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TEORIA DELLA FUNZIONE D'ONDA UNIVERSALE Questo tipo di ...

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3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 1<br />

<strong>TEORIA</strong> <strong>DELLA</strong> <strong>FUNZIONE</strong> D’ONDA <strong>UNIVERSALE</strong><br />

<strong>Questo</strong> <strong>tipo</strong> <strong>di</strong> formulazione della meccanica quantistica è stata introdotta da Everett,<br />

il quale credeva fermamente nella vali<strong>di</strong>tà assoluta dell’equazione <strong>di</strong> Schrö<strong>di</strong>nger<br />

e contemporaneamente sentiva l’esigenza <strong>di</strong> fondare una cosmologia quantistica.<br />

Se si vuole dare una descrizione quantomeccanica dell’universo,<br />

anche tralasciando le critiche che abbiamo formulato,<br />

certamente non si può ricorrere all’interpretazione d’ensemble<br />

poiché non ha senso considerare un ensemble <strong>di</strong> universi.<br />

Ripren<strong>di</strong>amo ciò che succede secondo l’equazione <strong>di</strong> Schrö<strong>di</strong>nger<br />

quando ha luogo la nostra misurazione.<br />

Per abbreviare la scrittura <strong>di</strong>ciamo che l’universo coincide con S + A,<br />

dove A contiene in particolare l’apparecchio misuratore.<br />

Allora l’evoluzione <strong>di</strong> Schrö<strong>di</strong>nger si scrive<br />

(1)<br />

<br />

i ci |ψi〉<br />

<br />

|Ard〉 −→ <br />

Se è presente un osservatore O (e certamente ci sarà)<br />

separiamolo da A, cioè <strong>di</strong>ciamo che l’universo è S + A + O.<br />

L’evoluzione completa è allora<br />

(2)<br />

<br />

i ci |ψi〉<br />

<br />

|Ard〉 |O0〉 −→<br />

i ci |ψi〉 |Ai〉<br />

<br />

i ci<br />

<br />

|ψi〉 |Ai〉 |O0〉 −→ <br />

i ci |ψi〉 |Ai〉 |Oi〉.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 2<br />

Everett accetta senza riserve la funzione d’onda data dall’equazione <strong>di</strong> Schrö<strong>di</strong>nger:<br />

lo stato <strong>di</strong> S + A (o <strong>di</strong> S + A + O)<br />

è effettivamente quello descritto dalla (1) (o dalla (2)).<br />

Tuttavia precisa:<br />

l’unica cosa che ha significato è la correlazione esistente in ciascun termine<br />

tra lo stato <strong>di</strong> S e lo stato <strong>di</strong> A (e quello <strong>di</strong> O).<br />

Se O sono io e se io so che il risultato è "j",<br />

la mia funzione d’onda è |Oj〉<br />

ed è correlata con le funzioni d’onda |Aj〉 <strong>di</strong> A e |ψj〉 <strong>di</strong> S;<br />

se invece io so che il risultato è "k",<br />

la mia funzione d’onda è |Ok〉<br />

ed è correlata con le funzioni d’onda |Ak〉 <strong>di</strong> A e |ψk〉 <strong>di</strong> S.<br />

Ciò è esattamente quanto basta affinché,<br />

in questa situazione e in tutte le generalizzazioni che se ne possono considerare,<br />

non si abbiano contrad<strong>di</strong>zioni.<br />

I molti mon<strong>di</strong><br />

Possiamo sintetizzare questa descrizione delle cose<br />

<strong>di</strong>cendo che ciascun termine costituisce un "mondo" a sè<br />

che non ha possibilità <strong>di</strong> comunicare con gli "altri mon<strong>di</strong>".<br />

Di qui la denominazione <strong>di</strong> teoria dei molti mon<strong>di</strong>.<br />

Struttura ad albero<br />

Poiché a ogni misurazione (o situazione <strong>tipo</strong> misurazione)<br />

corrisponde una biforcazione o una multiforcazione quale quella descritta<br />

l’evoluzione nel tempo della funzione d’onda dell’universo<br />

ha una struttura ad albero<br />

e certamente i "mon<strong>di</strong> attualmente esistenti" sono molto numerosi.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 3<br />

Stravaganze<br />

Si possono immaginare situazioni in cui,<br />

accanto al mondo o ai mon<strong>di</strong> in cui esisto e sono vivo e vegeto,<br />

ci sono mon<strong>di</strong> in cui non esisto nè sono mai esistito,<br />

o mon<strong>di</strong> in cui esistevo ma sono morto;<br />

oppure,<br />

accanto al mondo in cui credo che i molti mon<strong>di</strong> siano una sciocchezza,<br />

mon<strong>di</strong> in cui credo fermamente in una tale interpretazione.<br />

Critiche superabili<br />

Una prima critica è, appunto, quella <strong>di</strong> stravaganza.<br />

A questa accusa, Everett risponde<br />

"se le cose stanno così, stanno così e basta".<br />

Un’altra critica invoca il cosiddetto rasoio <strong>di</strong> Occam, secondo il quale<br />

"entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem".<br />

Risposta: la necessità c’è.<br />

Le probabilità quantistiche e la funzione d’onda universale<br />

La teoria come esposta fin qui è chiaramente incompleta<br />

poiché nulla ci <strong>di</strong>ce sulle probabilità quantistiche,<br />

che ovviamente sono un elemento essenziale<br />

<strong>di</strong> qualunque formulazione della meccanica quantistica.<br />

Il completamento della teoria in questo senso<br />

conduce alla sua trasformazione in una teoria concettualmente molto <strong>di</strong>versa.<br />

Ve<strong>di</strong>amo come si presenta il problema.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 4<br />

Nel ramo della funzione d’onda universale nel quale ci troviamo<br />

un osservatore esegua la misurazione <strong>di</strong> una grandezza a due valori<br />

su, <strong>di</strong>ciamo, 1000 particelle dello stesso <strong>tipo</strong> nello stesso stato.<br />

La funzione d’onda universale si ramifica:<br />

Ciascun ramo,<br />

1<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

2 1<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

1<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

cioè ciascun termine nella funzione d’onda a un dato tempo, cioè ciascun mondo a quel tempo,<br />

è specificato dalla successione degli in<strong>di</strong>ci 1 o 2<br />

che denotano il risultato <strong>di</strong> ciascuna misurazione.<br />

Ad esempio, il ramo segnato con ∗ è specificato dalla successione 1,2,1,1,. . . .<br />

In una parte dei 2 1000 ≈ 10 301 mon<strong>di</strong> esistenti alla fine delle 1000 misurazioni<br />

la sequenza dei risultati è in accordo con la legge <strong>di</strong> probabilità quantistica,<br />

nei rimanenti no.<br />

Ad esempio, se |c1| 2 = |c2| 2 = 1<br />

2 ,<br />

sono in accordo con la legge quantistica<br />

quei mon<strong>di</strong> in cui il numero <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci 1 è circa uguale al numero <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci 2<br />

e gli 1 e 2 sono <strong>di</strong>stribuiti nella successione abbastanza uniformemente.<br />

Gli altri mon<strong>di</strong> sono in <strong>di</strong>saccordo con la legge <strong>di</strong> probabilità quantistica,<br />

ad esempio quello in cui gli in<strong>di</strong>ci hanno tutti il valore 2.<br />

Ma tutti i mon<strong>di</strong> sono ugualmente esistenti!<br />

Che senso ha la legge <strong>di</strong> probabilità quantistica e come arrivarci?<br />

Nota<br />

Come abbiamo già notato ciascun ramo o termine o mondo<br />

è in<strong>di</strong>viduato dalla successione degli in<strong>di</strong>ci.<br />

Pertanto esso rappresenta una storia del sistema<br />

e infatti questa è la denominazione usata attualmente.<br />


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 5<br />

La risposta<br />

Si introduce una misura <strong>di</strong> probabilità nello spazio dei mon<strong>di</strong> (o delle storie).<br />

Secondo Everett l’assunzione <strong>di</strong> questa misura <strong>di</strong> probabilità è talmente naturale<br />

che non è nemmeno un’assunzione,<br />

In realtà è un’assunzione, naturale o no,<br />

ma non è questa la questione più importante.<br />

La conseguenza<br />

A mio parere l’introduzione delle probabilità nello spazio dei mon<strong>di</strong><br />

ha una gran<strong>di</strong>ssima rilevanza concettuale.<br />

Qualunque sia il significato che si dà al concetto <strong>di</strong> probabilità,<br />

è sempre la probabilità del realizzarsi <strong>di</strong> un evento.<br />

Introdurre delle probabilità significa quin<strong>di</strong> ammettere<br />

che uno degli eventi si realizza e gli altri no.<br />

Nel nostro caso un evento è un mondo,<br />

e quin<strong>di</strong> uno dei mon<strong>di</strong> si realizza e gli altri no.<br />

Gli autori, non tanto Everett ma piuttosto quelli degli sviluppi successivi,<br />

sono riluttanti ad ammetterlo, scivolano via su quasto argomento,<br />

ma a me quella conclusione sembra inevitabile.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 6<br />

L’emergere <strong>di</strong> ulteriori elementi <strong>di</strong> descrizione, oppure . . .<br />

Ciò significa che per descrivere l’universo non basta la funzione d’onda.<br />

Di fatto si è sostituita l’assunzione<br />

"l’universo è descritto dalla sua funzione d’onda"<br />

con l’assunzione<br />

"l’universo è descritto dalla sua funzione d’onda<br />

e dalla specificazione degli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> ramo".<br />

Sono stati introdotti degli ulteriori elementi <strong>di</strong> descrizione del sistema:<br />

lo stato del sistema non è più specificato dalla sola funzione d’onda,<br />

ma dalla funzione d’onda e dagli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> ramo.<br />

Ma giunti a questo punto,<br />

se ammettiamo che uno dei mon<strong>di</strong> si realizza e gli altri no,<br />

possiamo anche dare a questa circostanza un’interpretazione <strong>di</strong>versa.<br />

Invece <strong>di</strong> introdurre gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> ramo accanto alla funzione d’onda, possiamo,<br />

contrariamente all’assunto iniziale della formulazione<br />

e contrariamente allo spirito dei suoi sostenitori,<br />

affermare che la funzione d’onda dell’universo si riduce a uno dei suoi termini.<br />

Torniamo così alle due possibilità —<br />

la funzione d’onda . . . o non è tutto o è sbagliata.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 7<br />

Terminologia<br />

Se in una formulazione della meccanica quantistica sono presenti,<br />

oltre alla funzione d’onda, ulteriori elementi <strong>di</strong> descrizione del sistema,<br />

cioè se lo stato del sistema è costituito dalla funzione d’onda e da altri elementi,<br />

<strong>di</strong>remo che questi sono elementi ad<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> descrizione.<br />

Quando gli elementi ad<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> descrizione sono univocamente definiti<br />

e ne è specificata una legge <strong>di</strong> evoluzione,<br />

essi sono detti variabili ad<strong>di</strong>zionali (o variabili nascoste).<br />

Come vedremo, questo non è il caso della formulazione che stiamo <strong>di</strong>scutendo.<br />

Nota<br />

Quando abbiamo presentato e <strong>di</strong>scusso l’interpretazione d’ensemble,<br />

a proposito dell’enunciato E3<br />

E3 – Il legame tra la funzione d’onda e i fatti sperimentali<br />

è dato dalla legge <strong>di</strong> probabilità quantistica.<br />

ci siamo posti la domanda<br />

Le probabilità specificate dalla legge <strong>di</strong> probabilità quantistica<br />

sona probabilità . . . <strong>di</strong> che cosa?<br />

Abbiamo allora detto che sono possibili due risposte,<br />

delle quali la prima conduce all’interpretazione d’ensemble<br />

mentre la seconda conduce alla formulazione delle storie,<br />

cioè quella cui stiamo pervenendo adesso:<br />

Seconda risposta −→ formulazione delle storie<br />

Data la funzione d’onda a un tempo t qualsiasi,<br />

le probabilità cui si riferisce l’enunciato E3<br />

sono le probabilità che, fino al tempo t,<br />

si siano realizzate le successioni <strong>di</strong> situazioni<br />

descritte ognuna da un termine nella funzione d’onda<br />

(cioè qui da una successione degli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> ramo ovvero una storia).


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 8<br />

Una caratteristica positiva<br />

L’uso <strong>di</strong> fatto degli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> ramo<br />

come elementi ad<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> descrizione del sistema<br />

instaura una corrispondenza tra risultato <strong>di</strong> una misurazione<br />

e descrizione del sistema dopo la misurazione.<br />

Cioè è sod<strong>di</strong>sfatto quello che abbiamo chiamato requisito <strong>di</strong> buon senso<br />

Lo stesso si può <strong>di</strong>re se, magari malvolentieri, ammettiamo la riduzione.<br />

E infatti, in questa formulazione, non si possono ripetere gli argomenti<br />

che hanno portato ad accusare <strong>di</strong> inconsistenza l’interpretazione d’ensemble.<br />

Un problema trascurato<br />

Dire che ciascun mondo non ha la possibilità <strong>di</strong> comunicare con gli altri mon<strong>di</strong><br />

significa in concreto affermare che non sono rilevabili<br />

gli effetti <strong>di</strong> interferenza tra i vari termini della funzione d’onda universale.<br />

Everett lascia in ombra questo problema.<br />

Un problema serio<br />

Data la funzione d’onda a un tempo t, passato, presente o futuro,<br />

che supponiamo evoluta con l’equazione <strong>di</strong> Schrö<strong>di</strong>nger dalla funzione d’onda iniziale dell’universo,<br />

anche imposte con<strong>di</strong>zioni più o meno ragionevoli,<br />

la sua scomposizione in termini, vedremo, presenta un notevole grado <strong>di</strong> arbitrarietà.<br />

Il significato degli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> <strong>di</strong> ramo,<br />

cioè il significato degli elementi ad<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> descrizione,<br />

<strong>di</strong>pende dalla scelta operata per la scomposizione in termini della funzione d’onda universale.<br />

Se operiamo una scelta ammettiamo che un certo mondo,<br />

entro un certo spazio <strong>di</strong> mon<strong>di</strong>,<br />

è stato, è o sarà quello effettivamente realizzato.<br />

Se operiamo un’altra scelta ammettiamo che un altro mondo,<br />

entro un altro spazio <strong>di</strong> mon<strong>di</strong>,<br />

è stato, è o sarà quello effettivamente realizzato.<br />

Che senso ha?<br />

Nota<br />

La riluttanza degli autori<br />

ad ammettere che introdurre le probabilità significa ammettere che uno dei mon<strong>di</strong> si realizza<br />

è probabilmente dovuta al problema appena rilevato.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 9<br />

FORMULAZIONE DELLE STORIE CONSISTENTI<br />

Costituisce un importante perfezionamento<br />

della teoria della funzione d’onda universale.<br />

In primo luogo si ammette esplicitamente la necessità <strong>di</strong> un’autentica assunzione<br />

<strong>di</strong> una misura <strong>di</strong> probabilità nello spazio dei mon<strong>di</strong>,<br />

o meglio nella famiglia <strong>di</strong> storie,<br />

secondo la terminologia ragionevole usata qui.<br />

In secondo luogo si affronta il problema, trascurato da Everett,<br />

<strong>di</strong> stabilire le con<strong>di</strong>zioni sotto le quali è possibile<br />

introdurre in una famiglia <strong>di</strong> storie una misura <strong>di</strong> probabilità<br />

con tutte le proprietà che una tale misura deve avere.<br />

Tali con<strong>di</strong>zioni sono in stretta relazione<br />

con le con<strong>di</strong>zioni che eliminano la possibile interferenza<br />

tra i vari termini nella funzione d’onda.<br />

Le famiglie <strong>di</strong> storie per le quali si può introdurre la misura <strong>di</strong> probabilità<br />

sono dette consistenti.<br />

Di nuovo, gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> ramo sono usati <strong>di</strong> fatto come elementi ad<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> descrizione<br />

(anche se ciò non viene <strong>di</strong>chiarato esplicitamente)<br />

e le inconsistenze rilevate nell’interpretazione d’ensemble non sussistono.<br />

Nel seguito esporrò la presentazione della teoria dovuta a Gell-Mann e Hartle<br />

che <strong>di</strong> tutte mi sembra quella più ra<strong>di</strong>cata nella fisica.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 10<br />

Storie<br />

È conveniente usare la descrizione <strong>di</strong> Heisenberg dell’evoluzione temporale.<br />

Gli ingre<strong>di</strong>enti della descrizione dell’universo (o più in generale <strong>di</strong> un qualsiasi sistema chiuso) sono<br />

• lo stato |Ψ〉 (lo stato iniziale nella descrizione <strong>di</strong> Schrö<strong>di</strong>nger);<br />

• l’operatore hamiltoniano ˆ H;<br />

• gli operatori rappresentanti le grandezze fisiche (osservabili) Ô(t);<br />

per non complicare inutilmente il <strong>di</strong>scorso ci limitiamo a grandezze "sharp" e del <strong>tipo</strong> "yes–no"<br />

(la seconda limitazione è evidentemente del tutto banale).<br />

Gli operatori che consideriamo sono quin<strong>di</strong> proiettori <strong>di</strong>pendenti dal tempo del <strong>tipo</strong><br />

P (t) = exp (i/ℏ) ˆ H t P (0) exp −(i/ℏ) ˆ H t <br />

Un set (esauriente) <strong>di</strong> alternative (mutuamente esclusive) a un dato tempo<br />

è rappresentato da un set <strong>di</strong> proiettori<br />

tale che<br />

P k 1 (t), P k 2 (t), . . .<br />

P k α(t)P k β (t) = δαβP k α(t),<br />

<br />

α P k α(t) = 1.<br />

In P k α(t), k denota il set, α la particolare alternativa e t il tempo al quale il set è considerato.<br />

Una famiglia <strong>di</strong> storie alternative è costituita da una sequenza (or<strong>di</strong>nata) <strong>di</strong> tempi t1, . . . , tn<br />

e da un set <strong>di</strong> alternative a ciascun tempo.<br />

Una storia nella famiglia è una particolare sequenza <strong>di</strong> alternative<br />

Nota<br />

[Pα] = P 1<br />

α1 (t1) . . . P n<br />

αn (tn).<br />

Sopra si è dato per scontato che lo stato iniziale del sistema considerato sia uno stato puro.<br />

Gell-Mann e Hartle ammettono per generalità<br />

che possa anche essere una miscela, rappresentata da un operatore densità ϱ,<br />

della quale non <strong>di</strong>scutono il significato.<br />

Tuttavia, quando il sistema considerato sia l’universo,<br />

ritengono ragionevole che si tratti <strong>di</strong> uno stato puro.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 11<br />

Grossamento e affinamento<br />

Una famiglia <strong>di</strong> storie è il grossamento (coarse–graining) <strong>di</strong> un’altra<br />

se i proiettori che definiscono la prima sono somme dei proiettori che definiscono la seconda.<br />

La relazione inversa definisce l’affinamento (fine–graining).<br />

Una famiglia è completamente affinata<br />

se le storie a essa appartenenti specificano un set completo <strong>di</strong> operatori a tutti i tempi<br />

o, ciò che è lo stesso,<br />

se i proiettori che definiscono i set <strong>di</strong> alternative sono tutti uni<strong>di</strong>mensionali<br />

e i tempi che intervengono sono tutti quelli compresi tra quello iniziale e quello finale.<br />

La famiglia completamente grossata è quella in cui non si specifica alcunché ed è ovviamente unica.<br />

La relazione <strong>di</strong> grossamento–affinamento<br />

introduce un or<strong>di</strong>namento parziale nello spazio delle famiglie <strong>di</strong> storie.<br />

Lo spazio delle famiglie <strong>di</strong> storie è rappresentato simbolicamente nella figura che segue,<br />

in cui ogni punto rappresenta una famiglia <strong>di</strong> storie (non una storia)<br />

e le linee rappresentano la relazione <strong>di</strong> grossamento–affinamento.<br />

Nota<br />

Nella figura compaiono tre <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> punti, cioè <strong>di</strong> famiglie <strong>di</strong> storie.<br />

Il significato <strong>di</strong> questa classificazione sarà chiarito nel seguito.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 12<br />

Il funzionale <strong>di</strong> decoerenza<br />

La prima questione che si pongono i sostenitori della formulazione delle storie<br />

è quella <strong>di</strong> determinare quando, entro una famiglia <strong>di</strong> storie, si può introdurre una misura <strong>di</strong> probabilità<br />

che assegni a ogni storia una probabilità o una densità <strong>di</strong> probabilità (sottinteso fisicamente sensata).<br />

Nella presentazione <strong>di</strong> Gell-Mann e Hartle questo compito è affidato al funzionale <strong>di</strong> decoerenza.<br />

<strong>Questo</strong> è un funzionale complesso <strong>di</strong> ogni coppia <strong>di</strong> storie nella famiglia considerata definito da<br />

(3) D([Pα ′],[Pα]) = Tr P n<br />

Una famiglia <strong>di</strong> storie è detta decoerente<br />

α ′ n (tn) . . . P 1<br />

α ′ 1<br />

(t1)|Ψ〉〈Ψ|P 1<br />

quando gli elementi fuori <strong>di</strong>agonale <strong>di</strong> D sono "sufficientemente piccoli",<br />

cioè<br />

D([Pα ′],[Pα]) ≈ 0, per ogni α ′ k = αk,<br />

(4) D([Pα ′],[Pα]) ≈ δα ′ 1 α1 . . . δα ′ n αn D([Pα],[Pα])<br />

α1 (t1) . . . P n<br />

αn (tn) .<br />

Discuteremo in seguito qual’è l’origine della decoerenza (e in particolare perché non è mai esatta).<br />

Ve<strong>di</strong>amo intanto quali sono le sue conseguenze.<br />

Consideriamo due famiglie <strong>di</strong> storie delle quali la seconda sia un grossamento della prima.<br />

Denotando con [Pα] le storie nella prima e con [Pβ] le storie nella seconda,<br />

la relazione tra i due funzionali <strong>di</strong> decoerenza è<br />

D([Pβ ′],[Pβ]) = <br />

contenuti in<br />

ciascun P β ′<br />

P α ′<br />

<br />

D([Pα ′],[Pα]).<br />

contenuti in<br />

ciascun Pβ<br />

Se la famiglia <strong>di</strong> storie più fine è decoerente, cioè vale la (4), anche la famiglia grossata lo è,<br />

e per gli elementi <strong>di</strong>agonali vale la relazione<br />

(5) D([Pβ],[Pβ]) ≈ <br />

Pα<br />

Pα<br />

contenuti in<br />

ciascun Pβ<br />

<br />

D([Pα],[Pα]).<br />

Assumiamo che per una famiglia <strong>di</strong> storie decoerente la probabiltà <strong>di</strong> una singola storia sia<br />

(6) Pr([Pα]) = D([Pα],[Pα]) = Tr P n<br />

αn (tn) . . . P 1<br />

α1<br />

(t1)|Ψ〉〈Ψ|P 1<br />

α1 (t1) . . . P n<br />

αn (tn) .<br />

Allora la relazione (5) tra gli elementi <strong>di</strong>agonali delle due famiglie si traduce nella relazione<br />

(7) Pr([Pβ]) ≈ <br />

contenuti in<br />

ciascun Pβ<br />

Pα<br />

<br />

p([Pα]).


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 13<br />

Nota<br />

La regola <strong>di</strong> somma (7) traduce la richiesta essenziale che<br />

"le probabilità siano ad<strong>di</strong>tive su set <strong>di</strong>sgiunti nello spazio degli eventi".<br />

Nota<br />

La formula (6) che definisce la probabilità <strong>di</strong> una storia in realtà non è nuova.<br />

Essa è nota come formula <strong>di</strong> Wigner<br />

e rappresenta, nell’ambito della meccanica quantistica standard,<br />

la probabilità <strong>di</strong> ottenere una certa successione <strong>di</strong> risultati<br />

in una successione arbitraria <strong>di</strong> misurazioni su un sistema quantistico.<br />

Ciò garantisce che le probabilità che sono state definite siano in accordo con quelle standard.<br />

Naturalmente, nell’ambito della meccanica quantistica standard,<br />

la decoerenza è conseguenza della riduzione.<br />

Nota<br />

L’annullarsi degli elementi fuori <strong>di</strong>agonale del funzionale <strong>di</strong> decoerenza<br />

è con<strong>di</strong>zione sufficiente ma non necessaria per la vali<strong>di</strong>tà della relazione (5) tra gli elementi <strong>di</strong>agonali.<br />

La con<strong>di</strong>zione necessaria e sufficiente è l’annullarsi delle sole parti reali.<br />

Questa con<strong>di</strong>zione è usata da altri autori per definire le storie cosiddette consistenti.<br />

Il motivo per cui Gell-Mann e Hartle fissano l’attenzione sulla decoerenza è che,<br />

mentre è facile in<strong>di</strong>viduare situazioni fisiche che assicurino l’annullarsi degli elementi fuori <strong>di</strong>agonale,<br />

è <strong>di</strong>fficile trovare meccanismi generali che sopprimano le sole parti reali.<br />

Nota<br />

Per la proprietà ciclica della traccia<br />

un funzionale <strong>di</strong> decoerenza è sempre <strong>di</strong>agonale rispetto agli in<strong>di</strong>ci finali αn e αn ′.<br />

La decoerenza è un caratteristica interessante<br />

solo per le famiglie che contengano specificazioni a più <strong>di</strong> un tempo.<br />

Alle storie <strong>di</strong> una famiglia che contenga specificazioni a un solo tempo<br />

possono sempre essere assegnate le probabilità.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 14<br />

Famiglie <strong>di</strong> storie decoerenti massimali<br />

Abbiamo visto che il grossamento <strong>di</strong> una famiglia decoerente ne mantiene la decoerenza.<br />

È evidente che il viceversa non è vero.<br />

Pertanto, stabilito un certo standard <strong>di</strong> tolleranza per l’accettazione del ≈ nella (4),<br />

intrapreso un processo <strong>di</strong> progressivo affinamento <strong>di</strong> una famiglia decoerente,<br />

a un certo punto si arriva a una famiglia massimale<br />

il cui progressivo affinamento <strong>di</strong>strugge la decoerenza.<br />

Ripren<strong>di</strong>amo ora la figura che rappresenta simbolicamente lo spazio delle famiglie <strong>di</strong> storie.<br />

I punti leggeri rappresentano le famiglie <strong>di</strong> storie non decoerenti,<br />

i punti pesanti rappresentano le famiglie decoerenti<br />

e i punti pesanti circolati rappresentano le famiglie decoerenti massimali.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 15<br />

Discussione sulla decoerenza e le sue origini<br />

La decoerenza fisica non è una proprietà<br />

dei soli set <strong>di</strong> operatori P k αk (0) che intervengono nella definizione <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> storie,<br />

ma è una proprietà dei set <strong>di</strong> operatori e della <strong>di</strong>namica del sistema,<br />

che è specificata dalla con<strong>di</strong>zione iniziale |Ψ〉 e dall’operatore hamiltoniano ˆ H.<br />

Consideriamo il funzionale <strong>di</strong> decoerenza (per uno stato puro)<br />

dove<br />

D([Pα],[Pα ′]) = TrP n<br />

αn (tn) . . . P 1<br />

α1<br />

= 〈Ψ| [Pα ′] [Pα] + |Ψ〉<br />

(t1)|Ψ〉〈Ψ|P 1<br />

[Pα] = P 1<br />

α1 (t1) . . . P n<br />

αn (tn).<br />

α ′ 1<br />

(t1) . . . P n <br />

(tn)<br />

Se si prescinde dalla <strong>di</strong>namica, cioè si assegnano arbitrariamente gli operatori P k<br />

αk (tk),<br />

si possono facilmente costruire famiglie decoerenti, anche esattamente, qualunque sia |Ψ〉.<br />

Anche se ciò è privo <strong>di</strong> interesse fisico,<br />

la considerazione <strong>di</strong> famiglie cosiffatte è utile per capire il meccanismo che produce la decorenza.<br />

Gli esempi che seguono mostrano che le correlazioni tra gli stati ai <strong>di</strong>versi tempi<br />

giocano un ruolo essenziale nel dar luogo alla decoerenza.<br />

α ′ n


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 16<br />

Esempio formale <strong>di</strong> decoerenza<br />

Assumiamo, per abbreviare le scritture, n = 3.<br />

Sia |αβγ〉 un sistema ortonormale completo.<br />

I proiettori che definiscono la famiglia <strong>di</strong> storie siano<br />

(8)<br />

Il funzionale <strong>di</strong> decoerenza risulta<br />

Nota<br />

P 1 α(t1) = <br />

βγ |αβγ〉〈αβγ|,<br />

P 2 αβ(t2) = <br />

γ |αβγ〉〈αβγ|,<br />

P 3 αβγ(t3) = |αβγ〉〈αβγ|.<br />

D [α1α2β2α3β3γ3],[α ′ 1α ′ 2β ′ 2α ′ 3β ′ 3γ ′ 3] <br />

= 〈Ψ|P 1 α ′ (t1)P<br />

1<br />

2 α ′ 2β′ (t2)P<br />

2<br />

3 α ′ 3β′ 3γ′ (t3)P<br />

3<br />

3 α3β3γ3 (t3)P 2 α2β2 (t2)P 1 α1 (t1)|Ψ〉<br />

= δα3α3 ′ δβ3β ′ 3 δγ3γ ′ 3 δα2α ′ 2 δβ2β ′ 2 δα1α ′ δα3α2<br />

δβ3β2<br />

δα2α1 〈Ψ|α3β3γ3〉〈α3β3γ3|Ψ〉.<br />

1<br />

La definizione (8) della famiglia <strong>di</strong> storie implica una stretta relazione tra i <strong>di</strong>versi proiettori P k<br />

...(0)<br />

se si considera l’evoluzione temporale definita dall’operatore hamiltoniano ˆ H.<br />

Precisamente (ℏ = 1), oltre a essere<br />

si ha<br />

<br />

<br />

P 1 α(0) = exp − i ˆ <br />

H t1<br />

βγ |αβγ〉〈αβγ| exp i ˆ <br />

H t1 ,<br />

β P 2 αβ(0) = exp − i ˆ H (t2 − t1) P 1 α(0) exp i ˆ H (t2 − t1) ,<br />

γ P 3 αβγ(0) = exp − i ˆ H (t3 − t2) P 2 αβ(0) exp i ˆ H (t3 − t2) .<br />

Per questo motivo l’esempio ha carattere del tutto formale.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 17<br />

Esempio (schematico) <strong>di</strong> decoerenza fisica<br />

Sia S uno spin e A un apparato che esegue una misurazione <strong>di</strong> una componente <strong>di</strong> S.<br />

L’evoluzione del sistema S + A all’atto della misurazione, che si conclude al tempo t1, sia<br />

|s〉 |A〉<br />

S<br />

−→ <br />

i ai |si〉 |Ai〉.<br />

Sia Z un apparato che esegue una misurazione simultanea<br />

<strong>di</strong> una grandezza <strong>di</strong> S e <strong>di</strong> una grandezza <strong>di</strong> A.<br />

L’evoluzione del sistema S + A + Z all’atto della misurazione, che si conclude al tempo t2, sia<br />

|si〉 |Ai〉 |Z〉<br />

S<br />

−→ <br />

jk bijk |¯sj〉 | Āk〉 |Zjk〉.<br />

Sia E l’ambiente con cui interagiscono A e Z.<br />

Dimenticando ogni evoluzione tranne quelle già in<strong>di</strong>cate,<br />

l’evoluzione del sistema chiuso S + A + Z + E è data da<br />

|Ψ〉 = |s〉 |A〉 |Z〉 |E〉<br />

|si〉 |Ai〉 |Z〉|Ei〉<br />

S, t1<br />

−→ <br />

S, t2−t1<br />

−−−−→ <br />

I proiettori che definiscono la famiglia <strong>di</strong> storie siano (ℏ = 1)<br />

P 1 αβ(t1) = exp i ˆ 1<br />

H t1 Pαβ(0) exp − i ˆ <br />

H t1<br />

i ai |si〉 |Ai〉 |Z〉 |Ei〉,<br />

jk bi jk |¯sj〉 | Āk〉 |Zjk〉 |E i jk〉.<br />

= exp i ˆ <br />

H t1 |sα〉〈sα| ⊗ |Aβ〉〈Aβ| ⊗ IZ ⊗ IE exp − i ˆ <br />

H t1 ,<br />

P 2 γδεϑ(t2) = exp i ˆ 2<br />

H t2 Pγδεϑ(0) exp − i ˆ <br />

H t2<br />

Il funzionale <strong>di</strong> decoerenza è dato da<br />

= exp i ˆ <br />

H t2 |¯sγ〉〈¯sγ| ⊗ | Āδ〉〈 Āδ| ⊗ |Zεϑ〉〈Zεϑ| ⊗ IE exp − i ˆ <br />

H t2 .<br />

D [α β γ δ ε ϑ],[α ′ β ′ γ ′ δ ′ ε ′ ϑ ′ ] = 〈Ψ| P 1 α ′ β ′(t1) P 2 γ ′ δ ′ ε ′ ϑ ′(t2) P 2 γδεϑ(t2) P 1 αβ(t1) |Ψ〉<br />

Il ket in<strong>di</strong>cato all’ultima riga risulta<br />

e il funzionale <strong>di</strong> decorenza è<br />

= δγγ ′δδδ ′δεε ′δϑϑ ′〈Ψ| exp i ˆ 1<br />

H t1 Pα ′ β ′(0) exp i ˆ H (t2 − t1) P 2 γδεϑ(0)<br />

P 2 γδεϑ(0) exp − i ˆ H (t2 − t1) P 1 αβ(0) exp − i ˆ <br />

H t1 |Ψ〉.<br />

δαβδγεδδϑ aα b α γδ |¯sγ〉 | Āδ〉 |Zγδ〉 |E α γδ〉<br />

D [α β γ δ ε ϑ],[α ′ β ′ γ ′ δ ′ ε ′ ϑ ′ ] = δγγ ′δδδ ′δεε ′δϑϑ ′ δαβ δα ′ β ′δγε δδϑ (aα ′)∗ aα (b α′<br />

γδ) ∗ b α γδ 〈E α′<br />

γδ|E α γδ〉.<br />

L’ortogonalità degli stati <strong>di</strong> E, 〈Eα′ γδ |Eα γδ 〉 = δαα ′, provoca la decoerenza: 〈Eα′ γδ |Eα γδ 〉δαβ δα ′ β ′ = δαα ′ δββ ′ δαβ.<br />

Nota<br />

Se Z misurasse solo A la <strong>di</strong>agonalità rispetto a αβ e α ′ β ′<br />

risulterebbe dall’ortogonalità degli stati |sα〉, senza bisogno <strong>di</strong> invocare la presenza <strong>di</strong> E.


3 LA FORMULAZIONE DELLE STORIE 11/12 18<br />

Pre<strong>di</strong>zione e retro<strong>di</strong>zione<br />

Considerata una famiglia decoerente <strong>di</strong> storie,<br />

scelto convenzionalmente un certo tempo come presente,<br />

Gell-Mann e Hartle <strong>di</strong>scutono che cosa occorra per fare previsioni sul futuro,<br />

cioè per assegnare probabilità alle parti future delle storie data la storia realizzatasi fino al presente,<br />

e che cosa occorra per ricostruire, sempre probabilisticamente, il passato noto il presente.<br />

Famiglie <strong>di</strong> storie fisicamente equivalenti<br />

Considerate due famiglie decoerenti <strong>di</strong> storie esse possono in realtà essere fisicamente equivalenti.<br />

È importante notare che l’equivalenza tra famiglie <strong>di</strong> storie<br />

ha un carattere profondamente <strong>di</strong>verso in questa formulazione,<br />

in cui il sistema considerato è, per programma, chiuso,<br />

rispetto alla formulazione standard<br />

in cui esistono o potenzialmente esistono apparati misuratori esterni<br />

che costituiscono un riferimento per attribuire un significato ai proiettori che definiscono una famiglia.<br />

Purtroppo esistono certamente famiglie decoerenti <strong>di</strong> storie fisicamente inequivalenti.<br />

Famiglie <strong>di</strong> storie con caratteristiche quasiclassiche (domini quasiclassici)<br />

Secondo Gell-Mann e Hartle il fatto che gli esseri umani siano IGUS<br />

(Information Gathering and Utilizing Sistem)<br />

giustifica la restrizione dell’attenzione ai domini quasiclassici.<br />

Un dominio quasiclassico è una famiglia decoerente massimale <strong>di</strong> storie<br />

tale che le sue singole storie mostrino il più possibile <strong>di</strong> correlazioni classiche nel tempo,<br />

con probabilità vicine a zero e uno per i successivi proiettori.<br />

Naturalmente questi percorsi (quasi) deterministici sono<br />

continuamente <strong>di</strong>sturbati dall’ineliminabile piccolo comportamento quantistico <strong>di</strong> qualsiasi grandezza<br />

e occasionalmente interrotti dalle catastrofi quantistiche quali le situazioni <strong>di</strong> misurazione,<br />

in cui le probabilità assumono valori anche <strong>di</strong>stanti da zero e uno.<br />

Certamente esiste un dominio quasiclassico, quello della nostra esperienza quoti<strong>di</strong>ana.<br />

Ma potrebbero esisterne altri.<br />

Un problema che resta<br />

Il mio parere personale è che la molteplicità delle famiglie decoerenti<br />

costituisca un serio problema per la formulazione delle storie.<br />

Nell’ambito <strong>di</strong> una famiglia, una storia si realizza<br />

e, nell’ambito <strong>di</strong> un’altra famiglia, un’altra storia si realizza —<br />

per me questa è una proposizione incomprensibile.<br />

Anche se la restrizione ai domini quasiclassici dovesse condurre a una sostanziale unicità,<br />

si tratterebbe, secondo il mio punto <strong>di</strong> vista, <strong>di</strong> un uso inaccettabile <strong>di</strong> un criterio antropocentrico.

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