggere la vegetazione. Esso,<br />

infatti, può privare i corpi <strong>di</strong> quel calore interno, <strong>di</strong> quel moto «che faceagli<br />

vegetare, e crescere, e conservare nel loro essere e natura, convertendogli in<br />

pietra». Questo vale anche per gli animali i quali smettono <strong>di</strong> vegetare,<br />

muoversi e vivere, perché lo spirito petrifico, «toccando appena le viscere<br />

loro, colle quali le funzioni animali, e vegetevoli si fanno; anzi <strong>di</strong>sturbando,<br />

ed occupando gli organi necessari, otturando i pori, e fermando il sangue, e i<br />

liqui<strong>di</strong>, quel che tocca, in pietra converte» 2 .<br />

Anche <strong>su</strong>lla questione della generazione, interagiscono in Gimma dottrine<br />

aristoteliche (per quella parte <strong>di</strong> scientifico che vi è in esse) e dottrine<br />

corpuscolari: il movimento dalla potenza all’atto, dalla materia alla forma<br />

con l’attività del movimento dei corpuscoli <strong>di</strong> cui è costituita tutta la<br />

materia, uomini, piante, minerali. A tutti i corpi, egli scrive appartiene un<br />

movimento naturale: essi «dalla prima loro nascita si nutriscono, e si<br />

accrescono: ed acquistata una dovuta grandezza, nel loro proprio vigore si<br />

conservano» 3 . Questo movimento e questa conservazione comune a tutti i<br />

corpi egli definisce ‘vegetazione’: alcuni moderni hanno «cominciato a<br />

stabilire la vegetazione nelle pietre, ed anche ne’ metalli, non <strong>di</strong>ssimile da<br />

quelle delle piante, ed altresì degli animali» 4 . Giorgio Baglivi, soprattutto,<br />

1 Id., p. 71.<br />

2 Id., p. 78.<br />

3 Id., p. 72.<br />

4 Id., p. 73.<br />

224


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

ha esplorato questo il regno minerale e ha provato, <strong>su</strong>o malgrado, che esiste<br />

una vegetazione delle pietre: è stato costretto, dunque, «a crederla [la<br />

generazione], perché le pietre, che veggiamo <strong>di</strong> sostanza più dura, potevano<br />

vegetare, e crescere, quando ancora erano nella loro matrice, come loro<br />

utero; ma non dopo che sono recise» 1 .<br />

Baglivi ha dovuto ammettere la generazione dei minerali. Egli ha esteso a<br />

tutta la natura la <strong>su</strong>a teoria me<strong>di</strong>ca secondo la quale la generazione e la<br />

conservazione <strong>di</strong> tutte le cose consiste in un moto proporzionato, mentre la<br />

corruzione <strong>di</strong>penderebbe dalla cessazione <strong>di</strong> questo moto 2 . E se nel corpo è<br />

il sangue il motore del movimento, nella natura questa funzione viene<br />

assolta dal mare che ha un moto perpetuo «e così molte generazioni e<br />

corruzioni» si fanno 3 . Le pietre e le gemme, così, ri<strong>su</strong>ltano essere un<br />

composto, o un misto, <strong>di</strong> acqua, terra e <strong>di</strong> sale, che fissa la mistione <strong>di</strong> acqua<br />

e terra e la indurisce sino a renderla pietra:<br />

Che la pietra generata debba necessariamente crescere, e vegetare quando sta nelle<br />

<strong>su</strong>e ra<strong>di</strong>ci, e nella <strong>su</strong>a matrice; perché essendo prima tenera, e molle; ed essendo la<br />

circolazione dell’acqua continua per li luoghi sotterranei, ne segua, che possano le<br />

pietre crescere, e vegetare a guisa delle piante, perché i pori delle pietre danno<br />

facile corso alle acque. Che si faccia la nutrizione per iuxta positionem della<br />

particola nutritiva; perché negli animali, e nelle piante iuxta ponitur l’alimento per<br />

li propri canali; ma nelle pietre per li pori a ‘i pori; essendo quelle porose. Che<br />

abbiano un determinato alimento, ed un’accrescimento datogli dalle leggi della<br />

natura; così altre cose adduce, che appartengono alla generazione delle pietre 4 .<br />

1 Id., p. 74 e nella stessa p.: Baglivi non fa menzione «dell’anima, della vita, del sesso, e <strong>di</strong><br />

altre cose, che alla vegetazione si assegnano, e a quella si accompagnano». Cfr. G. GIMMA,<br />

Sylva III…, cit., pp. 227-241, in particolare a p. 227, dove Gimma riporta l’opinione <strong>di</strong><br />

Baglivi che «<strong>di</strong>ce, che observatione, et experientia lapicidarum ad<strong>di</strong>scere potui; satis<br />

<strong>su</strong>perque me movent, ut credam lapides in <strong>su</strong>is matricibus nutriri, crescere, ac vegetare».<br />

2 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 74. Cfr G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 233:<br />

«Sicuti rerum creatarum omnium generatio, ac conservatio in peculiari quodam motu<br />

omnibus corporibus debito secundum uniuscuiusque <strong>di</strong>versam naturam consistit, et<br />

corruptio in ipsiusmet motus cessatione, qua de causa corpus necessario mutari debet,<br />

as<strong>su</strong>mendo aliquam formam speciem, atque naturam; ita etiam Lapidum generationem, ac<br />

vegetationem necesse est pendere a communi quadam causa, quae et fluminibus originem,<br />

et lapi<strong>di</strong>bus vegetationem praebet, quaeque in continuo motu, et circulatione existens<br />

admiranda parit in <strong>su</strong>bterraneis phaenomena».<br />

3 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 74. Cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., pp. 236-<br />

237.<br />

4 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, pp. 74-75.<br />

225


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Per Baglivi la generazione e la conservazione <strong>di</strong> tutte le cose create sono<br />

dovute ai peculiari moti <strong>di</strong> animali, piante e minerali. La corruzione si ha<br />

quando cessa il moto, «onde bisogna, che il corpo prenda altra forma,<br />

spezie, e natura» 1 . Il moto del mare è causa della generazione dei liqui<strong>di</strong>, dei<br />

sali e degli zolfi, delle terre, delle acque e degli spiriti «poicchè col calor del<br />

sole si fanno varie fermentazioni nella terra, nell’aria, e varie generazioni, e<br />

corruzioni. Così ancora ne’ sotterranei luoghi colla forza del calor centrale,<br />

il che <strong>di</strong>mostrano il Burneto, e Francesco Patrizi» 2 .<br />

L’ingegnosa ipotesi <strong>di</strong> Baglivi, osserva Gimma, si basa <strong>su</strong> una similitu<strong>di</strong>ne<br />

della circolazione delle acque del mare con quella del sangue, assolutamente<br />

non provata. Giacché egli non <strong>di</strong>mostra che pietre e vegetali <strong>di</strong>spongano <strong>di</strong><br />

organi uguali a quelli dell’uomo: «l’acqua [del mare] passa per li pori della<br />

pietre; ma non avrà il <strong>su</strong>o moto circolare in una stessa pietra, o miniera,<br />

come ha il sangue in ciascheduno animale, terminando, e continuando il <strong>su</strong>o<br />

moto, donde ha cominciato a muoversi» 3 ; l’acqua del mare circola<br />

attraverso tutte le miniere allo stesso modo, mentre il moto del sangue «è<br />

particolare a ciascheduno animale […] perché è proprio dell’animale stesso;<br />

ne gli viene da fuori, o da luogo straniero». Baglivi non può dunque<br />

«avverare la circolazione delle acque del mare nella pietra, atta a farla<br />

crescere, come negli animali la circolazione del sangue, e nelle piante la<br />

circolazione dell’umore si avvera». La circolazione delle acque marine<br />

dunque non sarà la vera causa della generazione delle pietre. Lo scorrere<br />

dell’acqua il <strong>su</strong>o infiltrarsi nei pori delle pietre, il <strong>su</strong>o stagnare nella miniera<br />

«potrà condur seco altro corpo fluido, ed aggiugnerlo alla pietra; e sempre<br />

1 Id., p. 85. Cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 233: «Sicuti rerum creatarum omnium<br />

generatio, ac conservatio in peculiari quodam motu omnibus corporibus debito secundum<br />

uniuscuiusque <strong>di</strong>versam naturam consistit, et corruptio in ipsiusmet motus cessatione, qua<br />

de causa corpus necessario mutari debet, as<strong>su</strong>mendo aliquam formam speciem, atque<br />

naturam; ita etiam Lapidum generationem, ac vegetationem necesse est pendere a communi<br />

quadam causa, quae et fluminibus originem, et lapi<strong>di</strong>bus vegetationem praebet, quaeque in<br />

continuo motu, et circulatione existens admiranda parit in <strong>su</strong>bterraneis phaenomena. Hanc<br />

autem esse mare si <strong>di</strong>xero, forsan non multum a veritate <strong>di</strong>scessero».<br />

2 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 85. E ancora: «da questi sentimenti, i quali<br />

più <strong>di</strong>ffusamente spiega il Baglivo, egli cava, che le acque del mare perpetuamente<br />

scorrono, e per la terra circolando, sono cagione <strong>di</strong> varie produzioni; e però crescano le<br />

pietre, che prima sono molli, e vegetano come le piante, e gli animali, per essere i pori delle<br />

pietre atti a concedere il corso dell’acque».<br />

3 Id., p. 86.<br />

226


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

farà quel crescere impropriamente detto, cioè per ad<strong>di</strong>tionem partis ad<br />

partem» 1 .<br />

Dal primo errore, derivano in Baglivi numerosi altri. Gimma li esamina in<br />

dettaglio e le critica per ciò che pre<strong>su</strong>ppongono: una considerazione della<br />

natura dove non vengono evidenziate le <strong>di</strong>fferenze nella generazione e<br />

conservazione tra animali, piante e minerali: non una analogia ma una<br />

uguaglianza <strong>di</strong> leggi governa una natura vista come un continuum. Le pietre<br />

non sono, dunque, piante e non sono neanche simili alle piante o agli<br />

animali, contrariamente a quanto ritiene Baglivi 2 . La <strong>di</strong>fferenza da Baglivi è<br />

nella modalità della generazione. Per l’abate la generazione delle pietre non<br />

avviene «per ad<strong>di</strong>tionem partis ad partem» né esse si alimentano «per intus<strong>su</strong>sceptionem<br />

delle parti nutritive» 3 . Le pietre non sono della stessa natura<br />

delle piante e degli animali. Vi è una analogia che non implica identità: le<br />

pietre assomigliano «al <strong>su</strong>o modo […] alle piante, ed agli animali; non che<br />

della natura degli animali, e delle piante quelle sieno» 4 .<br />

Insomma, le analisi <strong>di</strong> Baglivi non sono con<strong>di</strong>visibili, esattamente come non<br />

sono con<strong>di</strong>visibile le osservazioni <strong>su</strong>lla vegetazione delle pietre che hanno<br />

condotto Tournefort e Fontenelle «secondo che ce ne ha data notizia il<br />

virtuosissimo Valsinieri [sic!]» 5 .<br />

Gimma passa all’esame delle congetture <strong>di</strong> Tournefort e <strong>di</strong> Fontenelle. Del<br />

primo osserva che la <strong>su</strong>a teoria, <strong>su</strong>ffragata dall’osservazione <strong>su</strong>lle pietre<br />

frantumate, secondo la quale le pietre si nutrono <strong>di</strong> «un <strong>su</strong>go, che viene dal<br />

<strong>di</strong> dentro, come le piante, e gli animali», implica l’equiparazione del <strong>su</strong>go ad<br />

un seme che le pietre posseggono 6 : «tutte le configurazioni <strong>di</strong> un corpo,<br />

1 Id., p. 87.<br />

2 Id., p. 79: «afferma lo stesso dotto Baglivo, che le pietre sieno alle piante, ed agli animali<br />

in tutto simili; e però nella stessa guisa si nutriscano, vegetino, e crescano, ciascheduna<br />

nella <strong>su</strong>a miniera: cioè gli animali, e le piante per iuxta positionem della particella nutritiva<br />

alla parte da nutrirsi per mezo de’ propri canali, ed organi: le pietre per poros ad poros».<br />

3 Id., p. 75.<br />

4 Ib.: «abbiamo invero una somma ripugnanza incontrato nel vederci costretti ad opporci in<br />

parte al sentimento degli antichi, e quasi in tutto quelche cercano stabilire alcuni moderni; e<br />

molto più a contrad<strong>di</strong>re all’ingegnosissimo Giorgio Baglivo. Ma perché più amica è la<br />

verità, che altra cosa, non potendo abbracciare l’altrui sentenza: e bisognando esaminare la<br />

vegetazione <strong>su</strong>pposta, e <strong>di</strong>mostrata nelle pietre, cre<strong>di</strong>amo non esser <strong>di</strong>sconvenevole<br />

proporre le nostre <strong>di</strong>fficoltà agli Eru<strong>di</strong>ti» (id., pp. 75-76).<br />

5 Id., p. 93.<br />

6 Id., p. 94: «costantemente <strong>di</strong> una stessa specie, come le volute, le stellarie, e simili, le<br />

quali invariabili figura fanno conoscere esservi le loro specie, come vi sono le specie degli<br />

227


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

tanto esteriori, quanto interiori, determinate in una specie, provano una<br />

organizzazione» che <strong>di</strong>pende dalla semenza: «egli è necessario […] che tutte<br />

dalla medesima nascano; essendo tale il genio della natura. Le rupi, o gli<br />

scogli, che non paiono, che masse informi, seguiranno la medesima legge, <strong>di</strong><br />

quelle pietre curiose, che hanno molto più l’aria <strong>di</strong> corpo organizzato». Del<br />

secondo che ha ampliato e legittimato il <strong>di</strong>scorso avviato da Tournefort,<br />

avanzando l’ipotesi della uniformità della natura nelle <strong>su</strong>e regole generali, e<br />

della <strong>su</strong>a <strong>di</strong>versità nelle applicazioni particolari 1 : tutti gli animali nascono<br />

dall’uovo, e tutte le piante dai semi, tutti i minerali nascono dai semi («non<br />

vi restava più altro, che <strong>di</strong> comprendere anche i fossili», è il commento <strong>di</strong><br />

Gimma).<br />

Gimma riconduce gli errori <strong>di</strong> Tournefort ad osservazioni in<strong>su</strong>fficienti e non<br />

accurate: «bisognava rompere quella materia; vedere, se <strong>di</strong> dentro era<br />

venuta, o pure se era solamente attaccata nella parte esteriore; come più<br />

facilmente poteva quella poca materia cresciuta formarsi, in quelle cavità<br />

posandosi, e dalle acque prodursi»; non «filosofare a capriccio, e formare un<br />

ente <strong>di</strong> ragione» 2 ; verificare la reale capacità dei microscopi e non sostenere<br />

l’impossibilità che tali strumenti potessero vedere l’esistenza <strong>di</strong> organi<br />

riproduttivi in pietre e vegetali. Se tali organi sono stati osservati nelle<br />

piante e negli animali è perché lì vi sono: anche il più perfetto e potente<br />

microscopio non può scoprire il seme delle pietre che «<strong>di</strong>cesi <strong>su</strong>go<br />

pietroso» 3 . Quanto all’affermazione <strong>di</strong> Fontenelle, Gimma con<strong>di</strong>vide le<br />

affermazioni riguardanti «l’uniformità della natura nelle regole generali, e la<br />

<strong>di</strong>versità nelle cose particolari», ma questa universalità, secondo l’abate, si<br />

<strong>di</strong>fferenzia secondo i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> complessità dei corpi, dato che «i vegetevoli e<br />

i sensibili, che hanno i gra<strong>di</strong> de’ viventi, hanno ancora la loro vegetazione,<br />

la nutrizione, la vita; hanno i loro veri semi, col cui mezo si propagano, che<br />

<strong>di</strong>r possiamo perfetti a riguardo de’ corpi insensibili, i quali, benchè sieno<br />

perfetti nel loro genere, sono però imperfetti a riguardo de’ sensibili; non<br />

avendo i veri semi, gli organi, e le altre perfezioni, che agli stessi sensibili, e<br />

animali».<br />

1 Ib.: Fontenelle «giu<strong>di</strong>ca essere nella via della verità quelli, che co’ i medesimi principi<br />

fanno comparire <strong>di</strong>fferenti combinazioni».<br />

2 Id., p. 97.<br />

3 Id., p. 99.<br />

228


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

vegetevoli sono necessarie» 1 . Pietre, fossili e metalli, che appartengono al<br />

regno inanimato non possono nascere dall’uovo, perché non sono né<br />

‘vegetevoli’ nè sensibili 2 . In questo modo viene infatti preservata<br />

l’uniformità della natura e così come viventi e ‘sensibili’ hanno bisogno dei<br />

loro semi, «che sono come uova», i fossili hanno i loro semi nel loro <strong>su</strong>go<br />

«atti a produrre i corpi a se simili in quei luoghi, ove trapelano, o pur dove<br />

si fermano; e così possono perpetuare le loro spezie, e mostrare una<br />

maniera, o similitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> vegetazione, non rigorosa come ne’ viventi, ma<br />

per ad<strong>di</strong>tionem partis ad partem» 3 .<br />

La composizione dei monti, «che si vede fatta da strati sopra strati»,<br />

<strong>di</strong>mostra inequivocabilmente – è questa la conclusione <strong>di</strong> Gimma - la falsità<br />

della vegetazione: se si <strong>su</strong>ppone nelle pietre la vegetazione, allora, tale<br />

vegetazione comporterebbe la crescita <strong>di</strong> un solo strato <strong>di</strong> pietra che in tal<br />

modo formerebbe tutto il monte <strong>di</strong> una unica e non composta materia. Gli<br />

strati <strong>di</strong>versi mostrano invece con evidenza che le montagne crescono grazie<br />

all’aggiunta <strong>di</strong> materia nuova e <strong>di</strong>versa, aggiunta che avviene grazie ai venti,<br />

o alle inondazioni, o per altre ragioni ancora, «e questo non è altro che<br />

crescere per ad<strong>di</strong>tionem partis ad partem» 4 .<br />

Le pietre, i metalli e i fossili non hanno anima, né vegetano; e i fossili non<br />

vanno confusi con i minerali: «presa la voce minerale nel <strong>su</strong>o ampio<br />

significato, s’intendono minerali tutti quei corpi naturali misti, che si<br />

generano nella terra, e nelle miniere, i quali non si contengono sotto i<br />

vegetevoli, e gli animali». Più precisamente «la voce Minerale, significa<br />

tutte quelle cose, che partecipano de’ metalli, ma non sono perfettamente<br />

metalli», al punto che sono anche definiti ‘mezzi metalli’ o ‘metalli<br />

secondari’ 5 .<br />

1 Ib.<br />

2 Ib. Malgrado ciò, pur non avendo l’uovo «hanno non<strong>di</strong>meno il lor seme valevole a<br />

propagarle, che nell’or<strong>di</strong>ne loro è perfetto; ma imperfetto a riguardo degli altri or<strong>di</strong>ni;<br />

bastano però loro quel seme, secondo che gli fu dalla Natura, o più tosto dall’Autor della<br />

Natura stabilito» (ib.).<br />

3 Ib.: «Così ancora sotto le generazioni, che fa la natura dal seme, non solo gli animali, e le<br />

piante vengono apertamente compresi; ma i fossili altresì nel lor modo; e così il piano della<br />

natura è <strong>di</strong>venuto più generale, qualche cosa variando, secondo i vari or<strong>di</strong>ni de’ misti».<br />

4 Ib.<br />

5 Id., p. 295. «Dividono alcuni i minerali in maggiori, minori e mezi minerali: e <strong>di</strong>cono<br />

maggiori i mettali, e quei, che a’ metalli si accostano […]; minori <strong>di</strong>cono il vitriolo, il sale<br />

[…]; mezi minerali chiamano quelle cose, che in qualche maniera toccano i principi<br />

metallici, e sono detti spiriti, perché nel fuoco sono volatili, e facilmente se ne vanno in<br />

229


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Fossili sono dunque «quelle cose, che dalla terra si cavano, e sono la<br />

maggior parte»; alcuni <strong>di</strong> essi scorrono, mentre «altri fissi si fermano nel<br />

termine loro», come ha mostrato Libavio; possono essere <strong>su</strong>d<strong>di</strong>visi in mezzi<br />

minerali, pietre e metalli, come <strong>su</strong>ggerisce Charleton. I minerali che<br />

scorrono sono gli aliti, gli spiriti, e i liquori; quelli fissi «tutti della natura<br />

delle pietre sono partecipi, o dalle pietre loro molti si formano» 1 ,<br />

esattamente «quelle cose, che sono nel termine loro» 2 . Tra i minerali fissi, vi<br />

è il cristallo naturale e fossile così centrale per la scienza moderna. Gimma<br />

ricorda l’invenzione del telescopio e del microscopio e <strong>di</strong> «tanti altri<br />

stromenti, da cui tante sperienze, e nuovi lumi si sono ricevuti, assai<br />

bastevoli alle cognizioni filosofiche» 3 .<br />

Alla base dei progressi del rinnovamento della me<strong>di</strong>cina e della filosofia, il<br />

microscopio viene esaltato in molte pagine che rivelano come per l’abate la<br />

teoria non possa in nes<strong>su</strong>n caso essere separata dalla pratica: il microscopio,<br />

che pure «non ancora è giunto alla <strong>su</strong>a maggior perfezione» ha svelato la<br />

minuta tessitura del corpo e delle <strong>su</strong>e parti «negli animali, nelle piante, e ne’<br />

faville» (ib.).<br />

1 Id. p. 296. Questa <strong>di</strong>stinzione è <strong>di</strong>fficilissima da applicare con rigore, al punto che ad<br />

esempio in molti sono ancora confusi <strong>su</strong>lla natura dei cristalli, come Gimma fa notare nelle<br />

pagine <strong>su</strong>ccessive, e non solo fra coloro che seguono le opinioni degli antichi ma anche fra<br />

alcuni moderni che continuano a ritenere che il cristallo si formi dal ghiaccio, come la<br />

relazione presente «negli Atti Filosofici della Regia Società d’Inghilterra» dove si legge<br />

«un estratto della lettera <strong>di</strong> Muralto de Zurich, scritta ad Haack […] intorno il gelato, e<br />

cristallino monte degli Svizzeri, detto Gledscher. Dice, che gli altissimi Monti sono coperti<br />

sempre <strong>di</strong> neve, la quale dal calore dell’estate liquefacendosi, altra neve vi cade, che in<br />

ghiaccio si converte, il quale col tempo purificandosi, in pietra si muta, duritie, et splendore<br />

nihil crystallo cedentem. Queste pietre insieme congionte formarono il Monte assai fermo;<br />

benchè i paesano osservarono, che nell’estate si <strong>di</strong>vida con uno strepito, come <strong>di</strong> tuono: e<br />

quelle aperture coperte <strong>di</strong> neve hanno cagionata la morte a coloro, che per le stesse sono<br />

passati. Dice, che nel piede <strong>di</strong> quei monti con fatica si cavano i cristalli, che tra gli altri<br />

fossili si trovano <strong>di</strong> due spezie: alcuni oscuri, ed in abondanza: altri <strong>di</strong>afani, puri, e chiari,<br />

come i vetrii <strong>di</strong> Venezia, sessangolari, gran<strong>di</strong>, e piccioli, come pure in altri luoghi <strong>di</strong> quei<br />

monti: e si vendono a vil prezzo». La relazione cui si riferisce Gimma è la lettera scritta da<br />

Johannes von Muralt a T. Haack, cfr. Extractum epistolae a Dn Muralto de Zurich ad Dn<br />

Haack, Regiae Societatis Collegam, de glaciali et Crystallino monte Helvetiae, Gledscher<br />

nuncupato, conscriptae, in Anglicum publicatoris opera e Latino ver<strong>su</strong>m ut sequitur, in<br />

Acta philosophica…, cit., pp. 824-825 e da Gimma ricopiata nella prima Sylva, cfr., G.<br />

GIMMA, Sylva I…, cit., pp. 1-2. Una traduzione della lettera era stata anche pubblicata<br />

anche nel Giornale de’ Letterati, Li 29 agosto 1678, pp. 118-119, con il titolo Estratto<br />

d’una lettera scritta <strong>di</strong> Zurich intorno a’ monti <strong>di</strong> ghiaccio e cristallini <strong>di</strong> Helvetia chiamati<br />

Gletscher.<br />

2 Ib.<br />

3 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 312.<br />

230


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

minerali; mostrando anche gli animali ne’ liquori, le fibre nelle piante, e<br />

tante altre cose». Al microscopio egli attribuisce lo straor<strong>di</strong>nario progresso<br />

nelle scienze naturali e, in particolare, nell’anatomia 1 . Grazie al<br />

microscopio, non vi è corpo, per quanto minuto, che non mostri le <strong>su</strong>e parti.<br />

Questo straor<strong>di</strong>nario strumento ha così ampliato i limiti della conoscenza<br />

potenziando la vista, ha posto in <strong>di</strong>scussione l’esistenza stessa <strong>di</strong> confini<br />

della natura «perché i limiti della natura non debbono riscontrarsi con quei<br />

degli occhi nostri dal microscopio aiutati; anzi non è sicuro, che vi sieno<br />

limiti» 2 .<br />

Tra i fossili il corallo che si pone, però, in una linea <strong>di</strong> confine tra minerali e<br />

vegetali:<br />

tra le pietre meno preziose annoveriamo il corallo per lo <strong>su</strong>o pregio: e perché più<br />

tosto pietra, che pianta è più comunemente creduta; ancorchè molti autori lo<br />

stimino pianta. Trattando de’ fossili il Carleton non ha fatto menzione del corallo<br />

tra le pietre, che descrive: ed altri lo ripongono tra le gemme: e tutto ciò ne’<br />

seguenti articoli più <strong>di</strong>stintamente spiegaremo 3 .<br />

Gimma riporta le <strong>di</strong>scordanti opinioni se «sia pietra, o pianta: minerale, o<br />

bitume» 4 . Van Helmont, ad esempio lo annovera fra le pietre, «e lo <strong>di</strong>sse<br />

1 Ib. Sui microscopi e <strong>su</strong>i telescopi e <strong>su</strong>i vari altri usi del vetro e degli specchi cfr. G.<br />

GIMMA, Sylva I…, cit., pp. 325-334, dove Gimma cita il Tractatus opticus, qui res quam<br />

plurimas, utiles, iucundas, lu<strong>di</strong>cras, & admirandas, naturaliter sistere docet, nec non vitra,<br />

specula, tubosque opticos paran<strong>di</strong> & conficien<strong>di</strong> rationes describit, ex optimis quibusdam<br />

autoribus, propriisque observationibus & inventis, stu<strong>di</strong>ose collectus atque conscriptus.<br />

Accessit, ab ingenio<strong>su</strong>s cognitionisque rerum avi<strong>di</strong>s inventorum, & a non invi<strong>di</strong>s<br />

detectorum, centum optices arcanorum congestio. Autore M. Johanne Christophoro<br />

Kolhansio, Gymnas. Coburg. P. P. & Sch. Senat. Rectore, Lipsiae, <strong>su</strong>mptibus Friderici<br />

Lanckisch, literis Johannis Erici Hahnii, 1663. Le pagine copiate in Sylva I <strong>di</strong> Kolhans<br />

confluiscono poi quasi identiche nella Fisica sotterranea. Sulla funzione del microscopio<br />

nella ricerca scientifica dei moderni cfr. anche G. Gimma, Sylva I…, cit., pp. 111-128,<br />

dove vengono riportati estratti dalla Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica…, t. II, pp. 45-<br />

57, che confluiscono anch’essi in queste pagine della Fisica sotterranea.<br />

2 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 315. Gimma de<strong>di</strong>ca molto meno spazio al<br />

telescopio, ma approfitta comunque dell’occasione per ricordare ancora che «fu opinione<br />

de’ Pitagorici, e de’ Platonici, che nella Luna sieno gli abitatori, come riferiscono Plutarco<br />

[…] e Macrobio […]. Rinnovarono questa opinione alcuni moderni per ischerzo, ed altri la<br />

stimarono vera. Ma <strong>di</strong> questa favola n’abbiamo scritto nella Dissertaz. 2 De Hominibus<br />

fabulosis part. 5 cap. 8 rifiutando l’opinione <strong>di</strong> coloro, che hanno falsamente creduto essere<br />

tanti i Mon<strong>di</strong>, quanti sono i corpi delle stelle, ciascheduno essere un mondo affermando»<br />

(id., p. 316).<br />

3 Id., p. 328.<br />

4 Ib.<br />

231


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

pianta pietrosa». Hoffmann e Ferrante Imperato <strong>di</strong>ssero «che non sia pietra;<br />

ma una certa pianta, che cresce nel fondo del mare, ove è molle come le<br />

piante, e pieghevole, e che nel cavarsi fuori dell’acqua s’indurisca» 1 e Philip<br />

Jacob Sachs riferisce «trovarsi nel mare presso l’Isola Aina, che non è<br />

lontanta dalla Cina, alcuni granchi, che son vivi dentro l’acqua; ma cavati<br />

fuori <strong>su</strong>bito muoioso, e s’impetriscono», e per questo li paragona ai coralli<br />

«de’ quali <strong>di</strong>cono, che siano molli sotto l’acqua» 2 . Elenca poi quelle<br />

riguardanti la <strong>su</strong>a generazione: alcuni ritengono «che si generi da un <strong>su</strong>go<br />

pietroso, e che ciò sia certo: ma se quel <strong>su</strong>go da se in arboscello petroso<br />

prorompa, o prenda prima la figura del legno, e poi in pietra si muti; o pure<br />

penetri quel <strong>su</strong>go nella pianta morta, che sotto il mare si ritrova, e così<br />

ritenga quella figura: <strong>di</strong>ce, che sia dubbio» 3 . Gimma conferma. Per lui, non<br />

vi è dubbio che il corallo nasca da un «<strong>su</strong>go petroso, che ha forza <strong>di</strong> seme».<br />

Numerose e oneste esperienze hanno mostrato «che svellendosi il corallo nel<br />

mare, esca dalle rotture un certo liquore latteo, il quale cadendo sopra legno,<br />

ferro, pietra, o altra cosa, produca il corallo» 4 . I <strong>su</strong>ghi in forma <strong>di</strong> latte<br />

responsabili <strong>di</strong> questa ‘corallificazione’ sono come uova formate dai liqui<strong>di</strong><br />

«concotti, e coagulati, trasmessi dalle ra<strong>di</strong>ci al <strong>su</strong>o seme: e questo latte,<br />

1<br />

Id., p. 329.<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Id., pp. 329-330. «Etmullero […] scrisse, che i coralli maturi sieno duri sotto l’acqua, e<br />

gl’immaturi sieno duri sotto l’acqua, e gl’immaturi hanno qualche tenerezza finchè<br />

giungano a farsi maturi: e massimamente la corteccia,che sotto l’acqua è molle, e<br />

facilmente si può togliere; ma toccata appena l’aria, <strong>su</strong>bito s’indura. Dice, che sono bianchi,<br />

e rossi i coralli; perché i neri imp ropriamente coralli si <strong>di</strong>cono. I bianchi sono quasi<br />

immaturi; e che i più nobili, e maturi sono i rossi. Descrive poi le altrui opinioni; mentre<br />

alcuni <strong>di</strong>cono, che il corallo si genera <strong>su</strong>ccessivamente dal <strong>su</strong>go del <strong>su</strong>o genere, e si<br />

aumenta per extra positionem. Altri, che sia veramente frutto, o pianta del <strong>su</strong>o genere, che<br />

fatta la vegetazione <strong>su</strong>cessivamente parte per lo moto spontaneo della natura, e parte per<br />

l’aiuto dell’acqua falsa del mare, s’indura. Altri <strong>di</strong>cono, che sia un vegetevole<br />

<strong>su</strong>ccessivamente indurato dall’umido petroso del <strong>su</strong>o genere, che indura, e così petrifica»<br />

(id., p. 330).<br />

4<br />

Ib.: «questo latte in alcuni mesi, premendo la punta de’ rami, esce fuori, come dalle zinne<br />

d’una donna; onde bisogna asserire, che tal latte sia il coagulo <strong>di</strong> tal’umo re spermatico, il<br />

quale non solo esce nello spezzarsi de’ rami, o nello spremersi le punte <strong>di</strong> essi; ma forse<br />

gronda spontaneamente dalla pianta de’ rami stessi, che ne soprabbondano: e così lo stesso<br />

latte sia come semenza, la quale cadendo produce altro ramo <strong>di</strong> corallo; essendo pur certo,<br />

che in tutte l’erbe manda la natura dalla ra<strong>di</strong>ce al seme le particelle proprie, e le sostanze<br />

prolifiche <strong>di</strong> tutta la pianta».<br />

232


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

come seme è assai manifesto nel seme del grano» e, allo stesso modo, si<br />

producono nel mare molte piante 1 .<br />

Tra i fossili, infine, il magnete che ha costantemente attirato la curiosità<br />

degli uomini e che è stato definito con molti altri nomi 2 . Una varietà <strong>di</strong> nomi<br />

che rispecchia quella delle opinioni <strong>su</strong>lla «materia della calamita» 3 . La<br />

principale ‘<strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a’ <strong>su</strong>lla calamita riguarda la <strong>su</strong>a origine «perché alcuni<br />

ritrovandola ove non è ferro, han creduto, che nella miniera del ferro non si<br />

generi: ed altri han detto ivi generarsi, perché l’hanno col ferro veduto» 4 .<br />

Quale che sia l’opinione in proposito, gli effluvi che escono dalla calamita<br />

sono provati senza possibilità <strong>di</strong> dubbio dagli effetti che produce e «questa<br />

uscita <strong>di</strong> effluvi si vede molto chiara in vari corpi» 5 . A Gimma la congettura<br />

più coerente appare quella secondo la quale la forza <strong>di</strong>rettrice dell’ago<br />

magnetizzato della bussola, come anche del magnete, derivi dalla terra dalle<br />

1 Ib. A questo proposito «come cosa maravigliosa, ci fu mostrata una pianta marina, più<br />

lunga <strong>di</strong> un palmo attaccata ad una chiocciola; ma non ci recò stupore; poicché il seme <strong>di</strong><br />

quella pianta caduto sopra la chiocciola <strong>di</strong> materia petrosa, e tofacea vestita, avea nella<br />

medesiam <strong>di</strong>stese le <strong>su</strong>e ra<strong>di</strong>ci, e ricevuto il <strong>su</strong>o accrescimento, come se sopra una pietra, o<br />

altra parte <strong>di</strong> terra fosse caduto, le cui veci faceva la chiocciola, che benchè viva in quel<br />

luogo ferma ne stava» (id., pp. 330-331).<br />

2 Cfr. id., pp. 342-343. Per queste pagine Gimma ha ampiamente utilizzato le analisi <strong>di</strong><br />

Pierre Gassen<strong>di</strong>, forse l’unico grande filosofo straniero <strong>di</strong> cui l’abate carmelitano ha una<br />

conoscenza <strong>di</strong>retta. Cfr. G. GIMMA, Sylva IV, pp. 19-37, dove annota accuratamente De<br />

proprietatibus magnetis in Petri Gassen<strong>di</strong> <strong>di</strong>niensis ecclesiae praepositi, et in academia<br />

parisiensi Matheseos Regij Professoris, Animadversiones in decimum librum Diogenis<br />

Laertii, qui est de vita, moribus, placitisque Epicuri. Placita autem, qual itte trei statuit<br />

Philosophiae parteis, Continent I. Canonicam nempe, habitam Dialecticae loco: II.<br />

Physicam, ac inprimis nobilem illius Meteorologiam: III. Ethicam, cuius gratiâ ille excoluit<br />

caeteras. E<strong>di</strong>tio tertia, Lugduni, <strong>su</strong>mptibus Francisci Barbier, Typographi Reg., 1675, pp.<br />

192-206<br />

3 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, pp. 342-343: «L’Aldrovan<strong>di</strong> la chiama pietra<br />

ponderosa, che ha porzione <strong>di</strong> materia minerale, che nel fondersi non formi alcun metallo;<br />

però la crede generata da una composizione <strong>di</strong> tutte le pietre con qualche mescolamento <strong>di</strong><br />

materia metallica, e che perciò nel colore sia simile al ferro. Ma <strong>di</strong>cono altri appo<br />

Etmullero, che dalla Calamita bruciata il ferro spesso si cavi […]. Gassendo la stima come<br />

madre, e vena, donde nasce il ferro, e che possa <strong>di</strong>rsi, che <strong>di</strong> ambidue sia forse la stessa<br />

natura; quasi che la calamita sia ferro crudo, o ferro cotto: e lo prova perché ne’ luoghi,<br />

onde si cava il ferro, ivi ancora si trova la calamita, come appare nelle miniere <strong>di</strong> ferro<br />

nell’Inghilterra […] ed altrove». E molte altre sono le opinioni in proposito.<br />

4 Id., p. 343.<br />

5 In questo modo la calamita viene avvicinata ad altri fenomeni naturali: «il fuoco manda<br />

effluvi <strong>di</strong> particelle così forti, che converte in fuoco tutto quello, che a lui si avvicina, ed è<br />

atto ad apprendere il fuoco: ed è pure ciò sensibile alla mano, quando al fuoco si accosta. I<br />

corpi odoriferi spargono effluvi <strong>di</strong> odore della loro natura: così <strong>di</strong> fetore i corpi puzzolenti»<br />

(id., p. 351).<br />

233


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

profon<strong>di</strong>tà della quale emanano effluvi sottilissimi che «da un polo all’altro<br />

scorrano per le linee quasi parallele all’asse del mondo» 1 . Con Gassen<strong>di</strong>,<br />

egli ritiene che la calamita si componga <strong>di</strong> «due parti opposte, che<br />

volgarmente chiamiamo poli, uno boreale, e l’altro australe […]. La prima<br />

<strong>di</strong>fferenza delle calamite è <strong>di</strong> maschi, e <strong>di</strong> femmine, per la forte, o per la<br />

debole virtù che hanno <strong>di</strong> tirare il ferro, e fare le altre loro operazioni» 2 .<br />

Respinge dunque l’opinione favolosa degli antichi - Talete e Anassagora –<br />

secondo i quali il magnete avesse un’anima 3 . Riporta la congettura <strong>di</strong> Della<br />

Porta, secondo il quale nella calamita vi era un conflitto tra ferro e pietra:<br />

«mentre il ferro cerca <strong>su</strong>perar la pietra, e la pietra il ferro, ne viene quel tirar<br />

del ferro» e poiché il ferro cerca <strong>di</strong> non essere <strong>su</strong>perato dalla pietra, allora<br />

«desia congiungimento ed amicizia, acciocchè quel che non può solo, possa<br />

coll’aiuto d’altri, tutte le cose create <strong>di</strong>fendendo l’esser loro» 4 .<br />

Gimma prende in esame anche le questioni riguardanti l’amianto, l’ambra e<br />

i funghi 5 . Di qualche interesse la trattazione del problema delle ‘pietre degli<br />

animali’, alle quali viene applicata la partizione del regno animale<br />

(«Partendo però in questo [libro] le Pietre tutte degli animali secondo la<br />

<strong>di</strong>visione degli uccelli, de’ pesci, de’ quadrupe<strong>di</strong>, e de’ serpenti, colla serie<br />

de’ capi <strong>di</strong>videremo lo stesso libro» 6 ) e che sono <strong>di</strong> due tipi: quelle che sono<br />

generate dentro i corpi, «anzi in ogni parte del corpo, come sono i calcoli», e<br />

1 Id., p. 362: «forse sono cagionate le declinazioni dalle varie sotterranee mutazioni, o per le<br />

vicine miniere <strong>di</strong> ferro, che sotto la terra variare si possono; così si vede l’ago magnetico<br />

volgersi al polo della calamita; ma <strong>di</strong>vertirsi poi quando altro ferro gli è vicino […]. Ciò<br />

riferisce il Duamel, e più largamente si <strong>di</strong>ffonde a provare questa opinione, rispondendo<br />

ancora alle <strong>di</strong>fficultà, che contrastare si possano».<br />

2 Id., pp. 345-346. Secondo Gimma, «tanto più efficace sarà la calamita, quanto più<br />

profonda sarà la vena, donde è cavata; e così tanto più sarà debole, quanto più sarà vicina<br />

all’aria, ed alla <strong>su</strong>perficie estrinseca; perché esposta alle ingiurie dell’aria, del sole, e degli<br />

umori, snervata <strong>di</strong> forze si con<strong>su</strong>ma».<br />

3 Id., p. 349. Non tutti gli antichi però si erano adeguati a questa spiegazione: «Empedocle<br />

affermò, che escono, dalla calamita, e dal ferro alcuni corpicciuoli, e che ambidue abbiano i<br />

pori mi<strong>su</strong>rati. Democrito volle lo stesso; ma che sieno più sottili quei del ferro. Epicuro<br />

<strong>di</strong>sse, che escano dalla calamita e dal ferro gli atomi, o corpicciuoli <strong>di</strong> figura consimili, che<br />

si abbracciano ne’ corpi del ferro, e della calamita; onde colla riflessione tirano il ferro.<br />

Lucrezio spiega, che dalla calamita escono più corpicciuoli, e più potenti, per cui l’aria<br />

assia più si scaccia avanti la calamita; però si creano spazietti <strong>di</strong> vacuo, e’l ferro alla<br />

calamita si avvicina: e seguito questa opinione Aldrovando».<br />

4 Id., p. 350<br />

5<br />

Cfr. id., pp. 374-429.<br />

6<br />

Id., p. 433.<br />

234


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

quelle che si crede gli animali prendano dai fiumi o dalla terra 1 . Egli nega<br />

recisamente che le pietre possona essere prodotte nello stomaco degli<br />

uccelli: le pietre «sono state prima inghiottite dagli animali, e servono loro<br />

per aiuto della <strong>di</strong>gestione de’ cibi […] stimando, che nello stomaco degli<br />

uccelli si faccia la <strong>di</strong>gestione in gran parte col mezo della triturazione: e che<br />

facciano le pietruzze l’uficio <strong>di</strong> macinette raggirate da quei due forti e<br />

robusti muscoli, <strong>di</strong> cui si compone il ventriglio» 2 . Nei pesci, precisa, «sono<br />

più tosto ossa, o pietre vere a caso inghiottite» 3 , mentre non ve ne sono – a<br />

parte i calcoli – né nei quadrupe<strong>di</strong>, né nei serpenti e nei rospi 4 . Quanto<br />

all’uomo:<br />

siccome ha l’uomo il <strong>su</strong>o corpo animale, e i <strong>su</strong>oi morbi, così ha pur le <strong>su</strong>e pietre;<br />

anzi con altri autori affermò Tommaso Burnet […] che sono le miniere ne’ nostri<br />

corpi non per fabricare; ma per <strong>di</strong>struggere la fabbrica tutta. Soggiugne, che non vi<br />

è parte del corpo, in cui le pietre generare non si possano; poicchè nel capo si<br />

generano, nella lingua, nel polmone, nel cuore, nel ventricolo, nel fegato, nella<br />

vescica della bile, nella milza, negl’intestini, nel mesenterio, e nell’utero; ma più<br />

spesso ne’ reni, e nella vescica, <strong>di</strong> cui le pietre stesse han nome <strong>di</strong> calculi 5 .<br />

Gimma accetta la congettura <strong>di</strong> Burnet e <strong>di</strong> Ramazzini. Il primo stabilisce<br />

per causa materiale dei calcoli «il <strong>su</strong>go petrifico, cioè una materia terrestre<br />

mescolata col sale in giusta proporzione: e per causa efficiente lo spirito<br />

petrifico inserito in quel <strong>su</strong>go; e che lo stesso <strong>su</strong>go abbondante nella terra, si<br />

tira coll’alimento nel corpo» 6 . Il secondo «scrisse delle pietre, che ne’ corpi<br />

degli uomini si generano, le quali una materiale cagione esterna<br />

riconoscono», osservando che gli artigiani che lavorano con le pietre e i<br />

marmi, «spesso tirano col fiato quelle polveri, che vari mali cagionano,<br />

come tosse, asma, e simili; onde nell’aprirsi i loro cadaveri si trovano i<br />

1 Id., p. 431.<br />

2 Ib., Gimma sostiene questa tesi soprattutto con le ricerche <strong>di</strong> «Francesco Re<strong>di</strong> nel libro<br />

delle Sperienze delle cose naturali dell’In<strong>di</strong>a». Cfr., G. GIMMA, Sylva IV, cit., pp. 259-264 e<br />

pp. 390-395. L’intera Sylva IV è comunque ricca <strong>di</strong> appunti <strong>su</strong> questi temi.<br />

3 Cfr. G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, pp. 445-474.<br />

4 Cfr. id., pp. 474-515.<br />

5 Id., p. 515.<br />

6 Id., pp. 516-517. Nonostante la simpatia con cui Gimma guarda a questa proposta, l’abate<br />

non se la sente <strong>di</strong> avvalorarla oltre: «le varie opinione a’ me<strong>di</strong>ci tralasciamo, a’ quali la<br />

generazione de’ calculi <strong>di</strong>stintamente esaminare appartiene, come necessaria alla cura».<br />

235


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

polmoni otturati da’ calculi» 1 . Gimma riconosce nell’attenzione volta da<br />

Ramazzini, con il quale era stato in contatto, all’impatto dell’ambiente<br />

lavorativo <strong>su</strong>lla salute dell’uomo, una novità assoluta 2 . Egli classifica fra le<br />

favole le opinioni degli antichi, secondo i quali responsabile della<br />

generazione delle stesse pietre era il calore, che seccava la materia crassa e<br />

viscosa e la induriva e trasformava in pietra 3 .<br />

Lo spazio delle congetture che non potevano essere sottoposte a verifica<br />

sperimentale si ampliava. Impossibile riprodurre, ad esempio, quegli scherzi<br />

della natura per i quali <strong>su</strong>lle montagne si trovavano conchiglie e animali<br />

marini pietrificati: «scherza alle volte la natura in maniera, che con <strong>di</strong>fficultà<br />

si conosca se la pietra sia vera pietra, o altro corpo impietrito della spezie<br />

de’ vegetevoli, e degli animali, in tutto puntualmente scorgendosi le parti<br />

loro» 4 . La congettura del <strong>su</strong>go, in questo caso quello ‘pietroso’ soccorreva<br />

Gimma nella spiegazione <strong>di</strong> questo fenomeno naturale. Ogni corpo può<br />

essere pietrificato grazie al «<strong>su</strong>go petroso; purchè il corpo abbia pori, ne’<br />

quali introdurre si possa». Questo <strong>su</strong>go o aura petrifica si mescola con<br />

l’acqua e in tal modo «ne’ pori <strong>di</strong> un corpo insinuandosi […] il corpo ancora<br />

induriscono». E’ in<strong>di</strong>spensabile che il <strong>su</strong>go «nelle parti tutte del corpo<br />

s’introduca»; che le parti del corpo che lo ricevono, le ossa e i denti, e non la<br />

carne, «abbiano qualche durezza nativa» 5 . Poste queste premesse, Gimma<br />

può prendere le <strong>di</strong>stanze da chi adduce il Diluvio universale come<br />

1 Id., p. 520.<br />

2 Dei rapporti <strong>di</strong> Gimma con Ramazzini fa fede lo stesso abate ricordando «il dotto<br />

Bernar<strong>di</strong>no Ramazzini, Professor <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina pratica nello Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Padova, nella <strong>su</strong>a<br />

eru<strong>di</strong>ta opera De morbis artificum, <strong>di</strong> cui volle, quando era tra’ vivi, farci dono, nella prima<br />

e<strong>di</strong>zione» (ib.).<br />

3 Id., p. 516: «assegnò Galeno la pituita» e fra i moderni Paracelso il tartaro e Van Helmont<br />

«una spezie <strong>di</strong> tartaro, che nel corpo umano fa la pietra spongiosa, e fa doloro massimo, e<br />

pericolo […]. Scrisse Etmullero, che non si dee confondere la maniera, con cui nella Terra<br />

si generano le vere pietre colla concrezione arenosa de’ calculi dell’uomo, per esser<br />

<strong>di</strong>fferente la cagione. Vuole però, che u<strong>di</strong>r coloro non si debbano, i quali accusano gli<br />

spiriti, o le acque petrificanti, che o spontaneamente passano in pietra, o l’altre cose<br />

impietriscono. Stima, che si facciano più tosto i calculi col concorso, e coagulazione <strong>di</strong> due<br />

sali contrari, o col mezo della mucilagine coagulata, che gli fa bianchi, e <strong>di</strong> minutissime<br />

goccie <strong>di</strong> sangue, che gli fa rossi, e biondeggianti».<br />

4 Cfr. G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. II, p. 261.<br />

5 Id., p. 264: «quando i corpi s’impietriscono, ed acquistano solida consistenza, ritengono<br />

tutta la figura, e tutte le delineazioni, che avean prima; non variando in altro, che nel colore;<br />

nel peso, e nella sostanza <strong>di</strong> pietra, la cui natura ricevono».<br />

236


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

spiegazione della presenza dei corpi marini, pietrificati, <strong>su</strong>lle montagne 1<br />

(«stimano alcuni, che siano stati prima generati nel mare, e poi portati<br />

dall’acque in tempo del Diluvio Universale» 2 ). Da chi sostiene che i semi<br />

siano stati sollevati dall’acqua in forma <strong>di</strong> vapori «e poi ricaduti <strong>su</strong> i monti,<br />

ed ivi cresciuti». A questa opinione egi oppone: «questa opinione è affatto<br />

favolosa; poicchè i semi degli animali perdono tutta la loro forza trasportati<br />

dal loro luogo naturale […] si spogliarebbero degli spiriti seminali, che<br />

hanno la virtù <strong>di</strong> generare» 3 . Da chi immagina ci sia «ne’ luoghi de’ monti<br />

[…] un umor salso, che spesso genera animali marini, i quali ai veri<br />

<strong>di</strong>vengono simili». E, in questo caso, egli ricorda che non si dà mai caso <strong>di</strong><br />

un animale che non si generi «se non dal <strong>su</strong>o simile, e col seme, e maniera<br />

proporzionata» 4 . Da chi, infine, ipotizza che questi corpi sarebbero nati <strong>su</strong>i<br />

monti, abbozzati per «ischerzo della natura, che produce corpi simili a quelli<br />

de’ veri animali», anche se quando «scherza la natura in produrre quelli<br />

animali, formandogli <strong>di</strong> pietra simili a’ veri, non gli figura esattamente<br />

simili» 5 .<br />

Con Fracastoro, egli sostiene «che l’acque del Diluvio, le quali coprirono i<br />

monti, furono celesti, e non marine» e che, al contrario, le acque che in<br />

tempi antichi hanno coperto i monti debbono essere state quelle del mare.<br />

Racconta Gimma <strong>di</strong> come Fracastoro, interrogato <strong>su</strong>lle origini <strong>di</strong> «tanti<br />

echini, paguri, nicchi […] pesci stelle, e simili trovati sotterra verso la parte<br />

del monte <strong>di</strong> Verona», avrebbe proposto tre possibili soluzioni: «la prima<br />

era quella dell’universale Diluvio: la seconda della generazione degli stessi<br />

animali marini <strong>su</strong> i monti: e la terza, che il mare fosse una volta in quelle<br />

parti stato». Alla terza ipotesi <strong>di</strong> Fracastoro una conferma sarebbe venuta nel<br />

1640 dal ritrovamento <strong>su</strong> <strong>di</strong> un monte piuttosto <strong>di</strong>stante dal mare <strong>di</strong> una<br />

1 Ib.: «si trovano spesso nelle cime de’ monti, tra le pietre, <strong>di</strong>verse conche, chiocciole,<br />

ostriche, ed altri crostacei, stelle, pesci, piante petrose, ed altre produzioni marine,<br />

impietrite: e contrastano gli autori ad assegnarne la cagione».<br />

2 Ib.<br />

3 Ib. E poche pagine dopo: «favolosa è […] che le conchiglie, e le altre spezie <strong>di</strong> testacei,<br />

produrre si possano dalle conchiglie rotte, e seminate» (id., p. 276).<br />

4 Id., p. 265.<br />

5 Id., p. 266. È interessante qui notare come Gimma non rifiuti in linea <strong>di</strong> principio la<br />

possibilità che la natura produca questi scherzi, ma solo che quando lo fa non si vede la<br />

perfezione dei corpi riscontrati <strong>su</strong>i monti, poco dopo infatti scrive: «non possono essere<br />

scherzi <strong>di</strong> natura dentro le pietre, e i tufi, e nella terra; perché lo scherzo è quasi a caso, non<br />

in gran numero in vari luoghi: e la natura negli scherzi non fa animali perfetti, ma forma<br />

una similitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> animali imperfetta» (id., p. 269).<br />

237


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

nave sepolta con le ancore, gli alberi e le ossa dei cadaveri non ancora<br />

con<strong>su</strong>mati dall’umi<strong>di</strong>tà 1 . Ragionevole appare anche a Gimma l’ipotesi – che<br />

non contrad<strong>di</strong>ce l’altra, secondo la quale i corpi marini presenti <strong>su</strong>i monti<br />

abbiano effettivamente avuto origine nelle profon<strong>di</strong>tà del mare e siano giunti<br />

<strong>su</strong>lla terraferma «o colla forza de’ fuochi sotterranei […]: o colla violenza<br />

de’ Tremuoti, o dalle inondazioni, che in vari tempi sono accadute» 2 :<br />

Non è dunque necessario ricorrere al Diluvio Universale; potendo <strong>su</strong>ccedere, o<br />

essendo <strong>su</strong>ccedute le inondazioni, e i ritiramenti del mare per altre cagioni: e così<br />

possono ritrovarsi i gusci delle conchiglie, ed altri corpi o dove prima era stato il<br />

mare, o cove il mare ha inondato 3 .<br />

Gimma non nega la realtà del Diluvio. Si limita a spostarlo in<strong>di</strong>etro nel<br />

tempo in un’antichità fuori dalla storia. Il tempo - egli ricorda - è un<br />

<strong>di</strong>voratore che con<strong>su</strong>ma ogni cosa. Quanto ai fenomeni naturali, essi non<br />

hanno bisogno <strong>di</strong> essere spiegati attraverso i miracoli. Quelli che potrebbero<br />

avere consentito, se si rinuncia alla spiegazione naturalistica, ai testacei <strong>di</strong><br />

conservarsi nello spazio <strong>di</strong> tanti secoli quanti ne sono passati dal tempo del<br />

Diluvio «nel mezo <strong>di</strong> tante umi<strong>di</strong>tà, <strong>di</strong> tanti vapori della terra, <strong>di</strong> tanti aliti<br />

minerali, e salini spezialmente» senza corrompersi 4 . O <strong>di</strong> essere presenti<br />

solo in alcuni luoghi della Terra: «né i testacei del mare galleggiar possono,<br />

masimamente i gravi; perché stanno sempre ne’ fon<strong>di</strong>, o attaccati a gli<br />

scogli, o ne’ fanchi, o nelle cavità delle pietre, o gli uni sopra gli altri, come<br />

avviene col vedersi nella pesca delle perle». Dunque vi sono state delle<br />

«inondazioni [che] hanno coperte molte città, e paesi, che prima erano terra,<br />

e <strong>di</strong>vennero mare: altri <strong>di</strong>vennero mare, e si fecero terra per li ritiramenti del<br />

mare stesso» 5 . Del resto, argomenta, «sono la Terra, e l’Acqua così tra loro<br />

unite, che formano ambedue il globo terraqueo» 6 e la Terra ha anche<br />

1 Id., p. 266.<br />

2 Ib.: «narra l’ab Giulio-Cesare Braccini […] che nel 1631 quel monte assorbì le acque del<br />

mare, che si ritirò in<strong>di</strong>etro nelle marine <strong>di</strong> Napoli, e ne’ luoghi convicini, tanto che molte<br />

barche, e galee restarono in secco. Sgorgarono poi le acque dalla voragine, e formarono un<br />

rapido torrente, il quale in tre profon<strong>di</strong>ssimi canari <strong>di</strong>videndosi, rovinò molti luoghi, e si<br />

trovarono conghiglie, gusci <strong>di</strong> telline, ed alghe sopra lo stesso monte, che mostrarono essere<br />

stata <strong>di</strong> mare quell’acqua».<br />

3 Ib.<br />

4 Ib.<br />

5 Id., p. 267.<br />

6 Id., p. 462.<br />

238


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

numerose caverne e condotti sotterranei attraverso i quali scorrono le<br />

acque 1 : esistono «occulti canali, che comunicano da un mare all’altro tra<br />

loro opposti, come sono il Me<strong>di</strong>terraneo, e ‘l Rosso» 2 . Tali condotti<br />

sotterranei sono responsabili non solo degli spostamenti delle acque ma<br />

anche del fuoco e quin<strong>di</strong>, in<strong>di</strong>rettamente, dei terremoti e delle eruzioni che<br />

hanno sconvolto la storia umana 3 . Al centro del mondo sotterraneo, Gimma<br />

pone un Fuoco che «colla forza, e virtù de’ <strong>su</strong>oi aliti, o cal<strong>di</strong> vapori» genera<br />

«le piante, e gli alberi, i quali dentro della Terra formano le ra<strong>di</strong>ci, da cui<br />

ricevono l’alimento» 4 . Con Kircher, egli ipotizza un sotto<strong>su</strong>olo della Terra<br />

ricco <strong>di</strong> fuochi e <strong>di</strong> acque. E giu<strong>di</strong>ca «sode ragioni» gli argomenti a sostegno<br />

della fertilità del mondo sotterraneo 5 .<br />

Discutendo del fuoco - ci sono quattro tipi <strong>di</strong> fuochi, il ‘fumo’, il ‘calore’, la<br />

‘fiamma’ e la ‘luce’, egli precisa - Gimma introduce un altro elemento:<br />

l’etere, definito da Eratostene «spirito, aria» 6 : «tenuissima <strong>su</strong>bstantia<br />

<strong>di</strong>ffusio, <strong>su</strong>apte natura calida, et splen<strong>di</strong>da, ut primigenia lux, neque ab<br />

altera principiata. Aes est <strong>su</strong>bstantia levis, et calicinosa, quae<br />

communicatum aliunde calorem, ac lume ex aethere compactu, qui cum<br />

splen<strong>di</strong>dus, ingensque sit, nullo tempore conquiescit, sed in orbem perpetuo<br />

movetur» 7 . E che Orfeo «spiegò col nome <strong>di</strong> Giove, <strong>di</strong>cendo: Juppiter<br />

1 Id., p. 464. Johann joachim Becher ad esempio «non ammette l’origine de’ fonti col mezo<br />

de’ canali sotterranei; volengo egli, che l’acqua marina trascolorando si porti al centro della<br />

terra, donde sciolta in vapore passi alla circonferenza, ed in acqua <strong>di</strong> nuovo si condensi».<br />

2 Id., p. 466. Lucantonio Porzio ha, ad esempio, ragionevolmente affermato «essere stata<br />

ancora opera delle acque, che molte provincie, e città, che erano al mare vicine, oggi ne<br />

sieno <strong>di</strong>venute assai lontane: e che in molti luoghi si vadano riempiendo i li<strong>di</strong>», mentre altre<br />

città furono sommerse dalle acque<br />

3 Id., p. 475: «collocarono il fuoco i Pitagorici nel centro della Terra, perché lo stimarono<br />

tra’ corpi il più eccellente e prezioso: e tra’ moderni, come <strong>di</strong>ce il Purcozio […] alcuni lo<br />

chiamano fuoco sotterraneo o centrale, che manda gli aliti per produrre i minerali tutti,<br />

cagionare i tremuoti, e riscaldare le terme, o fon<strong>di</strong> cal<strong>di</strong>. Negò il fuoco centrale il Gassendo:<br />

ed affermò il Duamel non ritrovarsi in ogni luogo il fuoco sotterraneo; ma solo in quei<br />

luoghi ove è materia da accendersi».<br />

4 Ib. Gimma ritiene che le piante, mancando «’l calore sotterraneo […], crescere e<br />

mantenersi <strong>di</strong>fficilmente potranno; ma questo argomento richiedendo uno più lungo<br />

<strong>di</strong>scorso, lo tralasciamo per qualche altra occasione».<br />

5 Id., p. 476: «sono nelle viscere della terra materie <strong>di</strong>verse atte ad accendersi; anzi una<br />

<strong>di</strong>spensa <strong>di</strong> fuochi, come i vari bitumi, e la nafta, il solfo, il salnitro, ed altri sali, che si<br />

accendono: e ne’ monti, ne’ pozzi, nelle voragini, ed in varie aperture, che mandano fuoco<br />

in tutte le parti del mondo, la forza loro <strong>di</strong>mostrano».<br />

6 Id., p. 478.<br />

7 Id., pp. 478-479.<br />

239


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Omnipotens est primus, et ultimus idem […] Spiritus est cunctis, coeli vis,<br />

Juppiter ignis […] Omnipotens Rex est, Tex omnis Juppiter ortus» 1 . Per<br />

Virgilio è il fuoco elementare presente in tutto l’Universo: «Spiritus intus<br />

alit, totamque infusa per artus / Mens agitat molem, et magno se corpore<br />

miscet; / inde hominum, pecudumque genus, mistaeque volantum / Et quae<br />

marmoreo fieri monstra <strong>su</strong>b aequore pontus» 2 .<br />

Per la prima volta, e <strong>su</strong>l tema dell’etere, Gimma assegna un valore positivo<br />

alle favole: «sotto la corteccia delle favole i segreti della natura coprivano<br />

[gli antichi], sicome colle favole le cose tutte delle scienze spiegarono» 3 . Le<br />

favole hanno qui una funzione in qualche modo propedeutica alla<br />

conoscenza: lungi dall’esser viste esclusivamente come un ostacolo<br />

all’apprensione della verità esse <strong>di</strong>ventano strumento <strong>di</strong> un complesso gioco<br />

<strong>di</strong> nascon<strong>di</strong>mento-svelamento delle verità scientifiche in un passo dal sapore<br />

baconiano. Del resto, anche Tommaso Cornelio che è, in questo caso, il <strong>su</strong>o<br />

autore <strong>di</strong> riferimento 4 , aveva chiamato in causa Platone, per legittimare<br />

l’opinione <strong>di</strong> un etere pervasivo: esso è <strong>di</strong>ffuso non solo «per lo spazio <strong>di</strong><br />

tutto l’universo», ma per tutti i corpi soli<strong>di</strong>, la Terra e le stelle, «per tutto<br />

entrando con quasi tutti i corpi si mescoli; onde Virgilio […] <strong>di</strong>sse, che<br />

1 Ib. Laerzio nella Vita <strong>di</strong> Zenone scrive che «<strong>di</strong>sse Crisippo: Purissimum, et liqui<strong>di</strong>ssimum<br />

aethera, quem etiam primum asserunt esse Deum sensibiliter, secondo l’opinione de’<br />

Gentili, velut infu<strong>su</strong>m esse per ea, quae <strong>su</strong>nt in aere, per cunctos animantes, et arbores; per<br />

terram autem secundum halitum».<br />

2 Id., p. 479. Il passo citato da Gimma, famosissimo, era citato anche da Musitano C.<br />

MUSITANO, Opera omnia…, 1738, e precisamente nel <strong>su</strong>o Pyrotechniae Sophicae liber<br />

secundus, p. 438 nella speculazione del quale l’etere riveste un importante problema. W.<br />

BERNARDI, Le metafisiche dell’embrione…, cit., p. 182 rileva acutamente l’importanza <strong>di</strong><br />

quelle «propaggini del neoplatonismo rinascimentale» che «si incontrano con le <strong>di</strong>scussioni<br />

<strong>su</strong>lla filosofia meccanicista dell’etere», al punto che «si ritrovano con frequenza spunti che<br />

mettono in rapporto le proprietà fisiche della luce con le funzioni biologiche della vita,<br />

della generazione, della malattia» e rinvia non solo a Sebastiano Bartoli, Tommaso<br />

Cornelio, Luca Tozzi, ma anche a Carlo Musitano. Sull’applicazione della metafisica della<br />

luce al problema della generazione cfr. anche W. PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…,<br />

cit., p. 347 e A. DINI, Filosofia della natura, me<strong>di</strong>cina, religione…, cit., p. 46.<br />

3 Cfr. G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. II, p. 479: «perché stimarono, che tutti i corpi<br />

governi, lo nominarono anima del mondo, e spirito per la sottigliezza delle <strong>su</strong>e parti, che<br />

da’ sensi conoscer non si possono: fuoco per l’attività: Motore, e Giove per la forza<br />

universale, con cui muove tutte le cose: Proteo, perché prende le figure tutte».<br />

4 Id., p. 480: «Spiega Tommaso Cornelio De circompuls. Platon. la <strong>su</strong>a opinione dell’Etere,<br />

che sia una sostanza <strong>di</strong>mostrata da Euripide, e da Ennio appo Cicerone; cioè pura, leggiera,<br />

e sottilissima, che si porta per li luoghi <strong>su</strong>blimi, e che chiamare si voglia Etere o Fuoco, o<br />

Cielo».<br />

240


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

sieno Jovis omnia plena» 1 . Cornelio «<strong>di</strong>ce – chiosa Gimma - aver<br />

conosciuta la considerazione dell’etere atta a spiegare molte cose della<br />

Natura; poicchè la rarefazione, e la condensazione», gli effluvi della<br />

calamita, che penetrano in tutti i corpi, le operazioni del <strong>su</strong>ono, della luce e<br />

del calore non sarebbero spiegabili senza l’intervento dell’etere dal quale<br />

<strong>di</strong>pendono «le più nobili operazioni della natura» 2 . Esso, anche se non<br />

percebile dai sensi si manifesta in alcuni effetti: «penetra ne’ vetri chiusi;<br />

poicchè spesso dal vaso <strong>di</strong> vetro ermeticamente serrato alcuni sottilissimi<br />

liquori posti al fuoco esalano; ed alcuni chimici sali n’escono».<br />

La natura è una macchina sottoposta a precise leggi, ma essa è anche<br />

pervasa <strong>di</strong> una forza attiva che solo la ragione ‘congetturalmente’ può<br />

cogliere. Su questo punto Cornelio marcava la <strong>su</strong>a <strong>di</strong>stanza dal macchinismo<br />

cartesiano; <strong>su</strong> questo punto Gimma recupera Kircher e la grande tra<strong>di</strong>zione<br />

naturalistica e magica. Per entrambi ciò accade in quanto l’ipotesi del corpo<br />

e dell’universo come macchine non spiega tutti i fenomeni naturali (il<br />

macchinismo, in un certo senso, è una favola moderna): «sono con temerità<br />

attaccati a’ sensi; poicchè quelli, che con più <strong>di</strong>ligenza i segreti della natura<br />

penetrano, non ignorano essere nell’universo moltissimi corpi, de’ quali non<br />

si ha notizia co’ i sensi, se non coll’aiuto della ragione» 3 .<br />

L’etere è utilizzato anche da chi nega: «il sottilissimo Maignano», ad<br />

esempio, «pur lo nega, e se ne avvale» 4 . Egli si rende conto che con l’ipotesi<br />

‘eterea’ «più comodamente […] le cose si spiegano», e giunge ad ammettere<br />

«che questa nostra aria inferiore non <strong>di</strong>fferisca dall’etere, se non come<br />

l’acqua limpi<strong>di</strong>ssima dalla torbida, e che l’etere sia lo stesso, che l’aria<br />

pura».<br />

L’etere è per Gimma<br />

principio universale constitutivo de’ corpi naturali, e (<strong>su</strong>pponiamo) che penetri in<br />

tutti quei corpi, che da altri sono appellati primi principi: sia anche in se stesso una<br />

sostanza purissima, <strong>di</strong>versa dal fuoco, dall’aria, e dagli elementi: né sia quinto<br />

1<br />

Ib.<br />

2<br />

Id., p. 481.<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Id., p. 479: Maignan <strong>di</strong>ce «che alcuni nobili autori affermano esservi un corpo<br />

sottilissimo, semplice secondo se stesso, e da tutti <strong>di</strong>verso nella <strong>su</strong>a spezie. Che facilmente<br />

ammetta il consorzio, o locale mescolanza <strong>di</strong> tutte le cose, che l’hanno uguale, o abbiano<br />

ancora sottigliezza alla <strong>su</strong>a inferiore. Che lo pongano perché sieno quattro gli elementi,<br />

perché sia corpo idonea ad empire le vacuità tutte; la natura il vacuo aborrendo».<br />

241


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

elemento, come altri <strong>su</strong>ppongono: e tutto ciò <strong>di</strong>mostreremo nella nostra<br />

Philosophia Aetherea 1 .<br />

L’etere è l’altra congettura <strong>di</strong> cui si avvale Gimma per spiegare l’intero<br />

meccanismo della natura: esso penetra nei pori dei fossili e degli altri corpi<br />

terrestri e li mette in movimento, «onde le parti del solfo, del salnitro, del<br />

carbon fossile, del sale ammoniaco, tra loro incitate, si accendono»; da<br />

questo movimento scaturisce l’espulsione dell’aria dal sotto<strong>su</strong>olo, i<br />

terremoti, le aperture delle voragini e la fuoriuscita dei fuochi e dei minerali<br />

infuocati. Con Paolo Boccone, l’abate precisa che esso «è oscuro e cieco, se<br />

non ha in qualche luogo apertura, che coll’aria comunichi» 2 e causa quegli<br />

«squarciamenti <strong>di</strong> corpi soli<strong>di</strong>, e rovesciamenti <strong>di</strong> montagne […].<br />

Tumultuando l’aria col conscorso de’ venti nitrosi, l’etere si accende, e le<br />

<strong>su</strong>e particelle <strong>di</strong>latando, produce un corpo ignoto, come un torrente <strong>di</strong><br />

nebbia, che <strong>di</strong>cesi turbine» 3 . Così si generano i terremoti «<strong>di</strong>versi secondo il<br />

sito, e secondo la resistenza che trova nel voler <strong>di</strong>latarsi dentro le caverne» 4 .<br />

Quando questi fenomeni si verificano in zone in cui c’è grande abbondanza<br />

<strong>di</strong> minerali, «maggiori spiriti si trovano racchiusi» e la violenza delle<br />

reazioni apre «monti, e voragini; ma quando non abonda la terra <strong>di</strong> quei<br />

minerali, non si veggono fuochi dalla terra stessa, e solo il tremuoto si<br />

sente» 5 . Nel caso in cui non incontrino resistenza, gli spiriti escono<br />

liberamente; se «gli resiste la parte <strong>su</strong>periore delle grotte, allora scuoprono,<br />

e sollevano la <strong>su</strong>perficie della terra». È a questo secondo aspetto del<br />

fenomeno che si può ascrivere l’attività vulcanica. Infine, «il terzo effetto è<br />

<strong>di</strong>struggere monti, formare de’ nuovi, e far vedere ne’ medesimi varie<br />

stravaganze» 6 . I terremoti possono far nascere monti, fiumi e isole e<br />

«sconvolta la terra per li continui moti, aprir possono le voragini anche sotto<br />

il mare, ed inghiottire le acque, e così il mare ritirarsi». Intere città e<br />

1 Ib. Questa opera è andata perduta.<br />

2 Id., p. 481. Su Paolo Boccone, cfr. A. OTTAVIANI, Re<strong>di</strong> e la tra<strong>di</strong>zione naturalistica. Dai<br />

Lincei a Paolo Boccone, in W. Bernar<strong>di</strong>-L. Guerrini (a cura <strong>di</strong>), Francesco Re<strong>di</strong>. Un<br />

protagonista della scienza moderna. Documenti, esperimenti, immagini, Firenze, Olschki,<br />

1999, pp. 141-158.<br />

3 Id., p. 482.<br />

4 Ib.: «gli effetti veramente <strong>di</strong>mostrano la somiglianza grande tra i fuochi sotterranei, e quei<br />

del fulmine, o degli altri, che nell’aria si accendono».<br />

5 Id., p. 483.<br />

6 Id., p. 486.<br />

242


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

montagne possono allora scomparire nelle caverne sotterranee e alle volte<br />

«aperta la Terra, ed assorbuto tutto quello, che stava nella <strong>su</strong>perficie, tornata<br />

a chiudersi non mostrò quelche aveva già assorbito» 1 .<br />

Grazie all’etere ogni trasformazione <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>perficie terrestre trova la <strong>su</strong>a<br />

razionale spiegazione.<br />

Gimma si ferma a questo punto: il ‘plutonismo’ non rientra nelle <strong>su</strong>e corde,<br />

per quanto tutti gli elementi che porteranno Moro qualche anno dopo ad<br />

elaborare la <strong>su</strong>a interessante teoria dell’emersione dei continenti (e a<br />

risovere in questo modo anche l’annoso problema dei corpi fossili) fossero<br />

nelle <strong>su</strong>e analisi già presenti. In conclusione si possono in<strong>di</strong>viduare questi<br />

punti: il <strong>su</strong>go petrifico proposto da Gimma non interviene affatto per creare<br />

dal nulla esseri che fungano da ponte fra mondo minerale e mondo vegetale<br />

o animale. Esso si limita a ‘costruire’ corpi petrosi che possono essere anche<br />

giganteschi (le montagne) ma sempre intervenendo <strong>su</strong> materiale adatto. Gli<br />

sconvolgimenti che colpiscono la <strong>su</strong>perificie terrestre possono essere<br />

immani (terremoti e maremoti) e sono <strong>su</strong>fficienti a spiegare la presenza <strong>di</strong><br />

corpi marini anche <strong>su</strong>i monti, senza dover ipotizzare false soluzioni quali<br />

una attività generativa spontanea della natura. Per risolvere questo problema<br />

non è neanche necessario ricorrere al Diluvio universale che, oltretutto,<br />

risale ad un tempo così antico che non è <strong>di</strong> alcuna utilità per spiegare la<br />

presenza degli scheletri pietrificati dei corpi marini. L’atteggiamento <strong>di</strong><br />

Gimma sembra così essere improntato ad un prudente agnosticismo<br />

scientifico: le Sacre Scritture ci testimoniano della realtà del Diluvio<br />

universale, per cui non è lecito dubitare <strong>di</strong> esso. Le scienze, da parte loro, e<br />

la storia non ci forniscono elementi <strong>su</strong>fficienti per decidere in proposito.<br />

Gimma opera una scelta ponderata facendo del Diluvio una sorta <strong>di</strong> punto <strong>di</strong><br />

partenza posto all’origine della storia umana (<strong>di</strong> quella post-<strong>di</strong>luviana,<br />

naturalmente). Si <strong>di</strong> indagare il mondo pre-<strong>di</strong>luviano riconducendolo <strong>di</strong> fatto<br />

nell’ambito dei <strong>di</strong>scorsi teologici (o, se si preferisce, nell’ambito delle<br />

favole) e non <strong>di</strong> quelli scientifici. Infine, un ruolo assolutamente<br />

fondamentale viene da Gimma assegnato all’etere, ricostruendo così forse<br />

per la prima volta esplicitamente, un legame forte con la speculazione <strong>di</strong><br />

Tommaso Cornelio e degli Investiganti napoletani, con la me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong><br />

1 Id., p. 490.<br />

243


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Carlo Musitano, da una parte, e delle innovative ricerche <strong>di</strong> Antonio<br />

Vallisneri dall’altra.<br />

3. «Machinae quidem <strong>su</strong>nt Animalia»: me<strong>di</strong>ci contra cartesianos<br />

Diciassette anni dopo aver pubblicato il primo tomo delle Dissertationes e<br />

due anni dopo la Fisica sotterranea (ma la ste<strong>su</strong>ra è contemporanea),<br />

Gimma dà alle stampe un secondo tomo <strong>di</strong> Dissertationes academicae,<br />

<strong>di</strong>viso in due parti, la prima delle quali, la Dissertatio tertia. De brutorum<br />

anima, et vita, contiene una problematica tra le più interessanti tra quelle<br />

affrontate dall’abate carmelitano.<br />

L’obiettivo <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> questo secondo tomo è la dottrina cartesiana<br />

dell’anima delle bestie, oggetto <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>scussioni a partire almeno<br />

dall’ultimo decennio del XVII secolo: Gimma la colloca tra le ‘favole’, in<br />

un territorio extra-scientifico 1 .<br />

In hoc ergo secundo multa scitu <strong>di</strong>gna de anima brutorum aperit; his animam<br />

sensitivam, naturalemque instinctum conce<strong>di</strong>t; non sine intellectu, cognitione,<br />

immo et libertate sensitiva, sive materiali, <strong>su</strong>amque sententiam fuse, et nervose<br />

contra cartesianos probat Vir doctissimus 2 .<br />

Il <strong>su</strong>o percorso, dopo aver riba<strong>di</strong>to con Bacon che la scienza è <strong>di</strong>retta «non<br />

fingendum, aut excogitandum; sed inveniendum quid natura faciat, aut<br />

quaerat» 3 , comprende tutte le favole sotto le quali questa questione è stata,<br />

nel corso dei secoli, nascosta: «veteres enim confuderunt animas, et bruta<br />

non solum hominibus aliqui; sed et plantis cre<strong>di</strong>derunt similia; alii etiam ex<br />

1<br />

Sul problema dell’anima nella filosofia europea del XVII e XVIII secolo, cfr. H.<br />

KIRKINEN, Les origines de la conception moderne de l’homme machine. Le problème de<br />

l’âme en France à la fin du regne de Louis XIV (1670-1715), Helsinki, Suomalainen<br />

Tiedeakatemia, 1960; in G. RICUPERATI, Il problema della corporeità dell’anima dai<br />

libertini ai deisti, in Il libertinismo in Europa…, cit., pp. 369-415. Sulla questione<br />

dell’animale macchina, cfr. i classici A. VARTANIAN, Diderot e <strong>Descartes</strong>…, cit. e L.<br />

COHEN-ROSENFIELD, From Beast-Machine to Man-Machine. Animal Soul in French Letters<br />

from <strong>Descartes</strong> to La Mettrie, New York, Oxford University Press, 1941.<br />

2<br />

Lectori can<strong>di</strong>do D. Joannes-Baptista Bonazza, in G. GIMMA, Dissertationes<br />

accademicae…, t. II, s. p.<br />

3<br />

Id., p. 2. Come ho già avuto occasione <strong>di</strong> notare, il motto <strong>di</strong> Bacon è tratto dal testo <strong>di</strong> R.<br />

BOYLE, Experimenta et Considerationes de Coloribus…, cit.; cfr. <strong>su</strong>pra, Introduzione, pp.<br />

13-14, nota 2. Il testo porta, per un errore <strong>di</strong> stampa, Galilaeus per Boylaeus, come viene<br />

riportato nell’index errorum notabilium posto all’inizio del volume.<br />

244


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

recentioribus et sen<strong>su</strong>m, et animam brutis ipsis penitus denegarunt, licet<br />

eadem sin oculis manifesta» 1 .<br />

È possibile <strong>di</strong>stinguere tre momenti in questa Dissertatio che possono essere<br />

così <strong>su</strong>d<strong>di</strong>visi: definizione, dal punto <strong>di</strong> vista teologico, dell’anima, con la<br />

<strong>su</strong>a tra<strong>di</strong>zionale partizione in anima razionale, sensitiva, vegetativa;<br />

definizione del punto <strong>di</strong> vista filosofico delle proprietà dell’anima sensitiva;<br />

critica dell’argomento cartesiano dell’anima dei bruti. Quanto all’ultimo<br />

punto, Gimma non legge <strong>di</strong>rettamente <strong>Descartes</strong>, ma utilizza ampiamente le<br />

opere <strong>di</strong> Pourchot e Le Grand.<br />

Per il primo punto, l’abate as<strong>su</strong>me la <strong>di</strong>stinzione aristotelico-tomista<br />

dell’anima in vegetativa, sensitiva e razionale: ognuna <strong>di</strong> queste funzoni<br />

espleta anche un ruolo nell’economia animale. L’anima vegetativa, in<br />

particolare,<br />

omnibus communiorem existimarunt animam vegetativam, quia vivere, et<br />

procreare sibi similem naturale est, et cunctis commune: omne enim, quod est, ut<br />

inquit D. Augustinus […], naturaliter desiderat <strong>su</strong>um esse conservare; ita ut<br />

miserrimi nolint inerire; sed potius miseriam eorum auferri. In viventibus autem<br />

cum vivere sit esse, qui vitam producere non valent, <strong>su</strong>am speciem propagare<br />

instituto intendunt 2 .<br />

Aristotelico-tomista è anche la <strong>su</strong>ccessiva precisazione: «In homine eadem<br />

numero est anima vegatativa, sensitiva, et rationalis; ita et in Brutis<br />

animalibus eadem numero est anima vegetativa, et sensitiva […]. Anima<br />

ideo sensitiva nobilior est vegetativa, quia continet vegetativam, et maiores<br />

facultates, sive potentias. Sic rationalis anima omnbius est nobilior, quia<br />

omnes continet» 3 .<br />

La teoria neoplatonica – ma con Antoine Le Grand Gimma la estendeva<br />

anche a Talete, Pitagora, Platone – dell’anima del mondo , veniva <strong>su</strong>bito<br />

relegata nel dominio del favoloso: «Existimarunt enim anima quandam esse<br />

1 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, p. 16. E ancora: «fabulosa quidem<br />

plurima docuerunt veteres de anima tum vegetabilium, tum brutorum, et hominum unde<br />

quaestionem red<strong>di</strong>dertun per<strong>di</strong>fficilem quae et philosophos et theologos maximopere<br />

occupavit». E ancora: «corpora, quae animam habent, vivere quoque <strong>di</strong>cuntur; sicuti mors<br />

est eorundem <strong>di</strong>ssolutio. Vita ideo anima non potest haberi, quia ab anima pendet, et de<br />

viventium vita hic agimus; nonnulli enim vitam significare etiam existimant mores,<br />

animam, alimentum, spatium viven<strong>di</strong>, et fortunam, quae viventibus aci<strong>di</strong>t».<br />

2 Id., p. 17.<br />

3 Id., p. 21.<br />

245


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

mun<strong>di</strong> generalem qua plantae vegetant, et crescunt: animalia nutriuntur, et<br />

sentiunt, et homines quoque informantur, et intelligunt» 1 . Favolosa anche<br />

l’altra opinione per la quale equiparavano l’anima degli animali e quella<br />

degli uomini considerando entrambe incorporee 2 . Favolose, infine, anche le<br />

opinioni <strong>di</strong> coloro che «ab<strong>su</strong>rde <strong>di</strong>xerunt nihil omnino esse animam» (gli<br />

atomisti, ma Gimma non lo rende manifesto) 3 .<br />

Con Tommaso, si deve dunque riba<strong>di</strong>re che l’uomo possiede l’anima che,<br />

dunque, essa esiste, è immortale e <strong>di</strong>stinta in vegetativa, sensitiva e<br />

razionale 4 ,<br />

statuerunt hanc doctrinam Theologi, et fabulosa non est anima sensitiva, quam<br />

philosophi quidam aut nulla esse defendunt in animalibus, aut nulla prae<strong>di</strong>tam<br />

facultate 5 .<br />

L’anima dell’uomo «qua vegetat, et sentit, et intelligit» 6 è in<strong>di</strong>viduale ed è<br />

creata da Dio 7 ; le anime razionali «non fuerunt ante corpora a Deo creatae;<br />

sed in ipsis corporibus singillatim creantur, et infunduntur» 8 . Falsa dunque<br />

l’opinione <strong>di</strong> Plotino e dei platonici secondo la quale «ex coelo <strong>su</strong>premo<br />

immittantur in corpora», ma ancor più falsa era la sentenza secondo la quale<br />

l’anima razionale è prodotta «a virtute seminis humani» 9 .<br />

Gimma si sbarazza delle favole e riconosce statuto <strong>di</strong> verità alle teorie<br />

aristotelico-tomiste. Passa poi a <strong>di</strong>mostrare la sostanziale concor<strong>di</strong>a tra<br />

teologia e filosofia naturale. Per l’anima razionale egli conferma la <strong>su</strong>a<br />

completa accettazione delle «Theologorum, et Patrum sententias»<br />

1 Ib.<br />

2 Id., p. 22: «si aliqua esset <strong>di</strong>fferentia, non ab essentia; sed ab accidentibus». Sulla<br />

presenza <strong>di</strong> Le Grand a Napoli cfr. <strong>su</strong>pra, cap. I, p. 49, nota 2.<br />

3 Id., p. 23: «totum hoc nomen inane, frustraque et animalia, et animantes appellari; neque<br />

in homine insesse animum, vel animam, nec in bestia».<br />

4 Id., p. 24: «statuerunt quoque […], quod eadem numero est vegetativa, sensitiva, et<br />

rationalis in homine: sic et in brutis vegetativa, et sensitiva: nobiliorem ideo esse vegetativa<br />

sensitivam, quia haec maiores habet potentias: sic rationalem longe omnibus nobiliorem<br />

propter easdem, et alias con<strong>di</strong>tiones».<br />

5 Ib.<br />

6 Id., p. 24. Poco dopo, Gimma conferma questa acquisizione dei teologi, «animam unicam<br />

in homine esse formaliter quidem rationalem, virtute vero vegetantem, et sentientem».<br />

7 Id., p. 30: «rationales animae, omissis quibusdam falsis opinionibus, quas referunt<br />

Conimbricenses […] recipiunt esse a Deo per creationem».<br />

8 Ib.<br />

9 Id., p. 31.<br />

246


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

<strong>di</strong>chiarando esplicitamente: «ab<strong>su</strong>rda autem, aut quae non <strong>su</strong>nt ab Ecclesia<br />

approbata reiicimus» 1 .<br />

Sulle questioni attinenti l’anima dei bruti, però, ritiene legittimo parlar<br />

«philosophice» 2 . L’anima sensitiva appartiene sia agli animali, sia agli<br />

uomini, egli elenca le varie, <strong>di</strong>fferenti ipotesi, teologiche e scientifiche<br />

accogliendo sostanzialmente quella <strong>di</strong> Thomas Willis 3 . Non gli argomenti<br />

dei teologi o dei filosofi, dunque, ma quelli sostentuti dall’autore del<br />

Cerebri anatome 4 egli utilizza per <strong>di</strong>mostrare gli errori commessi da<br />

<strong>Descartes</strong>.<br />

Per Willis l’anima sensitiva è materiale e mortale, nasce con il corpo e con<br />

questo muore. Segue in questo Gassen<strong>di</strong> secondo il quale l’anima sensitiva è<br />

materiale e «corpori coextensam», fuoco o spirito sottile: «animam esse<br />

quandam flammulam, ignisve tenuissimi speciem quae quam<strong>di</strong>u viget, seu<br />

manet accensa, tam<strong>di</strong>u vivit animal, cum amplius non vigeat, seu<br />

extinguatur, animal moritur» 5 . Secondo Willis l’anima sensitiva è composta<br />

<strong>di</strong> particelle sottili e attive e percorre i condotti del corpo <strong>di</strong>ffusi in tutto il<br />

corpo 6 . Essa è responsabile del funzionamento dell’organismo essendo<br />

catalizzatrice <strong>di</strong> un processo che inizia quando «plures particulae activae<br />

spirituosae, ac <strong>su</strong>lphureae cum aliquibus salinis ad animalitatem<br />

prae<strong>di</strong>spsitae in foco idoneo convenerunt» per il quale «ad<strong>di</strong>t ipse Willis,<br />

quod animae corporeae actus, seu materiae vitalis incen<strong>di</strong>um in Brutis<br />

perfectioribus sanguine calido prae<strong>di</strong>tis ita clare, ac aperte cum calore<br />

1<br />

Id., p. 33.<br />

2<br />

Ib.: «philosophiche nunc brutorum animam consideramus, et autorum sententiam iuxta<br />

eorum assertionem refferre curamus».<br />

3<br />

Ib.: «et nos, qui ex ore aliorum scribere volumus, et alienas opiniones referre, ea, quae<br />

ipse Willis scripsit, in compen<strong>di</strong>um re<strong>di</strong>gimus, ne nova in me<strong>di</strong>um ferre videamur».<br />

4<br />

Gimma legge T. WILLIS, Clarissimi viri Thomae Willis, doctoris me<strong>di</strong>ci, philosophiae<br />

naturalis professoris, Sedleia. Oxon. Necnon inclyti Med. Coll. Lon<strong>di</strong>n. & Societatis Regiae<br />

Socii: de anima brutorum, quae hominis vitalis ac sensitiva est, exercitationes duae,<br />

quarum prior philosophica, eiusdem naturam, partes, potentias, & affectiones, tra<strong>di</strong>t:<br />

altera pathologica, morbos qui ipsams sedem eius primariam, nempe cerebrum &<br />

nervo<strong>su</strong>m genus afficiunt, explicat, eorumque Therapeias instituit, Lugduni, <strong>su</strong>mptibus<br />

Joannis Antonii Huguetan, & soc., 1676; cfr., G. GIMMA, Sylva I…, cit., pp. 207-209. Non<br />

cita, invece, l’altra celebre opera <strong>di</strong> Willis , Pathologiae cerebri et nervosi generis<br />

specimen: in quo agitur de morbis convulsivis et de scorbuto, dove il me<strong>di</strong>co inglese<br />

approfon<strong>di</strong>sce questi aspetti; cfr. T. WILLIS, Opera me<strong>di</strong>ca et phisica in varios tractatus<br />

<strong>di</strong>stribuita, 2 voll., Lugduni, Io.-A. Hugueton, 1676.<br />

5<br />

G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, p. 33.<br />

6<br />

Cfr. G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, p. 33.<br />

247


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

insigni […] vitamque non tam flammae similem, quam ipsammet eandem<br />

esse crederet» 1 . Estendendosi per tutto il corpo organico e nelle singole<br />

parti, l’anima sensitiva irra<strong>di</strong>a e vivifica gli umori. Questa anima, che è da<br />

considerare corporea, espleta tutte quelle operazioni che si è soliti in<strong>di</strong>care<br />

con il termine ‘istinto’ e altre funzioni corporee, «prout autem animantia<br />

<strong>su</strong>nt aliis plus, aut minus perfecta ita illorum animae <strong>di</strong>verso facultatum<br />

apparatu sin instructa» 2 . Anche per Gassen<strong>di</strong> «quod nempe vim sentien<strong>di</strong><br />

brutorum in sanguine, et spiritibus animalibus constituunt, animamque<br />

sentientem in purissima sanguinis portione, ut in quadam flamma vitali<br />

sitam esse existimant» 3 . Sede eminente <strong>di</strong> quest’anima è «in liquore vitali,<br />

sive sanguine in corde, arteriis, et venis, et liquore animali, sive <strong>su</strong>cco<br />

nerveo intra cerebrum». Questa anima, agisce come una luce che emana<br />

raggi luminosi. Questi ultimi, infatti, «ac nervis excerpti, quasi a vitris<br />

<strong>di</strong>optricis multisariam reflexi, vel refracti, propter facultatum animalium<br />

exercitia propter facultatum animalium exercitia <strong>di</strong>versimode<br />

configurantur» 4 .<br />

L’anima sensitiva è costituita dagli spiriti animali che hanno <strong>di</strong>versi uffici<br />

«nam intror<strong>su</strong>m pro sen<strong>su</strong>, extror<strong>su</strong>m pro motu [Willis] tribuit». Essi<br />

rappresentano i simulacra nel cervello, che è l’organo fondamentale delle<br />

attività animale 5 :<br />

1<br />

Id., p. 34: Willis pensa «quod animae corporeae existentia omnino ab actu, seu vita eius<br />

dependet, et hoc respectu flammae vulgari simillima videtur, in quantum scil. utriusque<br />

<strong>su</strong>bstantia quamprimum a motu omni cessaat, illico non est, et nullo modo eadem numero<br />

re<strong>di</strong>ntegrari potest. Huius ideo essentia a vita, tanquam a materiae cuiusdam <strong>su</strong>btilis<br />

incen<strong>di</strong>o incipit; cum nempe plures particulae activae spirituosae, ac <strong>su</strong>lphurae cum<br />

aliquibus salinis ad animalitatem prae<strong>di</strong>spositae in foco idonea convenerunt, modo ab alia<br />

anima velut accensae, modo <strong>su</strong>a sponte vitam concipiunt, quae deinceps pabulo <strong>su</strong>lphureo<br />

ab intus, nitroso ab extra <strong>su</strong>ppe<strong>di</strong>tatis aliquan<strong>di</strong>u perdurat, donec aut alter utrius horum<br />

defectu, aut propter vim foras illatam eadem quasi extincta statim perit».<br />

2<br />

Id., p. 35.<br />

3<br />

Ib.<br />

4<br />

Id., p. 36.<br />

5<br />

Ib.: «cum in cerebri me<strong>di</strong>tullio, eiusque penetralia sensibilium omnium icones, vel<br />

simulacra per nervorum ductus intromissa unt, primo corpora striata, tanquam vitrum<br />

obiectivum traiiciunt; deinde <strong>su</strong>pra corpus callo<strong>su</strong>m, velut parietem dealbatum<br />

repraesentantur, et rei sensatae perceptionem, simulque imaginationem quandam inducunt.<br />

Eadem simulacra, sive icones ibidem expressae, quoties nihil, nisi praeter metam obiecti<br />

cognitionem important, exinde mox ulterius, velut undulatione altera e corpore calloso<br />

ver<strong>su</strong>s cerebri corticem progressae, eiusque plicis recon<strong>di</strong>tae rei memoriam, et<br />

reminiscentiam constituunt, phantasmate evanescente. Sin vero species sensibilis<br />

imaginationi impressa quidquam boni, aut mali promittit, illico spiritus exciti, obiectum,<br />

248


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

mirabiles <strong>su</strong>nt innumerae fibrarum nervearum series, stupendo or<strong>di</strong>ne per singulas<br />

totius corporis partes <strong>di</strong>stributas, in quibus spiritus animale <strong>di</strong>scurrentes sen<strong>su</strong>s, ac<br />

motus munia exequuntur. Accuratam inde cerebri anatomen Willis describit, et<br />

spirituum ductus communes, et calles privatos; inde […] totius animae corporeae<br />

initia, et augumenta; necnon habitu<strong>di</strong>nes quasdam eius, et inclinationes innatas<br />

denota; inde animae flammam a Passionibus modo ampliari, modo contrahi<br />

osten<strong>di</strong>, et alia <strong>di</strong>ligenter aperit 1 .<br />

Dopo avere stabilito la natura corporea dell’anima sensitiva Gimma, sempre<br />

<strong>su</strong>lle orme <strong>di</strong> Willis, passa alla questione della «<strong>su</strong>bstantia, et cognitio<br />

brutorum». Passa, cioé, al confronto <strong>di</strong>retto con <strong>Descartes</strong>. L’anima<br />

razionale è capacità ‘<strong>di</strong>scorsiva’, mentre quella corporea «facultas omnis<br />

corporea ad res sensibiles, et unaquaeque ad certum genus rerum limitata<br />

est» 2 . Oggetto della conoscenza dell’anima razionale «est omne ens» 3 ; i<br />

gra<strong>di</strong> della conoscenza sono solitamente <strong>di</strong>stinti: «simplicium apprehensio,<br />

enunciatio, et <strong>di</strong>scur<strong>su</strong>s». La facoltà conoscitiva dell’anima corporea è la<br />

Phantasia o Imaginatio: una conoscenza limitata alle cose singolari e<br />

corporee che vengono raccolte sotto un’immagine non sempre veritiera 4 .<br />

Nell’uomo, l’anima razionale (con l’intelletto, <strong>su</strong>o strumento principe) ha il<br />

compito <strong>di</strong> correggere gli errori della fantasia e può pensare «Deum,<br />

Angelos, seip<strong>su</strong>m, infinitum, aeternitatem aliasque notiones, a sen<strong>su</strong>, ac<br />

imaginatione longissime remotas». L’anima razionale pensa «res<br />

immateriales […], immaterialem, et immortalem animae rationalis<br />

<strong>su</strong>bstantiam, sive naturam arguit» 5 ; la Phantasia conosce solo ciò che è<br />

sensibile: l’animale è in grado in certa mi<strong>su</strong>ra <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere, ad esempio,<br />

l’uomo dagli altri animali, l’amico dal nemico. L’intelletto umano giu<strong>di</strong>ca<br />

del vero e del falso e, soprattutto, è capace <strong>di</strong> azione riflessiva <strong>su</strong> se stesso,<br />

«se cogitare cogitat, Deum infinitum, et aeternum esse, ipsi cultum deberi,<br />

Angelos reperiri, aliasque notiones mere spirituales comprehen<strong>di</strong>t».<br />

cuius appul<strong>su</strong> commoventur, sepiciunt, eiusque amplexan<strong>di</strong>, <strong>su</strong>mmoven<strong>di</strong> gratia spiritibus<br />

aliis intra ductus noerverum, afflui, et <strong>su</strong>ccessive aliis membrorum, partiumque motricium<br />

insiti, motuum respective ineundorum mandata citissime deletant».<br />

1<br />

Id., pp. 36-37.<br />

2<br />

G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, p. 37.<br />

3<br />

Ib.: «sive sit illud <strong>su</strong>blunare, sive <strong>su</strong>perlunare, materiale, aut immateriale; verum, aut<br />

fictitium; reale, aut intentionale».<br />

4<br />

Ib. «Sic […] coelum mari, aut horizonti contiguum sidera non plus horizonte nobis<br />

<strong>di</strong>stare, nullos respectu nostri antipodas esse imaginamur».<br />

5<br />

Id., p. 38.<br />

249


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

È in questa capacità che va posta l’unica possibile <strong>di</strong>stinzione tra l’anima<br />

razionale che appartiene solo all’uomo e quella corporea che gli uomini<br />

hanno in comune con animali: «mens enim humana exculta, scientias, et<br />

artes liberales edocta intelligit, <strong>di</strong>squirit, et operari valet» 1 . Questa<br />

<strong>di</strong>stinzione tra intellectus e imaginatio, oltre che <strong>su</strong>lla conoscenza, si<br />

riverbera anche <strong>su</strong>lla volontà: «ita vulgo statuitur duplex appetitus, scil.<br />

voluntas, quae ab intellectu procedens, animae rationalis affecta, et appetitus<br />

sensitivus, qui imaginationi cohaerens animae corporeae manus, sive<br />

procuratrix perhibetur» 2 . L’anima corporea si sottomette a quella razionale<br />

nell’attività conoscitiva, ma non sempre nella volizione e nell’azione che<br />

inclinano «ad carnem». L’anima razionale può ridurre la corporea sotto il<br />

<strong>su</strong>o imperio grazie ai precetti dei filosofi, alle prescrizioni della morale e<br />

della religione 3 . Ed è proprio il conflitto sempre latente fra l’anima razionale<br />

e quella corporea può segnare il momento <strong>di</strong> massima tensione dell’identità<br />

personale, quando le passioni <strong>di</strong>ventano perturbationes animi e impe<strong>di</strong>scono<br />

una scelta ponderata <strong>su</strong>l bene e <strong>su</strong>l male 4 .<br />

Gimma rias<strong>su</strong>me: l’anima sensitiva dei bruti ha <strong>su</strong>e specifiche proprietà;<br />

esse, presenti in maniera potenziata anche nell’uomo, sono poste sotto il<br />

1<br />

Ib. Le scienze e le arti liberali a cui Gimma fa riferimento sono «Dialecticae […] argutiae,<br />

philosophiae naturalis, quae res per causas explicat: Metaphysices theoremata profunda, et<br />

magna aliarum scientiarum mysteria: sic de reliquis innumeris, et de mechanicis technas,<br />

inventa, artificia mirabilia. Anima humana praeclare intelligere, <strong>di</strong>squirere, et invenire, res<br />

tupendas efficere potest. Bruta motiones, agen<strong>di</strong>sque intentiones pauciores tantum, et<br />

simpliciores, et eas semper unius generis, et ad unum determiantas eliciunt, rerum causas<br />

ignorant, societatis poticiae leges: vestimenta non induunt, alimenta non coquunt, et tria<br />

numerare nesciunt».<br />

2<br />

Id., p. 41.<br />

3<br />

Id., p. 42.<br />

4<br />

Id., p. 41: «affectus omnes vehementes, sive perturbationes animi, quibus ipse<br />

commoveri, atque huc illuc propter bonum presequendum, malumve fugiendum inclinari<br />

solet, omnino ad animam corpream spectantes eandem cum phantasia sedem intra cerebri<br />

me<strong>di</strong>tuttlim obtinere videntur; interim intellectus, sictu phantasmata omnia intuetur, et pro<br />

arbitrio <strong>su</strong>o <strong>di</strong>spnit […], ita concupiscentias omnes, passionumque fluctus etiam intra<br />

phantasiam commoveri solitos non modo percipit; sed dum <strong>su</strong>i iuris est moderatur, et<br />

gubernat; cumque adeo affectus hos probat, illos reiicit, alios modo excitat, modo<br />

compescit, aut in fines quosdam <strong>di</strong>vertit, <strong>di</strong>catur, et ipsa anima rationalis per huiusmo<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ctata <strong>su</strong>a quosdam voluntatis, aut arbitrii actus exercere, ipsaque eodem velle, aut nolle,<br />

quae ipsius permis<strong>su</strong>, aut ius<strong>su</strong> sensitivus appetitus concupiscit, aut aversatur». Sulla<br />

grande tra<strong>di</strong>zione che identifica la passione e la malattia con la perturbatio animi, referente<br />

assolutamente fondamentale è naturalmente M. TULLI CICERONIS, Tuscolanarum<br />

<strong>di</strong>sputationum, in particolare III.IV.7 (cfr., Le tuscolane, a cura <strong>di</strong> Fabio Demolli, Milano,<br />

Bompiani, 1993, pp. 158-160).<br />

250


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

controllo dell’anima razionale. Le potenze dell’anima sensitiva sono solo<br />

quelle «apprehensiva, et secundum motiva». Al primo gruppo appartengono<br />

i cinque sensi 1 . Interessanti, a questo proposito, le riflessioni <strong>su</strong>lla luce<br />

(«vi<strong>su</strong>s obiectum est visibile, et visibilium <strong>su</strong>nt lux, lumen, et color. Lux<br />

habetur a sole, et flamma; lumen est lucis imago, et eius <strong>su</strong>biectum est<br />

corpus transparens; lumen autem transparentis extremitatem illuminans<br />

colorem existentem in extremitate opaci contigui visibilem red<strong>di</strong>t, et pars<br />

illuminata est color; neque aliud est color, quam <strong>di</strong>versa lucis terminatio in<br />

transparenti, aut opaco» 2 ) e <strong>su</strong>l tatto (che viene accostato al gusto),<br />

particolare per la capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernere le sensazioni piacevoli e quelle<br />

dolorose:<br />

tactus omnibus animalibus necessarius, ut sine eo, et gustu, qui quidam tactus est,<br />

vivere non possint; per ip<strong>su</strong>m enim vitae contraria fugit, et amica prosequitur; et<br />

tactu fiunt omnes in animali fere voluptates, et venerea […]. Est autem tactus<br />

potentia sensitivae animae apprehensiva qualitatis tangibilis in nervo expanso ad<br />

instar retis per totum corpus me<strong>di</strong>ante carne; exces<strong>su</strong>s autem in proportione sen<strong>su</strong>m<br />

corrumpit: <strong>di</strong>sconveniens dolorem causat: debite proportionaturm, delectationem 3 .<br />

La potenza ‘apprehensiva’ viene definita senso interno, senso comune 4 ,<br />

potenza sensitiva interiore che conosce le cose quando esse sono assenti:<br />

«Potentia sensitiva interior, quae sensibilia in eorum absentia apprehen<strong>di</strong>t:<br />

nam a sensibus exterioribus recepta per nervos organorum ad cerebrum<br />

usque conscendunt, ubi cum sensibus interioribus etiam remotis sensibilibus<br />

sensatione causant» 5 . Essa è <strong>su</strong>d<strong>di</strong>visa in facoltà: la facoltà immaginativa<br />

serve a rappresentare le «species» degli oggetti che sono percepiti dai sensi<br />

esterni; la ‘cogitativa’ serve, giu<strong>di</strong>cando della bontà o della pericolosità<br />

delle rappresentazioni, a decidere ad esempio per la prosecuzione del<br />

cammino o per la fuga; la memorativa permette <strong>di</strong> operare rettamente<br />

«species retinendo cuiuscumque obiecti, sive praesentis, sive absentis» 6 .<br />

1<br />

G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, p. 42: «Sen<strong>su</strong>s autem aut <strong>su</strong>nt externi, aut<br />

interni: quinque numerati <strong>su</strong>nt externi».<br />

2<br />

Ib.<br />

3<br />

Id., p. 43.<br />

4<br />

Id., p. 46: «Sen<strong>su</strong>s interni <strong>di</strong>cuntur Facultates Egemonicae, sive Rectrices, Gubernatrices,<br />

et Superiores, et a quibusdam duo assignantur, ut Plato in Timaeo, nempe Sen<strong>su</strong>s<br />

communis, seu Phantasia et Memoria».<br />

5<br />

Ib.<br />

6 Id., pp. 46-47.<br />

251


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Gimma chiosa Willis: «In animali perfecto tot <strong>su</strong>nt actiones, quot <strong>su</strong>fficiunt<br />

ad vitam illius, quia natura non deficit in necessariis». Gli animali agiscono<br />

innanzitutto per conservare la vita e a questo è <strong>di</strong>retta la facoltà<br />

apprehensiva dell’anima sensitiva e i cinque sensi esteriori attraverso i quali<br />

«faciliter recipiat species visibilium et est Sen<strong>su</strong>s communis; altera, quae<br />

illas retineat; et conservet; et est Phantasia, sive Imaginatio». Queste<br />

sarebbero <strong>su</strong>fficienti se l’animale non dovesse fare altro che cercare ciò che<br />

è utile e piacevole affidandosi ai sensi, ma poiché egli deve anche <strong>di</strong>fendersi<br />

dai pericoli «ponitur potentia Aestimativa, et ad conservandum eas<br />

Memorativa, quae thesaurus est apprehensionum nocivi, vel utilis, et<br />

commo<strong>di</strong>» 1 .<br />

Quanto alla seconda potenza dell’anima sensitiva, la «motivam secundum<br />

locum», questa è legata all’appetitus che, nel caso dell’appetitus animalis<br />

vel sensitivus, viene a <strong>su</strong>a volta <strong>su</strong>d<strong>di</strong>viso in concupiscibile 2 ed irascibile 3 .<br />

Questi due poli costituiscono anche le coor<strong>di</strong>nate delle passioni che dal loro<br />

conflitto trovano origine: esse «non aeque in hominibus, et in brutis<br />

observantur; licet hominum tantummodo sint propriae. Organum<br />

concupiscibilis, et irascibilis circa cor, vel ip<strong>su</strong>m cor esse putant Veteres,<br />

quia cor in actibus eorum <strong>di</strong>latatur, et constringitur; et sanguis ab<br />

exterioribus ad cor, vel a corde ad exteriora remittitur: hinc timi<strong>di</strong> pallent, et<br />

irati excandescunt» 4 .<br />

Sul tema delle passioni, Gimma calca la <strong>su</strong>a analisi <strong>su</strong> quella cartesiana.<br />

In<strong>di</strong>vidua alcune partizioni che ritiene <strong>di</strong> maggiore rilievo e le segue. La<br />

1 Id., p. 47. Non è qui possibile <strong>di</strong>ffondersi qui <strong>su</strong>ll’analisi particolareggiata delle quattro<br />

facoltà, così mi limiterò a sottolineare la funzione della terza: «Aestimativa <strong>di</strong>citur vis<br />

quaedam naturalis, seu instinctus naturae, quo Bruta res aliquas percipiunt, quae <strong>su</strong>b sen<strong>su</strong>s<br />

non cadunt; eaque <strong>di</strong>scernunt cum quibus amicitiam, vel inimicitiam aliquam habent. Sic<br />

ovis ex speciebus lupi, colore scil. figura, et aliis inimicitiam non sensatam eliciens, ip<strong>su</strong>m<br />

fugit». Una sorta <strong>di</strong> teorizzazione dell’istinto quale forza destinata eminentemente alla<br />

conservazione.<br />

2 Id., p. 57: «Concupiscibilis est naturalis potentia animae sensitivae, quae ten<strong>di</strong>t ad<br />

consequendum bonum particulare sensibile, verum, vel apparens; maxime tamen<br />

delectabile, et ad fugiendum malum sensibile, vel doloro<strong>su</strong>m apprehen<strong>su</strong>m tale per sen<strong>su</strong>m<br />

interiorem».<br />

3 Ib.: «Irascibilis est potentia animae sensitivae, quae realiter inclinatur ad prosequendum<br />

bonum delectabile, sensibile, arduum, utile, vel honestum, etiam si delectabile non sit: et ad<br />

fugiendum malum arduum et <strong>di</strong>fficile. Imperat Concupiscibilis moveri ad ea, quae videntur<br />

bona, et necessaria: Irascibilis mandat fugam eorum, quae <strong>su</strong>nt contraria, et nociva».<br />

4 Ib.<br />

252


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

prima ‘mappatura’ <strong>di</strong>stingue sei passioni principali 1 : tre «ex parte boni»,<br />

cioè Amore, Desiderio e Gioia; tre, invece, «ex parte mali» e sono O<strong>di</strong>o,<br />

«Fuga vel abominatio» e Tristezza 2 . L’Amore è la prima passione e la ra<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> tutte le altre; per quanto attiene l’appetitus irascibilis, cinque sono le<br />

«operationes, vel passiones»: la Speranza, la Disperazione, il Timore,<br />

l’Audacia e l’Ira, la quale è causata dalle altre passioni, come effetto dalle<br />

cause precedenti 3 .<br />

Ricorda in secondo luogo quelle ‘congetture’ secondo le quali la sede delle<br />

passioni è nel cervello e non nel cuore e rileva che, in tal modo, però, non<br />

sarebbe possibile <strong>di</strong>stinguere i pensieri dagli impulsi 4 :<br />

Ideoque in cerebro excitatur, deinde per nervos ad reliquas corporis partes defertur<br />

motus, praesertim ad cor, quod cum varie contrahatur, vel <strong>di</strong>latetur, prout <strong>di</strong>versi<br />

exurgunt affectus, ideo affectuum sedem in corde potissimum sitam esse docuerunt<br />

plurimi 5 .<br />

Lampante è il riferimento a <strong>Descartes</strong> nell’ultima partizione delle passioni.<br />

Il filosofo non viene citato: «Sex autem animi affectus simplices numerant<br />

nonnulli», e queste sono: «Admiratio, Amor, O<strong>di</strong>um, Cupi<strong>di</strong>tas, Gouduria,<br />

et Laetitia» 6 . Quando un qualcosa <strong>di</strong> nuovo e <strong>di</strong> insolito viene percepito dai<br />

sensi la <strong>su</strong>a ‘specie’ sarebbe impressa nel cervello e l’attività della mente<br />

verrebbe quasi sospesa nella contemplazione della novità: in questo modo<br />

sorgerebbe la meraviglia. Se questa novità ri<strong>su</strong>lta gra<strong>di</strong>ta nasce l’Amore, se<br />

ingrata l’O<strong>di</strong>o 7 e così per le altre 1 .<br />

1 Id., p. 57: «Appetitus concupiscibilis sex esse actus, sive operationes affirmant, quae<br />

ducuntur communiter passiones, eo quod ad eas communiter sequitur transmutatio<br />

corporalis, scil. <strong>di</strong>latatio, et constrictio».<br />

2 Ib.<br />

3 Id., p. 58: «Appetitus enim concupiscens vel circa <strong>su</strong>um obiectum versatur, abstrahendo<br />

ab eo, quod sit praesens, vel absens, et est Amor respectu boni, O<strong>di</strong>um respectu mali; vel<br />

spectat prout absens, et est Desiderium respectu boni, Abominatio respectu mali; vel<br />

attingit tanquam praesens, et est Gau<strong>di</strong>um respectu boni, Tristitia respectu mali. Appetitus<br />

irascens versatur circa obiectum spectatum, ut arduum; vel igitur in illud, tanquam<br />

possibile, et nascitur Spes, vel tanquam obtentu <strong>di</strong>fficile, et oritur Timor; vel occupatur<br />

circa malum praesens vin<strong>di</strong>candum; et nascitur Ira, quae nullam habere <strong>di</strong>cunt passionem<br />

oppositam; sed Man<strong>su</strong>edo esset irae correctio, eique opposita».<br />

4 Ib.: «Affectus animi non in corde, sed in cerebro excitari putant alii: nam motus, aut<br />

impulsio cum animi cogitationibus coniungitur».<br />

5 Ib.<br />

6 Ib.<br />

7 Id., p. 59: «Amor est quaedam consonantia, seu complacentia in bono sensibili delectabili<br />

253


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Le passioni attengono all’anima sensitiva e dunque al corpo. Le ‘congetture’<br />

<strong>di</strong> Willis non contrad<strong>di</strong>cono la partizione artistotelico-tomista, e sono<br />

con<strong>di</strong>liabili con la tesi <strong>di</strong> funzionalità <strong>di</strong>fferenti per le pati razionale;<br />

sensitiva e vegetativa dell’anima. Esse; in definitiva, si conciliano con<br />

l’attribuzione ai bruti della sola anima sensitiva che è corporea e mortale 2 .<br />

<strong>Descartes</strong> aveva negato che i bruti avessero l’anima, aveva riconosciuto al<br />

solo uomo l’anima razionale e, pur ritenendo essa sia congiunta con tutto il<br />

corpo, aveva in<strong>di</strong>cato il luogo dell’anima il luogo occupato dall’anima nel<br />

corpo, ossia la ghiandola pineale («sed eam specialiter in glandula pineali<br />

functiones <strong>su</strong>as obire» 3 ). Questo perché, secondo <strong>Descartes</strong>, questa<br />

ghiandola è unica e situata al centro del cervello, per cui «species per<br />

geminata sen<strong>su</strong>um organa exceptae in ea conjungi pos<strong>su</strong>nt» 4 . Gimma replica<br />

innanzitutto che le teorie cartesiane relative ai bruti, non sono sostenute da<br />

adeguate osservazioni, né lo è la teoria relativa alla sede dell’anima<br />

simpliciter, seu communiter apprehenso, idest absque consideratione <strong>di</strong>fficultatis<br />

praesentia, vel absentiae. Talis complacentia <strong>di</strong>citur Amor, qui est primus motus appetitus<br />

concupiscibilis, et fundamentum omnium actuum, ac passionum […]. Secundum alios<br />

Amor est quaedam animi commotio spirituum animalium motu excitata, qua quisque cum<br />

obiecto sibi convenienti, et amato coniungi cupit; sicut per O<strong>di</strong>um ab eo, quod sibi invi<strong>su</strong>m<br />

est rece<strong>di</strong>t: amamus enim, quod bonum est […]; aversamur vero, quod malum est».<br />

1 Id., p. 59. Anche in questo caso Gimma non legge l’opera <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> bensì E.<br />

POURCHOT, Institutiones philosophicae…, cit., t. III, p. 388-389 (Physices. Sect. III cap.<br />

IV): «Sex numerari pos<strong>su</strong>nt animi affectus simplices, et primitivi, scilicet admiratio, amor,<br />

o<strong>di</strong>um, cupi<strong>di</strong>tas, gau<strong>di</strong>um, sive potius laetitia, ut cum Stoicis loquar, et tristitia, ex quibus<br />

caeteri oriuntur. Ita Cartesius Tract. de passionibus animi, 2 par. art. 69. Probatur. Affectus<br />

simplices, et primitivi <strong>su</strong>nt ii, qui primario in mente nascuntur, et a quibus caeteri oriuntur,<br />

ut modo definitum est. Atqui sex numerari pos<strong>su</strong>nt huiusmo<strong>di</strong> affectus simplices, qui non<br />

oriuntur ab aliis, et a quibus caeteri <strong>su</strong>nt oriun<strong>di</strong>: scilicet admiratio, amor, o<strong>di</strong>um, cupi<strong>di</strong>tas,<br />

gau<strong>di</strong>um, seu laetitia, et tristitia. Nam ubi primum res aliqua nova, et insolita sensibus<br />

observatur, tum illius species imprimitur in cerebro, ad eam spiritus confertim irruunt, ac<br />

mens in illam <strong>di</strong>utius intenta quodammodo <strong>su</strong>spen<strong>di</strong>tur, et in illius perceptione detinetur:<br />

hincque nascitur primus omnium affectus, admiratio. Deinde rem illam vel tanquam nobis<br />

convenientem, et gratam, vel tanquam ingratam, et repugnantem intuemur. Si priori modo<br />

eam spectemus, oritur amor; si posteriori, o<strong>di</strong>um excitatur. Praeterea illius rei vel<br />

a<strong>di</strong>piscendae, si bona sit, vel declinandae, si sit noxia, desiderium, seu cupi<strong>di</strong>tas sequitur.<br />

Tum si aut bona comparetur, aut mala removeatur, sit gau<strong>di</strong>um, seu laetitia. Tandem si nec<br />

acquiratur bona, nec arceatur mala, tunc animum occupat tristitia. Ergo sex illi affectus<br />

primarii numeari pos<strong>su</strong>nt, a quibus caeteri derivantur». Sulle interpretazioni napoletane<br />

delle Passioni dell’anima cartesiane, cfr. S. SERRAPICA, Note napoletane alle ‘Passioni<br />

dell’anima’…, cit.<br />

2 Cfr. id., pp. 68-71. Gimma in questo caso si richiama all’autorità dei Conimbricensi.<br />

3 Id., p. 72.<br />

4 Ib.<br />

254


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

razionale: la ghiandola pineale non è assolutamente <strong>su</strong>fficiente nella<br />

complessa organizzazione cerebrale, a spiegare le attività dell’anima<br />

razionale e il <strong>su</strong>o rapporto con il corpo.<br />

Gimma contrappone la concezione tomista del bruto dotato <strong>di</strong> anima<br />

sensitiva a quella cartesiana dell’animale macchina. Entrambe riconoscono<br />

che l’animale conosce, ma i primi: «ad naturae instinctum recurrunt, alii ad<br />

Machinas» 1 .<br />

Agli animali appartine dunque l’anima sensitiva e dunque l’istinto, ma<br />

anche la conoscenza ‘apprehensiva’. In questo Gimma prende le <strong>di</strong>stanze<br />

dai Conimbricensi, e in generale dagli aristotelici, che attribuiscono<br />

all’animale esclusivamente l’istinto, e dai cartesiani «qui sen<strong>su</strong>m, et<br />

cognitionem, et animam negant» 2 .<br />

L’anima sensitiva avvicina uomini e bestie più <strong>di</strong> quanto ritenessero gli<br />

aristotelici e li allontana entrambi dalle piante che non sentono<br />

propriamente, ma posseggono una specie <strong>di</strong> sensibilità al freddo e al calore<br />

intenso, che le indeboliscono e le conducono alla morte 3 .<br />

Le acquisizioni in campo anatomico e me<strong>di</strong>co contengono le prove<br />

dell’inadeguatezza delle favole <strong>di</strong> aristotelici e cartesiani.<br />

L’anima sensitiva è in una posizione interme<strong>di</strong>a rispetto a quella vegetativa,<br />

da una parte, e a quella razionale, dall’altra, per cui possiede caratteristiche<br />

comuni ad entrambe. Essa possiede al più alto grado le perfezioni e le<br />

facoltà dell’anima vegetativa: «nutritio, augumentatio, generatio», mentre<br />

possiede quelle dell’anima razionale - intelletto, memoria e volontà -<br />

‘obscuriora’ 4 . Gli animali posseggono la memoria, il giu<strong>di</strong>zio, la fantasia e<br />

altre facoltà che si è soliti chiamare senso interno. L’anima sensitiva, insiste<br />

Gimma con Willis, «cum homine communis est, et quae omnino a corpore<br />

pendere, cum ipso nasci, et mori, singulas eius partes actuare, et plane<br />

corporea esse videtur, ad <strong>di</strong>fferentiam rationalis animae, quae in homine<br />

tantum est, <strong>su</strong>perior immaterialis, et immortalis; etsi eadem hominis anima<br />

1 Id., p. 74.<br />

2 Id., p. 75.<br />

3 Id., p. 77.<br />

4 Id., pp. 77-78. «Unde intellectus, et memoria, quia non <strong>su</strong>nt in perfectiori gradu in<br />

sensitivis, <strong>di</strong>cuntur umbra, imago intellectus, et memoriae rationalis, et sic animatum ip<strong>su</strong>m<br />

sensitivum, nempe animal, non potest <strong>di</strong>ci rationale, sed appellatur animal brutorum» (id.,<br />

p. 78).<br />

255


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

unica sit, formaliter quidem rationalis, virtute vero vegetans, et sensitiva» 1 .<br />

Grazie ai sensi gli animali hanno una loro forma <strong>di</strong> conoscenza che, seppure<br />

non perfetta rispetto a quella razionale, «respectu vero eorundem brutorum<br />

perfecta aliquomodo <strong>di</strong>ce potest, quia ipsis propria est, et <strong>su</strong>fficiens ad <strong>su</strong>as<br />

operationes eliciendas» 2 .<br />

L’istinto da solo non spiega il comportamento osservabile negli animali.<br />

Essi si spiegano, al contrario, se noi attribuiamo ad esse una forma sia pure<br />

ru<strong>di</strong>mentale <strong>di</strong> inten<strong>di</strong>mento 3 . Se avessero ragione, e se «solo instictu, et<br />

sine cognitione operarentur Bruta», sarebbe <strong>su</strong>perfluo «frustra ipsis<br />

tribueretur anima sensitiva, frustra sen<strong>su</strong>s interni, et externi, et frustra ex<br />

internis Extimativa, et aliae facultates» 4 . Al contrario, lo stesso istinto non<br />

avrebbe valore senza le facoltà dell’anima sensitiva e le <strong>su</strong>e proprietà<br />

principali: quella ‘apprehensiva’ e quella ‘motiva’. La prima, perché afferra<br />

l’oggetto della rappresentazione, «vel species», che viene partito nelle<br />

cinque potenze particolari, i sensi esterni 5 . Bisogna dunque riconoscere che<br />

negli animali l’istinto è unito con l’intelletto, il giu<strong>di</strong>zio e la fantasia ed essi<br />

operano grazie all’intelletto sensibile e alle altre facoltà che sono loro<br />

proprie 6 . Così le «Passiones animae» esse <strong>di</strong>pendendo dall’‘appetito<br />

1 Id., p. 80.<br />

2 Ib.: «Per sen<strong>su</strong>s bruta aliquam habent cognitionem, et obscurum intellectum: ope sen<strong>su</strong>um<br />

operantur, et in <strong>su</strong>is operationibus umbra, simulacrum, similitudo cognitionis elucet».<br />

3 Cfr. id. pp. 80-86.<br />

4 Id., p. 86. E ancora: «Operarentur quidem non ex anima, sed ex instinctu; non ab anima<br />

moverentur, sic anima sensitiva non esset agens in brutis. Animae sensitivae proprietates<br />

<strong>su</strong>nt Apprehensiva, et secundum locum Motia […]. Sen<strong>su</strong>s interni <strong>di</strong>cuntur facutlates<br />

gubernatirices: si ideo solus instinctus gubernaret, frusora tribuerentur Phantasia, vel<br />

Imaginativa, Aestimativa, et Memorativa, quae <strong>su</strong>nt etiam animae sensitivae facultates. Qui<br />

tre has animae facultates negat, animam negat: eadem anima est Imaginatio, Aestimatio, et<br />

Memoria. Demptis animae facultatibus anima ipsa tollitur, aut inutilis est, et non agens, sed<br />

passiva; et non agentem animam, sed passivam dat Brutis Antonius Le Grand». Antoine Le<br />

Grand, cui ho già accennato a proposito <strong>di</strong> Musitano, è, con Pourchot, il grande tramite<br />

attraverso il quale Gimma (ma probabilmente non solo lui) attinge alla speculazione<br />

cartesiana.<br />

5 Ib.<br />

6 Id., p. 88: «Non est hoc ab<strong>su</strong>rdum» insiste Gimma «quia aliud est intellectus sensitivus,<br />

aliud rationalis; unde non quia intellectum habent bruta, rationem hoinis habent. Intellectus,<br />

mens, cognitio, iu<strong>di</strong>cium brutorum <strong>di</strong>cuntur umbra, similitudo cognitionis hominum, tu<br />

<strong>di</strong>ximus, quia est cognitio imperfecta, facta comparatione cum hominum cognitione, quae<br />

perfecta est. Cum autem cognitionem sensitivam negant, eam admittere coguntur, adeoque<br />

ea, quae per instinctum agunt, sine cognitione sensitiva fieri non pos<strong>su</strong>nt. Ut hoc<br />

ostendamus, <strong>di</strong>fferentiam Intellectus sensitivi ab Intellectu rationali proponimus ex<br />

sententia eorundem Aristotelicorum». L’abate sottolinea: «Intellectus noster, scil. rationalis<br />

256


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

sensibile’ e sono pertinenti all’anima sensitiva sono in comune agli uomini e<br />

alle bestie: infatti negli animali si è osservato così l’amore, come l’o<strong>di</strong>o 1 .<br />

Assegnando, le passioni all’anima sensitiva (e con le passiones anche le<br />

perturbationes) Gimma preserva l’anima razionale che rimane intangibile<br />

dalla follia e dalle perversioni del corpo. All’anima razionale va anche<br />

riconosciuto il pieno esercizio del libero arbitrio: «Aliâ libertate gaudere non<br />

pos<strong>su</strong>nt, quia tantum circa materialia versantur, dum <strong>su</strong>nt ex or<strong>di</strong>ne<br />

sensitivorum, non altiori, sicut homines» 2 .<br />

L’anima sensitiva è la capacità <strong>di</strong> organizzare le conoscenze acqisite al fine<br />

della propria conservazione. E Willis ha <strong>di</strong>mostrato, osservando il<br />

comportamento degli animali e stu<strong>di</strong>ando l’anatomia del loro cervello; che<br />

questa capacità è presente anche negli animali.<br />

Distinguit […], quod aliqua eorum cognitio sit ingenita, scil. propter quosdam u<strong>su</strong>s<br />

vitae prorogandae necessarios a Summo Creatore infusa, et characteris instar ipsis<br />

illorum naturis a prima formatione impressa, quae vulto Naturalis instinctus solet<br />

appellari; alia acquisita, quae nempe sensibilium incur<strong>su</strong>, imitatione, experientia,<br />

institutione humana, aliisque mo<strong>di</strong>s paulatim e<strong>di</strong>scitur, et ad maiorem in his, quam<br />

in illis perfectionis gradum evehitur: in quibusque tamen haec Cognitio acquisita,<br />

uti et solertia omnino ab instinctu naturali dependet, eiusque crebro u<strong>su</strong>, et habitu<br />

exculti, et paulo amplius provecti tantum ascretiones esse videntur 3 .<br />

Si deve allora ridefinire il concetto <strong>di</strong> istinto naturale che è una ‘generalis<br />

notio’, innata, preposta alla conservazione dell’animale: una ‘<strong>di</strong>vina lex’<br />

provvidenziale insita in tutte le creature 4 .<br />

percipit naturas communes, et abstractas a materia singulari: quod vero materiale est, ut est<br />

cras<strong>su</strong>m, et limitatum, ita nonnisi singulare corporeum, et materiale apprehen<strong>di</strong>t. Item<br />

noster intellectus format conceptum rerum immaterialium ut Dei, et <strong>su</strong>bstantiarum<br />

separatarum, percipitque talia obiecta omni <strong>di</strong>mensione libera, sine figura, colore, aliave<br />

corporeae molis affectione».<br />

1<br />

Id., p. 99.<br />

2<br />

Id., p. 91.<br />

3<br />

Id., p. 96.<br />

4<br />

Id., p. 96: «<strong>di</strong>vinae haec lex providentiae creaturis omnibus in<strong>di</strong>ta». In questo modo gli<br />

animali riescono a <strong>di</strong>fendersi non solo dalle fiere, ma anche dalle con<strong>di</strong>zioni ambientali<br />

avverse e persino a curarsi con le erbe me<strong>di</strong>cinali. In seguito, l’istinto naturale viene<br />

arricchito dalle conoscenze acquistate tramite i sensi, per cui si può concludere, secondo<br />

Gimma, che alcune operazioni sono svolte dagli animali «per instinctum; sed non sine<br />

aliquo ju<strong>di</strong>cio, intellectus sensitivi, lumine» (cfr. id., pp. 96-99).<br />

257


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

La critica della teoria cartesiana non poteva essere più netta. Errato negare<br />

agli animali sensi e inten<strong>di</strong>mento e considerarli solo macchine; errato<br />

considerare le loro azioni meccaniche e pensare che non non avvertano<br />

dolore o gioia 1 . Errato equiparare gli animali ai minerali, poiché questi<br />

ultimi non sono esseri viventi, mentre i primi sì.<br />

Gli animali non sono orologi che segnano «sine sen<strong>su</strong>, seu anima horas» 2 .<br />

Questi filosofi, <strong>di</strong>ce Gimma, negano quel che i nostri occhi vedono e le<br />

nostre orecchie sentono 3 .<br />

Opiniones autem quae nihil habent probabilitatis, non <strong>su</strong>nt defendendae, cum<br />

potius sine figmenta, nullaque ratione probentur. Dicunt, quod potuit creare Deus<br />

machina, qua brutorum operatones imitentur, et bruta non sint. Concludunt inde: si<br />

potuit, ergo creavit 4 .<br />

C’è, allora, un altro senso in cui gli animali sono effettivamente macchine,<br />

esattamente come lo sono gli uomini e le piante, quello precisato da Borelli:<br />

«Omnia membra fuerunt mechanice formata a natura, et homo, et animal<br />

machinae <strong>su</strong>nt pluribus machinis compositae secundum varias naturales<br />

functiones» 5 : macchine composte da macchine più piccole, che hanno<br />

bisogno <strong>di</strong> un principio <strong>di</strong> movimento. A partire da questa definizione, gli<br />

animali sono macchine così come lo sono gli uomini ed entrambi<br />

posseggono un’anima.<br />

Machinae quidem <strong>su</strong>nt animalia, quod Aristoteles etiam affirmavit; sed ab anima<br />

<strong>di</strong>riguntur 6<br />

1<br />

Id., p. 119. Anche in questo caso la fonte è Pourchot: «Ita refert Edmundus Purchotius<br />

Senonensis in Institut. Philosoph. Tom. 3 Physic Sect. 2 cap. I» (ib.). Non è stato il filosofo<br />

francese il primo, e in questo conviene Pourchot, a sostenere questa teoria: lo spagnolo<br />

Gomez Pereira nel 1554 aveva pubblicato l’Antoniana Margarita in cui veniva presentata<br />

una teoria simile a quella <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>, e ancor prima questa teoria era stata sostenuta da<br />

Diogene il Cinico il quale «teste Plutarcho […] belluas non intelligere, nec sentire<br />

affirmabat». Cfr. G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli…, cit., p. 36.<br />

2<br />

Id., p. 124.<br />

3<br />

Id., p. 121.<br />

4<br />

Id., pp. 126-127.<br />

5<br />

Id., p. 128. E ancora: «Machinae <strong>su</strong>nt etiam plantis, quibus et vegetare, et ali pos<strong>su</strong>nt, et<br />

organa nisi haberent pro <strong>su</strong>cci circulatione, nutriri non possent, nec vivere» (ib.).<br />

6<br />

Id., p. 136.<br />

258


Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />

Ancora una volta, gimma ricorre ad un me<strong>di</strong>co, a Borelli (ma nelle<br />

macchine composte da macchine più piccole c’è anche l’eco <strong>di</strong> Malpighi)<br />

che ha stu<strong>di</strong>ato la vera anatomia umana ed animale e ha <strong>di</strong>mostrato che<br />

«causa effectiva motus Animalium sit Anima, cum animantia per animam<br />

vivant, et durante vita motus in esi perseveret: extincto vero animali, idest<br />

non amplius anima operante, machina animalis omnino iners, et immobilis<br />

relinquitur» 1 .<br />

1 Id., p. 137.<br />

259


260<br />

Conclusione<br />

Il secondo volume delle Dissertationes Accademicae vede la luce il 1732.<br />

Come ho già detto, la <strong>su</strong>a prima parte è de<strong>di</strong>cata a una critica<br />

dell’argomento cartesiano della’animale-macchina. Gli autori a cui Gimma<br />

guarda sono soprattutto tre: E. Pourchot, che gli fornisce la più compiuta<br />

presentazione della filosofia cartesiana e insieme argomenti fondamentali<br />

nella <strong>su</strong>a critica anche, ma non solo, per i ‘precedenti storici’ della teoria.<br />

Antoine Le Grand: la Institutio philosophiae secundum principia D. Renati<br />

<strong>Descartes</strong> <strong>di</strong>venta il testo <strong>di</strong> riferimento per l’interpretazione del<br />

cartesianesimo – o almeno <strong>di</strong> un certo cartesianesimo – illuminando così le<br />

questioni che maggiormente inquietavano Gimma e non solo Gimma.<br />

Infine, Thomas Willis, vero autore car<strong>di</strong>ne per il pensiero dell’abate, le cui<br />

ricerche forniscono gli strumenti concettuali per proporre una concezione<br />

dell’anima sensitiva che – formalmente conforme a quella <strong>di</strong> Tommaso<br />

d’Aquino – presenta notevoli elementi <strong>di</strong> interesse: il riconoscimento della<br />

corporeità dell’anima sensitiva (che spesso Gimma definisce tout court<br />

come anima dei bruti) viene innestata da Gimma <strong>su</strong> una duplice tra<strong>di</strong>zione,<br />

quella aristotelica anzitutto, cui l’abate non rinuncia mai, e quella<br />

napoletana che scorre <strong>su</strong>lla linea Borelli-Cornelio dall’altra con l’importante<br />

presenza-fulcro <strong>di</strong> Musitano e Vallisneri.<br />

L’Italia, come ricorda Ricuperati, è stata la patria <strong>di</strong> Pomponazzi e<br />

Cardano 1 , è in Italia che «la cultura investigante legge Cartesio alla luce del<br />

naturalismo rinascimentale» e «l’interesse per le teorie della vita e per una<br />

soluzione <strong>di</strong> tipo non dualistico è per esempio presente nei Progymnasmata<br />

physica <strong>di</strong> Tommaso Cornelio, dove si utilizza la teoria degli spiritus per<br />

spiegare tutti i fenomeni della vita, accentuando, rispetto a Cartesio, la loro<br />

funzione in ogni operazione vitale, dal moto alla sensibilità,<br />

all’intelligenza» 2 .<br />

1 G. RICUPERATI, Il problema della corporeità dell’anima…, cit., p. 405: da Pomponazzi e<br />

Cardano «derivano quasi tutti gli elementi essenziali per il <strong>su</strong>ccessivo <strong>di</strong>battito <strong>su</strong>lla<br />

corporeità e perfino <strong>su</strong>ll’impostura religiosa sia nel mondo francese sia in quello inglese».<br />

2 Id., pp. 406-407.


Conclusione<br />

L’abate non fa un passo del genere, ma consegnando all’anima sensitiva una<br />

serie <strong>di</strong> funzioni intellettive – memoria e fantasia – egli prosegue <strong>su</strong>lla<br />

strada <strong>su</strong> cui si erano avviati Cornelio, Di Capua, ma anche Antonio Conti.<br />

Se, però, la polemica degli Investiganti era <strong>di</strong>retta soprattutto contro l’idea<br />

della passività della materia aristotelica, in questo caso la prospettiva viene<br />

rovesciata: materia e movimento non sono <strong>su</strong>fficienti a spiegare la<br />

complessità delle attività del corpo e della mente dell’animale (e<br />

dell’uomo). L’opinione <strong>di</strong> Le Grand, secondo la quale l’anima degli animali<br />

non è che la ri<strong>su</strong>ltante della giusta <strong>di</strong>sposizione delle parti del corpo<br />

(«Sentien<strong>di</strong> autem, et moven<strong>di</strong> Facultas (quae apud nonnullos Animae<br />

Sensitivae nomine venit) in Animalibus, in debita partium videlicet<br />

nervorum, musculorum, spirituum, fibratum, artuum, aliorumque organorum<br />

<strong>di</strong>spositione consistit» 1 ) viene rifiutata a favore <strong>di</strong> una prospettiva che, se è<br />

errato definire ‘vitalistica’, complica notevolmente l’immagine classica<br />

dell’animale-macchina. Questa complicazione è tanto più rilevante in<br />

quanto è presente in un pensatore che non ha mai avuto nell’originalità<br />

dell’elaborazione il <strong>su</strong>o punto <strong>di</strong> forza. Sia pure attraverso la rielaborazione<br />

<strong>di</strong> dottrine per certi aspetti <strong>su</strong>perate Gimma aveva indubbiamente colto un<br />

elemento <strong>di</strong> crisi. L’anima sensitiva, poi, si qualifica nell’abate per quella<br />

‘generalis notio’ quella ‘<strong>di</strong>vina lex’ che regge le sorti, in<strong>di</strong>viduali,<br />

dell’animale, favorendone la conservazione. Un tema questo che, in altra<br />

prospettiva, era presente in quella che rimane l’opera più ambiziosa <strong>di</strong><br />

Gimma: la Fisica sotterranea, e che giunge alle seconde Dissertationes<br />

forse tramite la Philosophia aetherea <strong>di</strong> cui però non si hanno notizie.<br />

La complessa Storia naturale delle gemme, un punto <strong>di</strong> arrivo delle ricerche<br />

dell’abate è, forse, l’opera che manifesta con maggiore chiarezza le<br />

contrad<strong>di</strong>zioni del <strong>su</strong>o percorso: da una parte c’è il deciso rifiuto della<br />

favola del ludus naturae, la negazione che le pietre possano qualificarsi<br />

come esseri viventi, soprattutto c’è una <strong>di</strong>screta ma lapidaria presa <strong>di</strong><br />

posizione <strong>su</strong>lla questione del Diluvio universale: è un problema che tocca la<br />

Teologia, non la filosofia naturale. Non spiega la presenza dei fossili e,<br />

soprattutto, non serve alla spiegazione ‘scientifica’ dei fenomeni connessi.<br />

Dall’altra parte c’è il ricorso al ‘<strong>su</strong>go petrifico’, vera e propria ipotesi ad<br />

1 A. LE GRAND, Institutio philosophiae secundum principia D. Renati <strong>Descartes</strong>…, cit., p.<br />

487.<br />

261


Conclusione<br />

hoc, interessante escamotage intellettuale che però mostrerà ben presto i<br />

<strong>su</strong>oi limiti. La <strong>di</strong>scussione <strong>su</strong>l seme delle piante non era nuova, e Vallisneri<br />

già nel 1712 <strong>di</strong>ceva quella che, nella prospettiva <strong>di</strong> Gimma, poteva<br />

considerarsi una sorta <strong>di</strong> parola conclusiva:<br />

Il seme delle pietre, io credo, che sieno i loro sali, e non un artifizio organico come<br />

è quello delle piante e degli animali. Certamente che anch’esse hanno un principio<br />

attivo, che <strong>di</strong>spone la materia a formare più una figura che un’altra, e questo<br />

principio è il loro sale determinato d’una tale figura. Così veggiamo che altre<br />

formano sempre esagoni, altre pirami<strong>di</strong>; altre figure ovate, rotonde; lunghe etc, e<br />

particolarmente i cristalli […]. Così pure fanno le marchesite. V’è dunqeu un<br />

principio interno <strong>di</strong>sponente, e questo principio non può essere altro che salino, e<br />

questo gerit vicem seminis, ma in <strong>di</strong>versa maniera, come ho detto, delle piante e<br />

de’ viventi 1 .<br />

La linearità della spiegazione <strong>di</strong> Vallisneri, a prescindere dalla <strong>su</strong>a ‘vali<strong>di</strong>tà’,<br />

fa risaltare convergenze e insanabili <strong>di</strong>vergenze con il pensiero dell’abate.<br />

Per Gimma il rapporto con Vallisneri è stato probabilmente il più importante<br />

dopo quelli avuti a Napoli durante i <strong>su</strong>oi anni <strong>di</strong> ‘appren<strong>di</strong>stato’; pure,<br />

sfogliando la Fisica sotterranea si nota <strong>su</strong>bito come le ‘spiegazioni’ <strong>di</strong><br />

Vallisneri, più che accettate o confutate esplicitamente, vengano poste<br />

accanto – per lo più – alle ‘fondate ragioni’ dell’autore. Soprattutto, la<br />

necessità <strong>di</strong> ipotizzare canali sotterranei che favorissero il trasporto delle<br />

acque (e dei fuochi) non doveva essere particolarmente gra<strong>di</strong>ta allo<br />

scienziato veneto. A questo proposito le 25 annotazioni <strong>di</strong> Iacopo Riccati<br />

all’e<strong>di</strong>zione del 1726 dell’opera <strong>di</strong> Vallisneri (Dell’origine delle fontane)<br />

pongono il problema con acume in<strong>su</strong>perato: tenuto conto dell’energia<br />

necessaria per l’innalzamento delle acque, c’è da chiedersi «quale<br />

sterminatissima forza ci vuole a far avanzare un passo a tutta l’acqua<br />

contenuta in un condotto lungo cinquecento miglia, obliquo e tortuoso ed in<br />

cui s’incontrano ad ogni passo innumerabili resistenze» 2 . Per risolvere<br />

questo problema, sia pure solo in riferimento alle acque che emergono in<br />

seguito a sconvolgimenti tellurici, Gimma ricorre all’attività dei fuochi<br />

sotterranei. Anche in questo caso, più che <strong>di</strong> errore, per l’abate si può<br />

1<br />

Lettera ad Louis Bourguet del 26 marzo 1712, in A. VALLISNERI, Epistolario…, cit., t. II,<br />

p. 147.<br />

2<br />

Citato in J. RICCATI – A. VALLISNERI, Carteggio (1719-1729)…, cit., p. 18.<br />

262


Conclusione<br />

parlare <strong>di</strong> ‘complicazione’ dell’apparato delle ipotesi che vengono impiegate<br />

per tenere unite due concezioni del mondo che sono conciliabili fino ad un<br />

certo punto: quella <strong>di</strong> Vallisneri e quella che, con ‘fondate ragioni’, viene<br />

ripresa da Kircher e riletta alla luce della tra<strong>di</strong>zione scientifico-naturalistica<br />

napoletana.<br />

Questa tensione è presente in tutte le opere <strong>di</strong> Gimma e si risolve spesso in<br />

un conflitto tra ‘fondate ragioni’, che però non sono <strong>su</strong>fficientemente<br />

illuminate dall’osservazione empirica, e dati dell’esperienza che però<br />

costringono lo scienziato a non fare quel fondamentale passo avanti che gli<br />

permette <strong>di</strong> elaborare una teoria compiuta. Le critiche rivolte dall’abate alle<br />

teorie della generatio aequivoca sono <strong>di</strong> grande interesse e la condanna è<br />

senza appello. Neanche le pietre si ‘generano spontaneamente’, figuriamoci<br />

gli esseri viventi. Sulla questione preformista però Gimma non prende una<br />

posizione chiara: in più punti della <strong>su</strong>a opera, che ho cercato <strong>di</strong> evidenziare,<br />

egli afferma che le parti del corpo si formano contemporaneamente e non<br />

<strong>su</strong>ccessivamente, per giustapposizione (come avviene invece per le pietre).<br />

Nonostante queste affermazioni, non si trovano nelle pagine <strong>di</strong> Gimma una<br />

precisa definizione del problema, neanche a proposito degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Malpighi <strong>su</strong>lla citracula (blastoderma) dell’uovo. Pur con tutte le critiche<br />

(che in realtà riguardano la paternità della scoperta, più che la scoperta in<br />

sé), l’abate rimane legato alle teorie <strong>di</strong> Harvey. Insomma, né propriamente<br />

preformista, né propriamente epigenista.<br />

L’impegnativa riflessione storica e critica che accompagna il confronto <strong>di</strong><br />

Gimma con la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo ne caratterizza i pregi e i limiti: da<br />

una parte, critica degli elementi favolosi che permangono nella me<strong>di</strong>cina del<br />

tempo, lucida scepsi nei confronti della nascente embriologia per quanto<br />

riguarda la capacità umana <strong>di</strong> cogliere il primo momento della generazione,<br />

quin<strong>di</strong> atteggiamento <strong>di</strong>ffidente verso le ‘metafisiche dell’embrione’ che si<br />

erano generate dalle teorie <strong>di</strong> Harvey e Malpighi (atteggiamento con<strong>di</strong>viso,<br />

del resto, da quest’ultimo). Dall’altra, incomprensione della tensione latente<br />

fra i due in<strong>di</strong>rizzi me<strong>di</strong>ci che pure sono ricostruiti con tanta cura.<br />

La me<strong>di</strong>cina che fonda le <strong>su</strong>e ricerche <strong>su</strong>ll’anatomia e <strong>su</strong>lla filosofia<br />

sperimentale, come la intende Gimma, si avvia ad un momento <strong>di</strong> impasse.<br />

Ben presto l’anatomia quale <strong>di</strong>sciplina fondamentale della me<strong>di</strong>cina verrà<br />

messa in <strong>di</strong>scussione: anche Baglivi verrà letto non più per il <strong>su</strong>o notevole<br />

tentativo <strong>di</strong> fondare una me<strong>di</strong>cina meccanicista, la iatromeccanica, ma per le<br />

263


Conclusione<br />

<strong>su</strong>e intuizioni <strong>su</strong>i processi sintomatici. Théophile Bordeu (l’arguto e ironico<br />

protagonista <strong>di</strong>deroriano del Sogno <strong>di</strong> D’Alembert) in Francia, William<br />

Cullen in Inghilterra e Vincenzo Chiarugi in Italia si muovono in <strong>di</strong>rezione<br />

opposta a quella in<strong>di</strong>cata da Gimma e la vis me<strong>di</strong>catrix naturae, che pure<br />

aveva una funzione così importante nel pensiero <strong>di</strong> Borelli e Musitano viene<br />

slegata dal contesto teorico nel quale era fiorita in Italia, dove era comunque<br />

espressione <strong>di</strong> una forza materiale tesa alla conservazione dell’organismo,<br />

per <strong>di</strong>ventare strumento logico in<strong>di</strong>spensabile alla ricostruzione sintomatica<br />

della malattia. Ippocrate è ancora un modello, ma <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>cina che si<br />

contrappone, in certa mi<strong>su</strong>ra, alla fisica e Bordeu non mancherà, nelle <strong>su</strong>e<br />

Recherches <strong>su</strong>r le pouls, <strong>di</strong> marcare la <strong>di</strong>stanza fra sé e i gran<strong>di</strong> esponenti<br />

della iatromeccanica:<br />

L’organisme moderne laisse bien loin derrière lui les copistes et les commentateurs<br />

des […] Baglivi et autres de cette espèce, qui ont tant parlé de ressorts, d’élasticité,<br />

de battements, de fibrilles. Ces physiciens légers furent aussi éloignés des vrais<br />

principes de l’observatione, qui conduisent dans les détours des fonctions de<br />

l’économie animale, que des enfants qui jouent avec des morceaux de cartes, pour<br />

bâtir des petits châteaux, sont éloignés des belle règles d’architecture 1 .<br />

Gimma è figura <strong>di</strong> transizione tra l’eru<strong>di</strong>to cinquecentesco e secentesco<br />

(Fabio Colonna) e il nuovo scienziato. Quest’ultimo, sempre più autonomo<br />

da pastoie eru<strong>di</strong>te, è molto attento alle implicazioni metafisiche della<br />

scienza moderna, che rimangono però sempre <strong>su</strong>llo sfondo delle <strong>su</strong>e<br />

ricerche.<br />

La me<strong>di</strong>cina è per l’abate l’exemplum del percorso della scienza ed è non<br />

solo legittimo, ma anche necessario, ‘parlar philosophice’ <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina.<br />

1 T. BORDEU, Recherches <strong>su</strong>r le pouls, in Oeuvres complètes, 2 voll., Paris, Caille et Ravier,<br />

1828, I, p. 420; Su questi temi cfr. F. DUCHESNEAU, La physiologie des lumières.<br />

Empirisme, Modèles et Théories…, cit.; J. EHRARD, L'idée de nature en France…, cit.; S.<br />

MORAVIA, Filosofia e scienza umana nell'età dei lumi…, cit. e Il pensiero degli idéologues,<br />

Firenze, la Nuova Italia, 1974.<br />

264


265<br />

Opere <strong>di</strong> Giacinto Gimma<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

GIMMA G., Elogi accademici della Società degli Spensierati <strong>di</strong> Rossano, Napoli,<br />

nella Stamperia <strong>di</strong> Felice Mosca, 2 voll., 1703.<br />

J. U. D. Hyacinthi Gimma Barensis, Civitatis Neap. Advoc. Extraor<strong>di</strong>narii:<br />

Ruscianensis Incuriosorum Societatis Promotoris- Perpetui, &c.<br />

Dissertationum academicarum tomus primus, qui duas exhibet<br />

Dissertationes, nempe I. De hominibus fabulosis. II. De fabulosis animalibus,<br />

in qua legitur de fabulosa generatione viventium; et fabulae in Philosophiaesperimentali:<br />

praesertim in Hominum, & Animalium Historia naturali<br />

introductae, & observationibus refelluntur, Neapolis, in ae<strong>di</strong>bus Mutii, 1714.<br />

J. U. D. Hyacinthi Gimma Barensis, Civitatis Neap. Advoc. Extraor<strong>di</strong>narii:<br />

Ruscianensis Incuriosorum Societatis Promotoris- Perpetui, &c.<br />

Dissertationum academicarum tomus secundus, qui duas exhibet<br />

<strong>di</strong>ssertationes, nempe III. De brutorum anima, & vita. IV. Miscellanea. De<br />

hominibus, et animalibus fabulosis. Et fabulae in philosophia-experimentali,<br />

praesertim in hominum, & animalium Historia Naturali introductae, non sine<br />

ratione, & observationibus refelluntur. Illustriss., et reveren<strong>di</strong>ss. Domino<br />

D.Cono Luchino De Verme, Episcopo Ostuni, Summi Pontificis Episcopo<br />

Assistenti, Comiti Palatino, Equiti Aurato, J. U. D. Societatis Ruscianensis<br />

Incuriosorum Academico, &c., Neapoli, apud Felicem Muscam, 1732.<br />

Idea dell’Istoria dell’Italia litterata, Napoli, nella Stamperia <strong>di</strong> Felice Mosca,<br />

1723.<br />

Storia naturale delle gemme, delle pietre e <strong>di</strong> tutti i minerali, ovvero della<br />

Fisica sotterranea, Napoli, nella Stamperia del Muzio e poi nella Stamperia<br />

<strong>di</strong> Felice Mosca, 1730.<br />

Descrizione compen<strong>di</strong>osa degli quarantacinque tomi in foglio della<br />

Biblioteca universale del p. M. Coronelli. Coll’aggiunta dell’in<strong>di</strong>ce delli XIII<br />

volumi dell’Atlante Veneto [&c.], Roma 1704.<br />

All’Illustrissimo Signor Antonio Vallisneri Profess. Publ. <strong>di</strong> Med. Pratica<br />

nell’Università <strong>di</strong> Padova, Nobilissimo Accademico della Società Regia <strong>di</strong><br />

Londra, &c., Lettera del dottore signor D. Giacinto Gimma Canonico della<br />

Chiesa Metropolitana <strong>di</strong> Bari, Avvocato Straor<strong>di</strong>nario della Fedelissima<br />

Città <strong>di</strong> Napoli, Promotore della Società Rossanese, &c. in cui gli comunica<br />

la <strong>su</strong>a opinione intorno la vanità della Metoposcopia, e della Chiromanzia<br />

tanto Astrologiche, quanto Fisiche, e <strong>di</strong> tutte le altre Dottrine <strong>di</strong>vinatorie


Testi<br />

Bibliografia<br />

266<br />

anche naturali con mezo della Notomia, contro la commune sentenza de’<br />

Professori <strong>di</strong> esse, in «Galleria <strong>di</strong> Minerva», t. V, 1707, pp. 311-317.<br />

AUTOBIOGRAFIA DI NN, Biblioteca Nazionale <strong>di</strong> Bari ‘Sagarrica Visconti<br />

Volpi’, ms. I, 10, cc. 269-276.<br />

Nova Encyclopae<strong>di</strong>a, sive novus doctrinarum orbis in quo Scientiae omnes<br />

tam Divinae, quam Humanae, necnon et artes tum liberales, tum mechanicae,<br />

iuxta Veterum et Recentiorum inventa Libris VI pertractantur, Biblioteca<br />

Sagarrica – Visconti <strong>di</strong> Bari, Mss. I/113-116, sette volumi in quattro tomi.<br />

Sylvae rerum notabilium, Mss. I/50-54, 5 tomi in possesso della Biblioteca<br />

Sagarrica – Visconti <strong>di</strong> Bari.<br />

Acta philosophica Societatis Regiae in Anglia, anni MDCLXV, LXVI, LXVII,<br />

LXVIII, LXIX, auctore Henrico Oldenburgio, Societatis Reg. Secr. Anglice<br />

conscripta, et in latinum versa interprete C. S. nunc iterum, adjecto in<strong>di</strong>ce<br />

accurato, e<strong>di</strong>ta, Lipsiae, Sumptibus Johannis Fritschii, Bibliop. Typis<br />

Johannes Erici Hahnii, 1675.<br />

«Il Giornale de Letterati, per tutto l’Anno 1672», in Roma, per Nicolò<br />

Angelo Tinassi, 1672.<br />

Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica Academiae Naturae Curiosorum sive<br />

Ephemeridum Me<strong>di</strong>co-Physicarum Germanicarum curiosarum annus<br />

Primus. Anni scilicet MDCLXX mi continens celeberrimorum Me<strong>di</strong>courm in &<br />

estra Germaniam Observationes Me<strong>di</strong>cas & Physicas, vel Anatomicas, vel<br />

Botanicas, vel Pathologicas, vel Chirurgicas, vel Therapeuticas, vel<br />

Chymicas. Praefixa Epistola invitatoria ad celeberrimos me<strong>di</strong>cos Europae.<br />

Lipsiae <strong>su</strong>mpt. Viti Jacobi Trescheri Bibliopol. Wratislav. Typis Johannis<br />

Baueri. T. I, 1670.<br />

Miscellanea curiosa Medco-Physica academiae naturae curiosorum sive<br />

Ephemeridum Me<strong>di</strong>co-Physicarum Germanicarum curiosarum annus<br />

secundus anni scilicet MDCLXXI, continens Celeberimorum Me<strong>di</strong>corum &<br />

Eru<strong>di</strong>torum in & extra Germaniam Observationes Me<strong>di</strong>ca & Physicas, vel<br />

Anatomicas, vel Botancas, vel Pathologicas, vel Ghirurgicas, vel<br />

Therapeuticas, vel Chymicas. Praemissa <strong>su</strong>ccinta narratio Ortus &<br />

Progres<strong>su</strong>s Academiae Naturae Curiosorum cum legibus societatis, &<br />

nominibus collegarum, Ienae, <strong>su</strong>mptibus Esaiae Fellgibeli Bibliopolae<br />

Wratislav., typis Samuelis Kresii, Anno 1671, T. II.<br />

Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica sive Ephemeridum me<strong>di</strong>co-physicarum<br />

Germanicarum annus tertius, Anni scilicet MDCLXXII continens<br />

Celeberrimorum Virorum tum Me<strong>di</strong>corum tum aliorum Eru<strong>di</strong>torum in<br />

Germania & extra Eam, Observationes Me<strong>di</strong>cas Physicas Chymicas nec non


Bibliografia<br />

267<br />

Mathematicas. Accessit appen<strong>di</strong>x, in qua non nulla lectu haut in<strong>di</strong>gna aut<br />

ingrata occurrent, Lipsiae & Francofurti 1673, <strong>su</strong>mptibus Haeredum<br />

Schureri.Gozianorum & Johannis Fritzschii, typis Johann Georgii Drulmanni,<br />

T. III.<br />

Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica Academiae naturae curiosorum sive<br />

Ephemeridum me<strong>di</strong>co-phisicarum Germanicarum annus quartus et quintus.<br />

Anni MDCLXXIII & MDCLXXIV continens celeberrimorum virorum tum<br />

me<strong>di</strong>corum tum aliorum Eru<strong>di</strong>torum in Germania & extra Eam<br />

Observationes me<strong>di</strong>cas physicas chymicas. Accessit appen<strong>di</strong>x, in qua nulla<br />

lectu haut in<strong>di</strong>gna aut ingrata occurrent, Francofurti & Lipsiae, Sumptibus<br />

Johannis Fritzschii, Bibliopolae Lipsiensi, anno 1676, T. IV.<br />

Miscellanea me<strong>di</strong>co-physica academiae naturae curiosorum Germaniae in<br />

quibus plurimae et novae Observationes, Me<strong>di</strong>cae, Chirurgicae, Anatomicae,<br />

Therapeuticae, Physicae, Chymicae & Botanicae, continetur, cum figuris<br />

Aeneis, Parisiis, Apud Ludovicum Billaine, in Palatio Regio, cum Privilegio<br />

regis Christianissimi, 1672.<br />

AUGENIO O., Epistolarum et con<strong>su</strong>ltationum me<strong>di</strong>cinalium, 2 tt., Venetijs, apud<br />

Damianum Zenarium, 1602.<br />

ASTORINI E., Elementa Eucli<strong>di</strong>s, novâ methodô, et compen<strong>di</strong>ariè olim demonstrata<br />

per F. Eliam Astorinum carmelitam consentinum; nunc verò ab ipso eodem<br />

auctore recognita, et emendata. Neapoli, ex typografia Felicis Mosca, 1701.<br />

BACON F., Francisci Baconi de Verulamio, Vice-Comitis S. Albani, Summi Angliae<br />

Cancellarii,Opera Omnia, Quae extant: Philosophica, Moralia, Politica,<br />

Historica. Tractatus nempe de Dignitate & Augmentis Scientiarum. Novum<br />

Organum Scientiarum, cum Parasceve ad Historiam Naturalem &<br />

Experimentalem. Historia Ventorum. Historia Vita & Mortis. Scripta de<br />

Naturali & Universali Philosophia. Sylva Sylvarum, sive Historia Naturalis.<br />

Nova Atlantis. Historia Regni Henrici VII Regis Angliae: Opus vere<br />

Politicum. Sermones fideles, sive Interiora Rerum. Tractatus de Sapientia<br />

Veterum. Dialogus de Bello Sacro. Opus illustre in felicem memoriam<br />

Elisabetha Reginae. Imago Civilis Iulii Caesaris. Imago Civilis Augusti<br />

Caesaris. In quibus complures alii tractatus, quos brevitatis causa<br />

praetermittere vi<strong>su</strong>m est, comprehensi <strong>su</strong>nt. Hactenus nunquam conjunctim<br />

e<strong>di</strong>ta, Iam vero Summo stu<strong>di</strong>o collecta, uno volumine comprehensa & ab<br />

innumeris Men<strong>di</strong>s repurgata. Cum In<strong>di</strong>ce Rerum ac Verborum Universali<br />

absolutissimo. His praefixa est auctoris vita, Francofurti ad Moenum,<br />

impensis Joannis Baptistae Schonwetteri, Typis Matthaei Kempfferi, 1665.<br />

Opere filosofiche, 2 tt., a cura <strong>di</strong> E. De Mas, Bari, Laterza, 1965.<br />

BAGLIVI G., Me<strong>di</strong>c.. Theoric. in Romano Archyliceo Prof. Societatis Regiae<br />

Lon<strong>di</strong>nensis Academ. Imp. Leop. et Collegae. Opera Omnia Me<strong>di</strong>co-practica,


Bibliografia<br />

268<br />

et anatomica e<strong>di</strong>tio septima, Lugduni, Sumptibus Anisson, et Iohannes<br />

Po<strong>su</strong>el, 1710.<br />

De l’accroissement de la médecin pratique, Traduction nouvelle par la Dr. J.<br />

Boucher, Précedé d’une introduction <strong>su</strong>r l’influence du baconisme en<br />

médecine, Paris, Labé, Librairie de la faculté de médecine, 1851.<br />

BARTHOLIN G., De ovariis mulierum, Epistola anatomica, Roma, typis Pauli<br />

Monetae,1671.<br />

BARTHOLIN T., Thomae Bartholini Acta Me<strong>di</strong>ca et Philosophica Hafniensia, Ann.<br />

1671 et 1672 et 1673, Hafniae, <strong>su</strong>mptibus Petri Hanbold, typiis Georgii<br />

Gö<strong>di</strong>ani, 2 tt., 1675.<br />

De insolitis partus humani viis <strong>di</strong>ssertatio nova Accedunt cl.v. Johannis<br />

Veslingi Equitis De pullitie Aegyptorum; & aliae ejusdem Observationes<br />

Anatomicae & Epistolae Me<strong>di</strong>cae postumae. Hagae Comitium, Apud Petrum<br />

Gosse, Bibliopolam, 1740.<br />

Thomas Bartholinus, Anatome in primis institutionibus b.m. parentis C.<br />

Bartholini ad circulationem harvejanam et vasa lymphatica, Lugduni<br />

Batavorum, Aacklana, 1673.<br />

Thomae Bartolini, Anatome ex omnium veterum et recentiorumque<br />

observationibus inprimis institutionibus b.m. Parentis C.Bartholini ad<br />

circulationem harvejanam et vasa lynphatica. Quartum renovata, Lugduni<br />

Batavorum, ex officina Hackiana, 1673.<br />

BARTOLI D., Scritti, a cura <strong>di</strong> E. Raimon<strong>di</strong>, Milano-Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1960; 2 a ed.<br />

Torino, Einau<strong>di</strong>, 1977.<br />

La ricreatione del savio in <strong>di</strong>scorso con la natura e con Dio, libri due del P.<br />

Daniello Bartoli, della compagnia <strong>di</strong> Giesù, in Roma, nella Stamperia<br />

d’Ignatio de’ Lazzeri, 1659.<br />

BECHERUS I.-I., Experimentum chymicum novum,quo artificialis generatio et<br />

tran<strong>su</strong>matio ad oculum demonstratur. Loco <strong>su</strong>pplementi in Physicam <strong>su</strong>am<br />

<strong>su</strong>bterraneam et responsi ad D. Rolfincii, in Physicae Subterraneae,<br />

Francfurti, M. G. Weidman, 1681.<br />

BENEDICTIS G. B. DE, Lettere apologetiche in <strong>di</strong>fesa della Teologia Scolastica, e<br />

della Filosofia Peripatetica <strong>di</strong> Benedetto Aletino de<strong>di</strong>cate all’Illustriss. &<br />

Eccellentiss. Signore, il signore D. Carlo Francesco Spinelli Principe <strong>di</strong><br />

Tarsia, &c., in Napoli, nella Stamperia <strong>di</strong> Giacomo Raillard, 1694.<br />

BISOGNI DE GATTI J., Hipponi seu Vibonis Valentiae, vel Montisleonis, Ausoniae<br />

civitatis accurata historia. In tres libros <strong>di</strong>visa. Auctore D. Iosepho Bisogni<br />

De Gatti eiusdem urbis patritio, Neapoli, typis F.Mosca.,1710.


Bibliografia<br />

BORDEU T., Oeuvres complètes, 2 voll., Paris, Caille et Ravier, 1828.<br />

269<br />

BOREL P., De vero Telescopii inventore, cum brevi omnium conspiciliorum historia.<br />

Ubi de eorum confectione, ac u<strong>su</strong>m seu de Effectibusm novaque quaedam<br />

circa ea proponuntur. Accessit etiam centuria observationum<br />

microcospicarum. Authore Pietro Borello, Regis Christianissimi Consiliario,<br />

et Me<strong>di</strong>co Or<strong>di</strong>nario. Hagae-Comitum, ex typographia Adriani Vlacq, 1655.<br />

BORELLI G. A., Delle Cagioni delle Febbri Maligne della Sicilia negli anni 1647 e<br />

1648. Discorso <strong>di</strong> Gio. Alfonso Borrelli Accademico della Fucina, Filosofo e<br />

Professore delle scienze Matematiche nello Stu<strong>di</strong>o della Nobile Città <strong>di</strong><br />

Messina. Diviso in tre parti; con una appen<strong>di</strong>ce della natura della febbre in<br />

Comune. Et in fine si tratta della <strong>di</strong>gestione de’ cibi con un nuovo metodo, in<br />

Cosenza, per Gio. Battista Rosso, 1649.<br />

BOTERO G., Relationi universali <strong>di</strong> Giovanni Botero Benese, <strong>di</strong>vise in quattro parti.<br />

Arricchite <strong>di</strong> molte cose rare, e memorabili, e con l’ultima mano dell’Autore.<br />

Aggiuntovi <strong>di</strong> nuovo la Ragione <strong>di</strong> Stato del medesimo, Con licenza de’<br />

<strong>su</strong>periori, & privilegio, in Venetia, Giunti, 1640.<br />

Detti memorabili <strong>di</strong> personaggi illustri del Signor Giovanni Botero, Abbate<br />

<strong>di</strong> San Michele della Chiusa, &c. al Serenissimo Carlo Emanuel, Duca <strong>di</strong><br />

Savoia, &c. Prencipe <strong>di</strong> Piamonte, &c., Torino, Gio. Domenico Tarino,<br />

1703.<br />

BOYLE R., Specimen de Gemmarum origine et virtutibus. In quo Proponuntur &<br />

historice illustrantur quaedam Coniecturae circa consistentiam materiae<br />

Lapidum Pretiosorum, & <strong>su</strong>biecta, in quibus eorum praecipuae virtutes<br />

consistunt. Ab Honoratissimo […] Nobili Anglo, e Societate Regia. Coloniae<br />

Allobrogum, Apud Samuelem De Tournes, 1677.<br />

Brevis Enarratio quarundarum observationum factarum a Nobili Roberto<br />

Boyle de Adamante in Tenebris Lucente. Primum Epistolae, ad Amicum<br />

Scriptae inclusarum. Nunc autem, una cum ipsa, praegresso tractavi<br />

annexarum, ob eam, qua inter Lucem & cColores interce<strong>di</strong>t, affinitatem. In<br />

appen<strong>di</strong>ce a: Experimenta et Considerationes de Coloribus Primum ex<br />

occasione inter alias quasdam Diatribas, ad amicum scripta, nunc vero in<br />

lucem pro<strong>di</strong>re passa, seu Initium Historiae Experimentalis de Coloribus a<br />

Roberto Boyle Nobili Anglo, & Societatis Regiae Membro. Non fingendum,<br />

aut excogitandum, sed inveniendum, quid natura faciat aut ferat. Bacon.<br />

Roterodami, Ex officina Arnol<strong>di</strong> Leers, 1671.<br />

Observationes de Generatione Metallorum In Minera <strong>su</strong>a aeri expositorum<br />

Roberti Boyle, Lon<strong>di</strong>ni, typis G. Godbid,1676, in Tractatus In quibus de<br />

latentibus quibusdam qualitatibus…, Lon<strong>di</strong>ni, Typis G. Godbid, 1676.<br />

De natura determinata effluviorum, in Exercitationes de Atmosphaeris


Bibliografia<br />

270<br />

corporum consistentium; deque mira <strong>su</strong>btilitate determinata natura et insigni<br />

vi effluviorum, Lon<strong>di</strong>ni, G. Godbid, 1673.<br />

Observationes de salse<strong>di</strong>ne maris, authore Roberto Boyle nobili Anglo,<br />

Societatis Regiae membro <strong>di</strong>gnissimo, Genevae, apud Samuelem De Tournes,<br />

1686.<br />

BROUSSAIS F. J. V., Examen des doctrines mé<strong>di</strong>cales et des systèmes de nosologie,<br />

Bruxelles, 2 ed, 1836.<br />

CAMERARIUS J., Operae horarum <strong>su</strong>bcisivarum sive me<strong>di</strong>tationes historicae<br />

auctiores quam antea e<strong>di</strong>tae. Continentes accuratum delectum memorabilium<br />

Historiarum, & rerum tam veterum, quam recentium, singulari stu<strong>di</strong>o<br />

invicem collatarum, quae omnia lectoribus & uberem admodum fructum, &<br />

liberalem pariter oblectationem afferre poterunt. Centuria prima. Una cum<br />

in<strong>di</strong>ce locupletissimo. Philippo Camerario I. F. Iuriscon<strong>su</strong>lto, et reipub.<br />

Noricae a Consiliis, auctore. Cum gratia & privilegio Caesar. Maiest. ad<br />

decennium, Francofurti, Typis Egenolphi Emmelii, impensis Petri Kopffi,<br />

1565.<br />

CONTI A., Risposta del Signor Abate Conte Antonio Conti, nobile veneziano, alla<br />

<strong>di</strong>fesa del libro delle considerazioni intorno alla generazione de’ viventi, ec.<br />

in<strong>di</strong>rizzata al Sig. Marchese Scipione Maffei, In Venezia, J. Tommasini,<br />

1716.<br />

CONTI N., Viri clarissimi Natalis Comitis Veneti, Universae historiae <strong>su</strong>i temporis,<br />

libri XXX. Rerum toto terrarum orbe ab anno salutis nostrae MDXLV usque<br />

ad annum MDLXXXI gestarum expositionem, gnomis egregiis refertam,<br />

continentes. Nunc primum in Germania e<strong>di</strong>ti: et non solum singulorum<br />

librorum argumentis, ac marginalibus notis sententiosis exornati: verum<br />

etiam cum aliis auctoribus qui eiusdem aevi historias, seu sigillatim, seu<br />

universè, literis pro<strong>di</strong>derutn, <strong>di</strong>ligenter collati: atque annotationibus<br />

necessariis utilissimisque passim illustrati: utiam non modo per se magno<br />

fructu legi, facileque intelligi; sed & cum Historicis aliis utiliter coniungi<br />

possint. Ad<strong>di</strong>tis duobus in<strong>di</strong>cibus locupletissimis: uno, quo nomina propria<br />

anitqua variorum locorum populorumque, &c. explicantur; operi praemisso:<br />

altero, quo res memorabiles his in libris contentae in<strong>di</strong>cantur; in calce operis<br />

a<strong>di</strong>ecto. Stu<strong>di</strong>o & opera Caspari Bitschii Hegenoensis, J. U. Doctoris, & in<br />

inclyta Academia Argentoratensi Historiarum Professoris, Argentorati,<br />

<strong>su</strong>mptibus Lazari Zetzneri, Bibliopolae, 1612.<br />

Natalis Comitis Mythologiae, sive explicationis fabularum, libri decem: in<br />

quibus omnia prope Naturalis & Moralis Philosophia dogmata contenta<br />

fuisse demonstratur. Nuper ab ipso autore recogniti & locupletati. Eiusdem<br />

libri IIII de venatione. Cum in<strong>di</strong>ce tripli; rerum memorabilium, urbium &<br />

locorum a variis heroibus denominatorum, ac plantarum & animalium<br />

singulis Diis <strong>di</strong>catorum. Opus cuiu<strong>su</strong>is facultatis stu<strong>di</strong>osis perutile ac prope


Bibliografia<br />

271<br />

necessarium. Ad<strong>di</strong>ta mythologia musarum, a Geofredo Linocerio uno libello<br />

comprehensa, & nunc recens à F. S. multis & foe<strong>di</strong>s men<strong>di</strong>s expurgata,<br />

Francofurti, apud haeredes Andreae Wecheli, 1584.<br />

DELEBOE F., Opera me<strong>di</strong>ca, 2 voll., Venetiis, apud H.Savioni, 1736.<br />

DE MARTINO P. A., Petri Antonii De Martino, Geofonensis - Respon<strong>su</strong>m Trutinae<br />

Me<strong>di</strong>cae Musitani in quo tractatur de omnibus morbis humani corporis,<br />

impugnatur Harvejana sanguinis circulatio, et multa sententia contra<br />

veterem, et communem doctrinam exortae refellentur prò Galeno, et Asseclis<br />

contra aliquos Modernos, Neapoli, ex semper nova Typographia Michaelis<br />

Aloysii Mutio, 1699.<br />

DEMETRIO FALEREO, Demetrio Falereo Della Locuzione. Volgarizzato da Pier Segni<br />

Accademico della Crusca detto l’Agghiacciato. Con postille al testo, ed<br />

esempli Toscani, conformati a’ Greci. Al Sereniss. Signore, il Sig. Don<br />

Cosimo Me<strong>di</strong>ci, Principe <strong>di</strong> Toscana, <strong>su</strong>o Signore, Firenze, Nella Stamperia<br />

<strong>di</strong> Cosimo Giunti. 1603.<br />

DESCARTES R., Renati Des.Cartes tractatus de homine et de formatione foetus.<br />

Quorum prior notis perpetuis Ludovici De La Forge, M. D. illustratur,<br />

Amstelodami, apud Danielem Elseverium, 1677.<br />

Opere scientifiche, Vol. I. La biologia, a cura <strong>di</strong> G. Micheli, Torino, UTET,<br />

1966.<br />

Opere scientifiche, Vol. II. Discorso <strong>su</strong>l metodo, Diottriche, Meteore,<br />

Geometria, a cura <strong>di</strong> E. Lojacono, Torino, UTET, 1983.<br />

Opere filosofiche, 2 voll., a cura <strong>di</strong> E. Lojacono, Torino, UTET, 1994.<br />

R. DESCARTES – H. REGIUS, Il carteggio. Le polemiche, a cura <strong>di</strong> R. Bordoli,<br />

Napoli, Cronopio, 1997.<br />

DOLAEUS IO., Encyclope<strong>di</strong>a, me<strong>di</strong>cinae theoretico-practicae, qua tam veterum,<br />

quam recentiorum, paracelsistarum nempe, helmontianorum, willisianorum,<br />

sylvianorum, cartesianorum de causis et curationibus morborum, Francfurti<br />

ad Moenum, Io.-G. Drulmanni, 1684.<br />

Encyclopae<strong>di</strong>a Me<strong>di</strong>ca, 2 voll., Francfurti ad Moenum, Knochius, 1703.<br />

EMIL P., Historiae iam denuo emendatae Pauli Aemilii Veronensis, de rebus gestis<br />

Francorum, a Pharamundo primo rege usque ad Carolum octavum, libri X.<br />

Arnol<strong>di</strong> Ferroni Bur<strong>di</strong>galensis, regii consiliari, de rebus gestis Gallorum<br />

libri IX. ad historiam Pauli Aemilii ad<strong>di</strong>ti, a Carolo octavo usque ad<br />

Henricum II. ad huius historiae lucem, in fine a<strong>di</strong>unctum est: Chronicon<br />

IOan. Tilii de Regibus Francorum, a Pharamundo usque ad HenricumII,<br />

Basileae, per Sixtum Henricpetri, 1569.


Bibliografia<br />

ETTMULLER M., Opera omnia me<strong>di</strong>co-physica, theoretica et practica , 3 tt.,<br />

Venetiis, Hertz, 1700.<br />

272<br />

FABRICI D’ACQUAPENDENTE G., L'Opere Chirurgiche del Signor Girolamo Fabrizio<br />

D'Acquapendente. Cav. re e me<strong>di</strong>co chirurgico rinomatiss. mo. Nel<br />

famosissimo Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Padova Professore <strong>di</strong> Chirurgia, e Notomia<br />

straor<strong>di</strong>nario. Divise in due parti… De<strong>di</strong>cate al merito singolare<br />

dell'illustrissimo et eccellentissimo <strong>su</strong>g. Gio. Carlo Matesilani, dottor<br />

Collegiato <strong>di</strong> Filosofia, e Me<strong>di</strong>cina, Lettor Pubblico nel Celeberrimo Stu<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> Bologna, Agente della Real maestà <strong>di</strong> Polonia in Italia, In Bologna,<br />

Gioseffo Longhi, 1578.<br />

FARRA G., Trattato dell'Ipocondria e <strong>su</strong>oi accidenti, con la <strong>su</strong>a cura ed<br />

insegnamento de' Rime<strong>di</strong>j, dato in luce dal dottor Grassino Farra<br />

Gentil'Uomo del S. R. I., in Bergamo, Giovanni Santini, 1725.<br />

FERRAULT J., Tractatus seu privilegia aliqua regni Franciae continens, per Ioannem<br />

Ferrault utriusque iuris licentiam e<strong>di</strong>tus, Incipit quarta pars, De iuribus et<br />

privilegia regni Franciae, in Stilus Supremae Curiae parlamenti parisiensis<br />

nuper a <strong>su</strong>o prototypo, et antiquis Regestis eiusdem Curiae de verbo a<br />

verbum tan<strong>su</strong>mptus, Cum novis Annotationibus Do. Caroli Molinaei, Iuris.<br />

Paris. in eadem Curia advocati solertissimi, margini a<strong>di</strong>ectus, et antiquis<br />

ad<strong>di</strong>tionibus Do. Stephani Auffrey, Iuris utriusque doctoris, et in Parlamento<br />

Thosolano inquisitionum Praesi<strong>di</strong>s, tractatibus et appen<strong>di</strong>cibus <strong>su</strong>is, Omnia<br />

novae recognita, repurgata, re<strong>di</strong>ntegrata, et locupletata, et in septem partes<br />

<strong>di</strong>stincta, stu<strong>di</strong>o <strong>su</strong>bcisivo praefati Caroli Molinaei.7. partes operis, pag.<br />

sequens in<strong>di</strong>cat, Parisiis apud Galeotum a Prato ad primam Regii Palatii<br />

columnam, 1551.<br />

FONTANA F., Novae coelestium terrestriumque rerum observationes, et fortasse<br />

hactenus non vulgatae à Francisco Fontana, specillis a se inventis, et ad<br />

<strong>su</strong>mmam perfectionem perductis, e<strong>di</strong>tae, Neapoli, apud Gaffarm, 1646.<br />

FONTANUS N., De morbis Mulierum, Venetiis, Turrinum, 1649.<br />

FORESTI A., Del mappamondo istorico, tomo secondo contiene le cose della<br />

Republica, e Monarchia Romana dalla fondatione <strong>di</strong> Roma sino all’Anno <strong>di</strong><br />

Christo 1692. Opera del P. Antonio Foresti della compagnia <strong>di</strong> Giesù. In<br />

questa mia Seconda Impressione più nobilmente arrichita, e da notabili<br />

errori con nuova <strong>di</strong>ligenza ricorretta, In Venetia, Girolamo Albrizzi, 1646.<br />

Del Mappamondo istorico, Tomo quarto, Parte prima, in cui si espongono i<br />

regni, nati dalla declinazione, e caduta dell’Imperio Romano in Occidente.<br />

Cioè dell’Anno <strong>di</strong> Christo 420 sino all’Anno 1692. Opera del P. Antonio<br />

Foresti della Compagnia <strong>di</strong> Giesù, in Venetia, Girolamo Albrizzi, 1700.<br />

Del Mappamondo istorico, Tomo quarto, Parte Seconda. In cui si espongono


Bibliografia<br />

273<br />

i regni nati dalla declinatione, e caduta dell’Imperio Romano in Occidente.<br />

Cioè dell’Anno <strong>di</strong> Christo 420 sino all’Anno 1692. Opera del P. Antonio<br />

Foresti della Compagnia <strong>di</strong> Giesù. Seconda e<strong>di</strong>tione. Di nuovo de<strong>di</strong>cato<br />

all’Illustrissimo, e Reveren<strong>di</strong>ssimo Monsignor Paolo Vallaresso Vescovo <strong>di</strong><br />

Concor<strong>di</strong>a. &c., in Venetia, Girolamo Albrizzi, 1697.<br />

GADDI J., De scriptoribus non ecclesiasticis, graecis, latinis, Italcis, primorum<br />

grauum in quinque Theatris, scilicet Philosophica, Poetico, Historico,<br />

Oratorio, Critico: Iacobi Gad<strong>di</strong>i academici svogliati critico-historicum, Et<br />

bipartium opus. In prima parte agitur de iis, qui opera e<strong>di</strong>derunt ante annum<br />

Salut. MDL. duobus, et amplius annorum millibus convolutis, Florentiae,<br />

Typis Amatoris Massae, 1648.<br />

GAGUIN R., Roberti Gaguini rerum gallicarum annales, cum Huberti Velleii<br />

<strong>su</strong>pplemento;In quibus Francorum origo vetustissima et res gestae,<br />

Regumque Gallicorum omnium ex or<strong>di</strong>ne vitae, et quaecumque <strong>su</strong>b illis domi<br />

forisque memorabilia acciderunt, usque ad Henricum II describuntur,<br />

Francofurti ad Moenum, Ex officina Typographica And.Wechelix, 1577.<br />

GASSENDI P., Petri Gassen<strong>di</strong> <strong>di</strong>niensis ecclesiae praepositi, et in academia<br />

parisiensi Matheseos Regij Professoris, Animadversiones in decimum librum<br />

Diogenis Laertii, qui est de vita, moribus, placitisque Epicuri. Placita autem,<br />

qual itte trei statuit Philosophiae parteis, Continent I. Canonicam nempe,<br />

habitam Dialecticae loco: II. Physicam, ac inprimis nobilem illius<br />

Meteorologiam: III. Ethicam, cuius gratiâ ille excoluit caeteras, E<strong>di</strong>tio tertia,<br />

Lugduni, <strong>su</strong>mptibus Francisci Barbier, Typographi Reg., 1675.<br />

GESNER C., Bibliotheca universalis, sive catalogus omnium scritporum<br />

loclupetissimus, in tribus linguis, latina, graeca, & Hebraica: extantium et<br />

non extantium, veterum et recentiorum in huncusque <strong>di</strong>em, doctorum et<br />

indoctorum, publicatorum et in biliothecis latentium. Opus novum, et non<br />

bibliothecis tantum publicis privatisve instituen<strong>di</strong>s necessarium, sed<br />

stu<strong>di</strong>o<strong>su</strong>s omnibus cuiuscunque artis aut scientiae ad stu<strong>di</strong>a melius formanda<br />

utilissimum: authore Conrado Gesnero Tigurino doctore me<strong>di</strong>co, Tiguri,<br />

apud Christophorum Froschouerum mense Septembri, anno 1545.<br />

GIANNETTASIO N. P., Universalis geographiae elementa exposita, et demonstrata a<br />

viris Nobilibus in Colleg: Neapolitano Soc: Je<strong>su</strong> Praeside Nic: Parthenio<br />

Giannettasio e.s. et in lucem data ad u<strong>su</strong>m Scholae eiusdem Collegii,<br />

Neapoli, Ex Officina Typ. Jacobi Raillard, 1692.<br />

GIUGLARIS L., Quaresimale del Padre Luigi Giuglaris della Compagnia <strong>di</strong> Giesù. Al<br />

Rev.mo Padre Maestro Padron Col.mo Il P. Giulio Mercori da Cremona<br />

dell’Or<strong>di</strong>ne de’ Pre<strong>di</strong>catori, ed Inquisitore Generale nella Città <strong>di</strong> Milano,<br />

<strong>su</strong>o Stato, e Dominio, in Milano, Appresso Lodovico Monza, 1665.<br />

GRAAF R. DE, De mulierum organis generationi inservientibus, Lugduni Batavorum


Hackiana, 1672.<br />

Bibliografia<br />

Partium genitalium defensio, Lugduni Batavorum, Hackiana, 1673.<br />

274<br />

HARTMANN J., Ioannis Hartmanni, Anthropologia phisico-me<strong>di</strong>co-anatomica, olim<br />

in Veneto Athenaeo publici Professoris Anatomes, In qua totius Humani<br />

corporis mechanica Structura describitur, partiumque u<strong>su</strong>s, atque operan<strong>di</strong><br />

modus examinatur.Opus non inutile, maxime Me<strong>di</strong>cinam exercentibus Cum<br />

in<strong>di</strong>ce rerum notabilium, quae pertractantur, Venetiis, typis Ioannis<br />

Baptistae Tramontini, 1696.<br />

HARVEY W., Guillelmi Harvei Exercitationes de Generatione Animalium, Patavii Ex<br />

Officina Heredum Pauli Frambotti, 1666.<br />

KIRCHER A., Athanasii Kircheri e Soc. Je<strong>su</strong> Mundus Subterraneus in XII libros<br />

<strong>di</strong>gestus; quo Divinum Subterrestris Mun<strong>di</strong> Opificium, mira Ergasteriorum<br />

Naturae in eo <strong>di</strong>stributio, verbo pa?t?µ??f?? Protei Regnum, Universae<br />

denique Naturae Maiestas & <strong>di</strong>vitiae <strong>su</strong>mma rerum varietate exponuntur.<br />

Ab<strong>di</strong>torum effectuum causae acri indagine inquisitae demonstrantur;<br />

cognitae per Artis & Naturae conjugium ad humanae vitae necessarium<br />

u<strong>su</strong>m vario experimentorum apparatu, necnon novo modo, & ratione<br />

applicantur, 2 tt.,Amsterodami (sic!), apud Ioannem Sansonium et Elizeum<br />

Weyerstraten, 1664-1665.<br />

Athanasii Kircheri e soc. Ie<strong>su</strong> Scrutinium Physico-me<strong>di</strong>cum contagiosa luis,<br />

quae Pestis <strong>di</strong>citur. Quo origo, causae, signa, prognostica Pestis, nec non<br />

insolentes Malignantis Naturae effectus, quistatis temporibus, caelestium<br />

influxuum virtute et efficacia, tum in Elementis; tum in Epidemiis hominum<br />

animantiumque morbis elucescunt, una cum appropriatis reme<strong>di</strong>orum<br />

Antidotis novâ doctrinâ in lucem eruuntur, Lipsiae, Sumptibus Haered.<br />

Schurerianor et Joh. Fritzschii, Typis johannis Baveri, 1671.<br />

KOLHANS J. C., Tractatus opticus, qui res quam plurimas, utiles, iucundas, lu<strong>di</strong>cras,<br />

& admirandas, naturaliter sistere docet, nec non vitra, specula, tubosque<br />

opticos paran<strong>di</strong> & conficien<strong>di</strong> rationes describit, ex optimis quibusdam<br />

autoribus, propriisque observationibus & inventis, stu<strong>di</strong>ose collectus atque<br />

conscriptus. Accessit, ab ingenio<strong>su</strong>s cognitionisque rerum avi<strong>di</strong>s inventorum,<br />

& a non invi<strong>di</strong>s detectorum, centum optices arcanorum congestio. Autore M.<br />

Johanne Christophoro Kolhansio, Gymnas. Coburg. P. P. & Sch. Senat.<br />

Rectore, Lipsiae, <strong>su</strong>mptibus Friderici Lanckisch, literis Johannis Erici Hahnii,<br />

1663.<br />

LANGE C., Christiani Langii Philosophi et Me<strong>di</strong>c. Doct. Profess. et Chymiatri<br />

celeberrimi Miscellanea Curiosa Me<strong>di</strong>ca Annexa Disputatione De Morbillis,<br />

Quam Prodromum esse voluit Novae Suae Pathologiae animatae, itemque de<br />

elixir proprietatis, post Autoris obitum conjunctim e<strong>di</strong>ta Johanne Centurione<br />

Macasio, Philos. et Me<strong>di</strong>c. Doctore, Lipsiae, <strong>su</strong>mptibus Thomae Matthiae


Bibliografia<br />

Göttenii, Bibliopolae Francofurtensis, literis Johannis -Erici Hahnii, 1666.<br />

275<br />

LE CIRIER J., Ioannis Le Cirier parisiensis primi legentis or<strong>di</strong>narii in con<strong>su</strong>ltissima<br />

Decretorum facultate Parisiensi et advocati in <strong>su</strong>prema Parlamenti Curia,<br />

Tractatus singularis de Jure primogeniture vel maiori natus: In quo<br />

copiosissime et amplius hactenus de iisque ad primogenituram spectant,<br />

<strong>di</strong>sseritur, et peperit filium <strong>su</strong>um primogenitum, venundatur apud<br />

Reginaldum Chan<strong>di</strong>ere <strong>su</strong>b homine sylvestri, 1521.<br />

LE GRAND A., Antoni Le Grand Institutio philosophiae secundum principia D.<br />

Renati <strong>Descartes</strong>: Nova methodo adornata, et explicata. In u<strong>su</strong>m iuventuti<br />

academicae, E<strong>di</strong>tio quarta, Lon<strong>di</strong>ni, M. Clark, 1679.<br />

MALPIGHI M., Opera omnia, Lugduni Batavorum, 1687.<br />

MAGNO O., Olaus Magnus, Historiae septentrionalium gentium breviarium , libri<br />

XXII, Lugduni Batavorum, apud A.Wyngaerde, et F.Moiardum, 1645.<br />

De mineralibus et rebus metallicis, Coloniae, Birckmannum et Baumium,<br />

1569.<br />

MASSARIA A., Practica me<strong>di</strong>ca seu praelactiones academicae...ab Francforti,<br />

<strong>su</strong>mptibus N. Bassaei, Hartmann, 1601.<br />

MERCATO L., De mulierum affectionibus, Venetiis, apud F.Valgrisium, 1587.<br />

MONTANARI G., Pensieri fisico-matematici Sopra alcune esperienze fatte in Bologna<br />

nell’Accademia filosofica eretta dall’Ill. e R. mo Sig. Abate Carlo Antonio<br />

Sanpieri Intorno <strong>di</strong>versi effetti de’ liqui<strong>di</strong> in Cannuccie <strong>di</strong> Vetro, et altri vasi,<br />

In Bologna, per li Mandesi, 1667.<br />

MURATORI L. A., Epistolario, a cura <strong>di</strong> M. Càmpori, 13 voll., Modena, Soc.<br />

Tip. Modenese, 1903, VI.<br />

MUSITANO C., Caroli Musitani Opera Omnia, Venetiis, apud Josephum Bortoli,<br />

1738.<br />

R. D. Caroli Musitani Iatrias Professoris Celeberrimi, opera omnia, seu<br />

Trutina Me<strong>di</strong>ca, Chirurgica, pharmaceutico-chymica &c. Omnia juxta<br />

recentiorum, philosophorum principia, & Me<strong>di</strong>corum experimenta,<br />

excogitata, & adornata. Accesserunt huic novae e<strong>di</strong>tioni tractatus tres,<br />

nunquam e<strong>di</strong>ti, nempe de morbis infantum, de luxationibus, & de fracturis.<br />

cum in<strong>di</strong>cubus capitum, rerum et materiarum locupletissimis, Genevae,<br />

<strong>su</strong>mptibus Cramer & Perachon, 1716, 2 tt.<br />

R. D. Caroli Musitani iatrias professoris ad Had. A Mynsicht me<strong>di</strong>ci<br />

germanici praestantissimi thesaurum et armamentorum me<strong>di</strong>co-chymicum<br />

Mantissa, quae locupletiori Penu non adhuc cognita, vulgataque


Bibliografia<br />

276<br />

Me<strong>di</strong>camenta congerit, sive conquisita, sive propria industria excogitata, &<br />

esperientia probata, eorundem u<strong>su</strong>, atque operan<strong>di</strong> rationabili energia. Cui<br />

accessit Andreae Battimelli auctuarium; et Hieronimi Piperi corollarium.<br />

Genevae <strong>su</strong>mptibus Societatis, 1701.<br />

Celeberrimorum virorum Apologiae pro Carolo Musitano adver<strong>su</strong>s Petrum<br />

Antonium De martino, Me<strong>di</strong>cum Geofonenses, qui Trutinam Me<strong>di</strong>cam Anno<br />

1688 Venetiis typis e<strong>di</strong>tam, qua Harveana sanguinis circulatio, aliaeque<br />

Recentiorem Me<strong>di</strong>corum sententiae statuminantur, teneré, et irrepte<br />

impugnare au<strong>su</strong>s est, Kruswick, apud Petrum Antonium Martellum, 1700<br />

(Ristampata nelle <strong>su</strong>ccessive e<strong>di</strong>zioni delle Opera Omnia <strong>di</strong> Musitano).<br />

NAUCLER J., Chronica D. Iohannis Naucleri praepositi tubigensis, <strong>su</strong>ccinctim<br />

compraehendentia res memorabiles seculorum omnium ac gentium, ab initio<br />

Mun<strong>di</strong> usque ad annum Christi nati M.CCCCC, 2 voll., Coloniae, apud<br />

Calenium, et Haeredes Iohannis Quentel, 1579.<br />

NEEDHAM G., Disquisitio anatomica De Formato Foetu, Lon<strong>di</strong>ni, G. Goldbid, 1667.<br />

PANIGAROLA F., Il Pre<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> F. Francesco Panig.la Minore osservante vescovo<br />

d’Asti, Overo Parafrase, Commento, e Discorsi intorno al libro<br />

dell’Elocutione <strong>di</strong> Demetrio Falereo. Ove vengono i precetti, e gli essempi<br />

del <strong>di</strong>re, che già furono dati a’ Greci, ridotti chiaramente alla prattica del<br />

ben parlare in prose Italiane, e la vana Elocutione de gli Autori profani<br />

accommodata alla Sacra Eloquenza de’ nostri Dicitori, e Scrittori<br />

Ecclesiastici. Con due Tavole, una delle questioni, e l’altra delle cose più<br />

notabili, In Venetiam, appresso Bernardo Giunti, Gio. Battista Ciottim et<br />

Compagni, 1609.<br />

PRIMEROSE J., Jacobi Primerosii doctoris me<strong>di</strong>ci De vulgi erroribus in Me<strong>di</strong>cina<br />

Libri IV, Roterdami, Ex officina Arnol<strong>di</strong> Laers, MDCLVIII.<br />

POURCHOT E., Institutiones philosophicae ad faciliorem veterum, ac recentiorum<br />

philosophorum lectionem comparatae opera, et stu<strong>di</strong>o V. Cl. Edmun<strong>di</strong><br />

Purchotii senonensis, in con<strong>su</strong>ltissima Juris utriusque Facultate licentiati,<br />

Universitatis Parisiensis antehac Rectoris, et emeriti Philosophiae<br />

Professoris, Venetiis, 1724, apud Joannem Manfre (in 5 tt).<br />

RAYNAUD T., Theophili Raynau<strong>di</strong> Theol. Soc. Ie<strong>su</strong>, Critica Sacra. […] Tomus<br />

undecimus, in quo literati non poenitendas invenient ad<strong>di</strong>tiones; cum in<strong>di</strong>ce<br />

copiosissimo, Lugduni, Sumpt. Horatii Boissat & Georgii Remes, 1665.<br />

Theophili Raynau<strong>di</strong> Theol. Soc. Ie<strong>su</strong>, Critica Sacra. […] Tomus undecimus,<br />

in quo literati non poenitendas invenient ad<strong>di</strong>tiones; cum in<strong>di</strong>ce<br />

copiosissimo, Lugduni, Sumpt. Horatii Boissat & Georgii Remes, 1665.<br />

Theophili Raynau<strong>di</strong> Societatis Ie<strong>su</strong> Theologi, Opuscula Moralia. […] Tomus<br />

decimus-quartus. Quae e<strong>di</strong>ta fuerant, auctor recen<strong>su</strong>it et pluribus


Bibliografia<br />

277<br />

amplificavit. Cum in<strong>di</strong>ce copiosissimo, Lugduni, Sumpt. Horatii Boissat &<br />

Georgii Remeus, 1665.<br />

Hercules Commo<strong>di</strong>anus Ioannes Launoyus romani breviarii impugnator,<br />

patronus ac gregalis fortium ingeniorum, negantium stigmata S. Francisci;<br />

deridentium translationem ae<strong>di</strong>s Lauretanae ex Oriente; fabricantium<br />

duodecim sacramenta legis gratiae; sacramentis baptismi et confirmationis<br />

novam materiam, sacramento auten poenitentiae formam deprecativam<br />

rejecta Iuduciali assignantium; propolarum huiusmo<strong>di</strong> aliarum novarum<br />

mercium. Repul<strong>su</strong>s ab Honorato Leotardo Thyriensi S. T. L. Aquis, Typis<br />

Monerianis, 1646.<br />

Theophili Raynau<strong>di</strong> Societatis Ie<strong>su</strong> Theologi, Apopompaeus admodum rara<br />

continens, tomus vigesimus et posthumus, […], Cracoviae, Sumptibus<br />

Annibalis Zangoyski, Bibliopolae, 1669.<br />

Theologia naturalis, autore Theophilo Raynaudo, ex Societate Ie<strong>su</strong>, S.<br />

Theologiae Professore. Opus accuratum; quo universa quae ad Deum et<br />

Intelligentias creatas pertinent, ex naturae lumine investigantur, et floribus<br />

multiplicis literaturae inoculantur. E<strong>di</strong>tio novissima, <strong>di</strong>ligenter emaculata,<br />

Lugduni, <strong>su</strong>mptibus Clau<strong>di</strong>i Du-Four, 1637.<br />

REDI F., Osservazioni intorno agli animali viventi che si trovano negli animali<br />

viventi, in Opere, 4 voll., Milano, Utet, 1810; 3, pp. 257-393.<br />

Esperienze intorno alla generazione degl’insetti fatte da Francesco Re<strong>di</strong><br />

Accademico della Crusca, e da lui scritte in una lettera all’illustrissimo<br />

signor Carlo Dati, Terza impressione, in Firenze per Francesco Onofri<br />

Stampator Arcivescovale, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, 1674.<br />

Osservazioni intorno alle vipere fatte da Francesco Re<strong>di</strong> gentiluomo Aretino,<br />

Accademico della Crusca, rivedute dall’autore, e da lui scritte in una lettera<br />

all’illustriss. Sig. Conte Lorenzo Magalotti gentiluomo della Camera, e ora<br />

Cavalier Trattenuto del serenissimo Granduca <strong>di</strong> Toscana, in Firenze, per<br />

Piero Matini all’Insegna del Leone, 1686.<br />

Bacco in Toscana. Ditirambo <strong>di</strong> Francesco Re<strong>di</strong> accademico della Crusca<br />

con le annotazioni, in Firenze, per Piero Matini all’insegna del Lion d’Oro,<br />

1685.<br />

Esperienze intorno alla generazione degli insetti, introduzione e cura <strong>di</strong> W.<br />

Bernar<strong>di</strong>, Firenze, Giunti, 1996.<br />

J. RICCATI – A. VALLISNERI, Carteggio (1719-1729), a cura <strong>di</strong> M. L. Soppelsa,<br />

Firenze, Olschki, 1985.<br />

RIO M. DEL, Disquisitionum magicarum libris sex, in tres tomos partiti.auctore<br />

Martino Del Rio Societatis Ie<strong>su</strong> presbytero sacrae Theologiae Doctore, & in


Bibliografia<br />

278<br />

Academia Gretiensi, S. S. professore. Tomus primus, nunc tertiis curis ab<br />

ipso Auctore auctior longe, ad<strong>di</strong>tionibus multis passim insertis, correctior<br />

quoque men<strong>di</strong>s <strong>su</strong>blatis. Cum privileg. S. Caesar. Maiest. ad annos sex.<br />

Pro<strong>di</strong>t ex Archiepiscopatus Moguntinensis officina Ursellana. Impensis<br />

Iacobi König, 1606.<br />

In L. Annaei Senecae cordubensis poetae gravissimi tragoe<strong>di</strong>as decem […],<br />

amplisima adversaria, quae loco commentarii esse pos<strong>su</strong>nt. Ex bibliotheca<br />

Martini Antonii Delrio, I. C., Antverpiae, ex officina Christophori Plantini,<br />

Architypographi Regii, 1676.<br />

SACHS, PH. J., ? aµµa??????a , sive Grammarorum, vulgo cancrorum consideratio<br />

physico-philologico-historico-me<strong>di</strong>co-chymica, in qua praeter grammarorum<br />

singularem naturam, iuddem et multivarium u<strong>su</strong>m non minus reliquorum<br />

crustatorum instituitur tractatio ad normam collegii naturae curiosorum,<br />

plurimis inventio secretioribus naturae artisque locupletata a Philippo<br />

Jacobo Sachs […], Francofurti et Lipsiae, <strong>su</strong>mptibus E. Fellgibelii, 1665, in<br />

8.<br />

SENNERT D., Opera, 3 voll., Lugduni, <strong>su</strong>mptibus Io. A. Huguetam et M. A. Ravaud,<br />

1666.<br />

TIRABOSCHI G., Storia della letteratura italiana, Tomo I, Napoli, a spese <strong>di</strong><br />

Giovanni Muccis, 1777.<br />

TORTORA O., Historia <strong>di</strong> Francia <strong>di</strong> Homero Tortora da Pesaro, <strong>di</strong>visa il lebri<br />

ventidue.Nella quale si contengono le cose avvenute sotto Francesco<br />

Secondo, Carlo Nono, Enrico Terzo, et Enrico quarto. De<strong>di</strong>cata alla santità<br />

<strong>di</strong> N.Signore Papa Paolo Quinto, In Venetia, appresso Gio.Battista Ciotti,<br />

1619.<br />

TREMIGLIOZZI G., Staffetta da Parnaso indrizzata all’Illustrissimo, &<br />

Eccellentissimo Signor D. Gio: Francesco <strong>di</strong> Sangro Principe <strong>di</strong> S. Severo, in<br />

Roma, Per Nicol’Angelo Tinassi, 1676.<br />

Nuova Staffetta da Parnaso circa gli affari della Me<strong>di</strong>cina pubblicata dal sig.<br />

Gaetano Tremigliozzi e <strong>di</strong>rizzata all’illustrissima Accademia degli<br />

Spensierati <strong>di</strong> Rossano, in Francofort, 1700.<br />

VALLETTA G., Opere filosofiche, a cura <strong>di</strong> M. Rak, Firenze, Olschki, 1975<br />

VALLISNERI A., J. V. D. D. Hyacinthi Gimma...Dissertationum academicarum tomus<br />

primus..., «Giornale de’ letterati d’Italia», t. XXI, 1715, pp. 154-175.<br />

De fabulosis animalibus... Dissertatio secunda..., in «Giornale de’ letterati<br />

d’Italia», t. XXI, 1715, pp. 176-212.<br />

Feto perfetto morto nel ventre della madre..., in «La Galleria <strong>di</strong> Minerva», t.


VIII, 1717, pp. 183-187.<br />

Bibliografia<br />

279<br />

Esperienze ed osservazioni intorno all’origine, sviluppi e costumi <strong>di</strong> vari<br />

insetti..., Padova, nella Stamperia del Seminario appresso GIO. Manfré,<br />

1726.<br />

Opere fisico-me<strong>di</strong>che stampate e manoscritte del Kavalier Antonio Vallisneri<br />

raccolte da Antonio <strong>su</strong>o figliuolo, corredate d’una prefazione in genere<br />

sopra tutte, e d’una in particolare sopra il Vocabolario della Storia Natura.e,<br />

ded<strong>di</strong>cate agli Illustriss. ed Eccell. Signori Riformatori della stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

Padova, 3 tt., in Venezia, MDCCXXXIII, appresso Sebastiano Coletti.<br />

Epistolario, Vol. I, 1679-1710, a cura <strong>di</strong> D. Ge nerali, Milano, Franco Angeli,<br />

1991.<br />

Epistolario, Vol. II, 1711-1713, a cura <strong>di</strong> D. Generali, Milano, Franco<br />

Angeli, 1998.<br />

VAN HELMONT J. B., Joanne Baptista Van Helmont, Ortus Me<strong>di</strong>cinae, id est initia<br />

physicae inau<strong>di</strong>ta. Progres<strong>su</strong>s me<strong>di</strong>cinae novus, in morborum ultionem, ad<br />

vitam langam. Authore Joanne Baptista Van Helmont, Toperchâ in Merode,<br />

Royenborch, Oorsocht, Pellines, etc. Edente Authoris Filio, Francisco<br />

Mercurio Van Helmont, cum eius Praefatione ex Belgico transatâ. E<strong>di</strong>tio<br />

nova, cumque loclupetioni Rerum et Verborum Iu<strong>di</strong>ce, pro illa Venetiis nuper<br />

excusa, multam partem adauctior red<strong>di</strong>ta et exornatior, Amstelodami, apud<br />

Ludovicum Elzevirium, 1652.<br />

VAN-HORNE IO., Epistolica <strong>di</strong>ssertatio ad celeberrimum virum D. Guernerum<br />

Rolfincium, in Brevis manuductio ad historiam corporis humani, Lugduni<br />

Batavorum, 1675.<br />

VERHEYEN P., Corporis humani Anatomia. In qua omnia tam veterum, quam<br />

recentiorum anatomicorum inventa. Methodo nova, et intellectu facillima<br />

describuntur, ac tabulis aeneis repraesentantur, Lovanii, expensis Bernar<strong>di</strong>ni<br />

Gessari, 1706.<br />

VICO G. B., Epistole con aggiunte le epistole dei <strong>su</strong>oi corrispondenti, a cura <strong>di</strong><br />

Manuela Sanna, Napoli, Morano, 1992.<br />

Autobiografia Poesie Scienza Nuova, a cura <strong>di</strong> P. Soccio, Milano, Garzanti,<br />

1983.<br />

Opere, 2voll., a cura <strong>di</strong> A. Battistini, Milano, Mondadori, 1990.<br />

WALAEUS JO., Epistolae duae De motu chili, et sanguinis ad Th. Bart; holinum,<br />

Casp. filium, in Th. Bartholini, Anatome. In primis institutionibus b. m.<br />

Parentis C. Bartholini ad circulationem harvejanam et vasa lymphatica,<br />

Lugduni Batavorum, Aacklana, 1673.


Bibliografia<br />

280<br />

WILLIS T., Clarissimi viri Thomae Willis, doctoris me<strong>di</strong>ci, philosophiae naturalis<br />

professoris, Sedleia. Oxon. Necnon inclyti Med. Coll. Lon<strong>di</strong>n. & Societatis<br />

Regiae Socii: de anima brutorum, quae hominis vitalis ac sensitiva est,<br />

exercitationes duae, quarum prior philosophica, eiusdem naturam, partes,<br />

potentias, & affectiones, tra<strong>di</strong>t: altera pathologica, morbos qui ipsams sedem<br />

eius primariam, nempe cerebrum & nervo<strong>su</strong>m genus afficiunt, explicat,<br />

eorumque Therapeias instituit, Lugduni, <strong>su</strong>mptibus Joannis Antonii<br />

Huguetan, & soc., 1676.<br />

Pathologiae cerebri et nervosi generis specimen: in quo agitur de morbis<br />

convulsivis et de scorbuto, in Opera me<strong>di</strong>ca et phisica in varios tractatus<br />

<strong>di</strong>stribuita, 2 voll., Lugduni, Io.-A. Hugueton, 1676.<br />

ZACCHIA P., Pauli Zacchiae me<strong>di</strong>ci romani Quaestiones me<strong>di</strong>co-legales. In quibus<br />

Eae materiae Me<strong>di</strong>cae, quae ad Legales facultates videntur pertinere,<br />

proponuntur, pertractantur, resolvuntur. Opus, iurisperitis apprime<br />

necessarium, Me<strong>di</strong>cis perutile, caeteris non iniucundum. E<strong>di</strong>tio Tertia,<br />

correctior, auctiorque, non solum variis passim locis, verum & <strong>su</strong>biunctis,<br />

quae nunc recens prodeunt, partibus, Octava & Nona, Amstelaedami, Ex<br />

typographejo Joannis Blaev, 1651.<br />

A. ZENO, Lettere, 3 voll. Venezia, P. Valvasense, 1752.<br />

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L’abate Gimma e la «Nova Encyclopae<strong>di</strong>a» (Cabbalismo, lullismo, magia e<br />

«nuova scienza» in un testo della fine del Seicento), in Stu<strong>di</strong> in Onore <strong>di</strong><br />

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Bibliografia<br />

294<br />

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VEGETTI FINZI S., Ninfomania: tempo e mito della ses<strong>su</strong>alità femminile, saggio<br />

introduttivo a J.-D.-T BIENVILLE, La nymphomanie ou traité de la fureur<br />

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Venezia, Marsilio, 1986, a cura <strong>di</strong> Andrea Gloria Michler e Silvia Vegetti<br />

Finzi.<br />

VIVIANI U., Vita, opere, iconografia, bibliografia, vocabolario ine<strong>di</strong>to delle voci<br />

aretine e libro ine<strong>di</strong>to dei «Ricor<strong>di</strong>» <strong>di</strong> F. Re<strong>di</strong>, aretino. Parte I: Vita, opere,<br />

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Cambridge, Cambridge University Press, 198; tr. it., Magia e scienza da<br />

Paracelso a Newton, Bologna, Il Mulino, 1984.


295<br />

Abbri, F.: 134<br />

Abelardo, P.: 165<br />

Abele: 158, 217<br />

Abesina: 135<br />

Achelao: 32<br />

A<br />

Acquapendente, Fabrici G.: 50, 185, 186,<br />

187, 193, 197<br />

Adamo: 98, 99, 134, 135, 158, 159, 162, 181,<br />

196<br />

Agezio, T.: 126<br />

Agostino d'Ippona, santo: 100, 121, 172, 174,<br />

245<br />

Agricola, G. B.: 213, 219, 223<br />

Agrimi, M.: 105<br />

Agrippa, C.: 158, 167<br />

Alberto Magno: 217<br />

Alcmeone: 113<br />

Aldrovan<strong>di</strong>, U.: 233, 234<br />

Alighieri, D.: 89, 90, 128<br />

Alsted, J. H.: 7, 212<br />

Altieri Biagi, M. L.: 144, 197<br />

Amabile, L.: 51<br />

Amalrico: 165<br />

Anacarsi Scita: 162<br />

Anassagora: 234<br />

Anassimene: 32<br />

Andreolli, M.: 176<br />

INDICE DEI NOMI *<br />

Andry, N.: 196, 197<br />

Anguillara, L.: 193, 195<br />

Apollo: 23, 140, 181<br />

Apuleio: 174<br />

Archimede: 87<br />

Argoli, A.: 177<br />

Aristarco: 179<br />

Aristotele: 10, 14, 15, 44, 63, 65, 67, 71, 74,<br />

78, 99, 113, 131, 132, 149, 167, 168, 169,<br />

171, 174, 183, 187, 217, 223, 258<br />

Arnauld, A.: 214<br />

Ascione, I.: 52<br />

Asclepiade: 183<br />

Asclepio: 162, 181<br />

Aselli, G.: 185, 191<br />

Astorini, E.: 39, 57, 86, 92, 155<br />

Attila: 63<br />

Averroè: 74, 167<br />

Avicenna: 33<br />

* Nell’in<strong>di</strong>ce dei nomi non compare il nome <strong>di</strong> Gimma né compaiono i nomi degli e<strong>di</strong>tori e<br />

dei tipografi citati come pure i nomi propri che fanno parte dei titoli delle opere e i<br />

destinatari delle lettere.<br />

B<br />

Bacon, F.: 12, 13, 16, 20, 57, 59, 66, 79, 94,<br />

95, 141, 214, 244<br />

Badaloni, N.: 9, 11, 21, 22, 24, 39, 41, 44, 57,<br />

60, 67, 68, 87, 103, 104, 122, 210, 211<br />

Baglivi, G.: 9, 37, 112, 154, 224, 225, 226,<br />

227, 263, 264<br />

Bal<strong>di</strong>giani, A.: 145<br />

Barbeyrac, C.: 36


Baroni, G.: 82<br />

Bartholin, C.: 148, 205<br />

Bartholin, T.: 26, 46, 68, 73, 135, 145, 146,<br />

151, 198, 205<br />

Bartoli, D.: 57, 66, 67, 121<br />

Bartoli, S.: 21, 22, 24, 32, 35, 36, 44, 48, 50,<br />

54, 55, 57, 89, 109, 185, 240<br />

Basile, P.: 197<br />

Bassani, F.: 18<br />

Bayle, P.: 117<br />

Becher, J. J.: 213, 239<br />

Belar<strong>di</strong>nelli, A.: 134<br />

Belgioioso, G.: 6, 7, 8, 10, 12, 14, 15, 67, 68,<br />

84, 156, 188, 192, 258<br />

Bellarmino, R.: 179, 180<br />

Belloni, L.: 143<br />

Bembo, P.: 90<br />

Berengario <strong>di</strong> Tours: 165<br />

Bernar<strong>di</strong>, W.: 18, 152, 240, 242<br />

Bernardo, santo: 166<br />

Bertelli, S.: 8<br />

Bessarione, G.: 169<br />

Biante <strong>di</strong> Priene: 162<br />

Bichat, F.-X.-M.: 43<br />

Bienville, J.-D.-T.: 205<br />

Bisogni De Gatti, G.: 162<br />

Blasco, C.: 27<br />

Boas Hall, M.: 11<br />

Boccaccio, G.: 89, 90<br />

Boccalini, T.: 56, 59<br />

Boccone, P.: 242<br />

Bonhart, T.: 173<br />

Bordeu, T.: 264<br />

Borel, P.: 45, 135, 136<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />

296<br />

Borelli, G. A.: 10, 39, 40, 41, 42, 43, 67, 176,<br />

193, 194, 198, 199, 200, 258, 259, 260,<br />

264<br />

Borrelli, A.: 52, 144, 147<br />

Borri, G. F.: 106, 107, 129, 134, 135, 140<br />

Bortoli, G.: 50<br />

Bouhours, D.: 16, 84, 103, 156<br />

Boyle, R.: 9, 16, 57, 59, 154, 171, 176, 214,<br />

218, 223, 244<br />

Bracali, G.: 143<br />

Braccini, G. C.: 238<br />

Brahe, T.: 126<br />

Broussais, F.-G.-V.: 38, 39<br />

Bruis, P. <strong>di</strong>: 165<br />

Bruno, G.: 106, 172, 173, 180, 188<br />

Brusoni, G.: 136, 137<br />

Buccolini, C.: 20<br />

Buonarruoti, M.: 113<br />

Burnet, T.: 226, 235<br />

Burton, R.: 66<br />

Caino: 217<br />

Cam: 158, 159<br />

C<br />

Cambi, M.: 6, 9, 34, 50, 53, 55, 58<br />

Camerario, R. J.: 136<br />

Campanella, L.: 35<br />

Campanella, T.: 32<br />

Campioni, G.: 84<br />

Càmpori, M.: 156, 275<br />

Canaan: 159<br />

Canguilhem, G.: 18<br />

Canturani, S.: 171<br />

Carafa, C.: 76<br />

Caramuel Lobkowitz, J.: 67, 71<br />

Cardano, G.: 45, 75, 260


Caruselli, S.: 18<br />

Casalnuovo, B.: 35<br />

Casaubon, I.: 162<br />

Cassiodoro, A.: 51<br />

Castelli, B.: 176<br />

Castro, Esteban Roderigo de: 146<br />

Celano, C.: 23, 24, 56<br />

Cesalpino, A.: 187<br />

Cestoni, G.: 85<br />

Charleton, W.: 230, 231<br />

Chiarugi, V.: 264<br />

Chilone Lacedemonico: 162<br />

Chineo: 162<br />

Cicerone, M. T.: 14, 31, 39, 87, 88, 121, 170,<br />

240, 250<br />

Cimino, G.: 68<br />

Cleante: 39<br />

Clemente IX, papa: 35<br />

Cleobolo da Lindo: 162<br />

Cohen-Rosenfield, L.: 244<br />

Colombo, C.: 47, 48<br />

Colombo, R.: 187, 189, 205<br />

Colonna, F.: 15, 264<br />

Comparato, V. I.: 8, 70, 105<br />

Conti, A.: 157, 171, 261<br />

Conti, N.: 162<br />

Copernico, N.: 118, 126, 179<br />

Core, A.: 76<br />

Cornelio Celso: 78, 111, 112, 134<br />

Cornelio Nepote: 170<br />

Cornelio, T.: 11, 17, 20, 21, 24, 32, 35, 36,<br />

43, 44, 48, 50, 51, 55, 56, 67, 69, 89, 92,<br />

109, 110, 111, 171, 173, 178, 200, 208,<br />

240, 241, 243, 260, 261<br />

Corsano, A.: 105<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />

Cosmacini, G.: 32, 47, 50, 107, 134, 135,<br />

145, 194<br />

Cotugno, R.: 89, 90<br />

Cramer, G.: 53<br />

Cremante, R.: 11<br />

Crescimbeni, G. M.: 10, 83, 84, 156<br />

Crisippo: 240<br />

Cristofolini, P.: 20, 24, 39, 104, 178<br />

Crivelli, A.: 86<br />

Croce, B.: 86<br />

Cullen, W.: 264<br />

Cusano, N.: 180<br />

D<br />

D’Andrea, F.: 25, 52, 92, 112, 145, 146<br />

D’Andrea, G.: 85, 92, 113<br />

D’Aragona, P.: 22<br />

D'Andrea, F.: 25, 113<br />

Darmon, J.-C.: 66<br />

Davide <strong>di</strong> Dinant: 165<br />

De Bene<strong>di</strong>ctis, G. B.: 33, 51, 70, 104, 105,<br />

106, 173<br />

De Giovanni, B.: 8, 9, 52, 104<br />

De Liguori, G.: 51, 105<br />

De Magistris, B.: 178<br />

De Maio, R.: 105<br />

297<br />

De Martino, P. A.: 17, 19, 20, 23, 28, 32, 49,<br />

50, 52, 53, 54, 69, 70, 72, 73, 75, 76, 77,<br />

78, 80, 172<br />

De Mas, E.: 95<br />

De Nichilo, M.: 6<br />

Del Prete, A.: 173<br />

Del Rio, M.: 140, 142, 166<br />

Della Porta, G. B.: 122, 234<br />

Democrito: 20, 33, 37, 59, 63, 65, 66, 113,<br />

169, 170, 171, 172, 182, 198, 216, 234


Demolli, F.: 250<br />

<strong>Descartes</strong>, R.: 9, 11, 18, 20, 33, 51, 53, 59,<br />

63, 65, 67, 68, 70, 106, 109, 171, 172,<br />

173, 178, 180, 187, 188, 199, 200, 209,<br />

211, 214, 219, 247, 249, 253, 254, 258,<br />

260<br />

Desowitz, R. S.: 47<br />

Deucalione: 161<br />

Di Capua, L.: 11, 21, 22, 24, 32, 35, 41, 47,<br />

48, 60, 67, 89, 112, 114, 184, 187, 189,<br />

190, 191, 261<br />

Di Giandomenico, M.: 67, 68<br />

Di Lanzo, F.: 27<br />

Di Lauro, I.: 27<br />

Di Napoli, A.: 25<br />

Diana: 182<br />

Digby, K.: 9<br />

Dini, A.: 18, 25, 106, 240<br />

Diodoro Siculo: 92<br />

Diogene il Cinico: 258<br />

Diogene Laerzio: 140, 142, 162, 167, 240<br />

Dionigi Aeropagita, santo: 165<br />

Dionigi <strong>di</strong> Alicarnasso: 92<br />

Dolaeus, J.: 205<br />

Donzelli, G.: 25<br />

Donzelli, T.: 25<br />

Du Hamel, J.-B.: 219, 234, 239<br />

Dubuois, J. detto Silvio: 65, 190, 191<br />

Duchesneau, F.: 18, 264<br />

Du Laurens, A.: 146<br />

Duns Scoto, G.: 169<br />

Egizio, M.: 210, 211<br />

Ehrard, J.: 18, 264<br />

Emil, P.: 101, 102<br />

E<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />

Empedocle: 142, 172, 209, 234<br />

Enea: 140<br />

Ennio: 240<br />

Enoch: 129, 139, 162<br />

Enotro: 162<br />

298<br />

Epicuro: 20, 33, 93, 169, 170, 171, 172, 234<br />

Epimenide: 162<br />

Erasistrato: 114<br />

Erasmo da Rotterdam: 104<br />

Eratostene: 239<br />

Ercole: 140<br />

Ermarco: 170<br />

Ermete Trismegisto: 185<br />

Erodoto: 92<br />

Erofilo: 114<br />

Eschilo: 206<br />

Esdra: 160<br />

Esopo: 95<br />

Ettmüller, M.: 141, 171, 177, 183, 184, 208,<br />

232, 233, 236<br />

Euripide: 39, 240<br />

Eva: 135<br />

Ezechiele: 163<br />

Falereo, D.: 60, 89<br />

F<br />

Falloppio, G.: 146, 193, 197, 205, 223<br />

Faramondo: 102<br />

Feral<strong>di</strong>, G.: 102<br />

Ferecide: 162<br />

Ferrault, J.: 101<br />

Ferrone, V.: 51<br />

Fetonte: 161<br />

Ficino, M.: 69, 79, 175<br />

Filone: 174<br />

Filopono, G.: 166


Firpo, L.: 55<br />

Fisch, M. H.: 12, 21<br />

Floriani, P.: 156, 160<br />

Fontana, F.: 177, 178<br />

Fontana, G.: 30, 58, 77<br />

Fontanus, N. (Fonteyn, N.): 149<br />

Fonte Basso, F.: 66<br />

Fontenelle, B. Le Bovier de: 227, 228<br />

Foresti, A.: 47, 170<br />

Foscarini, P.: 179<br />

Foucault, M.: 110<br />

Fracastoro, G.: 47, 237<br />

Fragianni, N.: 214<br />

Fubini, M.: 84, 89<br />

Fumaroli, M.: 56, 87, 88, 89<br />

Gaguin, R.: 101<br />

G<br />

Galeno, C.: 23, 36, 42, 43, 44, 48, 49, 52, 56,<br />

59, 61, 63, 64, 65, 69, 73, 75, 77, 111,<br />

112, 113, 114, 124, 146, 182, 183, 185,<br />

190, 191, 193, 236<br />

Galeo, T.: 162<br />

Galilei, G.: 9, 16, 20, 59, 65, 66, 92, 171, 172,<br />

176, 178, 179, 180, 193, 194, 244<br />

Garin, E.: 6, 18, 20, 39, 106, 155<br />

Gassen<strong>di</strong>, P.: 9, 10, 11, 20, 32, 52, 53, 56, 57,<br />

59, 65, 131, 154, 169, 170, 171, 172, 178,<br />

180, 209, 210, 214, 218, 233, 234, 239,<br />

247, 248<br />

Gatto, R.: 11<br />

Gaza, T.: 169<br />

Gemisto Pletone, G.: 169<br />

Generali, D.: 106, 196<br />

Genserico: 63<br />

Gesù Cristo: 98, 159, 164, 165, 166<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />

Getto, G.: 155, 156<br />

Giafet: 158, 159, 160<br />

Giano: 161, 211<br />

Gilbert, W.: 172<br />

Gilman, S. L.: 18<br />

Giorgio, D.: 6, 37<br />

Gio<strong>su</strong>è: 161<br />

Giovanni Evangelista, santo: 174<br />

Giovanni Sofista: 165<br />

Giovanni XII, papa: 45<br />

Giove: 217, 240<br />

Girolamo, santo: 163<br />

Giuglaris, L.: 89<br />

Giusti, D.: 26, 58, 196<br />

Giustino, santo: 166<br />

Glisson, F.: 184<br />

Gloriosi, C.: 178<br />

Golia: 138<br />

Gomez Pereira: 258<br />

Graaf, R. de: 145, 146, 147, 149, 154, 198,<br />

202, 205, 208<br />

Gran<strong>di</strong>, G.: 187<br />

Gravina, G. V.: 104<br />

Gregorio Nazianzeno: 91<br />

Gregorio <strong>di</strong> Tours: 101<br />

Grimal<strong>di</strong>, C.: 67, 70, 105<br />

Grmek, M.: 18, 114<br />

Grozio, U.: 104<br />

Guasco, P. E.: 86<br />

Guerrini, L.: 242<br />

Guicciar<strong>di</strong>ni, F.: 90<br />

Haack, T.: 230<br />

H<br />

Hartmann, G.: 202, 204<br />

299


Harvey, W.: 18, 50, 57, 64, 68, 69, 143, 144,<br />

145, 148, 149, 151, 152, 153, 154, 176,<br />

186, 187, 191, 192, 193, 197, 198, 263<br />

Hoffmann, C.: 207, 232<br />

Huet, P. D.: 172, 173, 214<br />

Imbert, G.: 144<br />

Imperato, F.: 198, 232<br />

Innocenzo XII, papa (Pignatelli, A.): 35<br />

Ippocrate: 32, 33, 36, 37, 44, 58, 59, 61, 62,<br />

I<br />

63, 65, 66, 73, 111, 112, 126, 146, 181,<br />

182, 183, 197, 264<br />

Ireneo: 163<br />

Isidoro <strong>di</strong> S. Basilio: 169<br />

J<br />

Jacobsen, H. (Jacobaeus, O.): 150<br />

Jamblico: 174<br />

Jannella, B.: 90<br />

Japeto: 159<br />

Jaspers, K.: 200<br />

Jemolo, C. A.: 105<br />

Jounna, J.: 182<br />

Jurilli, A.: 6, 7, 82, 83, 84, 85, 109, 115<br />

Kepler, J.: 20<br />

Kerckring, T.: 146<br />

King, L. S.: 18<br />

K<br />

Kircher, A.: 11, 45, 68, 71, 136, 212, 239,<br />

241, 262<br />

Kirkinen, H.: 244<br />

Kolhans, J. C.: 231<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />

Lamy, B.: 213<br />

Lancisi, G. M.: 10, 53<br />

Las Casas, B. de: 47<br />

L<br />

300<br />

Lavagna, G. G.: 23, 30, 32, 33, 57, 58, 59, 66,<br />

78, 128<br />

Le Cirier, J.: 101, 102<br />

Le Clerc, D.: 53, 73<br />

Le Grand, A.: 51, 52, 245, 246, 256, 260, 261<br />

Leeuwenhoek, A. van: 147<br />

Leone Ebreo: 134<br />

Leucippo: 171, 172<br />

Libavio: 230<br />

Liceto, F.: 178, 218<br />

Linocerio, G.: 162<br />

Lipsio, G.: 31, 59, 64, 77<br />

Lizzano, G. A.: 53<br />

Locatelli, G.: 116<br />

Locke, J.: 36, 200<br />

Lojacono, E.: 8, 11, 20, 22, 52, 57, 60, 166<br />

Lomonaco, F.: 56, 104<br />

Lopes, D. A.: 130<br />

Lower, R.: 69<br />

Luciano <strong>di</strong> Samosata: 170<br />

Lucrezio, T. C.: 20, 84, 170, 171, 234<br />

Lull, R.: 45<br />

Lusitanus, A.: 135<br />

Lutero, M.: 191<br />

Luvigni, L.: 50<br />

Mabillon, J.: 166, 168<br />

Macaone: 182<br />

Macrobio: 231<br />

M<br />

Madrignani, C. A.: 144


Magliabechi, A.: 80, 107, 116<br />

Magno, O.: 140<br />

Maignan, E.: 174, 241<br />

Maioli d'Avitabile, B.: 105, 106<br />

Malebranche, N.: 214<br />

Malpighi, M.: 18, 125, 126, 145, 146, 147,<br />

148, 149, 176, 191, 192, 194, 198, 199,<br />

200, 202, 209, 259, 263<br />

Manget, J.-J.: 53, 73, 209<br />

Marchetti, A.: 84<br />

Marchetti, Al.: 84<br />

Marcus Marci von Kronland, J. M.: 204, 209<br />

Maria, madre <strong>di</strong> Gesù Cristo: 165<br />

Marino, G.: 27<br />

Marino, G. B.: 89<br />

Marte: 135<br />

Mascar<strong>di</strong>, A.: 91, 97<br />

Mastellone, S.: 52, 105<br />

Maugain, G.: 24<br />

Mauro<strong>di</strong>noja, D.: 27, 30, 79<br />

Maylender, M.: 25, 27, 28<br />

Mela, P.: 210<br />

Melantone, F.: 74, 191<br />

Meninni, F.: 22, 107, 110, 111, 112<br />

Menochio, G.: 101<br />

Mercati, M.: 193, 195<br />

Mersenne, M.: 172<br />

Meschini, F.: 67<br />

Metrodoro: 32<br />

Michler, A. G.: 205<br />

Misiet, A.: 44<br />

Misone: 162<br />

Mocho: 163<br />

Monforte, A.: 25<br />

Moravia, S.: 36, 66, 264<br />

Morelli, F.: 69<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />

Moro, A. L.: 212, 243<br />

Mortarino, M.: 43<br />

Mosè: 94, 98, 160, 161, 162, 164, 185<br />

Muralt, J. von: 230<br />

301<br />

Muratori, L. A.: 6, 82, 83, 106, 156, 196, 214<br />

Muret, M.-A.: 78, 88, 92<br />

Murr, S.: 20<br />

Musitano, C.: 9, 17, 19, 20, 22, 23, 24, 25, 28,<br />

30, 32, 34, 35, 36, 37, 39, 41, 42, 44, 46,<br />

48, 49, 50, 51, 53, 54, 55, 57, 59, 68, 70,<br />

71, 72, 74, 76, 77, 80, 82, 85, 86, 92, 107,<br />

172, 181, 240, 244, 256, 260, 264<br />

Musitano, S.: 35<br />

Naucler, J.: 101, 102<br />

Needham, W.: 133<br />

Nembrot: 158<br />

Newton, I.: 214<br />

Nicolini, F.: 86<br />

N<br />

Noè: 99, 158, 159, 160, 161, 164, 181, 211,<br />

212<br />

Notarangelo, G. B.: 76<br />

Occhinegro, M.: 7<br />

Ockham, G. <strong>di</strong>: 169<br />

O<br />

Oldenburg, H.: 12, 13, 14, 15, 45, 73, 177<br />

Omero: 78, 182<br />

Omodeo, P.: 143<br />

Orfeo: 239<br />

Origene: 170, 174<br />

Orsi, G. G.: 16, 82, 83, 84, 103, 156<br />

Osbat, L.: 51, 52, 105<br />

Ottaviani, A.: 15, 242<br />

Ovi<strong>di</strong>o, P. N.: 39, 162


P<br />

Pagel, W.: 18, 64, 68, 69, 143, 152, 186, 240<br />

Panigarola, F.: 89, 90<br />

Paracelso: 13, 18, 44, 45, 53, 69, 129, 134,<br />

135, 140, 183, 184, 189, 190, 223, 236<br />

Paramatti, M.: 27<br />

Par<strong>di</strong>es, I. G.: 67<br />

Parker, S.: 173<br />

Pascali, F.: 213, 215, 216<br />

Pastine, D.: 67<br />

Patrizi, F.: 32, 97, 167, 168, 176, 226<br />

Pechlin, J. N.: 186<br />

Periandro da Corinto: 162<br />

Petrarca, F.: 89<br />

Petronio: 170<br />

Peucer, K.: 74<br />

Peucezio: 162<br />

Piazza, C. B.: 106<br />

Piccinini, G. M.: 144<br />

Pico della Mirandola, G.: 160, 175<br />

Pignataro, C.: 21, 22<br />

Pineda, J. de: 47<br />

Pinel, P.: 66<br />

Pines, exemplum: 138<br />

Pio II, papa (Piccolomini, E. S.): 168<br />

Pipino, re dei Franchi: 102<br />

Pisistrato: 162<br />

Pitagora: 20, 25, 59, 63, 134, 162, 163, 164,<br />

169, 170, 179, 188, 245<br />

Pittaco <strong>di</strong> Mitilene: 162<br />

Pittaluga, R.: 144<br />

Platone: 20, 59, 63, 77, 79, 93, 99, 134, 140,<br />

149, 169, 170, 171, 173, 216, 240, 245,<br />

251<br />

Plemp, V. F.: 187<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />

Plinio il Vecchio: 141<br />

Plotino: 174, 246<br />

Plutarco: 98, 170, 216, 231, 258<br />

Podalirio: 182<br />

Polibio, storico: 92<br />

Polibio, me<strong>di</strong>co: 146<br />

Pomponazzi, P.: 260<br />

Porfirio: 170, 174<br />

Porzio, L. A.: 25, 85, 92, 113, 239<br />

Pourchot, E.: 239, 245, 254, 256, 258, 260<br />

Primerose, J.: 70, 71, 116, 117, 119, 187<br />

Prisco, G.: 53, 54<br />

Proclo: 174<br />

Prometeo: 217<br />

Proteo: 240<br />

Protospataro, V.: 56<br />

Pugliese, L.: 35<br />

Quintiliano: 71, 88<br />

Raimon<strong>di</strong>, E.: 66<br />

Rak, M.: 8, 105<br />

Q<br />

R<br />

Ramazzini, B.: 32, 83, 84, 192, 235, 236<br />

Ramo, P.: 65<br />

Rascaglia, M.: 67<br />

Raynaud, T.: 93<br />

302<br />

Re<strong>di</strong>, F.: 9, 11, 33, 57, 59, 65, 128, 132, 135,<br />

143, 145, 146, 154, 195, 198, 199, 200,<br />

209, 235<br />

Reyes, G. de los: 51<br />

Riccati, J.: 156, 221, 262<br />

Ricci, S.: 25, 173<br />

Riccioli, G. B.: 179, 223<br />

Ricuperati, G.: 244, 260


Riese, W.: 18, 37, 42<br />

Riolan, J.: 187, 205, 208<br />

Roger, J.: 18<br />

Romolo: 135<br />

Ronchi, G.: 87<br />

Rondelet, G.: 151, 152<br />

Rossi, P.: 94, 99, 160, 211, 212<br />

Rostand, J.: 18<br />

Roscellino <strong>di</strong> Compiègne: 165<br />

S<br />

Sachs, P.-J.: 26, 46, 70, 71, 232<br />

Salagasto, re dei Franchi: 102<br />

Sallustio: 92<br />

Sanna, M.: 86<br />

Santorio, S.: 193, 194<br />

Sarnelli, P.: 122<br />

Sarpi, P.: 176, 185, 186, 187, 193<br />

Scaligero, G. C.: 89<br />

Scarfò, G. C.: 105, 106<br />

Scholz, S.: 204<br />

Sem: 159<br />

Seneca, L. A.: 170, 213<br />

Senofonte: 92, 94<br />

Serrapica, S.: 22, 106, 254<br />

Serveto, M.: 188, 189<br />

Servio Tullio: 140<br />

Seth: 98, 139, 160, 162<br />

Severino, M. A.: 32, 69, 110, 111, 185, 195<br />

Shirley, T.: 212<br />

Simi, M.: 26<br />

Simplicio: 168<br />

Siriano: 174<br />

Sisto, P.: 6<br />

Soccio, P.: 92<br />

Socrate: 160<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />

Solone: 162<br />

Soppelsa, M. L.: 156, 221<br />

Sorano d'Efeso: 181<br />

Sorbelli, A.: 82<br />

Sorbelli, T.: 7<br />

Sorrenti, P.: 27<br />

Sposato, P.: 105<br />

Sprat, T.: 12, 73, 79<br />

Starobinski, J.: 18, 50, 66, 139<br />

303<br />

Stenone, N. (Stensen, N.): 125, 145, 146, 147,<br />

198<br />

Suárez, F.: 35<br />

Sulpizio, F.: 8<br />

Swammerdam, J.: 145, 198<br />

Sydenham, T.: 36, 37, 43<br />

Tacito, C.: 92, 121<br />

T<br />

Talete: 142, 160, 162, 234, 245<br />

Tateo, R.: 6<br />

Tega, W.: 11<br />

Telesio, B.: 32, 168, 171, 176<br />

Terraneo, L.: 53<br />

Tertulliano: 160<br />

Tiraboschi, G.: 156<br />

Tito Livio: 92, 160<br />

Tolomeo: 121, 126<br />

Tommaso D'Aquino, santo: 74, 120, 168,<br />

169, 246, 260<br />

Torricelli, E.: 176<br />

Torrini, M.: 20, 21, 22, 39, 56, 67<br />

Tortora, O.: 102<br />

Toscani, C.: 27<br />

Tournefort, J. Pitton de: 227, 228<br />

Tozzi, L.: 55, 56, 106, 240<br />

Trapezunzio, G.: 169


Travagini, G. B.: 177<br />

Traverso, L.: 206<br />

Tremigliozzi, G.: 9, 20, 23, 24, 25, 26, 27, 28,<br />

30, 31, 44, 49, 54, 55, 56, 57, 59, 63, 64,<br />

65, 66, 67, 69, 73, 76, 81, 82, 85, 86, 92,<br />

109<br />

Trugillus Sprachaleg: 140<br />

Tuci<strong>di</strong>de: 92<br />

Ulivieri, G.: 7<br />

U<br />

V<br />

Valentiniano, imperatore: 102<br />

Vallemont, P. Le Lorrain de: 163<br />

Valesio, F.: 140, 151<br />

Valletta, G.: 7, 9, 25, 51, 57, 70, 74, 104, 105,<br />

155, 162, 163, 165, 168, 170, 172, 173,<br />

174, 184, 188<br />

Vallisneri, A.: 10, 17, 50, 80, 82, 83, 84, 85,<br />

105, 106, 107, 115, 116, 127, 129, 130,<br />

141, 156, 192, 193, 195, 196, 197, 200,<br />

209, 210, 221, 222, 223, 227, 244, 260,<br />

262, 263<br />

Van Helmont, J.-B.: 11, 44, 69, 117, 118,<br />

122, 140, 183, 184, 218, 236, 231<br />

Vartanian, A.: 18, 244<br />

Vasoli, C.: 6, 7, 10, 30, 79, 99<br />

Vegetti Finzi, S.: 205<br />

Vegetti, M.: 42<br />

Verbeek, T.: 70<br />

Verheyen, P.: 147<br />

Versili, N.: 56<br />

Vesalio, A.: 65, 114, 188, 190, 191<br />

Vico, G. B.: 24, 57, 68, 86, 92, 141, 161, 211<br />

Villani, N.: 90<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />

Virgilio, P. M.: 47, 240<br />

Voët, G.: 70<br />

Voltaggio, F.: 64, 199, 200<br />

Voss, I.: 222<br />

Vulpino, G. B.: 53, 54<br />

Wallis, J.: 171, 222<br />

Webster, C.: 11, 18<br />

Willis, R.: 64<br />

W<br />

304<br />

Willis, T.: 64, 111, 125, 139, 151, 209, 247,<br />

248, 249, 250, 252, 254, 255, 257, 260<br />

Zeno, A.: 39, 83<br />

Zenone: 32, 39, 160<br />

Zenone Stoico: 158<br />

Zito, P.: 20, 21<br />

Zoroastro: 135, 158<br />

Z


305

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