fabio a. sulpizio - Centro Interdipartimentale di Studi su Descartes e ...
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI LECCE<br />
PUBBLICAZIONI DEL CENTRO INTERDIPARTIMENTALE DI STUDI<br />
SU DESCARTES E IL SEICENTO<br />
FABIO A. SULPIZIO<br />
‘Parlar philosophice’ – ‘parlar me<strong>di</strong>ce’<br />
Eru<strong>di</strong>zione, filosofia, me<strong>di</strong>cina nell’abate Giacinto Gimma (1668-1735)<br />
CONTE EDITORE<br />
© copyright 2002 – Conte E<strong>di</strong>tore - Tutti i <strong>di</strong>ritti riservati<br />
ISBN 88-87143-66-8
DOTTORATO DI RICERCA<br />
in<br />
“Discipline storico-filosofiche”<br />
Sede amministrativa: Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Lecce<br />
Dipartimento <strong>di</strong> Filologia classica e <strong>di</strong> Scienze filosofiche<br />
2
‘Parlar philosophice’ – ‘parlar me<strong>di</strong>ce’<br />
Eru<strong>di</strong>zione, filosofia, me<strong>di</strong>cina nell’abate Giacinto Gimma (1668-1735)<br />
Dottorando: Tutor<br />
Fabio Angelo Sulpizio Prof. Giulia Belgioioso<br />
Ciclo XII<br />
AA.AA. 1996-97/1997-98/1998-99<br />
3
4<br />
Introduzione p. 6<br />
Capitolo 1. Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina: la polemica Musitano-De Martino p. 20<br />
1. L’Accademia degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano: nuovi modelli <strong>di</strong> organizzazione<br />
del saper p. 26<br />
2. L’affaire Musitano-De Martino e gli attacchi alla nuova me<strong>di</strong>cina p. 30<br />
3. La Nuova Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi e il Ju<strong>di</strong>cium <strong>di</strong> Gimma p. 54<br />
Capitolo 2. Eru<strong>di</strong>zione e storia: “Non tutti amano il buon genio del secolo” p. 82<br />
1. La forma letteraria dell’Elogio e la storia p. 86<br />
2. La ‘storia’ nella Nova Encyclopae<strong>di</strong>a p. 93<br />
3. La storia negli Elogi accademici p. 98<br />
4. Gli Elogi accademici. Problemi filosofici e scientifici p. 103<br />
5. L’intervento nella Galleria <strong>di</strong> Minerva e la critica dell’astrologia p. 116<br />
6. La critica del favoloso nel primo volume delle Dissertationes academicae p. 128<br />
Capitolo 3. Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare: “Ha ogni secolo avuto i <strong>su</strong>oi<br />
antiquari e i <strong>su</strong>oi moderni”<br />
1. Le favole dell'Antico Testamento e l'origine della scienza nell'Idea<br />
dell’Italia letterata p. 155<br />
2. Teologia scolastica e nuova scienza p. 164<br />
3. Platonismo, corpuscolarismo e nuova scienza p. 169<br />
4. La nuova filosofia sperimentale p. 175<br />
5. L’astronomia p. 177<br />
6. La me<strong>di</strong>cina p. 181<br />
Capitolo 4. Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale: il ‘vivente’ e la ‘generazione’<br />
1. La generazione dei viventi: omne vivum ex ovo p. 202
2. “Tolta la Fede che si deve alla Sagra Scrittura […] chi ci assicura <strong>di</strong><br />
questo universale <strong>di</strong>luvio?” p. 210<br />
3. “Machinae quidem <strong>su</strong>nt Animalia”: me<strong>di</strong>ci contra cartesianos p. 244<br />
Conclusione p. 260<br />
Bibliografia p. 265<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi p. 295<br />
5
6<br />
Introduzione<br />
Sull’abate carmelitano Giacinto Gimma, nato a Bari il 12 marzo 1668 e<br />
morto nella stessa città il 19 settembre 1735, eru<strong>di</strong>to e poligrafo, ha riportato<br />
l’attenzione Cesare Vasoli nel 1970, in un importante saggio consacrato alla<br />
Nova Encyclopae<strong>di</strong>a, monumentale opera in sette tomi 1 . La ponderosa<br />
Encyclopae<strong>di</strong>a che rimase, com’è noto, manoscritta consentì in ogni modo<br />
all’autore <strong>di</strong> ottenere gran<strong>di</strong> cre<strong>di</strong>ti nella respublica litteraria 2 . Delle<br />
numerose relazioni che egli intrattenne con gli intellettuali più importanti<br />
dell’epoca è data testimonianza, però, solo da alcune lettere, e dagli articoli<br />
che egli scrisse per la «Galleria <strong>di</strong> Minerva» 3 .<br />
1 G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a, sive novus doctrinarum orbis in quo Scientiae omnes<br />
tam Divinae, quam Humanae, necnon et artes tum liberales, tum mechanicae, iuxta<br />
Veterum et Recentiorum inventa Libris VI pertractantur, Biblioteca Sagarrica – Visconti <strong>di</strong><br />
Bari, Mss. I/113-116, sette volumi in quattro tomi.<br />
2 C. VASOLI, L’abate Gimma e la «Nova Encyclopae<strong>di</strong>a» (Cabbalismo, lullismo e «nuova<br />
scienza» in un testo della fine del Seicento), in Stu<strong>di</strong> in onore <strong>di</strong> Antonio Corsano, Lecce,<br />
Lacaita, 1970, pp. 787-846; <strong>su</strong>ccessivamente, Vasoli ha ristampato il <strong>su</strong>o saggio in Profezia<br />
e ragione. Stu<strong>di</strong> <strong>su</strong>lla cultura del Cinquecento e del Seicento, Napoli, Morano, 1974. Oltre<br />
al fondamentale saggio <strong>di</strong> Vasoli, che comunque ha segnato la lettura <strong>di</strong> Gimma, vanno<br />
ricordate le ricerche <strong>di</strong> altri stu<strong>di</strong>osi come A. JURILLI, Aristotelici e Investiganti nella<br />
biblioteca <strong>di</strong> un abate ‘Fin de Siècle’, in «Accademie e biblioteche d’Italia», LVI (1988), n.<br />
2, pp. 11-31; Introduzione alla «Nova Encyclopae<strong>di</strong>a» <strong>di</strong> Giacinto Gimma, in «Archivio<br />
storico Pugliese», XXXII (1979), pp. 311-336; Tra<strong>di</strong>zione e rinnovamento nella cultura <strong>di</strong><br />
Giacinto Gimma, in «Quaderni della regione», XI (1981), pp. 77-88; L’abate Gimma e il<br />
ruolo delle accademie, in Storia <strong>di</strong> Bari nell’Antico Regime, t. II, Bari, 1992, pp. 223-239;<br />
Giacinto Gimma, in R. Tateo, M. De Nichilo e P. Sisto (a cura <strong>di</strong>), Puglia neolatina. Un<br />
itinerario del Rinascimento fra autori e testi, Bari, Cacucci, 1994, pp. 453-507; D.<br />
GIORGIO, L’abate Gimma e l’‘Idea della Storia dell’Italia letterata’, «Critica letteraria»,<br />
Napoli, XIV, 1986; M. CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo. Storia <strong>di</strong> una<br />
polemica nella Napoli <strong>di</strong> Giambattista Vico, «Bollettino del <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> Vichiani», XX<br />
(1990), pp. 169-184; G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo. Scritti <strong>su</strong> G.<br />
Gimma, P. M. Doria, C. Cominale, Lecce, Congedo, 1992; Philosophie aristotélicienne et<br />
mécanisme cartésien à Naples à la fin du XVIIe siècle, in «Nouvelles de la République des<br />
Lettres», I (1995), pp. 19-48. Ma cfr. anche E. GARIN, Giacinto Gimma, note e notizie, in<br />
«Giornale Critico della Filosofia italiana», XXXVIII (1959), pp. 426-427, che <strong>di</strong>versi anni<br />
prima <strong>di</strong> Vasoli aveva richiamato l’attenzione degli stu<strong>di</strong>osi <strong>su</strong>ll’abate barese.<br />
3 Di particolare importanza la lettera del 1705 a Muratori, in cui Gimma afferma che<br />
vorrebbe condurre a termine l’Encyclopae<strong>di</strong>a, e pubblicarla, ma lo preoccupavano le spese<br />
<strong>di</strong> stampa: «La mia Enciclope<strong>di</strong>a sta a buon termine, benchè per più anni non vi ho<br />
applicato; posso bensì terminare quel che rimane, ovunque mi trovi, perché ho tutto
Introduzione<br />
La vasta produzione dell’abate sembra <strong>di</strong>retta a <strong>di</strong>mostrare due as<strong>su</strong>nti<br />
principali: la possibilità <strong>di</strong> comporre un’enciclope<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tutto il sapere,<br />
seguendo il modello fornito da Alsted 1 ; il riconoscimento del fatto che il<br />
sapere ha sempre prodotto, non solo nell’età moderna, ma in ogni epoca,<br />
una contrapposizione tra veteres e novatores 2 . L’istanza enciclope<strong>di</strong>ca si<br />
rifaceva ad una caratterizzazione lulliano-ramista che non può non ricordare<br />
Alsted, e in quest’elemento Vasoli ha in<strong>di</strong>cato la centralità <strong>di</strong> Gimma 3 . Le<br />
numerose pagine de<strong>di</strong>cate ai confronti tra i meto<strong>di</strong>, le finalità e i contenuti<br />
dei saperi dei veteres e dei novatores, portavano, d’altro canto, l’abate al<br />
ri<strong>su</strong>ltato, per certi aspetti sorprendente, del rifiuto dell’identificazione dei<br />
veteres con gli aristotelici e dei novatores con i cartesiani. Si ripresenta,<br />
così, negli scritti gimmiani il topos della critica all’aristotelismo, ma in<br />
forme nuove: e, se Giuseppe Valletta aveva as<strong>su</strong>nto la ‘parte istorica’ per<br />
svalutare, <strong>su</strong>l terreno filosofico e teologico, gli aristotelici e valorizzare i<br />
raccolto ed all’or<strong>di</strong>ne; bensì non penso <strong>di</strong> finirla, se non nello stesso tempo, che si stampa, e<br />
spero, che non passerà molto tempo, non altro trattenendomi, che la spesa grande, che vi<br />
bisogna per sette Tomi gran<strong>di</strong> in foglio, e già ne ho principiato il trattato, sperando ridurlo<br />
al fine, perché è opera <strong>di</strong> mio genio, dalla quale spero ricavarne qualche gloria, per essere<br />
fatica universale, e <strong>di</strong> molti anni». Mentre «la composizione degli Elogi è stata per me una<br />
semplice ca<strong>su</strong>alità, e dalla stessa non ho pretesa alcuna lode, mentre è composta in<br />
pochissimo tempo e nell’atto stesso, che si stampava con tutta fretta»: T. SORBELLI, Lettere<br />
<strong>di</strong> G. Gimma a L. A. Muratori, in appen<strong>di</strong>ce a L. A. Muratori e la Puglia, in «Archivio<br />
Storico Pugliese», V (1952), p. 332.<br />
1 Oltre che della Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, Gimma è autore <strong>di</strong> numerose altre opere sia a<br />
stampa che manoscritte. Quanto all’elenco completo dei manoscritti e gli In<strong>di</strong>ci delle<br />
Sylvae, cfr. G. BELGIOIOSO, Note per l’e<strong>di</strong>zione dei testi manoscritti <strong>di</strong> Giacinto Gimma, in<br />
Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., pp. 51-165, e G. ULIVIERI, I manoscritti <strong>di</strong><br />
Giacinto Gimma custo<strong>di</strong>ti presso la Biblioteca Nazionale ‘Sagarrica Visconti Volpi’ <strong>di</strong><br />
Bari descrizione, consistenza e provenienza, Appen<strong>di</strong>ce a G. GIMMA, Sylva rerum<br />
notabilium ab autorum operibus tum latinis, tum italicis excerptarum. Tomus III, a cura <strong>di</strong><br />
M. Occhinegro, apparato critico e fonti <strong>di</strong> G. Belgioioso, Lecce, Milella, 1999, pp. 243-250<br />
(da ora in poi G. GIMMA, Sylva seguito dal numero romano in<strong>di</strong>cante il tomo; per la Sylva<br />
III verranno sempre in<strong>di</strong>cate le pagine dell’e<strong>di</strong>zione a stampa, mentre nel caso delle altre<br />
Sylvae i riman<strong>di</strong> si faranno sempre alle pagine del manoscritto).<br />
2 Cfr. G. BELGIOIOSO, Aristotelici ‘antiquari’ e ‘moderni’ cartesiani: Giacinto Gimma, in<br />
«Stu<strong>di</strong> filosofici», X-XI (1987-88), pp. 229-265, <strong>su</strong>ccessivamente ristampato in Cultura a<br />
Napoli e Cartesianismo…, cit., pp. 19-165; A. JURILLI, Aristotelici e Investiganti nella<br />
biblioteca <strong>di</strong> un abate ‘Fin de Siècle’, cit.<br />
3 Presso la Biblioteca Nazionale ‘Sagarrica Visconti Volpi’ <strong>di</strong> Bari, è conservata<br />
l’Autorizzazione al Gimma del S. Ufficio a leggere le opere del luterano Alsted del 14. VII.<br />
1693, ms. I/116, 23 v. Cfr, anche Art. 6. Iu<strong>di</strong>cium Encyclopae<strong>di</strong>ae Alste<strong>di</strong>i, in<br />
Prolegomena, in G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, vol. I, ms. I/116, pp. 41-42.<br />
7
Introduzione<br />
platonico-pitagorici, l’antiaristotelismo <strong>di</strong> Gimma si manifesta nella forma<br />
della critica agli ‘abusi’ dei peripatetici nel dominio delle scienze 1 .<br />
D’altra parte, l’attenzione con cui Gimma segue le vicende intellettuali più<br />
controverse della <strong>su</strong>a epoca – soprattutto il <strong>di</strong>battito <strong>su</strong>lla generazione dei<br />
viventi – consente <strong>di</strong> rileggere le <strong>su</strong>e opere a stampa inserendole nella<br />
temperie culturale che dominava l’Italia alla fine del XVII secolo, e nel<br />
primo trentennio del XVIII. In questa prospettiva, un elemento essenziale<br />
per la valutazione degli interessi <strong>di</strong> Gimma – e non della modernità o della<br />
‘giustezza’ delle <strong>su</strong>e teorie – è costituito dai cinque volumi manoscritti <strong>di</strong><br />
Sylvae 2 . Questi volumi, pur essendo solo, per lo più, appunti <strong>di</strong> lavoro,<br />
rias<strong>su</strong>nti e stralci <strong>di</strong> testi raccolti con un or<strong>di</strong>ne che forse è ca<strong>su</strong>ale, e non<br />
un’opera organica, sono una fonte inestimabile per ricostruire interessi,<br />
curiosità, intolleranze dell’abate. Permettono inoltre <strong>di</strong> definire chiaramente<br />
quali fossero i materiali con i quali Gimma lavorava, quali testi<br />
effettivamente leggeva e come e cosa ne avrebbe tratto e utilizzato nelle<br />
opere a stampa 3 . Nelle Sylvae si trovano, anche, commenti, riflessioni,<br />
1<br />
Cfr. Giuseppe Valletta. Opere filosofiche, a cura <strong>di</strong> M. Rak, Firenze, Olschki, 1975; M.<br />
RAK, La parte istorica. Storia della filosofia e libertinismo eru<strong>di</strong>to, Napoli, Guida, 1971;<br />
Di alcuni documenti dell’Ideologia della ricerca atomista e dei <strong>su</strong>oi modelli <strong>di</strong><br />
comunicazione (1681-1709), in S. Bertelli (a cura <strong>di</strong>), Il libertinismo in Europa, Milano-<br />
Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1980, pp. 435-463; V. I. COMPARATO, Giuseppe Valletta. Un<br />
intellettuale napoletano della fine del Seicento, Napoli, Istituto italiano per gli stu<strong>di</strong> storici,<br />
1970; B. DE GIOVANNI, Cultura e vita civile in G. Valletta, in Saggi e ricerche <strong>su</strong>l<br />
settecento, Napoli, Istituto Italiano per gli Stu<strong>di</strong> Storici, 1968, pp. 1-47; G. BELGIOIOSO,<br />
‘Una certa filosofia nomata comunemente moderna avvegnaché ella sia antichissime’. Il<br />
<strong>di</strong>battito <strong>di</strong> fine Seicento a Napoli, in La variata immagine <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>. Gli itinerari della<br />
metafisica tra Parigi e Napoli (1690-1733), Lecce, Milella, 1999, pp. 29-62; E. LOJACONO,<br />
Immagini <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> a Napoli: da Giuseppe Valletta a Costantino Grimal<strong>di</strong>, <strong>di</strong> prossima<br />
pubblicazione.<br />
2<br />
G. GIMMA, Sylvae rerum notabilium, Mss. I/50-54, 5 tomi in possesso della Biblioteca<br />
Sagarrica – Visconti <strong>di</strong> Bari.<br />
3<br />
Allo stato attuale degli stu<strong>di</strong>, e solo in<strong>di</strong>cativamente, si può affermare che le Sylvae hanno,<br />
riguardo il piano dell’opera e la <strong>su</strong>ccessione dei volumi, un or<strong>di</strong>ne cronologico che (fatte<br />
salve le questioni <strong>su</strong>lla cosiddetta Sylva II o Selva, e <strong>su</strong> cui mi riservo <strong>di</strong> tornare nella<br />
Premessa a G. GIMMA, Sylva rerum notabilium ab autorum operibus tum latinis, tum<br />
italicis excerptarum. Tomus I, a cura <strong>di</strong> F. Sulpizio, <strong>di</strong> prossima pubblicazione; cfr. anche<br />
G. BELGIOIOSO, Premessa a G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 2) può essere scan<strong>di</strong>to in<br />
blocchi <strong>di</strong> quattro volumi ciascuno dei quali copre un arco <strong>di</strong> circa <strong>di</strong>eci anni. La Sylva I<br />
copre un periodo più ampio rispetto alle altre, infatti in essa troviamo quella che è<br />
probabilmente la testimonianza della scrittura più antica <strong>di</strong> Gimma: a p. 389, in<br />
corrispondenza <strong>di</strong> un breve trattato de<strong>di</strong>cato alla critica dell’astrologia c’è, infatti, la glossa<br />
«Scritta in Bari nel 1685, essendo studente <strong>di</strong> Logica», mentre l’opera più tarda citata da<br />
Gimma in questa Sylva sono le Lettere ecclesiastiche <strong>di</strong> Monsignor Pompeo Sarnelli<br />
8
Introduzione<br />
precisazioni relativi ad opere che ha già pubblicato, ma anche rinvii<br />
incrociati tra i <strong>di</strong>versi volumi delle Sylvae e tra le Sylvae e la Nova<br />
Encyclopae<strong>di</strong>a 1 ; e ancora i prezzi praticati dalle stamperie napoletane, o<br />
quelli relativi al costo della carta, lunghi elenchi <strong>di</strong> papi e <strong>di</strong> re, annotazioni<br />
<strong>di</strong> ‘precisi’ fatti storici 2 e polemiche pagine in cui si <strong>di</strong>fendono i letterati<br />
italiani dalle critiche degli stranieri 3 . Esse costituiscono, per questo, la<br />
risorsa principale per l’in<strong>di</strong>viduazione delle fonti delle Dissertationes e della<br />
Fisica sotterranea, ma anche, in mi<strong>su</strong>ra limitata, dell’altra opera<br />
manoscritta, l’Encyclopae<strong>di</strong>a. In particolare, e per quel che attiene alla mia<br />
ricerca, un uso analogo delle Sylvae presenta il Ju<strong>di</strong>cium, prima opera a<br />
stampa <strong>di</strong> Gimma 4 .<br />
Vescovo <strong>di</strong> Biseglia, tomo terzo, che ne contiene altre cinquanta: aggiuntovi un Discorso<br />
istorico, e morale contra le Perucche degli Ecclesiastici, in Napoli, nella Stamperia <strong>di</strong><br />
Felice Mosca, MDCCII, a p. 392. Sylva III si apre con la trascrizione <strong>di</strong> un testo <strong>di</strong> G.<br />
Valletta, probabilmente copiato da Gimma prima del 1700: infatti è presente un passo che<br />
torna nel Ju<strong>di</strong>cium pubblicato nella Nuova Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi, e si ‘chiude’ con la<br />
trascrizione <strong>di</strong> un passo dall’e<strong>di</strong>zione del 1710 dell’Opera omnia <strong>di</strong> Baglivi. In Sylva IV<br />
troviamo un accenno a quanto <strong>su</strong>ccesso a «Roma 15. Luglio 1719». Infine in Sylva V, il<br />
testo più tardo citato è del 1732 a p. 74.<br />
1 Ad esempio, G. GIMMA, Sylva I, p. 199 dove si legge: «Lampadum aeternarum fidem in<br />
dubium vocat Ken. Digby Demonstr. Immort. animae tract. 1, c. 7, et si fuerint aliquae<br />
artificiosa quadam alimenti circulatione fieri posse putat […]. Huiusmo<strong>di</strong> lucernarum<br />
confectio unum est ex quatuor, de quibus certant Philosophi (ut <strong>di</strong>ximus in Aurifactoria in<br />
Encycloped.)», la sottolineatura è mia.<br />
2 In Sylva III, a pp. 89-92 troviamo pagine molto interessanti <strong>su</strong>lla Legge Salica; cfr. infra.<br />
3 Ancora Re<strong>di</strong>, con il Bacco in Toscana. Ditirambo <strong>di</strong> Francesco Re<strong>di</strong> accademico della<br />
Crusca con le annotazioni, in Firenze, 1685, per Piero Matini all’insegna del Lion d’Oro,<br />
<strong>di</strong>ligentemente – e tendenziosamente – annotato alle pp. 589-597 <strong>di</strong> Sylva I.<br />
4 Ju<strong>di</strong>cium Martinianum pro Musitano, et recentiorum schola me<strong>di</strong>ca. Hyacinthi Gimma J.<br />
U. D. atque illustrum Academiarum, sive Societatum, Peregrinorum Romae,<br />
Spensieratorum Rossani, etc. promotoris; necnon Academici Infecund. Platan. Unit.<br />
Inflammat. etc. Epistola ad Claris. Virum. Carolum Musitanum artium et me<strong>di</strong>cinae<br />
doctorem, academicu etc, in Nuova Staffetta da Parnaso circa gli affari della me<strong>di</strong>cina.<br />
Pubblicata dal Sig. Gaetano Tremigliozzi e <strong>di</strong>rizzata all’illustrissima Accademia degli<br />
Spensierati <strong>di</strong> Rossano, in Francfort, 1700, pp. 255-287. Sulla Nuova Staffetta…, e<br />
<strong>su</strong>ll’importanza <strong>di</strong> questo scritto nell’economia del pensiero <strong>di</strong> Giacinto Gimma, cfr. M.<br />
CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo. Storia <strong>di</strong> una polemica nella Napoli<br />
<strong>di</strong> Giambattista Vico…, cit.. Al Ju<strong>di</strong>cium de<strong>di</strong>ca anche un breve cenno B. DE GIOVANNI,<br />
Filosofia e <strong>di</strong>ritto in Francesco D’Andrea. Contributo alla storia del previchismo, Milano,<br />
Giuffrè, 1958, pp. 54-55, in cui nota che «il Gimma in una lettera a Carlo Musitano, vede<br />
rivolto lo sforzo <strong>di</strong> Cartesio – insieme a Boyle, Gassen<strong>di</strong>, Galilei – ‘ad ampliandum hanc<br />
Philosophiam Experimentalem’». Sulla Nuova Staffetta sempre interessanti le notazioni <strong>di</strong><br />
N. BADALONI, Introduzione a G. B. Vico, Milano, Feltrinelli, 1961, p. 291.<br />
9
Introduzione<br />
Per tutto questo, le Sylvae debbono essere considerate parte integrante del<br />
corpus degli scritti gimmiani: costituiscono una testimonianza preziosa delle<br />
scelte compiute da Gimma. Esse, tuttavia, non si limitano a fornire al lettore<br />
in<strong>di</strong>cazioni interne al percorso formativo e <strong>di</strong> ricerca dell’abate. I libri che<br />
Gimma legge e appunta sono quelli che i <strong>su</strong>oi contemporanei leggono e<br />
appuntano insieme con lui. Gimma ne <strong>di</strong>scute con Vallisneri, Lancisi,<br />
Crescimbeni e tanti altri. A loro si rivolge quando a Bari trova <strong>di</strong>fficoltà nel<br />
rifornirsi <strong>di</strong> libri; da loro riceve le ultime novità e le loro stesse opere. Le<br />
scelte documentate nelle Sylvae appaiono non appartenere solo al loro<br />
autore, ma essere con<strong>di</strong>vise dai più importanti letterati veneti, napoletani,<br />
toscani a lui contemporanei. L’orizzonte, apertoci da questi manoscritti,<br />
mostra una rete <strong>di</strong> testi e <strong>di</strong> questioni che inducono a ripensare la presenza e<br />
la consistenza delle filosofie moderne nel Meri<strong>di</strong>one d’Italia e la stessa<br />
vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> denominazioni quali quella <strong>di</strong> cartesiani per in<strong>di</strong>care in blocco i<br />
letterati napoletani novatores e il medesimo Gimma. È significativo, ad<br />
esempio, che quest’ultimo accolga la teoria cartesiana dell’animale<br />
macchina, riportandola, però, alla prospettiva <strong>di</strong> una teoria «ricavabile dal<br />
De motu animalium <strong>di</strong> Borelli e riconducibile ad Aristotele, ossia quella per<br />
cui non solo gli animali, ma anche gli uomini, sono definibili macchine in<br />
quanto costituiti <strong>di</strong> organi che si muovono meccanicamente» 1 . La <strong>su</strong>a,<br />
in<strong>di</strong>scutibile, adesione alla filosofia dei moderni va intesa cogliendone la<br />
complessità: Gimma innesta <strong>su</strong> un preesistente sostrato <strong>di</strong> empirismo <strong>di</strong><br />
matrice aristotelica (con forti simpatie, però, per la filosofia corpuscolare,<br />
nel senso illustrato da Vasoli) il più recente empirismo <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong>, <strong>su</strong> cui<br />
l’eru<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Bari ha lungamente me<strong>di</strong>tato 2 . A conclusione del <strong>su</strong>o percorso,<br />
1 G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., p. 36. Ma cfr. anche J. U. D. D.<br />
Hyacinthi Gimma Barensis, Civitatis Neap. Advoc. Extraor<strong>di</strong>narii: Ruscianensis<br />
Incuriosorum Societatis Promotoris-Perpetui, etc. Dissertationum academicarum tomus<br />
secundus, qui dua exhibet Dissertationes, nempè III. De Brutorum Anima, et Vita. IV.<br />
Miscellanea: De Hominibus, et Animalibus Fabulosis. Et Fabulae in Philosophia-<br />
Experimentali, praesertim in Hominum, et Animalium Historia Naturali introductae, non<br />
sine ratione, et Observationibus refelluntur. Illustriss., et reveren<strong>di</strong>ss. Domino D.cono<br />
Luchino De Verme Episcopo Ostuni, Summi Pontificis Episcopo Assistenti, Comiti<br />
Palatino, Equiti Aurato, J. U. D. Societatis Ruscianensis Incuriosorum Academico, etc.<br />
Neapoli apud Felicem Muscam 1732, pp. 136-137: «Machinae quidem <strong>su</strong>nt Animalia, quod<br />
Aristoteles etiam affirmavit; sed ab anima <strong>di</strong>riguntur; unde Alphon<strong>su</strong>s Borellus in Tract. De<br />
Motu Animalium, eorundem Machinas fusè osten<strong>di</strong>t, juxta eorundem, et membrorum<br />
varietatem; part. 1 enumerat ea, quae <strong>su</strong>pponi debeant».<br />
2 Cfr. G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., pp. 21-24; C. VASOLI,<br />
10
Introduzione<br />
Gimma definisce un concetto <strong>di</strong> modernità che attraversa la storia, e che si<br />
caratterizza in base alla scelta del metodo dell’osservazione empirica e della<br />
verifica sperimentale.<br />
Posta questa premessa, e in<strong>di</strong>pendentemente dai contenuti, Gimma annota,<br />
nelle Sylvae da testi <strong>di</strong> autori come Athanasius Kircher ma anche Leonardo<br />
Di Capua, Francesco Re<strong>di</strong> e Jan Baptiste Van Helmont. Da costoro,<br />
in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto che essi si schierino dalla parte dei moderni o<br />
degli antichi, attinge notizie ed esperienze e riporta i resoconti dei fenomeni,<br />
spesso improbabili, <strong>di</strong> cui sono testimoni 1 . Nes<strong>su</strong>na sorpresa, dunque, che<br />
egli in questi anni, per l’interpretazione della filosofia antica e per il valore<br />
da assegnare alle ricerche condotte dai novatores, faccia ricorso anzitutto ai<br />
resoconti delle attività della Royal Society 2 . Nel primo volume delle Sylvae<br />
L’abate Gimma e la «Nova Encyclopae<strong>di</strong>a»..., cit., p. 825. Sulla presenza <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong> nelle<br />
Sylvae, cfr. Sylva I che presenta a pp. 639-654, la traduzione italiana <strong>di</strong> alcuni passi dalle<br />
Animadversiones…; Sylva III, dove Gimma trascrive altre sezioni dalle Animadversiones…,<br />
a pp. 126-130; infine in Sylva IV gli appunti tratti dalle Animadversiones…, occupano pp.<br />
1-158.<br />
1 Sulla <strong>di</strong>ffusione della filosofia moderna a Napoli cfr. N. BADALONI, Introduzione a G. B.<br />
Vico…, cit.; molto interessante anche da questo punto <strong>di</strong> vista, E. LOJACONO, L’arrivo del<br />
«Discours»…, cit., che ben ricostruisce l’ambiente intellettuale napoletano e la <strong>su</strong>a reazione<br />
all’arrivo delle opere dei filosofi moderni portati da Cornelio; cfr. anche N. BADALONI,<br />
Fermenti <strong>di</strong> vita intellettuale a Napoli dal 1500 alla metà del ‘600, in Storia <strong>di</strong> Napoli,<br />
Napoli, Società e Storia <strong>di</strong> Napoli, vol. V, 1 1972, pp. 643-689, che mette in luce come<br />
Napoli fosse già un luogo <strong>di</strong> cultura autonomamente preparato all’accoglimento <strong>di</strong> nuove<br />
tendenze. Molto utile ri<strong>su</strong>lta il fascicolo III <strong>di</strong> settembre-<strong>di</strong>cembre 1996 del Giornale critico<br />
della filosofia italiana, numero monografico de<strong>di</strong>cato alla <strong>di</strong>ffusione del cartesianesimo in<br />
Italia tra XVII e XVIII secolo, in cui oltre al già ricordato intervento <strong>di</strong> Ettore Lojacono,<br />
vengono pubblicati altri interventi <strong>di</strong> grande interesse, quale quello <strong>di</strong> R. GATTO (Il<br />
cartesianismo matematico a Napoli, pp. 360-379) che illustrano con chiarezza quale fu<br />
l’accoglienza ricevuta dalle opere <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>.<br />
2 A causa del loro carattere <strong>di</strong>scontinuo e frammentario le Sylvae presentano numerose<br />
<strong>di</strong>fficoltà, così il modo migliore per orientarsi al loro interno è probabilmente la selezione<br />
<strong>di</strong> tematiche che permettono <strong>di</strong> accorpare la decine, e in alcuni casi centinaia, <strong>di</strong> pagine che<br />
Gimma ha scritto in tanti anni. Ora, il rapporto con la philsophia recepta, formula<br />
preferibile ad un troppo vago ed impreciso, soprattutto trattando <strong>di</strong> Gimma, ‘aristotelismo’,<br />
e la critica <strong>di</strong> essa viene delineata in prima approssimazione con <strong>su</strong>fficiente chiarezza in<br />
Sylva I, nelle primissime pagine grazie alla lettura <strong>di</strong> Gimma degli atti della Royal Society.<br />
Sulla Royal Society C. WEBSTER, La grande instaurazione. Scienza e riforma sociale nella<br />
rivoluzione puritana, Milano, Feltrinelli, 1980; M. BOAS HALL, Promoting Experimental<br />
Learning. Experiment and the Royal Society 1660-1727, Cambridge-New York-Port<br />
Chester-Melbourne-Sydney, Cambridge University Press, 1991; <strong>su</strong>i contatti con vari<br />
esponenti della cultura italiana, della stessa autrice, La scienza italiana vista dalla Royal<br />
Society, in R. Cremante e W. Tega (a cura <strong>di</strong>), Scienza e letteratura nella cultura italiana<br />
del Settecento, Bologna, Il Mulino, 1984, pp. 47-64. Sui contatti della Royal Society e gli<br />
11
Introduzione<br />
ricopia, annota, commenta i saggi pubblicati da Oldenburg negli Acta<br />
Philosophica, nella traduzione latina delle Philosophical Transactions<br />
pubblicata a Lipsia nel 1675, che ebbe una notevolissima <strong>di</strong>ffusione. Sylva I<br />
si apre con ben quattro pagine de<strong>di</strong>cate a definire quale sia una filosofia<br />
congruente alla nuova scienza e in che mi<strong>su</strong>ra l’aristotelismo può ancora<br />
produrre conoscenze utili e coerenti con le scoperte scientifiche più recenti 1 .<br />
Gimma affronta questi problemi utilizzando – e in certa mi<strong>su</strong>ra adattando<br />
alle proprie esigenze – gli articoli pubblicati negli Acta lon<strong>di</strong>nesi: sotto il<br />
titolo Philosophia 2 , infatti, copia una recensione all’importante testo <strong>di</strong><br />
Thomas Sprat <strong>su</strong>lla storia della Royal Society, che riconduceva l’ispirazione<br />
della società lon<strong>di</strong>nese all’attività e all’opera <strong>di</strong> Francis Bacon. L’autore<br />
dell’articolo in<strong>di</strong>vidua due forme <strong>di</strong> filosofia: la prima, perversa e degna <strong>di</strong><br />
biasimo, si riduce alle sterili <strong>di</strong>spute che rendono l’intelletto debole, e<br />
incapace come farebbe il peggiore dei morbi 3 ; la seconda è la ‘filosofia<br />
sperimentale’, farmaco che preserva la mente dalla corruzione e <strong>di</strong>sperde le<br />
ombre che oscurano le azioni umane 4 . Una <strong>di</strong>chiarazione d’intenti, per così<br />
investiganti, cfr. M. H. FISCH, L’accademia degli Investiganti, in «De Homine», (1968), n.<br />
27-28, pp. 17-78. Sull’uso <strong>di</strong> riviste e abstracts cfr. <strong>Descartes</strong> e dopo <strong>Descartes</strong>: il metodo,<br />
la matematica, le scienze, in G. Belgioioso et alii (a cura <strong>di</strong>), <strong>Descartes</strong>: il metodo e i<br />
Saggi, 2 voll., Roma, Istituto della Enciclope<strong>di</strong>a Italiana, 1990, Vol. II, pp. 699-730.<br />
1 Cfr. Sylva I, pp. 2-6.<br />
2 Cfr. Acta philosophica Societatis Regiae in Anglia, Anni MDCLXV, LXVI, LXVII, LXVIII,<br />
LXIX, Auctore Henrico Oldenburgio, Societatis Reg. Secr. Anglice conscripta, et in<br />
Latinum Versa Interprete C. S. Nunc Iterum, Adjecto In<strong>di</strong>ce Accurato, E<strong>di</strong>ta. Lipsiae,<br />
Sumptibus Johannis Fritschii, Bibliop. Typis Johannes Erici Hahnii, 1675, p. 409 (da<br />
questo momento AP seguito dal numero <strong>di</strong> pagina). Si tratta <strong>di</strong>: AP Mensibus Jul. August.<br />
et Sept., n. 23, Relatio quorundam Librorum I. Historiae Regiae Societatis Lon<strong>di</strong>nensis,<br />
institute Promotionem Philosophiae experimentalis, per Tho. Sprat. Cfr. AP pp. 407-412.<br />
Ci sarà occasione <strong>di</strong> tornare <strong>su</strong>ll’importanza rivestita da Oldenburg e <strong>su</strong>lla presenza<br />
dell’e<strong>di</strong>zione lipsiense delle Philosophical Transactions.<br />
3 G. GIMMA, Sylva I, p. 2: «Duplex est Philosophia: alia reprehensionem incurrit, quod<br />
consistat in arguendo, et <strong>di</strong>sputando, quod animos nostros inflet, reddatque tumidos,<br />
insolentes, arrogantes, obstinatos, aversosque a praxi, et inidoneos <strong>su</strong>fferen<strong>di</strong>s<br />
<strong>di</strong>fficultatibus operationis, nec non propensos in res nullibi in Terrarum Orbe utiles, et<br />
rerum praeteritarum sollecitu<strong>di</strong>ne incuriosos praesentium». Cfr. anche AP 409.<br />
4 Id., pp. 2-3: «alia, quae <strong>di</strong>citur experimentalis, homines impellit ad tentamina, et labores,<br />
curat animos eorum a tumore Thrasonico, ostendendo eis omnia familiarissime et quidem<br />
exacte secundum rerum ipsarum amplitu<strong>di</strong>nem; liberat eos a perversitate, non permittendo<br />
iis conclusionum <strong>su</strong>arum nimis peremptorium iu<strong>di</strong>cium; manus eorum as<strong>su</strong>efacit rebus,<br />
quibuscum negotio vitae arctius interce<strong>di</strong>t cognationis vinculum; propellit umbras, quae vel<br />
extendunt, vel obscurant actiones humanas. Thom Sprat in Hist. Reg. Soc. Lon<strong>di</strong>nens».<br />
12
Introduzione<br />
<strong>di</strong>re, che sarà espressa con parole molto simili nell’Idea della storia<br />
dell’Italia letterata 1 :<br />
Non altra cura hanno per molti secoli <strong>di</strong>mostrata i Filosofi, che <strong>di</strong> specolare,<br />
commentare, e tradurre quanto avevano gli Antichi insegnato, e tutti i contrasti<br />
nell’argomentare, e <strong>di</strong>sputare si son veduti per <strong>di</strong>fender quelle dottrine, che da’<br />
Greci si sono ricevute [...]. Altra Filosofia però, che appellano Sperimentale<br />
professano alcuni Moderni, quella naturale Scienza solo coltivando, che col mezo<br />
della Notomia, e delle osservazioni può errar meno, e <strong>di</strong>scuoprire i segreti della<br />
Natura per la via de’ sensi, dalla ragione, e dalla sperienza guidati [...]. Bisogna<br />
leggere le nostre Dissertazioni De Hominibus Fabulosis, e De Fabulosis<br />
Animalibus, per osservare quante favole degli Antichi, ed anche <strong>di</strong> alcuni moderni<br />
sono state nella sola Istoria naturale degli Animali mantenute, ed insegnate lungo<br />
tempo per vere da Uomini ancora dotti; perché avea gran forza l'autorità <strong>di</strong> qualche<br />
Scrittore a far credere quelche alla Sperienza, ed alla osservazione era affatto<br />
contrario 2 .<br />
Il vero confronto è tra una filosofia moderna portatrice <strong>di</strong> luce e utile<br />
all’uomo ed una filosofia recepta attardata <strong>su</strong> inutili <strong>di</strong>squisizioni<br />
<strong>di</strong>alettiche 3 . Gli «Aristotelici […] <strong>su</strong>is asperis et duris contentionibus,<br />
sterilique et obstrepente garrulitate sibi ipsis nocent» 4 ; <strong>di</strong>ffondono le<br />
tenebre, contro la luce rasserenatrice portata dalle conclusioni dei filosofi<br />
1 Sull’ispirazione baconiana della Royal Society insiste Gimma a pp. 164-165 <strong>di</strong> Sylva I:<br />
«Regiae Societatis Angliae Domus fundamenta stravit Franciscus Baco de Verulamio.<br />
Insignia Societati concessa <strong>su</strong>nt Argentea cum Gentilitiis Anglici Regni in prima <strong>di</strong>visione,<br />
dein Aquila, et duo canes venatici cum duabus coronis loco monilium pro fulcris. Lemma a<br />
societate electum est. Nullius in verba, cui lemmati ad<strong>di</strong>tum emblema, argenteus campus<br />
cum mensa vacua. Pro conventu celebrando donavit iisdem munificentissme Rex<br />
Collegium Greshamense et Praesi<strong>di</strong> Collegii, qui e Comitum numero est, concessit, ut<br />
Baculus argenteus sceptri Academici instar praeferretur, Au<strong>di</strong>torium intraturo, mensae illi<br />
imponendus, cui Praeses cum secretario assidet, reliquis Academici in scamnis<br />
circumsedentibus. Latius Regiae huius Societatis originem, occasionem institutionis,<br />
Patroni, incitamenta, <strong>di</strong>ploma, statuta, ordo, menbra, numerus illorum, universalis<br />
correspondentia singulari libro descripta in lingua Anglica. 1667, Lon<strong>di</strong>ni pro<strong>di</strong>erunt cum<br />
titulo: Historia Societatis Regiae». Il brano non è tratto, però, AP, bensì da Praemissa,<br />
Historia <strong>su</strong>ccinta et brevis ortus et progres<strong>su</strong>s S. R. Imp. Academiae Naturae Curiosorum,.<br />
in Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica…, cit., t. II.<br />
2 G. GIMMA, Idea della storia…, cit., t. II, pp. 509-510. A proposito <strong>di</strong> queste favole si<br />
possono vedere le critiche a Paracels o, che Gimma colloca tra i moderni, in Dissertationes<br />
academicae…, cit., De fabulosis Hominibus Paracelsi, t. I, pp. 14-16.<br />
3 G. GIMMA, Sylva I, pp. 3-6. Cfr. AP 329-334: Praefatio ad tertium horum Actorum<br />
Annum, mensis martii 1666. L’autore è H. Oldenburg.<br />
4 G. GIMMA, Sylva I, p. 3.<br />
13
Introduzione<br />
sperimentali. Aristotele, alcuni «magnum Oraculum appellant. Nos vere<br />
maiore aestimatione veneramur veram eius <strong>di</strong>gnitatem, quam personati<br />
Aristotelici reipsa faciant. Dicimus, Logica, et Rhetorica eius maxime<br />
aestimanda esse. Ethica, et Politica ut plurimum firmae veritatis.<br />
Metaphysica in multis notionibus acuta» 1 . Tutti questi aspetti positivi, sono<br />
oscurati «et depressa examinibus parvorum serpentium Systematum, et<br />
<strong>di</strong>lutorum Commentariorum». E per quanto concerne le altre opere<br />
aristoteliche, «libros de Animantibus, eiusdem Mathematicos, et<br />
Mechanicos, eos numquam inspiciunt. Eius solum defectus evellunt, et<br />
assertiones temerarias, eius velitationes cum Veterioribus, et Coaevis circa<br />
atomos, et obscuriora principia. Materiam, quae neque quid sit, neque<br />
quantum, neque quale. Formam, et <strong>su</strong>bstantiam, quam Cicero ipse<br />
interpretari non potuit […]. Legant Aristotelem, legant eum in lingua<br />
Graeca, qua ipse scripsit; legant ip<strong>su</strong>m totum, et integrum de capite ad<br />
calcem; sed ne pascantur tantum in eius ulceribus, et tuberibus», mentre il<br />
vero lavoro <strong>di</strong> chi vuole fare filosofia «est tam requirere omnes probatas<br />
antiquitates, quam nova inventa ad perfectionem perducere, tam bona vetera<br />
<strong>su</strong>bsi<strong>di</strong>a recuperare, quam invenire nova, et eodem cultu veneramur secula<br />
Veterum, ac praesens seculum; nobisque statutum est recludere omnia<br />
naturae repositoria, extrahere eius secretissimas operationes, et raritates, et<br />
eru<strong>di</strong>tis communicare» 2 .<br />
Il passo è importante perché fa risaltare i due tratti che a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma<br />
caratterizzano la scienza moderna: il valore sovranazionale del sapere 3 , tema<br />
portante non solo per l’eru<strong>di</strong>to Gimma ma anche per il Promotore <strong>di</strong><br />
un’Accademia <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> ambizioni; l’importanza della collaborazione fra gli<br />
scienziati che debbono in<strong>di</strong>rizzare il loro sapere al fine <strong>di</strong> realizzare il<br />
miglioramento della vita degli uomini, anche <strong>di</strong> quei e popoli ‘altri’ che le<br />
nuove scoperte geografiche hanno fatto conoscere. Gimma, rias<strong>su</strong>me e<br />
accetta le opinioni <strong>di</strong> Oldenburg il quale, <strong>di</strong>fendendo l’opera della Royal<br />
Society critica, più che Aristotele, i pedanti ripetitori <strong>di</strong> dottrine ormai<br />
<strong>su</strong>perate, quei vires, cultores virtutis, che vengono identificati con gli<br />
1 Ib.<br />
2 Id., pp. 4-6. Gimma scrive solo eru<strong>di</strong>tis communicare, mentre il testo porta: «id debito<br />
tempore communicare in toto terrarum orbe iis, quibus res has cordati <strong>di</strong>squirere placuerit»<br />
(AP 333).<br />
3 Cfr. G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., pp. 19-22.<br />
14
Introduzione<br />
aristotelici. Con lui ripete il giu<strong>di</strong>zio positivo <strong>su</strong>lla logica e la retorica<br />
aristoteliche, e le riserve <strong>su</strong> etica, politica e metafisica («Logica, et<br />
Rhetorica eius maxime aestimanda esse. Ethica, et Politica ut plurimum<br />
firmae veritatis. Metaphysica in multis notionibus acuta»), riba<strong>di</strong>sce le<br />
deficienze della filosofia <strong>di</strong> Aristotele, e rivolge agli aristotelici l’invito a<br />
leggere Aristotele, a leggerlo per intero e in greco, per avvicinarsi ad un<br />
pensatore tanto importante quanto oscuro e <strong>su</strong>perare così tante perniciose<br />
esegesi 1 . Con Oldenburg, ancora, con<strong>di</strong>vide l’idea che lo scopo della Royal<br />
Society, e <strong>di</strong> riflesso <strong>di</strong> ogni accademia degna <strong>di</strong> questo nome, è <strong>di</strong>ffondere<br />
le scoperte della nuova filosofia sperimentale, rileggere criticamente le<br />
opere degli antichi recuperando ciò che in esse c’è <strong>di</strong> valido, avviare un<br />
forte confronto con gli ‘eru<strong>di</strong>ti’ <strong>di</strong> tutto il mondo.<br />
Verificare le teorie degli antichi e dei moderni per <strong>di</strong>stinguere il vero dal<br />
falso, lo scientifico dal favoloso è proprio quanto si propone Gimma 2 . La<br />
verifica delle teorie degli antichi è quella che abbisogna dell’eru<strong>di</strong>zione e<br />
della storia. La verifica delle teorie dei moderni avviene attraverso una<br />
sperimentazione rigorosa ma, a giu<strong>di</strong>zio dell’abate, ancora imperfetta. Egli<br />
conosce bene limiti della sperimentazione e, quin<strong>di</strong>, gli ostacoli che si<br />
frappongono alla costruzione <strong>di</strong> una scienza vera e certa. Le <strong>su</strong>e<br />
considerazioni <strong>su</strong>ll’esperimento sono rilevanti: l’esperimento è definito un<br />
concetto mutevole nel tempo. Non possono, infatti, essere definiti<br />
esperimenti quelli che in tal modo Aristotele presentava. Quest’ultimo, ad<br />
esempio, non <strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong> quella strumentazione <strong>di</strong> <strong>su</strong>pporto <strong>di</strong> cui i<br />
moderni si avvalgono. In secondo luogo, le osservazioni isolate, o ri<strong>su</strong>ltanti<br />
da esperimenti che non vengono ripetuti con regolarità, non possono<br />
confermare una teoria, ciò che Gimma vede accadere in quegli autori che<br />
propongono come vere solo cose che sono verisimiles, o ad<strong>di</strong>rittura<br />
impossibiles. Al contrario le osservazioni debbono essere catalogate e<br />
or<strong>di</strong>nate al fine <strong>di</strong> elaborare una storia naturale vera ed universale 3 . La<br />
1 L’esortazione <strong>di</strong> Oldenburg ri<strong>su</strong>lta indebolita dalla trascrizione <strong>di</strong> Gimma che trasforma<br />
l’imperativo Legite in un più morbido legant: «Legite Aristotelem, legite eum in lingua<br />
Graeca, qua ipse scripsit; legite ip<strong>su</strong>m totum, et integrum de capite ad calcem» (AP 333).<br />
2 Un progetto per certi aspetti analogo era stato portato avanti da Fabio Colonna, cfr. A.<br />
OTTAVIANI, La natura senza inventario: aspetti della ricerca naturalistica del linceo Fabio<br />
Colonna, in «Physis. Rivista internazionale della scienza», XXXIV (1997), nn. 1-2, pp. 31-<br />
72, a cui rinvio per la bibliografia.<br />
3 Cfr. G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., p. 32, dove mette in rilievo<br />
15
Introduzione<br />
filosofia naturale deve, dunque, mettere insieme e conciliare la ‘parte<br />
istorica’ e quella ‘osservativa’, i dati storici e quelli ri<strong>su</strong>ltanti dalle<br />
osservazioni. Il lavoro al quale l’abate pensa non può che essere il ri<strong>su</strong>ltato<br />
<strong>di</strong> un impegno <strong>di</strong> gruppo, il prodotto collettivo <strong>di</strong> un progetto comune, come<br />
è possibile solo nelle accademie. Questo è il progetto <strong>di</strong> cui Gimma investe<br />
l’Accademia degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>venta Promotore perpetuo.<br />
Nelle pagine che seguono mi propongo <strong>di</strong> seguire il percorso <strong>di</strong> Gimma dal<br />
momento del <strong>su</strong>o ritorno a Bari (1696) sino alla pubblicazione del secondo<br />
volume delle <strong>su</strong>e Dissertationes academicae. Come si vedrà, sono anni<br />
contrad<strong>di</strong>ttori: l’abate entrerà in contatto con alcuni fra i più importanti<br />
esponenti della cultura italiana; renderà l’Accademia degli Spensierati <strong>di</strong><br />
Rossano una istituzione <strong>di</strong> rilievo nel panorama meri<strong>di</strong>onale; parteciperà<br />
<strong>di</strong>rettamente a quella che forse è l’ultima grande polemica che investe la<br />
me<strong>di</strong>cina napoletana nell’ambiente che si ispira al dettato degli Investiganti;<br />
interverrà, in<strong>di</strong>rettamente con la <strong>su</strong>a Idea dell’Istoria dell’Italia letterata,<br />
nella polemica Bouhours-Orsi; pubblicherà opere che ritiene si possano<br />
legittimamente inserire nel <strong>di</strong>battito scientifico più avanzato <strong>su</strong> questioni<br />
fondamentali quali la generazione dei viventi e la formazione dei fiumi, dei<br />
monti e, più in generale, delle pietre. Nonostante tutto ciò, egli si sentirà<br />
che nel 1732, nel secondo tomo delle Dissertationes academicae…, pp. 2-3 vi sarà una<br />
maggiore insistenza <strong>su</strong>lla matrice galileiana e sperimentale delle ricerche dei recentiores e<br />
<strong>su</strong>lla loro fedeltà al programma baconiano. Infatti, a p. 3 Gimma adotta un motto <strong>di</strong> Francis<br />
Bacon: «Non fingendum, aut excogitandum; sed inveniendum qui Natura faciat, aut<br />
quaerat», per illustrare il proce<strong>di</strong>mento investigativo dei moderni, il più importante dei<br />
quali è Galileo, iniziatore della moderna filosofia (il motto <strong>di</strong> Bacon, con ogni probabilità<br />
non è tratto dalle opere del filosofo inglese, ma piuttosto dal motto riportato <strong>su</strong>l frontespizio<br />
dell’opera <strong>di</strong> Robert Boyle Experimenta et Considerationes de Coloribus Primum ex<br />
occasione inter alias quasdam Diatribas, ad amicum scripta, nunc vero in lucem pro<strong>di</strong>re<br />
passa, seu Initium Historiae Experimentalis de Coloribus a Roberto Boyle Nobili Anglo, et<br />
Societatis Regiae Membro. Non fingendum, aut excogitandum, sed inveniendum, quid<br />
natura faciat aut ferat. Bacon, Roterodami, Ex officina Arnol<strong>di</strong> Leers, 1671). Gimma, «non<br />
negat inter Priscorum non paucas nugas aliqua etiam seria involvi; sed ipse quoque non<br />
pauca docuit fabulosa, et multa defen<strong>di</strong>t, quae antiquitatem sapiunt; deceptus, quod non<br />
omninò talia creduntur; quamvis evidens illaurm causa, et ratio non ità facilè inveniatur.<br />
Proponit exemplum, quod tot sympathiae, et antipathiae genera Me<strong>di</strong>ci observarunt,<br />
quorum plerumque causa nulla red<strong>di</strong>tur. Constat autem nova Recentiorum methodo<br />
introducta, plurima Veterum esse penitùs falsa, et imaginaria, non veritate, et solida ratione<br />
firmata, sed autoritate, et aliorum infirma ratione; unde tot animalia, et alia quaedam à<br />
Poetis efficta inter vera fuerunt connumerata» (ib.). Più che matrice galileiana però, è forse<br />
il caso <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> una più generica matrice sperimentale, con forti simpatie corpuscolari,<br />
come avrò occasione <strong>di</strong> mostrare.<br />
16
Introduzione<br />
sempre, ed effettivamente sarà, a margine della circolazione delle idee in<br />
Italia. Un <strong>su</strong>o rammarico è che non ci sono ‘letterati’ a Bari.<br />
Ho gà in<strong>di</strong>cato le chiavi <strong>di</strong> lettura che ritengo più proficue: il confronto<br />
critico fra le acquisizioni della filosofia e la scienza dei moderni e quelle<br />
degli antichi. Questo confronto, egli intende svolgere <strong>su</strong>ll’intero albero del<br />
sapere, con la Nova Encyclopae<strong>di</strong>a nella quale, la parte de<strong>di</strong>cata alle ‘sette’<br />
della philosophia recepta 1 (cc. 10v-14v) sopravanza quella de<strong>di</strong>cata ai<br />
moderni. Solo una pagina ha per oggetto la filosofia dei recentiores e vi<br />
accomuna senza remore atomisti, cartesiani e gassen<strong>di</strong>sti (cc. 15 r-15v) 2 .<br />
Gimma, ben presto, è costretto a rivedere il <strong>su</strong>o progetto: la Encyclopae<strong>di</strong>a<br />
cede il posto a ricostruzioni storiche in cui l’eru<strong>di</strong>zione continua ad avere un<br />
ruolo fondamentale, ma è pensata come funzionale ad un <strong>di</strong>segno<br />
ambizioso: la liberazione della filosofia dalle favole.<br />
Il primo capitolo è de<strong>di</strong>cato alla polemica De Martino-Musitano. Questa<br />
polemica, scatenata da Pietro De Martino, me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> scuola galenica, contro<br />
Carlo Musitano, associato all’Accademia <strong>di</strong> Rossano ed amico <strong>di</strong> Gimma<br />
segna un punto <strong>di</strong> svolta. Una lettura anche non approfon<strong>di</strong>ta del Ju<strong>di</strong>cium<br />
<strong>di</strong> Gimma, scritto in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Musitano, mostra la legittimità per il filosofo<br />
<strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. Una legittimità, però, ancora fondata <strong>su</strong>l ruolo che il<br />
sapere eru<strong>di</strong>to ha nella e<strong>di</strong>ficazione della nuova scienza e non <strong>su</strong>lle<br />
conoscenze approfon<strong>di</strong>te delle questioni. Egli, per questo, evita per ora <strong>di</strong><br />
entrare nello specifico delle questioni <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. Lo farà più avanti negli<br />
Elogi accademici e soprattutto nelle opere <strong>su</strong>ccessive 3 .<br />
La convergenza <strong>di</strong> ‘parlar me<strong>di</strong>ce’ e ‘parlar philosophice’ segna la<br />
riflessione <strong>di</strong> Gimma e la varia curvatura che as<strong>su</strong>merà questo binomio nelle<br />
<strong>su</strong>e opere caratterizzerà l’intero arco della <strong>su</strong>a produzione (compresa la<br />
Fisica sotterranea). Il connubio, non scontato, <strong>di</strong> riflessione scientifica in<br />
ambito me<strong>di</strong>co e speculazione filosofica lo accomuna del resto, come<br />
vedremo, ad altri importanti esponenti della cultura italiana, da Tommaso<br />
Cornelio a Antonio Vallisneri. Questo rapporto viene da Gimma sostanziato<br />
con il ricorso – tipico dell’eru<strong>di</strong>to – alle più <strong>di</strong>verse auctoritates nei<br />
<strong>di</strong>fferenti ambiti, e con una indagine storica delle origini delle nazioni civili<br />
1 Cfr. G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, cit., Ms. I 116, cc. 10v-14v.<br />
2 Cfr. Id., cc. 15 r-15 v. Il primo dei due articoli è De Chymicorum Sectis; il secondo è De<br />
Atomisticis, Cartheisanis; aliisque sectis variis.<br />
3 Su questo problema cfr. infra, cap. I.<br />
17
Introduzione<br />
e delle scienze che segna la convergenza delle questioni più spiccatamente<br />
scientifiche (il problema della generazione dei viventi nella <strong>su</strong>a doppia<br />
valenza: negazione della generazione spontanea, da una parte, e <strong>di</strong>battito fra<br />
epigenisti e preformisti, dall’altro) e <strong>di</strong> quelle ‘storico naturali’ (problema<br />
dei fossili e della formazione delle montagne).<br />
Ciò che ormai è un dato acquisito per la storiografia, ossia che la filosofia<br />
moderna è nata anche <strong>su</strong>lle basi <strong>di</strong> una importante ‘rivoluzione me<strong>di</strong>ca’ che,<br />
la si in<strong>di</strong>chi con la figura <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> o quella <strong>di</strong> Harvey, <strong>di</strong> Paracelso o<br />
ancora <strong>di</strong> Malpighi, è stato un altro momento della mia indagine <strong>su</strong> Gimma 1 .<br />
L’abate ritiene, infatti, che la me<strong>di</strong>cina sia uno dei campi in cui è più<br />
proficuo il confronto fra ‘antichi’ e ‘moderni’ e, anche, dove maggiormente<br />
1 Su questo tema Cfr. W. BERNARDI, Filosofia e scienze della vita. La generazione animale<br />
da Cartesio a Spallanzani, Torino, Loescher, 1980; ID., Le metafisiche dell’embrione.<br />
Scienze della vita e filosofia da Malpighi a Spallanzani (1672-1793), Firenze, Olschki,<br />
1986; G. CANGUILHEM, Il normale e il patologico, a cura <strong>di</strong> S. Caruselli, Rimini, Guaral<strong>di</strong>,<br />
1975; ID., La conoscenza della vita, a cura <strong>di</strong> F. Bassani, Bologna, Il Mulino, 1976; ID.,<br />
Organismes et modèles mécaniques. Rèflections <strong>su</strong>r la biologie cartésienne, in «Revue<br />
philosophique», 1955, LXXX, pagg. 281-299; ID., La formation du concept du reflexe aux<br />
XVII et XVIII siécles, Paris, PUF., 1955; ID., Études d'histoire et de philosophie des<br />
sciences, Paris, Vrin, 1983; A. DINI, Filosofia della natura, me<strong>di</strong>cina, religione.<br />
Lucantonio Porzio (1639-1724), Milano, Franco Angeli, 1985; F. DUCHESNEAU, La<br />
physiologie des lumières. Empirisme, Modèles et Théories, The Hague/Boston/London,<br />
Martinus Nijhoff Publishers, 1982; J. EHRARD, L'idée de nature en France dans la<br />
première moitié du XVIII siècle. La generation des animaux de <strong>Descartes</strong> à l’Encyclope<strong>di</strong>e,<br />
Paris, S.E.V.P.E.N., 1963, 2 voll.; S. L. GILMAN, Immagini della malattia dalla follia<br />
all'AIDS, Bologna, Il Mulino, 1993; M. GRMEK (a cura <strong>di</strong>), Storia del pensiero me<strong>di</strong>co<br />
occidentale. Dal Rinascimento all’Inizio dell’Ottocento, II, Roma-Bari, Laterza, 1996; ID.,<br />
La première révolution biologique. Réflexions <strong>su</strong>r la physiologie et la médecine du XVII e<br />
siècle, Paris, Payot, 1990; ID., Le malattie all'alba della civiltà occidentale, Bologna, Il<br />
Mulino, 1985; KING L. S., The road to me<strong>di</strong>cal enlightenment, London-New York;<br />
American Elsevier, 1970; ID., The philosophy of Me<strong>di</strong>cine. The Early Eighteenth Century,<br />
Cambridge, Harvard University Press, 1978; W. PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey.<br />
Aspetti scelti e sfondo storico, Milano, Feltrinelli, 1979; ID., Paracelso. Un’introduzione<br />
alla me<strong>di</strong>cina filosofica nell’età del Rinascimento, con introduzione <strong>di</strong> E. Garin, Milano, Il<br />
Saggiatore, 1989; W. RIESE, Il concetto <strong>di</strong> malattia. Storia, interpretazione e natura,<br />
Milano, Episteme, 1975; J. ROGER, Les sciences de la vie dans la pensée française du XVIII<br />
siècle. La génération des animaux de <strong>Descartes</strong> à l’Encyclopé<strong>di</strong>e, Paris, Colin, 1963; J.<br />
ROSTAND, La genèse de la vie. Histoire des idées <strong>su</strong>r la génératione spontanée, Paris,<br />
Hachette, 1943; J. STAROBINSKI, Storia del trattamento della malinconia dalle origini al<br />
1900, Milano, ed. Guerrini e Associati, 1990; A. VARTANIAN, Diderot e <strong>Descartes</strong>, Milano,<br />
Feltrinelli, 1956; C. WEBSTER, La grande instaurazione. Scienza e riforma sociale nella<br />
rivoluzione puritana…,cit.; ID., Magia e scienza da Paracelso a Newton, Bologna, Il<br />
Mulino, 1984.<br />
18
Introduzione<br />
risaltano i progressi ottenuti seguendo le regole della ‘filosofia<br />
sperimentale’.<br />
Nel primo capitolo, ho ricostruito così la polemica Musitano-De Martino,<br />
che darà occasione alla prima opera a stampa <strong>di</strong> Gimma. Il secondo ha<br />
seguito il progressivo definirsi dell’interesse dell’abate per questioni <strong>di</strong><br />
carattere scientifico, in particolare per la me<strong>di</strong>cina, e mostra come questa<br />
progressiva definizione passi attraverso un ripensamento del ruolo della<br />
storia, considerata il luogo in cui si accumulano le favole. Il terzo segue la<br />
ricostruzione storica che Gimma offre delle ‘scienze dell’uomo’, facendo<br />
emergere, comunque, le questioni filosoficamente più rilevanti. Il quarto,<br />
infine, fa il punto <strong>su</strong>lle tre gran<strong>di</strong> questioni con cui Gimma si mi<strong>su</strong>ra: la<br />
generazione dei viventi, la formazione dei fossili (cui è connesso comunque<br />
il problema del Diluvio universale) e la critica alla tesi cartesiana<br />
dell’animale-macchina.<br />
Credo che mostrare la persistenza <strong>di</strong> certi temi nel Settecento italiano, in un<br />
personaggio non marginale quale è stato l’abate Giacinto Gimma, possa<br />
costituire un tassello importante per una migliore comprensione della<br />
cultura e della <strong>di</strong>ffusione delle idee nell’Italia meri<strong>di</strong>onale. Questa<br />
<strong>di</strong>ffusione è avvenuta attraverso percorsi non sempre lineari e, nel caso <strong>di</strong><br />
Gimma, ma non solo, è passata dalla lettura <strong>di</strong> opere <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>ti o <strong>di</strong> riviste<br />
scientifiche ormai ampiamente <strong>di</strong>ffuse e che contenevano (si pensi al<br />
«Giornale de’ letterati) ampi resoconti delle scoperte e delle novità nel<br />
mondo letterario <strong>di</strong> tutta Europa. Le Sylvae costituiscono un primo tassello<br />
nella ricostruzione esauriente <strong>di</strong> questo complesso panorama.<br />
19
20<br />
Capitolo 1.<br />
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina: La polemica Musitano-De Martino.<br />
Prima <strong>di</strong> entrare nello specifico del Ju<strong>di</strong>cium <strong>di</strong> Gimma, pubblicato, come<br />
già detto, nella Nuova Staffetta da Parnasso <strong>di</strong> Tremigliozzi, in occasione<br />
della polemica Musitano–De Martino, occorre in<strong>di</strong>care alcuni punti fermi.<br />
Ciò è necessario perché, come vedremo, la ‘me<strong>di</strong>cina’ che Gimma <strong>di</strong>fende è<br />
quella definita da Cornelio e dai giovani che riunì a Napoli intorno a lui alla<br />
metà del Seicento.<br />
Il primo punto fermo da tenere presente è che il me<strong>di</strong>co Tommaso Cornelio,<br />
<strong>su</strong>l finire del 1649, torna a Napoli portando con sé alcuni fra i più importanti<br />
testi della filosofia moderna 1 . Qui vengono letti e me<strong>di</strong>tati all’interno <strong>di</strong> una<br />
nuova e <strong>di</strong>ffusa consapevolezza antiperipatetica e antiscolastica, che<br />
riesplora in chiave critica il naturalismo rinascimentale, richiamandosi,<br />
<strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente, alle più recenti teorie <strong>di</strong> Kepler, <strong>di</strong> Galilei,<br />
Gassend, Bacon e <strong>Descartes</strong>, ma anche ad auctoritates che rispondono al<br />
nome <strong>di</strong> Democrito e Lucrezio, Platone, Pitagora ed Epicuro 2 . È altrettanto<br />
noto che uno degli sno<strong>di</strong> teorici che la filosofia moderna deve affrontare, per<br />
1 Su Tommaso Cornelio e la <strong>su</strong>a importanza per la <strong>di</strong>ffusione della filosofia moderna a<br />
Napoli, cfr. M. TORRINI, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Tommaso Cornelio a M. A. Severino, in «Atti e<br />
Memorie dell'Accademia Toscana <strong>di</strong> scienze e lettere La Colombaria», XXXV, 1970, pp.<br />
146-147; Tommaso Cornelio e la ricostruzione della scienza, Napoli, Guida, 1977; E.<br />
LOJACONO, L’arrivo del «Discours» e dei «Principia» in Italia: prime letture dei testi<br />
cartesiani a Napoli, in Dalla scienza mirabile alla scienza nuova. Napoli e Cartesio.<br />
Catalogo della mostra bibliografica e iconografica, Napoli, Istituto Italiano per gli Stu<strong>di</strong><br />
Filosofici, 1997, pp. 13-73, ristampato in «Giornale critico della filosofia italiana», LXXV<br />
(1996), n. 3, pp. 395-454; P. ZITO, Circa mun<strong>di</strong> constitutionem. L’orizzonte sperimentale<br />
degli Investiganti, in Dalla scienza mirabile …, cit., pp. 131-148; P. CRISTOFOLINI,<br />
Tommaso Cornelio et l’histoire du matérialisme, in Gassen<strong>di</strong> et l’Europe (1592-1792).<br />
Actes du colloque international de Paris «Gassen<strong>di</strong> et sa posterité (1592-1792)»<br />
(Sorbonne, 6-10 octobre 1992), réunis sous la <strong>di</strong>rectione de S. Murr, Paris, Vrin, 1997, pp.<br />
335-346; <strong>su</strong>ll’arrivo delle opere <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> in Italia, cfr. C. BUCCOLINI, La prima e<strong>di</strong>zione<br />
dei Principia e degli Specimina <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> a Roma nel 1645, in «Nouvelle de la<br />
Republique des Lettres», 1996-II, pp. 151-154.<br />
2 Cfr. E. GARIN, Da Campanella a Vico, in Dal Rinascimento all’Illuminismo. Stu<strong>di</strong> e<br />
ricerche, Firenze, Le Lettere, 1993, pp. 73-106.
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
farsi accettare a Napoli, e non solo a Napoli, è quello <strong>di</strong> una pre<strong>su</strong>nta<br />
<strong>su</strong>periorità dei moderni in ambito me<strong>di</strong>co. La <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> questa<br />
<strong>su</strong>periorità è, spesso, presente in alcune fra le opere più interessanti del<br />
secondo ‘600 napoletano 1 . Le questioni epistemologiche e scientifiche<br />
sollevate dalla scienza me<strong>di</strong>ca trovano, ad esempio, particolarmente<br />
sensibili gli Investiganti 2 . Le prime gran<strong>di</strong> polemiche che coinvolgono<br />
l’Accademia degli Investiganti e i <strong>su</strong>oi membri più importanti, Tommaso<br />
Cornelio, Leonardo Di Capua e Sebastiano Bartoli, fanno guadagnare<br />
all’istituzione un respiro e un impegno civile che si manifesta per la prima<br />
volta quando a Napoli nel 1656 scoppia una terribile epidemia <strong>di</strong> peste.<br />
Questa pestilenza segna un momento drammatico della vita della città: la<br />
me<strong>di</strong>cina dei moderni sperimenta una <strong>di</strong>sperante impotenza, mentre il<br />
contagio si <strong>di</strong>ffonde inarrestabile grazie anche all’ignavia delle autorità e<br />
alla persistenza <strong>di</strong> un galenismo <strong>di</strong> stretta osservanza, non immune da<br />
infiltrazioni <strong>di</strong> carattere magico astrologico 3 . Negli anni <strong>su</strong>ccessivi la<br />
<strong>di</strong>stanza tra il fronte degli antichi e quello dei moderni aumenta, sino al caso<br />
più clamoroso: l’attacco condotto dai <strong>di</strong>fensori della tra<strong>di</strong>zione contro<br />
Sebastiano Bartoli.<br />
Nel 1663, infatti, l’ancor giovane Bartoli, che negli anni precedenti si era<br />
messo in luce componendo una serie <strong>di</strong> esercitazioni paradossali che<br />
attaccavano le credenze dei me<strong>di</strong>ci ‘regolari’, decide <strong>di</strong> pubblicarne alcune,<br />
insieme al <strong>su</strong>o sistema <strong>di</strong> astronomia microcosmica, come egli definiva la<br />
me<strong>di</strong>cina 4 . L’opera ottiene gli imprimatur ecclesiastici e civili, il libro viene<br />
stampato ma non può uscire: Carlo Pignataro, protome<strong>di</strong>co e capo ufficiale<br />
dei me<strong>di</strong>ci del Regno <strong>di</strong> Napoli, lo fa condannare da una sentenza delle<br />
1<br />
Preziose in<strong>di</strong>cazioni in questo senso vengono anche da M. H. FISCH, L’accademia degli<br />
Investiganti…, cit.<br />
2<br />
Basti citare le opere <strong>di</strong> T. Cornelio (Progymnasmata physica), S. Bartoli (Astronomiae<br />
microcosmicae), Leonardo Di Capua (Lezioni intorno alla natura delle mofete, e il Parere)<br />
che dell’accademia furono i fondatori.<br />
3<br />
Cfr. P. ZITO, Circa mun<strong>di</strong> constitutionem…, cit., pp 137-138; cfr. anche M. TORRINI,<br />
L’Accademia degli Investiganti <strong>di</strong> Napoli 1663-1670, in «Quaderni storici», XVI (1981),<br />
vol. 48, pp. 871-874; fra le vittime della peste si ricorda Marco Aurelio Severino, me<strong>di</strong>co e<br />
chirurgo <strong>di</strong> fama europea, e maestro <strong>di</strong> Cornelio, cfr. N. BADALONI, Introduzione a G. B.<br />
Vico…, cit., pp. 24-37; M. TORRINI, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Tommaso Cornelio…, cit.<br />
4<br />
Astronomiae microcosmicae systema novum, authore Sebastiano Bartolo parthenopo<br />
philosopho libero, cui <strong>su</strong>a<strong>su</strong> amicorum accessit exercitationum paradoxicarum decas in<br />
eversionem scholasticae me<strong>di</strong>cinae, opusculum in stu<strong>di</strong>orum authoris tyrocinio<br />
elucubratum ac non bene <strong>di</strong>gestum, Napoli, Novello de Bonis, 1663.<br />
21
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
autorità ecclesiastiche come blasfemo, e quasi tutte le copie stampate<br />
vengono confiscate e date alle fiamme 1 .<br />
I ‘sostenitori degli antichi’ però non si fermano a questo: si impegnano<br />
anche per impe<strong>di</strong>re che venga istituito un insegnamento <strong>di</strong> chimica<br />
nell’Università napoletana. Per il partito dei moderni la chimica era una<br />
<strong>di</strong>sciplina essenziale per la pratica della me<strong>di</strong>cina e tale <strong>di</strong>vieto li colpisce<br />
duramente. Il partito avverso ai moderni oltretutto, sempre per iniziativa <strong>di</strong><br />
Pignataro, riesce ad ottenere un decreto che impe<strong>di</strong>sce anche l’insegnamento<br />
privato della chimica che, ad esempio, tiene Di Capua 2 . I moderni, che in<br />
questo caso forse per la prima volta si muovono come fronte compatto,<br />
contestano la legalità <strong>di</strong> tale proibizione e pubblicano in data 28 settembre<br />
1663, un opuscolo anonimo in forma <strong>di</strong> rimostranza al Viceré e al Consiglio<br />
Collaterale, intitolato Discorso per <strong>di</strong>fesa dell’arte chimica, e de’ professori<br />
<strong>di</strong> essa. Nel quale si <strong>di</strong>mostra, che il legger privatamente la chimica in<br />
tempo <strong>di</strong> vacanze, così per li statuti delli Stu<strong>di</strong> publici, come per legge<br />
comune, non possa esser cosa prohibita 3 .Contro questo opuscolo viene<br />
stampato un Discorso nel quale si <strong>di</strong>mostra, che i Me<strong>di</strong>camenti Spagirici<br />
sieno per lo più mal sicuri, e pericolosi, e da non permettersi senza<br />
l’approbazione de’ Me<strong>di</strong>ci Galenisti: e che la lettura della chimica, benché<br />
privatamente, come non utile, debba restare proibita. Contro la nuova<br />
pretenzione de’ Moderni Chimici, scritto da tale Moinero <strong>di</strong> Giarbo 4 .<br />
1 Tre anni dopo il libro viene ristampato a Venezia, con alcune mo<strong>di</strong>fiche strutturali, mentre<br />
Bartoli as<strong>su</strong>me la carica <strong>di</strong> protome<strong>di</strong>co presso il nuovo vicerè Pietro D’Aragona.<br />
2 Cfr. M. TORRINI, ib.; <strong>su</strong> Bartoli, cfr. N. BADALONI, Introduzione a G. B. Vico…, cit., p.<br />
65; a pp. 70-71 Badaloni aggiunge: «in relazione ad una metodologia scientifica più<br />
moderna, l’opera del Bartoli può essere giu<strong>di</strong>cata come un momento <strong>di</strong> transizione tra il<br />
vecchio ed il nuovo». Attenua il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Badaloni, E. LOJACONO, L’arrivo del<br />
«Discours» e dei «Principia» in Italia: prime letture dei testi cartesiani a Napoli,<br />
introduzione al catalogo della mostra bibliografica Dalla scienza mirabile…, cit.,<br />
ristampato in «Giornale critico della filosofia italiana», LXXV (1996), n. 3, pp. p. 424; ma<br />
cfr. anche, S. SERRAPICA, Sebastiano Bartoli (1630-1676). La polemica tra «antichi» e<br />
«moderni»: dalla <strong>di</strong>sputa <strong>su</strong>lla macerazione dei lini nel lago <strong>di</strong> Agnano alla «Astronomia<br />
del Microcosmo», «Stu<strong>di</strong> filosofici», XIX (1996), pp. 177-222.<br />
3 Si può notare quella che <strong>di</strong>verrà una caratteristica del partito dei moderni: gli opuscoli in<br />
<strong>di</strong>fesa delle loro dottrine sono spesso il ri<strong>su</strong>ltato <strong>di</strong> un lavoro comune a un gruppo <strong>di</strong> filosofi<br />
e scienziati, o come tali almeno vengono presentati. Un caso abbastanza emblematico è<br />
rappresentato dalla Celeberrimorum virorum apologiae pro R. D. Carolo Musitano<br />
adver<strong>su</strong>s Petrum Antonium De Martino che avrò occasione <strong>di</strong> illustrare.<br />
4 In realtà Federico Meninni, che in seguito <strong>di</strong>venterà socio dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano e a<br />
cui Gimma de<strong>di</strong>cherà un capitolo nei <strong>su</strong>oi Elogi Accademici (G. GIMMA, Elogi<br />
accademici…, t. I, pp. 121-132). Cfr. M. TORRINI, Un episo<strong>di</strong>o della polemica tra ‘antichi’<br />
22
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quasi trent’anni, la polemica Musitano–De Martino ricalcherà<br />
questa prima <strong>di</strong>sputa.<br />
Il secondo punto fermo da tenere presente è che fra il 1670, anno in cui<br />
l’Accademia degli Investiganti cessa la <strong>su</strong>a attività, e il 1699, anno in cui<br />
viene stampato l’opuscolo contro Musitano, non si placano le polemiche<br />
<strong>su</strong>lla me<strong>di</strong>cina e la filosofia dei moderni. Ad esempio, nel 1676, Carlo<br />
Celano sferra un violento attacco alla nuova me<strong>di</strong>cina in un opuscolo dal<br />
titolo Avanzi delle Poste 1 . La Staffetta da Parnasso è la risposta <strong>di</strong> Gaetano<br />
Tremigliozzi a Celano. Il me<strong>di</strong>co Tremigliozzi ricorre allo pseudonimo<br />
Angelo Matteo Argirizzi, che è il <strong>su</strong>o nome anagrammato e finge, nella <strong>su</strong>a<br />
opera, che Apollo <strong>di</strong>a il bando a tutti i Galenici. A Celano e Tremigliozzi si<br />
aggiunge Giovanni Giacomo Lavagna, critico nei confronti <strong>di</strong> entrambi, che<br />
pubblica il Corriere spe<strong>di</strong>to da Parnasso, nel quale «finger volle, che la<br />
Maestà <strong>di</strong> Apollo per la <strong>su</strong>pplica <strong>di</strong> Reclamazione portata da’ Galenici per<br />
impe<strong>di</strong>re il decreto, esaminata la causa d’amendue le Scuole, e conoscendo,<br />
che la Me<strong>di</strong>cina instituita a beneficio del genere umano fosse stata da<br />
ciascheduno adulterata, avesse tutti i Me<strong>di</strong>ci scacciati da quella<br />
Repubblica» 2 . L’intervento <strong>di</strong> Lavagna provoca le reazioni <strong>di</strong> tutti i me<strong>di</strong>ci,<br />
e ‘moderni’: la <strong>di</strong>sputa <strong>su</strong>lla macerazione dei lini nel lago d’Agnano, in «Bollettino del<br />
<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Vichiani», V (1975).<br />
1 Degli avanzi delle poste del Signor Carlo Celano Parte prima. All’illustriss. Signore D.<br />
Giacomo Capece Galeota. Duca <strong>di</strong> S. Angelo a Fasanella, Cavaliere dell’habito <strong>di</strong> S.<br />
Giacomo, Decano del Supremo Conseglio Collaterale <strong>di</strong> Stato, Procancelliero del Regno <strong>di</strong><br />
Napoli, Signor <strong>di</strong> Corleto, Ottato, &c., Napoli, Appresso Antonio Bulifo, 1676. In questa<br />
opera Celano narra che «nelle serenissime corti, che stanno in Parnaso, sono morti gran<br />
Cortigiani, quasi repentinamente per la brevità del tempo, e con infermità non conosciute, il<br />
che ha ripieno tutti <strong>di</strong> spavento. Si è parlato malamente de’ Me<strong>di</strong>ci, <strong>di</strong>cendosi: o che non<br />
sanno conoscere più le febri, e le qualità de’ mali; o che siano collegati con certi cervelli<br />
moderni, i quali, per fare esperienza a spese de’ poveri ammalati, hanno lasciato <strong>di</strong><br />
camminare per le strade maestre, e vanno per certe oscure, e pericolose scortatoie, loro<br />
ad<strong>di</strong>tate da certe teste stralunate, che più ambiscono d’essere maestri stravaganti, che<br />
<strong>di</strong>scepoli so<strong>di</strong>; che stimano più la vanagloria d’essere inventori nella Fisica, che ingegnosi,<br />
e so<strong>di</strong> osservatori dell’inventato […]. Questi <strong>di</strong>scorsi arrivati all’orecchio<br />
dell’Eccellentissimo Protome<strong>di</strong>co Galeno l’attristorno molto. Ma perche si trattava della<br />
riputatione, e buon concetto, ch’è l’anima de’ me<strong>di</strong>ci, si portò da Sua Maestà, alla quale<br />
raccontò quanto occorreva, e con questo la <strong>su</strong>pplicò, come figlio <strong>di</strong> quella venerata Iside,<br />
che fu inventrice della Me<strong>di</strong>cina, a volersi degnare <strong>di</strong> convocare avanti della <strong>su</strong>a Real<br />
presenza, e delli Principi <strong>di</strong> Pindo tutto il Collegio me<strong>di</strong>cale; acciò che si fusse stata<br />
stracciata la Toga in publico, e venduta la Mula all’incanto ad istanza del Fisco; ma fatto<br />
soggiacere ad ogni più rigida pena ad arbitrio della Maestà Sua» (id., pp. 198-199). La<br />
riunione si conclude con la scacciata dei moderni dal Parnaso.<br />
2 Gaetano Tremigliozzi Consiglier-Promotoriale per l’Accademia degli Spensierati, in<br />
23
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
sia <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo moderno sia antico, al punto che l’autore viene costretto a<br />
ristampare l’opera, aggiungendovi una lettera, con la quale chiarisce che <strong>su</strong>a<br />
intenzione è solo <strong>di</strong>mostrare che la me<strong>di</strong>cina è una scienza eccessivamente<br />
complessa per averne una conoscenza piena e troppo incerta e fallace perché<br />
se ne possa avere fiducia.<br />
Tutte queste questioni ritroveremo più avanti, quando esamineremo la<br />
Nuova Staffetta da Parnasso 1 .<br />
Il quarto punto da tener fermo è che l’attacco dei galenici a Musitano viene<br />
letto, giustamente, come un attacco alla filosofia dei novatores, e alle<br />
istituzioni che la sostengono: le accademie 2 . Per questo, entrano in gioco le<br />
Elogi Accademici della società degli spensierati <strong>di</strong> Rossano, Parte II. Descritti dal dottor<br />
signor D. Giacinto Gimma promotor perpetuo della Medesima, Avvocato della Fedelis.<br />
Città <strong>di</strong> Napoli, ecc. pubblicati da Gaetano Tremigliozzi Consiglier-Promotoriale, colle<br />
Memorie storiche della società stessa aggiunte dal Medesimo in questa Seconda Parte, e<br />
con gli applausi accademici raccolti dal signor D. Padovano Guasco Segretario<br />
Promotoriale, ecc. Consecrati agl’Illustriss. ed Eccellentiss. Signori Eletti della fedeliss.<br />
Città <strong>di</strong> Napoli, in Napoli, a spese <strong>di</strong> Carlo Troise Stampatore Accademico della Medesima<br />
Società, 1703, t. II, p. 161. L’Elogio <strong>di</strong> Gimma (Id., pp. 153-170) ricostruisce con cura le<br />
polemiche che hanno per protagonista, appunto, Tremigliozzi.<br />
1 Su Tremigliozzi, oltre al già citato, essenziale Elogio <strong>di</strong> Gimma, sono interessanti le<br />
notazioni <strong>di</strong> G. MAUGAIN, Étude <strong>su</strong>r l’évolution intellectuelle de l’Italie de 1657 à 1750<br />
environ, Paris, Hachette, 1909, pp. 58-59, il quale nota che a Napoli, con Cornelio e Di<br />
Capua, «les deux champions les plus actifs des idées modernes furent […] Sébastien Bartoli<br />
et Gaétan Tremigliozzi». Quest’ultimo scelse come guide Cornelio e Bartoli, e «désormais,<br />
la jeune école n’eut pas de défenseur plus décidé. Il la vengea, en 1676, des injures de<br />
Charles Celano. En ces derniers temps, constatait celui-ci, la mort a décimé les nobles. Rien<br />
de moins étonnant. A leurs chevets s’asseoient des barbares qui, lin d’utiliser l’expérience<br />
de leurs devanciers, se permettent des essais désastreux <strong>su</strong>r les malades qu’on leur livre.<br />
Tremigliozzi répon<strong>di</strong>t, sous un pseudonyme, par la Staffetta da Parnasso. Pour fair passer<br />
les gens de vie à trépas, les galénistes défient, <strong>di</strong>t-il, toute rivalité, car ils sont partisans de la<br />
saignée. Pratiquée quatre ou cinq fois au cours d’une même mala<strong>di</strong>e, elle rend la mort<br />
inévitable». Cfr. anche pp. 132-133 <strong>su</strong>lla <strong>di</strong>ffusione della filosofia dei moderni in Puglia per<br />
opera <strong>di</strong> Tremigliozzi. Maugain utilizza a piene mani le pagine <strong>di</strong> Gimma de<strong>di</strong>cate a<br />
Tremigliozzi nei <strong>su</strong>o Elogi accademici.<br />
2 È celebre il passo dell’autobiografia vichiana che loda la funzione delle accademie,<br />
presentate come il luogo ideale per avvicinarsi agli stu<strong>di</strong>; G. B. VICO, Vita <strong>di</strong> Giambattista<br />
Vico scritta da se medesimo, in Opere filosofiche, introduzione <strong>di</strong> N. Badaloni, testi,<br />
versioni e note a cura <strong>di</strong> P. Cristofolini, Firenze, Sansoni, 1971, pp. 6-7: «Errando egli così<br />
fuori del dritto corso <strong>di</strong> una ben regolata prima giovanezza, come un generoso cavallo e<br />
molto e bene esercitato in guerra e lunga pezza poi lasciato in <strong>su</strong>a balìa a pascolare per le<br />
campagne, se egli avviene che o da una tromba guerriera, riscuotendosi in lui il militare<br />
appetito, gestsce d’esser montato dal cavaliere e menato nella battaglia; così il Vico,<br />
nell’occasione <strong>di</strong> una celebre Accademia degl’Infuriati, resttuita a capo <strong>di</strong> moltissimi anni<br />
in San Lorenzo, dove valenti letterati uomini erano accomunati co’ principali avvocati,<br />
senatori e nobili della città, egli dal <strong>su</strong>o genio fu scosso a riprendere l’abbandonato<br />
24
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
accademie e, nel caso in questione, quella degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano, del<br />
quale Musitano era membro dal 1696. In effetti l’Accademia <strong>di</strong> Rossano<br />
interviene a <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> un <strong>su</strong>o autorevole socio, e riafferma la propria<br />
peculiarità <strong>di</strong> nuovo luogo ideale d’incontro per i sostenitori della filosofia<br />
dei moderni e ideale proseguitrice dell’attività dell’Accademica degli<br />
Investiganti 1 . In questa prospettiva, le Memorie storiche della Società degli<br />
Spensierati <strong>di</strong> Rossano, <strong>di</strong> Gaetano Tremigliozzi, contengono una<br />
documentazione preziosa dell’attività della Società, oltre che della <strong>su</strong>a<br />
storia, e offrono importanti chiavi <strong>di</strong> lettura 2 . Tremigliozzi sottolinea, ad<br />
esempio, che i modelli istituzionali ai quali Gimma, Promotore Perpetuo<br />
dell’Accademia, fa riferimento sono la Royal Society e, soprattutto,<br />
l’Accademia dei Curiosi della Natura <strong>di</strong> Lipsia. Da quest’ultima, in effetti,<br />
l’abate aveva mutuato e il nome e lo statuto 3 .<br />
cammino, e si rimise in istrada. Questo bellissimo frutto rendono alle città le luminose<br />
accademie, perché i giovani, la cui età per lo buon sangue e per la poca sperienza è tutta<br />
fiducia e piena <strong>di</strong> alte speranze, s’infiammino a stu<strong>di</strong>are per via della lode e della gloria,<br />
affinchè poi, venendo l’età del senno e che cura le utilità, esse le si proccurino per valore e<br />
per merito onestamente».<br />
1 Nel 1696 i membri <strong>su</strong>perstiti del gruppo investigante si riuniscono, oltre che nella<br />
biblioteca <strong>di</strong> Valletta, ricchissima <strong>di</strong> opere scientifiche anche straniere, nell’Accademia<br />
degli Spensierati <strong>di</strong> Rossano, che comprende fra i <strong>su</strong>oi soci il me<strong>di</strong>co Lucantonio Porzio<br />
(1639-1713), dal 1670 professo <strong>di</strong> anatomia a Roma e dal 1687 a Napoli; Agnello Di<br />
Napoli, Tommaso Donzelli, figlio <strong>di</strong> Giuseppe Donzelli, Antonio Monforte e Gennaro<br />
D’Andrea, fratello <strong>di</strong> Francesco, Carlo Musitano. Cfr. S. RICCI, Momenti essenziali della<br />
<strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> Cartesio e dei ‘moderni’ a Napoli, in Dalla scienza mirabile …, cit., pp. 251-<br />
255; <strong>su</strong> Porzio, cfr. A. DINI, Filosofia della natura, me<strong>di</strong>cina, religione. Lucantonio Porzio<br />
(1639-1724)…, cit.<br />
2 G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche della Società degli Spensierati <strong>di</strong> Rossano, in Elogi<br />
Accademici…, cit., t. II, pp. 401-440. In Tremigliozzi l’antichità della Società si confonde<br />
quasi con l’antichità del luogo, ricco <strong>di</strong> storia e culla della cultura europea. Pure, «volendo<br />
dar’io qualche unione alle operazioni, e progressi della Società nostra, ho appena potuto<br />
aver tanta materia, che bastasse a <strong>di</strong>mostrare la dovuta loro continuazione; contuttociò […]<br />
non ho mancato descrivere quelle sole cognizioni, che mi è stato possibile poter ragunare».<br />
Con il topos dell’origine me<strong>di</strong>terranea, e più precisamente egizio-italico-greca, del sapere,<br />
che ricorre la cultura dei rossanesi all’antica filosofia pitagorica, Gimma e Tremigliozzi<br />
legittimano il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> Rossano a intervenire, con una <strong>su</strong>a Accademia, nelle più urgenti<br />
questioni scientifiche del tempo: «Descrivono più Autori l’aumento grande, che ricevè la<br />
Filosofia, colla scuola <strong>di</strong> Pitagora costituita nella Calabria; e si può fermamente credere,<br />
che da quella abbiano molto fiorito i Rossanesi nelle scienze; poicchè nello stesso<br />
Monastero Basiliano si veggono vari Volumi in lingua Jonica scritti, ed assai <strong>di</strong>fficili a<br />
potersi interpretare» (Id., p. 402). Cfr. anche M. MAYLENDER, Accademia degli Spensierati.<br />
Rossano, in Storia delle Accademie d’Italia, vol. V, Bologna, Cappelli, 1930, pp. 239-243.<br />
3 Id., pp. 425-426. Cfr. Praemissa, Historia <strong>su</strong>ccinta et brevis ortus et progres<strong>su</strong>s S. R. Imp.<br />
Academiae Naturae Curiosorum, in Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica Academiae<br />
25
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
1. L’Accademia degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano: nuovi modelli <strong>di</strong><br />
organizzazione del sapere.<br />
È importante, a questo punto, ripercorrere brevemente le tappe dei primi<br />
anni dell’accademia da quando Gimma ne <strong>di</strong>viene Promotore Perpetuo, nel<br />
1695 al 1703, anno <strong>di</strong> pubblicazione degli Elogi accademici.<br />
Dell’Accademia, dopo la stagione <strong>di</strong>retta dall’abate si perdono le tracce.<br />
Da Tremigliozzi si apprende che è con Gimma - già membro <strong>di</strong> numerose<br />
accademie tra le più prestigiose d’Italia 1 - che l’Accademia degli<br />
Naturae Curiosorum sive Ephemeridum Me<strong>di</strong>co-Physicarum Germanicarum curiosarum<br />
annus Primus. Anni scilicet MDCLXX mi continens celeberrimorum Me<strong>di</strong>courm in et estra<br />
Germaniam Observationes Me<strong>di</strong>cas et Physicas, vel Anatomicas, vel Botanicas, vel<br />
Pathologicas, vel Chirurgicas, vel Therapeuticas, vel Chymicas. Praefixa Epistola<br />
invitatoria ad celeberrimos me<strong>di</strong>cos Europae. Lipsiae <strong>su</strong>mpt. Viti Jacobi Trescheri<br />
Bibliopol. Wratislav. Typis Johannis Baueri, Anno 1671, t. II, in particolare Sacri Romani<br />
Imperii Academiae Naturae Curiosorum auctae et reformatae leges, dove vengono<br />
riportate le leges dell’accademia, e le lettere <strong>di</strong> Sachs, T. Bartholinus, e <strong>di</strong> altri, che<br />
delineano le linee <strong>di</strong> ricerca che verranno applicate nell’accademia, e <strong>di</strong> cui si troverà<br />
riscontro nelle Effemeri<strong>di</strong>.<br />
1 Nel mese <strong>di</strong> luglio 1694 Gimma è aggregato all’Accademia del Platano <strong>di</strong> Roma, nel mese<br />
<strong>di</strong> agosto dello stesso anno all’Accademia degl’Infecon<strong>di</strong> sempre <strong>di</strong> Roma. Nel 1695 è<br />
eletto Promotore-Con<strong>su</strong>ltore nel Regno <strong>di</strong> Napoli per l’Accademia dei Pellegrini <strong>di</strong> Roma e<br />
lo stesso anno viene eletto Promotore Generale per l’Accademia dei Pigri <strong>di</strong> Bari. Nel<br />
febbraio 1696 è associato all’Accademia degli Uniti <strong>di</strong> Napoli, e a novembre è eletto<br />
all’unanimità Promotore-Censore per l’Accademia degli Spensierati <strong>di</strong> Rossano: cfr. G.<br />
TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, pp. 407-408; ma cfr. anche G. GIMMA, Autobiografia<br />
<strong>di</strong> NN, Ms. coll. I, 10, cc. 269-276, Biblioteca Nazionale ‘Sagarrica Visconti Volpi’ <strong>di</strong> Bari.<br />
D’ora in avanti BNB; D. GIUSTI, Vita ed opere dell’abate Giacinto Gimma, Bari, Fusco,<br />
1923, p. 22. Secondo G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., p. 409, il Principe<br />
dell’Accademia dei Pigri aveva moltiplicato le istanze per indurre Gimma, ‘a forza <strong>di</strong><br />
argomenti’, a non trascurare le glorie della Patria, facendogli anche scrivere dal Canonico<br />
Michele Simi, Segretario dell’Adunanza, e «Soggetto assai eru<strong>di</strong>to, con lettera […] che<br />
principiava con queste parole: La ritrosa modestia, colla quale s’ingegna V. S. Illustrissima<br />
insinuarci i <strong>su</strong>oi sentimenti per <strong>di</strong>spensarsi dall’impiego del <strong>su</strong>o nobilissimo talento a pro <strong>di</strong><br />
questa Accademia de’ Pigri, dà pur troppo chiaramente a <strong>di</strong>vedere la gelosa stima, che fa<br />
del nuovo glorioso titolo dell’Accademia <strong>di</strong> Roma […]. Ma non ostante qualsisia<br />
rimostranza in contrario, fissa più che mai nella già presa risoluzione la nostra Adunanza,<br />
né può, né vuole in conto alcuno sfornirsi <strong>di</strong> quei virtuosi fregi, da’ quali spera col mezo<br />
dell’eru<strong>di</strong>to ingegno <strong>di</strong> V. S. Illustriss. vedersene tra breve ricamato dalla gloria a <strong>di</strong>vise <strong>di</strong><br />
splendori un famoso ammanto, etc». la lettera porta la data del 23 luglio 1695. Non poteva<br />
Gimma rifiutare l’impegno, e – ma questo Tremigliozzi esplicitamente non lo <strong>di</strong>ce – l’abate<br />
barese fu quasi costretto ad accettare «per non farsi conoscere ingrato verso la Patria».<br />
Tornato a Bari nel 1696, ben presto cominciarono «alcune civili <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e», e per vivere<br />
«colla <strong>su</strong>a quiete, ne fe volontaria rinunzia, abbandonando nella Patria quegli onori, che<br />
fuori <strong>di</strong> essa avea ricevuti». Non sappiamo che natura avessero queste civili <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e,<br />
26
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Spensierati, ribattezzata dal nuovo Promotore degli Incuriosi, acquista<br />
finalmente il ruolo che le spetta fra le altre accademie d’Italia e che molte<br />
altre accademie gli avevano offerto lo stesso incarico, ma che l’abate aveva<br />
preferito rinunciare per amore dei <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> 1 .<br />
Gimma si impegna in effetti a risollevare l’Accademia dallo stato <strong>di</strong><br />
abbandono in cui versava ormai da troppi anni e mutua il modello<br />
dell’Accademia romana dei Pellegrini 2 . In questo modo ottiene numerose<br />
adesioni da parte <strong>di</strong> scienziati e filosofi che provengono da ogni parte<br />
d’Italia 3 e consolida ed estende la fama dell’Accademia calabrese degli<br />
anche perché né Tremigliozzi, né Mauro<strong>di</strong>noja ne parlano, ma è evidente che la ritrosia <strong>di</strong><br />
Gimma ad accettare la carica offertagli dall’accademia barese era giustificata da oggettive<br />
incompatibilità, che lo costrinsero poi ad abbandonare la funzione <strong>di</strong> Promotore.<br />
Sull’Accademia dei Pigri, cfr. le notizie in P. SORRENTI, Le accademie in Puglia dal XV al<br />
XVIII secolo, Bari, Laterza et Polo, 1965, pp. 17-25.G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…,<br />
p. 407: Dimorava a Napoli per «cagione degli stu<strong>di</strong> legali, a’ quali s’era tutto applicato D.<br />
Giacinto Gimma <strong>di</strong> Bari […] quale più tosto intento alle <strong>su</strong>e occupazioni, che agli affari<br />
Accademici, si vide in età giovanile aggregato all’Accademie del Platano, e degl’Infecon<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> Roma nel 1694, senza che in quella Città stato mai fosse. Diè saggio della <strong>su</strong>a dottrina<br />
alle medesime Adunanze, che si <strong>di</strong>chiararono <strong>di</strong> non essersi ingannate nell’onorarlo colle<br />
aggregazioni; conforme dalle stesse lor lettere Accademiche si ricava, delle quali in altra<br />
occasione ho alcune pubblicate, che potei con qualche destrezza aver nelle mani».<br />
Tremigliozzi si riferisce alla lettera pubblicata nella Nuova Staffetta..., cit., p. 301.<br />
1 G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., p. 409.<br />
2 Cfr. M. MAYLENDER, Storia delle Accademie d’Italia…, cit., pp. 239-240: «L’origine <strong>di</strong><br />
quest’illustre Accademia si riconduce alle <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e insorte circa l’anno 1540 in seno<br />
all’altra letteraria adunanza […] dei Naviganti […]. Un esodo dai Naviganti, promosso da<br />
Camillo Toscani, contribuì a far nascere fra i <strong>di</strong>ssidenti l’idea d’una nuova Accademia, che<br />
<strong>di</strong> fatto fu poco dopo formato col nome degli Spensierati e l’Impresa d’un Alcinoe in mar<br />
tempestoso, col motto: ADVERSA SECURUS […] tutt’e due le Accademie […] in breve si<br />
spensero. Quella degli Spensierati si riebbe nel 1600, essendo stato eletto a Principe<br />
Giuseppe Marino, dottore <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina, il quale, dopo Camillo Toscani e Mario Paramatti,<br />
fu il terzo <strong>su</strong>o capo. A lui <strong>su</strong>ccesse nel Principato accademico Francesco Di Lanzo, poi<br />
Carlo Blasco, Principe per ben 13 anni, e quin<strong>di</strong> il canonico D. Ignazio Di Lauro».<br />
Chiamato in qualità <strong>di</strong> promotore Gimma, e «accettata che egli ebbe nel 1695 la detta<br />
incombenza ed as<strong>su</strong>nta nell’Accademia la particolare Impresa d’un giglio secco, che per<br />
l’acqua scorrentegli appresso, pullula e si rinnova, ed il motto: REDIERE IN PRISTINA VIRES,<br />
nonché il nome <strong>di</strong> Rinascente, il Gimma si fece iniziatore della riforma delle leggi<br />
accademiche […], dopo d’aver mutato e latinizzato il titolo dell’Accademia in quello <strong>di</strong><br />
INCURIOSORUM».<br />
3 A proposito dell’importanza che veniva attribuita a questa iniziativa, cfr. la recensione<br />
anonima (forse dello stesso Gimma) pubblicata in «Galleria <strong>di</strong> Minerva», tomo V, p. 78:<br />
«Da Accademia <strong>di</strong> Belle Lettere, qual’era stata da lungo tempo, riformandola con nuove<br />
leggi e facendola <strong>di</strong>venire Società Scientfica, dopo aver aggregati alla medesima i primi<br />
letterati dell’Europa, l’ha renduta <strong>di</strong> stima ragguardevole, pubblicando le glorie della<br />
medesima colle vite de’ <strong>su</strong>oi virtuosi colleghi». Dove la pubblicazione delle glorie<br />
dell’accademia va intesa come la pubblicazione degli Elogi accademici…<br />
27
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Spensierati. Tremigliozzi riporta le leges dell’accademia, che sono un<br />
documento <strong>di</strong> grande importanza per comprendere la posizione che Gimma<br />
as<strong>su</strong>merà nella polemica Musitano-De Martino e dunque nel Ju<strong>di</strong>cium. A<br />
queste leges sarà bene fare riferimento per comprendere anche tutto il<br />
percorso intellettuale <strong>di</strong> Gimma così come si manifesterà anche nelle<br />
<strong>su</strong>ccessive opere a stampa 1 .<br />
Le Leges dell’Accademia degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano regolano l’attività<br />
dell’accademia: stabiliscono finalità, forme <strong>di</strong> collaborazione e regole<br />
precise, che guideranno la vita della Società rossanense sia nella normale<br />
attività, sia – come è <strong>su</strong>ccesso nella vicenda Musitano – in situazioni<br />
eccezionali 2 . Le Reformatae Incuriosorum leges sono <strong>di</strong>vise in sette leggi<br />
particolari, o capitoli, <strong>di</strong> cui il primo, posta l’Accademia sotto la protezione<br />
<strong>di</strong> S. Niccolò <strong>di</strong> Bari, e dei Santi Nilo e Bartolomeo Abati, patroni della città<br />
<strong>di</strong> Rossano, fissa quale sia lo scopo dell’Accademia: «Dei omnipotentis<br />
gloria, Scientiarum me<strong>di</strong>tatio, et ingeniorum stu<strong>di</strong>um […], in Academiae<br />
Incuriosorum augmentum, et Civitatis Rusciani splendorem propositus finis<br />
esto» 3 . La Lex II detta le normative per le cariche accademiche 4 . La Lex III<br />
riguarda l’elezione <strong>di</strong> un Promotore perpetuo, il quale, chiamato a governare<br />
l’Accademia, e in<strong>di</strong>pendente dal Principe, ha facoltà <strong>di</strong> scegliersi, nel luogo<br />
in cui risiede abitualmente, oppure in quello abitato dal maggior numero <strong>di</strong><br />
1 Cfr. Reformatae Incuriosorum leges per Hyacinthum Gimma Perpetuum Societatis<br />
Promotorem, etc., in G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., pp. 433-439; le leges sono<br />
firmate «Hyacinthus Gimma Promotor» che «haec sanxit, et Academiae ju<strong>di</strong>cio tra<strong>di</strong><strong>di</strong>t<br />
approbanda. Neapoli <strong>di</strong>e 10 Januarii 1696».<br />
2 G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., p. 427, dova a proposito delle leggi scrive:<br />
«acciochè <strong>di</strong>vengano comuni, mi è paruto qui descrivere per intelligenza non solo de’ nostri<br />
Accademici, che nuovamente si vanno da giorno in giorno aggregando, ma <strong>di</strong> quei Virtuosi,<br />
che hanno il desiderio <strong>di</strong> averle sotto l’occhio. E dalle medesime si potrà facilmente<br />
raccogliere qual sia l’Instituto dell’Accademia, ed in qual maniera venga ella governata,<br />
senza che io mi affatichi a dare <strong>di</strong> tutto ciò una piena cognizione». Cfr. M. MAYLENDER,<br />
Storia delle Accademie d’Italia…, cit., p. 240, scrive che le leggi «degli Incuriosi, dettate in<br />
elegante lingua latina, costituiscono senz’altro un modello del genere, vuoi per la<br />
straor<strong>di</strong>naria laconicità, vuoi per la saggezza delle <strong>di</strong>sposizioni»<br />
3 G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., p. 433.<br />
4 Id., pp. 434-435, in essa affermato che «Summa Societatis facultas in Principe, et<br />
Promotore elucescat». Il Principe e i <strong>su</strong>oi principali collaboratori sono eletti «communi<br />
Sociorum Rusciani voto»; le altre cariche accademiche sono quelle <strong>di</strong> Censore-assistente,<br />
nel numero <strong>di</strong> due, <strong>di</strong> Segretario dell’Accademia, un Provve<strong>di</strong>tore, due Prefetti e un bidello,<br />
i quali «initio cujuslibet anni creare, sive creatos confirmare, ipsamque Academiam in<br />
Rusciani iure congregare ac <strong>di</strong>rigere; et Ruscianenses, aliosque eru<strong>di</strong>tos eiusdem Provinciae<br />
viros Societati adscribere».<br />
28
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
aggregati, quattro Consiglieri, un adeguato numero <strong>di</strong> Censori e due<br />
Segretari; ha inoltre, e soprattutto, l’autorità <strong>di</strong> aggregare altri stu<strong>di</strong>osi<br />
all’Accademia, senza limiti <strong>di</strong> numero, previo semplice avviso al Principe<br />
dell’adunanza 1 . Probabilmente, i problemi incontrati all’Accademia dei<br />
Pigri <strong>di</strong> Bari, inducono Gimma ad assicurarsi per statuto l’autonomia<br />
decisionale che gli permette <strong>di</strong> gestire una politica <strong>di</strong> affiliazione consona<br />
alle ambizioni <strong>su</strong>e e dell’Accademia. La Lex IV stabilisce le modalità<br />
dell’aggregazione, e <strong>su</strong>d<strong>di</strong>vide gli Accademici in nove classi: «Peculiares<br />
demum constituant Classes Grammatici, Rhetores, Poetae, Historici,<br />
Philosophi, Me<strong>di</strong>ci, Mathematici, Jurisperiti, Theologi, et illustres Viri» 2 ,<br />
mentre la Lex V regola l’or<strong>di</strong>ne delle sessioni accademiche e delle<br />
<strong>di</strong>scussioni. La Lex VI as<strong>su</strong>me una rilevanza particolare: prescrive quali<br />
con<strong>di</strong>zioni gli accademici debbano rispettare per ottenere che nei testi a<br />
stampa figuri il titolo <strong>di</strong> Accademico Spensierato o Incurioso. Stabilisce<br />
inoltre che le opere degli accademici vengano sottoposte a cen<strong>su</strong>ra<br />
preventiva, che siano impresse presso lo stampatore dell’Accademia e che<br />
1 Id., p. 435: «Promotor <strong>su</strong>mmam Academiae potestatem extra Ruscianum eserceat, eiusque<br />
decus promoveat: <strong>su</strong>os eligat singulis annis Consiliarios quatuor Promotoriales, quibus<br />
Societatis negotia communicet, duplicem Secretarium et plures in Civitatibus Censores:<br />
veris et hyemis mensibus, prout sibi videbitur, novos adscribat Societati socios in <strong>su</strong>as<br />
Classes <strong>di</strong>stributos; eisdemque Testimoniales literas Principis, et Academiae auctoritate sibi<br />
communicata <strong>di</strong>stribuat: Volumina Societatis facultate edenda permittat: Illius Acta<br />
scientifica evulgari curet: Academicos excitet, atque compellat ad literarios labores: inertes,<br />
factiosos, inobsequenes, et alios qui de Societate male merentur, proscribat, eorumque<br />
nomina ex Collegarum albo expungat, et deleat; laboriosos vero complectatur, et protegat.<br />
Legum perplexitati, si qua foret, ac necessitati <strong>su</strong>ppleat Principis consen<strong>su</strong>; et aliquam ex<br />
occasione reddat leniorem, aut duriorem; ubique demum fuerit, socio Incuriosorum titulo<br />
sibi liceat congregare; Ianuarii autem mense Officiales creare, sive confirmare quolibet<br />
anno».<br />
2 Id., pp. 436-437: «Nullus, nisi aut pravia ipsiusmet petitione, aut alterius Academici in<br />
socium recipiatur, sive <strong>su</strong>pplici libello, sive epistola; sitque clarus genere, moribus, aut<br />
scientia, aut ministerio, aut laurea Doctorali in aliqua Facultate insignitus, aut in aliqua<br />
Academia laudabili receptus et a Censoribus, aut ab alioquo Socio approbatus; annumque<br />
vigesimumprimum excedat, nisi aetatem doctrina <strong>su</strong>perari ostendant eius opera, et<br />
ingenium. Admis<strong>su</strong>s, testimonialibus literis acceptis, eucharisticam epistolam Principi, vel<br />
Promotori, vel Academiae transmittat, neque respon<strong>su</strong>m aliquod, aut titulum honorificum,<br />
eisdem Academiam representantibus, debitum exquirat, nisi eorundem placito. Receptorum<br />
autem nomina in <strong>su</strong>as classes <strong>di</strong>stributa, in prima Academiae sessione a Secretario<br />
publicentur, et describantur in Academicis Ephemeri<strong>di</strong>bus, quas una cum lectionibus,<br />
epistolis, poematis, aliisque voluminibus Cancellarius asservet. Recentior tamen<br />
Incuriosorum Catalogus, Societatis facultate e<strong>di</strong>tus semper attendatur, et in eodem<br />
tantummodo descripti pro Academicis recognoscantur».<br />
29
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
una copia sia depositata presso la Biblioteca. La regola <strong>su</strong>ccessiva, <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>fesa collettiva da attacchi rivolti alle opere approvate e pubblicate sotto<br />
l’egida dell’accademia, è una <strong>di</strong>retta conseguenza <strong>di</strong> questa premessa. Per<br />
questo è rigidamente imposta la legge che nes<strong>su</strong>n accademico può fregiarsi<br />
del titolo <strong>di</strong> socio dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano, se non ha prima ottenuto il<br />
permesso scritto dal Promotore, che deve a <strong>su</strong>a volta con<strong>su</strong>ltare la<br />
commissione <strong>di</strong> cen<strong>su</strong>ra, chiamata a pronunciarsi anche <strong>su</strong>lle opere del<br />
medesimo 1 . L’ultima legge, infine, tratta dell’operosità degli accademici<br />
stranieri 2 . L’importanza della sesta lex risalterà proprio in occasione della<br />
polemica che coinvolgerà Musitano, le cui opere erano state approvate<br />
dall’Accademia.<br />
2. L’affaire Musitano-De Martino e gli attacchi alla nuova me<strong>di</strong>cina<br />
Sono ora chiari i motivi che hanno spinto Tremigliozzi e Gimma a<br />
pubblicare la Nuova Staffetta Parnasso 3 . Se l’opera evidenzia che<br />
1 Id., pp. 437-438: «In librorum e<strong>di</strong>tione Incuriosorum Academicum affirmari nemini sit<br />
licitum, nisi obtenta in scriptis licentia a Promotore, praecedente operis recognitione a<br />
Censoribus electis facta, aut saltem recepto eius consen<strong>su</strong>; eodemque uti posse titulo,<br />
maximi sit decoris, et pro non vulgari honoris nota in Societate habeatur. Promotor ipse <strong>su</strong>a<br />
opera tradat recognoscenda aliquibus Consiliariis, et eorum sententia Promotoris titulo, et<br />
auctoritate Academica utatur. Promotoris sit Socios eligere, qui Academici librum<br />
Societatis facultate, et approbatione e<strong>di</strong>tum, et a criticis ad cen<strong>su</strong>ram vocatum defendant<br />
scriptis, et voluminibus, eiusdemque causam amplectantur. E<strong>di</strong>ta aliquot volumina quilibet<br />
Promotori, et Academiae a Cancellario servanda transmittat. Typographis Academicis uti<br />
omnibus convenit, qui nihil nisi a Societate approbatum e <strong>su</strong>is typis evulgent; neque<br />
Academico liceat absque Societatis, Promotorisve licentia librum contra aliquem<br />
Academicum evulgare».<br />
2 Id., pp. 438-439: «Exteri <strong>su</strong>as mittant elucubrationes, vel rerum naturalium experimenta,<br />
vel Carmina quolibe saltem anno, prout Promotori videbitur, in Academiae sessionibus<br />
perlegena, et in Actis Academicis evulganda». Nes<strong>su</strong>no, poi può fregiarsi del simbolo<br />
dell’Accademia «nisi Principis, aut Promotoris consen<strong>su</strong>»; rappresentante «Lilia crescentia,<br />
et perfecta in florido horto cum epigraphe: Non alunt curas».<br />
3 D. MAURODINOJA, Breve ristretto della vita dell’abate Giacinto Gimma descritta secondo<br />
l’or<strong>di</strong>ne de’ tempi, in «Raccolta <strong>di</strong> opuscoli scientifici dell’abate Calogerà», XVII, 1737,<br />
pp. 375-376, ricorda «che […] si videro tosto a favore del Musitano uscite dalle stampe <strong>di</strong><br />
Francoforte la nuova Staffetta <strong>di</strong> Parnaso circa gli affari della Me<strong>di</strong>cina, la quale benché<br />
porti in fronte il nome <strong>di</strong> Gaetano Tremigliozzi; fu però, a <strong>di</strong>r vero, fatica del medesimo D.<br />
Giacinto Gimma». Sulla base <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> Mauro<strong>di</strong>noja, C. Vasoli, attribuisce<br />
la Nuova Staffetta a Gimma, cfr. C. VASOLI, L’abate Gimma e la «Nova Encyclopae<strong>di</strong>a»…,<br />
cit., p. 824, dove a proposito <strong>di</strong> C. Musitano scrive che «intorno alle <strong>su</strong>e dottrine si svolse<br />
una vasta polemica che impegnò, tra gli altri, Gabriele Fontana e Giacomo Lavagna, ed alla<br />
quale rispose la Nuova Staffetta del Parnaso circa gli affari della Me<strong>di</strong>cina pubblicata del<br />
30
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
rimangono ancora aperte alcune fondamentali questioni (ad esempio, quella<br />
relativa alla definizione del metodo della scienza), che ancora forte è<br />
l’opposizione alla nuova filosofia da parte delle istituzioni e che, anche<br />
all’interno del partito dei moderni, vi sono posizioni non univoche, come<br />
<strong>di</strong>mostrano le <strong>di</strong>fferenti posizioni <strong>di</strong> Tremigliozzi e Gimma all’interno della<br />
stessa Nuova Staffetta, tuttavia essa, <strong>su</strong> <strong>di</strong> un punto non secondario, presenta<br />
univocità <strong>di</strong> vedute tra i due autori: ‘parlar me<strong>di</strong>ce’ è la stessa cosa che<br />
‘parlar philosophice’ 1 . L’espressione <strong>di</strong> Tremigliozzi è pienamente<br />
con<strong>di</strong>visa dall’abate. Me<strong>di</strong>co e filosofo si rispecchiano l’un l’altro e non c’è<br />
questione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina che un filosofo non possa trattare e, quin<strong>di</strong>, un<br />
me<strong>di</strong>co può e deve trattare questioni <strong>di</strong> filosofia. Tremigliozzi avvalora<br />
questa affermazione con l’immagine dell’arbor scientiarum ch’egli mutua<br />
da Cicerone, ricordando che non può davvero definirsi me<strong>di</strong>co chi non cerca<br />
<strong>di</strong> comprendere i misteriosi processi naturali e che per compiere una<br />
proficua ricerca occorre essere padroni <strong>di</strong> molteplici rami delle scienze. Ciò<br />
che solo il filosofo può fare 2 .<br />
Il filosofo che Tremigliozzi descrive in queste interessanti pagine è, nello<br />
specifico, Gimma. Si vedrà, infatti, che queste <strong>di</strong>chiarazioni sono messe in<br />
bocca a Giusto Lipsio per <strong>di</strong>fendere il <strong>di</strong>ritto, che i <strong>di</strong>fensori della me<strong>di</strong>cina<br />
antica non vorrebbero concedere, dell’autore <strong>di</strong> una Encyclopae<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />
intervenire in questioni <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. Una prima notazione da fare, quin<strong>di</strong>, è<br />
questa: il filosofo, secondo Tremigliozzi, è anzitutto un filosofo<br />
‘sperimentale’ e domina l’intero universo del sapere, l’intero albero, oppure<br />
‘circolo’ delle scienze chiamato ‘enciclope<strong>di</strong>a’ 3 . Le scienze cui pensa<br />
Tremigliozzi però non sono quelle che hanno un fondamento matematico,<br />
ad esempio, l’astronomia: si tratta, piuttosto, <strong>di</strong> saperi contrad<strong>di</strong>stinti non da<br />
apo<strong>di</strong>ttiche certezze, ma dalla tensione verso una operatività imme<strong>di</strong>ata. Di<br />
scienze, cioè, che offrano una ricaduta pratica che non solo ne assicuri la<br />
vali<strong>di</strong>tà, ma ne convali<strong>di</strong> la verità. Caratteristica <strong>di</strong> questo modello<br />
scientifico è una soglia <strong>di</strong> formalizzazione, sorprendentemente bassa: il<br />
Sig. Gaetano Tremigliozzi […], scritta in realtà proprio dal Gimma». In realtà l’operetta <strong>di</strong><br />
Tremigliozzi costituisce un ampliamento della prima Staffetta.<br />
1 Cfr. G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., pp. 288-291.<br />
2 Cfr. Id., p. 289.<br />
3 Cfr. Id., p. 297.<br />
31
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
mondo delle matematiche, quin<strong>di</strong>, sembra estraneo alla cultura degli autori<br />
della Nuova Staffetta.<br />
Da parte <strong>di</strong> Gimma, d’altro canto, c’è la profonda convinzione che le<br />
scienze, e in questo caso la scienza me<strong>di</strong>ca, conoscano degli stati evolutivi –<br />
dalla semplice osservazione alla ‘ratio’ – che storicamente si manifestano<br />
secondo un processo simile alla crescita <strong>di</strong> un organismo 1 . Si tratta<br />
comunque <strong>di</strong> un processo che avviene nella storia, e che storicamente va<br />
indagato, inseguendolo anche dentro le favole, anch’esse fonte<br />
in<strong>di</strong>spensabile della sapienza, e quin<strong>di</strong> da non respingere, ma da vagliare<br />
criticamente cogliendone gli elementi positivi 2 .<br />
Che ‘parlar me<strong>di</strong>ce’ e ‘parlar philosophice’ siano la stessa cosa è<br />
un’opinione che i due autori della Nuova Staffetta accolgono da un topos<br />
ampiamente <strong>di</strong>ffuso a Napoli e non solo. Non sono soltanto le gran<strong>di</strong><br />
personalità, Severino e Cornelio, Sebastiano Bartoli, o Di Capua, a proporre<br />
questa identificazione: essa viene ormai accettata come luogo comune.<br />
Gimma, in Sylva I, annota da Lavagna, un autore certo non favorevole ai<br />
moderni, proposizioni che denotano come la progressione naturale dalla<br />
filosofia alla me<strong>di</strong>cina facesse parte <strong>di</strong> un comune universo <strong>di</strong> pensiero:<br />
«Per principii» scrive Lavagna «tiene fra gli altri Anassimene l’aria.<br />
Achelao l’aria, e l’infinito, aggiungendovi il raro, e ’l denso. Metrodoro gli<br />
atomi e ’l vacuo. Zenone Dio, e la Materia. Il Telesio, il caldo, il freddo, e la<br />
materia, a’ quali il Campanella aggiunge le tre formalità essenziative, cioè<br />
Potenza d’essere, Sapienza d’essere, ed Amor d’essere. Il Patrici tiene per<br />
principio lo Spazio, il Lume, il Calore, e ’l fluore»; Gassen<strong>di</strong> «i principi<br />
crede, che siano gli Atomi, quali egli vuole, che siano mobili, <strong>di</strong> grandezza<br />
1 Cfr. G. GIMMA, Sylva I, p. 179: «Incepit Ars meden<strong>di</strong> observatione, crevit exemplis,<br />
formata est ratione. Ab incurabilis Aegyptiacis, adolescentia <strong>su</strong>b Hippocrate, eiusque<br />
commentatoribus, Graecorum, Arabum, Latinorum, aliorumque variae aetates perquirantur.<br />
Perquirantur dein, et As<strong>su</strong>larum novi morbi, novaque reme<strong>di</strong>a, in senio denique<br />
microscopiorum ope detecta Anatomicorum, Physicorum, Practicorum inventa, statusque<br />
adeo praesens excutiatur, ita quidem ut quid quisque boni pro salute humana attulerit,<br />
expendatur, et trutina imprimis, et veritate experimentorum, et experientia examinatum<br />
colligatur».<br />
2 Negli anni della polemica fra Musitano e De Martino, il me<strong>di</strong>co e accademico<br />
dell’Arca<strong>di</strong>a Bernar<strong>di</strong>no Ramazzini, membro dell’Accademia dei Curiosi della Natura <strong>di</strong><br />
Germania con il nome <strong>di</strong> ‘Terzo Ippocrate’, batteva le campagne per farsi spiegare dai<br />
conta<strong>di</strong>ni le antiche pratiche farmaceutiche della me<strong>di</strong>cina popolare, venata <strong>di</strong> magia<br />
eppure efficace. Cfr. G. COSMACINI, Me<strong>di</strong>ci nella storia d’Italia. Per una tipologia della<br />
professione me<strong>di</strong>ca, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1996, p. 18.<br />
32
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
<strong>di</strong>spari, e <strong>di</strong> varie figure dotati, in<strong>di</strong>visibili non per natura, ma per la<br />
picciolezza, quale non puossi dal senso comprendere»; <strong>Descartes</strong> «il Moto, e<br />
la Materia, e questa in tre generi <strong>di</strong>visa, cioè uno costitutivo <strong>di</strong> particelle<br />
<strong>di</strong>visibili in minuzie d’indefinita picciolezza, l’altro <strong>di</strong> minimi <strong>di</strong><br />
determinata quantità, e l’altro <strong>di</strong> particelle più crasse, e <strong>di</strong> figura meno atta<br />
al moto. Dal primo egli vuole, che sia costituito il sole, e le stelle fisse; dal<br />
secondo il Cielo, dal terzo la Terra, le Piante, e le comete» 1 ; Ippocrate<br />
confessa «che più egli ne uccise, che ne sanasse, nella lettera a Democrito<br />
lib. 8, Ego sane plus reprehensionis, quam honoris ex arte mihi consecutus<br />
reperio. La me<strong>di</strong>cina più offende, che giovi, <strong>di</strong>ce Avicenna P. 3, doct. 2, c.<br />
Me<strong>di</strong>cina purgat, et inveterat» 2 . Tale era secondo Lavagna lo scetticismo nei<br />
confronti <strong>di</strong> questi me<strong>di</strong>ci e filosofi naturali che i «Lacedemoni, e gli Arca<strong>di</strong><br />
giammai si vollero servir <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ci […]. Nè i Turchi, e <strong>di</strong>ce Cardano […],<br />
Quis non videt adhuc Turcicam gentem sine illis me<strong>di</strong>cis vivere, ac longe<br />
melius? Ne anco si servirono gli Egizzi, i Babilonii, i Portughesi» 3 .<br />
Autori pure tanto <strong>di</strong>versi tra loro, il ‘tra<strong>di</strong>zionalista’ Lavagna e il ‘moderno’<br />
Gimma utilizzano spesso le medesime fonti, costituite in gran parte da opere<br />
eru<strong>di</strong>te. In esse i due autori trovano elaborato un modello <strong>di</strong> sapere che<br />
mette insieme me<strong>di</strong>cina e filosofia, antichi e moderni, paracelsisti e<br />
corpuscolaristi. In queste fonti non rilevano le contrad<strong>di</strong>zioni che gli<br />
interpreti moderni enfatizzano; <strong>di</strong> esse, anzi, si servono sia a <strong>di</strong>fesa del<br />
nuovo modello <strong>di</strong> filosofia sperimentale – è il caso <strong>di</strong> Gimma -, sia a <strong>di</strong>fesa<br />
della filosofia recepta – è il caso <strong>di</strong> Lavagna e, pressappoco negli stessi<br />
anni, dell’Aletino. Per Gimma la me<strong>di</strong>cina si presenta come un para<strong>di</strong>gma: è<br />
il modello della nuova ‘filosofia sperimentale’, come insegna Francesco<br />
Re<strong>di</strong> 4 .<br />
1<br />
Cfr. G. GIMMA, Sylva I, pp. 306-307.<br />
2<br />
Cfr. Id., p. 307.<br />
3<br />
Cfr. Id., pp. 308-309.<br />
4<br />
Cfr. Id., pp. 160-164, e p. 582; Sylva IV, pp. 388-395. L’autore dell’Articolo VIII, in<br />
Giornale de’ letterati d’Italia tomo ventesimo. Anno MDCCXV sotto la protezione del<br />
Serenissimo Gio. Gastone, Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia, 1715, appresso Gio. Gabbriello<br />
Ertz, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, e con privilegio anche <strong>di</strong> N. S. Papa Clemente XI, nella<br />
prima parte della recensione del primo volume delle Dissertationes Accademicae…, p. 161<br />
<strong>di</strong> Gimma scrive che l’abate «protesta <strong>di</strong> non avere voluto perdere il tempo nella Fisica<br />
Scolastica, la quale molti con modo metafisico insegnano, e tessono solamente quistioni<br />
inutili, e vane, né ha voluto ricercare i principi degli atomi <strong>di</strong> Democrito, o <strong>di</strong> Epicuro, o<br />
sistemi d’altri, ma più tosto ha voluto seguitare quella parte <strong>di</strong> Fisica, la quale coll’aiuto<br />
dell’Anatomia, e delle Osservazioni può meno errare, e che per mezzo de’ sensi, dalla<br />
33
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Questi temi costituiscono lo sfondo culturale della Nuova Staffetta, che<br />
affronta principalmente le questioni me<strong>di</strong>che più <strong>di</strong>battute <strong>di</strong> quegli anni: la<br />
vali<strong>di</strong>tà terapeutica dei me<strong>di</strong>camenti spagirici, da una parte, e della me<strong>di</strong>cina<br />
galenica (ma non necessariamente <strong>di</strong> quella ippocratica), dall’altra. La posta<br />
in gioco era l’elaborazione <strong>di</strong> strumenti logici che permettessero alla<br />
me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> affiancarsi alle scienze della natura quanto a capacità <strong>di</strong><br />
previsione dei fenomeni e chiarezza dell’oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o 1 . Il caso <strong>di</strong> Carlo<br />
Musitano è, in tal modo, la causa occasionale per <strong>di</strong>scutere dei due modelli,<br />
‘galenico’ e ‘moderno’, intorno ai quali i me<strong>di</strong>ci si erano <strong>di</strong>visi. Musitano è<br />
personaggio <strong>di</strong> primo piano nella cultura scientifica meri<strong>di</strong>onale tra fine<br />
Seicento e primo Ventennio del Settecento, come provano le numerose<br />
e<strong>di</strong>zioni delle <strong>su</strong>e opere. Basti pensare che tra il 1701 e il 1738 si hanno<br />
almeno tre e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Opera omnia 2 .<br />
ragione, dall’esperienza, e dalla osservazione in<strong>di</strong>ritti, i segreti della natura ricerca».<br />
1 Sulla Nuova Staffetta…, e <strong>su</strong>ll’importanza <strong>di</strong> questo scritto nell’economia del pensiero <strong>di</strong><br />
Giacinto Gimma, cfr. M. CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina…, cit.<br />
2 Ho notizia <strong>di</strong> tre <strong>di</strong>verse e<strong>di</strong>zioni delle opere <strong>di</strong> Musitano: R. D. Caroli Musitani Iatrias<br />
Professoris Celeberrimi, opera omnia, seu Trutina Me<strong>di</strong>ca, Chirurgica, pharmaceuticochymica<br />
etc. Omnia juxta recentiorum, philosophorum principia, et Me<strong>di</strong>corum<br />
experimenta, excogitata, et adornata. Accesserunt huic novae e<strong>di</strong>tioni tractatus tres,<br />
nunquam e<strong>di</strong>ti, nempe de morbis infantum, de luxationibus, et de fracturis. cum in<strong>di</strong>cubus<br />
capitum, rerum et materiarum locupletissimis. Genevae, <strong>su</strong>mptibus Cramer et Perachon,<br />
1716, 2 tt.; Id., Opera Omnia seu Trutina Me<strong>di</strong>ca, chirurgica, Pharmaceutico-Chymica<br />
[…] omnia iuxta recentiorum philosophorum principia et me<strong>di</strong>corum experimenta,<br />
excogitata et adornata, Venetiis, apud Josephum Bortoli, 1738, 2 voll; Id., Opera omnia<br />
seu Trutina Me<strong>di</strong>ca […], Lugduni, Sumptibus Cramer et Perachon, 1733. Salvo <strong>di</strong>versa<br />
in<strong>di</strong>cazione l’e<strong>di</strong>zione utilizzata è quella <strong>di</strong> Ginevra. Per dare un’idea della fortuna delle<br />
opere <strong>di</strong> Musitano, vale la pena ricordare che oltre alla rarissima e<strong>di</strong>zione veneziana della<br />
Trutina Me<strong>di</strong>ca del 1688 – ristampata nell’e<strong>di</strong>zione veneziana delle opere –, e ai due<br />
volumi del 1698 – Chirurgia theoretico-practica seu Trutina chirurgico-physica, 2 voll.,<br />
Coloniae, Sumptibus Cramer et Perachon – viene e<strong>di</strong>ta nel 1701, sempre a Colonia, dai<br />
medesimi e<strong>di</strong>tori la Opera me<strong>di</strong>ca Chymico-practica seu Trutina Me<strong>di</strong>co-chymica, e tra il<br />
1701 e il 1702 <strong>di</strong> quest’opera si pubblicava in Germania la traduzione tedesca:<br />
Chirurgische und Physicalische Schriften, Frankfurt und Leipzig, 1701-1702. Della fortuna<br />
<strong>di</strong> Musitano fuori d’Italia è naturalmente testimone anche G. GIMMA, Idea della storia<br />
dell’Italia letterata esposta coll’or<strong>di</strong>ne cronologico dal <strong>su</strong>o principio fino all’ultimo secolo,<br />
colla notizia delle Storie particolari <strong>di</strong> ciascheduna Scienza. E delle Arti nobili: <strong>di</strong> molte<br />
Invenzioni: degli Scrittori più celebri, e de’ loro Libri: e <strong>di</strong> alcune memorie della Storia<br />
Civile, e dell’Ecclesiastica: delle Religioni, delle Accademie, e delle Controversie in vari<br />
tempi accadute: e colla Difesa dalle cen<strong>su</strong>re, con cui oscurarla hanno alcuni stranieri<br />
creduto: <strong>di</strong>visa in due tomi, colle tavole de’ capitoli, e delle controversie nel primo: degli<br />
autori o lodati, o impugnati; e delle cose notabili nel secondo. Discorsi <strong>di</strong> D. Giacinto<br />
Gimma dottore delle leggi, avvocato straor<strong>di</strong>n. della città <strong>di</strong> Napoli, promotor-Generale<br />
della Scientifica Società Rossanense degl’Incuriosi, ecc. Tomo II. Dall’anno 1401 secolo<br />
34
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Gimma ne ricostruirà la biografia negli Elogi. Musitano nasce nel 1635,<br />
«nel quinto giorno <strong>di</strong> Gennaio, che fu anche natale a Francesco Suarez nel<br />
1548» a Castrovillari «Città della Provincia, che nel Regno <strong>di</strong> Napoli<br />
Calabria-citrà vien nominata», da Scipione Musitano e Laura Pugliese 1 . Il<br />
futuro me<strong>di</strong>co in poco tempo termina il corso <strong>di</strong> Grammatica, al punto che a<br />
soli <strong>di</strong>eci anni conosce perfettamente le regole della poetica e della retorica<br />
latine. Stu<strong>di</strong>a presso i Padri Maestri Conventuali Bonaventura Casalnuovo, e<br />
Lucovico Campanella la Filosofia Aristotelica, e buona parte della Teologia.<br />
Si trasferisce, quin<strong>di</strong>, a Napoli dove frequenta il circolo <strong>di</strong> Tommaso<br />
Cornelio, Di Capua, e Bartoli 2 . Comincia ad esercitare la professione<br />
me<strong>di</strong>ca, ma parendogli sconveniente, racconta Gimma 3 (sempre attento nel<br />
<strong>su</strong>o intento agiografico e mettere in rilievo la statura morale dei componenti<br />
dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano), che attendesse alla cura degl’infermi <strong>di</strong> ogni<br />
sesso «da colui, che al culto Divino avea se medesimo de<strong>di</strong>cato», chiese al<br />
Pontefice Clemente IX la licenza <strong>di</strong> poter proseguire l’esercizio della<br />
Me<strong>di</strong>cina 4 . Autore, tra le altre, della miglior opera dell’epoca <strong>su</strong>i rime<strong>di</strong> per<br />
decimoquinto sino all’anno 1723. Secolo decimottavo ed ultimo. In Napoli, nella Stamperia<br />
<strong>di</strong> Felice Mosca, 1723, pp. 732-733.<br />
1 D. Carlo Musitano, in G. GIMMA, Elogi Accademici…, cit., t. I, p.101.<br />
2 Cfr. Vita D. Caroli Musitani, ab incerto Authore conscripta in C. MUSITANO, Opera<br />
omnia, t. I, s. p.: «Humaniores literas ingenio adjutus promptissimo arripuit potius, quam<br />
<strong>di</strong><strong>di</strong>cit, adeo, ut vix decimum annum excedens, non modo latine loqueretur alacriter, sed<br />
Poeticos, Rhtetoriscoque canones optime calleret. Hinc, fasti<strong>di</strong>ente quamvis stomacho,<br />
Peripateticorum nugas ebibit universas plaudente Monachorum coetu, quibus magistris,<br />
necessitate potius, quum voluntate ductus, in patria u<strong>su</strong>s est: donec sacris initiatus<br />
Neapolim petiit». Ma cfr. anche G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp 101-102, dove a<br />
proposito dei maestri <strong>di</strong> Musitano scrive che una volta presi «ch’egli ebbe i Sacri Or<strong>di</strong>ni,<br />
passò nel 1659 in Napoli Città feconda <strong>di</strong> Virtuosi; ove da periti Maestri, e colla lettura de’<br />
libri imparò la nuova Filosofia. Ma perché il genio lo portava allo stu<strong>di</strong>o della Me<strong>di</strong>cina,<br />
volle apprenderla da Tommaso Cornelio, da Lionardo <strong>di</strong> Capoa, e da Sebastiano Bartolo»<br />
essi che «veggonsi gloriosi nella Repubblica Me<strong>di</strong>ca: e poicchè <strong>di</strong>scipuli est magistrum<br />
imitari […], si affezzionò alle nuove opinioni, non approvando ciò, che dalla sperienza non<br />
veniva stabilito».<br />
3 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 102.<br />
4 Ib.: «Anzi in tempo del Car<strong>di</strong>nal Antonio Pignatelli Arcivescovo <strong>di</strong> Napoli, che morì<br />
Pontefice della Chiesa col nome d’Innocenzo XII fu posto nel numero de’ Confessori;<br />
accoppiando la cura de’ corpi umani, con quella delle anime». Cfr. anche Vita D. Caroli<br />
Musitani…: «In exercenda aegrorum cura, aemulos pas<strong>su</strong>s est plurimos, religiosissimos<br />
praecipue, qui (utrum verae pietatis zelo ducti, an potius invi<strong>di</strong>ae livore) Musitanum<br />
nostrum insectari coeperunt, canina verba jactantes foro: Turpe esse Sacerdoti foemellas<br />
me<strong>di</strong>cinae praetextu invisere; imo artis me<strong>di</strong>cae exercitium ecclesiasticis hominibus<br />
in<strong>di</strong>stinctè a canonibus vetitum. Hujusmo<strong>di</strong> turbas, seu potius pueriles ineptias risit: eluit<br />
citissime impetrato a Clemente IX Pont. Max. amplissimo meden<strong>di</strong> <strong>di</strong>polmate. Viri fide<br />
35
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
la sifilide 1 , Musitano è anche convinto assertore della sperimentazione e<br />
dell’applicazione della chimica alla me<strong>di</strong>cina, e scrive numerosi trattati,<br />
<strong>su</strong>lla scorta delle <strong>su</strong>e esperienze, che conoscono una <strong>di</strong>ffusa circolazione e<br />
numerose ristampe che continueranno ad essere ristampate ben oltre la <strong>su</strong>a<br />
morte avvenuta nel 1714.<br />
Alla biografia, così ricca <strong>di</strong> Gimma, si deve aggiungere qualche ulteriore<br />
notazione che si può ricavare dallo stesso Musitano. Nella Premessa<br />
anonima all’Opera omnia si in<strong>di</strong>cano i <strong>su</strong>oi maestri, gli investiganti Bartoli<br />
e Cornelio. E la <strong>su</strong>a formazione ‘moderna’ è, infatti, visibile già nel 1683,<br />
anno in cui Musitano pubblica la <strong>su</strong>a Pyretologia 2 , opera in cui spiega tutte<br />
le preparazioni chimiche, che nel Regno naturale, nel vegetabile, e<br />
nell’animale «fabricar si sogliono» 3 . L’importanza della Pyretologia è anche<br />
dovuta al fatto che in quest’opera Musitano si schiera a favore <strong>di</strong> Ippocrate e<br />
contro Galeno, spezzando così la tra<strong>di</strong>zione me<strong>di</strong>ca in due tra<strong>di</strong>zioni, una<br />
positiva – la cosiddetta scuola ippocratica, che si attiene alle osservazioni –<br />
e l’altra dannosa: Galeno e i galenisti, responsabili <strong>di</strong> aver portato nella<br />
me<strong>di</strong>cina pericolose ‘speculazioni’ <strong>su</strong>lle ‘facoltà’. Secondo Musitano,<br />
filosofare rettamente significa attenersi al senso e riconoscere che le<br />
costruzioni ideali – come ad esempio le malattie – possono condurci fuori<br />
strada. Ippocrate <strong>di</strong>venta simbolo <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>cina libera da ogni <strong>su</strong>d<strong>di</strong>tanza<br />
nei confronti <strong>di</strong> altre <strong>di</strong>scipline e, soprattutto, ricondotta nell'alveo <strong>di</strong> un’arte<br />
terapeutica sperimentale e concreta: per recuperare il vero insegnamento <strong>di</strong><br />
Ippocrate occorre privilegiare l’osservazione e la catalogazione e rifiutare<br />
l’astrazione affrettata 4 .<br />
Per comprendere appieno il senso della <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Gimma, è utile allargare<br />
l’orizzonte. In questa prospettiva <strong>di</strong> riconsiderazione della me<strong>di</strong>cina<br />
<strong>di</strong>gnissimi Musitanum in mulierum praecipue morbis percuran<strong>di</strong>s, castitatem firmare, non<br />
perdere, audacter, et verissime testari <strong>su</strong>nt; si enim Me<strong>di</strong>cis omnibus u<strong>su</strong> venit propter<br />
morborum muliebrium nauseam, Carolus noster a puero Coelibratui ad<strong>di</strong>ctus, constanti<br />
animo foemineum genus semper pero<strong>su</strong>s, carnis illecebras inoffenso pede calcavit».<br />
1<br />
C. MUSITANO, De lue venerea libri quatuor, Neapoli, ex Nova Officina Sociorum D. A.<br />
Parrino et M. Aloysii Mutii, 1689.<br />
2<br />
D. Caroli Musitani iatrias professoris, Pyretologia seu de febribus liber unicus, in C.<br />
MUSITANO, Opera…, 1701.<br />
3<br />
G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 103.<br />
4<br />
Ricor<strong>di</strong>amo che anche Charles Barbeyrac, uno dei me<strong>di</strong>ci più noti del <strong>su</strong>o tempo, nonché<br />
conosciuto e stimato da Locke (a <strong>su</strong>a volta allievo <strong>di</strong> Sydenham), aveva ricordato Ippocrate<br />
in questa prospettiva. Cfr. S. MORAVIA, Filosofia e scienza umana nell'età dei lumi,<br />
Firenze, Sansoni, 1982, p. 140.<br />
36
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
ippocratica, Musitano si inserisce in un importante <strong>di</strong>battito europeo che <strong>di</strong><br />
lì a qualche anno troverà accomunati, al <strong>di</strong> là delle innegabili e gran<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fferenze, personalità del calibro <strong>di</strong> Giorgio Baglivi e Thomas Sydenham 1 .<br />
Musitano cioè partecipa <strong>di</strong> un movimento teso a rivalutare non solo la figura<br />
taumaturgica <strong>di</strong> Ippocrate – collegata spesso a quella <strong>di</strong> Democrito – ma<br />
soprattutto le <strong>su</strong>e opere. In tutta Europa viene letto con particolare<br />
attenzione il trattato ippocratico conosciuto come Pronostici, all’inizio del<br />
quale si leggono alcune osservazioni generali che contengono,<br />
implicitamente, anche una dottrina dell’evoluzione storica della malattia, <strong>di</strong><br />
notevole interesse proprio per la sifilide. In questo trattato, com’è noto, i<br />
sintomi sono stu<strong>di</strong>ati, descritti e valutati insieme al complesso della storia<br />
della malattia e del paziente. Un determinato sintomo, in sé e per sé, è privo<br />
<strong>di</strong> significato: esso acquista un significato, soltanto se viene considerato in<br />
una prospettiva ‘storica’. Solo in tal modo, esso può essere spiegato insieme<br />
con altri sintomi. Si costituisce così una inter<strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> tutte le<br />
manifestazioni vitali caratteristiche <strong>di</strong> un organismo, l’esistenza e lo<br />
sviluppo del quale sono resi possibili da questa correlazione tra tutte le <strong>su</strong>e<br />
parti. Ma con il far risalire i sintomi al passato e con l’assegnare <strong>di</strong>verse fasi<br />
alla malattia, viene messo chiaramente in rilievo il ‘criterio storico’, il quale<br />
conoscerà una nuova <strong>di</strong>mensione con l’opera <strong>di</strong> Baglivi 2 . Quest’ultimo,<br />
infatti, è fedele all’insegnamento ippocratico, secondo il quale la malattia è<br />
un complesso mutevole <strong>di</strong> fenomeni naturali, un <strong>su</strong>sseguirsi or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong><br />
avvenimenti, che richiede e pre<strong>su</strong>ppone, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Baglivi, una facoltà <strong>di</strong><br />
sintesi e un vero e proprio intervento da parte <strong>di</strong> chi la osserva. Per questo,<br />
Baglivi giunge a sostenere, provocatoriamente, che la malattia esiste<br />
solamente nella mente dell’uomo 3 . Non è qui possibile de<strong>di</strong>care lo spazio<br />
1 Su questi temi sono ancora valide le considerazioni <strong>di</strong> W. RIESE, Il concetto <strong>di</strong> malattia.<br />
Storia, interpretazione e natura, Milano, Episteme ed., 1975.<br />
2 G. BAGLIVI, Opera Omnia Me<strong>di</strong>co-practica, et anatomica e<strong>di</strong>tio septima, cui praeter<br />
Dissertationes, & alios Tracatus sextae E<strong>di</strong>tioni adjunctos accedunt Eiusdem Baglivi<br />
Canones de me<strong>di</strong>cinâ solidorum; Dissertatio de progressione Romani Terraemotûs; de<br />
Systemate & u<strong>su</strong> motûs solidorum in corpore animato; de Vegetatione Lapidum &<br />
analogismo circulationis maris ad circulationem sanguinis: nec non J. D. Santorini<br />
Opuscula quatuor; de Structurâ & motu fibrae; de Nutritione animali; de<br />
Haemorrhoi<strong>di</strong>bus; & de Catameniis. Lugduni, Sumptibus Anisson, et Joannis Po<strong>su</strong>el, 1710.<br />
3 L’argomento era stato affrontato con particolare acume da Thomas Sydenham, il quale<br />
mirava a raccogliere una descrizione genuina e naturale, una storia, <strong>di</strong> tutte le malattie «sive<br />
morborum omnium descriptio, quoad fieri potest, graphica et naturali» T. SYDENHAM,<br />
Praefatio, in Opera me<strong>di</strong>ca, Venetiis, 1735, p. 69. Per Sydenham gli scritti ippocratici<br />
37
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
che meriterebbe a questo tema, ma è comunque opportuno comprendere<br />
cosa, precisamente, si trovi <strong>di</strong>etro l’idea della storia naturale della malattia,<br />
o del <strong>su</strong>o corso in<strong>di</strong>sturbato. In primo luogo, la <strong>su</strong>a caratteristica intrinseca,<br />
che non tiene conto <strong>di</strong> tutti gli elementi estrinseci o estranei, tanto che, se<br />
fosse possibile stabilire un quadro autoctono <strong>di</strong> ogni morbo, si potrebbe<br />
approntare una topografia delle malattie e pervenire allo stesso grado <strong>di</strong><br />
precisione e costanza <strong>di</strong> leggi della fisica e delle altre scienze esatte. Messi<br />
tra parentesi tutti i cambiamenti e le variazioni derivanti dal trattamento<br />
terapeutico, le malattie, ‘lasciate a se stesse’, appariranno allora come un<br />
complesso <strong>di</strong> manifestazioni vitali, provocate da alcuni fattori patogeni<br />
(estrinseci) e manifestate da organismi le cui reazioni, sebbene analoghe per<br />
alcuni aspetti, <strong>di</strong>fferiscono da in<strong>di</strong>viduo a in<strong>di</strong>viduo, non solo per quanto<br />
riguarda l’intensità, ma anche per il tipo. In secondo luogo, la <strong>su</strong>a<br />
caratteristica estrinseca: i caratteri intrinseci delle malattie sono comunque<br />
correlati ai singoli in<strong>di</strong>vidui ammalati ed è impossibile stu<strong>di</strong>are un qualsiasi<br />
prodotto organizzato isolato dal <strong>su</strong>o ambiente. Un organismo è un prodotto<br />
naturale eccitabile e, poiché le eccitazioni esistono e variano finché c’è vita,<br />
l’organismo costantemente <strong>su</strong>bisce l’influsso <strong>di</strong> eccitazioni, da quelle più<br />
elementari, che derivano dal clima, dalle stagioni, dall’alimentazione, a<br />
quelle più complesse derivanti dalle abitu<strong>di</strong>ni, dalla professione, dal livello<br />
e dal tipo <strong>di</strong> civilizzazione, dalla guerra e dalla pace, dalla povertà e dalla<br />
ricchezza. Ognuna <strong>di</strong> esse può essere non solo causa <strong>di</strong> malattia, ma anche<br />
fattore mo<strong>di</strong>ficatore della medesima 1 . Se la malattia è solamente il vigoroso<br />
mostravano una storia genuina delle operazioni della natura nelle malattie dell’umanità:<br />
«legitimane exhibens Historiam earum Naturae operationum, quas in his hominum morbis<br />
e<strong>di</strong>t» (Ib). Il <strong>su</strong>o sforzo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are e <strong>di</strong> scrivere la storia naturale delle malattie<br />
necessariamente lo porta ad ammettere la vis me<strong>di</strong>catrix naturae, uno strumento logico<br />
in<strong>di</strong>spensabile nel <strong>su</strong>o ‘sistema’. La <strong>su</strong>a definizione <strong>di</strong> malattia conteneva perfino il<br />
principio risanatore come un elemento intrinseco: «<strong>di</strong>ctat ratio, si quid ego hic in<strong>di</strong>co,<br />
Morbum, quantumlibet eius causae humano corpori adversentur, nihil esse aliud qam<br />
naturae conamen, materiae morbificae exterminationem, in aegri salutem omni ope<br />
molienti» (Ib.). Nel Ragguaglio del libro del dottor Sydenham intitolato, Methodus curan<strong>di</strong><br />
febres propriis observationibus <strong>su</strong>perstructa, in Il giornale de letterati per tutto l’anno<br />
1671, in Roma, per Nicolò Angelo Tinassi, MDCLXXI, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, e<br />
privilegio, p. 95, si legge: «finalmente avverte <strong>di</strong> lasciar far la natura il <strong>su</strong>o lavoro, non<br />
richiedendosi niente dal me<strong>di</strong>co se non regolarla quando è esorbitante, e fortificarla quando<br />
ella è troppo debole».<br />
1 Questo <strong>di</strong>battito non si esaurirà nel XVIII secolo. Ancora nel 1829 Broussais avverte<br />
l’esigenza <strong>di</strong> respingere con forza la prospettiva <strong>di</strong> storia naturale della malattia, e <strong>di</strong><br />
sottolineare l’importanza delle influenze <strong>di</strong> agenti esterni, <strong>di</strong> fattori mo<strong>di</strong>ficanti, e <strong>di</strong> una<br />
38
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
sforzo della natura per liberarsi della materia morbifica – e l’esempio<br />
principe è quello delle febbri, argomento trattato da Musitano –, viene però<br />
in questo modo pre<strong>su</strong>pposta una forza operosa che tende alla conservazione<br />
dell’organismo, una forza animante che, nella prospettiva <strong>di</strong> Musitano, si<br />
può identificare con l’etere 1 . Un tema, questo, che trova un fertile terreno<br />
nelle elaborazioni <strong>di</strong> Giovanni Alfonso Borelli, fonte e auctoritas in<strong>di</strong>scussa<br />
per Gimma, Musitano e tutti i moderni, anche fuori <strong>di</strong> Napoli 2 .<br />
Borelli è tra l’altro autore <strong>di</strong> un trattato <strong>su</strong>lle febbri 3 , nel quale la natura<br />
viene stu<strong>di</strong>ata come una regolatrice sapientissima che «intende la<br />
conservatione dell’animale, et è me<strong>di</strong>ca accorta de i morbi, e senza haver<br />
molteplicità delle mo<strong>di</strong>ficazioni patologiche. Egli afferma, al contempo, che le malattie nel<br />
loro stato naturale resistono all’identificazione. Ciò che realmente è in in questione,<br />
sostiene Broussais , nel problema sollevato dalla storia naturale della malattia, è la<br />
concezione ontologica della malattia. Il concetto, infatti, <strong>di</strong> decorso in<strong>di</strong>sturbato e<br />
in<strong>di</strong>pendente della malattia pre<strong>su</strong>ppone che essa effettivamente esista come auto<strong>su</strong>fficiente,<br />
sebbene sia entità cronologica. Cfr. F. G. V. BROUSSAIS, Examen des doctrines mé<strong>di</strong>cales<br />
et des systèmes de nosologie, Bruxelles, 2 ed, 1836.<br />
1 C. MUSITANO, Opera omnia…, 1738, e precisamente nel <strong>su</strong>o Pyrotechniae Sophicae liber<br />
secundus, p. 438, dove insiste <strong>su</strong>l fatto che anche come gli stoici ritenessero «Deum esse<br />
[…] ignem arte prae<strong>di</strong>tum, rationeque et via ad generationem procedentem, atque omnes<br />
rerum omnium rationes continentem, ecc. Hunc ignem Zeno aethera esse voluit, quem ut<br />
refert Cicero, I de Natura Deorum, Deum <strong>di</strong>cit esse. Unde cecinit Ovi<strong>di</strong>us. Est Deus in<br />
nobis, agitante calescimus illo / et poeta Jovis omnia plena. Tertio Cleanthes, Zenonis<br />
au<strong>di</strong>tor, ut narrat Cic. I de nat. Deorum, tum ip<strong>su</strong>m mundum Deum <strong>di</strong>cit esse, tum totius<br />
naturae menti, atque animo hoc nomen tribuit, tum ultimum et altissimum atque un<strong>di</strong>que<br />
circumfu<strong>su</strong>m et extremum omnia cingentem, atque complexum ardorem qui, aether<br />
nominatur certissimum Deum iu<strong>di</strong>cat. Merito <strong>di</strong>vinus Poeta <strong>di</strong>xit. Spiritus intus alit,<br />
totamque infusa per artus Mens agitat molem et magno se corpore miscet. Id Euripides<br />
quoque tragico cothurno lepide atque praeclare expressit: vides <strong>su</strong>blime u<strong>su</strong>m<br />
immoderatum aethera, qui tenero terram circumjiectu amplectitur? Hunc <strong>su</strong>mmum habeto<br />
Divum, humc perhibent Iovem».<br />
2 Su G. A. Borelli, e <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>a importanza per gli Investiganti napoletani, cfr. N. BADALONI,<br />
Introduzione a G. B. Vico…, cit., pp. 81-97; P. CRISTOFOLINI, Tommaso Cornelio…, cit.,<br />
pp. 335-346; M. TORRINI, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Tommaso Cornelio…, cit., pp. 146-147; Borelli<br />
fu anche una figura <strong>di</strong> particolare importanza per Elia Astorini, solitamente in<strong>di</strong>cato quale<br />
maestro ideale <strong>di</strong> Gimma, cfr. E. GARIN, L’Ars Magna <strong>di</strong> Elia Astorini, in Dal<br />
Rinascimento all’Illuminismo…, cit:, 1993, pp. 135-152.<br />
3 Delle Cagioni delle Febbri Maligne della Sicilia negli anni 1647 e 1648. Discorso <strong>di</strong> Gio.<br />
Alfonso Borrelli Accademico della Fucina, Filosofo e Professore delle scienze Matematiche<br />
nello Stu<strong>di</strong>o della Nobile Città <strong>di</strong> Messina. Diviso in tre parti; con una appen<strong>di</strong>ce della<br />
natura della febbre in Comune. Et in fine si tratta della <strong>di</strong>gestione de’ cibi con un nuovo<br />
metodo, in Cosenza, per Gio. Battista Rosso, 1649. Borelli venne chiamato nel 1635 a<br />
insegnare matematica all’università <strong>di</strong> Messina, dove rimase fino al 1656. Viene<br />
solitamente in<strong>di</strong>cato fra i fondatori della scuola iatromeccanica in me<strong>di</strong>cina, poiché cercò <strong>di</strong><br />
servirsi dei princìpi meccanici per la <strong>di</strong>agnosi e lo stu<strong>di</strong>o delle malattie.<br />
39
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
bisogno <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>, e stimoli nostri, per propria elettione, e spontaneamente<br />
resiste, e combatte contro la causa del male. E veramente non mi pare che le<br />
operationi della natura <strong>su</strong>ccedano a caso, o per necessità, poiché si vede<br />
esser elle fatte industriosamente, e economicamente; perché veggo in quelle<br />
cicatrici dove manca la carne, e le ossa sono rotte, usar ella un’accortezza<br />
maravigliosa, raccogliendo prima providamente i materiali<br />
abbondantemente fuor del <strong>su</strong>o solito, per riparare i danni, conducendoli tutti<br />
ad una parte, cosa che nello stato <strong>di</strong> salute non faceva; poi <strong>di</strong>sponendoli, e<br />
senza confusione collocando ciascheduna parte al <strong>su</strong>o debito luogo, con<br />
mirabile or<strong>di</strong>ne, e <strong>di</strong>spositione, fabricando prima l’ossa con i materiali<br />
opportuni; poi le membra; appresso i muscoli e le <strong>su</strong>e pellicciuole; poi la<br />
pingue<strong>di</strong>ne, e finalmente la pelle» 1 . Una provvidenziale attività si esprime, a<br />
giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Borelli nella resistenza alla malattia: «la natura è me<strong>di</strong>ca […]<br />
non stimolata, ma spontaneamente resiste e contrasta, come in una guerra,<br />
contro la causa del morbo» 2 , mentre a proposito della febbre Borelli è<br />
ancora più esplicito:<br />
È dunque manifesto che i movimenti or<strong>di</strong>narii usati dalla natura in tempo <strong>di</strong> salute<br />
non sono bastevoli in tempo d’infermità; e poi è necessario che si aumentino,<br />
principalmente per toglier via l’ostruttione de’ pori, la quale è compagna assidua<br />
delle infermità; e non potendosi ella togliere, senza che gli spiriti furiosamente<br />
scommossi, o <strong>di</strong>ssolvano, o scaccino o rarefacciano o scommuovano, o raffred<strong>di</strong>no,<br />
<strong>di</strong>scacciando le fumosità ignee, o spingan fuori gli impe<strong>di</strong>menti, che otturano i detti<br />
pori, sarà necessario intendere una vehemente e istraor<strong>di</strong>naria agitatione del Cuore,<br />
acciocché i detti spiriti possano spingersi con quella furia, che la necessità ricerca<br />
[…] non si può questo moto introdurre senza agitare impetuosamente il cuore,<br />
principio <strong>di</strong> tutti i movimenti. Adunque ne’ detti casi d’infermità il cuore deve<br />
gagliardamente agitarsi per elettione spontanea della natura 3 .<br />
Borelli, in questa fase, ossia prima <strong>di</strong> scoprire che l’or<strong>di</strong>ne naturale è un<br />
or<strong>di</strong>ne matematico, sostiene una fondamentale incapacità dello scienziato <strong>di</strong><br />
oltrepassare il livello dell’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> cause probabili. Questa <strong>su</strong>a<br />
convinzione dell’impossibilità <strong>di</strong> attingere ad una conoscenza non<br />
probabilistica viene affermata da un duplice punto <strong>di</strong> vista: quello<br />
1 Id., pp. 164-166.<br />
2 Id., p. 167.<br />
3 Id., pp. 170-171.<br />
40
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
soggettivo e quello oggettivo. Nel primo senso, Borelli reinterpreta il nihil<br />
scire socratico, sviluppando un atteggiamento <strong>di</strong> riserbo che mette in<br />
rapporto con la oggettiva saggezza della natura 1 : «la facoltà e la sapienza<br />
della Natura, con la breve e angusta capacità del cervello humano, né quel<br />
che non si trova scritto ne i libri degli huomini, non si potrà ritrovare<br />
registrato nel gran volume della Natura» 2 . Nel secondo senso, il fatto che la<br />
mente non possa tradurre in termini logici i processi naturali, e<br />
comprenderne la natura, significa solo che essi avvengono seguendo un<br />
or<strong>di</strong>ne secondo il quale essa procede con semplicità, evitando il <strong>su</strong>perfluo e<br />
una inutile moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> mezzi; anche se «non habbiamo metodo sicuro da<br />
ritrovare il temperamento delle cose, […] siamo certi, che né i veleni, né gli<br />
antidoti operano in virtù delle prime qualità elementari. E però quando mi<br />
domandano qual facoltà habbia il solfo, in virtù della quale può resistere alla<br />
corrente epidemia, rispondo non esser una cosa simile a quella con la quale<br />
l’argento vivo guarisce il mal francese, ed il ferro tira la calamita: le quali<br />
conforme loro non sanno quel che si siano, così io professo esserne<br />
ignorante: ma non perché il nostro sapere è debole si ha da niegare, ch’elle<br />
vi siano in natura, quando l’esperienza sensatamente lo <strong>di</strong>mostra. Sì che io<br />
conchiudo, che se bene non intendo perché il Solfo è antidoto contro la<br />
pestilenza, devo in ogni modo affermarlo, perché così l’ha mostrato la<br />
sperienza a tanti autori famosi […], e a noi in queste correnti febbri<br />
maligne» 3 .<br />
Non è qui possibile sviluppare tutte le questioni trattate da Borelli, ma è<br />
opportuno quantomeno rilevare quanto sia sfuggente la relazione fra<br />
scienza, arte e pratiche terapeutiche che egli stabilisce: l’osservazione<br />
sembra fornire prove a favore <strong>di</strong> certe tesi – il ferro guarisce il mal francese<br />
– ma non si è ancora in grado <strong>di</strong> comprendere il motivo.<br />
Se in ambito astronomico Borelli contribuirà a definire la funzione delle<br />
ipotesi, in ambito me<strong>di</strong>co egli lascia tutto indeterminato: quali farmaci sono<br />
davvero efficaci e quali inutili, o ad<strong>di</strong>rittura dannosi? Il problema che qui si<br />
pone è, evidentemente, quello del criterio da adottare nelle osservazioni:<br />
quanto è affidabile l’esperienza, sia essa condotta <strong>di</strong>rettamente, o sia<br />
1<br />
Su Borelli, e le <strong>su</strong>e affinità con Leonardo Di Capua, uno dei maestri <strong>di</strong> Musitano, cfr. N.<br />
BADALONI, Introduzione a G. B. Vico…, cit., p. 87.<br />
2<br />
G. A. BORELLI, Delle Cagioni delle Febbri Maligne…, cit., pp. 98-99.<br />
3 Id., p. 192.<br />
41
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
testimoniata da auctoritates accre<strong>di</strong>tati, da cui non si riesce a ricavare<br />
certezza? Su questa questione, Borelli non si pronuncia: essa sarà affrontata<br />
e risolta, e con esiti non <strong>di</strong>sprezzabili, da Gimma nelle opere scientifiche.<br />
In Borelli, comunque, questi temi sono legati alla complessità e misteriosità<br />
dei processi chimici 1 . Anche per Musitano, e per tutti i moderni, la chimica<br />
è fondamentale, sia per la comprensione del fenomeno vivente, che per<br />
l’elaborazione <strong>di</strong> efficaci terapie basate principalmente <strong>su</strong>i farmaci. Essa<br />
permette anche <strong>di</strong> teorizzare una forza guaritrice interna alla natura, tesa alla<br />
conservazione dell’organismo e <strong>di</strong> reinterpretare la funzione delle febbri<br />
quali in<strong>di</strong>ci della malattia, segno <strong>di</strong> un qualcosa che se non è comprensibile<br />
in sé, pure è analizzabile nelle <strong>su</strong>e manifestazioni. Nei trattati teorico-pratici<br />
che dà alle stampe Musitano espone i ri<strong>su</strong>ltati delle <strong>su</strong>e osservazioni: «Data<br />
quippe accuratissima cujuslibet morbi descriptione, annectuntur signa illius<br />
<strong>di</strong>agnostica, mox in causas inquiritur, ut ex his non minus prognosis, quam<br />
curativae demum in<strong>di</strong>cationes, saepe a Galenicorum aliorumque methodo<br />
meden<strong>di</strong> multum recedentes, eliciantur, reme<strong>di</strong>aque elegantissima, istis<br />
satisfacientia, <strong>su</strong>bjiciantur» 2 . Galeno è qui richiamato non perché aveva<br />
delineato - per primo - una rigorosa concezione della malattia <strong>su</strong> basi<br />
fisiche 3 , ma in quanto teorico delle ‘facoltà’ 1 e della ‘me<strong>di</strong>cina umorale’.È<br />
1<br />
La peste, ad esempio, ha un’origine chimica, e chimico è anche il <strong>su</strong>o antidoto: lo zolfo.<br />
2<br />
Bibliopolarum antecedentis e<strong>di</strong>tionis praefatio ad lectorem, in C. MUSITANO, Opera<br />
omnia…, 1738, p. VI.<br />
3<br />
Sull’argomento, cfr. W. RIESE, Il concetto <strong>di</strong> malattia…, cit., e M. VEGETTI, Tra E<strong>di</strong>po e<br />
Euclide. Forme del sapere antico, Milano, Il Saggiatore, 1983. È però necessario<br />
<strong>di</strong>stinguere due versioni <strong>di</strong> questa concezione, cosa che non sempre è stato fatto, soprattutto<br />
dai sostenitori della scuola galenica. La prima è puramente razionale e non contiene<br />
elementi sensibili: considera le malattie come cambiamento e adotta la definizione<br />
aristotelica del cambiamento come movimento. Galeno <strong>di</strong>stingue due tipi: l’alterazione e la<br />
locomozione. Definisce le funzioni movimenti attivi delle parti, e la malattia un’alterazione<br />
che <strong>di</strong>venta una <strong>di</strong>atesi permanente. Ma Galeno non fa in realtà uso <strong>di</strong> questa concezione<br />
strettamente razionale della malattia. Lo ve<strong>di</strong>amo usare la <strong>su</strong>a seconda, più empirica,<br />
concezione della malattia ogniqualvolta si occupa delle malattie. Il ruolo principale nella<br />
gerarchia <strong>di</strong> questi costituenti è attribuito a quello fisiologico della functio laesa, al cui<br />
proposito Galeno afferma che si deve stu<strong>di</strong>are soprattutto la funzione alterata. L’alterazione<br />
della funzione specifica <strong>di</strong> un determinato organismo è in<strong>di</strong>cata come il <strong>su</strong>o sintomo<br />
specifico o patognomonico. Questo è l’unico costituente in<strong>di</strong>spensabile della malattia, con<br />
il quale non possono competere quei sintomi che ri<strong>su</strong>ltano da variazione nel tipo e<br />
nell’intensità delle lesioni. Subito dopo viene l’esame della parte interessata (il costituente<br />
regionale o topico della <strong>di</strong>agnosi); l’esame del tipo <strong>di</strong> lesione. In alcuni casi le lesioni<br />
sembrano in<strong>di</strong>stinguibili dalle alterazioni funzionali; Galeno include, ad esempio, le due<br />
gran<strong>di</strong> comunanze stabilite dalla setta dei meto<strong>di</strong>ci, cioè il laxum e lo strictum, nella<br />
42
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
in questa prospettiva, del resto, che a lui si richiamano criticamente anche<br />
Borelli e Cornelio e, fuori d’Italia, Sydenham. A Galeno, soprattutto, viene<br />
rimproverato <strong>di</strong> avere fatto prevalere l’astratto <strong>su</strong>l concreto, l’elaborazione<br />
teorica <strong>su</strong>lla pratica osservativa. Ai galenici <strong>di</strong> opporsi, in nome del<br />
giuramento in verba magistri, ai ri<strong>su</strong>ltati delle ricerche più avanzate, sia<br />
anatomiche sia fisiologiche. I moderni combattono soprattutto una scuola, e<br />
categoria delle lesioni. In altri casi, come nel tumor, nelle infiammazioni, nella<br />
tumefazione, nella pietra o corpo estraneo, le lesioni as<strong>su</strong>mono decisamente il significato<br />
anatomo -patologico della terminologia moderna. Una volta attraversati i confini della salute<br />
e del temperamento, e stabilitasi la malattia, quest’ultima non cambia più la <strong>su</strong>a natura: una<br />
volta formata, la malattia ha un <strong>su</strong>o proprio tipo precisamente fin dall’inizio, e solo<br />
l’intensità e l’ampiezza delle lesioni sono soggette a variazioni. La stessa idea, secoli dopo,<br />
la espone F. X. M. BICHAT, Anatomie générale appliquée à la physiologie et à la médecine,<br />
3 voll, Paris, Brossom-Pabon, 1801, vol. I, p. 77: «Puisque chaque tis<strong>su</strong> organisé a une<br />
<strong>di</strong>sposition par-tout uniforme, puisque, quelle que soit sa situation, il a la même structure,<br />
les mêmes propriétès, etc., il est evident que ses mala<strong>di</strong>es doivent être par-tout les mêmes».<br />
1 Galeno nega alle strutture la misteriosa proprietà <strong>di</strong> produrre le funzioni o, nei <strong>su</strong>oi propri<br />
termini, egli si astiene dallo spiegare le facoltà naturali con le strutture, dal fare cioè della<br />
fisiologia l’ancella della morfologia. Egli crede in facoltà innate, date dalla natura a<br />
ciascuno degli organi proprio all’origine e fa così della funzione il primo principio <strong>di</strong> vita e<br />
non quello derivato e secondo. L’analisi e l’interpretazione dei fenomeni vitali ha inizio con<br />
le funzioni e non con le strutture, a torto considerate capaci <strong>di</strong> produrre le funzioni; queste<br />
ultime vanno considerate come le manifestazioni imme<strong>di</strong>ate della vita. Nella fisiologia<br />
galenica le strutture mantengono la loro importanza strumentale poiché ciascuna facoltà<br />
rimane inoperante in assenza del <strong>su</strong>o appropriato materiale. Nel De naturalibus<br />
facultatibus, Galeno afferma con chiarezza che le facoltà sono la causa delle funzioni. Ogni<br />
organismo, infatti, si genera, si sviluppa e vive grazie a una serie <strong>di</strong> attività specifiche, che<br />
si svolgono secondo una precisa regola <strong>di</strong> natura, che Galeno denomina facoltà. Non<br />
conoscendo gli afferma, la causa agente, la si chiama facoltà, e per fare una ricerca<br />
sistematica del numero e della natura delle facoltà, secondo le teorie <strong>di</strong> Galeno, si deve<br />
sempre iniziare con le azioni, e non con le facoltà stesse, per evitare il rischio <strong>di</strong><br />
ipostatizzare entità inesistenti. C. GALENO, Sulle facoltà naturali, I, 9-10, a cura <strong>di</strong> M.<br />
Mortarino, Milano, Mondadori, 1996, p. 15: ad esempio «la facoltà cosiddetta emopoietica<br />
nelle vene e ogni alra facoltà è pensata nella ‘categoria dei concetti <strong>di</strong> relazione’:<br />
innanzitutto perché è causa dell’attività, ma anche per accidente causa dell’effetto. Ma se la<br />
causa è relativa a qualcosa, perché è la causa soltanto <strong>di</strong> ciò che deriva da essa e <strong>di</strong><br />
nient’altro, è evidente che anche la facoltà si può ascrivere alla ‘categoria dei concetti <strong>di</strong><br />
relazione’. E finché non conosciamo l’essenza della causa operante la chiamiamo facoltà,<br />
nell’atto <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che nelle vene vi è una certa facoltà emopoietica, come anche nel canale<br />
alimentare ve n’è una <strong>di</strong>gestiva e nel cuore una pulsatile, e in ciascuna delle altre parti una<br />
facoltà specifica dell’attività <strong>di</strong> quella parte. Se dunque volessimo ricercare con metodo<br />
quante e <strong>di</strong> qual natura siano le facoltà, bisognerebbe partire dai loro effetti, perché<br />
ciascuno <strong>di</strong> questo deriva da una qualche attività e una qualche causa precede ciascuna <strong>di</strong><br />
queste».<br />
43
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
non esitano a rivolgere contro i loro nemici gli insegnamenti del loro stesso<br />
maestro 1 .<br />
Nel 1688 Musitano tratta dei morbi umani, esamina le opinioni <strong>di</strong> Ippocrate,<br />
Galeno, Paracelso e Van Helmont, e <strong>di</strong> altri moderni, «aggiugnendo a<br />
ciascun morbo le <strong>su</strong>e particolari osservazioni, e i <strong>su</strong>oi me<strong>di</strong>camenti colla<br />
sperienza praticati» 2 , pubblica a Venezia il primo tomo della Trutina me<strong>di</strong>ca<br />
antiquarum et recentiorum <strong>di</strong>squisitionum gravioribus de morbis<br />
habitarum.<br />
È negli Elogi accademici <strong>di</strong> Gimma che si leggono le osservazioni più<br />
penetranti <strong>su</strong>lle <strong>su</strong>e ricerche . Di lui, scrive l’abate: «Avea per molti anni<br />
atteso alla cura del mal Venereo, del quale già tenendo pratica non or<strong>di</strong>naria<br />
per la varietà de’ morbi, che gli convenne osservare, e per li rime<strong>di</strong>, che gli<br />
bisognò porgere in varie occasioni, <strong>di</strong>è in luce un nobile trattato De Lue<br />
Venerea». Accolta con grande interesse, l’opera viene tradotta «nella favella<br />
Italiana» e dato «in Napoli alle stampe da Giuseppo Musitano <strong>su</strong>o Nipote,<br />
laureato anche nella professione della Chirurgia» 3 . Pubblica poi il De<br />
1 C. MUSITANO, Praefatio benevolo lectori salutem. Ad trutinam me<strong>di</strong>cam, in Opera…,<br />
1716, s. p. ricorda quanto ammoniva Galeno: «Ego inquit Gal. 6 de morbis vulgaribus non<br />
solum in Hippocratis scriptis, sed in omnibus antiquorum libris observo, ut non temere<br />
quae quisque ipsorum <strong>di</strong>xerit, probem, sed experientia, et ratione, verumve, an fal<strong>su</strong>m sit<br />
quod <strong>di</strong>xerint, examino». Il me<strong>di</strong>co calabrese interviene prudentemente anche <strong>su</strong> questioni<br />
particolarmente delicate quali la <strong>di</strong>visibilità all’infinito della materia e la funzione del<br />
calore: «Ecce nunc ad sen<strong>su</strong>m, demonstrarunt recte philosophantes elementa concreta esse<br />
corpora, non autem simplicia, elementum ignis in universitate rerum non esse; calore, et<br />
frigus esse in elementis, prout in reliquis concretis, non autem elementa; aerem, et terram<br />
nullo modo concurrere ad corporum mistionem, sed ea tantum ex elemento aquae<br />
concrescere; temperamenta ex quatuor qualitatibus re<strong>su</strong>ltantia, non esse in natura, sed<br />
motum, formas, vitam, et animam sensitivorum, ab ipsa natura pendere, quae corporibus<br />
inest per se, non per accidens ut bene Aristoteles <strong>di</strong>xit, quae natura, sive motus principium<br />
non solum in mistis, quae vocant, corporibus inest, sed elementis ipsis, quippe natura prior<br />
ipsi elementis est, illisque universalior». (Caput II. Corporis viventis <strong>di</strong>visionem in<br />
continentia, contenta, et impetum facientia, ab Hippocrate tra<strong>di</strong>tam, optime fuisse<br />
institutam, multumque ad cognitionem constitutiones eiusdem viventis corporis conferre, e<br />
contra Galenum in hoc fuisse Sophisticum, illumque veritatem deferuisse, demonstratur, in<br />
C. MUSITANO, Opera…, 1701, p. 320). Nella <strong>su</strong>a speculazione questi temi si intrecciano al<br />
<strong>di</strong>battito <strong>su</strong>ll’etere, e al <strong>di</strong>battito <strong>su</strong>l platonismo e <strong>su</strong>ll’epicureismo – e <strong>su</strong>l democritismo –<br />
che a Napoli impegnò i più interessanti pensatori della seconda metà del ‘600, da S. Bartoli<br />
a Cornelio a Tremigliozzi. Su tali questioni, e <strong>su</strong>lle posizioni filosofiche scientifiche <strong>di</strong><br />
Musitano cfr. N. BADALONI, Introduzione a G. B. Vico…, cit., pp. 290-291 e p. 315.<br />
2 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 103.<br />
3 Id., pp. 103-104. Gimma testimonia la prudenza con cui Carlo Musitano procede nelle <strong>su</strong>e<br />
ricerche: «Dubitò per lo spazio <strong>di</strong> molti anni, se i me<strong>di</strong>camenti <strong>di</strong> Adriano Misiet sperimenti<br />
con molta felicità nel <strong>su</strong>o Clima Boreale avessero anche nel nostro la loro efficacia; e però<br />
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Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Lapide Philosophorum, sive de Tinctura Physica, proces<strong>su</strong>s Philosophicus<br />
inau<strong>di</strong>tus. Quale sia l’intenzione dell’autore, nello scrivere un’opera dal<br />
titolo evocativo, ma anche ambiguo, per i <strong>su</strong>oi echi alcimistici, Gimma lo<br />
svela citando l’Epistola a’ Lettori del nipote: «De aureo Philosophorum<br />
Lapide, ut morem Auctori gereret, temporique inserviret, nonnulla et ipse<br />
vaticinatus est; attamen non ita spernenda scriptio haec erit, ut omnino<br />
quamplura aperit mysteria, voces, aenigmata» 1 . Insomma, l’autore della<br />
Trutina, lungi dall’avventurarsi in un campo pericoloso – sospetto <strong>di</strong> eresia<br />
– vuole piuttosto «anch’egli per ischerzo far l’indovino, con tanti<br />
innumerabili Autori Arabi, Greci, Spagnuoli, Francesi, Italiani, Inglesi,<br />
Germani, e <strong>di</strong> altra nazione, che stimano esser creduti partecipi <strong>di</strong> un tanto<br />
arcano» 2 e <strong>di</strong>mostrare così <strong>di</strong> poter insegnare ad altri «col velame degli<br />
enimmi», come hanno fatto in tanti, e tanti libri «<strong>di</strong>versamente replicati, de’<br />
quali ne formaron Catalogo […] Pietro Borelli» 3 . Allo stesso modo, il caso<br />
<strong>di</strong> quel chiodo famoso del Gran Duca <strong>di</strong> Toscana tanto dagli alchimisti<br />
celebrato, come <strong>di</strong> ferro, «la cui metà posta nel licore da essi chiamato del<br />
Lapis Philosophrum, fosse <strong>di</strong>venuto oro perfettissimo, scrive l’Oldembugio,<br />
essere stata una impappolata, e furberia del Turneisero Chimico Germano»,<br />
che nell’infonderlo in una certa spezie <strong>di</strong> olio, lo colorì <strong>di</strong> oro; e che «poscia<br />
si sia scoverta a forza <strong>di</strong> fuoco, non esservi altro, che la sola tintura; ma che<br />
tutto era <strong>di</strong> finissimo oro, che vero ferro appariva prima d’infonderlo<br />
nell’oglio»; non essendo impossibile potersi colorire i metalli; come aveva<br />
<strong>di</strong>mostrato il Cardano: oltre che altri affermano «vedersi chiaramente<br />
conuginta [sic!] in quel Chiodo la parte <strong>di</strong> ferro coll’altra <strong>di</strong> oro» 4 . Così<br />
con lunga sperienza esaminandogli, conoscendo la forza loro, volle non solamente che in<br />
Napoli si ristampassero, ma aggiugnervi colla <strong>su</strong>a Mantissa tutte quelle me<strong>di</strong>cine, che avea<br />
per uso della salute umana inventate, e fabbricate <strong>di</strong> propria industria».<br />
1<br />
Id., p. 104.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib. Non v’è <strong>di</strong>fficoltà, secondo Gimma, ad affermare «che potrebbe l’Arte colla <strong>su</strong>a<br />
industria emular la Natura», anche nella formazione dell’oro, e dell’argento, come hanno<br />
pur detto tanti auctores – per quanto, avverte l’abate barese molti si siano affaticati a<br />
<strong>di</strong>mostrare la contraria sentenza; ma «che nell’arte non vi sia stata sì gran perfezione, che<br />
abbia fabbricato qualche volta l’oro, o l’argento uguale a quel, che dalla Natura è prodotto,<br />
è pur verità fortemente <strong>di</strong>fesa tra gli altri dal Chirchero […]. Né son poche le menzogne<br />
degli Alchimisti in asserire, che il Lullio, […] il Paracelso, [..] l’abbiano già formato, ed<br />
imbrattando <strong>di</strong> vanità una dottrina tano utile all’uso degli Uomini, qual è l’Alchimistica;<br />
Spondent quas non habent <strong>di</strong>vitias, come <strong>di</strong>sse il Pontefice Giovanni XII» (Id., p. 105).<br />
4<br />
G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 105-106.<br />
45
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
essendo deboli, e vane tutte le esperienze, che vengono addotte a sostegno<br />
della tesi della trasformabilità dei metalli, come quella «del Sacsio [sic!]<br />
riferita nel primo Tomo dell’Efemeri<strong>di</strong> <strong>di</strong> Germania, e can<strong>di</strong>damente<br />
ributtata come falsa nel Tomo quarto delle stesse; lodevolmente D. Carlo<br />
per deludere sì vani Scrittori, pubblicò il <strong>su</strong>o Sherzo [sic!] dandogli titolo:<br />
Proces<strong>su</strong>s Philosophicus inau<strong>di</strong>tus», in cui, <strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> avere insegnata<br />
quella Me<strong>di</strong>cina universale, non solo <strong>su</strong>fficiente a debellare qualsivoglia<br />
morbo del corpo, e a rendere lunga la vita, ma capace anche <strong>di</strong> trasmutare<br />
tutti i metalli in oro perfetto, «conchiude con ingegnosa ironia a’ Lettori:<br />
Redde itaque Omnipotenti Deo infinitas gratias, qui humanarum<br />
calamitatum misertus, tandem hoc nostro aevo inexhustum thesaurum nobis<br />
revelavit, et nos ad commune commodum patefecimus; prae omnibus pro<br />
tanti muneris largitate, ne delinquas in conspectu eius, oramus, aliter si<br />
feceris, sine auro evades Midas auritus. Rassembrando col <strong>su</strong>o intelletto<br />
quel Cigno figurato dal Lucarini, che per farsi vedere infaticabile volando<br />
passa il mare col motto: Nec defes<strong>su</strong>s, nec <strong>di</strong>ffi<strong>su</strong>s» 1 . Nel 1698 vengono<br />
pubblicati a Colonia i due tomi dell’opera Chirurgia theoretico-practica seu<br />
Trutina chirurgico-physica, che può considerarsi il primo tentativo organico<br />
<strong>di</strong> sistemazione delle ricerche condotte negli anni precedenti. Questa<br />
pubblicazione va messa in relazione alla prima Trutina, del 1688, e al De<br />
lue venerea. In questi trattati, che espongono in forma eru<strong>di</strong>ta non solo gli<br />
esperimenti condotti da Musitano, ben documentati e spiegati con notevole<br />
chiarezza, ma anche i <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> <strong>su</strong>lle cause e <strong>su</strong>i rime<strong>di</strong> delle malattie più<br />
<strong>di</strong>ffuse, contrassegnati dalla caratteristica costante <strong>di</strong> partire dall’accurata<br />
osservazione delle varie forme <strong>di</strong> manifestazione <strong>di</strong> un morbo in pazienti <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>versa ‘costituzione’ e ‘temperamento’, Gimma in<strong>di</strong>vidua il modello della<br />
ricerca me<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Musitano. Emblematiche le osservazioni dell’abate a<br />
proposito delle ricerche <strong>di</strong> Musitano <strong>su</strong>lla sifilide, male che più <strong>di</strong> tanti altri<br />
atterriva l’Europa. Gimma comincia con il ricordare che «si veggono da<br />
nuovi morbi afflitti gli Uomini allo spesso, non bastando de’ medesimi la<br />
varietà così grande, che appena giugne la Me<strong>di</strong>cina a numerargli: ma il più<br />
crudele sopra tutti il contagio venereo si sperimenta, il quale con barbarie i<br />
corpi tormentando, non gli abbandona, se non prima gli con<strong>su</strong>mi» 2 .<br />
1 Id., p. 106.<br />
2 Id., p. 99.<br />
46
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Continua sottolineando quanto accese fossero le <strong>di</strong>scussioni dei me<strong>di</strong>ci<br />
intorno alle origini, e alle cause della malattia: alcuni «facendolo derivar<br />
dalla forza delle Stelle: altri […] da’ vizi dell’aria: altri […] dal vario<br />
mescolamento de’ semi dalle impure Donne raccolti». Molti, affermavano<br />
che fosse un morbo antico, e anzi che Giobbe fosse stato «da questa pessima<br />
infermità angustiato, per opera del Demonio indotta, credè il Pineda»,<br />
contro il quale intervenne Thomas Bartholin, affermando «che più tosto<br />
Elefantiasi, o Scorbuto, o ulcera Siriaca stata fosse». Gimma non lo cita, ma<br />
accoglie, per quel che riguarda l’origine storica del morbo, l’ipotesi<br />
avanzata, tra gli altri da Bartolomè de Las Casas nell’Historia <strong>di</strong> Las In<strong>di</strong>as<br />
e da Antonio Foresti che racconta come Colombo riportasse dalle terre da<br />
lui scoperte ricchezze gran<strong>di</strong>, ma anche due in<strong>di</strong>geni affetti da una malattia<br />
sconosciuta che loro chiamavano bubas 1 , gli italiani mal franzese, i turchi<br />
‘mal dei cristiani’ e, infine, nel 1530, da Girolamo Fracastoro, nel <strong>su</strong>o<br />
poema in tre libri Syphilis seu morbus gallicus, era stata denominata sifilide.<br />
Comunque la si chiamasse il male era sembrata una nuova lebbra: come la<br />
lebbra colpiva la pelle in modo appariscente, <strong>su</strong>scitava ripugnanza e<br />
corrodeva. Questo nuovo male si presentava come un immane flagello che,<br />
come la peste, colpiva la totalità del consorzio europeo 2 .<br />
Gimma registra, a questo punto, come anche nel caso della sifilide la<br />
me<strong>di</strong>cina sembri sperimentare una <strong>di</strong>sperante impotenza, proprio come<br />
contro la peste: mancava alla «Repubblica Me<strong>di</strong>ca un volume, che dasse la<br />
piena cognizione de’ morbi Gallici, de’ quali avean molti trattato in<br />
1 A. FORESTI, Del Mappamondo istorico, Tomo quarto, Parte Seconda. In cui si espongono<br />
i regni nati dalla declinatione, e caduta dell’Imperio Romano in Occidente. Cioè dell’Anno<br />
<strong>di</strong> Christo 420 sino all’Anno 1692. Opera del P. Antonio Foresti della Compagnia <strong>di</strong><br />
Giesù. Seconda e<strong>di</strong>tione. Di nuovo de<strong>di</strong>cato all’Illustrissimo, e Reveren<strong>di</strong>ssimo Monsignor<br />
Paolo Vallaresso Vescovo <strong>di</strong> Concor<strong>di</strong>a. &c., in Venetia, 1697, p. 119. Las Casas riporta<br />
che gli in<strong>di</strong>ani <strong>di</strong> Hispaniola (Haiti), alla domanda se la malattia in quel luogo fosse molto<br />
antica, avevano risposto che lo era da molto prima che i Cristiani arrivassero; cfr. G.<br />
COSMACINI, La me<strong>di</strong>cina e la <strong>su</strong>a storia. Da Carlo V al Re Sole, Milano, Rizzoli, 1989, p.<br />
23; per una recente, ottima, ricostruzione dell’arrivo della sifilide in Europa, fatta anche<br />
<strong>su</strong>lla base <strong>di</strong> considerazioni parassitologiche e genetico-evolutive, R. S. DESOWITZ, Chi ha<br />
dato la Pinta alla Santa Maria?, Roma, Fioriti, 1999.<br />
2 Cfr. anche quanto scrive Gimma nella Idea della storia…, t. II, p. 693: «Girolamo<br />
Fracastoro, il quale benchè Ga lenico, nella Sifilide, poema, per cui fu somigliato a Virgilio<br />
[…], assegnò l’aria sola esser principio <strong>di</strong> tutte le cose; oltre la <strong>di</strong>versità del filosofare, e del<br />
me<strong>di</strong>care, che si vede nelle <strong>su</strong>e opere». La fonte <strong>di</strong> questa breve analisi <strong>di</strong> Gimma è<br />
Leonardo Di Capua.<br />
47
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
maniera, che bisognava ricercargli dentro le lor opere» 1 , senza avervi in<br />
realtà mai de<strong>di</strong>cato opere specifiche che fossero frutto delle necessarie<br />
osservazioni. Infatti, se era ormai acquisita la consapevolezza dell’avvento<br />
della malattia in Europa con Colombo, poiché «è comune l’opinione degli<br />
Storici, che dall’Isola Spagnola, così nominata nelle In<strong>di</strong>e dal Colombo,<br />
trasportato l’avessero nell’Italia i soldati Spagnuoli, quando venuti alla<br />
guerra <strong>di</strong> Napoli nell’anno 1494 ed infettate le donne, si scovrì nell’esercito<br />
de’ Francesi; perlocchè fu detto morbo Gallico, o Italiano, o Napoletano, o<br />
pure Spagnuolo; secondo la varia opinione de’ popoli» 2 , erano state, invece,<br />
assolutamente in<strong>su</strong>fficienti le ricerche condotte dai me<strong>di</strong>ci e dagli scienziati:<br />
«<strong>di</strong>latandosi però si pestifero veleno, innumerabili furono i Me<strong>di</strong>ci, che a<br />
specolarne la sede, i segni, i prognostici, e le me<strong>di</strong>cine si affaticarono, e<br />
pubblicarle in <strong>di</strong>versi volumi, colla dottrina <strong>di</strong> Galeno, contra la quale<br />
cominciarono poi a scrivere altri colle nuove opinioni introdotte» 3 .<br />
Il merito <strong>di</strong> Musitano, <strong>di</strong>scende da queste osservazioni e dall’ampia<br />
<strong>di</strong>samina che Gimma ha proposto: il me<strong>di</strong>co calabrese, infatti, «nella nuova<br />
Scuola nutrito, pubblicò per uso comune tra le altre <strong>su</strong>e opere un Trattato<br />
così ricco <strong>di</strong> dottrina, e <strong>di</strong> nuovi rime<strong>di</strong> non già da altri considerati, che<br />
ricevuto con sod<strong>di</strong>sfazione da’ Professori, ha goduto nello spazio <strong>di</strong> pochi<br />
anni coll’i<strong>di</strong>oma Italiano vederlo uscir la seconda volta dal torchio, e la terza<br />
nel proprio latino, in cui fu prima composto» 4 .<br />
1<br />
Id., p. 100.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Id., p. 101. Musitano «ha dalla <strong>su</strong>a penna la nuova Me<strong>di</strong>cina ricevuto parte <strong>di</strong> quello<br />
splendore, che tanti Ingegni si sono affaticati ad accrescere; acciocchè libera dalla servitù<br />
degli Antichi, a beneficio dell’uman genere più fruttuosa comparisse nel Teatro delle<br />
dottrine» (Ib.). Sul rapporto fra gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Musitano con Cornelio e S. Bartoli, e le <strong>su</strong>e<br />
ricerche, cfr. Vita D. Caroli Musitani…, cit., s. p.: «Indè ad Me<strong>di</strong>cinae stu<strong>di</strong>um se contulit,<br />
praeceptores habuit Thomam Cornelium Consentinum, Leonardum a Capua, et<br />
Sebastianum Bartholum, (quorum nomina nunc in aeterna bene<strong>di</strong>ctione <strong>su</strong>nt) in qua<br />
comparanda non modo in<strong>su</strong>davit ardentissime, verum ante oculos, ut in coeteris semper,<br />
scopum habens veritatis, non priùs ullum Me<strong>di</strong>corum, quotquot unquam fuerunt, recepit<br />
animo, quam in defoecati ju<strong>di</strong>cii Trutina <strong>su</strong>btiliter examinavit, experientiam magistram,<br />
favente in primis, quam optime callet Pyrotechnica. Grassante in hac potissimuum Civitate<br />
Morbo Gallico quem Galli fortasse verius, Neapolitanum appellant, praecipuum huic<br />
bellum in<strong>di</strong>xit: nec ulla pestis istius specie infecti <strong>su</strong>nt mortales, quae accedente Caroli<br />
manu, vel pharmaco ab ipsomet parato, quam festinanter non aufugerit, haud amplius<br />
re<strong>di</strong>tura».<br />
48
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
L’elogio <strong>di</strong> Gimma, dove i gran<strong>di</strong> meriti del me<strong>di</strong>co calabrese vengono<br />
enfatizzati, è posteriore al Ju<strong>di</strong>cium pubblicato nella Nuova Staffetta <strong>di</strong><br />
Parnasso a <strong>di</strong>fesa della Trutina Chirurgica che Musitano aveva pubblicato<br />
nel 1688. Su quest’opera, l’abate torna negli Elogi ricostruendone la genesi<br />
e illustrandone la fortuna: essa era stata «ricercata dagli Stampatori <strong>di</strong> Lione,<br />
senza che men<strong>di</strong>casse i Mecenati; ripartendola in quattro Tomi, secondo i<br />
quattro Trattati de’ Tumori, delle Ulcere, delle Ferite, e del mal Venereo,<br />
accresciuto <strong>di</strong> nuove osservazioni» 1 . Ristampata nel 1698 aveva <strong>su</strong>scitato<br />
violente reazioni: dopo pochi mesi si vide «comparir nel Campo letterario<br />
una Cen<strong>su</strong>ra contra la <strong>su</strong>a Trutina Me<strong>di</strong>ca, molti anni prima pubblicata» 2 .<br />
Nel rispetto delle Leges dell’Accademia degli Incuriosi, Musitano aveva<br />
comunicato la notizia della cen<strong>su</strong>ra «alla Società nostra» ed era stato «non<br />
solo dal Promotor perpetuo <strong>di</strong> essa raffrenato, ma impe<strong>di</strong>to a scrivere: però<br />
con <strong>su</strong>a gloria si vide in campo le <strong>di</strong>fese <strong>di</strong> molti nobili ingegni della Società<br />
medesima, alla quale appartenea <strong>di</strong>fenderlo: poicchè le <strong>di</strong> lui opere avea con<br />
pubblici attestati approvate: ed uscì dalle stampe <strong>di</strong> Francfort la Nuova<br />
Staffetta da Parnasso circa gli affari della Me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> Gaetano<br />
Tremigliozzi, colle composizioni <strong>di</strong> alcuni Accademici: e da quelle <strong>di</strong><br />
Krusvvik un tomo col titolo: Celeberr. Virorum Apologiae pro Carolo<br />
Musitano, etc.» 3 . A Lione vengono pubblicate nel medesimo tempo l’Opera<br />
omnia in due tomi, nei quali «si veggono la <strong>su</strong>a Trutina Me<strong>di</strong>ca intera, ed<br />
accresciuta, <strong>di</strong>visa in tre libri: il <strong>su</strong>o nuovo trattato De Febribus, e la <strong>su</strong>a<br />
Pyrotechnia Sophica, altre volte stampata: rimanendo anche da pubblicarsi i<br />
trattati De Morbis mulierum, et puerorum; e gli altri De Luxationibus, et<br />
fracturis per compimento della Chirurgia» 4 .<br />
Come era preve<strong>di</strong>bile, Musitano doveva <strong>su</strong>scitare le contrapposizioni dei<br />
galenici. Le <strong>su</strong>e prescrizioni tanto nella cura chirurgica, quanto in quella<br />
farmaceutica, e anche nella <strong>di</strong>agnostica, emendano nella maggioranza dei<br />
casi le antiche formulazioni e prescrizioni <strong>di</strong> Galeno e <strong>di</strong> altri autori antichi<br />
e moderni 5 . In sostanza egli abbandona la teoria degli umori, e prospetta una<br />
1<br />
G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 101.<br />
2<br />
Ib. L’opuscolo <strong>di</strong> De Martino, era quin<strong>di</strong> rivolta contro la prima Trutina, del 1688, e non<br />
contro la seconda, a riprova dell’ignoranza del galenista.<br />
3<br />
Id., p. 107.<br />
4<br />
Id., p. 108.<br />
5<br />
L’andamento dell’argomentazione <strong>di</strong> Musitano prevede una descrizione del fenomeno<br />
patologico, le proposte terapeutiche degli autori che avevano stu<strong>di</strong>ato il male, e infine le<br />
49
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
terapia basata <strong>su</strong> una nuova farmacologia: i <strong>su</strong>oi farmaci sono preparati con<br />
cura e con oculata scelta dei componenti, alcuni sono inventati dall’autore,<br />
altri <strong>di</strong> uso comune, ma tutti <strong>su</strong>ffragati da ripetute esperienze 1 .<br />
Musitano si muove in sintonia con i più celebri me<strong>di</strong>ci novatori europei. La<br />
centralità della sperimentazione nelle <strong>su</strong>e ricerche ha ra<strong>di</strong>ci profonde: ha<br />
stu<strong>di</strong>ato anatomia con Bartoli e Cornelio, ha letto le opere <strong>di</strong> Girolamo<br />
Fabrici <strong>di</strong> Acquapendente, ha aderito senza riserve alle teorie <strong>di</strong> W. Harvey<br />
<strong>su</strong>lla circolazione sanguigna. In ultima istanza è collegato, in qualche<br />
mi<strong>su</strong>ra, alle tecniche <strong>di</strong> ricerca più avanzate e innovative 2 . Forse non è<br />
ca<strong>su</strong>ale che la polemica Musitano-De Martino scoppi negli stessi anni in cui<br />
Napoli vive una vicenda che lascerà segni profon<strong>di</strong>, quella nota con il nome<br />
<strong>di</strong> ‘processo agli ateisti’.<br />
Può perciò essere utile fissare alcune significative date. Il 1688, anno della<br />
pubblicazione veneziana della prima Trutina, è anche l’anno dell’inizio del<br />
proposte dell’autore, frutto <strong>di</strong> anni <strong>di</strong> esperimenti.<br />
1 La questione farmacologica era primaria nella me<strong>di</strong>cina d’inizio ‘700. Molto spesso, a<br />
innovative ricerche in campo più strettamente scientifico – quali le ricerche <strong>su</strong>i<br />
microorganismi – non corrispondevano progressi altrettanto importanti nel dominio<br />
farmacologico. Antonio Vallisnieri, ad esempio, era tanto scientificamente rigoroso<br />
nell’applicare alla biologia il metodo sperimentale, quanto era macchinoso in quello<br />
terapeutico. Le <strong>su</strong>e prescrizioni per i calcoli urinari comprendevano polvere <strong>di</strong> millepie<strong>di</strong>,<br />
emulsioni <strong>di</strong> seme <strong>di</strong> melone, <strong>di</strong> viole rosse, <strong>di</strong> alchecheugi, e per cibo, brodo <strong>di</strong> gamberi<br />
bolliti e spremuti nel brodo <strong>di</strong> pollo, una gelatina formata con raspatura <strong>di</strong> corno <strong>di</strong> cervo e<br />
infuso <strong>di</strong> vipere. Inoltre, una <strong>su</strong>a or<strong>di</strong>nazione <strong>di</strong> eliotropio dell’Orto dei Semplici<br />
dell’Università <strong>di</strong> Padova, era complicata dalla necessità che il fiore fosse spiccato dal 28 al<br />
30 luglio, in caso contrario avrebbe perduto le virtù curative. A parte l’eliotropio, il cui<br />
tropismo verso il sole, fonte <strong>di</strong> vita, ne faceva una pianta <strong>di</strong> cui sfruttare la salutifera forza<br />
calorica, che era massima in estate, la limatura <strong>di</strong> corvo <strong>di</strong> cervo era ritenuta in grado <strong>di</strong><br />
conferire la virtù della longevità poiché il cervo era solito appartarsi in luoghi remoti e<br />
segreti per morirvi tanto solitario quanto longevo; e l’infuso <strong>di</strong> tritato <strong>di</strong> vipere era ritenuto<br />
il contravveleno efficace contro il veleno o virus <strong>di</strong> molte malattie, ivi compresa la peste.<br />
Su questo argomento cfr. G. COSMACINI, Me<strong>di</strong>ci nella storia d’Italia…, cit., pp. 9-10; Il<br />
me<strong>di</strong>co ciarlatano. Vita inimitabile <strong>di</strong> un europeo del Seicento, Roma-Bari, Laterza, 1998;<br />
<strong>su</strong>ll’importanza dei rituali nella raccolta delle piante me<strong>di</strong>cinali cfr. J. STAROBINSKI,<br />
Histoire du traitement de la mélancolie des origines à 1900, Basel, J.R. Geigy, 1960; tr. it.,<br />
Storia del trattamento della malinconia dalle origini al 1900, Milano, ed. Guerrini e<br />
Associati, 1990, in particolare pp. 28-29.<br />
2 Per far risaltare la vicinanza <strong>di</strong> Musitano alle teorie ed alle tecniche dei gran<strong>di</strong> maestri<br />
della modernità, nel 1738 l’e<strong>di</strong>tore veneziano dell’Opera omnia <strong>di</strong> Musitano, G. Bortoli,<br />
pubblica, dopo il <strong>su</strong>o De Lue Venerea, la Praefatio quam Hermann Boerhaave praepo<strong>su</strong>it<br />
Aphro<strong>di</strong>siacis alla ristampa dell’opera cinquecentesca <strong>di</strong> Louis Luvigni De morbo gallico<br />
quae extant apud omnes me<strong>di</strong>cos cuiuscumque nationis. A questo proposito cfr. M. CAMBI,<br />
Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo…, cit., pp. 171-172.<br />
50
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
processo contro gli ‘ateisti’ 1 . Il processo appare <strong>su</strong>bito un mezzo attraverso<br />
il quale le autorità ecclesiastiche intendevano colpire i novatores raccolti<br />
intorno a Tommaso Cornelio e a Giuseppe Valletta. Esso è stato giu<strong>di</strong>cato, a<br />
ragione, dalla storiografia gravissimo episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> intolleranza: «in questo<br />
caso il vero processo riguardava la nova scientia, i novatores; si trattava <strong>di</strong><br />
un vero e proprio attacco a tutto il gruppo degli Investiganti e […] attraverso<br />
le esplicite <strong>di</strong>chiarazioni del prefetto delle scuole dei ge<strong>su</strong>iti, G. B. De<br />
Bene<strong>di</strong>ctis, allo stesso principio della libertas philosophan<strong>di</strong>» 2 . Si<br />
fronteggiano da una parte una fazione che, sclerotizzata ormai nei dogmi<br />
della tra<strong>di</strong>zione, riven<strong>di</strong>ca un magistero in<strong>di</strong>scutibile e il controllo assoluto<br />
‘<strong>di</strong> cattedre e gra<strong>di</strong>’, secondo una celebre espressione <strong>di</strong> Giannone;<br />
dall’altra, sospettata <strong>di</strong> ateismo e accusata – forse strumentalmente – <strong>di</strong><br />
cartesianismo 3 e <strong>di</strong> gassen<strong>di</strong>smo, la fazione dei giovani ‘letterati’ che<br />
1 Cfr. L. AMABILE, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli, Città <strong>di</strong> Castello, S. Lapi,<br />
1892; L. OSBAT, L’inquisizione a Napoli. Il processo agli ateisti. 1688-1697, Roma,<br />
E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> storia e letteratura, 1974.<br />
2 V. FERRONE, Scienza Natura Religione. Mondo newtoniano e cultura italiana nel primo<br />
settecento, Napoli, Jovene, 1982, pp. 6-7. Su G. B. De Bene<strong>di</strong>ctis , G. DE LIGUORI, La<br />
reazione a Cartesio nella Napoli del Seicento. Giovambattista De Bene<strong>di</strong>ctis, in «Giornale<br />
critico della filosofia italiana», LXXV (1996), n. 3, pp. 330-359.<br />
3 Per quel che riguarda la presenza <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> negli scritti <strong>di</strong> Musitano, è rilevante quanto<br />
si legge in Eru<strong>di</strong>tissimo, et Experientissimo Philosophiae, ac Me<strong>di</strong>cinae Professori Domino<br />
Nicolao Crescentio S. P. D. Joan. Andreas Lizzano. Dialogus Secundus, pubblicata nella<br />
Celeberrimorum virorum apologiae pro R. D. Carolo Musitano adver<strong>su</strong>s Petrum Antonium<br />
De Martino, Me<strong>di</strong>cum Geofonensem, qui Trutinam me<strong>di</strong>cam anno 1688 Venetiis typis<br />
e<strong>di</strong>tam, qua harveana sanguinis circulatio, aliaeque recentiorum me<strong>di</strong>corum sententiae<br />
statuminantur, temere, et inepte impugnare au<strong>su</strong>s est, Kruswick, apud Petrum Antonium<br />
Martellum, 1700; l’e<strong>di</strong>zione da me utilizzata è in C. MUSITANO, Opera…, 1701, p. 33,<br />
dove Musitano è posto accanto ad Aurelio Cassiodoro, a Gaspar de los Reyes e a <strong>Descartes</strong>,<br />
il quale «pinealem glandulam, rationalis animae adaequatam sedem esse probavit», nella<br />
<strong>di</strong>fesa della teoria secondo la quale l’anima razionale si trova in capite. Ricorda inoltre<br />
Musitano che si può anche «annectere, quicquid clarissime philosophatus est iuxta<br />
perspicacissimas Renati me<strong>di</strong>tatione Excellens Antonius Le Grand in art. 7 de Mente<br />
humana, ubi sati, inquit, ex <strong>di</strong>ctis manifestum est animam humanam toti corpori esse<br />
conjunctam, et huius motus ab illius cogitationibus ita dependere, ut nonnisi compositum<br />
unum efficere <strong>di</strong>cantur. Hinc natum illud inter philosophos, animam totam in toto corpore,<br />
et totam in singulis eius partibus esse; non quod anima positive, et per veram extensionem,<br />
in singulis corporis partibus inveniatur, id enim immateriali <strong>su</strong>bstantiae, qualem esse<br />
mentem humanam osten<strong>di</strong>mus, repugnat; sed quia corpus, et unum quid, et peculiari<br />
quodam sen<strong>su</strong> in<strong>di</strong>viduum est, ratione nimirum <strong>di</strong>spositionis Organorum, quae omnia ita ad<br />
se mutuo referuntur, ut vel uno eorum ablato, mutilum, et imperfectum corpus reddatur, et<br />
quoniam ea est animi natura, ut omni extensione, <strong>di</strong>mensionibusque careat, ad nullum<br />
corporis membrum, quasi ad illius quantitatem adaequet, referri potest, sed ad totam<br />
organorum compagem dumtaxat, quae ut una consideratur. Et paulo post: Sed quamvis toti<br />
51
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
avrebbero adoperato la nuova scienza per prospettare una visione del mondo<br />
tale da creare turbative in ambito religioso 1 .<br />
A due anni dalla conclusione del processo, nel 1699, viene pubblicato a<br />
Napoli un volumetto <strong>di</strong> Pietro Antonio De Martino, Respon<strong>su</strong>m Trutinae<br />
Me<strong>di</strong>caei Musitani 2 . L’autore, esponente non particolarmente famoso della<br />
scuola galenica, in nome <strong>di</strong> Galeno, presentato come unica autorità della<br />
corpori Anima sit nexa, <strong>di</strong>ci tamen potest, illam intimius, et imme<strong>di</strong>atius uni parti uniri,<br />
quam alteri; sicuti licet Deus per totum Mundum <strong>di</strong>ffundatur, et per <strong>su</strong>am potentiam amnia<br />
loca repleat, peculiari tamen raione in Coelo esse <strong>di</strong>citur, ex quo omnia nutu <strong>su</strong>o regit, et<br />
administrat: ita <strong>di</strong>cimus mentem humanam in cerebro, utpote in <strong>su</strong>prema corporis parte<br />
velut in arce residere. Haec ille: ex alio capite non pauci <strong>su</strong>nt Sancti Patres […], a quibus<br />
Rationalis Animae sede in corde consideratur, absque eo, quod tota in toto, et tota in<br />
qualibet parte totius censeatur, ut annotante Petro Gassendo eru<strong>di</strong>tissimo» (Id., pp. 33-34).<br />
Si trova qui un altro elemento <strong>di</strong> valutazione <strong>su</strong>ll’interpretazione della filosofia cartesiana,<br />
che in questo caso sembra passare attraverso la lettura <strong>di</strong> Le Grand.<br />
1 Su D’Andrea e il <strong>di</strong>battito <strong>su</strong>l <strong>di</strong>ritto nella Napoli <strong>di</strong> fine secolo cfr. B. DE GIOVANNI,<br />
Filosofia e <strong>di</strong>ritto in Francesco D’Andrea…, cit.; Id., La vita intellettuale a Napoli fra la<br />
metà del ‘600 e la restaurazione del Regno, in Storia <strong>di</strong> Napoli, Napoli, Società e Storia <strong>di</strong><br />
Napoli, vol. VI, 1968; E. LOJACONO, Immagini <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> a Napoli: da Giuseppe<br />
Valletta a Costantino Grimal<strong>di</strong>, <strong>di</strong> prossima pubblicazione; S. MASTELLONE, Note <strong>su</strong>lla<br />
cultura napoletana al tempo <strong>di</strong> F. D’Andrea e G. Valletta, in «Critica storica», I (1962), pp.<br />
596-625; A. BORRELLI, D’Andrea atomista, L’«Apologia» e altri ine<strong>di</strong>ti nella polemica<br />
filosofica della Napoli <strong>di</strong> fine Seicento, Napoli, Liguori 1995 e sempre <strong>di</strong> A. BORRELLI<br />
anche L’Apologia in <strong>di</strong>fesa degli atomisti <strong>di</strong> Francesco D’Andrea in «Filologia e critica», II<br />
(1981), n. 6, pp. 257-280; S. MASTELLONE, Pensiero politico e vita culturale a Napoli nella<br />
seconda metà del Seicento, Messina-Firenze, D’Anna, 1965; il contributo <strong>di</strong> I. ASCIONE,<br />
Togati e Classe <strong>di</strong>rigente, in F. D’ANDREA, Avvertimenti ai nipoti, a cura della stessa<br />
Ascione, Napoli, Jovine, 1990, pp. 5-114. Sul processo, cfr. L. OSBAT, L’inquisizione a<br />
Napoli…, cit., p. 13: il processo «scosse profondamente Napoli e segnò l’avvio <strong>di</strong> un<br />
periodo <strong>di</strong> reazione, da parte della Curia romana e <strong>di</strong> quella napoletana, nei confronti delle<br />
nuove tendenze culturali che erano approdate alla città e che avevano affascinato laici e<br />
clero. Un processo che ruppe definitivamente l’unanimismo del mondo delle lettere e<br />
produsse una incrinatura più profonda non solo tra Napoli e la Curia romana ma anche<br />
all’interno della stessa città, tra coloro che si sentirono <strong>di</strong> restare fedeli alla ventata<br />
rinnovatrice e quelli che, con altro genere <strong>di</strong> fedeltà, si strinsero attorno le istituzioni<br />
minacciate», e più oltre (pp. 26-27): «da un lato una Napoli aperta agli influssi della cultura<br />
europea, <strong>su</strong>lla strada <strong>di</strong> anticipare il rinnovamento culturale e politico del secolo <strong>su</strong>ccessivo;<br />
dall’altra la Chiesa ferma nella riaffermazione dei propri privilegi e più ancora attenta a<br />
bloccare <strong>su</strong>l nascere ogni moto <strong>di</strong> pensiero che potesse farle correre il rischio <strong>di</strong> rinunciare<br />
al monopolio culturale che sino allora aveva gestito o <strong>di</strong> esporre i fedeli a pericoli <strong>di</strong> eresie<br />
o <strong>di</strong> ateismo»<br />
2 Petri Antonii De Martino, Geofonensis Respon<strong>su</strong>m Trutinae Me<strong>di</strong>cae Musitani in quo<br />
tractatur de omnibus morbis humani corporis, impugnatur Harvejana sanguinis circulatio,<br />
et multa sententia contra veterem, et communem doctrinam exortae refellentur pro Galeno,<br />
et Asseclis contra aliquos Modernos, Neapoli, ex semper nova Typographia Michaelis<br />
Aloysii Mutio, 1699.<br />
52
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
me<strong>di</strong>cina, attacca Musitano. L’opera del De Martino si propone <strong>di</strong><br />
invalidare, attraverso una critica testuale condotta paragrafo per paragrafo,<br />
tutte le ammissioni fondamentali che compaiono nella prima e<strong>di</strong>zione della<br />
Trutina <strong>di</strong> Musitano. Secondo lo schema u<strong>su</strong>ale nelle polemiche ‘letterarie’<br />
dell’epoca, De Martino mescola critiche scientifiche e attacchi personali:<br />
Musitano è descritto come <strong>su</strong>perficiale e del tutto inadeguato al compito che<br />
si è as<strong>su</strong>nto; le <strong>su</strong>e teorie, in realtà, sono le antiche rivestite a nuovo:<br />
«Inopinatis vocabulis utitur tantus Auctor, et confusis, ae inter se, non bene<br />
connexis propositionibus; nescio, an, ut novam doctrinam novis vestiat<br />
verbis, an, ut insimet, ineffabile esse; quod turbide per<strong>su</strong>adet; vel fal<strong>su</strong>m<br />
esse; quod insinuare non valet» 1 ; Musitano inoltre si è macchiato della più<br />
grave delle colpe, facendosi vanto <strong>di</strong> nullius jurare in verba magistri; è uno<br />
‘spagirico’. Accuse ed ingiurie personali sono sapientemente dosate per<br />
sminuire l’importanza delle ricerche e la figura stessa del me<strong>di</strong>co calabrese.<br />
È plausibile ritenere che i motivi che avevano promosso il processo da poco<br />
conclusosi avessero incoraggiato De Martino nel <strong>su</strong>o attacco al celebre<br />
me<strong>di</strong>co calabrese 2 : fra gli addebiti che muove a Musitano l’esagerata e<br />
nefasta stima per le teorie <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong> e <strong>Descartes</strong> e la soverchia simpatia<br />
per il paracelsismo. Sono proprio i numerosi echi della dottrina <strong>di</strong> Paracelso,<br />
in effetti, quelli che vengono sottolineati e che fanno temere a De Martino<br />
che la Trutina potrebbe produrre una libertà e una spregiu<strong>di</strong>catezza<br />
eccessive nelle <strong>di</strong>scussioni filosofiche e teologiche.<br />
I me<strong>di</strong>ci antigalenici intervengono imme<strong>di</strong>atamente in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Musitano:<br />
nel 1700 il volumetto Celeberrimorum virorum Apologiae pro Carolo<br />
Musitano adver<strong>su</strong>s Petrum Antonium De Martino, contiene le lettere<br />
in<strong>di</strong>rizzate da Carlo Musitano ai più illustri me<strong>di</strong>ci e intellettuali del tempo,<br />
Lorenzo Terraneo, Giovanni Maria Lancisi ed altri, e le risposte <strong>di</strong> costoro<br />
in <strong>su</strong>a <strong>di</strong>fesa. Il volumetto è ben organizzato: ogni intervento in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong><br />
Musitano fornisce, conformemente alla specializzazione me<strong>di</strong>ca dell’autore,<br />
dettagliate tesi a sostegno della causa dei moderni 3 . Nel loro insieme gli<br />
1 Id., p. 15.<br />
2 Cfr. M. CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo…, cit., p. 173.<br />
3 Fra gli scritti in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Musitano «si leggono le dotte investigazioni <strong>di</strong> Giovanni-Andrea<br />
Lizzano; e lettere apologetiche scritte da Giuseppe Prisco, da Giovambattista Vulpino <strong>di</strong><br />
Asti, da Lorenzo Terraneo <strong>di</strong> Torino, da Daniele le Clerc, da Giovan-Giacomo Mangeti, e<br />
da Gabriele Cramer amendue <strong>di</strong> Genevra, e dallo stesso Musitano: e similmente le Poesie <strong>di</strong><br />
[…] alcuni altri della stessa nostra Società; e da molti, che nelle nostre Accademie non si<br />
53
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
interventi, lungi dal limitarsi ad una semplice <strong>di</strong>fesa della filosofia moderna<br />
e dell’amico ingiustamente accusato, contengono puntuali e precise critiche<br />
alle teorie dei galenici. Ad esempio Giovambattista Vulpino <strong>di</strong>mostra<br />
l’abuso da parte dei galenici <strong>di</strong> unguenti e <strong>di</strong> pericolosi salassi 1 . Tra gli<br />
intellettuali chiamati a pronunciarsi <strong>su</strong>lla <strong>di</strong>sputa, figura anche Giacinto<br />
Gimma. La lettera <strong>di</strong> Musitano, però, non ha risposta e viene pubblicata<br />
senza quella in <strong>su</strong>a <strong>di</strong>fesa del Promotore Perpetuo della Accademia degli<br />
Incuriosi <strong>di</strong> Rossano 2 . Sarà Tremigliozzi a spiegare, nella finzione della<br />
Nuova Staffetta, il perché <strong>di</strong> questa assenza: Apollo dà or<strong>di</strong>ne che si <strong>di</strong>a<br />
lettura <strong>di</strong> due lettere che la Guar<strong>di</strong>a del Parnaso ha ritrovato dopo che alcuni<br />
delinquenti, appartenenti naturalmente alla setta galenica, le avevano<br />
sottratte a un corriere. Nella borsa trafugata si trovano alcune lettere inviate<br />
da Carlo Musitano ai «<strong>su</strong>oi stampatori […], acciocché le dessero alle<br />
stampe» 3 . Si tratta della lettera <strong>di</strong> Musitano a Gimma, la stessa pubblicata<br />
senza risposta nelle Celeberrimorum virorum Apologiae, e della risposta <strong>di</strong><br />
Gimma, appunto il Ju<strong>di</strong>cium Martinianum pro Carolo Musitano.<br />
3. La Nuova Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi e il Ju<strong>di</strong>cium <strong>di</strong> Gimma<br />
La polemica Musitano–De Martino dà nuovo slancio all’ Accademia <strong>di</strong><br />
Rossano che, dopo le speranze del rinnovamento avviato con Gimma,<br />
quando numerosi ‘letterati’ vi avevano aderito, viveva un momento <strong>di</strong> stasi.<br />
Se ne ha precisa cognizione leggendo le Memorie storiche che, qualche<br />
anno più tar<strong>di</strong>, Gaetano Tremigliozzi, Consigliere promotoriale<br />
dell’Accademia, scrive ricostruendo le fasi <strong>di</strong> quella complessa vicenda:<br />
Videsi impugnato il nostro Collega D. Carlo Musitano con volume Particolare, che<br />
veggono annoverati», G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 107. Il volume della Apologia<br />
contiene anche la simulazione <strong>di</strong> una lettera che Sebastiano Bartoli avrebbe scritto e inviato<br />
dal Parnaso in appoggio al <strong>su</strong>o <strong>di</strong>scepolo Musitano. Questa epistola, <strong>di</strong> mano del me<strong>di</strong>co<br />
napoletano Giuseppe Prisco, <strong>di</strong>mostra, in<strong>di</strong>rettamente, che gli in<strong>di</strong>rizzi del me<strong>di</strong>co calabrese<br />
debbono essere considerati come l’ideale continuazione del <strong>di</strong>scorso interrotto degli<br />
Investiganti.<br />
1 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 235-242.<br />
2 Sui rapporti fra Gimma e Musitano, ve<strong>di</strong> G. GIMMA, Idea della storia…, cit., vol. II, p.<br />
784: dove si ricorda che venne «tradotto in Francese nel 1711, il trattato De Lue Venerea<br />
del nostro amico Carlo Musitano, <strong>di</strong> cui negli Elogi Accademici abbiamo scritto la vita».<br />
Cfr. anche G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 107.<br />
3 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. 246.<br />
54
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
fu stampato contro la <strong>su</strong>a prima Trutina Me<strong>di</strong>ca pubblicata fin dall’anno 1688. E<br />
perché le <strong>su</strong>e Opere portavano espressa l’Approvazione Accademica, inviò <strong>su</strong>bito<br />
al Promotore la Cen<strong>su</strong>ra che gli era stata fatta, accompagnandola con una lettera, in<br />
cui dando la notizia <strong>di</strong> quanto l’era avvenuto, ricercò la deliberazione della Società,<br />
per potere eseguire quanto se gli dovea or<strong>di</strong>nare. Gli replicò il Promotore con una<br />
Epistola in Latino, e gl’impose a non aver cura <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere se stesso, convenendo<br />
ciò fare all’Accademia per l’obbligo promesso nelle leggi 1 .<br />
L’epistola in latino <strong>di</strong> Gimma, citata da Tremigliozzi, è il Ju<strong>di</strong>cium<br />
Martinianum pro Musitano, et recentiorum schola me<strong>di</strong>ca, pubblicata nel<br />
1700 nella Nuova Staffetta da Parnasso <strong>di</strong> Tremigliozzi. Questo scritto <strong>di</strong><br />
Gimma è la risposta alla lettera <strong>di</strong> Musitano non stampata Celeberrimorum<br />
virorum Apologiae 2 . A conferma <strong>di</strong> questo sta il fatto che Gimma fa<br />
riprodurre nella Nuova Staffetta la missiva <strong>di</strong> Musitano, come premessa alla<br />
<strong>su</strong>a risposta. Una scelta indovinata, quella <strong>di</strong> far pubblicare la lettera <strong>di</strong><br />
Musitano e la <strong>su</strong>a risposta in un unico volume, la Nuova Staffetta da<br />
Parnasso, perché dà visibilità alla pubblicazione nella forma <strong>di</strong> un’iniziativa<br />
autonoma e specifica dell’Accademia degli Incuriosi.<br />
Della Nuova Staffetta da Parnasso, Gimma è il promotore nel senso che –<br />
come impongono le Leges dell’Accademia – è lui che dà a Tremigliozzi<br />
l’incarico della <strong>di</strong>fesa del Musitano 3 . Un incarico conferito non soltanto<br />
perché Tremigliozzi era stato censore accademico delle opere <strong>di</strong> Musitano,<br />
ma anche perché, me<strong>di</strong>co egli stesso <strong>di</strong> grande esperienza, aveva prima<br />
stu<strong>di</strong>ato la me<strong>di</strong>cina galenica con Luca Tozzi nello Stu<strong>di</strong>o pubblico ed<br />
aveva poi coltivato, sotto la guida <strong>di</strong> Bartoli e Cornelio, la filosofia naturale:<br />
quasi «avesse la certezza nelle cose naturali ritruovata – scriverà <strong>di</strong> lui<br />
Gimma - pregiavasi <strong>di</strong> quelle fatiche negli <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> sofferite; ma facendosi<br />
da Sebastiano Bartoli […] la Sezione <strong>di</strong> un Cadavero umano, e<br />
<strong>di</strong>mostrandosi nella Regione animale i luoghi del condotto pancreatico, e<br />
1 G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…, cit., p. 431.<br />
2 Cfr. M. CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo…, cit., p. 177, fa notare,<br />
giustamente come il Ju<strong>di</strong>cium <strong>di</strong> Gimma vada letto in continuità logica con la lettera <strong>di</strong><br />
Musitano pubblicata nella Apologia.<br />
3 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. XVII: «Nella scelta degli Accademici è pur<br />
toccata a me la sorte <strong>di</strong> un’impresa tanto eroica, ad esser il primo a comparire nello steccato<br />
Letterario, per ispianar la strada agli altri»; e ancora G. TREMIGLIOZZI, Memorie storiche…,<br />
cit., p. 432: «io mi vi<strong>di</strong> eletto il primo a nome della Società a <strong>di</strong>fendere lo stesso Musitano<br />
[…] scrissi dunque la Nuova Staffetta da Parnasso».<br />
55
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
biliario, e molte parti nuovamente osservate; e nel seguente giorno la<br />
circolazione del sangue negli animali vivi; restò sopraffatto dalla novità de’<br />
vocaboli altre volte nella Me<strong>di</strong>cina non u<strong>di</strong>ti; e dalle cose, per le quali il<br />
Sistema <strong>di</strong>verso da quello de’ Galenici appariva» 1 ; aveva cominciato «ad<br />
apprendere la Filosofia <strong>di</strong> Gassendo, e la Me<strong>di</strong>cina de’ Moderni dallo stesso<br />
Maestro; e da Tommaso Cornelio ne’ Regi Stu<strong>di</strong>, ove quello era<br />
Cattedratico, l’Arte Me<strong>di</strong>cinale <strong>di</strong> Galeno» 2 . Per questi motivi, la scelta <strong>di</strong><br />
Gimma si rivela valida, oltre che opportuna: per la <strong>su</strong>a formazione,<br />
Tremigliozzi, oltre a vantare una profonda conoscenza delle ragioni dei due<br />
schieramenti contrapposti - galenici e moderni - con<strong>di</strong>vide pienamente<br />
l’impostazione atomistica del me<strong>di</strong>co calabrese 3 . Egli è, inoltre, una<br />
personalità stimata nell’ambito delle accademie italiane, Principe e<br />
fondatore (nel 1682 col me<strong>di</strong>co Niccolò Versili) dell’Accademia dei<br />
Coraggiosi, e socio delle Accademie dei Pellegrini, dell’Arca<strong>di</strong>a, dei<br />
Filoponi, e degli Infiammati, oltre che degli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano. Infine,<br />
non è la prima volta che Tremigliozzi si impegna in una polemica in <strong>di</strong>fesa<br />
della me<strong>di</strong>cina, e della filosofia, dei moderni. Come abbiamo visto, nel<br />
1676, era intervenuto contro Carlo Celano, l’Autore degli Avanzi delle<br />
Poste 4 .<br />
1 Cfr. Gaetano Tremigliozzi Consiglier-Promotoriale per l’Accademia degli Spensierati, in<br />
G. GIMMA, Elogi Accademici…, t. II, cit., p. 156. Gaetano Tremigliozzi nasce il 2 gennaio<br />
1655 a Castelnuovo «nella provincia <strong>di</strong> Capitanata». Terminato il corso <strong>di</strong> Grammatica<br />
passa a stu<strong>di</strong>are Logica a Foggia, e dopo essersi «trattenuto alcuni anni in Salerno, per<br />
domestici affari, proseguì in Napoli l’intero corso della Filosofia Aristotelica […] ma si<br />
applicò poi poscia appena alla Legge, che nell’u<strong>di</strong>re i continui contrasti de’ giovani dell’età<br />
<strong>su</strong>a intorno alla fabbrica de’ corpi umani, s’invaghì tosto <strong>di</strong> quella dottrina»; stu<strong>di</strong>a la<br />
me<strong>di</strong>cina galenica con Luca Tozzi, ed esercita la pratica sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Vincenzo<br />
Protospataro. Decise poi <strong>di</strong> «perfezionarsi nelle cognizioni filosofiche», e volle «nel 1674<br />
prender la laurea nel Collegio <strong>di</strong> Salerno» (Id., p. 157).Id., p. 158. Tremigliozzi si ritiene<br />
ingannato dal <strong>su</strong>o maestro Tozzi, il quale si scusa spiegando ch’egli aveva insegnato quello<br />
che desideravano gli studenti della me<strong>di</strong>cina galenica, e che egli non parlava secondo la <strong>su</strong>a<br />
opinione, ma secondo quella <strong>di</strong> Galeno.<br />
2 Id., p. 159.<br />
3 Ib. Cfr. anche M. TORRINI, La <strong>di</strong>scussione <strong>su</strong>llo statuto delle scienze tra la fine del ‘600 e<br />
l’inizio del ‘700, in F. Lomonaco e M. Torrini, (a cura <strong>di</strong>) Galileo e Napoli, Napoli, Guida,<br />
1987, p. 371.<br />
4 Cfr., C. CELANO, Degli avanzi delle poste…, cit., pp. 198-205. Tremigliozzi nelle <strong>su</strong>e due<br />
Staffette usa la stessa ambientazione mitologica, il Parnasso, ispirato all’opera <strong>di</strong> Traiano<br />
Boccalini. Sull’importanza dei Ragguagli <strong>di</strong> Parnaso e Pietra <strong>di</strong> Paragone politico, <strong>di</strong><br />
Traiano Boccalini, e <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>a profonda influenza, cfr. L. FIRPO, Allegoria e satira in<br />
Parnaso, «Belfagor», 1, 1946, pp. 673-699, e M. FUMAROLI, Académie, Arca<strong>di</strong>e, Parnasse:<br />
56
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
L’Elogio de<strong>di</strong>cato da Gimma all’amico Tremigliozzi è indubbiamente meno<br />
denso delle pagine de<strong>di</strong>cate a Musitano, o <strong>di</strong> quelle decisamente più note<br />
de<strong>di</strong>cate a Elia Astorini 1 . Introduce però notizie importanti. Conferma ad<br />
esempio l’ampia <strong>di</strong>ffusione e conoscenza dei testi <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong> nel<br />
Meri<strong>di</strong>one d’Italia ancora tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo:<br />
Tremigliozzi – era quanto avevano testimoniato per loro medesimi Valletta<br />
e Vico, per citare due celebri esempi - si avvicina alla filosofia <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong><br />
perché deluso dalla filosofia scolastica 2 . Conferma, altresì, l’importanza<br />
assegnata, nella pratica me<strong>di</strong>ca, all’anatomia: Musitano e Tremigliozzi<br />
l’avevano appresa da Bartoli e per Gimma l’anatomia <strong>di</strong>viene l’essenziale<br />
<strong>di</strong>scrimine fra le dottrine valide e quelle ormai da rigettare. Ora,<br />
l’osservazione del fenomeno della circolazione sanguigna – e non, verrebbe<br />
da <strong>di</strong>re, la lettura dei testi <strong>di</strong> Harvey – era <strong>su</strong>fficiente a minare alle<br />
fondamenta la scienza galenica.<br />
I due autori della Nuova Staffetta riversano così in quest’opera le loro<br />
personali esperienze e le loro conclusioni e fanno il punto <strong>su</strong>lle dottrine<br />
scientifiche più avanzate e le posizioni più innovative. Se un’attenzione<br />
particolare viene de<strong>di</strong>cata da Tremigliozzi all’Accademia degli Investiganti,<br />
al punto che, nella finzione del Parnasso, fa pronunciare a Daniello Bartoli<br />
un lungo <strong>di</strong>scorso in <strong>di</strong>fesa dei moderni contro la setta galenica, ciò non<br />
toglie che egli tenga ben presenti altri autori della modernità: Bacon, Boyle<br />
e Francesco Re<strong>di</strong>. Nel <strong>su</strong>o intervento, si collega alla <strong>su</strong>a precedente<br />
Staffetta, e coglie l’occasione per chiudere definitivamente altre polemiche,<br />
<strong>di</strong> parte galenica, che avevano avuto corso tra il 1676 e il 1700 3 . Gimma, da<br />
trois lieux allégoriques du loisir lettré, in ID., L’école du silence. Le sentiment des images<br />
au XVII e siècle, Paris, Flammarion, 1994, 2 ed. 1998, pp. 24-30.<br />
1<br />
Cfr. P. M. Elia Astorini maestro e dottore della Sagra Teologia dell’Or<strong>di</strong>ne de’<br />
Carmelitani, in Id., vol. I, pp. 387-415.<br />
2<br />
Sulla <strong>di</strong>ffusione del pensiero <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong> in Europa, cfr. Gassen<strong>di</strong> et l’Europe…, cit.;<br />
anche da questo punto <strong>di</strong> vista E. LOJACONO, L’arrivo del «Discours»…, cit.; cfr. anche N.<br />
BADALONI, Fermenti <strong>di</strong> vita intellettuale…, cit.<br />
3<br />
Ne «La Galleria <strong>di</strong> Minerva», Venezia, 1706, vol. VI, p. 322, un anonimo recensore scrive<br />
che Tremigliozzi «avea fin dall’anno 1676 dato in luce la Staffetta da Parnasso in <strong>di</strong>fesa dé<br />
Moderni, per alcune controversie, che in Napoli erano insorte in què tempi, pubblicatala in<br />
Roma dalle stampe <strong>di</strong> Niccolò Angelo Tinassi, col nome anagrammatico <strong>di</strong> Angelo Maria<br />
Argirizzi […]. Trascurò poscia rispondere al Corriero Straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Giacomo Lavagna,<br />
quando nel 1700 eletto dal Promotore a <strong>di</strong>fendere il Musitano, risolve rinovellare la<br />
memoria della <strong>su</strong>a prima Staffetta, continuandola contro la Cen<strong>su</strong>ra col titolo Petri Antonii<br />
De Martino, Geofonensis – Respon<strong>su</strong>m Trutinae Me<strong>di</strong>cae Musitani, pubblicata in Napoli<br />
57
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
parte <strong>su</strong>a, non possiede – almeno nel 1700 – una specifica preparazione<br />
me<strong>di</strong>ca. Egli è piuttosto un eru<strong>di</strong>to: le <strong>su</strong>e competenze sono fortemente<br />
deficienti e non lo rendono assolutamente idoneo alla ste<strong>su</strong>ra <strong>di</strong> un’opera<br />
almeno in certa mi<strong>su</strong>ra tecnica. Se questa preparazione traspare nelle opere<br />
pubblicate tra il 1714 e il 1733, non è certo secondario che nella Nova<br />
Encyclopae<strong>di</strong>a manchi una sezione de<strong>di</strong>cata alla me<strong>di</strong>cina. Eppure nella<br />
Idea dando il piano dell’Encyclopae<strong>di</strong>a, aveva spiegato ch’essa<br />
comprendeva, nell’or<strong>di</strong>ne, nel primo tomo «le Scienze Scritturali, e le<br />
Teologiche <strong>di</strong>stintamente, e quelle, che dalle stesse <strong>di</strong>pendono, dopo aver<br />
trattato in generale dell’Origine delle Scienze, della loro <strong>di</strong>visione, e <strong>di</strong> altre<br />
proemiali materie. Nel secondo sono le Fisiche, e le Me<strong>di</strong>che, e tutte le<br />
Dottrine naturali con tutta la Naturale Istoria ezian<strong>di</strong>o. Nel terzo le<br />
Matematiche, le quali per la vastità loro in due Tomi sono spiegate; però il<br />
quarto tratta delle Celesti ed Astronomiche. Nel quinto delle Filologiche,<br />
delle quali è ancora grande il numero. Nel sesto delle Filosofiche Morali, e<br />
delle altre, che alla stessa appartengono; ed il settimo tratta delle arti<br />
meccaniche, e tutte le Scienze, e le Arti sono or<strong>di</strong>nate secondo il loro<br />
<strong>di</strong>ffusissimo albero descritto nel primo Tomo, in cui i soli nomi <strong>di</strong> esse,<br />
colla loro derivazione sono spiegati, e secondo la nostra <strong>di</strong>visione» 1 .<br />
Comunque siano andate le cose, non è, allo stato attuale degli stu<strong>di</strong>,<br />
possibile stabilire se una parte della Nova Encyclopae<strong>di</strong>a sia andata<br />
irrime<strong>di</strong>abilmente perduta, o piuttosto se Gimma non abbia in realtà mai<br />
scritto le sezioni de<strong>di</strong>cate alla scienza <strong>di</strong> Ippocrate.<br />
dal Mutii nel 1699, in 4, e prendendo anche l’occasione <strong>di</strong> rispondere al Lavagna, ed à<br />
Gabriel Fontana, che si palesò partegiano dell’Ippocratica Me<strong>di</strong>cina colla <strong>su</strong>a Me<strong>di</strong>cina<br />
Anti-hermetica stampata in Lione nel 1681».<br />
1 G. GIMMA,, Idea della storia…, vol. II, p. 829. In base a questo passo, D. GIUSTI, Vita ed<br />
opere dell’abate Giacinto Gimma…,cit., pp. 91-92, si lamenta delle mutilazioni dell’opera:<br />
«mancano i seguenti libri: il terzo e il quarto che parlano delle scienze matematiche e delle<br />
celesti ed astronomiche; il sesto che parla delle scienze filosofiche, morali e <strong>di</strong> altre che con<br />
esse hanno attinenza; ed il settimo ove si tratta delle arti meccaniche». L’opinione <strong>di</strong> M.<br />
Cambi è che «secondo la testimonianza dello stesso Gimma la <strong>su</strong>a Nova Encyclopae<strong>di</strong>a<br />
aveva proprio nel secondo tomo una sezione de<strong>di</strong>cata alle Scienze me<strong>di</strong>che. Ma» aggiunge<br />
«è lecito ipotizzare che si trattasse <strong>di</strong> materiale scarsamente originale e per <strong>di</strong> più non<br />
aggiornato agli ultimi sviluppi della <strong>di</strong>sciplina in questione, come nel caso della trattazione<br />
<strong>di</strong> argomenti affini alla scienza me<strong>di</strong>ca nei quali non si trova mai un contributo, da parte<br />
dell’autore, tale da far pensare ad una <strong>su</strong>a preparazione specifica in questo campo»; M.<br />
CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo…, cit., pp. 179-180.<br />
58
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Per quel che attiene il Ju<strong>di</strong>cium, nella finzione <strong>di</strong> Tremigliozzi, esso viene<br />
letto, per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Apollo, da Traiano Boccalini, segretario del <strong>di</strong>o, davanti<br />
al tribunale del Parnaso, dove vengono giu<strong>di</strong>cati «tutti i me<strong>di</strong>ci, <strong>di</strong><br />
qualsivoglia setta per cagione <strong>di</strong> danni, che al genere umano recavano» 1 .<br />
Ben presto il lettore si rende conto che sotto accusa è la me<strong>di</strong>cina galenica:<br />
le prove raccolte al fine <strong>di</strong> ottenere un giu<strong>di</strong>zio obbiettivo <strong>su</strong>ll’arte me<strong>di</strong>ca, e<br />
<strong>di</strong> stabilire le effettive responsabilità dei sostenitori delle dottrine degli<br />
antichi e dei moderni, tendono scopertamente a ribaltare la situazione,<br />
facendo ricadere <strong>su</strong>i galenisti le accuse <strong>di</strong> cattiva amministrazione della<br />
me<strong>di</strong>cina che questi ultimi avevano mosso ai moderni.<br />
Per pronunciare un giu<strong>di</strong>zio definitivo <strong>su</strong>lla questione, Apollo - la me<strong>di</strong>cina<br />
è sacra ad Apollo - convoca un’assemblea straor<strong>di</strong>naria, nominando due<br />
assessori – Francis Bacon e Robert Boyle – il cui motto, ironicamente, è<br />
nullius jurare in verba magistri, e una giuria <strong>di</strong> consiglieri composta da<br />
Galileo, Re<strong>di</strong>, Gassen<strong>di</strong>, tra i moderni, e Democrito, Pitagora, Platone e<br />
Ippocrate – anche questo è in<strong>di</strong>cativo – fra gli antichi. Fra i sapienti chiamati<br />
da Apollo a giu<strong>di</strong>care la questione sono presenti anche Giusto Lipsio e<br />
<strong>Descartes</strong>, il quale però, unico fra i presenti, tacerà 2 . La Nuova Staffetta,<br />
dunque, è ambientata nel Parnasso, secondo il modello tracciato da<br />
Boccalini, e utilizzato anche da Giovanni Giacomo Lavagna nel <strong>su</strong>o<br />
Corriere spe<strong>di</strong>to da Parnasso. Nella finzione <strong>di</strong> Tremigliozzi, quasi tutti i<br />
me<strong>di</strong>ci «della Scuola Galenica per tema d’essere <strong>di</strong>scacciati da Parnasso<br />
[…] si acostavano a quella de’ Moderni, o almeno da Maestri non soffrendo<br />
<strong>di</strong>venir <strong>di</strong>scepoli, si pubblicavano per tali, che senza appigliarsi a Setta<br />
alcuna, essaminando le dottrine, e le invenzioni <strong>di</strong> qualsisia Auttore circa la<br />
cura de’ corpi umani, non l’ammettono, se non le scorgono approvate dalla<br />
Ragione, e dalla Esperienza» 3 . Ultimamente, però «sono già alcuni Mesi,<br />
che essendosi pubblicato un libro con titolo sciocchissimo: Petri Antonii de<br />
Martino Geofonensis Respon<strong>su</strong>m Trutinae Me<strong>di</strong>cae Musitani, cioè a <strong>di</strong>re<br />
contro Carlo Musitano», autore tanto riverito in questa Reggia, e tanto<br />
1 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. 5.<br />
2 Sul perché del silenzio <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>, che pure era noto anche per i <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> ricondotti, e<br />
riconducibili nell’alveo della me<strong>di</strong>cina, ed esplicitamente citato da Musitano e da altri<br />
autori della Celeberrimorum virorum apologiae, sarà necessario tornare.<br />
3 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. 8; la minaccia era del Dio Apollo, che non<br />
amava i settatori <strong>di</strong> Galeno.<br />
59
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
benemerito alla Repubblica Letteraria, per le <strong>su</strong>e numerose opere, «che<br />
manda alla luce a beneficio dell’uman genere: si è mosso tutto questo<br />
Senato, <strong>di</strong>videndosi in Fazzionari; perlocche la Maestà Sua <strong>di</strong> ciò non poco<br />
<strong>di</strong>sturbata, fattone <strong>di</strong>ligentissimo essame, non solo per reprimere l’ar<strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />
cosi arrogante Galenico; ma per ovviare ad ogni tumulto che potesse per<br />
l’avvenire <strong>su</strong>ccedere, convocò tutti questi Senatori <strong>di</strong> qualsivoglia<br />
professione si fossero, per deliberare in una materia <strong>di</strong> tanto peso, ed<br />
essaminato il tutto, ed anco il libro medesimo, ha or<strong>di</strong>nato, che s’inviasse<br />
Nuova Staffetta, colla quale ripetendosi quanto colla prima si era riferito, si<br />
dasse notizia <strong>di</strong> tutte le novità <strong>su</strong>ccedute in Parnasso circa simili affari» 1 .<br />
Radunata dunque un’assemblea generalissima, dopo avere ascoltato i vari<br />
pareri proposti, viene or<strong>di</strong>nato a Demetrio Falereo «antichissimo<br />
Bibliotecario, che presa la Staffetta già dall’anno 1676 publicata, e<br />
conservata fra i libri più preziosi <strong>di</strong> questa Biblioteca, la leggesse ad alta<br />
voce; acciocche non potendosi commodamente leggere da tutti, per essere<br />
<strong>di</strong>venuta non poco rara, la potessero almeno u<strong>di</strong>re» 2 . Demetrio Falereo<br />
ubbi<strong>di</strong>sce prontamente e così comincia a leggere: «Nelle Serenissime Corti,<br />
che stanno in Parnasso, morirono, è vero, molti Cortigiani in brevissimo<br />
tempo i giorni ad<strong>di</strong>etro, e come che in simili persone servili non vi si<br />
sogliono impiegare i Me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> primo grido, o <strong>di</strong> molto sapere; ma per lo<br />
più, dozzinali, e pandettari, furono fatti chiamare da’ i loro Padroni i Me<strong>di</strong>ci,<br />
che si vantano del titolo <strong>di</strong> Antiquari, i quali per che poco intendenti della<br />
varietà de’ morbi, e del loro dovuto metodo nella cura, non sanno altro<br />
or<strong>di</strong>nare, che Sottrativi, Sciroppi, Salassi replicati, Vesicanti, e Cauteri, in<br />
breve tempo con una ricetta <strong>di</strong> passaporto spe<strong>di</strong>rono i poveri Cortigiani per<br />
l’altro Mondo 3 ». Dato che la Maestà Apollo ha l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> lasciar correre<br />
1 Id., pp. 8-10.<br />
2 Id., pp. 10-11.<br />
3 Id., pp. 11-12. E. LOJACONO, L’arrivo del «Discours»…, cit., p. 433, a proposito del<br />
Parere <strong>di</strong>visato in otto Ragionamenti ne’ quali partitamente narrandosi l’origine, e ‘l<br />
progresso della Me<strong>di</strong>cina, chiaramente l’incertezza della medesima si fa manifesta, Napoli,<br />
per Giacomo Raillard, 1689, <strong>di</strong> L. DI CAPUA, osserva che «Anche il Parere è scritto<br />
d’occasione: essendo morto poco tempo prima un cavaliero, della cui morte fu stimato<br />
responsabile un me<strong>di</strong>co galenista, il Viceré nominò una giunta <strong>di</strong> saggi che stabilisse le<br />
regole <strong>di</strong> comportamento <strong>di</strong> un perfetto me<strong>di</strong>co, e il Signor Leonardo fu naturalmente<br />
chiamato, come quegli che conosciuto intendessimo della chimica havrebbe fatto ricevere<br />
con maggior plauso l’or<strong>di</strong>nazione che si fusser fatte». Anche in questo caso un processo<br />
dunque, ma tragicamente reale. Cfr. anche N. BADALONI, Introduzione a G. B. Vico…, cit.,<br />
pp. 125-126.<br />
60
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
le cose «dove vanno, non impicciandosi a fatti altrui particolari; ma al solo<br />
pubblico attendendo, poco si curò, che simile razza <strong>di</strong> gente perisse per<br />
mano de’ Maniscalchi. Ma perche poi ha inteso, che il <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> questi,<br />
dagl’ignoranti si attibuisca a’ i sensati Letterati, e Filosofi, solo ritenuti in<br />
Parnasso per li bisogni più urgenti delle infermità de’ Personaggi illustri;<br />
risentendosi molto <strong>di</strong> questa ingiuria, come <strong>di</strong> cosa, che reca molto danno al<br />
pubblico, ha dato or<strong>di</strong>ni rigorosi, che se ne scoprisse l’Auttore» 1 , e da tutti<br />
venne in<strong>di</strong>cato un solo responsabile e cioè che fosse una macchinazione <strong>di</strong><br />
Galeno, «il quale come nuovamente as<strong>su</strong>nto nella Cattedra <strong>di</strong> Politica,<br />
poteva facilmente aver molta mano con simil sorte <strong>di</strong> persone Cortigiane;<br />
onde fattolo chiamare avanti la <strong>su</strong>a presenza, così gli <strong>di</strong>sse. Io coll’averti<br />
promosso alla Cattedra <strong>di</strong> Politica pensai cassarti dalla professione de’<br />
Me<strong>di</strong>ci, e Filosofi, come non più atto a questo mestiere, e che dovresti pur<br />
una volta dar fine a tante imposture; ma scorgo adesso, che <strong>di</strong> bel nuovo vai<br />
<strong>di</strong>sturbando la quiete Filosofica de’ veri investigatori delle cose Naturali, col<br />
fare da’ tuoi seguaci spargere voce molto nociva alla fama <strong>di</strong> quelli» 2 .<br />
Apollo non apprezza questo intervento politico <strong>di</strong> Galeno, e gli rimprovera<br />
con asprezza i <strong>su</strong>oi errori, «ti dovressi rammentare del danno grave, che<br />
unito d’accordo col tuo Collega Ippocrate, fosti per cagionare a tutto il<br />
genere umano, procurando <strong>di</strong> ridurlo a niente» 3 . Il rimprovero è solo<br />
apparentemente rivolto sia a Galeno che ad Ippocrate. In effetti <strong>di</strong> fronte ad<br />
accuse così gravi «Galeno, tutto timido per essere <strong>di</strong> natura pusillanimo,<br />
così rispose: Sire, io già colla mutazione della Cattedra da V. M.<br />
conferitami, ho già mutato ancora la professione; ma a <strong>di</strong>re il vero sono<br />
sempre travagliato da alcuni, che falsamente si fan chiamare miei seguaci, e<br />
servendosi male del mio nome, tramano continuamente insi<strong>di</strong>e per<br />
deprimere gli altri, che veggono a loro stessi molto <strong>su</strong>periori; e con tutto,<br />
che io non cessi <strong>di</strong> ammonirli, che desistano dalla loro proterva pertinacia» 4 ,<br />
e continua <strong>di</strong>cendo: «M’immagino forse per non iscre<strong>di</strong>tarsi dal posto, in cui<br />
si trovano, o perché impigriti non vogliono affaticarsi; o perché la natura<br />
loro è tale, che non fa vivere senza malignità» 5 .Nel tempo, in cui Galeno era<br />
1 Id., pp. 12-13.<br />
2 Id., pp. 13-14.<br />
3 Id., p. 14.<br />
4 Id., pp. 15-16.<br />
5 Id., p. 17.<br />
61
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
insegnante <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina, «ogni giorno gli ripetea quella lezzione […]: Quod<br />
semper <strong>di</strong>co, etiam nunc proloquar; nimirum per<strong>su</strong>a<strong>su</strong>m me habere, quod<br />
<strong>di</strong>fficillimum sit ad veritatem revocare eos, qui Sectae alicujus servituti se<br />
ad<strong>di</strong>xerunt. Verum qui prudentes <strong>su</strong>nt, simulque veritatem syncere amant,<br />
eos spero custo<strong>di</strong>turos esse ea, quae veluti ju<strong>di</strong>canti instrumenta nobis a<br />
natura data <strong>su</strong>nt, ad actionum vitae cognitionem, experientiam <strong>di</strong>co, et<br />
rationem. E poco dopo. Etenim falsae opiniones, animos hominum<br />
praeoccupantes, non solum <strong>su</strong>rdos; sed et caecos faciunt; ita ut videre<br />
nequeant, quae aliis conspicue apparent» 1 . E <strong>su</strong>bito dopo prosegue<br />
affermando: «Questi detti l’ho più volte replicati; particolarmente, quando<br />
nel 3 de loc. affect. Cap. 2 io <strong>di</strong>ceva: Nihil enim causae est, quamobrem<br />
mentiar: quod facere solent ii, qui uni Sectae ad<strong>di</strong>cti, omnem ex ipsa<br />
gloriam quaerunt: quippe conteniose eos defendere oportet, eam Sectam<br />
veram esse, quam unicam noverunt; nam ex nullo alio <strong>di</strong>sciplinarum genere<br />
gloriam sperare pos<strong>su</strong>nt. Ego vero re ipsa, et publice, et privatim apud eos,<br />
videlicet qui Sectam quamlibet a me <strong>di</strong>scere cupiebant, osten<strong>di</strong> in omnium<br />
Sectarum scientia (ne majus quicquam <strong>di</strong>xerim) me esse posthabendum<br />
nemini. Quod si uni Sectarum patrocinium ferre velim; quamvis ex tempore,<br />
ac pro re nata <strong>di</strong>cendum fuerit, haud tamen facile ab aliquo convinci me,<br />
rationum penuria, patiar. Non enim, ut nonnulli faciunt, ex libris eas <strong>di</strong><strong>di</strong>ci;<br />
sed praestantissimis in unaquaque Secta praeceptoribus u<strong>su</strong>s <strong>su</strong>m. Neque<br />
sane o<strong>di</strong>sse pos<strong>su</strong>m Empyricos, quorum sermonibus <strong>su</strong>m institutus, neque<br />
ullos Dogmaticos: pari enim stu<strong>di</strong>o omnibus de<strong>di</strong> operam, versatusque <strong>su</strong>m<br />
cum praestantissimis in unaquaque Secta praeceptoribus. Quam obrem nihil<br />
prohibet, quo minus de unaquaque Secta vere <strong>di</strong>cam ea, quae sentio […],<br />
nel 6 Epidem. com 2 text. 25 io scrissi: Neque id Hippocratis solum scriptis;<br />
sed et in aliis omnibus Antiquorum libris observo, ut non temere quae<br />
quisque ipsorum <strong>di</strong>xerit, approbem; sed experientia, et ratione; verum ne,<br />
an fal<strong>su</strong>m sit, quod scripserunt, examino. At qui se unius Auctoris<br />
Doctrinae, veluti servos, aut libertinos ad<strong>di</strong>xerunt, simul atque ab eo<br />
1 Id., pp. 17-18. Cfr. G. GIMMA, Sylva I, pp. 96-97: «Quod semper <strong>di</strong>co etiam nunc<br />
proloquor, nimirum per<strong>su</strong>a<strong>su</strong>m me habere, quod <strong>di</strong>fficillimum sit ad veritatem revocare eos,<br />
qui sectae alicuius servituti se ad<strong>di</strong>xerunt. Verum qui prudentes <strong>su</strong>nt, simulque veritatem<br />
syncere amant, eos spero custo<strong>di</strong>turos esse ea, quae veluti in<strong>di</strong>can<strong>di</strong> instrumenta nobis a<br />
natura data <strong>su</strong>nt, ad actionum vitae cognitionem, experientiam <strong>di</strong>co, et rationem: Galenus,<br />
De compositione me<strong>di</strong>camentorum localium lib. 8 cap. 1». È curioso che lo stesso Gimma<br />
citi questo passo nel <strong>su</strong>o Ju<strong>di</strong>cium, in<strong>di</strong>cando però erroneamente il luogo.<br />
62
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
scriptum aliquod invenerunt, inconsiderate, ac temere credunt» 1 . Apollo,<br />
avendo ascoltato questa debole <strong>di</strong>fesa 2 , «convocò <strong>su</strong>bito alcuni de’ più<br />
ostinati seguaci <strong>di</strong> Galeno, e fatto loro un precetto comminatorio, gli cavò <strong>di</strong><br />
bocca quanto <strong>di</strong>siderava, cioè che avendo amistà per poche visite fate senza<br />
mercede ad uno, che si dava ad intendere per buono Istorico, e Censore, e<br />
molto prattico nelle Scene» 3 , indussero quest’ultimo a descrivere il<br />
«<strong>su</strong>ccesso della Morte de’ Cortigiani altrimente da quello, ch’era,<br />
infarinatolo ancora essi medesimi <strong>di</strong> pochi termini, e <strong>di</strong> alcuni Auttori<br />
volgari, che stimavano migliori a tal proposito, esendo egli per altro <strong>di</strong>giuno<br />
<strong>di</strong> simili letterature» 4 . E poiché la consideravano un mezzo efficacissimo per<br />
eccitare le liti e le polemiche, «gli fecero destramente buttar la finta lettera<br />
nella Posta; acciocchè nelle mani del volgo credulo capitata, togliesse il<br />
cre<strong>di</strong>to alla fama de’ Moderni Me<strong>di</strong>ci, e Filosofi, e turbasse la quiete<br />
pubblica» 5 .<br />
È a questo punto che Apollo decide <strong>di</strong> far celebrare il nuovo processo, dopo<br />
quello che nella prima Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi si era concluso con la<br />
scacciata dei me<strong>di</strong>ci seguaci <strong>di</strong> Galeno dal Parnasso, e con la rimozione del<br />
loro maestro dalla cattedra <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina, trasferito a quella <strong>di</strong> Politica.<br />
Si è già detto degli assessori e dei componenti della giuria. A proposito <strong>di</strong><br />
quest’ultima, va rilevato che più che l’assenza <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>, merita <strong>di</strong> essere<br />
sottolineata la presenza <strong>di</strong> Ippocrate, accanto ad altri auctores molto seguiti<br />
dai moderni, come Pitagora, Democrito e Platone 6 . Il me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Cos viene<br />
inserito, quin<strong>di</strong>, nella schiera degli avversari della me<strong>di</strong>cina galenica.<br />
1<br />
Id., pp. 19-21.<br />
2<br />
Queste affermazioni <strong>di</strong> Galeno meriterebbero però un’analisi più approfon<strong>di</strong>ta, che qui<br />
non è possibile fare. Tremigliozzi sembra voler rimarcare l’impossibilità fattuale <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>stinguere in certi casi quanto viene detto dal maestro <strong>di</strong> una scuola, e quanto viene<br />
insegnato dagli allievi, che ipostatizzano gli insegnamenti ricevuti e non ne ammettono la<br />
<strong>di</strong>scussione, tradendo così i precetti del loro stesso mentore.<br />
3<br />
Id. p. 22.<br />
4<br />
Id. pp. 22-23.<br />
5<br />
Id., p. 23.<br />
6<br />
A proposito <strong>di</strong> Democrito, cfr. G. GIMMA, Sylva III, p. 32: «Questa Filosofia come <strong>di</strong>ce il<br />
Verulamio non ha potuto essere in tanto tempo [oltraggiata dallo strepito dell'infinito<br />
Populo de' Peripatetici, nè dalle male arti dello stesso Aristotile: Haec ipsa Democriti (cioè<br />
Filosofia, e son parole del Verulamio), apud sapientes, et contemplationum silentia, et<br />
ardua arctius complexos, in magno honore erat. Itaque non Aristoteles, sed Gensericus, et<br />
Attila, et Barbari hanc Philosophiam pes<strong>su</strong>ndederunt».<br />
63
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Per primo viene chiamato a deporre Galeno, il quale deve intervenire in<br />
<strong>di</strong>fesa della <strong>su</strong>a dottrina e della <strong>su</strong>a scuola, accusata <strong>di</strong> terribili nefandezze, e<br />
che ha infaticabilmente lavorato per secoli al fine <strong>di</strong> sterminare il genere<br />
umano. Galeno interviene ricordando i <strong>su</strong>oi gran<strong>di</strong> meriti nella storia<br />
dell’umanità, soprattutto l’esser riuscito a fondare la me<strong>di</strong>cina come scienza,<br />
dandole un or<strong>di</strong>ne sistematico, e l’aver elaborato le pratiche terapeutiche <strong>di</strong><br />
maggior <strong>su</strong>ccesso, quali i salassi e i cauterii, che avevano salvato<br />
innumerevoli vite; era <strong>su</strong>o merito, inoltre, l’aver fornito un quadro definitivo<br />
delle malattie, e l’avere in<strong>di</strong>viduato le principali funzioni del corpo umano,<br />
in<strong>di</strong>cando anche i principi sottesi ad esse, le facoltà 1 . Tale presentazione del<br />
pensiero <strong>di</strong> Galeno certo forzata, era anche corretta, avendo Tremigliozzi<br />
stu<strong>di</strong>ato anzitutto con me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> scuola tra<strong>di</strong>zionale.<br />
Galeno viene ben presto aggre<strong>di</strong>to e messo a tacere da Giusto Lipsio, e da<br />
altri <strong>di</strong>fensori della filosofia dei moderni; le <strong>su</strong>e ‘facoltà’, gli viene detto,<br />
sono chimere della mente umana, che non corrispondono ad alcuna realtà,<br />
non spiegano nulla, e soprattutto non riescono a farci comprendere la<br />
complessità fisiologica dell’organismo umano. Le ultime ricerche della<br />
scienza moderna, e soprattutto gli stu<strong>di</strong> chimici dei paracelsiani, e le<br />
ricerche anatomiche <strong>di</strong> Harvey 2 , e <strong>di</strong> Willis hanno messo in luce tanti e tali<br />
1 Cfr. Id., pp. 78-84.<br />
2 Di Harvey, naturalmente, non venivano messi in luce i debiti nei confronti <strong>di</strong> Aristotele, e<br />
veniva seguita fedelmente l’immagine che ne forniva la Royal Society. È W. Pagel a<br />
sottolineare come l’immagine <strong>di</strong> Harvey che i posteri si sono formati è fatta a somiglianza<br />
dei <strong>su</strong>oi creatori ‘positivisti’. Secondo Pagel, le origini <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>storsione dell’immagine<br />
dello scienziato inglese possono essere fatte risalire all’omissione <strong>di</strong> parole cruciali e alla<br />
loro sostituzione arbitraria con una frase che è frutto della penna dell’autore della cosiddetta<br />
standard translation – The Works of William Harvey, M. D., translated from the Latin with<br />
a life of the autor by Robert Willis , Sydenham Soc., London 1847. Così, ad esempio, la<br />
scoperta della circolazione sanguigna è stata considerata come il semplice ri<strong>su</strong>ltato <strong>di</strong> una<br />
messe <strong>di</strong> prove che erano a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> Harvey, prima ch’egli le utilizzasse per la <strong>su</strong>a<br />
scoperta. Non è però necessario arrivare alla standard translation per vedere il sorgere <strong>di</strong><br />
questa immagine; già la presentazione che ne facevano i membri della Royal Society,<br />
conteneva i prodromi <strong>di</strong> questa interpretazione del me<strong>di</strong>co inglese. Cfr. W. PAGEL, William<br />
Harvey’s Biological Ideas. Selected Aspects and Historical Background, Basel, New York,<br />
Karger, 1966; ID., William Harvey Revisited, in «History of Science» voll. VIII-IX (1969-<br />
1970), tr. it. Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey. Aspetti scelti e sfondo storico, Milano,<br />
Feltrinelli, 1979. Anche F. VOLTAGGIO, La me<strong>di</strong>cina come scienza filosofica, Roma-Bari,<br />
Laterza, 1998, p. 111 ricorda come «le considerazioni <strong>di</strong> Harvey, le quali si muovono in<br />
una conoscenza <strong>di</strong> fondo che annovera elementi <strong>di</strong>versi della tra<strong>di</strong>zione me<strong>di</strong>ca più antica,<br />
ma anche e soprattutto <strong>su</strong>ggestioni sapienziali <strong>di</strong> derivazione paracelsiana, riescono a<br />
importi e a rendere dominante il nuovo para<strong>di</strong>gma solo in quanto la me<strong>di</strong>cina respinge le<br />
64
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
elementi <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione e <strong>di</strong> falsità nelle dottrine galeniche che ormai<br />
queste ri<strong>su</strong>ltano inaccettabili.<br />
Vengono quin<strong>di</strong> ascoltati come testimoni Galilei, che si lamenta del danno<br />
arrecatogli dai galenici che lo avevano privato della vista, Gassen<strong>di</strong>, il quale<br />
ricorda che se Galilei può rimproverare ai settatori <strong>di</strong> Galeno la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un<br />
così nobile senso, egli allora deve loro ad<strong>di</strong>rittura la morte, che gli fu<br />
perpetrata con i loro dannosi me<strong>di</strong>camenti 1 , e Francesco Re<strong>di</strong>, che racconta<br />
quanta ostilità avessero mostrato verso le <strong>su</strong>e ricerche <strong>su</strong>lla natura,<br />
<strong>su</strong>ll’inoculazione e azione del veleno delle vipere, e <strong>su</strong>lla falsa opinione<br />
della spontanea generazione degli insetti 2 .<br />
Particolarmente importanti però sono le testimonianze <strong>di</strong> Ippocrate e <strong>di</strong><br />
Democrito. Il primo spiega qual è il <strong>su</strong>o atteggiamento nei confronti dei<br />
progressi della me<strong>di</strong>cina, e della funzione dell’osservazione e<br />
dell’esperienza. Le <strong>su</strong>e opere, sono semplici raccolte <strong>di</strong> osservazioni,<br />
giacché non era <strong>su</strong>a intenzione costruire in alcun modo un sistema. Afferma<br />
Ippocrate, non solo <strong>di</strong> non potersi schierare contro gli innovatori della<br />
scienza me<strong>di</strong>ca, dato che costoro non fanno altro che seguire i consigli dati<br />
nei <strong>su</strong>oi libri, ma che deve lodarli perché essi con l’ausilio delle scienze<br />
chimiche, e non fidandosi <strong>di</strong> altro che della loro ragione, cercano <strong>di</strong><br />
perfezionare questa <strong>di</strong>sciplina così importante eppure così sfortunata. Lungi<br />
obiezioni <strong>di</strong> una nuova episteme, che fa capo alle dottrine gnoseologiche e metodologiche,<br />
nonché a quelle biologiche, <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>».<br />
1 Cfr. G. GIMMA, Sylva I, p. 303:« Gassendo nel male <strong>di</strong> Apoplesia morì per l’aperture<br />
fatteli della vena. Cartesio per non aversi voluto cavar sangue nella Pleuritide. Multitudo<br />
errantium non parit errori patrocinium. Philosophiam, non ex hominum multitu<strong>di</strong>ne, sed<br />
hominum multitu<strong>di</strong>nem ex Philosophali veritate iu<strong>di</strong>care potius oportet. Qui velut<br />
admirationi esse, debeat aliquid novum excogitare. […] Giacomo Silvio me<strong>di</strong>co maestro <strong>di</strong><br />
Vesalio per fidarsi nella sperienza facta da Galeno nel sanare il tumor sanguigno negli<br />
occhi con la bevanda <strong>di</strong> vino puro, e generoso acciecò affacto Pietro Ramo . Nicol.<br />
{Nanzel} Nancel. in Vita Pietro Rami». Manca invece, nella Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi,<br />
l’accenno a <strong>Descartes</strong>.<br />
2 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., pp. 90-92. Cfr. F. REDI, Osservazioni intorno<br />
agli animali viventi che si trovano negli animali viventi, in Opere, 4 voll., Milano, Utet,<br />
1810; vol. III, pp. 257-393; ID., Esperienze intorno alla generazione degl’insetti fatte da<br />
Francesco Re<strong>di</strong> Accademico della Crusca, e da lui scritte in una lettera all’illustrissimo<br />
signor Carlo Dati, Terza impressione, in Firenze per Francesco Onofri Stampator<br />
Arcivescovale, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, 1674; ID., Osservazioni intorno alle vipere fatte<br />
da Francesco Re<strong>di</strong> gentiluomo Aretino, Accademico della Crusca, rivedute dall’autore, e<br />
da lui scritte in una lettera all’illustriss. Sig. Conte Lorenzo Magalotti gentiluomo della<br />
Camera, e ora Cavalier Trattenuto del serenissimo Granduca <strong>di</strong> Toscana, in Firenze, per<br />
Piero Matini all’Insegna del Leone, 1686.<br />
65
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
dall’affermare l’impossibilità <strong>di</strong> una scienza me<strong>di</strong>ca, come aveva fatto<br />
Lavagna, Tremigliozzi, per bocca <strong>di</strong> Ippocrate, riven<strong>di</strong>ca a merito dei<br />
moderni il fatto ch’essi stanno facendo i passi necessari per la comprensione<br />
della base naturale comune a tutte le malattie, e della causa razionale dalla<br />
quale ciascuna <strong>di</strong>pende 1 . Il secondo, rivolgendosi ridendo all’amico, gli<br />
ricorda quando gli abderiti, temendo che il loro legislatore fosse impazzito,<br />
lo avevano chiamato affinché lo guarisse 2 . Nes<strong>su</strong>no dei <strong>su</strong>oi concitta<strong>di</strong>ni<br />
aveva compreso gli stu<strong>di</strong> <strong>su</strong>gli organismi animali che stava conducendo, e<br />
avevano preferito bollarlo come folle, piuttosto che accettare le <strong>su</strong>e ricerche.<br />
Allo stesso modo i galenisti, rimangono avvinghiati alle loro credenze che<br />
ormai, si potrebbe <strong>di</strong>re, non hanno altro valore che quello delle favole, e<br />
attaccano coloro i quali ritengono che sia possibile condurre una ricerca<br />
positiva nella me<strong>di</strong>cina 3 .<br />
Ma è alla luce del lungo intervento <strong>di</strong> Daniello Bartoli 4 , che i precedenti<br />
interventi acquistano la loro giusta prospettiva. Tremigliozzi chiarisce qui<br />
1 Sulla perdurante fortuna <strong>di</strong> questa immagine <strong>di</strong> Ippocrate cfr. P. PINEL, Traité mé<strong>di</strong>cophilosophique<br />
<strong>su</strong>r l'aliénation mentale ou la manie. Avec figures représentantent des<br />
formes de crâne ou des portraits d'Aliénés, Paris, Chez Richard, Caille et Ravier, An IX<br />
(ottobre 1800); tr. it., La mania. Trattato me<strong>di</strong>co-filosofico <strong>su</strong>ll'alienazione mentale, a cura<br />
<strong>di</strong> F. Fonte Basso e S. Moravia, Venezia, Marsilio, 1987. «Appare Ippocrate, e si innalza<br />
una barriera eterna tra l'uso empirico dei me<strong>di</strong>camenti e la vera scienza me<strong>di</strong>ca; intendo<br />
<strong>di</strong>re lo stu<strong>di</strong>o approfon<strong>di</strong>to del carattere e del decorso delle malattie [...] egli ha dato<br />
l'esempio generale del più severo metodo descrittivo; e gli uomini capaci <strong>di</strong> apprezzarlo lo<br />
prendono per modello». Pinel era anche il curatore della G. Baglivi opera omnia me<strong>di</strong>co<br />
pratica et anatomica, novam e<strong>di</strong>tionem men<strong>di</strong>s innumeris expurgatam, notis illustravit et<br />
praefatus est Ph. Pinel, 1788, 2 voll. in 8°, dove nella praefatio elogiava il me<strong>di</strong>co slavoleccese<br />
per le <strong>su</strong>e innovative ricerche ispirate dal metodo ippocratico e dalla filosofia <strong>di</strong> F.<br />
Bacon.<br />
2 Sulla figura <strong>di</strong> Democrito, filosofo che ride, e <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>a fortuna nella modernità cfr. J.<br />
STAROBINSKI, Democrito parla, l’introduzione a R. BURTON, Anatomy of Melancholy, III<br />
ed 1628, tr. it. Anatomia della melancolia, a cura <strong>di</strong> J. Starobinski, Venezia, Marsilio, 2 ed.,<br />
1988; <strong>su</strong> questo tema cfr. anche J.-C. DARMON, Philosophie épicurienne et littérature au<br />
XVII e siècle. Études <strong>su</strong>r Gassen<strong>di</strong>, Cyrano de Bergerac, La Fontaine, Saint-Evremond,<br />
Paris, PUF, 1998.<br />
3 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., pp. 167-172.<br />
4 Id., pp. 237-248. D. Bartoli, spirito sinceramente credente, umanista raffinato,<br />
apertamente e risolutamente antigiansenista, tentò, come è noto, <strong>di</strong> conciliare il metodo<br />
scolastico con quello speculativo <strong>di</strong> Galileo, per il quale osò manifestare ammirazione<br />
anche dopo la condanna, pur rimanendo sempre legato alle posizioni aristoteliche. Cfr.<br />
l’Introduzione <strong>di</strong> E. Raimon<strong>di</strong>, in D. BARTOLI, Scritti, a cura <strong>di</strong> E. Raimon<strong>di</strong>, Milano-<br />
Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1960; 2 a ed. Torino, Einau<strong>di</strong>, 1977. Gimma aveva una buona conoscienza<br />
degli scritti <strong>di</strong> D. Bartoli, soprattutto La ricreatione del savio in <strong>di</strong>scorso con la natura e<br />
con Dio, libri due del P. Daniello Bartoli, della compagnia <strong>di</strong> Giesù, in Roma, MDCLIX,<br />
66
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
senza ambiguità <strong>di</strong> essere un ‘erede’ degli investiganti, giacché ferma e<br />
contraria ad ogni speculazione astratta, e non confermata con ripetute<br />
esperienze, è la <strong>su</strong>a posizione 1 . Egli, insomma, <strong>di</strong>fende una concezione della<br />
me<strong>di</strong>cina sperimentale, legata anche alla tra<strong>di</strong>zione corpuscolare e<br />
probabilistica che a Napoli aveva i <strong>su</strong>oi maggiori esponenti in Borelli<br />
(almeno in una certa fase del <strong>su</strong>o pensiero), da una parte, e in Caramuel,<br />
Cornelio e Di Capua dall’altra 2 .Come molti degli Investiganti, del resto,<br />
prende esplicitamente le <strong>di</strong>stanze da <strong>Descartes</strong>: il punto <strong>di</strong> rottura anche per<br />
lui – ma anche per Gimma, Cornelio e gli altri ‘cartesiani’ 3 – è proprio il<br />
modello dell’uomo-macchina, così come era stato presentato da <strong>Descartes</strong><br />
nel <strong>su</strong>o Traité de l’Homme 4 . Insomma, anche in questo caso, la questione è<br />
che l’uomo <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> non è l’uomo dell’anatomista, ma un uomo<br />
costruito sotto la garanzia <strong>di</strong> Dio 5 . Anche nei confronti dei cartesiani<br />
nella Stamperia d’Ignatio de’ Lazzeri, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, più volte citato in Sylva I, a<br />
pp. 397, 407-408, 413 e 417. Cfr. anche Sylva III, p. 40, dove si ricordano quei religiosi che<br />
avevano rifiutato la filosofia aristotelica «e questa, che <strong>di</strong>cono novella forma <strong>di</strong> filosofare<br />
abbracciarono, come sono […], il P. Grimal<strong>di</strong>, il P. Par<strong>di</strong>es, il P. Bartoli».<br />
1 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. 241. «I Fetonti, i giovani vogliosi <strong>di</strong> libertà,<br />
vogliosi <strong>di</strong> novità, escono dalla carreggiata e a freni sciolti correndo dovunque il capriccio<br />
li porta e li trasporta guastano la natura e mettono in combustione il mondo, e rovinano<br />
l’universo». Tali, continua Tremigliozzi, «sono le speculazioni astratte dalla materia<br />
sensibile, le quali come l’uccello, che perciò chiamo del para<strong>di</strong>so, non si crede aver pie<strong>di</strong> da<br />
posarsi e toccar terra, sempre in aria, sempre in volo, sempre <strong>su</strong> l’ali, anzi essi stessi tutta<br />
ala».<br />
2 Su Caramuel, e la <strong>su</strong>a importanza per gli investiganti e l’ambiente napoletano, N.<br />
BADALONI, Introduzione a Vico…, cit., pp. 44-65; D. PASTINE, Juan Caramuel:<br />
probabilismo ed enciclope<strong>di</strong>a, Firenze, La Nuova Italia, 1975. Cfr. anche M. TORRINI, Juan<br />
Caramuel e l’Accademia napoletana degli Investiganti, in Le meraviglie del probabile,<br />
Juan Caramuel 1606-1682, 1990, pp. 22-33. Lo stesso Gimma ebbe ben presente gli<br />
insegnamenti <strong>di</strong> Caramuel, come <strong>di</strong>mostrano le pagine <strong>su</strong>i Laberinti metametrici, contenuti<br />
in Sylva I, Centone, pp. 431-433, confluite in Encyclopae<strong>di</strong>a, De Poetica Par. IV, De<br />
Metametrica cap. 23, Sect. 1 De centone, et eius legibus.<br />
3 Cfr. G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli e Cartesianismo…, cit., pp. 234-236.<br />
4 Sulle reazioni della cultura europea al pensiero ‘biome<strong>di</strong>co’ <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>, cfr. F.<br />
MESCHINI, Neurographia cartesiana. Momenti del <strong>di</strong>battito attorno alla neurofisiologia <strong>di</strong><br />
<strong>Descartes</strong> (1640-1641/1664-1665), Firenze, Olschki, 1998. Sulla presenza de l’Homme<br />
cartesiano, e della <strong>su</strong>a traduzione latina a Napoli, cfr. M. RASCAGLIA, E<strong>di</strong>zioni cartesiane a<br />
Napoli (secc. XVII-XVIII), in Dalla scienza mirabile…, cit., pp. 77-102.<br />
5 M. DI GIANDOMENICO, Cartesianesimo e iatromeccanica in Italia…, cit., p. 653, nota che<br />
la prospettiva in cui <strong>Descartes</strong> si muove «è certamente nuova, essendoci sostituzione <strong>di</strong><br />
forma anatomica con processo <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong>namica […]. Il costruttivismo ed il<br />
genetismo sono gli aspetti che conseguono imme<strong>di</strong>atamente dalla concezione metodologica<br />
cartesiana». Poco prima Di Giandomenico aveva rilevato a proposito del modello<br />
dell’organismo macchina che «anche Aristotele aveva assimilato nel De motu animalium<br />
67
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
metafisici, del resto, il <strong>su</strong>o giu<strong>di</strong>zio era netto. Scriveva: non si può «non<br />
condannare lo smentire il nome co’ fatti, trasformando contra ogni ragione<br />
<strong>di</strong> natura» come fanno i cartesiani «la fisica in Metafisica» 1 .<br />
L’intervento <strong>di</strong> Gimma non è, e non vuole essere, un intervento tecnico. Il<br />
Ju<strong>di</strong>cium evita accuratamente <strong>di</strong> entrare nei dettagli me<strong>di</strong>ci della questione<br />
e, quando non può farne a meno, si limita a brevi commenti. Gimma sceglie<br />
<strong>di</strong> seguire un’altra strada: legittimare, <strong>su</strong>l terreno della storia, le scelte del<br />
me<strong>di</strong>co calabrese. Così, per <strong>su</strong>ffragare l’insostenibilità della<br />
sanguinificazione epatica, prima ancora che ad Harvey, si appella<br />
all’autorità <strong>di</strong> Thomas Bartholin 2 , ri<strong>di</strong>colizzando gli argomenti contro la<br />
circolazione car<strong>di</strong>aca 3 . A Napoli, oltretutto, si fanno continui esperimenti e<br />
vengono pubblicati ogni giorno testi a sostegno delle tesi dei moderni. Per<br />
tutti, Gimma cita il Me<strong>di</strong>cinale Patrocinium del me<strong>di</strong>co spagnolo Francesco<br />
gli organi del movimento animale a degli organa, cioè a parti <strong>di</strong> macchine belliche […] ma<br />
la <strong>su</strong>a teoria del movimento è molto <strong>di</strong>versa da quella <strong>di</strong> Cartesio […]. In realtà, l’idea base<br />
della iatromeccanica consiste appunto nella riduzione degli organi e delle loro funzioni<br />
vitali ad un insieme complesso, ben formato e ben governato, <strong>di</strong> piccole macchine, le quali<br />
sono certo intellettualmente in maniera chiara, ma esigono l’aiuto – ancora in<strong>su</strong>fficiente –<br />
dell’anatomia microscopica per affiorare ad oculos» (Id., p. 654-655).<br />
1 Id., p. 244. La necessità <strong>di</strong> tenere <strong>di</strong>stinti i piani è con<strong>di</strong>visa anche da Gimma che molti<br />
anni dopo, nel secondo tomo della Fisica sotterranea, contestando le opinioni <strong>di</strong> A. Kircher<br />
«solito a credere alle altrui relazioni», <strong>su</strong>lla generazione spontanea delle conchiglie<br />
conclude «che tutto ciò <strong>su</strong>ccede, perché alcune scuole <strong>di</strong>fendono la generazione dalla<br />
putre<strong>di</strong>ne, uccellando dalla metafisica la sperimentale fisica» (G. GIMMA, Della storia<br />
naturale delle gemme, delle pietre, <strong>di</strong> tutti i minerali, ovvero della Fisica sotterranea <strong>di</strong><br />
D.Giacinto Gimma dottore delle leggi, avvocato straor<strong>di</strong>nario della città <strong>di</strong> Napoli,<br />
Promotor-Generale della Scientifica Società Rossanese degl’incuriosi […] <strong>di</strong>visa in libri<br />
VI o Tomi II […], in Napoli, Gennario Muxio, erede <strong>di</strong> Michele–Luigi, 1730, t. II, p. 276).<br />
Su questo aspetto della Nuova Staffetta, cfr. N. BADALONI, Introduzione a G. B. Vico…,<br />
cit., p. 291, dove scrive: «Come si vede lo anticartesianismo del Vico non è un <strong>su</strong>o<br />
personale atteggiamento ma corrisponde ad un in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> pensiero <strong>di</strong> una corrente».<br />
Sull’accoglimento della me<strong>di</strong>cina e, più in specifico, della neurofisiologia cartesiana a<br />
Napoli, cfr. M. DI GIANDOMENICO, Cartesianesimo e iatromeccanica in Italia tra XVII e<br />
XVIII secolo, in <strong>Descartes</strong>: il metodo e i saggi…, cit., vol. II, pp. 651-658; interessante da<br />
questo punto <strong>di</strong> vista anche, G. CIMINO, Teoria del sistema nervoso e ottica fisiologica in<br />
<strong>Descartes</strong>, in ID., pp. 247-272; da leggere anche le precisazioni, dello stesso autore, che<br />
troviamo in L’aspetto ‘rivoluzionario’ della neurofisiologia <strong>di</strong> Cartesio, in G. Belgioioso,<br />
(a cura <strong>di</strong>) Cartesiana, Galatina, Congedo, 1992, pp. 79-82.<br />
2 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., p. 276: «Plena <strong>su</strong>nt argumentis et<br />
observationibus Recentiorum volumina, et sanguinificationi hepatis exequias cecinit<br />
Thomas Bartholinus». Su William Harvey, cfr. W. PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…,<br />
cit..<br />
3 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., p. 277: «Ri<strong>di</strong>culum est his temporibus<br />
hujsmo<strong>di</strong> circulationem in dubium revocare».<br />
68
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Morelli, pubblicato a Napoli nel 1678, che forniva prove inconfutabili delle<br />
ipotesi <strong>di</strong> Harvey 1 . Insomma, secondo Gimma – come già per Tremigliozzi<br />
– solo De Martino, pensa ancora che le tesi dei moderni non siano<br />
accettabili e si ostina a <strong>di</strong>fendere pratiche quali la flebotomia, la cui<br />
efficacia era stata ri<strong>di</strong>mensionata già da Paracelso, Van Helmont 2 , Marco<br />
Aurelio Severino, Tommaso Cornelio: «Admittes tran<strong>su</strong>fionem sanguinis,<br />
quam vocat Modernorum elusionem, ineptiam, temeritatem, et Me<strong>di</strong>cinam<br />
fabulosam? Repetes experimenta, quae refert Richardus Lovver huius<br />
inventi auctor; item alia, quae produxerunt Academia Anglica, et Gallica,<br />
Io: Guilelmus Riva, qui Transfusoriam Romae triplici experimento<br />
celebravit» 3 . In quanto tali tesi sono insostenibili, De Martino, può ricorrere<br />
a sostegno delle <strong>su</strong>e sciagurate scelte me<strong>di</strong>che, e proprio nel caso della<br />
trasfusione, ad un filosofo, Marsilio Ficino, il quale non si era mai<br />
interessato a questa questione, rivelando, una volta <strong>di</strong> più, la <strong>su</strong>a ignoranza 4 .<br />
De Martino ha dunque sbagliato ad attaccare uno dei più rispettabili me<strong>di</strong>ci<br />
d’Italia, conosciuto e apprezzato dai letterati <strong>di</strong> tutta Europa 5 , e proprio <strong>su</strong><br />
temi come la circolazione harvejana, ormai accettata da tutti i dotti. Come se<br />
non bastasse, «non sine tae<strong>di</strong>o librum evolvi, et si mihi fas est ju<strong>di</strong>cium de<br />
eo ferre, nihil profecto habet, quod non vergat ad ineptias, et fatuum sapiat.<br />
1 Id., pp. 278-279: «Franciscus Morellus Triremium Hispanicarum Archiater, anno 1678<br />
[…], Me<strong>di</strong>cinale patrocinium pro sanguinis circulatione ab Harvejo descripta firmiter<br />
probanda publicavit, inconcussis argumentorum ponderibus, antiquorum primae notae,<br />
Neotericorumque auctoritatibus, ac tandem Anatomicis experimentis, luce clarioribus<br />
adductis; admissa etiam Galeni, et verum omnium sententia contra Recentiores sanguinem<br />
produci ab hepate, et exinde ad cor, pro generatione spiritum vitalium, et sanguinis<br />
arterialis; necnon ad singulas partes corporis pro ipsarum nutritione pervenire. Morelli<br />
sententiae se <strong>su</strong>bscripserunt peculiaribus epistolis, et poematis imp ressis, Me<strong>di</strong>ci e<br />
Galenicorum Schola non pauci, nec infimae notae».<br />
2 Su queste tesi <strong>di</strong> Paracelso, e Van Helmont cfr. L. S. KING, The road to me<strong>di</strong>cal<br />
enlightenment, London, New York, e soprattutto, W. PAGEL, Paracelso…, cit.<br />
3 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., p. 276.<br />
4 Id., p. 277; a proposito della trasfusione «eam damnat Martinus, quam neque vi<strong>di</strong>t, neque<br />
<strong>di</strong><strong>di</strong>cit; sicut neque perlegit Marsilium Ficinum ab ipso falso relatum; cum Ficinus ibi<br />
nullam faciat hujus transfusionis mentionem».<br />
5 Id., p. 255: «O pessimam temporis jacturam! Invenio titulum Martino plane <strong>di</strong>gnum:<br />
nempe Petrii Antonii de Martino Geofonensis Respon<strong>su</strong>m Trutinae Me<strong>di</strong>cae Musitani:<br />
quasi in Trutina tua, provinciam adver<strong>su</strong>s eum <strong>su</strong>scepisses. Pergo ulterius: In quo tractatur<br />
de omnibus morbis humani corporis, impugnatur Harvejana sanguinis circulatio, et multae<br />
sententiae contra veterem et communem doctrinam exortae refelluntur pro Galeno, et<br />
Asseclis, contra aliquos Moderno. O bellum inquam hominem, atque facetum, qui hisce<br />
temporibus admissam a Galenicis ipsis sanguinis circulationem reiiciat».<br />
69
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Nullus lepos, nulli sales, nullae Veneres, nullus nitor, nulla denique solida<br />
doctrina <strong>su</strong>i ines verbis; sed horridus quidam sermo, a linguae Latinae<br />
castimonia abhorrens, et veterem inscitiam habet in ore» 1 . De Martino è,<br />
secondo Gimma, la prova inconfutabile dell’impossibilità <strong>di</strong> avviare<br />
qualunque <strong>di</strong>scussione con i galenici: essi oppongono alle argomentazioni il<br />
principio <strong>di</strong> autorità; si lamentano <strong>di</strong> tutto senza motivo, e non posseggono<br />
«aequo animo» per giu<strong>di</strong>care le vali<strong>di</strong>tà delle nuove scoperte 2 .<br />
La <strong>di</strong>scussione non riguarda più a questo punto il confronto tra i due modelli<br />
– galenico e sperimentale – <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. Come nel caso <strong>di</strong> altri famosi<br />
<strong>di</strong>battiti, a cominciare da quello tra <strong>Descartes</strong> e Voetius 3 , a quello che aveva<br />
visto affrontarsi Giovan Battista De Bene<strong>di</strong>ctis e Giuseppe Valletta, o<br />
ancora De Bene<strong>di</strong>ctis e Costantino Grimal<strong>di</strong> 4 , a quello infine tra De Martino<br />
e Musitano, la polemica si sposta <strong>su</strong> un altro terreno: l’attacco personale. I<br />
galenici vengono definiti ipocriti e ignoranti 5 . De Martino non si è reso<br />
conto che in realtà con il <strong>su</strong>o infame libello ha attaccato anzitutto se stesso,<br />
e non Musitano, evidenziando la <strong>su</strong>a ignoranza non solo nella me<strong>di</strong>cina ma<br />
anche delle più elementari regole della grammatica 6 . De Martino è una<br />
vergogna: non conosce il latino, crede as<strong>su</strong>rdamente e acriticamente negli<br />
antichi, e dà cre<strong>di</strong>to, più che ai seri ricercatori, a «praestigiatores, aliique<br />
vaniloquidoci, quos refert Sachsius; sed etiam Pseudome<strong>di</strong>castri, qui artis<br />
hujus ignari, aut ea levissime imbuti» 7 , come <strong>di</strong>ce «Primerosius, empto in<br />
1<br />
Id., pp. 255-256.<br />
2<br />
Id., pp. 257-258: «Nec ipse Deus omnibus placet […]. Si Aestu est, de ari<strong>di</strong>date<br />
causamur; si pluvia, de inundatione conquerimur. Si infecun<strong>di</strong>or annus est, accusamus<br />
sterilitatem. Si fecun<strong>di</strong>or, utilitatem. A<strong>di</strong>pisci abundantiam cupimus, et eandem accusamus.<br />
Quid <strong>di</strong>ci hac re improbius, quid contumeliosius potest, etiam in hoc de misericor<strong>di</strong>a Dei<br />
querimur, qui tribuat, quod rogamus». Cfr. Sylva I, pp. 95-96, dove il passo è presente<br />
senza alcuna <strong>di</strong>fferenza rispetto all’opera a stampa. Non è, però, possibile sapere se il<br />
materiale raccolto da Gimma nella Sylva I, e almeno in parte, nella Sylva III sia stato<br />
selezionato proprio in funzione della polemica Musitano – De Martino.<br />
3<br />
Cfr. T. Verbeek, (a cura <strong>di</strong>) La Querelle d’Utrecht, Paris, Les impressions nouvelles,<br />
1988.<br />
4<br />
Cfr. COSTANTINO GRIMALDI, Memorie <strong>di</strong> un anticurialista del settecento, a cura <strong>di</strong> V. I.<br />
Comparato, Firenze, Olschki, 1964; G. VALLETTA, Opere filosofiche…, cit.; V. I.<br />
COMPARATO, Giuseppe Valletta…, cit.<br />
5<br />
G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., pp. 256-258.<br />
6<br />
Id., p. 258: «Scripsit potius contra seip<strong>su</strong>m, famo<strong>su</strong>m libellum, ut bene ais, quam contra<br />
tuam Trutinam; siquidem ut se Me<strong>di</strong>cum ostenderet, ineptum se patefecit Grammaticum.<br />
Hoc est Me<strong>di</strong>cinae dedecus, quae licet in optimis professoribus tam periculosa sit, ac<br />
<strong>di</strong>fficilis; attamen ab ignaris quoque videtur impune exerceri».<br />
7<br />
Id., p. 259, cfr. Sylva I, pp. 153-154: «Me<strong>di</strong>cina. Non solum eo deventum iam est, ut in<br />
70
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Academiis titulo, aut saltem se emisse simulantes, ementito honore, <strong>su</strong>perbi<br />
domum redeunt, ut civium sanguine, et <strong>di</strong>vitiis saginentur» 1 . Lo scritto è fin<br />
troppo ricco <strong>di</strong> vocaboli barbaro-latini, verbi coniugati in maniera pedestre,<br />
perio<strong>di</strong> sconclusionati: come ha insegnato Quintiliano, senza possedere<br />
almeno i ru<strong>di</strong>menti della grammatica «fideliter jeceris, quidquid<br />
<strong>su</strong>perstruxeris corruit» 2 e non può pretendere <strong>di</strong> perlustrare il vasto campo<br />
delle scienze. Una grammatica ben conosciuta, al contrario, da Carlo<br />
Musitano, che tra le <strong>su</strong>e prime opere date alle stampe, vantava appunto un<br />
prezioso e intelligente manualetto <strong>di</strong> Grammatica 3 . Il me<strong>di</strong>co deve avere, a<br />
giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma, una formazione che tenga conto delle duplici<br />
competenze che deve possedere: quelle più legate all’esercizio dell’arte e<br />
quelle storico–eru<strong>di</strong>te che debbono accompagnare e, soprattutto, legittimare,<br />
ogni sapere. Per questo è necessario che essi apprendano la filosofia, la<br />
grammatica, la poetica, la retorica, la matematica e la geometria, la<br />
cosmografia, la topografia, la musica, l’astronomia, la fisica, la metafisica, e<br />
Me<strong>di</strong>cinae sacra illotis manibus irrepserint oli<strong>di</strong> myropolae, circumpurpurati agyrtae,<br />
fraudulenti dentifrangibuli, Scatophagi empirici, pe<strong>di</strong>culosi unguentarii, umbratici<br />
me<strong>di</strong>castri, infames magi, crumenimulgi, praestigiatores, pro<strong>di</strong>giosi uromantes,<br />
extesticulatores lithotomi, gran<strong>di</strong>strepi sacrificuli, furnarii ciniflones, et qui <strong>su</strong>nt alii<br />
vaniloquidoci, et mugi polyloquides: sed et alia merx mala accessit fatales scilicet<br />
latiophisicae, et fastuosae me<strong>di</strong>castrae, quae non raro impune mortes per experimenta<br />
incerta in hominibus exercent et c. Phil. Iac. Sachs in Schol. ad observ. 26, Tom. 2, Ephem.<br />
German».<br />
1 Ib. Cfr. Sylva I, p. 204: «Plurimi me<strong>di</strong>castri huius artis ignari, aut ea levissime imbuti,<br />
empto in peregrinis Academiis Doctoris titulo, aut saltem se emisse simulantes, et sic<br />
ementito honore <strong>su</strong>perbi domum redeunt, ut civium sanguine, et <strong>di</strong>vitiis saginentur. Ita<br />
Primerosius l. c. lib. 1, cap. 2».<br />
2 Id., p. 263.<br />
3 C. MUSITANO, Me<strong>di</strong>tationes speculative in linguam latinam. Nunc primum grammaticale<br />
isagogicon, quod ad omnem partem collustrantes, tum potissime rationalem Definitione,<br />
Divisione, Argumentatione, Quaesitis Thesibus, singula ru<strong>di</strong>menta conquisite enuncleantes,<br />
quibus praecesserunt nonnulla prolegomena ad facilitatem et ornatum confecta, Neapoli,<br />
apud P. A. Moscatellium, 1682. G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 102-103: «Assai<br />
necessaria è la Gramatica de’ Latini per la cognizione delle Scienze; mentre<br />
Grammaticorum hae <strong>su</strong>nt partes, ut omne Scriptorum genus, Poetas, Historicos, Oratores,<br />
Philosophos, Me<strong>di</strong>cos, Juriscon<strong>su</strong>ltos excutiant; come <strong>di</strong>sse Poliziano» e per questo<br />
Musitano seguendo l’esempio <strong>di</strong> altri importanti stu<strong>di</strong>osi quali il Caramuel, e il Kircher,<br />
«scorgendo, che la gioventù senza i Gramaticali fondamenti s’erano già introdotti allo<br />
stu<strong>di</strong>o delle Scienze più <strong>di</strong>fficili, scriver volle la Gramatica Specolativa con quell’or<strong>di</strong>ne<br />
medesimo, con quale invaghiti gli osservava, e con cui sogliono gli Scolastici seguaci della<br />
dottrina <strong>di</strong> Aristotele insegnar la Logica; spiegando le regole della Gramatica stessa colle<br />
Conclusioni, colle obiezioni, e colle risposte nella forma Sillogistica […]: onde pubblicò<br />
nel 1682 un volume col titolo Me<strong>di</strong>tationes Speculativae in linguam Latinam».<br />
71
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
la storia 1 . Cosa <strong>di</strong>re, dunque, dell’inettissimo De Martino, ignorante della<br />
grammatica, «qui fuatis doctrinis hinc inde furto <strong>su</strong>breptis, et confarcinatis e<br />
Galenicorum libris, <strong>su</strong>ppresso etiam nomine eorum, a quibus <strong>su</strong>bripuerit,<br />
Trutinam tuam au<strong>su</strong>s est trutinare?» 2 Egli non corrisponde in alcun modo<br />
all’ideale <strong>di</strong> me<strong>di</strong>co che viene presentato da Gimma. Nel cumulo <strong>di</strong><br />
sciocchezze e <strong>di</strong> errori, che il galenista inserisce nella <strong>su</strong>a opera,<br />
promettendo così gran<strong>di</strong> cose nel titolo, e ottenendo alla fine così miseri<br />
frutti («si <strong>di</strong>gnus est cen<strong>su</strong>ra, ipsemet se ad calculum vocavit ob tot nugas in<br />
eo opere <strong>di</strong>ffusas, quod errorum Polyanthea, et ineptiarum Sylva <strong>di</strong>ci merito<br />
poteri» 3 ) è grave, prosegue Gimma, che l’attacco <strong>di</strong> De Martino non sia<br />
rivolto semplicemente contro l’opera <strong>di</strong> Musitano, perché allora sarebbe<br />
frutto <strong>di</strong> semplice ignoranza, ma, per <strong>su</strong>a stessa ammissione, contro la<br />
me<strong>di</strong>cina dei moderni 4 . A Gimma appare una figura patetica: non possiede<br />
una chiara cognizione <strong>di</strong> ciò che ha scritto, eppure pretende poter giu<strong>di</strong>care<br />
delle questioni più <strong>di</strong>fficili della filosofia e della me<strong>di</strong>cina 5 . Gimma ritiene<br />
più proficuo illustrare i nuovi meto<strong>di</strong> della schola recentiorum che,<br />
rifiutando i facili sofismi, ha elaborato quelle teorie che permetteranno<br />
finalmente alla me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> fare i progressi tanto attesi 6 . Gimma segue la via<br />
1<br />
G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., pp. 259-260. «Difficilis quidem est Me<strong>di</strong>cina,<br />
cum ex Me<strong>di</strong>corum <strong>di</strong>versa methodo, atque in omnibus fere morbis pertinaci inter se<br />
contentione […]; tum ex morborum <strong>di</strong>versitate, rebus me<strong>di</strong>cis, et earum nominibus; tum<br />
etiam ex scientiarum cognitione, quae mederi cupientibus necessaria est […], Me<strong>di</strong>cum<br />
omnes Philosophiae partes, Grammaticam, Poeticam, Rhetoricam, Mathematicam,<br />
Geometriam, Cosmographiam, Topographiam, Musicam, Astronomiam, Physicam,<br />
Metaphysicam, atque non levem Historiarum notitiam delibasse oportere».<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Id., p. 261.<br />
4<br />
Ib.: «Quae tu Musitane, tulisti, fuerunt errore, gratisque projecta: quae Martinus fert, <strong>su</strong>nt<br />
injustitia, ac veritate stipata. Hoc est Martini ju<strong>di</strong>cium in <strong>su</strong>i operis praelu<strong>di</strong>o, qui non<br />
proprie contra te certatur, ut ibidem ait; sed contra Recentiorum scholam, ut vetustam<br />
solidaret sententiam, Tyronibusque ostenderet, qui novitatibus allucinantur, veteremque<br />
viem magis duceret ad vitam. En quem Ducem produxit Galenicorum Schola! En novum<br />
Jaricae restauratorem!».<br />
5<br />
Id., pp. 261-262: «Ecce egregie virum, qui stu<strong>di</strong>orum est reformatur: qui non o<strong>di</strong>o; sed<br />
amore captus, communem <strong>su</strong>bivit palestram. Ecce quis in arenam secum jubet descendere<br />
Philosophos, et Me<strong>di</strong>cos, qui a veterum opinionibus elongantur! Ecce qui doctissimos viros<br />
per totum orbem <strong>di</strong>ffusos audet sycophantari! Homulus, qui gloriatur Grammaticam<br />
parvipendere, quam ignorat, monens <strong>su</strong>um librum in Dialogo: Si alicujus assertiones<br />
fundantur <strong>su</strong>per virgulas, puncta, vel litteras male positas, adeoque non faciant ad rem;<br />
tunc sequere ultra, nullum habens cum eo verbum».<br />
6<br />
Id., p. 263: «O nobilem scriptorem, brassicarum corona <strong>di</strong>gnum! Cacophysicus, qui<br />
destruit artium fundamenta, nunc Me<strong>di</strong>cinae Corypheus, Recentiores profligabit? Et tamen<br />
72
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
tracciata da Oldenburg, Sprat 1 e Ippocrate e, attraverso la storia della<br />
me<strong>di</strong>cina, evidenzia quello che <strong>di</strong> nuovo è stato scoperto, e quello che in<br />
larga parte rimane ancora da scoprire 2 .<br />
Poiché molte università, quelle dove le cattedre sono tenute da galenici, si<br />
oppongono alle nuove scoperte, e quin<strong>di</strong> rinunciano a guidare questo moto<br />
<strong>di</strong> rinnovamento questo ruolo, sembra <strong>su</strong>ggerire Gimma, deve essere<br />
as<strong>su</strong>nto dalle Accademie che, libere da interessi <strong>di</strong> politica universitaria<br />
(Tremigliozzi scrive, del resto, che è Galeno il responsabile della cattedra <strong>di</strong><br />
Politica) <strong>di</strong> fatto faranno progre<strong>di</strong>re le scienze e le lettere come accade nel<br />
resto d’Europa 3 . La me<strong>di</strong>cina, se non vuole <strong>su</strong>bire irrime<strong>di</strong>abili danni, scrive<br />
chiaramente Gimma, non può rifiutare l’apporto della chimica 4 , ciò che solo<br />
«ab acephalo Martino dudum vexata» viene rifiutato 5 .<br />
nostro hoc aevo Me<strong>di</strong>cina cum <strong>su</strong>is artibus in <strong>di</strong>es magis, magisque cultiore amictu pro<strong>di</strong>re<br />
videtur, atque naevis, quibus per tot saecula nimis fede scatuit, pror<strong>su</strong>s mundata: siquidem<br />
Recentiores omnia reiecerunt sophismata, verborumque laqueos, tyronum animos frustra<br />
irretientes, atque novam invexerunt methodum».<br />
1 Cfr. Supra, n.44.<br />
2 Cfr. Id. p. 262; cfr. anche G. GIMMA, Sylva I, p. 305: «Disse Ippocrate in Artis init. Mihi<br />
vero invenire aliquid eorum, quae nondum inventa <strong>su</strong>nt, quod ip<strong>su</strong>m notum, quam occultum<br />
esse videtur».<br />
3 Id., p. 263: «Accessere demum Academiae, et Collegia cum experimentalia, tum Me<strong>di</strong>ca,<br />
quorum labor eo collimat, ut valere omnino jussis verborum tricis, et sophismatum<br />
irreticulis, quibus Philosophia pene ad nugas devenerat; soli<strong>di</strong>orem doctrinam firment,<br />
atque in plana sen<strong>su</strong>um obiecta deducant, ut inquit Oldemburgius. Hujusmo<strong>di</strong> <strong>su</strong>nt Societas<br />
Regia in Anglia, alia Lon<strong>di</strong>nensis, Academia Curiosorum naturae in Germania,<br />
Lyncaeorum in Italia, et similes; quare in primis latrices stu<strong>di</strong>osae legenda sat <strong>su</strong>nt praeter<br />
opera virorum mox relatorum, Acta Philosophica Regiae Societ. in Anglia ab Henrico<br />
Oldemburgio conscripta: Acta Me<strong>di</strong>ca, et Philosophica Haffniensia a Thomae Bartholino<br />
publicata. Ephemerides Gallicae, quae liberalem rerum curiosarum cognitionem<br />
<strong>su</strong>ppe<strong>di</strong>tarunt: specimina exporimentorum naturalium in Academia del Cimento Florentiae<br />
factorum: Ephemerides Germanorum in sola Me<strong>di</strong>cina, illiusque filiis, et agnatis; et<br />
Bibliotheca Anatomica, seu potius recens in Anatomia inventorum thesaurus, quem una<br />
cum Daniele le Clerc <strong>di</strong>gessit, <strong>su</strong>pplevitque doctissimus noster Academicus Io: Iacobus<br />
Mangetus». Cfr. G. GIMMA, Sylva I, p. 11<br />
4 Id., p. 265: «Praeterea Recentiorum stu<strong>di</strong>o meden<strong>di</strong> ars ita cum Chymica est copulata,<br />
immo colligata ut si esset iterum separanda, nobili admodum membro mutila remanere, ut<br />
inquit Libavius».<br />
5 Ib.: «Quam tandem ob causam? Ut fidem <strong>su</strong>am liberaret, qua tempore Doctoratus Salerni,<br />
gratia <strong>su</strong>orum Me<strong>di</strong>cinae Antistitum peracti, promisit, quousque regetos, dum spiritus,<br />
artus, semper Peripateticam, et Galenicam tutari sententiam». E <strong>su</strong>bito dopo: «Simile<br />
quippiam effecit iis, qui terrarum orbem descripsisse, atque, eo nomine se Cosmographos<br />
au<strong>di</strong>re cupiunt, parvulo circulo descripto, atque in quatuor partes <strong>di</strong>viso; qui tamen neque<br />
magnitu<strong>di</strong>nem, neque figuram, neque Regionum fines; nedum maria, flumina, montes,<br />
Civitates, nevigan<strong>di</strong> normam, aut iter agen<strong>di</strong> canones in<strong>di</strong>cat».<br />
73
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
La conclusione è: «si tuam Trutinam ex Recentiorum sententia conscriptam,<br />
eorundem rationibus oppugnasset, <strong>di</strong>gnus esset aliqua laude» 1 .<br />
Il Ju<strong>di</strong>cium, tuttavia, va ben oltre la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Musitano. Gimma tocca temi<br />
presenti anche nelle Sylvae, ad esempio argomenta a favore della libertas<br />
philosophan<strong>di</strong>. Lì aveva ad esempio sostenuto che lo stesso Tommaso<br />
D’Aquino era da considerare un autentico antiaristotelico, per il quale il<br />
giuramento in verba magistri aveva avuto un carattere meramente<br />
strumentale mentre nutrito era l'elenco degli aristotelici accusati d’eresia 2 .<br />
Queste argomentazioni, Gimma curvava, nel Ju<strong>di</strong>cium, <strong>su</strong>l piano più<br />
specifico della me<strong>di</strong>cina e anche in questo ambito sottolineava la<br />
pericolosità e la falsità <strong>di</strong> un aristotelismo che aveva inquinato la Religione<br />
1 Id., p. 266.<br />
2 Cfr. Id., pp. 267-269; cfr. anche G. GIMMA, Sylva III, p. 52: «In Philosophia Aristotelica<br />
omnium <strong>su</strong>o tempore doctissimus, novitatem terminorum contra Theologorum<br />
con<strong>su</strong>etu<strong>di</strong>nem immiscens varios errores inducens publice condemnatus fuit. Gaspare<br />
Peucero per simil cagione fu carcerato nel Tribunale dell'Inquisizione. Filippo Melantone <strong>di</strong><br />
lui <strong>su</strong>ocero, ed emulatore nell'Eresia, e nell'Aristotelismo solea <strong>di</strong>re: Sè aver con<strong>su</strong>mata<br />
tutta la <strong>su</strong>a età nello stu<strong>di</strong>o della Dialettica d'Aristotile, e che se più {ltnga} lunga gli fosse,<br />
per essere, più breve, e corta sempre mai l'avrebbe giu<strong>di</strong>cata, tanto era il <strong>di</strong>letto, che ne<br />
ricevea. Fu così idolatra d'Aristotile, che una volta convenendogli allontanarsi dalla frase<br />
d'Aristotile, si scusò <strong>di</strong>cendo: Peto mihi veniam dari, si interdum ab Aristotelica phrasi<br />
<strong>di</strong>scessi, come si legge nella Prefazione al <strong>su</strong>o Trattato De Anima. Lo chiamò sempre<br />
Philosophum veritatis, e lo fe' <strong>di</strong> nuovo comparire nelle migliori stampe <strong>di</strong> Basilea, e<br />
parlando delle <strong>su</strong>e Opere <strong>di</strong>sse: Etsi autem quaedam praeclara scripta eius perierunt,<br />
tamen existimo, ea quae reliqua <strong>su</strong>nt, quae quidem in Scholis maxime <strong>su</strong>nt apta, <strong>di</strong>vinitus<br />
servata esse, ut posteritas rectius doceri possit». Cfr. G. GIMMA, Sylva III, p. 65: «avendo<br />
trovato S. Tommaso, e gli altri teologi <strong>di</strong> quella età, che la Filosofia <strong>di</strong> Aristotile per mezo<br />
degli Arabi regnava in tutte le Accademie furon costretti avvalersi <strong>di</strong> quei termini per<br />
esplicare, ed insegnare la Teologia. L'istesso afferma nelle <strong>su</strong>e Storie che se bene S.<br />
Tommaso si avvalse nella <strong>su</strong>a Somma contro i Gentili <strong>di</strong> Aristotile, e de' <strong>su</strong>oi seguaci, ciò<br />
fu nel modo, e termini Peripatetici, e non nelle cose de' medesimi; perché egli vivea nel<br />
secolo XIII nel quale era sorta in gran riputazione la Setta degli Arabi, i quali dominavano<br />
specialmente nell'Andalusia, ed aveano convertito Cordova in un'altra Atene. E con l'Opere<br />
<strong>di</strong> Averroe erasi risvegliata la Filosofia <strong>di</strong> Aristotile giacciuta sopita, e sepolta per<br />
lunghissimo tempo innanzi, e la insegnavano con metodo, e con sottigliezza, rifiutando con<br />
le ragioni Peripatetiche i misteri della Fede. Ed altrove <strong>di</strong>ce, che S. Tommaso <strong>di</strong>visò le <strong>su</strong>e<br />
questioni con termini Peripatetici affinché si fatte sentenze ritrovassero più amorevole<br />
albergo negli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> quei tempi». Gimma cita da Notizie, ed autorità cavate da una<br />
lettera <strong>di</strong> N. N. per li Diputati della Città <strong>di</strong> Napoli al Papa, intorno al proce<strong>di</strong>mento del<br />
Santo Uficio nella detta Città, nella quale si <strong>di</strong>fende la Filosofia Moderna, e si biasima<br />
l’Aristotelica. È un Volume in 4° <strong>di</strong> fogli sino alla segnatura Ff senza principio, e senza<br />
fine. L’Autore è Giuseppe Valletta, <strong>su</strong>lla presenza <strong>di</strong> Valletta in Sylva III, cfr. G.<br />
BELGIOIOSO, Premessa…, cit..<br />
74
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Cattolica 1 .Nel caso <strong>di</strong> De Martino, poi, rilevava una infedeltà al vero dettato<br />
<strong>di</strong> Galeno il quale aveva scritto: «Si Galenicus est, juravitque in verba<br />
Magistri, a quo tanquam equus capistro retinetur, cur non Galeni ipsius <strong>di</strong>cto<br />
est au<strong>di</strong>ens, scribentis: quod semper <strong>di</strong>co, etiam nunc proloquor: nimirum<br />
per<strong>su</strong>asim me habere, quod <strong>di</strong>fficillimum sit a veritatem revocare eos, qui<br />
sectae alicujus servituti se ad<strong>di</strong>xerunt. Verum qui prudentes <strong>su</strong>nt, simulque<br />
veritatem syncere amant, eos spero custo<strong>di</strong>turos esse ea, quae veluti<br />
ju<strong>di</strong>can<strong>di</strong> instrumenta nobis a natura data <strong>su</strong>nt, ad actionum vitae<br />
cognitionem, experientiam <strong>di</strong>co, et rationem» 2 , mentre lo stesso Cardano,<br />
«non Me<strong>di</strong>corum infimus in schola veterum», invitava a non accettare<br />
acriticamente tutto quanto viene attribuito a Galeno, e Aristotele 3 .<br />
1 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., pp. 266-267.<br />
2 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., p. 270. Cfr. G. GIMMA, Sylva I, p. 96-97:<br />
«Quod semper <strong>di</strong>co etiam nunc proloquor, nimirum per<strong>su</strong>a<strong>su</strong>m me habere, quod<br />
<strong>di</strong>fficillimum sit ad veritatem revocare eos, qui sectae alicuius servituti se ad<strong>di</strong>xerunt.<br />
Verum qui prudentes <strong>su</strong>nt, simulque veritatem syncere amant, eos spero custo<strong>di</strong>turos esse<br />
ea, quae veluti in<strong>di</strong>can<strong>di</strong> instrumenta nobis a natura data <strong>su</strong>nt, ad actionum vitae<br />
cognitionem, experientiam <strong>di</strong>co, et rationem: Galenus, De compositione me<strong>di</strong>camentorum<br />
localium lib. 8 cap. 1».<br />
3 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., p. 270., pp. 271-272: Cardano «haec scripsit<br />
Maxime quoddam hominum genus aversari debemus, qui nos Aristotele, et Galeno jubent<br />
esse contentos: totamque machinam hanc, totque arcana sapientiae duorum hominum qui<br />
nec se totos stu<strong>di</strong>is <strong>di</strong>sciplunarum tra<strong>di</strong>derunt, arbitrio committunt. Rem sane intolerandam,<br />
et mortalium generi perniciosissimum. Et inferius. Magis <strong>di</strong>ligunt existimationem, et<br />
pecuniolas, quam veritatem; magis timent <strong>su</strong>perari, aut mutare sententiam, quam falsa<br />
credere, et docere, et pes<strong>su</strong>ndare sapientiam, et mortalium commoda. Videas quam parum<br />
doctrinae hae duae adeo cultae. A<strong>di</strong>o splen<strong>di</strong>dae, cum tot praemiis, professoribus ad<strong>di</strong>tis,<br />
creverint: ne <strong>di</strong>cam imminutas esse, ut illorum aetate ad hanc usque cum Geometria, et<br />
Astronomia longe commo<strong>di</strong>s humanis minus aptae, nullis praemiis, aut favoribus<br />
Principum adjutae, ferme ad culmen humani ingenii aucate sint. Quae horum causa? Nisi<br />
pervicacia, pertinacia, impudentiaque professorum, et expositorum, qui cum duos homines,<br />
duos faciant Deos, et vera, ex aequo tuentur: et ea, quae ne somniarunt quidem, mor<strong>di</strong>cus<br />
tenent illos <strong>di</strong>xisse: et in quibus errasse convincuntur, ipsa potius megare experimenta,<br />
quam illorum fateri ignorantiam. Sic facum est, ut etiam in eisdem haereamus, in quibus<br />
etiam illorum aetate homines haerebant: nec tot annorum cur<strong>su</strong>m quicquam profuisse<br />
putemus ad detegenda naturae arcana; sic vix retinemus impressionis, et bellicarum<br />
machinarum, et acus navigan<strong>di</strong> u<strong>su</strong>m: atque id merito, quod in homines Philosophiae<br />
ignaros inciderunt. Nam existimo, si cura etiam horum cuipiam Philosopho demandata<br />
esset, perdenda potius fuisse, quam perdendum iniquum dogma. At ista ob evidenem<br />
utilitatem, et maximam, ab i<strong>di</strong>otis servata <strong>su</strong>nt: quanta vero perierunt ab his infi<strong>di</strong>s<br />
Peripateticis? Alia etiam Galenicis Me<strong>di</strong>cis commissa, quod non adeo utilia usibus<br />
hominum viderentur, nec commissa i<strong>di</strong>otarum custo<strong>di</strong>ae: Adhuc <strong>di</strong>sceptant, an necesse sit<br />
semen foeminae ad generationem concurrere: ita fit, ut necesse sit semen foeminae in<br />
generatione foetus concurrere, et non sit necesse. O pulchrum dogma, et <strong>di</strong>gnum talibus<br />
auctoribus, ac tanta sapientia, etc.».<br />
75
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Il resto del Ju<strong>di</strong>cium è cronistoria, il libro <strong>di</strong> Musitano era già stato<br />
sottoposto al giu<strong>di</strong>zio della commissione della Società degli Incuriosi 1 .<br />
Gaetano Tremigliozzi, «concivem nostrum, qui scripsit alias pro<br />
Recentioribus», si occuperà della <strong>su</strong>a <strong>di</strong>fesa, in nome dell’intera accademia 2 .<br />
IL Ju<strong>di</strong>cium mostra in Gimma una matura consapevolezza epistemologica<br />
per quanto attiene al modello <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina sperimentale. Quando avrà<br />
perfezionato la tecnica della sperimentazione, la me<strong>di</strong>cina, a giu<strong>di</strong>zio<br />
dell'abate, potrà anzi favorire un vasto movimento <strong>di</strong> riforma dell'intera<br />
filosofia sperimentale. Gimma in<strong>di</strong>vidua le linee <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> questa<br />
filosofia sia in Italia sia nel resto d’Europa e, ovunque, essa gli appare<br />
strettamente connessa ai progressi della me<strong>di</strong>cina 3 . La me<strong>di</strong>cina deve quin<strong>di</strong><br />
essere antidogmatica e non proporsi il raggiungimento della verità, in<br />
quanto quest'ultima non appartiene all’uomo. Questa prospettiva, nelle<br />
opere <strong>su</strong>ccessive <strong>di</strong> Gimma, verrà approfon<strong>di</strong>ta, in particolare il rapporto fra<br />
‘storia’ e ‘scienza’, insieme al tema delle ‘favole’, <strong>di</strong>verrà un tema portante<br />
della <strong>su</strong>a riflessione, dove la storia <strong>di</strong>venta sì il luogo dell’errore, e in un<br />
certo senso la madre delle favole, ma anche, il farmaco della malattia,<br />
perché, se adeguatamente stu<strong>di</strong>ata, permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>rimere le questioni con<br />
<strong>su</strong>fficiente chiarezza, e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le proposte valide che ci vengono<br />
dagli antichi non meno che dai moderni.<br />
La Nuova Staffetta, comunque, non si conclude con il Ju<strong>di</strong>cium <strong>di</strong> Gimma.<br />
Nella finzione <strong>di</strong> Tremigliozzi, alla fine della lettura della lettera dell’abate<br />
carmelitano, un silenzio ammirato si <strong>di</strong>ffonde nell’assemblea, mentre<br />
Apollo approva il <strong>su</strong>ggerimento <strong>di</strong> Gimma, a Musitano <strong>di</strong> non rispondere<br />
alle critiche mossegli da De Martino 4 . La Nuova Staffetta si conclude<br />
affrontando due problematiche più generali: il rapporto tra filosofia e<br />
1 Id., p. 282: «Ego sane antequam librum a te reciperem, eum quorundam Academicorum<br />
examini istic <strong>su</strong>bjeci; putabam enim non abs re futurum, si praestantissimus, atque<br />
doctissimus socius, ab universa Societate (cuius in primis est tae famae con<strong>su</strong>ltum velle)<br />
defenderetur; verum re perpensa, opereque Martiniano perlecto, illud Academica cen<strong>su</strong>ra<br />
in<strong>di</strong>gnum cen<strong>su</strong>imus». La commissione che aveva esaminato l’opera <strong>di</strong> Musitano era<br />
composta da G. Gimma stesso, da G. Tremigliozzi, C. Carafa, A. Core, G. B. Notarangelo.<br />
2 Id., pp. 283-284.<br />
3 G. GIMMA, Ju<strong>di</strong>cium Martinianum…, cit., pp. 262-263. Cfr. Sylva I, p. 111. Cfr. anche,<br />
Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica…, cit., t. I, Epistola invitatoria ad celeberrimos<br />
Europae me<strong>di</strong>cos. Vire Magnifici, Amplissimi, Nobilissimi, Excellentissimi, Experientissimi<br />
Me<strong>di</strong>cinae scrutatores naturalium arcanorum solertissimi, pp. 1-8.<br />
4 G. TREMIGLIOZZI, Nuova Staffetta…, cit., p. 288.<br />
76
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
me<strong>di</strong>cina e il valore del sapere enciclope<strong>di</strong>co. In tutt'e due i casi l'operetta va<br />
ben oltre l'occasione della polemica De Martino-Musitano. La prima<br />
questione viene introdotta per bocca <strong>di</strong> Gabriele Fontana, autore della<br />
Me<strong>di</strong>cina anti-ferneliana. Quest'ultimo, con occhio livido, e «con voce sì<br />
acuta, che sembrava l’istessa invi<strong>di</strong>a», si fa avanti e così comincia a parlare:<br />
«Sire, qual giu<strong>di</strong>zio sincero può dar questo Gimma delle cose della<br />
Me<strong>di</strong>cina, non essendo egli me<strong>di</strong>co? Quod Me<strong>di</strong>corum est, promittunt<br />
Me<strong>di</strong>ci; tractant fabrilia fabri: cantò Orazio. Altro è parlar Me<strong>di</strong>cè, altro è<br />
parlar philosophicè; come appunto <strong>di</strong>cea l’Auttor del Corriero<br />
Straor<strong>di</strong>nario; onde può restar egli facilmente ingannato» 1 . È Giusto Lipsio,<br />
<strong>su</strong>ccessore <strong>di</strong> Galeno che «tenea la Cattedra <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina in Parnasso» 2 , a<br />
rispondere, ritenendosi personalmente oltraggiato da «tal proposta; quasi<br />
che la <strong>di</strong>fficoltà fatta dal Fontano contro se stesso applicar si potesse»,<br />
perché pur non essendo me<strong>di</strong>co pure insegnava la me<strong>di</strong>cina nel Parnaso, e<br />
«così l’interruppe. Dunque avran solo i Me<strong>di</strong>ci la cognizione della loro Arte,<br />
ed io, che Me<strong>di</strong>co non sono, sarò inabile a sostenere la carica dalla Maestà<br />
Sua conferitami? Dunque il filosofare non appartiene, se non a colui, ch’è<br />
Me<strong>di</strong>co? Dunque un professore d’una scienza, ha da inceppare il proprio<br />
intelletto alla cognizione d’una sola dottrina, senza passare i limiti della<br />
medesima? E chi mai t’insegnò sciocchezza simile?» 3 Sono, secondo Giusto<br />
Lipsio, le Scienze, e le Arti tra loro, come tanti membri, atti a formare un<br />
corpo, «e ben lo conobbe il Principe dell’eloquenza Latina, quando avvertì il<br />
<strong>su</strong>o Oratore, che Omnis ingenuarum, et humanarum artium doctrina uno<br />
quodam societatis vinculo continetur. Qual’è [sic!] quella scienza, o<br />
quell’arte, che delle altre non tenga il bisogno?» 4 Quali siano le conoscenze<br />
necessarie al me<strong>di</strong>co «poco fa l’au<strong>di</strong>sti nel Giu<strong>di</strong>zio Martiniano […]. Né<br />
posso io <strong>di</strong>mostrarti questa necessità <strong>di</strong> saper tutto, con farti il Catalogo <strong>di</strong><br />
tutte le professioni. Sapientia est rerum <strong>di</strong>vinarum, et humanarum cognitio;<br />
è <strong>di</strong>ffinizione comune, uscita dall’Accademia <strong>di</strong> Platone» 5 .<br />
1 Ib.<br />
2 Id., p. 289.<br />
3 Id., pp. 289-291.<br />
4 Id., p. 291: «Prende il Teologo molte cose dalla Filosofia; e giova l’Aritmetica, e la<br />
Geometria a capire molti misteri della Sagra Scrittura».<br />
5 Ib. E <strong>su</strong>bito dopo fa notare: «Se ad Apelle non fosse mancata la cognizione<br />
dell’Agricoltura, non si avrebbe u<strong>di</strong>to la cen<strong>su</strong>ra <strong>di</strong> un villano, per avere mal <strong>di</strong>pinta una<br />
spiga del grano».<br />
77
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
Concetto questo che viene sottolineato attraverso <strong>su</strong>ccessivi exempla:<br />
Senti che cosa ti rinfaccierebbe quel secondo Tullio ne’ Rostri Romani,<br />
Marcantonio Mureto, che deplora l’abuso ne’ <strong>su</strong>oi tempi introdotto: Stulti<br />
adolescentes Latinae linguae vix primis elementis utcumque perceptis, Graeca ne<br />
salutata quidem, aut statim valere iussa, ad Iurisprudentiam, aut ad meden<strong>di</strong> artem<br />
properant; illic tantum gloriae, illic <strong>di</strong>vitarum certissimam spem propositam <strong>di</strong>cti<br />
antes. Stultiores liberis patres ultro adjurvant praepoperam, et incon<strong>su</strong>ltam filiorum<br />
cupi<strong>di</strong>tatem; quasi verentes, ne quando penuria sit in Civitate hominum, qui aut<br />
lites, aut morbos serant, et aut aegrotos reme<strong>di</strong>is, aut formulis, ac cautionibus<br />
patrimonia jugulent 1 .<br />
E lo stesso Cornelio Celso, tanto celebre proprio fra i galenici<br />
avendo scritto gli otto elegantissimi libri De re Me<strong>di</strong>ca, non dovea scrivere <strong>di</strong><br />
Rettorica, delle cose militari, e delle altre professioni, come scrisse, leggendosi, che<br />
nullum pene <strong>di</strong>sciplinae genus intactum reliquit? Il tuo tanto lodato Aristotele non<br />
dovea forse pubblicar tanti libbri, de’ quali vien creduto Auttore, per esser’egli<br />
Filosofo? 2<br />
Quello stesso Aristotile, «che vien tanto da’ Moderni contrastato nelle cose<br />
Filosofiche; vien da’ medesimi fatto giu<strong>di</strong>ce nelle materie de’ Poeti, e degli<br />
Oratori; e ben si sia, ch’egli giammai fosse stato Poeta» 3 . Egli<br />
evidentemente «scrisse bene <strong>di</strong> Poetica; perché seppe ben’osservare le opere<br />
<strong>di</strong> colui, che <strong>di</strong>ede il lume alla Poesia Greca», cioè Omero, né «già il<br />
Lavagna, auttore del Corriero Straor<strong>di</strong>nario fu Me<strong>di</strong>co. Ed oh quanti san<br />
più <strong>di</strong>scorrere della Me<strong>di</strong>cina, che i Me<strong>di</strong>ci stessi. Volesse il Cielo, che tanto<br />
i Me<strong>di</strong>ci sapessero, quanto altri ne sanno della professione <strong>di</strong> essi. Ma a che<br />
vado io <strong>di</strong>longandomi co gli esempi? Posso ben tenere la Cattedra della<br />
Me<strong>di</strong>cina, e può Gimma dar giu<strong>di</strong>zio delle materie de’ Me<strong>di</strong>ci, e del volume<br />
del tuo Collega Martino; può essere arbitro della tua professione; non solo<br />
come scrittore <strong>di</strong> tutte le Arti Me<strong>di</strong>che; ma <strong>di</strong> tutto l’intiero circolo delle<br />
scienze da lui chiamato Encyclopae<strong>di</strong>a, la quale (tralasciando gli altri <strong>su</strong>oi<br />
libri in altre materie) <strong>di</strong>visa in sette gran volumi latini, quasi una Biblioteca<br />
portatile, come da alcuni vien detta, servirà per Giar<strong>di</strong>no scientifico; in cui<br />
1 Id., pp. 293-294.<br />
2 Id., p. 295.<br />
3 Ib.<br />
78
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
le api degl’ingegni potran cogliere con sazietà il mele [sic!] d’ogni uman<br />
sapere; non essendovi trattato, che lo passi in silenzio: non quistione utile,<br />
che non la sciolga: non arte, che non l’accresca <strong>di</strong> novità scientifiche; e non<br />
dottrina, che non la chiami ad esame, professando quel Nullius ad<strong>di</strong>ctus<br />
jurare in verba Magistri» 1 .<br />
Il cenno alla Nova Encyclopae<strong>di</strong>a è rilevante anzitutto perché è una riprova,<br />
sia pure in<strong>di</strong>retta, della fama della monumentale opera in sette volumi, quasi<br />
una biblioteca portatile appunto, dell’ancor giovane abate barese 2 ; inoltre,<br />
essa viene presentata come un’opera che si inscrive, pur con l’ambizione <strong>di</strong><br />
costituire una <strong>su</strong>mma delle conoscenze dell’epoca, nella tra<strong>di</strong>zione<br />
sperimentale dei moderni, se non altro proprio per quella <strong>di</strong>chiarazione,<br />
nullius jurare in verba magistri, che era <strong>di</strong>ventato il manifesto dei<br />
novatores 3 . Questo conferma il giu<strong>di</strong>zio che Vasoli dà degli interessi <strong>di</strong><br />
Gimma 4 , che negli anni <strong>su</strong>ccessivi si definiranno e si volgeranno con<br />
1 Id., pp. 295-297.<br />
2 Secondo quanto viene <strong>di</strong>chiarato nel manoscritto in possesso della Biblioteca Nazionale <strong>di</strong><br />
Bari, Autobiografia <strong>di</strong> NN…, cit., e forse servito come fonte alla vita <strong>di</strong> Gimma scritta da<br />
Mauro<strong>di</strong>noja, la ste<strong>su</strong>ra della Nova Encyclopae<strong>di</strong>a è iniziata il 7 aprile 1692 «giorno <strong>di</strong> S.<br />
Tommaso, [in cui] cominciò a comporre l’Enciclope<strong>di</strong>a», all’età quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> ventiquattro<br />
anni.<br />
3 Cfr. anche, Praemissa, Historia <strong>su</strong>ccinta et brevis ortus et progres<strong>su</strong>s S. R. Imp.<br />
Academiae Naturae Curiosorum, in Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica…, cit., t. II,<br />
pagine non numerate all’inizio del volume, ma in<strong>di</strong>cate con le lettere da d a i; a ogni lettera<br />
spettano quattro fogli recto verso, alle pagine d r. / v., c’è il riconoscimento della funzione<br />
<strong>di</strong> Bacon, la descrizione delle insegne della Royal Society e la citazione del testo <strong>di</strong> Thomas<br />
Sprat, che riproduce nel frontespizio lo stemma della Royal Society e porta anche il motto:<br />
Nullius in verba. Che Gimma conoscesse da tempo le Effemeri<strong>di</strong> dell’accademia dei<br />
Curiosi <strong>di</strong> Germania viene testimoniato da Prolegomena, De sapientiae definitione, eiusque<br />
sectatoribus. Cap. 3, Art. 5. De Platonicorum, et Academicorum sectis, in Nova […]<br />
Encyclopae<strong>di</strong>a…, cit., fol. 12 r.: «Marsilius Ficinus Canonicus Florentinus, clarissimus<br />
Platonis operum interpres. Hic Platonis eiusdem imaginem in cubiculo habebat, et ante<br />
eandem <strong>di</strong>es, noctesque lampadem ardentem perpetuo <strong>su</strong>spendebat […] ut legitur in anno<br />
quinto Ephem. Germanicar», passo che corrisponde perfettamente alla p. 18 <strong>di</strong> Sylva I.<br />
4 C. VASOLI, L’abate Gimma e la ‘Nova Encyclopae<strong>di</strong>a’..., cit., p. 825: «Non occorre,<br />
credo, insistere più oltre per notare come il Gimma intenda definire, con piena<br />
consapevolezza storica e critica, tutta una situazione culturale particolarmente legata certo<br />
ai <strong>su</strong>oi primi interessi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> cose me<strong>di</strong>che e, in genere, all’ambiente napoletano in<br />
cui ha me<strong>di</strong>tato e composto l’Encyclopae<strong>di</strong>a, ma che in<strong>di</strong>ca pure una delle <strong>di</strong>rezioni<br />
feconde della scienza seicentesca»; Gimma, che «identifica largamente il pensiero dei<br />
‘recentiores’ con la ‘philosophia atomistica et chymica’ non ha, del resto, alcun dubbio<br />
<strong>su</strong>ll’efficacia, importanza, utilità generale della nuova chimica scientifica […] la cui<br />
conoscenza è, quin<strong>di</strong>, in<strong>di</strong>spensabile a tutti i me<strong>di</strong>ci ai quali insegna a separare le<br />
‘corporum particulas’, a <strong>di</strong>stinguere le proprietà inerenti alla stessa sostanza». Secondo<br />
Vasoli, questa arte me<strong>di</strong>ca è il modello e il prototipo della magia proba.<br />
79
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
decisione verso una decisa critica delle favole che ammorbano le teorie della<br />
generazione dei viventi, da una parte, e un’analisi della teoria harvejana<br />
dell’omnia ex ovo, dall’altra 1 .<br />
Indubbiamente, il tentativo <strong>di</strong> Gimma <strong>di</strong> reperire all’interno della tra<strong>di</strong>zione<br />
il filone della ricerca e della sperimentazione, per presentarla come la parte<br />
più viva della scienza me<strong>di</strong>ca – e delle scienze in generale – sia del passato,<br />
che del presente, non era una novità. Ora, però, quell’aspetto<br />
particolarmente fecondo della scienza me<strong>di</strong>ca veniva qualificato come<br />
caratteristica peculiare degli sforzi e delle ricerche <strong>di</strong> Musitano e dei <strong>su</strong>oi<br />
maestri e amici. La me<strong>di</strong>cina, proprio come le altre scienze e arti, nel corso<br />
del proprio secolare cammino, ha abbandonato definitivamente le favole, i<br />
sofismi e gli errori cui avevano prestato fede gli antichi. La tra<strong>di</strong>zione va<br />
accettata criticamente, essa è un patrimonio necessariamente incompleto <strong>di</strong><br />
continui tentativi, considerata dunque nel segno <strong>di</strong> un concetto della verità<br />
concepita come un processo <strong>di</strong> progressiva acquisizione conoscitiva, una<br />
verità mai raggiunta e impossibile da raggiungere nella <strong>su</strong>a pienezza 2 .<br />
De Martino, schiacciato probabilmente dall’intensità della reazione, non<br />
rispose agli attacchi, né lo fece nes<strong>su</strong>n altro ‘galenista’.<br />
L’importanza che ha rivestito questa <strong>di</strong>sputa per l’attività dell’Accademia <strong>di</strong><br />
Rossano, oltre che per Gimma, traspare dalla minuziosa ricostruzione della<br />
polemica Musitano–De Martino che qualche anno più tar<strong>di</strong> comparirà nella<br />
«Galleria <strong>di</strong> Minerva» 3 . Gli autori <strong>di</strong> questa ricostruzione rimarranno ignoti,<br />
1 L’Articolo V, in Giornale de’ letterati d’Italia tomo ventesimoprimo. Anno MDCCXV<br />
sotto la protezione del Serenissimo Gio. Gastone, Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia,<br />
MDCCXV, appresso Gio. Gabbriello Ertz, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, e con privilegio anche<br />
<strong>di</strong> N. S. Papa Clemente XI, p. 176, nella seconda parte della recensione al primo volume<br />
delle Dissertationes academicae…, ricorda che Gimma nello Ju<strong>di</strong>cium ha accennato<br />
soltanto alla questione, de<strong>di</strong>cando i <strong>su</strong>ccessivi anni allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> essa.<br />
2 Cfr. M. CAMBI, Giacinto Gimma e la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo…, cit., p. 183.<br />
3 Galleria <strong>di</strong> Minerva, in Venetia, MDCCVII, vol. V, pp. 35-326. Nello stesso volume<br />
compaiono due scritti <strong>di</strong> Gimma, in forma <strong>di</strong> epistole inviate ad A. Magliabechi (Intorno<br />
l’uso <strong>di</strong> quel che nella Meccanica è chiamato Vectis tertii generis, come alla medesima<br />
necessario, ritrovato dal Sig. D. Girolamo Locatelli, Lettore <strong>di</strong> Matematica negli Stu<strong>di</strong><br />
Regi <strong>di</strong> Napoli, pp. 264-265), e a A. Vallisnieri (All’Illustrissimo Signor Antonio Vallisneri<br />
Profess. Publ. <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>c. Pratica nell’Università <strong>di</strong> Padova, Nobilissimo Accademico della<br />
Società Regia <strong>di</strong> Londra, etc. lettera del Dottore Signor D. Giacinto Gimma Canonico della<br />
Chiesa Metropolitana <strong>di</strong> Bari, Avvocato Straor<strong>di</strong>nario della Fedelissima Città <strong>di</strong> Napoli,<br />
Promotore della Società Rossanese, etc. In cui gli comunica la <strong>su</strong>a Opinione intorno la<br />
vanità della Metoposcopia, e della Chiromanzia tanto Astrologiche, quanto Fisiche, e <strong>di</strong><br />
tutte le altre Dottrine <strong>di</strong>vinatorie anche naturali col mezo della Notomia, contro la<br />
80
Eru<strong>di</strong>zione e me<strong>di</strong>cina<br />
ma la conoscenza della vicenda è così profonda che non si può escludere<br />
che a scriverla siano stati lo stesso Gimma, o Tremigliozzi. Il recensore,<br />
chiunque egli sia, rende comunque una fedelissima sintesi dell’azione<br />
proces<strong>su</strong>ale che si svolge nel tribunale parnassiano e de<strong>di</strong>ca un cenno<br />
particolare al Ju<strong>di</strong>cium e alla Corona Poetica <strong>di</strong> scherzi eru<strong>di</strong>ti al Martino,<br />
il cui autore era sempre Gimma.<br />
Ora che la vicenda è definitivamente chiusa, si può comprendere come la<br />
polemica avesse favorito anzitutto la visibilità delle attività scientifiche dei<br />
soci dell’Accademia e avesse reso esplicito l’orientamento 'sperimentale'<br />
as<strong>su</strong>nto dall’istituzione, in <strong>di</strong>fesa della nuova me<strong>di</strong>cina e della nuova<br />
filosofia.<br />
commune sentenza de’ Professori <strong>di</strong> esse, pp. 311-317), oltre ad un dettagliatissimo<br />
resoconto dei due volumi <strong>di</strong> Elogi accademici <strong>di</strong> Gimma.<br />
81
82<br />
Capitolo 2.<br />
Eru<strong>di</strong>zione e storia: «Non tutti amano il buon genio del secolo».<br />
In una lettera, in<strong>di</strong>rizzata a Giovanni Giuseppe Orsi, Gimma scrive: «Dal<br />
gentilissimo Signor Muratori mi fu riferito aver letti i miei Elogi, ed avergli<br />
ricevuti dalle <strong>su</strong>e mani, e che altresi venivano compatite le mie fatiche, non<br />
per altra ragione in uno stesso tempo composte e pubblicate, che per lo solo<br />
impegno, a cui volle tirarmi un’emulo» 1 . A chi si riferisca Gimma con la<br />
qualifica <strong>di</strong> ‘emulo’ non è possibile <strong>di</strong>re; probabilmente è una formula<br />
retorica, atta a giustificare la pubblicazione dei due volumi <strong>di</strong> Elogi<br />
accademici. Quest’opera, nelle intenzioni dell’autore, doveva rispondere a<br />
una duplice esigenza: anzitutto presentare l’Accademia <strong>di</strong> Rossano alla<br />
Repubblica delle Lettere. Le vicende legate all’affaire Musitano, infatti,<br />
avevano permesso agli Incuriosi <strong>di</strong> Rossano <strong>di</strong> acquistare una visibilità che,<br />
tuttavia, irrime<strong>di</strong>abilmente legata ad una polemica, rimaneva limitata al solo<br />
ambito napoletano. L’Accademia, invece, nelle intenzioni dell’abate,<br />
avrebbe dovuto as<strong>su</strong>mere un ruolo centrale, attraverso una rete <strong>di</strong> scambi e<br />
rapporti, anche fuori dell’Italia meri<strong>di</strong>onale. In secondo luogo, gli Elogi<br />
dovevano presentare Gimma medesimo come l’interlocutore più idoneo,<br />
nell’Italia meri<strong>di</strong>onale, ad avviare proficui rapporti scientifici con i più<br />
importanti letterati italiani.<br />
In questa prospettiva va letta la corrispondenza che Giacinto Gimma avvia<br />
con Antonio Vallisneri e con l’ambiente veneto negli anni <strong>su</strong>ccessivi alla<br />
pubblicazione della Nuova Staffetta <strong>di</strong> Tremigliozzi. Il controverso rapporto<br />
con il grande scienziato, testimoniato dalle lettere che ci sono pervenute 2 ,<br />
1 Lettera al Marchese Giovan Giuseppe Orsi. Ms. B 24 della Biblioteca dell’Archiginnasio<br />
<strong>di</strong> Bologna. A. SORBELLI, Inventari dei Manoscritti delle Biblioteche d’Italia, opera<br />
fondata dal Prof. Giuseppe Mazzatinti, vol. LIII, Bologna, Firenze, Olschki, 1933, p. 42,<br />
in<strong>di</strong>ca questa lettera con il numero 177; dopo il restauro la carta reca il numero 179, mentre<br />
l’in<strong>di</strong>ce manoscritto posto all’inizio del volume la in<strong>di</strong>ca come 182 e <strong>su</strong>lla lettera, accanto<br />
alla segnatura 179, si leggono, depennate, anche 182 e 178. La lettera comunque si trova a<br />
carta 360. Le segnature delle pagine sono a matita.<br />
2 Cfr. A. JURILLI, L’enigma, la confessione, il volo: ‘lettere’ sommerse fra Sei e Novecento,<br />
a cura <strong>di</strong> Giorgio Baroni, Ed. Otto/Novecento, 1992. Il primo contatto, in<strong>di</strong>retto, con
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
permette a Gimma <strong>di</strong> varcare i confini del Regno <strong>di</strong> Napoli 1 . Secondo un<br />
recente interprete, del resto, vanno ri<strong>di</strong>mensionati i rapporti <strong>di</strong> Gimma con<br />
l’ambiente degli Investiganti: «Non ri<strong>su</strong>ltano particolari rapporti fra il<br />
Gimma e gli Investiganti napoletani anche se l’abate barese non manca <strong>di</strong><br />
lodare in molti luoghi della <strong>su</strong>a opera l’audacia scientifica dei novatori<br />
napoletani» 2 . Giu<strong>di</strong>zio solo in parte con<strong>di</strong>visibile, come vedremo più avanti<br />
analizzando gli Elogi accademici. Comunque sia Gimma, attraverso<br />
Vallisneri, intende stabilire un forte e articolato collegamento con lo<br />
‘sperimentalismo’ patavino e con le più avanzate iniziative culturali ed<br />
e<strong>di</strong>toriali del tempo attivate a Venezia. Iniziative queste che si intrecciano<br />
con quelle della riforma dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano e con un’oculata<br />
attenzione e selezione degli iscritti, spesso presenti in altre accademie.<br />
Anche in tal modo, l’abate crea significativi legami istituzionali 3 . Anche<br />
Vallisneri può forse essere fatto risalire al 1704. Il 24 novembre <strong>di</strong> quell’anno infatti,<br />
Apostolo Zeno scrive a Vallisneri: «a proposito <strong>di</strong> accademie, ora v’è in grido quella degli<br />
Spensierati <strong>di</strong> Rossano, della quale è promotore perpetuo l’abate Gimma. Questi ha già<br />
pubblicati due grossi tomi <strong>di</strong> Elogi, che contengono le memorie <strong>di</strong> molti de’ <strong>su</strong>oi<br />
accademici. Sta ora scrivendo sopra del terzo, nel quale vi saranno li signori Orsi,<br />
Ramazzini, Muratori, […] a me pure la <strong>di</strong> lui gentilezza ha voluto darvi un posto, e però me<br />
ne ha richieste notizie con abbozzo del mio ritratto. Ora egli mi fa istanza che avendo alcun<br />
amico in Italia eru<strong>di</strong>to, da me giu<strong>di</strong>cato degno <strong>di</strong> entrare fra gli encomiati, glielo proponga.<br />
Quando ciò non vi spiaccia, ho gittati gli sguar<strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> voi, e dovendogli scriver per<br />
sabbato, avvisatemi liberamente, se in ciò volete che io vi serva» (cfr. A. ZENO, Lettere, 3<br />
voll. Venezia, P. Valvasense, 1752, p. 101). Le incomprensioni fra Gimma e lo scienziato<br />
patavino sono testimoniate dallo stesso Zeno che scrive a Vallisneri il 17 aprile 1712: «mi<br />
rallegro […] voglio <strong>di</strong>re, che abbiate uno sciocco avversario, qual è quell’abate Gimma.<br />
Sarà bene, che m’informiate d’ogni cosa; e che mi facciate vedere ciò che ha stampato o<br />
scritto contro <strong>di</strong> voi. Io no sono all’oscuro» (id., p. 199), e ancora pochi giorni dopo, 26<br />
aprile 1712: «del Gimma non fate punto caso. Egli è un pazzo solennissimo» (id., p. 304).<br />
1 A. JURILLI, L’enigma, la confessione, il volo…, cit., p. 46: «i mo<strong>di</strong> e i contenuti delle<br />
missive del Gimma al Vallisnieri (le uniche, insieme ad una sola minuta <strong>di</strong> responsiva del<br />
naturalista, che oggi documentino lo scambio epistolare), sottintendono, da parte del<br />
mittente, una più complessa strategia, solo in parte omologabile a quella comune dello<br />
scambio <strong>di</strong> informazioni letterarie, o a quella che trasferisce nel genere epistolare le forme e<br />
i meto<strong>di</strong> della <strong>di</strong>sputa scientifica; e invece costantemente preoccupata <strong>di</strong> tessere e<br />
consolidare le trame <strong>di</strong> un ambìto rapporto con un centro avanzato <strong>di</strong> cultura scientifica e <strong>di</strong><br />
prosperità e<strong>di</strong>toriale, nella prospettiva, coltivata da Gimma, <strong>di</strong> vedere legittimate, non senza<br />
velleità utopistiche, le <strong>su</strong>e aspirazioni, e quelle <strong>di</strong> una parte della società colta meri<strong>di</strong>onale,<br />
ad una rifondazine ab imis del loro statuto intellettuale».<br />
2 Id., p. 47.<br />
3 Id., p. 68. Nella prima lettera a Vallisneri, l’abate scrive che Crescimbeni «letterato assai<br />
noto e custode della Romana Accademia d’Arca<strong>di</strong>a […], per favorirmi, mi ha tosto fatto<br />
seguire l’aggregazione alla medesima, come stimo che n’avrà ricevuto il <strong>di</strong>spaccio<br />
accademico; il che anche era seguito al signor Ramazzini, avendo a caro lo stesso signor<br />
83
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Giovanni Mario Crescimbeni portava avanti un progetto simile. In questa<br />
prospettiva aveva proposto a Gimma una coiscrizione <strong>di</strong> Spensierati e<br />
Arca<strong>di</strong> alle rispettive accademie e aveva sollecitato una iscrizione <strong>di</strong><br />
quest’ultimo all’Arca<strong>di</strong>a, a cui l’abate aderisce in effetti nel 1702 con il<br />
nome <strong>di</strong> Liredo Messoleo 1 . Si può intravedere una volontà <strong>di</strong> mettere<br />
insieme le esperienze, attraverso comuni strategie, delle <strong>di</strong>verse accademie<br />
che operano <strong>su</strong>l <strong>su</strong>olo italiano. Negli anni in cui pubblica i <strong>su</strong>oi Elogi<br />
accademici, Gimma non intreccia rapporti con il solo Vallisneri. Anzi è<br />
proprio per il tramite <strong>di</strong> Crescimbeni, che egli entra in contatto anche con<br />
Giovanni Giuseppe Orsi, autore delle celebri Considerazioni sopra un<br />
famoso libro francese, dura replica al libro <strong>di</strong> Dominique Bouhours, La<br />
manière de bien penser 2 , e con Angelo Marchetti, figlio del noto traduttore<br />
<strong>di</strong> Lucrezio 3 . Anche con questi ultimi cerca <strong>di</strong> avviare una collaborazione<br />
proficua, nell’interesse anche <strong>su</strong>a Accademia 4 .<br />
Di fatto, il primo contatto <strong>di</strong> Gimma con Vallisneri avviene a <strong>di</strong>eci anni<br />
dall’as<strong>su</strong>nzione della carica <strong>di</strong> Promotore Censore degli Incuriosi <strong>di</strong><br />
Rossano. In quel momento, il processo <strong>di</strong> rinnovamento dell’Accademia era<br />
rimasto un programma non realizzato nonostante che tra i soci figurassero<br />
Crescimbeni che tutti i Virtuosi che <strong>di</strong>vengono accademici della Società nostra Rossanese,<br />
si veggano pure Arca<strong>di</strong>».<br />
1 Cfr. A. JURILLI, Giacinto Gimma, in Puglia Neo-Latina…, cit., pp. 454-507.<br />
2 Sulla polemica Orsi-Bouhours cfr. M. FUBINI, Dal Muratori al Baretti, Roma-Bari,<br />
Laterza, 1968. Nella citata lettera a Orsi Gimma scrive: «Sospiro <strong>di</strong> veder le <strong>su</strong>e<br />
eru<strong>di</strong>tissime Considerazioni fatte in risposta al libro Franzese, e ringrazio la liberalità <strong>di</strong><br />
Vostra Signoria Illustrissima che mi dà l’onore <strong>di</strong> potermi eru<strong>di</strong>re colla lettura delle<br />
medesime, e poter’anche onorare col <strong>su</strong>o Nome il primo Tomo della mia Opera col titolo <strong>di</strong><br />
Libreria: perlocché ho scritto al Signor Crescimbeni, che me l’in<strong>di</strong>rizzi per procaccio,<br />
quanto più presto sarà possibile, giacchè si ritrova in poter <strong>su</strong>o» (c. 360 r). Anche<br />
quest’opera <strong>di</strong> Gimma, come altre del resto, rimarrà probabilmente sempre una semplice<br />
intenzione, cfr. G. BELGIOIOSO, Premessa a G. GIMMA, Sylva III…, cit.<br />
3 In una lettera datata 26 maggio 1703 (Biblioteca Universitaria <strong>di</strong> Pisa ‘La Sapienza’ Ms.<br />
358.155), scritta in risposta ad una missiva <strong>di</strong> Angelo Marchetti andata perduta, Gimma<br />
scrive che è onorato <strong>di</strong> poter corrispondere con in figlio del grande letterato: «ho<br />
sempremai venerato in nome del Signor Alessandro <strong>su</strong>o degnissimo Genitore, e con mia<br />
grande sod<strong>di</strong>sfazione avrei incontrata l’occasione <strong>di</strong> fargli qualche servitù». Debbo la<br />
segnalazione <strong>di</strong> questa lettera alla cortesia del Professor Giuliano Campioni.<br />
4 Ib.: «è stata pur mia fortuna aver servita un’Uomo così illustre, ed aggiunto alla Società<br />
nostra un Suggetto così eru<strong>di</strong>to». Il nome <strong>di</strong> Angelo Marchetti, «Fiorentino, Professore<br />
delle Matematiche nello Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Pisa» si trova nel Catalogo de’ signori accademici<br />
spensierati, che per tutto il mese <strong>di</strong> Decembre dell’anno 1702 si trovano descritti nel ruolo<br />
della Società, <strong>di</strong>sposti in or<strong>di</strong>ne alfabetico, in G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, p. 441.<br />
84
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
personaggi <strong>di</strong> primo piano, quali Gennaro D’Andrea e Lucantonio Porzio.<br />
Lo stesso Gimma, del resto, non aveva ancora pubblicato nulla <strong>di</strong><br />
significativo, fatta eccezione per l’intervento a favore <strong>di</strong> Musitano e la<br />
Nuova Staffetta, da parte <strong>su</strong>a, non era stata accolta con eccessivo<br />
entusiasmo. Le testimonianze non mancano. Scrive, ad esempio, Cestoni a<br />
Vallisneri in una lettera del 16 gennaio 1705: «Il libro stampato in<br />
Francoforte 1700. Venuto da Napoli intitolato Nuova da Parnasso circa gli<br />
affari della me<strong>di</strong>cina pubblicato dal sig. Gaetano Tremigliozzi e <strong>di</strong>rizzata<br />
all’illustrissima accademia degli Spenzierati <strong>di</strong> Rossano: e tra gli accademici<br />
vi è il Sig. abbate Giacinto Gimma dottore delle leggi. Io lo vado leggendo<br />
questo libro in ottavo, ma con poco gusto» 1 . Del resto alcune delle questioni<br />
che avevano spinto Tremigliozzi a scrivere la prima Staffetta erano ormai<br />
state <strong>su</strong>perate dagli eventi e le polemiche scientifiche e filosofiche degli<br />
anni <strong>su</strong>ccessivi si svolgevano ormai sotto un segno troppo <strong>di</strong>fferente rispetto<br />
all’ardente, anche se vago, baconismo che contrassegnava l’operetta <strong>di</strong><br />
Tremigliozzi, in particolare nella <strong>su</strong>a prima versione 2 .<br />
La prolungata assenza dalla scena letteraria del Promotore e dei soci<br />
rischiava <strong>di</strong> far scomparire l’Accademia dall’orizzonte della Repubblica<br />
delle Lettere 1 .<br />
La pubblicazione degli Elogi rappresenta dunque nell’ambito delle attività<br />
dell’Accademia un momento importante: essi presentano alla Repubblica<br />
delle Lettere il frutto dei primi anni <strong>di</strong> lavoro dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano<br />
sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Gimma, le personalità più illustri che ne fanno parte e,<br />
soprattutto, sotto la maschera <strong>di</strong> un modello retorico prettamente<br />
umanistico, l’elogio, il pensiero che si può ritenere ormai maturo del<br />
promotore barese dell’Accademia.<br />
1 Cfr. A. JURILLI, L’enigma, la confessione, il volo…, cit., p. 47. A questo proposito, si può<br />
notare come fin da quest’opera Gimma insista <strong>su</strong> un tema che verrà ampiamente sviluppato<br />
nella Idea: «Le accademie, che son chiamate de’ Begl’Ingegni, o delle Belle Lettere, non<br />
altrove più numerose, che nella Italia sempremai si son vedute; ed intente ad esercitare i<br />
virtuosi nell’arte oratoria, nella poesia, e nella perfezione della lingua, han cagionato invero<br />
grande accrescimento alle umane lettere, svegliando molti allo stu<strong>di</strong>o delle medesime» (G.<br />
GIMMA, Idea dell’Istoria..., cit., t. I, pp. 77-78).<br />
85
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
1. La forma letteraria dell’Elogio e la storia<br />
Pietro Emilio Guasco, nell’epistola al lettore del primo volume degli Elogi<br />
accademici, riporta il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Giambattista Vico, «pubblico regio<br />
cattedratico <strong>di</strong> Rettorica nella città <strong>di</strong> Napoli», secondo il quale l’opera <strong>di</strong><br />
Gimma «mihi id videtur opus Polyanthea, vel humanae Vitae Theatrum in<br />
certa Elogia <strong>di</strong>gestum, ac <strong>di</strong>stributum» 1 . Vico rileva che Gimma, nella <strong>su</strong>a<br />
voluminosa opera, «nova quadam, et ab aliis excultis ejus generis<br />
Scriptoribus insolita arte de quaque re eum, qui <strong>su</strong>scipitur laudandus<br />
admonuit» 2 .<br />
Il grande filosofo napoletano coglie la peculiarità dell’opera <strong>di</strong> Gimma,<br />
l’esser cioè pensata quasi come fosse una Polyanthea, un teatro o, si<br />
potrebbe aggiungere, una Encyclopae<strong>di</strong>a 3 .<br />
Vico aveva ragione: Gimma nella Introduzione al secondo volume degli<br />
Elogi accademici, affronta una serie <strong>di</strong> questioni <strong>su</strong> cui aveva raccolto molto<br />
materiale negli anni dei <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> a Napoli e del <strong>su</strong>o ritorno a Bari 4 . Il <strong>su</strong>o<br />
intento è fondere il racconto delle vite <strong>di</strong> alcuni illustri personaggi con le<br />
questioni filosofiche e scientifiche che maggiormente gli stanno a cuore.<br />
Posso precisare che se questo non presenta <strong>di</strong>fficoltà negli Elogi <strong>di</strong><br />
Musitano, Tremigliozzi e Astorini, che offrivano materia per puntualizzare<br />
alcune questioni scientifiche, in altri casi il progetto <strong>di</strong> Gimma appare un<br />
1 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, D. Pietro Emilio Guasco Giu<strong>di</strong>ce Perpetuo Decano<br />
della Gran Corte della Vicaria nel Regno <strong>di</strong> Napoli al Lettore, s. p. È una lettera in<strong>di</strong>rizzata<br />
ad Alfonso Crivelli, all’epoca avvocato presso il Sacro Real Consiglio, nominato poi nel<br />
1708 Consigliere. La lettera è stata pubblicata recentemente in G. B. VICO, Epistole con<br />
aggiunte le epistole dei <strong>su</strong>oi corrispondenti, a cura <strong>di</strong> M. Sanna, Napoli, Morano, 1993, pp.<br />
74-75. Come ricorda M. Sanna, la presenza della lettera <strong>di</strong> Vico negli Elogi accademici…<br />
fu segnalata e pubblicata la prima volta da B. CROCE, Nuove ricerche <strong>su</strong>lla vita e le opere<br />
del Vico e <strong>su</strong>l vichismo, in «La Critica», XXXVI (1938) 5, pp. 148-149; Croce aveva<br />
avvertito come essa fosse sfuggita ai ricercatori. La lettera fu poi inserita in G. B. VICO,<br />
Autobiografia. Il Carteggio e le poesie varie, a cura <strong>di</strong> B. Croce e F. Nicolini, Bari, Laterza,<br />
1929, in appen<strong>di</strong>ce, p. 278.<br />
2 Ib.<br />
3 Ib. Il Guasco, da parte <strong>su</strong>a, scrive al lettore <strong>di</strong> leggere con attenzione questa fatica<br />
«d’Uomo Eroico» perché si potrà «da quest’opera formar giu<strong>di</strong>zio de’ Volumi<br />
dell’Enciclope<strong>di</strong>a, che prepara alle stampe, ricchissimi <strong>di</strong> dottrina, e <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zioni,<br />
argomentando come dall’unghia il Leone, e dal <strong>di</strong>to Ercole».<br />
4 Cfr. G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, pp. 1-35.<br />
86
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
po’ forzato, come ad esempio nell’elogio <strong>di</strong> Monsignor Nicolò Antonio <strong>di</strong><br />
Tura, Vescovo <strong>di</strong> Sarno 1 .<br />
In questa Introduzione, inoltre, Gimma abbozza una sorta <strong>di</strong> ‘teoria<br />
dell’elogio’: gli elogi vanno <strong>di</strong>sposti in or<strong>di</strong>ne cronologico 2 ; essi non<br />
possono essere ricondotti alla semplice «narrazione istorica, o nuda<br />
descrizione <strong>di</strong> vita, che raccontamento semplicemente si <strong>di</strong>rebbe» 3 ; non<br />
sono neanche una vera e propria orazione retorica soggetta alle leggi dei<br />
proemi e delle <strong>su</strong>e altre parti, «e bisognosa <strong>di</strong> figura atte a provare», per<br />
quanto la verità ne ri<strong>su</strong>lti poi alterata 4 . Su questo aspetto, ossia quello della<br />
verità dell’elogio e dell’uso dell’ornamento retorico, «considerando più<br />
convenire lo stile nudo e semplice a coloro, che Scrittori <strong>di</strong> Vite si<br />
chiamano; non ho avuto <strong>di</strong>fficoltà ornar coll’eru<strong>di</strong>zioni, e colle dottrine i<br />
racconti, che han titolo <strong>di</strong> Elogi» 5 : l’eru<strong>di</strong>zione, scrive Gimma è anzitutto un<br />
ornamento che <strong>di</strong>letta il lettore e affina l’oratore nella pratica <strong>di</strong> tutte le<br />
scienze «affinchè <strong>di</strong> quelle valer si possa per ornamento del <strong>di</strong>re; e ricavar<br />
anche dalle medesime gli argomenti […] i prudenti oratori; quando in tal<br />
genere <strong>di</strong> <strong>di</strong>re, delle dottrine si servono, adoprano con accortezza le stesse» 6 .<br />
1<br />
Cfr. Id., pp. 25-34. L’elogio contiene un interessante accenno alle «macchine <strong>di</strong> D.<br />
Giovanni Ronchi, il quale, con gli artifici non altrove veduti, che la fede istessa affermar<br />
proibisce, sapendo produrre al Mondo nuovi stupori, con cui celebrano le penne il<br />
maraviglioso Orologio da lui formato, atto a <strong>di</strong>mostrar il moto naturale, e’l ratto delle Sfere,<br />
e de’ Pianeti, e le ore stesse, a ciascheduna il <strong>su</strong>ono <strong>di</strong> organo precedendo», opera per la<br />
quale meritò che venisse paragonato ad Archimede. È una delle tante testimonianze<br />
dell’interesse <strong>di</strong> Gimma nei confronti della scienza e della tecnica – qui viste ancora in una<br />
prospettiva <strong>di</strong> curiosità destinate a <strong>su</strong>scitare la meraviglia (Id., pp. 27-28).<br />
2<br />
Id., p.1: «Continuando gli Elogi, <strong>di</strong>sposti con quell’or<strong>di</strong>ne dell’età, in cui gli Accademici<br />
stessi, de’ quali cominciai a scrivere, si ritrovano; mi è paruto continuar similmente lo stile<br />
con quel metodo, che necessario sin dal principio stimai».<br />
3<br />
Id., p. 4.<br />
4<br />
Cfr. ib.<br />
5<br />
Id., p. 2.<br />
6<br />
Id., pp. 2-3. Naturalmente il modello è Cicerone, il quale «toccando la materia vastissima<br />
della Divina Providenza nell’Orazione Miloniana, le varie opinioni de’ Filosofi, e le oscure<br />
ragioni tralascia, semplicemente la cosa proponendo, e con grave somiglianza illustrandola;<br />
acciocchè il Foro in Accademia convertir non si vegga: e nell’altra a favor <strong>di</strong> Murena i capi<br />
tutti degli Stoici riepiloga, facendo accorgere, che <strong>di</strong>r non possa ciò ch’egli sappia, mentre<br />
in Giu<strong>di</strong>zio ragione» (id., p. 3). Come giustamente ricorda Badaloni, «il riferimento a<br />
Cicerone è qualcosa che va al <strong>di</strong> là della fonte classica» (N. BADALONI, Introduzione a<br />
Vico…, p. 294) ma simbolegga anche l’integrazione della filosofia antica con una<br />
metafisica che meglio <strong>di</strong> adattava alla scienza e alla filosofia dei moderni. Quanto<br />
all’‘ornamento’ si tenga presente quanto scritto da M. FUMAROLI nella Préface <strong>di</strong> L’âge de<br />
l’éloquence. Rhétorique et ‘res literaria’ de la Renaissance au seuil de l’époque classique,<br />
87
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Gli elogi, altro non sono che composizioni narrative formate nel genere<br />
<strong>di</strong>mostrativo-epi<strong>di</strong>ttico, per il quale l’eru<strong>di</strong>zione è doppiamente<br />
in<strong>di</strong>spensabile: perché conserva il valore <strong>di</strong> verità dell’istorica narrazione,<br />
«che ad una casta Vergine fu assomigliata», la quale ammette solo lo stile<br />
semplice e privo <strong>di</strong> figure retoriche «affinchè dall’eleganza non sia la verità<br />
alterata», da una parte; e perché contribuisca a quello stile magnifico che<br />
deve essere tipico <strong>di</strong> un «encomiastico narramento nel genere Epi<strong>di</strong>ttico»,<br />
dall’altra 1 . L’elogio, proprio in quanto non è narrazione storica e non è<br />
orazione retorica che, come già visto, altera sensibilmente la verità 2 ,<br />
abbisogna <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione accompagnata da uno stile che «molto abbia del<br />
magnifico» in cui i perio<strong>di</strong> siano «così ritorti e circolari, ed acconciamente<br />
insieme concatenati; che abbon<strong>di</strong> la lor tessitura <strong>di</strong> congiunzioni, e<br />
sospensivi […] affinchè non lasci appena prender fiate; essendo ciò proprio<br />
de’ sospensivi, e de’ rigiramenti <strong>di</strong> parole, che la prosa intrecciata, ritorta, e<br />
perio<strong>di</strong>ca formano» e a questo stile «molto più le dottrine convengono; si<br />
perché a scrivere sia molto atta la forma del <strong>di</strong>mostrativo, nella quale si fa<br />
pompa del sapere e del <strong>di</strong>re […] sì anche dall’avergli dato il titolo <strong>di</strong> Elogi<br />
Accademici, scrivendo <strong>di</strong> coloro, che nelle dottrine esercitati si stimano; e<br />
proponendogli non già al volgo; ma agli uomini eru<strong>di</strong>ti, per cui tali materie<br />
scriver si sogliono, e i quali d’ogni intelligenza si <strong>su</strong>ppongono<br />
capacissimi» 3 .<br />
Lo stile era questione centrale e non solo nella polemica ‘letteraria’ che<br />
contrapponeva antichi e moderni. In un curioso rovesciamento delle<br />
Paris, Albin, 1994, p. VIII: «Les anciens rhéteurs ont rangé les figures du <strong>di</strong>scours dans la<br />
catégorie de l’ornement, ornatus. L’appauvrissement sémantique du mot ‘ornement’ dans le<br />
langues modernes a favorisé un pli que même le plus grands esprits ont pu prendre, et selon<br />
lequel le ‘fond’ compte plus que la ‘forme’, dont le caractère ornamental est à la limite<br />
<strong>su</strong>perflu». Se Gimma scrive in periodo decisamente <strong>su</strong>ccessivo a quello preso in esame da<br />
Fumaroli, è pur vero che gli autori <strong>di</strong> riferimento sono rimasti gli stessi: Cicerone,<br />
Quintiliano e, fra i moderni, Muret. La prosa <strong>di</strong> Gimma, poi, segna un particolare momento<br />
nel processo <strong>di</strong> impoverimento dell’ornatus, che deve piegarsi a un’argomentazione sempre<br />
più scientifica.<br />
1 Id., p. 4.<br />
2 Ib. Ma cfr. anche G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 134: «armonioso è senza dubbio<br />
il parlare degli oratori, i quali col fondamento <strong>di</strong> falda [sic!] dottrina, e <strong>di</strong> ragioni efficaci,<br />
affaticandosi negli artificiosi giri delle parole, or col <strong>su</strong>ono grave, or coll’acuto della voce, e<br />
della pronunzia, movendo a forza <strong>di</strong> per<strong>su</strong>asione gli affetti degli u<strong>di</strong>tori, degli animi umani<br />
acquistano il dominio».<br />
3 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, pp. 4-5.<br />
88
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
posizioni rispetto al <strong>di</strong>battito filosofico, troviamo dalla parte degli antichi –<br />
Dante, Petrarca e Boccaccio – i novatores, ad esempio Cornelio, e Bartoli;<br />
mentre i moderni, seguendo la lezione <strong>di</strong> Marino, erano fautori <strong>di</strong> uno stile<br />
«ricco <strong>di</strong> gonfi traslati e iperboli sonore» 1 . Tra i moderni, significativamente<br />
Gimma ricorda alcuni celebri pre<strong>di</strong>catori: il ge<strong>su</strong>ita Giuglaris 2 e soprattutto<br />
Francesco Panigarola 3 , che pur consigliando ai pre<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> essere<br />
semplici, riservati e parchi al fine <strong>di</strong> non snervare la severità con la bellezza<br />
– faceva poi un largo uso <strong>di</strong> metafore e dei tra<strong>di</strong>zionali ornamenti retorici.<br />
Soprattutto nell’oratoria e nella retorica l’influenza <strong>di</strong> Panigarola è rilevante.<br />
Dalla lettura del <strong>su</strong>o commento a Demetrio Falereo, Gimma è indotto a<br />
rivalutare il modello retorico aristotelico e a ripensare le dottrine dei<br />
moderni e degli antichi. Da questi ultimi, l’abate prende le <strong>di</strong>stanze per l’uso<br />
dell’i<strong>di</strong>oma toscano: «so che mi vorrebbero alcuni <strong>di</strong>ligentissimo<br />
osservatore del Boccaccio, o <strong>di</strong> altro scrittore, che <strong>di</strong>cono del buon secolo» e<br />
anzi vorrebbero «obbligarmi a non iscriver voce, che toscana non sia» 4 ;<br />
recepisce le esortazioni <strong>di</strong> Cornelio, Bartoli e Di Capua, ma decide <strong>di</strong> non<br />
rivoltare vocabolari, grammatiche e regole del ben parlare e <strong>di</strong> non ricorrere<br />
1 R. COTUGNO, La sorte <strong>di</strong> Giovan Battista Vico e le polemiche scientifiche e letterarie<br />
dalla fine del XVII alla metà del XVIII secolo, Bari, Laterza, 1914, p. 99; dello stesso<br />
autore, cfr. Gregorio Caloprese, Trani, Vecchi, 1911 2 . Su questo tema essenziale è ancora<br />
M. FUBINI, Dal Muratori al Baretti…, cit.<br />
2 Quaresimale del Padre Luigi Giuglaris della Compagnia <strong>di</strong> Giesù. Al Rev.mo Padre<br />
Maestro Padron Col.mo Il P. Giulio Mercori da Cremona dell’Or<strong>di</strong>ne de’ Pre<strong>di</strong>catori, ed<br />
Inquisitore Generale nella Città <strong>di</strong> Milano, <strong>su</strong>o Stato, e Dominio, Milano, Appresso<br />
Lodovico Monza, 1665; cfr. G. GIMMA, Sylva I…, pp. 245-246. Sullo stile <strong>di</strong> Giuglaris<br />
Cotugno è decisamente drastico: molti pre<strong>di</strong>catori «e particolarmente il Ge<strong>su</strong>ita Giuglaris,<br />
celebri pre<strong>di</strong>catori, sembravano piuttosto ciarlatani piacevoli che oratori evangelici» (R.<br />
COTUGNO, La sorte <strong>di</strong> Giovan Battista Vico…, cit., p. 99).<br />
3 L’opera più famosa, e complessa, è Il Pre<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> F. Francesco Panig.la Minore<br />
osservante vescovo d’Asti, Overo Parafrase, Commento, e Discorsi intorno al libro<br />
dell’Elocutione <strong>di</strong> Demetrio Falereo. Ove vengono i precetti, e gli essempi del <strong>di</strong>re, che già<br />
furono dati a’ Greci, ridotti chiaramente alla prattica del ben parlare in prose Italiane, e la<br />
vana Elocutione de gli Autori profani accommodata alla Sacra Eloquenza de’ nostri<br />
Dicitori, e Scrittori Ecclesiastici. Con due Tavole, una delle questioni, e l’altra delle cose<br />
più notabili. Con privilegi. In Venetiam, Appresso Bernardo Giunti, Gio. Battista Ciottim et<br />
Compagni, 1609. Cfr. anche Modo <strong>di</strong> comporre una Pre<strong>di</strong>ca trovato da R. P. Francesco<br />
Panigarola per quelli che cominciano, Roma, Giglietti, 1633. Crf., G. GIMMA, Sylva I…,<br />
pp. 42-88. A proposito <strong>di</strong> Panigarola, e <strong>su</strong>l drastico giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Giulio Cesare Scaligero –<br />
che onorò il grande pre<strong>di</strong>catore del titolo <strong>di</strong> sodomita – cfr. M. FUMAROLI, L’âge de<br />
l’éloquence…, pp. 142-143 e pp. 215-216.<br />
4 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, p. 9.<br />
89
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
a termini <strong>di</strong><strong>su</strong>sati e ranci<strong>di</strong> 1 . Dai primi si <strong>di</strong>stanzia per la scelta <strong>di</strong> uno stile<br />
non eccessivamente ridondante 2 . Gli Elogi accademici utilizzano la lingua<br />
dei dotti, si rivolgono ai letterati, che riescono ad apprezzarne sfumature<br />
linguistiche e stilistiche, usano la lingua italiana non nelle forme ormai<br />
sclerotizzate del Trecento toscano, ma come lingua viva, che «può<br />
ammettere alcune novità necessarie, senza starsi in tutto legato all’uso degli<br />
Antichi» 3 . Del resto, Pietro Bembo - ricorda Gimma - nelle <strong>su</strong>e prose<br />
<strong>di</strong>mostra «che i linguaggi tutti si mutano allo spesso, e si adattano all’uso,<br />
come appunto le vesti» 4 . In realtà, «se ben si considera» il paragone della<br />
lingua degli antichi e dei moderni non ha molto senso, o meglio «non ha<br />
forza alcuna <strong>di</strong> paragone; perché l’Antiquario amerà il <strong>su</strong>o Villani, come<br />
partegiano dello stesso; e’l Moderno riconoscerà più nobile il Guicciar<strong>di</strong>ni,<br />
1 Basilio Jannella, negli Avvertimenti […] dati al <strong>su</strong>o figlio, scrive che ha ascoltato «dalla<br />
bocca <strong>di</strong> alcun <strong>di</strong> costoro, che veggendo giunta sì oltre l’ignoranza e la goffaggine dello<br />
scrivere moderno, stimarono non esservi mezzo più acconcio né più sicuro per rinnovar la<br />
purità della prisca eloquenza italiana, se non il porre per scorta del ben scrivere gli autori<br />
più antichi; acciocchè l’autorità del nome accresciuta ancora dal corso <strong>di</strong> tanti secoli<br />
aggiungesse cre<strong>di</strong>to alle loro imprese, ed insieme conoscendo necessario nei mali estremi,<br />
rime<strong>di</strong> estremi a lodare in essi, anche i <strong>di</strong>fetti e le parole rancide e <strong>di</strong><strong>su</strong>sate, acciocchè per<br />
l’obbligo della <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> tali parole e <strong>di</strong> loro autori, venissero loro maggiormente in o<strong>di</strong>o gli<br />
usi dello scrivere moderno», citato in R. COTUGNO, La sorte <strong>di</strong> Giovan Battista Vico…, pp.<br />
109-110. Nella Idea dell’Istoria…, cit., t. I, p. 9, Gimma scrive: «muove a riso veramente<br />
l’abbaglio <strong>di</strong> alcuni, che più volte ci biasimarono per la lingua da noi usata ne’ nostri Elogi<br />
Accademici, affermando esserci apertamente <strong>di</strong>chiarati <strong>di</strong> non aver voluto valerci della<br />
buona lingua; quasi che sia stato nostro proposito usare una lingua sciocca, e commetter<br />
falli nella gramatica, e nella scelta delle voci, e della proprietà delle stesse.<br />
Nell’Introduzione de secondo tomo degli Elogi abiamo veramente asserito <strong>di</strong> non aver<br />
voluto con somma <strong>di</strong>ligenza osservare il Boccaccio, o altro scrittore, che <strong>di</strong>cono del buon<br />
secolo; ma questo non è sprezzare la buona lingua, le <strong>su</strong>e regole, e la scelta de’ vocaboli;<br />
poicchè fu nostra cura <strong>di</strong> scrivere secondo l’uso degli uomini dotti, e della lingua osservare<br />
le leggi».<br />
2 Per quel che riguarda Gimma <strong>di</strong> assoluto rilievo è Demetrio Falereo Della Locuzione.<br />
Volgarizzato da Pier Segni Accademico della Crusca detto l’Agghiacciato. Con postille al<br />
testo, ed esempli Toscani, conformati a’ Greci. Al Sereniss. Signore, il Sig. Don Cosimo<br />
Me<strong>di</strong>ci, Principe <strong>di</strong> Toscana, <strong>su</strong>o Signore, in Firenze, nella Stamperia <strong>di</strong> Cosimo Giunti,<br />
1603, annotato con grande cura da Gimma in Sylva I…, pp. 19-40, oltre al già citato testo <strong>di</strong><br />
Panigarola del quale troviamo ampi stralci sempre in Sylva I…, pp. 42-92.<br />
3 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, p. 9.<br />
4 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, p. 10: Bembo «descrive la durezza della lingua<br />
italiana appo gli Antichi, e le lor voci poco atte, le quali furono poscia dall’uso rigettate;<br />
perlocchè Dante stesso nel libro della Vita nuova, e negli altri del Convivio, e della<br />
Comme<strong>di</strong>a si vede molto <strong>di</strong>verso; mutando forma <strong>di</strong> scrivere; siccome si cambiava la<br />
lingua, per sod<strong>di</strong>sfare all’uso».<br />
90
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
o ’l Mascar<strong>di</strong>» 1 . È certo più proficuo esaminare le varie e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> uno<br />
stesso libro, e registrarne le variazioni linguistiche «perché si possa<br />
riconoscere il miglioramento della lingua». Osserva l’abate che, «in ogni<br />
secolo cose nuove sempremai si son ritruovate, ogni i<strong>di</strong>oma si è spesso<br />
veduto mancante <strong>di</strong> alcune voci» 2 , mentre la lingua toscana «o sia italiana»<br />
si è «col progresso de’ tempi migliorata, ed accresciuta con nuovi vocaboli,<br />
e con nuove forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>re» arricchendosi anche <strong>di</strong> termini tecnici e<br />
scientifici che i <strong>di</strong>fensori dell’antico vorrebbero rifiutare, e latinismi o<br />
grecismi, sicché, <strong>di</strong>ce Gimma «non sarà a me biasimevole l’aver talvolta<br />
usato voci, che hanno del latino, o del greco, o del popolare, e son propri <strong>di</strong><br />
alcuna scienza, o arte» 3 .<br />
In secondo luogo, nell’introduzione al primo tomo degli Elogi Gimma cerca<br />
<strong>di</strong> far risaltare l’importanza della <strong>su</strong>a iniziativa e <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>care la legittimità<br />
della forma dell’elogio, nonostante sia ritenuto dai più «pericoloso […] lo<br />
scriver le vite de’ viventi, e molto più lo scrivere <strong>di</strong> coloro, co’ quali o<br />
vincolo d’amistà parziale, o <strong>di</strong> società virtuosa v’intercede» 4 . Troppi critici<br />
– osserva l’abate - sono pronti a ricordare il motto ante mortem ne laudes<br />
hominem quemquam, per il puro gusto <strong>di</strong> attaccare un’opera nuova e <strong>di</strong><br />
ostacolare la <strong>di</strong>ffusione delle idee nella Repubblica delle Lettere. Questi<br />
stessi critici, però, sembrano ignorare che «non v’è pur i<strong>di</strong>oma, in cui non<br />
leggansi con sod<strong>di</strong>sfazione degl’intendenti le opere <strong>di</strong> più Autori, che in<br />
prosa, o col verso non solo degli stranieri; ma de’ loro amici, o benefattori, o<br />
nemici stessi formarono gli Encomi, e descrissero le vite» 5 . Per essere<br />
davvero tale l’elogio non deve trasformarsi in specchio deformante tale che<br />
scopra «quelle azioni, o que’ vizi, che oscurar sogliono la buona fama» 6 ; più<br />
onestamente, esso deve eccitare l’emulazione lodevole dei gran<strong>di</strong> ingegni<br />
1 Id., pp. 11-12.<br />
2 Id., pp. 13-14.<br />
3 Id., p. 13: «certi vocaboli son propri <strong>di</strong> alcune scienze, e <strong>di</strong> alcune professioni e ‘l volergli<br />
<strong>di</strong>re altrimente da quel che veramente si <strong>di</strong>cono dal volgo, o dal professore; è un alterare il<br />
significato, o dare oscurezza al parlare».<br />
4 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I., p. 1.<br />
5 Id., pp. 3-4. Anzi, «praecipum beneficium est in rebus honestis laudari, <strong>di</strong>cea il<br />
Nazianzeno; laus enim parit aemulationem, aemulatio virtutem, virtus felicitatem, quae<br />
finis est omnium, quae desiderantur, et quod omins viri boni motus refertur» (id., p. 5).<br />
Quello della lode è un tema che ritorna frequente in Gimma, soprattutto in relazione<br />
all’impegno scientifico.<br />
6 Id., p. 5.<br />
91
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
che onorano l’Accademia <strong>di</strong> Rossano e non seguire le mode <strong>di</strong> quei critici<br />
che «veggono le macchie, ove pur vi sono» 1 , ma scegliere solo ciò che va<br />
imitato, tralasciando «la cura <strong>di</strong> biasimare quelle operazioni, che biasimate<br />
vorrebbero; quando talvolta vi fossero» 2 .<br />
Questa <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Gimma rientra nello stile delle ‘premesse’: contiene la<br />
illustrazione del genere e la presentazione della legittimità dell’opera.<br />
Certamente il clima <strong>di</strong> sospetti, <strong>di</strong> gelosie, gli attacchi alla nuova me<strong>di</strong>cina e<br />
alla nuova filosofia in genere, <strong>di</strong>etro i quali vengono avanzate anche accuse<br />
<strong>di</strong> eterodossia, se non proprio <strong>di</strong> eresia, rende la scrittura <strong>di</strong> Gimma<br />
particolarmente prudente 3 . Specifica anche in quale senso sia da intendere il<br />
<strong>su</strong>o impegno <strong>di</strong> ‘storico’ nella ste<strong>su</strong>ra degli Elogi: non è la sequenza<br />
oggettiva dei fatti quella che lo ha ispirato nelle <strong>su</strong>e ricerche e in tal senso<br />
ritiene <strong>di</strong> non aver <strong>di</strong>ritto al «rigoroso titolo d’Istorico» 4 . Con Marc-Antoine<br />
Muret, ricorda che il titolo <strong>di</strong> storia spetta solamente alle Rerum publice<br />
gestarum <strong>di</strong>ffusa, et continuata narratio, negando «essere Istoria ogni vero<br />
racconto; ma solo quello <strong>di</strong> cose pubblicamente fatte […]. Bella, paces,<br />
inducia foedera, se<strong>di</strong>tiones, tumultus, leges, iu<strong>di</strong>cia, commutationes rerum<br />
publicarum, et quae <strong>su</strong>nt eiusdem generis, qualia apud Herodotum,<br />
Thucy<strong>di</strong>dem, Henophontem, Polybium, Dionysium Halicarnasseum,<br />
Sallustium, Livium, Diodorum Siculum, Cornelium Tacitum, […] et<br />
eiusmo<strong>di</strong> alios leguntur: quos vere, ac merito pos<strong>su</strong>mus historiarum<br />
scriptores nominare» 5 . Come storico Gimma si mi<strong>su</strong>rerà, qualche anno<br />
dopo, nell’Idea dell’Italia Letterata.<br />
1 Ib.<br />
2 Id., pp. 5-6.<br />
3 È fin troppo facile pensare ad Elia Astorini, ma in questra prospettiva non vanno<br />
<strong>di</strong>menticati gli stessi Gaetano Tremigliozzi e Carlo Musitano, e soprattutto Lucantonio<br />
Porzio, presentato come Filosofo Meccanico, e Lettor <strong>di</strong> Notomia nella Regia Università <strong>di</strong><br />
Napoli (che Vico aveva insignito del titolo <strong>di</strong> «ultimo filosofo italiano della scuola <strong>di</strong><br />
Galileo», scienziato <strong>di</strong> spiccata personalità, e vicino a Tommaso Cornelio), e Gennaro<br />
D’Andrea, Reggente del Conseglio Collaterale <strong>di</strong> Napoli, Vicegrancanelliere del Collegio<br />
de’ Dottori, e soprattutto fratello <strong>di</strong> Francesco D’Andrea. Per la citazione <strong>di</strong> Vico, cfr. G. B.<br />
VICO, Autobiografia Poesie Scienza Nuova, a cura <strong>di</strong> P. Soccio, Milano, Garzanti, 1983, p.<br />
43.<br />
4 Del resto, ricorda Gimma, tale «pregio tolse a se stesso Plutarco, scrittore assai nobile<br />
delle Vite degli Uomini illustri, che <strong>di</strong>sse: Neque enim historias scribimus; sed vitas» (id.,<br />
p. 6).<br />
5 Id., pp. 6-7.<br />
92
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Il <strong>su</strong>o esempio è Platone, «che parlò nelle <strong>su</strong>e opere o secondo il sentimento<br />
<strong>di</strong> Socrate, o <strong>di</strong> altri, che ne’ <strong>su</strong>oi Dialoghi introdusse». Per questo Gimma<br />
dà spesso e volentieri la parola ad altri autori che hanno scritto <strong>su</strong>i letterati<br />
da lui elogiati e, in genere, fa sfoggio, per la prima volta sistematicamente<br />
negli Elogi, della <strong>su</strong>a vasta eru<strong>di</strong>zione. Un’eru<strong>di</strong>zione che lo rende<br />
particolarmente vulnerabile, in quanto egli mette insieme opere ortodosse ed<br />
eterodosse, ‘cristiane’ e ‘pagane’. Questione alla quale Gimma risponde<br />
ricorrendo ai Padri della Chiesa: i Santi Padri l’hanno già <strong>di</strong>ffusamente<br />
affrontata, approvando la lettura <strong>di</strong> tali volumi, purché «si approvino le cose<br />
utili, e per ripu<strong>di</strong>arsi le altre si leggano», comportandosi nei confronti <strong>di</strong><br />
tutti i libri come i chimici che «appunto da’ veleni potentissimi cavano<br />
me<strong>di</strong>cine salutifere» 1 giovandosi delle «eru<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> coloro, che <strong>di</strong><br />
Gentilesimo, o <strong>di</strong> Eresia sono infettati; e conservare nella <strong>su</strong>a purità quella<br />
Fede, che dalla Chiesa Romana è abbracciata» 2 . La questione della storia,<br />
come si vede da queste prime battute, è particolarmente importante e<br />
centrale nel programma <strong>di</strong> rinnovamento delle scienze che Gimma intende<br />
avviare. Per questo, ripercorrerò alcuni significativi momenti della<br />
definizione del concetto <strong>di</strong> ‘storico’, a cominciare dalle Nova<br />
Encyclopae<strong>di</strong>a.<br />
2. La ‘storia’ nella Nova Encyclopae<strong>di</strong>a<br />
Se negli Elogi la storia è posta in opposizione, almeno parziale, all’elogio,<br />
nella Nova Encyclopae<strong>di</strong>a 3 essa è definita in opposizione alla poesia in<br />
1 Ib. A questo proposito si può anche vedere quanto scriveva T. RAYNAUD, Critica Sacra.<br />
[…] Tomus undecimus, in quo literati non poenitendas invenient ad<strong>di</strong>tiones; cum in<strong>di</strong>ce<br />
copiosissimo. Lugduni, Sumpt. Horatii Boissat, et Georgii Remes, 1665, che all’erotema<br />
XI, Num libri Gentilium, etiam Polytheismum spectantes, improban<strong>di</strong>, p. 310, afferma:<br />
«Huiusmo<strong>di</strong> libros, in se malos esse, quippe mendacissima fabulositate, et nefan<strong>di</strong>ssimis<br />
narrationibus, ac impietatibus foetos, dubitare non licet. Non esse tamen lectoribus noxios,<br />
sed omnes pene omnium Ethnicorum libros, exceptis iis, qui cum Epicuro literas non<br />
<strong>di</strong><strong>di</strong>cerunt, eru<strong>di</strong>tionis doctrinaeque plenissimos esse, (verba <strong>su</strong>nt S. Hieronymi epist. 84 in<br />
fine,) patet iugi tot seculorum experimento; quo impunè et ipsis quoque Patribus autoribus,<br />
et leguntur». Gimma ha una profonda conoscenza del teologo ge<strong>su</strong>ita del quale cita la<br />
Critica sacra… alle pp. 455-475 <strong>di</strong> Sylva I, anche se non troviamo il passo <strong>di</strong> Raynaud<br />
citato in questa nota.<br />
2 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 12-13.<br />
3 De Historica. Pars Quinta, in G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, cit., Ms. I 113, cc. 92r-<br />
120 v..<br />
93
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
quanto alla prima spetta il dominio del vero, mentre alla seconda quello del<br />
verosimile 1 . In positivo, la storia è definita dal <strong>su</strong>o oggetto: c’è la storia<br />
dell’Antico e del Nuovo Testamento, quella della giurisprudenza che ha<br />
come argomento gli e<strong>di</strong>tti e gli or<strong>di</strong>namenti, ci sono le storie naturali,<br />
«me<strong>di</strong>cinae in plantis, mineralibus, et aliis: Physicae in animalibus» 2 , la<br />
storia della morale «in virtutum exemplis» 3 . La ‘nobiltà’ della storia viene,<br />
inoltre, <strong>di</strong>mostrata dal fatto che presso gli Ebrei «Historici fuerunt Moyses,<br />
Io<strong>su</strong>e, Phophetae, et Sacerdotes. Egypty quoque sacerdotibus hoc munus<br />
tribuerunt» 4 e la <strong>su</strong>a utilità non può essere messa in <strong>di</strong>scussione se non altro<br />
perché «nos doceat aliorum erratis offensionibus, frustrationibus, ad nostri<br />
emendationem» 5 . Quanto alla <strong>su</strong>a origine, Gimma evita <strong>di</strong> pronunciarsi a<br />
proposito dell’esistenza della scrittura, o comunque <strong>di</strong> libri precedenti a<br />
Mosè 6 e si limita ad affermare che «asserere licet […] Historiae originem<br />
antiquissimam esse, et quidem ante Moysem, qui tamen eam planius ante<br />
omnes conscripsit» 7 , pur riportando varie opinioni che in<strong>di</strong>cano in Cadmo,<br />
Senofonte e soprattutto Mosè il primo storico e l’inventore del genere. Egli<br />
analizza poi i significati del termine e ne fa l’etimologia: presso i Greci, il<br />
termine «historeo, quod significat videre, cognoscere»; mentre presso i latini<br />
il termine historia significa «narro […], video, inquiro, interrogo, scio».<br />
Conclude che la storia è «rerum gestarum ad docendum rerum u<strong>su</strong>m<br />
syncram, et illustrem narrationem» 8 .<br />
Non è, tuttavia, questa la storia che a Gimma interessa. Una in<strong>di</strong>cazione in<br />
tal senso si trova nella <strong>su</strong>ccessiva sezione in cui viene riferita la partizione<br />
della storia <strong>di</strong> Francis Bacon che <strong>di</strong>stingue nel «lib. 2 de Augm. Scient.<br />
Humanam scientiam in Hystoriam, Poesim, et Philosophiam» 9 . Gimma<br />
1<br />
Cfr. id., c. 92 r.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Ib.<br />
5<br />
Id., c. 92 r.<br />
6<br />
Su questi temi cfr. P. ROSSI, Le sterminate antichità, Pisa, Nistri-Lischi, 1969; ID., I segni<br />
del tempo. Storia della terra e storia delle nazioni da Hooke a Vico, Milano, Feltrinelli,<br />
1979. Sempre <strong>di</strong> P. ROSSI, interessanti anche le <strong>su</strong>e notazioni in Vico e il mito dell’Egitto,<br />
in Omaggio a Vico, Napoli, Morano, 1968, pp. 25-36.<br />
7<br />
G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, c. 93 r.<br />
8<br />
Ib.<br />
9<br />
Id., c. 93 v. Sia in questo passo che nei <strong>su</strong>ccessivi Gimma sembra aver presente quanto<br />
affermato da Francis Bacon nel De Augmentis scientiarum: «La migliore <strong>di</strong>visione del<br />
sapere umano è quella che si ricava dalla tripartizione dell’anima razionale, che è sede del<br />
94
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
chiosa: «nonnulli Fabularem Historicam considerant, que voluptatis gratia<br />
quadam ingenii iucun<strong>di</strong>tate componitur […] ut Esopi fabulae» 1 . Per lui, non<br />
c’è una scienza umana della quale faccia parte la storia, ma esiste una storia<br />
«naturalis» e una storia «Humana» 2 : alla prima spetta lo stu<strong>di</strong>o del mondo e<br />
dell’uomo e ad essa fanno capo le principali scienze moderne che hanno per<br />
oggetto le res naturales 3 . Quanto alla seconda, che ha per oggetto hominum<br />
res, et gesta può essere <strong>di</strong> duplice natura, ecclesiastica e civile: la prima<br />
viene detta anche storia sacra e affronta le questioni riguardanti res sacras et<br />
ecclesiasticas; quest’ultima, detta anche storia profana, o politica, esamina<br />
hominum commercia, et facta commemorat 4 . Gimma propone anche un’altra<br />
<strong>di</strong>stinzione della storia, più tra<strong>di</strong>zionale: universale e particolare 5 . Questa<br />
seconda partizione sembra però avere piuttosto un valore pragmatico <strong>di</strong><br />
or<strong>di</strong>namento interno della ricostruzione storica, nella mi<strong>su</strong>ra in cui permette<br />
una più articolata <strong>di</strong>stinzione della materia storica 6 . In ogni caso,<br />
sapere tutto: la storia si riferisce alla memoria, la poesia alla fantasia, la filosofia alla<br />
ragione […]. La storia è o naturale, o civile […]. Penso che la storia civile si possa<br />
giustamente <strong>di</strong>videre in tre parti: 1) storia sacra o ecclesiastica, 2) storia civile vera e<br />
propria) 3) storia delle lettere e delle arti. Cominciamo da quest’ultima, che è da collocare<br />
tra i desiderata, mentre le altre due esistono». (F. BACON, Opere filosofiche, 2 tt., a cura <strong>di</strong><br />
E. De Mas, Bari, Laterza, 1965, t. II, pp. 87, 89 e97). È interessante notare come, in un<br />
certo senso, proprio la mancante quarta storia, quella letteraria, che dovrebbe «esporre lo<br />
stato generale della scienza <strong>di</strong> età in età» corrisponda al progetto perseguito da Gimma<br />
nella Idea dell’Istoria dell’Italia litterata. Sulla conoscenza <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> Bacon da parte <strong>di</strong><br />
Gimma è però lecito sollevare qualche dubbio.<br />
1<br />
Ib.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Id., cc. 93 v-94 r: «Naturalis describit totius Mun<strong>di</strong> <strong>su</strong>ppellectilem, elementa, lapides,<br />
metalla, Animantia genera, Hominis structuram, et dotes, caeli partes, et similia, ideo ex<br />
hoc capite ad ipsam pertinet Cosmographiam, Astronomiam, Stoecheologiam,<br />
Meteorologiam, Mineralogiam, Astrologiam, Zoologiam, Anatomiam, aliaeque omnes,<br />
quorum obiectum <strong>su</strong>nt res naturales».<br />
4<br />
Cfr. id., c. 94 r.<br />
5<br />
Ib.: «Universalis ecclesiastica est […]. Civilis universalis vero, quae ad temporalem<br />
Monarchiarum omnium, vel Regnorum spectant. Sic a converso ecclesiastica particulars<br />
describit res ecclesiae particulares; civilis vero particularis est, quane unius dumtaxat<br />
Regni, vel Provinciae propria recenset».<br />
6<br />
Gimma in<strong>di</strong>ca le varie storie particolari: Chronica, Bio<strong>di</strong>daschalia, Idolanchiresis o<br />
Idolagraphia (est tractanti ratio de Idolis Gentilium), Caesarographia (est Imperatorum<br />
descriptio), Basileologia (est Regum sermo), Archontologia, Genealogia, Archiereologia,<br />
Monasteriologia, Synodologia, Schysmatographia o scismatologia, Heresiologia e<br />
Martyrologia. La Chronica «demum amplitu<strong>di</strong>nem ationum publicarum, et personarum<br />
facies externos, et in publicum versas proponit, ut ait Verulamius. Haec autem continet<br />
Annales, Ephemerides, Adversaria, Commentarias, Registra, et epitomas. Sic Ephemerides<br />
aut <strong>su</strong>n domesticae, aut militarea, aut publicae, aut Nocturane, aut Me<strong>di</strong>cae, aut Rusticae,<br />
95
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
fondamento della storia la verità: ad essa deve costantemente guardare lo<br />
storico onesto 1 , che deve, in ogni caso, causas quaerere, anche quando<br />
omette alcune notizie non sono necessarie o ad<strong>di</strong>rittura essere dannose 2 .<br />
L’abate passa poi all’analisi degli strumenti dei quali si deve servire lo<br />
storico: geografia e cronologia 3 che in «rerum gestarum labyrinthis<br />
versantes, regunt <strong>di</strong>rigunt, gubernant, ut ad optatum lectionis portum<br />
pervenire possint» 4 .È impossibile fare un serio <strong>di</strong>scorso storico se si<br />
ignorano gli svolgimenti effettivi degli eventi, quin<strong>di</strong> la cronologia «quam<br />
accurata temporis in historiarum letione notatis, et animadversio, te vocatur<br />
historiae dexter oculus; nam qui sine temporum ratione historias sese<br />
intelligere prore putant falluntur, et inter innumerabiles anfractus incerti<br />
feruntur, nec intelligunt» 5 . Quanto alla geografia, che «est alter Historiae<br />
oculus» è «<strong>di</strong>ligens, et accurata locorum notitia» 6 ed è in<strong>di</strong>spensabile per<br />
una vera e propria profilassi nei confronti degli errori più banali commessi<br />
soprattutto dagli storici dell’antichità. Sempre in questa prospettiva Gimma<br />
si occupa De nominibus, et Patriis ab historico non immutan<strong>di</strong>s 7 , riportando<br />
il caso <strong>di</strong> Heliogabalus, che viene spesso ricordato come Heleogabalus,<br />
Hiliogabalus, e motiva questi cambiamenti come uno stratagemma<br />
finalizzato in alcuni casi a nascondere il vero nome, oppure «ad maiorem<br />
brevitatem» 8 , ma non nascondendo i pericoli che tali operazioni<br />
comportano.<br />
In questa <strong>di</strong>samina del lavoro dello storico e della storia come <strong>di</strong>sciplina,<br />
molte altre sono le questioni che l’Encyclopae<strong>di</strong>a mette a punto. Nella<br />
sezione decima l’analisi si svolge <strong>su</strong>l valore delle <strong>di</strong>gressioni nelle opere<br />
[…] aut Astrologicae» (ib.).<br />
1 Id., c. 96 r: «Historiae namque fundamentu veritas est, per quam a Poesi <strong>di</strong>stinguitur».<br />
Nemici dello storico sono l’o<strong>di</strong>o, l’adulazione e l’invi<strong>di</strong>a, che rischiano <strong>di</strong> falsarne il<br />
giu<strong>di</strong>zio: cfr. id., cc. 96 v-98 r.<br />
2 Cfr. id., cc. 105v-107 v. Lo storico deve riferire quelle «gesta […] quae <strong>su</strong>nt praeclara, et<br />
publicae utilitati iuvant» e le vicende oscene et prava possono essere omesse dallo storico<br />
se non sono necessarie. Due sono le leggi che lo storico deve seguire: «prima est, ut ea<br />
tantum narret, quae ad publicum pertinent, et ex quibus notabilia pendent […]. Secunda lex<br />
est, ut fiat narratio paucis verbis, et quidem honestis» (id., c. 98 r).<br />
3 Id., c. 107 v: «Historiarum duos oculos appellant Geographiam, et Chronologiam».<br />
4 Ib.<br />
5 Ib.<br />
6 Id., c. 100 r.<br />
7 Cfr. id., cc. 100v-101r.<br />
8 Id., c. 100 v.<br />
96
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
degli storici 1 : esse sono proprie dei poeti 2 , non degli storici, a meno che non<br />
riguar<strong>di</strong>no le fabulae 3 ; sono necessarie nei casi in cui «situs, temporum,<br />
instrumentorum, gentium morum, gubernan<strong>di</strong> formae, populorum<br />
con<strong>su</strong>etu<strong>di</strong>nis, caeremoniarum in rebus sacris, et similium, fit descriptio,<br />
alias narratio nimis evaderet obscura» 4 . Nella sezione un<strong>di</strong>cesima, viene<br />
posto il problema se davvero lo storico possa docere e dopo aver riportato il<br />
parere negativo <strong>di</strong> Patrizi e <strong>di</strong> Mascardus secondo il quale, invece, è<br />
possibile, anzi auspicabile, una maggiore considerazione in questa ottica<br />
della storia e un ripensamento del <strong>su</strong>o rapporto con la filosofia 5 , affronta e<br />
lascia insoluto questo problema, <strong>su</strong>l quale ritornerà più volte negli anni<br />
<strong>su</strong>ccessivi.<br />
Nella Encyclopae<strong>di</strong>a, tuttavia, l’accento è posto non <strong>su</strong>lla storia naturale, ma<br />
<strong>su</strong> quella umana. In particolare, il capitolo tre<strong>di</strong>ci è de<strong>di</strong>cato alla Storia<br />
universale, sia civile sia ecclesiastica 6 . Alla seconda spetta il primato, anche<br />
perché è la più antica 7 , ed essa può essere stu<strong>di</strong>ata in vari mo<strong>di</strong>:<br />
or<strong>di</strong>nari potest vel secundum or<strong>di</strong>nem Chronologicum, ea scilicet temporum<br />
<strong>su</strong>ccessione, qua res evenerunt, vel secundum aliquos titula a quibus omnia<br />
comprehendantur. Pos<strong>su</strong>nt vero plures esse tituli 8 .<br />
Si potranno quin<strong>di</strong> descrivere le vite dei pontefici romani, della origine delle<br />
<strong>di</strong>gnità ecclesiastiche, della introduzione dei riti della Santa Chiesa, e della<br />
propagazione della fede; mentre la storia civile, «quae similiter Prophana<br />
<strong>di</strong>citur» 9 , ha il <strong>su</strong>o oggetto precipuo nella storia degli uomini che «appellari<br />
1<br />
Id., De Historicis Digressionibus, et Descriptionibus, cc. 102r-102v.<br />
2<br />
Id., c. 102 r: «Digressiones a Poetis episo<strong>di</strong>a appellatae <strong>su</strong>nt alienae rei tractationes, sed ad<br />
utilitatem causae pertinentis extra or<strong>di</strong>nem escurrentes».<br />
3<br />
Ib.: «a converso pos<strong>su</strong>nto Historici <strong>di</strong>gressiones inserere de rebus fabulosis».<br />
4<br />
Ib.<br />
5<br />
Id., c. 102 v: «Contrarium [rispetto al pensiero <strong>di</strong> Patrizi] tamen […] Mascardus […]<br />
scribit enim posse Historiam a Philosophia praeceptum aliquod mutuari ad ostendendam<br />
operationis rationem eo modo, quo exempla de<strong>su</strong>mit ex Historia ad <strong>su</strong>am doctrinam<br />
confirmandam Philosophia».<br />
6<br />
Id., c. 103 v: «Difficilis quoque est, logni temporis, et laboris, quoniam uno intuitu omnia<br />
veluti membra in corpus re<strong>di</strong>gere debet. Cum autem Universalem Historiam duplicem<br />
fecerimus, ecclesiasticam nempe, et Civilem, a prima exor<strong>di</strong>ri volumus».<br />
7<br />
Ib.: «Ecclesiastica commemorat precipue res ecclesiasticas, et omnium prima est, ac<br />
antiquissima».<br />
8 Ib.<br />
9 Id., c. 104 v.<br />
97
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
solet etiam Politica», più precisamente nello stu<strong>di</strong>o dell’origine delle<br />
nazioni, <strong>di</strong> tutte le nazioni, <strong>di</strong>ce Gimma, della loro storia e delle loro<br />
istituzioni 1 . In entrambi i casi è in<strong>di</strong>spensabile «descriptione chronologicus<br />
ordo servata ratione temporum» 2 .<br />
In questa lunga, a tratti - per il lettore moderno - farraginosa, <strong>di</strong>samina della<br />
storia, troviamo anche un capitolo che forse è quello che più si avvicina al<br />
modello dell’elogio: De bio<strong>di</strong>dascalia seu de Vitarum descriptionibus 3 .<br />
Secondo il modello as<strong>su</strong>nto più tar<strong>di</strong>, le vite narrate non sono solo quelle<br />
degli eroi, bensì quelle <strong>di</strong> tutti gli uomini che brillano per la loro virtù, come<br />
insegnava Plutarco 4 . Questo scarno schema, opportunamente mo<strong>di</strong>ficato e<br />
arricchito, viene utilizzato da Gimma nei <strong>su</strong>o Elogi accademici.<br />
3. La storia negli Elogi accademici<br />
Negli anni della ste<strong>su</strong>ra degli Elogi, cominciano a delinearsi i più<br />
interessanti abbozzi <strong>di</strong> teoria della storia, che si preciseranno nella<br />
riflessione dell’abate pugliese negli anni imme<strong>di</strong>atamente <strong>su</strong>ccessivi. Lo<br />
schema fissato nella Encyclopae<strong>di</strong>a viene rielaborato anche nei casi in cui<br />
l’abate torna <strong>su</strong> questioni già analizzate: nel primo tomo degli Elogi<br />
accademici ripresenta, ad esempio, le pagine de<strong>di</strong>cate all’origine della<br />
scrittura e della storia operando però una decisione rispetto a quanto scritto<br />
pochi anni prima. Egli afferma ora nettamente che non è possibile dubitare<br />
che già prima <strong>di</strong> Mosè fossero stati scritti dei libri e che, quin<strong>di</strong>, si deve<br />
riconoscere che l’invenzione della storia è più antica 5 : i nipoti <strong>di</strong> Seth<br />
«avanti il <strong>di</strong>luvio in due colonne […] tutto quanto avevano imparato,<br />
descrissero», «acciocchè le scienze, che da Id<strong>di</strong>o ricevè Adamo a’ posteri<br />
fossero propagate, s’è già vero, che Adamo stesso si abbia inventore <strong>di</strong> tutte<br />
1 Ib.: «nationum omnium origines prosequitur Imperiorum, Monarchiarum, Rerum<br />
publicarum initia, constitutiones […] gubernationes […] et mutatione eventus celestes,<br />
terrestres et marittimos».<br />
2 Ib.: «ut siquis vellet generalem Sanctorum historiam describere, deberet primo locum dare<br />
aliis sanctorum veteris Testamenti; secundo Ie<strong>su</strong> Christi, et Beatae Virginis; demum<br />
aliorum; sic de aliis <strong>di</strong>cendum».<br />
3 Cfr. id., c. 104 r: «universalis quidem, si plurium hominum vitas describat, veluti<br />
Sanctorum, Imperatorum, Regum; item Pontificum, Episcoporum, et similium. Particularis<br />
vero, si alicuius vitam exponet».<br />
4 Ib.: «Reputamus animo qualis quisque, et quantus fuerit, et quae praecipua <strong>su</strong>nt,<br />
cognituque pulcherrima ex rebus eorum gestis excerptimus».<br />
5 Cfr. G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 193-195.<br />
98
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
le dottrine» 1 . È <strong>di</strong>fficile in questo caso decidere quale rilevanza dare<br />
all’inciso ‘s’è già vero’; come giustamente rilevato da Vasoli, anche nella<br />
Encyclopae<strong>di</strong>a Gimma sembra presentare una doppia genesi della scienza<br />
dopo il <strong>di</strong>luvio universale, «a familia Noe, et ab experientia» 2 . È mia<br />
opinione, che spero <strong>di</strong> poter <strong>su</strong>ffragare nelle pagine che seguiranno, che<br />
Gimma per motivi che non toccano solo la sfera dell’ortodossia della<br />
religione cristiana, cui pure fu sempre attento, ma anche quella delle<br />
questioni più propriamente scientifiche della <strong>su</strong>a epoca, eviti <strong>di</strong> prendere<br />
troppo esplicitamente posizione <strong>su</strong>l problema del <strong>di</strong>luvio universale, e<br />
quin<strong>di</strong> dell’età della terra, pur non restando insensibile al fascino <strong>di</strong> alcune<br />
teorie che spostavano molto in<strong>di</strong>etro la nascita del genere umano,<br />
preferendo procedere per ipotesi verosimili, e mantenendo <strong>su</strong>llo sfondo il<br />
<strong>di</strong>luvio quale ipotesi necessaria 3 .<br />
Il <strong>di</strong>scorso storico si complica negli Elogi accademici anche per la non<br />
omogeneità della trattazione <strong>di</strong> Gimma il quale, scegliendo la figura della<br />
<strong>di</strong>gressione per trattare dei temi che più lo interessano, <strong>di</strong>ssemina le<br />
questioni in <strong>di</strong>versi punti dell’opera, in una complessa tessitura dottrinale e<br />
storiografica che rischia <strong>di</strong> <strong>di</strong>sorientare il lettore. Così, accanto ai problemi<br />
inerenti all’origine della scrittura, e della scienza, vengono posti anche<br />
quelli riguardanti la genesi del mondo civile, e delle leggi 4 : «bastarono un<br />
tempo agli uomini per bene instituirgli, i precetti della natura; ma poscia in<br />
comunanza ridotti, e <strong>di</strong>visi del loro avere i termini; perché furono soggette a<br />
molte imperfezioni le cose umani, e corrotta la natura medesima al male<br />
inclinata, bisognò per frenarla, che si formassero le leggi, colle quali e le<br />
pene a’ trasgressori, e i premi agli osservatori si preponessero» 5<br />
1 Id., p. 194.<br />
2 G. GIMMA, Nova Encyclopae<strong>di</strong>a…, t. I, c. 8v: Art. 5. De duplici scientiarum origine post<br />
Diluvium, nempe a familia Noe, et ab experientia; come ricorda C. VASOLI, L’abate Gimma<br />
e la ‘Nova Encyclopae<strong>di</strong>a’..., cit., p. 794, l’Encyclopae<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Gimma si apre con un breve<br />
articolo <strong>su</strong>lla nobiltà ed utilità della sapienza, cui fa seguito la storia – <strong>su</strong> cui non è possibile<br />
soffermarsi in questa sede – delle prime scoperte e conoscenze che gli uomini acquisirono,<br />
prima del <strong>di</strong>luvio universale, grazie alla sapienza concessa da Dio ad Adamo . A queste<br />
pagine fa seguito la storia della nuova origine delle scienze ad opera <strong>di</strong> Noè e dei <strong>su</strong>oi figli<br />
ma, soprattutto, ab experientia.<br />
3 Su questo tema cfr. P. ROSSI, I segni del tempo…, cit.<br />
4 D. Carlo Petra Duca del Vasto-Girardo, Reggente, e Consigliere Decano nel Regio<br />
Consiglio <strong>di</strong> S. Chiara in Napoli, Cavaliere dell’Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Calatrava, etc., in G. GIMMA,<br />
Elogi accademici…, t. I, pp. 43-52.<br />
5 Id., pp. 43-44 <strong>su</strong>lla necessità dei magistrati invoca la testimonianza <strong>di</strong> Aristotele, Platone e<br />
99
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Gimma abbozza un quadro <strong>di</strong> violenza e soprusi che appartengono alla<br />
natura dell’uomo, la quale è inclinata al male e fa sì che, se non controllata<br />
e bilanciata dall’esercizio della giustizia – dovere dei magistrati sin dall’alba<br />
dei tempi – sia impossibile «che le nimicizie, le contese, e le turbolenze non<br />
nascano» 1 .<br />
In questo quadro un ruolo essenziale ricoprono i magistrati i quali, «come<br />
parte necessaria per la conservazione delle comunità, tutto se stessi<br />
applicarono alla osservanza delle leggi, e ad ispianarle colle loro opere» 2 .<br />
Essi sono responsabili della buona condotta dei citta<strong>di</strong>ni, della<br />
comprensibilità e giusta applicazione delle leggi.<br />
Per la questione relativa alle interconnessioni fra storia, <strong>di</strong>ritto e<br />
magistrature l’abate utilizza il materiale raccolto in Sylva I. Lì ha ben<br />
illustrato la funzione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione degli strumenti legislativi ed<br />
amministrativi per trasformare le tensioni presenti nelle comunità sociali in<br />
fattori <strong>di</strong> sviluppo. Nelle pagine de<strong>di</strong>cate alla Origine de’ Banchi della città<br />
<strong>di</strong> Napoli 3 , l’eru<strong>di</strong>to barese annota, ad esempio, che «havendo da scrivere<br />
una <strong>su</strong>ccinta narrativa dell’origine, progressi, e stato de’ Banchi <strong>di</strong> questa<br />
città, stimo opportuno principiarla con dar qualche notizia delle mense<br />
argentarie, che come usate in Roma vengono allo spesso mentionate da<br />
Giurecon<strong>su</strong>lti» 4 . Nelle opere giuri<strong>di</strong>che Gimma trova anche l’origine<br />
filologica del vocabolo ‘argentario’, il quale, benché abbia nelle leggi<br />
significato non univoco, «poiché viene confuso con quello <strong>di</strong> Mensario,<br />
Nummulario, Collibisto, e col vocabolo greco Trapezista […] sta dagl’autori<br />
eru<strong>di</strong>ti spiegato, che li Nummularii, e Collibista, e Trapezista erano quelli<br />
che permutavano il denaro con maggior prezzo con quello <strong>di</strong> minor valuta, o<br />
permutavano una moneta d’una Provincia con quella d’un altra regione» 5 .<br />
Per questa loro attività, gli argentari, non solo non sono <strong>di</strong>sprezzabili, come<br />
gli u<strong>su</strong>rai, ma, al contrario, sono utili alla società. Essi, infatti, «che col<br />
proprio nome latino erano nominati Men<strong>su</strong>arii, o men<strong>su</strong>larii non solo<br />
cambiavano le monete <strong>di</strong> maggior prezzo, ma appresso <strong>di</strong> loro i citta<strong>di</strong>ni<br />
Agostino.<br />
1<br />
Id., p. 44.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Cfr. G. GIMMA, Sylva I…, cit., pp. 627-639.<br />
4 Id., p. 627.<br />
5 Ib.<br />
100
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
facevano deposito del denaro, alcuni per sicurezza tenendo quelli denari<br />
deposti nel tempio <strong>di</strong> Castore, e Polluce, altri per haver certezza de’<br />
pagamenti, che si facevano per le compre, e ven<strong>di</strong>te registrati ne’ loro<br />
libri» 1 . Questi argentarii, o ‘mensarii’, quin<strong>di</strong>, «non si potranno uguagliare<br />
con i mercanti de’ nostri tempi, quali esercitano con autorità privata, ma<br />
solamente con i banchieri, che sono approvati con autorità de’ magistrati,<br />
come <strong>di</strong>ffusamente ne <strong>di</strong>scorre Menochio De arbitr. lib. 2, cas. 91» 2 . Era<br />
questo dei banchi, d’altronde, un costume antichissimo tipico «delle più<br />
industriose nationi» 3 . La storia è il filo rosso che lega le tante pagine delle<br />
Sylvae. Documenti e testi ricopiati e annotati costituiscono il materiale <strong>su</strong>l<br />
quale l’abate costruisce le <strong>su</strong>e riflessioni <strong>su</strong>lla storia e fa la storia. Essi<br />
saranno utilizzati nell’Idea dell’Istoria dell’Italia letterata 4 , ma sono al<br />
1 Id., pp. 627-628. Gimma aggiunge <strong>su</strong>bito dopo: «i detti Argentarii davano denaro sotto le<br />
permesse u<strong>su</strong>re. Questo loro esercitio era approvato con autorità publica, ed i loro libri<br />
facevano piena fede, anco a favore dello scribente».<br />
2 Id., p. 628. Il testo citato da Gimma è il De fide libri rationum Argentariorum,<br />
Banqueriorum, et Mercatorum nostri temporis, multa scitu non in<strong>di</strong>gna explicata, et ibi qui<br />
olim essent Argentarii, et qui Numularii, in Iacobi Menochii papiensis, iuris c.<br />
excellentissimi, Regiae Cathol. Maiest. Re<strong>di</strong>tum extraor<strong>di</strong>narium praesi<strong>di</strong>s, ac secretioris<br />
intimique Consilii conisliarii Me<strong>di</strong>olanensis, et olim in nobilissimo Cymnasio Patavino<br />
iuris Caesarei intepretis Primarii. De arbitrariis iu<strong>di</strong>cum quaestionibus et causis, centuriae<br />
sex quibus tota iuris pars, quae a iu<strong>di</strong>cum arbitrio et potestate pendet, perquam docte, late,<br />
et eleganer pertractatur, magno iu<strong>di</strong>scentium, docentium et <strong>di</strong>scentium commodo.<br />
Accesserunt postremae huic e<strong>di</strong>tioni eiusdem de a<strong>di</strong>piscenda, retinenda, et recuperanda<br />
possessione doctissima commentaria, item, responsa causae finariensis, a multis Italiae<br />
celeberrimus Iuriscon<strong>su</strong>ltis red<strong>di</strong>ta. Omnia nunc emendatius et or<strong>di</strong>natius quam antehac<br />
e<strong>di</strong>ta. Cum in<strong>di</strong>cibus locupletissimis, Genevae, apud Philippum Albertum, 1630, in<br />
particolare il Ca<strong>su</strong>s XCI, pp. 260-262.<br />
3 Id., p. 629.<br />
4 Cfr. G. GIMMA, Sylva III…, pp. 89-92. I testi utilizzati da Gimma in queste pagine sono<br />
numerosi e piuttsoto interessanti. Si tratta <strong>di</strong> J. FERRAULT, Tractatus seu privilegia aliqua<br />
regni Franciae, in Stilus Supremae Curiae parlamenti parisiensis […] cum novis<br />
annotationibus Do. Caroli Molinaei, Parisiis, apud Galeotum a Prato 1551; J. LE CIRIER,<br />
Jure primogeniture vel maiori natus, s. l., apud Reginaldum Chan<strong>di</strong>ere 1521; J. NAUCLER,<br />
Chronica […] compraehendentia res memorabiles seculorum omnium ac gentium, ab initio<br />
Mun<strong>di</strong> usque ad annum Christi nati M.CCCCC, 2 voll., Coloniae, apud Calenium, et<br />
Haeredes Iohannis Quentel, 1579; P. EMIL, Historiae iam denuo emendatae […], de rebus<br />
gestis Francorum, a Pharamundo primo rege usque ad Carolum octavum, libri X. Arnol<strong>di</strong><br />
Ferroni Bur<strong>di</strong>galensis […] de rebus gestis Gallorum libri IX ad historiam Pauli Aemilii<br />
ad<strong>di</strong>ti, a Carolo octavo usque ad Henricum II ad huius historiae lucem, in fine a<strong>di</strong>unctum<br />
est: Chronicon Ioan. Tilii de Regibus Francorum, a Pharamundo usque ad Henricum II,<br />
Basileae per Sixtum Henricpetri, 1569; R. GAGUIN, Rerum gallicarum annales, cum<br />
Huberti Velleii <strong>su</strong>pplemento, Francofurti ad Moenum, Ex officina Typographica And.<br />
Wechelix, 1577; G. DE TOURS, Historiae Francorum libri decem, Basileae, per Petrum<br />
101
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
fondo delle osservazioni presenti negli Elogi. Così è, ad esempio, per Sylva<br />
III dove Gimma analizza, da una parte, il problema dell’origine storica <strong>di</strong><br />
una legge, risalendo al mitico re-legislatore; dall’altra opera una acuta, e<br />
dura, critica della storiografia e della politica francese che cercano la loro<br />
legittimazione proprio <strong>su</strong> leggi mitiche: «vantano i Franchi per comune<br />
sentimento degli Storici l’origine da Troiani» 1 . Quanto alla loro legge<br />
Salica, riferita da Giovanni Feral<strong>di</strong> – «nulla portio haere<strong>di</strong>tas de Terra Salica<br />
mulieri veniat, sed ad virilem sexum tota haere<strong>di</strong>tatis perveniat» 2 – fatta<br />
risalire al re Faramondo, «non costa che, veramente Faramondo sia stato Re,<br />
perché non costa dove abbia egli regnato, non nelle vicinanze del Reno, nè<br />
nella Franconia, o Orientale Francia» 3 . I Franchi, commenta Gimma,<br />
vengono da qualche angolo deserto della Germania o vicino al Reno dove,<br />
costruiti alcuni tuguri, vivevano miseramente riuscendo appena a<br />
sopravvivere 4 ; non avevano <strong>su</strong>fficiente ampiezza <strong>di</strong> territorio per creare un<br />
re, né potevano riven<strong>di</strong>care un qualsiasi ius sopra quel paese, che<br />
apparteneva ad un altro re legittimo, «sicché non Re, ma appena capo de’<br />
fuorusciti si potea <strong>di</strong>re, e <strong>di</strong> gente raminga» 5 . La storia è anche, nelle mani<br />
<strong>di</strong> Gimma, strumento per mettere a nudo le contrad<strong>di</strong>zioni degli storici: a chi<br />
sostiene che la legge Salica non fosse opera <strong>di</strong> Faramondo, ma dal re<br />
Pipino 6 , si oppone Jean Naucler per il quale la legge Salica deve il <strong>su</strong>o nome<br />
a Salagasto 7 ; mentre Paul Emil, dal <strong>su</strong>o canto, <strong>di</strong>sse, che il nome è dovuto al<br />
fiume Sala, da cui furono i Francesi detti Salii 8 : «A Sala flumine Salios<br />
Francos initio <strong>di</strong>ctos, <strong>su</strong>nt qui tradunt, atque inde Salicam legem<br />
nuncupatam» 9 . Gimma commenta: «non so capire, come dalla mente <strong>di</strong> due<br />
Pernam, 1568; O. TORTORA, Historia <strong>di</strong> Francia, In Venetia, appresso Gio. Battista Ciotti,<br />
1619.<br />
1 G. GIMMA, Sylva III…, p. 89.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib.: «e se abitavano in qualche ridotto o angolo del Reno, erano pochi quelli Franchi, i<br />
quali avanzarono dalla rovina <strong>di</strong> Sicambria, alla Palude Meolide, e dalla strage delle genti<br />
<strong>di</strong> Valentiniano Imperatore a cui ricusavano dare tributi».<br />
4<br />
Cfr. id., p. 224.<br />
5<br />
Ib.<br />
6<br />
Ib.: «onde Gio. le Cirier dottor Parigino, […] allega gli Autori, che <strong>di</strong>cono che fuit con<strong>di</strong>ta<br />
a Rege Pipino in <strong>di</strong>e S. Joannis Baptistae, celebrata missa».<br />
7<br />
Ib.: «A Salgasto lex Salica nomen accepit».<br />
8 Id., pp. 224-225.<br />
9 Id., p. 225. E <strong>su</strong>bito dopo: «Il Feral<strong>di</strong> loco citato <strong>di</strong>ce est nominata Salica a loco<br />
Saletham, ubi con<strong>di</strong>ta est. Roberto Gaguino Storico Francese nella Vita <strong>di</strong> Faramondo<br />
102
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
autori <strong>di</strong> tanto grido sia uscita tanta semplicità» 1 . Se le leggi sono istituite<br />
per la riforma dei costumi, quei costumi non poterono essere affinati dalla<br />
legge Salica, la quale co<strong>di</strong>fica «una ingiustizia aperta, ch’è l’esclusione delle<br />
femmine dalla ragione ere<strong>di</strong>taria del Regno» 2 . Gimma andava al <strong>di</strong> là della<br />
<strong>di</strong>scussione <strong>su</strong> <strong>di</strong> una legge. Gli storici francesi, sottolineava, si erano fatti<br />
<strong>di</strong>fensori della pretesa <strong>di</strong> assolutezza dei re <strong>di</strong> Francia 3 , sicché i Francesi<br />
ritengono <strong>di</strong> poter «rapire l’altrui» 4 , ma, quando debbono alienare le<br />
province conquistate, o restituire quelle u<strong>su</strong>rpate, si appellano agli articoli<br />
della legge Salica 5 .<br />
Questa analisi, che va indubbiamente pensata all’interno della polemica<br />
Orsi-Bouhours, permette <strong>di</strong> rilevare comunque il complesso intreccio<br />
concettuale con il quale Gimma si affatica: origine delle leggi e loro<br />
vali<strong>di</strong>tà, indagine storica che sveli le menzogne delle favole con le quali si<br />
pretende <strong>di</strong> donare vali<strong>di</strong>tà a leggi ingiuste, e la funzione dei magistrati i<br />
quali debbono sapere interpretare le leggi e renderne edotti i citta<strong>di</strong>ni.<br />
Infine, ma forse soprattutto, l’intreccio fra storiografia e stu<strong>di</strong>o delle leggi<br />
può fornire un aiuto fondamentale nell’indagine storica, un’esplorazione che<br />
non si ferma solo allo stu<strong>di</strong>o delle origini – siano esse origini del genere<br />
umano, o origine dei banchi – ma <strong>di</strong>venta attenzione critica, sguardo storico<br />
rivolto ai fenomeni della contemporaneità.<br />
4. Gli Elogi accademici. Problemi filosofici e scientifici<br />
Natura umana inclinata al male, leggi istituite per la riforma dei costumi,<br />
necessità delle magistrature per la convivenza civile: sono queste le note più<br />
interessanti che troviamo in queste prime opere <strong>di</strong> Gimma, sia a stampa sia<br />
manoscritte 6 . Per Gimma – e quanto in questo convincimento vi sia <strong>di</strong><br />
asserisce: Sicut cibi con<strong>di</strong>mentum custosque Sal est, ita Saliqua lex Francorum moribus<br />
con<strong>di</strong>mentum extitit vitae melioris: cum ante e<strong>di</strong>tam legem incomposite viverent, nihil satis<br />
temperanter operantes; le stesse parole si trovano appresso il Feraldo».<br />
1<br />
Ib.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib.: «Pretendono i Re <strong>di</strong> Francia essere assoluti monarchi del loro Reame, e che solo tal<br />
legge sia loro <strong>su</strong>periore, e per la stessa si mostrano così zelanti, che si fanno lecito rompere<br />
ogni protesta, ogni patto, ogni accordo».<br />
4<br />
Id., pp. 225-226.<br />
5<br />
Cfr. id., p. 226.<br />
6<br />
Su questo tema, a titolo puramente in<strong>di</strong>cativo ritengo ancora valide le parole <strong>di</strong>. N.<br />
BADALONI, Introduzione a G. B. VICO, Opere giuri<strong>di</strong>che. Il <strong>di</strong>ritto universale, a cura <strong>di</strong> P.<br />
103
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
giansenistico rimane tutto da verificare 1 - la natura umana è inclinata al<br />
male. Accanto a questa convinzione è presente una consapevole critica e un<br />
deciso rifiuto non tanto dei ri<strong>su</strong>ltati che si riverberano, ad esempio, nel<br />
<strong>di</strong>ritto o nelle scienze della natura, quanto delle dottrine filosofiche che<br />
potevano esserne alla base: giansenismo, molinismo, lucrezismo ateo.<br />
Gimma è sicuramente a conoscenza delle vicende che avevano<br />
accompagnato la vita dell’Accademia degli Investiganti. Come ricordemo,<br />
ricopia l’Istoria filosofica in Sylva III. E molti interpreti hanno evidenziato<br />
la presenza a Napoli <strong>di</strong> tematiche giansenistiche: De Giovanni, ad esempio,<br />
ricorda che a Napoli «molinosiani, gassen<strong>di</strong>ani, cartesiani, atomisti, furono<br />
egualmente avversati dalla polemica scolastica, e contro <strong>di</strong> essi, con<br />
singolare ma comprensibile concordanza, mossero l’avvertimento e la<br />
<strong>di</strong>ffidenza ecclesiastiche» 2 . Del resto, proprio in quegli anni, De Bene<strong>di</strong>ctis<br />
Cristofolini, Firenze, Sansoni, 1974, p. XVI in cui l’autore ricorda che la cultura napoletana<br />
del ‘600 «mostrasse una esigenza comune e due linee <strong>di</strong>vergenti. La esigenza comune era<br />
giustificata dalla necessità <strong>di</strong> dare al potere politico una <strong>su</strong>a in<strong>di</strong>pendenza ed autonomia<br />
rispetto alle concezioni teocratiche e lassistiche; <strong>su</strong>l modo <strong>di</strong> concretizzare tale autonomia,<br />
la cultura giuri<strong>di</strong>ca meri<strong>di</strong>onale mi sembrava <strong>di</strong>visa tra due linee, una delle quali,<br />
apoggiandosi a Grozio, tendeva a dare un significato unitario ed una fonte incontrovertibile<br />
ad una legislazione che tuttavia manteneva alcuni caratteri <strong>di</strong> benignitas e reinterpretava in<br />
questa nuova luce temi che da Erasmo in poi avevano con<strong>di</strong>zionato la cultura giuri<strong>di</strong>ca<br />
europea penetrando anche nelle formulazioni cattoliche del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> natura e persino in<br />
talune tematizzazioni lassistiche; la seconda, invece, riallacciandosi ad una idea<br />
pessimistica della natura umana, sentiva il bisogno <strong>di</strong> riferire più <strong>di</strong>rettamente il <strong>di</strong>ritto<br />
naturale alla auctoritas della ragione […] rinunciando preliminarmente a filtrarlo attraverso<br />
una interpretazione del <strong>di</strong>ritto naturale che lo con<strong>di</strong>zionasse nella <strong>di</strong>rezione della<br />
benignitas. Per quando riguarda la prima corrente mi riferivo esplicitamente al nome <strong>di</strong><br />
Giuseppe Valletta. Per quanto riguarda la seconda mi riferivo a quello <strong>di</strong> G. V. Gravina».<br />
Su Grozio, figura centrale nel panorama dei moderni a Napoli, cfr. F. LOMONACO, Lex<br />
regia. Diritto, filologia e fides historica nella cultura politico-filosofica dell’Olanda <strong>di</strong> fine<br />
seicento, Napoli, Guida, 1990.<br />
1 N. BADALONI, Introduzione a Vico…, cit., p. 229: «ritengo che si possa parlare <strong>di</strong><br />
giansenismo a Napoli quando confluiscono insieme i seguenti elementi: 1. Motivi<br />
regalistici e laicizzanti. 2. Una teoria della natura come malvagia (o almeno non buona) ed<br />
una teoria della grazia, cioè <strong>di</strong> un aiuto che viene decisamente e ra<strong>di</strong>calmente dall’alto<br />
<strong>su</strong>ll’uomo. Il punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione può essere in<strong>di</strong>viduato in questo: se è dalla natura che<br />
viene il <strong>su</strong>ggerimento al bene (con tutte le limitazioni che questo principio può <strong>su</strong>bire in<br />
sede <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione teologica), ivi non si può parlare <strong>di</strong> giansenismo». Sulla sterminata<br />
bibliografia che negli anni <strong>su</strong>ccessivi alla pubblicazione del libro <strong>di</strong> Badaloni si è<br />
accumulata si può ancora fare riferimento alle in<strong>di</strong>cazione che lo stesso Badaloni fornisce<br />
in Introduzione a Vico, Laterza, Bari, 1988.<br />
2 Cfr. B. DE GIOVANNI, Cultura e vita civile in G. Valletta…, cit., p. 12. A pp. 9-13 De<br />
Giovanni richiama l’attenzione <strong>su</strong>ll’importanza del pensiero <strong>di</strong> Miguel Molinos il quale<br />
«sia pure attraverso una sottile serie <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azioni culturali» <strong>di</strong>venta uno «strumento dei<br />
104
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
intrecciava la <strong>su</strong>a strenua <strong>di</strong>fesa della scolastica con la critica della filosofia<br />
cartesiana e delle perverse eresie che si erano infiltrate a Napoli, soprattutto<br />
il giansenismo 1 . Anche quando Gimma scrive, il giansenismo è lo spettro da<br />
combattere. E l’abate frequenta anche dei giansenisti, o almeno pre<strong>su</strong>nti tali,<br />
e, almeno in un caso, interviene in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> un <strong>su</strong>o amico accusato <strong>di</strong><br />
giansenismo, Biagio Maioli d’Avitabile 2 . Anche in questa occasione,<br />
novatori napoletani» (ID., p. 11). Su questi temi comunque, cfr. ancora A. CORSANO,<br />
Umanesimo e religione in G. B. Vico, Bari, Laterza, 1935, in particolare pp. 112-113. Su<br />
Valletta, cfr. M. RAK, La parte istorica…, cit.<br />
1 Cfr. G. DE LIGUORI, La reazione a Cartesio nella Napoli del Seicento…, cit. Sulle<br />
polemiche fra l’Aletino e Grimal<strong>di</strong>, cfr. V. I. COMPARATO, Ragione e fede nelle <strong>di</strong>scussioni<br />
istoriche, teologiche e filosofiche <strong>di</strong> Costantino Grimal<strong>di</strong>, in Saggi e ricerche <strong>su</strong>l<br />
settecento…, cit., pp. 48-93. Sulla <strong>di</strong>ffusione del giansenismo a Napoli e <strong>su</strong>lle polemiche<br />
del De Bene<strong>di</strong>ctis – traduttore dei Ragionamenti <strong>di</strong> Cleandro e Eudosso sopra le Lettere al<br />
Provinciale recati nell’italiana favella, del Ge<strong>su</strong>ita Gabriel Daniel, Napoli, Raillard, 1694<br />
– cfr. C. A. JEMOLO, Il giansenismo in Italia prima della rivoluzione, Bari, Laterza, 1928;<br />
R. DE MAIO, Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna (1656-1799), Napoli, ESI,<br />
1971; L. OSBAT, L’inquisizione a Napoli…, cit.; P. SPOSATO, Le lettere provinciali <strong>di</strong><br />
Biagio Pascal e la loro <strong>di</strong>ffusione a Napoli durante la rivoluzione intellettuale della<br />
seconda metà del secolo XVII, Tivola, A. Chicca, 1960; S. MASTELLONE, Pensiero politico<br />
e vita culturale a Napoli nella seconda metà del Seicento, Firenze-Messina, D’Anna, 1969;<br />
V. I. COMPARATO, Memorie <strong>di</strong> un anticurialista del Settecento, Firenze, Olschki, 1975; M.<br />
AGRIMI, <strong>Descartes</strong> nella Napoli del Seicento, in <strong>Descartes</strong>: il metodo e i saggi…, cit., pp.<br />
545-586.<br />
2 Cfr. anche V. I. COMPARATO, Ragione e fede nelle <strong>di</strong>scussioni istoriche…, cit., p. 52<br />
passim. quanto a Biagio Maioli d’Avitabile, la <strong>su</strong>a opera Lettere Apologetiche Teologicomorali<br />
scritte da un Dottor Napoletano a un Letterato Veneziano. De<strong>di</strong>cate all’Altezza<br />
Serenissima D’Emanuel Maurizio <strong>di</strong> Lorena Principe d’Elbeuf […], in Avignone, appresso<br />
Pietro Offray, 1709, e alla polemica antige<strong>su</strong>itica e filogiansenista che in esse traspariva,<br />
questa scatenò una violenta polemica quando Giovanni Crisostomo Scarfò, con lo<br />
pseudonimo <strong>di</strong> Crisofano Car<strong>di</strong>electi, pubblicò una Giunta al primo tomo del Giornale de’<br />
Letterati d’Italia a cui gli autori del Giornale risposero ufficialmente, e con grande durezza,<br />
nelle Novelle Letterarie d’Italia dell’Aprile, Maggio, e Giugno, MDCCXII – <strong>di</strong> Napoli,<br />
«Giornale de’ Letterati d’Italia», X, 1712, art. XIII, pp. 519-522 dove si contesta a Scarfò <strong>di</strong><br />
aver voluto <strong>di</strong>fendere Biagio Maioli d’Avitabile «a cui siccome dà gran<strong>di</strong>ssime lo<strong>di</strong>, così<br />
v’ingiuria, e maltratta orribilmente varie persone ecclesiastiche e religiose […] e quello che<br />
<strong>su</strong>pera ogni maraviglia, cerca <strong>di</strong> sostenere alcuni libri dannati dalla Santa Sede Apostolica,<br />
e tra gli altri le Lettere Apologetiche del Sig. Avitabile, tanti soggetti degnissimi […] anzi<br />
abbiamo in pronto sicuri fondamenti <strong>di</strong> poterne convincere il P. Scarfò <strong>di</strong> manifesta<br />
impostura». Gimma si adoperò, nel <strong>su</strong>o carteggio con Vallisneri, in <strong>di</strong>fesa dell’avvocato,<br />
eru<strong>di</strong>to napoletano e accademico arcade Biagio Maioli d’Avitabile, soprattutto nello sforzo<br />
che quest’ultimo fece per asserire la propria estraneità alle iniziative e<strong>di</strong>toriali <strong>di</strong> Scarfò,<br />
che pure aveva <strong>di</strong>feso strenuamente le <strong>su</strong>e Lettere Apologetiche… dagli attacchi del<br />
«Giornale de’ Letterati d’Italia» che, prima, ne aveva fornito un estratto molto critico,<br />
mettendo in rilievo le implicazioni filo-giansenistiche e anti-ge<strong>su</strong>itiche dell’opera<br />
(«Giornale de’ Letterati d’Italia», I, 1710, art. VIII, pp. 261-267) e poi, nelle Novelle<br />
Letterarie d’Italia del Gennaio, Febbraio e Marzo, MDCCXII-Di Roma, «Giornale de’<br />
105
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
tuttavia, Gimma cercherà <strong>di</strong> fornire una genealogia ‘ortodossa’ delle correnti<br />
della filosofia moderna, utilizzando anche le argomentazioni dei più feroci e<br />
intelligenti avversari dei moderni, come l’Aletino o il me<strong>di</strong>co Luca Tozzi,<br />
quest’ultimo, come ricorderemo, socio dell’Accademia <strong>di</strong> Rossano 1 . È una<br />
tecnica per lui abituale che metterà in atto anche, ad esempio, nei casi <strong>di</strong><br />
Giordano Bruno e del medesimo <strong>Descartes</strong>. In alcuni casi, tuttavia,<br />
l’atteggiamento <strong>di</strong> Gimma è più netto. La <strong>su</strong>a condanna <strong>di</strong> Giuseppe-<br />
Francesco Borri, contenuta nell’elogio de<strong>di</strong>cato a Carlo-Bartolomeo Piazza,<br />
intreccia le riserve <strong>di</strong> carattere scientifico a quelle <strong>di</strong> carattere religioso:<br />
Borri viene presentato come «una <strong>di</strong> quelle api […], le quali ore mella<br />
ferunt; sed aculei pungunt simbolo <strong>di</strong> quegli uomini, che primo <strong>di</strong>stillant<br />
ore dulce<strong>di</strong>nem, sed postmodum spargunt aculeatae falsitatis errorem»: e<br />
bene ha fatto Piazza a denunciarlo: «fu il primo a manifestare<br />
all’Arcivescovo la <strong>di</strong> lui perniciosa dottrina […], allorchè nel Seminario<br />
Maggiore fu laureato nelle Leggi» 2 . Niente più che un breve accenno a<br />
Letterati d’Italia», IX, 1712, art. XIV, p. 468, comunicò che «Ai do<strong>di</strong>ci del passato Gennaio<br />
furono a pieni voti dannate dalla Sacra Congregazione dell’In<strong>di</strong>ce le Lettere Apologetiche<br />
del Sig. Biagio Majoli de Avitabile, cen<strong>su</strong>rate nel […] Giornale». Nella lettera <strong>di</strong> Gimma a<br />
Vallisneri del 9 settembre 1713, l’abate insiste <strong>su</strong>l fatto che «il Sig.r Biagio <strong>di</strong> Avitabile<br />
m’è carissimo amico; ed assai affettuoso ancora <strong>di</strong> V. S. Ill.ma e, quando il Padre Scarfò<br />
stava fuori <strong>di</strong> Napoli, uscirono tre <strong>su</strong>oi opuscoli insieme, non un solo, sicché non corre la<br />
ragione che apporta per prova. Né posso io credere, che il detto Sig.r Avitabile abbia voluto<br />
scrivere contro il Sig.r Muratori, tra gli altri, con cui ha servitù, ed ora appunto corregge la<br />
stampa del libro dello stesso, che si fa in Napoli col titolo <strong>di</strong> Riflessioni sopra il Buon gusto<br />
delle scienze ec. […] ho stimato espe<strong>di</strong>ente, che i Sig.ri giornalisti possano stampare una<br />
<strong>di</strong>chiarazione da farsi dal Sig. Avitabili, in cui non solo si <strong>di</strong>chiari che quella lettera (scil.<br />
l’intervento <strong>di</strong> Scarfò) non è <strong>su</strong>a, ma lo<strong>di</strong> ancora gli autori <strong>su</strong>ddetti (scil. gli autori criticati<br />
da Scarfò), e l’assicuro che sarà pronto ad ogni altra <strong>di</strong>chiarazione, secondo gli or<strong>di</strong>ni che<br />
riceverà da giornalisti». Il rapporto <strong>di</strong> Gimma con Avitabile era molto stretto, al punto che,<br />
come spiega Gimma nella stessa lettera, l’avvocato napoletano lo assiste «alla correzione<br />
della mia opera». Con la me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> Gimma e <strong>di</strong> Vallisneri comparve infine la<br />
<strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> Maioli d’Avitabile nelle Novelle Letterarie d’Italia, del Luglio, Agosto, e<br />
Settembre MDCCXIII – Di Napoli, «Giornale de’ Letterati d’Italia», XV, 1713, art. XVIII,<br />
pp. 453-456. Tutta la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Gimma, comunque, è <strong>su</strong>l versante ‘letterario’ e ‘<strong>di</strong>plomatico’<br />
dei rapporti dell’amico con l’ambiente del Giornale mentre non si fa mai cenno alle<br />
problematiche religiose; <strong>su</strong> tutto questo cfr. l’eccellente ricostruzione che fornis ce il<br />
curatore in A. VALLISNERI, Epistolario, Vol. II 1711-1713, a cura <strong>di</strong> D. Generali, Milano,<br />
Franco Angeli, 1998, pp. 199-202.<br />
1 Su Luca Tozzi, cfr. E. GARIN, Luca Tozzi o la filosofia dei me<strong>di</strong>ci, in «Rivista critica <strong>di</strong><br />
storia della filosofia», XXVII (1972), n. 1, pp. 75-78; A. DINI, Filosofia della natura,<br />
me<strong>di</strong>cina, religione…, cit.; S. SERRAPICA, Note napoletane alle ‘Passioni dell’anima’, in<br />
«Giornale Critico della Filosofia italiana» , LXXV (1996), pp. 476-494.<br />
2 Ab. Carlo-Bartolomeo Piazza degli Oblati <strong>di</strong> Milano, Arciprete <strong>di</strong> S. Maria in Cosme<strong>di</strong>n<br />
106
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Borri, ma molto significativo: Borri incarna la figura del me<strong>di</strong>co ‘ciarlatano’<br />
opposta a quella che Gimma prefigura in Musitano o Vallisneri, lontani<br />
certamente da ogni chimera magico–ermetica.<br />
Mi limiterò ad analizzare solo alcuni degli elogi – quelli dell’eru<strong>di</strong>to<br />
Magliabechi e quello del me<strong>di</strong>co Meninni in particolare – dai quali è<br />
possibile trarre le linee teoriche del percorso <strong>di</strong> Gimma <strong>su</strong>i due aspetti<br />
centrali del <strong>su</strong>o pensiero: la ‘biblioteca’, come luogo ideale <strong>di</strong> raccolta <strong>di</strong><br />
tutto il sapere, ossia l’encyclopae<strong>di</strong>a, e la me<strong>di</strong>cina. In tutt’e due i casi<br />
Gimma arricchisce la <strong>su</strong>a analisi <strong>di</strong> osservazioni utili a chi le due<br />
professioni, rispettivamente quella dell’eru<strong>di</strong>to o quella del me<strong>di</strong>co, svolge.<br />
Tessendo le lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> Antonio Magliabechi Gimma dà una mappa dell’intero<br />
e<strong>di</strong>ficio del sapere in tutte le <strong>su</strong>e complesse articolazioni 1 . A <strong>su</strong>o giu<strong>di</strong>zio<br />
l’eru<strong>di</strong>to deve possedere pienamente le dottrine filologiche – l’arte scrittoria,<br />
la ‘glottomatia’, ‘l’ortoepeia’, l’ortografia e la grammatica, accanto alla<br />
rettorica e alla mnemonica – che costituiscono la base fondamentale per la<br />
cognizione delle scienze storiche e poetiche 2 . Quanto alle scienze fisiche,<br />
l’eru<strong>di</strong>to «specola i naturali principi, la natura, le cagioni, il moto, l’infinito,<br />
il luogo, e’l vacuo, il tempo, e la quantità nelle cose, la generazione, e<br />
creazione, l’alterazione, e pasione, gli elementi, e l’anima, che negli<br />
Uomini, ne’ bruti, e ne’ vegetanti <strong>di</strong>versamente si truova: conoscendo la<br />
natura dell’Uomo stesso coll’Antropologia: de’ quadrupe<strong>di</strong>, e de’ pesci, de’<br />
serpenti, degli uccelli, degl’insetti, e de’ mostri colla Zoologia: dell’erbe,<br />
degli alberi, de’ fiori, de’ frutti, e de’ Vegetabili tutti colla Fitologia: de’<br />
Metalli, de’ minerali, e de’ misti colla Minerografia: delle gemme, e <strong>di</strong> tutto<br />
quello, che nel globo terraqueo si produce». Non solo: con la Magia<br />
conosce le meraviglie che si formano con la Chimica, o con le Matematiche,<br />
o con le forze soprannaturali, e soprattutto con la <strong>su</strong>perstizione; con la<br />
Me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong>stingue le parti del corpo (Gimma identifica in questo caso in<br />
<strong>di</strong> Roma, Con<strong>su</strong>ltore della Sacra Congregazione dell’In<strong>di</strong>ce, ecc., in Id., pp. 55-56. Su<br />
Giuseppe Francesco Borri, cfr. G. COSMACINI, Il me<strong>di</strong>co ciarlatano…, cit., che mette in<br />
luce il controverso rapporto <strong>di</strong> Borri con la Chiesa Romana e l’ambiente me<strong>di</strong>co della <strong>su</strong>a<br />
epoca.<br />
1 Cfr. Antonio Magliabecchi Bibliotecario del Gran Duca <strong>di</strong> Toscana, G. GIMMA, Elogi<br />
accademici…, t. I, p. 63: «Volle dare Id<strong>di</strong>o all’Uomo un intelletto, con cui fosse valevole a<br />
comprendere tutto ciò, che della <strong>su</strong>a Onnipotenza fu opera, e farlo capacissimo delle<br />
cognizioni delle Scienze, per iscovrire le cagioni, e gli effetti delle cose naturali; anzi<br />
specolar col loro mezo quelle ancora, che son fuori della Natura».<br />
2 Cfr. id., p. 64.<br />
107
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
maniera forzata, ma anche in<strong>di</strong>cativa degli orientamenti del tempo, me<strong>di</strong>cina<br />
ed anatomia) e stu<strong>di</strong>a anche la generazione dell’uomo e dei bruti; e ancora i<br />
temperamenti, la varietà dei cosiddetti umori, il chilo, la circolazione del<br />
sangue, gli spiriti, le facoltà, i sensi, i morbi, i me<strong>di</strong>camenti, e le cure. Le<br />
matematiche vengono ulteriormente ripartite in Geometria, che per mezzo<br />
dei punti, delle linee, della <strong>su</strong>perficie, degli angoli, e dei corpi stu<strong>di</strong>a le<br />
mi<strong>su</strong>re della Terra; in Aritmetica che indaga la ragione dei numeri; in<br />
Musica che stu<strong>di</strong>a la varietà dei toni; in Ottica che si occupa <strong>di</strong> tutto quel<br />
«che per <strong>di</strong>ritto raggio si vede» 1 ; in Catoptrica che esamina i raggi riflessi<br />
negli specchi, siano essi piani, concavi o convessi, e anche negli specchi<br />
parabolici, ellittici, negli iperbolici; in Diottrica, il cui oggetto precipuo è<br />
costituito dai «raggi rotti ne’ Cannocchiali, negli Engiscopi, e ne’<br />
Microscopi» 2 ; in Orolagrafia, con la quale è possibile costruire gli orologi e<br />
i planetari per le ombre o <strong>di</strong> ruote, o ci acqua, o <strong>di</strong> sabbia; in Prospettiva che<br />
concerne pittura e scultura. Il lunghissimo elenco si conclude con una<br />
curiosa mistione <strong>di</strong> scienze piuttosto <strong>di</strong>sparate: da una parte la Cronologia<br />
che ha il compito – essenziale – <strong>di</strong> stabilire «le mi<strong>su</strong>re de’ tempi», la Statica<br />
che deve invece stabilire i pesi (e qui l’eco degli esperimenti <strong>di</strong> Torricelli è<br />
probabilmente più che presente), l’Architettura che costruisce gli e<strong>di</strong>fici con<br />
simmetria, l’Architettonica Polemica che invece si de<strong>di</strong>ca alla fortificazione<br />
delle città e «altre dottrine, che membri loro si <strong>di</strong>cono» 3 ; dall’altra «le parti<br />
della stessa Matematica» che «intende coll’Uranologia l’intelligenza de’<br />
Cieli: colle Astronomiche la cognizione delle Stelle: coll’Aerologia le<br />
regioni dell’Aria, e le Meteore, che in esse si compongono: colla Geografia<br />
la descrizione della Terra: coll’Idrografia la <strong>di</strong>versità de’ Mari, e delle<br />
acque: colla Nautica il navigare: coll’Idrostatica il peso dell’acque<br />
medesime: colla Pirologia la generazione del fuoco, e colla Meccanica la<br />
ragione delle Arti tutte, che all’Agricoltura, alla Fabrile, alla Militare, alla<br />
Cacciatrice, alla Pastura, ed alla Tessitrice si riducono» 4 .<br />
Gimma dà le linee del sapere enciclope<strong>di</strong>co che ha già realizzato nella <strong>su</strong>a<br />
Encyclopae<strong>di</strong>a e che rimarrà una costante del <strong>su</strong>o pensiero. Occorre però<br />
anche tener presente che l’elogio è de<strong>di</strong>cato ad Antonio Magliabecchi<br />
1 Ib.<br />
2 Ib.<br />
3 Ib.<br />
4 Id., pp. 64-65.<br />
108
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Bibliotecario ed è come se, in queste che sono le prime pagine in cui l’abate<br />
delinea un quadro generale del sapere, venisse anche prefigurata una<br />
biblioteca ideale, i settori ch’essa dovrebbe presentare e l’or<strong>di</strong>namento<br />
teorico che dovrebbe sostenerla 1 . Istanza enciclope<strong>di</strong>ca e organizzazione<br />
dello spazio de<strong>di</strong>cato alle scienze procedono <strong>di</strong> pari passo; e sempre prevale<br />
l’esigenza della classificazione per ‘generi’ e ‘specie’. Le ‘ontologie<br />
regionali’, se così si può <strong>di</strong>re, fissate da Gimma non corrispondono in nulla<br />
alle classificazioni moderne – basti pensare all’albero delle scienze <strong>di</strong><br />
<strong>Descartes</strong> – e in gran parte scompariranno anche quando si metterà mano<br />
1 A questo proposito, cfr. A. JURILLI, Aristotelici e Investiganti nella biblioteca <strong>di</strong> un abate<br />
‘Fin de Siècle’…, cit. A proposito della componente enciclope<strong>di</strong>ca nel sapere dell’uomo <strong>di</strong><br />
scienza anche la decisione <strong>di</strong> Tremigliozzi <strong>di</strong> ritornare a stu<strong>di</strong>are e <strong>di</strong> seguire gli<br />
insegnamenti <strong>di</strong> Cornelio e Bartoli, seppure in<strong>di</strong>cativa, viene comunque inserita da Gimma<br />
in un contesto teorico che prevede che «la cognizione, della quale ha ella (scil. la me<strong>di</strong>cina)<br />
bisogno» si costituisca come un ambito estremamente vario: «molto ampio è il campo delle<br />
cose, la cui natura va investigando […] colla Notomia la maravigliosa fabbrica dell’Uomo,<br />
la cute, la carne, le ossa, le cartilagini, i muscoli, i nervi, le parti destinate alla nutrizione, ed<br />
a propagar la spezie, la struttura del cuore, del celabro [sic!], gli organi, che a’ loro ufici<br />
ministrano, e le cose più minute, che in ciascheduna parte del corpo considerar si possono».<br />
Con la fisiologia considera «la natura <strong>di</strong> sì gran fabbrica, la <strong>su</strong>a generazione, quei che han<br />
nome <strong>di</strong> temperamenti, e <strong>di</strong> umori, il chilo, la circolazione del sangue, gli spiriti, le facoltà,<br />
i sensi; passa coll’aiuto dell’Etiologica alle cagioni, che son’atte a conservarla, o a<br />
<strong>di</strong>struggerla, ed alle cagione anche de’ morbi, esaminando l’aria, i cibi, le bevande, il moto<br />
e quiete, il sonno, e la vegghia, e le altre cose intorno gli effetti dell’animo; conosce le crisi,<br />
le varietà de’ polsi, la respirazione, e i segni tutti della Semiotica: le rotture delle ossa, i<br />
tumori, le ulcere, e le ferite colla Cirurgica [sic!], e si serve della Chimica per uso della<br />
Farmaceutica; acciocchè formando i proporzionati me<strong>di</strong>camenti, gli unguenti, e le bevande<br />
per la cura de’ morbi stessi, instituir possa un’ottima Terapeutica. Desiderosa <strong>di</strong> saper le<br />
forze <strong>di</strong> tutto ciò, che dalla Natura si produce, ricorre alla Zoologia per apprendere la<br />
cognizione degli animali o quadrupe<strong>di</strong> colla Tetrapodologia, o ferini colla Terologia, o<br />
volatili colla Ornitologia, o serpenti colla Osiologia, acquatici colla Ictiologia; o Zoofiti, o<br />
insetti, o anfibi, o mostruosi, o <strong>di</strong> antra natura colle loro Facoltà; anzi per lo regno<br />
vegetabile, e metallico vagando, sa la virtù dell’erbe dalla Botanica, de’ frutti dalla<br />
Tamnologia, degli alberi dalla Dendrologia, de’ minerali dalla Nerterologia, de’ metalli<br />
dalla Metallografia; e <strong>di</strong> tutto quello, che nella Terra si genera, da altre Dottrine la notizia<br />
riceve». Oltre a tutto questo il povero me<strong>di</strong>co deve anche conoscere Latino, Greco e Arabo,<br />
ed essere pratico <strong>di</strong> poetica, retorica, storia, geometria, cosmografia, topografia, musica,<br />
astronomia, e <strong>di</strong> tutte le matematiche - «anzi delle Scienze tutte» - e naturalmente il me<strong>di</strong>co<br />
non potrà «giu<strong>di</strong>car la malattia» dagli occhi e dal volto dell’uomo se non è anche pratico<br />
della «fisionomia». Senza <strong>di</strong>menticare l’Ottica, e l’Astronomia, anche perché,<br />
«cagionandosi molti morbi dalle influenze delle Stelle, cioè dal lume, e dal calore delle<br />
medesime», un bravo me<strong>di</strong>co non può farsi cogliere impreparato. Affermazione questa che<br />
ha una valenza retorica, e forse ironica, poiché Gimma, e con lui Tremigliozzi, era<br />
fortemente scettico nei confronti <strong>di</strong> ipotetiche influenze astrali <strong>su</strong>lla vita umana (G. GIMMA,<br />
Elogi Accademici…, t. II, cit., pp. 153-155).<br />
109
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
alla costruzione delle ‘enciclope<strong>di</strong>e’ moderne 1 . All’abate, in questo elogio,<br />
interessa in realtà solo delineare una geografia concettuale e tracciare, sia<br />
pure sommariamente, i confini delle varie <strong>di</strong>scipline <strong>di</strong> cui si compone il<br />
sapere enciclope<strong>di</strong>co. Le ricerche particolari dove sono definiti gli oggetti e<br />
i confini delle singole regioni, egli li ha già definiti soprattutto nella<br />
Encyclopae<strong>di</strong>a 2 .<br />
Nell’Elogio <strong>di</strong> Federigo Meninni 3 Gimma de<strong>di</strong>ca ampio spazio al me<strong>di</strong>co<br />
Marco Aurelio Severino, maestro <strong>di</strong> Tommaso Cornelio 4 . Ricostruisce la<br />
biografia <strong>di</strong> Meninnni confrontadola con l’attività Severino attraverso alcuni<br />
dati significativi: nel 1656, quando a Napoli infieriva la peste, «racchiuso<br />
nella propria casa per lo spazio <strong>di</strong> più mesi […] mosso però da impetuoso<br />
<strong>di</strong>siderio <strong>di</strong> rivedere il Ricci <strong>su</strong>o maestro, <strong>di</strong>venne partecipe del <strong>di</strong> lui<br />
contagio e già si mirò vicino al sepolcro» 5 . Il me<strong>di</strong>co sopravvisse e ricevette<br />
nel Collegio Napoletano la Laurea in me<strong>di</strong>cina, «alla quale fu tanto dalla<br />
natura inclinato, che da se solo, e senza altrui aiuto cominciando a<br />
praticarla, si vide già destinato alla cura <strong>di</strong> molti nobili ragguardevoli» 6 .<br />
Questi dati servono a Gimma per evidenziare – ed è certo significativo che<br />
un quasi contemporaneo sottovaluti, al contrario <strong>di</strong> quello che fa la più<br />
1 Per quanto appartiene a questo sentimento <strong>di</strong> straniamento che scombussola tutte le<br />
familiarità del nostro pensiero, «cioè: <strong>di</strong> quello che ha la nostra età e la nostra geografia –<br />
sconvolgendo tutte le <strong>su</strong>perfici or<strong>di</strong>nate e tutti i piani che placano ai nostri occhi il rigoglio<br />
<strong>di</strong> esseri», sempre <strong>su</strong>ggestive le riflessioni <strong>di</strong> M. FOUCAULT, Le parole e le cose.<br />
Un’archeologia delle scienze umane, Milano, Rizzoli, 1988, dalla p. 5 del quale traggo il<br />
passo citato.<br />
2 Il lungo elenco <strong>di</strong> Gimma continua ancora: «per la moral filosofia regola i governi de’<br />
costumi coll’etica; della case coll’economia; degli Stati colla politica; e del <strong>di</strong>ritto de’<br />
Popoli colla giurisprudenza: ma le cose immateriali col natural lume volendo considerare;<br />
colla metafis ica l’essere, la verità, l’unità, la bontà, il principio, la causa, e gli effetti, il<br />
necessario, e’l contingente, il semplice, e’l composto, il tutto, e la parte, l’universale, e’l<br />
particolare, l’infinito, e’l finito; l’esistenza, l’essenza, e la sostanza viene a sapere: anzi<br />
dalle Teologie la cognizione delle cose Divine, e spirituali ricevendo, spiega la Sacra<br />
Scrittura secondo i sensi della Chiesa colla positiva: tratta <strong>di</strong> Dio, degli Angeli, e <strong>di</strong> tutti i<br />
misteri della Fede colla Scolastica: e delle azioni, e leggi umane, de’ peccati, delle Cen<strong>su</strong>re,<br />
della giustizia, de’ contratti, de’ Sacramenti, e <strong>di</strong> simili materie colla morale: delle<br />
controversie degli eretici colla polemica: e della maniera <strong>di</strong> unirsi a Dio, e servirlo,<br />
coll’ascetica» (G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 65-66).<br />
3 Cfr. G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, pp. 121-132.<br />
4 Id., p. 124: <strong>di</strong> Marco Aurelio Severino Gimma <strong>di</strong>ce che «destinato dal <strong>su</strong>o zio alla facoltà<br />
legale, l’ubbidì <strong>di</strong> mala voglia […]; ma poscia abbracciando la me<strong>di</strong>cina si vide nato più<br />
tosto per la medesima».<br />
5 Ib.<br />
6 Ib.<br />
110
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
recente storiografia, le innovazioni apportate dal Severino negli stu<strong>di</strong><br />
anatomici - la <strong>su</strong>a grande perizia prognostica, «annunziando nelle prime<br />
visite l’evento de’ morbi» 1 .<br />
A giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma la prima qualità dei me<strong>di</strong>ci è «prognosticare nelle<br />
infermità» 2 : la capacità <strong>di</strong> fare una prognosi accurata è principio<br />
riconosciuto da tutti i me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> tutte le epoche; e già Ippocrate, Galeno e<br />
Celso ponevano la capacità <strong>di</strong> prognosi del me<strong>di</strong>co come vero <strong>di</strong>scrimine tra<br />
proce<strong>di</strong>mento me<strong>di</strong>co serio e scientifico e vano parlare. Solo da una<br />
prognosi esatta può derivare una scelta esatta delle cure 3 . Questa attenzione<br />
al centralità nella professione me<strong>di</strong>ca della prognosi, Gimma evidenzia<br />
come elemento unificante due esponenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti correnti teoriche: da<br />
una parte il ‘moderno’ Severino, dall’altra il ‘galenico’ Meninni: Federigo<br />
Meninni (il Moinero <strong>di</strong> Giarbo del Discorso contro i me<strong>di</strong>camenti spagirici),<br />
è definito degno erede <strong>di</strong> Severino nell’arte della ‘prognosticazione’ pur<br />
essendo un esponente esemplare della scuola galenica che aveva fatto<br />
conoscere «la <strong>su</strong>a dottrina in tutto il corso dell’età <strong>su</strong>a nel pre<strong>di</strong>re<br />
all’infermo i buoni, o i cattivi eventi della in<strong>di</strong>sposizione, secondo quelle<br />
conghietture probabili, che sono somministrate dall’arte» 4 . Il <strong>di</strong>scrimine è<br />
fissato in queste ‘conghietture probabili’, ipotesi sottoposte a verifica e<br />
dedotte dall’‘arte’, ma affinate con la pratica quoti<strong>di</strong>ana. Il sapere del<br />
me<strong>di</strong>co ha dunque due ra<strong>di</strong>ci: l’osservazione e l’eru<strong>di</strong>zione, l’esperienza,<br />
poiché non è concepibile che un me<strong>di</strong>co ignori i processi caratterizzanti la<br />
malattia e questa conoscenza non è ottenibile altrimenti che con<br />
l’osservazione, e la lettura dei testi classici della storia della me<strong>di</strong>cina –<br />
siano essi gli antichi testi ippocratici, o le opere <strong>di</strong> Galeno, dei novatores,<br />
paracelsiani, cartesiani o ancora dei seguaci delle teorie <strong>di</strong> Thomas Willis.<br />
Anche questa conoscenza si traduce, infatti, in una forma inesauribile <strong>di</strong><br />
esperienze. Lo stu<strong>di</strong>o dei mali viene condotto quin<strong>di</strong> sia leggendone il<br />
decorso nel corpo del malato, anche e soprattutto nei casi delle epidemie (la<br />
grande pestilenza del 1656 era stata indubbiamente uno straor<strong>di</strong>nario<br />
1<br />
Id., p. 125.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib.: «non può istituirsi giusta cura in quel morbo, che non si conosche, né applicarsi giusta<br />
cura in quel morbo, che non si conosche […]; così la perizia nel prognostico <strong>di</strong>mostra la<br />
facile cognizione del morbo, e la proporzionata applicazione de’ rime<strong>di</strong>».<br />
4<br />
Ib.<br />
111
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
crogiuolo <strong>di</strong> osservazioni e <strong>di</strong> teorie), sia ricostruendone la storia nei testi<br />
fondamentali della me<strong>di</strong>cina.<br />
L’elogio rivolto a Meninni presenta due aspetti che meritano <strong>di</strong> essere<br />
sottolineati: anzitutto, l’importanza della prognosi. Riconoscerne la<br />
<strong>di</strong>fficoltà e l’essenzialità nella pratica me<strong>di</strong>ca è in<strong>di</strong>spensabile per la<br />
me<strong>di</strong>cina, siano i <strong>su</strong>oi cultori antichi, siano essi moderni: il me<strong>di</strong>co che<br />
rifiuti la prognosi come momento qualificante della pratica me<strong>di</strong>ca è, a<br />
giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma, una contrad<strong>di</strong>zione in termini, in<strong>di</strong>pendentemente dal<br />
fatto che egli possa essere sostenitore degli antiquari o dei novatori.<br />
L’atteggiamento fondamentale dell’uomo <strong>di</strong> scienza deve essere quello <strong>di</strong><br />
continua e infaticabile raccolta dei dati dell’esperienza; cosa <strong>di</strong> più lampante<br />
dei dati che il me<strong>di</strong>co raccoglie durante il <strong>su</strong>o stu<strong>di</strong>o dei progressi della<br />
malattia? Non si tratta <strong>di</strong> stabilire una <strong>di</strong>agnosi, <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare una malattia –<br />
questa, eventualmente, ove è possibile, sarà una fase <strong>su</strong>ccessiva. Il me<strong>di</strong>co<br />
deve limitarsi ad osservare il processo che si svela nella storia della malattia,<br />
così da <strong>di</strong>vinarne le crisi e i momenti <strong>di</strong> stasi, e da intervenire con gli<br />
opportuni rime<strong>di</strong> per favorire una soluzione proficua. Il ruolo delle<br />
congetture è fondamentale, giacché esse si innestano in un processo<br />
osservativo che è comune a Ippocrate come a Galeno, a Celso come a<br />
Baglivi.<br />
Attraverso l’elogio <strong>di</strong> Federigo Meninni – è questo il secondo aspetto - <strong>di</strong><br />
fatto Gimma introduce due elementi tra gli elementi qualificanti della<br />
scienza me<strong>di</strong>ca dei novatori. Il primo, appunto, la prognosi; il secondo<br />
l’apporto della chimica in me<strong>di</strong>cina e il ruolo svolto dagli Investiganti,<br />
Francesco D’Andrea, Tommaso Cornelio e Leonardo Di Capua,<br />
nell’innovazione me<strong>di</strong>ca 1 .<br />
L’inserzione in un elogio de<strong>di</strong>cato a un tra<strong>di</strong>zionalista <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi così<br />
positivi <strong>su</strong> alcune delle gran<strong>di</strong> personalità dell’Accademia degli Investiganti,<br />
è importante per due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> ragioni: conferma un legame culturale<br />
dell’abate con la grande tra<strong>di</strong>zione scientifica napoletana; conferma anche<br />
che questo legame non passa dalla accettazione totale delle teorie<br />
scientifiche elaborate dagli Investiganti, né delle dottrine filosofiche relative<br />
1 Cfr. ib.: «cominciarono a’ <strong>su</strong>oi tempi le gare tra’ galenici, e i chimici. ed uscita a favor<br />
della chimica una ben soda scrittura; la quale fu creduta opera <strong>di</strong> Francesco D’Andrea; che<br />
morì Consigliere con fama immortale; <strong>di</strong> Tommaso Cornelio, e <strong>di</strong> Lionardo <strong>di</strong> Capoa;<br />
introduttori della nuova scuola in Napoli».<br />
112
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
alla <strong>di</strong>stinzione tra antico e moderno. Più volte, attraverso <strong>di</strong>gressioni o<br />
attraverso gli elogi, l’eru<strong>di</strong>to barese tornerà all’esperienza investigante<br />
ponendola quasi come un exemplum da seguire per la <strong>su</strong>a Accademia. Lo<br />
farà nell’elogio <strong>di</strong> Lucantonio Porzio e in quello <strong>di</strong> Gennaro D’Andrea,<br />
fratello del più celebre Francesco 1 . Nel primo Gimma conduce il proprio<br />
<strong>di</strong>scorso <strong>su</strong> due piani: da una parte, la <strong>di</strong>fesa della me<strong>di</strong>cina dei moderni,<br />
che s’ispira alla filosofia sperimentale sempre attenta agli insegnamenti<br />
dell’esperienza, e fruttuosa non solo per le scienze, ma anche per i più<br />
<strong>di</strong>sparati domini dell’attività umana 2 ; dall’altra, la ricostruzione della breve<br />
ma intensa stagione investigante che si conferma per Gimma, e per molti<br />
affiliati all’accademia <strong>di</strong> Rossano, un momento fondamentale per la<br />
rinascita delle scienze in Italia. Attraverso l’anatomia – fondamento della<br />
me<strong>di</strong>cina moderna – «colla sperienza conosciuta», i moderni hanno appreso<br />
«colle maraviglie della Divina Onnipotenza» il sito e la varietà dei membri<br />
nei corpi, la <strong>di</strong>sposizione delle «parti anche interiori, che a’ morbi soggette<br />
si veggono», le ragioni delle infezioni che sono già conosciute me<strong>di</strong>ante una<br />
ricostruzione sintomatica delle malattie che permette <strong>di</strong> intervenire con<br />
maggiore prontezza e sicurezza nelle cure 3 .<br />
All’anatomia Gimma assegna un valore para<strong>di</strong>gmatico: essa è il modello al<br />
quale si deve ispirare la nuova scienza me<strong>di</strong>ca. Osteggiata sin dai tempi<br />
antichi, anche perché era ritenuta crudele e sacrilega, e perché sembrava<br />
«contra i cadaveri stessi, che lacera, incrudelire», era stata praticata spesso<br />
in maniera imperfetta. A parte il caso <strong>di</strong> Democrito che aveva dovuto<br />
simulare la pazzia per indagare le visceri degli animali, o <strong>di</strong> Galeno che era<br />
stato costretto a limitare le <strong>su</strong>e osservazioni agli animali (scimmie e porci),<br />
anche il grande maestro Aristotele, per scrivere i <strong>su</strong>oi trattati, era stato<br />
costretto a raccogliere le notizie da relazioni altrui 4 . La storia ha così<br />
1 Cfr. rispettivamente Lucantonio Porzio filosofo meccanico; e lettor <strong>di</strong> notomia nella<br />
Regia Università <strong>di</strong> Napoli, in id., pp. 141-158, e D. Gennaro D’Andrea reggente del<br />
Consiglio Collaterale <strong>di</strong> Napoli, Vicegran Cancelliere del Collegio de’ Dottori, ecc, in id.,<br />
pp. 159-168.<br />
2 Id., p. 141: «alla pittura, ed alla fisica recò gran<strong>di</strong>ssimo giovamento Alcmeone colla <strong>su</strong>a<br />
invenzione della notomia, la quale fu poi <strong>su</strong>ccessivamente a’ posteri insegnata».<br />
3 Id., p. 142: le meraviglie dell’Onnipotenza Divina svelate dall’anatomia sono <strong>di</strong> grande<br />
aiuto anche «a’ Pittori […] acciocchè le <strong>di</strong>verse attitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> quelli [i membri de’ corpi]<br />
esprimer possano, come l’han fatto vedere Michelagnolo Buonaruoti Fiorentino […], ed<br />
altri, che da Periti Notomisti, gran nome nell’arte del <strong>di</strong>pingere acquistarono».<br />
4 Cfr. ib.<br />
113
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
consentito a Gimma in poche righe, <strong>di</strong> seminare il dubbio <strong>su</strong>l valore degli<br />
insegnamenti dei gran<strong>di</strong> maestri dell’antichità: se, infatti, Democrito aveva<br />
stu<strong>di</strong>ato l’anatomia animale, fingendosi pazzo, per scoprire l’origine della<br />
bile nera responsabile della malinconia – realizzando un curioso gioco <strong>di</strong><br />
specchi per il quale lui, falso malinconico, proprio in virtù della <strong>su</strong>a<br />
pre<strong>su</strong>nta malattia poteva stu<strong>di</strong>are i fondamenti fisici <strong>di</strong> quel male che era<br />
opinione comune lo uccidesse – senza però interessarsi più <strong>di</strong> tanto<br />
all’anatomia in quanto tale, Aristotele e Galeno, che erano i maestri della<br />
me<strong>di</strong>cina occidentale, avevano preteso <strong>di</strong> fondare una <strong>di</strong>sciplina così<br />
importante <strong>su</strong> osservazioni imperfette, condotte <strong>su</strong> animali e non <strong>su</strong>gli<br />
uomini e affidandosi quin<strong>di</strong> a quell’ambigua figura che è l’analogia 1 . La<br />
proibizione <strong>di</strong> un esercizio così fruttuoso e «per la quale gran<strong>di</strong> errori quegli<br />
antichi ci han lasciato, che scriver vollero <strong>di</strong> tal’arte» 2 , ha influenzato<br />
negativamente la scienza me<strong>di</strong>ca sino alla modernità. Osservazioni lacunose<br />
o favolose avevano, infatti, ottenuto il <strong>su</strong>ggello del tempo e dell’auctoritas 3 .<br />
Una situazione che si era protratta nel tempo sino ad Andrea Vesalio, grande<br />
me<strong>di</strong>co belga, che «aprendo gli occhi a molti, ed esponendo come non sia da<br />
prestar fede a tutto ciò, che si truova scritto»aveva restituito all’anatomia il<br />
posto che le competeva nella complessa geografia delle scienze 4 .<br />
Gli Elogi, nelle opere <strong>di</strong> Gimma, si presentano come la pars destruens:<br />
evidenziano i limiti della scienza e della me<strong>di</strong>cina tra<strong>di</strong>zionali. Solo dopo<br />
1 Non mancano del resto, ricorda Gimma, casi <strong>di</strong> crudeltà tristemente famosi «come, oltre<br />
<strong>di</strong> Erasistrato, si legge <strong>di</strong> Erofilo, che non sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> aver secato più <strong>di</strong> settecento de’<br />
morti, e d’esser creduto aver in o<strong>di</strong>o gli uomini, per tenere più particolare notizia della<br />
composizione dell’uomo, <strong>di</strong>versi condannati ottenendo; acciocchè quelle cose, che la natura<br />
nascondea, nell’ultimo lor fiato considerare potesse, gli fe segar vivi; il che ripeter volse<br />
Giacomo Carpo, che spaccati due vivi spagnuoli <strong>di</strong> mal francese infetti, meritò il bando da<br />
Bologna» (ib.). Galeno, per parte <strong>su</strong>a, in<strong>di</strong>cava la maggiore utilità dell’anatomia, e<br />
dell’anatomofisiologia, nella <strong>di</strong>mostrazione dell’arte della natura all’opera nei corpi; cfr. tr.<br />
it C. GALENO, Proce<strong>di</strong>menti Anatomici, II, 286, a cura <strong>di</strong> I. Garofalo, Milano, Rizzoli,<br />
1991, vol. I, p. 183: «altra infatti è l’utilità della dottrina anatomica per il naturalista che<br />
ama la scienza per sé; altra è quella per chi non l’ama per sé, ma per mostrare ch nulla è<br />
stato fatto invano dalla natura; altra ancora quella per chi vuol procurarsi premesse in vista<br />
della conoscenza <strong>di</strong> una qualche funzione, o naturale o psichica».<br />
2 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 143.<br />
3 Sulle conoscenze anatomiche nella Grecia arcaica, in particolare nei testi omerici, cfr. M.<br />
D. GRMEK, Le malattie all'alba della civiltà occidentale, Bologna, Il Mulino, 1985.<br />
4 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 143. Cfr. infra per la fonte <strong>di</strong> Gimma <strong>su</strong> Vesalio<br />
(Leonardo Di Capua) e per l’importanza del grande me<strong>di</strong>co belga per la storia della<br />
me<strong>di</strong>cina.<br />
114
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
l’incontro con Antonio Vallisneri, a partire dai saggi in forma <strong>di</strong> lettera che<br />
pubblicherà <strong>su</strong>lla «Galleria <strong>di</strong> Minerva», l’abate esporrà un compiuto<br />
modello <strong>di</strong> filosofia sperimentale, nel quale farà interagire in senso nuovo le<br />
categorie <strong>di</strong> ‘antico’ e <strong>di</strong> ‘moderno’. Definirà solo allora uno<br />
sperimentalismo curioso degli arcana naturae 1 , ma capace <strong>di</strong> potenziare gli<br />
effetti pratici delle nuove conoscenze, uno sperimentalismo che, nutrito<br />
della linfa che gli viene dal milieu scientifico patavino, impegnato<br />
nell’indagine degli aspetti me<strong>di</strong>co-fisico-chimici della nuova scienza,<br />
stabilisce un rapporto critico, ma non preclusivo, con il patrimonio degli<br />
antichi. È forse nel giusto chi afferma che lo «sperimentalismo del<br />
Vallisnieri» è «assai più complesso e ricco <strong>di</strong> motivazioni scientifiche <strong>di</strong><br />
quanto apparisse a Gimma» 2 , ed è probabilmente vero che l’abate barese,<br />
dopo i giovanili trascorsi enciclope<strong>di</strong>stici, cercava presso la società dei dotti<br />
un riconoscimento del <strong>su</strong>o definitivo <strong>di</strong>stacco dalla materia esoterica e<br />
pitagorico-lulliana. Egli, insomma, vedeva nello scienziato patavino un<br />
interlocutore prestigioso (ma anche un prezioso interme<strong>di</strong>ario e<strong>di</strong>toriale) del<br />
<strong>su</strong>o modo <strong>di</strong> fare scienza, «con<strong>di</strong>zionato da un irrisolto <strong>di</strong>scrimen fra la<br />
chimica, la fisica e la me<strong>di</strong>cina dei recentiores, e la magia proba, naturalis e<br />
persino daemoniaca del <strong>su</strong>o bagaglio scientifico secentesco» 3 . Vallisneri era<br />
indubbiamente un interlocutore moderato, del quale oltretutto Gimma<br />
tendeva a neutralizzare, ad esempio, la fondamentale intuizione della<br />
‘grande catena dell’essere’, dove si <strong>di</strong>mostrava che anche le forme<br />
‘mostruose’ della natura rispondevano a rigorose leggi stabilite e dove non<br />
c’era spazio per il miracolo e per le favole adamitica e noetica, anche queste<br />
ancora assai vive nella cultura naturalistica <strong>di</strong> Gimma 4 . Eppure, le vicende<br />
che conducono l’abate a riconsiderare continuamente la <strong>su</strong>a formazione e ad<br />
approfon<strong>di</strong>re gli stu<strong>di</strong> condotti in gioventù lo porteranno non molto lontano<br />
dalle più ra<strong>di</strong>cali acquisizioni vallisneriane: gli Elogi accademici<br />
costituiscono solo un primo momento <strong>di</strong> questo processo.<br />
1 Cfr. A. JURILLI, L’enigma, la confessione, il volo…, p. 49, ricorda come Vallisneri avesse<br />
esor<strong>di</strong>to qualche anno prima con una ricerca <strong>su</strong>lla ‘curiosa’ origine, sviluppi e costumi<br />
ammirabili <strong>di</strong> molti insetti, pubblicata nella Galleria <strong>di</strong> Minerva.<br />
2 Cfr. A. JURILLI, L’enigma, la confessione, il volo…, p. 49.<br />
3 Id., p. 50.<br />
4 Cfr. ib.<br />
115
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
5. L’intervento nella Galleria <strong>di</strong> Minerva e la critica dell’astrologia<br />
Va valutata con attenzione la de<strong>di</strong>ca a Vallisneri contenuta nel primo saggio<br />
<strong>di</strong> Gimma pubblicato nella Galleria <strong>di</strong> Minerva 1 . Si tratta <strong>di</strong> un<br />
saggio/lettera in cui le pretese arti <strong>di</strong>vinatorie vengono passate al vaglio<br />
dell’anatomia. L’abate stralcia da un’ampia sezione della Nova<br />
Encyclopae<strong>di</strong>a 2 – una semplice rielaborazione per l’impossibilità <strong>di</strong><br />
continuare le <strong>su</strong>e ricerche a causa dei malanni che lo hanno afflitto 3 – e<br />
presenta il <strong>su</strong>o saggio con l’orgogliosa consapevolezza <strong>di</strong> essere stato il<br />
primo ad aver impugnato le «Divinatorie Fisiche e le Astrologiche» 4 .<br />
Nella Lettera a Vallisneri, Gimma ripropone quin<strong>di</strong> una linea interpretativa<br />
già fissata precedentemente e presente, prima che negli Elogi accademici,<br />
anche nelle Sylvae. Per avere un quadro d’insieme, conviene dunque<br />
ripercorrere le varie fasi della riflessione dell’abate <strong>su</strong> questo tema, a partire<br />
dalle Sylvae.<br />
Quest’ultima opera particolarmente significativa, come ormai sappiamo,<br />
perché rende note le letture che, anche <strong>su</strong> questo argomento, l’abate ha fatto.<br />
Così nelle prime pagine <strong>di</strong> Sylva I troviamo le osservazioni <strong>di</strong> James<br />
Primerose <strong>su</strong>lle <strong>su</strong>perstiziose credenze riguardanti le comete, le quali<br />
«or<strong>di</strong>narium mala, perniciemque mortalibus portendere vulgaris est opinio.<br />
Politicis bella, se<strong>di</strong>tiones, Theologis religionum mutationes, haereses,<br />
1 All’illustrissimo Signor Antonio Vallisneri Profess. Publ. <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>c. Pratica<br />
nell’Università <strong>di</strong> Padova, nobilissimo Accademico della Società Regia <strong>di</strong> Londra, etc.<br />
Lettera del Dottore Signor Giacinto Gimma Canonico della Chiesa Metropolitana <strong>di</strong> Bari,<br />
Avvocato Straor<strong>di</strong>nario della Fedelissima Città <strong>di</strong> Napoli, Promotore della Società<br />
Rossanese, etc. in cui gli comunica la <strong>su</strong>a opinione intorno la vanità della metoposcopia,<br />
della chiromanzia tanto astrologiche, quanto fisiche, e <strong>di</strong> tutte le altre dottrine <strong>di</strong>vinatorie<br />
anche naturali col mezo della Notomia, contro la commune sentenza de’ Professori <strong>di</strong> esse,<br />
in Galleria <strong>di</strong> Minerva, t. V, in Venezia, Girolamo Albrizzi, 1707, parte XII, pp. 311-317.<br />
2 G. GIMMA, Nova encyclopae<strong>di</strong>a…, Volume 2, parte 3, cap. 6.<br />
3 Id. , p. 311: sembrando ad un letterato ar<strong>di</strong>ta una tale critica contro le arti <strong>di</strong>vinatorie come<br />
venivano affrontate negli Elogi Accademici e nella Encyclopae<strong>di</strong>a, «tuttochè travagliato<br />
dalle mie in<strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> testa, dalla passata grave infermità cagionate, che<br />
m’impe<strong>di</strong>scono lo stu<strong>di</strong>o, raccogliendo dalla stessa opera, e con altro or<strong>di</strong>ne quel che possa<br />
qui convenientemente bastare, ho voluto compiacerlo».<br />
4 Nello stesso numero della Galleria Gimma presenta una lettera al Magliabechi <strong>su</strong>lle leve<br />
del terzo genere: una specie <strong>di</strong> rassegna delle richerche <strong>su</strong>lla meccanica condotte da<br />
Girolamo Locatelli, lettore <strong>di</strong> Matematica nello stu<strong>di</strong>o partenopeo: Notizie […] intorno<br />
l’uso <strong>di</strong> quel che nella ‘Meccanica’ è chiamato ‘vectis tertii generis’, come alla medesima<br />
necessario; ritrovato dal signor D. Girolamo Locatelli, lettore <strong>di</strong> Matematica negli Stu<strong>di</strong><br />
Regi <strong>di</strong> Napoli, in Galleria <strong>di</strong> Minerva, t. V, parte X, pp. 254-267.<br />
116
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Nautis ventos, et tempestares, Agricolis annonae penuriam, sterilitates,<br />
me<strong>di</strong>cis pestem significare cre<strong>di</strong>tur» 1 . L’aristotelico Primerose, prima <strong>di</strong><br />
Bayle, stigmatizza queste credenze come <strong>su</strong>perstiziose: «Bella, Principum<br />
mortes, […] pestes» e altre trage<strong>di</strong>e hanno colpito il genere umano senza<br />
che nes<strong>su</strong>na cometa ne avesse annunciato gli avventi? 2 Accanto a questi<br />
passi, però, compaiono quelli più ambigui citati da Van Helmont: «stellae<br />
<strong>su</strong>nt per modum signi, et praenuncii, non per modum causae» 3 . Gimma<br />
ripercorre testi <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa e registra tutte le posizioni. In questo caso<br />
gli interessa, ad esempio, approfon<strong>di</strong>re con l’aiuto <strong>di</strong> Van Helmont il tema<br />
del rapporto tra astrologia, prescienza <strong>di</strong>vina e libertà dell’uomo 4 : quattro le<br />
possibili forme delle influenze astrali nella vita umana: «Inclinatio autem<br />
quadruplex est. Una qua naturaliter propendet quis in professiones, regiones,<br />
artes, scientias, mercaturam, vel negotia exercenda, et voco inclinationem<br />
vocationis. Altera concernit mores virtutes vitia, et est Moralis, vel Ethica.<br />
Tertia spectat sanitatem, morbos, vitam brevem, longam et <strong>di</strong>citur Vitalis.<br />
Quarta est fortunarum» 5 . Tutte vengono confutate in quanto limitative della<br />
potenza <strong>di</strong>vina e vengono ricondotte a fattori naturali e, si <strong>di</strong>rebbe oggi,<br />
genetici 6 . La stessa sanità «pendet ex debilitate vel robore seminum<br />
1 Cfr. G. GIMMA, Sylva I…, cit., p. 15. Cfr. anche J. PRIMEROSE, Jacobi Primerosii doctoris<br />
me<strong>di</strong>ci De vulgi erroribus in Me<strong>di</strong>cina Libri IV. Roterdami, Ex officina Arnol<strong>di</strong> Laers,<br />
1657, p. 225. Questa è la seconda e<strong>di</strong>zione dell’opera <strong>di</strong> Primerose; la prima, pubblicata ad<br />
Amsterdam, (apud Ioannem Ianssonium, anno 1639) e presenta notevoli <strong>di</strong>vergenze al<br />
punto che non corrisponde ai passi citati da Gimma.<br />
2 «Ita Iacobus Primerosius, qui lib. 2, de error. vulg. in me<strong>di</strong>cina, cap. 34 probat cometas<br />
non esse signum pestilentiae, vel alterius damni» annota Gimma (ib.).<br />
3 Id., p. 219. Il testo <strong>di</strong> riferimento è il piccolo trattato <strong>di</strong> J.-B. van Helmont Astra<br />
necessitant: non inclinant nec significant de vita, corpore, vel fortunis nati, in Ortus<br />
Me<strong>di</strong>cinae, id est initia physicae inau<strong>di</strong>ta. Progres<strong>su</strong>s me<strong>di</strong>cinae novus, in morborum<br />
ultionem, ad vitam langam. Authore Joanne Baptista Van Helmont, Toperchâ in Merode,<br />
Royenborch, Oorsocht, Pellines, etc. Edente Authoris Filio, Francisco Mercurio Van<br />
Helmont, cum eius Praefatione ex Belgico transatâ. E<strong>di</strong>tio nova, cumque loclupetioni<br />
Rerum et Verborum Iu<strong>di</strong>ce, pro illa Venetiis nuper excusa, multam partem adauctior red<strong>di</strong>ta<br />
et exornatior, Amstelodami, apud Ludovicum Elzevirium, 1652, pp. 95-104. Gimma<br />
procede ad un rias<strong>su</strong>nto <strong>di</strong> questo trattato, facendo un complesso intarsio <strong>di</strong> citazioni e<br />
parafrasi.<br />
4 Id., p. 220: «praecognitio <strong>di</strong>vina non tollit ab homine arbitran<strong>di</strong> libertatem» annota<br />
Gimma da Van Helmont, allo stesso modo si può conciliare la capacità pre<strong>di</strong>ttiva<br />
dell’astrologia con la libertà umana, soprattutto tenendo conto del fatto che l’influsso degli<br />
astri sarebbe molto meno forte e necessitante dell’onniscienza <strong>di</strong>vina.<br />
5 Ib.<br />
6 Id., pp. 220-221: «Quoad primam certum est Deum creare mentem humanam, et eam<br />
<strong>di</strong>rigere ad certam <strong>su</strong>i vocationem, in qua sibi possit placere maxime; itaque invocationis<br />
117
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
totamque <strong>su</strong>best <strong>di</strong>rectori Arche in natura, non a stellis, unde notandum,<br />
quod Astrologo non est credendum, eo quod cuique credendum sit in arte<br />
<strong>su</strong>a» 1 .<br />
L’opposizione <strong>di</strong> Van Helmont all’astrologia era, com’è noto, pienamente<br />
conforme alle <strong>su</strong>e teorie filosofiche e me<strong>di</strong>che, in particolare alla <strong>su</strong>a teoria<br />
della vita me<strong>di</strong>a. Secondo questa teoria, ogni cosa as<strong>su</strong>nta dall’in<strong>di</strong>viduo (ad<br />
esempio un alimento per il corpo umano) lascia un’impronta come avviene<br />
nel caso del contagio. Questo meccanismo, operante in ogni parte della<br />
natura, del cosmo intero, non solo nella vita animale, genera un equilibrio<br />
misterioso in cui prevale il più forte 2 . Questo meccanismo opera con tanta<br />
più forza quanto più il contatto fra i corpi è <strong>di</strong>retto, conseguentemente<br />
<strong>di</strong>venta via via inoperante con l’aumentare della <strong>di</strong>stanza tra i corpi<br />
aumenta. Diventa nullo nel caso <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stanza molto grande com’è quella<br />
che passa tra la Terra e le stelle.<br />
La possibilità degli astrologi <strong>di</strong> leggere le vicende degli uomini nelle<br />
costellazioni, e <strong>di</strong> scorgervi le fortune e le sfortune degli in<strong>di</strong>vidui è dunque<br />
per Van Helmont – Gimma accoglie pienamente questa tesi – da ritenersi<br />
già folle con l’astronomia tolemaica, <strong>di</strong>venta, con il sistema <strong>di</strong> Copernico,<br />
del tutto insostenibile: «Incertum est punctum nativitatis, cumque astra<br />
singula punto varient, necessario omnis pre<strong>di</strong>ctio est incerta» 3 . I destini<br />
in<strong>di</strong>viduali (sortes enim nostrae), «in manibus Domini <strong>su</strong>nt» 4 e tutt’al più si<br />
può ammettere, ma con formula dubitativa, che nel cielo Dio abbia posto i<br />
‘segni’ delle vicende dei popoli e delle nazioni o meglio ancora le leggi<br />
generali delle vicende umane 5 .<br />
inclinatio […], datur a Deo, sicut porrigit talenta […], non astris». Id., p. 221: «Inclinatio<br />
moralis ut est belluina, dependet a seminis ente: sic canis est animal vorax, mordax,<br />
invidum, latrans, adulativum propter semen caninum, in quo <strong>su</strong>nt proprietates seminales, et<br />
specificae, in eo impressae non autem ab astris. Homini quoque id evenit, et eiusmo<strong>di</strong><br />
inclinationes hominum, ex brutali aliqua proprietate seminum nato inolescere putavi.<br />
Reperi quoque inter homines, integras familias non raro furiosas, stupidas, callidas, idque a<br />
semine, et a parentibus, non ab Astris; mala enim astra essent, si inclinassent ad vitia.<br />
Inclinatio itaque ad malum ex corrupta natura in <strong>su</strong>i ra<strong>di</strong>ce, ac semine, emanat. A corde<br />
emanant malae cogitationes, et ab anima consen<strong>su</strong>s, prout a con<strong>su</strong>etu<strong>di</strong>ne peccan<strong>di</strong>, fortis<br />
inclinatio; bonum vero ex gratia, voluntate, et exercitio, non a stellis».<br />
1 Id., pp. 221-222.<br />
2 Id., p. 222: «Fortes creantur fortibus, et bonis », sottolineatura <strong>di</strong> Gimma.<br />
3 G. GIMMA, Sylva I…, cit., p. 224.<br />
4 Id., p. 222.<br />
5 Id., p. 223: «Puto in caelis, tanquam tabulis, descriptos typos rerum per secula<br />
118
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
In Primerose e in Van Helmont, Gimma trovava sostegno ad argomentazioni<br />
e ipotesi che aveva annotato da studente. Sylva I documenta questi primi<br />
interessi in un inserto che ha per titolo Dell’Astrologia e la precisazione:<br />
«Scritta in Bari nel 1685, essendo studente <strong>di</strong> Logica» 1 . L’astrologia, in<br />
questo piccolo trattato, è anzitutto una scienza, ma in quanto tale non ha<br />
nulla a che vedere con la capacità pre<strong>di</strong>ttiva degli eventi futuri che viene<br />
pretesa dai chiromanti 2 . Per Gimma l’astrologia può essere <strong>di</strong>visa «in<br />
teorica, et speculatrice astrologia, e prattica» 3 , la prima con l’aiuto delle<br />
«geometriche, ed aritmetiche <strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong>chiara i movementi <strong>di</strong><br />
ciascuna stella, la grandezza, sito, <strong>di</strong>stanza, aspetti, e l’apparenze ritrovate<br />
per manifestissime osservationi, e questa vien detta astrologia naturale, o<br />
astronomia» 4 ; la seconda è la «giu<strong>di</strong>aria astrologia, o Prognosticatrice» 5 che<br />
con «raggioni naturali ricerca le forze, e valore delle stelle, con le quali esse<br />
eccitano alteratione per certa loro convenienza», così negli elementi, come<br />
anche nei corpi elementari, «le mutationi de’ tempi, li temperamenti, de’<br />
Corpi humani, l’inclinationi, e simili, imponendo necessità» 6 . Solo<br />
quest’ultima è stata condannata dalla chiesa 7 . Essa si <strong>di</strong>vide in<br />
«introduttoria, et esercitatoria»: la prima considera i soli principi «del<br />
presagire», cioè intendere la «natura, forza, qualità de’ pianeti, stelle fisse,<br />
parti del Cielo, e communicatione fra loro»; la seconda aspira a giu<strong>di</strong>care e<br />
«antivedere li futuri <strong>su</strong>ccessi delle cose» 8 . L’esercitatoria, ancora, si <strong>di</strong>vide<br />
in quattro parti: la prima tratta «delli Principii, mutationi, casi, rovine <strong>di</strong><br />
Città, Imperi, e Monarchie, luoghi dove <strong>su</strong>ccederanno, tempi, paci, pesti,<br />
saette, guerre, Terremoti, Comete, <strong>di</strong>luvii» 9 , i quali <strong>di</strong>pendono dal concorso<br />
<strong>su</strong>ccessivarum (quos typos leges fati nominant)».<br />
1<br />
Id., p. 389.<br />
2<br />
Ib. : «L’Astrologia è una parte della Matematica mista che considera la quantità in tale, o<br />
tale materia. Dicesi Astrologia da Astro, cioè stella, per che è trattato, o scienza delle stelle,<br />
e sfere celesti con li loro moti, siti, grandezze, aspetti, et altre passioni loro».<br />
3<br />
Id., p. 390.<br />
4<br />
Ib.<br />
5<br />
Ib.<br />
6<br />
Id., pp. 390-391.<br />
7<br />
Id., p. 391: da questa seconda forma <strong>di</strong> astrologia «è derivata la <strong>di</strong>vinatoria celeste con la<br />
Fisonomia, Metoposcopia, Chiromantia Neomantia, e simili, quali sono anco prohibite se<br />
sono giu<strong>di</strong>tiarie, e <strong>di</strong> questo ne daremo qualche notitia trattandone, e <strong>di</strong>scorrendone<br />
probabilmente secondo n’hanno scritto altri, e a noi ci è permesso».<br />
8<br />
Ib.<br />
9 Ib.<br />
119
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
dei Pianeti; la seconda della mutatione, e stato «dell’aere, come sono freddo,<br />
humido, secco, sereno, turbato, caldo, piovoso e delle cose, che <strong>di</strong> là<br />
nascono, come sanità, peste, carestie, infermità, terremoti, da questa è<br />
derivata la scienza <strong>di</strong> far gli Almenacchi, o Pronostici» 1 ; la terza considera i<br />
principi delle cose quali «l’opre, l’attioni, le malatie, l’elettione de’ tempi<br />
per coltivare la Terra» oltre che per «purgare i corpi infermi, navigare, e<br />
simili»; questa conoscenza è necessaria al me<strong>di</strong>co, all’agricoltore, o al<br />
marinaio ed infatti non ri<strong>su</strong>lta fra le conoscenze proibite dalla Santa Chiesa;<br />
la quarta, infine giu<strong>di</strong>ca della vita <strong>di</strong> ciascun uomo, dello stato del corpo,<br />
della fortuna, con<strong>di</strong>zione, inclinatione alla virtù, ai vizi, e ancora dei<br />
costumi, infermità, pericoli, prigionie, liti, viaggi, pericoli innocenti,<br />
esaltazioni, felici o infauste riuscite <strong>di</strong> negozi, morti o violente o naturali, «e<br />
simili cose facendole <strong>di</strong>pendere assolutamente dalle stelle, e Pianeti, e<br />
questa è quella parte prohibita dalla Chiesa, che la condanna falsa, come<br />
provaremo esser tale» 2 .<br />
I filosofi, nota Gimma, si sono sempre chiesti se possano i «matematici, o<br />
astrologi giu<strong>di</strong>tiarii, o genetliaci» indovinare i «futuri liberi, e contingenti, e<br />
presagire tutte le future cose» 3 , che sono destinate a <strong>su</strong>ccedere all’uomo nato<br />
in un determinato giorno con il mezzo delle stelle, e della loro influenza nel<br />
mondo <strong>su</strong>blunare. Concludono tutti, però, che non è assolutamente<br />
possibile, come viene spiegato dalla «Filosofia de’ Padri Comimbriacensi<br />
de Coelo lib. 2, qu. 8, art. 2, ove portano l’opinione <strong>di</strong> S. Tomaso» 4 , e come<br />
viene testimoniato da molti altri autori che <strong>di</strong>struggono punto per punto le<br />
1<br />
Id., p. 392.<br />
2<br />
G. GIMMA, Sylva I…, cit., p. 392.<br />
3<br />
Id., pp. 392-393.<br />
4<br />
Id., p. 393. Cfr. riguardo all’e<strong>di</strong>zione dei Conimbricensi usata da Gimma Commentarii<br />
Collegii Conimbricensis S. J. in quatuor libros de coelo Aristotelis stagiritae, Lugduni, Ex<br />
officina Iuntarum, 1598. Comunque, non bisogna credere agli astrologi per molti motivi,<br />
come <strong>di</strong>ligentemente annota l’allora giovanissimo Gimma: «questi Astrologi si fondano <strong>su</strong><br />
falsi principii, e <strong>su</strong>ppongono, che la <strong>di</strong>vinatoria, e Giu<strong>di</strong>tiaria Astrologia sia vera essendo<br />
falsa per molte reggioni, primo perché non vi è opinione certa circa questa scienza. 2a,<br />
perché si fallisce nella naturale, che è vera, maggiormente deve fallire nelli futuri liberi. 3°<br />
perché non si può sapere se Dio havendo creato i Cieli, v’habbia descritto l’attioni nostre in<br />
quelli. 4° perché le stelle hanno numero stabilito, però non possono descrivere l’attioni <strong>di</strong><br />
tanti innumerabili huomini. 5° li Cieli non influiscono come causa totale, ma partiale, e con<br />
causa. 6° perché questa scienza come falsa fu prohibita da Molte Nationi, e Concilii. 7° per<br />
che quelle pre<strong>di</strong>ttioni riuscite o a Caso, e per <strong>di</strong>abolica operatione s’attribuiscono<br />
all’Astrologia. 8 Da essa non se ne ricava niun vale, anzi è <strong>di</strong>spositione a farci <strong>di</strong>venir<br />
Athei» (id., pp. 393-394).<br />
120
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
argomentazioni portate dai sostenitori dell’astrologia a sostegno delle loro<br />
tesi.<br />
Non è qui possibile seguire tutto il complesso ed intricato percorso che<br />
Gimma affronta in queste pagine, affastellando citazioni ed esempi presi dai<br />
padri della chiesa – Agostino <strong>su</strong> tutti – classici romani, soprattutto Cicerone,<br />
ma anche Tacito, ed autori contemporanei come Daniello Bartoli la cui<br />
Ricreazione del savio può considerarsi un vero e proprio breviario <strong>di</strong><br />
retorica e filosofia 1 .<br />
1 Mi permetto <strong>di</strong> citare estesamente il quinto argomento contro l’astrologia, che troviamo a<br />
pp. 400-404: «Fanno gl’astrologi la natività considerando, e notando quel punto, nel quale<br />
esce alla luce il nato, onde se in quel punto il Pianeta, che domina, è fortunata, sarà anco<br />
fortunato l’huomo, così per il Contrario, perché riceve l’influsso da quel Pianeta, quanto ciò<br />
sia falso lo considereremo da molte raggioni in questo presente numero. Non nego, che le<br />
stelle influiscono, e che la doctrina <strong>di</strong> Tolomeo non sia accetta, come da molti seguitata, ma<br />
<strong>di</strong>co essere impossibile, che dalla Nascita si possa formare la figura Celeste; perché le stelle<br />
non influiscono, come causa totale, ma partiale, e concausa; e che ciò sia vero niuno potrà<br />
negare, che alla complessione dell’huomo concorra il padre, e madre con il loro seme, il<br />
clima, la staggione, e simili, come concause, mentre il seme del padre, e madre, ra<strong>di</strong>caliter,<br />
et fundamentaliter è complessione del figlio nascituro, altrimente se non vi concorressero<br />
tali concause, la Complessione saria composta d’accidenti, e cause remote, non prossime, e<br />
se li Cieli fussero cause prossime, il figlio si <strong>di</strong>cesse celeste, e non humano, e potesse<br />
nascere senza il seme, e congiuntione carnale. Oltre <strong>di</strong> ciò ne seguitasse, che si come <strong>di</strong><br />
Cieli hanno egual virtù tanto in un bambino, che nasce, quanto nel medemo quando cresce,<br />
così da hora in hora li variasse la complessione si come si variassero l’influssi, il che è<br />
as<strong>su</strong>rdo: Non concorrono dunque li Cieli, come causa totale, ma partiale e<br />
conseguentemente la complessione si dà al figlio quando si concepisce nel ventre della<br />
madre, non quando nasce, perché nato che è il figlio il padre non riconcorre più, nè la<br />
madre, quale se concorresse con il latte non l’haveria perfectionata la complessione, e la<br />
perfectionasse quando li toglie il latte. Se dunque la complessione si dà al figlio quando si<br />
concepisce, devono gl’astrologi cavare la concettione, non la natività, ma il punto della<br />
concettione non si può sapere; l’astrologia dunque va in fumo». In secondo luogo nell’ora,<br />
in cui «l’astrologo forma la figura celeste d’un figlio, infiniti figli saranno nati nel mondo, e<br />
quella figura converrà a tutti, e pure tutti saranno o in tutto o in parte <strong>di</strong>ssimili, così <strong>di</strong> volto,<br />
come <strong>di</strong> costumi, e complessione, dunque per fondamento dell’Astrologia non si deve<br />
prendere l’hora della nascita […], cioè, che si è visto molti essere nati sotto la medema<br />
costellatione, devono dunque gl’astrologi <strong>di</strong>re l’istesso <strong>di</strong> tutti, il che è falso, come si è visto<br />
chiaramente mentre altri sono stati pescatori, altri Nocchieri, altri Re, altri poveri, altri dotti,<br />
altri ignoranti, e tutti <strong>di</strong>fferenti […]: a questo rispondono gl’Astrologi, che quella<br />
brevissima tardanza, che vi è fra il parto de’ gemelli, benchè a noi paia poca non <strong>di</strong>meno<br />
nel mondo celeste è molto grande sì per la <strong>di</strong> lui grandezza, come per la velocità, e corso <strong>di</strong><br />
Pianeti, però è Causa <strong>di</strong> varietà: ma a questa loro scusa vi risponde S. Gregorio Hom. 10,<br />
sopra l’Evangelii». In terzo luogo «sicome è certo in un hora regnare aspetti celesti tra loro<br />
contrarii, e quell’hore <strong>di</strong>consi planetarie al voler dell’astrologi, così sarà impossibile saper<br />
ridurre al vero aspetto la figura celeste, non potendosi sapere qual pianeta domini<br />
propriamente in quel punto d’hora, oltre <strong>di</strong> ciò essendo fallaci gl’horologii <strong>di</strong> quarti, e<br />
mezz’ore non si potrà mai saper <strong>di</strong> certo se le ventitrè hore siano 23 giuste, o 23 e quarto, o<br />
121
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Negli Elogi aveva dato grande rilievo alla critica <strong>di</strong> Pompeo Sarnelli alla<br />
magia naturale del Della Porta 1 . Era stato Sarnelli, infatti, che aveva messo<br />
in evidenza come l’autore del Della fisionomia dell’Huomo aveva<br />
illegittimamente aperto la strada ad emuli sciocchi: astrologi e, soprattutto,<br />
filosofi i quali accettano come dato incontrovertibile «che si possano dalla<br />
<strong>di</strong>sposizione delle linee indagare le umane complessioni» 2 . Della Porta<br />
aveva, infatti, indagato, seguendo i principi naturali della fisionomia, la<br />
somiglianza dei «monti della mano dell’uomo» con quella degli animali, «e<br />
la forma delle medesime», deducendone l’uguaglianza delle composizioni e<br />
delle inclinazioni «dalla natura concedute» 3 . L’insostenibilità <strong>di</strong> questa<br />
posizione viene da Gimma motivata con l’indeterminatezza del metodo<br />
più, o meno e per conseguenza non si potrà mai sapere, a che hora propriamente è nato il<br />
fanciullo mentre un momento <strong>di</strong> tempo, che varia la figura, facendo il pianeta in un<br />
momento molte miglia, e mutando varii aspetti». In quarto luogo «si doman<strong>di</strong>no<br />
gl’Astrologi, come esser può, che molte migliaia <strong>di</strong> vascelli da traino e guerra, e da corso<br />
fabricati in <strong>di</strong>versi arsenali e in <strong>di</strong>versi tempi, e sotto punti <strong>di</strong> stelle <strong>di</strong>ssimili vi ritroviamo<br />
la medema fortuna <strong>di</strong> vento, e <strong>di</strong> mare, a perire in una istessa hora, e rimaner seppelliti in un<br />
medemo fondo? Come s’accor<strong>di</strong>no tante migliaia <strong>di</strong> passeggieri navigare insieme essendo<br />
parte schiavi, parte liberi, e parte soldati? Come tanti huomini morsero <strong>di</strong> una battaglia<br />
medema, o restarono sepolti sotto le rovine delle Cità, o <strong>su</strong>bissati in una voragine apertasi<br />
per terremoto? Non si può <strong>di</strong>re, che tutti sono nati sotto la medema Costellatione, perché<br />
ciascuno nacque in tempi, e luoghi <strong>di</strong>fferenti. Risponderanno essi, che le navi, e le cità<br />
furono fabricate in quel punto, che le stelle le destinarono a sommergersi, o profondare, o<br />
<strong>di</strong>ruparsi, e che li passeggieri e naviganti, e gl’habitatori con li loro minori destini<br />
soggiacevano a maggiori, ch’erano quelli delle Cità, e Navi. Se dunque li minori destini<br />
sono sottoposti a maggiori, chi può accertare, che sia vero quel che pre<strong>di</strong>chino essi?». La<br />
grande varietà degli argomenti addotti per questo singolo caso rende l’idea del<br />
proce<strong>di</strong>mento adottato in queste pagine dall’autore. Mi limito a notare che in queste pagine<br />
è presente un tema me<strong>di</strong>co che se non ha un rigore scientifico che Gimma pretenderà <strong>di</strong><br />
raggiungere qualche anno dopo, testimonia comunque un’attenzione che doveva essere non<br />
semplicemente dell’allora giovanissimo autore quanto della scuola; gli argomenti addotti,<br />
poi, non erano certo tipici della me<strong>di</strong>cina dei moderni – quanto piuttosto largamente <strong>di</strong>ffusi<br />
sia nella scuola degli antichi che in quella dei novatores, soprattutto, ma non solo, Van<br />
Helmont.<br />
1 Cfr. Mons. D. Pompeo Sarnelli Vescovo <strong>di</strong> Biseglia, in G. GIMMA, Elogi accademici…, t.<br />
I, pp. 283-304; in particolare, a p. 287 Gimma ricorda che Sarnelli «corresse nella favella<br />
italiana, nella quale era scorrettissima, la Natural magia <strong>di</strong> Gio. Battista della Porta».<br />
2 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 289. Gli astrologi «con altro fondamento<br />
pre<strong>su</strong>mono indovinar dalle linee i futuri avvenimenti, che da una finta, ed immaginaria<br />
<strong>su</strong>pposizione del dominio de’ pianeti, da niuno sin’oggi <strong>di</strong>mostrata; ma soltanto asserita, e<br />
<strong>su</strong>pposta, conforme fu fatta nella metoposcopia […] che […] <strong>di</strong>è l’origine alle sciocchezze<br />
<strong>di</strong> tanti indovini».<br />
3 Id., pp. 288-289. Rileva N. BADALONI, Introduzione a Vico…, cit., p. 11, che «come<br />
nell’alessandrismo anche in Della Porta il problema fisionomico si collega a quello della<br />
incombenza del peccato (e quin<strong>di</strong> della assimilazione dell’uomo all’animale)».<br />
122
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
usato: «mi sembra affatto impossibile ad investigarsi il metodo» 1 grazie al<br />
quale riconoscere altra origine delle linee della mano se non «dalla primiera<br />
piegatura della mano stessa dentro l’utero» 2 . La corrispondenza tra le parti<br />
interne del corpo e le linee della mano è dunque del tutto ca<strong>su</strong>ale, e le linee<br />
della mano non possono ricevere forza alcuna dalle medesime parti interne 3 .<br />
Servendosi della ‘notomia’ galenica e moderna, Gimma anche nella Lettera,<br />
insiste <strong>su</strong>lla assenza <strong>di</strong> metodo che caratterizza le cosiddette ‘scienze’ <strong>di</strong><br />
astrologi e chiromanti 4 . L’origine dell’as<strong>su</strong>rda pretesa <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinare il futuro<br />
viene in<strong>di</strong>viduata da Gimma nell’errore degli astrologi i quali, ritenendo che<br />
tutte le azioni e le operazioni umane soggiacciano all’influsso dei cieli e<br />
degli astri, pretendono <strong>di</strong> vaticinare gli eventi futuri grazie all’osservazione<br />
delle stelle 5 :<br />
Vanità a vanità aggiugnendo non con altro fondamento han voluto pre<strong>su</strong>mere<br />
indovinar delle linee i futuri avvenimenti, che da una finta, ed immaginaria<br />
<strong>su</strong>pposizione del dominio de’ pianeti, da niuno sin’oggi <strong>di</strong>mostrata, ma solamente<br />
asserita, e <strong>su</strong>pposta […] le han piene d’imposture così stomachevoli, che<br />
giustamente come false, e <strong>su</strong>perstiziose dalla Santa Chiesa Cattolica sono state<br />
condannate.<br />
Per abbattere teorie tanto vane e sciocche Gimma si addentra nella selva <strong>di</strong><br />
autori che si erano occupati <strong>di</strong> temi tanto controversi. Egli intoduce figure<br />
quali i ‘fisici’, cioè propriamente gli astrologi, i ‘chiromanti fisici’, che a<br />
<strong>di</strong>fferenza dei fisici non ammettono l’influsso delle stelle. Figure che anche<br />
per l’abate non sempre era facile <strong>di</strong>stinguere rigorosamente, giacché<br />
1<br />
G. GIMMA, Elogi accademici…, t. I, p. 289.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib. E ancora: «non possono dalle medesime ricever la forza; perchè, per cagion <strong>di</strong><br />
esempio, la linea detta vitale non corrisponde col cuore né per mezo de’ nervi, né delle<br />
vene, per le quali possa scorrere il sangue, e gli spiriti, né delle fibre, come la Notomia<br />
stessa palesa; quando si volessero ancora concedere le parti chiamate principali da’<br />
Galenici, valevoli a dare virtù <strong>di</strong>versa nel sangue, ch’è lo stesso in ogni parte, per cui scorre<br />
colla <strong>su</strong>a continua circolazione».<br />
4<br />
G. GIMMA, Lettera […] intorno la vanità della metoposcopia…, cit., p. 311: «questa mia<br />
sentenza, con cui condanno, come vane tutte le <strong>di</strong>vinatorie non solo astrologiche, ma<br />
fisiche, le quali sono comunemente e da’ fisici, e da’ leggisti, e da teologi morali permesse,<br />
non <strong>di</strong> altro mezo servendomi, se non della notomia e galenica, e moderna». Interessante<br />
anche l’uso funzionale che si fa dell’anatomia sia galenica che moderna, utilizzandone i<br />
ri<strong>su</strong>ltati quando siano congruenti con l’esperienza e il buon senso.<br />
5<br />
Cfr. id., p. 312.<br />
123
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
l’astronomo si sovrapponeva all’astrologo, l’anatomista al chiromante e<br />
tutte queste figure si ritrovavano tra tolemaici e copernicani, galenici e<br />
antigalenici. I fisici per cominciare sostenevano che l’influsso dei pianeti è<br />
visibile nelle linee della mano, della fronte e delle altre parti del corpo:<br />
«nello specolare gli argomenti, che fossero valevoli a far concedere questo<br />
immaginato influsso de’ pianeti nelle linee, stimai potersi <strong>di</strong>fendere colle<br />
ragioni de’ fisici, i quali il dominio <strong>di</strong> alcune stelle a certe parti del corpo<br />
ammettono», come <strong>su</strong>ccede tra il sole e il cuore, «ed affermano venir<br />
<strong>di</strong>mostrato il temperamento del cuore dalla linea vitale della mano;<br />
perlocchè dovrebbe colla fisica ragione concedersi, che la linea vitale dal<br />
sole riceva l’influsso» 1 . I chiromanti fisici, presenti tra gli antichi e i<br />
moderni, che formulavano congetture probabili intorno al temperamento e<br />
alle inclinazioni dell’animo umano, senza chiamare in causa le stelle, e<br />
«senza inoltrarsi nella curiosità degli atti liberi» 2 . Richiamandosi a Galeno,<br />
il quale «da questo principato i genitali escluder non volle», essi<br />
in<strong>di</strong>viduavano tre parti principali del corpo: il cuore, a cui corrisponde la<br />
linea vitale 3 ; il cervello, a cui corrisponde la linea naturale; mentre la linea<br />
mensale corrisponde ai genitali 4 . Gimma osservava che fondamenti della<br />
loro concezione dell’uomo erano, la dottrina delle parti principali e quella<br />
dell’origine e derivazione dei vasi. Osservava, quin<strong>di</strong>, che ei moderni<br />
avevano ‘<strong>di</strong>roccato’ «amendue le basi» e, così facendo avevano ‘atterrato’<br />
«la mole della chiromanzia» 5 . Questi ultimi avevano, infatti, rifiutato con<br />
decisione la visione gerarchica dell’organismo sottesa a questa concezione a<br />
favore <strong>di</strong> una rappresentazione più ‘democratica’ all’interno della quale un<br />
ruolo particolarmente importante è occupato dalle viscere:<br />
i moderni niuna parte, che sia principe ammettono al corpo; ma <strong>su</strong>ppongono, che<br />
tutte sono ugualmente alla vita necessarie, e particolarmente tutte le viscere.<br />
1 Ib.<br />
2 Id., p. 312. A p. 313 Gimma scrive: nella chiromanzia fisica, «a ciaschedun membro<br />
principale del corpo le <strong>su</strong>e linee attribuiscono [gli antichi], da cui molto felicemente potersi<br />
conoscere il tempreamento del corpo stesso dell’uomo si vantano, e della <strong>di</strong> lui vali<strong>di</strong>tà, e<br />
fortezza».<br />
3 Ib.: «colla <strong>su</strong>a longhezza, col color vivo e lucido da altre linee non interrotta lunga vita<br />
<strong>di</strong>mostrando, lunga vita <strong>di</strong>mostrando, sanità, e virtù del cuore, moltitu<strong>di</strong>ne degli spiriti,<br />
abbondanza <strong>di</strong> buon sangue, ar<strong>di</strong>re, ingegno, liberalità e simili cose».<br />
4 Ib.<br />
5 Ib.<br />
124
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Togliendo dunque al cuore, al cervello, ed al fegato il principato, vani tutti i<br />
chiromantici assiomi si rendono 1 .<br />
A questi ri<strong>su</strong>ltati i moderni erano giunti grazie all’osservazione anatomica.<br />
E Gimma elenca i <strong>su</strong>ccessi in<strong>di</strong>scutibili: il fegato non ha un ruolo particolare<br />
nella produzione del sangue 2 ; non «dal cuore totalmente le vitali azioni si<br />
cagionino, ed affermano, che quelle nascono dalla stessa anima, che dà<br />
vita» 3 ; operazioni vitali sono tutte le operazioni animali e naturali e<br />
principio vitale è il continuo moto del sangue (tanto tempo viviamo, quanto<br />
il sangue per le arterie si <strong>di</strong>ffonde nei vari membri del corpo). I moderni<br />
hanno quin<strong>di</strong> operato una rivoluzione ra<strong>di</strong>cale sia spostando dal cuore al<br />
sangue il principio vitale, sia escludendo l’organo car<strong>di</strong>aco dalla funzione <strong>di</strong><br />
motore degli spiriti vitali: «la natura <strong>di</strong> essi [gli spiriti] non si ha dalla virtù a<br />
loro comunicata dal cuore, ma perché in tutti i flui<strong>di</strong> eterogenei le parti<br />
sottili, e le grasse si ritrovano, le quali o coll’infusione <strong>di</strong> qualche mestruo, e<br />
col fuoco si separano, come appare nella separazione dello spirito del vino»<br />
ed essendo il sangue un corpo eterogeneo, prodotto da cibi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura,<br />
non c’è da meravigliarsi «se nel sangue stesso fatigati, e raccolti alcuni<br />
<strong>su</strong>cchi fermentativi, le più sottili parti del sangue si spieghino, e <strong>di</strong> continuo<br />
si muovano» 4 . Lo stesso cervello non è più una delle parti principali del<br />
corpo, «poiché non da lui solamente, ma dalla spirituale midolla si generano<br />
gli spiriti animali» 5 .<br />
Il secondo capitoletto della Lettera opera il collegamento tra astrologia e<br />
anatomia, mettendo in crisi la teoria della <strong>su</strong>pposta corrispondenza tra astri e<br />
configurazione del corpo umano. Fatto chiaro che nes<strong>su</strong>no – né astrologi, né<br />
chiromanti – ha potuto stabilire <strong>su</strong> basi certe la teoria delle corrispondenze<br />
(«ma non v’è pur uno, che tal <strong>su</strong>pposto provare abbia voluto»), Gimma<br />
1<br />
Ib.: «non essendo dunque parti imperanti, né parti <strong>su</strong>d<strong>di</strong>te governando, alle quali non<br />
comunicano l’influsso unicamente perfetto, come potranno ricavar presagi i chiromanti?».<br />
2<br />
Ib.: «non è parte principale il fegato, perché ci <strong>di</strong>mostra la sperienza, ch’egli non forma il<br />
sangue, né à tutto il corpo lo <strong>di</strong>stribuisce, com’è noto a tutta la nuova scuola; anzi […]<br />
separa solamente dal sangue la bile; e scoprì con microscopio il Malpighi essere il fegato<br />
una glandula non <strong>di</strong>ssimile dal Pancrea, cioè un’organo da innumerabili glandule<br />
composto».<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Ib.: «perlocchè conchiudono essere gli spiriti nel sangue, come gli spiriti del vino nel<br />
vino, ed escludono il cuore dal principato».<br />
5<br />
Ib. Fin troppo chiare, e <strong>di</strong>chiarate dallo stesso Gimma, a proposito <strong>di</strong> questo ultimo punto,<br />
i debiti ch’egli ha contratto con le ricerche <strong>di</strong> Willis e Stenone.<br />
125
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
mette in chiaro che essa ha solo un fondamento filosofico nella teoria<br />
neoplatonica <strong>di</strong> un parallelismo fra microcosmo e macrocosmo 1 . La scienza,<br />
al contrario, fornisce argomenti contro le arti degli astrologi <strong>di</strong>mostrandone<br />
la natura favolosa 2 . Sia i preformisti, sia gli epigenisti, pur da posizioni<br />
opposte, forniscono, ad esempio, argomenti inconfutabili contro l’influsso<br />
degli astri. Infatti, sia per coloro che ritengono che le parti del corpo<br />
vengano generate tutte insieme, sia per coloro che giu<strong>di</strong>cano «che vengano<br />
in tempo <strong>di</strong>verso generati, ed una parte della mano prima e dopo dell’altra»,<br />
ri<strong>su</strong>lterebbe <strong>di</strong>fficile spiegare come parti <strong>di</strong>verse abbiano ricevuto influssi<br />
<strong>di</strong>versi dalle <strong>di</strong>verse costellazioni e a <strong>di</strong>stinguere, come vogliono i<br />
chiromanti, <strong>di</strong>stinguere così <strong>di</strong>verso influsso «essendo così vicine tra loro le<br />
parti della mano, che alle stelle si attribuiscono» 3 . Non sfugge neanche allo<br />
‘storico’ Gimma che tra i sostenitori <strong>di</strong> tale insensata teoria vi siano<br />
tolemaici e copernicani 4 : a ciò «si aggiugne l’incertezza grande de’ sistemi,<br />
non essendosi stabilito fin’ora il vero or<strong>di</strong>ne e sito de’ cieli, e de’ pianeti né<br />
col sistema <strong>di</strong> Tolomeo, né con quello <strong>di</strong> Copernico, né coll’altro <strong>di</strong> Ticone<br />
Brae» 5 benché quest’ultimo sembri godere del favore dei dotti.<br />
Anche <strong>su</strong>l terreno teologico, l’argomento dei chiromanti («Id<strong>di</strong>o, e la natura<br />
niuna cosa invano abbiano fatto, e però essere state poste nella mano, e nella<br />
fronte le linee per <strong>di</strong>mostrare la <strong>di</strong>versa complessione degli uomini,<br />
l’inclinazione, e le opere») è insostenibile e, ad<strong>di</strong>rittura, prossimo all’eresia.<br />
Costoro non possono <strong>di</strong>rsi interpreti e della natura e <strong>di</strong> Dio. Ricorda, infatti,<br />
Gimma:<br />
1 Id., p. 314: Agezio, inventore della metoposcopia astrologica, «non con altro fondamento<br />
il dominio de’ pianeti stabilì nelle linee della fronte, se non per una certa similitu<strong>di</strong>ne che il<br />
Mondo grande col picciolo, ch’è l’uomo».<br />
2 Ib.: «non so perché il monte, ch’è nella ra<strong>di</strong>ce del pollice della mano sia <strong>di</strong> Venere, e la<br />
linea, ch’è sotto il <strong>di</strong>to anulare sia del Sole, e le altre siano d’altri pianeti, né in qual tempo<br />
ricever possano il dominio». Non può essere nel tempo della concezione del feto, poiché in<br />
questo caso si dovrebbe ricercare se tutte le parti del corpo si generino insieme o a poco a<br />
poco e, nel caso, quali membri ri<strong>su</strong>lterebbero privilegiati. A questo proposito Gimma non<br />
ritiene necessario scomodare le ultime ricerche me<strong>di</strong>che, quelle che si rifacevano alle teorie<br />
<strong>di</strong> Malpighi, perché «il più comune parere de’ me<strong>di</strong>ci con Ippocrate, è che non si <strong>di</strong>a<br />
membro primogenito, ma che tutti insieme si generano, e si accrescono».<br />
3 Id., p. 315.<br />
4 Id., p. 316: «molti libri dunque <strong>di</strong> tali vanità a uomini gravi falsamente si attribuiscono;<br />
molti ignoranti molte cose hanno col mezo delle osservazioni solamente affermato, e non<br />
tutti seguono il sistema <strong>di</strong> Tolomeo».<br />
5 Ib.<br />
126
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
nascono le linee, i monti e i tubercoli dal primo inviluppamento, ed incurvatura<br />
della mano fatta entro l’utero materno, poicchè nel chiudersi la mano, le quattro<br />
estremità delle <strong>di</strong>ta vengono a formare una certa concavità nella palma, a corrugare<br />
la cute, e sollevare quelle parti carnose, che monti da loro son chiamati, alcuno<br />
impe<strong>di</strong>mento non avendo, e le parti a loro contigue venendo premute dalle stesse<br />
estremità delle <strong>di</strong>ta; onde son formate le linee per l’uso necessario della piegatura,<br />
e così miransi le linee in tutte le parti del corpo, ove le parti de’ membri piegare si<br />
debbono, come ne’ no<strong>di</strong> delle <strong>di</strong>ta, nel gomito, nella fronte, ed altrove; non così<br />
nella parte esteriore della mano, nelle braccia, e nella polpa delle gambe. Così le<br />
linee si variano secondo la <strong>di</strong>versa piegatura della mano, e secondo la grassezza<br />
<strong>di</strong>versa de’ Corpi. Più linee avranno i corpi <strong>di</strong> secca, e meno <strong>di</strong> grossa<br />
complessione; e però non altra chiromanzia lecita conoscer dobbiamo, se non<br />
quella, che si riduce alla parte più sana della fitonomia, che non allontanano dalla<br />
natural filosofia 1 .<br />
Ho citato per intero questo non breve passo <strong>di</strong> Gimma, perché qui più<br />
esplicita appare la simpatia dell’abate nei confronti del meccanicismo e del<br />
naturalismo. La spiegazione tutta naturale della formazione delle linee del<br />
corpo espunge dal <strong>di</strong>scorso filosofico e scientifico ogni possibile finalismo:<br />
possiamo <strong>di</strong>re «che sieno forti gli uomini, se avranno mani gran<strong>di</strong>,<br />
articolate, e nervose; deboli e timi<strong>di</strong>, se saranno delicate» e altro ancora ma<br />
nulla che si debba ricondurre al <strong>di</strong> fuori e al <strong>di</strong> là dell’organizzazione<br />
fisiologica dell’in<strong>di</strong>viduo 2 . L’unica arte <strong>di</strong>vinatoria possibile è, in definitiva,<br />
a giu<strong>di</strong>zio della me<strong>di</strong>cina moderna e <strong>di</strong> Gimma, molto prossima alla<br />
prognosi e alla <strong>di</strong>agnosi del me<strong>di</strong>co.<br />
Un’ultima riflessione si impone: sia nelle pagine <strong>di</strong> Sylva I, sia in quelle<br />
degli Elogi accademici, sia infine nella Lettera a Vallisneri insieme alla<br />
coerente adesione alle dottrine filosofiche e scientifiche dei moderni, va<br />
fatta risaltare la funzione della storia – nella <strong>su</strong>a duplice veste <strong>di</strong> storia<br />
naturale e storia degli uomini: la storia come luogo degli errori, ma anche<br />
come luogo dello scoprimento della verità in qualunque età della storia e<br />
luogo della Terra. In tal modo Gimma rivede la <strong>di</strong>cotomia che<br />
1 Ib.<br />
2 A questo bisogna aggiungere che i filosofi, i legislatori e i teologi morali hanno ammesso<br />
la possibilità <strong>di</strong> questa forma <strong>di</strong> chiromanzia fisica «perché vollero seguir l’opinione e<br />
dottrine degli antichi, la quale parea fermarsi nelle ragioni naturali, e segni probabili che<br />
dalle linee si ricavava». Questa chiromanzia, del resto, se non fu approvata non fu neanche<br />
condannata dalla chiesa perché «non forzava la volontà libera degli uomini, come avviene<br />
agli astrologi» (ib.).<br />
127
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
tra<strong>di</strong>zionalmente oppone gli ‘antiquari’ ai moderni, a favore <strong>di</strong> un più<br />
equilibrato giu<strong>di</strong>zio ‘storiografico’ 1 .<br />
128<br />
6. La critica del favoloso nel primo volume delle Dissertationes<br />
academicae<br />
L’annuncio della pubblicazione delle Dissertationes viene dato dal Giornale<br />
de’ Letterati d’Italia: «si va incamminando la stampa dal Muzi<br />
soprallegato» cioè dell’e<strong>di</strong>tore Mosca <strong>di</strong> Napoli, «delle Dissertazioni del<br />
Sig. Abate Giacinto Gimma, Canonico della Metropolitana <strong>di</strong> Bari,<br />
Avvocato straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> questa città <strong>di</strong> Napoli, e Promotore perpetuo della<br />
scientifica Società Rossanese, con questo titolo: D. Hyacinthi Gimma, ec.<br />
Dissertationum Academicarum Tomus I qui duas exhibet nempe I de<br />
hominibus fabulosis, II de fabulosis animalibus, ubi de generatione<br />
viventium, in 4. L’eru<strong>di</strong>zione, il giu<strong>di</strong>cio, e la fama dell’Autore, <strong>di</strong> già<br />
notissimo per li due Tomi de’ <strong>su</strong>oi Elogi de’ letterati, corrisponderanno<br />
certamente alla curiosa materia, <strong>di</strong> cui egli tratta; onde sempre più si avrà<br />
occasione <strong>di</strong> rallegrarsi, che si vada purgando la naturale istoria da tanta<br />
menzogne, che l’ingombravano» 2 . Il medesimo Giornale de’ letterati<br />
1 Sugli ‘antiquari’ comunque è <strong>di</strong>fficile non tener conto <strong>di</strong> quanto presente in Sylva I, pp.<br />
305-306, «Gli antiquari sono simili alle pecore <strong>di</strong> Dante: ‘Come la pecorelle escon dal<br />
chiuso / Ad una, a due, a tre, e l’altre stanno / Timidette atterrando e l’occhio, el muso /e<br />
ciò che fa la prima e l’altre fanno’». Le fonti <strong>di</strong> questo passo possono essere <strong>di</strong>verse, ma<br />
soprattutto G. G. LAVAGNA, Il corriero straor<strong>di</strong>nario spe<strong>di</strong>to da Parnaso…, p. 51; cfr.<br />
anche Osservazioni intorno alle vipere fatte da Francesco Re<strong>di</strong> gentiluomo Aretino,<br />
Accademico della Crusca, rivedute dall’autore, e da lui scritte in una lettera all’illustriss.<br />
Sig. Conte Lorenzo Magalotti gentiluomo della Camera, e ora Cavalier Trattenuto del<br />
serenissimo Granduca <strong>di</strong> Toscana, in Firenze, MDCLXXXVI, per Piero Matini all’Insegna<br />
del Leone, con lic. de’ <strong>su</strong>p., p. 1; e ancora cfr. Observationes de viperis Francisci Re<strong>di</strong><br />
nobilis aretini Academici Fufurariorum sive della Crusca scriptae in literis ad<br />
generosissimum Dominum Laurentium Magalotti magni duci Hetruriae Camerarium ex<br />
italica in latinam translatae, in Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica…, cit., t. I, dove i<br />
versi <strong>di</strong> Dante sono in italiano e preceduti anche qui dalla <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> Re<strong>di</strong> secondo la<br />
quale è cosa <strong>di</strong>fficilissima «indagare veritatem sapissime a mendacio circumventam, et<br />
quam multi Scriptores tam antiqui quam moderni imitantur oviculas illas, de quibus<br />
Divinus noster Poeta», p. 3.<br />
2 Cfr. Articolo XVIII. Novelle letterarie d’Italia, del luglio, agosto, e settembre MDCCXIII,<br />
in Giornale de’ letterati d’Italia tomo decimoquinto. Anno MDCCXIII sotto la protezione<br />
del Serenissimo Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia, MDCCXIII, appresso Gio. Gabbriello<br />
Ertz, pp. 452-453.
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
pubblica la recensione - un vero e proprio specimen - all’opera <strong>di</strong> Gimma 1 ,<br />
forse <strong>di</strong> Vallisneri. L’autore, chiunque esso sia, coglie con precisione<br />
l’aspetto più interessante dell’opera: «la strana credenza <strong>di</strong> molti antichi, la<br />
vana pompa d’alcuni <strong>di</strong> scrivere meraviglie, e la non curanza quasi <strong>di</strong> tutti <strong>di</strong><br />
certificarsi del fatto, prima <strong>di</strong> scrivere, sono state la cagione, che s’è tanto<br />
empiuta la Storia naturale delle favole» 2 . È contro questa ‘vana pompa’ che<br />
scrive Gimma e contro la strana credenza degli antichi «in questo<br />
oculatissimo secolo è convenuto», che le più celebri penne si siano<br />
impegnate per cancellarle, eliminando gli infiniti pregiu<strong>di</strong>zi, che<br />
occupavano, e forse occupano «ancora la mente <strong>di</strong> chiarissimi uomini» 3 . La<br />
recensione è molto puntuale e riconosce che l’autore in questo trattato ha<br />
tenuto un or<strong>di</strong>ne proprio e giu<strong>di</strong>zioso 4 ; e prima <strong>di</strong> inoltrarsi nella <strong>di</strong>scussione<br />
filosofica più pregnante «mette avanti un savio <strong>di</strong>scorso intorno agli autori,<br />
che <strong>di</strong> questa materia hanno scritto, e una pesata critica ne apporta; <strong>di</strong>poi<br />
nella parte prima della prima Dissertazione incomincia dal più nobile<br />
soggetto che è l’uomo, parlando del De fabulosis hominum generibus» 5 .<br />
L’opera era costata a Gimma anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile lavoro e <strong>di</strong> ricerche<br />
impegnative, rese più gravose dal <strong>su</strong>o impegno <strong>di</strong> Promotore Perpetuo come<br />
si legge nella Epistola de<strong>di</strong>catoria alla Società degli Incuriosi:<br />
1 Articolo VIII, in Giornale de’ letterati d’Italia tomo ventesimo. Anno MDCCXV sotto la<br />
protezione del Serenissimo Gio. Gastone, Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia, MDCCXV,<br />
appresso Gio. Gabbriello Ertz, pp. 154-175.<br />
2 Id., p. 155.<br />
3 Ib. E poi: «ora abbiamo un libro, <strong>di</strong> cui ne <strong>di</strong>amo l’estratto, molto utile in vero, e degno <strong>di</strong><br />
lode, per essersi anch’esso affaticato con indefesso stu<strong>di</strong>o il chiarissimo Autore, <strong>di</strong> porre in<br />
faccia al mondo eru<strong>di</strong>to la verità, e cancellare tante menzogne, che l’ingombravano» (ib.).<br />
4 Id., pp. 155-156: «premesse le approvazioni, e i testimoni del valore dell’opera, e<br />
dell’autore, lo <strong>di</strong>vide in due <strong>di</strong>ssertazioni, e queste in parti, e le parti in capitoli, ne’ quali<br />
<strong>di</strong>stintamente tratta con molta eru<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ciò che d’illustrar si propone».<br />
5 Id., p. 156. Subito dopo l’autore della recensione rias<strong>su</strong>me il contenuto dell’opera <strong>di</strong><br />
Gimma: «nel primo capo stabilisce un solo genere <strong>di</strong> huomini; nel II tratta degli uomini<br />
favolosi <strong>di</strong> Paracelso, e del Borri; nel III degli uomini favolosi, creduti generati per arte<br />
chimica, o dalle piante. Nel IV d’altri uomini terrestri favolosi. Nel V degli uomini<br />
mostruosi, che sanno <strong>di</strong> favola. Nel capo primo della parte seconda cerca, se ci sieno stati i<br />
giganti; nel II della loro origine; nel III ragiona de’ giganti de’ libri d’Enoch; nel IV de’<br />
Demoni <strong>su</strong>ccubi, ed incubi; nel V de’ giganti dopo il Diluvio. Segue la parte terza, nel<br />
primo capitolo della quale <strong>di</strong>scorre de’ centauri; nel II de’ satiri; nel III de’ cinocefali, e<br />
d’altri uomini guarniti <strong>di</strong> peli; nel IV de’ tritoni, delle sirene, e d’altri uomini favolosi; nel<br />
V degli uomini favolosi de’ poeti; nel VI mostra, che gli uomini favolosi sono demoni, e<br />
conchiude questa prima Dissertazione trattando della conversione d’uomini in Lupi».<br />
129
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Diu me retardarunt curae, et mea stu<strong>di</strong>a retinuerunt post e<strong>di</strong>tos Elogiorum Tomos,<br />
amplissima Societas, et me etiam ab Academicis laboribus ablegarunt. Ad curas<br />
literarias nun redeo, mea quoque stu<strong>di</strong>a re<strong>su</strong>mo, et inter socios, quasi florentia lilia<br />
[…] veluti renascens lilium me restituo 1 .<br />
È l’amore per la verità a indurre l’abate a pubblicare le <strong>di</strong>ssertazioni. Egli<br />
non è «gloriae cupido», ma è spinto dall’esigenza <strong>di</strong> purgare le storie<br />
naturali dalla grande quantità <strong>di</strong> favole che le contaminano 2 , in modo che i<br />
«creduli, et parum in naturalibus periti historiam ipsam; imo et<br />
philosophiam naturalem expurgarent, et vera a falsis <strong>di</strong>siungerent, etsi<br />
authorìbus non paucis contra<strong>di</strong>cendo, qui falsa quoque retulerunt, audax<br />
nimium videar» 3 . Vallisneri gliene dà pubblico riconiscimento: l’abate si è<br />
portato tanto avanti «nelle naturali cognizioni» da poter finalmente<br />
detergere la «mente degli uomini creduli, e fascinati dal troppo cre<strong>di</strong>to degli<br />
antichi scrittori» 4 , unendosi «in questo memorabil secolo destra a destra, e<br />
penna a penna per richiamare una volta il sodo gusto della letteratura, e<br />
d’una filosofia non fantastica, né corrotta da favole sopra favole» 5 .<br />
La ricognizione della storia, condotta <strong>su</strong>l duplice versante della storia<br />
naturale e della filosofia naturale, è in effetti in<strong>di</strong>rizzata da Gimma<br />
all’in<strong>di</strong>viduazione della nascita e del permanere degli errori – delle favole –<br />
e alla proposizione delle soluzioni 6 . La classica e primitiva causa <strong>di</strong> errore<br />
derivava in<strong>di</strong>rettamente dall’ossequio all’autorità. Molti si limitavano infatti<br />
a seguire pe<strong>di</strong>ssequamente i testi greci e latini («veterum graecorum<br />
monumenta latina faciendo» 7 ) riproducedone gli errori, molti mescolavano<br />
1<br />
Amplissimae incuriosorum societati ruscianensi Hyacinthus Gimma promotor S. D., in J.<br />
U. D. Hyacinthi Gimma Barensis, Civitatis Neap. Advoc. Extraor<strong>di</strong>narii: Ruscianensis<br />
Incuriosorum Societatis Promotoris- Perpetui, etc. Dissertationum academicarum tomus<br />
primus, qui duas exhibet Dissertationes, nempe I. De hominibus fabulosis. II. De fabulosis<br />
animalibus, in qua legitur de fabulosa generatione viventium; et fabulae in Philosophiaesperimentali:<br />
praesertim in Hominum, et Animalium Historia naturali introductae, et<br />
observationibus refelluntur, Neapolis, in ae<strong>di</strong>bus Mutii, 1714, s. p.<br />
2<br />
Ib.: «nihil sane utilius existimavi, nihilque <strong>di</strong>gnius, quam tollere mendacia, deceptiones, et<br />
narrationes falsas, quae naturalem historiam, et rectam etiam philosophiam corrumpunt».<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Citato nella Epistola ad Lectorem <strong>di</strong> D. A. Lopes, in id., s. p.<br />
5<br />
Ib.<br />
6<br />
Id., p. 4: «Longa quidem seculorum serie fuit naturalis philosophia maculis obumbrata,<br />
òultisque nevis conspurcata naturalis hisotira; quoniam multa ex au<strong>di</strong>tu potius, quam visa<br />
scriptis authores retulerunt».<br />
7<br />
Ib.<br />
130
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
favole e storia: «quippe multa fabulosa intermiscentur historiis, et levis<br />
saepe similitudo credulos fallit, aut ansam praebet imponen<strong>di</strong>; ac<br />
potissimum cum nemo non peccet familiare illud peccatum, ut velit ex<br />
rerum novarum recitatione clarescere» 1 ; altri, ancora, sostituivano alle<br />
favole antiche favole moderne 2 .<br />
Gimma contrappone a tutto questo le ‘regole’ della Royal Society 3 : compito<br />
<strong>di</strong> una società scientifica «non est <strong>di</strong>sputare, sed operari; et scopus non<br />
prosequi imaginaria instituta; sed liberare philosophiam vanis<br />
imaginationibus, et fabricationibus phantasiae; reddendo eam palpabilem, et<br />
deducendo in plana obiecta sen<strong>su</strong>um» 4 . Un modello, quello della Royal<br />
Society al quale si ispirano, ricorda Gimma, gli scienziati che in varie parti<br />
d’Europa hanno fondato accademie scientifiche 5 . Da questo punto <strong>di</strong> vista,<br />
la me<strong>di</strong>cina as<strong>su</strong>me per Gimma la duplice funzione <strong>di</strong> modello privilegiato<br />
della scienza e <strong>di</strong> cartina <strong>di</strong> tornasole delle storture introdotte nella scienza<br />
dalle favole e degli inevitabili ritar<strong>di</strong> che ne sono derivati. Come insegnava<br />
un vecchio adagio: «philosophos fabularum quodammodo amatores esse: eo<br />
quod fabula ex admiran<strong>di</strong>s constet» 6 .<br />
Non stupisce quin<strong>di</strong> che Gimma registri i <strong>di</strong>ssensi che <strong>di</strong>vidono i me<strong>di</strong>ci «in<br />
omnibus naturae operationibus», e anche nella stessa anatomia, dove lo<br />
‘sguardo’, l’analisi autoptica, dovrebbe pur fugare ogni dubbio 7 .<br />
De hymene virginum, de earum carunculis, aliisque innumeris quot sententiae<br />
leguntur, quibus eas dari, vel non, nihil statuere pos<strong>su</strong>mus, cum ex utraque parte<br />
1<br />
Id., p. 5: in questo caso Gimma cita da Gassen<strong>di</strong>. Sulla presenza <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong>, in<br />
particolare a proposito <strong>di</strong> questo tema, cfr. Sylva III, pp. 126-130.<br />
2<br />
G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 7: «ut autem antiquos, eorumque<br />
compilatores, et sectatores omittam, eorundem morbo lavorant etiam pleique recentiores,<br />
qui licet eorum fabulas refellere studeant, et nitori <strong>su</strong>o naturalem praesertim historiam<br />
restituere; nihilominus fabulas aut stabiliunt, aut de novo introducunt».<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Ib.<br />
5<br />
Cfr. ib.<br />
6<br />
Ib. È da notare che la citazione <strong>di</strong> Aristotele è in Guillelmi Harvei Exercitationes de<br />
generatione animalium, Patavii, ex Officina Heredum Pauli Frambotti, 1666, pp. 598-599;<br />
cfr. G. GIMMA, Sylva III, pp. 141-142.<br />
7<br />
Ib.: «his acce<strong>di</strong>t mirabilis me<strong>di</strong>corum <strong>di</strong>ssensio in omnibus naturae operationibus, non<br />
solum in tot morborum <strong>di</strong>versitate, ac totius me<strong>di</strong>cinae partibus, in quibus ratio, et iu<strong>di</strong>cium<br />
exercentur; sed etiam, quod mirum est, in ipsis anatomicis, in quibus oculi, et manus<br />
operantur».<br />
131
ationes, et observationes producantur? 1<br />
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Gimma nella storia, dove si inoltra nella selva <strong>di</strong> favole e metafore, trova gli<br />
esempi del retto metodo e scopre che anche le verità della scienza moderna<br />
sono meno indubitabili <strong>di</strong> quanto talvolta si pensi. Gimma riconosce che la<br />
moltitu<strong>di</strong>ne confusa <strong>di</strong> esperimenti <strong>di</strong> cui i moderni infarciscono le loro<br />
opere non facilita l’impresa del filosofo naturale. Ed è per questo, anzi, che<br />
«post tot secula nullam habemus veram, et universalem historiam» 2 . Gli<br />
esperimenti descritti da Aristotele si sono rivelati fallaci, e, da parte <strong>su</strong>a, un<br />
novatore come Re<strong>di</strong> ha mostrato che solo le esperienze continuamente<br />
ripetute sono valide 3 . Tutte le storie naturali, quelle degli antichi e quelle dei<br />
novatori, vanno, dunque, lette con cautela, per poter <strong>di</strong>stinguere quali cose<br />
sono verisimilia, quali probabilia e quali impossibilia 4 . La scienza<br />
sperimentale deve quin<strong>di</strong> fondarsi <strong>su</strong>ll’esperienza; richiedere ripetute<br />
conferme anche attraverso procedure <strong>di</strong> verifica molto complesse; delimitare<br />
rigorosamente i confini degli ambiti <strong>di</strong>sciplinari, avere sguardo vigile e, nel<br />
caso particolare della me<strong>di</strong>cina, ridefinire opportunamente la <strong>su</strong>a mappatura.<br />
Fino a quando queste con<strong>di</strong>zioni non saranno tutte sod<strong>di</strong>sfatte, qualunque<br />
teoria – per quanto improbabile o ad<strong>di</strong>rittura as<strong>su</strong>rda – troverà dei convinti<br />
1 Ib.<br />
2 Ib.<br />
3 Ib. L’Articolo VIII, in Giornale de’ letterati d’Italia…, cit., a p. 162-163, riconosce che<br />
nella prefazione Gimma «fa una savia critica, e da il giu<strong>di</strong>cio <strong>di</strong> molti Autori, esponendo<br />
con filosofica can<strong>di</strong>dezza i più bugiar<strong>di</strong>, e la cagione delle loro bugie, stupendosi con<br />
ragione, come molte cose, delle quali può essere giu<strong>di</strong>ce il senso, possano essere a tanti<br />
inganni, e dubbietà soggette, delle quali ne porta gli esempli». Osserva, soprattutto, «come<br />
in questo secolo ci è una sterminata congerie d’esperimenti, e <strong>di</strong> osservazioni, e come fra<br />
queste molte appariscono false, contaminandosi la filosofica fede, benchè paiono vere, <strong>di</strong><br />
maniera che non è ancora ben sicuro il <strong>di</strong>scorrere intorno agli effetti della natura, della<br />
quale (che è un vitupero) dopo il corso <strong>di</strong> tanti secoli non abbiamo ancora una vera, ed<br />
universale storia: il che tutto prova con riferirne pure gli esempi. Biasima giustamente<br />
ancora coloro, i quali vendono per proprie le cose rubate ad altri […]. Egli si <strong>di</strong>chiara<br />
d’essere a tutti fedele, confermando i <strong>su</strong>oi detti colle autorità, e dando a ciascuno i <strong>di</strong>ritti<br />
<strong>su</strong>oi. Non vuole però, che prevalga l’autorità, ma la ragione, e l’esperienza, quando quella<br />
non acconsenta col vero, mettendo in non cale il rossere, ed impugnandola con franchezza,<br />
quando s’allontanerà dal medesimo».<br />
4 Id., p. 10. Quanto al tema <strong>di</strong> quest’opera, «in his <strong>di</strong>ssertationibus quaedam colligere<br />
studui, quae ad animalium naturam, et generationem pertinet: alia in aliis <strong>di</strong>ssertat. Tradam;<br />
in omnibus tamen claissimorum hominum non praevalebit authoritas; nisi veritati consona<br />
erit; ideo eosdem saepissime oppugnare non erubescam; quia criticum tracto argumentum,<br />
et quatenus vires <strong>su</strong>ppetunt, me semper ostendam veritatis stu<strong>di</strong>o<strong>su</strong>m, et recentiorum<br />
amantissimum».<br />
132
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
sostenitori 1 . La verità della scienza così ricercata non si opporrà mai, in<br />
nes<strong>su</strong>n caso, a quella della fede; sempre a quella delle favole. E l’abate<br />
nell’esposizione delle <strong>su</strong>e ricerche, a <strong>di</strong>mostrazione, fa precedere il ‘parlar<br />
theologice’ al parlar ‘parlar philosophice’.<br />
Gimma riconosce a Walter Needham il merito <strong>di</strong> avere posto con particolare<br />
chiarezza il problema della definizione dello statuto <strong>di</strong>sciplinare della<br />
scienza me<strong>di</strong>ca<br />
non unius aetatis est phaenomena quoti<strong>di</strong>e tum in philosophia, tum in me<strong>di</strong>cina<br />
occurrentia colligere, in propias classes <strong>di</strong>sterminare, eorumque rationes ex veris,<br />
et indubitatis causis deducere. In arte pror<strong>su</strong>s coniecturali aliorum sententias<br />
convellere facilius est, quam solutionum principia, et fundamenta adeo evidentia<br />
<strong>su</strong>bsistere, ut sagacibus harum rerum indagatoribus satisfieri possit; obscura ideo<br />
est adhuc rerum naturalium veritas; etsi magis magisque in <strong>di</strong>es nobiliora <strong>su</strong>mat<br />
incrementa 2 .<br />
Sulla base <strong>di</strong> queste osservazioni, che hanno carattere metodologico, Gimma<br />
si addentra nella ampia letteratura che concerne l’uomo e le bestie 3 . Tutte le<br />
teorie e tutte le favole vengono registrate puntualmente, a cominciare da<br />
quella relativa all’anima delle bestie (e in questo caso, Gimma propende per<br />
la soluzione aristotelico-tomistica) a quella che pone l’assoluta uguaglianza<br />
tra uomini e bestie <strong>di</strong> chi «naturalem historiam perturbando, daemones, et<br />
belluas cum hominibus confuderunt»:<br />
Hanc ideo Dissertationem de Hominibus fabulosis scribo, ut homines a<br />
daemonibus, et ab animalibus <strong>di</strong>stinguerem, et aliquas fabulas, quae humanae<br />
naturae tribuerunt, detego. Ea vero, quae de homine <strong>di</strong>cuntur in iis, in quibus cum<br />
animalibus comparatur, ut de eius generatione, et similibus, in secunda Dissertat.<br />
De Fabulosis Animalibus perquiram; quare in hac Dissertatione prima, hominem,<br />
ut est: in secunda, ut est animal, considerabo 4 .<br />
1 Id., p. 8: «nullum est improbabile, et nulla, ut ita <strong>di</strong>cam, fatuitas; quae <strong>su</strong>os non habeat<br />
fautores etiam clarissimos; nihil inconveniens, quod authoritatibus, rationibus, et<br />
experientia non fulciatur; et Nihil quidem est, quod ex aliorum sententia probari non<br />
possit».<br />
2 Id., p. 9.<br />
3 Id., p. 12: «commune habet homo cum animantibus ea, quae ad corpus spectant; quae vero<br />
ad eius animam pertinent, cum iis nullo modo pos<strong>su</strong>nt comparari; unde quoad animam<br />
rationalem angelis, quoad corpus, animalibus comparatur».<br />
4 Ib.<br />
133
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Qui si vede il procedere univoco <strong>di</strong> teologia e scienza, giacché anche i testi<br />
sacri pongono l’unicità del genere umano e dell’humana <strong>su</strong>bstantia 1 . Al<br />
genere degli impossibilia, appartengono dunque le opinioni <strong>di</strong> Leone Ebreo<br />
che aveva affermato «fuisse a Deo productum primum hominem<br />
hermaphro<strong>di</strong>tum» 2 .<br />
Una più attenta considerazione Gimma de<strong>di</strong>ca alle dottrine <strong>di</strong> Paracelso e<br />
del <strong>su</strong>o ‘allievo’ italiano Giuseppe Francesco Borri 3 . Il primo, soprattutto,<br />
«<strong>di</strong>ver<strong>su</strong>s ab Adamo genus hominum penitus fabulo<strong>su</strong>m excogitavit» 4 , anzi<br />
<strong>di</strong>vise gli uomini in adamitici e non-adamiciti: i primi sono i nostri<br />
progenitori, i secon<strong>di</strong> sono i personaggi delle leggende e delle favole –<br />
ninfe, gnomi, salamandre e melusine. Questi ultimi non sono spiriti, ma anzi<br />
hanno sangue, carne ed ossa, proprio come noi, e «similes ideo esse<br />
hominibus in procreando, in figura, in commixtione, et sic esse homines, in<br />
procreando, in figura, in commixtione» 5 ; sono dotati <strong>di</strong> spiritus, ma non <strong>di</strong><br />
anima, che appartiene solo alla stirpe <strong>di</strong> Adamo. Il secondo, Gimma pone<br />
tra gli amatores delle favole paracelsiane 6 . Nelle Epistolae 7 , anche il<br />
‘me<strong>di</strong>co ciarlatano’, per usare una recente formula, ha posto come Paracelso<br />
quattro specie <strong>di</strong> creature che corrispondono ai quattro elementi 8 e ha<br />
avanzato ipotesi prive <strong>di</strong> alcun fondamento:<br />
fieri ait mortales huiusmo<strong>di</strong> soeminas elementares, si cum hominibus copulentur;<br />
sic etiam masculos cum mulieribus; et hanc sententiam, nullo tamen fundamento,<br />
a<strong>di</strong>u<strong>di</strong>cat Platoni, Pythagorae, Celso, […] aliisque recentioribus, et <strong>su</strong>am excusaret<br />
1<br />
Cfr. ib. Questa <strong>su</strong>bstantia prescinde dalla <strong>di</strong>fferenza dei sessi. Gimma parla anche <strong>di</strong><br />
«Thalmu<strong>di</strong>starum insania» (id., p. 13).<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Rinvio ancora, a proposito <strong>di</strong> G. F. Borri, a G. COSMACINI, Il me<strong>di</strong>co ciarlatano…, cit.;<br />
cfr. anche F. ABBRI, Gli ‘arcana naturae’: filosofia, alchimia e ‘chimica’ nel Seicento, in<br />
Cristina <strong>di</strong> Svezia. Scienza ed alchimia nella Roma barocca, Bari, Dedalo, 1990, pp. 49-68;<br />
A. BELARDINELLI, Il governo della peste: l’esperienza romana del 1656, in «Sanità,<br />
Scienza e Storia», (1987) n. 1, pp. 51-79.<br />
4<br />
Id., p. 14.<br />
5<br />
Ib.<br />
6<br />
Id., pp. 14-15: «sequutus est eum (scil. Paracelso) Joseph.-Franc. Borri Me<strong>di</strong>olanensis, qui<br />
Romae periit in carcerem conjectus ex sententia Sacr. Congreg. Inquisitionis ob innumeras<br />
haereses, et vanitte, quas docuit».<br />
7<br />
G. F. BORRI, Epistolae duae. I. De cerebri ortu et u<strong>su</strong> me<strong>di</strong>co. II. De artificio oculorum<br />
humores restituen<strong>di</strong>. Ad Th. Bartholinum, Hafniae, 1669.<br />
8<br />
Id., p. 15: «maris nempe Un<strong>di</strong>nos, aut Nymphas; Terrae Gnomos; ignis Salamandrios, et<br />
aeris Sylphos».<br />
134
insaniam 1 .<br />
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
I deliri <strong>di</strong> entrambi Gimma annota meticolosamente: secondo Borri, gli eroi<br />
e i semidei erano figli <strong>di</strong> uomini non adamitici 2 ; tutt’e due «Daemones ergo<br />
cum hominibus confundunt» e «Daemones ipsos esse homines <strong>di</strong>xerunt, et<br />
eos, a quibus dabantur Oracola, homines esse Elementares» 3 . Ri<strong>di</strong>cola e<br />
falsa è l’altra opinione, insegnata da Paracelso e seguita da molti, secondo la<br />
quale sarebbe possibile generare gli uomini per ‘arte chimica’ 4 :<br />
Abesina etiam, et Amatus Lusitanus apud Bartholinum sine utero huiusmo<strong>di</strong><br />
generationem fieri posse arbitrantur, et Petru Borellus […] satuere putavit, posse<br />
hominciones Paracelsi fieri invasculi ad ignem me<strong>di</strong>ocrem, quae semen humanum<br />
contineant, vel <strong>su</strong>b gallina inter ova reponantur, vel <strong>su</strong>b axilla 5 .<br />
Gimma oppone che non è in alcun modo possibile che gli uomini vengano<br />
generati dal seme contenuto in vasetti, e sotto le ascelle, o covato da una<br />
1 Ib.<br />
2 Ib.: «sic Zoroastem facit filium Oromasi Salamandrii: et Romulum Martis , aut alterius<br />
Salamandrii, ac Sylviae filium, et utrosque a patribus inflammato curru ad aeris regionem<br />
raptos» e soprattutto «asseritque Daemones incubos, et <strong>su</strong>ccubos esse potius elementares<br />
creaturas».<br />
3 Ib. Il già citato recensore del Giornale de’ letterati… aveva messo in rilievo questo<br />
aspetto. Gimma stabilisce «darsi un solo genere d’uomini, anzi un solo esserne stato creato<br />
da Dio, dalla cui costa cavò Eva la femmina, determinando essere una l’umana sostanza,<br />
contenersi il maschio, e la femmina sotto il nome d’uomo, e levando molte menzogne de’<br />
Talmu<strong>di</strong>sti, spettanti ad Adamo, come, che fosse un gigante, e che fosse ermafro<strong>di</strong>to. Ciò<br />
posto incomincia ad una ad una a <strong>di</strong>saminare le sentenze <strong>di</strong> coloro, che ne ammisero altri<br />
generi, e in primo luogo leva la falsa credenza del Paracelso, e del Borri, che vollero, darsi<br />
certi omaccini, del genere <strong>di</strong> que’ <strong>di</strong> Adamo <strong>di</strong>versi, abitatori degli elementi, come gli<br />
On<strong>di</strong>nni o Ninfe, i Pigmei, Gli gnomi, i Vulcani, e Salamandri, le Medusine, o Silfi<strong>di</strong>,<br />
giu<strong>di</strong>cando, essere questi Demoni, confusi o per ignoranza, o per malizia cogli uomini. Cfr.<br />
Articolo VIII, in Giornale de’ letterati d’Italia…, cit., pp. 164-165. G. COSMACINI, Il<br />
me<strong>di</strong>co ciarlatano…, cit., p. 69 nota come Borri fosse «esperto nelle pratiche chemiatriche<br />
e, più latamente, me<strong>di</strong>che» ma anche «ferratissimo nelle nuove conoscenze fisicofilosofiche,<br />
nel Seicento legate soprattutto al nome <strong>di</strong> Cartesio». Borri era un pensatore che,<br />
non sempre or<strong>di</strong>nato e rigoroso, non era comunque un favolista troppo legato ad antiquate<br />
formule magico-alchemiche e, sia pure con la cautela dovuta anche alle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />
in<strong>di</strong>care con precisione quali opere siano effettivamente dell’eretico milanese e quali invece<br />
non lo siano, si può aggiungere che la <strong>su</strong>a attenzione per la nuova filosofia cartesiana, e per<br />
gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Re<strong>di</strong>, ne fanno piuttosto un pensatore particolarmente interessante proprio in<br />
virtù della continua commistione <strong>di</strong> elementi ‘moderni’ e ‘premoderni’.<br />
4 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 16: «aliam docuit fabulam Paracel<strong>su</strong>s,<br />
et homunculos nonnisi ri<strong>di</strong>cule tra<strong>di</strong><strong>di</strong>t formam generan<strong>di</strong> vi Alchymistica».<br />
5 Ib.<br />
135
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
gallina. Non è possibile vedere nelle bocce <strong>di</strong> vetro – riempite con il sale<br />
ricavato dalle ceneri delle ossa – le immagini dei nostri antenati, come pure<br />
Pierre Borel si era ingegnato <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare. Non possono gli uomini nascere<br />
dalle piante, né come le piante che vengano generati dalla terra, come<br />
Camerario immagina che accada ogni anno non molto lontano dal Cairo, in<br />
Egitto; ed è una «fabulam item esse semine in terram immisso posse<br />
homunculum generari» 1 . Gimma passa in rassegna la vasta letteratura<br />
‘favolosa’ e quella ‘scientifica’ che mostra come i fenomeni più curiosi<br />
possono essere spiegati: il caso riportato da Kircher <strong>di</strong> alcuni fanciulli che<br />
sembravano essere stati generati da sconosciuti esseri che vivono all’interno<br />
delle grotte, si spiega ipotizzando che quei fanciulli si erano probabilmente<br />
introdotti nelle caverne in tempo <strong>di</strong> guerra, o <strong>di</strong> peste, e avevano acquistato<br />
un colore verde a causa della grande umi<strong>di</strong>tà del luogo 2 , come accade ai<br />
muri. Il caso descritto da Girolamo Brusoni che ha mostrato che è possibile<br />
vivere in caverne, con l’aria purgata dai fuochi sotterranei, o in altri luoghi<br />
apparentemente inabitabili 3 . Brusoni legge i resoconti dei viaggiatori. Nel<br />
1668 - racconta - fu trovata l’isola <strong>di</strong> Pines da una nave fiamminga «la quale<br />
fu ivi portata venti contrari, e dalla nebbia, e ritrovò in detta Isola, ch’è<br />
appresso la Terra Australe, intorno a dodeci mila persone. Questa nave ne<br />
portò la notizia con tutte le <strong>su</strong>e pertinenze al Re della Gran Brettagna a cui<br />
<strong>di</strong>ede una Relazione lasciata quivi dal primo huomo, che l’abitò» 4 . Da<br />
questa relazione egli ha appreso che nell’anno 1589 «andarono quattro navi<br />
verso le coste dell’Africa. Nel mese d’agosto giunte a vista dell’Isola <strong>di</strong> S.<br />
Lorenzo», furono investite da una formidabile tempesta, che le separò. Una<br />
<strong>di</strong> esse nel primo ottobre avvistò la terra, ma avvicinandosi alla costa fece<br />
naufragio «e postosi il Capitano colla maggior parte de’ marinari in uno<br />
schiffo, per scampare, rimasero tutti sommersi» 5 . Si salvarono solamente<br />
1 Id., p. 19.<br />
2 Id., p. 22.<br />
3 Cfr. G. GIMMA, Sylva I, pp. 499-501, e Dissertationes accademicae…, cit., p. 23. La fonte<br />
<strong>di</strong> Gimma per questa curiosa vicenda è Della Historia d’Italia <strong>di</strong> Girolamo Brusoni libri<br />
XL. Riveduta dal medesimo autore, accresciuta, e continuata dall’anno 1625 fino al 1676.<br />
De<strong>di</strong>cata all’illustris. mo ed Eccell.mo Signore il Signor D. Ramiro Ravaschieri De’ Conti<br />
della Vagnia, e de’ Prencipi <strong>di</strong> Belmonte. In Venetia, Appresso Antonio Rivanni, 1676,<br />
Libro Trentesimo sesto, pp. 918-920.<br />
4 G. GIMMA, Sylva I, p. 499.<br />
5 Ib.<br />
136
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
quei pochi che erano rimasti <strong>su</strong>lla nave cioè un uomo, che «tenea l’ufficio <strong>di</strong><br />
Cassiero, la figlia del Capitano, due serve, ed una Mora». I quattro scampati<br />
approdarono in un luogo <strong>di</strong>sabitato, e nello spazio <strong>di</strong> otto giorni riuscirono a<br />
costruirsi una casa per ripararsi dalle belve, con la speranza che ripassasse<br />
qualche nave per portarli in salvo. «Si sostentarono quattro mesi con ucelli<br />
che ritrovarono, ed ova de’ medesimi, pesci, e certa sorte <strong>di</strong> noci come gran<br />
pomi, che secche servivano <strong>di</strong> pane. L’ozio, e l’abbondanza <strong>di</strong> quel che<br />
bisognava incitò il detto huomo della Famiglia Pines, a conversare colle<br />
donne, le quali rimasero tutte gravide, e in <strong>di</strong>versi tempi partorirono» 1 . La<br />
vicenda raccontata da Brusoni continua: essendo «il Pines giunto alli 60<br />
anni <strong>di</strong> età, e venti dalla venuta all’Isola, maritò i figli, accasando quelli<br />
d’una donna con la famiglia dell’altra. Essendo già <strong>di</strong> anni 80 consegnò<br />
gl’istromenti, e’l <strong>su</strong>o guadagno al figlio maggiore, e lo fece Capitano, e<br />
Governatore degli altri; avendo dato a tutti porzione uguale della terra,<br />
acciocchè non contrastassero per l’agricoltura. Raccolse tucti per contare i<br />
<strong>su</strong>oi <strong>di</strong>scendenti, e li ritrovò, ch’erano 1789 persone, le quali bene<strong>di</strong>sse» 2 .<br />
Questa curiosa vicenda era stata annotata in Sylva I, viene ora definita nelle<br />
Dissertationes, senza mezzi termini, una storia inventata 3 , ed utilizzata per<br />
1 Id., p. 500. Dopo ventidue anni dal loro arrivo <strong>su</strong>ll’isola morì la «Mora». Gimma, non<br />
annota il fatto, ma Brusoni scrive piuttosto precisamente che si erano stabilite gerarchie<br />
molto precise all’interno del gruppo <strong>di</strong> naufraghi: se all’uomo spettava il ruolo <strong>di</strong> capo<br />
in<strong>di</strong>scusso era la figlia del Capitano a governare le vicende della casa e a fare le veci del<br />
compagno per le decisioni che riguardavano i rapporti fra i membri <strong>di</strong> sesso femminile.<br />
Esemplare il fatto che la ‘mora’ prima <strong>di</strong> poter conversare con l’uomo, dovesse chiedere il<br />
permesso alle altre donne – <strong>di</strong> razza bianca, riconoscendo un’inferiorità che aveva i crismi<br />
della naturalità. Cfr. G. BRUSONI, Della Historia…, cit., p. 919.<br />
2 G. GIMMA, Sylva I, pp. 500-501. «Diede a tutti il nome <strong>di</strong> Pines per essere il <strong>su</strong>o casato.<br />
Gl’istruì nella Scrittura Sagra, la quale salvò colle robbe, e mobili rimasti dopo il naufragio;<br />
e gl’impose, che non avessero mutato la loro lingua, anche se fossero venuti stranieri ad<br />
introdurvi altra. Fece una relazione <strong>di</strong> quanto era <strong>su</strong>cceduto, e la consegnò al figlio<br />
maggiore, acciocchè se n’avesse notizia del modo, in cui fu popolata l’Isola» (id., p. 501).<br />
3 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 23: «habitarunt incultam terram, ad<br />
quam pervenerunt, construxeruntque domum, et pro cibo avibus usi <strong>su</strong>nt, aviumque ovis,<br />
piscibus, inventisque pomis, quae exiccata, panis vicem gerebant. Otio, ac rerum copia<br />
motus Pines, praegnantes omnes red<strong>di</strong><strong>di</strong>t mulieres, et spatio annorum viginti, quibus terram<br />
illam incoluerat, aetatis autem <strong>su</strong>ae sexaginta, filios, et filias matrimonio coniunxit, et<br />
eosdem instruxit in Sacra Scriptura, quam non amiserat. Verum annum agens octogesimum,<br />
facta pius terrae <strong>di</strong>visione ad lites <strong>di</strong>rimendas, et filiis singulis parte <strong>di</strong>stributa, maiorem<br />
filium familiae <strong>su</strong>ae ducem et gubernatorem constituit omnium, quos volens numerare,<br />
invenit cum mulieribus 1789 numero. Hanc describit narratione fusius Brussonius, cuius<br />
fides sit apud Authorem». Il recensore del Giornale de’ letterati…, cit., a p. 167 annota a<br />
proposito «dell’Isola detta Pines, trovata appresso la terra Australe, che venne abitata per<br />
137
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
<strong>di</strong>mostrare che molteplici sono i motivi per i quali degli esseri umani<br />
possono abitare in luoghi come caverne.<br />
Gimma <strong>di</strong>scute poi delle favole relative ai Pigmei 1 , ai Serenigeri 2 e ai<br />
Giganti: «Maximas inviolvit <strong>di</strong>fficultates gigantum historia, an sint penitus<br />
fabulosi creden<strong>di</strong>; an verum sit, quod aliquando visi sint, et ea magnitu<strong>di</strong>ne<br />
mira, quam referunt; convenit ideo, ut aliqua breviter de eis perpendam» 3 .<br />
Le <strong>di</strong>fficoltà alle quali qui Gimma accenna sono legate alle implicazioni<br />
teologiche evidenti, giacché, «in Sacra Scriptura pluribus nominibus<br />
Gigantum genera <strong>di</strong>cuntur […] de cuius genere Goliath erat» 4 . Anche in<br />
questo caso, tuttavia, Gimma passa in rassegna le <strong>di</strong>verse e contrapposte<br />
opinioni. Quelle <strong>di</strong> chi crede siano figure favolose e quelle <strong>di</strong> chi crede siano<br />
realmente esistiti:<br />
Pygmaeos quoti<strong>di</strong>e fere pluribus in locis observamus, et <strong>su</strong>nt homines vere, parvae<br />
tamen staturae; et a con<strong>su</strong>eta degenerantes ex naturae defectu. Pygmaei igitur aut<br />
tales homines <strong>su</strong>nt, aut simiae, aut aliquando Daemones, qui formam<br />
homunculorum <strong>su</strong>mpserint; unde fal<strong>su</strong>m es eorum integras nationes reperiri 5 ,<br />
Gigantes nunquam fuisse cre<strong>di</strong>derunt nonnulli, asserentes eorum nomine venire<br />
homines <strong>su</strong>perbos, impios, Dei osores, et adversarios, praesertim Atheos […]. Alii<br />
<strong>di</strong>xerunt esse homines iratos, et in<strong>di</strong>gnatione venenatos contra Principes asperos;<br />
nec alia ratione fuisse eos a Poetis inventos; nisi ad Principum admonitionem; sicut<br />
enim terra contra Deos in<strong>di</strong>ganta gigantes peperit, qui <strong>su</strong>ae staturae magnitu<strong>di</strong>ne<br />
possent cum Deis certare; sic populi populos acer<strong>su</strong>m Principem <strong>su</strong>bertunt 6 .<br />
accidente da gente colà cacciata de [sic!] una tempesta <strong>di</strong> mare, dove tanto moltiplicarono,<br />
che il Pines giunto all’età <strong>di</strong> 80 anni, volle <strong>di</strong>videre l’Isola a’ figliuoli, e trovò, che fra<br />
maschi, e femmine erano 1789 compresi tutti i nati da’ medesimi, del che pare però, che<br />
dubiti il savio nostro autore»<br />
1 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 25: «genus aliud hominum<br />
commemorant, qui Pygmaei: nani, pumiliones, et homunciones breviculi, et mo<strong>di</strong>ce ab<br />
humo extantes <strong>di</strong>cuntur».<br />
2 Id., p. 26: «De serenigeris idem est <strong>di</strong>cendum […], infestari nempe ab iis Grutlan<strong>di</strong>ae<br />
populos, et eosdem Sereningeros facit Pygmaeis similes, et astutissimos, hyeme loca<br />
<strong>su</strong>bterranea incolentes, ac aestate, et cum Gruibus etiam pugnare, et unum vi<strong>di</strong>sse in<br />
manibus Siculi Moabitae parum palmo longiorem, humanis, membris et capite perforato a<br />
Guibus».<br />
3 Id., p. 32<br />
4 Id., p. 34.<br />
5 Id., p. 27:<br />
6 Ib.<br />
138
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Le <strong>di</strong>verse opinioni, il contrasto tra gli stessi Padri della Chiesa 1 , non<br />
impe<strong>di</strong>scono all’abate <strong>di</strong> far trasparire in controluce, e con tutte le cautele, il<br />
<strong>su</strong>o scetticismo: i giganti sono solo uomini che «inusitatam habent corporis<br />
magnitu<strong>di</strong>nem» 2 , giacché nes<strong>su</strong>na certezza vi è <strong>su</strong>i libri <strong>di</strong> Enoch, molti<br />
essendo andati perduti e alcuni essendo apocrifi 3 . Quando passa ad<br />
esaminare le favole relative ai demoni, <strong>su</strong>ccubi ed incubi, Gimma affianca -<br />
e già questo può essere considerato una spia della <strong>su</strong>a personale posizione -<br />
le opinioni dei me<strong>di</strong>ci, secondo i quali gli incubi non sono demoni, ma sono<br />
sogni che nascono quando, dormendo in posizione <strong>su</strong>pina, si prova un senso<br />
<strong>di</strong> oppressione <strong>su</strong>llo stomaco, e quelle dei Padri della Chiesa e dei teologi,<br />
secondo i quali si tratta <strong>di</strong> demoni:<br />
Ephialtes apud Me<strong>di</strong>cos, latine Incubus, est nocturna, corporis oppressio, et<br />
quaedam quasi <strong>su</strong>ffocatio, cum quis ab initio somni <strong>su</strong>pinus jacens, gran<strong>di</strong> se mole<br />
opprimi imaginatur, cum <strong>di</strong>fficili respiratione, immobilitate, ac voce praepe<strong>di</strong>ta<br />
proprie <strong>su</strong>ffocari videatur 4 .<br />
Una definizione scientifica della quale Gimma svela la paternità: «causam<br />
red<strong>di</strong>t Willis de anim. Brut. Par. 2 c. 6» 5 .<br />
Quanto ai teologi, essi non solo credono che gli Incubi siano dei demoni ma<br />
li affiancano ai Succubi: entrambi si manifestano durante il sonno ed hanno<br />
caratteristiche <strong>di</strong>fferenti: i secon<strong>di</strong> sono i demoni della ses<strong>su</strong>alità 6 . Gimma<br />
entra nello specifico delle numerose relazioni dove minuziosi sono i casi<br />
1 Id., p. 35: «ad explicandum gigantum originem magna fuit Authorum, et Patrum<br />
contentio, red<strong>di</strong>tque rationem Sixtus in Bilioth. Annot. 70 explicans locum Genesis, ubi<br />
legitur: Videntes filii Dei filias hominum […]. Patrum autem sententias varias ne hic<br />
referam, duae <strong>su</strong>nt opinione praecipuae, quae aptius verba Genesis explicant. Prima<br />
affirmat Filios Dei fuisse filios Seth: filias hominum, filias de stirpe Cain. Secunda per filio<br />
Dei intelligit Daemones, qui tales <strong>di</strong>cuntur ob spiritualem naturam: per filias hominum,<br />
mulieres: sicque gigante ab incubis, et <strong>su</strong>ccubis daemonibus genitos putant».<br />
2 Ib.: «Apud alios gigantum nomine veniunt homines, qui inusitatam habent corporis<br />
magnitu<strong>di</strong>nem; ideoque eos a monstrorum genere; sictu et Pygmaeos exclu<strong>di</strong> affirmant;<br />
quoniam proportionata habent membra; nec monstra, nisi quoad staturam conuetam <strong>di</strong>ci<br />
posse». Cfr. id., pp. 37-40.<br />
3<br />
4 Id., p. 40. Sulla figura dell’incubo cfr. il bel testo <strong>di</strong> J. STAROBINSKI, Troi fureurs, Paris,<br />
Gallimard, 1974; tr. it: Tre furori, Torino, Garzanti, 1978.<br />
5 Ib.<br />
6 Ib.: «Dixerunt alii <strong>su</strong>ccubum deci spiritum nocturnum muliebrem, illudentem inter<br />
dormiendum, ac si rem haberent veneram; quedadmodum masculus spiritus vocatur<br />
incubus», come fra gli altri sostiene Paracelso.<br />
139
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
descritti <strong>di</strong> atti ses<strong>su</strong>ali e delle modalità dei 'congressi' tra uomini e demoni 1 .<br />
Questi ultimi, essendone privi, si sarebbero serviti del seme <strong>di</strong> uomini<br />
particolarmente robusti per procreare giganti, semidei - Ercole, Enea, Servio<br />
Tullio, e persino Platone 2 - e stregoni, ad esempio Merlino e i Fauni<br />
Quod intelligendum tamen est, si Daemonis generationem intendat, et Deus id non<br />
prohibeat; poterat enim alias fictum semen infundere, et quandoque frigidum, cum<br />
se occultare <strong>su</strong>ccubis mulieribus noluerit, ut probat Delrius 3 .<br />
Posse maiorem solito volupatem afferre, ut semen abundantius emmitteretur,<br />
plurimum titillando, et imaginationi plurima ad rem facientia repraesentando;<br />
plurima enim pars venereorum motuum ab imaginatione fluit. Robusti ergo, et<br />
grandes ut nascerentur, ita poterant Daemones procurare 4 .<br />
La fonte <strong>di</strong> Gimma è, in questo caso, Del Rio. Dalle Disquisitiones<br />
magicarum viene condotto attraverso la letteratura <strong>su</strong>ll'argomento, da<br />
Diogene Laerzio a Vallesio («affirmat Franciscus Valesius apud Delrium» 5 ).<br />
Non viene negata l'esistenza, dopo il Diluvio, dei giganti, meglio <strong>di</strong> uomini<br />
<strong>di</strong> grande statura («Gigantes autem adeo magnos, ut jugera plura, ac<br />
1 Ib.: «Dari autem incubos, et <strong>su</strong>ccubos Daemones, qui venereum actum exerceant,<br />
communis est Patrum, et Theologorum sententia, imo Philosophorum experientia<br />
comprobata, ut probat Delrius Disqu. Mag. Lib 2 qu. 15 et soli<strong>di</strong>or est»; e id., p. 41: «Filii<br />
tamen ex tali concubitu nati non daemonis essent, qui corporei non <strong>su</strong>nt, et semine carent;<br />
sed hominis, cuius esset semen acceptum; et in hoc Authores omnes conveniunt». Questa la<br />
'dottrina' dalle quale hanno cavato le loro favole, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma, sono i 'moderni'<br />
Paracelso e Borri: «Ex hac doctrina <strong>su</strong>ae sententiae fundamenta <strong>su</strong>mpsit Paracel<strong>su</strong>s, qui<br />
probare conabatur dari <strong>di</strong>versa hominum genera, et Borri eius sectator cre<strong>di</strong><strong>di</strong>t etiam<br />
homines Elementaroes ab hominibus Adamicis <strong>di</strong>fferre»; Borri e Paracelso, ricorda ancora<br />
Gimma «<strong>di</strong>xerunt enim esse homines non Adamicos eos, qui Daemones <strong>su</strong>nt», mentre Van<br />
Helmont «eos appellavit animalia rationalia ab hominibus <strong>di</strong>stincta» (id., pp. 41-42).<br />
2 Ib.: «Ab Apolline, idest Daemone incubo natus credebatur Plato; nec alii erant antiquitatis<br />
Dii, quam Daemones […]. Idemque <strong>di</strong>ci poterit de Rege Danorum, et aliis, qui ab<br />
animalibus natu creduntur». Cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 88: «Saxo Danorum<br />
Scriptor […] Racconta, che l’orso rapì una donzella, dal cui congiungimento ne nacque un<br />
figlio, ‘cuius filius’ poi ‘Trugillus Sprachaleg nihil a paterna virtute deficiens, Ulfonem<br />
genuit, a quo Rex Sveno, et caetera Danorum Regum Stemmata seu quodam derivata<br />
principio, longo <strong>su</strong>ccessionis or<strong>di</strong>ne (teste Saxone) proluxerun’»; cfr. O. MAGNUS,<br />
Historiae septentrionalium gentium breviarium, libri XXII, Lugduni Batavorum, apud A.<br />
Wyngaerde et F. Moiardum,1645.<br />
3 Ib.<br />
4 Ib.<br />
5 Id., p. 42.<br />
140
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
ducentos cubito excederent, visos fuisse, non tam facile credam, si tantam<br />
molem consideremus» 1 ), ma viene svalutata la letteratura favolosa <strong>su</strong> questo<br />
argomento: testi sacri e moderna scienza non sono in contrad<strong>di</strong>zione 2 . Da<br />
Francis Bacon, uno degli autori <strong>di</strong> Vico, ma noto anche a Gimma, derivano<br />
non poche <strong>su</strong>ggestioni in ambiente napoletano. L'interpretazione delle<br />
favole <strong>di</strong> Gimma, ma anche quella <strong>di</strong> Giambattista Vico, vi si riallacciano in<br />
varie e <strong>di</strong>versificate maniere.<br />
Solo l’intervento straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Dio o quello dei demoni può produrre<br />
mutamenti nell'or<strong>di</strong>ne naturale che è costante e uniforme. La maggior parte<br />
dei fenomeni straor<strong>di</strong>nari descritti dalla letteratura 'favolosa' non appartiene<br />
a questo ambito, ma nasce da una sovrapposizione fantastica a fenomeni<br />
naturali che la scienza è in grado <strong>di</strong> spiegare. Da tali fantasie sono nate<br />
figure comi i silvestri, i centauri, e i satiri 3 , i Cinocefali, «et pilosis aliis<br />
hominibus» 4 , le nerei<strong>di</strong>, i tritoni 5 , quelle immaginate dai poeti 6 , gli uomini<br />
lupo 7 . Il me<strong>di</strong>co Ettmüller, nel caso dei satiri, ha fornito una possibile<br />
spiegazione:<br />
Ettmullerus scribens de Satyriasi, ita eam <strong>di</strong>ctam a Satyris ait, qui membro erecto,<br />
atque ad Venerem prono semper finguntur, et pinguntur; nomstris scil. talibus, quae<br />
et ipsa ex nefando hominum virorum cum capris congres<strong>su</strong> pronata fuerunt. Item<br />
de Format. Foetus cap. 23 ait, quod duplex genitura, duplicesque spiritus genitales<br />
1<br />
Id., p. 43.<br />
2<br />
Ib.: «Plures fuisse visos gigantes mirae magnitu<strong>di</strong>nis testantur authores, sive a primis<br />
propagatos, sive ab hominibus me<strong>di</strong>ocris staturae genitos».<br />
3<br />
Cfr. id., pp. 46-51.<br />
4<br />
G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., pp. 505-2.<br />
5<br />
Cfr. id., pp. 52-55.<br />
6<br />
Id., p. 56: «novi astrologum, cuius quaedam commemoravi in Epistola ad Virum<br />
eru<strong>di</strong>tissimum Antonium Vallisnerium […]; osten<strong>di</strong>tque ope anatomiae easdem vanas, et<br />
fabulosas, contra communem eorum sententiam, qui artes illas aut docent, aut profitentur<br />
[…]. Plura <strong>di</strong>xi eisdem per otium, quibus esse huiusmo<strong>di</strong> libros fabulosos ostenderem; nihil<br />
tamen profeci, cum potius me fabulo<strong>su</strong>m quilibet existimaret. Quae <strong>su</strong>nt falsa, rationi, et<br />
veritati contraria, dummodo ea Author aliquis referat, facillime creduntur. Hoc idem evenit<br />
historicis, qui mirabilia, immo impossibilia tanquam vera narrant, sive ab historicis, sive a<br />
poetis ea collegerint: ita Plinius in <strong>su</strong>a Historia Naturali plura poetarum figmenta<br />
commiscuit; plerique etiam fabulosos poetarum homines veros esse, et in <strong>su</strong>is regionibus<br />
reperiri scripserunt». La lettera a Vallisneri cui fa riferimento Gimma è naturalmente quella<br />
stampata <strong>su</strong>lla Galleria <strong>di</strong> Minerva, cfr. <strong>su</strong>pra.<br />
7<br />
Cfr. id., pp. 66-68. A p. 58 si legge: «Homines igitur faulosi, de quibus hactenus scripsi,<br />
aut nunquam fuerun, aut animalia <strong>su</strong>nt, aut Daemones; sed ut tutius ostendam Daemones<br />
quandoque eorum formas <strong>su</strong>mpsisse, sequens caput conscribo». Ma cfr. Articolo VIII, in<br />
Giornale de’ letterati d’Italia…, cit., p. 173.<br />
141
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
duplici modo formatum dant foetum, v. g. in mulo, in Satyro, etc. 1<br />
In Del Rio – l’ho già precisato - Gimma trova la grande messe <strong>di</strong> notizie che<br />
utilizza in questa lunga panoramica critica delle favole nella storia e nella<br />
filosofia naturali. In quanto ecclesisatico, del resto, era pienamente<br />
giustificato nelle <strong>su</strong>e letture: «bisogna, che sieno ancor note agli<br />
ecclesiastici e per condannarsi, e per darsi le pene a coloro che le usano, e<br />
per sapersi almeno quelle vanità [...] le quali abborrire si debbono 2 .<br />
La seconda delle due Dissertationes usa propriamente il 'parlar philosophice'<br />
e approfon<strong>di</strong>sce i temi accennati nel Ju<strong>di</strong>cium Martinianum 3 .<br />
L'argomento in <strong>di</strong>scussione è quello della generazione dei viventi. Anche in<br />
questo caso - Gimma lo precisa nella prefazione - <strong>su</strong>o primo compito è<br />
quello <strong>di</strong> fare giustizia delle molte favole <strong>su</strong>lla generazione degli animali e<br />
degli uomini 4 . In prima istanza, l'abate pone tra le favole degli antichi la<br />
considerazione <strong>di</strong> cielo, pianeti, e terra come esseri animati 5 . In seconda<br />
istanza, egli entra nello specifico della <strong>di</strong>scussione tra me<strong>di</strong>ci e filosofi <strong>su</strong>:<br />
generazione spontanea o dall'uovo; epigenisti e preformisti. In terza istanza,<br />
prende partito - sempre con le dovute cautele - a favore dei preformisti 6 . In<br />
conclusione <strong>di</strong> questa analisi, liberata la storia e la filosofia naturali da<br />
1 Id., p. 48:<br />
2 G. GIMMA, Idea della storia…, cit., t. II, p. 764.<br />
3 Cfr. Articolo V, in Giornale de’ letterati d’Italia tomo ventesimoprimo. Anno MDCCXV<br />
sotto la protezione del Serenissimo Gio. Gastone, Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia,<br />
MDCCXV, appresso Gio. Gabbriello Ertz, pp. 176-212.<br />
4 Cfr. G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., pp. 69-71. E a p. 72 «Deus namque<br />
creavit primum cuncta, quae in mundo <strong>su</strong>nt, et mundum ip<strong>su</strong>m, ut sacrae literae testantur, et<br />
homines non ex limo, et aqua vermiculorum modo effusi sponte uteris e terra conformatis<br />
eruperun, illis <strong>di</strong>sruptis, ut veteres philosophi cre<strong>di</strong>derunt, quorum sententiam inferius<br />
reiiciam».<br />
5 Id., p. 72-73: gli antichi filosofi «mundum enim plerique animatum <strong>di</strong>xerunt, ut Thales<br />
apud Laertium asserebat; nec non Terram instar animalis, cuius lanugo, et pili sint ipsae<br />
plantae, et arbores; imo Coelestes Orbes <strong>di</strong>xerunt animatos; siquidem existimantes corpora<br />
coelestia gravia esse, noluerunt ideo datam caelo animam, ut eius vi in <strong>su</strong>blimi consisteret,<br />
atque caeli salutem Atlante quodam in<strong>di</strong>gere, qui humeris <strong>su</strong>is illud <strong>su</strong>bstentarent.<br />
Empedocles praesertim caelum crystalli obstinere specie, et animam, et omnigenum<br />
animalium, atque arborum species indui; et se aliquam<strong>di</strong>u fuis se puerum, atque pulleam,<br />
arborem, et avem, atque piscem, de quo idem Laertius».<br />
6 Id., p. 74: l'uomo «pecularia habuit organa, in quibus semen, et futuri foetus materia<br />
generetur, ac retineatur, <strong>su</strong>osque tempore foetus ipse in lucem edatur».<br />
142
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
questa zavorra, egli verificherà una sostanziale convergenza tra teologia e<br />
scienza 1 .<br />
Gimma stabilisce innanzitutto che, a prescidere dalle personali inclinazioni<br />
per le teorie preformista o epigenista, è fuori <strong>di</strong> dubbio che tutti gli esseri<br />
viventi sono generati da un uovo 2 . Le esperienze <strong>di</strong> Francesco Re<strong>di</strong>, me<strong>di</strong>co,<br />
accademico del Cimento e archiatra granducale, letterato cruscante e poi<br />
anche arcade 3 <strong>su</strong>gli insetti sono, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma, decisive 1 . Attraverso<br />
1 A p. 74 (Id.) Gimma giustifica la liceità per il cristiano <strong>di</strong> affrontare queste questioni:<br />
«Licebit ideo ea tractare, et de iis loqui in sequentibus quaestionibus, cum opus fuerit, eo<br />
modo, quo verecun<strong>di</strong>s, et christiansi praesertim philosophis permis<strong>su</strong>m est; sicut et<br />
theologis ad <strong>di</strong>gnoscendas peccatorum circumstantias permittuntur, quae alias essent<br />
reticenda; si enim animalium fabulae in eorum genratione <strong>su</strong>nt ostendendae; nisi nominibus<br />
propriis partium generationi inservientium loquar, quomodo illas aperire licebit? At de hoc<br />
satis».<br />
2 Id., p. 73: «his tamen philosophorum figmentis omissis, fabulosa animalia, et eorum<br />
fabulosas proprietates antequam describam, quaedam preaemittenda duxi, quibus tota<br />
fabularum machina corruet. Sic rejecta primum fabulosa generatione spontanea, et ex putri;<br />
nec non statuta omni generatione ab ovo, et semine, quae totius Dissertationis erit quasi<br />
fundamentum; item probata necessitate ovi; et foeminei seminis, ultra semen maris, ad<br />
generationem perficiendam, ostendam fabulosam generatione sine maribus, aut per<br />
somnium, aut in Balneo». L’autore cui fare riferimento, sia <strong>di</strong>rettamente che in<strong>di</strong>rettamente,<br />
è naturalmente W. HARVEY, De humido primigenio. Exercitatio LXXII, in Exercitationes<br />
de generatione animalium, Amstelodami, apud Joannem Jansonium, 1651, <strong>su</strong>l cui<br />
frontespizio viene mostrato Zeus che apre un uovo dal quale escono animali <strong>di</strong> goni genere,<br />
compreso un uomo, e <strong>su</strong>ll’uovo compare il famoso motto Ex ovo omnia. Nel testo c’è la<br />
fondamentale formula ovum esse primor<strong>di</strong>um commune. Su questi temi cfr. ancora W.<br />
PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…, cit., pp. 276-294 e pp. 338-388. Vale la pena<br />
ricordare come la parola ‘uovo’, ad un esame attento, si riveli ambigua: se infatti nel caso<br />
degli animali ovipari essa ri<strong>su</strong>lta abbastanza precisa, in altri casi sfuggiva ad una<br />
definizione precisa. Ad esempio, Harvey non comprese mai la funzione degli organi che noi<br />
chiamiamo ovaie negli animali vivipari, per cui quello che definiva l’uovo del cervo era<br />
invece il sacco amniotico, nel quale si era andato sviluppando per alcune settimane<br />
l’embrione, o nel caso degli insetti era il bozzolo da cui fuoriesce la farfalla. Per uovo,<br />
quin<strong>di</strong>, più che il prodotto <strong>di</strong> un’ovaia femminile intendeva una materia prima o primo<br />
inizio, il primor<strong>di</strong>um comune appunto: l’uovo, l’origine <strong>di</strong> ogni essere vivente, si<br />
presentava ad Harvey come un punto omogeneo <strong>di</strong> materia che un principio formativo<br />
innato modellava e trasformava in un in<strong>di</strong>viduo articolato in grado <strong>di</strong> produrre, come <strong>su</strong>o<br />
atto basilare, un altro punto omogeneo <strong>di</strong> materia, il primor<strong>di</strong>um <strong>di</strong> un’altra generazione. In<br />
questa prospettiva, il seme maschile non può avere alcuna funzione materiale nella<br />
generazione, e Harvey ne definiva l’azione con il termine ‘contagion’, influenza<br />
immateriale che ritardava e stimolava l’uovo assopito.<br />
3 Su Francesco Re<strong>di</strong> la bibliografia è naturalmente sterminata, mi limito qui ad in<strong>di</strong>care<br />
titoli <strong>di</strong> particolare importanza: L. BELLONI, F. Re<strong>di</strong>, biologo, in Celebrazioni della<br />
Accademia del Cimento nel tricentenario della fondazione, Pisa, Domus Galileiana, 1958,<br />
pp. 53-70; G. BRACALI, Le prose scientifiche del Re<strong>di</strong>, in «Rivista d’Italia», 1916, pp. 145-<br />
179; P. OMODEO, La <strong>di</strong>sputa <strong>su</strong>lla generazione spontanea da Re<strong>di</strong> fino a Lamarck, in<br />
143
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
l’osservazione <strong>di</strong> un campionario <strong>di</strong> carni (<strong>di</strong> pesci, <strong>di</strong> serpenti, vitella da<br />
latte, e altro ancora) che viene fatta putrefare in fiaschi con le bocche serrate<br />
con carta e spago e sigillate con cura, lo scienziato aretino trae la<br />
<strong>di</strong>mostrazione che in assenza <strong>di</strong> germi provenienti dall’esterno non è<br />
possibile che si formino produzioni verminose. La putre<strong>di</strong>ne non è, quin<strong>di</strong>,<br />
uno stato <strong>di</strong> mezzo tra la morte e la vita; dal putrescente non nasce il vivente<br />
e non è dal marciume delle cortecce, delle foglie e dei frutti che nascono i<br />
vermi <strong>di</strong> cui brulicano le piante, o sbucano gli uccelli che ni<strong>di</strong>ficano <strong>su</strong>i<br />
rami, così come non è dalle palu<strong>di</strong>, dai letamai, dalle fogne che nascono gli<br />
insetti, o i semi della pestilenza 2 .<br />
Società, 1957, pp. 490-523; ID., Il metodo scientifico <strong>di</strong> F. Re<strong>di</strong>, in «La Rassegna della<br />
letteratura italiana», 1961, pp. 476-500; ID., Scienza e ‘filosofia’ in F. Re<strong>di</strong>, in «La<br />
Rassegna della letteratura italiana», 1962, pp. 85-99; G. M. PICCININI, La via nuova<br />
tracciata alla farmacoterapia da F. Re<strong>di</strong>, in «Rivista <strong>di</strong> storia critica delle scienze me<strong>di</strong>che<br />
e naturali», 1922, pp. 62-85; R. PITTALUGA, F. Re<strong>di</strong>, naturalista, in «Rivista d’Italia»,<br />
1909, pp. 254-260. Sull’attività poetica <strong>di</strong> Re<strong>di</strong>, e <strong>su</strong>l Bacco in Toscana, cfr. M. L. ALTIERI<br />
BIAGI, Lingua e cultura <strong>di</strong> F. Re<strong>di</strong>, Firenze, Olschki, 1968; G. IMBERT , Il Bacco in Toscana<br />
<strong>di</strong> F. Re<strong>di</strong> e la poesia <strong>di</strong>tirambica, Città <strong>di</strong> Castello, Lapi, 1890; C. A. MADRIGNANI, La<br />
poetica <strong>di</strong> F. Re<strong>di</strong> nella Firenze letteraria <strong>di</strong> fine Seicento, in Belfagor, Rassegna <strong>di</strong> varia<br />
umanità, 1960, pp. 402-414.<br />
1 Id., p. 82: «Insectorum genera omnia sine ovis, seu seminiis generari fabulo<strong>su</strong>m est [...].<br />
Huiusmo<strong>di</strong> generationem vermiculorum in caseo, cerasis, carnibus, aliisque rebus fieri<br />
osten<strong>di</strong>t Franciscus Re<strong>di</strong>us in lib. de Insect. Etenim a muscis, aut eiusmo<strong>di</strong> animalibus ova<br />
parturientibus originem ducunt vermiculi». La stima <strong>di</strong> Gimma per le ricerche <strong>di</strong> Francesco<br />
Re<strong>di</strong> fu sempre eccezionale e aveva una conoscenza delle <strong>su</strong>e opere non <strong>su</strong>periciale; in<br />
Sylva IV, a p. 615 annota le varie e<strong>di</strong>zioni delle <strong>di</strong>verse opere <strong>di</strong> Re<strong>di</strong>, a a proposito del <strong>su</strong>o<br />
scritto <strong>su</strong>gli insetti scrive: «Esperienze intorno alla generazione degl’Insetti 1668. in 4. Fu<br />
tradotto in latino, e stampato in Amsterdam, <strong>su</strong>mptibus Andreae Frisis, che lo tradusse,<br />
mercante <strong>di</strong> libri. 1671. in 12». Anche Harvey, secondo Gimma, era arrivato alle stesse<br />
conclusioni: cfr. id., p. 83: «sic eruca, quorum semina instar atomorum invisibilium a ventis<br />
ut plurimum deferuntur, in arboribus generari ait Harveus, ut <strong>su</strong>perius <strong>di</strong>ctum est; et ita<br />
etiam de omnibus insectis, et forte evidentiora explicantur; et si quae de caseo, et cerasis<br />
<strong>di</strong>cuntur, nonnullas habere <strong>di</strong>fficultates videantur; praesertim quod possint ovula illa in<br />
caseo conservari, et non vitiari in coctione casei; de quo fortsasse alibi loquar […]. Herbae,<br />
carnes, et alia omnia, quae putrescerepos<strong>su</strong>nt in insectorum generatione, et limus in mari,<br />
quem Rondeletius producere pisces affirmabat, aliud munus non exercent; quam aptum<br />
praestare locum ut ova, et alia vermiculorum semina <strong>su</strong>fficiens habeant alimentum, quo<br />
nutriantur. Plura ideo pos<strong>su</strong>nt explicari reiecta generatione ex putri, tanquam fabulosa, et<br />
fere in omnibus iam insectorum speciebus hanc generationem invenerunt recentiores,et<br />
assiduis observationibus Clarissimi Viri hanc doctrinam illustrare conantur».<br />
2 In A. BORRELLI, Francesco D’Andrea. Lettere a G. Baglivi, A. Bal<strong>di</strong>giani, A.<br />
Magliabechi, M. Malpighi, A. Marchetti, F. Re<strong>di</strong>, L. Porzio 1671-1692, in «Archivio<br />
Storico per le Province Napoletano» CXV dell’intera collezione, Società Napoletana <strong>di</strong><br />
Storia Patria, Napoli, 1997, p. 158.<br />
144
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Re<strong>di</strong> aveva così tolto ogni fondamento alla teoria della generazione<br />
equivoca: i vermi del formaggio o della carne putrefatta avevano origine da<br />
uova invisibili deposte dagli insetti 1 . Favole sono dunque le 'prove' addotte<br />
dai sostenitori della generazione spontanea (generatio aequivoca).<br />
Va, tuttavia, precisato che Re<strong>di</strong> non era così univoco come Gimma lo<br />
rappresentava. Scrive, ad esempio, il 4 febbraio 1673, Francesco D’Andrea<br />
ad Antonio Bal<strong>di</strong>giani: «Scrissi al signor Re<strong>di</strong> ciò che si era osservato dal<br />
signor Malpighi circa la produttion de’ vermini nelle galle e negli altri frutti,<br />
portando esso [Malpighi] opinione che non nascano né dalla putre<strong>di</strong>ne come<br />
sin’hora è stato creduto, né dal seme della pianta, come par che conceda il<br />
signor Re<strong>di</strong>, ma dall’uovo o seme della mosca», E, in effetti, Re<strong>di</strong> partecipa<br />
ad una <strong>di</strong>scussione aperta e a più voci alla quale prendono parte, fra gli altri,<br />
Harvey che aveva avanzato l’ipotesi dell'esistenza <strong>di</strong> vasi sanguigni non<br />
visibili e Malpighi che aveva scoperto <strong>di</strong> fatto l'esistenza dei capillari.<br />
Entrambi avevano posto, in tal modo, le basi della teoria secondo la quale<br />
vermi e insetti nascono da uova o semi anche se non invisibili 2 .<br />
Gimma passa in rassegna le teorie dei moderni, quelle dove non trovava<br />
alcuna commistione con il favoloso: quella <strong>su</strong>lle funzioni delle ovaie <strong>di</strong><br />
Reiner de Graaf, Nicolaus Stenon 3 e Jan Swammerdam, nota anche a<br />
1 Id., pp. 82-83: «duabus ipse carni portionibus ex recenter mactatis animalibus, tum<br />
piscibus, tum serpentibus, tum aliis in vitreo vase unam immisit partem quod operuit, ne<br />
musca, vel quid simile introiret: in alio aliam non clauso repo<strong>su</strong>it. Utraque carne poste <strong>di</strong>es<br />
putrefacta, verminosam tantum carnem in vase non clauso repositam invenit; non eam vero,<br />
ad quam musca a<strong>di</strong>tum non habuerat. Similem quoque vermiculorum productionem saepe<br />
in carnius, aut psicibus in loco expositis, ad quem accedere possit musca, observamus; vix<br />
enim illa musca retigit, praesertim aestivo tempore, vermiculorum copia confestim gignitur,<br />
etiam carne recenter mactata, et non putrefacta; neque aliud, nisi muscarum ova <strong>su</strong>nt<br />
vermiculi. In caseo, et aliis, quae fiunt verminosa, idem evenire aiunt; cum enim fit caseus,<br />
<strong>su</strong>per eum volitant muscae, quae ova pariunt, et ea in internas casei partes fermentatione<br />
perficiuntur, et fiunt vermiculi. De fructibus idem asserunt; praecipue in quibusdam<br />
cerasorum poris, facile parvula ovula introducuntur, flantibus ventis advecta, quae vel per<br />
aerem eran <strong>di</strong>sseminata, vel foliis, vel arborum corticibus adhaerebant; aut ab ipsis<br />
animalculis fuerant deposita. Solis inde aestu adveniente, ac cerasorum maturitate, quae fit<br />
per naturalem, et intrinsecam fermentationem, ovula illa vermiculos producunt; idemque in<br />
aliquibus cerasorum speciebus non observari aiunt, quia figuram habent aptam illa ovula ad<br />
transeundam per pororum configurationem unius, non vero alterius cerasorum speciei».<br />
2 Cfr. G. COSMACINI, Storia della me<strong>di</strong>cina e della sanità…, cit., p. 165, dove viene citato<br />
Re<strong>di</strong> che scrive: «bisogna bene aguzzar gli occhi e armargli bene d’un microscopio<br />
squisitissimo, per potergli squisitamente ravvisare, tanto son minuti e quasi invisibili; onde<br />
penso che ne manchi poco a potergli noverare tra gli atomi».<br />
3 Ib.: «hoc primum fuisse a Nicola Steno expres<strong>su</strong>m problemate affirmat Th. Bartholinus,<br />
145
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Bartholin, Fallopio, Roderico da Castro, Kerkring, Laurens, Riolan 1 , ma già<br />
nota ad Ippocrate o, come precisa Galeno, a Polibio «qui Psaltria quadam<br />
ancilla ovum fuisse dejectum per uterum refert» 2 .<br />
Di Reiner de Graaf, in particolare, scrive: «de Mulierum Ovariis fuse etiam<br />
scribens, saltem implicite se facit authorem; quamvis can<strong>di</strong>de nonnullas<br />
observationes circa foemellarum testes a Stenone mutuatum fuisse<br />
fateatur» 3 ; <strong>di</strong> Stenone riporta l'opinione secondo la quale «magnitu<strong>di</strong>ne inter<br />
se plurimum <strong>di</strong>fferunt haec ova in oedem ovario, et maiora in muliere ad<br />
pisi magnitu<strong>di</strong>nem vix accedutn, et minima <strong>su</strong>nti in iunioribus, maiora in<br />
provectioribus, tamque copiosa, ut in uno teste quandoque viginte et plura<br />
numeravit De Graaf» 4 ; e <strong>di</strong> <strong>di</strong> Malpighi riporta l’opinione secondo la quale<br />
quelle sinora osservate non erano vere uova 5 .<br />
Gli echi <strong>di</strong> questa questione si erano avvertiti, del resto, anche a Napoli:<br />
Francesco D’Andrea, in una lettera a Re<strong>di</strong> del 28 gennaio 1673, aveva<br />
quod nempe Stenonius propo<strong>su</strong>erit mulierum testes esse ovario Viviparorum analogos; et id<br />
collegisse ex canibus, piscibus, vaccis, cuniculis, ursa, lepore, salamandra, lupa, cerva,<br />
damis, vipera, et asina, in qua ultra vigintiova enumeravit […]. Idem in mulieribus<br />
observasse asserit; nam plura ova rotunda invenit in iuniore, quae nunquam apparuere in<br />
altera muliere quinquagenaria, in cuius testibus calculos invenit. Ova etiam reperit in<br />
<strong>di</strong>ssecto cadavee; eaque publice coqui iussit, et <strong>di</strong>ssecuit, eorumque <strong>su</strong>bstantiam perlucidam<br />
nullo apparente vitelli vestigio; ut videre esti in ovis avium, osten<strong>di</strong>t».<br />
1<br />
Id., p. 85: «hanc ovariorum doctrinam olsecit ante omnes Fallopius, a quo Tubae<br />
Fallopianae etiam nunc <strong>su</strong>nt <strong>di</strong>ctae; <strong>su</strong>per quibus doctrinae molem construxerunt<br />
<strong>su</strong>ccessores […]. Et eadem quoque olsecisse volunt Rodericum a Castro, qui humorem<br />
illum in vesiculis contentum ovi can<strong>di</strong>do, sive albunimi assimilavit, ut refert Theod.<br />
Kerckringius […]. Excreverunt postea recentiorum adeo observationes, ut nulli nunc sit<br />
dubium ab ovo generari quoque homines; habent namque mulieres ovaria, et seminis virilis<br />
spiritus profilicus ova foecundat: sic foecundata ad uterum feruntur per tubas Fallopianas,<br />
quas etiam oviductus appellant, ibique incrementum capiunt, et foventur, donec in foetum<br />
crescant, et paulatim partes illas corporis, et quidem, omnes explicando, cuius delineatio, et<br />
principia proculdubio in ovo reperiuntur, perfectione tandem acquisita in lucem prodeant.<br />
Ex interiori ovorum <strong>su</strong>bstantia foetus, ex altera, membrana scil. qua formatur ovum,<br />
quaeque illud continet, secun<strong>di</strong>nae efformantur, quae involvunt foetum ip<strong>su</strong>m; quam<strong>di</strong>u<br />
intra uterum latet, et eandem <strong>di</strong>srumpit, ut egre<strong>di</strong>atur. Recte Steno inquit: omnis uterus dum<br />
foetum gerit, ovum gerit».<br />
2<br />
G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 84.<br />
3<br />
Id., p. 84.<br />
4<br />
Id., p. 85. «Singula ova insidere cuidam sinui, sicuti glans insidet <strong>su</strong>ae cap<strong>su</strong>lae oservavit<br />
Philippus Verheyen, ad quem finum plurimae, et tenuissimae terminantur venae, et arteriae;<br />
quarum indubie hae materiam pro nutritione, et accretione ovi afferunt, illae <strong>su</strong>perfluam<br />
revehunt» (ib.).<br />
5<br />
Id., pp. 85-86: «quod tamen negat Malpighius in Epist. ad Spontum, qui in lumphaticis<br />
vesiculis contineri ait nutrimentum corporis glandulosi lutei, quod postea calix ovi est, et<br />
ovum postea <strong>su</strong>o tempore in eius me<strong>di</strong>o manifestatur».<br />
146
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
scritto che «il signor Malpighi non havea veduto il Regnero, havea bensì<br />
havuta relatione del <strong>su</strong>o pensiero per una lettera scrittagli da Inghilterra». Le<br />
<strong>di</strong>fficoltà che Malpighi incontrava nelle teorie <strong>di</strong> Graaf, precisava,<br />
nascevano «dal non vedere il ducto per lo quale l’uova potessero introdursi<br />
nelle tube falloppiane da V. S. hoggi co’ più moderni chiamate oviducti» 1 e<br />
dal non concepire come due condotti «che parean come due nervi, per gli<br />
quali l’uova, dopo ricevuto il fermento, s’introducevano nell’utero, quali io<br />
credea esser cose <strong>di</strong>fferenti dalle tube, poiché havendole egli <strong>di</strong>segnate in<br />
carta, io <strong>di</strong>cea ch’ogni altra cosa vi havea veduto, fuorchè quella espansione<br />
nell’orificio pr lo quale han meritato il nome <strong>di</strong> tube» 2 .<br />
Nella Napoli in cui il giovane Gimma stu<strong>di</strong>a, proprio negli anni in cui si<br />
scatenano alcune fra le più violente polemiche <strong>di</strong> carattere me<strong>di</strong>co, questi<br />
temi erano, come si vede, ampiamente <strong>di</strong>scussi. Gimma, pur non prendendo<br />
esplicitamente posizione a favore <strong>di</strong> Reiner de Graaf, si mostra<br />
particolarmente interessato a questo tema. E <strong>su</strong>bito dopo mostra come<br />
escano secondo il Verheyen e come debbano <strong>di</strong>stinguersi dalle idati<strong>di</strong> le<br />
vere uova 3 , per poi esporre la generazione dell’uomo, e degli animali,<br />
«riferendo con molta <strong>di</strong>ligenza le sentenze de’ principali moderni me<strong>di</strong>ci ed<br />
anatomici, né tralasciando quella del Leeuwenochio, che vide i vermicciuoli<br />
nel seme, da’ quali pensa nascere gli uomini, conchiudendo prudentemente,<br />
1 A. BORRELLI, Francesco D’Andrea. Lettere a G. Baglivi…, cit., p. 153. Nicholas Steno,<br />
nel 1667, aveva scoperto le ovaie, piene <strong>di</strong> uova, in un piccolo squalo, una creatura<br />
vivipara. Nel 1672 Graaf scoprì i follicoli <strong>su</strong>i ‘testicoli femminili’ come erano chiamati gli<br />
ovari <strong>di</strong> conigli, cani, mucche ed esseri umani. Graaf credette che si trattasse <strong>di</strong> uova ed<br />
affermò che i cosiddetti testes erano in raltà ovaie. Me<strong>di</strong>ante una serie <strong>di</strong> esperimenti con<br />
coniglie gravide, scoprì l’identità numerica costante tra il numero <strong>di</strong> embrioni nell’utero e il<br />
numero <strong>di</strong> corpi lutei nelle ovaie, i corpora lutea lasciati dai follicoli dopo l’ovulazione.<br />
Graaf aveva in realtà scambiato il follicolo per l’uovo – infatti l’uovo del mammifero è<br />
tanto piccolo che per essere scoperto occorre attendere il XIX secolo – ma la <strong>su</strong>a scoperta<br />
era essenzialmente corretta.<br />
2 A. BORRELLI, Francesco D’Andrea. Lettere a G. Baglivi…, cit., p. 153.<br />
3 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 86: «non apparet quidem, unde ovis in<br />
ovariorum membrana inclusis detur exitus ad uterm, cum illa videatur pervia; attamen<br />
patesn illa apparet, ut ait Verheyen, postquam ova ex ovario ad tubas fuerint transmissa;<br />
imo si in brutis perfectioribus observetur, ovo scil. uno, vel pluribus iam egressis, aut ad<br />
egres<strong>su</strong>m paratis, videbitur <strong>di</strong>cta membrana totidem parvis foraminibus perforata; unde<br />
<strong>di</strong>cendum est, ea foramina alio tempore nimis esse exigua; sic osculum uteri, qui ante<br />
paucos menses ne quidem pi<strong>su</strong>m admittebat, in partu ite <strong>di</strong>latatur, ut foetui nonimestri<br />
transitum concedat. Interdum in ovariis reperiuntur corpuscula, et vesiculae, quae ovorum<br />
habent similitu<strong>di</strong>nem, Hydatides <strong>di</strong>ctae, et humorem aqueum continent, coctione tamen non<br />
fiunt dura, ut vera ova, quia ova non <strong>su</strong>nt».<br />
147
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
essere ancor molto oscuro il negozio della generazione, ed esclamando col<br />
Bartolini: Tempus singula docebit» 1 .<br />
La <strong>di</strong>scussione <strong>su</strong>lla generazione dall'uovo si estendeva a quella <strong>su</strong>lla<br />
funzione dell’utero 2 . Gimma aveva raccolto il materiale in Sylva III 3 ; ora lo<br />
presenta all'interno <strong>di</strong> una elaborata <strong>di</strong>scussione. La prima precisazione<br />
riguarda la sostanziale uguaglianza tra organi genitali femminili e maschili:<br />
«Error quo falso hactenus putatum fuit partes Mulierum genitales virorum<br />
partibus analogas fuisse» 4 ; la seconda la varietà degli ovuli 5 : «In viviparis a<br />
primor<strong>di</strong>is in ovariis, quae testes vulgariter <strong>di</strong>cuntur, exigua continentur ova,<br />
in quibus cicatrix colliquamenti portione ambitur; haec autem in uterum<br />
delapsa, et ibi foecundata, adveniente ab utero nutritio <strong>su</strong>cco in novum<br />
excrescunt ovum, adaucto sensim contento foetu» 6 ; mentre negli insetti, «et<br />
quorundam imperfectorum animalium minimis ovis, ultra cicatriculam<br />
exigua humorum moles extat, et brevi incubato animal promunt, quod,<br />
<strong>su</strong>ccessiva nutritione externarum partium facta mutatione, <strong>di</strong>versas <strong>su</strong>bit<br />
apparentias, manifestatis, et emergentibus plurimis membris, et quibusdam<br />
etiam obliteratis. Alia pariter aderunt ovorum genera nobis adhuc ignota» 7 .<br />
La terza la <strong>di</strong>fferenza degli ovuli dei vegetali e degli altri viventi: «inter<br />
viventium, et vegetabilium ova est <strong>di</strong>fferentia» 8 . Quanto al seme dell'uomo,<br />
esso «non manere in oviducto, sed sive totum, sive praecipua <strong>su</strong>i parte intra<br />
sanguinem penetrare; id quod constat, et per Harveii experimenta, nihil in<br />
utero reperientis, licet plures damas eo fine aperuerit, et communi<br />
experimento fere omnium mulierum percipientium illico a conceptione<br />
symptomata universalia non aliunde oriunda, nisi a mutata proportione<br />
humorum in fluido virili, seu sanguine» 9 . La quarta la modalità della<br />
fecondazione: «Cre<strong>di</strong><strong>di</strong>t foecundationem similiter fieri per <strong>su</strong>btiliorem<br />
1 Articolo V, in Giornale de’ letterati d’Italia…, cit., p. 180.<br />
2 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 86: «uterus ex natura <strong>su</strong>a vegetationis<br />
ager <strong>di</strong>citur a Malpighio de Utero et Vivip. Ovis, in qua sata semina, seu ova foventur, et<br />
viventis partes explicatiores red<strong>di</strong>tae manifestantur, et firmantur».<br />
3 Cfr. ad esempio G. GIMMA, Sylva III, pp. 147-149.<br />
4 Id., p. 405. La fonte <strong>di</strong> queste pagine è C. BARTHOLINUS, De ovariis mulierum, epistola<br />
anatomica, Roma, typis Pauli Monetae, 1671.<br />
5 Ib.: «Ovorum species variae <strong>su</strong>nt. De illis eleganter in Anatome Plantarum Malpighius».<br />
6 Ib.<br />
7 Ib.: «ultra cicatriculam varii circumlocantur humores, qui uteri vices <strong>su</strong>pplent, contento<br />
foetui auctionem, et nutritionem <strong>su</strong>ppe<strong>di</strong>tant».<br />
8 Id., p. 406.<br />
9 Ib.<br />
148
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
seminis partem sanguini statim eodem modo communicatam per vasa<br />
sanguinea» 1 . Gimma utilizza il De morbis mulierum <strong>di</strong> Nicolaus Fontana 2 e<br />
fa tesoro delle osservazioni <strong>su</strong>lla malattia dell'utero denominata «uteri<br />
strangulatio» attraverso la quale è stato possibile fare molte utili scoperte<br />
<strong>su</strong>lla natura e le funzioni <strong>di</strong> questo organo<br />
Actio uteri statuitur motus quidam naturalis, unde Plato uterum animal esse voluit 3 .<br />
La natura anatomica – ma l'anatomia implica anche lo stu<strong>di</strong>o della fisiologia<br />
– degli organi preposti alla generazione costituiscono per Gimma l’elemento<br />
<strong>di</strong> maggiore interesse nelle ricerche che i moderni hanno condotto, spesso<br />
ricollegandosi alle teorie degli antichi: più volte, non a caso, viene<br />
sottolineato, ad esempio, come Harvey seguisse Aristotele e non i <strong>su</strong>oi<br />
contemporanei nell’elaborazione delle <strong>su</strong>e teorie <strong>su</strong>lla generazione dei<br />
viventi.<br />
Le domande alle quali la scienza doveva rispondere all'interno delle opzioni<br />
generali avevano indubbiamente una valenza teologica, in quanto<br />
includevano, ad esempio, nel problema della verginità, quello del<br />
concepimento della Madonna, e, nella questione dei fossili, quello del<br />
Diluvio universale:<br />
an possit Virgo naturaliter sine virginitatis jactura concipere: an detur generatio ab<br />
Eunuchis, aut ex congres<strong>su</strong> animalium, et extra uterum in mulieribus; aut in foetu<br />
praegnante: an item e Terra producantur homines, et animalia, an in aere, vel in<br />
1 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 86. Proprio a questo proposito ci fu una<br />
controversia con Reiner de Graaf : «De hac controversiam habuit cum Regnero De Graaf,<br />
eamque excussit in lib. de Diaphragm. Cap. 3 sect. 3 ille enim foecundari ova affirmat<br />
semine illuc per tubas transmisso, et se contrarium, et proprii Graaffii rationibus probasse<br />
autumat»: Id., p. 87; e «Me per epistolam monuit Malpighius incre<strong>di</strong>bile fere videri<br />
<strong>su</strong>bstantiam seminis in uterum penetrare, nec in Gallinis fieri posse, ut semen Galli duabus<br />
papillulis expres<strong>su</strong>m ad ovarium ascendat, cunctaque ova aspergendo foecundet» (Id., p.<br />
407). Cfr. anche G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 87: «fuisse etiam per<br />
epistolam a Malpighio nomitum refert, incre<strong>di</strong>bile fere videri, <strong>su</strong>bstantiam seminis in<br />
uterum penetrare, nec in Gallinis fieri posse, ut semen Galli duabus papillulis expres<strong>su</strong>m ad<br />
ovarium ascendat, cunctaque ova aspergendo foecundet»; ma cfr. anche G. GIMMA, Sylva<br />
III…, p. 148.<br />
2 N. FONTANUS, De uteri strangulatione, in De morbis mulierum, Venetiis, Turrinum, 1649.<br />
3 Id., p. 426. Cfr. Th. Bartholini, Anatome. In primis institutionibus b. m. parentis C.<br />
Bartholini ad circulationem harvejanam et vasa lymphatica, Lugduni Batavorum,<br />
Aacklana, 1673.<br />
149
nive, aut in igne 1<br />
e<br />
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
quomodo pisces fossiles siant: an pisces ovipari generentur facta foecundatione ovi<br />
extra uterum: an ex arborum foliis fiant animalia: an sine corde animantia gigni;<br />
aut sine cibo vivere possint; et an posit in marem soemina mutari; ut inde ad<br />
particulares aves fabulosas, et ad terrestria, et aquatilia animalia deveniam 2 .<br />
Quanto alle opzioni generali, Gimma critica la generazione spontanea anche<br />
in quanto implica la possibilità che siano generati animali imperfetti<br />
(«essere favolosa la generazione dalla putre<strong>di</strong>ne, e non esserci alcun<br />
animale imperfetto» 3 ). Una tale teoria implica, infatti, un intervento<br />
continuo <strong>di</strong> Dio che sospenda la regolarità della natura. Gimma non<br />
ammette l’esistenza <strong>di</strong> animali imperfetti:<br />
In Creaturis Creator ipse videtur, et in minimis opera <strong>di</strong>gitorum Dei elucent, ut<br />
inquit Jacobaeus; perfectaque ea <strong>di</strong>xissent, si eorum considerassent architecturam,<br />
industriam in nutritione, in propagatione, omnibusque <strong>su</strong>i operationibus, quibus<br />
naturam in minimis mirabiliorem possent deprehendere 4<br />
Animali imperfetti, erano considerati gli insetti, i ragni, i vermi e in genere<br />
gli animali <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni. Solo gli sciocchi, afferma Gimma, oppure<br />
coloro che non hanno osservato la complessità anatomica degli insetti,<br />
possono seriamente ritenere ch’essi abbiano un grado <strong>di</strong> perfezione minore<br />
rispetto agli animali più gran<strong>di</strong>: «Plus enim formicularum et apicularum<br />
opera stupemus, quam immensa corpora balenarum» 5 ; e non può sfuggire la<br />
capacità delle api <strong>di</strong> costruire cellette perfettamente esagonali e <strong>di</strong> estrarre il<br />
nettare dai fiori: «Florum omnium quintam essentiam velut in alembico<br />
extrhaunt» 6 . In più, il microscopio ha rivelato la meravigliosa architettura<br />
1 Ib.<br />
2 Ib. Anche se gli organi preposti alla generazione, «cum pudendae partes <strong>di</strong>cantur», sono<br />
considerati osceni, poiché essi sono necessari alla riproduzione e «a Creatore Sapientissimo<br />
ad id munus exequendum artificiosissime sint con<strong>di</strong>ta», è lecito «scientificis videre etiam et<br />
tangere natura» quel che «sollicita pu<strong>di</strong>citaie conservatrix velare curavit»<br />
3 Articolo V, in Giornale de’ letterati d’Italia…, cit., p. 177.<br />
4 Id., p. 81.<br />
5 Ib.<br />
6 Ib.<br />
150
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
degli insetti 1 . Come ha scritto Thomas Willis, «insectis terrestribus, mole<br />
licet exigua prae<strong>di</strong>tis, animas ingentes adesse ait, et actiones testantur, quae<br />
quidem ab illarum nonnullis, scil. Bombyce, Ape, Formica, Aranea, et<br />
similibus admirandae eduntur» 2 .<br />
Dio - è questa la conclusione <strong>di</strong> Gimma - ha stabilito, una volta per tutte e<br />
come legge necessaria, che ogni simile produca il simile. Né è possibile che<br />
sia il caso a 'macchinare' «un’architettura cotanto mirabile» 3 . Dio ha<br />
stabilito per ciascuna specie il proprio seme, «semen iuxta genus <strong>su</strong>um» 4 .<br />
I testimoni chiamati in causa a sostegno della «generatio a semine» sono<br />
Thomas Bartholin e Francesco Vallesio 5 . Gimma li cita e riporta anche le<br />
loro incertezze. Quelle dello stesso Vallesio e <strong>di</strong> Guillaume Rondelet 6 ,<br />
contro la quale Gimma cita Harvey, secondo i quali molte piante ed animali<br />
nascono spontaneamente dalla putre<strong>di</strong>ne (per accidens, o ex putri) 7 :<br />
1<br />
Ib.: «Miramur […] culici annexas pennas argenti aemulas, caveam ventris jejunam, artis<br />
geminae proboscidem so<strong>di</strong>endo acutam, sorbendo fistularum. Miramur in locusta<br />
pulmonum tubulos, in Apibus utrem <strong>di</strong>stenctum melle: in Bombyce serico tumens<br />
mar<strong>su</strong>pium, ut plura alia omittam, quae numero memoriam fallunt».<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib. Cfr. G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 75: «naturae lege fuit a Deo<br />
constitutum, ut omne simile sibi simile per semen <strong>su</strong>um producat; alias enim animantia, et<br />
vegetabilia iuxta speciem <strong>su</strong>am non essent similia, et vanum est recurrere ad ca<strong>su</strong>m; cum is<br />
non possit externarum partium, et internarum etiam in minimis animalculis tam mirabilem<br />
architecturam moliri».<br />
4<br />
Ib. E ancora: «de<strong>di</strong>t ergo Deum semen or<strong>di</strong>naturm, scil. materiam proportionatam ad<br />
producendas species, et ad exprimendam naturae similitu<strong>di</strong>nem; sic plantae unius generis<br />
alterius generis plantam non generat; nec planta a semine bruti generatur; aut brutum a<br />
planta; est enim semen generationis materia ad pruductionem [sic!] in naturae similitu<strong>di</strong>ne<br />
proportionata; alias frustra singulis rebus de<strong>di</strong>sset Deus semen iuxta genus <strong>su</strong>um; et<br />
me<strong>di</strong>corum etiam Veterum est sententia, singulas seminis particulas determinationem<br />
singularum habere, referentera illam partem corporis parentum ex qua fluxerunt; et quam in<br />
foetu debent effingere, ut ait Barholinus in Anat. lib. 2 cap. 28 qua de re fusius inferius<br />
agam» (id., p. 76).<br />
5<br />
Ib.<br />
6<br />
Cfr. id., pp. 76-77.<br />
7<br />
Secondo il Vallesio alcuni animali «generari […] per putrescentiam, aut per<br />
concoctionem, aut per alterationes quasdam; sic aurum ab auro fieri, et metallum aliud ab<br />
alio negat, aut lapis a lapide, asserens ex terra, et aqua gigni, nullamque seminalem inesse<br />
virtutem, siccut neque in aliis, quae vegetabilim naturam non habent. Triplicem ideo<br />
constituit <strong>di</strong>fferentiam, ab aliis quoque ante ip<strong>su</strong>m tra<strong>di</strong>tam: alia perfectissima vocat, quae a<br />
sibi similibus generari pos<strong>su</strong>nt, ut homo […]. Alia vilissima, quae generari ait per accidens,<br />
ut pe<strong>di</strong>clua, vermes, fungi […]. Alia demum inter haec perfectione etiam me<strong>di</strong>a,quae tum a<br />
similibus, tum sponte nasci affirmant, ut mures, vespae […]. Plantis quoque hanc triplicem<br />
nascen<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferentiam constituit; imo et ex omnibus creatis, alia per se fuisse initio mun<strong>di</strong>,<br />
alia in potentia, et in <strong>su</strong>is principis, ex quibus orta, naturaliter sint, ut etiam ex terra, et aqua<br />
151
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
Dari autem hanc spontaneam generationem per accidens, et ex putri, aut alia<br />
ratione sine semine, nostro hoc aevo fabulo<strong>su</strong>m esse docent experimenta, et<br />
Clariss. Virorum observationes; cum firmissime constet omnia ex semine produci.<br />
Probat Harveus de Concept. Omnia ex univoco fieri, nempe idem semper idem<br />
progenerare; quod non solum in artefactis observare licebit […]; sed in iis etiam,<br />
quae ad animum spectant, ut mens mentem procreat, opinionem opinio 1 .<br />
È eadem norma che regola la trasmissione ere<strong>di</strong>taria <strong>di</strong> virtutes e vitia:<br />
«parentibus <strong>su</strong>is similes nascuntur, virtutes etiam, et vitia haere<strong>di</strong>taria ad<br />
nepotes transferuntur; morbi quoque sibi similes in aliis producunt, et alia,<br />
quae fusius ipse descripsit, et Theoremate propo<strong>su</strong>it» 2 .<br />
L'impiego da parte <strong>di</strong> Harvey del termine epigenesi nel <strong>su</strong>o moderno<br />
significato embriologico, denotante la formazione del feto e degli animali<br />
per ad<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> parti una dopo l’altra 3 , fornisce a Gimma le armi contro la<br />
generatio aequivoca, ossia la generazione spontanea e la metamorfosi.<br />
Nell'accezione <strong>di</strong> Harvey/Gimma la metamorfosi è sinonimo <strong>di</strong> generazione<br />
spontanea: in<strong>di</strong>ca il processo che si ha, ad esempio, quando da un uovo o da<br />
materiale in putrefazione (che è «<strong>di</strong>ssolutio compositorum», un processo per<br />
il quale «quod fuit factum ad <strong>su</strong>a prima, aut ad <strong>su</strong>a secunda composita»<br />
ritornano 4 ) nasce un verme 5 . A questa concezione essi oppongono che le<br />
varie parti del corpo si formano, al contrario, ad una ad una, anche se si<br />
soventibus ea caelestibus corporibus, aut intra sex ipsos <strong>di</strong>es, aut postea, orta fuisse affirmat<br />
metalla […] herbas sponte nascente, et alia omnia quae non habere putat seminale<br />
principium, nque fieri a similibus; sed aliarum causarum concussione per accidens produci»<br />
(id., pp. 76-77). Quanto al Rondeletius, egli afferma tra le altre cose che «testacea omnia<br />
sponte fieri in limo pro limi <strong>di</strong>fferentia» (id., p. 77).<br />
1<br />
Id., pp. 77-78.<br />
2<br />
Id., p. 78.<br />
3<br />
In origine il termine era usato per designare qualcosa che sopravviene a qualcos’altro,<br />
soprattutto un sintomo come epifenomeno della malattia, ma anche per in<strong>di</strong>care una causa<br />
morbosa che si <strong>di</strong>ffonde per progapazione. Seguo qui le fondamentali analisi <strong>di</strong> W. PAGEL,<br />
Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…, cit. e <strong>di</strong> W. BERNARDI, Le metafisiche dell’embrione…, cit.<br />
4<br />
W. PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…, cit., pp. 78-79.<br />
5<br />
Id., p. 277: «il modo <strong>di</strong> operare <strong>di</strong> questo processo è simile all’azione con cui viene<br />
impresso un sigillo o viene modellata la materia in uno stampo, ossia avviene per<br />
trasformazione dell’intero materiale. Qui tutto è lasciato al caso: un fattore accidentale<br />
come il caldo o l’umi<strong>di</strong>tà rivelerà strutture preformate che a un certo momento saranno<br />
pronte a ricevere la vita», così nascono api, calabroni, farfalle e tutti gli altri esseri che<br />
nascono per metamorfosi da un bruco, essendo nati per generazine spontanea non hanno in<br />
sé la possibilità <strong>di</strong> conservare la loro specie.<br />
152
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
nutrono e hanno origine da una stessa materia e, contemporaneamente,<br />
acquistano la loro specifica forma 1 :<br />
Corpora omnia similaria ex <strong>di</strong>versis, sive heterogeneis generari, quia apparens<br />
solum unio esset, et facta congeries, neque generatio, et debita partium positura ab<br />
aggregatione <strong>di</strong>fferret. Neque in ulla corporum similarium generatione aut<br />
congregationem eiusmo<strong>di</strong>, aut miscibilia <strong>di</strong>versa in generationis opere unienda,<br />
praexistere videntur; partes enim similares prius quolibet <strong>su</strong>o or<strong>di</strong>ne fiunt, aut una<br />
existunt, ut ex iis simul iunctis organa, sive membra, et totum animal postea<br />
componatur; sed potius primum corporis ru<strong>di</strong>mentum est similare tantum et molle<br />
gluten, spermatico concremento non absimile, ex quo mutato, aut procedente<br />
generationis lege in plura <strong>di</strong>viso 2 .<br />
Le stesse regole valgono per la generazione degli animali 3 . Il problema<br />
teologico che la teoria della epigenesi chiamava in causa, ossia<br />
l'impossibilità <strong>di</strong> spiegare il ripopolamento della terra dopo il Diluvio,<br />
veniva risolto da Gimma come al solito, proponendo, accanto alla risposta<br />
teologica, quella più plausibile offerta dalla scienza: o si accettava la teoria<br />
agostiniana secondo la quale gli animali «transire potuisse ad proximas<br />
in<strong>su</strong>las natando, vel ab hominibus translata; vel saltem ab Angelis Dei jus<strong>su</strong>:<br />
sicut in Arca ante Diluvium fuerunt Angelorum auxilio animalia omnia<br />
introducta, etiam e longissimis regionibus, non autem, ab hominibus, ut<br />
1 Ib.: «i loro organi insomma si formano uno dopo l’altro e, crescendo,<br />
contemporaneamente si formano uno dopo l’altro e, crescendo, contemporaneamente<br />
as<strong>su</strong>mono forma».<br />
2 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, cit., p. 78. Cfr. anche G. GIMMA, Sylva III, pp.<br />
149-151, dove sotto il titolo «Ex Harvaeo De Calido innato exercitat. 71» l’abate copia in<br />
realtà l’Exercitatio LXXII, De humido primigenio, in cui si legge: «Olim eorum omnium,<br />
ho<strong>di</strong>eque etiam vulgaris error est Corpora omnia similaria ex <strong>di</strong>versis sive heterogeneis<br />
generari. Hoc pacto enim Linceis oculis nihil esset similare, unum, idem, et continuum; sed<br />
potius apparens solum unio, minimorumque corporum congregatione, vel colligatione<br />
quadam, facta congeries, et acervus: neque generatio ab aggregatione, debitaque partium<br />
positura quicquam <strong>di</strong>fferret. Ego vero neque in animalium productione, nec omnino in ulla<br />
corporum similarium generatione (sive partium animalium, sive plantarum, lapidum,<br />
mineralium etc. fuerit) vel congregationem eiusmo<strong>di</strong> vel miscibilia <strong>di</strong>versa in generationis<br />
opere unienda praeexistere, observare unquam potui» (id., p. 412).<br />
3 Id., pp. 79-80: «sic vere cernuntur erucae, quorum semina instar atomorum invisibilium a<br />
ventis ut plurimum deferuntur; non autem ut vulgo cre<strong>di</strong>tur, sponte, vel e putre<strong>di</strong>ne ortum<br />
ducut», anzi come insegna Harvey, «et arbores statim gemmulas <strong>su</strong>as protrudunt, erucis illis<br />
ce<strong>su</strong>ras in alimentum; quas vicissim aviculae plurimae insectantur, alen<strong>di</strong>sque pullis <strong>su</strong>is in<br />
nidos deferunt […]. Animalium igitur semina deferuntur iis in locis, in quibus prius non<br />
videbantur, aut animalia ipsa ferri posse non est impossibile, ut in novo Orbe animalia, et<br />
semina plantarum fuerunt ab Hispanis delata».<br />
153
Eru<strong>di</strong>zione e storia<br />
recepta est Sacrae Scripturae Interpretum sententia» 1 ; oppure, con<br />
Gassen<strong>di</strong>, si ammetteva che Dio all’inizio dei tempi aveva creato tutti i<br />
semina necessari alla generazione e li aveva <strong>di</strong>ffusi per tutta la regione<br />
terrestre, non tutti nello stesso luogo 2 . Entrambe avevano dei limiti,<br />
entrambe si opponevano alla teoria della metamorfosi.<br />
Quest’opera segna il punto <strong>di</strong> avvio <strong>di</strong> un'indagine <strong>su</strong>lla storia e <strong>su</strong>lla<br />
filosofia naturali che impegnerà Gimma sino alla morte e accompagnerà la<br />
raccolta <strong>di</strong> dati e notizie eru<strong>di</strong>te. Sin da ora, la storia è centrale: Gimma ne<br />
fa uso per svelare le verità scientifiche. Per questo pre<strong>di</strong>lige i resoconti delle<br />
controversie: allora le posizioni contrarie appaiono come in un quadro<br />
sinottico e si delineano più nette. Di fronte ad esperimenti che non può<br />
riprodurre e che sono presentati a sostegno <strong>di</strong> opposte teorie decide <strong>di</strong><br />
eleggere a tribunale la ‘parte istorica’. Le favole sono costantemente in<br />
agguato: si mescolano a teorie deboli e le legittimano quando non sono<br />
<strong>su</strong>fficientemente provate. Gimma le snida anche in gran<strong>di</strong> scienziati come<br />
Re<strong>di</strong>, Graaf, Harvey, Gassen<strong>di</strong>, Boyle e Baglivi.<br />
L’Idea, il seguito delle Dissertationes…, e la Fisica sotterranea…<br />
continueranno a muoversi in questa <strong>di</strong>rezione.<br />
1 Ib.<br />
2 Ib.: «recte Gassendus rerum omnium principium a Deo Creatore statuit, qui initio<br />
Creationis iussit, ut terra, et aqua germinarent plantas, et animalia, eisque foecun<strong>di</strong>tatem<br />
in<strong>di</strong><strong>di</strong>t, creavitque rerum omnium generebilium semina, aut tunc producta, aut in posterum<br />
producenda […]. Complevit inquam, idest perfecti, quantum operis ratio postulabat, et<br />
quasi <strong>di</strong>cerent Deum, qui in aeternum vivit, omnia simul creasse; vidertuque haec semina<br />
per totam generabilium regionem <strong>di</strong>sseminata; non omnia tamen in eodem loco; sed in iis,<br />
in quibus Deus voluit; sic non omnes regiones eadem habere observamus».<br />
154
155<br />
Capitolo 3.<br />
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare: «Ha ogni secolo avuto i <strong>su</strong>oi<br />
antiquari e i <strong>su</strong>oi moderni.<br />
1. Le favole dell'Antico Testamento e l'origine scienza nell'Idea dell’Italia<br />
letterata<br />
Annotava Garin che, della produzione <strong>di</strong> Gimma, «non può <strong>di</strong>rsi che sia<br />
molto viva la memoria, anche se non del tutto senza eco è rimasta la <strong>su</strong>a<br />
Idea della Storia dell’Italia letterata» 1 . Questo giu<strong>di</strong>zio risale al 1959, ma<br />
rimane ancora valido per la conoscenza <strong>di</strong> questo testo, anche se non era<br />
mancato, in precedenza, chi ne aveva messo in rilievo l’importanza, sia pure<br />
come primo esempio <strong>di</strong> storia letteraria e della cultura 2 . Scrive Garin.<br />
1 E. GARIN, Giacinto Gimma, note e notizie…, cit., pp. 426. Cfr. ancora E. GARIN, Antonio<br />
Genovesi storico della scienza, in Dal Rinascimento all’Illuminismo…, cit., pp. 232-233:<br />
«la Disputatio genovesiana andrà collocata fra i non pochi tentativi storiografici che<br />
caratterizzano la prima metà del secolo XVIII. Davanti alla gran congerie <strong>di</strong> dati e <strong>di</strong> teorie<br />
si sente da più parti il bisogno, sia <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>namento sistematico, che <strong>di</strong> una storia che<br />
integri l’‘enciclope<strong>di</strong>a’ me<strong>di</strong>ante una <strong>di</strong>stribuzione temporale […], vien fatto <strong>di</strong> pensare, sia<br />
ai tentativi <strong>di</strong> Elia Astorini che cerca già <strong>di</strong> delineare delle storie delle singole scienze, sia a<br />
Giacinto Gimma, che […] compila e pubblica a Napoli nel 1723 una voluminosa Idea della<br />
storia dell’Italia Letterata […]. L’opera del Gimma meriterebbe una minuta analisi proprio<br />
per la larga parte fatta, oltre che alle scienze singole, ai ritrovati tecnici. Un intero capitolo è<br />
de<strong>di</strong>cato alle ‘Accademie sperimentali <strong>di</strong> filosofia naturale in Europa’; sezioni speciali<br />
trattano l’atomismo, il gassen<strong>di</strong>smo, il cartesianismo, la ‘filosofia Maiganistica’ […], la<br />
filosofia sperimentale, mentre capitoli particolari e molto <strong>di</strong>ffusi si occupano della<br />
‘Geografia degli italiani’, della bussola e <strong>di</strong> svariate altre questioni, «sono centinaia <strong>di</strong><br />
pagine <strong>di</strong> storia delle singole scienze e delle tecniche, con un’attenzione costante rivolta<br />
agli strumenti da un lato, agli istituti <strong>di</strong> ricerca dall’altro. Qualunque ne sia poi la<br />
consistenza, l’Idea del Gimma non può trovare un posto notevole in una storia della<br />
storiografia scientifica della prima metà del Settecento italiano. Attesta la preoccupazione<br />
costante, in un ambiente culturale determinato, per una <strong>di</strong>mensione storica del pensiero,<br />
oltre che propriamente filosofico, scientifico: alle prime storie della filosofia del Valletta<br />
[…] si affiancano così le prime storie della scienza».<br />
2 G. GETTO, Storia delle storie letterarie, Milano, Bompiani, 1942, pp. 65-66: «bisogna<br />
arrivare al Gimma per potere con sicurezza segnare il secondo momento nel processo <strong>di</strong><br />
sviluppo della storiografia italiana. Poiché l’Idea della storia dell’Italia letterata, uscita a
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Agli inizi del Settecento la storia letteraria viene dunque ad essere rappresentata da<br />
queste due forme estreme, la storia del Crescimbeni come storia della poesia, e<br />
quella del Gimma come storia della cultura. Nell’opera del Tiraboschi confluiranno<br />
questi due tipi storiografici e nascerà, così, una storia della cultura in cui avrà il più<br />
ampio rilievo la storia della poesia 1 .<br />
Tra contemporanei, che in generale lessero quest’opera come un intervento,<br />
a <strong>di</strong>fesa della ‘antica tra<strong>di</strong>zione italica’ nella polemica Bouhours-Orsi 2 , non<br />
mancò chi, come Muratori espresse qualche perplessità 3 . In effetti questo<br />
aspetto, ossia la <strong>di</strong>fesa della tra<strong>di</strong>zione italica, è presente nell’Idea; mentre<br />
Napoli nel 1723, per opera <strong>di</strong> quella curiosa personalità che fu il barese Giacinto Gimma (in<br />
cui la formazione nelle scuole dei ge<strong>su</strong>iti e il gusto enciclope<strong>di</strong>co vivamente risentito, e<br />
documentato anzi da un’opera ine<strong>di</strong>ta, rimangono i tratti biografici, interiormente, <strong>di</strong><br />
maggior peso) acquista in questa storia un valore evolutivo denso <strong>di</strong> responsabilità».<br />
1 Id., p. 69. L’autore continua così: «in queste gran<strong>di</strong> linee, in cui può essere segnato il<br />
processo <strong>di</strong> svolgimento della storiografia letteraria settecentesca, l’Idea del Gimma<br />
rappresenta uno dei momenti più essenziali, offrendo un modello nuovo <strong>di</strong> ricerca<br />
storiografica […].Il vero archetipo della Storia del Tiraboschi va in<strong>di</strong>cato in questo lavoro<br />
del Gimma (come <strong>di</strong>segno ispiratore almeno se non come pratica attuazione) […]. E tale<br />
esemplarità va riscattata non solo per la cronologia, ma anche per il sentimento <strong>di</strong> italianità<br />
che ispira questi volumi» (id., pp. 69-70).<br />
2 G. BELGIOIOSO, Aristotelici ‘antiquari’ e ‘moderni’ cartesiani: Giacinto Gimma…, cit., p.<br />
20. Le opere del Bouhours e dell’Orsi sono De la manière de bien penser dans les ouvrages<br />
de l’esprit del 1687 e le Considerazioni sopra l’opera francese intitolata ‘La maniera <strong>di</strong><br />
ben pensare <strong>su</strong>lle opere <strong>di</strong> spirito’ del 1703.<br />
3 Cfr. la lettera <strong>di</strong> Muratori a Vallisneri in Epistolario <strong>di</strong> L. A. Muratori, a cura <strong>di</strong> M.<br />
Càmpori, 13 voll., Modena, Soc. Tip. Modenese, 1903, VI, p. 2364: «ho veduta l’idea del<br />
Sig. Gimma (Giacinto). Richiederebbe un grande eru<strong>di</strong>to, e provveduto <strong>di</strong> una vastissima<br />
biblioteca, e poi <strong>di</strong> naso acuto. Se si lascierà vedere ancor qui, conoscerò s’egli habbia<br />
colpito nel segno. Ma, vuol egli passare si o no <strong>di</strong> qua dal 1500? Forse la gran farragine, de’<br />
libri usciti dopo quel tomo, lo spaventa». Cfr. P. FLORIANI, Giacinto Gimma, «La Rassegna<br />
della letteratura italiana», Firenze, II-III, 1964, pp. 377: «quand’anche si riesca a <strong>su</strong>perare<br />
la <strong>di</strong>ffidenza per uno schema così rigoroso [quello proposto da Getto], mi sembra però<br />
<strong>di</strong>fficile sostenere che l’opera <strong>di</strong> Gimma <strong>su</strong>ggerisca una nuova <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> ricerca storica,<br />
che cioè rappresenti veramente un in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> ‘storia della cultura’, e non una semplice<br />
compilazione, spesso imprecisa delle più <strong>di</strong>sparate notizie». Era stato Vallisneri a stimolare<br />
l’iniziativa <strong>di</strong> Gimma. Scrive infatti Vallisneri a Riccati il 7 settembre1721 : «L’Ab.e<br />
Gimma da Bari ha fatto anch’esso un gorsso volume che va a ferire i francesi intitolato La<br />
letteratura italiana etc. in cui fa vedere come tutte le scienze e le belle arti hanno avuto<br />
principio in Italia e <strong>di</strong> qui sono passate in Francia e ciò ha fatto da me consigliato per esser<br />
uomo eru<strong>di</strong>ttissimo. il male ora si è che non trova alcuno che lo voglia stampare a <strong>su</strong>e spese<br />
ed egli non ha il commodo <strong>di</strong> farlo, onde Dio sa come anderà sì bell’opera»; in un’altra<br />
lettera sempre a Riccati senza data (ma tra il 7 e il 20 settembre 1721) Vallisneri scrive: «mi<br />
spiace che il Sig.re Ab. Gimma non trovi torchio per il <strong>su</strong>o libro» (J. RICCATI – A.<br />
VALLISNERI, Carteggio (1719-1729), a cura <strong>di</strong> M. L. Soppelsa, Firenze, Olschki, 1985, pp.<br />
124-125).<br />
156
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
contro le ingiuste critiche degli stranieri era già intervenuto Antonio Conti 1 .<br />
Gimma lo ammette esplicitamente: fra gli italiani, «molti han cura <strong>di</strong><br />
trascriver libri, e ripeter materie già note; i titoli, e l’or<strong>di</strong>ne solo mutando» 2 ,<br />
e molti si limitano a ripetere dottrine stantie, ma questo è «n male, <strong>di</strong> cui son<br />
ancor piene le altre Nationi letterate» 3 e non riguardano la sola Italia. Se si<br />
guarda ai libri stampati nelle altre nazioni non li si troverà tutti dello stesso<br />
valore<br />
Perché non tutti amano il buon genio del secolo, in cui dedecus est vetera repetere,<br />
et aliena transcribere; une aut nihil scribendum est, aut nova <strong>su</strong>nt proponenda, aut<br />
vetera refellenda, vel saltem illustranda 4 .<br />
Obiettivo primario <strong>di</strong> quest’opera è, allora, mostrare alle nazioni straniere le<br />
glorie dell’Italia, ma, poiché sono necessari molto tempo e molta fatica per<br />
raccogliere le tante innumerevoli novità delle scienze nello spazio <strong>di</strong> tanti<br />
secoli, «quanti dall’età del Diluvio sono scorsi», «abbiam voluto - precisa<br />
Gimma - prevenire colla Idea» la storia vera e propria, «in cui sarà lecito<br />
colle <strong>di</strong>gressioni trattenerci per mettere in chiaro e contrastare alcune cose,<br />
che <strong>di</strong> soda essamina han bisogna» 5 ; questa opera varrà solo come «fiaccola,<br />
che ci guida in così vasto laberinto» 6 .<br />
L'intento apologetico fa aggio <strong>su</strong>lla verità storica: l'Italia è un paese dove vi<br />
è la massima libertà <strong>di</strong> filosofare («ben possiamo con tutta la nostra libertà<br />
pubblicare nuove opinioni, e nuove invenzioni; senza che alcun ce<br />
l’impe<strong>di</strong>sca» 7 ) e i censori sono presentati come buoni padri <strong>di</strong> famiglia che<br />
1<br />
G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. I, p. 2: gli stranieri «scrivono spesso ne’ loro libri<br />
con <strong>di</strong>sprezzo sconvenevole de’ nostri autori; e come pur se ne duole giustamente in una<br />
lettera l’eru<strong>di</strong>tissimo Abate Conte Antonio Conti, che nel Tomo XII del Giornale de’<br />
Letterati d’Italia si legge, pretendono essi, che le vere scienze non sieno punto in pregio ed<br />
in coltura tra noi: che si moltiplicano gli Autori, i libri, e le Biblioteche, e nulla crescono le<br />
osservazioni, le arti, e le dottrine».<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Id., pp. 2-3.<br />
5<br />
Id., p. 5.Gimma ci tiene a precisare che non affronta il <strong>di</strong>fficile compito che si prefigge in<br />
quest’opera a cuor leggero, e senza una preparazione adeguata, anzi lo fa solo dopo «aver<br />
compiuta la Storia naturale delle Gemme, e delle Pietre in cinque libri <strong>di</strong>visa», che verrà<br />
pubblicata però solo nel 1730.<br />
6<br />
Id., p. 6.<br />
7<br />
Id., p. 3. E ancora «tante novità, che ne’ libri de’ nostri italiani si leggono, tante critiche, e<br />
<strong>di</strong>fese, che pur si veggono permesse, ben <strong>di</strong>mostrano esser tutto <strong>di</strong>verso quel che altri <strong>di</strong> noi<br />
asseriscono» (ib.).<br />
157
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
trattengono «quelle false opinioni e dottrine, che alla Santa Religione<br />
contra<strong>di</strong>r possono, o a’ buoni costumi, o pure alla riverenza de’ Principi; ed<br />
in ciò fanno oficio <strong>di</strong> padri […]; perché non solo coll’autorità pongon freno<br />
alle <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e scandalose; ma han cura, che le false dottrine non infettino, e<br />
non corrompano le menti de’ buoni; anzi il male ci mostrano, da cui<br />
guardarci dobbiamo» 1 .<br />
Nonostante ciò, il ‘buon genio del secolo’ non è in Gimma vana formula<br />
retorica, ma convinto e consapevole convincimento che le scienze, le<br />
filosofie e le favole non hanno seguito percorsi lineari, progressivi e<br />
seaparati. L’indagine storica che egli pone a fondamento delle <strong>su</strong>e ricerche –<br />
in questo caso, della <strong>su</strong>a apologia della ‘cultura italica’ – gli ha insegnato<br />
che la verità è figlia del secolo.<br />
La storia per intero percorre l'abate per determinare quando abbia avuto<br />
origine la conoscenza 2 . Il sapere comunicato da Dio ad Adamo (Adamo non<br />
perse la scienza donatagli da Dio per il peccato, «siccome il Demonio per lo<br />
peccato, che fu maggiore, e senza pentimento, non perdè i <strong>su</strong>oi doni<br />
naturali» 3 ), e perduto con il Diluvio, ha la <strong>su</strong>a vera data <strong>di</strong> origine dopo<br />
quest'evento catastrofico. La scienza, donata da Dio ad Adamo, si propagò<br />
«ne’ <strong>su</strong>oi posteri, sino al Diluvio, e poi Noè co’ figliuoli furono i Maestri <strong>di</strong><br />
tuto l’umano sapere, e da’ medesimi derivarono le Accademie, che si sono<br />
in vari luoghi <strong>di</strong>latate, ed accresciute» 4 . È allora che l'uomo, per conoscere<br />
la natura, ha bisogno <strong>di</strong> ricorrere all'esperienza e all'osservazione:<br />
1 Id., pp. 3-4.<br />
2 Id., p. 11: : «se delle scienze l’origine prima del <strong>di</strong>luvio considerare vogliamo, non vi è<br />
pur dubbio, che furon queste dopo la creazione del mondo date da Dio al primo padre<br />
Adamo , il quale come per opera perfettissima del Divino Artefice, e formato ad immagine<br />
<strong>di</strong> lui stesso, fu creato in età perfetta e matura, e colla cognizione <strong>di</strong> tutte quelle cose, che<br />
collo stu<strong>di</strong>o naturale conoscer si possono».<br />
3 Id., pp. 11-12.<br />
4 Id., p. 15. Le genealogie, indubbiamente fantasiose ma <strong>di</strong>ffuse al tempo <strong>di</strong> Gimma,<br />
ri<strong>su</strong>ltano piuttosto interessanti: a Cam viene attribuita l’accademia dei Caldei, la chimica,<br />
che potrebbe anche definirsi ‘Chamica’, e tutte le male arti – le arti magiche cioè. I Caldei<br />
poi appresero da Nembrot una nuova magia piena <strong>di</strong> errori, sostenitore dell’opinione della<br />
materia ingenita ed eterna seguita poi da Zenone e dagli Stoici. Questa magia degenerò poi<br />
in magia <strong>di</strong>abolica con Zoroastro, la cui influenza arriva fino a Cornelio Agrippa. A Giafet<br />
si deve invece l’accademia Ionica, «e questo, a cui toccò l’Asia Occidentale, e L’Europa<br />
tutta, fu nominato Japeto da’ Greci, che accommodarono il nome Ebraico secondo la<br />
soavità della lingua loro, e loe<strong>di</strong>ssero figliuolo del Cielo e della Terra il più antico degli<br />
uomini». Da lui, e da <strong>su</strong>o figli sarebbero derivate le scienze dei barbari, e quelle dei Greci; i<br />
poeti antichi, però, confusero i due Prometei, cioè «l’antichissimo, che fu Abele figliuolo <strong>di</strong><br />
158
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Questa scienza stessa comunicò [Dio], a’ <strong>su</strong>oi figliuoli, e conservata ne’ posteri<br />
sino al Diluvio, e dalla famiglia <strong>di</strong> Noè agli altri partecipata, aggiugnendosi la<br />
sperienza, vera interprete della Natura, fu poi da molti <strong>di</strong>sposta in conclusioni, in<br />
principi o canoni, e precetti 1 .<br />
Lo storico tuttavia non possiede dati relativi alle età che hanno preceduto e<br />
seguito il Diluvio universale. Gimma lo <strong>di</strong>chiara apertamente. Per lui non è<br />
possibile avere una conoscenza certa «delle cose dell’Italia, anzi del Mondo<br />
tutto prima del Diluvio», in quanto esso ha <strong>di</strong>strutto le memorie, «gli<br />
uomini, e i libri, e quanto avvenne in quei tempi». Le notizie <strong>di</strong> quanto è<br />
avvenuto dopo il <strong>di</strong>luvio «intorno alle scienze», sono oscure ed incerte per<br />
la loro grande antichità, quin<strong>di</strong> è estremamente <strong>di</strong>fficile ricostruire le<br />
vicende imme<strong>di</strong>atamente <strong>su</strong>ccessive al Diluvio universale anche se «molte<br />
cose da vari autori sono <strong>di</strong>stintamente riferite» 2 .<br />
Le conoscenze del periodo pre e post-<strong>di</strong>luviano sono molto limitate. Noè<br />
con la <strong>su</strong>a famiglia ripopola la terra («era l’anno del mondo 1788»); poi<br />
<strong>di</strong>vide il mondo assegnando a Sem l’Asia Orientale oltre l’Eufrate, a Cam la<br />
Siria, l’Arabia e l’Africa, a Giafet l’altra parte dell’Asia Occidentale e<br />
l’Europa 3 ; poi male<strong>di</strong>ce Canaan («Canaan figliuolo <strong>di</strong> Cam avea scoperto la<br />
<strong>su</strong>a nu<strong>di</strong>tà dal vino cagionata, lo male<strong>di</strong>sse, bene<strong>di</strong>cendo Sem, e Giafet, che<br />
lo coprirono sol mantello"). Noè infine avrebbe stabilito la <strong>su</strong>periorità degli<br />
giapeti<strong>di</strong> e quin<strong>di</strong>, afferma Gimma, <strong>di</strong> Roma e dell’Italia: "Bene<strong>di</strong>ctus<br />
Dominus Deus Sem. <strong>di</strong>latet Deus Japhet, & habitet in tabernaculis Sem;<br />
sitque Chanaam servus eius» 4 .<br />
Adamo , coll’altro figliuolo <strong>di</strong> Japeto». La fonte principale <strong>di</strong> Gimma è Natalis Comitis<br />
Mythologiae, sive explicationis fabularum, libri decem: in quibus omnia prope Naturalis &<br />
Moralis Philosophia dogmata contenta fuisse demonstratur. Nuper ab ipso autore recogniti<br />
& locupletati. Eiusdem libri IIII de venatione. Cum in<strong>di</strong>ce tripli; rerum memorabilium,<br />
urbium & locorum a variis heroibus denominatorum, ac plantarum & animalium singulis<br />
Diis <strong>di</strong>catorum. Opus cuiu<strong>su</strong>is facultatis stu<strong>di</strong>osis perutile ac prope necessarium. Ad<strong>di</strong>ta<br />
mythologia musarum, a Geofredo Linocerio uno libello comprehensa, & nunc recens à F.<br />
S. multis & foe<strong>di</strong>s men<strong>di</strong>s expurgata, Francofurti, apud haeredes Andreae Wecheli, 1584.<br />
1<br />
Id., p. 12.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Id., p. 16: è «Japhet voce ebrea, che <strong>su</strong>ona latitudo letteralmente <strong>di</strong>noti: Dilatet Deus<br />
latitu<strong>di</strong>nem, e che furono parole <strong>di</strong> profezia, dando un senso più <strong>su</strong>blime, e mistico, cioè<br />
che Giafet, da cui derivarono i Romani, abitò in Tabernaculis Sem, da cui gli Ebrei dovean<br />
derivarsi; non solo perché i Romani debellarono spesso gli Ebrei; ma perché a’ Tabernacoli<br />
<strong>di</strong> Sem, o della Chiesa <strong>di</strong> Cristo incominciatea ne’ Giudei venne la somma e Papale Potestà<br />
159
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Più note, e storicamente accertate, le notizie <strong>su</strong> quei <strong>di</strong>scendenti <strong>di</strong> Noè, che<br />
misero insieme insieme le «cognizioni [...], che colla tra<strong>di</strong>zione, colla<br />
ragione, coll’opinione, e coll’uso avean per vere, furono stimati inventori <strong>di</strong><br />
qualche scienza» 1 . Gimma ha fatto un salto storico. I <strong>di</strong>scendenti <strong>di</strong> Noè ai<br />
quali si riferisce sono: Mosè, e gli inventori dell'arte «geroglifica, sacra, e<br />
segreta, che per via <strong>di</strong> simboli si spiegava, perché a tutti non <strong>di</strong>venisse<br />
comune» 2 , Talete inventore della filosofia naturale, Socrate <strong>di</strong> quella<br />
morale, Zenone della <strong>di</strong>alettica, e altri personaggi, inventori <strong>di</strong> altre scienze<br />
«le quali col tempo sono state accresciute, e coll’industria degl’ingegni, e<br />
colla sperienza si accrescono; essendo pur certo, che molte, e molte furono<br />
affato ignote agli Antichi» 3 .<br />
Gimma torna in queste pagine <strong>su</strong> questioni già affrontate: tutte le scienze -<br />
ripete - sono state donate da Dio al primo uomo; esse hanno progre<strong>di</strong>to<br />
perché sono state fondate <strong>su</strong>ll'esperienza. Non vi è dunque una<br />
contrad<strong>di</strong>zione tra teologia e filosofia naturale; le esperienze sono variate<br />
nel corso dei secoli anche grazie al <strong>su</strong>pporto della tecnica. Ancora, esse<br />
spesso hanno avuto una origina antichissima: «più arti, e scienze, che da<br />
alcuni inventate si credono, erano da altri più antichi già conosciute» e si<br />
racconta «che trovarono i figliuoli <strong>di</strong> Set la scienza delle cose celesti, e<br />
perché non se ne perdesse la memoria, fabbricarono le colonne <strong>di</strong> pietra, e <strong>di</strong><br />
matoni, a resistere alle pioggie, ed al fuoco valevoli, e che nelle stesse le<br />
loro invenzioni scolpirono» 4 . I Greci spesso u<strong>su</strong>rparono la gloria «de’ loro<br />
della Chiesa Cristiana, che ha in Roma la Sede, e si <strong>di</strong>ffonde e <strong>di</strong>lata per tutto, occupando i<br />
luoghi <strong>di</strong> Sem; poicchè il Romano Pontefice da’ Tabernacoli <strong>di</strong> Giafet, da Roma occupa<br />
quelli <strong>di</strong> Sem; e così la posterità <strong>di</strong> Giafet è tanto <strong>di</strong>latata, che abita ne’ Tabernacoli». P.<br />
FLORIANI, Giacinto Gimma…, cit., ironizza <strong>su</strong> questa pre<strong>su</strong>nta predestinazione romana, ed<br />
italica, alla grandezza, ma <strong>su</strong> questi temi cfr., P. ROSSI, Le sterminate antichità…, cit.<br />
1 Ib.<br />
2 Id., p. 13. «Vuole Pico della Mirandola, che la scienza segreta sia pure stata scritta dopo la<br />
cattività <strong>di</strong> Babilonia, quando Esdra Prefetto della Chiesa, restituito da Ciro alla <strong>su</strong>a patria il<br />
Popolo d’Israele, e rie<strong>di</strong>ficato il Tempio, perché quella scienza, che a voce si comunicava a’<br />
posteri non perisse, volle scriverla; e per la Scienza segreta intende Pico stesso la Cabala<br />
degli Ebrei […]. Ma il terzo, e quarto libro <strong>di</strong> Esdra non sono stati dalla Chiesa ricevuti, ed<br />
approvati per li vari errori, che in essi si leggono, e spezialmente quello, che poi sostenne<br />
Tertulliano, che le Anime de’ Santi non vedranno Dio prima del giorno del Giu<strong>di</strong>zio, e<br />
prima <strong>di</strong> compirsi il numero de’ Giusti; e che si trattengono in un luogo dell’Inferno» (ib.).<br />
Nonostante questi errori però, «maggiore autorità debban fare appo i cristiani, questi libri<br />
non approvati, che le Istorie <strong>di</strong> Livio, <strong>di</strong> Tacito, e <strong>di</strong> altri» (id., p. 14).<br />
3 Ib.<br />
4 Ib.<br />
160
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
più antichi» e se ne attribuirono i meriti; i poeti oscurarono ‘le vere istorie’ e<br />
le resero tanto confuse «che appena un’ombra della verità nelle medesime si<br />
riconosce; poicchè le cose vere hanno <strong>di</strong>versamente trasformato» 1 ; le<br />
pestilenze, le guerre e gli incen<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>strutto «molte celebri Librarie<br />
colle notizie delle imprese degli Antichi, de’ quali i nomi, i luoghi, i tempi,<br />
e i fatti alterati, e scambiati si veggono» 2 .<br />
In questa oscurità, lo storico non si pronuncia <strong>su</strong>lla atten<strong>di</strong>bilità delle <strong>su</strong>e<br />
fonti, avanza delle perplessità <strong>su</strong>l binomio antichità/verità (coloro che<br />
vogliano posson prestar fede alle «cose antiche», ma sono liberi <strong>di</strong> decidere<br />
«se debban rifiutarle, o accettarle» 3 ). Così egli registra: «vogliono molti che<br />
dopo il <strong>di</strong>luvio Noè arrivasse in Italia e vi fondasse delle colonie e <strong>di</strong>venne<br />
noto con il nome <strong>di</strong> Giano, con il quale signoreggiò <strong>su</strong>i popoli «da’ <strong>su</strong>oi<br />
figliuoli propagati, in quel luogo, ove fu poi Roma fabbricata» 4 ,<br />
che Giano sia Noè dal nome stesso lo <strong>di</strong>mostrano, poicchè Giano Enotrio, ch’è<br />
quello de’ Romani, e fu il primo a <strong>di</strong>fferenza degli altri Giani, i quali poi si videro,<br />
è lo stesso che Noè così detto dall’invenzione del vino. Si legge nella Genesi […]<br />
che Noè inventò gli aratri […] e che piantò anche la vite, che prima del Diluvio era<br />
silvestre e senza coltra, e che inventò anche il vino. Il vino è detto Jain dagli Ebrei,<br />
ed Enos da’ Greci; e da ciò credono, che Noè sia stato appellato Giano […] e<br />
benchè <strong>su</strong> rapporti l’età <strong>di</strong> Giano più tarda <strong>di</strong> Noè, niente rileva, non potendosi<br />
sapere in quale età Giano fosse vis<strong>su</strong>to in tanta antichità 5 .<br />
Tanti Noè/Giano quanti popoli sono comparsi <strong>su</strong>lla Terra. Gimma non cita<br />
in nes<strong>su</strong>n luogo delle <strong>su</strong>e opere Vico, eppure la <strong>su</strong>a interpretazione<br />
dell'origine delle società civili presenta sorprendenti analogie con quella,<br />
che <strong>di</strong> lì a due anni, sarà proposta nella Scienza Nuova. Per Gimma, però,<br />
l'origine del sapere, prima delle <strong>di</strong>versificazioni nazionali, è comune: dopo il<br />
<strong>di</strong>luvio universale, dal comune testo della Sacra Scrittura, attraverso Mosè e<br />
la cultura egizia, sono state le favole «profanate dai Gentili» e i nomi<br />
alterati, "come fu costume de’ Greci» 6 . Anche se gli Egizi si vantavano dei<br />
1<br />
Id., p. 26.<br />
2<br />
Id., p. 27.<br />
3<br />
Id., p. 31.<br />
4<br />
Ib.<br />
5<br />
Ib.<br />
6<br />
Id., p. 34. E ancora: «così il vero Diluvio <strong>di</strong> Noè in quello <strong>di</strong> Deucalione mutarono: il<br />
lungo giorno <strong>di</strong> Gio<strong>su</strong>è nella caduta <strong>di</strong> Fetonte: la Torre <strong>di</strong> Babilonia nella favola de’<br />
Giganti; la Manna degl’Israeliti nell’ambrosia degli Dei: la peste del deserto nella peste<br />
161
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
essere stati i primi «ad esprimere i concetti dell’animo colle figure degli<br />
animali», prima <strong>di</strong> loro «i libri <strong>di</strong> Set, e <strong>di</strong> Enoc della famiglia <strong>di</strong> Adamo<br />
furono antichissimi» 1 ; gli elleni, da parte loro, si gloriavano, «secondo il<br />
costume d’ingran<strong>di</strong>r le cose loro, <strong>di</strong> essere stati inventori delle scienze e<br />
delle arti» 2 .<br />
Quel che è certo - l'intento dell'opera è apologetico - è che tra i primi savi<br />
che i Greci elencavano figura Pitagora 3 . Attraverso questo dato, Gimma<br />
introduce il concetto dell'anticchisima sapienza italica. Pitagora è filosofo<br />
«<strong>di</strong> chiarezza, <strong>di</strong> nome, e <strong>di</strong> dottrina; anzi <strong>di</strong> fama, <strong>di</strong> sapienza, <strong>di</strong><br />
moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> scolari, e <strong>di</strong> nobiltà loro non solo <strong>su</strong>però tutti i Filosofi prima<br />
<strong>di</strong> lui; ma degli altri, che <strong>su</strong>ccessero o fu maggiore, o fu uguale; però a<br />
niuno inferiore» 4 . Gimma si sofferma <strong>su</strong> questo padre della filosofia<br />
romana: il serpente <strong>di</strong> Mosè in quello d’Esculapio, e così altre favole, che ne’ libri de’ Poeti<br />
si leggono; e le Metamorfosi <strong>di</strong> Ovvi<strong>di</strong>o da’ libri <strong>di</strong> Mosè in gran parte furon tolte». La<br />
fonte privilegiata <strong>di</strong> queste pagine, come già detto, è il testo <strong>di</strong> N. Conti, o per essere più<br />
precisi, le aggiunte <strong>di</strong> Goffredo Linocerio, ma, <strong>su</strong>lle origini ebraiche della filosofia greca<br />
cfr. anche G. GIMMA, Sylva III…, cit.. p. 33, dove Gimma copia il celebre testo del Valletta<br />
«Galeo sopra citato però, così nel libro latino, come in un altro in lingua Inglese pensa, che<br />
Mocho sia stato lo stesso Mosé, per detto del Casaubono», dopo aver congetturato a p. 30<br />
che «Mocho avesse forse questa dottrina degli atomi tratta da’ libri <strong>di</strong> Mosé nella<br />
descrizione dell’uman genere prodotto dalle particelle della polve; onde avesse poi<br />
conghietturato: Primam Mun<strong>di</strong> materiam fuisse <strong>di</strong>spersorum Atomorum Chaos, nulla <strong>su</strong>a<br />
parte cohaerens»; <strong>su</strong>ll’identificazione <strong>di</strong> Mosè con Mocho, antichissimo filosofo, insiste<br />
anche «Il Vescovo Daniello Huetio» che «<strong>di</strong>ce ancora: Hinc ergo emendandus Iamblicus, et<br />
pro Mocho, quod etiam in scriptis Co<strong>di</strong>cibus reperi, scribendum Moscho; atqui Moschus<br />
ipsissimus videtur Moises, qui merito physiologus <strong>di</strong>ctus est utpote qui scripserit de rerum<br />
primor<strong>di</strong>is, quique Troianum bellum aetate praecessit, et Sidonius cre<strong>di</strong> potuit ab iis, qui<br />
patriam ipsius ignorabant; vel quod in hac potissimum Urbe propagata fortasse fuerit<br />
ipsius doctrina, multique eam amplexi sint; vel propter Iudaeae viciniam: nonnunquam<br />
enim cum Phoenicibus Iudaeos confun<strong>di</strong> certum est» (id., p. 34).<br />
1 Id., pp. 47-48.<br />
2 Id., p. 47: i Greci si vantavano che presso <strong>di</strong> loro fossero fioriti sette savi: «Talete Milesio,<br />
Pittaco <strong>di</strong> Mitilene, Solone Ateniese, Biante <strong>di</strong> Priene, Cleobolo da Lindo, Periandro da<br />
Corinto, e Chilone Lacedemonico; ma Laerzio vi aggiunse Anacarsi Scita, Misone, Chineo,<br />
Ferecide Siro, Epimenide Cretese, e Pisistrato. Mutò poi Pitagora il titolo <strong>di</strong> Savio, come<br />
dovuto al solo Dio, e <strong>di</strong>r si volle Filosofo».<br />
3 Prova Bisogni De Gatti «che i primi greci, che vennero ad abitarvi – in Calabria – furono i<br />
calcidesi, i quli co i masseni dal Peloponneso calando, abitarono in Reggio […]. Dopo i<br />
calcidesi vennero nella Calabria Enotro, e Peucezio fratelli Arca<strong>di</strong> prima della guerra <strong>di</strong><br />
Troia» (id., p. 53); cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., pp. 168-174. Il testo <strong>di</strong> riferimento in<br />
questo caso è Hipponi seu Vibonis Valentiae, vel Montisleonis, Ausoniae civitatis accurata<br />
historia, in tres libros <strong>di</strong>visa, auctore D. Iosepho Bisogni De Gatti eiusdem urbis patritio,<br />
Neapoli, F. Mosca, 1710.<br />
4 Id., p. 56.<br />
162
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
ricostruendone la biografia attraverso Giuseppe Valletta, <strong>su</strong>a fonte non<br />
citata, ma, come sappiamo, trascritta in Sylva III: Pitagora «conversò co’ i<br />
sacerdoti della Fenicia; nell’Epistola ad Irenaeum <strong>di</strong>sse [San Girolamo]: Ex<br />
Judaeorum doctrina derivavit Magisterii praecepta Pythagoras; meritque<br />
magnus apud Philosophos habitus, qualem ut aiunt vix reperiri nullum» 1 ;<br />
solo perché era un gentile, e traeva «questa pazza opinione dagli Egizi"<br />
oppure perché "per trasmigrazione volle intendere il passaggio delle anime<br />
alle pene delle loro passioni» o, infine, per spaventare «gli uomini, e da’ vizi<br />
gli raffrenasse; siccome tutta la <strong>su</strong>a dottrina fu simbolica», 'insegnò' la<br />
dottrina della trasmigrazine delle anime, affermando che «la metempsicosi,<br />
o trasmigrazione delle anime fosse un transito ne’ corpi anche degli animali<br />
bruti colle loro forme, e costumi» 2 . Gimma accoglie da Valletta anche la<br />
cristianizzazione <strong>di</strong> Pitagora: per primo ha sostenuto l’immortalità<br />
dell’anima e ha insegnato che Dio era «unità, e mente, che in tutte le parti<br />
dell’Universo si <strong>di</strong>ffonde» 3 . Gimma non si sofferma <strong>su</strong> questo aspetto della<br />
filosofia pitagorica, né <strong>su</strong> questa <strong>di</strong>ffusività o onnipresenza <strong>di</strong>vina. Quello<br />
che più gli sta a cuore - e in tal senso fa un'apologia dentro quella più ampia<br />
alla quale l'opera è <strong>di</strong>retta - è che Pitagora ha fondato un'accademia e che<br />
questa accademia sia stata costituita nell'Italia meri<strong>di</strong>onale.<br />
Orgogliosamente lo ricorda contestando l’opinione dell’eru<strong>di</strong>tissimo<br />
«Vallemont, che con pregiu<strong>di</strong>zio della nazione italiana, per non <strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />
qualche altra, ha voluto scrivere […], narrando la varietà delle cose<br />
avvenute nelle monarchie novelle; nell’anno 790 Cominciamento della<br />
1 Id., p. 57.<br />
2 Ib. cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., pp. 4-5: «Pitagora tenne la scuola in Crotone. San<br />
Girolamo […] <strong>di</strong>ce, ch’egli avesse conversato co’ Profeti, e specialmente nella Fenicia con<br />
Ezechiele, e con tutti gli altri, che <strong>su</strong>ccedettero a Mocho, e con li Sacerdoti della Fenicia», e<br />
poco sotto, a p. 5: «San Girolamo scrivendo ad Ireneo: Et ex Iudeorum doctrina derivavit<br />
Magisterii praecepta Pythagoras; meritoque magnus apud Philosophos habitus, qualem, ut<br />
aiunt, vix reperiri ullum». Entrambi questi passi si trovano nelle pagine copiate da Valletta.<br />
A p. 3 <strong>di</strong> Sylva III…, cit., «Pitagora da alcuni è tenuto <strong>di</strong> Samo della Grecia; da altri <strong>di</strong><br />
Samo della Calabria ora detta Crepacori, al <strong>di</strong>r del Barrio, del Car<strong>di</strong>nale Sirleto e del<br />
Lascari». Non è qui possibile riportare volta per volta le convergenze – che spesso sono<br />
vere e proprie coincidenze – delle analisi <strong>di</strong> Gimma con il giustamente celebre testo <strong>di</strong><br />
Valletta; va però ricordato che, se l’impostazione generale <strong>di</strong> Gimma segue quella <strong>di</strong><br />
Valletta solo fino ad un certo punto, e se molte sono le <strong>di</strong>vergenze, entrambi però<br />
concordano <strong>su</strong>lla valutazione estremamente positiva delle filosofia pitagorica e <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>a<br />
persistente grandezza.<br />
3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. I, p. 57.<br />
163
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
famosa università <strong>di</strong> Parigi, madre <strong>di</strong> tutte quelle, che son nell’Europa» 1 . In<br />
realtà, egli scrive, «la celebre Accademia <strong>di</strong> Parigi non è stata la madre delle<br />
italiane; ma più tosto coll’esempio <strong>di</strong> quelle dell’Italia, e coll’opera<br />
degl’italiani ha riconosciuto i <strong>su</strong>oi principi» 2 .<br />
Il tono smaccatamente 'agiografico, non sminuisce alcuni punti fermi ai<br />
quali Gimma è pervenuto: l'origine umana della scienza e la <strong>su</strong>periorità della<br />
ricerca sperimentale; la tra<strong>di</strong>zione cristiana della filosofia sperimentale che<br />
ha la <strong>su</strong>a antica origine; tramite Pitagora, in Mosè e Noè.<br />
2. Teologia scolastica e nuova scienza<br />
Oggetto precipuo della trattazione, e dell’interesse, <strong>di</strong> Gimma è la Teologia<br />
cristiana<br />
Questa teologia, che tratta delle cose <strong>di</strong>vine ha poi ricevuta le <strong>su</strong>e <strong>di</strong>visioni;<br />
secondo che è Dio considerato; così la Scritturale considera la <strong>di</strong>vina legge, e<br />
spiega i <strong>su</strong>oi precetti: la Scolastica <strong>di</strong>scorre dell’essenzia <strong>di</strong> Dio, la Morale, o<br />
Scolastica pratica, in<strong>di</strong>rizza le nostre operazioni; acciocchè i <strong>di</strong>vini precetti si<br />
osservino; e la Mistica o Ascetica ci instruisce all’amore <strong>di</strong> Dio o col mezo della<br />
via purgativa, producendo in noi la perfezione col conoscere i peccati, col<br />
detestargli, e coll’ ammendarci; o col mezo della via illuminativa, mostrandoci le<br />
virtù; o col mezo dell’unitiva, colla quale ci unisce con Dio 3<br />
1<br />
Id., p. 154.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Id., pp. 319-320. A p. 320 la <strong>di</strong>stinzionce continua: della Mistica fanno parte<br />
«l’esemplare, che le vite <strong>di</strong> Cristo, della Beata Vergine, e de’ Santi considera, le quali<br />
imitare dobbiamo : la Meletetica, che è l’arte <strong>di</strong> ben me<strong>di</strong>tare; e la Liturgia, che è la dottrina<br />
delle Orazioni, degli ufici, de’ Sagramenti, delle Consagrazioni, delle bene<strong>di</strong>zioni, e <strong>di</strong> altre<br />
cose simili». E poi la Teologia polemica «detta da alcuni dogmatica, o controversistica, le<br />
quali sono da altri <strong>di</strong>stinte tra loro; benchè abbiano uno stesso fine, è tutta intenta a<br />
<strong>di</strong>fendere i principi della teologia, valendosi de’ <strong>di</strong>ece luoghi teologici a provare contro gli<br />
eretici, e gl’infedeli le <strong>su</strong>e conclusioni; e ad unire le chiese <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>, e ridurle all’unione<br />
della fede. Aggiungono altri la teologia oratoria, la quale colle pre<strong>di</strong>che attende a<br />
per<strong>su</strong>adere la religione cristiana, e ad imitare Giesù Cristo collo stu<strong>di</strong>o delle virtù; così altre<br />
parti considerare si possono, come la meto<strong>di</strong>ca, la quale <strong>di</strong>spone le materie teologiche,<br />
raccogliendo in compen<strong>di</strong>o gli assioni salutevoli, che occorrono nella parola <strong>di</strong> Dio, e<br />
riducendogli a certi capi: la Parenetica, la quale considera le omelie, e le pre<strong>di</strong>che: la<br />
Casistica, che è la dottrina de’ casi, e scioglie le questioni <strong>di</strong> coscienza; e questa alcuni<br />
colla morale confondono, e talvolta colla canonica; la quale considera le leggi canoniche.<br />
La catechistica è un compen<strong>di</strong>o della cristiana religione, con cui i domestici, i fanciulli<br />
s’instruis cono, e quei, che vengono alla fede; ma sono molte le parti della Teologia, se<br />
164
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Precisamente quella del Nuovo Testamento. La teologia ha infatti origine<br />
dall’insegnamento orale <strong>di</strong> Cristo e dei <strong>su</strong>oi Apostoli, dai Vangeli e, in<br />
forma propria, da Dionigi l’Aeropagita che conciliò l’insegnamento<br />
evangelico con la filosofia platonica 1 . Da questo evento ha origine<br />
quell’importantissimo 'commercio' tra teologia e filosofia che avrebbe<br />
segnato la cultura occidentale 2 . In tal modo Gimma introduce, attraverso la<br />
ricostruzione <strong>di</strong> Valletta, la <strong>su</strong>a riflessione <strong>su</strong>ll'aristotelismo: a partire dal<br />
XII secolo «molti eretici co’ i principi della filosofia pretendeano <strong>di</strong><br />
spiegare tutti i misteri della Fede» 3 . Questi eretici erano «Giovanni Sofista,<br />
il Dinant <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Amalrico, il Ruscellino». Tutti costoro erano da<br />
ritenere responsabili delle <strong>di</strong>spute che avevano lacerato il mondo cristiano.<br />
Insieme a loro, Abelardo, «che circa l’anno 1140 facea professione <strong>di</strong> una<br />
dottrina mista <strong>di</strong> quella degli Arriani, de’ Nestoriani, e de’ Pelagiani;<br />
aggiugnendovi molte altre stravaganti opinioni», «i Valdensi, e nella<br />
Linguadoca gli Albigesi» che «nello stesso secolo si u<strong>di</strong>rono in Parigi» 4 .<br />
Ovunque «si vedea corrompere la Teologia»: ad Oxford, ad esempio, dove<br />
«scioccamente <strong>di</strong>sputavano della potestà delle chiavi, della <strong>di</strong>gnità<br />
dell’or<strong>di</strong>ne monastico, del fermento, dell’azimo; della concezione <strong>di</strong> Maria<br />
Vergine, e <strong>di</strong> simili questioni, in cui gli Eretici anche oggidì gran <strong>di</strong>letto<br />
ritrovano» 5 .<br />
minutamente considerar le vorremo; perché la Mariologia tratta della Beata Vergine:<br />
l’Angelologia degli Angeli, e così delle altre; e tutte col progresso de’ tempi, e colle<br />
occasioni date dall’Eresie, e dall’essercizio si sono ad Arte ridotte». Gimma non entra nel<br />
merito dell’effettiva necessità <strong>di</strong> una tale proliferazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scipline teologiche, si limita a<br />
ricostruire la storia della teologia nell’occidente cristiano. Pur non ritenendole questioni <strong>di</strong><br />
scarso peso evidentemente <strong>su</strong>ppone che sia <strong>di</strong> estrema <strong>di</strong>fficoltà raggiungere un punto<br />
fermo nelle questioni <strong>di</strong>battute dai teologi, se non ricostruendo storicamente il loro sorgere<br />
e il loro svilupparsi.<br />
1 Id., p. 325: «assegnano dunque l’origine della teologia a S. Dionigi Aeropagita, filosofo<br />
platonico, il quale insegnò ne <strong>su</strong>oi libri, e si servì dell’autorità dell’Evangelio».<br />
2 Id., p. 330: «biasimano alcuni l’uso da’ Teologi introdotto <strong>di</strong> aver fatta Scolastica, e<br />
<strong>di</strong>sputatrice la Teologia, colla maniera filosofica le <strong>su</strong>e materie tratando, e la filosofia stessa<br />
colla Teologia accoppiando».<br />
3 Id., p. 332. E ancora, «Pietro <strong>di</strong> Bruis , che rinnovava gli errori <strong>di</strong> Berengario intorno<br />
l’Eucaristia, e’l Battesimo de’ fanciulli, pre<strong>di</strong>cava contro il merito delle buone opere, contro<br />
l’onor delle immagini, e rovinava le chiese, <strong>di</strong>cendo, che i cristiani per onorare Dio non<br />
avean bisogno <strong>di</strong> alcun luogo particolare, e molti altri sciocchi errori insegnò in Provenza».<br />
Le eresie più pericolose erano nate, secondo Gimma, in terra <strong>di</strong> Francia.<br />
4 Ib.<br />
5 Id., p. 334. Gimma accenna qui a questioni che non erano affatto state <strong>di</strong>menticate se si<br />
tiene conto del fatto che Mabillon continuava a riflettere e a pubblicare <strong>su</strong> questi temi.<br />
165
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Due le conclusioni che si possono trarre da questi passi: la filosofia va<br />
tenuta separata dalla teologia; l'aristotelismo ha introdotto l'eresia nella<br />
teologia cristiana: per combattere le eresie, «scorgendosi, che da’ libri <strong>di</strong><br />
Aristotele in quei tempi, tutti gli errori si cagionavano, contro gli stessi più<br />
decreti furon fatti» 1 ; nello stesso anno «in cui si celebrò il Concilio <strong>di</strong><br />
Laterano, cioè nel 1215, si congregò ancora il Concilio Provinciale <strong>di</strong><br />
Parigi, in cui furono proibite tutte le traduzioni de’ libri Aristotelici, volendo<br />
formarne una, che non fosse ripugnante alla dottrina della loro Università<br />
Parigina» 2 . Già prima, I padri della Chiesa, S. Giustino e S. Bernardo, "la<br />
riprovarono; perché troppo quel Filosofo attribuiva all’intelletto, ed a’ sensi,<br />
e perché stabiliva principi alla nostra Religione contrari: anzi dava l’armi<br />
agli eretici per combatterla» 3 . Inoltra tutti i commentatori arabi «colla<br />
filosofia, e me<strong>di</strong>cina l’astrologia, e la magia similmente accoppiarono, e la<br />
loro teologia". Per questo, Martino Del Rio ha ragione nell'affermare, "che<br />
D’altra parte che l’interesse fosse ancora presente viene testimoniato proprio dalla<br />
recensione a Mabillon pubblicata <strong>su</strong> Il giornale de’ letterati <strong>di</strong> Francesco Nazari per tutto<br />
l’anno 1675, in Roma, a spese <strong>di</strong> Benedetto Carrara al Pie-<strong>di</strong>-marmo, con licenza de’<br />
<strong>su</strong>periori e privilegio, pp. 155-156, dove viene presentata la «Dissertatio de pane<br />
eucharistico, azymo et fermentato, auct. D. Io. Mabillon Congreg. S. Mauri, in 8 Parisiis<br />
apud Ludovicum Billaine», <strong>di</strong> cui viene scritto: «v’è in questo libro raccolto con molta<br />
<strong>di</strong>ligenza ed eru<strong>di</strong>tione ciò che riguarda la questione del pane azimo, che ha eccitate tante<br />
liti tra gli eru<strong>di</strong>ti. L’autore esamina al principio se Giesù Christo si servisse del pane azimo<br />
nell’ultima cena istituendo l’Eucharistia, e fa vedere che i SS. Padri sono stati <strong>di</strong> questo<br />
sentimento, confessa però quest’esempio <strong>di</strong> N. S. non essere stato una legge che habbia<br />
obligato necessariamente la Chiesa ad usar l’azimo nell’Eucharistia, non essendosene<br />
Giesù-Christo servito che per occasione, poiche non era lecito à Giudei adoprar altro pane<br />
nella Pasqua. E per questo non si deono condannar i Greci, perche si servono del<br />
fermentato, ancorche la Chiesa Latina habbia con ragione anteposto l’azimo. Non è facile à<br />
decider positivamente se questa pratica de’ Greci sia stata in ogni tempo ricevuta nella lor<br />
Chiesa. L’Autore fà vedere almeno con la testimonianza <strong>di</strong> Gio. Filopono che vivea 1100<br />
anni sono, che i Greci si servivano d’allora del fermentato, e che questo autore stimava tal<br />
uso ricevuto dal principio della Chiesa tra Greci. Poi passa dall’altre comunità Cristiane alla<br />
Chiesa Latina, e dopo haver esaminate certe prove che gli paiono false o sospette per provar<br />
l’antichità dell’azimo nella Chiesa Latina, apporta <strong>di</strong>verse congetture per mostrare che<br />
v’era in uso da’ primi secoli del Cristianesimo». Sui rapporti <strong>di</strong> Mabillon con l’ambiente<br />
napoletano, cfr. E. LOJACONO, Immagini <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> a Napoli…, cit.<br />
1 Id., p. 334.<br />
2 Ib. «La cagione però, per cui veniva da’ Filosofi corrotta la Teologia, erano i libri <strong>di</strong><br />
Aristotile portati da Costantinopoli, e proibiti dal Concilio <strong>di</strong> Parigi sotto Innocenzo III nel<br />
1203» (id., p. 336).<br />
3 Id., p. 504. «Non era perciò lo stu<strong>di</strong>o della dottrina d’Aristotile approvato a’ Cristiani, nel<br />
1209 furono i <strong>di</strong> lui libri pubblicamente bruciati in Parigi, e vietata colla pena <strong>di</strong> scomunica<br />
la lettura loro secondo il Concilio Senonense» (ib.).<br />
166
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
quando i Saraceni la Spagna occuparono, le pubbliche scuole delle arti<br />
magiche aprirono in Toledo, in Siviglia, ed in Salamanca» favorendo il<br />
<strong>di</strong>ffondersi delle arti magiche in Europa, come <strong>di</strong>mostra il caso <strong>di</strong> Cornelio<br />
Agrippa 1 .<br />
A giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Gimma, tutto questo era accaduto sia perché Aristotele era un<br />
gentile e dunque, non illuminato dalla fede («privo <strong>di</strong> quei lumi della Fede<br />
che <strong>di</strong>ssingannar lo potevano»), sia perché i <strong>su</strong>oi errori erano stati<br />
amplificati dagli arabi che avevano <strong>di</strong>ffuso l'aristotelismo in Occidente: "la<br />
Filosofia <strong>di</strong> Aristotile, che già da lungo tempo stava sopita […] ad opera <strong>di</strong><br />
Averroe, e <strong>di</strong> Alfarabio fu rinnovata, e l’insegnavano con molta sottigliezza<br />
rigettando, e deridendo co’ i loro Aristotelici fondamenti i sagri misteri della<br />
nostra Fede» 2 introducendo una scandalosa libertà <strong>di</strong> filosofare «colla<br />
Filosofia <strong>di</strong> Aristotile nelle materie della Teologia» 3 . Gli arabi, soprattutto<br />
Averroè (che «non era istruito nelle cose d’Aristotile, e delle Sette <strong>di</strong>verse<br />
de’ Filosofi; però malamente cita gli antichi, né del greco, né del latino<br />
linguaggio avendo pratica […]. È da tutti appellato empio Averroe»), hanno<br />
operato tanti e tali interventi <strong>su</strong>i testi del filosofo greco, che «se ri<strong>su</strong>scitasse<br />
Aristotile, negarebbe molte cose esser <strong>su</strong>e, che sono a lui attribuite» 4 : «la<br />
prima <strong>di</strong>fficultà» da <strong>di</strong>rimere è quella circa il numero dei libri <strong>di</strong> Aristotele<br />
«poicché il Laerzio <strong>di</strong>ligente autor greco affermò, che ne’ <strong>su</strong>oi tempi i libri<br />
certi <strong>di</strong> Aristotele giugnevano a quattrocento […]; ma <strong>di</strong>cono i Padri <strong>di</strong><br />
Coimbra, che ora non ne abbiamo, che 120 e’l Patrizi <strong>di</strong>ce 202» 5 .<br />
Gimma elenca gli 'errori' <strong>di</strong> Aristotele:<br />
che il Mondo fu ab aeterno, e <strong>di</strong> questa opinione molto si pregiava: insegnò, che le<br />
1 Id., p. 505.<br />
2 Id., p. 336. Gimma continua affermando: «le opere <strong>di</strong> Averroe sono così piene <strong>di</strong> errori,<br />
che da molti fuchiamato empio; ed oltre, che fu Maomettano, ed ebbe in o<strong>di</strong>o la nostra<br />
Religione Cristiana, e si servì anche <strong>di</strong> corrotti libri <strong>di</strong> Aristotile, ed in più luoghi guasti,<br />
tolsi egli a <strong>di</strong>o la provvidenza, e la scienza delle Cose, che sono sotto la Luna, e privò noi<br />
dell’immortalità dell’anima, e del libero arbitrio; e con queste opinioni empie ardì torgliere<br />
ogni religione, ogni culto <strong>di</strong> Dio, come che non abbia <strong>di</strong> noi alcuna cura, né veruna<br />
cognizione […]. Non è maraviglia, che i seguaci della dottrina <strong>di</strong> Averroe, degli Arabi, e<br />
de’ Greci sieno caduti in mille Eresie, ed abbiano ancora tentato <strong>di</strong> corrompere la Teologia;<br />
ma è ben maraviglia, che stimino loro gloria l’appellarsi Averroisti i Cattolici, ed abbian<br />
voltuo abbracciare le opinioni de’ Gentili, degl’Infedeli, e <strong>di</strong> empi Maestri, e pretendere<br />
ancora d’introdurle nelle Scuole, e sostenerle fra Cattolici» (id., pp. 336-337).<br />
3 Id., p. 337.<br />
4 Id., p. 501.<br />
5 Id., p. 502.<br />
167
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
generazioni degli animali perfetti sieno state ancora tutte ab aeterno […]. Affermò<br />
che Dio non abbia potuto far cosa alcuna dal niente, come riferisce essere stata <strong>su</strong>a<br />
opinione Simplicio; e però leggendo i libri sagri della Genesi, molto gli <strong>di</strong>sprezzò,<br />
perché il Sagro Istorico senza recare le ragione, che egli desiderava, dal niente la<br />
creazione del Mondo stabiliva […]. Disse, che l’uomo abbia l’anima mortale, come<br />
fu <strong>su</strong>o parere […]; e benchè affermò, che il Mondo non sia da per tutto animato, né<br />
sensibile, né guarnito <strong>di</strong> ragione, e d’intelletto; non<strong>di</strong>meno <strong>di</strong>sse, che dalla<br />
Provvidenza non sia governato; perchè le cose celesti sono partecipi <strong>di</strong> tutte queste<br />
cose, per esser circondate da sfere animali e vitali: ma che le terrestri sien prive <strong>di</strong><br />
tutte loro, e non per natura, o per altra cagione atnicipata; ma a caso or<strong>di</strong>nate 1 .<br />
Lo fa sia per fare emergere le dottrine dei commentatori arabi, sia per<br />
evidenziare i corretivi <strong>di</strong> Tommaso D'Aquino: solo con S. Tommaso<br />
d’Aquino fu possibile rime<strong>di</strong>are al danno poiché «fece con sommo<br />
<strong>di</strong>spiacere degli Eretici parlar Cristiano Aristotile«, al punto che «cominciò<br />
la stessa Filosofia a ricever quasi nuova vita; onde fu il notro Italiano S.<br />
Tommaso appellato il Principe de’ Teologi, e de’ Filosofi, e cominciò<br />
ancora ad insegnarsi in tutte le scuole» 2 .<br />
Il leit-motiv della <strong>su</strong>periorità italica - fu un italiano a cristianizzare<br />
Aristotele e italiani furono i primi «ad essaminare gli argomenti <strong>di</strong><br />
Aristotele, ed a purgare il <strong>su</strong>o sistema dagli errori degli Arabi» 3 , il<br />
Piccolomini - non cela il progetto che sta veramente a cuore dell'abate:<br />
<strong>di</strong>mostrare la <strong>su</strong>periorità del modello <strong>di</strong> filosofia sperimentale dei moderni<br />
<strong>su</strong>lla philosophia recepta: Con Valletta, ma prima ancora con Mabillon, egli<br />
<strong>di</strong>stingue le varie fasi della scolastica, e salva solo il tomismo, ma il <strong>su</strong>o<br />
giu<strong>di</strong>zio <strong>su</strong>ll'aristotelismo rimane del tutto negativo: non ha contribuito al<br />
progresso delle scienze, anzi è stato <strong>di</strong> ostacolo e solo quando,<br />
«introducendosi la libertà d’impugnare Aristotile, come fu poi de’ primi<br />
Bernar<strong>di</strong>no Telesio Cosentino ad impugnarla tutta», la scienza ha potuto<br />
riprendere il <strong>su</strong>o cammino 4 .<br />
1 Id., p. 507.<br />
2 Id., p. 508. A questo punto, «crebbe molto <strong>su</strong>’l finire del secolo XIV l’emulazione, sopra<br />
la filosofia <strong>di</strong> Ariostotile tra’ Nominali, e Realisti, tra’ Tomisti, e Scotisti, e tanti libri si<br />
scrissero, che asserì Francesco Patrizio essersi impressi ne’ <strong>su</strong>oi tempi più <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci mila<br />
volumi» (ib.).<br />
3 Ib.<br />
4 Ib.<br />
168
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
3. Platonismo, corpuscolarismo e nuova scienza<br />
La filosofia aristotelica, dunque, anche quella tomistica e cristianizzata 1 , non<br />
ha favorito la rinascita delle scienze, anch'essa fiorita in territorio italico -<br />
ricor<strong>di</strong>amo l'intento apologetico che pervade l'intera opera -, grazie<br />
soprattutto alle accademie 2 .<br />
Tale rinascita è da Gimma attribuita, interamente, alla ripresa della filosofia<br />
platonica con l'arrivo in Italia delle opere <strong>di</strong> Platone: nel 1439, quando «ne’<br />
travagli della Grecia passò nell’Italia Bessarione Arcivescovo <strong>di</strong> Nicea, ed<br />
egli stesso con Isidoro Monaco <strong>di</strong> S. Basilio […] si trovò nel Concilio <strong>di</strong><br />
Firenze» 3 ; ed è in seguito alla presa <strong>di</strong> Costantinopoli che, grazie all'arrivo<br />
in Italia <strong>di</strong> Giorgio Trapezunzio, Teodoro Gaza, Giorgio Gemisto Pletone<br />
«fu dalla Grecia trasportata la stessa Atene» 4 . È questa filosofia che<br />
favorisce il fiorire <strong>di</strong> accademie de<strong>di</strong>cate allo stu<strong>di</strong>o della storia naturale («e<br />
per coltivarlo, assai nobili Accademie, o Ragunanze <strong>di</strong> Uomini dotti<br />
fioriscono altresì, tutte applicate a scoprire i segreti della Natura col mezzo<br />
della Sperienza») «a beneficio della naturale istoria, e della filosofia<br />
necessarie alla me<strong>di</strong>cina» 5 . È a questa filosofia che si richiama Pierre<br />
Gassen<strong>di</strong>. Egli ha, infatti, praticato la filosofia atomistica che aveva avuto<br />
origine nella Magna Grecia, dove era sorta e aveva prosperato la filosofia <strong>di</strong><br />
Pitagora, <strong>di</strong> cui Democrito «non solo seguitò la dottrina […]; ma ricevè tutte<br />
le cose <strong>su</strong>e» 6 . Gimma accoglie il quadro storico vallettiano dove Epicuro<br />
viene presentato come un <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Democrito (si era appassionato alla<br />
filosofia dopo averne letto le opere) e quin<strong>di</strong> come l’ultimo esponente della<br />
1 Ib.: «non è dunque <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cevole asserire, che sia <strong>di</strong>venuta italiana la filosofia aristotelica,<br />
ridtoaa in quella forma, con cui ora si legge nelle Scuole dell’Europa, non insegnandosi la<br />
pura Aristotelica, o quella dagli Arabi alterata, e da’ Greci; ma la riformata e spurgata da S.<br />
Tommaso, la quale è stata il fondamento <strong>di</strong> quelle Scuole, che seguirlo han voluto, o pure<br />
impugnarlo; così l’impugnò Scoto, che fu Capo della Scotistica: a Scoto Occamo si oppose,<br />
che fu Capo de’ Nominali, e così delle altre, tutte Aris totile segundo, e <strong>di</strong>versamente<br />
spiegando».<br />
2 Id., p. 459: «fu lodevole instituto degl’Italiani incominciato nel secolo XV e continuato<br />
ne’ seguenti, <strong>di</strong> introdurre le Accademie per illustrare ed ampliare le scienze, e le lingue, e<br />
restaurarle altresì; perché ne’ corrotti secli ad<strong>di</strong>etro si erano tralasciate, e poco meno che<br />
perdute per lo dominio de’ barbari».<br />
3 Ib.<br />
4 Id., p. 460.<br />
5 Id., p. 476.<br />
6 Id., p. 488.<br />
169
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
scuola <strong>di</strong> Pitagora. I <strong>su</strong>oi errori – viene precisato – erano quelli «<strong>di</strong> cui<br />
furono sporcati i filosofi gentili»:<br />
Se Democrito dava il mondo a caso, Epicuro affermava, che non sia Dio rettore del<br />
mondo: che Dio non abbia la cura degli uomini, e che vi sieno più mon<strong>di</strong>, e tra loro<br />
intermun<strong>di</strong>a, cioè gli spazi, e molte altre cose, che non sono da’ cattolici accettate, i<br />
quali hanno il vero lume della Santa Fede 1 .<br />
Da Platone, a Pitagora ad Epicuro, ai neoplatonici, a Gassen<strong>di</strong>: Gimma<br />
delinea la via unitaria della filosofia sperimentale.<br />
Di Epicuro Gimma elenca, accanto agli errori – quelli reali e quelli<br />
attribuitigli ingiustamente -, i numerosi pregi, testimoniati dalla accoglienza<br />
riservata alla <strong>su</strong>a filosofia in ambienti cristiani sin dai tempi dei Padri della<br />
Chiesa: Origene ricorda quei i consoli <strong>di</strong> Roma che «appresero la<br />
continenza, e le virtù della scuola Epicurea». Ma già Cicerone testimoniava<br />
che gli epicurei credevano vi fosse «una mente, cioè un Dio, che regge, e<br />
da’ il moto all’universo, e da cui è stata ogni cosa prodotta» 2 . Da quei primi<br />
tempi, molti hanno aderito alla filosofia epicurea, tra i protestanti ad<br />
esempio Ettmüller 3 , tra i cattolici il ge<strong>su</strong>ita Foresti secondo il quale «il<br />
vocabolo <strong>di</strong> go<strong>di</strong>mento e piacere» va collocato «non nella sterile<br />
specolazione delle cose naturali, né ne’ beni <strong>di</strong> fortuna; ma nella contentezza<br />
1 Ib. Cfr., G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 37: «tanto Democrito, quanto Epicuro <strong>di</strong>ssero la<br />
cagione <strong>di</strong> ogni moto, ed azione, e generazione esser gli atomi. Ma ciò <strong>di</strong>cendo, non posero<br />
il Mondo a caso, perocchè sosteneano, che Dio gli avesse creati, ed impresso loro il<br />
movimento, il <strong>di</strong>sten<strong>di</strong>mento, e la figura».<br />
2 Ib. Cfr. ancora lo scritto <strong>di</strong> Valletta in G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 42: «Origene, ed<br />
altri, <strong>di</strong>cono ch’erano lontani affatto dalle lascivie, e per esempio <strong>di</strong> ciò, va numerando i<br />
migliori Consoli, e Capitani Romani, che dalla Scuola Epicurea appresero la continenza, ed<br />
ogni altra virtù […]. Cicerone commemora molti Epicurei del <strong>su</strong>o tempo […] e molti altri<br />
sono riferiti da Seneca, Plutarco, e Lucrezio. Ed appo Cornelio Nepote si può vedere con<br />
quanta moderazione, e continenza i veri Europei si reggessero, sino ad avere i beni comuni,<br />
e l’abitazione, come già fecero i Pitagorici. E <strong>di</strong>ce Porfirio, che Ermarco si astenea dalla<br />
carne, non meno che i Pitagorici, quando sacrificavano. Credevano ancora, che vi fosse una<br />
mente, cioè un Dio, che regge, e dà il moto a questo Universo, e dal quale tutte le cose sono<br />
state prodotte. Anzi Petronio, e Luciano, che furono degli empi Epicurei, né anche<br />
negarono affatto la Provvidenza <strong>di</strong> Dio».<br />
3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 489: «ex hac schola Democritica venit<br />
Epicurus incomparabilis ille philosophus nulli aequiparandus tam in philosophia morali,<br />
quam naturali». La fonte <strong>di</strong> Gimma è M. Ettmüller <strong>di</strong> cui sono state con<strong>su</strong>ltate la Opera<br />
omnia me<strong>di</strong>co-physica, theoretica et practica, 3 tt., Venetiis, <strong>su</strong>mptibus Joh. J. Hertz, 1700;<br />
e la Opera Me<strong>di</strong>ca theoretico-practica, 3 tt., Francofurti ad Moenum – Amstelodami, Jo. D.<br />
Zumerus – Jo. Rips, 1696.<br />
170
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
dell’animo, che può render beato l’uomo in questo mondo, aggiuntavi<br />
l’indolenza del corpo» 1 . Tra i moderni corpuscolari, Gimma annovera<br />
Telesio, Galilei e Boyle 2 , soprattutto Gassen<strong>di</strong> che ha restituito «dopo tanti<br />
secoli la stessa antica filosofia degli atomi uscita dalle scuole italiana e<br />
rinnovò le opinioni <strong>di</strong> Democrito, <strong>di</strong> Epicuro, e <strong>di</strong> Lucrezio, i quali la stessa<br />
filosofia insegnarono, <strong>di</strong> cui era il principe Leucippo nostro antico<br />
italiano» 3 . Il doux prêtre ha fatto: ha emendato l’epicureismo degli errori<br />
«che ripugnavano alla nostra fede cattolica», spiegando o contestando quelle<br />
sentenze «che quelli per esser gentili avean <strong>di</strong>feso»:<br />
impugnò l’errore <strong>di</strong> Democrito, che il mondo sia stato fatto dal caso, e quei <strong>di</strong><br />
Epicuro, che il mondo debba rovinarsi per la forza della natura, non per comando<br />
<strong>di</strong> Dio: che il mondo sia animato, come gli animali, e le piante; ed abbia le <strong>su</strong>e età,<br />
adolescenza, gioventù, e vecchiezza: che la terra sia piana, e non rotonda: che gli<br />
animali furono nella prima loro generazione prodotti a caso dalla terra colla<br />
<strong>di</strong>stinzione de’ membri: che Dio non sia autore del mondo, né rettore, né abbia cura<br />
degli uomini: che si <strong>di</strong>ano più mon<strong>di</strong>, e gli sapzi tra essi, e tante altre false opinioni<br />
insegnate nelle scuole de’ Gentili, come false pur ne ebbero Platone, ed Aristotele 4 .<br />
La filosofia ‘gassen<strong>di</strong>stica’ anche se da più parti viene in<strong>di</strong>cata come<br />
moderna, in realtà non è che la democritea ed epicurea, ossia la prima<br />
filosofia italiana 5 .<br />
1 Ib.<br />
2 Id., p. 491. Quanto al Galilei, «degli atomi, e del vacuo sentì <strong>di</strong>versamente da Democrito,<br />
e da Epicuro; poicchè inane non ceu rem quandam; sed potius tanquam capacitatem<br />
corporeae naturae pror<strong>su</strong>s expertem ad rerum naturalium concretiones a<strong>su</strong>mit: come <strong>di</strong>sse<br />
Tommaso Cornelio, e degli atomi ita <strong>di</strong>sputat, ut si illa instar puncti mathematici nullam<br />
plane magnitu<strong>di</strong>nem haberent: ed affermò altresì corpora fluida, et metalla liquata in<br />
eiusmo<strong>di</strong> atomos esse <strong>di</strong>visa».<br />
3 Ib. Cfr., G. GIMMA, Sylva V…, cit., p. 107: «Pietro Gassendo […] seguì un sitema <strong>di</strong>verso<br />
da quello del <strong>Descartes</strong>, ammettendo il vacuo, e gli atomi secondo il sentimento <strong>di</strong><br />
Epicuro». Gassen<strong>di</strong>, annota l’autore copiato da Gimma «avea maggior lettura, ed<br />
eru<strong>di</strong>zione, che’l <strong>Descartes</strong>, ma non tanta invenzione, né tanta penetrazione». La fonte <strong>di</strong><br />
Gimma viene in<strong>di</strong>cata dall’autore in questo modo: «La storia profana dal <strong>su</strong>o principio sino<br />
al presente, composta in lingua francse dall’autore della Storia della Chiesa, e tradotta<br />
nell’italiano da Selvaggio Canturani. Padova, 1719. Stampa del Seminario Tomi 6 in 12»<br />
(id., p. 87).<br />
4 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 491.<br />
5 Ma in realtà spetta agli italiani anche il merito <strong>di</strong> aver per primi riscoperto l’atomismo:<br />
«l’Abate Conte Antonio Conti […] mostra che il nostro Galileo è uno de’ capi della<br />
moderna filosofia; senza <strong>di</strong> cui non avrebbe il Gassendo, come ancora il Cartesio formate le<br />
nuove loro filosofie, e porta le parole del Valliso inglese, che scrisse: si non habuissemus in<br />
171
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Dal cartesiano Valletta, ancora, Gimma accoglie l’ipotesi che la stessa<br />
filosofia cartesiana sia <strong>di</strong> ascendenza epicurea. Questo conferma: sia che<br />
l’innesto della filosofia cartesiana <strong>su</strong>l tronco epicureo sia corrente a Napoli<br />
sin dagli anni della Accademia degli Investiganti, sia che il cartesianesimo<br />
sia marginale per Gimma, come abbiamo già visto nel caso della polemica<br />
Musitano-De Martino 1 . Non a caso, viene citato l’anticartesiano Huet<br />
secondo il quale la filosofia cartesiana altro non è che «un centone <strong>di</strong> varie<br />
cose, e <strong>di</strong> vari sentimenti ricavati dagli antichi, e da moderni filosofi, senza<br />
che alcun <strong>di</strong> loro nominasse» 2 : il fisico <strong>Descartes</strong> ha ‘copiato’ Empedocle e,<br />
tra i filosofi italiani 3 , «spezialmente […] Giordano Bruno Nolano» 4 . Di<br />
quest’ultimo, Gimma descrive dettagliatamente le dottrine filosofiche: nel<br />
De Immenso, aveva affermato che il Sole è al centro dell’universo, che la<br />
Terra «con perpetue vertigini intorno al Sole si aggiri», che ciascuna stella è<br />
in realtà un altro sole ed ogni stella è un mondo, e ancora che le stelle fisse<br />
sono in numero infinito, che «tutti questi mon<strong>di</strong> formino l’universo, e<br />
ciascheduno sia abitato da sostanze <strong>di</strong>verse, e forse migliori della nostra, e<br />
governato da un’anima universale» 5 . La connessione fra la filosofia <strong>di</strong><br />
Italia Galilaeum, et in Anglia Verulamium, forte nec habuissemus Cartesium, Gassendum,<br />
totamque quam vocant, novam philosophiam» (id., p. 492).<br />
1<br />
Ib.: «Renato Cartesio del Perrì, Castello tra la Bertagna, e’l Poitù, e tutti i <strong>su</strong>oi seguaci<br />
[…], ed altri <strong>su</strong>oi illustratori, i cui libri con cautela legger si debbono, perché più cose<br />
contengono alla Santa Fede ripugnanti».<br />
2<br />
Ib.: «fu un fondamento della <strong>su</strong>a dottrina quell’Ego cogito, ergo <strong>su</strong>m: e fu avvertito dal<br />
Mersenno, esser pure <strong>di</strong> S. Agostino».<br />
3<br />
Id., p. 493: «Leucippo, Democrito, et Epicuro <strong>di</strong>stribuirono la prima materia delle cose in<br />
vari vortici o mon<strong>di</strong>, e <strong>di</strong>ce lo stesso Huezio».<br />
4<br />
Ib.: «scrive l’Huezio: Extitit vero inter novitios Philosophos Jordanum quidam Brunus<br />
Nolanus, quem Cartesianae doctrinae antesignanum iure <strong>di</strong>cas, adeo accurate omnem eius<br />
compositionem praesignavit il eo libro, quem De Immenso, et innumerabilibus inscripsit.<br />
Nam et universi infinitatem, et mundorum innumerabilitatem tuetur, etc. Sed ne nimium<br />
sim, librum legi velim: qui fecerti, feret operae pretium, et quampulcre ei cum Cartesio<br />
conveniat, agnoscet. Provenerunt pest Brunum acuti Philosophi Gilbertus, et Galilaeus, qui<br />
Mundum esse infinitum, ac proinde figura, centroque carere sentirent, et si non aperte<br />
sententiam <strong>su</strong>am scriptis explicarunt».<br />
5<br />
Ib. Si veda ancora lo scritto <strong>di</strong> Valletta in G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 41: «Giordano<br />
Bruno con dottrina esecrabile (la quale volesse Id<strong>di</strong>o, che fosse rimasa spenta, ed affatto<br />
incenerita nelle giustissime fiamme, in cui arse l’Autore, e non vivesse ancora nel <strong>su</strong>o<br />
abominevole libro scritto della pluralità de’ Mon<strong>di</strong>) insegnò, e formò un nuovo sistema, ed<br />
inu<strong>di</strong>to. Giace, <strong>di</strong>c’egli, nel mezo del nostro Mondo immobile il Sole, e la Terra con<br />
perpetue vertigini, intorno a quello s’aggira. Vuole che ogni Pianeta sia una Terra, e<br />
ciascuna stella sia un altro Sole, e che detti Pianeti non siano quei pochi, che noi<br />
osserviamo, né tampoco le stelle, ma infiniti, ed innumerabili, e queste, e quelli sparsi nello<br />
172
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Bruno e quella <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> era stata posta da quel medesimo Huet che è la<br />
fonte <strong>di</strong> Valletta, ma forse anche del ‘gran renatista’ Tommaso Cornelio: «in<br />
easdem fere <strong>di</strong>fficultates delabitur Cartesius; nam innumerabiles illi<br />
vortices, ex quibus mundum coagmentari voluit, Bruni systematibus<br />
respondere videntur» 1 .<br />
In quanto <strong>di</strong> ascendenza bruniana («i libri, e gli scritti del Bruno furono<br />
proibiti dalla Sede Apostolica […] insieme con altri libri, che false dottrine,<br />
eretiche, erronee, o scandalose contengono» 2 ) la filosofia <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> è<br />
stata condannata dalla Chiesa e «nella Francia spezialmente fu proibita, e<br />
biasimata; e da molti autori anche <strong>di</strong> varie nazioni impugnata» 3 . Essa,<br />
infatti,<br />
mentem sensim ad impietatem inclinat, machinalis hae philosophia, quam<br />
propterea eru<strong>di</strong>to opere acute nuper, et <strong>su</strong>btiliter oppugnavit Parkerus 4 .<br />
La condanna della filosofia cartesiana è singolarmente decisa, anche se essa<br />
avviene a partire dalle teorie cosmologiche e dalle loro implicazioni<br />
religiose 5 . Va comunque precisato che le Sylvae non contengono<br />
significative annotazioni <strong>di</strong>rette da opere <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>. La conoscenza che<br />
l’abate ha del filosofo francese è dunque in<strong>di</strong>retta e me<strong>di</strong>ata da Valletta,<br />
Huet, De Bene<strong>di</strong>ctis e Cornelio. Di quest’ultimo conosceva sicuramente i<br />
Progymnasmata che cita nelle <strong>su</strong>e opere a stampa. Quello che spinge<br />
Gimma in tale <strong>di</strong>rezione è, come era accaduto per gli Investiganti, un<br />
Spazio infinito dell’Universo, ch’essendo, com’ei <strong>di</strong>ce, immagine dell’Onnipotenza<br />
infinita, non dee riconoscere termine alcuno. Dice, che tutti questi mon<strong>di</strong> sono abitati da<br />
Sostanze <strong>di</strong>verse, e forse migliori della nostra, e che l’interminata ampiezza dell’Universo<br />
sia assistita, e governata da un’anima universale non meno che ciascun mondo dalla <strong>su</strong>a<br />
particolare». La bibliografia bruniana è sterminata. Sul tema dell’infinità dell’univ erso e<br />
della pluralità dei mon<strong>di</strong> cfr. S. RICCI, La fortuna del pensiero <strong>di</strong> Giordano Bruno, 1600-<br />
1750, Firenze, Le Lettere, 1990, e il bel volume <strong>di</strong> A. DEL PRETE, Universo infinito e<br />
pluralità dei mon<strong>di</strong>. Teorie cosmologiche in età moderna, Napoli, La Città del Sole, 1998.<br />
1<br />
G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 493.<br />
2<br />
Id., p. 494.<br />
3<br />
Id., pp. 494-495. E continua poco dopo: «saremo forse <strong>di</strong>spiacevoli a’ Professofi della<br />
Cartesiana filosofia, ci cui più tosto i biasimi, che le lo<strong>di</strong> abbiam posto sotto l’occhio; ma<br />
siamo pur tenuti a mostrare, che la medesima sia derivata da’ fotni impuri italiani, e<br />
spezialmente rigettati; e siccome le opinioni del Bruno, sono ancora dalla Chiesa<br />
condannate, ed alcune altre, che seguir volle il Cartesio; così molti <strong>su</strong>oi libri nell’In<strong>di</strong>ce<br />
Romano si veggono proibiti» (id., p. 495).<br />
4<br />
Ib.<br />
5<br />
Ib.: «molti errori <strong>di</strong> questa filosofia considerati da Tommaso Bonarte inglese, e da altri».<br />
173
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
<strong>di</strong>verso atteggiamento teoretico nei confronti delle scienze sperimentali e<br />
della filosofia corpuscolare dei moderni.<br />
Corpuscolari e platonici vengono messi insieme in nome dell’antica origine<br />
teoretica e geografica. Entrambe le filosofie hanno avuto il loro massimo<br />
sviluppo in Italia, e il platonismo è riconducibile al corpuscolarismo<br />
pitagorico. In connessione le due filosofie Gimma trova nel padre<br />
Emmanuel Maignan 1 .<br />
Gimma ripropone qui la lettura <strong>di</strong> Platone in opposizione ad Aristotele che<br />
era stata proposta, fra gli altri da Valletta. Anche a Gimma questo serve per<br />
ricondurre la filosofia moderna a quella platonica e quest’ultima e accordare<br />
quest’ultima con la religione cristiana. A sostegno <strong>di</strong> questa tesi egli si<br />
appellava all’autorità dei Padri della Chiesa 2 : «vogliono alcuni veramente»<br />
che i gentili, osservando le leggi <strong>di</strong> natura e adorando un solo ed unico Dio<br />
come autore soprannaturale «e sana dottrina insegnando, salvar si<br />
potessero» 3 .<br />
Anche <strong>di</strong> Platone Gimma elenca gli errori commessi in quanto ‘gentile’. Il<br />
<strong>su</strong>o metodo, dove la storia doveva fare emergere, attraverso l’in<strong>di</strong>viduazione<br />
degli errori, gli aspetti vitali <strong>di</strong> ciascuna filosofia, viene applicato anche in<br />
questo caso:<br />
Non fu però creduta priva degli errori la <strong>su</strong>a filosofia, perché fu ancora egli<br />
Gentile, e come <strong>di</strong>ssero Plotino, Porfirio, Jamblico, Siriano, Proclo […], <strong>di</strong>ede pure<br />
il mondo ab aeterno, ed increato, e secondo che narra Apuleio, assegnò una materia<br />
non prodotta, ed incorruttibile; che avesse molto prima del mondo sia da’ secoli<br />
infiniti il <strong>su</strong>o essere, e che le anime nel principio del mondo fossero state prima de’<br />
loro corpi prodotte, anzi eterne, e che va<strong>di</strong>no per le stelle vagando, finchè ne’ loro<br />
corpi introdotte da un corpo all’altro facciano la loro trasmigrazione […]. Così fu<br />
opinione de’ Platonici, seguita da Filone, e dallo stesso Origene, che i cieli sieno<br />
animati, e che il sole, la luna, e le stelle fossero <strong>di</strong> fuoco, che per alimentarsi<br />
1 Id., p. 495.<br />
2 Id., p. 497: «S. Agostino stesso afferma aver letto in alcuni libri de’ Platonici il principio<br />
dell’Evangelio <strong>di</strong> S. Giovanni: In principio erat Verbum; sino al verso: Et tenebrae eam non<br />
comprehenerunt; non colle stesse parole, ma con simili, le quali quanto narra l’Evangelio<br />
per<strong>su</strong>adevano». Poco prima Gimma riferisce l’opinione <strong>di</strong> alcuni secondo il quali, «nel <strong>su</strong>o<br />
sepolcro fu trovato scritto in una piastra in oro: Credo in Christum nasciturum de Virgine,<br />
pas<strong>su</strong>rum pro humano genere, et tertia <strong>di</strong>e re<strong>su</strong>rrecturum» (ib.).<br />
3 Ib.<br />
174
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
avessero bisogno de’ vapori della terra 1 .<br />
La metafisica platonica, riscoperta in Italia da Marsilio Ficino (ed è «a<br />
Marsilio Ficino che è pur data la gloria, <strong>di</strong> averla interamente restituita, e<br />
rinnovata» 2 ), è l’anello <strong>di</strong> congiunzione tra corpuscolarismo antico e<br />
moderno, da una parte, e religione e scienza, dall’altra.<br />
4. La nuova filosofia sperimentale<br />
Anche i platonici, pure inseriti tra i precursori della moderna filosofia, si<br />
sono macchiati <strong>di</strong> alcuni degli errori commessi dagli aristotelici: hanno solo<br />
commentato e tradotto gli autori antichi e si sono impegnati spesso in<br />
<strong>di</strong>spute e speculazioni vane. Solo la nuova filosofia sperimentale ha ar<strong>di</strong>to<br />
proporre una nuova metodologia e nuovi obiettivi alla filosofia 3 :<br />
occupati alcuni moderni filosofi nelle osservazioni, ogni autorità rigettando, se alla<br />
ragione o al senso non corrisponde, hanno una maniera <strong>di</strong> filosofare tutta <strong>di</strong>versa<br />
introdotto, applicandosi a scoprire novità, ed operazioni della natura, che erano<br />
ignote, o ad esaminare quelche gli antichi hanno scritto 4 .<br />
Gimma si attribuisce a merito non piccolo – primo in assoluto – <strong>di</strong> avere<br />
contribuito non poco allo sviluppo della filosofia sperimentale proprio<br />
‘purgandola’ delle favole che ancora la intorbi<strong>di</strong>vano e che aveva trovato<br />
nei testi degli antichi e dei moderni 5 . In tal modo egli ha evidenziata la<br />
congruità e la pregnanza dell’aggettivo ‘nuova’ per questa filosofia ‘italica’,<br />
facendo risaltare le nuove metodologie e le nuove scoperte 6 :<br />
1<br />
Id., pp. 947-498.<br />
2<br />
Id., p. 499. Ficino è indubbiamente un autore importante in queste pagine, al punto che<br />
Gimma si sente in dovere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderlo contro le accuse <strong>di</strong> coloro che ne ricordano le<br />
credenze astrologiche: «scrisse i tre libri De vita, in cui molte <strong>su</strong>perstizioni cavate dalla<br />
<strong>di</strong>vinatrice astrologia si leggono; ma vogliono, che le rigettò tutte, quando vide il libro <strong>di</strong><br />
Pico Mirandolano contro gli Astrologi» (ib.).<br />
3<br />
Id., p. 509.<br />
4<br />
Id., pp. 509-510.<br />
5<br />
Id., p. 510: «niuno accrescimento aveano per ciò ricevuto le scienze naturali per molto<br />
tempo; ma ora tante belle novità si sono scoperte, che è forza confessare essersi più saputo<br />
in uno, che in <strong>di</strong>ece e più secoli. Col mezo della notomia, delle osservazioni, e delle<br />
sperienze, valendosi ancora delle matematiche, scuopre la sperimental filosofia i segreti<br />
della natura».<br />
6<br />
Ib.: «molto hanno ancora giovato le invenzioni de’ microscopi, e <strong>di</strong> altri strumenti ottici,<br />
ed artificiali fatti da’ nostri italiani, tanto necessari a potere ben filosofare, <strong>di</strong> cui eran privi<br />
175
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Michel’Angelo Andreolli […] affermò, che i principi de’ trovamenti moderni, che<br />
ora la fisica adornano, professata da’ neoterici sperimentatori, sono quasi tutti<br />
venuti da’ nostri italiani, che poi osservati dalle Accademie degl’inglesi, de’<br />
francesi, de’ danesi, degli olandesi, ed altre, hanno sopra i gettati fondamenti<br />
italiani innalzate sontuose macchine […] come ha fatto la Società Regia<br />
d’Inghilterra, nella quale se con tante sperienze si è veduto fiorire il celebre<br />
Roberto Boile […] ha avuto i primi motivi da’ nostri accademici fiorentini, che<br />
cinquanta anni innanzi <strong>di</strong> lui avean mostrato colle stampe la tanto celebre forze<br />
elastica dell’aria. Se l’Arveo fiorì, prese i motivi da’ nostri Professori <strong>di</strong> Padova, e<br />
la circolazione del sangue gli fu mostrata da quel gran Paolo Servita; e mostra lo<br />
stesso delle invenzioni nell’Astronomia dopo l’occhialone del Galileo 1 .<br />
Enfatizzando le ra<strong>di</strong>ci ‘italiche’ della moderna filosofia, ponendo <strong>su</strong>llo<br />
stesso piano Bernar<strong>di</strong>no Telesio, Francesco Patrizzi e Galileo Galilei,<br />
Gimma descrive il percorso <strong>di</strong> questa filosofia sperimentale 2 . Galilei<br />
soprattutto che «fu <strong>di</strong> tanta stima appresso i francesi, che alcuni per<br />
solamente vederlo, passarono nell’Italia, e» ci fu chi «andò in Firenze, e<br />
dopo aver per tredeci giorni con somma sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> veri segreti della<br />
natura <strong>di</strong>scorso col Galileo, partì <strong>su</strong>bito <strong>di</strong> ritorno nella Francia, ogni altro<br />
negozio trascurando» 3 .<br />
L’esaltazione <strong>di</strong> Galilei, soprattutto se affiancata alla critica alla filosofia<br />
cartesiana, ci mostra un Gimma inequivocabilmente schierato a favore della<br />
filosofia naturale moderna: egli, attraverso lo scienziato pisano, pone<br />
l’accento <strong>su</strong>l ruolo dell’osservazione e dell’esperienza e <strong>su</strong> una tra<strong>di</strong>zione<br />
che annovera i gran<strong>di</strong> progressi compiuti, tra gli altri, da Torricelli, Castelli,<br />
Malpighi, e Borelli.<br />
Conciliando la filosofia con la me<strong>di</strong>cina e le matematiche, rifiutandosi <strong>di</strong><br />
iurare in verba magistri i moderni hanno potuto «scoprire più tosto gli altrui<br />
errori, e far manifesta la verità delle cose» 4 . Nonostante le critiche dei<br />
veteres, «dell’antichità troppo affezionati», per i quali contrad<strong>di</strong>re gli autori<br />
antichi è un gravissimo delitto, «perlocchè uno scrittore non ha avuto<br />
<strong>di</strong>fficultà <strong>di</strong> deridere la nuova maniera <strong>di</strong> scrivere, e <strong>di</strong> coloro, che van<br />
gli antichi, e col <strong>di</strong> cui mexo la filosofia è <strong>di</strong>venuta sperimentale».<br />
1 Id., pp. 510-511. Il Paolo Servita cui si fa cenno è Paolo Sarpi che, come è noto, aveva<br />
scoperto le valvole delle vene.<br />
2 Id., p. 511.<br />
3 Id., p. 513.<br />
4 Id., p. 515.<br />
176
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
trovando gli abbagli, e gli errori per far vedere, che darsi fede a chi che sia<br />
non si debba», Gimma ritiene che questa sia una posizione minoritaria.<br />
Chiunque abbia pratica «de’ libri, che sono secondo il buon genio del<br />
secolo, e secondo il buon gusto composti», ha ben chiaro che i moderni<br />
filosofi vogliono piuttosto parlare con ‘la lingua della natura’ e della verità 1 .<br />
Le tante polemiche, che pure esistono, all’interno dello schieramento dei<br />
moderni– e Gimma aveva personalmente partecipato ad una <strong>di</strong> esse; mentre<br />
ricorda che «il Travagini me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Venezia», autore <strong>di</strong> una Synopseos<br />
Novae Philosophiae, et Me<strong>di</strong>cinae, era stato attaccato da Henry Oldenburg<br />
per aver teorizzato troppo ar<strong>di</strong>tamente una nuova filosofia me<strong>di</strong>ca legata alla<br />
chimica 2 - non ne inficiano i ri<strong>su</strong>ltati ottenuti soprattutto in asctronomia e<br />
me<strong>di</strong>cina. Sono queste le due <strong>di</strong>scipline nelle quali la filosofia sperimentale<br />
ha dato la migliore prova <strong>di</strong> sé.<br />
5. L’astronomia<br />
La astronomia che l’abate aveva catalogato fra le matematiche 3 , e che era<br />
stata coltivata sin dall’antichità, nel Seicento 4 , aveva fatto «trasecolare il<br />
1 Ib.<br />
2 Ib.: Oldenburg <strong>di</strong>ce «che abbia compsto il <strong>su</strong>o sistema della natural filosofia, col mezo<br />
delle osservazioni e sperienze accomodato a beneficio della vita umana, ed atto a servire<br />
alla me<strong>di</strong>cina, ed alle <strong>su</strong>e arti: che pretende aver fabbricata la <strong>su</strong>a filosofia sopra alcuni<br />
principi certi corporei cavati da’ msiti; benchè da se setessi invisibili; non<strong>di</strong>meno visibili<br />
per la loro contrarietà, e scambievole operazione tra loro, e che gli stessi principi sieno due<br />
sali, che appella acido, ed alcali, da cui si facciano varie composizioni delle cose create; e<br />
tutta la stessa filosofai esponendo, conchiude: an haec philosophia sit nova, facile est<br />
iu<strong>di</strong>catu». Ettmüller invece aveva apprezzato l’opera: «Jo. Bapt. Travagini, qui scripsit<br />
Synopsiu Me<strong>di</strong>camentorum, in fine ad<strong>di</strong>t appen<strong>di</strong>cem fundamentorum philosophiae<br />
experimentalis. Omnia fundamenta <strong>su</strong>nt in acido, et alkali, qui liber est accuratus, et in<br />
chimia singularis» (ib.).<br />
3 Id., p. 631: «nobilissima parte della matematica è l’astronomia, tutta intenta alla<br />
contemplazione de’ cieli, e delle stelle, e giocon<strong>di</strong>ssima altresì per la moltitu<strong>di</strong>ne delle cose,<br />
che considera».<br />
4 Id., p. 636: «il secolo XVII siccome pe le altre scienze, così per l’astronomia fu felice, la<br />
quale ricevè dagli astronomi italiani ben grande accrescimento. Andrea Argoli […] fu<br />
matematico, ed astrologo assai noto per le <strong>su</strong>e Effemeri<strong>di</strong>, e per le altre opere alle dottrine<br />
astrologiche assai utili […]. Francesco Fontana matematico napoletano ed astrologo<br />
celebrato […], pubblicò nel 1696 il libro col titolo Novae caelestium, terrestriumque rerum<br />
observationes, et fortasse hactenus non vulgatae, specillis a se inventis, et ad <strong>su</strong>mmam<br />
perfectionem perductis». Le Novae coelestium terrestriumque rerum observationes,<br />
Neapoli, apud Gaffarm, 1646, furono un testo <strong>di</strong> grande imprtanza per Napoli e per l’Italia.<br />
L’attività <strong>di</strong> Fontana, del resto, aveva improntato gli ambienti scientifici napoletani da molti<br />
177
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
mondo tutto» 1 . Furono soprattutto le scoperte astronomiche <strong>di</strong> Galilei a<br />
stupire i <strong>su</strong>oi contemporanei 2 ; ma Gimma fa emergere la grandezza dello<br />
scienziato pisano cogliendolo nel vivo dei <strong>di</strong>battiti ai quali aveva preso parte<br />
(quello, ad esempio, con «Fortunio Liceto per la luce della Luna, e con altri<br />
aristotelici») e delle ostilità che aveva <strong>su</strong>scitato persino fra i <strong>su</strong>oi emuli. Tra<br />
questi ultimi, Gimma annovera <strong>Descartes</strong>, il quale «mostrò a lui grande<br />
invi<strong>di</strong>a, e tentò invano <strong>di</strong> oscurargli la gloria per le <strong>su</strong>e tanto nobili<br />
invenzioni, ad altri più tosto, ed a’ <strong>su</strong>oi nazionali procurando attribuirle» 3 .<br />
anni e quando Gassen<strong>di</strong>, nel 1635, chiese notizie <strong>su</strong>ll’eclissi lunare ottenne la preziosa<br />
collaborazione <strong>di</strong> parte del mondo scientifico partenopeo, soprattutto <strong>di</strong> Camillo Gloriosi,<br />
Bernardo De Magistris e altri, che utilizzavano il telescopio <strong>di</strong> Francesco Fontana, la cui<br />
casa era <strong>di</strong>venuta una sorta <strong>di</strong> osservatorio pubblico frequentato, fra gli altri, da Tommaso<br />
Cornelio. P. CRISTOFOLINI, Tommaso Cornelio et l’histoire du matérialisme, cit., pp. 336-<br />
337. Fontana pretese anche <strong>di</strong> essere stato il primo ad inventare il telescopio e il<br />
microscopio come scrive in Novae coelestium…, cit., Tractatus octavus de microscopio,<br />
quo minutissima, & quasi inuisibilia, sic augentur, ut clarè, <strong>di</strong>stinctèque conspiciantur.<br />
Caput I. De inventione huius specilli, pp. 145-146: «Inventionem hanc reperi in anno 1618.<br />
duo afferro. Primò, <strong>di</strong>ctum specillum antiquius non esse <strong>di</strong>cto anno. Secundò, me fuisse<br />
inventorem in hac Civitate Neapolitana, in qua haec publici iuris fiunt, limito <strong>di</strong>ctum, quia<br />
ut etiam <strong>su</strong>pra in alia mea inventione teloscopii duarum lentium conuexarum insinuaui,<br />
omnes intellectu, & operatione prae<strong>di</strong>ti <strong>su</strong>mus, atque adeò microscopij inuentio, alibi, citato<br />
anno antiquior potest esse. Quoàd primum patet, quia antea nullum extabat vestigiuni<br />
huiusmo<strong>di</strong> specilli, nec ullus Author (saltem ante recensitum annum) meminerat; <strong>di</strong>xi ante<br />
recensitum annum: nam in anno 1626 […]. 3. Alios testes non afferro tùm quia allatus,<br />
multis aequivalet, tùm quia non dum iis (o lis) contrestata: quandoquidem <strong>su</strong>pra<strong>di</strong>ctus<br />
Author non sibi adscribit, sed inuentionem refert, & fortasse talis inuentionis notitia hinc<br />
ipsi fuit delata. Secundum et constat, quia de hoc tot existunt testes, quot Patres <strong>su</strong>nt, tùm<br />
Societatis Ie<strong>su</strong>, tùm aliarum religionum hic degentes, qui maximo concur<strong>su</strong> ad<br />
inspiciendum sestinabant (o festinabant)».<br />
1 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 637.<br />
2 Ib.: «ha dato notizia <strong>di</strong> stelle quasi infinite <strong>di</strong> <strong>di</strong>ece volte maggior numero <strong>di</strong> quelle, che<br />
prima eran note: che il corpo della Luna sedeci <strong>di</strong>ametri della Terra da noi lontano possa da<br />
noi così vicino essere veduto, come se fosse <strong>di</strong>stante solamente due, in maniera, che il<br />
<strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> essa quasi trenta, la <strong>su</strong>perficie novecento, e’l corpo solo ventisettemila<br />
maggiore appaia <strong>di</strong> quello, che possa coll’occhio solo vedersi: che la luna stessa non sia <strong>di</strong><br />
<strong>su</strong>perficie liscia e pulita; ma ascpra e <strong>di</strong><strong>su</strong>guale, come appunto dquella della Terra piena <strong>di</strong><br />
tumori, <strong>di</strong> gonfiezze, e <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà senza fine: che intorno la via lattea troncò tutte le<br />
<strong>di</strong>fficultà, avendola al senso stesso sottposta: che le stelle nominate nuvolose dagli<br />
astrologie sieno <strong>di</strong> altra natura o sostanza <strong>di</strong> quella, che sin’hora essi tenuto. Ritrovò con<br />
maraviglia quattro pianeti non conosciuti, e tutto ciò col mezo del <strong>su</strong>o occhiale, che quando<br />
sia con ogni esattezza fatto, può rappresentare un’oggetto mille volte più grande, e trenta<br />
volte più vicino <strong>di</strong> quello, che in fatti sia […]. Ful il primo Galileo nel 1610 a <strong>di</strong>scuoprire<br />
quatro stelle appresso il pianeta <strong>di</strong> Giove, che volle chiamare Me<strong>di</strong>cee […]. Molto scoprì<br />
delle macchie solari».<br />
3 Id., p. 638.<br />
178
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Gimma esalta la figura <strong>di</strong> Galilei, che considera inventore della filosofia<br />
meccanicistica, astronomo e scienziato senza pari, filosofo naturale della<br />
massima grandezza. Di Galilei l’abate non può ignorare la <strong>di</strong>fesa del<br />
copernicanesimo. Quando affronta questa questione e quella connessa della<br />
condanna ecclesiastica le pagine dell’abate palesano imbarazzo. La<br />
controversa questione viene posta come se fosse un problema dovuto<br />
anzitutto alla testardaggine dello scienziato pisano:<br />
lo scoglio però, in cui il Galileo urtar volle, fu l’aver voluto <strong>di</strong>fendere l’opinione<br />
del moto della Terra da Nicolò Copernico rinnovata, per cui patì i <strong>su</strong>oi <strong>di</strong>sagi 1 .<br />
Galilei, quin<strong>di</strong>, «questo sistema già dalla Chiesa condannato volle<br />
<strong>di</strong>fendere». Per questo nella Congregazione del 25 febbraio 1616 venne<br />
decretato che il Car<strong>di</strong>nale Bellarmino «e poi il Commissario del Santo<br />
Uficio [gli or<strong>di</strong>nasse] a lasciare questa falsa dottrina, e non insegnarla o<br />
<strong>di</strong>fenderla». Galilei, precisa Gimma, è stato condannato in base a «due<br />
proposizioni […] le quali sono riferite dal P. Giovambattista Riccioli<br />
Gie<strong>su</strong>ita, cioè: 1. Solem esse in centro munti, et immobilem motu locali, est<br />
propositio ab<strong>su</strong>rda, et falsa in philosophia, et formaliter haeretica; quia est<br />
expresse contraria Sacrae Scripturae. 2. Terram non esse centrum mun<strong>di</strong>,<br />
nec immobilem; sed moveri motu etiam <strong>di</strong>urno, est item propositio ab<strong>su</strong>rda,<br />
et falsa in philosophia, et theologice considerata, ad minus erronea in<br />
Fide» 2 .<br />
Gimma, da parte <strong>su</strong>a, ricorre alla storia. Qui trova che questa teoria è stata<br />
fatta propria sia da pagani, sia da cristiani, sia da eretici, sia da religiosi.<br />
Pitagora ne è stato il primo teorizzatore 3 , ma non è stato Copernico a<br />
1 Ib.<br />
2 Id., p. 641.<br />
3 Id., p. 639: «incominciò però la <strong>su</strong>a opinione a mettersi in cre<strong>di</strong>to dopo il 1616 ed allora lo<br />
stesso libro De revolutionibus orbium coelestium del Copernico» venne inserito dalla Sacra<br />
Congregazione perché insegnava «falsam illam doctrinam Pythagoricam, <strong>di</strong>vinaeque<br />
Scripturae omnino adversantem de immobilitate Solis, et mobilitate Terrae». Cfr. anche G.<br />
GIMMA, Silva I…, pp. 279-280: «Fu parere d’Aristarco Samio […], che il Sole fusse centro<br />
dell’Universo, e che la Terra intorno a quello si aggirasse. Questa opinione però non ebbe<br />
gran seguito, venendo da tutti abbracciato il Sistema Tolemaico. Nicolò Copernico però nel<br />
tempo <strong>di</strong> Paulo III, fe’ ri<strong>su</strong>scitare tal’opinione dalle tenebre dell’antichità: dopo la prima<br />
e<strong>di</strong>zione fu ristampato il <strong>su</strong>o libro in Basilea nel 1566, in fol. in Amsterdam nel 1617, in 4.<br />
Parve, che incominciasse ad acquistar cre<strong>di</strong>to dopo il 1616, nel quale al tempo <strong>di</strong> Paulo V,<br />
venne detto libro del Copernico sospeso, in compagnia <strong>di</strong> altri, ed una lettera <strong>di</strong> Paulo<br />
Foscarini maestro Carmelitano, che pretese <strong>di</strong>mostrare che tal’opinione fosse conforme alla<br />
179
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
rinnovare per primo questa opinione: «perché avanti <strong>di</strong> lui da cento e più<br />
anni la rinnovò il Car<strong>di</strong>nal Nicolò <strong>di</strong> Cusa» 1 . L’opinione «che la Terra sia<br />
come una stella, che si muova» fu abbracciata anche da <strong>Descartes</strong> e fu «pure<br />
<strong>di</strong> questa opinione Giordano Bruno Nolano, da cui ha trascritto le cose <strong>su</strong>e il<br />
Cartesio» 2 .<br />
E’ significativo che <strong>su</strong> una questione tanto delicata, Gimma non solo metta<br />
in evidenza questi dati, ma che confuti la teoria copernicana <strong>su</strong>lla base della<br />
in<strong>su</strong>fficienza <strong>di</strong> prove empiriche. Ossia, appellandosi a quel metodo<br />
sperimentale che andava rigorosamente rispettato in ogni ricerca per non<br />
fare rispuntare le favole nella filosofia. In questo egli fa consistere il <strong>su</strong>o<br />
personale apporto al progresso della moderna filosofia sperimentale. In<br />
questo – debbo precisare – traspaiono i limiti della <strong>su</strong>a formazione<br />
aristotelica <strong>di</strong> un empirismo che rifugge da ogni uso dell’ipotesi.<br />
Gimma, in<strong>di</strong>rettamente, continua a credere che filosofia e scienze moderne<br />
possano trovare un terreno <strong>di</strong> conciliazione con la teologia, nonostante i<br />
conflitti che le <strong>di</strong>lacerano. In tutte le <strong>su</strong>e opere questa conciliazione, tra i<br />
ri<strong>su</strong>ltati gran<strong>di</strong>osi della scienza e la teologia, viene perseguita sacrificando la<br />
lettura ‘razionale’ del Sacro Testo. Così, ad esempio, collocherà il Diluvio<br />
verità, e non <strong>di</strong>screpante dalla Sacra Scrittura, e così fu totalmente proibita. Tra gl’Italiani<br />
ancora fu da molti abbracciata, non però vi fu alcuno, che maggiormente si <strong>di</strong>chiarasse <strong>di</strong><br />
Galileo Galilei Fiorentino; che perciò nella Congregazione tenuta li 25 <strong>di</strong> Febraro 1616, fu<br />
decretato, che l’em. Bellarmino gli or<strong>di</strong>nasse, che egli dovesse lasciare la detta dottrina<br />
falsa, e che ricusando <strong>di</strong> ciò fare, dal Commissario del Sant’Officio li dovesse esser fatto<br />
or<strong>di</strong>ne precetto <strong>di</strong> lasciar detta dottrina, e che non potesse insegnarla ad altri, nè <strong>di</strong>fenderla,<br />
nè trattarne: conforme gli fu or<strong>di</strong>nato in presenza <strong>di</strong> Notaro, e Testimoni. Al qual precetto<br />
avendo egli poscia contravenuto con la publicazione d’un libro, che intitolò Dialogo <strong>di</strong><br />
Galileo Galilei delli due massimi sistemi del Mondo, Tolemaico e Copernicano, in Firenze<br />
per il Lan<strong>di</strong>ni 1632, in 4, nell’anno seguente chiamato a Roma fu sentenziato al carcere<br />
formale <strong>di</strong> quel S. Officio per tempo ad arbitrio, e che per tre anni fusse tenuto a <strong>di</strong>re una<br />
volta la settimana i sette salmi penitenziali, ed in età <strong>di</strong> anni 70, ad abiurare, come seguì a<br />
22 Giugno 1635. Dopo la proibizione fu ristampato in più luoghi, e tradotto in Latino». La<br />
fonte <strong>di</strong> Gimma <strong>su</strong> questo tema è La Grillaia curiosità eru<strong>di</strong>te. Di Scipio Glareano,<br />
Accademico Incognito; Geniale; Apatista ed Ansioso, Conte Palatino, etc. All’Illustriss.<br />
Sig. il Sig. Don Antonio Muscetta, in Napoli, per Novello de Bonis, MDCLXVIII.<br />
1 Ib.<br />
2 Id., p. 640: «<strong>di</strong>ssero i pitagorici, che ogni stella sia un mondo, in cui si contengono la<br />
terra, l’aria, e l’etere; e da’ nomi delle stelle i nomi de’ mon<strong>di</strong> ricavano; appellando mondo<br />
solare quello del sole, canicolare dalla canicola, e così delle altre stelle. Pensarono, che tra<br />
loro si comunichino questi mon<strong>di</strong> in maniera, che <strong>di</strong> tutti si faccia un mondo intero, cioè<br />
l’universo […] come narra il Gassendo, ed abbiamo anche ciò riferito tra le opinioni<br />
favolose nelle nostre Dissertazioni».<br />
180
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
in un tempo così antico da poterlo equiparare alle favole prive <strong>di</strong> qualunque<br />
storica testimonianza. Una posizione che emergerà con maggiore evidenza<br />
quando l’abate carmelitano affronterà il problema dei fossili.<br />
6. La me<strong>di</strong>cina<br />
Che la me<strong>di</strong>cina abbia un ruolo centrale per la filosofia e la scienza dei<br />
moderni era emerso già nel Ju<strong>di</strong>cium e negli Elogi accademici. In più era<br />
stato definito l’ampio ambito delle conoscenze del me<strong>di</strong>co. Esso viene<br />
riproposto nell’Idea:<br />
Vasta è certamente la me<strong>di</strong>cina per l’intera cognizione <strong>di</strong> tutti i corpi naturali, e per<br />
l’aiuto <strong>di</strong> molte arti, e scienze, delle quali ha bisogno; acciocchè il me<strong>di</strong>co la natura<br />
delle cose conoscendo, la <strong>di</strong>sposizione delle parti, e la virtù <strong>di</strong> tutto quello, che<br />
nella Terra è prodotto, possa colla <strong>su</strong>a arte recare agl’infermi quel giovamento, che<br />
dal <strong>su</strong>o uficio è richiesto 1 .<br />
Adesso, fuori dalla logica che lo aveva guidato nella <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Musitano e <strong>di</strong><br />
quella del <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto, attraverso le ‘<strong>di</strong>gressioni’ che avevano<br />
caratterizzato gli Elogi, Gimma affronta <strong>di</strong>rettamente il tema della me<strong>di</strong>cina<br />
de<strong>di</strong>cando ad essa un intero capitolo: Della me<strong>di</strong>cina, e della notomia.<br />
Anche per la ‘buona me<strong>di</strong>cina’, egli ritiene che le <strong>su</strong>e conquiste possano<br />
emergere solo dopo che essa sia stata purgata dalle tante favole che le<br />
facevano velo. Per questo conduce il <strong>su</strong>o lettore attraverso la storia e, prima<br />
ancora, attraverso i miti. Per i cristiani essa è stata donata da Dio a Adamo<br />
«coll’intelligenza <strong>di</strong> quanto può l’umana mente capire», e da Adamo era<br />
passata ai <strong>su</strong>oi <strong>di</strong>scendenti e da Noè «a’ vari popoli, che dalla loro famiglia<br />
ebbero il principio» 2 . Per i Greci è stata inventata da Esculapio 3 , che per<br />
primo si era de<strong>di</strong>cato alla cura dei malati «col mezo della sperienza, e della<br />
cirurgia da’ Centauri apparata». Egli non si era curato, però, «<strong>di</strong> porre<br />
qualche stu<strong>di</strong>o a mantener sani gli uomini, e conservagli dalle infermità<br />
lontani» come invece avrebbero fatto i <strong>su</strong>oi figli, Podalirio e Macaone,<br />
1<br />
Id., p. 672.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Id., p. 673: «<strong>di</strong>sse Sorano Efesio: Me<strong>di</strong>cinam Apollo quidem invenis, amplificavit<br />
Aesculapius, perfecit Hippocrates».<br />
181
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
gran<strong>di</strong> eroi e guerrieri oltre che me<strong>di</strong>ci, che parteciparono alla guerra <strong>di</strong><br />
Troia 1 .<br />
Liquidati i miti, Gimma passa alla storia e alla tra<strong>di</strong>zione corpuscolare<br />
risalente ad Ippocrate. A lui riconosce il merito <strong>di</strong> essere stato il padre della<br />
me<strong>di</strong>cina sperimentale e <strong>di</strong> avere dato organicità e or<strong>di</strong>ne ad una <strong>di</strong>sciplina<br />
che fino ad allora si era presentata in maniera caotica, confusa ed oscura.<br />
Ippocrate, ascritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto nella tra<strong>di</strong>zione filosofica corpuscolarista che<br />
risale a Democrito, ha, per questo, un posto <strong>di</strong> assoluto rilievo nella Idea:<br />
fu Ippocrate in tempo <strong>di</strong> Democrito, e vogliono alcuni, che fu <strong>su</strong>o <strong>di</strong>scepolo; anzi la<br />
me<strong>di</strong>cina ippocratica sia democritica, non aristotelica 2 .<br />
Il più grande me<strong>di</strong>co dell’antichità ha dunque avuto il grande merito <strong>di</strong><br />
classificare tutte le malattie che erano state curate a Cos e i me<strong>di</strong>camenti<br />
utilizzati, «<strong>di</strong>mandando ad ognuno ciò che si sapeva delle virtù e proprietà<br />
de’ semplici, e trovando altri libri antichi anche <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina». Ad Efeso,<br />
«dal Tempio <strong>di</strong> Diana tolse copia <strong>di</strong> tutte le ricette, che erano scritte <strong>su</strong> le<br />
tavole <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina, e le or<strong>di</strong>nò e le accrebbe colle <strong>su</strong>e esperienze» 3 .<br />
Ippocrate mise or<strong>di</strong>ne, dunque, nei più antichi precetti, piuttosto che<br />
inventarne <strong>di</strong> nuovi, or<strong>di</strong>nandoli rigorosamente e per questo merita il titolo<br />
<strong>di</strong> «vero padre, e l’inventore» della me<strong>di</strong>cina 4 .<br />
La scienza me<strong>di</strong>ca, però, non si è fermata alla sistemazione ippocratica: essa<br />
ha via via accresciuto le proprie conoscenze con l’estendersi delle<br />
esperienze e con il continuo sorgere <strong>di</strong> nuove malattie «da’ vizi della gola, e<br />
1 Cfr., OMERO, Iliade, II 732. Quel che Gimma non <strong>di</strong>ce è che Podalirio e Macaone<br />
intervengono soprattutto per le ferite nelle azioni <strong>di</strong> guerra, o che talvolta mostrano lesioni<br />
piagate; la loro opera si avvale <strong>di</strong> erbe che leniscono il dolore e arrestano la fuoriuscita <strong>di</strong><br />
sangue, utilizzano cioè una tecnica che prevede già una <strong>di</strong>screta conoscenza dei farmaci e<br />
dell’organismo umano.<br />
2 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 674. Gimma accenna anche alla complessa<br />
questione dell’attribuzione delle opere ippocratiche: «e i libri, che ora si hanno col nome<br />
d’Ippocrate commentati da Galeno, e da altri, sieno <strong>di</strong> molti autori» (ib.). Il problema della<br />
datazione, e dell’attribuzione, delle opere del corpus ippocratico è ancora oggi attualissimo:<br />
i primi trattati ippocratici datano all’incirca al 430-415 a. C. (De prisca me<strong>di</strong>cina), e al 410-<br />
400 (Epidemiae, I, III). Su questo problema, cfr. J. JOUNNA, Hippocrate, Paris, Fayard,<br />
1992, in particolare pp. 527-563.<br />
3 Id., pp. 673-674.<br />
4 Id., p. 674.<br />
182
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
della libi<strong>di</strong>ne cagionati» 1 : sono numerose le malattie che, ignote agli antichi,<br />
sono sorte solo ad un certo punto della storia umana.<br />
Non fu conosciuta da Ippocrate la podagra: vivendo […] Asclepiade si fecero<br />
vedere l’idrofobia ignota ne’ tempi <strong>di</strong> Aristotile, e l’elefantiasi familiare agli egizi<br />
[…]. Si può […] considerare da’ mali degli occhi, il più piccol membro del corpo,<br />
de’ quali assegnò Galeno, o chi sia l’autore dell’Introduttorio, cento e do<strong>di</strong>ci mali 2 .<br />
Il continuo incremento e la <strong>di</strong>versificazione delle malattie comporta<br />
l’incremento anche nell’invenzione dei farmaci: in ogni epoca furono<br />
scoperti vari ritrovati per la cura dei morbi, «ma con tutto ciò essendo<br />
dottrina congetturale, bisognevole ancora <strong>di</strong> lungo stu<strong>di</strong>o, e fatica, sovente<br />
inganna i me<strong>di</strong>ci stessi più periti» 3 .<br />
La me<strong>di</strong>cina, nel corso dei secoli, ha sofferto <strong>di</strong> un male che perdura: il<br />
décalage tra congetture e verifica sperimentale. Le prime non sempre hanno<br />
avuto il carattere della scientificità e, anzi, spesso, hanno as<strong>su</strong>nto la forma <strong>di</strong><br />
favole inventate. Tutto questo, anche e soprattutto, a causa <strong>di</strong> Galeno che<br />
«introdusse nella Scuola Me<strong>di</strong>ca la dottrina <strong>di</strong> Aristotele, come fondamento<br />
della naturale scienza» <strong>di</strong>sprezzando altre <strong>di</strong>scipline importantissime quali<br />
«la pirotecnia, che è il principal mezo <strong>di</strong> accrescere la filosofia, e la<br />
me<strong>di</strong>cina sperimentale» 4 . Da qui le tante confusioni <strong>di</strong> chi come Michael<br />
Ettmüller che non riconosce la grande antichità e il valore della scuola<br />
me<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Salerno – afferma che «gl’italiani lacerano la dottrina d’Ippocrate<br />
nello spiegarlo» 5 – e <strong>di</strong> Van Helmont, per il quale, dai tempi <strong>di</strong> Ippocrate, la<br />
me<strong>di</strong>cina non ha progre<strong>di</strong>to.<br />
È nel XVII secolo, che la me<strong>di</strong>cina dà libero corso alla <strong>su</strong>a vocazione<br />
sperimentale e, come l’astronomia, compie i <strong>su</strong>oi maggiori progressi. Se già<br />
Paracelso, chimico egregio e innovatore della me<strong>di</strong>cina «per l’invenzione <strong>di</strong><br />
ottimi me<strong>di</strong>camenti chimici, si acquistò nome grande» 6 , Van Helmont,<br />
«<strong>di</strong>strusse affatto quel ghiaccio, il quale avea cominciato a rompere<br />
Paracelso» conducendo una strenua battaglia contro la dottrina galenica 7 . Le<br />
1<br />
Ib.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Id., p. 685.<br />
5<br />
Id., p. 684.<br />
6<br />
Ib.<br />
7<br />
Id., pp. 685-686.<br />
183
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
favole che permangono nella me<strong>di</strong>cina, sono, allora, quelle <strong>di</strong> chi, come<br />
Ettmüller la lega ai progressi della chimica. Quest’ultimo ha mancato nel<br />
non sottoporre preventivamente a critica le dottrine dei chimici e degli<br />
alchimisti. Per questo ha mescolato acriticamente il vero e il falso, le favole<br />
dei Rosacroce e la scienza 1 . Quei Rosacroce che, secondo la tra<strong>di</strong>zione che<br />
Gimma accoglie, avevano per primi introdotto in me<strong>di</strong>cina tre elementi<br />
chimici, sale, zolfo e mercurio, sia come principi esplicativi delle malattie,<br />
sia come elementi per ricavare nuovi ‘me<strong>di</strong>camenti’. Avevano però fallito in<br />
quanto non erano riusciti a spiegare «come da quei principi vengano<br />
generati i morbi» 2 . Dopo <strong>di</strong> loro, Paracelso che «molti alchimisti […]<br />
biasimano» 3 e Van Helmont che «in parte seguì Paracelso, ed in parte<br />
inventò molte cose nuove, e non u<strong>di</strong>te» 4 . Le notizie <strong>su</strong> <strong>di</strong> lui e <strong>su</strong>l <strong>su</strong>o<br />
«sistema dell’acqua, come principio», Gimma le ricava da Leonardo Di<br />
Capua. Come già aveva fatto nel caso <strong>di</strong> Valletta, l’abate ricopia intere<br />
pagine dal Parere, senza dare espliciti riferimenti: la spiegazione è in<br />
quell’epiteto, ‘autor proibito’, che, nei due rari casi <strong>di</strong> citazione esplicita,<br />
accompagna il nome <strong>di</strong> Di Capua 5 . Anche in questo caso, l’abate usa<br />
liberamente le <strong>su</strong>e fonti, cattoliche e protestanti. Di Capua, dunque, ma<br />
anche Glisson che <strong>di</strong> Van Helmont ha scritto: «Di forte ingegno, ma<br />
infelice» incapace <strong>di</strong> comprendere le più importanti innovazioni me<strong>di</strong>che 6 .<br />
Gimma non nega che la chimica abbia avuto un <strong>su</strong>o posto <strong>di</strong> rilievo nella<br />
storia della me<strong>di</strong>cina 7 , ma riconosce ad all’anatomia il merito <strong>di</strong> aver reso<br />
nuova l’arte me<strong>di</strong>ca – «l’arte tutta nuova è <strong>di</strong>venuta, e <strong>di</strong>versa da quella<br />
degli antichi» :<br />
Essendosi conosciuta colle osservazioni in gran parte <strong>di</strong>fferente la notomia, e<br />
<strong>di</strong>versi i sistemi così per la medesima; come per la circolazione del sangue, per la<br />
1 Id., p. 686: «mostra dunque Etmullero, che i soli chimici hanno tutta la perfezione dato<br />
alla me<strong>di</strong>cina».<br />
2 Ib.<br />
3 Ib.<br />
4 Id., p. 689.<br />
5 Ib.<br />
6 Ib.: «negat enim circuitum sanguinis, sanguificationem hepatis asserit, lacteas non<br />
agnoscit venas, lymphae ductus ignorat, Lienis humorem acidum in Ventriculum effun<strong>di</strong>t».<br />
7 Id., p. 686: «non vi è dubbio, che si veda molto necessaria alla me<strong>di</strong>cina la chimica,<br />
avendola arricchita <strong>di</strong> nuovi rime<strong>di</strong>, come <strong>di</strong> essenze, <strong>di</strong> estratti, <strong>di</strong> sali, <strong>di</strong> magisteri, <strong>di</strong><br />
spiriti, <strong>di</strong> quinte essenze, <strong>di</strong> tinture, <strong>di</strong> elissiri, e <strong>di</strong> altre preparazioni; e che molto abbia<br />
giovato a far conoscere l’unione, e la proprietà dei misti, e la natura interna de’ corpi».<br />
184
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
generazione dall’uovo, e dal seme, e per tante altre cose nuovamente scoperte;<br />
onde è nata una nuova maniera <strong>di</strong> curare i morbi, e <strong>di</strong> applicarvi anche i rime<strong>di</strong> 1 .<br />
Non è stata, quin<strong>di</strong>, la unione della me<strong>di</strong>cina con la chimica 2 che ne ha<br />
favorito lo sviluppo. È stata, al contrario, la filosofia sperimentale, che l’ha<br />
portata a perfezione: i «me<strong>di</strong>ci tutti dell’Italia, seguaci <strong>di</strong> vari maestri<br />
antichi» as<strong>su</strong>nsero un atteggiamento libero nei confronti della tra<strong>di</strong>zione e,<br />
in nome della la libertas philosophan<strong>di</strong>, presero le <strong>di</strong>stanze da quelle teorie<br />
che avevano bisogno <strong>di</strong> un <strong>su</strong>pplemento <strong>di</strong> indagine, come <strong>di</strong>mostra<br />
«Lionardo <strong>di</strong> Capoa, benchè egli voglia provare altro argomento, che è tutto<br />
<strong>di</strong>verso dal nostro» 3 .<br />
Gimma intende provare che la me<strong>di</strong>cina è rinata grazie all’anatomia,<br />
<strong>di</strong>sciplina sperimentale per eccellenza, e, in <strong>su</strong>bor<strong>di</strong>ne, che tale rinascita, è<br />
avvenuta in Italia dove Paolo Sarpi per primo scopre la circolazione del<br />
sangue 4 , e dove qualche anno dopo «Marco Aurelio Severino più moderno<br />
con filosofica libertà non solo impugnò Galeno, e gli altri antichi; ma fece<br />
vedere manifesti agli occhi <strong>di</strong> tutti, gli errori, che i Greci, gli Arabi, e i<br />
Latini loro seguaci aveano commessi nella notomia; oltre <strong>di</strong> Bastiano<br />
Bartoli, così libero nel filosofare, che con<strong>su</strong>mò l’impresa <strong>di</strong> un novello<br />
sistema <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina» 5 .<br />
E’ così che, nel XVII secolo, l’anatomia conquista decisamente il ruolo che<br />
le spetta nel panorama delle scienze moderne 6 . Gimma cita le due gran<strong>di</strong><br />
scoperte <strong>di</strong> due gran<strong>di</strong> anatomisti: Gaspare Aselli, che <strong>su</strong>ffragando le <strong>su</strong>e<br />
congetture con numerose osservazioni, <strong>su</strong>gli animali scopre le vene lattee,<br />
cioè i «condotti degl’intestini per lo mesenterio <strong>di</strong>sperse, e tutte piene <strong>di</strong><br />
latte», che hanno la funzione <strong>di</strong> far confluire nel sangue «la parte più sottile<br />
del chilo» 7 ; Paolo Sarpi – l’abate tace il nome <strong>di</strong> William Harvey – che,<br />
1<br />
Ib.<br />
2<br />
Ib. Contro la novità <strong>di</strong> questa alleanza fra me<strong>di</strong>cina e chimica Gimma ricorda «gli antichi<br />
egizi, i quali della chimica si hanno inventori (assegnandosi da molti per autore Ermete, che<br />
vogliono essere stato Mosè) tutte le scienze nobili coltivarono, e molto più la filosofia, <strong>di</strong><br />
cui la me<strong>di</strong>cina è assai nobil arte».<br />
3<br />
Id., p. 693.<br />
4<br />
Id., p. 691: scoperta «pubblicata poi dall’Arveo, e più volte [Paolo Sarpi] ne ha scritto<br />
dentro le <strong>su</strong>e opere».<br />
5<br />
Id. p. 693.<br />
6<br />
Id., p. 695. Le novità in anatomia cominciarono «nel secolo decimosettimo, con gloria<br />
dell’Acquapendente».<br />
7<br />
Ib. Il cibo, trasformato dal calore dello stomaco in chilo, viene condotto dall’intestino<br />
185
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
scoprendo la circolazione del sangue, ha segnato la vera e propria<br />
rivoluzione nelle scienze me<strong>di</strong>che 1 . Gimma non era l’unico a voler<br />
ri<strong>di</strong>mensionare la figura <strong>di</strong> Harvey. Questo accanimento contro il me<strong>di</strong>co<br />
inglese era iniziata praticamente in contemporanea con la pubblicazione del<br />
De motu cor<strong>di</strong>s e, nell’ultimo trentennio del XVII secolo, la questione era<br />
ancora al centro <strong>di</strong> <strong>di</strong>battiti, come testimonia il testo <strong>di</strong> Janus Leonicenus<br />
(Johann Nicolaus Pechlin), Metamorphosis Aesculapii et Apollinis<br />
Pancreatici, che attribuisce proprio a Paolo Sarpi la scoperta della<br />
circolazione del sangue e l’osservazione delle valvole delle vene 2 :<br />
Non neghiamo, che abbia l’Arveo potuto col mezo dell’ambasciador veneto<br />
palesare l’invenzione, o più tosto l’osservazione e sperienza da Paolo Sarpa;<br />
imperocchè avendo saputo il segreto, quando fu in Venezia, ed in Padova, ed<br />
avendone poi fatta l’osservazione in Londra <strong>su</strong>a patria, ben dovea accertare quel<br />
tenue e dall’intestino crasso al mesentere e <strong>di</strong> qui attraverso piccoli condotti lattei al fegato.<br />
Il chilo, quin<strong>di</strong>, non viene condotto, come credevano gli antichi, dalle vene meseteriche: in<br />
queste non viene riscontrato neanche il primo principio del chilo. Sono i condotti lattei che<br />
effettivamente ri<strong>su</strong>ltano pieni <strong>di</strong> chilo il quale, una volta trasformato in sangue dal calore<br />
del fegato, viene immesso nella vena cava attraverso la quale il sangue affluisce al<br />
ventricolo destro del cuore.<br />
1 Id., p. 696: «nuova è stata veramente l’invenzione, e fatta da Paolo Sarpa nostro italiano, e<br />
pur l’attribuiscono alcuni, e spezialmente gl’inglesi a Guglielmo Arveo Me<strong>di</strong>co Regio e<br />
Professore <strong>di</strong> notomia nel collegio me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Londra; ma che l’Arveo n’abbia avuto la<br />
notizia da Paolo Sarpa Veneziano, e che da altri italiani sia stata molto prima conosciuta la<br />
stessa circolazione non è cosa da mettersi in dubbio».<br />
2 W. PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…, cit., pp. 426-427, ricorda l’importanza della<br />
figura <strong>di</strong> Fabrici d’Acquapendente per Harvey («l’aristotelismo padovano dovette lasciare<br />
una impressione profonda e duratura <strong>su</strong> <strong>di</strong> lui negli anni formativi, personificato com’era<br />
nel <strong>su</strong>o insegante Fabrici», id., p. 426), al punto che il me<strong>di</strong>co inglese designava il più<br />
anziano me<strong>di</strong>co padovano come <strong>su</strong>a guida <strong>su</strong>bito dopo lo stesso Aristotele. Non per questo<br />
però, come sottolinea lo stesso Pagel, si deve sopravvalutare l’entità effettiva<br />
dell’insegnamento ricevuto da Harvey anche se indubbiamente durante la permanenza a<br />
Padova, Fabrici d’Acquapendente orientò gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Harvey sooprattutto verso il sistema<br />
car<strong>di</strong>ovascolare e verso la generazione degli animali. Negli stessi anni in cui Harvey<br />
stu<strong>di</strong>ava a Padova Fabrici d’Acquapendente era impegnato a preparare per la stampa la <strong>su</strong>a<br />
opera <strong>su</strong>lle valvole delle vene (1600-1602, l’opeva venne pubblicata nel 1603) e fu la<br />
riflessione <strong>su</strong>lla <strong>di</strong>sposizione delle valvole delle vene in relazione al cuore che stimolò le<br />
ricerche del me<strong>di</strong>co inglese. Le valvole delle vene erano già state descritte da altri autori<br />
prima <strong>di</strong> Fabrici, ma questi fu il primo a darne una completa trattazione anatomica. Quel<br />
che sfuggì all’Acquapendente, ma non ad Harvey, fu la vera funzione delle valvole, che è<br />
collegata con la <strong>di</strong>rezione centripeta del fluire del sangue venoso, mentre Fabrici rimase un<br />
<strong>di</strong>fensore della dottrina galenica della <strong>di</strong>rezione centrifuga della <strong>di</strong>rezione del sangue<br />
venoso, dal cuore verso la periferia e le viscere.<br />
186
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
padre, <strong>di</strong> cui era l’invenzione, essergli appunto riuscita la sperienza 1 .<br />
Del resto, le polemiche <strong>su</strong>lla circolazione del sangue erano state numerose e<br />
Di Capua ne aveva enumerato le più importanti:<br />
il Primerosio, […] e’l sottil notomista per altro Riolano il giovine volendosi con<br />
isfacciata trascuraggine all’aggirar del sangue pertinacemetne opporre, smentiti alla<br />
fine, e beffati da tutti più famosi letterati d’Europa, stretti fossero a ricredersi<br />
vergognosamente delle lor follie; e come Vopisco Fortunato Plemplio, pubblico<br />
lettore <strong>di</strong> Lovagno, essendosi in prima gagliardamente contro all’aggirar del sangue<br />
scagliato, <strong>di</strong>chiaritone poi, e sgannatone dal gran Renato delle Carte […],<br />
mandando <strong>di</strong> nuovo più avvedutamente le <strong>su</strong>e opere in istampa, cantasse<br />
finalmente quella celebre Palino<strong>di</strong>a: Primum mihi inventum hoc non placuit: quod<br />
et voce, et scripto publice testatus <strong>su</strong>m; sed dum postea ei refutando, et explodendo<br />
vehementius incumbo, refutor ipse, et explodor: adeo <strong>su</strong>nt rationes eius non<br />
per<strong>su</strong>adentes, sed cogentes 2 .<br />
Quanto a Gimma, egli sottolinea i debiti contratti da Harvey nei confronti <strong>di</strong><br />
Acquapendente:<br />
nel trattato De generatione si <strong>di</strong>chiara, nel fine della prefazione, che volle spiegare<br />
quel che avea scritto Aristotile oscuramente, e quel che avea delineato Fabbrizio,<br />
perché Fabritius ab Aquapendente fabricam pulli in ovo picturis potius osten<strong>di</strong>t,<br />
quam verbis explicare maluit; onde conchiuse aver voluto seguitare Aristotele tra<br />
gli antichi 3 .<br />
1 Id., pp. 696-697. Era questo un luogo comune dell’epoca come viene confermato ancora<br />
da Gimma: «Giuseppe Gran<strong>di</strong> […] tra le altre cose riferisce, che la circolazione del sangue<br />
sia stata prima trovata in Italia. Fabbrizio Acquapendente nell’anno 1579 trovò le valvole<br />
delle vene, e da questo artificio Paolo Sarpa Servita […] dedusse il circolo del sangue;<br />
<strong>di</strong>poi Realdo Colombo Cremonese Anatomico <strong>di</strong> Padova lo confermò; e finalmente Andrea<br />
Cesalpino Romano lo <strong>di</strong>pinse, considerando la gonfiezza delle vene, quando si cava il<br />
sangue dal braccio; onde l’Arveo in Padova quando vi fu scolaro, ed in Venezia imparò<br />
questo trovato, l’adornò poi, e misi più in chiaro».<br />
2 Id., p. 31.<br />
3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 700. «Si vede però aver’egli voluto continuare<br />
le fatiche e le osservazione, le quali non avea potuto perfezionare l’Acquapendente <strong>su</strong>o<br />
maestro, per esser vecchio; anzi col comodo <strong>di</strong> tanti animali, che potè in Londra <strong>su</strong>a patria<br />
aprire, ed osservare, è manifesto essersi applicato a spiegare quelle dottrine, che da’ <strong>su</strong>oi<br />
maestri […] aveva imparate». Non erano mancati, oltretutto, gli avversari «si opposero il<br />
Primerosio […], Riolano il giovine, che poi beffati da tutti i celebri uomini dell’Europa<br />
furono costretti a correggersi; e Vopisco Fortunato Plemplio lettore <strong>di</strong> Lovanio, convinto<br />
dal Cartesio […], ristampando le <strong>su</strong>e opere si ritrattò <strong>di</strong>cendo: primum mihi inventum hoc<br />
187
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Troviamo a questo proposito quin<strong>di</strong> una posizione peculiare dell’abate nei<br />
confronti della scienza, rispetto alla filosofia, e in particolare della me<strong>di</strong>cina.<br />
Se Gimma non aveva mai abbracciato esplicitamente la tesi degli<br />
Investiganti, che sicuramente gli era nota almeno dalla lettura del testo <strong>di</strong><br />
Valletta, secondo la quale la filosofia moderna è la più antica <strong>di</strong> tutte 1 ,<br />
sicuramente non l’aveva neanche mai esplicitamente contestata. In più<br />
occasioni, anzi, aveva ammesso che alcune fra le più importanti scoperte<br />
della filosofia naturale, proprio come le più importanti teorie filosofiche e<br />
metafisiche, erano già presenti negli antichi 2 . Da questo punto <strong>di</strong> vista, la<br />
questione cosmologica dell’eliocentrismo è rilevante perché si presenta<br />
come una questione <strong>di</strong> confine. Gimma non si pronuncia né a favore, né<br />
contro, ma certamente riconduce le teorie cosmologiche <strong>di</strong> Bruno, e del <strong>su</strong>o<br />
‘seguace’ <strong>Descartes</strong>, a quelle <strong>di</strong> Pitagora 3 . Diverso l’atteggiamento che egli<br />
as<strong>su</strong>me quando <strong>di</strong>scute <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. In questo caso, infatti, le congetture<br />
possono essere sottoposte a verifica sperimentale, utilizzando anche gli<br />
strumenti inventati negli ultimi secoli. Il microscopio svela allo sguardo il<br />
campo dell’infinitamente piccolo e sempre più le parti meno visibili del<br />
corpo umano sono conosciute. Il microscopio, ad esempio, aveva<br />
confermato la congettura <strong>di</strong> Vesalio che negava l’esistenza <strong>di</strong> fori nel setto<br />
interventricolare del cuore attraverso i quali il sangue passava da un<br />
ventricolo all’altro. Il grande anatomista belga aveva, infatti, negato che una<br />
minima quantità <strong>di</strong> sangue passasse dal ventricolo destro a quello sinistro, e<br />
queste conclusioni erano state accettate dallo spagnolo Serveto che nello<br />
scritto Christianismi restitutio (1553) aveva per primo proposto la piccola<br />
circolazione come soluzione alla questione 4 .<br />
non placuit, quod et voce, et scripto publice testatus <strong>su</strong>m; sed dum postea ei refutando, et<br />
explodendo vehementius incumbo, refutor ipse, et explodor; adeo <strong>su</strong>nt rationes eius non<br />
per<strong>su</strong>adentes, sed cogentes» (id., p. 701).<br />
1 Cfr., G. BELGIOIOSO, ‘Una certa filosofia nomata comunemente moderna avvegnaché ella<br />
sia antichissima’. Il <strong>di</strong>battito <strong>di</strong> fine Seicento a Napoli, in La variata immagine <strong>di</strong><br />
<strong>Descartes</strong>, Lecce, Milella, 1999, pp. 29-62.<br />
2 Il rilievo che ha la filosofia platonica, e soprattutto quella <strong>di</strong> Agostino, oltre a quella<br />
Aristotelica in<strong>di</strong>cano il grande interesse che Gimma continua a nutrire per le elaborazioni<br />
filosofiche degli antichi. Dalla parte dei moderni c’è invece la scienza. Lo stesso <strong>Descartes</strong>,<br />
ricordato poco sopra, viene inserito in un contesto scientifico che lo connette con le gran<strong>di</strong><br />
scoperte me<strong>di</strong>che e fisiche del ‘600, mentre viene ignorata la <strong>su</strong>a metafisica.<br />
3 Cfr., <strong>su</strong>pra, cap. III, note 90, 91 e 124.<br />
4 Secondo Serveto il sangue, attraverso le arterie polmonari, viene immesso nel polmone in<br />
quantità <strong>su</strong>periore a quella necessaria per alimentarlo; il sangue, dopo essersi mescolato con<br />
188
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Gimma riprende testualmente – in molti casi sembra sposare – le tesi<br />
dell’‘autor proibito’ Leonardo Di Capua. A lui <strong>di</strong>rettamente conviene,<br />
quin<strong>di</strong>, fare riferimento per conoscere lo status quaestionis della me<strong>di</strong>cina 1 .<br />
Il grande filosofo napoletano esalta la figura <strong>di</strong> Paracelso (che «la vital<br />
notomia nella filosofia, e nella me<strong>di</strong>cina felicemente introduceva») e delinea<br />
sinteticamente la grande confusione che regnava nella me<strong>di</strong>cina quando fece<br />
la <strong>su</strong>a comparsa la spagirica 2<br />
Costui [Paracelso] la chimica tutta, <strong>di</strong> cui intendentissimo era, nella me<strong>di</strong>cina<br />
impiegando, con quella, come con utile, e concio strumento i più riposti<br />
nascon<strong>di</strong>gli de’ naturali corpi spiando, co’ rime<strong>di</strong>, ch’egli per iscienza <strong>di</strong> cotal arte<br />
lavorava, anche <strong>di</strong> risanare le più <strong>di</strong>sperate malattie felicissimamente imprese 3 .<br />
Di Capua continua sottolineando i <strong>su</strong>ccessi del paracelsismo in ambito<br />
terapeutico e me<strong>di</strong>co. E questi <strong>su</strong>ccessi oppone ai critici: questa dottrina,<br />
scrive, «o per la nuova, e curiosissima strada al vero filosofare aperta, o per<br />
la piacevolezza, ed efficacia de’ me<strong>di</strong>camenti, o per li buoni avvenimenti<br />
delle malattie sino a que’ tempi <strong>di</strong> niuna speranza giu<strong>di</strong>cata», conquistò in<br />
brevissimo intervallo <strong>di</strong> tempo un gran<strong>di</strong>ssimo numero <strong>di</strong> seguaci 4 . Egli<br />
in<strong>di</strong>vidua i limiti della spagiriga, nel linguaggio involuto, e anzi per<br />
‘enimmi’: molto maggiori «senza fallo sarebbono stati gli avanzamenti delle<br />
<strong>su</strong>e glorie, se a bello stu<strong>di</strong>o non si fosse egli [Paracelso] ingegnato con gli<br />
il pneuma nel polmone, non potendo questa mescolanza intervenire nello spazio limitato<br />
degli atri car<strong>di</strong>aci, torna nel cuore attraverso le vene polmonari. È possibile che Gimma non<br />
fosse a conoscenza della scoperta <strong>di</strong> Serveto, ma è più probabile che abbia deciso <strong>di</strong><br />
ignorarne la paternità vista la pericolosità degli scritti <strong>di</strong> Serveto. Dopo tutto, a conclusioni<br />
identiche ra pervenuto Realdo Colombo – che non aveva alcuna notizia delle ricerche <strong>di</strong><br />
Serveto – il quale però aveva formulato una serie <strong>di</strong> ipotesi ad hoc costruite allo scopo <strong>di</strong><br />
salvare il nocciolo della teoria galenica della circolazione, ma meglio sarebbe <strong>di</strong>re<br />
trasmissione del sangue<br />
1 Ragionamento primo, in L. DI CAPUA, Parere…, cit., pp. 28-33. Noi citiamo dall’e<strong>di</strong>zione<br />
del 1689, mentre Gimma utilizza la prima e<strong>di</strong>zione del 1681<br />
2 L. DI CAPUA, Parere…, cit., pp. 28: «Ma mentrechè più cal<strong>di</strong> infra’ me<strong>di</strong>ci i litigi<br />
bollivamo, ed ecco levarsi <strong>su</strong>so l’ingegnosissimo Teofrasto Paracelso ad appiccar<br />
maggiormente la zuffa; il quale l’antichissimo uso del filosofare già per lungo spazio<br />
tralasciato rinovellando, cominciò attentissimamente, per imprender la cagione de’ naturali<br />
avvenimenti, a legger il voluminoso libro della natura».<br />
3 Ib.<br />
4 Ib.: «E già la fama del <strong>su</strong>o valore per tutto cresciuta, comunemente nella Germania, nella<br />
Francia, ed in altre provincie del mondo Cristiano furono per huomini in iscienza valorosi<br />
le <strong>su</strong>e dottrine abbracciate, ed a gara seguite».<br />
189
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
oscuri enimmi, e volute allegorie, dagli autori della Chimica usate,<br />
d’ascondere, e inviluppare la <strong>su</strong>a dottrina» 1 . Anche da questo erano derivate<br />
le tante contese fra i ‘paracelsisti’, mentre quelle tra soli ‘galienisti’, che<br />
«sovente in se medesimi rivolgendo l’armi, si mordevano a gara l’un l’altro,<br />
e a guisa <strong>di</strong> cani rabbiosi si laceravano» 2 , avevano portato alla crisi della<br />
me<strong>di</strong>cina antica. Quanto a quelle «che Paracelso-Galienisti, e Galieno-<br />
Chimici potrebbono <strong>di</strong>rsi», esse infestavano ancora la me<strong>di</strong>cina 3 .<br />
Accanto alla rivoluzione operata da Paracelso nella me<strong>di</strong>cina, Di Capua<br />
pone quella che si deve a Vesalio nell’anatomia, «huomo certamente degno<br />
d’eterna fama», avvezzo fin da fanciullo a «tagliar topi, ed altri piccioli<br />
animaletti, giunto poi a più grave età, andò più minutamente le parti degli<br />
umani cadaveri spiando, ne ad altra testimonianza dando mai fede, che a<br />
quella, che la propia mano, e i propi occhi gliene davano, chiaro a ciascun se<br />
vedere in quanti errori erano in prima vis<strong>su</strong>ti gli antichi notomisti, e sopra<br />
tutti Galieno; il quale egli tacciò ben <strong>di</strong> centinaia d’errori» 4 .<br />
Vesalio, in anatomia, scar<strong>di</strong>na anch’egli Galeno. Di Capua registra questo<br />
attacco concentrico alla me<strong>di</strong>cina galenica:<br />
Perché strana, e maravigliosa cosa è ad u<strong>di</strong>re, quanto egli [Vesalio] da’ me<strong>di</strong>ci de’<br />
<strong>su</strong>oi tempi perseguitato oltremodo, e oltraggiato ne fosse: e in<strong>di</strong> i romori nella<br />
me<strong>di</strong>cina più, e più s’accrescessero; volendo costantemente alcuni a <strong>di</strong>ritto, ed a<br />
rovescio <strong>di</strong>fendere, e mantenere i manifestissimi falli del lor maestro Galieno,<br />
niente curando <strong>di</strong> trapassar perciò, e d’andar contro al primo, e principal<br />
sentimento <strong>di</strong> lui; il quale più tosto contentavasi <strong>di</strong> corre pericolo d’errare co’ <strong>su</strong>oi<br />
sensi medesimi, che presta ciecamente fede a ciò, che aver ravvisato negli umani<br />
cadaveri gli antichi notomisti ne rapportavano 5<br />
Fra i più fieri, ed ostinati, avversari <strong>di</strong> Vesalio Di Capua ricorda Giacomo<br />
Silvio (Jacques Dubuois), che «sì stizzosamente il morde, e graffia», che il<br />
nome cambiò il nome <strong>di</strong> Vessalio in vesano, cioè pazzo 6 . Tanto o<strong>di</strong>o però<br />
1<br />
Ib.<br />
2<br />
Id., p. 29.<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Ib.<br />
5<br />
Ib.<br />
6<br />
Id., pp. 29-30: le resistenze a Vesalio vengono bene illustrate in queste pagine <strong>di</strong> Di Capua<br />
de<strong>di</strong>cate al primo Silvio che «chiama il <strong>su</strong>o (<strong>di</strong> Vesalio) libro indegnissima, rozza, ed<br />
avviluppata mischianza d’errori, ed abbominevol fogna <strong>di</strong> sconci, e scellerati insegnamenti.<br />
Quin<strong>di</strong> volto a’ lettori con ischiamazzi, e prieghi gli esorta, e scongiura a squarciarlo, e<br />
190
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
non scoraggia i fautori della nuova me<strong>di</strong>cina i quali, «animosi <strong>di</strong>venuti», si<br />
misero «con ogni stu<strong>di</strong>o a seguir la medesima traccia» 1 e favorirono le<br />
<strong>su</strong>ccessive ricerche <strong>di</strong> Gasparre Aselli e William Harvey «il quale pe<br />
universal consentimento <strong>di</strong> tutti i dotti viene annoverato fra’ maggiori, e più<br />
avveduti notomisti dell’età nostra, o delle passate tutte» e «Marcello<br />
Malpighi […] il qual vago <strong>di</strong> novo pregio, così bene esercitare nelle piante<br />
la notomia si vede, che nulla più» 2 .<br />
L’anatomia – che come abbiamo visto as<strong>su</strong>me il valore <strong>di</strong> modello<br />
para<strong>di</strong>gmatico – e la nascente anatomo-fisiologia ne sono la <strong>di</strong>mostrazione<br />
più convincente. Esse hanno portato le conoscenze dell’uomo molto oltre<br />
quello che gli antichi avrebbero potuto <strong>su</strong>pporre. La prospettiva storica del<br />
sapere, consente all’autore <strong>di</strong> delineare un processo cumulativo del sapere,<br />
grazie al quale si possono definitivamente abbandonare vecchie e <strong>su</strong>perate<br />
teorie, e, nel contempo, liberare la me<strong>di</strong>cina dalle favole che ne avevano<br />
impe<strong>di</strong>to lo sviluppo.<br />
Gimma riscrive la storia <strong>di</strong> galenici e paracelsisti per fare emergere come la<br />
me<strong>di</strong>cina avesse progre<strong>di</strong>to via via che aveva fatto prevalere la<br />
sperimentazione <strong>su</strong>lla elaborazione concettuale non provata. La sola<br />
scoperta della circolazione sanguigna aveva comportato la nullificazione<br />
darlo alle fiamme. Priega l’Imperador <strong>di</strong> que’ tempi, ch’all’autore, mostro, come ei <strong>di</strong>ce, <strong>di</strong><br />
sciocchezza, e d’ingratitu<strong>di</strong>ne, esemplo d’arroganza, e <strong>di</strong> scelleratezza, vilmente nato, e<br />
pessimamente nella corte <strong>di</strong> lui allevato, dea acerbo gastigo, anzi l’opprima affatto, e’l<br />
soffochi; acciocchè col <strong>su</strong>o pestifero, ed attossicato spirito non appuzzi, e non guasti il<br />
rimanente dell’Europa tutta. Or che si avrebbe <strong>di</strong> grazia potuta far più, se reo <strong>di</strong> lesa maestà<br />
il miserabile Vessalio stato si fosse, non già del messer maestro Galieno, ma del medesimo<br />
Cesare […]: o se i <strong>su</strong>oi scritti, come que’ <strong>di</strong> Filippo Melantone, o dell’empio Lutero stati si<br />
fossero? Pur tanto poterono appresso lo Imperadore le calunnie, e le <strong>di</strong>ffamazioni<br />
dell’invi<strong>di</strong>oso Silvio, e degli altri ribal<strong>di</strong> Galienisti, che alla fine il Vessalio ne fu<br />
infelicemente dalla grazia <strong>di</strong> quel Principe, comechè per altro giustissimo, tracollato, e dalla<br />
corte licenziato».<br />
1 Id., p. 30.<br />
2 Id., pp. 30-31. Anche Di Capua riven<strong>di</strong>ca un ruolo fondamentale dell’Italia nel progresso<br />
della scienza me<strong>di</strong>ca, insistendo anch’egli <strong>su</strong>l ruolo della scoperta harveyana della<br />
circolzazione sanguigna che sarebbe avvenuta in Italia: «E bene immagino Io liberamente<br />
potersi confessare più maraviglie assai nel breve giro <strong>di</strong> pochi anni essere <strong>di</strong>scoverte, che<br />
nel lungo corso <strong>di</strong> ben trentacinque, o quaranta secoli passati, ne’ corpi degli animali<br />
conosciute se ne siano; senzachè ar<strong>di</strong>sco pure a <strong>di</strong>re, che più monti il solo ritrovato<br />
dell’aggiramento del sangue nella nostra Italia conosciuto in prima, la qual mai sempre (o<br />
somma nostra infelicità) videsi de’ <strong>su</strong>oi parti […] quin<strong>di</strong> in Inghilterra stabilito appieno, e<br />
<strong>di</strong>volgato: che quanto seppe, e potè mai rinvenire, tutta insieme ragunata, e congiunta<br />
l’antichità».<br />
191
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
delle favole che avevano appestato la me<strong>di</strong>cina. Anche le teorie galeniche,<br />
equiparate alle favole, come aveva mostrato Bernar<strong>di</strong>no Ramazzini 1 .<br />
Gimma, seguendo Ramazzini e Vallisneri, insiste <strong>su</strong>l fatto che la scoperta <strong>di</strong><br />
Harvey non è solo convincente dal punto <strong>di</strong> vista teorico ma anche ricca <strong>di</strong><br />
conseguenze:<br />
col mezo delle osservazioni accresciuta la storia della circolazione stessa del<br />
sangue, giugnendo a sapersi, fatto il conto da’ più esperti me<strong>di</strong>ci, e notomisti,<br />
quante volte nello spazio solo <strong>di</strong> ventiquattro ore circoli il sangue per tutto il corpo,<br />
avendo trovato, generalmente parlando, che per ottocento, e più volte passa, e<br />
ripassa 2 .<br />
Con Vallisneri, considera l’uomo macchina ‘animata’ e accoglie, in tal<br />
modo, la tra<strong>di</strong>zione iatromeccanica <strong>di</strong> Santorio, Borelli e Malpighi: gli<br />
uomini non sono<br />
che una pura animata macchina, e farsi in noi, tolte le operazioni dell’anima, tutto<br />
per via <strong>di</strong> una esquisita meccanica degli sforzi, e da’ contrasforzi, e da particelle<br />
attivissime sfiancanti, sempre in moto, e che impeto continuamente fanno, agitata;<br />
onde finalmente secondo l’or<strong>di</strong>ne della natura moriamo; perché si logora il solido;<br />
non perchè manchi il fluido, o l’umido ra<strong>di</strong>cale si con<strong>su</strong>mi, o la fiaccola vitale si<br />
estingua 3 .<br />
Al matrimonio tra me<strong>di</strong>cina e chimica oppone quello tra meccanica e<br />
me<strong>di</strong>cina: «dalle sperienze fatte ne’ corpi soli<strong>di</strong> e ne’ flui<strong>di</strong>, e considerato il<br />
loro sito, la gravità, il moto, e la figura, si è conosciuto quanto le<br />
matematiche veri instrumenti del sapere, sieno necessarie a ben filosofare, e<br />
a scoprire le cose della natura» e soprattutto quanto siano necessarie alla<br />
me<strong>di</strong>cina per esaminare le leggi che la natura adopera così nel grande come<br />
1 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 701: «scoperta la circolazione del sangue,<br />
osserva il Ramazzini, che si scuopriron vane la favolosa famiglia delle facultà, le teorie dei’<br />
morbi, la scelta delle vene nel cavar sangue della creduta potestà della revulsione per mezo<br />
della vena tagliata, e tante altre cose, che si insegnavano dagli antichi».<br />
2 Ib. «Così <strong>di</strong>ce […] Vallisnieri, che mostra ancora essere una gentil favoletta de’ buoni<br />
vecchi quel caldo innato, quell’umido ra<strong>di</strong>cale, quella loro sede nel cuore, e nelle altre parti<br />
sognata; ed essere ri<strong>di</strong>cola quella fiamma vitale, che dell’umido portato dal ventre della<br />
madre si pascoli, come fa la fiamma d’una candela del sevo, o d’una lucerna dell’olio».<br />
3 Ib. Cfr. anche G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, cit., pp. 128-129. Su questo<br />
tema, G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli…, cit., p. 36.<br />
192
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
nel piccolo mondo 1 . L’Ars de statica me<strong>di</strong>cina (1614) <strong>di</strong> Santorio Santorio 2<br />
e il De motu animalium <strong>di</strong> Borelli sono testi para<strong>di</strong>gmatici e all’avanguar<strong>di</strong>a<br />
nella me<strong>di</strong>cina europea: in essi si esaminano con l’aiuto della matematica<br />
«tutte le parti de’ corpi così degli animali nel regno animale, come delle<br />
piante» e anche i minerali e i fossili.<br />
Il felice connubio <strong>di</strong> sperimentazione e matematica ha reso finalmente<br />
possibile spiegare la «macchina ammirabile del corpo dell’uomo, la<br />
composizione delle <strong>su</strong>e parti, e la cagione de’ <strong>su</strong>oi morbi» e in<strong>di</strong>viduare i<br />
rime<strong>di</strong> più adatti ed efficaci 3 . Gimma si sofferma <strong>su</strong>i tre personaggi che<br />
giu<strong>di</strong>ca maggiormente abbiano contribuito al progre<strong>di</strong>re della me<strong>di</strong>cina.<br />
Accanto a loro, descrive una galleria <strong>di</strong> personaggi – Luigi Anguillara,<br />
Michele Mercati, Antonio Vallisneri, Gabriele Fallopio, Fabrici<br />
d’Acquapendente, William Harvey, etc. – che tutti hanno partecipato al<br />
movimento <strong>di</strong> rinnovamento della me<strong>di</strong>cina. Coprotagonisti ai quali spetta<br />
tutta l’attenzione dello storico.<br />
Santorio, capo<strong>di</strong>striano e insegnante a Padova dal 1611 al 1624, amico <strong>di</strong><br />
Sarpi, Fabrici d’Acquapendente e Galilei, per primo aveva felicemente<br />
applicato la matematica alla me<strong>di</strong>cina, partendo dal pre<strong>su</strong>pposto che il corpo<br />
umano altro non è che «una macchina, la quale idraulico-pneumatica<br />
appellano; perché è composta <strong>di</strong> sangue, e <strong>di</strong> spiriti, che hanno luogo <strong>di</strong><br />
principi attivi» e <strong>di</strong> parti solide che a loro volta sono il soggetto passivo e<br />
che si muovono per mezzo dei primi 4 :<br />
Se il cibo dell’uomo <strong>di</strong> un giorno sarà <strong>di</strong> otto libre, per li pori del corpo, e per la<br />
cute traspirano insensibilmente circa cinque libre; per la bocca quasi meza libra, e<br />
questa traspirazione abondantissima nel tempo del sonno si fa al doppio più, che<br />
nel tempo in cui si veglia 5 .<br />
1 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 711.<br />
2 Cfr. <strong>su</strong> Santorio G. GIMMA, Sylva IV…, cit., pp. 568-573.<br />
3 Id., p. 712: «è stata necessaria la scienza della quantità, e della gravità per potere indagare<br />
le forze della natura, e giu<strong>di</strong>care giustamente nelle sperienze».<br />
4 Ib.: «il Santorio scuoprì l’insensibile traspirazione da’ corpi, colla quale tanto si evacua in<br />
un giorno, quanto si possa per quindeci giorni evacuare dal luogo destinato dalla natura».<br />
Metodo quantitativo applicato come si vede con cura da Santorio, e Gimma lo riconosce. In<br />
realtà, anche Galeno aveva fatto uso <strong>di</strong> ragionamenti fondati <strong>su</strong> considerazioni quantitative,<br />
cfr. C. GALENO, Sulle facoltà naturali…, cit., I 17, p. 91.<br />
5 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 712.<br />
193
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Santorio è figura emblematica del me<strong>di</strong>co e del teorico che Gimma<br />
pre<strong>di</strong>lige. Egli ha conciliato l’opinione degli antichi, secondo la quale la<br />
salute è dovuta all’‘eucrasia’ degli umori, e l’as<strong>su</strong>nto meccanicistico che<br />
secondo il quale l’armonia tetraumorale – qualitativa – si esprime in un<br />
equilibrio materiale – quantitativo – tra materia ingerita (cibi e bevande) e<br />
materia evacuata (feci e urine). Il me<strong>di</strong>co padovano aveva sperimentato <strong>su</strong><br />
se stesso, registrando le variazioni del proprio peso corporeo con il metodo<br />
della doppia pesata, e scoprendo così che gli scarti ponderabili non<br />
<strong>di</strong>pendono solo da ingesti ed escreti, ma anche dalla perspiratio insensibilis<br />
che avviene attraverso la pelle e i polmoni. Santorio aveva anche ipotizzato<br />
che questa traspirazione fosse dovuta alla cozione degli umori durante la<br />
veglia e all’impulso degli umori ancora cru<strong>di</strong> durante il sonno, proponendo<br />
la fondamentale innovazione per cui «il ricambio dell’organismo viene letto<br />
in chiave metabolica quantitativa e non più in base a una metabolé<br />
aristotelica <strong>di</strong> tipo qualitativo» 1 .<br />
Giovanni Alfonso Borelli aveva continuato <strong>su</strong>lla via in<strong>di</strong>cata da Santorio<br />
che aveva posto le basi della teoria secondo la quale «la traspirazione [è]<br />
necessaria per potersi conservare la vita dell’animale» 2 .<br />
Se Borelli, Malpighi e Santorio avevano con le loro ricerche contribuito a<br />
fare avanzare la me<strong>di</strong>cina, Luigi Anguillara aveva contribuito a definire<br />
nuovi ambiti della storia naturale. Le <strong>su</strong>e osservazioni, condotte presso<br />
l’Orto dei Semplici <strong>di</strong> Padova 3 , lo avevano indotto, infatti, ad ampliare i<br />
confini della storia naturale, dalle «fonti, de’ minerali, delle pietre […] delle<br />
1 G. COSMACINI, Storia della me<strong>di</strong>cina e della sanità…, cit., p. 155. Cosmacini continua<br />
ricordano che il passaggio «dello sguardo me<strong>di</strong>co da qualitativo a quantitativo ricalca la<br />
svolta metodologica ed epistemologica impressa da Galileo a un sapere scientifico ancora<br />
in equilibrio instabile» e che Santorio offrì il <strong>su</strong>o libro a Galileo con una de<strong>di</strong>ca nella quale<br />
afferma che lo considera <strong>su</strong>o Maestro. Gli stu<strong>di</strong> galileiani <strong>di</strong> termometria e intorno al<br />
pendolo, poi, «ispirano la costruzione da parte <strong>di</strong> Santorio del primo termometro clinico e<br />
del primo pulilogium per la mi<strong>su</strong>razione del polso». Interessanti anche la notazione <strong>di</strong><br />
Cosmacini <strong>su</strong>l «fattore principale del ritardo» del perfezionamento del termometro, fattore<br />
che è <strong>di</strong> «or<strong>di</strong>ne teorico, legato al fatto che fino alla seconda metà dell’ottocento la febbre è<br />
vista come un’entità morbosa autonoma, manifesta attraverso la frequenza del polso e la<br />
debolezza del corpo, non come un fenomeno spia, che meriti <strong>di</strong> essere rilevato e<br />
quantificato me<strong>di</strong>ante mi<strong>su</strong>ra. La febbre è considerata una malattia, non un sintomo: la <strong>su</strong>a<br />
transizione da essenzaa epifenomeno richiederà lunghi tempi e una mutazione concettuale<br />
della teoria delle febbri» (id., p. 156). Cfr., <strong>su</strong>pra Cap. I.<br />
2 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 712.<br />
3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 716.<br />
194
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
piante», alla «varietà degli animali, e <strong>di</strong> tutte le produzioni della natura».<br />
Non le sole piante, come si riteneva costituiscono l’oggetto <strong>di</strong> questa storia,<br />
ma come preciserà Michele Mercati nella <strong>su</strong>a Metalloteca, «[le] Terre, [i]<br />
sali, e [i] nitri, [gli] alumi, [i] <strong>su</strong>ghi agri, e [i] <strong>su</strong>ghi pingui […], [le] pietre<br />
simili alla terra, […] quelle che nascono dentro gli animali, […] quelle <strong>di</strong><br />
una figura, o forma particolare dotate, e [i] marmi» 1 .<br />
È la prospettiva <strong>di</strong> ricerca in cui poi si inseriranno Marco Aurelio Severino<br />
(Vipera Pythia, idest de Viperae natura, veneno me<strong>di</strong>cina, demonstrationes,<br />
et experimenta nova, pubblicato a Napoli nel 1651) e Francesco Re<strong>di</strong> il cui<br />
«Trattato delle vipere si vide tradotto, e ristampato in più lingue» è stato<br />
prontamente tradotto in latino «nell’Effemeri<strong>di</strong> dell’Accademia de’ Curiosi<br />
<strong>di</strong> Natura della Germania» 2 :<br />
qui però avvertire vogliamo, che non solo i professori <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina han voluto delle<br />
cose, che alla naturale historia appartengono, scrivere più libri; ma altri ancora <strong>di</strong><br />
professione <strong>di</strong>versa. Così noi abbiam pubblicato le <strong>di</strong>ssertazioni De Hominibus, e<br />
De Animalibus fabulosis, in cui le favole introdotte nella stessa istoria scuoprire<br />
abbiam voluto, e continuaremo altresì a pubblicare gli altri tomi delle piante, e de’<br />
minerali; e la storia naturale delle gemme, e delle pietre; ed altri <strong>di</strong> varie cose<br />
naturali hanno scritto 3 .<br />
La storia si allarga e si precisa. Non più solo il luogo delle favole, ma anche<br />
quello dei viventi, dei minerali, dei fossili, dei vegetali e degli uomini. Essa<br />
è, propriamente, anche storia naturale.<br />
Al titolo <strong>di</strong> storia naturale, nella <strong>su</strong>a duplice accezione, ha <strong>di</strong>ritto quella che<br />
scrive Vallisneri: egli ‘parla’ attraverso le esperienze, «che vuol <strong>di</strong>re colla<br />
lingua della natura» 4 ; e, attraverso le <strong>su</strong>e scoperte «sopra la curiosa origine<br />
1 Id., p. 717.<br />
2 Cfr. Observationes de viperis Francisci Re<strong>di</strong> nobilis aretini Academici Fufurariorum sive<br />
della Crusca scriptae in literis ad generosissimum Dominum Laurentium Magalotti magni<br />
duci Hetruriae Camerarium ex italica in latinam translatae, in Miscellanea curiosa<br />
Me<strong>di</strong>co-Physica…, cit., t. I, dove Re<strong>di</strong> ricorda che è cosa <strong>di</strong>fficilissima «indagare veritatem<br />
sapissime a mendacio circumventam, & quam multi Scriptores tam antiqui quam moderni<br />
imitantur oviculas illas, de quibus Divinus noster Poeta» (p. 3).<br />
3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 719.<br />
4 Id., p. 735: «Vallisneri […] è tutto […] applicato a’ nuovi scoprimenti, sempre colle<br />
osservazioni, e colle sperienze parlando, che vuol <strong>di</strong>re colla lingua della natura; e <strong>di</strong> molte<br />
novità ha arricchito le scinze naturali, rigettando altresì varie menzogne degli antichi».<br />
L’impegno profuso da Vallisneri «ne’ <strong>su</strong>oi geniali stu<strong>di</strong>» è però, secondo Gimma,<br />
forzatamente con<strong>di</strong>zionato «dal peso delle letture, e della cura degli infermi» oltre che dalla<br />
195
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
degl’insetti» svela la falsità dei «fondamenti <strong>di</strong> coloro, che i nascimenti<br />
spontanei <strong>di</strong>fendono» 1 . Egli ha descritto «la nuova scoperta delle uova,<br />
dell’ovaia, e della nascita delle anguille» e ha mostrato la vacuità della<br />
teoria della generazione spontanea; al ‘vermicoloso’ Nicolas Andry, che nel<br />
1701 aveva pubblicato ad Amsterdam il De la generation des vers dans<br />
l’homme, aveva replicato (Considerazioni ed esperienze intorno alla<br />
generazione de’ vermi or<strong>di</strong>nari del corpo umano fatte da Antonio<br />
Vallisneri) che i ‘vermi’ non «s’ingoiano colle bevande, e co’ i cibi, o<br />
coll’aria stessa, mentre respiriamo», ma che «nascono e vivono, come nel<br />
loro mondo dentro i nostri corpi, e dalle madri si traman<strong>di</strong>no o col latte, o<br />
nell’utero a’ figliuoli». A conferma, il fatto che non vi è animale che «i <strong>su</strong>oi<br />
propri vermi non abbia, né pianta, o parte della pianta, in cui non anni<strong>di</strong>no i<br />
loro vermi, come nel loro mondo particolare», e che non si possono togliere<br />
questi ‘vermi’ dal loro ‘mondo’ senza causarne la morte, poiché li si priva<br />
del loro alimento 2 .<br />
Vallisneri viene valutato per le <strong>su</strong>e ricerche embriologiche e perché ha<br />
contribuito a delineare una tassonomia nuova e più precisa 3 . Non solo.<br />
Importanti sono anche «la bellissima Istoria della generazione dell’uomo, e<br />
degli animali; e l’altra ancora De’ corpi marini, che <strong>su</strong>’ monti si trovano,<br />
della loro origine, e dello stato del mondo avanti il <strong>di</strong>luvio, nel <strong>di</strong>luvio, e<br />
pratica della me<strong>di</strong>cina «a pro spezialmente de’ nobili venendo per la <strong>su</strong>a perizia obbligato»,<br />
ma che lo <strong>di</strong>stolgono dalle <strong>su</strong>e ricerche. Anche a proposito <strong>di</strong> se stesso Gimma lamentava<br />
gli impegni che lo obbligavano a <strong>di</strong>stogliersi dai <strong>su</strong>oi stu<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>letti, al punto che dopo<br />
molti anni riuscì ad ottenere la <strong>di</strong>spensa dal <strong>di</strong>re messa e dagli altri obblighi ecclesiastici;<br />
cfr. D. GIUSTI, Vita ed opere…, cit.<br />
1 Id., p. 736. Tra le molte scoperte <strong>di</strong> Vallisneri, Gimma ricorda, «oltre le molte <strong>su</strong>e<br />
osservazioni fatte in varie piante, ne’ minerali, e negli animali, scoprì egli il seme della<br />
lenticola palustre, e ne descrisse la <strong>su</strong>a vegetazione».<br />
2 Ib. Vallisneri, nelle Considerazioni ed esperienze intorno alla generazione de’ vermi<br />
or<strong>di</strong>nari del corpo umano propone <strong>di</strong> risolvere la questione della genesi dei parassiti con<br />
ipotesi preformiste che lo porta a scontrarsi con il francese Andry: Vallisneri teorizza una<br />
genesi dei platelminti contemporanea a quella del primo uomo, per cui Adamo sarebbe<br />
stato il ‘portatore’ dei ‘vermi’. Questi parassiti sarebbero quin<strong>di</strong> passati <strong>di</strong> generazione in<br />
generazione a tutti i <strong>di</strong>scendenti <strong>di</strong> Adamo e non sarebbero, quin<strong>di</strong>, as<strong>su</strong>nti dall’esterno. Per<br />
la lunga e annosa polemica che oppose Vallisneri e Andry, cfr. nota 3 della lettera <strong>di</strong><br />
Vallisneri a Muratori del 7/IV/1710, in A. VALLISNERI, Epistolario, a cura <strong>di</strong> D. Generali,<br />
Vol. I, 1679-1710, Milano, Franco Angeli, 1991, pp. 519-520.<br />
3 G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 737. Legata a questa nuova tassonomia,<br />
naturalmente, è sempre la ricerca <strong>su</strong>lle origini <strong>di</strong> questi insetti, in particolare «delle pulci<br />
dall’uovo, e del seme dell’alga marina […] del verme del naso, e della caverna della fronte<br />
delle pecore, de’ montoni, e <strong>di</strong> simili animali» che lo scienziato veneto de<strong>di</strong>cò a Gimma.<br />
196
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
dopo il <strong>di</strong>luvio, Lettere critiche colle annotazioni, alle quali si aggiungono<br />
tre altre lettere critiche contra le opere del Sig. Andry francese» 1 . Tra tutte,<br />
Gimma si sofferma <strong>su</strong>lla Istoria della generazione dell’uomo (mentre ignora<br />
l’importante scritto <strong>su</strong>l <strong>di</strong>luvio), fornendone una sintesi illuminante:<br />
nella prima parte <strong>di</strong> quest’opera impugna l’opinione de’ vermi spermatici; nella<br />
seconda <strong>di</strong>fende la sentenza delle uova; e nella terza tratta della sterilità delle<br />
donne, e de’ <strong>su</strong>oi rime<strong>di</strong> prendendosi per guida Ippocrate nel libro, dove tratta De<br />
sterilibus, non mai commendato da nes<strong>su</strong>no 2 .<br />
Vallisneri ha scritto una storia naturale meccanicistica. Da qui la valutazione<br />
dell’abate che guarda con estremo interesse a questo nuovo para<strong>di</strong>gma. Egli<br />
se ne serve per avviare una riflessione <strong>su</strong>lla «generazione degli uomini, e<br />
degli animali dall’uovo» 3 . E’ a Gabriele Fallopio che spetta il merito <strong>di</strong><br />
avere aperto una nuova via in me<strong>di</strong>cina favorendo nuove ‘specolazioni’ e<br />
osservazioni <strong>di</strong> «altre novità ne’ corpi» 4 . Scopritore delle tube, è stato il<br />
primo a stu<strong>di</strong>are le ovaie e le ‘uova’ osservando «quell’umore contenuto<br />
nelle vescichette al bianco dell’uovo» 5 . A partire da questa dottrina <strong>di</strong><br />
Fallopio e da quella dell’Acquapendente nel De formatione ovi et pulli,<br />
Harvey ha poi <strong>di</strong>mostrando che tutte le generazioni degli animali, e degli<br />
uomini si «facciano dall’uovo, e dal seme» 6 . Harvey però per uovo non<br />
intendeva «ovum stricte, et proprie <strong>di</strong>ctum», ancor meno intendeva il<br />
prodotto foeminarum testiculis, che per le tube <strong>di</strong> fallopio arrivano all’utero.<br />
Negli animali vivipari, anche nell’uomo, precisava, c’è un conceptus<br />
1<br />
Ib.<br />
2<br />
Id., pp. 737-738. In quest’opera Vallisneri vuole analizzare «le due principali oppinioni<br />
del secolo, e tutte le altre de’ trasandati filosofi a <strong>di</strong>etro lasciando, cercare se sieno per<br />
avventua apposti al vero que’ savi uomini sperimentatori che hanno donata tutta la gloria<br />
della generazione a certi vermicelli che nel seme de’ maschi guizzano e come in dolce nido<br />
perpetuamente a loro detta soggiornano, ovvero alle uova delle femmine, nelle quali tutta la<br />
macchinetta dell’animale rinchiudasi e aspetti solo il moto o l’urto vitalo o lo spirito del<br />
maschio fecondatore» (A. VALLISNERI, Istoria della generazine dell’uomo e degli animali,<br />
se sia da’ vermicelli spermatici o dalla uova, in M. L. Altieri Biagi e P. Basile, (a cura <strong>di</strong>)<br />
Scienziati del Settecento, Milano-Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1983, p. 19).<br />
3<br />
G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 701.<br />
4<br />
Ib.<br />
5<br />
Id, p. 702.<br />
6<br />
Effettivamente, e a questo Gimma non fa cenno, l’Acquapendente aveva attribuito la<br />
generazione dall’uovo alla maggior parte degli animali, mentre Harvey afferma che ciò vale<br />
per tutti gli animali.<br />
197
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
‘preesistente’ che è solo analogicamente paragonabile all’uovo prodotto<br />
dalla gallina. Nelle piante, l’uovo corrisponde al seme, negli ovipari esso è<br />
propriemente uovo, nei vivipari, dunque, primus conceptus 1 . Data<br />
l’importanza <strong>di</strong> questa scoperta, non c’è da stupirsi se molti, Reiner de<br />
Graaf, Stenon e Swammerdam, il medesimo Francesco Re<strong>di</strong> abbiano voluto<br />
attribuirsene la paternità 2 . Ciascuno <strong>di</strong> loro, in realtà, ha posto nuovi<br />
importanti tasselli <strong>su</strong> questa ‘primitiva’ scoperta.<br />
Malpighi viene ricordato per le scoperte embriologiche e anatomiche 3 :<br />
Ha il primo osservato la struttura de’ i denti, che crescono, e come uno all’altro<br />
<strong>su</strong>ccede: la reticolare struttura della cute, la mirabile fabbrica delle glandole<br />
conglomerate, le glandole vescicolari del pericar<strong>di</strong>o, della pleura, del peritoneo, del<br />
ventricolo degli animali, la sostanza vescicolare e vasculosa del polmone, la<br />
glandolare del fegato, del cervello, della milza; ed ha fatto la sempre lodevole<br />
dell’uovo, e del pollo, e del verme della seta. Da lui abbiamo la particolare struttura<br />
del nervo ottico, la circolazione del sangue nelle rane viventi, le varie linfe, e<br />
<strong>di</strong>versi moti del corpo delle medesime, da cui si illustrano ancora i moti de’ nostri<br />
flui<strong>di</strong>. Ha fatto la <strong>di</strong>ligente notomia della lucciola, e della parte, che luce: del grillo,<br />
della locusta, della talpa <strong>di</strong> Ferrante Imperato; ha scoperta l’origine vera, ed il<br />
corso della linfa, e tante altre cose fabbricate dalla natura negli animali 4 .<br />
1 Cfr., ib.<br />
2 Cfr., id., pp. 702-703: Stenone si vantava con Thomas Bartholin «essere stao il primo […]<br />
a mostrare ciò che fossero gli ovari delle donne, in tutto simili agli ovari de’ vivipari, ed<br />
averne fatta la sperienza ne’ cani, ne’ pesci, nelle vacche […] e nell’asina, in cui trovò più<br />
<strong>di</strong> venti ova […]. Allo stesso Tommaso Bartolino mandò la <strong>su</strong>a invenzione Giovanni<br />
Suammerdamio […] avendo nella figura descritto gli ovari nel loro sito naturale co’ i vasi<br />
spermatici […]. Gran<strong>di</strong> ancora sono state le sperienze notomiche dell’Arveo, che ebbe una<br />
grande abbondanza <strong>di</strong> animali, ed una grande occasione ancora <strong>di</strong> osservare […] onde ha<br />
meritato il titolo <strong>di</strong> nuovo Democrito». Un titolo importante, ma <strong>su</strong>bito dopo la figura <strong>di</strong><br />
Harvey viene ri<strong>di</strong>mensionata poiché «alcuni gli attribuiscono più <strong>di</strong>ligenza nell’osservare,<br />
che nel giu<strong>di</strong>care».<br />
3 Id., p. 708: Malpighi «mostrò la struttura de’ testicoli in casa del Borelli […] ha scoperto i<br />
follicoli ova<strong>di</strong> de’ peli, de’ capelli, e delle penne; ed ha mostrato essere come piante in un<br />
vaso <strong>di</strong> fiori: ha descritta la vera struttura delle unghie, delle corna, e delle veruche: ha<br />
trovato le papille nervose della cute, che sono il soggetto del senso del tatto, e quelle della<br />
lingua, che sono il soggetto del gusto».<br />
4 Ib. E ancora «ha faticato nella notomia delle piante, de’ semi, delle galle, e delle altre<br />
produzioni naturali con tanta perizia e giu<strong>di</strong>zio; ed ha scoperte tante novità non ancora<br />
considerate da altri autori», al punto che si stima, giustamente, un miracolo, «come abbia<br />
potuto un solo virtuoso scoprir tanto ne’ segreti della natura, e scrivere le <strong>su</strong>e opere con<br />
tanta dottrina».<br />
198
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Storico naturale nella nuova accezione gimmiana, egli quando si è de<strong>di</strong>cato<br />
allo stu<strong>di</strong>o della generazione dei pulcini, aveva alle spalle le ricerche <strong>su</strong>lle<br />
piante e <strong>su</strong>i bachi da seta. Ha osservato in questi ultimi, in forma<br />
ru<strong>di</strong>mentale, la presenza delle ali e delle antenne della farfalla; mentre in un<br />
germoglio ha scorto il ‘compen<strong>di</strong>o’ <strong>di</strong> una pianta non ancora compiutamente<br />
rivelata. Malpighi scrive <strong>di</strong> sacchi e vescicole nelle quali si sviluppano le<br />
<strong>di</strong>verse parti: isolate dal resto dell’uovo da membrane che funzionano come<br />
setacci, le vescicole contengono la materia della quale sono formate le parti<br />
dell’organismo. Adattando alla <strong>su</strong>a teoria la concezione gassen<strong>di</strong>ana<br />
dell'attrazione del simile per il simile, Malpighi ritiene che, quando le<br />
vescicole si riuniscono, emerge la struttura dell’animale. Gimma non dà<br />
rilievo alle straor<strong>di</strong>narie micromacchine organiche che, da un punto <strong>di</strong> vista<br />
teorico, influenzarono i contemporanei dello scienziato almeno quanto le<br />
<strong>su</strong>e gran<strong>di</strong> scoperte.<br />
Le scoperte <strong>di</strong> Re<strong>di</strong>, Malpighi e Borelli sono così evidenziate in quanto<br />
hanno fornito alla me<strong>di</strong>cina teorie sottoponibili a prova, e dunque<br />
verificabili. Il dato che dà forza alla filosofia corpuscolare è proprio questa<br />
verificabilità, e dunque possibile confutabilità, delle teorie scientifiche. La<br />
pre<strong>di</strong>lezione <strong>di</strong> Gimma per il modello meccanicistico dell’organismo è<br />
fondata <strong>su</strong> una concezione della filosofia sperimentale apparentemente<br />
lontana da ogni affermazione metafisica. Del resto in questa <strong>di</strong>rezione,<br />
anche <strong>di</strong> recente, si muove chi, magari unilateralmente, insiste <strong>su</strong> questo<br />
aspetto sottolineando che «il più cartesiano degli in<strong>di</strong>rizzi me<strong>di</strong>ci […] la<br />
iatromeccanica, poté in qualche modo affermarsi solo perché gli<br />
iatromeccanici non erano fino in fondo cartesiani convinti» 1 .<br />
1 F. VOLTAGGIO, La me<strong>di</strong>cina come scienza filosofica…, cit., p. 123: «se si scorrono le<br />
pagine del De motu animalium […] <strong>di</strong> Gian Alfonso Borelli […], nonostante l’approccio<br />
decisamente quantitativo e i complicatissimi calcoli compiuti per quantificare la forza<br />
motrice dei muscoli, il principio ispiratore dell’opera, come <strong>di</strong> tutta l’attività scientifica e<br />
professionale <strong>di</strong> Borelli, sia decisamente anticartesiano: principio del moto (e della vita)<br />
degli animali è l’anima, morta la quale, muore (cessa, cioè, ogni movimento) lo stesso<br />
corpo. Insiti in questa tesi sono almeno tre as<strong>su</strong>nti <strong>di</strong> base, nes<strong>su</strong>no dei quali <strong>Descartes</strong><br />
sarebbe stato <strong>di</strong>spost ad accogliere: a) se tutti i corpi vienti, in quanto viventi, hanno moto,<br />
allora essi hanno un’anima, che è causa dei loro movimenti, talchè anche gli animali<br />
devono avere un’anima (essi, dunque, non vanno considerati, come vorrebbe <strong>Descartes</strong>, alla<br />
stregua <strong>di</strong> automi); b) se l’anima è mortale come il corpo, essa <strong>di</strong>venta anch’essa un<br />
momento della res extensa, che ha in sé la <strong>di</strong>visibilità e la corruttibilità, e allora non può<br />
essere identificata con una sostanza <strong>di</strong>stinta e separata dalla materia, qual è la res cogitans;<br />
c) se viene a cadere questa <strong>di</strong>stinzione, viene a cadere anche la sostanziale libertà del<br />
199
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
Gimma mette insieme il modello iatromeccanico <strong>di</strong> Borelli e Cornelio e le<br />
ricerche embriologiche <strong>di</strong> Malpighi, Re<strong>di</strong> e Vallisneri. Il corpo-macchina e i<br />
problemi della <strong>su</strong>a generazione. L’altra questione, sinora rimasta<br />
nell’ombra, quella relativa alla funzione dell’anima nel corpo, sarà<br />
analizzata nel secondo volume delle Dissertationes e nella Fisica<br />
sotterranea.<br />
Per ora, Gimma si espone consapevolmente alle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> una scienza che<br />
si autogiustifica e si fonda <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>a forza esplicativa, sopperendo ad una<br />
metafisica apparentemente assente, con gli straor<strong>di</strong>nari ri<strong>su</strong>ltati ottenuti in<br />
me<strong>di</strong>cina in un tempo relativamente breve e soprattutto grazie alle<br />
pensiero nei confronti della realtà esterna, così come la <strong>su</strong>a capacità <strong>di</strong> avere l’idea <strong>di</strong> una<br />
terza sostanza, o Dio, che operi la me<strong>di</strong>azione tra res extensa e res cogitans». In questo<br />
testo, non privo <strong>di</strong> un certo interesse, F. Voltaggio cerca a più riprese <strong>di</strong> mettere in luce «la<br />
vocazione antifilosofica della me<strong>di</strong>cina del tardo-Seicento, che <strong>di</strong> fatto si risolve in una<br />
contestazione più o meno esplicita del cartesianesimo – in parallelo con la confutazione<br />
ra<strong>di</strong>cale avviatane da Locke in filosofia – sfocia nella ricerca <strong>di</strong> una piattaforma teorica, atta<br />
a salvare le qualità peculiari dei fenomeni vitali, consentendone, nel contempo, una<br />
valutazione quantitativa» (id., p. 126). Questa me<strong>di</strong>cina, vera e propria antifilosofia,<br />
combatte quin<strong>di</strong> una filosofia, quella cartesiana, malata: ‘<strong>Descartes</strong> era una personalità<br />
decisamente nevrotica – <strong>di</strong> una nevrosi <strong>di</strong> tipo compulsivo – contrassegnata da una curiosa<br />
tendenza al misticismo […]. Nonostante questi tratti caratteristici <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> fossero noti<br />
da tempo, solo nel 1937 venne posta una correlazione significativa tra la <strong>su</strong>a personalità e il<br />
<strong>su</strong>o pensiero. In quell’anno, infatti, in un dossier della ‘Revue philosophique’ […]<br />
compariva un saggio <strong>di</strong> Karl Jaspers, ove il grande stu<strong>di</strong>oso elaborava la tesi secondo cui il<br />
metodo cartesiano, nella <strong>su</strong>a pretesa <strong>di</strong> costruire un’interpretazione adeguata della realtà,<br />
sarebbe l’espressione <strong>di</strong> una personalità ansiosa, con spunti allucinatori, afflitta da un<br />
complesso <strong>di</strong> potenza».<br />
200
Eru<strong>di</strong>zione e filosofia corpuscolare<br />
aspettative <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> progressi futuri. Quando farà i conti con il problema<br />
metafisico della funzione dell’anima, riterrà conclusa, o meglio marginale,<br />
l’indagine propedeutica <strong>su</strong>l favoloso che ha avuto una parte preponderante<br />
nella Idea e si mi<strong>su</strong>rerà con la storia naturale. L’anima è, infatti, una delle<br />
questioni attinenti a quella più generale della generazione dei viventi. Un<br />
problema, quest’ultimo, che dal 1714, quando lo aveva affrontato per la<br />
prima volta nel primo volume delle Dissertationes non aveva alcuna<br />
connessione con temi <strong>di</strong> natura metafisica. La me<strong>di</strong>cina viene piegata alle<br />
esigenze <strong>di</strong> argomenti e temi nuovi.<br />
201
202<br />
Capitolo 4.<br />
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale: il ‘vivente’ e la ‘generazione’.<br />
1. La generazione dei viventi: omne vivum ex ovo<br />
Nelle Dissertationes del 1714, che ho già analizzato per la parte <strong>su</strong>lla critica<br />
delle favole riguardanti l’uomo, Gimma era entrato anche nello specifico dei<br />
problemi <strong>su</strong>lla generazione: dopo avere stabilito che la generazione è<br />
possibile dall’uovo – ‘generatio omnis ab ovo’ 1 – egli si era impegnato a<br />
<strong>di</strong>mostrare l’impensabilità della generazione spontanea. Egli aveva anche<br />
passato in rassegna le obiezioni a questa teoria – «ovaristarum inventum non<br />
fuit primum ab omnibus aequo animo acceptum» 2 – mosse da scienziati <strong>di</strong><br />
grande fama e <strong>di</strong> ‘sodo giu<strong>di</strong>zio’ 3 . Tra tutti, mi pare che la posizione <strong>di</strong><br />
Hartmann sia trattata da Gimma come quella che esemplifica la posizione <strong>di</strong><br />
quanti si oppngono alla generazione dall’uovo. Anche in questo caso, le<br />
obiezioni consentono, mi pare, un confronto speculare <strong>di</strong> teorie opposte che<br />
getta luce <strong>su</strong> entrambe e permette alla verità <strong>di</strong> risaltare con maggiore<br />
nettezza.<br />
Hartmann parte da una constatazione piuttosto comune, per contestare poi la<br />
funzione dell’uovo nella generazione: se è vero, come è vero, che i figli<br />
somigliano ad entrambi i genitori, allora il seme <strong>di</strong> entrambi i genitori<br />
concorre alla generazione del figlio e la funzione dell’uvo può essere messa<br />
drasticamente in <strong>di</strong>scussione 4 . Le obiezioni <strong>di</strong> Hartmann sono serie –<br />
1<br />
Cfr. G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, pp. 82-89.<br />
2<br />
Id., p. 90.<br />
3<br />
Cfr. ib per le critiche rivole a Graaf e Malpighi.<br />
4<br />
Id., p. 91: «dantur filii similes patri et matri; ergo utriusque parentis semen concurret ad<br />
generationem […]. Vel similitudo pendet ex seminali materia, vel a spiritu foecondante si a<br />
seminali materia; ergo ab utroque parente vient seminalis materia. Si a spiritu foecundante,<br />
hic spiritus habetur solum ex parte maris; ideo maribus solum deberet assimilari, quod<br />
repugnat experientiae; alias aut non pendet a spiritu foecundante, aut si pendet, hic spiritus<br />
foecundans habetur etiam ex parte matris, et sic mater haberet materiam, ex qua primo<br />
fieret, naberet spiritum foecundantem, uterum, alimentum, sic ipsa sola foetum concipere<br />
posset, et alere».
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
toccano anche un’altra annosa questione, quella dell’ere<strong>di</strong>tarietà o meno <strong>di</strong><br />
certi morbi, e dei caratteri morali degli in<strong>di</strong>vidui – e le risposte <strong>di</strong> Gimma<br />
vanno valutate con attenzione: secondo quest’ultimo, questi motivi non sono<br />
<strong>su</strong>fficienti per rifiutare l’ipotesi delle uova, e per ritenere queste ultime non<br />
necessarie alla generazione: è infatti possibile affermare che la somiglianza<br />
<strong>di</strong>penda dal seme fecondante dell’uomo, dal seme della donna e dalla stessa<br />
materia dell’uovo:<br />
In ovo delineationem partium omnium foetus, et principia <strong>su</strong>ppono, quae a semine<br />
virili, et etiam a muliebri perficiuntur 1 .<br />
Stabilendo un ar<strong>di</strong>to, ma non inesatto, parallelo fra il seme animale e quello<br />
vegetale, che non può svilupparsi e crescere se non nella terra 2 , Gimma<br />
afferma che la madre «praestat materiam in ovo <strong>di</strong>spositam, et a <strong>su</strong>o semine<br />
<strong>di</strong>spositam; ita tamen, quod si a viri seminali aura non irroretur ovum, non<br />
foecundetur». E’ questo che spiega come mai il figlio somigli sia alla madre<br />
sia al padre «ab hoc quidem ope <strong>su</strong>i seminis; ab illa, ope materiae, et<br />
seminis» 3 . Chi ha osservato come avviene il concepimento delle galline, del<br />
resto, conferma:<br />
Videmus gallinam concipere ova, quae a gallo foecundantur, et pullorum alii matri<br />
similes excluduntur, alii patri. Mater dat materiam <strong>di</strong>spositam, scil. ova; pater eam<br />
spiritu seminali foecundat; assimilatur autem patri, aut matri foetus, iuxta maiores<br />
unius, aut alterius seminis vires; nempe iuxta maiorem, vel minorem salis volatilis<br />
geniturae copiam, ex mulierum, aut virorum genitalibus emissam; unde si patris<br />
maius erit sal volatile, filium sibi similem generat; idem de matre 4 .<br />
Problema che si ripropone anche in un’altra tipologia della mescolanza,<br />
quella fra razze <strong>di</strong>verse quando «proles alba ab italo, cum aethiope<br />
haberetur» oppure «nigra ab aethiope cum itala». In questo secondo caso <strong>di</strong><br />
mescolanza, Gimma chiama in causa il ruolo dell’immaginazione nelle<br />
1 Id., p. 92.<br />
2 Ib. : «sic ovum <strong>su</strong>as partes habet delineatas, aptas ad foetum efformandum. Semen matris<br />
illud <strong>di</strong>sponit ad foecundationem; virile semen illud foecundat, et actuat […] ita ut ab ipso<br />
foecundationis actu incipiat augeri ovum, vegetare, et explicare <strong>su</strong>a membra iam delineata,<br />
quae ante foecundationem torpida eran, inefficacia, et fatua: eo pror<strong>su</strong>s modo, quo plantae<br />
semen inefficax est extra terram».<br />
3 Ib.<br />
4 Ib.<br />
203
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
donne gravide 1 . In Sylva I Gimma aveva de<strong>di</strong>cato <strong>di</strong>verse pagine al tema<br />
dell’immaginazione e alla <strong>su</strong>a influenza <strong>su</strong>l corpo, in particolare aveva<br />
ricopiato e annotato, dalla Miscellanea dei Curiosi della Natura 2 , il<br />
paragrafo intitolato Imaginatio, et Phantasia in Gravi<strong>di</strong>s, che poneva una<br />
stretta correlazione fra il corpo e le perturbazioni dell’animo.<br />
Hartmann si chiedeva anche - è questa forse la questione più delicata -<br />
quando e in che modo si formano tutti quegli organi che non appartengono<br />
alla madre 3 . Gimma riteneva che per spiegare il fenomeno non fosse<br />
necessario abbandonare il ‘para<strong>di</strong>gma ovulare’: nell’uovo i membri in<br />
questione sono «omnia impolite, et crasse delineata»; e, inoltre, gli organi<br />
genitali femminili sono consimili a quelli maschili 4 . Comunque, è il seme<br />
maschile a prevalere nella formazione del sesso del feto, a seconda della<br />
quantità maggiore o minore <strong>di</strong> sali rispetto a quello femminile 5 .<br />
1 Id., p. 94: «sic mater gravida in civitate Virgilianorum, quae in nostra Apulia sita est,<br />
perterrita ob vi<strong>su</strong>m piscem magnum prope maris littus anno 1671 filium squammis toto<br />
corpore contectum peperit, excepta facie, et pene».<br />
2 Cfr. G. GIMMA, Sylva I…, cit., pp. 169-170. Le fonti sono le Observatio LXXXIII. D.<br />
Simonis Scholzi. Terror praegnanti faetui lethalis, in Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-<br />
Physica…, t. II, p. 158 e Observatio LXI. D. Simonis Scholzi. Phantasia et terror in gravida<br />
faetui valde noxia, in id. pp.118-120: «Simon Scholzius Observ. 83, Ephem. German. Tom.<br />
2, refert <strong>su</strong>am mulierem praegnantem au<strong>di</strong>to signo campanae in<strong>di</strong>cantis incen<strong>di</strong>um in<br />
quadam urbis domo, inopinato metu percellitur; post aliquot tamen <strong>di</strong>es perfectum<br />
peperisse, cuius totum sinistrum latus a capite usque ad calcem colore flammeo<br />
conspiciendum erat; post aliquot horas vero filium periisse. Idem observ. 61, refert<br />
mulierem quandam perterritam ex improviso acces<strong>su</strong> cuiusdam viri, cui manus utraque<br />
curva erat, paucis <strong>di</strong>ebus elapsis filiolum curvis manibus, et pe<strong>di</strong>bus peperisse. Marcus<br />
Marci a Kronland in lib. 1 Idear. operatric. Idea, cap. 4, refert de <strong>su</strong>a cognata gravida,<br />
quae, cum sibi prohiberetur a marito e<strong>su</strong>s cuiusdam pomi agrestis, ne noxam inferret,<br />
pomum cupitum animo volutavit. Soluta partu filium peperit cum notis pomi. Et licet ex<br />
arte exhibitis ligaturis petiolo inarescente postea deciderit semper tamen cicatrix remansit.<br />
Idem de alia mercenaria, quae Pragae: avide de capite carpionis piscis comederet, cunque<br />
obiurgaretur, pudore affecta in patinam reiecit ambe<strong>su</strong>m piscem. Surrexit lacrymabunda,<br />
tristis, et caput cubito innixa assiduo piscem illum cogitabat. In partu postmodum e<strong>di</strong><strong>di</strong>t<br />
infantulum, cuius caput non pror<strong>su</strong>s humanum, sed ex <strong>di</strong>mi<strong>di</strong>o piscem referens vi<strong>su</strong>m; illa<br />
nimirum parte, quae cubito matre innitente fuerat compressa, ita ut ip<strong>su</strong>m quoque os in duo<br />
semiora, in partesque ori humano, et quale carpioni similes <strong>di</strong>videretur, quin et color<br />
cyaneus, et squammarum similitudo eidem inesset. In causas, cur tantae mutationes in<br />
foetibus fiant, exquirit Marcus Marci loco cit. […], quomodo praegnantis imaginatio<br />
alicuius rei ardenter appetitae stigma eiusdem rei imprimere valeat?»<br />
3 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, p. 94: «quando mares procreantur, quis<br />
penis, testium aliarumque partium, quas faeminae non habent, configurationem de<strong>di</strong>t?»<br />
4 Ib.<br />
5 Id., p. 95: «ita ut si viri maior erit copia salis volatilis in semine, filium sibi similem<br />
efficiet; nempe ovum accipiet maris formam: si maior erit copia in semine matris, ovum<br />
204
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
La soluzione proposta a questa ultima questione, secondo Gimma, non può<br />
essere rifiutata né dagli antichi, né dai moderni. Essa, posso aggiungere, è<br />
effettivamente sottile 1 : vi traspare l’intuizione della funzione<br />
dell’‘l’informazione’ nella formazione del feto e quella degli apporti che<br />
alla me<strong>di</strong>cina possono venire dalla ‘chimica’. Quanto alla tesi della<br />
corrispondenza tra organi genitali maschili e femminili, non vi era, da parte<br />
dei moderni, identità <strong>di</strong> vedute. Reiner de Graaf, ad esempio, la riteneva<br />
ri<strong>di</strong>cola 2 , altri la <strong>di</strong>fendevano portando a sostegno la funzione del clitoride 3 :<br />
Mater potest dare conformationem, licet incultam, et rudem partium virorum in<br />
ovo, et <strong>su</strong>o etiam semine. Pater eandem perficere poterit <strong>su</strong>o semine; quia eius<br />
seminis spiritus est formator foetus, ut ait Dolaeus, sive architectus, ut inquit<br />
Bartholinus […]. Mater igitur praestat materiam aptam ad formas <strong>di</strong>sposita, nam<br />
materia est tanquam cera ad omnes formas <strong>di</strong>sposita, imo praestat materiam, non<br />
modo <strong>di</strong>spositam, sed crasse delineatam formis ipsis, quas virile semen perficere<br />
habebat formam seminae: alias non solium mater non posser dare formas partium, quas non<br />
habet, nempe penis, et testium, sed neque pater dare potest patres, quibus caret, vulvam<br />
nempe, uterum, et alia».<br />
1<br />
Ib.: «haec sententia nec veterum, nec ovaristarum sententiis regugnare videtur, et quae<br />
mox <strong>di</strong>xi, sequentibus explico».<br />
2<br />
G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 145: «ri<strong>di</strong>culum plane est quod aliqui partem illam<br />
masculorum peni ita correspondere velint, ut, quae in viris foris, illa in foeminis intus<br />
collocanta sint; ri<strong>di</strong>culum <strong>di</strong>cimus, quia nullam omnino cum pene similitu<strong>di</strong>nem habet».<br />
Cfr. anche G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, p. 95, dove all’autorità <strong>di</strong> Graaf<br />
agginge Caspar Bartholin il quale «errorem esse ait, quo falso hactenus putatum fuit, partes<br />
mulierum genitales virorum partibus analogas fuisse, cum tamen ova in ovariis mulierum<br />
soltertia detexit».<br />
3<br />
G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 112: «Aliis Tentigo, aliis virga vel penis muliebris, tum<br />
quia penis similis est situ, <strong>su</strong>bstantia, compositione, spirituum repletione, et erectione; habet<br />
item aliquid glan<strong>di</strong> simile, et praeputio, tum quia in quibusdam excrescit in magnitu<strong>di</strong>nem<br />
penis, adeo ut penis virilis loco». Questo tema offre anche il destro a Gimma per accennare<br />
a quelle deformità naturali che influenzano poi non solo la morale ses<strong>su</strong>ale, ma persino la<br />
salute mentale della donna: «Clitori<strong>di</strong>s inventores se faciunt Fallopius, et Columbus.<br />
Demonstrat Riolanus […], Clitoridem veteribus Anatomicis Nymphae nomine cognitam<br />
fuisse. Praeternaturalis Clitori<strong>di</strong>s magnitudo deformitatem, pudorem, atque molestiam<br />
<strong>su</strong>mmam mulieribus or<strong>di</strong>narie procreat, quatenus vestimentis, inter ambulandum aut<br />
domestica munia obeunda, attritu ita eas ad libi<strong>di</strong>nem irritat, ut quasi dementia captae<br />
volentes nolentes in viri amplexum ruant; imo quod horribilius est, virorum ad instar cum<br />
aliis mulieribus coeant, ac mutuis coitibus tam incubis quam <strong>su</strong>ccubis sese polluant». Sulla<br />
tra<strong>di</strong>zionale relazione tra <strong>di</strong>sfunzione dell’organo ses<strong>su</strong>ale femminile e salute mentale cfr.<br />
S. VEGETTI FINZI, Ninfomania: tempo e mito della ses<strong>su</strong>alità femminile, saggio introduttivo<br />
a J.-D.-T BIENVILLE, La ninfomania ovvero il furore uterino, a cura <strong>di</strong> Andrea Gloria<br />
Michler e Silvia Vegetti Finzi, Venezia, Marsilio, 1986.<br />
205
debet, et <strong>su</strong>o spiritu vivificare 1 .<br />
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Quanto questo tema fosse importante, e quanto fosse effettivamente<br />
complesso lo mostra lo spazio che Gimma gli de<strong>di</strong>ca nelle Dissertationes,<br />
dove ben due capitoli, IV e il V, sono de<strong>di</strong>cati al problema del seme delle<br />
femmine e al ruolo che svolge nella fecondazione dell’uovo 2 . Ancora una<br />
volta, Gimma enumera le varie opinioni a partire dalle più antiche sentenze<br />
intorno alla generazione 3 . I pre-aristotelici ritennero che fosse l’uomo a<br />
somministrare la totalità del seme necessario alla formazione del feto,<br />
mentre la femmina avrebbe avuto solo l’‘incombenza’ del luogo, dove il<br />
feto si forma. Essi ritennero, dunque, che il seme maschile fosse composto<br />
da tutte quelle parti che sono necessarie alla corretta formazione del corpo<br />
umano 4 . I galenici che il feto fosse formato dalla commistione del seme<br />
maschile e <strong>di</strong> quello femminile 5 . Dottrina che gode ancora <strong>di</strong> grande favore:<br />
«haec opinio viget adhuc, et magnos, atque clarissimos habet sectatores<br />
aliquos» 6 . I recentiores insegnano che le femmine racchiudano dentro <strong>di</strong> sé<br />
delle uova, «que <strong>su</strong>nt omnis generatione principia» 7 . Il seme maschile<br />
feconda l’uovo, avvolto nella stessa membrana che avvolge il feto nella <strong>su</strong>a<br />
vita intrauterina 8 . I sostenitori <strong>di</strong> questa opinione «<strong>di</strong>cunt ideo mulierem<br />
1 Id., p. 96.<br />
2 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, pp. 100-101. Id., p. 100: «ad hanc<br />
quaestionem enodandam, plura quae <strong>di</strong>xi in praecedenti capite cum iis, quae adducam in<br />
praesenti, essent coniungenda».<br />
3 Ib.: «in explicando generationis, seu animalium procreationis opere non omnes quidem<br />
conveniunt; cum enim sit naturae opus <strong>di</strong>fficillimum, <strong>di</strong>versam de<strong>di</strong>t <strong>di</strong>sputan<strong>di</strong> rationem».<br />
4 Ib.: «prima, quae vetustissima est, quamque primi philosophi secuti <strong>su</strong>nt, existimavit<br />
<strong>su</strong>bministrari a viro totum semen necessarium ad formandum foetum, a foemina vero<br />
locum, ubi formabitur. Dixerunt ideo foeminam esse, quasi fertile quoddam solum, quod<br />
bonum afferet fructum, si bonum semen, sibi committatur. Semen viri compositum esse ex<br />
omnibus partibus, quae ad humani corporis conformationem <strong>su</strong>nt necessariae. Muliebre<br />
semen vero nihil esse». Gimma ha ragione. Eschilo ha scritto: «non è la madre, no, quella<br />
che crei, come si <strong>di</strong>ce, la <strong>su</strong>a creatura; ma nutrice, e non più, del nuovo seme. Solo chi getta<br />
il seme è il genitore; lei serba, ospite all’ospite, il germoglio, quando non l’abbia un<br />
demone <strong>di</strong>sperso. E ti darà prova <strong>di</strong> quanto <strong>di</strong>co: è padre alcuno, pure senza madre; l’attesa<br />
qui la figlia dell’Olimpio, che né buio <strong>di</strong> viscere nutriva, né dea fiorirà mai <strong>di</strong> tale virgulto»<br />
(ESCHILO, Eumeni<strong>di</strong> in Orestiade, a cura <strong>di</strong> L. Traverso, Milano, Longanesi, 1971, p. 186).<br />
5 Id.,p. 101: «secunda sententia est, quod foetus ex virilis, et muliebris seminis<br />
commixtione efformetur».<br />
6 Ib.<br />
7 Ib.<br />
8 Ib.: «ovum foecundari aiunt a virili semine, cujas <strong>su</strong>btiliores partes, spirituosae nempe, et<br />
volatiles in vapores per tubas usque ad ovaria excitantur, et membranam penetrant ad illud<br />
206
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
<strong>su</strong>bministrare semen, ex quo fit infans, locum, in quo formatur, et<br />
sanguinem, quo nutritur. Virum vero inhil conferre ad generationem, quam<br />
<strong>su</strong>i seminis spiritus, quibus foeminae semen vivificatur, et foecundatur» 1 .<br />
La quarta opinione è quella del medesimo Gimma e ri<strong>su</strong>lta da una<br />
conciliazione della seconda e della terza:<br />
sicut enim <strong>di</strong>cebam […] ovum, et foemineum semen, et semen maris in generatione<br />
requiri opinor; ita ut ex crassiori semina foemineo ovum fiat, spirituosius aliud a<br />
foemina eadem excernatur in venereo actu, quod ovum <strong>di</strong>sponat, ut foecundetur; et<br />
virile semen ovum ip<strong>su</strong>m foecundet. Unde cum tertia sententia <strong>di</strong>co ovum semen<br />
esse foeminae, et feminis concedo semen cum secunda sententia, non tamen eo<br />
modo, quo ab aliis admittitur. Nego semen viri esse materiam foetus, ut primi<br />
<strong>di</strong>cebant, quia materia <strong>su</strong>fficiens est ovum, ut aiunt tertii 2 .<br />
Il seme maschile, o meglio lo ‘spirito’ del seme, è necessario alla<br />
fecondazione dell’uovo, mentre quello femminile, anche in questo caso,<br />
propriamente il <strong>su</strong>o spirito, è in<strong>di</strong>spensabile per pre<strong>di</strong>sporre l’uovo ad essere<br />
fecondato. Le ovaie, altrimenti definite foeminis testes, servono ad<br />
‘elaborare’ il seme «et in testibus ova reperiri necessaria ad generationem»,<br />
cosicchè non è con<strong>di</strong>visibile l’affermazione <strong>di</strong> Hoffmann secondo il quale le<br />
ovaie femminili non sono altro che «cadavera testium» 3 . Ricapitolando,<br />
oltre all’uovo, la femmina ha un altro seme più ‘spiritoso’, che si separa<br />
nell’atto venereo e che <strong>di</strong>spone l’uovo, affinchè venga fecondato dal seme<br />
vivincandum; et ita foecundatum per tubam illabi utero, et ex eo formari infantem.<br />
Membrana, quae ovum format, et quae semen illud continet, eandem esse, quae foetum<br />
involvit, quam<strong>di</strong>u, intra uterum latet, et esse eam, quam foetus <strong>di</strong>srumpit, ut egre<strong>di</strong>atur».<br />
1 Ib. «Dicunt igitur recentiores tertiae sententiae foeminas non habere semen, nisi in ovo,<br />
quod semen foemineum sit; ita quod ovaria ova <strong>di</strong>sposita ad maturitatem usque conservent.<br />
Negant a foermina semen emitti; sed potius liquorem seminale, ut aiunt illi primae<br />
sententiae, qui per ductus vaginae uteri, et partium vicinarum expurgata <strong>di</strong>ci possit pollutio,<br />
et ad cavitatem uteri non vadat, nec a testibus detineri possit. A prima, et secunda sententia<br />
alia mutuantes, alia negantes, <strong>di</strong>cunt testes foeminarum non vere testes esse; sed ovaria;<br />
quatenus ova continent, non quond semen conficiant. Concedunt cum secunda sententia,<br />
causam efficientem foetus esse virum, et mulierem; hanc tamen ovum praestando, illum<br />
foecundando, foeminam active concurrere; alias non assimilaretur foetui; effectus enim ipsi<br />
causae operanti principaliter debent assimilari» (id., pp. 101-102).<br />
2 Id., p. 102. «Non esse pror<strong>su</strong>s rejiciendam secundam sententiam jam explicatam; neque<br />
tertiam ovaristarum, et utramque admittendam existimo, nonnullis tame explicatis, et<br />
conciliatis».<br />
3 Ib.: «in iis elaboratur semen foemineum <strong>su</strong>o modo, quo semine, sine viro ovi materia<br />
componitur, ut a viro foecundetur».<br />
207
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
maschile 1 . Ri<strong>su</strong>lta chiaro che secondo Gimma tre cose si richiedano per la<br />
generazione, cioè l’uovo, il seme della femmina, e quello del maschio. In tal<br />
modo, dal seme della femmina più grossolano si fa l’uovo, da quello più<br />
‘spiritoso’, che si separa nell’atto venereo, si <strong>di</strong>spone l’uovo, che infine<br />
viene fecondato dal seme maschile. Come si vede, Gimma si rifà alle due<br />
sentenze dei moderni, tentando una conciliazione tra chi identificava e chi<br />
negava che l’uovo fosse il seme della femmina 2 . Gimma nega, comunque,<br />
che il seme dell’uomo sia materia del feto e, anzi, spiega in cosa consista la<br />
perfezione e l’imperfezione del seme tanto nella donna quanto nell’uomo 3 .<br />
Chiarisce poi ulteriormente la <strong>su</strong>a posizione a proposito del seme, dei<br />
testicoli e dei vasi nella femmina, <strong>di</strong>scutendo l’opinione contraria <strong>di</strong><br />
Ettmüller 4 , <strong>di</strong> Graaf, Riolan, Cornelio 5 . La <strong>su</strong>a soluzione ha il pregio <strong>di</strong><br />
essere applicabile a tutto il regno animale e persino a quello vegetale<br />
1 Id., p. 103: «sic non duo semina foeminis tribuo, sed unum, nempe idem semen», <strong>di</strong><br />
natura più grossolana «quidem pro ovo efformando, quod bene habebit portionem spiritus,<br />
et hoc est semen, concentratum in ovo, quod ita appellat Ettmullerus: spirituosius vero<br />
magis elaboratum a <strong>su</strong>o fermento, et in <strong>su</strong>is vesciculis porpriis, pro ovo <strong>di</strong>sponendo ad<br />
foecundationem in actu venereo; et hoc semen excitatur in coitu, et miscetur cum semine<br />
virili».<br />
2 Cfr. Articolo V, in Giornale de’ letterati d’Italia tomo ventesimoprimo. Anno MDCCXV<br />
sotto la protezione del Serenissimo Gio. Gastone, Principe <strong>di</strong> Toscana, in Venezia,<br />
MDCCXV, appresso Gio. Gabbriello Ertz, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, e con privilegio anche<br />
<strong>di</strong> N. S. Papa Clemente XI, pp. 181-182.<br />
3 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, p. 104: «sic foeminis semen concedo, et<br />
illud <strong>su</strong>o modo perfectionem habere, et imperfectionem: perfectionem nempe, quod aliquid<br />
tribuat conceptui: imperfectionem, quod conceptum non possit, nisi virtute virilis seminis,<br />
eiusque spiritus prolifici pervicere. Ita perfectum virile semen <strong>di</strong>ci poterit, quia materiam<br />
<strong>di</strong>spositam, seu ovum perficit, et actuat: imperfectum, quia foetum producere nequit ex se.<br />
Si praeter ovum foemina semen non <strong>su</strong>bninistraret, non posset ovum a viro foecundari; e si<br />
ovum cum semine concentrato <strong>su</strong>fficeret, posset quoque foecundari a viro, si esset extra<br />
uterum».<br />
4 Id., p. 105: «Ettmullerus, qui sequitur communem ovaristarum sententiam […] falsissima<br />
esse ait, foeminarum testes, vasa praeparantia, similemque apparatum non esse ad alium<br />
u<strong>su</strong>m destinata, quam ad generationem seminis <strong>su</strong>i generis, quo in mixtione cum semine<br />
virili in utero semen foecundum faceret; quod quidem aquosius sit, quam virorum, cum ex<br />
defecta epi<strong>di</strong>dymidum ultimam perfectionem non accipiat; esse tamen perfectum in <strong>su</strong>o<br />
genere».<br />
5 Id., pp. 114-115: «questionem de nomine esse <strong>di</strong>ceret quidam, dum liquorem seminalem<br />
semen appello; at quaestionem non esse de nomine; se de <strong>su</strong>bstantia constat; dum aliud<br />
importat semen, aliud liquor. Sane liquorem <strong>di</strong>cunt, quia caret iis, quae virili semini<br />
conveniunt; se si ea haberet, aptum esset sine virili ad generationem. Cum autem a natura<br />
constitutum sit, ut nulla fia t procreatio, nisi maris, et foeminae conjunctio concurrat;<br />
necessarium fuit, ut maris perfectum, et ad <strong>su</strong>um munus exequendum aptissimum, ut<br />
saepius <strong>di</strong>xi».<br />
208
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
(Gassen<strong>di</strong>, Malpighi, Marco Marci concordano nell’assimilare il seme della<br />
pianta all’uovo 1 ; e Vallisneri aveva in<strong>di</strong>viduato il seme della lenticola<br />
palustre, che si credeva nascesse spontaneamente, «et descripsit inter alia,<br />
quae sine semine credebantur, et plantarum tran<strong>su</strong>mationem confutat» 2 ),<br />
mostrando, così, che la natura della generazione degli esseri viventi è<br />
sempre la stessa 3 . Non solo. Anche le pietre ed i metalli nascono dalle<br />
uova 4 , come ha sostenuto Gassen<strong>di</strong>, che ha negato la generazione spontanea<br />
1 G. GIMMA, Elogi accademici…, t. II, pp. 81-92, nell’elogio de<strong>di</strong>cato a Giovan-Giacomo<br />
Mangeti. Protome<strong>di</strong>co e consigliere dell’Elettore <strong>di</strong> Brandeburgo, viene affrontata la<br />
questione una prima volta: rifacendosi alle osservazioni <strong>di</strong> Malpighi e <strong>di</strong> Vallisneri afferma<br />
che «alla terra, ed all’acqua stabilì Id<strong>di</strong>o la fecon<strong>di</strong>tà, e la virtù seminale, con cui potesse<br />
ogni vivente produrre altro a lui simile, ed ogni pianta, altra a se conforme; ciascheduna<br />
secondo la propria spezie» (id., p. 81). I nuovi filosofi hanno permesso <strong>di</strong> conoscere «colle<br />
continue sperienze, e colle <strong>di</strong>mostrazioni […], non esservi animale, che la <strong>su</strong>a generazione<br />
dal seme non riconosca, poiché quei medesimi, che hano nome d’insetti, e quei, che dalla<br />
putre<strong>di</strong>ne formarsi credean gli antichi, vengono già tra gli ovipari collocati, scorgendosi col<br />
mezo delle uova generarsi […]. I vermi, che nelle carni putride, e nelle frutta si mirano,<br />
come ben <strong>di</strong>mostra Francersco Re<strong>di</strong>, han pur la loro origine dagli altri animali in esse<br />
racchiusi, che mandano fuori o il seme, o le uova […]. Le uova non solo ne’ picciolissimi<br />
animaletti si osservano […]; ma ne’ bruti, e negli uomini […]. Chiarissima è ancora nelle<br />
piante la virtù seminale […]. Il lor seme, che da esse, ed in esse si forma, si nutrisce, si<br />
augumenta [sic!], e si perfeziona; ritiene la medesima loro anima, con cui viver si <strong>di</strong>cono, e<br />
per cui essendo corporea, non altro doversi intendere affermò Gassendo, oltre Cartesio […],<br />
ed altri col Willis , che una sottile, pura, attiva, ed industriosa sostanza sparsa per la pianta;<br />
simile allo spirito, o alla fiammella; e che per la scarsità d’alimento languisca, o si soffochi<br />
per l’abbondanza dell’umore, o per la siccità si esali, o per la freddezza s’induri; onde<br />
avvenire la lor morte si <strong>di</strong>ce […]. Ma siccome oscura è in alcuni animali, ed in alcune<br />
piante la virtù seminale, così nelle pietre, e ne’ metalli pensò essere anche il Gassendo. Non<br />
ha anima la pietra, né il metallo, per cui nutrir si possano, e crescere […] non è però cosa<br />
<strong>di</strong>s<strong>di</strong>cevole l’asserire, che sia nelle pietre un certo seme petrino atto a costituir la loro<br />
sostanza, e la forma, ed una virtù seminale, con cui coagular le parti si possano […]. Tutto<br />
ciò ne’ minerali, e ne’ metalli similmente si osserva; forse, perché il metallico seme sparso<br />
con gli altri semi a guisa <strong>di</strong> alito; scorrendo per le viscere della terra, abbia forza <strong>di</strong> unir la<br />
materia <strong>di</strong>sposta, ed alla medesima dar forma <strong>di</strong> metallo; ciascheduno la propria origine de’<br />
<strong>su</strong>oi propri semi traendo; come <strong>di</strong>versa è la natura <strong>di</strong> ogniuno» (id., pp. 82-85).<br />
2 Id., p. 119.<br />
3 Id., p. 115: «hanc doctrinam de foemineo semine, quam in hominis, et animalium<br />
generatione osten<strong>di</strong>, eadem naturae lego in plantis, et in piscibus quoque licebit existimare;<br />
quoniam natura eadem semper est, et unica tantum lege uti universim in generatione<br />
viventium <strong>di</strong>cendum est».<br />
4 Id., p. 117: «plantarum generationem a semine agnoscunt etiam recentiores, statuta jam ab<br />
ovo, et semine generatione in animantibus, quam satis osten<strong>di</strong>s se existimo. Semina<br />
huiusmo<strong>di</strong> comparantur ovis, quae valeant propriam speciem comparare, nec inepte<br />
Empedocles a plantis fieri ova affirmavit, cum ovis similia fructus sint, qui semen<br />
contineant».<br />
209
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
nei metalli. Gimma ammetteva l’esistenza <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> vis lapi<strong>di</strong>fica che<br />
espleta la funzione del seme 1 .<br />
Le favole, trattando delle questione della generazione dei viventi, non<br />
scompaiono, ma sono collocate in fondo alla trattazione scientifica, non più<br />
mescolate ad essa. E questa volta c’è un solo caso significativo, quello <strong>di</strong><br />
Pomponio Mela che aveva sostenuto la possibilità della generazione senza il<br />
concorso dei maschi 2 . E’ questa la favola più incre<strong>di</strong>bile, ma non la sola. Tra<br />
le favole Gimma include anche la credenza del concepimento come frutto <strong>di</strong><br />
un sogno e <strong>di</strong> quello delle vergini 3 .<br />
2. «Tolta la Fede che si deve alla Sagra Scrittura […] chi ci assicura <strong>di</strong><br />
questo universale <strong>di</strong>luvio?» 4<br />
Ho già accennato al fatto che l’Idea <strong>di</strong> Gimma abbia avuto un’accoglienza<br />
non eguale, e che numerose erano state le perplessità: in una lettera del<br />
1724, che ho ritrovato nella Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio <strong>di</strong><br />
Bologna 5 , destinata ad un interlocutore ignoto, Gimma dopo aver<br />
annunciato l’intenzione <strong>di</strong> scrivere un terzo tomo della Idea, riporta la<br />
notizia del «Signor Matteo Egizzio letterato Napoletano» il quale<br />
«spezialmente ancorchè da me lodato, ha qui [a Bari] mandata una lettera<br />
critica <strong>di</strong> un foglio, in cui si stende a mostrare, che io ho fondata la mia<br />
1 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. I, p. 120: «in lapi<strong>di</strong>bus, et metallis quoque<br />
aliquam agnoscunt generationem ex semine, dant enim illis virtutem quandam seminali<br />
analogam […]. Probabile est, ait Gassendus […] esse quoddam quasi germen, seu semen<br />
metallicum, quod in apparatam debite materiam, halitusque specie <strong>di</strong>ffu<strong>su</strong>m, ut quandam<br />
per lactis <strong>su</strong>bstantiam coagulum <strong>di</strong>ffun<strong>di</strong>tur, metalli formam faciat, ac praestet. An<br />
huiusmo<strong>di</strong> germen, talisve halitus contincatur in ipsa materia; an aliunde potius incurrat, ut<br />
varie oberrans per viscera terrae cum seminibus rerum caeteris, haud immmerito [sic!]<br />
dubitari potest. Et ratio posterior est virisimilior; nam alioquin <strong>su</strong>lphur, argentum vivum,<br />
vitriolumque ex specialibus seminibus constant, ob quae unumquodque <strong>su</strong>ae specialis<br />
naturae est; et videntur metalla esse inter se <strong>di</strong>versae naturae, plus, minusve. De lapi<strong>di</strong>bus<br />
idem asserit […] ut enim in quibudam plantis est vis seminalis obscurior, ita etiam est in<br />
lapi<strong>di</strong>bus […]. In aliis ait, quod videtur exigi lapi<strong>di</strong>ficum quoddam semen, quod <strong>su</strong>bstantiae<br />
constitutionem, formamque tribuat; idque pluribus demonstrat».<br />
2 Cfr. id., De fabulosa generatione sine maribus, et de mola, pp. 121-125.<br />
3 Rispettivamente id., pp. 125-129 e pp. 129-154.<br />
4 A. Vallisneri, lettera senza data a Louis Bourguet, in N. BADALONI, Antonio Conti…, cit.,<br />
p. 254.<br />
5 La lettera si trova nella Collezione degli Autografi Pallotti XIV, n. 878 [15] [278]. Porta<br />
l’in<strong>di</strong>cazione ‘Giacinto Gimma, Naturalista’.<br />
210
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Istoria <strong>su</strong> le favole <strong>di</strong> Noè, e <strong>di</strong> Giano, e che ho buttato la Rete, ed ho tirato<br />
alghe, e Testacei nu<strong>di</strong>, quali però non descrive» 1 . Gimma si <strong>di</strong>ce pronto a<br />
rispondere alle critiche «se avrò nelle mani la <strong>su</strong>a critica, in cui non mi<br />
cen<strong>su</strong>ra altra cosa. Mi si rende bensì <strong>di</strong>fficile poterla avere, avendola egli<br />
mandata con segretezza; acciocchè io non la legga». Non lo sorprende,<br />
comunque, la critica <strong>di</strong> Matteo Egizio il quale «ha voluto sfogare le <strong>su</strong>e<br />
passioni, essendo notissimo seguace, e <strong>di</strong>fensore de’ Francesi, ma da<br />
Italiano qual è dovea aver qualche freno. Uscirò in campo io stesso, ed<br />
usciranno buoni amici scandalizati <strong>di</strong> così sconcia azione, e servirà questa<br />
briga letteraria a mantenere ancora contro gl’Italiani la gloria dell’Italia».<br />
Quanto all’obiezione <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>fensore dei Francesi, «basta la medesima<br />
opera mia a smentirlo, perché non ho data per certa la notizia <strong>di</strong> Giano, e<br />
Noè, come troppo antiche». Gimma sapeva bene che <strong>di</strong>etro queste critiche<br />
all’antichità <strong>di</strong> Noè e Giano c’era quella più inquietante riguardante<br />
l’eternità del mondo 2 .<br />
1 Ib. Matteo Egizio era anche associato all’Accademia <strong>di</strong> Rossano. La lode a Matteo Egizio<br />
si trova in G. GIMMA, Idea dell’Istoria…, cit., t. II, p. 729: «il valore dell’eru<strong>di</strong>tissimo<br />
Matteo Egizio è ben celebrato ne’ Giornali de’ Letterati d’Italia, e dello stesso, e <strong>di</strong> vari<br />
altri ben possiamo scriver molto». A proposito della preferenza per i francesi <strong>di</strong> Matteo<br />
Egizio, N. Badaloni osserva che secondo Egizio, «<strong>Descartes</strong> avrebbe dato una teoria<br />
dell’anima per cui questa <strong>su</strong>bisce l’influenza dei corpi nelle percezioni. Si determina così<br />
una capacità <strong>di</strong> sviluppare passioni attive in realzione alle percezioni ed inoltre anche <strong>di</strong><br />
risvegliare un movimento <strong>di</strong> spiriti ‘quando non sono presenti gli oggetti esterni’. È questa<br />
propriamente la fantasia che ci rappresenta immagini ‘le quali danno a gli spiriti un<br />
movimento inverso la ghiandola, eguale a quello quando eran presenti gli oggetti, onde<br />
siegue una egual commozione e percezione nell’anima’. Ritorna dunque in questa chiave<br />
cartesiana l’idea della immaginazione <strong>di</strong> oggetti, cui non corrisponde percezione e quin<strong>di</strong><br />
idea, e che tuttavia è in grado <strong>di</strong> produrre gli stessi <strong>di</strong> questa: e si realizza<br />
contemporaneamente la estensione <strong>di</strong> questo modello teorico alla interpretazione storica<br />
della idolatria vista appunto come manifestazione <strong>di</strong> tale sfrenatezza <strong>di</strong> passioni non<br />
limitata dalle corrispondenti percezioni-idee. La tesi dello Egizio è che ‘solemne id fuit<br />
romanis populos per luxum et voluptates enervare’. Si tratta <strong>di</strong> una religione che poté poi<br />
prestarsi alla deificazione degli imperatori e che <strong>di</strong>mostra che tra le invenzioni della<br />
fantasia (cui non corrisponde alcuna idea oggettiva) e le idee della ragione non vi è altra<br />
possibile via <strong>di</strong> raccordo che quella che passa attraverso il dominio <strong>di</strong> quest’ultima e la <strong>su</strong>a<br />
incarnazione in uno stato che sia sensibilmente <strong>di</strong>pendente dai sapientes». (N. BADALONI,<br />
Introduzione a G. B. VICO, Opere giuri<strong>di</strong>che…, cit., p. XIX). In questa densa pagina<br />
Badaloni accenna a tante questioni, alcune delle quali sono affrontate anche da Gimma nei<br />
due tomi delle Dissertationes, in rapporto alla funzione dell’immaginazione, della relazione<br />
fra anima e corpo, che Gimma sviluppa invece in una decisa prospettiva non cartesiana.<br />
2 Su questi temi, cfr. P. ROSSI, Le sterminate antichità…, cit. e I segni del tempo…, cit.<br />
211
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Le notizie <strong>su</strong> Noè e <strong>su</strong>l Diluvio universale – lo abbiamo già visto – sono da<br />
considerare con cautela: troppo lontani i tempi e troppo labile la<br />
documentazione. Il tema viene ripreso all’interno <strong>di</strong> quello della formazione<br />
dei continenti e della formazione dei fossili nella Fisica sotterranea.<br />
Seguirò la <strong>di</strong>scussione in questa opera matura <strong>di</strong> Gimma, l’ultima nella<br />
quale il tema viene trattato. Intanto preciso che: 1. il Diluvio è considerato<br />
l’evento dal quale ha origine il tempo storico dell’umanità; 2. esso, tuttavia<br />
è al <strong>di</strong> là della storia e, per questo, non spiega alcun evento ‘storico’ naturale<br />
(l’origine dei fossili e <strong>di</strong> altri fatti naturali) o sociale (la scomparsa <strong>di</strong> terre,<br />
<strong>di</strong> popolazioni e civiltà <strong>di</strong> cui è rimasta memoria). Il percorso seguito da<br />
Gimma è tuttavia opposto allo schema da me in<strong>di</strong>cato. Egli affronta per<br />
primo il tema della generazione delle pietre e dei fossili. Trova che ogni<br />
generazione può avere avere una spiegazione naturale. Conclude che il<br />
Diluvio è un evento che ha una valenza teologica-religiosa e non<br />
naturalistica.<br />
Conviene quin<strong>di</strong> seguire i ragionamenti dell’abate, attraverso il complesso<br />
mondo <strong>di</strong> favole, che vanno descritte per liberarsense, <strong>di</strong> spiegazioni<br />
‘scientifiche’ e <strong>di</strong> congetture filosofiche. Attraverso, cioè, l’or<strong>di</strong>to del testo<br />
cui egli dà il nome <strong>di</strong> Storia naturale delle gemme, delle pietre, e <strong>di</strong> tutti i<br />
metalli, ovvero della fisica sotterranea.<br />
L’opera, elaborata lungo gli ultimi trenta anni della <strong>su</strong>a vita, viene<br />
solitamente ricordata per la posizione nei confronti dell’annoso problema<br />
dei fossili e dell’antichità del mondo 1 . Essa va considerata, tuttavia, una<br />
1 Cfr. A. L. MORO, De’ crostacei e degli altri marino corpi, in in Scienziati del<br />
Settecento…, cit., p. 444, dove <strong>di</strong> Gimma viene scritto: «ad un’immobolità geologica<br />
credevano, ad esempio, nel tardo Seicento, pur con sottili <strong>di</strong>stinzioni, Athanasius Kircher,<br />
Giacinto Gimma e Thomas Shirley, seguaci del paracelsismo e della ‘filosofia mosaica’»;<br />
Moro, da parte <strong>su</strong>a, allude a Gimma in un passo della <strong>su</strong>a opera: «Si sa che un cocentissimo<br />
foco ha forza <strong>di</strong> molte materie convertir in cristallo, il perché, sendo vementissimo il fuoco<br />
che nelle viscere della terra si nutre, non è fuor <strong>di</strong> ragione atribuire al medesimo della<br />
formazione <strong>di</strong> que’ cristalli che negli accennati strati si ammirano. Che se a certi spiriti<br />
minerali accagioransi anche volessero, la prima cagione fisica, per cui opra ove si truovano<br />
pervennero, altra non fu che l’impeto de’ sotterranei fuochi che in que’ luoghi trasportarono<br />
i minerali. Simil cosa o poco <strong>di</strong>fferente de’ <strong>di</strong>rsi anche delle pietre figurate, e più o meno<br />
preziose» (id., p. 461).. Su questo cfr. naturalmente P. ROSSI, I segni del tempo…, cit., pp.<br />
25-26: «L’anima delle pietre – aveva scritto Alsted nel 1649 – ‘è latente e prossima<br />
all’anima vegetativa’; quando si afferma che i minerali sono corpi inanimati hoc<br />
accipiendum est non absolute, sed comparate. Le pietre, ‘ivi comprese quelle che si<br />
ritrovano nei reni e nelle vesciche degli uomini’ sono generate, per Thomas Shirley,<br />
dall’acqua che viene ‘condensata dal potere dei semi’. Sotto la crosta terrestre – in base ad<br />
212
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
continuazione delle Dissertationes e non solo per i numerosi rinvii che<br />
queste ultime contengono. Lo conferma il medesimo autore: «Terminando<br />
la stampa delle nostre Dissertazioni speravamo stampar <strong>su</strong>bito una picciola<br />
istoria delle Gemme nell’i<strong>di</strong>oma latino», ma prioritaria <strong>di</strong>ventò l’Idea. Poi<br />
venne la decisione <strong>di</strong> aggiungere alla storia delle gemme e delle pietre<br />
quella <strong>di</strong> quegli altri minerali i quali «o dalle pietre <strong>di</strong>pendono, o della loro<br />
natura sono partecipi» 1 . E, in questa <strong>di</strong>rezione, va letta l’illuminante<br />
citazione da Beccherus posta all’inizio del primo tomo che ricorda<br />
esplicitamente la funzione assegnata alle favole nelle Dissertationes:<br />
multa deprehendes falsa, quae hactenus vera a multi seculis cre<strong>di</strong>ta <strong>su</strong>nt; et multa<br />
vera erunt, quae pro non entibus hactenus conclusa, et habita fuere 2 .<br />
Fulgenzio Pascali, nell’Epistola al Lettore, enfatizza il carattere baconiano e<br />
innovativo <strong>di</strong> questa storia naturale scritta da Gimma: la filosofia,<br />
contrariamente alle apparenze («a vista <strong>di</strong> cotanti e <strong>di</strong>uturni sforzi<br />
d’innumerabili chiarissimi letterati non men de’ passati, che de’ presenti<br />
tempi, adoperati intorno a’ segreti della natura»), non è affatto «giunta<br />
all’ultima perfezione» perché «così numerose scoperte riguardo alle quasi<br />
infinite verità, che finora ascose rimangono, son poco meno, che nulla: e son<br />
rarissime quelle, che reggono al cimento d’un rigido profondo esame» 3 .<br />
una teoria che fu sostenuta fra gli altri anche da Giorgio Agricola – circola, in forma<br />
liquida, un <strong>su</strong>ccus lapi<strong>di</strong>ficus o lapidescens (o ‘<strong>su</strong>go petroso’) oppure, in forma gassosa,<br />
un’aurea petrifica o lapi<strong>di</strong>fica che trasforma in pietra, le varie sostanze. Ancora nel 1730,<br />
Giacinto Gimma paragonerà quest’aura alla testa della Gorgona».<br />
1 Ib.: «tutti i minerali, tutti i fossili hanno tra loro una certa unione; perché o sono pietre, o<br />
dalle pietre si formano, e le terre ancora impietrire si possono, e dalle pietre sono la<br />
materia».<br />
2 G. GIMMA, Della storia naturale delle gemme, delle pietre, <strong>di</strong> tutti i minerali, ovvero della<br />
Fisica sotterranea <strong>di</strong> D. Giacinto Gimma dottore delle leggi, avvocato straor<strong>di</strong>nario della<br />
città <strong>di</strong> Napoli, Promotor-Generale della Scientifica Società Rossanese degl’incuriosi […]<br />
<strong>di</strong>visa in libri VI o Tomi II […], in Napoli, Gennario Muxio, erede <strong>di</strong> Michele –Luigi, 1730,<br />
t. I, s. p.; J. J.BECHER, Spirensis med. d. sacrae caesar. maiestatis consiliarius, nec non<br />
serenissimi Bavariae Electoris aulae me<strong>di</strong>cus. Actorum laboratorii chymici monacensis,<br />
seu Phisicae <strong>su</strong>bterraneae, 2 voll., Francofurti, 1649; cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., pp.<br />
189-206.<br />
3 Fulgenzio Pascali Censore della Società degl’Incuriosi <strong>di</strong> Rossano, Accademico Arcade,<br />
detto Orgelio, Spione, Agitato, et Me<strong>di</strong>co Primario della Città <strong>di</strong> Barletta, in G. GIMMA,<br />
Fisica sotterranea…, cit., t. I, s. p. Sulla verità che, come <strong>di</strong>ce Seneca, «in alto latet» e <strong>su</strong>lla<br />
<strong>di</strong>fficoltà, ma non impossibilità, <strong>di</strong> raggiungerla Pascali insiste: «siamo nati per la verità»<br />
che è «il Sole della nostra anima, e l’anima de’ nostri stu<strong>di</strong> all’avisar del P. Lamy ; ma<br />
purtroppo scarsi, e fievoli sono i mezzi, che adopra l’umano ingegno per rintracciarla. La<br />
213
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Baconiano giu<strong>di</strong>ca anche procedere per gra<strong>di</strong> nella ricerca della verità:<br />
«Ottimo convenevol mezzo egli è l’esaminare da cima a fondo, e con<br />
esattezza i singolari», anche se lo spirito umano è tanto poco inclinato a<br />
questo lungo e <strong>di</strong>fficoltoso processo che facilmente rimane atterrito e<br />
‘neghittoso’. L’intelletto è «tutt’ale, tutto vigor, tutto lena» quando si tratta<br />
<strong>di</strong> seguire le idee generali ed astratte, ma così facendo non si avvede che<br />
quelle nozioni generali che vengono ricavate «da’ singolari manchevomente<br />
noverati, e mal concepiti» servono solo a farci precipitare negli errori: già le<br />
esperienze da sole non sono <strong>su</strong>fficienti a garantire l’accrescimento della<br />
conoscenza, ancor meno lo sono quando «formar vogliamo ed assiomi, e<br />
sistemi <strong>di</strong>versi dopo il languido esame <strong>di</strong> pochissimi corpi» 1 . Per questo<br />
motivo nel corso <strong>di</strong> tanti secoli sono stati elaborati tanti sistemi e tutti tra<br />
loro contrari: «Siam pur anco nel desiderio <strong>di</strong> vedere almen due sistemi, che<br />
non siano fra <strong>di</strong> loro contrari» 2 . Eppure, la natura, grande maestra, è<br />
«mirabilmente uniforme nelle <strong>su</strong>e operazioni: e la verità è senzameno una,<br />
ed invisibile». Ma se la verità è una, sembra impossibile che la si possa<br />
trovare percorrendo sentieri <strong>di</strong>versi e così <strong>di</strong>stanti fra <strong>di</strong> loro 3 , occorre<br />
piuttosto che tutti i filosofi collaborino nella ricerca del vero. In un passo <strong>di</strong><br />
indubbio sapore baconiano Pascali asserisce con decisione:<br />
egli è d’uopo trovarlo [il gran tesoro del vero], non fingerlo; ubbi<strong>di</strong>re alla natura, se<br />
si pretende, ch’ella ubbi<strong>di</strong>sca, e farci da lei guidare, non già guidarla. È necessario<br />
in fine, che i nostri sistemi sian conformi alle <strong>su</strong>e regole, non già confondere le <strong>su</strong>e<br />
regole, per accomodarle a’ sistemi. La natura è maestra, noi siam <strong>di</strong>scepoli. Ella è<br />
luce, noi siamo i ciechi, ed è la fida sicura scorta, che fra’l buio della nostra<br />
ignoranza, guida i passi <strong>di</strong> nostra mente, per non traviare dal dritto sentiere. Parmi<br />
adunque, che da questa gran <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> esattamente filosofare sia veramente<br />
debolezza dell’uman spirito è grande, e l’ha <strong>di</strong>mostrato l’Uezio, e’l <strong>di</strong>mostrerà vieppiù<br />
chiaramente […] Niccolò Fragianni […] nelle <strong>su</strong>e tanto desiderate filosofiche me<strong>di</strong>tazioni»<br />
(ib.).<br />
1 Ib: «da sì fatta inclinazione adunque del nostro spirito per le generali nozioni, e dalla quasi<br />
natural svogliatezza, che serba per un compiuto rigoroso esame delle particolari sostanze,<br />
nascon poi molte altre cagioni, che han malmenato la ricerca del vero, come insegnano il<br />
Bacone, il Boile, il Cartesio, il Gassendo, il Malebranche, l’Arnaldo, il Muratori, e’l<br />
Newtone. Una tal svogliatezza d’inquirer minutamente d’intorno a’ singolari, produce la<br />
nostra detestabile faciltà <strong>di</strong> prestar ciecamente il consenso agli altrui rapporti, idolatrando<br />
l’autorità degli Scrittori, senza badare al <strong>di</strong>scernimento del vero dal falso».<br />
2 Ib.<br />
3 Ib.: «bisogna, che tutti i filosofanti concor<strong>di</strong> ed uniformi nel ricercarla, premano un sol<br />
calle, e quello appunto, che senza inciampo conduce all’acquisto del gran tesoro del vero».<br />
214
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
accaduto, che non men gli antichi, che i moderni filosofanti, ancorchè <strong>di</strong> fino<br />
elevato ingegno adorni, e per le <strong>di</strong> loro gloriose fatiche sempre immortali, abbian<br />
colle verità già poste in chiaro mescolato non sol tante e tante fallaci oppinioni, ma<br />
infinite favole ancora, che <strong>di</strong> tutta quasi la naturale storia han fatto un cattivo<br />
governo, e che per lo tratto <strong>di</strong> tanti secoli hanno incontrato quasi universale<br />
credenza 1 .<br />
Ad un programma baconiano, Pascali giu<strong>di</strong>ca ispirata l’opera <strong>di</strong> Gimma:<br />
essa è anzittutto un trattato filosofico «non già partorito dalla fantasia <strong>di</strong><br />
false immagini piena, e gonfia, ma ricavato fedelmente dal seno della<br />
natura, e lavorato a tenore <strong>di</strong> quelle leggi infallibili, che la medesima<br />
insegna»; le esperienze ripetute e le ‘ragioni fondate’ «non si <strong>di</strong>scostano<br />
dalle regole de’ meccanici movimenti». Al lettore viene offerta una<br />
compiuta, ed esatta storia naturale delle pietre e dei fossili «non essendovi<br />
corpo fossile, che sotto terra producasi, che <strong>di</strong>ffusamente, e con ammirabile<br />
<strong>di</strong>stinzione non se ne tratti in maniera affatto gradevole». Infine, essa<br />
presenta una «piena, chiara, e <strong>di</strong>stinta cognizione <strong>di</strong> quanto altri autori<br />
hanno scritto <strong>su</strong> questo veramente curioso argomento» al punto che si<br />
presenta «come una picciola Biblioteca degli scrittori, che delle cose<br />
sotterranee hanno scritto; ed una ricchissima miniera <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione sagra, e<br />
profana; scientifica, filosofica, ed istorica». Ma la vera novità <strong>di</strong> quest’opera<br />
è il <strong>di</strong>svelamento, definito meraviglioso, delle favole che hanno appestato la<br />
storia naturale dei fossili e delle pietre «e che non men dagli antichi, che da’<br />
moderni filosofanti <strong>di</strong> sommo cre<strong>di</strong>to, e riputazione sono state riferite,<br />
inventate, credute, ed ostinatamente <strong>di</strong>fese» 2 . Egli è riuscito in un’impresa<br />
<strong>di</strong>fficile: «Trascegliere, cotante favolose notizie, che qua e la giaceano; ma<br />
parimente con una critica soprafina e degna <strong>di</strong> tutta lode, l’ha date a<br />
<strong>di</strong>vedere per tali con gagliarde ragioni, e fortissimi argomenti».<br />
1 Ib: «Avendo adunque ben conosciuto, e compianto questa <strong>di</strong>savventura delle scienze<br />
naturali […] Giacinto Gimma, <strong>di</strong>essi, dopo varie profon<strong>di</strong>ssime me<strong>di</strong>tazioni dell’illuminato<br />
<strong>su</strong>o spirito, a risarcir colle <strong>su</strong>e fatiche cotanto danno».<br />
2 Ib.: «il saper <strong>di</strong>stinguere il vero dal falso è ‘l più proprio carattere del perfetto filosofo: né<br />
può mai giugnere ad una tal perfezione se non quegli, che arriva a penetrare fin fondo<br />
l’essenzial magistero <strong>di</strong> quell’obbieto, che vuol conoscere. L’esteriori apparenze spesso<br />
c’ingannano; perché talora le falsità sotto la bella <strong>di</strong>visa del vero si ascondono; e<br />
quell’affastellare in un fascio e favole e verità naturali, è un potentissimo mezo, che glo<br />
giusto <strong>di</strong>scernimento del vero mette in iscompiglio, e confonde».<br />
215
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
L’epistola <strong>di</strong> Fulgenzio Pascali quin<strong>di</strong> inserisce questa opera in un contesto<br />
scientifico <strong>di</strong> ispirazione baconiana. Non mancano, tuttavia, interessanti<br />
accenni ad una filosofia della luce che illumina la mente, che presenta echi<br />
ciceroniani oltre che baconiani.<br />
Gimma, nella Introduzione, conferma le osservazioni <strong>di</strong> Pascali <strong>su</strong>lla<br />
<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> costruire una storia naturale 1 : dopo tanti secoli, e dopo tante<br />
esperienze, siamo a malapena a conoscenza <strong>di</strong> «come una pianta veramente<br />
germogli, come un picciolo animale si generi, e come un vil minerale si<br />
produca» 2 . Le congetture si affollano e si aggiungono le une alle altre, e la<br />
scienza appare ancora «piena <strong>di</strong> favole, e <strong>di</strong> menzogna». La storia,<br />
soprattutto quella naturale, «è una delle più nobili, e più oscure parti della<br />
natural filosofia», ma ancora abbisogna <strong>di</strong> essere liberata dalle favole («per<br />
illustrarla, e dalle favole in essa introdotte liberarla» 3 ). Tra queste ultime<br />
vengono poste le teorie relative alla pluralità dei mon<strong>di</strong> e quelle animistiche:<br />
Fu un errore <strong>di</strong> alcuni antichi filosofi, non solo che fosse il mondo un’animale; ma<br />
che più mon<strong>di</strong> vi sieno; e Democrito n’assegnò infiniti; altri <strong>di</strong>ssero, che ogni stella<br />
sia un mondo; ed altre vanità aggiunsero 4 .<br />
Plutarco riferisce l’opinione <strong>di</strong> quei filosofi che ipotizzarono «infiniti<br />
mon<strong>di</strong>» e <strong>di</strong> altri ancora «che ad ogni elemento un mondo assegnarono» 5 . In<br />
mezzo a questa vera e propria selva <strong>di</strong> opinioni, Gimma sottolinea la<br />
convergenza tra Sacra Scrittura e scienza: «molti filosofi anche gentili» -<br />
primo fra tutti Platone - hanno sostenuto che il mondo creato da Dio è uno<br />
solo, proprio come uno solo è Dio 6 :<br />
fu la <strong>su</strong>a materia creata dal niente, e non fu creata ab aeterno […] e nel terzo giorno<br />
della creazione comandò, che l’acqua si ritirasse in un luogo, che appellò mare, e<br />
secca apparisse la terra; ed or<strong>di</strong>nò ancora che la terra fruttificasse, si vestisse <strong>di</strong><br />
1<br />
Id., p. 1: «Le storie naturali sembrano certamente assai chiare; poicchè trattano delle cose,<br />
che sono <strong>di</strong> materia formate, e dalla natura prodotte, le quali, come soggette a’ nostri sensi,<br />
tuttogiorno si veggono, e si toccano. Sono le stesse non<strong>di</strong>meno assai bastevoli a farci<br />
apprendere, che la debolezza dell’umano intelletto è ben grande».<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Id., p. 4.<br />
4<br />
Id., pp. 20-21.<br />
5<br />
Id., p. 21.<br />
6<br />
Id., p. 23: «È questo mondo un congiungimento <strong>di</strong> Cielo, e <strong>di</strong> Tera, e <strong>di</strong> quelle nature, che<br />
in esse si contengono […] però è detto mondo grande, o universale».<br />
216
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
erba, e si adornasse <strong>di</strong> fiori, <strong>di</strong> alberi e <strong>di</strong> piante 1 .<br />
L’abate fa iniziare la storia della terra dall’atto <strong>di</strong>vino <strong>di</strong> separazione della<br />
terra dalle acque: «cominciò in questo giorno la fertilità dei minerali» 2 , <strong>di</strong><br />
quelli che scorrono come «gli aliti, e i liquori» e <strong>di</strong> quelli che «sono fissi nel<br />
<strong>su</strong>o termine» 3 . Anche le gemme 4 vennero create al principio del mondo ed<br />
antichissimo è l’uso delle gemme e degli anelli 5 . Per primo, racconta il mito,<br />
se ne è servito Prometeo il quale, liberato da Giove, «in memoria della <strong>su</strong>a<br />
libertà, circondò il <strong>di</strong>to anulare della mano sinistra coll’anello composto dal<br />
sasso <strong>di</strong> quel monte, e dal ferro, <strong>di</strong> cui era composta la catena» 6 . Un<br />
Prometeo che Gimma trova, con altri nomi, presso tutti i popoli antichi: così<br />
Prometeo è in realtà Abele, mentre Giove è Caino 7 . Le favole contengono<br />
«qualche cosa <strong>di</strong> verità, la quale sta oscurata e coll’antichità, e colle<br />
menzogne de’ greci» 8 e <strong>di</strong> una verità che riguarda l’origine <strong>di</strong> tutte le<br />
nazioni civili.<br />
Non è possibile seguire Gimma nel labirinto, anche contorto, nel quale<br />
<strong>di</strong>ssemina una mole sterminata <strong>di</strong> notizie e <strong>di</strong> analisi in cui, una dopo l’altra,<br />
vengono spiegate favole e storia, aral<strong>di</strong>ca e pratiche sociali simbolizzate<br />
dall’uso degli anelli. Egli illustra le teorie <strong>di</strong> Aristotele e Alberto Magno,<br />
1 Ib.<br />
2 Ib.<br />
3 Id., p. 25: «gli aliti, che spiriti alle volte si appellano, sono molti, e <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa, o<br />
vapori, o secchi, o aerei, o ignei; i liquori sono il mercurio, gli oli, e le acque minerali.<br />
Negli oli il bitume liquido, e l’ambra liquida vantaggiano nelle acque le acidette, le salsette,<br />
e quelle delle stuffe. I minerali, che nel <strong>su</strong>o termine sono fissi, <strong>di</strong>re si possono fossili, ed<br />
alcuni, come i metalli, sono atti a <strong>di</strong>stendersi: altri facilmente si rompono, ed in polvere si<br />
riducono: e <strong>di</strong> questi alcuni sono metallici, come l’antimonio: altri rozzi, come i terri, cioè<br />
le pietre, i boli: e i <strong>su</strong>gosi, cioè i <strong>su</strong>ghi atti ad infiammarsi, cioè i sali; ma queste spezie, e<br />
molte altre più tosto agli alchimisti appartengono».<br />
4 Id., p. 29: «propriamente Gemma è l’occhio della vite, quando germoglia, e si vede negli<br />
articoli de’ sermenti […]. A simiglianza <strong>di</strong> questa è la gemma un nome generale <strong>di</strong><br />
qualsivoglia pietra preziosa».<br />
5 Id., p. 30: si trova nella «Sagra Scrittura […] che negli stessi principi del mondo, e<br />
spezialmente in quei tempi, in cui le arti a fiorire incominciarono, abbia avuto il principio<br />
altresì l’uso delle gemme, e degli anelli, e perciò sia stato antichisismo».<br />
6 Id., p. 31.<br />
7 Ib.: «possiamo però <strong>di</strong>re, che gli anelli da Abele cominciarono, o da’ <strong>su</strong>oi tempi; e che sia<br />
tutto favoloso l’anello <strong>di</strong> Prometeo, perché Abele non fu legato nel monte, come <strong>di</strong><br />
Prometeo favoleggiarono gli antichi».<br />
8 Ib.: «tutti però scrivono […] che non si debba dalle favore ricercar l’origine delle gemme,<br />
e degli anelli», soprattutto <strong>di</strong> fronte alle testimonianze vere della Sacra Scrittura.<br />
217
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
degli alchimisti e <strong>di</strong> Fortunio Liceto, <strong>di</strong> Gassen<strong>di</strong> e <strong>di</strong> Van Helmont 1 . E<br />
conclude, con Boyle che «i libri delle gemme, i quali per lo volgo si<br />
veggono sparsi, non sono uguali alla nobiltà delle gemme stesse, e la loro<br />
storia è così piena <strong>di</strong> favole, che gli uomini dotti hanno giustamente negate<br />
tante virtù niente probabili e talvolta impossibili» 2 .<br />
La storia delle gemme viene ricostruita sia guardando all’uso che gli uomini<br />
ne hanno fatto («secondo che delle stesse gli uomini si sono valuti o per<br />
ornamento, o per sigillo, o per segno <strong>di</strong> onore, o ad altro uso, anche nelle<br />
cose della Chiesa» 3 ), sia indagando la generazione, la vegetazione, i colori e<br />
le virtù delle gemme «le quali cose propriamente, perché sono naturali, sono<br />
ricercate dal filosofo naturale, ed è questa la prima, e la vera origine delle<br />
gemme».<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista del filosofo naturale, la pietra «è uno dei corpi misti e<br />
duri, che non si può stendere, come il metallo, né sciogliere nell’acqua,<br />
come la terra, né da se stesso <strong>di</strong>venir liquido» 4 . Essa è generata dal ‘seme<br />
petrifico’ (o ‘<strong>su</strong>go petrifico’) che ha «la virtù formatrice, simile o analoga a<br />
quella del seme maschile, nella generazione necessaria» ed è simile<br />
all’anima «vegetevole, o quel principio vitale attivo, che ri<strong>su</strong>lta dal moto<br />
intrinseco e locale, fecondante il corpicciuolo dell’uovo della femmina», che<br />
forma dalla materia dell’uovo il «corpicciuolo co’ <strong>su</strong>oi membri e parti» 5 .<br />
Le pietre, quin<strong>di</strong>, si generano allo stesso modo degli animali, <strong>di</strong> tutti gli<br />
animali, seguendo la regola «omne simile sibi simile producit». Alla<br />
generazione delle pietre concorrono, insieme al ‘<strong>su</strong>go pietrifico’, «il loto, il<br />
<strong>su</strong>go bituminoso, e salino». Questo spiega come mai anche l’acqua, in<br />
quanto ricca <strong>di</strong> particelle saline e pietrose, nonché <strong>di</strong> <strong>su</strong>go pietrifico, riesce a<br />
formare delle pietre 6 . Il ‘loto’ è formato dalla terra «e benchè possa il loto<br />
1 Id., pp. 59-60.<br />
2 Id., p. 57.<br />
3 Id., p. 59.<br />
4 Id., p. 61.<br />
5 Ib.: «si genera però la pietra a guisa <strong>di</strong> ogni animale, che dal seme dell’animale della <strong>su</strong>a<br />
spezie è generato, ed ogni pianta dal seme <strong>di</strong> altra pianta dal seme <strong>di</strong> altra pianta a lei<br />
simile».<br />
6 Ib. Alcune pagine dopo: «La sperienza ci mostra, che il <strong>su</strong>go petrifico alle volte senza loto<br />
forma le pietre: e ciò perché l’acqua è pregna dello stesso <strong>su</strong>go, e <strong>di</strong> particelle terree e<br />
petrose; mentre le stesse acque, che passano ne’ fiumi, radono dalla <strong>su</strong>perficie delle pietre,<br />
qualche pietrosa porzione, e seco la conduce; e quando risiede, in pietra la coagula: e<br />
quanto più è pura e sottile, tanto più fa pure e risplendenti le pietre, come sono le gemme, e<br />
i cristalli» (id., p. 63).<br />
218
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
indurito <strong>di</strong>venir simile alla durezza della pietra, non però farà pietra», ma<br />
piuttosto si trasforma facilmente in polvere. Il loto si coagula maggiormente<br />
con l’intervento del «<strong>su</strong>go bituminoso, che Aura bituminosa vien detta,<br />
perché tale <strong>su</strong>go è viscoso, e tenace» 1 . Gimma descrive minutamente anche<br />
l’‘aura’: «i sali o nitrosi […] o aci<strong>di</strong> […], o composti, sono valevoli a<br />
coagulare il loto; e la materia priva <strong>di</strong> ogni sale, non si ridurrà in pietra».<br />
L’aura è il sale <strong>di</strong> cui scrive Du Hamel che ha la proprietà <strong>di</strong> ‘sforzare’<br />
«tutte le soluzioni metalliche, e tutte le indurisce» 2 ; il <strong>su</strong>go petrifico è<br />
l’architetto, una specie <strong>di</strong> principio attivo, l’elemento centrale della<br />
formazione dei minerali:<br />
<strong>di</strong>cesi questo <strong>su</strong>go aura, spirito, o seme petrifico, e non è altro, che acqua pregna,<br />
così <strong>di</strong> particelle e raschiature petrose, come <strong>di</strong> sali, la cui virtù è <strong>di</strong> rosicare, e<br />
indurire. L’acqua è veicolo delle particelle pietrose, e de’ sali: e per le miniere de’<br />
metalli, delle pietre, e <strong>di</strong> altre terre passando, e per le viscere de’ monti, porta seco<br />
le particelle stesse, e le parti saline, delle quali si fa pregna 3 .<br />
L’acqua, traboccante <strong>di</strong> particelle pietrose e <strong>di</strong> sali, invade il loto coagulato<br />
dal <strong>su</strong>go bituminoso, convertendolo in pietra tanto più dura quanto maggiore<br />
sarà la quantità <strong>di</strong> <strong>su</strong>go bituminoso e <strong>di</strong> sale. Lo stesso <strong>su</strong>go bituminoso, se<br />
si ferma, si coagula imme<strong>di</strong>atamente in pietra e, se invece penetra nel legno,<br />
o in altri corpi porosi, li trasforma in pietra 4 . In questo caso, uno dei rari casi<br />
in cui ciò accade, Gimma cita <strong>Descartes</strong> 5 .<br />
1<br />
Id. p. 61: questo <strong>su</strong>go bituminoso «è quell’aura pingue, che da’ sotterranei fuochi esala, e<br />
condensa il loto a guisa della colla. Esalano speso queste aure per la forza de’ fuochi<br />
sotterranei, i quali sono da altri detti fuoco centrale».<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Ib.: in questo modo si generano le pietre, o ancora «sopra legni, o altri corpi fermandosi,<br />
senza introdursi ne’ pori, in cui non saranno atte le particelle a penetrare, come prive della<br />
sottigliezza necessaria, farà crosta o tartaro pietroso sopra gli stessi legni». In effetti, «così<br />
possono spiegarsi tante petrificazioni <strong>di</strong> animali, <strong>di</strong> piante, e <strong>di</strong> altre cose, delle quali<br />
<strong>di</strong>stintamente scriveremo […] potendo ogni corpo, che ha pori, impietrirsi, ne’ pori il <strong>su</strong>go<br />
petrifico penetrando. Se creder si dovesse alle relazioni degli scrittori, nella stessa maniera<br />
si potranno impietrire corpi intieri <strong>di</strong> animali, e <strong>di</strong> uomini; benchè non siamo troppo facili a<br />
concedere petrificazioni così stravaganti, che <strong>di</strong>versamente riferite si veggono» (id., p. 66).<br />
5<br />
Ib.: «Come <strong>di</strong>ssero l’Agricola, e ‘l Cartesio nell’Epistole, scorrendo per le pietre de’<br />
monti, conduce per le pietre de’ monti, conduce seco molti sali, valevoli a rodere non solo<br />
le parti <strong>su</strong>perficiali delle stese pietre, che ono molli dentro i monti (cioè meno dure per<br />
cagione dei quella umi<strong>di</strong>tà, <strong>di</strong> cui ivi abbondano) ma ezian<strong>di</strong>o de’ metalli; e sono i sali o<br />
volatili, atti a penetrare i corpi, e scioglierli; o fissi, atti a restringerli, unirgli, e fargli duri».<br />
219
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Proprio come il <strong>su</strong>go delle pietre viene definito pietroso, quello dei metalli<br />
si <strong>di</strong>ce metallico e ogni cosa che si produce nella terra ha il <strong>su</strong>o <strong>su</strong>go.<br />
Quanto alle pietre, il <strong>su</strong>go pietrifico è in<strong>di</strong>spensabile perché esse si formino 1<br />
e, in presenza <strong>di</strong> alcune particolari con<strong>di</strong>zioni ambientali, ed il <strong>su</strong>go<br />
pietrifico è copioso e abbondante, la generazione <strong>di</strong> pietre e gemme è<br />
ininterrotta. Questo spiega come mai vi siano delle grotte dove, pur<br />
togliendo «le gemme, e le pietre, dopo alcuni anni nuove gemme, e nuove<br />
pietre si ritruovano; perché il <strong>su</strong>go forma le nuove, e vi concorre ezian<strong>di</strong>o<br />
nuovo seme, dalle <strong>su</strong>e vene, e canali scorrendo» 2 . L’esperienza ha poi<br />
provato che in una stessa miniera si ritrova sempre il medesimo minerale:<br />
oro nella miniera dell’oro, <strong>di</strong>amante in quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>amanti, etc. e, anche nei<br />
casi in cui si trovino in una stessa miniera più metalli, si può riscontrare<br />
facilmente che ve ne è uno in quantità decisamente maggiore. Non basta<br />
allora, nella generazione dei metalli, «il semplice loto, o la semplice acqua»,<br />
che possono indurirsi, ma occorre soprattutto un seme particolare, che<br />
produce il minerale della <strong>su</strong>a propria specie e non un altro «imperocchè<br />
ciascheduno è lavorato dal <strong>su</strong>o spirito seminale, ed architetto, che la <strong>su</strong>a<br />
sostanza produce; avendo creato Dio i seminari, come principi delle cose,<br />
de’ quali ciascheduna spezie la <strong>su</strong>a forma riceve» 3 .<br />
L’ampia <strong>di</strong>scussione riservata al ‘<strong>su</strong>go pietroso’ e alle <strong>su</strong>e proprietà, mostra<br />
in Gimma una matura consapevolezza della funzione dell’ipotesi nella<br />
spiegazione dei fenomeni naturali. Una conoscenza certa si costruisce <strong>su</strong><br />
ipotesi verificabili. Ciò esclude dall’ambito dello scientifico sia ciò che non<br />
è verificabile (il ‘favoloso’, nella terminologia <strong>di</strong> Gimma), sia ciò che non è<br />
verificato più volte (e dunque ‘noverato manchevomente’ «da’ singolari, e<br />
mal concepiti»). La verifica dell’ipotesi – è questa la tesi sottintesa nella<br />
1 Id., p. 67-68: «non si fanno le pietre in ogni luogo, perché non da per tutto vi è il seme o<br />
<strong>su</strong>go petrifico; né ogni tera è <strong>di</strong>sposta a ricevere la virù <strong>di</strong> tale <strong>su</strong>go. Così nella Libia, e<br />
nell’Arabia non si generano le pietre; perché dal calor sotterraneo troppo ardente <strong>di</strong> quella<br />
regione, perde il <strong>su</strong>go la <strong>su</strong>a forza, e ‘l bitume <strong>di</strong> continuo è troppo liquido […]. Così non si<br />
fanno in ogni luogo le gemme; perché non in ogni luogo è <strong>di</strong>sposta la terra, né in ogni luogo<br />
vi è il <strong>su</strong>go petrifico proporzionato».<br />
2 Id. p. 68.<br />
3 Ib. È vero che «cessano alle volte nelle miniere le produzioni; altre volte per molti secoli<br />
continuare si veggono: e ciò avviene dalla conservazione de’ semi o spiriti minerali, e dalla<br />
crescenza, o mancamento loro. Quin<strong>di</strong> è, che tolte le pietre dalla <strong>su</strong>a miniera, altre pietre<br />
talvolta <strong>di</strong> nuovo non si generano; perché manca il <strong>su</strong>o seme architetto, colla cui forza la<br />
terra in pietra si converte» (id., p. 69).<br />
220
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Fisica sotterranea – può avvenire in un altro modo: la congettura deve<br />
presentarsi come ‘ragione fondata’, ossia essere capace <strong>di</strong> spiegare<br />
coerentemente fenomeni che non è possibile osservare per i limiti<br />
connaturati all’uomo e alla strumentazione <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone. La congettura dei<br />
‘<strong>su</strong>ghi’ è una <strong>di</strong> queste ipotesi che permette a Gimma <strong>di</strong> spiegare<br />
‘razionalmente’ le questioni relative ai fossili, alla formazione dei monti,<br />
alle loro mo<strong>di</strong>ficazioni e a tutti quei fenomeni che Gimma – ma non solo lui<br />
– accorpa sotto il titolo ‘generazione’.<br />
La congettura dei ‘<strong>su</strong>ghi’ gli sembrava spiegare, ad esempio, la<br />
stratificazione dei monti. Era il concorrere dei <strong>su</strong>ghi in uno stesso luogo, che<br />
spiegava perché i monti apparissero <strong>di</strong>sposti <strong>su</strong> strati <strong>di</strong> materia <strong>di</strong>versa,<br />
come se fossero «fatti in più volte, perché vari sono gli strati della materia<br />
che gli compongono» 1 . La <strong>su</strong>a congettura relativa al <strong>su</strong>go pietrifico e alla<br />
azione contemporanea <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>su</strong>ghi pietrifici, era una risposta alla<br />
congettura <strong>di</strong> Vallisneri. Quest’ultimo spiegava gli strati ipotizzando <strong>di</strong>verse<br />
inondazioni che avevano determinato le <strong>su</strong>ccessive stratificazioni 2 :<br />
alcuni strati si sollevano sopra il piano della terra, come una crosta sopra l’altra,<br />
ognuna sembrando lasciata in forma <strong>di</strong> posatura da varie inondazioni; e questi<br />
alcuni sono <strong>di</strong> pura terra, altri <strong>di</strong> sabbia, e <strong>di</strong> piccioli sassolini, altri <strong>di</strong> densa argilla,<br />
o <strong>di</strong> creta; altri <strong>di</strong> un misto <strong>di</strong> arene, e <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong> grandezza e <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa:<br />
altri <strong>di</strong> sola pietra, o <strong>di</strong> tufo, o <strong>di</strong> marmo, o <strong>di</strong> gesso, o <strong>di</strong> calce, o <strong>di</strong> tartaro, o <strong>di</strong><br />
varie vene, e materie metalliche, e minerali: altri <strong>di</strong> sole arene, e <strong>di</strong> spoglie <strong>di</strong><br />
animali insetti, <strong>di</strong> chiocciole, <strong>di</strong> piante, <strong>di</strong> pesci marini: altri <strong>di</strong> pietra scissile, atta a<br />
<strong>di</strong>vidersi in lastre: altri cavernosi, altri soli; come si possono veder le figure nel<br />
1 Id., p. 69: «in uno stesso monte varie produzioni si formano: e come in se stesse <strong>di</strong>viso in<br />
più parti, varie materie, e corpi minerali contenere in ciascheduna <strong>di</strong> esse, senza veruna<br />
comunicazione tra loro».<br />
2 Scrive M. L. Soppelsa, nella Introduzione a J. RICCATI – A. VALLISNERI, Carteggio<br />
(1719-1729)…, cit., p. 14: «una <strong>di</strong>alettica continuità interna si <strong>di</strong>spiega coerentemente dalla<br />
ricerca della vera origine delle fonti perenni alla spiegazione degli impietramenti montani,<br />
dai fossili al <strong>di</strong>luvio, dalle con<strong>di</strong>zioni climatiche, etologiche, antropologiche pre<strong>di</strong>luviane a<br />
quelle post<strong>di</strong>luviane, dal <strong>di</strong>luvio universale o particolare alla teoria <strong>di</strong> varie inondazioni, dal<br />
racconto noetico al problema degli insetti, dall’origine degli insetti alla confutazione della<br />
generazione spontanea e alla riproposizione del problema della generazione dell’uomo e<br />
degli animali». Anche Gimma si muove all’interno <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>battito, e se le posizioni e le<br />
soluzioni da lui proposte sono spesso <strong>di</strong>stanti da quelle <strong>di</strong> Vallisneri (si pensi alla somma<br />
prudenza con cui Gimma accenna, in ogni occasione, al problema del <strong>di</strong>luvio), i problemi<br />
posti ne fanno un interlocutore se non privilegiato comunque presente.<br />
221
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Problema delle Fontane del Valsinieri [sic!] 1 .<br />
Alcuni strati, poi, sono concavi e servono per ricettacoli delle acque e poi<br />
fuoriescono dal monte formando i fiumi e le fonti 2 .<br />
1 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 69. Cfr. A. VALLISNERI, Opere fisicome<strong>di</strong>che<br />
stampate e manoscritte […], corredate d’una prefazione in genere sopra tutte, e<br />
d’una in particolare sopra il Vocabolario della Storia Natura.e, ded<strong>di</strong>cate agli Illustriss. ed<br />
Eccell. Signori Riformatori della stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Padova, 3 tt., in Venezia, appresso Sebastiano<br />
Coletti, 1733, p. 14: «paiono i monti, a chi ben bene coll’occhio li mira e colla mente li<br />
pondera, quasi tutti fatti in più volte, tanto varia è la materia che li compone, essendo <strong>di</strong><br />
molti strati, l’uno sovra l’altro composti. Riescono simili a que’ luoghi dove sono state valli<br />
o cavità, che allagati in <strong>di</strong>versi tempi e molte volte da’ fiumi che traboccano, vengono ad<br />
esser riempiti e formati come <strong>di</strong> tanti tavolati e bellette <strong>di</strong>verse, quante sono state le<br />
inondazioni; il che manifestamente si vede nel far cavare nuovamente a perpen<strong>di</strong>colo in<br />
qualche sito de’ medesimi. In maniera non punto <strong>di</strong>ssimigliante appariscono formati i<br />
monti, cioè <strong>di</strong> strati, o <strong>di</strong> tavolati, ma sollevantisi sovra il piano della terra, come una crosta<br />
sovra l’altra, ognuna delle quali sia stata lasciata in forma <strong>di</strong> posatura da varie inondazioni,<br />
in tempi a noi ignoti seguite, eccettuata quella dell’universale <strong>di</strong>luvio. Queste posature sono<br />
alcune <strong>di</strong> pura terra […] alcune <strong>di</strong> sabbia e <strong>di</strong> piccoli ciottoletti o sassolini che paiono<br />
essere stati rotolati qualche volta pe’ fiumi, essendo tutti smussati e ritondati; altre <strong>di</strong> densa<br />
argilla o creta […]; altre d’un misto d’arene e <strong>di</strong> pietre […]; altre <strong>di</strong> sola pietra o <strong>di</strong> tufo o <strong>di</strong><br />
marmo o <strong>di</strong> geso o <strong>di</strong> calcio o <strong>di</strong> tartaro o <strong>di</strong> varie vene e materie metalliche e minerali; altre<br />
<strong>di</strong> sole arene e spoglie d’animali, insetti, chiocciole, piante e pesci marini; altre <strong>di</strong> una certa<br />
pietra, detta scissile, perché in varie lastre o lamine facilmente si <strong>di</strong>vide, infra le quali si<br />
trovano imprigionati, e a guisa <strong>di</strong> mummie inari<strong>di</strong>ti e conservati pesci veri <strong>di</strong> mare e<br />
d’acqua dolce, granchi e gamberi marini, ricci, […]; altre ne contengono d’una sorta sola,<br />
altre <strong>di</strong> due o tre, altre varie, altre tutte, altre pura e schietta rena <strong>di</strong> mare. Ma qui non<br />
termina questa strana <strong>di</strong>versità degli strati […] e ciò ch’è degno d’osservazione, si vede che<br />
molti <strong>di</strong> questi marmi ora durissimi, e quasi invincibili, furono un giorno come pasta<br />
tenerissima, o un corpo fluido, perché dentro <strong>di</strong> loro si trovano rinchiusi, e come impaniati<br />
e incarcerati animai da acqua e da terra, o erbe e piante».<br />
2 Sull’interesse <strong>di</strong> Gimma per il problema della formazione dei fiumi cfr. G. GIMMA, Sylva<br />
I…, pp. 6-8 dove, sotto il titolo Fluminum origo, viene riportata la recensione <strong>di</strong> J. Wallis a<br />
Isaacus Vossius de Nili et aliorum fluminum origine, in Acta philosophica…, cit., mensis<br />
septemb. 1666, pp. 241-243. Questa recensione è inserita in una Relatio Diversorum<br />
librorum nuper e<strong>di</strong>torum <strong>di</strong> cui è autore Wallis (cfr. id., pp. 238-246), <strong>di</strong> cui Gimma salta<br />
tutte le pagine in cui Wallis critica l’opera <strong>di</strong> Isaac Voss. Sulla presenza <strong>di</strong> questo tema cfr<br />
anche Isaacus Vossius de Nili et aliorum fluminum origine, in 4, Hagae comitis, in Il<br />
Giornale de Letterati per tutto l’Anno 1674, in Roma, per Nicolò Angelo Tinassi, 1674, pp.<br />
25-28: «Nel XII Giornale dell’anno 1671, si riferì un Discorso […] intorno alla cagione<br />
dell’inondatione del Nilo: e in questo libro d’Isaaco Vossio si descrive non solo<br />
l’inondatione, ma l’origine <strong>di</strong> esso, e degli altri fiumi ancora. 1. Dice che que’ canali<br />
sotterranei, per cui <strong>di</strong>versi filosofi pretendono che il mare si scarichi ne’ fiumi, sono non<br />
solo imaginarri ma inutili, essedno impossibile che l’acqua salga da luoghi sotterranei sopra<br />
le motagne dove sono or<strong>di</strong>nariamente le sorgenti de’ fiumi. 2. Spiega perche se si mette un<br />
cannello in un bacile pieno d’acqua, questa si vede stare più alta nel cannello che nel bacile,<br />
e che sale più a proportione che il cannello è stretto: all’incontro se si mette il medesimo<br />
cannello in un vaso pieno d’argento vivo, l’argento vivo resta più basso nel cannello, che<br />
222
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Debbo, tuttavia, precisare, che il <strong>su</strong>go pietrifico <strong>di</strong> cui parla Gimma non è un<br />
principio vitale insito nella materia, una forza plastica, ma è molto vicino<br />
agli elementi chimici <strong>di</strong> Paracelso e Boyle. Un principio inerente alle<br />
macchine dei corpi e dei vegetali, in tutto simile al seme <strong>di</strong> animali e piante,<br />
con la medesima funzione riproduttiva.<br />
Egli, in tal modo, attacca il principio <strong>di</strong> una fissità della natura (e riconosce<br />
che anche Vallisneri lo fa) contro le congetture aristoteliche tra<strong>di</strong>zionali<br />
sostenute dal padre Riccioli:<br />
i monti col principio del mondo vi sono stati, e molti ad una smi<strong>su</strong>rata altezza si<br />
sono colla cima sollevati anche sopra le nuvole […]. Aristotele riferisce, che nella<br />
cima del monte Olimpo dell’Asia, furono ritrovati i Caratteri segnati da molti anni<br />
nella polvere: perché ivi i venti, le pioggie, e le nevi non si fanno 1 .<br />
nel Cile<br />
è la famosa Cor<strong>di</strong>gliera, che Serra si <strong>di</strong>ce […] saranno in tutto poco meno <strong>di</strong><br />
settemila e cinquecento miglia, costeggiando sempre la terra. È così grande<br />
l’altezza, che tre, e quattro giorni si spendono nel salire alla cima più alta […] e<br />
ritrovandosi alcuno in quell’altezza de’ monti, pare, che calpesti le nuvole 2 .<br />
L’esistenza e le <strong>di</strong>mensioni dei monti, attestate fin dall’antichità, sono un<br />
argomento, che Gimma registra contro l’opinione che essi siano stati<br />
originati dal Diluvio («Fallopio nega con Aristotile, che sian fatti dal<br />
Diluvio»): originati «a caso dall’acqua» come aveva sostenuto l’Agricola 3 .<br />
nel vaso. La ragione che ne rendo, è, che l’acqua attaccandosi facilmente a tutto quel che<br />
tocca, vien sostenuta da’ lati del cannello dove è chiusa: e in effetto se il cannello affatto si<br />
ritira fuor dell’acqua, ella non cade tutta, ma tanta ve ne resta quanta i lati del cannello ne<br />
possono sostenere. Perciò l’acqua sostenuta da’ detti lati non pesando più sopra quella che<br />
stà nel bacile, è spinta in <strong>su</strong> e si mantiene alzata sopra il <strong>su</strong>o livello: Mà l’argento-vivo non<br />
attaccandosi così facilmente come l’acqua alle cose che tocca, non si sostiene da’ lati del<br />
cannello: e così non sale sopra il <strong>su</strong>o livello, ma più tosto cala a basso, perché il cannello<br />
stretto impe<strong>di</strong>sce la forza che fa l’argento-vivo per salir al <strong>su</strong>o livello. Aggiunge che<br />
quest’osservazione non fa niente per la spiegatione dell’origine de’ fiumi, perhce se bene è<br />
vero che l’acqua sale in questo modo sopra il <strong>su</strong>o livello, non esce però mai fuori do sopra<br />
al cannello. Risponde poi alle ragioni che or<strong>di</strong>nariamente si allegano per mantenere<br />
quest’opinione».<br />
1 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 70.<br />
2 Ib. Cfr. <strong>su</strong>lle relazioni dal Regno del Cile G. GIMMA, Sylva V…, pp. 1-43.<br />
3 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 70.<br />
223
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Solo ipotizzando che la generazione/trasformazione delle pietre sia<br />
determinata da <strong>di</strong>fferenti ‘<strong>su</strong>ghi’ si può spiegare la stratificazione e le<br />
<strong>di</strong>fferenziazioni osservabili nei monti:<br />
se, dunque, uguali fossero i <strong>su</strong>ghi, e tutti <strong>di</strong> una stessa materia, e <strong>di</strong> una stessa<br />
forza, una materia consimile ancora comporrebbero: ma perché sono <strong>di</strong>verse, vari<br />
minerali vengono anche a formare; onde varie miniere <strong>di</strong> pietre, <strong>di</strong> qualità, e <strong>di</strong><br />
grandezza formano, secondo la qualità, e la quantità loro. Così i <strong>su</strong>ghi pietrosi<br />
forman pietre, i metallici formano metalli, o le pietre loro metalliche, e nella stessa<br />
gisa formano vari minerali; perlocchè sono i <strong>su</strong>ghi, come semi <strong>di</strong> quelle materie,<br />
che vengono a formare; e perché non sono in ogni luogo i <strong>su</strong>ghi <strong>di</strong> una materia,<br />
come <strong>di</strong> pietra o <strong>di</strong> metallo; però non si veggono in ogni luogo le pietre, o i<br />
metalli 1 .<br />
Questo «<strong>su</strong>go, o spirito petrifico ha non solo il potere <strong>di</strong> causare, ma anche<br />
quello <strong>di</strong> conservare fissare, fermare e <strong>di</strong>struggere la vegetazione. Esso,<br />
infatti, può privare i corpi <strong>di</strong> quel calore interno, <strong>di</strong> quel moto «che faceagli<br />
vegetare, e crescere, e conservare nel loro essere e natura, convertendogli in<br />
pietra». Questo vale anche per gli animali i quali smettono <strong>di</strong> vegetare,<br />
muoversi e vivere, perché lo spirito petrifico, «toccando appena le viscere<br />
loro, colle quali le funzioni animali, e vegetevoli si fanno; anzi <strong>di</strong>sturbando,<br />
ed occupando gli organi necessari, otturando i pori, e fermando il sangue, e i<br />
liqui<strong>di</strong>, quel che tocca, in pietra converte» 2 .<br />
Anche <strong>su</strong>lla questione della generazione, interagiscono in Gimma dottrine<br />
aristoteliche (per quella parte <strong>di</strong> scientifico che vi è in esse) e dottrine<br />
corpuscolari: il movimento dalla potenza all’atto, dalla materia alla forma<br />
con l’attività del movimento dei corpuscoli <strong>di</strong> cui è costituita tutta la<br />
materia, uomini, piante, minerali. A tutti i corpi, egli scrive appartiene un<br />
movimento naturale: essi «dalla prima loro nascita si nutriscono, e si<br />
accrescono: ed acquistata una dovuta grandezza, nel loro proprio vigore si<br />
conservano» 3 . Questo movimento e questa conservazione comune a tutti i<br />
corpi egli definisce ‘vegetazione’: alcuni moderni hanno «cominciato a<br />
stabilire la vegetazione nelle pietre, ed anche ne’ metalli, non <strong>di</strong>ssimile da<br />
quelle delle piante, ed altresì degli animali» 4 . Giorgio Baglivi, soprattutto,<br />
1 Id., p. 71.<br />
2 Id., p. 78.<br />
3 Id., p. 72.<br />
4 Id., p. 73.<br />
224
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
ha esplorato questo il regno minerale e ha provato, <strong>su</strong>o malgrado, che esiste<br />
una vegetazione delle pietre: è stato costretto, dunque, «a crederla [la<br />
generazione], perché le pietre, che veggiamo <strong>di</strong> sostanza più dura, potevano<br />
vegetare, e crescere, quando ancora erano nella loro matrice, come loro<br />
utero; ma non dopo che sono recise» 1 .<br />
Baglivi ha dovuto ammettere la generazione dei minerali. Egli ha esteso a<br />
tutta la natura la <strong>su</strong>a teoria me<strong>di</strong>ca secondo la quale la generazione e la<br />
conservazione <strong>di</strong> tutte le cose consiste in un moto proporzionato, mentre la<br />
corruzione <strong>di</strong>penderebbe dalla cessazione <strong>di</strong> questo moto 2 . E se nel corpo è<br />
il sangue il motore del movimento, nella natura questa funzione viene<br />
assolta dal mare che ha un moto perpetuo «e così molte generazioni e<br />
corruzioni» si fanno 3 . Le pietre e le gemme, così, ri<strong>su</strong>ltano essere un<br />
composto, o un misto, <strong>di</strong> acqua, terra e <strong>di</strong> sale, che fissa la mistione <strong>di</strong> acqua<br />
e terra e la indurisce sino a renderla pietra:<br />
Che la pietra generata debba necessariamente crescere, e vegetare quando sta nelle<br />
<strong>su</strong>e ra<strong>di</strong>ci, e nella <strong>su</strong>a matrice; perché essendo prima tenera, e molle; ed essendo la<br />
circolazione dell’acqua continua per li luoghi sotterranei, ne segua, che possano le<br />
pietre crescere, e vegetare a guisa delle piante, perché i pori delle pietre danno<br />
facile corso alle acque. Che si faccia la nutrizione per iuxta positionem della<br />
particola nutritiva; perché negli animali, e nelle piante iuxta ponitur l’alimento per<br />
li propri canali; ma nelle pietre per li pori a ‘i pori; essendo quelle porose. Che<br />
abbiano un determinato alimento, ed un’accrescimento datogli dalle leggi della<br />
natura; così altre cose adduce, che appartengono alla generazione delle pietre 4 .<br />
1 Id., p. 74 e nella stessa p.: Baglivi non fa menzione «dell’anima, della vita, del sesso, e <strong>di</strong><br />
altre cose, che alla vegetazione si assegnano, e a quella si accompagnano». Cfr. G. GIMMA,<br />
Sylva III…, cit., pp. 227-241, in particolare a p. 227, dove Gimma riporta l’opinione <strong>di</strong><br />
Baglivi che «<strong>di</strong>ce, che observatione, et experientia lapicidarum ad<strong>di</strong>scere potui; satis<br />
<strong>su</strong>perque me movent, ut credam lapides in <strong>su</strong>is matricibus nutriri, crescere, ac vegetare».<br />
2 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 74. Cfr G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 233:<br />
«Sicuti rerum creatarum omnium generatio, ac conservatio in peculiari quodam motu<br />
omnibus corporibus debito secundum uniuscuiusque <strong>di</strong>versam naturam consistit, et<br />
corruptio in ipsiusmet motus cessatione, qua de causa corpus necessario mutari debet,<br />
as<strong>su</strong>mendo aliquam formam speciem, atque naturam; ita etiam Lapidum generationem, ac<br />
vegetationem necesse est pendere a communi quadam causa, quae et fluminibus originem,<br />
et lapi<strong>di</strong>bus vegetationem praebet, quaeque in continuo motu, et circulatione existens<br />
admiranda parit in <strong>su</strong>bterraneis phaenomena».<br />
3 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 74. Cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., pp. 236-<br />
237.<br />
4 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, pp. 74-75.<br />
225
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Per Baglivi la generazione e la conservazione <strong>di</strong> tutte le cose create sono<br />
dovute ai peculiari moti <strong>di</strong> animali, piante e minerali. La corruzione si ha<br />
quando cessa il moto, «onde bisogna, che il corpo prenda altra forma,<br />
spezie, e natura» 1 . Il moto del mare è causa della generazione dei liqui<strong>di</strong>, dei<br />
sali e degli zolfi, delle terre, delle acque e degli spiriti «poicchè col calor del<br />
sole si fanno varie fermentazioni nella terra, nell’aria, e varie generazioni, e<br />
corruzioni. Così ancora ne’ sotterranei luoghi colla forza del calor centrale,<br />
il che <strong>di</strong>mostrano il Burneto, e Francesco Patrizi» 2 .<br />
L’ingegnosa ipotesi <strong>di</strong> Baglivi, osserva Gimma, si basa <strong>su</strong> una similitu<strong>di</strong>ne<br />
della circolazione delle acque del mare con quella del sangue, assolutamente<br />
non provata. Giacché egli non <strong>di</strong>mostra che pietre e vegetali <strong>di</strong>spongano <strong>di</strong><br />
organi uguali a quelli dell’uomo: «l’acqua [del mare] passa per li pori della<br />
pietre; ma non avrà il <strong>su</strong>o moto circolare in una stessa pietra, o miniera,<br />
come ha il sangue in ciascheduno animale, terminando, e continuando il <strong>su</strong>o<br />
moto, donde ha cominciato a muoversi» 3 ; l’acqua del mare circola<br />
attraverso tutte le miniere allo stesso modo, mentre il moto del sangue «è<br />
particolare a ciascheduno animale […] perché è proprio dell’animale stesso;<br />
ne gli viene da fuori, o da luogo straniero». Baglivi non può dunque<br />
«avverare la circolazione delle acque del mare nella pietra, atta a farla<br />
crescere, come negli animali la circolazione del sangue, e nelle piante la<br />
circolazione dell’umore si avvera». La circolazione delle acque marine<br />
dunque non sarà la vera causa della generazione delle pietre. Lo scorrere<br />
dell’acqua il <strong>su</strong>o infiltrarsi nei pori delle pietre, il <strong>su</strong>o stagnare nella miniera<br />
«potrà condur seco altro corpo fluido, ed aggiugnerlo alla pietra; e sempre<br />
1 Id., p. 85. Cfr. G. GIMMA, Sylva III…, cit., p. 233: «Sicuti rerum creatarum omnium<br />
generatio, ac conservatio in peculiari quodam motu omnibus corporibus debito secundum<br />
uniuscuiusque <strong>di</strong>versam naturam consistit, et corruptio in ipsiusmet motus cessatione, qua<br />
de causa corpus necessario mutari debet, as<strong>su</strong>mendo aliquam formam speciem, atque<br />
naturam; ita etiam Lapidum generationem, ac vegetationem necesse est pendere a communi<br />
quadam causa, quae et fluminibus originem, et lapi<strong>di</strong>bus vegetationem praebet, quaeque in<br />
continuo motu, et circulatione existens admiranda parit in <strong>su</strong>bterraneis phaenomena. Hanc<br />
autem esse mare si <strong>di</strong>xero, forsan non multum a veritate <strong>di</strong>scessero».<br />
2 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 85. E ancora: «da questi sentimenti, i quali<br />
più <strong>di</strong>ffusamente spiega il Baglivo, egli cava, che le acque del mare perpetuamente<br />
scorrono, e per la terra circolando, sono cagione <strong>di</strong> varie produzioni; e però crescano le<br />
pietre, che prima sono molli, e vegetano come le piante, e gli animali, per essere i pori delle<br />
pietre atti a concedere il corso dell’acque».<br />
3 Id., p. 86.<br />
226
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
farà quel crescere impropriamente detto, cioè per ad<strong>di</strong>tionem partis ad<br />
partem» 1 .<br />
Dal primo errore, derivano in Baglivi numerosi altri. Gimma li esamina in<br />
dettaglio e le critica per ciò che pre<strong>su</strong>ppongono: una considerazione della<br />
natura dove non vengono evidenziate le <strong>di</strong>fferenze nella generazione e<br />
conservazione tra animali, piante e minerali: non una analogia ma una<br />
uguaglianza <strong>di</strong> leggi governa una natura vista come un continuum. Le pietre<br />
non sono, dunque, piante e non sono neanche simili alle piante o agli<br />
animali, contrariamente a quanto ritiene Baglivi 2 . La <strong>di</strong>fferenza da Baglivi è<br />
nella modalità della generazione. Per l’abate la generazione delle pietre non<br />
avviene «per ad<strong>di</strong>tionem partis ad partem» né esse si alimentano «per intus<strong>su</strong>sceptionem<br />
delle parti nutritive» 3 . Le pietre non sono della stessa natura<br />
delle piante e degli animali. Vi è una analogia che non implica identità: le<br />
pietre assomigliano «al <strong>su</strong>o modo […] alle piante, ed agli animali; non che<br />
della natura degli animali, e delle piante quelle sieno» 4 .<br />
Insomma, le analisi <strong>di</strong> Baglivi non sono con<strong>di</strong>visibili, esattamente come non<br />
sono con<strong>di</strong>visibile le osservazioni <strong>su</strong>lla vegetazione delle pietre che hanno<br />
condotto Tournefort e Fontenelle «secondo che ce ne ha data notizia il<br />
virtuosissimo Valsinieri [sic!]» 5 .<br />
Gimma passa all’esame delle congetture <strong>di</strong> Tournefort e <strong>di</strong> Fontenelle. Del<br />
primo osserva che la <strong>su</strong>a teoria, <strong>su</strong>ffragata dall’osservazione <strong>su</strong>lle pietre<br />
frantumate, secondo la quale le pietre si nutrono <strong>di</strong> «un <strong>su</strong>go, che viene dal<br />
<strong>di</strong> dentro, come le piante, e gli animali», implica l’equiparazione del <strong>su</strong>go ad<br />
un seme che le pietre posseggono 6 : «tutte le configurazioni <strong>di</strong> un corpo,<br />
1 Id., p. 87.<br />
2 Id., p. 79: «afferma lo stesso dotto Baglivo, che le pietre sieno alle piante, ed agli animali<br />
in tutto simili; e però nella stessa guisa si nutriscano, vegetino, e crescano, ciascheduna<br />
nella <strong>su</strong>a miniera: cioè gli animali, e le piante per iuxta positionem della particella nutritiva<br />
alla parte da nutrirsi per mezo de’ propri canali, ed organi: le pietre per poros ad poros».<br />
3 Id., p. 75.<br />
4 Ib.: «abbiamo invero una somma ripugnanza incontrato nel vederci costretti ad opporci in<br />
parte al sentimento degli antichi, e quasi in tutto quelche cercano stabilire alcuni moderni; e<br />
molto più a contrad<strong>di</strong>re all’ingegnosissimo Giorgio Baglivo. Ma perché più amica è la<br />
verità, che altra cosa, non potendo abbracciare l’altrui sentenza: e bisognando esaminare la<br />
vegetazione <strong>su</strong>pposta, e <strong>di</strong>mostrata nelle pietre, cre<strong>di</strong>amo non esser <strong>di</strong>sconvenevole<br />
proporre le nostre <strong>di</strong>fficoltà agli Eru<strong>di</strong>ti» (id., pp. 75-76).<br />
5 Id., p. 93.<br />
6 Id., p. 94: «costantemente <strong>di</strong> una stessa specie, come le volute, le stellarie, e simili, le<br />
quali invariabili figura fanno conoscere esservi le loro specie, come vi sono le specie degli<br />
227
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
tanto esteriori, quanto interiori, determinate in una specie, provano una<br />
organizzazione» che <strong>di</strong>pende dalla semenza: «egli è necessario […] che tutte<br />
dalla medesima nascano; essendo tale il genio della natura. Le rupi, o gli<br />
scogli, che non paiono, che masse informi, seguiranno la medesima legge, <strong>di</strong><br />
quelle pietre curiose, che hanno molto più l’aria <strong>di</strong> corpo organizzato». Del<br />
secondo che ha ampliato e legittimato il <strong>di</strong>scorso avviato da Tournefort,<br />
avanzando l’ipotesi della uniformità della natura nelle <strong>su</strong>e regole generali, e<br />
della <strong>su</strong>a <strong>di</strong>versità nelle applicazioni particolari 1 : tutti gli animali nascono<br />
dall’uovo, e tutte le piante dai semi, tutti i minerali nascono dai semi («non<br />
vi restava più altro, che <strong>di</strong> comprendere anche i fossili», è il commento <strong>di</strong><br />
Gimma).<br />
Gimma riconduce gli errori <strong>di</strong> Tournefort ad osservazioni in<strong>su</strong>fficienti e non<br />
accurate: «bisognava rompere quella materia; vedere, se <strong>di</strong> dentro era<br />
venuta, o pure se era solamente attaccata nella parte esteriore; come più<br />
facilmente poteva quella poca materia cresciuta formarsi, in quelle cavità<br />
posandosi, e dalle acque prodursi»; non «filosofare a capriccio, e formare un<br />
ente <strong>di</strong> ragione» 2 ; verificare la reale capacità dei microscopi e non sostenere<br />
l’impossibilità che tali strumenti potessero vedere l’esistenza <strong>di</strong> organi<br />
riproduttivi in pietre e vegetali. Se tali organi sono stati osservati nelle<br />
piante e negli animali è perché lì vi sono: anche il più perfetto e potente<br />
microscopio non può scoprire il seme delle pietre che «<strong>di</strong>cesi <strong>su</strong>go<br />
pietroso» 3 . Quanto all’affermazione <strong>di</strong> Fontenelle, Gimma con<strong>di</strong>vide le<br />
affermazioni riguardanti «l’uniformità della natura nelle regole generali, e la<br />
<strong>di</strong>versità nelle cose particolari», ma questa universalità, secondo l’abate, si<br />
<strong>di</strong>fferenzia secondo i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> complessità dei corpi, dato che «i vegetevoli e<br />
i sensibili, che hanno i gra<strong>di</strong> de’ viventi, hanno ancora la loro vegetazione,<br />
la nutrizione, la vita; hanno i loro veri semi, col cui mezo si propagano, che<br />
<strong>di</strong>r possiamo perfetti a riguardo de’ corpi insensibili, i quali, benchè sieno<br />
perfetti nel loro genere, sono però imperfetti a riguardo de’ sensibili; non<br />
avendo i veri semi, gli organi, e le altre perfezioni, che agli stessi sensibili, e<br />
animali».<br />
1 Ib.: Fontenelle «giu<strong>di</strong>ca essere nella via della verità quelli, che co’ i medesimi principi<br />
fanno comparire <strong>di</strong>fferenti combinazioni».<br />
2 Id., p. 97.<br />
3 Id., p. 99.<br />
228
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
vegetevoli sono necessarie» 1 . Pietre, fossili e metalli, che appartengono al<br />
regno inanimato non possono nascere dall’uovo, perché non sono né<br />
‘vegetevoli’ nè sensibili 2 . In questo modo viene infatti preservata<br />
l’uniformità della natura e così come viventi e ‘sensibili’ hanno bisogno dei<br />
loro semi, «che sono come uova», i fossili hanno i loro semi nel loro <strong>su</strong>go<br />
«atti a produrre i corpi a se simili in quei luoghi, ove trapelano, o pur dove<br />
si fermano; e così possono perpetuare le loro spezie, e mostrare una<br />
maniera, o similitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> vegetazione, non rigorosa come ne’ viventi, ma<br />
per ad<strong>di</strong>tionem partis ad partem» 3 .<br />
La composizione dei monti, «che si vede fatta da strati sopra strati»,<br />
<strong>di</strong>mostra inequivocabilmente – è questa la conclusione <strong>di</strong> Gimma - la falsità<br />
della vegetazione: se si <strong>su</strong>ppone nelle pietre la vegetazione, allora, tale<br />
vegetazione comporterebbe la crescita <strong>di</strong> un solo strato <strong>di</strong> pietra che in tal<br />
modo formerebbe tutto il monte <strong>di</strong> una unica e non composta materia. Gli<br />
strati <strong>di</strong>versi mostrano invece con evidenza che le montagne crescono grazie<br />
all’aggiunta <strong>di</strong> materia nuova e <strong>di</strong>versa, aggiunta che avviene grazie ai venti,<br />
o alle inondazioni, o per altre ragioni ancora, «e questo non è altro che<br />
crescere per ad<strong>di</strong>tionem partis ad partem» 4 .<br />
Le pietre, i metalli e i fossili non hanno anima, né vegetano; e i fossili non<br />
vanno confusi con i minerali: «presa la voce minerale nel <strong>su</strong>o ampio<br />
significato, s’intendono minerali tutti quei corpi naturali misti, che si<br />
generano nella terra, e nelle miniere, i quali non si contengono sotto i<br />
vegetevoli, e gli animali». Più precisamente «la voce Minerale, significa<br />
tutte quelle cose, che partecipano de’ metalli, ma non sono perfettamente<br />
metalli», al punto che sono anche definiti ‘mezzi metalli’ o ‘metalli<br />
secondari’ 5 .<br />
1 Ib.<br />
2 Ib. Malgrado ciò, pur non avendo l’uovo «hanno non<strong>di</strong>meno il lor seme valevole a<br />
propagarle, che nell’or<strong>di</strong>ne loro è perfetto; ma imperfetto a riguardo degli altri or<strong>di</strong>ni;<br />
bastano però loro quel seme, secondo che gli fu dalla Natura, o più tosto dall’Autor della<br />
Natura stabilito» (ib.).<br />
3 Ib.: «Così ancora sotto le generazioni, che fa la natura dal seme, non solo gli animali, e le<br />
piante vengono apertamente compresi; ma i fossili altresì nel lor modo; e così il piano della<br />
natura è <strong>di</strong>venuto più generale, qualche cosa variando, secondo i vari or<strong>di</strong>ni de’ misti».<br />
4 Ib.<br />
5 Id., p. 295. «Dividono alcuni i minerali in maggiori, minori e mezi minerali: e <strong>di</strong>cono<br />
maggiori i mettali, e quei, che a’ metalli si accostano […]; minori <strong>di</strong>cono il vitriolo, il sale<br />
[…]; mezi minerali chiamano quelle cose, che in qualche maniera toccano i principi<br />
metallici, e sono detti spiriti, perché nel fuoco sono volatili, e facilmente se ne vanno in<br />
229
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Fossili sono dunque «quelle cose, che dalla terra si cavano, e sono la<br />
maggior parte»; alcuni <strong>di</strong> essi scorrono, mentre «altri fissi si fermano nel<br />
termine loro», come ha mostrato Libavio; possono essere <strong>su</strong>d<strong>di</strong>visi in mezzi<br />
minerali, pietre e metalli, come <strong>su</strong>ggerisce Charleton. I minerali che<br />
scorrono sono gli aliti, gli spiriti, e i liquori; quelli fissi «tutti della natura<br />
delle pietre sono partecipi, o dalle pietre loro molti si formano» 1 ,<br />
esattamente «quelle cose, che sono nel termine loro» 2 . Tra i minerali fissi, vi<br />
è il cristallo naturale e fossile così centrale per la scienza moderna. Gimma<br />
ricorda l’invenzione del telescopio e del microscopio e <strong>di</strong> «tanti altri<br />
stromenti, da cui tante sperienze, e nuovi lumi si sono ricevuti, assai<br />
bastevoli alle cognizioni filosofiche» 3 .<br />
Alla base dei progressi del rinnovamento della me<strong>di</strong>cina e della filosofia, il<br />
microscopio viene esaltato in molte pagine che rivelano come per l’abate la<br />
teoria non possa in nes<strong>su</strong>n caso essere separata dalla pratica: il microscopio,<br />
che pure «non ancora è giunto alla <strong>su</strong>a maggior perfezione» ha svelato la<br />
minuta tessitura del corpo e delle <strong>su</strong>e parti «negli animali, nelle piante, e ne’<br />
faville» (ib.).<br />
1 Id. p. 296. Questa <strong>di</strong>stinzione è <strong>di</strong>fficilissima da applicare con rigore, al punto che ad<br />
esempio in molti sono ancora confusi <strong>su</strong>lla natura dei cristalli, come Gimma fa notare nelle<br />
pagine <strong>su</strong>ccessive, e non solo fra coloro che seguono le opinioni degli antichi ma anche fra<br />
alcuni moderni che continuano a ritenere che il cristallo si formi dal ghiaccio, come la<br />
relazione presente «negli Atti Filosofici della Regia Società d’Inghilterra» dove si legge<br />
«un estratto della lettera <strong>di</strong> Muralto de Zurich, scritta ad Haack […] intorno il gelato, e<br />
cristallino monte degli Svizzeri, detto Gledscher. Dice, che gli altissimi Monti sono coperti<br />
sempre <strong>di</strong> neve, la quale dal calore dell’estate liquefacendosi, altra neve vi cade, che in<br />
ghiaccio si converte, il quale col tempo purificandosi, in pietra si muta, duritie, et splendore<br />
nihil crystallo cedentem. Queste pietre insieme congionte formarono il Monte assai fermo;<br />
benchè i paesano osservarono, che nell’estate si <strong>di</strong>vida con uno strepito, come <strong>di</strong> tuono: e<br />
quelle aperture coperte <strong>di</strong> neve hanno cagionata la morte a coloro, che per le stesse sono<br />
passati. Dice, che nel piede <strong>di</strong> quei monti con fatica si cavano i cristalli, che tra gli altri<br />
fossili si trovano <strong>di</strong> due spezie: alcuni oscuri, ed in abondanza: altri <strong>di</strong>afani, puri, e chiari,<br />
come i vetrii <strong>di</strong> Venezia, sessangolari, gran<strong>di</strong>, e piccioli, come pure in altri luoghi <strong>di</strong> quei<br />
monti: e si vendono a vil prezzo». La relazione cui si riferisce Gimma è la lettera scritta da<br />
Johannes von Muralt a T. Haack, cfr. Extractum epistolae a Dn Muralto de Zurich ad Dn<br />
Haack, Regiae Societatis Collegam, de glaciali et Crystallino monte Helvetiae, Gledscher<br />
nuncupato, conscriptae, in Anglicum publicatoris opera e Latino ver<strong>su</strong>m ut sequitur, in<br />
Acta philosophica…, cit., pp. 824-825 e da Gimma ricopiata nella prima Sylva, cfr., G.<br />
GIMMA, Sylva I…, cit., pp. 1-2. Una traduzione della lettera era stata anche pubblicata<br />
anche nel Giornale de’ Letterati, Li 29 agosto 1678, pp. 118-119, con il titolo Estratto<br />
d’una lettera scritta <strong>di</strong> Zurich intorno a’ monti <strong>di</strong> ghiaccio e cristallini <strong>di</strong> Helvetia chiamati<br />
Gletscher.<br />
2 Ib.<br />
3 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 312.<br />
230
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
minerali; mostrando anche gli animali ne’ liquori, le fibre nelle piante, e<br />
tante altre cose». Al microscopio egli attribuisce lo straor<strong>di</strong>nario progresso<br />
nelle scienze naturali e, in particolare, nell’anatomia 1 . Grazie al<br />
microscopio, non vi è corpo, per quanto minuto, che non mostri le <strong>su</strong>e parti.<br />
Questo straor<strong>di</strong>nario strumento ha così ampliato i limiti della conoscenza<br />
potenziando la vista, ha posto in <strong>di</strong>scussione l’esistenza stessa <strong>di</strong> confini<br />
della natura «perché i limiti della natura non debbono riscontrarsi con quei<br />
degli occhi nostri dal microscopio aiutati; anzi non è sicuro, che vi sieno<br />
limiti» 2 .<br />
Tra i fossili il corallo che si pone, però, in una linea <strong>di</strong> confine tra minerali e<br />
vegetali:<br />
tra le pietre meno preziose annoveriamo il corallo per lo <strong>su</strong>o pregio: e perché più<br />
tosto pietra, che pianta è più comunemente creduta; ancorchè molti autori lo<br />
stimino pianta. Trattando de’ fossili il Carleton non ha fatto menzione del corallo<br />
tra le pietre, che descrive: ed altri lo ripongono tra le gemme: e tutto ciò ne’<br />
seguenti articoli più <strong>di</strong>stintamente spiegaremo 3 .<br />
Gimma riporta le <strong>di</strong>scordanti opinioni se «sia pietra, o pianta: minerale, o<br />
bitume» 4 . Van Helmont, ad esempio lo annovera fra le pietre, «e lo <strong>di</strong>sse<br />
1 Ib. Sui microscopi e <strong>su</strong>i telescopi e <strong>su</strong>i vari altri usi del vetro e degli specchi cfr. G.<br />
GIMMA, Sylva I…, cit., pp. 325-334, dove Gimma cita il Tractatus opticus, qui res quam<br />
plurimas, utiles, iucundas, lu<strong>di</strong>cras, & admirandas, naturaliter sistere docet, nec non vitra,<br />
specula, tubosque opticos paran<strong>di</strong> & conficien<strong>di</strong> rationes describit, ex optimis quibusdam<br />
autoribus, propriisque observationibus & inventis, stu<strong>di</strong>ose collectus atque conscriptus.<br />
Accessit, ab ingenio<strong>su</strong>s cognitionisque rerum avi<strong>di</strong>s inventorum, & a non invi<strong>di</strong>s<br />
detectorum, centum optices arcanorum congestio. Autore M. Johanne Christophoro<br />
Kolhansio, Gymnas. Coburg. P. P. & Sch. Senat. Rectore, Lipsiae, <strong>su</strong>mptibus Friderici<br />
Lanckisch, literis Johannis Erici Hahnii, 1663. Le pagine copiate in Sylva I <strong>di</strong> Kolhans<br />
confluiscono poi quasi identiche nella Fisica sotterranea. Sulla funzione del microscopio<br />
nella ricerca scientifica dei moderni cfr. anche G. Gimma, Sylva I…, cit., pp. 111-128,<br />
dove vengono riportati estratti dalla Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica…, t. II, pp. 45-<br />
57, che confluiscono anch’essi in queste pagine della Fisica sotterranea.<br />
2 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, p. 315. Gimma de<strong>di</strong>ca molto meno spazio al<br />
telescopio, ma approfitta comunque dell’occasione per ricordare ancora che «fu opinione<br />
de’ Pitagorici, e de’ Platonici, che nella Luna sieno gli abitatori, come riferiscono Plutarco<br />
[…] e Macrobio […]. Rinnovarono questa opinione alcuni moderni per ischerzo, ed altri la<br />
stimarono vera. Ma <strong>di</strong> questa favola n’abbiamo scritto nella Dissertaz. 2 De Hominibus<br />
fabulosis part. 5 cap. 8 rifiutando l’opinione <strong>di</strong> coloro, che hanno falsamente creduto essere<br />
tanti i Mon<strong>di</strong>, quanti sono i corpi delle stelle, ciascheduno essere un mondo affermando»<br />
(id., p. 316).<br />
3 Id., p. 328.<br />
4 Ib.<br />
231
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
pianta pietrosa». Hoffmann e Ferrante Imperato <strong>di</strong>ssero «che non sia pietra;<br />
ma una certa pianta, che cresce nel fondo del mare, ove è molle come le<br />
piante, e pieghevole, e che nel cavarsi fuori dell’acqua s’indurisca» 1 e Philip<br />
Jacob Sachs riferisce «trovarsi nel mare presso l’Isola Aina, che non è<br />
lontanta dalla Cina, alcuni granchi, che son vivi dentro l’acqua; ma cavati<br />
fuori <strong>su</strong>bito muoioso, e s’impetriscono», e per questo li paragona ai coralli<br />
«de’ quali <strong>di</strong>cono, che siano molli sotto l’acqua» 2 . Elenca poi quelle<br />
riguardanti la <strong>su</strong>a generazione: alcuni ritengono «che si generi da un <strong>su</strong>go<br />
pietroso, e che ciò sia certo: ma se quel <strong>su</strong>go da se in arboscello petroso<br />
prorompa, o prenda prima la figura del legno, e poi in pietra si muti; o pure<br />
penetri quel <strong>su</strong>go nella pianta morta, che sotto il mare si ritrova, e così<br />
ritenga quella figura: <strong>di</strong>ce, che sia dubbio» 3 . Gimma conferma. Per lui, non<br />
vi è dubbio che il corallo nasca da un «<strong>su</strong>go petroso, che ha forza <strong>di</strong> seme».<br />
Numerose e oneste esperienze hanno mostrato «che svellendosi il corallo nel<br />
mare, esca dalle rotture un certo liquore latteo, il quale cadendo sopra legno,<br />
ferro, pietra, o altra cosa, produca il corallo» 4 . I <strong>su</strong>ghi in forma <strong>di</strong> latte<br />
responsabili <strong>di</strong> questa ‘corallificazione’ sono come uova formate dai liqui<strong>di</strong><br />
«concotti, e coagulati, trasmessi dalle ra<strong>di</strong>ci al <strong>su</strong>o seme: e questo latte,<br />
1<br />
Id., p. 329.<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Id., pp. 329-330. «Etmullero […] scrisse, che i coralli maturi sieno duri sotto l’acqua, e<br />
gl’immaturi sieno duri sotto l’acqua, e gl’immaturi hanno qualche tenerezza finchè<br />
giungano a farsi maturi: e massimamente la corteccia,che sotto l’acqua è molle, e<br />
facilmente si può togliere; ma toccata appena l’aria, <strong>su</strong>bito s’indura. Dice, che sono bianchi,<br />
e rossi i coralli; perché i neri imp ropriamente coralli si <strong>di</strong>cono. I bianchi sono quasi<br />
immaturi; e che i più nobili, e maturi sono i rossi. Descrive poi le altrui opinioni; mentre<br />
alcuni <strong>di</strong>cono, che il corallo si genera <strong>su</strong>ccessivamente dal <strong>su</strong>go del <strong>su</strong>o genere, e si<br />
aumenta per extra positionem. Altri, che sia veramente frutto, o pianta del <strong>su</strong>o genere, che<br />
fatta la vegetazione <strong>su</strong>cessivamente parte per lo moto spontaneo della natura, e parte per<br />
l’aiuto dell’acqua falsa del mare, s’indura. Altri <strong>di</strong>cono, che sia un vegetevole<br />
<strong>su</strong>ccessivamente indurato dall’umido petroso del <strong>su</strong>o genere, che indura, e così petrifica»<br />
(id., p. 330).<br />
4<br />
Ib.: «questo latte in alcuni mesi, premendo la punta de’ rami, esce fuori, come dalle zinne<br />
d’una donna; onde bisogna asserire, che tal latte sia il coagulo <strong>di</strong> tal’umo re spermatico, il<br />
quale non solo esce nello spezzarsi de’ rami, o nello spremersi le punte <strong>di</strong> essi; ma forse<br />
gronda spontaneamente dalla pianta de’ rami stessi, che ne soprabbondano: e così lo stesso<br />
latte sia come semenza, la quale cadendo produce altro ramo <strong>di</strong> corallo; essendo pur certo,<br />
che in tutte l’erbe manda la natura dalla ra<strong>di</strong>ce al seme le particelle proprie, e le sostanze<br />
prolifiche <strong>di</strong> tutta la pianta».<br />
232
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
come seme è assai manifesto nel seme del grano» e, allo stesso modo, si<br />
producono nel mare molte piante 1 .<br />
Tra i fossili, infine, il magnete che ha costantemente attirato la curiosità<br />
degli uomini e che è stato definito con molti altri nomi 2 . Una varietà <strong>di</strong> nomi<br />
che rispecchia quella delle opinioni <strong>su</strong>lla «materia della calamita» 3 . La<br />
principale ‘<strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a’ <strong>su</strong>lla calamita riguarda la <strong>su</strong>a origine «perché alcuni<br />
ritrovandola ove non è ferro, han creduto, che nella miniera del ferro non si<br />
generi: ed altri han detto ivi generarsi, perché l’hanno col ferro veduto» 4 .<br />
Quale che sia l’opinione in proposito, gli effluvi che escono dalla calamita<br />
sono provati senza possibilità <strong>di</strong> dubbio dagli effetti che produce e «questa<br />
uscita <strong>di</strong> effluvi si vede molto chiara in vari corpi» 5 . A Gimma la congettura<br />
più coerente appare quella secondo la quale la forza <strong>di</strong>rettrice dell’ago<br />
magnetizzato della bussola, come anche del magnete, derivi dalla terra dalle<br />
1 Ib. A questo proposito «come cosa maravigliosa, ci fu mostrata una pianta marina, più<br />
lunga <strong>di</strong> un palmo attaccata ad una chiocciola; ma non ci recò stupore; poicché il seme <strong>di</strong><br />
quella pianta caduto sopra la chiocciola <strong>di</strong> materia petrosa, e tofacea vestita, avea nella<br />
medesiam <strong>di</strong>stese le <strong>su</strong>e ra<strong>di</strong>ci, e ricevuto il <strong>su</strong>o accrescimento, come se sopra una pietra, o<br />
altra parte <strong>di</strong> terra fosse caduto, le cui veci faceva la chiocciola, che benchè viva in quel<br />
luogo ferma ne stava» (id., pp. 330-331).<br />
2 Cfr. id., pp. 342-343. Per queste pagine Gimma ha ampiamente utilizzato le analisi <strong>di</strong><br />
Pierre Gassen<strong>di</strong>, forse l’unico grande filosofo straniero <strong>di</strong> cui l’abate carmelitano ha una<br />
conoscenza <strong>di</strong>retta. Cfr. G. GIMMA, Sylva IV, pp. 19-37, dove annota accuratamente De<br />
proprietatibus magnetis in Petri Gassen<strong>di</strong> <strong>di</strong>niensis ecclesiae praepositi, et in academia<br />
parisiensi Matheseos Regij Professoris, Animadversiones in decimum librum Diogenis<br />
Laertii, qui est de vita, moribus, placitisque Epicuri. Placita autem, qual itte trei statuit<br />
Philosophiae parteis, Continent I. Canonicam nempe, habitam Dialecticae loco: II.<br />
Physicam, ac inprimis nobilem illius Meteorologiam: III. Ethicam, cuius gratiâ ille excoluit<br />
caeteras. E<strong>di</strong>tio tertia, Lugduni, <strong>su</strong>mptibus Francisci Barbier, Typographi Reg., 1675, pp.<br />
192-206<br />
3 G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, pp. 342-343: «L’Aldrovan<strong>di</strong> la chiama pietra<br />
ponderosa, che ha porzione <strong>di</strong> materia minerale, che nel fondersi non formi alcun metallo;<br />
però la crede generata da una composizione <strong>di</strong> tutte le pietre con qualche mescolamento <strong>di</strong><br />
materia metallica, e che perciò nel colore sia simile al ferro. Ma <strong>di</strong>cono altri appo<br />
Etmullero, che dalla Calamita bruciata il ferro spesso si cavi […]. Gassendo la stima come<br />
madre, e vena, donde nasce il ferro, e che possa <strong>di</strong>rsi, che <strong>di</strong> ambidue sia forse la stessa<br />
natura; quasi che la calamita sia ferro crudo, o ferro cotto: e lo prova perché ne’ luoghi,<br />
onde si cava il ferro, ivi ancora si trova la calamita, come appare nelle miniere <strong>di</strong> ferro<br />
nell’Inghilterra […] ed altrove». E molte altre sono le opinioni in proposito.<br />
4 Id., p. 343.<br />
5 In questo modo la calamita viene avvicinata ad altri fenomeni naturali: «il fuoco manda<br />
effluvi <strong>di</strong> particelle così forti, che converte in fuoco tutto quello, che a lui si avvicina, ed è<br />
atto ad apprendere il fuoco: ed è pure ciò sensibile alla mano, quando al fuoco si accosta. I<br />
corpi odoriferi spargono effluvi <strong>di</strong> odore della loro natura: così <strong>di</strong> fetore i corpi puzzolenti»<br />
(id., p. 351).<br />
233
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
profon<strong>di</strong>tà della quale emanano effluvi sottilissimi che «da un polo all’altro<br />
scorrano per le linee quasi parallele all’asse del mondo» 1 . Con Gassen<strong>di</strong>,<br />
egli ritiene che la calamita si componga <strong>di</strong> «due parti opposte, che<br />
volgarmente chiamiamo poli, uno boreale, e l’altro australe […]. La prima<br />
<strong>di</strong>fferenza delle calamite è <strong>di</strong> maschi, e <strong>di</strong> femmine, per la forte, o per la<br />
debole virtù che hanno <strong>di</strong> tirare il ferro, e fare le altre loro operazioni» 2 .<br />
Respinge dunque l’opinione favolosa degli antichi - Talete e Anassagora –<br />
secondo i quali il magnete avesse un’anima 3 . Riporta la congettura <strong>di</strong> Della<br />
Porta, secondo il quale nella calamita vi era un conflitto tra ferro e pietra:<br />
«mentre il ferro cerca <strong>su</strong>perar la pietra, e la pietra il ferro, ne viene quel tirar<br />
del ferro» e poiché il ferro cerca <strong>di</strong> non essere <strong>su</strong>perato dalla pietra, allora<br />
«desia congiungimento ed amicizia, acciocchè quel che non può solo, possa<br />
coll’aiuto d’altri, tutte le cose create <strong>di</strong>fendendo l’esser loro» 4 .<br />
Gimma prende in esame anche le questioni riguardanti l’amianto, l’ambra e<br />
i funghi 5 . Di qualche interesse la trattazione del problema delle ‘pietre degli<br />
animali’, alle quali viene applicata la partizione del regno animale<br />
(«Partendo però in questo [libro] le Pietre tutte degli animali secondo la<br />
<strong>di</strong>visione degli uccelli, de’ pesci, de’ quadrupe<strong>di</strong>, e de’ serpenti, colla serie<br />
de’ capi <strong>di</strong>videremo lo stesso libro» 6 ) e che sono <strong>di</strong> due tipi: quelle che sono<br />
generate dentro i corpi, «anzi in ogni parte del corpo, come sono i calcoli», e<br />
1 Id., p. 362: «forse sono cagionate le declinazioni dalle varie sotterranee mutazioni, o per le<br />
vicine miniere <strong>di</strong> ferro, che sotto la terra variare si possono; così si vede l’ago magnetico<br />
volgersi al polo della calamita; ma <strong>di</strong>vertirsi poi quando altro ferro gli è vicino […]. Ciò<br />
riferisce il Duamel, e più largamente si <strong>di</strong>ffonde a provare questa opinione, rispondendo<br />
ancora alle <strong>di</strong>fficultà, che contrastare si possano».<br />
2 Id., pp. 345-346. Secondo Gimma, «tanto più efficace sarà la calamita, quanto più<br />
profonda sarà la vena, donde è cavata; e così tanto più sarà debole, quanto più sarà vicina<br />
all’aria, ed alla <strong>su</strong>perficie estrinseca; perché esposta alle ingiurie dell’aria, del sole, e degli<br />
umori, snervata <strong>di</strong> forze si con<strong>su</strong>ma».<br />
3 Id., p. 349. Non tutti gli antichi però si erano adeguati a questa spiegazione: «Empedocle<br />
affermò, che escono, dalla calamita, e dal ferro alcuni corpicciuoli, e che ambidue abbiano i<br />
pori mi<strong>su</strong>rati. Democrito volle lo stesso; ma che sieno più sottili quei del ferro. Epicuro<br />
<strong>di</strong>sse, che escano dalla calamita e dal ferro gli atomi, o corpicciuoli <strong>di</strong> figura consimili, che<br />
si abbracciano ne’ corpi del ferro, e della calamita; onde colla riflessione tirano il ferro.<br />
Lucrezio spiega, che dalla calamita escono più corpicciuoli, e più potenti, per cui l’aria<br />
assia più si scaccia avanti la calamita; però si creano spazietti <strong>di</strong> vacuo, e’l ferro alla<br />
calamita si avvicina: e seguito questa opinione Aldrovando».<br />
4 Id., p. 350<br />
5<br />
Cfr. id., pp. 374-429.<br />
6<br />
Id., p. 433.<br />
234
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
quelle che si crede gli animali prendano dai fiumi o dalla terra 1 . Egli nega<br />
recisamente che le pietre possona essere prodotte nello stomaco degli<br />
uccelli: le pietre «sono state prima inghiottite dagli animali, e servono loro<br />
per aiuto della <strong>di</strong>gestione de’ cibi […] stimando, che nello stomaco degli<br />
uccelli si faccia la <strong>di</strong>gestione in gran parte col mezo della triturazione: e che<br />
facciano le pietruzze l’uficio <strong>di</strong> macinette raggirate da quei due forti e<br />
robusti muscoli, <strong>di</strong> cui si compone il ventriglio» 2 . Nei pesci, precisa, «sono<br />
più tosto ossa, o pietre vere a caso inghiottite» 3 , mentre non ve ne sono – a<br />
parte i calcoli – né nei quadrupe<strong>di</strong>, né nei serpenti e nei rospi 4 . Quanto<br />
all’uomo:<br />
siccome ha l’uomo il <strong>su</strong>o corpo animale, e i <strong>su</strong>oi morbi, così ha pur le <strong>su</strong>e pietre;<br />
anzi con altri autori affermò Tommaso Burnet […] che sono le miniere ne’ nostri<br />
corpi non per fabricare; ma per <strong>di</strong>struggere la fabbrica tutta. Soggiugne, che non vi<br />
è parte del corpo, in cui le pietre generare non si possano; poicchè nel capo si<br />
generano, nella lingua, nel polmone, nel cuore, nel ventricolo, nel fegato, nella<br />
vescica della bile, nella milza, negl’intestini, nel mesenterio, e nell’utero; ma più<br />
spesso ne’ reni, e nella vescica, <strong>di</strong> cui le pietre stesse han nome <strong>di</strong> calculi 5 .<br />
Gimma accetta la congettura <strong>di</strong> Burnet e <strong>di</strong> Ramazzini. Il primo stabilisce<br />
per causa materiale dei calcoli «il <strong>su</strong>go petrifico, cioè una materia terrestre<br />
mescolata col sale in giusta proporzione: e per causa efficiente lo spirito<br />
petrifico inserito in quel <strong>su</strong>go; e che lo stesso <strong>su</strong>go abbondante nella terra, si<br />
tira coll’alimento nel corpo» 6 . Il secondo «scrisse delle pietre, che ne’ corpi<br />
degli uomini si generano, le quali una materiale cagione esterna<br />
riconoscono», osservando che gli artigiani che lavorano con le pietre e i<br />
marmi, «spesso tirano col fiato quelle polveri, che vari mali cagionano,<br />
come tosse, asma, e simili; onde nell’aprirsi i loro cadaveri si trovano i<br />
1 Id., p. 431.<br />
2 Ib., Gimma sostiene questa tesi soprattutto con le ricerche <strong>di</strong> «Francesco Re<strong>di</strong> nel libro<br />
delle Sperienze delle cose naturali dell’In<strong>di</strong>a». Cfr., G. GIMMA, Sylva IV, cit., pp. 259-264 e<br />
pp. 390-395. L’intera Sylva IV è comunque ricca <strong>di</strong> appunti <strong>su</strong> questi temi.<br />
3 Cfr. G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. I, pp. 445-474.<br />
4 Cfr. id., pp. 474-515.<br />
5 Id., p. 515.<br />
6 Id., pp. 516-517. Nonostante la simpatia con cui Gimma guarda a questa proposta, l’abate<br />
non se la sente <strong>di</strong> avvalorarla oltre: «le varie opinione a’ me<strong>di</strong>ci tralasciamo, a’ quali la<br />
generazione de’ calculi <strong>di</strong>stintamente esaminare appartiene, come necessaria alla cura».<br />
235
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
polmoni otturati da’ calculi» 1 . Gimma riconosce nell’attenzione volta da<br />
Ramazzini, con il quale era stato in contatto, all’impatto dell’ambiente<br />
lavorativo <strong>su</strong>lla salute dell’uomo, una novità assoluta 2 . Egli classifica fra le<br />
favole le opinioni degli antichi, secondo i quali responsabile della<br />
generazione delle stesse pietre era il calore, che seccava la materia crassa e<br />
viscosa e la induriva e trasformava in pietra 3 .<br />
Lo spazio delle congetture che non potevano essere sottoposte a verifica<br />
sperimentale si ampliava. Impossibile riprodurre, ad esempio, quegli scherzi<br />
della natura per i quali <strong>su</strong>lle montagne si trovavano conchiglie e animali<br />
marini pietrificati: «scherza alle volte la natura in maniera, che con <strong>di</strong>fficultà<br />
si conosca se la pietra sia vera pietra, o altro corpo impietrito della spezie<br />
de’ vegetevoli, e degli animali, in tutto puntualmente scorgendosi le parti<br />
loro» 4 . La congettura del <strong>su</strong>go, in questo caso quello ‘pietroso’ soccorreva<br />
Gimma nella spiegazione <strong>di</strong> questo fenomeno naturale. Ogni corpo può<br />
essere pietrificato grazie al «<strong>su</strong>go petroso; purchè il corpo abbia pori, ne’<br />
quali introdurre si possa». Questo <strong>su</strong>go o aura petrifica si mescola con<br />
l’acqua e in tal modo «ne’ pori <strong>di</strong> un corpo insinuandosi […] il corpo ancora<br />
induriscono». E’ in<strong>di</strong>spensabile che il <strong>su</strong>go «nelle parti tutte del corpo<br />
s’introduca»; che le parti del corpo che lo ricevono, le ossa e i denti, e non la<br />
carne, «abbiano qualche durezza nativa» 5 . Poste queste premesse, Gimma<br />
può prendere le <strong>di</strong>stanze da chi adduce il Diluvio universale come<br />
1 Id., p. 520.<br />
2 Dei rapporti <strong>di</strong> Gimma con Ramazzini fa fede lo stesso abate ricordando «il dotto<br />
Bernar<strong>di</strong>no Ramazzini, Professor <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina pratica nello Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Padova, nella <strong>su</strong>a<br />
eru<strong>di</strong>ta opera De morbis artificum, <strong>di</strong> cui volle, quando era tra’ vivi, farci dono, nella prima<br />
e<strong>di</strong>zione» (ib.).<br />
3 Id., p. 516: «assegnò Galeno la pituita» e fra i moderni Paracelso il tartaro e Van Helmont<br />
«una spezie <strong>di</strong> tartaro, che nel corpo umano fa la pietra spongiosa, e fa doloro massimo, e<br />
pericolo […]. Scrisse Etmullero, che non si dee confondere la maniera, con cui nella Terra<br />
si generano le vere pietre colla concrezione arenosa de’ calculi dell’uomo, per esser<br />
<strong>di</strong>fferente la cagione. Vuole però, che u<strong>di</strong>r coloro non si debbano, i quali accusano gli<br />
spiriti, o le acque petrificanti, che o spontaneamente passano in pietra, o l’altre cose<br />
impietriscono. Stima, che si facciano più tosto i calculi col concorso, e coagulazione <strong>di</strong> due<br />
sali contrari, o col mezo della mucilagine coagulata, che gli fa bianchi, e <strong>di</strong> minutissime<br />
goccie <strong>di</strong> sangue, che gli fa rossi, e biondeggianti».<br />
4 Cfr. G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. II, p. 261.<br />
5 Id., p. 264: «quando i corpi s’impietriscono, ed acquistano solida consistenza, ritengono<br />
tutta la figura, e tutte le delineazioni, che avean prima; non variando in altro, che nel colore;<br />
nel peso, e nella sostanza <strong>di</strong> pietra, la cui natura ricevono».<br />
236
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
spiegazione della presenza dei corpi marini, pietrificati, <strong>su</strong>lle montagne 1<br />
(«stimano alcuni, che siano stati prima generati nel mare, e poi portati<br />
dall’acque in tempo del Diluvio Universale» 2 ). Da chi sostiene che i semi<br />
siano stati sollevati dall’acqua in forma <strong>di</strong> vapori «e poi ricaduti <strong>su</strong> i monti,<br />
ed ivi cresciuti». A questa opinione egi oppone: «questa opinione è affatto<br />
favolosa; poicchè i semi degli animali perdono tutta la loro forza trasportati<br />
dal loro luogo naturale […] si spogliarebbero degli spiriti seminali, che<br />
hanno la virtù <strong>di</strong> generare» 3 . Da chi immagina ci sia «ne’ luoghi de’ monti<br />
[…] un umor salso, che spesso genera animali marini, i quali ai veri<br />
<strong>di</strong>vengono simili». E, in questo caso, egli ricorda che non si dà mai caso <strong>di</strong><br />
un animale che non si generi «se non dal <strong>su</strong>o simile, e col seme, e maniera<br />
proporzionata» 4 . Da chi, infine, ipotizza che questi corpi sarebbero nati <strong>su</strong>i<br />
monti, abbozzati per «ischerzo della natura, che produce corpi simili a quelli<br />
de’ veri animali», anche se quando «scherza la natura in produrre quelli<br />
animali, formandogli <strong>di</strong> pietra simili a’ veri, non gli figura esattamente<br />
simili» 5 .<br />
Con Fracastoro, egli sostiene «che l’acque del Diluvio, le quali coprirono i<br />
monti, furono celesti, e non marine» e che, al contrario, le acque che in<br />
tempi antichi hanno coperto i monti debbono essere state quelle del mare.<br />
Racconta Gimma <strong>di</strong> come Fracastoro, interrogato <strong>su</strong>lle origini <strong>di</strong> «tanti<br />
echini, paguri, nicchi […] pesci stelle, e simili trovati sotterra verso la parte<br />
del monte <strong>di</strong> Verona», avrebbe proposto tre possibili soluzioni: «la prima<br />
era quella dell’universale Diluvio: la seconda della generazione degli stessi<br />
animali marini <strong>su</strong> i monti: e la terza, che il mare fosse una volta in quelle<br />
parti stato». Alla terza ipotesi <strong>di</strong> Fracastoro una conferma sarebbe venuta nel<br />
1640 dal ritrovamento <strong>su</strong> <strong>di</strong> un monte piuttosto <strong>di</strong>stante dal mare <strong>di</strong> una<br />
1 Ib.: «si trovano spesso nelle cime de’ monti, tra le pietre, <strong>di</strong>verse conche, chiocciole,<br />
ostriche, ed altri crostacei, stelle, pesci, piante petrose, ed altre produzioni marine,<br />
impietrite: e contrastano gli autori ad assegnarne la cagione».<br />
2 Ib.<br />
3 Ib. E poche pagine dopo: «favolosa è […] che le conchiglie, e le altre spezie <strong>di</strong> testacei,<br />
produrre si possano dalle conchiglie rotte, e seminate» (id., p. 276).<br />
4 Id., p. 265.<br />
5 Id., p. 266. È interessante qui notare come Gimma non rifiuti in linea <strong>di</strong> principio la<br />
possibilità che la natura produca questi scherzi, ma solo che quando lo fa non si vede la<br />
perfezione dei corpi riscontrati <strong>su</strong>i monti, poco dopo infatti scrive: «non possono essere<br />
scherzi <strong>di</strong> natura dentro le pietre, e i tufi, e nella terra; perché lo scherzo è quasi a caso, non<br />
in gran numero in vari luoghi: e la natura negli scherzi non fa animali perfetti, ma forma<br />
una similitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> animali imperfetta» (id., p. 269).<br />
237
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
nave sepolta con le ancore, gli alberi e le ossa dei cadaveri non ancora<br />
con<strong>su</strong>mati dall’umi<strong>di</strong>tà 1 . Ragionevole appare anche a Gimma l’ipotesi – che<br />
non contrad<strong>di</strong>ce l’altra, secondo la quale i corpi marini presenti <strong>su</strong>i monti<br />
abbiano effettivamente avuto origine nelle profon<strong>di</strong>tà del mare e siano giunti<br />
<strong>su</strong>lla terraferma «o colla forza de’ fuochi sotterranei […]: o colla violenza<br />
de’ Tremuoti, o dalle inondazioni, che in vari tempi sono accadute» 2 :<br />
Non è dunque necessario ricorrere al Diluvio Universale; potendo <strong>su</strong>ccedere, o<br />
essendo <strong>su</strong>ccedute le inondazioni, e i ritiramenti del mare per altre cagioni: e così<br />
possono ritrovarsi i gusci delle conchiglie, ed altri corpi o dove prima era stato il<br />
mare, o cove il mare ha inondato 3 .<br />
Gimma non nega la realtà del Diluvio. Si limita a spostarlo in<strong>di</strong>etro nel<br />
tempo in un’antichità fuori dalla storia. Il tempo - egli ricorda - è un<br />
<strong>di</strong>voratore che con<strong>su</strong>ma ogni cosa. Quanto ai fenomeni naturali, essi non<br />
hanno bisogno <strong>di</strong> essere spiegati attraverso i miracoli. Quelli che potrebbero<br />
avere consentito, se si rinuncia alla spiegazione naturalistica, ai testacei <strong>di</strong><br />
conservarsi nello spazio <strong>di</strong> tanti secoli quanti ne sono passati dal tempo del<br />
Diluvio «nel mezo <strong>di</strong> tante umi<strong>di</strong>tà, <strong>di</strong> tanti vapori della terra, <strong>di</strong> tanti aliti<br />
minerali, e salini spezialmente» senza corrompersi 4 . O <strong>di</strong> essere presenti<br />
solo in alcuni luoghi della Terra: «né i testacei del mare galleggiar possono,<br />
masimamente i gravi; perché stanno sempre ne’ fon<strong>di</strong>, o attaccati a gli<br />
scogli, o ne’ fanchi, o nelle cavità delle pietre, o gli uni sopra gli altri, come<br />
avviene col vedersi nella pesca delle perle». Dunque vi sono state delle<br />
«inondazioni [che] hanno coperte molte città, e paesi, che prima erano terra,<br />
e <strong>di</strong>vennero mare: altri <strong>di</strong>vennero mare, e si fecero terra per li ritiramenti del<br />
mare stesso» 5 . Del resto, argomenta, «sono la Terra, e l’Acqua così tra loro<br />
unite, che formano ambedue il globo terraqueo» 6 e la Terra ha anche<br />
1 Id., p. 266.<br />
2 Ib.: «narra l’ab Giulio-Cesare Braccini […] che nel 1631 quel monte assorbì le acque del<br />
mare, che si ritirò in<strong>di</strong>etro nelle marine <strong>di</strong> Napoli, e ne’ luoghi convicini, tanto che molte<br />
barche, e galee restarono in secco. Sgorgarono poi le acque dalla voragine, e formarono un<br />
rapido torrente, il quale in tre profon<strong>di</strong>ssimi canari <strong>di</strong>videndosi, rovinò molti luoghi, e si<br />
trovarono conghiglie, gusci <strong>di</strong> telline, ed alghe sopra lo stesso monte, che mostrarono essere<br />
stata <strong>di</strong> mare quell’acqua».<br />
3 Ib.<br />
4 Ib.<br />
5 Id., p. 267.<br />
6 Id., p. 462.<br />
238
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
numerose caverne e condotti sotterranei attraverso i quali scorrono le<br />
acque 1 : esistono «occulti canali, che comunicano da un mare all’altro tra<br />
loro opposti, come sono il Me<strong>di</strong>terraneo, e ‘l Rosso» 2 . Tali condotti<br />
sotterranei sono responsabili non solo degli spostamenti delle acque ma<br />
anche del fuoco e quin<strong>di</strong>, in<strong>di</strong>rettamente, dei terremoti e delle eruzioni che<br />
hanno sconvolto la storia umana 3 . Al centro del mondo sotterraneo, Gimma<br />
pone un Fuoco che «colla forza, e virtù de’ <strong>su</strong>oi aliti, o cal<strong>di</strong> vapori» genera<br />
«le piante, e gli alberi, i quali dentro della Terra formano le ra<strong>di</strong>ci, da cui<br />
ricevono l’alimento» 4 . Con Kircher, egli ipotizza un sotto<strong>su</strong>olo della Terra<br />
ricco <strong>di</strong> fuochi e <strong>di</strong> acque. E giu<strong>di</strong>ca «sode ragioni» gli argomenti a sostegno<br />
della fertilità del mondo sotterraneo 5 .<br />
Discutendo del fuoco - ci sono quattro tipi <strong>di</strong> fuochi, il ‘fumo’, il ‘calore’, la<br />
‘fiamma’ e la ‘luce’, egli precisa - Gimma introduce un altro elemento:<br />
l’etere, definito da Eratostene «spirito, aria» 6 : «tenuissima <strong>su</strong>bstantia<br />
<strong>di</strong>ffusio, <strong>su</strong>apte natura calida, et splen<strong>di</strong>da, ut primigenia lux, neque ab<br />
altera principiata. Aes est <strong>su</strong>bstantia levis, et calicinosa, quae<br />
communicatum aliunde calorem, ac lume ex aethere compactu, qui cum<br />
splen<strong>di</strong>dus, ingensque sit, nullo tempore conquiescit, sed in orbem perpetuo<br />
movetur» 7 . E che Orfeo «spiegò col nome <strong>di</strong> Giove, <strong>di</strong>cendo: Juppiter<br />
1 Id., p. 464. Johann joachim Becher ad esempio «non ammette l’origine de’ fonti col mezo<br />
de’ canali sotterranei; volengo egli, che l’acqua marina trascolorando si porti al centro della<br />
terra, donde sciolta in vapore passi alla circonferenza, ed in acqua <strong>di</strong> nuovo si condensi».<br />
2 Id., p. 466. Lucantonio Porzio ha, ad esempio, ragionevolmente affermato «essere stata<br />
ancora opera delle acque, che molte provincie, e città, che erano al mare vicine, oggi ne<br />
sieno <strong>di</strong>venute assai lontane: e che in molti luoghi si vadano riempiendo i li<strong>di</strong>», mentre altre<br />
città furono sommerse dalle acque<br />
3 Id., p. 475: «collocarono il fuoco i Pitagorici nel centro della Terra, perché lo stimarono<br />
tra’ corpi il più eccellente e prezioso: e tra’ moderni, come <strong>di</strong>ce il Purcozio […] alcuni lo<br />
chiamano fuoco sotterraneo o centrale, che manda gli aliti per produrre i minerali tutti,<br />
cagionare i tremuoti, e riscaldare le terme, o fon<strong>di</strong> cal<strong>di</strong>. Negò il fuoco centrale il Gassendo:<br />
ed affermò il Duamel non ritrovarsi in ogni luogo il fuoco sotterraneo; ma solo in quei<br />
luoghi ove è materia da accendersi».<br />
4 Ib. Gimma ritiene che le piante, mancando «’l calore sotterraneo […], crescere e<br />
mantenersi <strong>di</strong>fficilmente potranno; ma questo argomento richiedendo uno più lungo<br />
<strong>di</strong>scorso, lo tralasciamo per qualche altra occasione».<br />
5 Id., p. 476: «sono nelle viscere della terra materie <strong>di</strong>verse atte ad accendersi; anzi una<br />
<strong>di</strong>spensa <strong>di</strong> fuochi, come i vari bitumi, e la nafta, il solfo, il salnitro, ed altri sali, che si<br />
accendono: e ne’ monti, ne’ pozzi, nelle voragini, ed in varie aperture, che mandano fuoco<br />
in tutte le parti del mondo, la forza loro <strong>di</strong>mostrano».<br />
6 Id., p. 478.<br />
7 Id., pp. 478-479.<br />
239
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Omnipotens est primus, et ultimus idem […] Spiritus est cunctis, coeli vis,<br />
Juppiter ignis […] Omnipotens Rex est, Tex omnis Juppiter ortus» 1 . Per<br />
Virgilio è il fuoco elementare presente in tutto l’Universo: «Spiritus intus<br />
alit, totamque infusa per artus / Mens agitat molem, et magno se corpore<br />
miscet; / inde hominum, pecudumque genus, mistaeque volantum / Et quae<br />
marmoreo fieri monstra <strong>su</strong>b aequore pontus» 2 .<br />
Per la prima volta, e <strong>su</strong>l tema dell’etere, Gimma assegna un valore positivo<br />
alle favole: «sotto la corteccia delle favole i segreti della natura coprivano<br />
[gli antichi], sicome colle favole le cose tutte delle scienze spiegarono» 3 . Le<br />
favole hanno qui una funzione in qualche modo propedeutica alla<br />
conoscenza: lungi dall’esser viste esclusivamente come un ostacolo<br />
all’apprensione della verità esse <strong>di</strong>ventano strumento <strong>di</strong> un complesso gioco<br />
<strong>di</strong> nascon<strong>di</strong>mento-svelamento delle verità scientifiche in un passo dal sapore<br />
baconiano. Del resto, anche Tommaso Cornelio che è, in questo caso, il <strong>su</strong>o<br />
autore <strong>di</strong> riferimento 4 , aveva chiamato in causa Platone, per legittimare<br />
l’opinione <strong>di</strong> un etere pervasivo: esso è <strong>di</strong>ffuso non solo «per lo spazio <strong>di</strong><br />
tutto l’universo», ma per tutti i corpi soli<strong>di</strong>, la Terra e le stelle, «per tutto<br />
entrando con quasi tutti i corpi si mescoli; onde Virgilio […] <strong>di</strong>sse, che<br />
1 Ib. Laerzio nella Vita <strong>di</strong> Zenone scrive che «<strong>di</strong>sse Crisippo: Purissimum, et liqui<strong>di</strong>ssimum<br />
aethera, quem etiam primum asserunt esse Deum sensibiliter, secondo l’opinione de’<br />
Gentili, velut infu<strong>su</strong>m esse per ea, quae <strong>su</strong>nt in aere, per cunctos animantes, et arbores; per<br />
terram autem secundum halitum».<br />
2 Id., p. 479. Il passo citato da Gimma, famosissimo, era citato anche da Musitano C.<br />
MUSITANO, Opera omnia…, 1738, e precisamente nel <strong>su</strong>o Pyrotechniae Sophicae liber<br />
secundus, p. 438 nella speculazione del quale l’etere riveste un importante problema. W.<br />
BERNARDI, Le metafisiche dell’embrione…, cit., p. 182 rileva acutamente l’importanza <strong>di</strong><br />
quelle «propaggini del neoplatonismo rinascimentale» che «si incontrano con le <strong>di</strong>scussioni<br />
<strong>su</strong>lla filosofia meccanicista dell’etere», al punto che «si ritrovano con frequenza spunti che<br />
mettono in rapporto le proprietà fisiche della luce con le funzioni biologiche della vita,<br />
della generazione, della malattia» e rinvia non solo a Sebastiano Bartoli, Tommaso<br />
Cornelio, Luca Tozzi, ma anche a Carlo Musitano. Sull’applicazione della metafisica della<br />
luce al problema della generazione cfr. anche W. PAGEL, Le idee biologiche <strong>di</strong> Harvey…,<br />
cit., p. 347 e A. DINI, Filosofia della natura, me<strong>di</strong>cina, religione…, cit., p. 46.<br />
3 Cfr. G. GIMMA, Fisica sotterranea…, cit., t. II, p. 479: «perché stimarono, che tutti i corpi<br />
governi, lo nominarono anima del mondo, e spirito per la sottigliezza delle <strong>su</strong>e parti, che<br />
da’ sensi conoscer non si possono: fuoco per l’attività: Motore, e Giove per la forza<br />
universale, con cui muove tutte le cose: Proteo, perché prende le figure tutte».<br />
4 Id., p. 480: «Spiega Tommaso Cornelio De circompuls. Platon. la <strong>su</strong>a opinione dell’Etere,<br />
che sia una sostanza <strong>di</strong>mostrata da Euripide, e da Ennio appo Cicerone; cioè pura, leggiera,<br />
e sottilissima, che si porta per li luoghi <strong>su</strong>blimi, e che chiamare si voglia Etere o Fuoco, o<br />
Cielo».<br />
240
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
sieno Jovis omnia plena» 1 . Cornelio «<strong>di</strong>ce – chiosa Gimma - aver<br />
conosciuta la considerazione dell’etere atta a spiegare molte cose della<br />
Natura; poicchè la rarefazione, e la condensazione», gli effluvi della<br />
calamita, che penetrano in tutti i corpi, le operazioni del <strong>su</strong>ono, della luce e<br />
del calore non sarebbero spiegabili senza l’intervento dell’etere dal quale<br />
<strong>di</strong>pendono «le più nobili operazioni della natura» 2 . Esso, anche se non<br />
percebile dai sensi si manifesta in alcuni effetti: «penetra ne’ vetri chiusi;<br />
poicchè spesso dal vaso <strong>di</strong> vetro ermeticamente serrato alcuni sottilissimi<br />
liquori posti al fuoco esalano; ed alcuni chimici sali n’escono».<br />
La natura è una macchina sottoposta a precise leggi, ma essa è anche<br />
pervasa <strong>di</strong> una forza attiva che solo la ragione ‘congetturalmente’ può<br />
cogliere. Su questo punto Cornelio marcava la <strong>su</strong>a <strong>di</strong>stanza dal macchinismo<br />
cartesiano; <strong>su</strong> questo punto Gimma recupera Kircher e la grande tra<strong>di</strong>zione<br />
naturalistica e magica. Per entrambi ciò accade in quanto l’ipotesi del corpo<br />
e dell’universo come macchine non spiega tutti i fenomeni naturali (il<br />
macchinismo, in un certo senso, è una favola moderna): «sono con temerità<br />
attaccati a’ sensi; poicchè quelli, che con più <strong>di</strong>ligenza i segreti della natura<br />
penetrano, non ignorano essere nell’universo moltissimi corpi, de’ quali non<br />
si ha notizia co’ i sensi, se non coll’aiuto della ragione» 3 .<br />
L’etere è utilizzato anche da chi nega: «il sottilissimo Maignano», ad<br />
esempio, «pur lo nega, e se ne avvale» 4 . Egli si rende conto che con l’ipotesi<br />
‘eterea’ «più comodamente […] le cose si spiegano», e giunge ad ammettere<br />
«che questa nostra aria inferiore non <strong>di</strong>fferisca dall’etere, se non come<br />
l’acqua limpi<strong>di</strong>ssima dalla torbida, e che l’etere sia lo stesso, che l’aria<br />
pura».<br />
L’etere è per Gimma<br />
principio universale constitutivo de’ corpi naturali, e (<strong>su</strong>pponiamo) che penetri in<br />
tutti quei corpi, che da altri sono appellati primi principi: sia anche in se stesso una<br />
sostanza purissima, <strong>di</strong>versa dal fuoco, dall’aria, e dagli elementi: né sia quinto<br />
1<br />
Ib.<br />
2<br />
Id., p. 481.<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Id., p. 479: Maignan <strong>di</strong>ce «che alcuni nobili autori affermano esservi un corpo<br />
sottilissimo, semplice secondo se stesso, e da tutti <strong>di</strong>verso nella <strong>su</strong>a spezie. Che facilmente<br />
ammetta il consorzio, o locale mescolanza <strong>di</strong> tutte le cose, che l’hanno uguale, o abbiano<br />
ancora sottigliezza alla <strong>su</strong>a inferiore. Che lo pongano perché sieno quattro gli elementi,<br />
perché sia corpo idonea ad empire le vacuità tutte; la natura il vacuo aborrendo».<br />
241
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
elemento, come altri <strong>su</strong>ppongono: e tutto ciò <strong>di</strong>mostreremo nella nostra<br />
Philosophia Aetherea 1 .<br />
L’etere è l’altra congettura <strong>di</strong> cui si avvale Gimma per spiegare l’intero<br />
meccanismo della natura: esso penetra nei pori dei fossili e degli altri corpi<br />
terrestri e li mette in movimento, «onde le parti del solfo, del salnitro, del<br />
carbon fossile, del sale ammoniaco, tra loro incitate, si accendono»; da<br />
questo movimento scaturisce l’espulsione dell’aria dal sotto<strong>su</strong>olo, i<br />
terremoti, le aperture delle voragini e la fuoriuscita dei fuochi e dei minerali<br />
infuocati. Con Paolo Boccone, l’abate precisa che esso «è oscuro e cieco, se<br />
non ha in qualche luogo apertura, che coll’aria comunichi» 2 e causa quegli<br />
«squarciamenti <strong>di</strong> corpi soli<strong>di</strong>, e rovesciamenti <strong>di</strong> montagne […].<br />
Tumultuando l’aria col conscorso de’ venti nitrosi, l’etere si accende, e le<br />
<strong>su</strong>e particelle <strong>di</strong>latando, produce un corpo ignoto, come un torrente <strong>di</strong><br />
nebbia, che <strong>di</strong>cesi turbine» 3 . Così si generano i terremoti «<strong>di</strong>versi secondo il<br />
sito, e secondo la resistenza che trova nel voler <strong>di</strong>latarsi dentro le caverne» 4 .<br />
Quando questi fenomeni si verificano in zone in cui c’è grande abbondanza<br />
<strong>di</strong> minerali, «maggiori spiriti si trovano racchiusi» e la violenza delle<br />
reazioni apre «monti, e voragini; ma quando non abonda la terra <strong>di</strong> quei<br />
minerali, non si veggono fuochi dalla terra stessa, e solo il tremuoto si<br />
sente» 5 . Nel caso in cui non incontrino resistenza, gli spiriti escono<br />
liberamente; se «gli resiste la parte <strong>su</strong>periore delle grotte, allora scuoprono,<br />
e sollevano la <strong>su</strong>perficie della terra». È a questo secondo aspetto del<br />
fenomeno che si può ascrivere l’attività vulcanica. Infine, «il terzo effetto è<br />
<strong>di</strong>struggere monti, formare de’ nuovi, e far vedere ne’ medesimi varie<br />
stravaganze» 6 . I terremoti possono far nascere monti, fiumi e isole e<br />
«sconvolta la terra per li continui moti, aprir possono le voragini anche sotto<br />
il mare, ed inghiottire le acque, e così il mare ritirarsi». Intere città e<br />
1 Ib. Questa opera è andata perduta.<br />
2 Id., p. 481. Su Paolo Boccone, cfr. A. OTTAVIANI, Re<strong>di</strong> e la tra<strong>di</strong>zione naturalistica. Dai<br />
Lincei a Paolo Boccone, in W. Bernar<strong>di</strong>-L. Guerrini (a cura <strong>di</strong>), Francesco Re<strong>di</strong>. Un<br />
protagonista della scienza moderna. Documenti, esperimenti, immagini, Firenze, Olschki,<br />
1999, pp. 141-158.<br />
3 Id., p. 482.<br />
4 Ib.: «gli effetti veramente <strong>di</strong>mostrano la somiglianza grande tra i fuochi sotterranei, e quei<br />
del fulmine, o degli altri, che nell’aria si accendono».<br />
5 Id., p. 483.<br />
6 Id., p. 486.<br />
242
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
montagne possono allora scomparire nelle caverne sotterranee e alle volte<br />
«aperta la Terra, ed assorbuto tutto quello, che stava nella <strong>su</strong>perficie, tornata<br />
a chiudersi non mostrò quelche aveva già assorbito» 1 .<br />
Grazie all’etere ogni trasformazione <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>perficie terrestre trova la <strong>su</strong>a<br />
razionale spiegazione.<br />
Gimma si ferma a questo punto: il ‘plutonismo’ non rientra nelle <strong>su</strong>e corde,<br />
per quanto tutti gli elementi che porteranno Moro qualche anno dopo ad<br />
elaborare la <strong>su</strong>a interessante teoria dell’emersione dei continenti (e a<br />
risovere in questo modo anche l’annoso problema dei corpi fossili) fossero<br />
nelle <strong>su</strong>e analisi già presenti. In conclusione si possono in<strong>di</strong>viduare questi<br />
punti: il <strong>su</strong>go petrifico proposto da Gimma non interviene affatto per creare<br />
dal nulla esseri che fungano da ponte fra mondo minerale e mondo vegetale<br />
o animale. Esso si limita a ‘costruire’ corpi petrosi che possono essere anche<br />
giganteschi (le montagne) ma sempre intervenendo <strong>su</strong> materiale adatto. Gli<br />
sconvolgimenti che colpiscono la <strong>su</strong>perificie terrestre possono essere<br />
immani (terremoti e maremoti) e sono <strong>su</strong>fficienti a spiegare la presenza <strong>di</strong><br />
corpi marini anche <strong>su</strong>i monti, senza dover ipotizzare false soluzioni quali<br />
una attività generativa spontanea della natura. Per risolvere questo problema<br />
non è neanche necessario ricorrere al Diluvio universale che, oltretutto,<br />
risale ad un tempo così antico che non è <strong>di</strong> alcuna utilità per spiegare la<br />
presenza degli scheletri pietrificati dei corpi marini. L’atteggiamento <strong>di</strong><br />
Gimma sembra così essere improntato ad un prudente agnosticismo<br />
scientifico: le Sacre Scritture ci testimoniano della realtà del Diluvio<br />
universale, per cui non è lecito dubitare <strong>di</strong> esso. Le scienze, da parte loro, e<br />
la storia non ci forniscono elementi <strong>su</strong>fficienti per decidere in proposito.<br />
Gimma opera una scelta ponderata facendo del Diluvio una sorta <strong>di</strong> punto <strong>di</strong><br />
partenza posto all’origine della storia umana (<strong>di</strong> quella post-<strong>di</strong>luviana,<br />
naturalmente). Si <strong>di</strong> indagare il mondo pre-<strong>di</strong>luviano riconducendolo <strong>di</strong> fatto<br />
nell’ambito dei <strong>di</strong>scorsi teologici (o, se si preferisce, nell’ambito delle<br />
favole) e non <strong>di</strong> quelli scientifici. Infine, un ruolo assolutamente<br />
fondamentale viene da Gimma assegnato all’etere, ricostruendo così forse<br />
per la prima volta esplicitamente, un legame forte con la speculazione <strong>di</strong><br />
Tommaso Cornelio e degli Investiganti napoletani, con la me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong><br />
1 Id., p. 490.<br />
243
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Carlo Musitano, da una parte, e delle innovative ricerche <strong>di</strong> Antonio<br />
Vallisneri dall’altra.<br />
3. «Machinae quidem <strong>su</strong>nt Animalia»: me<strong>di</strong>ci contra cartesianos<br />
Diciassette anni dopo aver pubblicato il primo tomo delle Dissertationes e<br />
due anni dopo la Fisica sotterranea (ma la ste<strong>su</strong>ra è contemporanea),<br />
Gimma dà alle stampe un secondo tomo <strong>di</strong> Dissertationes academicae,<br />
<strong>di</strong>viso in due parti, la prima delle quali, la Dissertatio tertia. De brutorum<br />
anima, et vita, contiene una problematica tra le più interessanti tra quelle<br />
affrontate dall’abate carmelitano.<br />
L’obiettivo <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> questo secondo tomo è la dottrina cartesiana<br />
dell’anima delle bestie, oggetto <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>scussioni a partire almeno<br />
dall’ultimo decennio del XVII secolo: Gimma la colloca tra le ‘favole’, in<br />
un territorio extra-scientifico 1 .<br />
In hoc ergo secundo multa scitu <strong>di</strong>gna de anima brutorum aperit; his animam<br />
sensitivam, naturalemque instinctum conce<strong>di</strong>t; non sine intellectu, cognitione,<br />
immo et libertate sensitiva, sive materiali, <strong>su</strong>amque sententiam fuse, et nervose<br />
contra cartesianos probat Vir doctissimus 2 .<br />
Il <strong>su</strong>o percorso, dopo aver riba<strong>di</strong>to con Bacon che la scienza è <strong>di</strong>retta «non<br />
fingendum, aut excogitandum; sed inveniendum quid natura faciat, aut<br />
quaerat» 3 , comprende tutte le favole sotto le quali questa questione è stata,<br />
nel corso dei secoli, nascosta: «veteres enim confuderunt animas, et bruta<br />
non solum hominibus aliqui; sed et plantis cre<strong>di</strong>derunt similia; alii etiam ex<br />
1<br />
Sul problema dell’anima nella filosofia europea del XVII e XVIII secolo, cfr. H.<br />
KIRKINEN, Les origines de la conception moderne de l’homme machine. Le problème de<br />
l’âme en France à la fin du regne de Louis XIV (1670-1715), Helsinki, Suomalainen<br />
Tiedeakatemia, 1960; in G. RICUPERATI, Il problema della corporeità dell’anima dai<br />
libertini ai deisti, in Il libertinismo in Europa…, cit., pp. 369-415. Sulla questione<br />
dell’animale macchina, cfr. i classici A. VARTANIAN, Diderot e <strong>Descartes</strong>…, cit. e L.<br />
COHEN-ROSENFIELD, From Beast-Machine to Man-Machine. Animal Soul in French Letters<br />
from <strong>Descartes</strong> to La Mettrie, New York, Oxford University Press, 1941.<br />
2<br />
Lectori can<strong>di</strong>do D. Joannes-Baptista Bonazza, in G. GIMMA, Dissertationes<br />
accademicae…, t. II, s. p.<br />
3<br />
Id., p. 2. Come ho già avuto occasione <strong>di</strong> notare, il motto <strong>di</strong> Bacon è tratto dal testo <strong>di</strong> R.<br />
BOYLE, Experimenta et Considerationes de Coloribus…, cit.; cfr. <strong>su</strong>pra, Introduzione, pp.<br />
13-14, nota 2. Il testo porta, per un errore <strong>di</strong> stampa, Galilaeus per Boylaeus, come viene<br />
riportato nell’index errorum notabilium posto all’inizio del volume.<br />
244
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
recentioribus et sen<strong>su</strong>m, et animam brutis ipsis penitus denegarunt, licet<br />
eadem sin oculis manifesta» 1 .<br />
È possibile <strong>di</strong>stinguere tre momenti in questa Dissertatio che possono essere<br />
così <strong>su</strong>d<strong>di</strong>visi: definizione, dal punto <strong>di</strong> vista teologico, dell’anima, con la<br />
<strong>su</strong>a tra<strong>di</strong>zionale partizione in anima razionale, sensitiva, vegetativa;<br />
definizione del punto <strong>di</strong> vista filosofico delle proprietà dell’anima sensitiva;<br />
critica dell’argomento cartesiano dell’anima dei bruti. Quanto all’ultimo<br />
punto, Gimma non legge <strong>di</strong>rettamente <strong>Descartes</strong>, ma utilizza ampiamente le<br />
opere <strong>di</strong> Pourchot e Le Grand.<br />
Per il primo punto, l’abate as<strong>su</strong>me la <strong>di</strong>stinzione aristotelico-tomista<br />
dell’anima in vegetativa, sensitiva e razionale: ognuna <strong>di</strong> queste funzoni<br />
espleta anche un ruolo nell’economia animale. L’anima vegetativa, in<br />
particolare,<br />
omnibus communiorem existimarunt animam vegetativam, quia vivere, et<br />
procreare sibi similem naturale est, et cunctis commune: omne enim, quod est, ut<br />
inquit D. Augustinus […], naturaliter desiderat <strong>su</strong>um esse conservare; ita ut<br />
miserrimi nolint inerire; sed potius miseriam eorum auferri. In viventibus autem<br />
cum vivere sit esse, qui vitam producere non valent, <strong>su</strong>am speciem propagare<br />
instituto intendunt 2 .<br />
Aristotelico-tomista è anche la <strong>su</strong>ccessiva precisazione: «In homine eadem<br />
numero est anima vegatativa, sensitiva, et rationalis; ita et in Brutis<br />
animalibus eadem numero est anima vegetativa, et sensitiva […]. Anima<br />
ideo sensitiva nobilior est vegetativa, quia continet vegetativam, et maiores<br />
facultates, sive potentias. Sic rationalis anima omnbius est nobilior, quia<br />
omnes continet» 3 .<br />
La teoria neoplatonica – ma con Antoine Le Grand Gimma la estendeva<br />
anche a Talete, Pitagora, Platone – dell’anima del mondo , veniva <strong>su</strong>bito<br />
relegata nel dominio del favoloso: «Existimarunt enim anima quandam esse<br />
1 G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, p. 16. E ancora: «fabulosa quidem<br />
plurima docuerunt veteres de anima tum vegetabilium, tum brutorum, et hominum unde<br />
quaestionem red<strong>di</strong>dertun per<strong>di</strong>fficilem quae et philosophos et theologos maximopere<br />
occupavit». E ancora: «corpora, quae animam habent, vivere quoque <strong>di</strong>cuntur; sicuti mors<br />
est eorundem <strong>di</strong>ssolutio. Vita ideo anima non potest haberi, quia ab anima pendet, et de<br />
viventium vita hic agimus; nonnulli enim vitam significare etiam existimant mores,<br />
animam, alimentum, spatium viven<strong>di</strong>, et fortunam, quae viventibus aci<strong>di</strong>t».<br />
2 Id., p. 17.<br />
3 Id., p. 21.<br />
245
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
mun<strong>di</strong> generalem qua plantae vegetant, et crescunt: animalia nutriuntur, et<br />
sentiunt, et homines quoque informantur, et intelligunt» 1 . Favolosa anche<br />
l’altra opinione per la quale equiparavano l’anima degli animali e quella<br />
degli uomini considerando entrambe incorporee 2 . Favolose, infine, anche le<br />
opinioni <strong>di</strong> coloro che «ab<strong>su</strong>rde <strong>di</strong>xerunt nihil omnino esse animam» (gli<br />
atomisti, ma Gimma non lo rende manifesto) 3 .<br />
Con Tommaso, si deve dunque riba<strong>di</strong>re che l’uomo possiede l’anima che,<br />
dunque, essa esiste, è immortale e <strong>di</strong>stinta in vegetativa, sensitiva e<br />
razionale 4 ,<br />
statuerunt hanc doctrinam Theologi, et fabulosa non est anima sensitiva, quam<br />
philosophi quidam aut nulla esse defendunt in animalibus, aut nulla prae<strong>di</strong>tam<br />
facultate 5 .<br />
L’anima dell’uomo «qua vegetat, et sentit, et intelligit» 6 è in<strong>di</strong>viduale ed è<br />
creata da Dio 7 ; le anime razionali «non fuerunt ante corpora a Deo creatae;<br />
sed in ipsis corporibus singillatim creantur, et infunduntur» 8 . Falsa dunque<br />
l’opinione <strong>di</strong> Plotino e dei platonici secondo la quale «ex coelo <strong>su</strong>premo<br />
immittantur in corpora», ma ancor più falsa era la sentenza secondo la quale<br />
l’anima razionale è prodotta «a virtute seminis humani» 9 .<br />
Gimma si sbarazza delle favole e riconosce statuto <strong>di</strong> verità alle teorie<br />
aristotelico-tomiste. Passa poi a <strong>di</strong>mostrare la sostanziale concor<strong>di</strong>a tra<br />
teologia e filosofia naturale. Per l’anima razionale egli conferma la <strong>su</strong>a<br />
completa accettazione delle «Theologorum, et Patrum sententias»<br />
1 Ib.<br />
2 Id., p. 22: «si aliqua esset <strong>di</strong>fferentia, non ab essentia; sed ab accidentibus». Sulla<br />
presenza <strong>di</strong> Le Grand a Napoli cfr. <strong>su</strong>pra, cap. I, p. 49, nota 2.<br />
3 Id., p. 23: «totum hoc nomen inane, frustraque et animalia, et animantes appellari; neque<br />
in homine insesse animum, vel animam, nec in bestia».<br />
4 Id., p. 24: «statuerunt quoque […], quod eadem numero est vegetativa, sensitiva, et<br />
rationalis in homine: sic et in brutis vegetativa, et sensitiva: nobiliorem ideo esse vegetativa<br />
sensitivam, quia haec maiores habet potentias: sic rationalem longe omnibus nobiliorem<br />
propter easdem, et alias con<strong>di</strong>tiones».<br />
5 Ib.<br />
6 Id., p. 24. Poco dopo, Gimma conferma questa acquisizione dei teologi, «animam unicam<br />
in homine esse formaliter quidem rationalem, virtute vero vegetantem, et sentientem».<br />
7 Id., p. 30: «rationales animae, omissis quibusdam falsis opinionibus, quas referunt<br />
Conimbricenses […] recipiunt esse a Deo per creationem».<br />
8 Ib.<br />
9 Id., p. 31.<br />
246
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
<strong>di</strong>chiarando esplicitamente: «ab<strong>su</strong>rda autem, aut quae non <strong>su</strong>nt ab Ecclesia<br />
approbata reiicimus» 1 .<br />
Sulle questioni attinenti l’anima dei bruti, però, ritiene legittimo parlar<br />
«philosophice» 2 . L’anima sensitiva appartiene sia agli animali, sia agli<br />
uomini, egli elenca le varie, <strong>di</strong>fferenti ipotesi, teologiche e scientifiche<br />
accogliendo sostanzialmente quella <strong>di</strong> Thomas Willis 3 . Non gli argomenti<br />
dei teologi o dei filosofi, dunque, ma quelli sostentuti dall’autore del<br />
Cerebri anatome 4 egli utilizza per <strong>di</strong>mostrare gli errori commessi da<br />
<strong>Descartes</strong>.<br />
Per Willis l’anima sensitiva è materiale e mortale, nasce con il corpo e con<br />
questo muore. Segue in questo Gassen<strong>di</strong> secondo il quale l’anima sensitiva è<br />
materiale e «corpori coextensam», fuoco o spirito sottile: «animam esse<br />
quandam flammulam, ignisve tenuissimi speciem quae quam<strong>di</strong>u viget, seu<br />
manet accensa, tam<strong>di</strong>u vivit animal, cum amplius non vigeat, seu<br />
extinguatur, animal moritur» 5 . Secondo Willis l’anima sensitiva è composta<br />
<strong>di</strong> particelle sottili e attive e percorre i condotti del corpo <strong>di</strong>ffusi in tutto il<br />
corpo 6 . Essa è responsabile del funzionamento dell’organismo essendo<br />
catalizzatrice <strong>di</strong> un processo che inizia quando «plures particulae activae<br />
spirituosae, ac <strong>su</strong>lphureae cum aliquibus salinis ad animalitatem<br />
prae<strong>di</strong>spsitae in foco idoneo convenerunt» per il quale «ad<strong>di</strong>t ipse Willis,<br />
quod animae corporeae actus, seu materiae vitalis incen<strong>di</strong>um in Brutis<br />
perfectioribus sanguine calido prae<strong>di</strong>tis ita clare, ac aperte cum calore<br />
1<br />
Id., p. 33.<br />
2<br />
Ib.: «philosophiche nunc brutorum animam consideramus, et autorum sententiam iuxta<br />
eorum assertionem refferre curamus».<br />
3<br />
Ib.: «et nos, qui ex ore aliorum scribere volumus, et alienas opiniones referre, ea, quae<br />
ipse Willis scripsit, in compen<strong>di</strong>um re<strong>di</strong>gimus, ne nova in me<strong>di</strong>um ferre videamur».<br />
4<br />
Gimma legge T. WILLIS, Clarissimi viri Thomae Willis, doctoris me<strong>di</strong>ci, philosophiae<br />
naturalis professoris, Sedleia. Oxon. Necnon inclyti Med. Coll. Lon<strong>di</strong>n. & Societatis Regiae<br />
Socii: de anima brutorum, quae hominis vitalis ac sensitiva est, exercitationes duae,<br />
quarum prior philosophica, eiusdem naturam, partes, potentias, & affectiones, tra<strong>di</strong>t:<br />
altera pathologica, morbos qui ipsams sedem eius primariam, nempe cerebrum &<br />
nervo<strong>su</strong>m genus afficiunt, explicat, eorumque Therapeias instituit, Lugduni, <strong>su</strong>mptibus<br />
Joannis Antonii Huguetan, & soc., 1676; cfr., G. GIMMA, Sylva I…, cit., pp. 207-209. Non<br />
cita, invece, l’altra celebre opera <strong>di</strong> Willis , Pathologiae cerebri et nervosi generis<br />
specimen: in quo agitur de morbis convulsivis et de scorbuto, dove il me<strong>di</strong>co inglese<br />
approfon<strong>di</strong>sce questi aspetti; cfr. T. WILLIS, Opera me<strong>di</strong>ca et phisica in varios tractatus<br />
<strong>di</strong>stribuita, 2 voll., Lugduni, Io.-A. Hugueton, 1676.<br />
5<br />
G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, p. 33.<br />
6<br />
Cfr. G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, p. 33.<br />
247
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
insigni […] vitamque non tam flammae similem, quam ipsammet eandem<br />
esse crederet» 1 . Estendendosi per tutto il corpo organico e nelle singole<br />
parti, l’anima sensitiva irra<strong>di</strong>a e vivifica gli umori. Questa anima, che è da<br />
considerare corporea, espleta tutte quelle operazioni che si è soliti in<strong>di</strong>care<br />
con il termine ‘istinto’ e altre funzioni corporee, «prout autem animantia<br />
<strong>su</strong>nt aliis plus, aut minus perfecta ita illorum animae <strong>di</strong>verso facultatum<br />
apparatu sin instructa» 2 . Anche per Gassen<strong>di</strong> «quod nempe vim sentien<strong>di</strong><br />
brutorum in sanguine, et spiritibus animalibus constituunt, animamque<br />
sentientem in purissima sanguinis portione, ut in quadam flamma vitali<br />
sitam esse existimant» 3 . Sede eminente <strong>di</strong> quest’anima è «in liquore vitali,<br />
sive sanguine in corde, arteriis, et venis, et liquore animali, sive <strong>su</strong>cco<br />
nerveo intra cerebrum». Questa anima, agisce come una luce che emana<br />
raggi luminosi. Questi ultimi, infatti, «ac nervis excerpti, quasi a vitris<br />
<strong>di</strong>optricis multisariam reflexi, vel refracti, propter facultatum animalium<br />
exercitia propter facultatum animalium exercitia <strong>di</strong>versimode<br />
configurantur» 4 .<br />
L’anima sensitiva è costituita dagli spiriti animali che hanno <strong>di</strong>versi uffici<br />
«nam intror<strong>su</strong>m pro sen<strong>su</strong>, extror<strong>su</strong>m pro motu [Willis] tribuit». Essi<br />
rappresentano i simulacra nel cervello, che è l’organo fondamentale delle<br />
attività animale 5 :<br />
1<br />
Id., p. 34: Willis pensa «quod animae corporeae existentia omnino ab actu, seu vita eius<br />
dependet, et hoc respectu flammae vulgari simillima videtur, in quantum scil. utriusque<br />
<strong>su</strong>bstantia quamprimum a motu omni cessaat, illico non est, et nullo modo eadem numero<br />
re<strong>di</strong>ntegrari potest. Huius ideo essentia a vita, tanquam a materiae cuiusdam <strong>su</strong>btilis<br />
incen<strong>di</strong>o incipit; cum nempe plures particulae activae spirituosae, ac <strong>su</strong>lphurae cum<br />
aliquibus salinis ad animalitatem prae<strong>di</strong>spositae in foco idonea convenerunt, modo ab alia<br />
anima velut accensae, modo <strong>su</strong>a sponte vitam concipiunt, quae deinceps pabulo <strong>su</strong>lphureo<br />
ab intus, nitroso ab extra <strong>su</strong>ppe<strong>di</strong>tatis aliquan<strong>di</strong>u perdurat, donec aut alter utrius horum<br />
defectu, aut propter vim foras illatam eadem quasi extincta statim perit».<br />
2<br />
Id., p. 35.<br />
3<br />
Ib.<br />
4<br />
Id., p. 36.<br />
5<br />
Ib.: «cum in cerebri me<strong>di</strong>tullio, eiusque penetralia sensibilium omnium icones, vel<br />
simulacra per nervorum ductus intromissa unt, primo corpora striata, tanquam vitrum<br />
obiectivum traiiciunt; deinde <strong>su</strong>pra corpus callo<strong>su</strong>m, velut parietem dealbatum<br />
repraesentantur, et rei sensatae perceptionem, simulque imaginationem quandam inducunt.<br />
Eadem simulacra, sive icones ibidem expressae, quoties nihil, nisi praeter metam obiecti<br />
cognitionem important, exinde mox ulterius, velut undulatione altera e corpore calloso<br />
ver<strong>su</strong>s cerebri corticem progressae, eiusque plicis recon<strong>di</strong>tae rei memoriam, et<br />
reminiscentiam constituunt, phantasmate evanescente. Sin vero species sensibilis<br />
imaginationi impressa quidquam boni, aut mali promittit, illico spiritus exciti, obiectum,<br />
248
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
mirabiles <strong>su</strong>nt innumerae fibrarum nervearum series, stupendo or<strong>di</strong>ne per singulas<br />
totius corporis partes <strong>di</strong>stributas, in quibus spiritus animale <strong>di</strong>scurrentes sen<strong>su</strong>s, ac<br />
motus munia exequuntur. Accuratam inde cerebri anatomen Willis describit, et<br />
spirituum ductus communes, et calles privatos; inde […] totius animae corporeae<br />
initia, et augumenta; necnon habitu<strong>di</strong>nes quasdam eius, et inclinationes innatas<br />
denota; inde animae flammam a Passionibus modo ampliari, modo contrahi<br />
osten<strong>di</strong>, et alia <strong>di</strong>ligenter aperit 1 .<br />
Dopo avere stabilito la natura corporea dell’anima sensitiva Gimma, sempre<br />
<strong>su</strong>lle orme <strong>di</strong> Willis, passa alla questione della «<strong>su</strong>bstantia, et cognitio<br />
brutorum». Passa, cioé, al confronto <strong>di</strong>retto con <strong>Descartes</strong>. L’anima<br />
razionale è capacità ‘<strong>di</strong>scorsiva’, mentre quella corporea «facultas omnis<br />
corporea ad res sensibiles, et unaquaeque ad certum genus rerum limitata<br />
est» 2 . Oggetto della conoscenza dell’anima razionale «est omne ens» 3 ; i<br />
gra<strong>di</strong> della conoscenza sono solitamente <strong>di</strong>stinti: «simplicium apprehensio,<br />
enunciatio, et <strong>di</strong>scur<strong>su</strong>s». La facoltà conoscitiva dell’anima corporea è la<br />
Phantasia o Imaginatio: una conoscenza limitata alle cose singolari e<br />
corporee che vengono raccolte sotto un’immagine non sempre veritiera 4 .<br />
Nell’uomo, l’anima razionale (con l’intelletto, <strong>su</strong>o strumento principe) ha il<br />
compito <strong>di</strong> correggere gli errori della fantasia e può pensare «Deum,<br />
Angelos, seip<strong>su</strong>m, infinitum, aeternitatem aliasque notiones, a sen<strong>su</strong>, ac<br />
imaginatione longissime remotas». L’anima razionale pensa «res<br />
immateriales […], immaterialem, et immortalem animae rationalis<br />
<strong>su</strong>bstantiam, sive naturam arguit» 5 ; la Phantasia conosce solo ciò che è<br />
sensibile: l’animale è in grado in certa mi<strong>su</strong>ra <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere, ad esempio,<br />
l’uomo dagli altri animali, l’amico dal nemico. L’intelletto umano giu<strong>di</strong>ca<br />
del vero e del falso e, soprattutto, è capace <strong>di</strong> azione riflessiva <strong>su</strong> se stesso,<br />
«se cogitare cogitat, Deum infinitum, et aeternum esse, ipsi cultum deberi,<br />
Angelos reperiri, aliasque notiones mere spirituales comprehen<strong>di</strong>t».<br />
cuius appul<strong>su</strong> commoventur, sepiciunt, eiusque amplexan<strong>di</strong>, <strong>su</strong>mmoven<strong>di</strong> gratia spiritibus<br />
aliis intra ductus noerverum, afflui, et <strong>su</strong>ccessive aliis membrorum, partiumque motricium<br />
insiti, motuum respective ineundorum mandata citissime deletant».<br />
1<br />
Id., pp. 36-37.<br />
2<br />
G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, p. 37.<br />
3<br />
Ib.: «sive sit illud <strong>su</strong>blunare, sive <strong>su</strong>perlunare, materiale, aut immateriale; verum, aut<br />
fictitium; reale, aut intentionale».<br />
4<br />
Ib. «Sic […] coelum mari, aut horizonti contiguum sidera non plus horizonte nobis<br />
<strong>di</strong>stare, nullos respectu nostri antipodas esse imaginamur».<br />
5<br />
Id., p. 38.<br />
249
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
È in questa capacità che va posta l’unica possibile <strong>di</strong>stinzione tra l’anima<br />
razionale che appartiene solo all’uomo e quella corporea che gli uomini<br />
hanno in comune con animali: «mens enim humana exculta, scientias, et<br />
artes liberales edocta intelligit, <strong>di</strong>squirit, et operari valet» 1 . Questa<br />
<strong>di</strong>stinzione tra intellectus e imaginatio, oltre che <strong>su</strong>lla conoscenza, si<br />
riverbera anche <strong>su</strong>lla volontà: «ita vulgo statuitur duplex appetitus, scil.<br />
voluntas, quae ab intellectu procedens, animae rationalis affecta, et appetitus<br />
sensitivus, qui imaginationi cohaerens animae corporeae manus, sive<br />
procuratrix perhibetur» 2 . L’anima corporea si sottomette a quella razionale<br />
nell’attività conoscitiva, ma non sempre nella volizione e nell’azione che<br />
inclinano «ad carnem». L’anima razionale può ridurre la corporea sotto il<br />
<strong>su</strong>o imperio grazie ai precetti dei filosofi, alle prescrizioni della morale e<br />
della religione 3 . Ed è proprio il conflitto sempre latente fra l’anima razionale<br />
e quella corporea può segnare il momento <strong>di</strong> massima tensione dell’identità<br />
personale, quando le passioni <strong>di</strong>ventano perturbationes animi e impe<strong>di</strong>scono<br />
una scelta ponderata <strong>su</strong>l bene e <strong>su</strong>l male 4 .<br />
Gimma rias<strong>su</strong>me: l’anima sensitiva dei bruti ha <strong>su</strong>e specifiche proprietà;<br />
esse, presenti in maniera potenziata anche nell’uomo, sono poste sotto il<br />
1<br />
Ib. Le scienze e le arti liberali a cui Gimma fa riferimento sono «Dialecticae […] argutiae,<br />
philosophiae naturalis, quae res per causas explicat: Metaphysices theoremata profunda, et<br />
magna aliarum scientiarum mysteria: sic de reliquis innumeris, et de mechanicis technas,<br />
inventa, artificia mirabilia. Anima humana praeclare intelligere, <strong>di</strong>squirere, et invenire, res<br />
tupendas efficere potest. Bruta motiones, agen<strong>di</strong>sque intentiones pauciores tantum, et<br />
simpliciores, et eas semper unius generis, et ad unum determiantas eliciunt, rerum causas<br />
ignorant, societatis poticiae leges: vestimenta non induunt, alimenta non coquunt, et tria<br />
numerare nesciunt».<br />
2<br />
Id., p. 41.<br />
3<br />
Id., p. 42.<br />
4<br />
Id., p. 41: «affectus omnes vehementes, sive perturbationes animi, quibus ipse<br />
commoveri, atque huc illuc propter bonum presequendum, malumve fugiendum inclinari<br />
solet, omnino ad animam corpream spectantes eandem cum phantasia sedem intra cerebri<br />
me<strong>di</strong>tuttlim obtinere videntur; interim intellectus, sictu phantasmata omnia intuetur, et pro<br />
arbitrio <strong>su</strong>o <strong>di</strong>spnit […], ita concupiscentias omnes, passionumque fluctus etiam intra<br />
phantasiam commoveri solitos non modo percipit; sed dum <strong>su</strong>i iuris est moderatur, et<br />
gubernat; cumque adeo affectus hos probat, illos reiicit, alios modo excitat, modo<br />
compescit, aut in fines quosdam <strong>di</strong>vertit, <strong>di</strong>catur, et ipsa anima rationalis per huiusmo<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ctata <strong>su</strong>a quosdam voluntatis, aut arbitrii actus exercere, ipsaque eodem velle, aut nolle,<br />
quae ipsius permis<strong>su</strong>, aut ius<strong>su</strong> sensitivus appetitus concupiscit, aut aversatur». Sulla<br />
grande tra<strong>di</strong>zione che identifica la passione e la malattia con la perturbatio animi, referente<br />
assolutamente fondamentale è naturalmente M. TULLI CICERONIS, Tuscolanarum<br />
<strong>di</strong>sputationum, in particolare III.IV.7 (cfr., Le tuscolane, a cura <strong>di</strong> Fabio Demolli, Milano,<br />
Bompiani, 1993, pp. 158-160).<br />
250
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
controllo dell’anima razionale. Le potenze dell’anima sensitiva sono solo<br />
quelle «apprehensiva, et secundum motiva». Al primo gruppo appartengono<br />
i cinque sensi 1 . Interessanti, a questo proposito, le riflessioni <strong>su</strong>lla luce<br />
(«vi<strong>su</strong>s obiectum est visibile, et visibilium <strong>su</strong>nt lux, lumen, et color. Lux<br />
habetur a sole, et flamma; lumen est lucis imago, et eius <strong>su</strong>biectum est<br />
corpus transparens; lumen autem transparentis extremitatem illuminans<br />
colorem existentem in extremitate opaci contigui visibilem red<strong>di</strong>t, et pars<br />
illuminata est color; neque aliud est color, quam <strong>di</strong>versa lucis terminatio in<br />
transparenti, aut opaco» 2 ) e <strong>su</strong>l tatto (che viene accostato al gusto),<br />
particolare per la capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernere le sensazioni piacevoli e quelle<br />
dolorose:<br />
tactus omnibus animalibus necessarius, ut sine eo, et gustu, qui quidam tactus est,<br />
vivere non possint; per ip<strong>su</strong>m enim vitae contraria fugit, et amica prosequitur; et<br />
tactu fiunt omnes in animali fere voluptates, et venerea […]. Est autem tactus<br />
potentia sensitivae animae apprehensiva qualitatis tangibilis in nervo expanso ad<br />
instar retis per totum corpus me<strong>di</strong>ante carne; exces<strong>su</strong>s autem in proportione sen<strong>su</strong>m<br />
corrumpit: <strong>di</strong>sconveniens dolorem causat: debite proportionaturm, delectationem 3 .<br />
La potenza ‘apprehensiva’ viene definita senso interno, senso comune 4 ,<br />
potenza sensitiva interiore che conosce le cose quando esse sono assenti:<br />
«Potentia sensitiva interior, quae sensibilia in eorum absentia apprehen<strong>di</strong>t:<br />
nam a sensibus exterioribus recepta per nervos organorum ad cerebrum<br />
usque conscendunt, ubi cum sensibus interioribus etiam remotis sensibilibus<br />
sensatione causant» 5 . Essa è <strong>su</strong>d<strong>di</strong>visa in facoltà: la facoltà immaginativa<br />
serve a rappresentare le «species» degli oggetti che sono percepiti dai sensi<br />
esterni; la ‘cogitativa’ serve, giu<strong>di</strong>cando della bontà o della pericolosità<br />
delle rappresentazioni, a decidere ad esempio per la prosecuzione del<br />
cammino o per la fuga; la memorativa permette <strong>di</strong> operare rettamente<br />
«species retinendo cuiuscumque obiecti, sive praesentis, sive absentis» 6 .<br />
1<br />
G. GIMMA, Dissertationes accademicae…, t. II, p. 42: «Sen<strong>su</strong>s autem aut <strong>su</strong>nt externi, aut<br />
interni: quinque numerati <strong>su</strong>nt externi».<br />
2<br />
Ib.<br />
3<br />
Id., p. 43.<br />
4<br />
Id., p. 46: «Sen<strong>su</strong>s interni <strong>di</strong>cuntur Facultates Egemonicae, sive Rectrices, Gubernatrices,<br />
et Superiores, et a quibusdam duo assignantur, ut Plato in Timaeo, nempe Sen<strong>su</strong>s<br />
communis, seu Phantasia et Memoria».<br />
5<br />
Ib.<br />
6 Id., pp. 46-47.<br />
251
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Gimma chiosa Willis: «In animali perfecto tot <strong>su</strong>nt actiones, quot <strong>su</strong>fficiunt<br />
ad vitam illius, quia natura non deficit in necessariis». Gli animali agiscono<br />
innanzitutto per conservare la vita e a questo è <strong>di</strong>retta la facoltà<br />
apprehensiva dell’anima sensitiva e i cinque sensi esteriori attraverso i quali<br />
«faciliter recipiat species visibilium et est Sen<strong>su</strong>s communis; altera, quae<br />
illas retineat; et conservet; et est Phantasia, sive Imaginatio». Queste<br />
sarebbero <strong>su</strong>fficienti se l’animale non dovesse fare altro che cercare ciò che<br />
è utile e piacevole affidandosi ai sensi, ma poiché egli deve anche <strong>di</strong>fendersi<br />
dai pericoli «ponitur potentia Aestimativa, et ad conservandum eas<br />
Memorativa, quae thesaurus est apprehensionum nocivi, vel utilis, et<br />
commo<strong>di</strong>» 1 .<br />
Quanto alla seconda potenza dell’anima sensitiva, la «motivam secundum<br />
locum», questa è legata all’appetitus che, nel caso dell’appetitus animalis<br />
vel sensitivus, viene a <strong>su</strong>a volta <strong>su</strong>d<strong>di</strong>viso in concupiscibile 2 ed irascibile 3 .<br />
Questi due poli costituiscono anche le coor<strong>di</strong>nate delle passioni che dal loro<br />
conflitto trovano origine: esse «non aeque in hominibus, et in brutis<br />
observantur; licet hominum tantummodo sint propriae. Organum<br />
concupiscibilis, et irascibilis circa cor, vel ip<strong>su</strong>m cor esse putant Veteres,<br />
quia cor in actibus eorum <strong>di</strong>latatur, et constringitur; et sanguis ab<br />
exterioribus ad cor, vel a corde ad exteriora remittitur: hinc timi<strong>di</strong> pallent, et<br />
irati excandescunt» 4 .<br />
Sul tema delle passioni, Gimma calca la <strong>su</strong>a analisi <strong>su</strong> quella cartesiana.<br />
In<strong>di</strong>vidua alcune partizioni che ritiene <strong>di</strong> maggiore rilievo e le segue. La<br />
1 Id., p. 47. Non è qui possibile <strong>di</strong>ffondersi qui <strong>su</strong>ll’analisi particolareggiata delle quattro<br />
facoltà, così mi limiterò a sottolineare la funzione della terza: «Aestimativa <strong>di</strong>citur vis<br />
quaedam naturalis, seu instinctus naturae, quo Bruta res aliquas percipiunt, quae <strong>su</strong>b sen<strong>su</strong>s<br />
non cadunt; eaque <strong>di</strong>scernunt cum quibus amicitiam, vel inimicitiam aliquam habent. Sic<br />
ovis ex speciebus lupi, colore scil. figura, et aliis inimicitiam non sensatam eliciens, ip<strong>su</strong>m<br />
fugit». Una sorta <strong>di</strong> teorizzazione dell’istinto quale forza destinata eminentemente alla<br />
conservazione.<br />
2 Id., p. 57: «Concupiscibilis est naturalis potentia animae sensitivae, quae ten<strong>di</strong>t ad<br />
consequendum bonum particulare sensibile, verum, vel apparens; maxime tamen<br />
delectabile, et ad fugiendum malum sensibile, vel doloro<strong>su</strong>m apprehen<strong>su</strong>m tale per sen<strong>su</strong>m<br />
interiorem».<br />
3 Ib.: «Irascibilis est potentia animae sensitivae, quae realiter inclinatur ad prosequendum<br />
bonum delectabile, sensibile, arduum, utile, vel honestum, etiam si delectabile non sit: et ad<br />
fugiendum malum arduum et <strong>di</strong>fficile. Imperat Concupiscibilis moveri ad ea, quae videntur<br />
bona, et necessaria: Irascibilis mandat fugam eorum, quae <strong>su</strong>nt contraria, et nociva».<br />
4 Ib.<br />
252
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
prima ‘mappatura’ <strong>di</strong>stingue sei passioni principali 1 : tre «ex parte boni»,<br />
cioè Amore, Desiderio e Gioia; tre, invece, «ex parte mali» e sono O<strong>di</strong>o,<br />
«Fuga vel abominatio» e Tristezza 2 . L’Amore è la prima passione e la ra<strong>di</strong>ce<br />
<strong>di</strong> tutte le altre; per quanto attiene l’appetitus irascibilis, cinque sono le<br />
«operationes, vel passiones»: la Speranza, la Disperazione, il Timore,<br />
l’Audacia e l’Ira, la quale è causata dalle altre passioni, come effetto dalle<br />
cause precedenti 3 .<br />
Ricorda in secondo luogo quelle ‘congetture’ secondo le quali la sede delle<br />
passioni è nel cervello e non nel cuore e rileva che, in tal modo, però, non<br />
sarebbe possibile <strong>di</strong>stinguere i pensieri dagli impulsi 4 :<br />
Ideoque in cerebro excitatur, deinde per nervos ad reliquas corporis partes defertur<br />
motus, praesertim ad cor, quod cum varie contrahatur, vel <strong>di</strong>latetur, prout <strong>di</strong>versi<br />
exurgunt affectus, ideo affectuum sedem in corde potissimum sitam esse docuerunt<br />
plurimi 5 .<br />
Lampante è il riferimento a <strong>Descartes</strong> nell’ultima partizione delle passioni.<br />
Il filosofo non viene citato: «Sex autem animi affectus simplices numerant<br />
nonnulli», e queste sono: «Admiratio, Amor, O<strong>di</strong>um, Cupi<strong>di</strong>tas, Gouduria,<br />
et Laetitia» 6 . Quando un qualcosa <strong>di</strong> nuovo e <strong>di</strong> insolito viene percepito dai<br />
sensi la <strong>su</strong>a ‘specie’ sarebbe impressa nel cervello e l’attività della mente<br />
verrebbe quasi sospesa nella contemplazione della novità: in questo modo<br />
sorgerebbe la meraviglia. Se questa novità ri<strong>su</strong>lta gra<strong>di</strong>ta nasce l’Amore, se<br />
ingrata l’O<strong>di</strong>o 7 e così per le altre 1 .<br />
1 Id., p. 57: «Appetitus concupiscibilis sex esse actus, sive operationes affirmant, quae<br />
ducuntur communiter passiones, eo quod ad eas communiter sequitur transmutatio<br />
corporalis, scil. <strong>di</strong>latatio, et constrictio».<br />
2 Ib.<br />
3 Id., p. 58: «Appetitus enim concupiscens vel circa <strong>su</strong>um obiectum versatur, abstrahendo<br />
ab eo, quod sit praesens, vel absens, et est Amor respectu boni, O<strong>di</strong>um respectu mali; vel<br />
spectat prout absens, et est Desiderium respectu boni, Abominatio respectu mali; vel<br />
attingit tanquam praesens, et est Gau<strong>di</strong>um respectu boni, Tristitia respectu mali. Appetitus<br />
irascens versatur circa obiectum spectatum, ut arduum; vel igitur in illud, tanquam<br />
possibile, et nascitur Spes, vel tanquam obtentu <strong>di</strong>fficile, et oritur Timor; vel occupatur<br />
circa malum praesens vin<strong>di</strong>candum; et nascitur Ira, quae nullam habere <strong>di</strong>cunt passionem<br />
oppositam; sed Man<strong>su</strong>edo esset irae correctio, eique opposita».<br />
4 Ib.: «Affectus animi non in corde, sed in cerebro excitari putant alii: nam motus, aut<br />
impulsio cum animi cogitationibus coniungitur».<br />
5 Ib.<br />
6 Ib.<br />
7 Id., p. 59: «Amor est quaedam consonantia, seu complacentia in bono sensibili delectabili<br />
253
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Le passioni attengono all’anima sensitiva e dunque al corpo. Le ‘congetture’<br />
<strong>di</strong> Willis non contrad<strong>di</strong>cono la partizione artistotelico-tomista, e sono<br />
con<strong>di</strong>liabili con la tesi <strong>di</strong> funzionalità <strong>di</strong>fferenti per le pati razionale;<br />
sensitiva e vegetativa dell’anima. Esse; in definitiva, si conciliano con<br />
l’attribuzione ai bruti della sola anima sensitiva che è corporea e mortale 2 .<br />
<strong>Descartes</strong> aveva negato che i bruti avessero l’anima, aveva riconosciuto al<br />
solo uomo l’anima razionale e, pur ritenendo essa sia congiunta con tutto il<br />
corpo, aveva in<strong>di</strong>cato il luogo dell’anima il luogo occupato dall’anima nel<br />
corpo, ossia la ghiandola pineale («sed eam specialiter in glandula pineali<br />
functiones <strong>su</strong>as obire» 3 ). Questo perché, secondo <strong>Descartes</strong>, questa<br />
ghiandola è unica e situata al centro del cervello, per cui «species per<br />
geminata sen<strong>su</strong>um organa exceptae in ea conjungi pos<strong>su</strong>nt» 4 . Gimma replica<br />
innanzitutto che le teorie cartesiane relative ai bruti, non sono sostenute da<br />
adeguate osservazioni, né lo è la teoria relativa alla sede dell’anima<br />
simpliciter, seu communiter apprehenso, idest absque consideratione <strong>di</strong>fficultatis<br />
praesentia, vel absentiae. Talis complacentia <strong>di</strong>citur Amor, qui est primus motus appetitus<br />
concupiscibilis, et fundamentum omnium actuum, ac passionum […]. Secundum alios<br />
Amor est quaedam animi commotio spirituum animalium motu excitata, qua quisque cum<br />
obiecto sibi convenienti, et amato coniungi cupit; sicut per O<strong>di</strong>um ab eo, quod sibi invi<strong>su</strong>m<br />
est rece<strong>di</strong>t: amamus enim, quod bonum est […]; aversamur vero, quod malum est».<br />
1 Id., p. 59. Anche in questo caso Gimma non legge l’opera <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong> bensì E.<br />
POURCHOT, Institutiones philosophicae…, cit., t. III, p. 388-389 (Physices. Sect. III cap.<br />
IV): «Sex numerari pos<strong>su</strong>nt animi affectus simplices, et primitivi, scilicet admiratio, amor,<br />
o<strong>di</strong>um, cupi<strong>di</strong>tas, gau<strong>di</strong>um, sive potius laetitia, ut cum Stoicis loquar, et tristitia, ex quibus<br />
caeteri oriuntur. Ita Cartesius Tract. de passionibus animi, 2 par. art. 69. Probatur. Affectus<br />
simplices, et primitivi <strong>su</strong>nt ii, qui primario in mente nascuntur, et a quibus caeteri oriuntur,<br />
ut modo definitum est. Atqui sex numerari pos<strong>su</strong>nt huiusmo<strong>di</strong> affectus simplices, qui non<br />
oriuntur ab aliis, et a quibus caeteri <strong>su</strong>nt oriun<strong>di</strong>: scilicet admiratio, amor, o<strong>di</strong>um, cupi<strong>di</strong>tas,<br />
gau<strong>di</strong>um, seu laetitia, et tristitia. Nam ubi primum res aliqua nova, et insolita sensibus<br />
observatur, tum illius species imprimitur in cerebro, ad eam spiritus confertim irruunt, ac<br />
mens in illam <strong>di</strong>utius intenta quodammodo <strong>su</strong>spen<strong>di</strong>tur, et in illius perceptione detinetur:<br />
hincque nascitur primus omnium affectus, admiratio. Deinde rem illam vel tanquam nobis<br />
convenientem, et gratam, vel tanquam ingratam, et repugnantem intuemur. Si priori modo<br />
eam spectemus, oritur amor; si posteriori, o<strong>di</strong>um excitatur. Praeterea illius rei vel<br />
a<strong>di</strong>piscendae, si bona sit, vel declinandae, si sit noxia, desiderium, seu cupi<strong>di</strong>tas sequitur.<br />
Tum si aut bona comparetur, aut mala removeatur, sit gau<strong>di</strong>um, seu laetitia. Tandem si nec<br />
acquiratur bona, nec arceatur mala, tunc animum occupat tristitia. Ergo sex illi affectus<br />
primarii numeari pos<strong>su</strong>nt, a quibus caeteri derivantur». Sulle interpretazioni napoletane<br />
delle Passioni dell’anima cartesiane, cfr. S. SERRAPICA, Note napoletane alle ‘Passioni<br />
dell’anima’…, cit.<br />
2 Cfr. id., pp. 68-71. Gimma in questo caso si richiama all’autorità dei Conimbricensi.<br />
3 Id., p. 72.<br />
4 Ib.<br />
254
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
razionale: la ghiandola pineale non è assolutamente <strong>su</strong>fficiente nella<br />
complessa organizzazione cerebrale, a spiegare le attività dell’anima<br />
razionale e il <strong>su</strong>o rapporto con il corpo.<br />
Gimma contrappone la concezione tomista del bruto dotato <strong>di</strong> anima<br />
sensitiva a quella cartesiana dell’animale macchina. Entrambe riconoscono<br />
che l’animale conosce, ma i primi: «ad naturae instinctum recurrunt, alii ad<br />
Machinas» 1 .<br />
Agli animali appartine dunque l’anima sensitiva e dunque l’istinto, ma<br />
anche la conoscenza ‘apprehensiva’. In questo Gimma prende le <strong>di</strong>stanze<br />
dai Conimbricensi, e in generale dagli aristotelici, che attribuiscono<br />
all’animale esclusivamente l’istinto, e dai cartesiani «qui sen<strong>su</strong>m, et<br />
cognitionem, et animam negant» 2 .<br />
L’anima sensitiva avvicina uomini e bestie più <strong>di</strong> quanto ritenessero gli<br />
aristotelici e li allontana entrambi dalle piante che non sentono<br />
propriamente, ma posseggono una specie <strong>di</strong> sensibilità al freddo e al calore<br />
intenso, che le indeboliscono e le conducono alla morte 3 .<br />
Le acquisizioni in campo anatomico e me<strong>di</strong>co contengono le prove<br />
dell’inadeguatezza delle favole <strong>di</strong> aristotelici e cartesiani.<br />
L’anima sensitiva è in una posizione interme<strong>di</strong>a rispetto a quella vegetativa,<br />
da una parte, e a quella razionale, dall’altra, per cui possiede caratteristiche<br />
comuni ad entrambe. Essa possiede al più alto grado le perfezioni e le<br />
facoltà dell’anima vegetativa: «nutritio, augumentatio, generatio», mentre<br />
possiede quelle dell’anima razionale - intelletto, memoria e volontà -<br />
‘obscuriora’ 4 . Gli animali posseggono la memoria, il giu<strong>di</strong>zio, la fantasia e<br />
altre facoltà che si è soliti chiamare senso interno. L’anima sensitiva, insiste<br />
Gimma con Willis, «cum homine communis est, et quae omnino a corpore<br />
pendere, cum ipso nasci, et mori, singulas eius partes actuare, et plane<br />
corporea esse videtur, ad <strong>di</strong>fferentiam rationalis animae, quae in homine<br />
tantum est, <strong>su</strong>perior immaterialis, et immortalis; etsi eadem hominis anima<br />
1 Id., p. 74.<br />
2 Id., p. 75.<br />
3 Id., p. 77.<br />
4 Id., pp. 77-78. «Unde intellectus, et memoria, quia non <strong>su</strong>nt in perfectiori gradu in<br />
sensitivis, <strong>di</strong>cuntur umbra, imago intellectus, et memoriae rationalis, et sic animatum ip<strong>su</strong>m<br />
sensitivum, nempe animal, non potest <strong>di</strong>ci rationale, sed appellatur animal brutorum» (id.,<br />
p. 78).<br />
255
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
unica sit, formaliter quidem rationalis, virtute vero vegetans, et sensitiva» 1 .<br />
Grazie ai sensi gli animali hanno una loro forma <strong>di</strong> conoscenza che, seppure<br />
non perfetta rispetto a quella razionale, «respectu vero eorundem brutorum<br />
perfecta aliquomodo <strong>di</strong>ce potest, quia ipsis propria est, et <strong>su</strong>fficiens ad <strong>su</strong>as<br />
operationes eliciendas» 2 .<br />
L’istinto da solo non spiega il comportamento osservabile negli animali.<br />
Essi si spiegano, al contrario, se noi attribuiamo ad esse una forma sia pure<br />
ru<strong>di</strong>mentale <strong>di</strong> inten<strong>di</strong>mento 3 . Se avessero ragione, e se «solo instictu, et<br />
sine cognitione operarentur Bruta», sarebbe <strong>su</strong>perfluo «frustra ipsis<br />
tribueretur anima sensitiva, frustra sen<strong>su</strong>s interni, et externi, et frustra ex<br />
internis Extimativa, et aliae facultates» 4 . Al contrario, lo stesso istinto non<br />
avrebbe valore senza le facoltà dell’anima sensitiva e le <strong>su</strong>e proprietà<br />
principali: quella ‘apprehensiva’ e quella ‘motiva’. La prima, perché afferra<br />
l’oggetto della rappresentazione, «vel species», che viene partito nelle<br />
cinque potenze particolari, i sensi esterni 5 . Bisogna dunque riconoscere che<br />
negli animali l’istinto è unito con l’intelletto, il giu<strong>di</strong>zio e la fantasia ed essi<br />
operano grazie all’intelletto sensibile e alle altre facoltà che sono loro<br />
proprie 6 . Così le «Passiones animae» esse <strong>di</strong>pendendo dall’‘appetito<br />
1 Id., p. 80.<br />
2 Ib.: «Per sen<strong>su</strong>s bruta aliquam habent cognitionem, et obscurum intellectum: ope sen<strong>su</strong>um<br />
operantur, et in <strong>su</strong>is operationibus umbra, simulacrum, similitudo cognitionis elucet».<br />
3 Cfr. id. pp. 80-86.<br />
4 Id., p. 86. E ancora: «Operarentur quidem non ex anima, sed ex instinctu; non ab anima<br />
moverentur, sic anima sensitiva non esset agens in brutis. Animae sensitivae proprietates<br />
<strong>su</strong>nt Apprehensiva, et secundum locum Motia […]. Sen<strong>su</strong>s interni <strong>di</strong>cuntur facutlates<br />
gubernatirices: si ideo solus instinctus gubernaret, frusora tribuerentur Phantasia, vel<br />
Imaginativa, Aestimativa, et Memorativa, quae <strong>su</strong>nt etiam animae sensitivae facultates. Qui<br />
tre has animae facultates negat, animam negat: eadem anima est Imaginatio, Aestimatio, et<br />
Memoria. Demptis animae facultatibus anima ipsa tollitur, aut inutilis est, et non agens, sed<br />
passiva; et non agentem animam, sed passivam dat Brutis Antonius Le Grand». Antoine Le<br />
Grand, cui ho già accennato a proposito <strong>di</strong> Musitano, è, con Pourchot, il grande tramite<br />
attraverso il quale Gimma (ma probabilmente non solo lui) attinge alla speculazione<br />
cartesiana.<br />
5 Ib.<br />
6 Id., p. 88: «Non est hoc ab<strong>su</strong>rdum» insiste Gimma «quia aliud est intellectus sensitivus,<br />
aliud rationalis; unde non quia intellectum habent bruta, rationem hoinis habent. Intellectus,<br />
mens, cognitio, iu<strong>di</strong>cium brutorum <strong>di</strong>cuntur umbra, similitudo cognitionis hominum, tu<br />
<strong>di</strong>ximus, quia est cognitio imperfecta, facta comparatione cum hominum cognitione, quae<br />
perfecta est. Cum autem cognitionem sensitivam negant, eam admittere coguntur, adeoque<br />
ea, quae per instinctum agunt, sine cognitione sensitiva fieri non pos<strong>su</strong>nt. Ut hoc<br />
ostendamus, <strong>di</strong>fferentiam Intellectus sensitivi ab Intellectu rationali proponimus ex<br />
sententia eorundem Aristotelicorum». L’abate sottolinea: «Intellectus noster, scil. rationalis<br />
256
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
sensibile’ e sono pertinenti all’anima sensitiva sono in comune agli uomini e<br />
alle bestie: infatti negli animali si è osservato così l’amore, come l’o<strong>di</strong>o 1 .<br />
Assegnando, le passioni all’anima sensitiva (e con le passiones anche le<br />
perturbationes) Gimma preserva l’anima razionale che rimane intangibile<br />
dalla follia e dalle perversioni del corpo. All’anima razionale va anche<br />
riconosciuto il pieno esercizio del libero arbitrio: «Aliâ libertate gaudere non<br />
pos<strong>su</strong>nt, quia tantum circa materialia versantur, dum <strong>su</strong>nt ex or<strong>di</strong>ne<br />
sensitivorum, non altiori, sicut homines» 2 .<br />
L’anima sensitiva è la capacità <strong>di</strong> organizzare le conoscenze acqisite al fine<br />
della propria conservazione. E Willis ha <strong>di</strong>mostrato, osservando il<br />
comportamento degli animali e stu<strong>di</strong>ando l’anatomia del loro cervello; che<br />
questa capacità è presente anche negli animali.<br />
Distinguit […], quod aliqua eorum cognitio sit ingenita, scil. propter quosdam u<strong>su</strong>s<br />
vitae prorogandae necessarios a Summo Creatore infusa, et characteris instar ipsis<br />
illorum naturis a prima formatione impressa, quae vulto Naturalis instinctus solet<br />
appellari; alia acquisita, quae nempe sensibilium incur<strong>su</strong>, imitatione, experientia,<br />
institutione humana, aliisque mo<strong>di</strong>s paulatim e<strong>di</strong>scitur, et ad maiorem in his, quam<br />
in illis perfectionis gradum evehitur: in quibusque tamen haec Cognitio acquisita,<br />
uti et solertia omnino ab instinctu naturali dependet, eiusque crebro u<strong>su</strong>, et habitu<br />
exculti, et paulo amplius provecti tantum ascretiones esse videntur 3 .<br />
Si deve allora ridefinire il concetto <strong>di</strong> istinto naturale che è una ‘generalis<br />
notio’, innata, preposta alla conservazione dell’animale: una ‘<strong>di</strong>vina lex’<br />
provvidenziale insita in tutte le creature 4 .<br />
percipit naturas communes, et abstractas a materia singulari: quod vero materiale est, ut est<br />
cras<strong>su</strong>m, et limitatum, ita nonnisi singulare corporeum, et materiale apprehen<strong>di</strong>t. Item<br />
noster intellectus format conceptum rerum immaterialium ut Dei, et <strong>su</strong>bstantiarum<br />
separatarum, percipitque talia obiecta omni <strong>di</strong>mensione libera, sine figura, colore, aliave<br />
corporeae molis affectione».<br />
1<br />
Id., p. 99.<br />
2<br />
Id., p. 91.<br />
3<br />
Id., p. 96.<br />
4<br />
Id., p. 96: «<strong>di</strong>vinae haec lex providentiae creaturis omnibus in<strong>di</strong>ta». In questo modo gli<br />
animali riescono a <strong>di</strong>fendersi non solo dalle fiere, ma anche dalle con<strong>di</strong>zioni ambientali<br />
avverse e persino a curarsi con le erbe me<strong>di</strong>cinali. In seguito, l’istinto naturale viene<br />
arricchito dalle conoscenze acquistate tramite i sensi, per cui si può concludere, secondo<br />
Gimma, che alcune operazioni sono svolte dagli animali «per instinctum; sed non sine<br />
aliquo ju<strong>di</strong>cio, intellectus sensitivi, lumine» (cfr. id., pp. 96-99).<br />
257
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
La critica della teoria cartesiana non poteva essere più netta. Errato negare<br />
agli animali sensi e inten<strong>di</strong>mento e considerarli solo macchine; errato<br />
considerare le loro azioni meccaniche e pensare che non non avvertano<br />
dolore o gioia 1 . Errato equiparare gli animali ai minerali, poiché questi<br />
ultimi non sono esseri viventi, mentre i primi sì.<br />
Gli animali non sono orologi che segnano «sine sen<strong>su</strong>, seu anima horas» 2 .<br />
Questi filosofi, <strong>di</strong>ce Gimma, negano quel che i nostri occhi vedono e le<br />
nostre orecchie sentono 3 .<br />
Opiniones autem quae nihil habent probabilitatis, non <strong>su</strong>nt defendendae, cum<br />
potius sine figmenta, nullaque ratione probentur. Dicunt, quod potuit creare Deus<br />
machina, qua brutorum operatones imitentur, et bruta non sint. Concludunt inde: si<br />
potuit, ergo creavit 4 .<br />
C’è, allora, un altro senso in cui gli animali sono effettivamente macchine,<br />
esattamente come lo sono gli uomini e le piante, quello precisato da Borelli:<br />
«Omnia membra fuerunt mechanice formata a natura, et homo, et animal<br />
machinae <strong>su</strong>nt pluribus machinis compositae secundum varias naturales<br />
functiones» 5 : macchine composte da macchine più piccole, che hanno<br />
bisogno <strong>di</strong> un principio <strong>di</strong> movimento. A partire da questa definizione, gli<br />
animali sono macchine così come lo sono gli uomini ed entrambi<br />
posseggono un’anima.<br />
Machinae quidem <strong>su</strong>nt animalia, quod Aristoteles etiam affirmavit; sed ab anima<br />
<strong>di</strong>riguntur 6<br />
1<br />
Id., p. 119. Anche in questo caso la fonte è Pourchot: «Ita refert Edmundus Purchotius<br />
Senonensis in Institut. Philosoph. Tom. 3 Physic Sect. 2 cap. I» (ib.). Non è stato il filosofo<br />
francese il primo, e in questo conviene Pourchot, a sostenere questa teoria: lo spagnolo<br />
Gomez Pereira nel 1554 aveva pubblicato l’Antoniana Margarita in cui veniva presentata<br />
una teoria simile a quella <strong>di</strong> <strong>Descartes</strong>, e ancor prima questa teoria era stata sostenuta da<br />
Diogene il Cinico il quale «teste Plutarcho […] belluas non intelligere, nec sentire<br />
affirmabat». Cfr. G. BELGIOIOSO, Cultura a Napoli…, cit., p. 36.<br />
2<br />
Id., p. 124.<br />
3<br />
Id., p. 121.<br />
4<br />
Id., pp. 126-127.<br />
5<br />
Id., p. 128. E ancora: «Machinae <strong>su</strong>nt etiam plantis, quibus et vegetare, et ali pos<strong>su</strong>nt, et<br />
organa nisi haberent pro <strong>su</strong>cci circulatione, nutriri non possent, nec vivere» (ib.).<br />
6<br />
Id., p. 136.<br />
258
Eru<strong>di</strong>zione e storia naturale<br />
Ancora una volta, gimma ricorre ad un me<strong>di</strong>co, a Borelli (ma nelle<br />
macchine composte da macchine più piccole c’è anche l’eco <strong>di</strong> Malpighi)<br />
che ha stu<strong>di</strong>ato la vera anatomia umana ed animale e ha <strong>di</strong>mostrato che<br />
«causa effectiva motus Animalium sit Anima, cum animantia per animam<br />
vivant, et durante vita motus in esi perseveret: extincto vero animali, idest<br />
non amplius anima operante, machina animalis omnino iners, et immobilis<br />
relinquitur» 1 .<br />
1 Id., p. 137.<br />
259
260<br />
Conclusione<br />
Il secondo volume delle Dissertationes Accademicae vede la luce il 1732.<br />
Come ho già detto, la <strong>su</strong>a prima parte è de<strong>di</strong>cata a una critica<br />
dell’argomento cartesiano della’animale-macchina. Gli autori a cui Gimma<br />
guarda sono soprattutto tre: E. Pourchot, che gli fornisce la più compiuta<br />
presentazione della filosofia cartesiana e insieme argomenti fondamentali<br />
nella <strong>su</strong>a critica anche, ma non solo, per i ‘precedenti storici’ della teoria.<br />
Antoine Le Grand: la Institutio philosophiae secundum principia D. Renati<br />
<strong>Descartes</strong> <strong>di</strong>venta il testo <strong>di</strong> riferimento per l’interpretazione del<br />
cartesianesimo – o almeno <strong>di</strong> un certo cartesianesimo – illuminando così le<br />
questioni che maggiormente inquietavano Gimma e non solo Gimma.<br />
Infine, Thomas Willis, vero autore car<strong>di</strong>ne per il pensiero dell’abate, le cui<br />
ricerche forniscono gli strumenti concettuali per proporre una concezione<br />
dell’anima sensitiva che – formalmente conforme a quella <strong>di</strong> Tommaso<br />
d’Aquino – presenta notevoli elementi <strong>di</strong> interesse: il riconoscimento della<br />
corporeità dell’anima sensitiva (che spesso Gimma definisce tout court<br />
come anima dei bruti) viene innestata da Gimma <strong>su</strong> una duplice tra<strong>di</strong>zione,<br />
quella aristotelica anzitutto, cui l’abate non rinuncia mai, e quella<br />
napoletana che scorre <strong>su</strong>lla linea Borelli-Cornelio dall’altra con l’importante<br />
presenza-fulcro <strong>di</strong> Musitano e Vallisneri.<br />
L’Italia, come ricorda Ricuperati, è stata la patria <strong>di</strong> Pomponazzi e<br />
Cardano 1 , è in Italia che «la cultura investigante legge Cartesio alla luce del<br />
naturalismo rinascimentale» e «l’interesse per le teorie della vita e per una<br />
soluzione <strong>di</strong> tipo non dualistico è per esempio presente nei Progymnasmata<br />
physica <strong>di</strong> Tommaso Cornelio, dove si utilizza la teoria degli spiritus per<br />
spiegare tutti i fenomeni della vita, accentuando, rispetto a Cartesio, la loro<br />
funzione in ogni operazione vitale, dal moto alla sensibilità,<br />
all’intelligenza» 2 .<br />
1 G. RICUPERATI, Il problema della corporeità dell’anima…, cit., p. 405: da Pomponazzi e<br />
Cardano «derivano quasi tutti gli elementi essenziali per il <strong>su</strong>ccessivo <strong>di</strong>battito <strong>su</strong>lla<br />
corporeità e perfino <strong>su</strong>ll’impostura religiosa sia nel mondo francese sia in quello inglese».<br />
2 Id., pp. 406-407.
Conclusione<br />
L’abate non fa un passo del genere, ma consegnando all’anima sensitiva una<br />
serie <strong>di</strong> funzioni intellettive – memoria e fantasia – egli prosegue <strong>su</strong>lla<br />
strada <strong>su</strong> cui si erano avviati Cornelio, Di Capua, ma anche Antonio Conti.<br />
Se, però, la polemica degli Investiganti era <strong>di</strong>retta soprattutto contro l’idea<br />
della passività della materia aristotelica, in questo caso la prospettiva viene<br />
rovesciata: materia e movimento non sono <strong>su</strong>fficienti a spiegare la<br />
complessità delle attività del corpo e della mente dell’animale (e<br />
dell’uomo). L’opinione <strong>di</strong> Le Grand, secondo la quale l’anima degli animali<br />
non è che la ri<strong>su</strong>ltante della giusta <strong>di</strong>sposizione delle parti del corpo<br />
(«Sentien<strong>di</strong> autem, et moven<strong>di</strong> Facultas (quae apud nonnullos Animae<br />
Sensitivae nomine venit) in Animalibus, in debita partium videlicet<br />
nervorum, musculorum, spirituum, fibratum, artuum, aliorumque organorum<br />
<strong>di</strong>spositione consistit» 1 ) viene rifiutata a favore <strong>di</strong> una prospettiva che, se è<br />
errato definire ‘vitalistica’, complica notevolmente l’immagine classica<br />
dell’animale-macchina. Questa complicazione è tanto più rilevante in<br />
quanto è presente in un pensatore che non ha mai avuto nell’originalità<br />
dell’elaborazione il <strong>su</strong>o punto <strong>di</strong> forza. Sia pure attraverso la rielaborazione<br />
<strong>di</strong> dottrine per certi aspetti <strong>su</strong>perate Gimma aveva indubbiamente colto un<br />
elemento <strong>di</strong> crisi. L’anima sensitiva, poi, si qualifica nell’abate per quella<br />
‘generalis notio’ quella ‘<strong>di</strong>vina lex’ che regge le sorti, in<strong>di</strong>viduali,<br />
dell’animale, favorendone la conservazione. Un tema questo che, in altra<br />
prospettiva, era presente in quella che rimane l’opera più ambiziosa <strong>di</strong><br />
Gimma: la Fisica sotterranea, e che giunge alle seconde Dissertationes<br />
forse tramite la Philosophia aetherea <strong>di</strong> cui però non si hanno notizie.<br />
La complessa Storia naturale delle gemme, un punto <strong>di</strong> arrivo delle ricerche<br />
dell’abate è, forse, l’opera che manifesta con maggiore chiarezza le<br />
contrad<strong>di</strong>zioni del <strong>su</strong>o percorso: da una parte c’è il deciso rifiuto della<br />
favola del ludus naturae, la negazione che le pietre possano qualificarsi<br />
come esseri viventi, soprattutto c’è una <strong>di</strong>screta ma lapidaria presa <strong>di</strong><br />
posizione <strong>su</strong>lla questione del Diluvio universale: è un problema che tocca la<br />
Teologia, non la filosofia naturale. Non spiega la presenza dei fossili e,<br />
soprattutto, non serve alla spiegazione ‘scientifica’ dei fenomeni connessi.<br />
Dall’altra parte c’è il ricorso al ‘<strong>su</strong>go petrifico’, vera e propria ipotesi ad<br />
1 A. LE GRAND, Institutio philosophiae secundum principia D. Renati <strong>Descartes</strong>…, cit., p.<br />
487.<br />
261
Conclusione<br />
hoc, interessante escamotage intellettuale che però mostrerà ben presto i<br />
<strong>su</strong>oi limiti. La <strong>di</strong>scussione <strong>su</strong>l seme delle piante non era nuova, e Vallisneri<br />
già nel 1712 <strong>di</strong>ceva quella che, nella prospettiva <strong>di</strong> Gimma, poteva<br />
considerarsi una sorta <strong>di</strong> parola conclusiva:<br />
Il seme delle pietre, io credo, che sieno i loro sali, e non un artifizio organico come<br />
è quello delle piante e degli animali. Certamente che anch’esse hanno un principio<br />
attivo, che <strong>di</strong>spone la materia a formare più una figura che un’altra, e questo<br />
principio è il loro sale determinato d’una tale figura. Così veggiamo che altre<br />
formano sempre esagoni, altre pirami<strong>di</strong>; altre figure ovate, rotonde; lunghe etc, e<br />
particolarmente i cristalli […]. Così pure fanno le marchesite. V’è dunqeu un<br />
principio interno <strong>di</strong>sponente, e questo principio non può essere altro che salino, e<br />
questo gerit vicem seminis, ma in <strong>di</strong>versa maniera, come ho detto, delle piante e<br />
de’ viventi 1 .<br />
La linearità della spiegazione <strong>di</strong> Vallisneri, a prescindere dalla <strong>su</strong>a ‘vali<strong>di</strong>tà’,<br />
fa risaltare convergenze e insanabili <strong>di</strong>vergenze con il pensiero dell’abate.<br />
Per Gimma il rapporto con Vallisneri è stato probabilmente il più importante<br />
dopo quelli avuti a Napoli durante i <strong>su</strong>oi anni <strong>di</strong> ‘appren<strong>di</strong>stato’; pure,<br />
sfogliando la Fisica sotterranea si nota <strong>su</strong>bito come le ‘spiegazioni’ <strong>di</strong><br />
Vallisneri, più che accettate o confutate esplicitamente, vengano poste<br />
accanto – per lo più – alle ‘fondate ragioni’ dell’autore. Soprattutto, la<br />
necessità <strong>di</strong> ipotizzare canali sotterranei che favorissero il trasporto delle<br />
acque (e dei fuochi) non doveva essere particolarmente gra<strong>di</strong>ta allo<br />
scienziato veneto. A questo proposito le 25 annotazioni <strong>di</strong> Iacopo Riccati<br />
all’e<strong>di</strong>zione del 1726 dell’opera <strong>di</strong> Vallisneri (Dell’origine delle fontane)<br />
pongono il problema con acume in<strong>su</strong>perato: tenuto conto dell’energia<br />
necessaria per l’innalzamento delle acque, c’è da chiedersi «quale<br />
sterminatissima forza ci vuole a far avanzare un passo a tutta l’acqua<br />
contenuta in un condotto lungo cinquecento miglia, obliquo e tortuoso ed in<br />
cui s’incontrano ad ogni passo innumerabili resistenze» 2 . Per risolvere<br />
questo problema, sia pure solo in riferimento alle acque che emergono in<br />
seguito a sconvolgimenti tellurici, Gimma ricorre all’attività dei fuochi<br />
sotterranei. Anche in questo caso, più che <strong>di</strong> errore, per l’abate si può<br />
1<br />
Lettera ad Louis Bourguet del 26 marzo 1712, in A. VALLISNERI, Epistolario…, cit., t. II,<br />
p. 147.<br />
2<br />
Citato in J. RICCATI – A. VALLISNERI, Carteggio (1719-1729)…, cit., p. 18.<br />
262
Conclusione<br />
parlare <strong>di</strong> ‘complicazione’ dell’apparato delle ipotesi che vengono impiegate<br />
per tenere unite due concezioni del mondo che sono conciliabili fino ad un<br />
certo punto: quella <strong>di</strong> Vallisneri e quella che, con ‘fondate ragioni’, viene<br />
ripresa da Kircher e riletta alla luce della tra<strong>di</strong>zione scientifico-naturalistica<br />
napoletana.<br />
Questa tensione è presente in tutte le opere <strong>di</strong> Gimma e si risolve spesso in<br />
un conflitto tra ‘fondate ragioni’, che però non sono <strong>su</strong>fficientemente<br />
illuminate dall’osservazione empirica, e dati dell’esperienza che però<br />
costringono lo scienziato a non fare quel fondamentale passo avanti che gli<br />
permette <strong>di</strong> elaborare una teoria compiuta. Le critiche rivolte dall’abate alle<br />
teorie della generatio aequivoca sono <strong>di</strong> grande interesse e la condanna è<br />
senza appello. Neanche le pietre si ‘generano spontaneamente’, figuriamoci<br />
gli esseri viventi. Sulla questione preformista però Gimma non prende una<br />
posizione chiara: in più punti della <strong>su</strong>a opera, che ho cercato <strong>di</strong> evidenziare,<br />
egli afferma che le parti del corpo si formano contemporaneamente e non<br />
<strong>su</strong>ccessivamente, per giustapposizione (come avviene invece per le pietre).<br />
Nonostante queste affermazioni, non si trovano nelle pagine <strong>di</strong> Gimma una<br />
precisa definizione del problema, neanche a proposito degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
Malpighi <strong>su</strong>lla citracula (blastoderma) dell’uovo. Pur con tutte le critiche<br />
(che in realtà riguardano la paternità della scoperta, più che la scoperta in<br />
sé), l’abate rimane legato alle teorie <strong>di</strong> Harvey. Insomma, né propriamente<br />
preformista, né propriamente epigenista.<br />
L’impegnativa riflessione storica e critica che accompagna il confronto <strong>di</strong><br />
Gimma con la me<strong>di</strong>cina del <strong>su</strong>o tempo ne caratterizza i pregi e i limiti: da<br />
una parte, critica degli elementi favolosi che permangono nella me<strong>di</strong>cina del<br />
tempo, lucida scepsi nei confronti della nascente embriologia per quanto<br />
riguarda la capacità umana <strong>di</strong> cogliere il primo momento della generazione,<br />
quin<strong>di</strong> atteggiamento <strong>di</strong>ffidente verso le ‘metafisiche dell’embrione’ che si<br />
erano generate dalle teorie <strong>di</strong> Harvey e Malpighi (atteggiamento con<strong>di</strong>viso,<br />
del resto, da quest’ultimo). Dall’altra, incomprensione della tensione latente<br />
fra i due in<strong>di</strong>rizzi me<strong>di</strong>ci che pure sono ricostruiti con tanta cura.<br />
La me<strong>di</strong>cina che fonda le <strong>su</strong>e ricerche <strong>su</strong>ll’anatomia e <strong>su</strong>lla filosofia<br />
sperimentale, come la intende Gimma, si avvia ad un momento <strong>di</strong> impasse.<br />
Ben presto l’anatomia quale <strong>di</strong>sciplina fondamentale della me<strong>di</strong>cina verrà<br />
messa in <strong>di</strong>scussione: anche Baglivi verrà letto non più per il <strong>su</strong>o notevole<br />
tentativo <strong>di</strong> fondare una me<strong>di</strong>cina meccanicista, la iatromeccanica, ma per le<br />
263
Conclusione<br />
<strong>su</strong>e intuizioni <strong>su</strong>i processi sintomatici. Théophile Bordeu (l’arguto e ironico<br />
protagonista <strong>di</strong>deroriano del Sogno <strong>di</strong> D’Alembert) in Francia, William<br />
Cullen in Inghilterra e Vincenzo Chiarugi in Italia si muovono in <strong>di</strong>rezione<br />
opposta a quella in<strong>di</strong>cata da Gimma e la vis me<strong>di</strong>catrix naturae, che pure<br />
aveva una funzione così importante nel pensiero <strong>di</strong> Borelli e Musitano viene<br />
slegata dal contesto teorico nel quale era fiorita in Italia, dove era comunque<br />
espressione <strong>di</strong> una forza materiale tesa alla conservazione dell’organismo,<br />
per <strong>di</strong>ventare strumento logico in<strong>di</strong>spensabile alla ricostruzione sintomatica<br />
della malattia. Ippocrate è ancora un modello, ma <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>cina che si<br />
contrappone, in certa mi<strong>su</strong>ra, alla fisica e Bordeu non mancherà, nelle <strong>su</strong>e<br />
Recherches <strong>su</strong>r le pouls, <strong>di</strong> marcare la <strong>di</strong>stanza fra sé e i gran<strong>di</strong> esponenti<br />
della iatromeccanica:<br />
L’organisme moderne laisse bien loin derrière lui les copistes et les commentateurs<br />
des […] Baglivi et autres de cette espèce, qui ont tant parlé de ressorts, d’élasticité,<br />
de battements, de fibrilles. Ces physiciens légers furent aussi éloignés des vrais<br />
principes de l’observatione, qui conduisent dans les détours des fonctions de<br />
l’économie animale, que des enfants qui jouent avec des morceaux de cartes, pour<br />
bâtir des petits châteaux, sont éloignés des belle règles d’architecture 1 .<br />
Gimma è figura <strong>di</strong> transizione tra l’eru<strong>di</strong>to cinquecentesco e secentesco<br />
(Fabio Colonna) e il nuovo scienziato. Quest’ultimo, sempre più autonomo<br />
da pastoie eru<strong>di</strong>te, è molto attento alle implicazioni metafisiche della<br />
scienza moderna, che rimangono però sempre <strong>su</strong>llo sfondo delle <strong>su</strong>e<br />
ricerche.<br />
La me<strong>di</strong>cina è per l’abate l’exemplum del percorso della scienza ed è non<br />
solo legittimo, ma anche necessario, ‘parlar philosophice’ <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina.<br />
1 T. BORDEU, Recherches <strong>su</strong>r le pouls, in Oeuvres complètes, 2 voll., Paris, Caille et Ravier,<br />
1828, I, p. 420; Su questi temi cfr. F. DUCHESNEAU, La physiologie des lumières.<br />
Empirisme, Modèles et Théories…, cit.; J. EHRARD, L'idée de nature en France…, cit.; S.<br />
MORAVIA, Filosofia e scienza umana nell'età dei lumi…, cit. e Il pensiero degli idéologues,<br />
Firenze, la Nuova Italia, 1974.<br />
264
265<br />
Opere <strong>di</strong> Giacinto Gimma<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
GIMMA G., Elogi accademici della Società degli Spensierati <strong>di</strong> Rossano, Napoli,<br />
nella Stamperia <strong>di</strong> Felice Mosca, 2 voll., 1703.<br />
J. U. D. Hyacinthi Gimma Barensis, Civitatis Neap. Advoc. Extraor<strong>di</strong>narii:<br />
Ruscianensis Incuriosorum Societatis Promotoris- Perpetui, &c.<br />
Dissertationum academicarum tomus primus, qui duas exhibet<br />
Dissertationes, nempe I. De hominibus fabulosis. II. De fabulosis animalibus,<br />
in qua legitur de fabulosa generatione viventium; et fabulae in Philosophiaesperimentali:<br />
praesertim in Hominum, & Animalium Historia naturali<br />
introductae, & observationibus refelluntur, Neapolis, in ae<strong>di</strong>bus Mutii, 1714.<br />
J. U. D. Hyacinthi Gimma Barensis, Civitatis Neap. Advoc. Extraor<strong>di</strong>narii:<br />
Ruscianensis Incuriosorum Societatis Promotoris- Perpetui, &c.<br />
Dissertationum academicarum tomus secundus, qui duas exhibet<br />
<strong>di</strong>ssertationes, nempe III. De brutorum anima, & vita. IV. Miscellanea. De<br />
hominibus, et animalibus fabulosis. Et fabulae in philosophia-experimentali,<br />
praesertim in hominum, & animalium Historia Naturali introductae, non sine<br />
ratione, & observationibus refelluntur. Illustriss., et reveren<strong>di</strong>ss. Domino<br />
D.Cono Luchino De Verme, Episcopo Ostuni, Summi Pontificis Episcopo<br />
Assistenti, Comiti Palatino, Equiti Aurato, J. U. D. Societatis Ruscianensis<br />
Incuriosorum Academico, &c., Neapoli, apud Felicem Muscam, 1732.<br />
Idea dell’Istoria dell’Italia litterata, Napoli, nella Stamperia <strong>di</strong> Felice Mosca,<br />
1723.<br />
Storia naturale delle gemme, delle pietre e <strong>di</strong> tutti i minerali, ovvero della<br />
Fisica sotterranea, Napoli, nella Stamperia del Muzio e poi nella Stamperia<br />
<strong>di</strong> Felice Mosca, 1730.<br />
Descrizione compen<strong>di</strong>osa degli quarantacinque tomi in foglio della<br />
Biblioteca universale del p. M. Coronelli. Coll’aggiunta dell’in<strong>di</strong>ce delli XIII<br />
volumi dell’Atlante Veneto [&c.], Roma 1704.<br />
All’Illustrissimo Signor Antonio Vallisneri Profess. Publ. <strong>di</strong> Med. Pratica<br />
nell’Università <strong>di</strong> Padova, Nobilissimo Accademico della Società Regia <strong>di</strong><br />
Londra, &c., Lettera del dottore signor D. Giacinto Gimma Canonico della<br />
Chiesa Metropolitana <strong>di</strong> Bari, Avvocato Straor<strong>di</strong>nario della Fedelissima<br />
Città <strong>di</strong> Napoli, Promotore della Società Rossanese, &c. in cui gli comunica<br />
la <strong>su</strong>a opinione intorno la vanità della Metoposcopia, e della Chiromanzia<br />
tanto Astrologiche, quanto Fisiche, e <strong>di</strong> tutte le altre Dottrine <strong>di</strong>vinatorie
Testi<br />
Bibliografia<br />
266<br />
anche naturali con mezo della Notomia, contro la commune sentenza de’<br />
Professori <strong>di</strong> esse, in «Galleria <strong>di</strong> Minerva», t. V, 1707, pp. 311-317.<br />
AUTOBIOGRAFIA DI NN, Biblioteca Nazionale <strong>di</strong> Bari ‘Sagarrica Visconti<br />
Volpi’, ms. I, 10, cc. 269-276.<br />
Nova Encyclopae<strong>di</strong>a, sive novus doctrinarum orbis in quo Scientiae omnes<br />
tam Divinae, quam Humanae, necnon et artes tum liberales, tum mechanicae,<br />
iuxta Veterum et Recentiorum inventa Libris VI pertractantur, Biblioteca<br />
Sagarrica – Visconti <strong>di</strong> Bari, Mss. I/113-116, sette volumi in quattro tomi.<br />
Sylvae rerum notabilium, Mss. I/50-54, 5 tomi in possesso della Biblioteca<br />
Sagarrica – Visconti <strong>di</strong> Bari.<br />
Acta philosophica Societatis Regiae in Anglia, anni MDCLXV, LXVI, LXVII,<br />
LXVIII, LXIX, auctore Henrico Oldenburgio, Societatis Reg. Secr. Anglice<br />
conscripta, et in latinum versa interprete C. S. nunc iterum, adjecto in<strong>di</strong>ce<br />
accurato, e<strong>di</strong>ta, Lipsiae, Sumptibus Johannis Fritschii, Bibliop. Typis<br />
Johannes Erici Hahnii, 1675.<br />
«Il Giornale de Letterati, per tutto l’Anno 1672», in Roma, per Nicolò<br />
Angelo Tinassi, 1672.<br />
Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica Academiae Naturae Curiosorum sive<br />
Ephemeridum Me<strong>di</strong>co-Physicarum Germanicarum curiosarum annus<br />
Primus. Anni scilicet MDCLXX mi continens celeberrimorum Me<strong>di</strong>courm in &<br />
estra Germaniam Observationes Me<strong>di</strong>cas & Physicas, vel Anatomicas, vel<br />
Botanicas, vel Pathologicas, vel Chirurgicas, vel Therapeuticas, vel<br />
Chymicas. Praefixa Epistola invitatoria ad celeberrimos me<strong>di</strong>cos Europae.<br />
Lipsiae <strong>su</strong>mpt. Viti Jacobi Trescheri Bibliopol. Wratislav. Typis Johannis<br />
Baueri. T. I, 1670.<br />
Miscellanea curiosa Medco-Physica academiae naturae curiosorum sive<br />
Ephemeridum Me<strong>di</strong>co-Physicarum Germanicarum curiosarum annus<br />
secundus anni scilicet MDCLXXI, continens Celeberimorum Me<strong>di</strong>corum &<br />
Eru<strong>di</strong>torum in & extra Germaniam Observationes Me<strong>di</strong>ca & Physicas, vel<br />
Anatomicas, vel Botancas, vel Pathologicas, vel Ghirurgicas, vel<br />
Therapeuticas, vel Chymicas. Praemissa <strong>su</strong>ccinta narratio Ortus &<br />
Progres<strong>su</strong>s Academiae Naturae Curiosorum cum legibus societatis, &<br />
nominibus collegarum, Ienae, <strong>su</strong>mptibus Esaiae Fellgibeli Bibliopolae<br />
Wratislav., typis Samuelis Kresii, Anno 1671, T. II.<br />
Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica sive Ephemeridum me<strong>di</strong>co-physicarum<br />
Germanicarum annus tertius, Anni scilicet MDCLXXII continens<br />
Celeberrimorum Virorum tum Me<strong>di</strong>corum tum aliorum Eru<strong>di</strong>torum in<br />
Germania & extra Eam, Observationes Me<strong>di</strong>cas Physicas Chymicas nec non
Bibliografia<br />
267<br />
Mathematicas. Accessit appen<strong>di</strong>x, in qua non nulla lectu haut in<strong>di</strong>gna aut<br />
ingrata occurrent, Lipsiae & Francofurti 1673, <strong>su</strong>mptibus Haeredum<br />
Schureri.Gozianorum & Johannis Fritzschii, typis Johann Georgii Drulmanni,<br />
T. III.<br />
Miscellanea curiosa Me<strong>di</strong>co-Physica Academiae naturae curiosorum sive<br />
Ephemeridum me<strong>di</strong>co-phisicarum Germanicarum annus quartus et quintus.<br />
Anni MDCLXXIII & MDCLXXIV continens celeberrimorum virorum tum<br />
me<strong>di</strong>corum tum aliorum Eru<strong>di</strong>torum in Germania & extra Eam<br />
Observationes me<strong>di</strong>cas physicas chymicas. Accessit appen<strong>di</strong>x, in qua nulla<br />
lectu haut in<strong>di</strong>gna aut ingrata occurrent, Francofurti & Lipsiae, Sumptibus<br />
Johannis Fritzschii, Bibliopolae Lipsiensi, anno 1676, T. IV.<br />
Miscellanea me<strong>di</strong>co-physica academiae naturae curiosorum Germaniae in<br />
quibus plurimae et novae Observationes, Me<strong>di</strong>cae, Chirurgicae, Anatomicae,<br />
Therapeuticae, Physicae, Chymicae & Botanicae, continetur, cum figuris<br />
Aeneis, Parisiis, Apud Ludovicum Billaine, in Palatio Regio, cum Privilegio<br />
regis Christianissimi, 1672.<br />
AUGENIO O., Epistolarum et con<strong>su</strong>ltationum me<strong>di</strong>cinalium, 2 tt., Venetijs, apud<br />
Damianum Zenarium, 1602.<br />
ASTORINI E., Elementa Eucli<strong>di</strong>s, novâ methodô, et compen<strong>di</strong>ariè olim demonstrata<br />
per F. Eliam Astorinum carmelitam consentinum; nunc verò ab ipso eodem<br />
auctore recognita, et emendata. Neapoli, ex typografia Felicis Mosca, 1701.<br />
BACON F., Francisci Baconi de Verulamio, Vice-Comitis S. Albani, Summi Angliae<br />
Cancellarii,Opera Omnia, Quae extant: Philosophica, Moralia, Politica,<br />
Historica. Tractatus nempe de Dignitate & Augmentis Scientiarum. Novum<br />
Organum Scientiarum, cum Parasceve ad Historiam Naturalem &<br />
Experimentalem. Historia Ventorum. Historia Vita & Mortis. Scripta de<br />
Naturali & Universali Philosophia. Sylva Sylvarum, sive Historia Naturalis.<br />
Nova Atlantis. Historia Regni Henrici VII Regis Angliae: Opus vere<br />
Politicum. Sermones fideles, sive Interiora Rerum. Tractatus de Sapientia<br />
Veterum. Dialogus de Bello Sacro. Opus illustre in felicem memoriam<br />
Elisabetha Reginae. Imago Civilis Iulii Caesaris. Imago Civilis Augusti<br />
Caesaris. In quibus complures alii tractatus, quos brevitatis causa<br />
praetermittere vi<strong>su</strong>m est, comprehensi <strong>su</strong>nt. Hactenus nunquam conjunctim<br />
e<strong>di</strong>ta, Iam vero Summo stu<strong>di</strong>o collecta, uno volumine comprehensa & ab<br />
innumeris Men<strong>di</strong>s repurgata. Cum In<strong>di</strong>ce Rerum ac Verborum Universali<br />
absolutissimo. His praefixa est auctoris vita, Francofurti ad Moenum,<br />
impensis Joannis Baptistae Schonwetteri, Typis Matthaei Kempfferi, 1665.<br />
Opere filosofiche, 2 tt., a cura <strong>di</strong> E. De Mas, Bari, Laterza, 1965.<br />
BAGLIVI G., Me<strong>di</strong>c.. Theoric. in Romano Archyliceo Prof. Societatis Regiae<br />
Lon<strong>di</strong>nensis Academ. Imp. Leop. et Collegae. Opera Omnia Me<strong>di</strong>co-practica,
Bibliografia<br />
268<br />
et anatomica e<strong>di</strong>tio septima, Lugduni, Sumptibus Anisson, et Iohannes<br />
Po<strong>su</strong>el, 1710.<br />
De l’accroissement de la médecin pratique, Traduction nouvelle par la Dr. J.<br />
Boucher, Précedé d’une introduction <strong>su</strong>r l’influence du baconisme en<br />
médecine, Paris, Labé, Librairie de la faculté de médecine, 1851.<br />
BARTHOLIN G., De ovariis mulierum, Epistola anatomica, Roma, typis Pauli<br />
Monetae,1671.<br />
BARTHOLIN T., Thomae Bartholini Acta Me<strong>di</strong>ca et Philosophica Hafniensia, Ann.<br />
1671 et 1672 et 1673, Hafniae, <strong>su</strong>mptibus Petri Hanbold, typiis Georgii<br />
Gö<strong>di</strong>ani, 2 tt., 1675.<br />
De insolitis partus humani viis <strong>di</strong>ssertatio nova Accedunt cl.v. Johannis<br />
Veslingi Equitis De pullitie Aegyptorum; & aliae ejusdem Observationes<br />
Anatomicae & Epistolae Me<strong>di</strong>cae postumae. Hagae Comitium, Apud Petrum<br />
Gosse, Bibliopolam, 1740.<br />
Thomas Bartholinus, Anatome in primis institutionibus b.m. parentis C.<br />
Bartholini ad circulationem harvejanam et vasa lymphatica, Lugduni<br />
Batavorum, Aacklana, 1673.<br />
Thomae Bartolini, Anatome ex omnium veterum et recentiorumque<br />
observationibus inprimis institutionibus b.m. Parentis C.Bartholini ad<br />
circulationem harvejanam et vasa lynphatica. Quartum renovata, Lugduni<br />
Batavorum, ex officina Hackiana, 1673.<br />
BARTOLI D., Scritti, a cura <strong>di</strong> E. Raimon<strong>di</strong>, Milano-Napoli, Ricciar<strong>di</strong>, 1960; 2 a ed.<br />
Torino, Einau<strong>di</strong>, 1977.<br />
La ricreatione del savio in <strong>di</strong>scorso con la natura e con Dio, libri due del P.<br />
Daniello Bartoli, della compagnia <strong>di</strong> Giesù, in Roma, nella Stamperia<br />
d’Ignatio de’ Lazzeri, 1659.<br />
BECHERUS I.-I., Experimentum chymicum novum,quo artificialis generatio et<br />
tran<strong>su</strong>matio ad oculum demonstratur. Loco <strong>su</strong>pplementi in Physicam <strong>su</strong>am<br />
<strong>su</strong>bterraneam et responsi ad D. Rolfincii, in Physicae Subterraneae,<br />
Francfurti, M. G. Weidman, 1681.<br />
BENEDICTIS G. B. DE, Lettere apologetiche in <strong>di</strong>fesa della Teologia Scolastica, e<br />
della Filosofia Peripatetica <strong>di</strong> Benedetto Aletino de<strong>di</strong>cate all’Illustriss. &<br />
Eccellentiss. Signore, il signore D. Carlo Francesco Spinelli Principe <strong>di</strong><br />
Tarsia, &c., in Napoli, nella Stamperia <strong>di</strong> Giacomo Raillard, 1694.<br />
BISOGNI DE GATTI J., Hipponi seu Vibonis Valentiae, vel Montisleonis, Ausoniae<br />
civitatis accurata historia. In tres libros <strong>di</strong>visa. Auctore D. Iosepho Bisogni<br />
De Gatti eiusdem urbis patritio, Neapoli, typis F.Mosca.,1710.
Bibliografia<br />
BORDEU T., Oeuvres complètes, 2 voll., Paris, Caille et Ravier, 1828.<br />
269<br />
BOREL P., De vero Telescopii inventore, cum brevi omnium conspiciliorum historia.<br />
Ubi de eorum confectione, ac u<strong>su</strong>m seu de Effectibusm novaque quaedam<br />
circa ea proponuntur. Accessit etiam centuria observationum<br />
microcospicarum. Authore Pietro Borello, Regis Christianissimi Consiliario,<br />
et Me<strong>di</strong>co Or<strong>di</strong>nario. Hagae-Comitum, ex typographia Adriani Vlacq, 1655.<br />
BORELLI G. A., Delle Cagioni delle Febbri Maligne della Sicilia negli anni 1647 e<br />
1648. Discorso <strong>di</strong> Gio. Alfonso Borrelli Accademico della Fucina, Filosofo e<br />
Professore delle scienze Matematiche nello Stu<strong>di</strong>o della Nobile Città <strong>di</strong><br />
Messina. Diviso in tre parti; con una appen<strong>di</strong>ce della natura della febbre in<br />
Comune. Et in fine si tratta della <strong>di</strong>gestione de’ cibi con un nuovo metodo, in<br />
Cosenza, per Gio. Battista Rosso, 1649.<br />
BOTERO G., Relationi universali <strong>di</strong> Giovanni Botero Benese, <strong>di</strong>vise in quattro parti.<br />
Arricchite <strong>di</strong> molte cose rare, e memorabili, e con l’ultima mano dell’Autore.<br />
Aggiuntovi <strong>di</strong> nuovo la Ragione <strong>di</strong> Stato del medesimo, Con licenza de’<br />
<strong>su</strong>periori, & privilegio, in Venetia, Giunti, 1640.<br />
Detti memorabili <strong>di</strong> personaggi illustri del Signor Giovanni Botero, Abbate<br />
<strong>di</strong> San Michele della Chiusa, &c. al Serenissimo Carlo Emanuel, Duca <strong>di</strong><br />
Savoia, &c. Prencipe <strong>di</strong> Piamonte, &c., Torino, Gio. Domenico Tarino,<br />
1703.<br />
BOYLE R., Specimen de Gemmarum origine et virtutibus. In quo Proponuntur &<br />
historice illustrantur quaedam Coniecturae circa consistentiam materiae<br />
Lapidum Pretiosorum, & <strong>su</strong>biecta, in quibus eorum praecipuae virtutes<br />
consistunt. Ab Honoratissimo […] Nobili Anglo, e Societate Regia. Coloniae<br />
Allobrogum, Apud Samuelem De Tournes, 1677.<br />
Brevis Enarratio quarundarum observationum factarum a Nobili Roberto<br />
Boyle de Adamante in Tenebris Lucente. Primum Epistolae, ad Amicum<br />
Scriptae inclusarum. Nunc autem, una cum ipsa, praegresso tractavi<br />
annexarum, ob eam, qua inter Lucem & cColores interce<strong>di</strong>t, affinitatem. In<br />
appen<strong>di</strong>ce a: Experimenta et Considerationes de Coloribus Primum ex<br />
occasione inter alias quasdam Diatribas, ad amicum scripta, nunc vero in<br />
lucem pro<strong>di</strong>re passa, seu Initium Historiae Experimentalis de Coloribus a<br />
Roberto Boyle Nobili Anglo, & Societatis Regiae Membro. Non fingendum,<br />
aut excogitandum, sed inveniendum, quid natura faciat aut ferat. Bacon.<br />
Roterodami, Ex officina Arnol<strong>di</strong> Leers, 1671.<br />
Observationes de Generatione Metallorum In Minera <strong>su</strong>a aeri expositorum<br />
Roberti Boyle, Lon<strong>di</strong>ni, typis G. Godbid,1676, in Tractatus In quibus de<br />
latentibus quibusdam qualitatibus…, Lon<strong>di</strong>ni, Typis G. Godbid, 1676.<br />
De natura determinata effluviorum, in Exercitationes de Atmosphaeris
Bibliografia<br />
270<br />
corporum consistentium; deque mira <strong>su</strong>btilitate determinata natura et insigni<br />
vi effluviorum, Lon<strong>di</strong>ni, G. Godbid, 1673.<br />
Observationes de salse<strong>di</strong>ne maris, authore Roberto Boyle nobili Anglo,<br />
Societatis Regiae membro <strong>di</strong>gnissimo, Genevae, apud Samuelem De Tournes,<br />
1686.<br />
BROUSSAIS F. J. V., Examen des doctrines mé<strong>di</strong>cales et des systèmes de nosologie,<br />
Bruxelles, 2 ed, 1836.<br />
CAMERARIUS J., Operae horarum <strong>su</strong>bcisivarum sive me<strong>di</strong>tationes historicae<br />
auctiores quam antea e<strong>di</strong>tae. Continentes accuratum delectum memorabilium<br />
Historiarum, & rerum tam veterum, quam recentium, singulari stu<strong>di</strong>o<br />
invicem collatarum, quae omnia lectoribus & uberem admodum fructum, &<br />
liberalem pariter oblectationem afferre poterunt. Centuria prima. Una cum<br />
in<strong>di</strong>ce locupletissimo. Philippo Camerario I. F. Iuriscon<strong>su</strong>lto, et reipub.<br />
Noricae a Consiliis, auctore. Cum gratia & privilegio Caesar. Maiest. ad<br />
decennium, Francofurti, Typis Egenolphi Emmelii, impensis Petri Kopffi,<br />
1565.<br />
CONTI A., Risposta del Signor Abate Conte Antonio Conti, nobile veneziano, alla<br />
<strong>di</strong>fesa del libro delle considerazioni intorno alla generazione de’ viventi, ec.<br />
in<strong>di</strong>rizzata al Sig. Marchese Scipione Maffei, In Venezia, J. Tommasini,<br />
1716.<br />
CONTI N., Viri clarissimi Natalis Comitis Veneti, Universae historiae <strong>su</strong>i temporis,<br />
libri XXX. Rerum toto terrarum orbe ab anno salutis nostrae MDXLV usque<br />
ad annum MDLXXXI gestarum expositionem, gnomis egregiis refertam,<br />
continentes. Nunc primum in Germania e<strong>di</strong>ti: et non solum singulorum<br />
librorum argumentis, ac marginalibus notis sententiosis exornati: verum<br />
etiam cum aliis auctoribus qui eiusdem aevi historias, seu sigillatim, seu<br />
universè, literis pro<strong>di</strong>derutn, <strong>di</strong>ligenter collati: atque annotationibus<br />
necessariis utilissimisque passim illustrati: utiam non modo per se magno<br />
fructu legi, facileque intelligi; sed & cum Historicis aliis utiliter coniungi<br />
possint. Ad<strong>di</strong>tis duobus in<strong>di</strong>cibus locupletissimis: uno, quo nomina propria<br />
anitqua variorum locorum populorumque, &c. explicantur; operi praemisso:<br />
altero, quo res memorabiles his in libris contentae in<strong>di</strong>cantur; in calce operis<br />
a<strong>di</strong>ecto. Stu<strong>di</strong>o & opera Caspari Bitschii Hegenoensis, J. U. Doctoris, & in<br />
inclyta Academia Argentoratensi Historiarum Professoris, Argentorati,<br />
<strong>su</strong>mptibus Lazari Zetzneri, Bibliopolae, 1612.<br />
Natalis Comitis Mythologiae, sive explicationis fabularum, libri decem: in<br />
quibus omnia prope Naturalis & Moralis Philosophia dogmata contenta<br />
fuisse demonstratur. Nuper ab ipso autore recogniti & locupletati. Eiusdem<br />
libri IIII de venatione. Cum in<strong>di</strong>ce tripli; rerum memorabilium, urbium &<br />
locorum a variis heroibus denominatorum, ac plantarum & animalium<br />
singulis Diis <strong>di</strong>catorum. Opus cuiu<strong>su</strong>is facultatis stu<strong>di</strong>osis perutile ac prope
Bibliografia<br />
271<br />
necessarium. Ad<strong>di</strong>ta mythologia musarum, a Geofredo Linocerio uno libello<br />
comprehensa, & nunc recens à F. S. multis & foe<strong>di</strong>s men<strong>di</strong>s expurgata,<br />
Francofurti, apud haeredes Andreae Wecheli, 1584.<br />
DELEBOE F., Opera me<strong>di</strong>ca, 2 voll., Venetiis, apud H.Savioni, 1736.<br />
DE MARTINO P. A., Petri Antonii De Martino, Geofonensis - Respon<strong>su</strong>m Trutinae<br />
Me<strong>di</strong>cae Musitani in quo tractatur de omnibus morbis humani corporis,<br />
impugnatur Harvejana sanguinis circulatio, et multa sententia contra<br />
veterem, et communem doctrinam exortae refellentur prò Galeno, et Asseclis<br />
contra aliquos Modernos, Neapoli, ex semper nova Typographia Michaelis<br />
Aloysii Mutio, 1699.<br />
DEMETRIO FALEREO, Demetrio Falereo Della Locuzione. Volgarizzato da Pier Segni<br />
Accademico della Crusca detto l’Agghiacciato. Con postille al testo, ed<br />
esempli Toscani, conformati a’ Greci. Al Sereniss. Signore, il Sig. Don<br />
Cosimo Me<strong>di</strong>ci, Principe <strong>di</strong> Toscana, <strong>su</strong>o Signore, Firenze, Nella Stamperia<br />
<strong>di</strong> Cosimo Giunti. 1603.<br />
DESCARTES R., Renati Des.Cartes tractatus de homine et de formatione foetus.<br />
Quorum prior notis perpetuis Ludovici De La Forge, M. D. illustratur,<br />
Amstelodami, apud Danielem Elseverium, 1677.<br />
Opere scientifiche, Vol. I. La biologia, a cura <strong>di</strong> G. Micheli, Torino, UTET,<br />
1966.<br />
Opere scientifiche, Vol. II. Discorso <strong>su</strong>l metodo, Diottriche, Meteore,<br />
Geometria, a cura <strong>di</strong> E. Lojacono, Torino, UTET, 1983.<br />
Opere filosofiche, 2 voll., a cura <strong>di</strong> E. Lojacono, Torino, UTET, 1994.<br />
R. DESCARTES – H. REGIUS, Il carteggio. Le polemiche, a cura <strong>di</strong> R. Bordoli,<br />
Napoli, Cronopio, 1997.<br />
DOLAEUS IO., Encyclope<strong>di</strong>a, me<strong>di</strong>cinae theoretico-practicae, qua tam veterum,<br />
quam recentiorum, paracelsistarum nempe, helmontianorum, willisianorum,<br />
sylvianorum, cartesianorum de causis et curationibus morborum, Francfurti<br />
ad Moenum, Io.-G. Drulmanni, 1684.<br />
Encyclopae<strong>di</strong>a Me<strong>di</strong>ca, 2 voll., Francfurti ad Moenum, Knochius, 1703.<br />
EMIL P., Historiae iam denuo emendatae Pauli Aemilii Veronensis, de rebus gestis<br />
Francorum, a Pharamundo primo rege usque ad Carolum octavum, libri X.<br />
Arnol<strong>di</strong> Ferroni Bur<strong>di</strong>galensis, regii consiliari, de rebus gestis Gallorum<br />
libri IX. ad historiam Pauli Aemilii ad<strong>di</strong>ti, a Carolo octavo usque ad<br />
Henricum II. ad huius historiae lucem, in fine a<strong>di</strong>unctum est: Chronicon<br />
IOan. Tilii de Regibus Francorum, a Pharamundo usque ad HenricumII,<br />
Basileae, per Sixtum Henricpetri, 1569.
Bibliografia<br />
ETTMULLER M., Opera omnia me<strong>di</strong>co-physica, theoretica et practica , 3 tt.,<br />
Venetiis, Hertz, 1700.<br />
272<br />
FABRICI D’ACQUAPENDENTE G., L'Opere Chirurgiche del Signor Girolamo Fabrizio<br />
D'Acquapendente. Cav. re e me<strong>di</strong>co chirurgico rinomatiss. mo. Nel<br />
famosissimo Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Padova Professore <strong>di</strong> Chirurgia, e Notomia<br />
straor<strong>di</strong>nario. Divise in due parti… De<strong>di</strong>cate al merito singolare<br />
dell'illustrissimo et eccellentissimo <strong>su</strong>g. Gio. Carlo Matesilani, dottor<br />
Collegiato <strong>di</strong> Filosofia, e Me<strong>di</strong>cina, Lettor Pubblico nel Celeberrimo Stu<strong>di</strong>o<br />
<strong>di</strong> Bologna, Agente della Real maestà <strong>di</strong> Polonia in Italia, In Bologna,<br />
Gioseffo Longhi, 1578.<br />
FARRA G., Trattato dell'Ipocondria e <strong>su</strong>oi accidenti, con la <strong>su</strong>a cura ed<br />
insegnamento de' Rime<strong>di</strong>j, dato in luce dal dottor Grassino Farra<br />
Gentil'Uomo del S. R. I., in Bergamo, Giovanni Santini, 1725.<br />
FERRAULT J., Tractatus seu privilegia aliqua regni Franciae continens, per Ioannem<br />
Ferrault utriusque iuris licentiam e<strong>di</strong>tus, Incipit quarta pars, De iuribus et<br />
privilegia regni Franciae, in Stilus Supremae Curiae parlamenti parisiensis<br />
nuper a <strong>su</strong>o prototypo, et antiquis Regestis eiusdem Curiae de verbo a<br />
verbum tan<strong>su</strong>mptus, Cum novis Annotationibus Do. Caroli Molinaei, Iuris.<br />
Paris. in eadem Curia advocati solertissimi, margini a<strong>di</strong>ectus, et antiquis<br />
ad<strong>di</strong>tionibus Do. Stephani Auffrey, Iuris utriusque doctoris, et in Parlamento<br />
Thosolano inquisitionum Praesi<strong>di</strong>s, tractatibus et appen<strong>di</strong>cibus <strong>su</strong>is, Omnia<br />
novae recognita, repurgata, re<strong>di</strong>ntegrata, et locupletata, et in septem partes<br />
<strong>di</strong>stincta, stu<strong>di</strong>o <strong>su</strong>bcisivo praefati Caroli Molinaei.7. partes operis, pag.<br />
sequens in<strong>di</strong>cat, Parisiis apud Galeotum a Prato ad primam Regii Palatii<br />
columnam, 1551.<br />
FONTANA F., Novae coelestium terrestriumque rerum observationes, et fortasse<br />
hactenus non vulgatae à Francisco Fontana, specillis a se inventis, et ad<br />
<strong>su</strong>mmam perfectionem perductis, e<strong>di</strong>tae, Neapoli, apud Gaffarm, 1646.<br />
FONTANUS N., De morbis Mulierum, Venetiis, Turrinum, 1649.<br />
FORESTI A., Del mappamondo istorico, tomo secondo contiene le cose della<br />
Republica, e Monarchia Romana dalla fondatione <strong>di</strong> Roma sino all’Anno <strong>di</strong><br />
Christo 1692. Opera del P. Antonio Foresti della compagnia <strong>di</strong> Giesù. In<br />
questa mia Seconda Impressione più nobilmente arrichita, e da notabili<br />
errori con nuova <strong>di</strong>ligenza ricorretta, In Venetia, Girolamo Albrizzi, 1646.<br />
Del Mappamondo istorico, Tomo quarto, Parte prima, in cui si espongono i<br />
regni, nati dalla declinazione, e caduta dell’Imperio Romano in Occidente.<br />
Cioè dell’Anno <strong>di</strong> Christo 420 sino all’Anno 1692. Opera del P. Antonio<br />
Foresti della Compagnia <strong>di</strong> Giesù, in Venetia, Girolamo Albrizzi, 1700.<br />
Del Mappamondo istorico, Tomo quarto, Parte Seconda. In cui si espongono
Bibliografia<br />
273<br />
i regni nati dalla declinatione, e caduta dell’Imperio Romano in Occidente.<br />
Cioè dell’Anno <strong>di</strong> Christo 420 sino all’Anno 1692. Opera del P. Antonio<br />
Foresti della Compagnia <strong>di</strong> Giesù. Seconda e<strong>di</strong>tione. Di nuovo de<strong>di</strong>cato<br />
all’Illustrissimo, e Reveren<strong>di</strong>ssimo Monsignor Paolo Vallaresso Vescovo <strong>di</strong><br />
Concor<strong>di</strong>a. &c., in Venetia, Girolamo Albrizzi, 1697.<br />
GADDI J., De scriptoribus non ecclesiasticis, graecis, latinis, Italcis, primorum<br />
grauum in quinque Theatris, scilicet Philosophica, Poetico, Historico,<br />
Oratorio, Critico: Iacobi Gad<strong>di</strong>i academici svogliati critico-historicum, Et<br />
bipartium opus. In prima parte agitur de iis, qui opera e<strong>di</strong>derunt ante annum<br />
Salut. MDL. duobus, et amplius annorum millibus convolutis, Florentiae,<br />
Typis Amatoris Massae, 1648.<br />
GAGUIN R., Roberti Gaguini rerum gallicarum annales, cum Huberti Velleii<br />
<strong>su</strong>pplemento;In quibus Francorum origo vetustissima et res gestae,<br />
Regumque Gallicorum omnium ex or<strong>di</strong>ne vitae, et quaecumque <strong>su</strong>b illis domi<br />
forisque memorabilia acciderunt, usque ad Henricum II describuntur,<br />
Francofurti ad Moenum, Ex officina Typographica And.Wechelix, 1577.<br />
GASSENDI P., Petri Gassen<strong>di</strong> <strong>di</strong>niensis ecclesiae praepositi, et in academia<br />
parisiensi Matheseos Regij Professoris, Animadversiones in decimum librum<br />
Diogenis Laertii, qui est de vita, moribus, placitisque Epicuri. Placita autem,<br />
qual itte trei statuit Philosophiae parteis, Continent I. Canonicam nempe,<br />
habitam Dialecticae loco: II. Physicam, ac inprimis nobilem illius<br />
Meteorologiam: III. Ethicam, cuius gratiâ ille excoluit caeteras, E<strong>di</strong>tio tertia,<br />
Lugduni, <strong>su</strong>mptibus Francisci Barbier, Typographi Reg., 1675.<br />
GESNER C., Bibliotheca universalis, sive catalogus omnium scritporum<br />
loclupetissimus, in tribus linguis, latina, graeca, & Hebraica: extantium et<br />
non extantium, veterum et recentiorum in huncusque <strong>di</strong>em, doctorum et<br />
indoctorum, publicatorum et in biliothecis latentium. Opus novum, et non<br />
bibliothecis tantum publicis privatisve instituen<strong>di</strong>s necessarium, sed<br />
stu<strong>di</strong>o<strong>su</strong>s omnibus cuiuscunque artis aut scientiae ad stu<strong>di</strong>a melius formanda<br />
utilissimum: authore Conrado Gesnero Tigurino doctore me<strong>di</strong>co, Tiguri,<br />
apud Christophorum Froschouerum mense Septembri, anno 1545.<br />
GIANNETTASIO N. P., Universalis geographiae elementa exposita, et demonstrata a<br />
viris Nobilibus in Colleg: Neapolitano Soc: Je<strong>su</strong> Praeside Nic: Parthenio<br />
Giannettasio e.s. et in lucem data ad u<strong>su</strong>m Scholae eiusdem Collegii,<br />
Neapoli, Ex Officina Typ. Jacobi Raillard, 1692.<br />
GIUGLARIS L., Quaresimale del Padre Luigi Giuglaris della Compagnia <strong>di</strong> Giesù. Al<br />
Rev.mo Padre Maestro Padron Col.mo Il P. Giulio Mercori da Cremona<br />
dell’Or<strong>di</strong>ne de’ Pre<strong>di</strong>catori, ed Inquisitore Generale nella Città <strong>di</strong> Milano,<br />
<strong>su</strong>o Stato, e Dominio, in Milano, Appresso Lodovico Monza, 1665.<br />
GRAAF R. DE, De mulierum organis generationi inservientibus, Lugduni Batavorum
Hackiana, 1672.<br />
Bibliografia<br />
Partium genitalium defensio, Lugduni Batavorum, Hackiana, 1673.<br />
274<br />
HARTMANN J., Ioannis Hartmanni, Anthropologia phisico-me<strong>di</strong>co-anatomica, olim<br />
in Veneto Athenaeo publici Professoris Anatomes, In qua totius Humani<br />
corporis mechanica Structura describitur, partiumque u<strong>su</strong>s, atque operan<strong>di</strong><br />
modus examinatur.Opus non inutile, maxime Me<strong>di</strong>cinam exercentibus Cum<br />
in<strong>di</strong>ce rerum notabilium, quae pertractantur, Venetiis, typis Ioannis<br />
Baptistae Tramontini, 1696.<br />
HARVEY W., Guillelmi Harvei Exercitationes de Generatione Animalium, Patavii Ex<br />
Officina Heredum Pauli Frambotti, 1666.<br />
KIRCHER A., Athanasii Kircheri e Soc. Je<strong>su</strong> Mundus Subterraneus in XII libros<br />
<strong>di</strong>gestus; quo Divinum Subterrestris Mun<strong>di</strong> Opificium, mira Ergasteriorum<br />
Naturae in eo <strong>di</strong>stributio, verbo pa?t?µ??f?? Protei Regnum, Universae<br />
denique Naturae Maiestas & <strong>di</strong>vitiae <strong>su</strong>mma rerum varietate exponuntur.<br />
Ab<strong>di</strong>torum effectuum causae acri indagine inquisitae demonstrantur;<br />
cognitae per Artis & Naturae conjugium ad humanae vitae necessarium<br />
u<strong>su</strong>m vario experimentorum apparatu, necnon novo modo, & ratione<br />
applicantur, 2 tt.,Amsterodami (sic!), apud Ioannem Sansonium et Elizeum<br />
Weyerstraten, 1664-1665.<br />
Athanasii Kircheri e soc. Ie<strong>su</strong> Scrutinium Physico-me<strong>di</strong>cum contagiosa luis,<br />
quae Pestis <strong>di</strong>citur. Quo origo, causae, signa, prognostica Pestis, nec non<br />
insolentes Malignantis Naturae effectus, quistatis temporibus, caelestium<br />
influxuum virtute et efficacia, tum in Elementis; tum in Epidemiis hominum<br />
animantiumque morbis elucescunt, una cum appropriatis reme<strong>di</strong>orum<br />
Antidotis novâ doctrinâ in lucem eruuntur, Lipsiae, Sumptibus Haered.<br />
Schurerianor et Joh. Fritzschii, Typis johannis Baveri, 1671.<br />
KOLHANS J. C., Tractatus opticus, qui res quam plurimas, utiles, iucundas, lu<strong>di</strong>cras,<br />
& admirandas, naturaliter sistere docet, nec non vitra, specula, tubosque<br />
opticos paran<strong>di</strong> & conficien<strong>di</strong> rationes describit, ex optimis quibusdam<br />
autoribus, propriisque observationibus & inventis, stu<strong>di</strong>ose collectus atque<br />
conscriptus. Accessit, ab ingenio<strong>su</strong>s cognitionisque rerum avi<strong>di</strong>s inventorum,<br />
& a non invi<strong>di</strong>s detectorum, centum optices arcanorum congestio. Autore M.<br />
Johanne Christophoro Kolhansio, Gymnas. Coburg. P. P. & Sch. Senat.<br />
Rectore, Lipsiae, <strong>su</strong>mptibus Friderici Lanckisch, literis Johannis Erici Hahnii,<br />
1663.<br />
LANGE C., Christiani Langii Philosophi et Me<strong>di</strong>c. Doct. Profess. et Chymiatri<br />
celeberrimi Miscellanea Curiosa Me<strong>di</strong>ca Annexa Disputatione De Morbillis,<br />
Quam Prodromum esse voluit Novae Suae Pathologiae animatae, itemque de<br />
elixir proprietatis, post Autoris obitum conjunctim e<strong>di</strong>ta Johanne Centurione<br />
Macasio, Philos. et Me<strong>di</strong>c. Doctore, Lipsiae, <strong>su</strong>mptibus Thomae Matthiae
Bibliografia<br />
Göttenii, Bibliopolae Francofurtensis, literis Johannis -Erici Hahnii, 1666.<br />
275<br />
LE CIRIER J., Ioannis Le Cirier parisiensis primi legentis or<strong>di</strong>narii in con<strong>su</strong>ltissima<br />
Decretorum facultate Parisiensi et advocati in <strong>su</strong>prema Parlamenti Curia,<br />
Tractatus singularis de Jure primogeniture vel maiori natus: In quo<br />
copiosissime et amplius hactenus de iisque ad primogenituram spectant,<br />
<strong>di</strong>sseritur, et peperit filium <strong>su</strong>um primogenitum, venundatur apud<br />
Reginaldum Chan<strong>di</strong>ere <strong>su</strong>b homine sylvestri, 1521.<br />
LE GRAND A., Antoni Le Grand Institutio philosophiae secundum principia D.<br />
Renati <strong>Descartes</strong>: Nova methodo adornata, et explicata. In u<strong>su</strong>m iuventuti<br />
academicae, E<strong>di</strong>tio quarta, Lon<strong>di</strong>ni, M. Clark, 1679.<br />
MALPIGHI M., Opera omnia, Lugduni Batavorum, 1687.<br />
MAGNO O., Olaus Magnus, Historiae septentrionalium gentium breviarium , libri<br />
XXII, Lugduni Batavorum, apud A.Wyngaerde, et F.Moiardum, 1645.<br />
De mineralibus et rebus metallicis, Coloniae, Birckmannum et Baumium,<br />
1569.<br />
MASSARIA A., Practica me<strong>di</strong>ca seu praelactiones academicae...ab Francforti,<br />
<strong>su</strong>mptibus N. Bassaei, Hartmann, 1601.<br />
MERCATO L., De mulierum affectionibus, Venetiis, apud F.Valgrisium, 1587.<br />
MONTANARI G., Pensieri fisico-matematici Sopra alcune esperienze fatte in Bologna<br />
nell’Accademia filosofica eretta dall’Ill. e R. mo Sig. Abate Carlo Antonio<br />
Sanpieri Intorno <strong>di</strong>versi effetti de’ liqui<strong>di</strong> in Cannuccie <strong>di</strong> Vetro, et altri vasi,<br />
In Bologna, per li Mandesi, 1667.<br />
MURATORI L. A., Epistolario, a cura <strong>di</strong> M. Càmpori, 13 voll., Modena, Soc.<br />
Tip. Modenese, 1903, VI.<br />
MUSITANO C., Caroli Musitani Opera Omnia, Venetiis, apud Josephum Bortoli,<br />
1738.<br />
R. D. Caroli Musitani Iatrias Professoris Celeberrimi, opera omnia, seu<br />
Trutina Me<strong>di</strong>ca, Chirurgica, pharmaceutico-chymica &c. Omnia juxta<br />
recentiorum, philosophorum principia, & Me<strong>di</strong>corum experimenta,<br />
excogitata, & adornata. Accesserunt huic novae e<strong>di</strong>tioni tractatus tres,<br />
nunquam e<strong>di</strong>ti, nempe de morbis infantum, de luxationibus, & de fracturis.<br />
cum in<strong>di</strong>cubus capitum, rerum et materiarum locupletissimis, Genevae,<br />
<strong>su</strong>mptibus Cramer & Perachon, 1716, 2 tt.<br />
R. D. Caroli Musitani iatrias professoris ad Had. A Mynsicht me<strong>di</strong>ci<br />
germanici praestantissimi thesaurum et armamentorum me<strong>di</strong>co-chymicum<br />
Mantissa, quae locupletiori Penu non adhuc cognita, vulgataque
Bibliografia<br />
276<br />
Me<strong>di</strong>camenta congerit, sive conquisita, sive propria industria excogitata, &<br />
esperientia probata, eorundem u<strong>su</strong>, atque operan<strong>di</strong> rationabili energia. Cui<br />
accessit Andreae Battimelli auctuarium; et Hieronimi Piperi corollarium.<br />
Genevae <strong>su</strong>mptibus Societatis, 1701.<br />
Celeberrimorum virorum Apologiae pro Carolo Musitano adver<strong>su</strong>s Petrum<br />
Antonium De martino, Me<strong>di</strong>cum Geofonenses, qui Trutinam Me<strong>di</strong>cam Anno<br />
1688 Venetiis typis e<strong>di</strong>tam, qua Harveana sanguinis circulatio, aliaeque<br />
Recentiorem Me<strong>di</strong>corum sententiae statuminantur, teneré, et irrepte<br />
impugnare au<strong>su</strong>s est, Kruswick, apud Petrum Antonium Martellum, 1700<br />
(Ristampata nelle <strong>su</strong>ccessive e<strong>di</strong>zioni delle Opera Omnia <strong>di</strong> Musitano).<br />
NAUCLER J., Chronica D. Iohannis Naucleri praepositi tubigensis, <strong>su</strong>ccinctim<br />
compraehendentia res memorabiles seculorum omnium ac gentium, ab initio<br />
Mun<strong>di</strong> usque ad annum Christi nati M.CCCCC, 2 voll., Coloniae, apud<br />
Calenium, et Haeredes Iohannis Quentel, 1579.<br />
NEEDHAM G., Disquisitio anatomica De Formato Foetu, Lon<strong>di</strong>ni, G. Goldbid, 1667.<br />
PANIGAROLA F., Il Pre<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> F. Francesco Panig.la Minore osservante vescovo<br />
d’Asti, Overo Parafrase, Commento, e Discorsi intorno al libro<br />
dell’Elocutione <strong>di</strong> Demetrio Falereo. Ove vengono i precetti, e gli essempi<br />
del <strong>di</strong>re, che già furono dati a’ Greci, ridotti chiaramente alla prattica del<br />
ben parlare in prose Italiane, e la vana Elocutione de gli Autori profani<br />
accommodata alla Sacra Eloquenza de’ nostri Dicitori, e Scrittori<br />
Ecclesiastici. Con due Tavole, una delle questioni, e l’altra delle cose più<br />
notabili, In Venetiam, appresso Bernardo Giunti, Gio. Battista Ciottim et<br />
Compagni, 1609.<br />
PRIMEROSE J., Jacobi Primerosii doctoris me<strong>di</strong>ci De vulgi erroribus in Me<strong>di</strong>cina<br />
Libri IV, Roterdami, Ex officina Arnol<strong>di</strong> Laers, MDCLVIII.<br />
POURCHOT E., Institutiones philosophicae ad faciliorem veterum, ac recentiorum<br />
philosophorum lectionem comparatae opera, et stu<strong>di</strong>o V. Cl. Edmun<strong>di</strong><br />
Purchotii senonensis, in con<strong>su</strong>ltissima Juris utriusque Facultate licentiati,<br />
Universitatis Parisiensis antehac Rectoris, et emeriti Philosophiae<br />
Professoris, Venetiis, 1724, apud Joannem Manfre (in 5 tt).<br />
RAYNAUD T., Theophili Raynau<strong>di</strong> Theol. Soc. Ie<strong>su</strong>, Critica Sacra. […] Tomus<br />
undecimus, in quo literati non poenitendas invenient ad<strong>di</strong>tiones; cum in<strong>di</strong>ce<br />
copiosissimo, Lugduni, Sumpt. Horatii Boissat & Georgii Remes, 1665.<br />
Theophili Raynau<strong>di</strong> Theol. Soc. Ie<strong>su</strong>, Critica Sacra. […] Tomus undecimus,<br />
in quo literati non poenitendas invenient ad<strong>di</strong>tiones; cum in<strong>di</strong>ce<br />
copiosissimo, Lugduni, Sumpt. Horatii Boissat & Georgii Remes, 1665.<br />
Theophili Raynau<strong>di</strong> Societatis Ie<strong>su</strong> Theologi, Opuscula Moralia. […] Tomus<br />
decimus-quartus. Quae e<strong>di</strong>ta fuerant, auctor recen<strong>su</strong>it et pluribus
Bibliografia<br />
277<br />
amplificavit. Cum in<strong>di</strong>ce copiosissimo, Lugduni, Sumpt. Horatii Boissat &<br />
Georgii Remeus, 1665.<br />
Hercules Commo<strong>di</strong>anus Ioannes Launoyus romani breviarii impugnator,<br />
patronus ac gregalis fortium ingeniorum, negantium stigmata S. Francisci;<br />
deridentium translationem ae<strong>di</strong>s Lauretanae ex Oriente; fabricantium<br />
duodecim sacramenta legis gratiae; sacramentis baptismi et confirmationis<br />
novam materiam, sacramento auten poenitentiae formam deprecativam<br />
rejecta Iuduciali assignantium; propolarum huiusmo<strong>di</strong> aliarum novarum<br />
mercium. Repul<strong>su</strong>s ab Honorato Leotardo Thyriensi S. T. L. Aquis, Typis<br />
Monerianis, 1646.<br />
Theophili Raynau<strong>di</strong> Societatis Ie<strong>su</strong> Theologi, Apopompaeus admodum rara<br />
continens, tomus vigesimus et posthumus, […], Cracoviae, Sumptibus<br />
Annibalis Zangoyski, Bibliopolae, 1669.<br />
Theologia naturalis, autore Theophilo Raynaudo, ex Societate Ie<strong>su</strong>, S.<br />
Theologiae Professore. Opus accuratum; quo universa quae ad Deum et<br />
Intelligentias creatas pertinent, ex naturae lumine investigantur, et floribus<br />
multiplicis literaturae inoculantur. E<strong>di</strong>tio novissima, <strong>di</strong>ligenter emaculata,<br />
Lugduni, <strong>su</strong>mptibus Clau<strong>di</strong>i Du-Four, 1637.<br />
REDI F., Osservazioni intorno agli animali viventi che si trovano negli animali<br />
viventi, in Opere, 4 voll., Milano, Utet, 1810; 3, pp. 257-393.<br />
Esperienze intorno alla generazione degl’insetti fatte da Francesco Re<strong>di</strong><br />
Accademico della Crusca, e da lui scritte in una lettera all’illustrissimo<br />
signor Carlo Dati, Terza impressione, in Firenze per Francesco Onofri<br />
Stampator Arcivescovale, con licenza de’ <strong>su</strong>periori, 1674.<br />
Osservazioni intorno alle vipere fatte da Francesco Re<strong>di</strong> gentiluomo Aretino,<br />
Accademico della Crusca, rivedute dall’autore, e da lui scritte in una lettera<br />
all’illustriss. Sig. Conte Lorenzo Magalotti gentiluomo della Camera, e ora<br />
Cavalier Trattenuto del serenissimo Granduca <strong>di</strong> Toscana, in Firenze, per<br />
Piero Matini all’Insegna del Leone, 1686.<br />
Bacco in Toscana. Ditirambo <strong>di</strong> Francesco Re<strong>di</strong> accademico della Crusca<br />
con le annotazioni, in Firenze, per Piero Matini all’insegna del Lion d’Oro,<br />
1685.<br />
Esperienze intorno alla generazione degli insetti, introduzione e cura <strong>di</strong> W.<br />
Bernar<strong>di</strong>, Firenze, Giunti, 1996.<br />
J. RICCATI – A. VALLISNERI, Carteggio (1719-1729), a cura <strong>di</strong> M. L. Soppelsa,<br />
Firenze, Olschki, 1985.<br />
RIO M. DEL, Disquisitionum magicarum libris sex, in tres tomos partiti.auctore<br />
Martino Del Rio Societatis Ie<strong>su</strong> presbytero sacrae Theologiae Doctore, & in
Bibliografia<br />
278<br />
Academia Gretiensi, S. S. professore. Tomus primus, nunc tertiis curis ab<br />
ipso Auctore auctior longe, ad<strong>di</strong>tionibus multis passim insertis, correctior<br />
quoque men<strong>di</strong>s <strong>su</strong>blatis. Cum privileg. S. Caesar. Maiest. ad annos sex.<br />
Pro<strong>di</strong>t ex Archiepiscopatus Moguntinensis officina Ursellana. Impensis<br />
Iacobi König, 1606.<br />
In L. Annaei Senecae cordubensis poetae gravissimi tragoe<strong>di</strong>as decem […],<br />
amplisima adversaria, quae loco commentarii esse pos<strong>su</strong>nt. Ex bibliotheca<br />
Martini Antonii Delrio, I. C., Antverpiae, ex officina Christophori Plantini,<br />
Architypographi Regii, 1676.<br />
SACHS, PH. J., ? aµµa??????a , sive Grammarorum, vulgo cancrorum consideratio<br />
physico-philologico-historico-me<strong>di</strong>co-chymica, in qua praeter grammarorum<br />
singularem naturam, iuddem et multivarium u<strong>su</strong>m non minus reliquorum<br />
crustatorum instituitur tractatio ad normam collegii naturae curiosorum,<br />
plurimis inventio secretioribus naturae artisque locupletata a Philippo<br />
Jacobo Sachs […], Francofurti et Lipsiae, <strong>su</strong>mptibus E. Fellgibelii, 1665, in<br />
8.<br />
SENNERT D., Opera, 3 voll., Lugduni, <strong>su</strong>mptibus Io. A. Huguetam et M. A. Ravaud,<br />
1666.<br />
TIRABOSCHI G., Storia della letteratura italiana, Tomo I, Napoli, a spese <strong>di</strong><br />
Giovanni Muccis, 1777.<br />
TORTORA O., Historia <strong>di</strong> Francia <strong>di</strong> Homero Tortora da Pesaro, <strong>di</strong>visa il lebri<br />
ventidue.Nella quale si contengono le cose avvenute sotto Francesco<br />
Secondo, Carlo Nono, Enrico Terzo, et Enrico quarto. De<strong>di</strong>cata alla santità<br />
<strong>di</strong> N.Signore Papa Paolo Quinto, In Venetia, appresso Gio.Battista Ciotti,<br />
1619.<br />
TREMIGLIOZZI G., Staffetta da Parnaso indrizzata all’Illustrissimo, &<br />
Eccellentissimo Signor D. Gio: Francesco <strong>di</strong> Sangro Principe <strong>di</strong> S. Severo, in<br />
Roma, Per Nicol’Angelo Tinassi, 1676.<br />
Nuova Staffetta da Parnaso circa gli affari della Me<strong>di</strong>cina pubblicata dal sig.<br />
Gaetano Tremigliozzi e <strong>di</strong>rizzata all’illustrissima Accademia degli<br />
Spensierati <strong>di</strong> Rossano, in Francofort, 1700.<br />
VALLETTA G., Opere filosofiche, a cura <strong>di</strong> M. Rak, Firenze, Olschki, 1975<br />
VALLISNERI A., J. V. D. D. Hyacinthi Gimma...Dissertationum academicarum tomus<br />
primus..., «Giornale de’ letterati d’Italia», t. XXI, 1715, pp. 154-175.<br />
De fabulosis animalibus... Dissertatio secunda..., in «Giornale de’ letterati<br />
d’Italia», t. XXI, 1715, pp. 176-212.<br />
Feto perfetto morto nel ventre della madre..., in «La Galleria <strong>di</strong> Minerva», t.
VIII, 1717, pp. 183-187.<br />
Bibliografia<br />
279<br />
Esperienze ed osservazioni intorno all’origine, sviluppi e costumi <strong>di</strong> vari<br />
insetti..., Padova, nella Stamperia del Seminario appresso GIO. Manfré,<br />
1726.<br />
Opere fisico-me<strong>di</strong>che stampate e manoscritte del Kavalier Antonio Vallisneri<br />
raccolte da Antonio <strong>su</strong>o figliuolo, corredate d’una prefazione in genere<br />
sopra tutte, e d’una in particolare sopra il Vocabolario della Storia Natura.e,<br />
ded<strong>di</strong>cate agli Illustriss. ed Eccell. Signori Riformatori della stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
Padova, 3 tt., in Venezia, MDCCXXXIII, appresso Sebastiano Coletti.<br />
Epistolario, Vol. I, 1679-1710, a cura <strong>di</strong> D. Ge nerali, Milano, Franco Angeli,<br />
1991.<br />
Epistolario, Vol. II, 1711-1713, a cura <strong>di</strong> D. Generali, Milano, Franco<br />
Angeli, 1998.<br />
VAN HELMONT J. B., Joanne Baptista Van Helmont, Ortus Me<strong>di</strong>cinae, id est initia<br />
physicae inau<strong>di</strong>ta. Progres<strong>su</strong>s me<strong>di</strong>cinae novus, in morborum ultionem, ad<br />
vitam langam. Authore Joanne Baptista Van Helmont, Toperchâ in Merode,<br />
Royenborch, Oorsocht, Pellines, etc. Edente Authoris Filio, Francisco<br />
Mercurio Van Helmont, cum eius Praefatione ex Belgico transatâ. E<strong>di</strong>tio<br />
nova, cumque loclupetioni Rerum et Verborum Iu<strong>di</strong>ce, pro illa Venetiis nuper<br />
excusa, multam partem adauctior red<strong>di</strong>ta et exornatior, Amstelodami, apud<br />
Ludovicum Elzevirium, 1652.<br />
VAN-HORNE IO., Epistolica <strong>di</strong>ssertatio ad celeberrimum virum D. Guernerum<br />
Rolfincium, in Brevis manuductio ad historiam corporis humani, Lugduni<br />
Batavorum, 1675.<br />
VERHEYEN P., Corporis humani Anatomia. In qua omnia tam veterum, quam<br />
recentiorum anatomicorum inventa. Methodo nova, et intellectu facillima<br />
describuntur, ac tabulis aeneis repraesentantur, Lovanii, expensis Bernar<strong>di</strong>ni<br />
Gessari, 1706.<br />
VICO G. B., Epistole con aggiunte le epistole dei <strong>su</strong>oi corrispondenti, a cura <strong>di</strong><br />
Manuela Sanna, Napoli, Morano, 1992.<br />
Autobiografia Poesie Scienza Nuova, a cura <strong>di</strong> P. Soccio, Milano, Garzanti,<br />
1983.<br />
Opere, 2voll., a cura <strong>di</strong> A. Battistini, Milano, Mondadori, 1990.<br />
WALAEUS JO., Epistolae duae De motu chili, et sanguinis ad Th. Bart; holinum,<br />
Casp. filium, in Th. Bartholini, Anatome. In primis institutionibus b. m.<br />
Parentis C. Bartholini ad circulationem harvejanam et vasa lymphatica,<br />
Lugduni Batavorum, Aacklana, 1673.
Bibliografia<br />
280<br />
WILLIS T., Clarissimi viri Thomae Willis, doctoris me<strong>di</strong>ci, philosophiae naturalis<br />
professoris, Sedleia. Oxon. Necnon inclyti Med. Coll. Lon<strong>di</strong>n. & Societatis<br />
Regiae Socii: de anima brutorum, quae hominis vitalis ac sensitiva est,<br />
exercitationes duae, quarum prior philosophica, eiusdem naturam, partes,<br />
potentias, & affectiones, tra<strong>di</strong>t: altera pathologica, morbos qui ipsams sedem<br />
eius primariam, nempe cerebrum & nervo<strong>su</strong>m genus afficiunt, explicat,<br />
eorumque Therapeias instituit, Lugduni, <strong>su</strong>mptibus Joannis Antonii<br />
Huguetan, & soc., 1676.<br />
Pathologiae cerebri et nervosi generis specimen: in quo agitur de morbis<br />
convulsivis et de scorbuto, in Opera me<strong>di</strong>ca et phisica in varios tractatus<br />
<strong>di</strong>stribuita, 2 voll., Lugduni, Io.-A. Hugueton, 1676.<br />
ZACCHIA P., Pauli Zacchiae me<strong>di</strong>ci romani Quaestiones me<strong>di</strong>co-legales. In quibus<br />
Eae materiae Me<strong>di</strong>cae, quae ad Legales facultates videntur pertinere,<br />
proponuntur, pertractantur, resolvuntur. Opus, iurisperitis apprime<br />
necessarium, Me<strong>di</strong>cis perutile, caeteris non iniucundum. E<strong>di</strong>tio Tertia,<br />
correctior, auctiorque, non solum variis passim locis, verum & <strong>su</strong>biunctis,<br />
quae nunc recens prodeunt, partibus, Octava & Nona, Amstelaedami, Ex<br />
typographejo Joannis Blaev, 1651.<br />
A. ZENO, Lettere, 3 voll. Venezia, P. Valvasense, 1752.<br />
Letteratura secondaria.<br />
AA. VV, Saggi e ricerche <strong>su</strong>l settecento, Napoli, Istituto italiano per gli stu<strong>di</strong><br />
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AA. VV, La scuola galileiana. Prospettive <strong>di</strong> ricerca, Atti del convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
Santa Margherita Ligure (26-28 ottobre 1978), Firenze, La Nuova Italia,<br />
1979.<br />
AA. VV, Dalla scienza mirabile alla scienza nuova. Napoli e Cartesio. Catalogo<br />
della mostra bibliografica e iconografica, Napoli, Istituto Italiano per gli<br />
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L’abate Gimma e la «Nova Encyclopae<strong>di</strong>a» (Cabbalismo, lullismo, magia e<br />
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Bibliografia<br />
294<br />
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Finzi.<br />
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Paracelso a Newton, Bologna, Il Mulino, 1984.
295<br />
Abbri, F.: 134<br />
Abelardo, P.: 165<br />
Abele: 158, 217<br />
Abesina: 135<br />
Achelao: 32<br />
A<br />
Acquapendente, Fabrici G.: 50, 185, 186,<br />
187, 193, 197<br />
Adamo: 98, 99, 134, 135, 158, 159, 162, 181,<br />
196<br />
Agezio, T.: 126<br />
Agostino d'Ippona, santo: 100, 121, 172, 174,<br />
245<br />
Agricola, G. B.: 213, 219, 223<br />
Agrimi, M.: 105<br />
Agrippa, C.: 158, 167<br />
Alberto Magno: 217<br />
Alcmeone: 113<br />
Aldrovan<strong>di</strong>, U.: 233, 234<br />
Alighieri, D.: 89, 90, 128<br />
Alsted, J. H.: 7, 212<br />
Altieri Biagi, M. L.: 144, 197<br />
Amabile, L.: 51<br />
Amalrico: 165<br />
Anacarsi Scita: 162<br />
Anassagora: 234<br />
Anassimene: 32<br />
Andreolli, M.: 176<br />
INDICE DEI NOMI *<br />
Andry, N.: 196, 197<br />
Anguillara, L.: 193, 195<br />
Apollo: 23, 140, 181<br />
Apuleio: 174<br />
Archimede: 87<br />
Argoli, A.: 177<br />
Aristarco: 179<br />
Aristotele: 10, 14, 15, 44, 63, 65, 67, 71, 74,<br />
78, 99, 113, 131, 132, 149, 167, 168, 169,<br />
171, 174, 183, 187, 217, 223, 258<br />
Arnauld, A.: 214<br />
Ascione, I.: 52<br />
Asclepiade: 183<br />
Asclepio: 162, 181<br />
Aselli, G.: 185, 191<br />
Astorini, E.: 39, 57, 86, 92, 155<br />
Attila: 63<br />
Averroè: 74, 167<br />
Avicenna: 33<br />
* Nell’in<strong>di</strong>ce dei nomi non compare il nome <strong>di</strong> Gimma né compaiono i nomi degli e<strong>di</strong>tori e<br />
dei tipografi citati come pure i nomi propri che fanno parte dei titoli delle opere e i<br />
destinatari delle lettere.<br />
B<br />
Bacon, F.: 12, 13, 16, 20, 57, 59, 66, 79, 94,<br />
95, 141, 214, 244<br />
Badaloni, N.: 9, 11, 21, 22, 24, 39, 41, 44, 57,<br />
60, 67, 68, 87, 103, 104, 122, 210, 211<br />
Baglivi, G.: 9, 37, 112, 154, 224, 225, 226,<br />
227, 263, 264<br />
Bal<strong>di</strong>giani, A.: 145<br />
Barbeyrac, C.: 36
Baroni, G.: 82<br />
Bartholin, C.: 148, 205<br />
Bartholin, T.: 26, 46, 68, 73, 135, 145, 146,<br />
151, 198, 205<br />
Bartoli, D.: 57, 66, 67, 121<br />
Bartoli, S.: 21, 22, 24, 32, 35, 36, 44, 48, 50,<br />
54, 55, 57, 89, 109, 185, 240<br />
Basile, P.: 197<br />
Bassani, F.: 18<br />
Bayle, P.: 117<br />
Becher, J. J.: 213, 239<br />
Belar<strong>di</strong>nelli, A.: 134<br />
Belgioioso, G.: 6, 7, 8, 10, 12, 14, 15, 67, 68,<br />
84, 156, 188, 192, 258<br />
Bellarmino, R.: 179, 180<br />
Belloni, L.: 143<br />
Bembo, P.: 90<br />
Berengario <strong>di</strong> Tours: 165<br />
Bernar<strong>di</strong>, W.: 18, 152, 240, 242<br />
Bernardo, santo: 166<br />
Bertelli, S.: 8<br />
Bessarione, G.: 169<br />
Biante <strong>di</strong> Priene: 162<br />
Bichat, F.-X.-M.: 43<br />
Bienville, J.-D.-T.: 205<br />
Bisogni De Gatti, G.: 162<br />
Blasco, C.: 27<br />
Boas Hall, M.: 11<br />
Boccaccio, G.: 89, 90<br />
Boccalini, T.: 56, 59<br />
Boccone, P.: 242<br />
Bonhart, T.: 173<br />
Bordeu, T.: 264<br />
Borel, P.: 45, 135, 136<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
296<br />
Borelli, G. A.: 10, 39, 40, 41, 42, 43, 67, 176,<br />
193, 194, 198, 199, 200, 258, 259, 260,<br />
264<br />
Borrelli, A.: 52, 144, 147<br />
Borri, G. F.: 106, 107, 129, 134, 135, 140<br />
Bortoli, G.: 50<br />
Bouhours, D.: 16, 84, 103, 156<br />
Boyle, R.: 9, 16, 57, 59, 154, 171, 176, 214,<br />
218, 223, 244<br />
Bracali, G.: 143<br />
Braccini, G. C.: 238<br />
Brahe, T.: 126<br />
Broussais, F.-G.-V.: 38, 39<br />
Bruis, P. <strong>di</strong>: 165<br />
Bruno, G.: 106, 172, 173, 180, 188<br />
Brusoni, G.: 136, 137<br />
Buccolini, C.: 20<br />
Buonarruoti, M.: 113<br />
Burnet, T.: 226, 235<br />
Burton, R.: 66<br />
Caino: 217<br />
Cam: 158, 159<br />
C<br />
Cambi, M.: 6, 9, 34, 50, 53, 55, 58<br />
Camerario, R. J.: 136<br />
Campanella, L.: 35<br />
Campanella, T.: 32<br />
Campioni, G.: 84<br />
Càmpori, M.: 156, 275<br />
Canaan: 159<br />
Canguilhem, G.: 18<br />
Canturani, S.: 171<br />
Carafa, C.: 76<br />
Caramuel Lobkowitz, J.: 67, 71<br />
Cardano, G.: 45, 75, 260
Caruselli, S.: 18<br />
Casalnuovo, B.: 35<br />
Casaubon, I.: 162<br />
Cassiodoro, A.: 51<br />
Castelli, B.: 176<br />
Castro, Esteban Roderigo de: 146<br />
Celano, C.: 23, 24, 56<br />
Cesalpino, A.: 187<br />
Cestoni, G.: 85<br />
Charleton, W.: 230, 231<br />
Chiarugi, V.: 264<br />
Chilone Lacedemonico: 162<br />
Chineo: 162<br />
Cicerone, M. T.: 14, 31, 39, 87, 88, 121, 170,<br />
240, 250<br />
Cimino, G.: 68<br />
Cleante: 39<br />
Clemente IX, papa: 35<br />
Cleobolo da Lindo: 162<br />
Cohen-Rosenfield, L.: 244<br />
Colombo, C.: 47, 48<br />
Colombo, R.: 187, 189, 205<br />
Colonna, F.: 15, 264<br />
Comparato, V. I.: 8, 70, 105<br />
Conti, A.: 157, 171, 261<br />
Conti, N.: 162<br />
Copernico, N.: 118, 126, 179<br />
Core, A.: 76<br />
Cornelio Celso: 78, 111, 112, 134<br />
Cornelio Nepote: 170<br />
Cornelio, T.: 11, 17, 20, 21, 24, 32, 35, 36,<br />
43, 44, 48, 50, 51, 55, 56, 67, 69, 89, 92,<br />
109, 110, 111, 171, 173, 178, 200, 208,<br />
240, 241, 243, 260, 261<br />
Corsano, A.: 105<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
Cosmacini, G.: 32, 47, 50, 107, 134, 135,<br />
145, 194<br />
Cotugno, R.: 89, 90<br />
Cramer, G.: 53<br />
Cremante, R.: 11<br />
Crescimbeni, G. M.: 10, 83, 84, 156<br />
Crisippo: 240<br />
Cristofolini, P.: 20, 24, 39, 104, 178<br />
Crivelli, A.: 86<br />
Croce, B.: 86<br />
Cullen, W.: 264<br />
Cusano, N.: 180<br />
D<br />
D’Andrea, F.: 25, 52, 92, 112, 145, 146<br />
D’Andrea, G.: 85, 92, 113<br />
D’Aragona, P.: 22<br />
D'Andrea, F.: 25, 113<br />
Darmon, J.-C.: 66<br />
Davide <strong>di</strong> Dinant: 165<br />
De Bene<strong>di</strong>ctis, G. B.: 33, 51, 70, 104, 105,<br />
106, 173<br />
De Giovanni, B.: 8, 9, 52, 104<br />
De Liguori, G.: 51, 105<br />
De Magistris, B.: 178<br />
De Maio, R.: 105<br />
297<br />
De Martino, P. A.: 17, 19, 20, 23, 28, 32, 49,<br />
50, 52, 53, 54, 69, 70, 72, 73, 75, 76, 77,<br />
78, 80, 172<br />
De Mas, E.: 95<br />
De Nichilo, M.: 6<br />
Del Prete, A.: 173<br />
Del Rio, M.: 140, 142, 166<br />
Della Porta, G. B.: 122, 234<br />
Democrito: 20, 33, 37, 59, 63, 65, 66, 113,<br />
169, 170, 171, 172, 182, 198, 216, 234
Demolli, F.: 250<br />
<strong>Descartes</strong>, R.: 9, 11, 18, 20, 33, 51, 53, 59,<br />
63, 65, 67, 68, 70, 106, 109, 171, 172,<br />
173, 178, 180, 187, 188, 199, 200, 209,<br />
211, 214, 219, 247, 249, 253, 254, 258,<br />
260<br />
Desowitz, R. S.: 47<br />
Deucalione: 161<br />
Di Capua, L.: 11, 21, 22, 24, 32, 35, 41, 47,<br />
48, 60, 67, 89, 112, 114, 184, 187, 189,<br />
190, 191, 261<br />
Di Giandomenico, M.: 67, 68<br />
Di Lanzo, F.: 27<br />
Di Lauro, I.: 27<br />
Di Napoli, A.: 25<br />
Diana: 182<br />
Digby, K.: 9<br />
Dini, A.: 18, 25, 106, 240<br />
Diodoro Siculo: 92<br />
Diogene il Cinico: 258<br />
Diogene Laerzio: 140, 142, 162, 167, 240<br />
Dionigi Aeropagita, santo: 165<br />
Dionigi <strong>di</strong> Alicarnasso: 92<br />
Dolaeus, J.: 205<br />
Donzelli, G.: 25<br />
Donzelli, T.: 25<br />
Du Hamel, J.-B.: 219, 234, 239<br />
Dubuois, J. detto Silvio: 65, 190, 191<br />
Duchesneau, F.: 18, 264<br />
Du Laurens, A.: 146<br />
Duns Scoto, G.: 169<br />
Egizio, M.: 210, 211<br />
Ehrard, J.: 18, 264<br />
Emil, P.: 101, 102<br />
E<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
Empedocle: 142, 172, 209, 234<br />
Enea: 140<br />
Ennio: 240<br />
Enoch: 129, 139, 162<br />
Enotro: 162<br />
298<br />
Epicuro: 20, 33, 93, 169, 170, 171, 172, 234<br />
Epimenide: 162<br />
Erasistrato: 114<br />
Erasmo da Rotterdam: 104<br />
Eratostene: 239<br />
Ercole: 140<br />
Ermarco: 170<br />
Ermete Trismegisto: 185<br />
Erodoto: 92<br />
Erofilo: 114<br />
Eschilo: 206<br />
Esdra: 160<br />
Esopo: 95<br />
Ettmüller, M.: 141, 171, 177, 183, 184, 208,<br />
232, 233, 236<br />
Euripide: 39, 240<br />
Eva: 135<br />
Ezechiele: 163<br />
Falereo, D.: 60, 89<br />
F<br />
Falloppio, G.: 146, 193, 197, 205, 223<br />
Faramondo: 102<br />
Feral<strong>di</strong>, G.: 102<br />
Ferecide: 162<br />
Ferrault, J.: 101<br />
Ferrone, V.: 51<br />
Fetonte: 161<br />
Ficino, M.: 69, 79, 175<br />
Filone: 174<br />
Filopono, G.: 166
Firpo, L.: 55<br />
Fisch, M. H.: 12, 21<br />
Floriani, P.: 156, 160<br />
Fontana, F.: 177, 178<br />
Fontana, G.: 30, 58, 77<br />
Fontanus, N. (Fonteyn, N.): 149<br />
Fonte Basso, F.: 66<br />
Fontenelle, B. Le Bovier de: 227, 228<br />
Foresti, A.: 47, 170<br />
Foscarini, P.: 179<br />
Foucault, M.: 110<br />
Fracastoro, G.: 47, 237<br />
Fragianni, N.: 214<br />
Fubini, M.: 84, 89<br />
Fumaroli, M.: 56, 87, 88, 89<br />
Gaguin, R.: 101<br />
G<br />
Galeno, C.: 23, 36, 42, 43, 44, 48, 49, 52, 56,<br />
59, 61, 63, 64, 65, 69, 73, 75, 77, 111,<br />
112, 113, 114, 124, 146, 182, 183, 185,<br />
190, 191, 193, 236<br />
Galeo, T.: 162<br />
Galilei, G.: 9, 16, 20, 59, 65, 66, 92, 171, 172,<br />
176, 178, 179, 180, 193, 194, 244<br />
Garin, E.: 6, 18, 20, 39, 106, 155<br />
Gassen<strong>di</strong>, P.: 9, 10, 11, 20, 32, 52, 53, 56, 57,<br />
59, 65, 131, 154, 169, 170, 171, 172, 178,<br />
180, 209, 210, 214, 218, 233, 234, 239,<br />
247, 248<br />
Gatto, R.: 11<br />
Gaza, T.: 169<br />
Gemisto Pletone, G.: 169<br />
Generali, D.: 106, 196<br />
Genserico: 63<br />
Gesù Cristo: 98, 159, 164, 165, 166<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
Getto, G.: 155, 156<br />
Giafet: 158, 159, 160<br />
Giano: 161, 211<br />
Gilbert, W.: 172<br />
Gilman, S. L.: 18<br />
Giorgio, D.: 6, 37<br />
Gio<strong>su</strong>è: 161<br />
Giovanni Evangelista, santo: 174<br />
Giovanni Sofista: 165<br />
Giovanni XII, papa: 45<br />
Giove: 217, 240<br />
Girolamo, santo: 163<br />
Giuglaris, L.: 89<br />
Giusti, D.: 26, 58, 196<br />
Giustino, santo: 166<br />
Glisson, F.: 184<br />
Gloriosi, C.: 178<br />
Golia: 138<br />
Gomez Pereira: 258<br />
Graaf, R. de: 145, 146, 147, 149, 154, 198,<br />
202, 205, 208<br />
Gran<strong>di</strong>, G.: 187<br />
Gravina, G. V.: 104<br />
Gregorio Nazianzeno: 91<br />
Gregorio <strong>di</strong> Tours: 101<br />
Grimal<strong>di</strong>, C.: 67, 70, 105<br />
Grmek, M.: 18, 114<br />
Grozio, U.: 104<br />
Guasco, P. E.: 86<br />
Guerrini, L.: 242<br />
Guicciar<strong>di</strong>ni, F.: 90<br />
Haack, T.: 230<br />
H<br />
Hartmann, G.: 202, 204<br />
299
Harvey, W.: 18, 50, 57, 64, 68, 69, 143, 144,<br />
145, 148, 149, 151, 152, 153, 154, 176,<br />
186, 187, 191, 192, 193, 197, 198, 263<br />
Hoffmann, C.: 207, 232<br />
Huet, P. D.: 172, 173, 214<br />
Imbert, G.: 144<br />
Imperato, F.: 198, 232<br />
Innocenzo XII, papa (Pignatelli, A.): 35<br />
Ippocrate: 32, 33, 36, 37, 44, 58, 59, 61, 62,<br />
I<br />
63, 65, 66, 73, 111, 112, 126, 146, 181,<br />
182, 183, 197, 264<br />
Ireneo: 163<br />
Isidoro <strong>di</strong> S. Basilio: 169<br />
J<br />
Jacobsen, H. (Jacobaeus, O.): 150<br />
Jamblico: 174<br />
Jannella, B.: 90<br />
Japeto: 159<br />
Jaspers, K.: 200<br />
Jemolo, C. A.: 105<br />
Jounna, J.: 182<br />
Jurilli, A.: 6, 7, 82, 83, 84, 85, 109, 115<br />
Kepler, J.: 20<br />
Kerckring, T.: 146<br />
King, L. S.: 18<br />
K<br />
Kircher, A.: 11, 45, 68, 71, 136, 212, 239,<br />
241, 262<br />
Kirkinen, H.: 244<br />
Kolhans, J. C.: 231<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
Lamy, B.: 213<br />
Lancisi, G. M.: 10, 53<br />
Las Casas, B. de: 47<br />
L<br />
300<br />
Lavagna, G. G.: 23, 30, 32, 33, 57, 58, 59, 66,<br />
78, 128<br />
Le Cirier, J.: 101, 102<br />
Le Clerc, D.: 53, 73<br />
Le Grand, A.: 51, 52, 245, 246, 256, 260, 261<br />
Leeuwenhoek, A. van: 147<br />
Leone Ebreo: 134<br />
Leucippo: 171, 172<br />
Libavio: 230<br />
Liceto, F.: 178, 218<br />
Linocerio, G.: 162<br />
Lipsio, G.: 31, 59, 64, 77<br />
Lizzano, G. A.: 53<br />
Locatelli, G.: 116<br />
Locke, J.: 36, 200<br />
Lojacono, E.: 8, 11, 20, 22, 52, 57, 60, 166<br />
Lomonaco, F.: 56, 104<br />
Lopes, D. A.: 130<br />
Lower, R.: 69<br />
Luciano <strong>di</strong> Samosata: 170<br />
Lucrezio, T. C.: 20, 84, 170, 171, 234<br />
Lull, R.: 45<br />
Lusitanus, A.: 135<br />
Lutero, M.: 191<br />
Luvigni, L.: 50<br />
Mabillon, J.: 166, 168<br />
Macaone: 182<br />
Macrobio: 231<br />
M<br />
Madrignani, C. A.: 144
Magliabechi, A.: 80, 107, 116<br />
Magno, O.: 140<br />
Maignan, E.: 174, 241<br />
Maioli d'Avitabile, B.: 105, 106<br />
Malebranche, N.: 214<br />
Malpighi, M.: 18, 125, 126, 145, 146, 147,<br />
148, 149, 176, 191, 192, 194, 198, 199,<br />
200, 202, 209, 259, 263<br />
Manget, J.-J.: 53, 73, 209<br />
Marchetti, A.: 84<br />
Marchetti, Al.: 84<br />
Marcus Marci von Kronland, J. M.: 204, 209<br />
Maria, madre <strong>di</strong> Gesù Cristo: 165<br />
Marino, G.: 27<br />
Marino, G. B.: 89<br />
Marte: 135<br />
Mascar<strong>di</strong>, A.: 91, 97<br />
Mastellone, S.: 52, 105<br />
Maugain, G.: 24<br />
Mauro<strong>di</strong>noja, D.: 27, 30, 79<br />
Maylender, M.: 25, 27, 28<br />
Mela, P.: 210<br />
Melantone, F.: 74, 191<br />
Meninni, F.: 22, 107, 110, 111, 112<br />
Menochio, G.: 101<br />
Mercati, M.: 193, 195<br />
Mersenne, M.: 172<br />
Meschini, F.: 67<br />
Metrodoro: 32<br />
Michler, A. G.: 205<br />
Misiet, A.: 44<br />
Misone: 162<br />
Mocho: 163<br />
Monforte, A.: 25<br />
Moravia, S.: 36, 66, 264<br />
Morelli, F.: 69<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
Moro, A. L.: 212, 243<br />
Mortarino, M.: 43<br />
Mosè: 94, 98, 160, 161, 162, 164, 185<br />
Muralt, J. von: 230<br />
301<br />
Muratori, L. A.: 6, 82, 83, 106, 156, 196, 214<br />
Muret, M.-A.: 78, 88, 92<br />
Murr, S.: 20<br />
Musitano, C.: 9, 17, 19, 20, 22, 23, 24, 25, 28,<br />
30, 32, 34, 35, 36, 37, 39, 41, 42, 44, 46,<br />
48, 49, 50, 51, 53, 54, 55, 57, 59, 68, 70,<br />
71, 72, 74, 76, 77, 80, 82, 85, 86, 92, 107,<br />
172, 181, 240, 244, 256, 260, 264<br />
Musitano, S.: 35<br />
Naucler, J.: 101, 102<br />
Needham, W.: 133<br />
Nembrot: 158<br />
Newton, I.: 214<br />
Nicolini, F.: 86<br />
N<br />
Noè: 99, 158, 159, 160, 161, 164, 181, 211,<br />
212<br />
Notarangelo, G. B.: 76<br />
Occhinegro, M.: 7<br />
Ockham, G. <strong>di</strong>: 169<br />
O<br />
Oldenburg, H.: 12, 13, 14, 15, 45, 73, 177<br />
Omero: 78, 182<br />
Omodeo, P.: 143<br />
Orfeo: 239<br />
Origene: 170, 174<br />
Orsi, G. G.: 16, 82, 83, 84, 103, 156<br />
Osbat, L.: 51, 52, 105<br />
Ottaviani, A.: 15, 242<br />
Ovi<strong>di</strong>o, P. N.: 39, 162
P<br />
Pagel, W.: 18, 64, 68, 69, 143, 152, 186, 240<br />
Panigarola, F.: 89, 90<br />
Paracelso: 13, 18, 44, 45, 53, 69, 129, 134,<br />
135, 140, 183, 184, 189, 190, 223, 236<br />
Paramatti, M.: 27<br />
Par<strong>di</strong>es, I. G.: 67<br />
Parker, S.: 173<br />
Pascali, F.: 213, 215, 216<br />
Pastine, D.: 67<br />
Patrizi, F.: 32, 97, 167, 168, 176, 226<br />
Pechlin, J. N.: 186<br />
Periandro da Corinto: 162<br />
Petrarca, F.: 89<br />
Petronio: 170<br />
Peucer, K.: 74<br />
Peucezio: 162<br />
Piazza, C. B.: 106<br />
Piccinini, G. M.: 144<br />
Pico della Mirandola, G.: 160, 175<br />
Pignataro, C.: 21, 22<br />
Pineda, J. de: 47<br />
Pinel, P.: 66<br />
Pines, exemplum: 138<br />
Pio II, papa (Piccolomini, E. S.): 168<br />
Pipino, re dei Franchi: 102<br />
Pisistrato: 162<br />
Pitagora: 20, 25, 59, 63, 134, 162, 163, 164,<br />
169, 170, 179, 188, 245<br />
Pittaco <strong>di</strong> Mitilene: 162<br />
Pittaluga, R.: 144<br />
Platone: 20, 59, 63, 77, 79, 93, 99, 134, 140,<br />
149, 169, 170, 171, 173, 216, 240, 245,<br />
251<br />
Plemp, V. F.: 187<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
Plinio il Vecchio: 141<br />
Plotino: 174, 246<br />
Plutarco: 98, 170, 216, 231, 258<br />
Podalirio: 182<br />
Polibio, storico: 92<br />
Polibio, me<strong>di</strong>co: 146<br />
Pomponazzi, P.: 260<br />
Porfirio: 170, 174<br />
Porzio, L. A.: 25, 85, 92, 113, 239<br />
Pourchot, E.: 239, 245, 254, 256, 258, 260<br />
Primerose, J.: 70, 71, 116, 117, 119, 187<br />
Prisco, G.: 53, 54<br />
Proclo: 174<br />
Prometeo: 217<br />
Proteo: 240<br />
Protospataro, V.: 56<br />
Pugliese, L.: 35<br />
Quintiliano: 71, 88<br />
Raimon<strong>di</strong>, E.: 66<br />
Rak, M.: 8, 105<br />
Q<br />
R<br />
Ramazzini, B.: 32, 83, 84, 192, 235, 236<br />
Ramo, P.: 65<br />
Rascaglia, M.: 67<br />
Raynaud, T.: 93<br />
302<br />
Re<strong>di</strong>, F.: 9, 11, 33, 57, 59, 65, 128, 132, 135,<br />
143, 145, 146, 154, 195, 198, 199, 200,<br />
209, 235<br />
Reyes, G. de los: 51<br />
Riccati, J.: 156, 221, 262<br />
Ricci, S.: 25, 173<br />
Riccioli, G. B.: 179, 223<br />
Ricuperati, G.: 244, 260
Riese, W.: 18, 37, 42<br />
Riolan, J.: 187, 205, 208<br />
Roger, J.: 18<br />
Romolo: 135<br />
Ronchi, G.: 87<br />
Rondelet, G.: 151, 152<br />
Rossi, P.: 94, 99, 160, 211, 212<br />
Rostand, J.: 18<br />
Roscellino <strong>di</strong> Compiègne: 165<br />
S<br />
Sachs, P.-J.: 26, 46, 70, 71, 232<br />
Salagasto, re dei Franchi: 102<br />
Sallustio: 92<br />
Sanna, M.: 86<br />
Santorio, S.: 193, 194<br />
Sarnelli, P.: 122<br />
Sarpi, P.: 176, 185, 186, 187, 193<br />
Scaligero, G. C.: 89<br />
Scarfò, G. C.: 105, 106<br />
Scholz, S.: 204<br />
Sem: 159<br />
Seneca, L. A.: 170, 213<br />
Senofonte: 92, 94<br />
Serrapica, S.: 22, 106, 254<br />
Serveto, M.: 188, 189<br />
Servio Tullio: 140<br />
Seth: 98, 139, 160, 162<br />
Severino, M. A.: 32, 69, 110, 111, 185, 195<br />
Shirley, T.: 212<br />
Simi, M.: 26<br />
Simplicio: 168<br />
Siriano: 174<br />
Sisto, P.: 6<br />
Soccio, P.: 92<br />
Socrate: 160<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
Solone: 162<br />
Soppelsa, M. L.: 156, 221<br />
Sorano d'Efeso: 181<br />
Sorbelli, A.: 82<br />
Sorbelli, T.: 7<br />
Sorrenti, P.: 27<br />
Sposato, P.: 105<br />
Sprat, T.: 12, 73, 79<br />
Starobinski, J.: 18, 50, 66, 139<br />
303<br />
Stenone, N. (Stensen, N.): 125, 145, 146, 147,<br />
198<br />
Suárez, F.: 35<br />
Sulpizio, F.: 8<br />
Swammerdam, J.: 145, 198<br />
Sydenham, T.: 36, 37, 43<br />
Tacito, C.: 92, 121<br />
T<br />
Talete: 142, 160, 162, 234, 245<br />
Tateo, R.: 6<br />
Tega, W.: 11<br />
Telesio, B.: 32, 168, 171, 176<br />
Terraneo, L.: 53<br />
Tertulliano: 160<br />
Tiraboschi, G.: 156<br />
Tito Livio: 92, 160<br />
Tolomeo: 121, 126<br />
Tommaso D'Aquino, santo: 74, 120, 168,<br />
169, 246, 260<br />
Torricelli, E.: 176<br />
Torrini, M.: 20, 21, 22, 39, 56, 67<br />
Tortora, O.: 102<br />
Toscani, C.: 27<br />
Tournefort, J. Pitton de: 227, 228<br />
Tozzi, L.: 55, 56, 106, 240<br />
Trapezunzio, G.: 169
Travagini, G. B.: 177<br />
Traverso, L.: 206<br />
Tremigliozzi, G.: 9, 20, 23, 24, 25, 26, 27, 28,<br />
30, 31, 44, 49, 54, 55, 56, 57, 59, 63, 64,<br />
65, 66, 67, 69, 73, 76, 81, 82, 85, 86, 92,<br />
109<br />
Trugillus Sprachaleg: 140<br />
Tuci<strong>di</strong>de: 92<br />
Ulivieri, G.: 7<br />
U<br />
V<br />
Valentiniano, imperatore: 102<br />
Vallemont, P. Le Lorrain de: 163<br />
Valesio, F.: 140, 151<br />
Valletta, G.: 7, 9, 25, 51, 57, 70, 74, 104, 105,<br />
155, 162, 163, 165, 168, 170, 172, 173,<br />
174, 184, 188<br />
Vallisneri, A.: 10, 17, 50, 80, 82, 83, 84, 85,<br />
105, 106, 107, 115, 116, 127, 129, 130,<br />
141, 156, 192, 193, 195, 196, 197, 200,<br />
209, 210, 221, 222, 223, 227, 244, 260,<br />
262, 263<br />
Van Helmont, J.-B.: 11, 44, 69, 117, 118,<br />
122, 140, 183, 184, 218, 236, 231<br />
Vartanian, A.: 18, 244<br />
Vasoli, C.: 6, 7, 10, 30, 79, 99<br />
Vegetti Finzi, S.: 205<br />
Vegetti, M.: 42<br />
Verbeek, T.: 70<br />
Verheyen, P.: 147<br />
Versili, N.: 56<br />
Vesalio, A.: 65, 114, 188, 190, 191<br />
Vico, G. B.: 24, 57, 68, 86, 92, 141, 161, 211<br />
Villani, N.: 90<br />
In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
Virgilio, P. M.: 47, 240<br />
Voët, G.: 70<br />
Voltaggio, F.: 64, 199, 200<br />
Voss, I.: 222<br />
Vulpino, G. B.: 53, 54<br />
Wallis, J.: 171, 222<br />
Webster, C.: 11, 18<br />
Willis, R.: 64<br />
W<br />
304<br />
Willis, T.: 64, 111, 125, 139, 151, 209, 247,<br />
248, 249, 250, 252, 254, 255, 257, 260<br />
Zeno, A.: 39, 83<br />
Zenone: 32, 39, 160<br />
Zenone Stoico: 158<br />
Zito, P.: 20, 21<br />
Zoroastro: 135, 158<br />
Z
305