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Valorizzazione dei borghi storici minori. Strategie di intervento

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I Tempi della Terra


Il volume è stato realizzato dall’Università Europea <strong>di</strong> Roma<br />

nell’ambito del progetto <strong>di</strong> ricerca “Dal restauro alla gestione programmata.<br />

Una metodologia per castelli, torri e chiese me<strong>di</strong>evali” (2010-2012)<br />

cofinanziato da Fondazione Cariplo<br />

Direzione scientifica del progetto <strong>di</strong> ricerca<br />

Renata Salvarani<br />

Coor<strong>di</strong>namento e<strong>di</strong>toriale<br />

Giuliana Manfre<strong>di</strong><br />

Ricerca, documentazione e iconografia<br />

Samuele Briatore<br />

Progetto grafico, impaginazione e copertina<br />

BosioAssociati, Savigliano (CN)<br />

In copertina<br />

Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio, fotografia<br />

Per gentile concessione <strong>di</strong> Sextantio s.p.a.<br />

ISBN 978-88-8103-788-9<br />

© 2011 E<strong>di</strong>zioni Diabasis<br />

via Emilia S. Stefano 54 I-42100 Reggio Emilia Italia<br />

telefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047<br />

www.<strong>di</strong>abasis.it


Samuele Briatore<br />

<strong>Valorizzazione</strong> <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> <strong>storici</strong> <strong>minori</strong><br />

<strong>Strategie</strong> <strong>di</strong> <strong>intervento</strong><br />

Diabasis


Il volume è realizzato con il patrocinio<br />

Comune <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio<br />

Comune <strong>di</strong> Calcata<br />

Ecovillaggio Torri Superiore<br />

Ringraziamenti<br />

Si ringrazia per la supervisione la professoressa Renata Salvarani; per la cortese collaborazione Antonio D'Alosio, sindaco<br />

del Comune Santo Stefano; Daniele Kihlgren e Leonilde Alimonti della <strong>di</strong>tta Sextanio s.p.a.; Luciano Sestili e Giovanni<br />

Ferrauti, sindaco e vice sindaco del comune <strong>di</strong> Calcata. Per lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Torri Superiore si ringraziano Lucilla Borio e<br />

Giorgio Villosio. Un ringraziamento speciale all’ architetto Manuel Torresan per la supervisione alle relazioni architettoniche<br />

e alla definizione del concetto <strong>di</strong> recupero.


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Samuele Briatore<br />

<strong>Valorizzazione</strong> <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> <strong>storici</strong> <strong>minori</strong><br />

<strong>Strategie</strong> <strong>di</strong> <strong>intervento</strong><br />

Introduzione<br />

Capitolo primo Recupero<br />

1.1. Evoluzione del concetto <strong>di</strong> recupero<br />

1.2. Il recupero <strong>dei</strong> nuclei <strong>storici</strong> <strong>minori</strong><br />

1.3. Il recupero sostenibile del patrimonio esistente<br />

1.3.1. La conoscenza come strumento<br />

1.3.2. Il recupero ecoefficiente del costruito<br />

Capitolo secondo <strong>Valorizzazione</strong><br />

Capitolo terzo Recupero e valorizzazione verso il turismo sostenibile<br />

3.1 Turismo sostenibile: Il Quadro Internazionale<br />

3.2 Turismo sostenibile: Il Quadro dell’Unione Europea<br />

3.3 Turismo sostenibile: Il Quadro Italiano<br />

Focus. Borghi <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>: sostenibilità, marchi e network<br />

Capitolo quarto Casi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio<br />

Cenni <strong>storici</strong><br />

Filosofia dell’<strong>intervento</strong><br />

<strong>Valorizzazione</strong><br />

Recupero urbano e architettonico<br />

Risultati<br />

Rassegna stampa<br />

Torri Superiore<br />

Cenni <strong>storici</strong><br />

Filosofia dell’<strong>intervento</strong><br />

<strong>Valorizzazione</strong><br />

Recupero urbano e architettonico<br />

Risultati<br />

Rassegna stampa<br />

Calcata<br />

Cenni <strong>storici</strong><br />

Filosofia dell’<strong>intervento</strong><br />

<strong>Valorizzazione</strong><br />

Recupero urbano e architettonico<br />

Risultati<br />

Rassegna stampa<br />

Bibliografia essenziale


Introduzione<br />

La storia <strong>dei</strong> paesaggi italiani coincide con quella delle sue stratificazioni e del mo<strong>di</strong>ficarsi<br />

continuo tramite aggiunte e sottrazioni <strong>di</strong> manufatti. Fin dall'antichità gli uomini<br />

si sono sempre appropriati delle costruzioni delle generazioni precedenti mo<strong>di</strong>ficandole<br />

secondo i propri bisogni. Oggi la consapevolezza della necessità <strong>di</strong> ridurre<br />

i consumi energetici e <strong>di</strong> costruire in modo sostenibile è <strong>di</strong>ventato un imprescin<strong>di</strong>bile<br />

criterio progettuale, che ha portato a riscoprire e a rendere attuali antiche<br />

modalità <strong>di</strong> progettazione, in grado <strong>di</strong> utilizzare l'esistente come risorsa preziosa.<br />

Questo approfon<strong>di</strong>mento vuole trattare l'approccio bioclimatico e sostenibile al<br />

recupero del patrimonio e<strong>di</strong>lizio esistente, in particolare a quello <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>,<br />

anche in funzione <strong>di</strong> un sempre maggiore sviluppo del turismo che va alla ricerca<br />

<strong>di</strong> esperienze all'insegna <strong>di</strong> una sostenibilità globale. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong>mostrare<br />

come le esigenze del turismo, della valorizzazione e del recupero possano<br />

interagire efficacemente.<br />

Il recupero e<strong>di</strong>lizio permette <strong>di</strong> risparmiare l'uso del suolo per nuova e<strong>di</strong>ficazione,<br />

con tutti i vantaggi ambientali che questo può comportare assieme al risparmio<br />

energetico messo in atto con un recupero ecoefficiente. La valorizzazione <strong>di</strong> un bene,<br />

anche attraverso un adatto, stu<strong>di</strong>ato e calibrato cambio <strong>di</strong> destinazione d'uso,<br />

permette <strong>di</strong> innescare circoli virtuosi che possono giovare all'economia e la socialità<br />

<strong>di</strong> un intero territorio. Il crescente mercato del turismo sostenibile, può essere la<br />

spinta propulsiva per recuperare e<strong>di</strong>fici e paesaggi del nostro paese, evitando il fenomeno<br />

dell'abbandono e conservandone la memoria storica.<br />

Nella seconda parte dello stu<strong>di</strong>o le tematiche trattate teoricamente troveranno la<br />

loro applicazione pratica nei tre casi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o: Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio, Torri Superiore<br />

e Calcata. Questi <strong>borghi</strong> sono rappresentativi per le <strong>di</strong>verse tipologie territoriali<br />

<strong>di</strong> valorizzazione: Torri Superiore è un piccola frazione <strong>di</strong> Ventimiglia in provincia<br />

<strong>di</strong> Imperia all’interno dell’area del Parco Regionale del Roja, Calcata è un comune<br />

in provincia <strong>di</strong> Viterbo inserito nel Parco Regionale del Treja e Santo Stefano<br />

<strong>di</strong> Sessanio è un comune in provincia de L’Aquila all’interno del Parco Nazionale del<br />

Gran Sasso e Monti della Laga.<br />

I tre <strong>borghi</strong> <strong>storici</strong> sono stati scelti per la virtuosità dell’<strong>intervento</strong> e per i pecu-


liari aspetti organizzativi e gestionali. Per virtuosità dell’<strong>intervento</strong> si intende un'azione<br />

programmata che raggiunge efficacemente gli obiettivi prefigurati in partenza<br />

con un utilizzo ottimale delle risorse; azioni, sempre aderenti alla filosofia iniziale<br />

dell’<strong>intervento</strong>, che nel tempo raggiungono una sostenibilità economica autonoma,<br />

realizzano un sistema economico competitivo e generano ricadute positive sul<br />

territorio, rispettandolo nella sua complessità ambientale, sociale e antropologica.<br />

Oltre agli aspetti pratici della valorizzazione e del recupero verranno messi in luce i<br />

risultati ottenuti, quantificandone la domanda e l'offerta, nonché la loro <strong>di</strong>ffusione<br />

attraverso la stampa, comprendendo la risonanza degli interventi e gli argomenti su<br />

cui le testate si sono concentrate in modo più puntuale.


Capitolo primo<br />

Recupero<br />

Una quota sempre crescente degli interventi e<strong>di</strong>lizi in Italia riguarda il patrimonio<br />

esistente, questo avviene sia perché le aree e<strong>di</strong>ficabili sono limitate sia perché i<br />

manufatti italiani sono spesso caratterizzati da buona qualità architettonica e del<br />

sistema costruttivo che ne rende vantaggioso il recupero, al fine <strong>di</strong> poterne prolungare<br />

la vita ed essere adeguato alle esigenze della vita moderna. A queste tra<strong>di</strong>zionali<br />

motivazioni si sta inoltre <strong>di</strong>ffondendo quella <strong>di</strong> una maggiore consapevolezza<br />

dell'importanza culturale <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>, della bellezza <strong>dei</strong> loro paesaggi e<br />

della rilevanza della loro valorizzazione, che comporta una maggiore sensibilità al tema<br />

della loro conservazione. L'aspetto interessante e affascinante <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> antichi,<br />

solitamente composti da architetture formalmente molto semplici, da una chiesa e,<br />

talvolta, da un palazzo signorile, sta nella ricchezza e nella complessità degli spazi<br />

pubblici e collettivi che si sono venuti a formare nei secoli dalla sovrapposizioni <strong>di</strong><br />

innumerevoli interventi e<strong>di</strong>lizi. Un tessuto spontaneo, quin<strong>di</strong>, cresciuto a partire da un<br />

impianto me<strong>di</strong>evale che ha mo<strong>di</strong>ficato il paesaggio utilizzandone gli stessi materiali e<br />

colori, un inserimento consolidato dal tempo che li ha resi un tutt'uno armonico.<br />

Il recupero è tornare in possesso <strong>di</strong> ciò che è andato perduto, la riacquisizione <strong>di</strong><br />

una con<strong>di</strong>zione scomparsa, ed è un'azione solitamente complessa che deve saper<br />

coniugare il rispetto dell'esistente (materiali, forme, significati, storia) con le esigenze<br />

<strong>dei</strong> fruitori attuali, tenendo conto delle risorse e delle capacità <strong>di</strong>sponibili, cercando un<br />

equilibrio tra le <strong>di</strong>verse istanze con l'apporto <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>scipline.<br />

1.1 Evoluzione del concetto <strong>di</strong> recupero<br />

Le posizioni attuali del restauro hanno raggiunto negli ultimi decenni una più matura<br />

fase <strong>di</strong> convergenza rispetto alle secolari opposizioni tra le varie scuole <strong>di</strong> pensiero che<br />

hanno visto il restauro stilistico, filologico, storico, scientifico, critico, conservativo e<br />

molte altre tipologie fronteggiarsi nei <strong>di</strong>battiti, negli scritti e nella pratica.<br />

Si può affermare, quin<strong>di</strong>, che il restauro abbia raggiunto un elevato livello storicocritico,<br />

in cui le opposizioni tra le più recenti teorie della conservazione 2 e del restauro<br />

critico 3 si siano attenuate in favore <strong>di</strong> una posizione critico-conservativa. Si cerca in<br />

questo modo <strong>di</strong> evitare la mummificazione <strong>di</strong> un bene garantendone la vita attraverso<br />

l'uso, pur limitando il campo delle funzioni attribuibili solamente a quelle compatibili<br />

con la sua conservazione.<br />

L'attenuazione delle posizioni è dovuta anche al progressivo ampliarsi del campo<br />

<strong>dei</strong> beni oggetto <strong>di</strong> tutela verso i beni <strong>di</strong> carattere etno-antropologico e <strong>di</strong> cultura<br />

materiale, quin<strong>di</strong> tutti gli aspetti visibili <strong>di</strong> una cultura, compresi i manufatti urbani e<br />

paesistici. Già la Carta <strong>di</strong> Venezia nel 1964 estendeva il concetto <strong>di</strong> monumento alle<br />

«opere modeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale» 4 . Si è


12<br />

avuta quin<strong>di</strong>, col passare del tempo, l'estensione <strong>di</strong> un campo <strong>di</strong>sciplinare che, nato per<br />

occuparsi della salvaguar<strong>di</strong>a e della trasmissione alle generazioni future <strong>dei</strong> monumenti<br />

intesi come emergenze isolate, si è ampliato fino a occuparsi dell'ambiente urbano e<br />

paesistico, valutati anch'essi come testimonianza <strong>di</strong> civiltà. Ecco, quin<strong>di</strong>, che alla parola<br />

restauro si sono sempre più spesso affiancate quelle <strong>di</strong> recupero, riuso, riqualificazione e<br />

rivitalizzazione, termini che comprendono non soltanto la necessità <strong>di</strong> mantenere in buono<br />

stato <strong>di</strong> conservazione le strutture materiali, ma aggiungono a queste implicazioni sociali,<br />

economiche e tecniche.<br />

La cultura del recupero si configura a questo punto come una materia in cui<br />

confluiscono realmente molteplici apporti multi<strong>di</strong>sciplinari; come nota Boscarino 5 ai<br />

restauratori <strong>di</strong> monumenti si sono aggiunti a partire dagli anni Sessanta altri addetti, cultori<br />

e operatori, per i quali il restauro non poteva essere soltanto quella <strong>di</strong>sciplina che costituiva<br />

«momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte nella sua consistenza fisica e nella duplice<br />

polarità estetico-storica, in vista della trasmissione al futuro» 6 come asseriva Cesare Bran<strong>di</strong> in quegli<br />

stessi anni, ma anche occasione <strong>di</strong> valorizzazione <strong>di</strong> un bene architettonico del quale veniva<br />

riconosciuto anche il valore economico. L'attenzione del restauro appare destinata col<br />

tempo, quin<strong>di</strong>, ad allargarsi ad una quantità <strong>di</strong> beni architettonici che va dall'e<strong>di</strong>lizia minore<br />

ai capolavori, iniziando anche a parlare <strong>di</strong> heritage culturale o patrimonio storico-artistico<br />

con una connotazione economicistica, che a volte si è anche scontrata con i principi della<br />

<strong>di</strong>sciplina del restauro.<br />

Architetti, urbanisti e non solo, iniziano a sostenere l'importanza del recupero <strong>di</strong> quel<br />

patrimonio che era ritenuto minore e che il giu<strong>di</strong>zio storico-critico <strong>di</strong> valore non<br />

ammetteva al gruppo <strong>di</strong> quei monumenti, più o meno isolati, che invece dovevano farsi<br />

forieri <strong>di</strong> valori <strong>di</strong> civiltà, memorie in<strong>di</strong>viduali e collettive. Questo nuovo pensiero include<br />

anche le costruzioni più modeste, l'ambiente naturale e l'insieme degli spazi pubblici nel<br />

novero degli oggetti da stu<strong>di</strong>are e da affrontare nella pratica, non solo se artistici o <strong>storici</strong>,<br />

ma anche solo come testimonianza <strong>dei</strong> processi formativi dell'architettura, della città e<br />

del territorio.<br />

In questi primi anni, il <strong>di</strong>scorso intorno al Recupero <strong>di</strong>venta continuo, acceso e<br />

sistematico e si inizia a sostenere che le problematiche legate ai centri <strong>storici</strong> non possono<br />

essere affrontate esulando dal resto della città. Si scrive, ad opera <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi e tecnici, la<br />

Carta <strong>di</strong> Gubbio del 1961 al termine del convegno promosso da Giovanni Astengo<br />

“Salvaguar<strong>di</strong>a e risanamento <strong>dei</strong> centri storico-artistici” in cui si ravvisa la necessità <strong>di</strong><br />

redarre <strong>dei</strong> piani <strong>di</strong> risanamento conservativo dopo la ricognizione e la classificazione <strong>dei</strong><br />

centri <strong>storici</strong> con l'in<strong>di</strong>viduazione delle zone da salvaguardare e recuperare; si sottolinea<br />

l'inadeguatezza <strong>dei</strong> criteri operativi <strong>di</strong> ripristino stilistico, <strong>di</strong>radamento e isolamento <strong>dei</strong><br />

monumenti. Ad opera degli stessi promotori del convegno nasce l'ANCSA, un'associazione<br />

senza fini <strong>di</strong> lucro il cui scopo è quello <strong>di</strong> promuovere iniziative culturali ed operative a<br />

sostegno dell’azione delle amministrazioni pubbliche per la salvaguar<strong>di</strong>a e la<br />

riqualificazione delle strutture inse<strong>di</strong>ative esistenti, ribadendo così un ruolo non<br />

secondario del recupero sulla nuova costruzione.<br />

Dopo alcune esperienze applicative, tra le quali si ricorda il piano <strong>di</strong> Pier Luigi<br />

Cervellati per il centro <strong>di</strong> Bologna, <strong>di</strong> un metodo “tipologico”, in cui si tenterà <strong>di</strong> seguire<br />

la duplice strada della lettura filologica per i monumenti e la riconduzione ciascuna al<br />

proprio tipo riconosciuto come dominante per l'architettura minore, negli anni settanta<br />

matura l'idea dell'unicità <strong>di</strong> ciascun e<strong>di</strong>ficio, in quanto risultato <strong>di</strong> una propria storia, non<br />

per forza riconducibile a tipi precedentemente co<strong>di</strong>ficati. Siamo ai primi anni, vari e<br />

notevoli esempi <strong>di</strong> piani e <strong>di</strong> recuperi si susseguono (Gubbio con Astengo, Urbino con De<br />

Carlo, Bergamo con Astengo e Do<strong>di</strong>) ma ancora con <strong>di</strong>fficoltà le <strong>di</strong>scipline del restauro e


del recupero si integrano in un'azione con<strong>di</strong>visa: la prima ancora impegnata nella<br />

salvaguar<strong>di</strong>a dell'istanza storica ed estetica, gli attori della seconda più incentrati sul<br />

“bene economico” che permetteva <strong>di</strong> rimettere sul mercato volumetrie e posizioni<br />

pregiate. Importante sottolineare che l'ANCSA nel 1970 avanzava il principio del centro<br />

storico non solo come bene culturale ma anche economico, definendolo nel congresso<br />

del 1972 risorsa da <strong>di</strong>fendere, il cui riuso pubblico doveva essere un'alternativa alle<br />

nuove e<strong>di</strong>ficazioni in aree <strong>di</strong> espansione.<br />

Gli argomenti del <strong>di</strong>battito culturale sono fatti propri dalla Carta del Restauro del<br />

1972 che nel suo quarto allegato si occupa <strong>di</strong> centri <strong>storici</strong> in un'accezione omnicomprensiva,<br />

elevando a <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> tutela non soltanto i monumenti, ma «tutti gli inse<strong>di</strong>amenti<br />

umani le cui strutture, unitarie o frammentarie, anche se parzialmente trasformate nel tempo, siano<br />

state costituite nel passato o, tra quelle successive, quelle eventuali aventi particolare valore <strong>di</strong><br />

testimonianza storica o spiccate qualità urbanistiche o architettoniche [...] anche in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dall'intrinseco pregio artistico o formale o dal loro particolare aspetto ambientale».<br />

La carta inoltre allarga il campo <strong>di</strong> <strong>intervento</strong> anche all'esterno del centro storico,<br />

in quanto non può esistere la sua tutela senza un insieme <strong>di</strong> azioni pianificatorie del<br />

territorio circostante. «Il restauro non va limitato ad operazioni intese a conservare solo i caratteri<br />

formali <strong>di</strong> singole architetture [...] ma esteso alla sostanziale conservazione delle caratteristiche<br />

d'insieme dell'intero organismo urbanistico [e perchè esso] possa essere adeguatamente salvaguardato,<br />

anche nella sua continuità nel tempo e nello svolgimento in esso <strong>di</strong> una vita civile e moderna, occorre che<br />

i Centri Storici siano riorganizzati nel loro più ampio contesto urbano e territoriale [...] in modo da<br />

ottenere la salvaguar<strong>di</strong>a e il recupero del centro storico a partire dall'esterno della città.» «Si potrà<br />

configurare così un nuovo organismo urbano, nel quale siano sottratte al centro storico le funzioni che<br />

non sono congeniali ad un suo recupero in termini <strong>di</strong> risanamento conservativo [inteso come] il<br />

mantenimento delle strutture viario-e<strong>di</strong>lizie in generale, il mantenimento <strong>dei</strong> caratteri generali<br />

dell'ambiente che comportino la conservazione integrale delle emergenze monumentali ed ambientali più<br />

significative e l'adattamento degli altri elementi o singoli organismi e<strong>di</strong>lizi alle esigenze <strong>di</strong> vita moderna,<br />

considerando solo eccezionali le sostituzioni, anche parziali, degli elementi stessi e solo nella misura in<br />

cui ciò sia compatibile con la conservazione del carattere generale delle strutture del centro storico.»<br />

Come emerge dalla Carta del 1972 gli scopi a cui si deve informare il recupero non<br />

sono solamente quelli propri del restauro, ma viene aggiunto anche il riuso come mezzo<br />

per mantenere in vita gli e<strong>di</strong>fici esistenti e tramandarli al futuro assieme al paesaggio e<br />

agli spazi urbani che hanno contribuito a formare. Le sperimentazioni nei piani<br />

regolatori degli anni Sessanta e Settanta, i numerosi convegni e i risanamenti pilota <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>eci città italiane finanziati dalla Gescal, contribuirono a <strong>di</strong>ffondere il concetto <strong>di</strong><br />

"centro storico" e dell'importanza culturale ed economica della sua tutela. Le attività si<br />

svolsero sulle due scale complementari dell'urbanistica e dell'e<strong>di</strong>lizia attraverso la Legge<br />

457/78 Norme per l'e<strong>di</strong>lizia residenziale che al titolo IV regola gli interventi <strong>di</strong> recupero<br />

del patrimonio e<strong>di</strong>lizio esistente, prescrivendo <strong>di</strong> identificare nel PRG le zone da<br />

assoggettare ai piani <strong>di</strong> recupero, istituiti con la medesima legge assieme alle categorie<br />

<strong>di</strong> <strong>intervento</strong>. A scala e<strong>di</strong>lizia la normativa esigenziale-prestazionale si affianca all'approccio<br />

oggettivo-descrittivo, consentendo <strong>di</strong> definire il comportamento in esercizio atteso dalla<br />

soluzione tecnologica e verificare se questo potrà sod<strong>di</strong>sfare il sistema esigenziale<br />

atteso dall'utenza; quest'evoluzione della normativa si rivela <strong>di</strong> particolare importanza<br />

per il recupero, il cui scopo è riportare in regime <strong>di</strong> mercato i manufatti residenziali<br />

secondo i criteri qualitativi <strong>di</strong> un determinato periodo storico o riconvertire manufatti<br />

costruiti in altri tempi per altri scopi.<br />

Gli elementi finora analizzati suggeriscono la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un sempre maggiore<br />

ambito <strong>di</strong> <strong>intervento</strong>: dal monumento, al centro storico, al centro contestualizzato<br />

nell'ambito urbano da cui non può essere scisso. Negli anni Ottanta, mentre prosegue<br />

13


14<br />

il tentativo <strong>di</strong> trovare una sintesi tra conservazione e trasformazione, le frontiere più<br />

avanzate del recupero si rivolgono agli inse<strong>di</strong>amenti <strong>minori</strong> rurali o, comunque, <strong>di</strong><br />

antica origine agricola inglobati durante l'espansione del tessuto urbano; i casi notevoli<br />

<strong>di</strong> quegli anni sono costituiti da Pesaro e Napoli. Il Piano Particolareggiato del centro<br />

storico <strong>di</strong> Pesaro 8 venne approvato nel 1979 e, in attuazione della Legge 457/78,<br />

vengono elaborate soluzioni per recuperare i <strong>borghi</strong> e i nuclei rurali compresi nel Piano<br />

Regolatore Intercomunale dell'area Pesarese. A Napoli, invece, si colse nel 1981<br />

l'occasione della ricostruzione post terremoto per elaborare un programma in cui<br />

viene compresa l'attuazione del “piano delle periferie” 9 , già approvato dal Comune<br />

nel 1980, in cui gli antichi nuclei del contado, i Casali assorbiti dall'espansione<br />

periferica, fossero il perno attorno a cui far ruotare la riqualificazione urbana e il<br />

recupero degli alloggi popolari, che furono 3.000 su 8.600 alloggi totali.<br />

Il tema del recupero si è ormai affermato negli ambienti accademici, presso le<br />

Amministrazioni e anche presso un pubblico più vasto. Durante gli anni ottanta si è<br />

assistito a fenomeni nuovi quali il calo demografico e la <strong>dei</strong>ndustrializzazione: il primo<br />

ha rallentato le pressioni della speculazione e<strong>di</strong>lizia selvaggia che ha degradato<br />

l'ambiente e spesso causato una bassa qualità <strong>di</strong> vita nelle nuove urbanizzazioni, la<br />

seconda ha lasciato gran<strong>di</strong> vuoti nei centri urbani ponendo il problema della<br />

riqualificazione delle aree <strong>di</strong>smesse. Questi fattori, assieme all'impossibilità <strong>di</strong> ridurre<br />

la città ad una somma <strong>di</strong> tipi, portano a vedere il recupero come strumento chiave per<br />

rileggere la città esistente e progettare quella futura. Esempi notevoli su queste<br />

tematiche sono l'esposizione <strong>dei</strong> progetti per il riuso del fabbricato industriale del<br />

Lingotto <strong>di</strong> Torino (1984), il programma biennale d'<strong>intervento</strong> per il recupero <strong>dei</strong> Sassi<br />

<strong>di</strong> Matera (1988), gli stu<strong>di</strong> per Siena, Piacenza e Città <strong>di</strong> Castello che propongono<br />

metodologie <strong>di</strong> <strong>intervento</strong> che consentano la flessibilità d'uso degli e<strong>di</strong>fici nel rispetto<br />

<strong>dei</strong> caratteri <strong>storici</strong>.<br />

La ricerca si in<strong>di</strong>rizza per tutti gli anni Ottanta verso nuovi strumenti <strong>di</strong> <strong>intervento</strong><br />

in ambito urbano proseguendo nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> ampliare gli ambiti <strong>di</strong> recupero, in<br />

particolare nel 1986 l'ANCSA propone l'istituzione del PRU (piano <strong>di</strong> riqualificazione<br />

urbana), mentre nel convegno del 1989 si <strong>di</strong>scute a Palermo della «<strong>di</strong>mensione<br />

integrata del recupero». Queste elaborazioni culturali verranno fatte proprie dal<br />

legislatore che negli Novanta approva <strong>di</strong>verse norme per la riqualificazione urbana,<br />

tra cui la Legge 179/92 Norme per l'e<strong>di</strong>lizia residenziale che istituisce i Programmi <strong>di</strong><br />

<strong>intervento</strong> e la Legge 493/93 che istituisce i Programmi <strong>di</strong> Recupero Urbano, si<br />

affidano agli Enti Locali gli strumenti e i finanziamenti per trasformare le tra<strong>di</strong>zionali<br />

politiche della casa in occasioni per trasformare tessuti urbani consolidati e degradati<br />

per favorire una più equilibrata <strong>di</strong>stribuzione <strong>dei</strong> servizi e delle infrastrutture e<br />

migliorare la qualità ambientale e architettonica dello spazio urbano, al fine <strong>di</strong> eliminare<br />

le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> abbandono e <strong>di</strong> degrado e<strong>di</strong>lizio, ambientale e sociale che investono le<br />

aree urbanizzate.<br />

Come già successo nei decenni precedenti, la Nuova Carta <strong>di</strong> Gubbio del 1990<br />

anticipa i temi che saranno oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito, legislazione e applicazione negli anni<br />

novanta e duemila. Essa estende il concetto <strong>di</strong> recupero a tutta la città, allargando<br />

l'orizzonte dal “centro storico” al “territorio storico” e ponendo l'accento non più sul<br />

“come” intervenire ma sul “perché” si interviene in un modo piuttosto che in un altro:<br />

la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un progetto è fondata sui suoi fondamenti conoscitivi (concetto espresso<br />

originariamente nel seminario <strong>di</strong> Gubbio del 1981) e ogni scelta originerà uno scenario<br />

<strong>di</strong>verso; la conoscenza <strong>di</strong>venta strumento <strong>di</strong> tutela <strong>dei</strong> valori e della memoria in una fase<br />

storica in cui le città sembrano perdere la loro identità a causa <strong>di</strong> nuovi fattori globali<br />

<strong>di</strong> cambiamento.


Verso l'integrazione degli strumenti <strong>di</strong> governo del territorio e <strong>di</strong> recupero<br />

dell'esistente, in un momento <strong>di</strong> trasformazioni strutturali della città, non solo italiana,<br />

ma europea, una ulteriore evoluzione degli strumenti precedenti è rappresentata dal<br />

PRUSST (Programmi <strong>di</strong> Riqualificazione Urbana e <strong>di</strong> Sviluppo Sostenibile del Territorio)<br />

introdotto con il D.M. 8.10.1998, in cui l'ambito <strong>di</strong> <strong>intervento</strong> si amplia rispetto ai PRU,<br />

non solo zone <strong>di</strong> un singolo comune, ma ambiti territoriali più vasti all'interno <strong>di</strong> quadri<br />

programmatici organici, in cui si attuano interventi orientati all’ampliamento e alla<br />

riqualificazione delle infrastrutture, all'ampliamento e alla riqualificazione del tessuto<br />

economico-produttivo-occupazionale, al recupero e alla riqualificazione dell'ambiente,<br />

<strong>dei</strong> tessuti urbani e sociali degli ambiti territoriali interessati.<br />

A sancire definitivamente l'importanza del paesaggio, anche nell'accezione <strong>di</strong><br />

paesaggio urbano, sono la Convenzione Europea del Paesaggio 10 nel 2000 e il Co<strong>di</strong>ce<br />

<strong>dei</strong> Beni Culturali nel 2004, in cui, al Titolo I della Parte Terza si definisce il paesaggio<br />

come il territorio espressivo <strong>di</strong> identità, il cui carattere deriva dall'azione <strong>di</strong> fattori naturali, umani e<br />

dalle loro interrelazioni, si pone come obiettivo la tutela il paesaggio [...], in quanto espressione<br />

<strong>di</strong> valori culturali con l'obiettivo <strong>di</strong> salvaguardarli o recuperarli attraverso attività <strong>di</strong><br />

conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio nonché, ove possibile,<br />

la realizzazione <strong>di</strong> nuovi valori paesaggistici coerenti e integrati promosse dalle amministrazioni<br />

pubbliche, sottolineando che la valorizzazione è attuata nel rispetto delle esigenze della tutela.<br />

È il binomio formato da sviluppo sostenibile, nella sua definizione consolidata <strong>di</strong><br />

sostenibilità economica, ambientale e sociale e da tutela dell'identità culturale e storica,<br />

il para<strong>di</strong>gma del recupero dagli anni Novanta fino ai giorni nostri. Il modello <strong>di</strong><br />

vivibilità <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> <strong>storici</strong> italiani è stato oggetto <strong>di</strong> ricerche internazionali 11 e<br />

nazionali, 12 <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sulla sostenibilità energetica e ambientale finanziati dalla<br />

Commissione Europea, ma attualmente sembrano alla ricerca <strong>di</strong> una nuova definizione<br />

in un momento in cui sono gli outlet suburbani e i centri commerciali a sostituire gli<br />

spazi del centro storico come spazio pubblico contemporaneo per eccellenza. Dopo<br />

il recupero fisico del centro storico appare ora necessario recuperare il suo innato<br />

<strong>di</strong>namismo, senza esasperarne l'immagine secondo stereotipi, la ricerca <strong>di</strong> vitalità non<br />

presume l'imitazione degli esempi contemporanei <strong>dei</strong> “non-luoghi” o “super-luoghi”<br />

ma il valorizzare gli spazi <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> come Luoghi tout court, riscoprendo la loro<br />

capacità <strong>di</strong> far convivere cultura, ambiente, economia e storia, come è avvenuto per<br />

secoli fino ai giorni nostri.<br />

1.2 Il recupero <strong>dei</strong> nuclei <strong>storici</strong> <strong>minori</strong><br />

L'interesse verso i centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong> si può ritenere figlio del grande interesse che<br />

si è sviluppato a partire dagli anni Cinquanta intorno al tema della salvaguar<strong>di</strong>a <strong>dei</strong><br />

centri <strong>storici</strong> tout court ad opera delle associazioni <strong>di</strong> tutela, prima fra tutte Italia<br />

Nostra che li ha proposti all'attenzione della società civile e della comunità scientifica,<br />

e poi dell'ANCSA che con i vari documenti elaborati decenni prima che <strong>di</strong>venissero<br />

legge dello stato ha sollecitato il legislatore a porre <strong>dei</strong> freni e a rein<strong>di</strong>rizzare lo sviluppo<br />

e<strong>di</strong>lizio, declinato anche nel tema del recupero.<br />

Oggi finalmente il tema <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong> sembra attrarre l'attenzione <strong>dei</strong><br />

ricercatori, <strong>dei</strong> tecnici, degli amministratori e della società come accadde negli anni<br />

sessanta e settanta per i centri delle maggiori città italiane. Economia, politica, turismo,<br />

tecnica urbanistica e architettonica sono solo alcuni <strong>dei</strong> vari settori della società che si<br />

stanno interessando, ognuno secondo le proprie competenze, della tutela e<br />

valorizzazione <strong>di</strong> questi ambiti territoriali. Lo scopo <strong>di</strong> ognuno, tuttavia, dovrebbe<br />

informarsi a un unico obiettivo: salvare la testimonianza portata da un cospicuo<br />

15


16<br />

patrimonio <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici, spazi, attività, cultura, storia e identità. Se la sensibilità attuale è<br />

rivolta alla tutela e alla conservazione del territorio, non si può non considerare che i<br />

<strong>borghi</strong> adagiati nel paesaggio italiano ne costituiscono una parte caratterizzante,<br />

fondamentale e irrinunciabile.<br />

L’unitarietà e l'integrità degli spazi, degli e<strong>di</strong>fici, <strong>dei</strong> materiali <strong>di</strong> questi luoghi<br />

costituiscono valori da tutelare, da valorizzare e da comunicare. In questo senso<br />

varie associazioni e iniziative descritte in questa ricerca <strong>di</strong> muovono verso una<br />

<strong>di</strong>rezione corretta: il Club <strong>dei</strong> Borghi Antichi, le Ban<strong>di</strong>ere Arancioni, per citarne un<br />

paio, e varie numerose iniziative <strong>dei</strong> singoli territori consentono <strong>di</strong> mantenere in vita<br />

questi nuclei <strong>storici</strong>, <strong>di</strong> mantenere attiva la comunità che vi abita e far conoscere al<br />

pubblico vasto la bellezza e le potenzialità <strong>di</strong> questi luoghi, offrendo attività <strong>di</strong><br />

indubbio interesse che nella vita della maggior parte <strong>di</strong> noi si sono <strong>di</strong>menticati.<br />

I centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong> rappresentano un patrimonio storico-architettonicourbanistico<br />

da preservare dal degrado e dall'oblio con azioni <strong>di</strong> rivitalizzazioni che ne<br />

evitino lo spopolamento, in atto da molti decenni, e lo stato <strong>di</strong> definitivo abbandono.<br />

Una legge per la rivitalizzazione <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong> 13 e il sostegno alle attività che<br />

vi si svolgono è in fase <strong>di</strong> approvazione al Parlamento, nel testo vengono definiti<br />

destinatari del provve<strong>di</strong>mento i comuni al <strong>di</strong> sotto <strong>dei</strong> 5.000 abitanti, ma appare<br />

evidente che questa definizione non è sufficiente a definire cosa si intende per centro<br />

storico minore. Come analizza Gian Ludovico Rolli 14 , i comuni con una popolazione<br />

al <strong>di</strong> sotto <strong>dei</strong> 5.000 abitanti sono 5868 su 8101 comuni italiani ed è un dato risaputo<br />

che ogni comune abbia più frazioni e <strong>borghi</strong> al suo interno, la stima <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> antichi<br />

arriva così a circa 20.000, la maggior parte <strong>dei</strong> quali rappresenta un valore storicoartistico<br />

e sovente versa in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> abbandono e degrado. Spesso, tuttavia, questi<br />

comuni <strong>di</strong> qualche migliaio <strong>di</strong> abitanti godono <strong>di</strong> una certa vitalità, e a seconda <strong>dei</strong><br />

contesti territoriali (si pensi all'entroterra appenninico) possono costituire delle piccole<br />

città che non necessitano così urgentemente <strong>di</strong> essere salvate. Verso dove bisogna<br />

in<strong>di</strong>rizzare questi sforzi <strong>di</strong> valorizzazione prima che l'abbandono e il degrado <strong>di</strong>ventino<br />

irreversibili? Molto probabilmente in quei nuclei che, penalizzati dallo spostamento <strong>dei</strong><br />

baricentri produttivi (industrializzazione) e dalla necessità <strong>di</strong> nuovi stili <strong>di</strong> vita (urbani),<br />

non sono stati in grado <strong>di</strong> ammodernarsi e, proprio per questo, appaiono oggi ai nostri<br />

occhi come <strong>dei</strong> brani intatti della storia che si sta <strong>di</strong>menticando. I centri <strong>storici</strong>, che<br />

sarebbe meglio definire antichi, piuttosto che <strong>storici</strong> in quanto non si possono mettere<br />

questi luoghi fuori dalla storia, che hanno risentito pesantemente <strong>di</strong> questa cesura<br />

epocale per la società italiana, dalla metà del novecento in poi hanno iniziato a<br />

spopolarsi per motivi economici e demografici, a favore <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> centri urbani o <strong>di</strong><br />

quelli <strong>minori</strong> ma prospicienti le città o gran<strong>di</strong> vie <strong>di</strong> comunicazione.<br />

Elio Pirod<strong>di</strong> nota che con questi nuclei collassati «si sono formate aree <strong>di</strong> vera e propria<br />

marginalità, non recuperabili per forza propria, ma sono con eventuali iniezioni dall'esterno. [...]<br />

Migliaia <strong>di</strong> piccoli comuni, frazioni, <strong>borghi</strong> che costituiscono il giacimento forse meno celebrato e più<br />

nascosto, ma anche il tessuto connettivo della nostra <strong>storici</strong>tà urbanistica. Ma, come spesso accade nella<br />

storia dell'uomo, il rischio della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un bene ha fatto crescere la consapevolezza del suo valore.» 15<br />

Le azioni <strong>di</strong> recupero non possono prescindere dalla conoscenza approfon<strong>di</strong>ta del<br />

nucleo consistente nell'in<strong>di</strong>viduazione e comprensione delle <strong>di</strong>namiche demografiche,<br />

<strong>di</strong> crescita economica, <strong>dei</strong> rapporti topografici col territorio circostante, <strong>di</strong> sviluppo<br />

urbanistico nonchè delle tipologie dell'e<strong>di</strong>lizia storica e delle tecniche costruttive locali.<br />

Sebastiano Monti identifica una delle problematiche relative al recupero <strong>dei</strong> centri<br />

<strong>storici</strong> <strong>minori</strong> nel loro isolamento, geografico e sociale. «La debolezza tra<strong>di</strong>zionale <strong>dei</strong><br />

centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>, misurata in genere secondo la <strong>di</strong>mensione socio-demografica (spopolamento e<br />

invecchiamento), economica e della marginalità (bassi livelli occupazionali, scarsi investimenti


produttivi), oltre che dell’abbandono del patrimonio abitativo per lo più fatiscente e repulsivo, va<br />

sicuramente combattuta ed eliminata innanzitutto con la costruzione <strong>di</strong> regole precise relative<br />

all’inse<strong>di</strong>amento umano e all’affermazione <strong>di</strong> una cultura <strong>di</strong> auto-governo, capace <strong>di</strong> esprimere e<br />

rafforzare un adeguato progetto sostenibile in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un razionale governo <strong>dei</strong> processi <strong>di</strong><br />

trasformazione, utili a «riabilitare» ed a «fare riabitare» spazi altrimenti refrattari ad uno stabile e<br />

funzionale inse<strong>di</strong>amento umano e produttivo, nel quadro <strong>di</strong> una politica complessiva mirante a<br />

riaffermare in modo prioritario una <strong>di</strong>ffusa e variegata sostenibilità globale (sostenibilità ambientale,<br />

territoriale, sociale, politica ed economica), che consideri i centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong> non come organismi a sé<br />

stanti, ma come parti <strong>di</strong> un sistema organicamente articolato». 16<br />

Il recupero fisico e la valorizzazione <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>, identificati nella loro<br />

piccola <strong>di</strong>mensione e nella loro numerosità, quin<strong>di</strong>, non può non passare anche<br />

attraverso una messa in rete <strong>di</strong> altri nuclei, accomunati da una caratteristica fisica,<br />

dall'appartenenza ad uno stesso territorio o da un'attività comune. Un esempio <strong>di</strong><br />

sistema territoriale locale, <strong>di</strong> più <strong>borghi</strong> solidali interagenti tra <strong>di</strong> loro all'interno <strong>di</strong> un<br />

programma comune è rappresentato dai “Borghi sostenibili del Piemonte” per<br />

rinnovare la tipologia <strong>di</strong> offerta turistica in una chiave <strong>di</strong> sostenibilità ambientale o dal<br />

PIT “Borgo Terminio Cervialto” in provincia <strong>di</strong> Avellino in cui alla ricostruzione del<br />

borgo me<strong>di</strong>evale <strong>di</strong> Castelvetere sul Calore si sono affiancati processi <strong>di</strong><br />

riqualificazione urbana <strong>dei</strong> comuni circostanti in cui ogni borgo si è specializzato in una<br />

nicchia <strong>di</strong> attività destinata alla fruizione turistica.<br />

Da quanto esposto finora emerge la necessità <strong>di</strong> politiche pubbliche che<br />

incentivino questo tipo <strong>di</strong> recupero, in quanto oltre all'effetto positivo del restauro <strong>dei</strong><br />

singoli manufatti si viene a creare una catena virtuosa <strong>di</strong> cui può beneficiare l'intera<br />

comunità <strong>di</strong> un territorio.<br />

1.3 Il recupero sostenibile del patrimonio esistente<br />

Da sempre l'uomo ha ripensato il patrimonio e<strong>di</strong>lizio e urbano ere<strong>di</strong>tato dai propri<br />

predecessori, bisognoso <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le mutate esigenze della società, ma anche<br />

consapevole della scarsità delle risorse, nei secoli si sono riadattati ai più <strong>di</strong>versi usi gli<br />

e<strong>di</strong>fici nati con funzioni <strong>di</strong>verse, mutandone spesso la forma oltre che il significato. È<br />

quello che si è fatto con gli anfiteatri e i templi romani, trasformati in fortezze e chiese,<br />

ma è anche quello che ancora oggi facciamo noi trasformando residenze nobiliari in<br />

musei e monasteri in se<strong>di</strong> universitarie.<br />

Il modo <strong>di</strong> operare, da allora ad oggi, è molto cambiato. Le trasformazioni attuali<br />

tendono a tenere in considerazione la compatibilità delle nuove funzioni con la<br />

conservazione della testimonianza storica del manufatto, non solo per gli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong><br />

maggior pregio <strong>di</strong> cui si occupano con attenzione le <strong>di</strong>scipline afferenti al restauro,<br />

ma anche per il patrimonio minore riconosciuto sia nel valore economico sia in quello<br />

storico.<br />

Questo <strong>di</strong>scorso, valido per ogni e<strong>di</strong>ficio esistente, lo è ancora <strong>di</strong> più se calato nella<br />

realtà <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong> descritti nei paragrafi precedenti. Gli aspetti da<br />

affrontare, nella realtà <strong>di</strong> oggi, sono <strong>di</strong> due tipi: la rifunzionalizzazione - valorizzazione<br />

<strong>dei</strong> fabbricati e il loro recupero e<strong>di</strong>lizio in termini <strong>di</strong> sostenibilità e risparmio<br />

energetico. Si tratta <strong>di</strong> un <strong>intervento</strong> che mira all'in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> una destinazione<br />

d'uso compatibile con le forme, il luogo e i materiali, che renda l'intera operazione<br />

sostenibile anche dal punto <strong>di</strong> vista economico e al consolidamento-recupero della<br />

materia.<br />

Il recupero del patrimonio esistente nei centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong> riguarda non solo il<br />

loro aspetto tecnologico, funzionale e normativo, ma anche al mantenimento <strong>dei</strong> loro<br />

17


18<br />

caratteri <strong>storici</strong>. Anche se spesso non si tratta e<strong>di</strong>fici vincolati, l'approccio dovrebbe<br />

puntare agli obiettivi propri del recupero degli e<strong>di</strong>fici tutelati, in particolare mantenere<br />

le informazioni contenute nelle sue forme e nelle sue componenti, conservarne<br />

l'integrità e assicurare la protezione <strong>dei</strong> suoi valori culturali.<br />

1.3.1 La conoscenza come strumento<br />

Date queste premesse <strong>di</strong>venta imprescin<strong>di</strong>bile un progetto <strong>di</strong> conoscenza, i cui<br />

scopi sono in particolare <strong>di</strong> capire le cause che hanno portato al degrado le strutture<br />

materiali e reperire le informazioni sui meto<strong>di</strong> costruttivi locali dell'epoca, per poter in<br />

seguito elaborare una risposta ottimale nel progetto <strong>di</strong> restauro e recupero. In relazione<br />

ai <strong>di</strong>versi obiettivi dovranno essere elaborati <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> conoscenza da elaborare<br />

e restituire criticamente<br />

Sinteticamente si può affermare che il progetto <strong>di</strong> conoscenza in un recupero si<br />

articola in due gran<strong>di</strong> parti: l'analisi del contesto e l'analisi <strong>dei</strong> manufatti.<br />

L'analisi del contesto è una componente spesso sottovalutata negli interventi <strong>di</strong><br />

recupero, ma <strong>di</strong> importanza fondamentale per la valutazione della sua fattibilità e dalla<br />

quale spesso emergono elementi decisivi per il progetto. La conoscenza del contesto<br />

avviene attraverso il rilievo e l'analisi <strong>di</strong> tutti quei fattori ed emergenze che sono tipici<br />

del territorio, in un'area <strong>di</strong> influenza che sarà commisurata alla portata dell'<strong>intervento</strong><br />

a cui si deve dare risposta progettuale.<br />

Gli elementi <strong>di</strong> cui tener conto sono molteplici e i meto<strong>di</strong> per reperire i dati sono<br />

vari, e dovranno essere calibrati sulle necessità <strong>di</strong> informazioni richiesta dallo specifico<br />

caso. Tra gli aspetti da indagare vi è sicuramente l'accessibilità, in funzione dell'uso che<br />

si prevede dell'e<strong>di</strong>ficio, quin<strong>di</strong> strade, autostrade e parcheggi, ma anche mezzi pubblici<br />

<strong>di</strong> linea, ferrovie, <strong>di</strong>stanza dalle fermate, dai porti e dagli aeroporti, tempi <strong>di</strong> percorrenza.<br />

L'analisi dell'evoluzione territoriale e urbanistica dell'abitato tramite carte storiche e<br />

delle tecniche costruttive tramite manuali sull'e<strong>di</strong>lizia storica. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> vari piani<br />

vigenti (comunali, paesistici, <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento, tematici), delle norme locali<br />

(regolamenti e<strong>di</strong>lizi e <strong>di</strong> igiene), <strong>di</strong> eventuali vincoli, ma anche lo stu<strong>di</strong>o delle<br />

caratteristiche del lotto, <strong>di</strong>stanze dai confini e da facciate esistenti. Lo stu<strong>di</strong>o poi potrà<br />

approfon<strong>di</strong>rsi fino ad analizzare ai vari livelli le funzioni primarie inse<strong>di</strong>ate o <strong>di</strong> progetto,<br />

nonchè la presenza <strong>di</strong> servizi e <strong>di</strong> attività commerciali. L'elenco <strong>dei</strong> fattori <strong>di</strong> analisi<br />

potrebbe comprendere ancora numerosissimi elementi, ma questi potranno essere<br />

in<strong>di</strong>viduati efficacemente solo <strong>di</strong> volta in volta dai tecnici incaricati <strong>di</strong> effettuare l'analisi<br />

o re<strong>di</strong>gere il progetto, tenendo sempre presente che il progetto dovrà dare risposta alle<br />

criticità emerse e sfruttare o enfatizzare le potenzialità del territorio e del contesto.<br />

La conoscenza dell'e<strong>di</strong>ficio ha come obiettivo l'in<strong>di</strong>viduazione <strong>dei</strong> meto<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>intervento</strong> più adeguati per risanare i degra<strong>di</strong> e delle soluzioni tecniche per le parti nuove<br />

e per un'adeguata impiantistica. L'analisi del manufatto inizia certamente con il rilievo<br />

metrico e la sua restituzione grafica che permette <strong>di</strong> effettuare le prime ipotesi, ma ciò<br />

non prescinde da una adeguata conoscenza della storia e delle tecniche costruttive del<br />

luogo, solo in mancanza delle quali si potrà ricorrere a saggi <strong>di</strong> campioni e costose analisi<br />

con particolari telecamere. La conoscenza della stratigrafia si involucri, copertura e<br />

solaio rappresenta senza dubbio la parte più complessa <strong>di</strong> questa parte <strong>di</strong> lavoro preprogettuale,<br />

ma con un'adeguata conoscenza <strong>dei</strong> dati <strong>di</strong>mensionali e una buona<br />

conoscenza delle tecniche costruttive locali si può giungere alla formulazione <strong>di</strong> una<br />

ricostruzione atten<strong>di</strong>bile delle caratteristiche e prestazioni <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio. Questo può<br />

essere sufficiente o meno in ragione <strong>di</strong> obiettivi progettuali, <strong>di</strong> importanza <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio,<br />

<strong>di</strong> previsione <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> demolizione o <strong>di</strong> aggiunta; in tal caso, se dall'incrocio <strong>dei</strong><br />

dati ricavati non emerge un quadro sufficientemente chiaro sullo stato <strong>di</strong> fatto, si


valuterà se indagare con meto<strong>di</strong> invasivi come demolizione <strong>di</strong> parti e prelievi o con<br />

sofisticate analisi non invasive come con termocamere e endoscopi.<br />

Questa prima ricognizione degli elementi <strong>di</strong> contesto e la valutazione delle<br />

caratteristiche e delle potenzialità dell'e<strong>di</strong>ficio, permette <strong>di</strong> poter stabilire l'opportunità<br />

dell'<strong>intervento</strong> e suggerire le eventuali funzioni compatibili nel caso sia previsto un<br />

cambio <strong>di</strong> destinazione d'uso. Da questo paragrafo si comprende come non possa<br />

esistere una griglia <strong>di</strong> operazioni univoca per gli interventi <strong>di</strong> recupero, ma per tutte le<br />

varie voci deve essere definita una soglia minima <strong>di</strong> conoscenza in relazione agli scopi che<br />

si vogliono perseguire, sia a livello urbano-territoriale per esempio un cambio d'uso da<br />

abitazione ad albergo <strong>di</strong>ffuso, sia a livello e<strong>di</strong>lizio come un adeguamento normativo, una<br />

manutenzione straor<strong>di</strong>naria, un risanamento energetico, una trasformazione integrale.<br />

1.3.2 Il recupero ecoefficiente del costruito<br />

L'architettura del passato, soprattutto quella rurale, ha sempre prestato attenzione<br />

al clima come importante componente del progetto, nella consapevolezza che un<br />

e<strong>di</strong>ficio opportunamente costruito e ben orientato, a parità <strong>di</strong> costo, avrebbe garantito<br />

nel lungo periodo risparmio e un maggior comfort interno, sia estivo che invernale. La<br />

febbre e<strong>di</strong>lizia del dopoguerra, in parte a causa <strong>di</strong> fenomeni speculativi e in parte a<br />

causa della necessita <strong>di</strong> dare o ridare una casa a tutti gli italiani, sembra aver fatto<br />

<strong>di</strong>menticare fino agli anni novanta l' importanza del buon costruire, sia a livello <strong>di</strong><br />

risparmio energetico sia <strong>di</strong> benessere e salubrità degli alloggi.<br />

Sono state proprio le caratteristiche climatiche e la necessità <strong>di</strong> reperire materiali da<br />

costruzione a breve raggio che hanno permesso la costruzione nei secoli del gran<br />

numero <strong>di</strong> paesaggi <strong>di</strong> cui è ricco il nostro paese, ogni luogo possedeva un tipo ben<br />

funzionante in funzione del clima e delle risorse locali.<br />

L'architettura bioclimatica, <strong>di</strong> cui si sta riprendendo coscienza oggi non fa altro<br />

che riprendere un sapere antico che era stato accantonato dalle tecnologie <strong>di</strong> controllo<br />

ambientale che si sono sviluppate negli ultimi decenni e hanno fatto in modo <strong>di</strong> poter<br />

costruire uno e<strong>di</strong>ficio in ogni luogo e con ogni orientamento, <strong>di</strong>menticando che in<br />

mancanza <strong>di</strong> energia artificiale, le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> comfort interno ne sarebbero<br />

fortemente compromesse. L'architettura bioclimatica, invece, si concretizza in un<br />

modello abitativo che garantisce un adeguato comfort abitativo con il controllo passivo<br />

del microclima, riducendo o eliminando completamente l'uso <strong>di</strong> impianti meccanici<br />

per il con<strong>di</strong>zionamento invernale o estivo.<br />

Il recupero ecoefficiente del costruito supera il concetto <strong>di</strong> efficienza energetica,<br />

integrandolo in uno più ampio che tiene conto anche della salubrità degli ambienti <strong>di</strong><br />

vita, alla durabilità e manutenibilità <strong>dei</strong> materiali da costruzione per tutto il loro ciclo<br />

<strong>di</strong> vita, tenendo conto anche dell'energia grigia, l'energia impiegata per le fasi <strong>di</strong><br />

realizzazione, trasporto, installazione, <strong>di</strong>smissione o sostituzione del prodotto e delle<br />

componenti. Pertanto tale modalità <strong>di</strong> <strong>intervento</strong> rappresenta una doppia vantaggiosa<br />

opportunità in quanto consente da un lato <strong>di</strong> rendere efficienti gli e<strong>di</strong>fici dal punto <strong>di</strong><br />

vista energetico, e dall'altro permette il recupero del patrimonio e<strong>di</strong>lizio con<br />

conseguente riduzione del consumo <strong>di</strong> territorio. Inoltre, se compiuto in sinergia con<br />

le amministrazioni locali, la cultura del recupero può coniugare le istanze della tutela<br />

ambientale a quelle <strong>di</strong> riqualificazione urbana e <strong>di</strong> promozione sociale; è quanto sta<br />

avvenendo secondo le linee guida europee della riqualificazione e del recupero<br />

sostenibile nei quartieri <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia pubblica, in cui si tenta <strong>di</strong> realizzare nuove con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> benessere fruitivo all'interno <strong>di</strong> una qualità globale.<br />

Tiziana Ferranti ricorda che in Italia «i contratti <strong>di</strong> quartiere <strong>di</strong>mostrano l’apertura anche<br />

19


20<br />

del nostro Paese verso le politiche d’<strong>intervento</strong> integrato sull’esistente.<br />

Politiche capaci <strong>di</strong> risolvere in modo complessivo il problema del recupero attraverso il miglioramento<br />

dell’accessibilità delle aree periferiche, la realizzazione <strong>di</strong> nuove connessioni urbane, il miglioramento della<br />

fruizione dello spazio collettivo quale connettivo tra gli e<strong>di</strong>fici, l’incremento delle dotazioni impiantistiche,<br />

l’aumento delle <strong>di</strong>versità tipologiche, un miglioramento complessivo della qualità ed un adeguamento<br />

della flessibilità d’uso in funzione <strong>dei</strong> nuovi modelli abitativi contemporanei.» 17<br />

A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> questi e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia residenziale pubblica, gli e<strong>di</strong>fici <strong>storici</strong>,<br />

oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo approfon<strong>di</strong>mento, presentano buone caratteristiche <strong>di</strong><br />

bioecologicità e sostenibilità <strong>dei</strong> materiali, ma presentano in molti casi problemi <strong>di</strong><br />

inefficienza energetica, scarsità <strong>di</strong> illuminazione e <strong>di</strong> aerazione secondo le esigenze<br />

abitative <strong>di</strong> oggi. Grazie alle buone tecniche costruttive si cui si accennava sopra,<br />

prima tra tutte la grande inerzia termica dovuta alle masse murarie, il raggiungimento<br />

<strong>dei</strong> comfort termoigrometrici e del risparmio energetico è un obiettivo alla portata<br />

delle attuali tecniche <strong>di</strong> recupero utilizzando materiali naturali e sostenibili, nel solco<br />

della tra<strong>di</strong>zione costruttiva. L'uso <strong>di</strong> questi materiali deve però accompagnarsi anche<br />

a un'attenta progettazione, all'analisi del contesto e all'utilizzo <strong>di</strong> fonti energetiche<br />

rinnovabili.<br />

Il recupero ecoefficiente <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> valore storico e architettonico richiede<br />

capacità e attenzione progettuali maggiori <strong>di</strong> quanto richiesto da un e<strong>di</strong>ficio privo <strong>di</strong><br />

qualità, in quanto i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà sono <strong>minori</strong> sia a livello tecnologico che formale; da<br />

essi viene richiesta una maggiore consapevolezza nel perseguire il duplice obiettivo del<br />

miglioramento delle prestazioni e della conservazione <strong>dei</strong> caratteri architettonici. A tal<br />

fine si devono elaborare soluzioni innovative che si interfaccino correttamente con le<br />

tecniche costruttive e i materiali della tra<strong>di</strong>zione, quali la pietra, il laterizio, il legno e la<br />

terra; questi materiali sono facilmente reperibili in loco, spesso riutilizzabili e provenienti<br />

da cicli <strong>di</strong> produzione scarsamente inquinanti. Non bisogna scordare, inoltre, che<br />

l'utilizzo <strong>di</strong> materiali naturali, oltre ad avere minore impatto ambientale, ha sempre<br />

benefici per la salute <strong>di</strong> chi andrà ad abitare quegli e<strong>di</strong>fici.


Capitolo secondo<br />

<strong>Valorizzazione</strong><br />

La valorizzazione <strong>di</strong> un bene culturale, sia esso un e<strong>di</strong>ficio, un paesaggio o una<br />

tra<strong>di</strong>zione, gli attribuisce il riconoscimento della sua importanza nel sistema <strong>di</strong> valori<br />

<strong>di</strong> una comunità. Questa azione, culturale e comunicativa, si inserisce nella rete <strong>di</strong><br />

simboli che contribuisce alla definizione <strong>di</strong> un territorio 18 .<br />

Diventa essenziale prima <strong>di</strong> prendere in considerazione la valorizzazione sottolineare<br />

che cosa si intende per patrimonio culturale. Nel D.Lgs del 22 gennaio 2004<br />

n. 42, all’art.1 si chiarisce che «Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni<br />

paesaggistici e l’art. 2 chiarisce che sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli<br />

articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico<br />

e bibliografico e le altre cose in<strong>di</strong>viduate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi<br />

valore <strong>di</strong> civiltà». Sul patrimonio culturale è particolarmente significativa anche la definizione<br />

<strong>di</strong> paesaggio che dà Alberto Pre<strong>di</strong>eri: «il paesaggio non significa solamente le ‘bellezze<br />

naturali’ o anche quelle che ad opera dell’uomo sono inserite nel territorio, né la sola natura,<br />

ma la forma del territorio, o dell’ambiente, creata dalla comunità umana che vi si è inse<strong>di</strong>ata, con<br />

continua interazione della natura e dell’uomo 19 ».<br />

Sempre seguendo la definizione affermata dal co<strong>di</strong>ce <strong>dei</strong> beni culturali la valorizzazione<br />

è intesa come «esercizio delle funzioni e delle <strong>di</strong>scipline della attività <strong>di</strong>rette a promuovere<br />

la conoscenza del patrimonio culturale e assicurare le migliori con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> utilizzazione<br />

e fruizione pubblica del patrimonio stesso al fine <strong>di</strong> promuovere lo sviluppo delle cultura 20 ».<br />

Da questo punto è facile intuire che la valorizzazione è fortemente vicina al concetto<br />

<strong>di</strong> tutela e conservazione ma non può esserne sinonimo.<br />

Andrea Caran<strong>di</strong>ni, Presidente del Consiglio Superiore <strong>dei</strong> Beni Culturali, durante<br />

la giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o organizzata dal FAI 21 , spiega che il concetto <strong>di</strong> tutela, pur essendo<br />

unico, si articola in tre componenti essenziali: conoscenza, tutela e valorizzazione<br />

<strong>di</strong> cui solo la tutela è, e deve restare, competenza esclusiva delle Soprintendenze, le quali sole<br />

possono garantirla, al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> ogni altro interesse economico e sociale, come vuole la nostra Costituzione.<br />

Le Università devono affiancare le Soprintendenze per la conoscenza, presupposto essenziale<br />

della tutela, e gli enti territoriali devono partecipare alla valorizzazione, che senza conoscenza<br />

e tutela non avrebbe senso. Caran<strong>di</strong>ni considera la valorizzazione come una serie <strong>di</strong><br />

azioni che portano a tradurre il bene culturale in narrazione storica capace <strong>di</strong> arrivare<br />

alle gran<strong>di</strong> masse, con la coscienza che non tutto può essere valorizzato. I beni culturali<br />

costituiscono un tessuto <strong>di</strong> cultura visibile, che contiene solo in potenza la informazione storica,<br />

che per tradursi in atto va esplicitata ai visitatori. Compren<strong>di</strong>amo che per Caran<strong>di</strong>ni la<br />

valorizzazione è fondata sulla conoscenza e sull’informazione.<br />

Durante la stessa giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o Roberto Cecchi, Direttore Generale per i beni<br />

architettonici e paesaggistici del MiBAC, parte dalla considerazione del bisogno <strong>di</strong> valorizzazione<br />

<strong>dei</strong> beni culturali in vista del loro non ren<strong>di</strong>mento economico. Emerge dal-


22<br />

la sua analisi il problema più rilevante nel concetto <strong>di</strong> valorizzazione, ossia la sua unione<br />

con la tutela. Il limite della valorizzazione sta nella tutela, qualsiasi impresa <strong>di</strong> valorizzazione<br />

non può incidere il recinto della tutela. Deve fermarsi obbligatoriamente su quel confine. Ma tutelare<br />

che cosa significa? Tutelare vuol <strong>di</strong>re che non si possono fare azioni che superino quei presi<strong>di</strong> posti<br />

a garanzia “della protezione e della conservazione per fini <strong>di</strong> pubblica fruizione.<br />

Lo stesso tema viene affrontato da Andreina Ricci che sottolinea il nesso tra la tutela,<br />

l’utilizzo, il recupero e la valorizzazione <strong>di</strong>chiarando che «si è arrivati così a una certa<br />

sclerotizzazione <strong>dei</strong> ruoli e <strong>dei</strong> saperi, secondo una schema che vede da un lato i profanatori<br />

del tempio e dall'altro i <strong>di</strong>fensori; e ciò risulta deleterio quando interferisce sul rapporto<br />

tra tutela e valorizzazione. La valorizzazione deve essere uno strumento per la conoscenza,<br />

non una minaccia alla tutela» 22 .<br />

La valorizzazione è <strong>di</strong>ventata negli ultimi anni un’opportunità concreta <strong>di</strong> investimento,<br />

oltre alla sua funzione educativa e materiale tangibile della memoria storica, il patrimonio<br />

culturale è riconosciuto come luogo dove intraprendere iniziative culturali e<br />

azioni capaci <strong>di</strong> sviluppare il livello socio-economico locale e del territorio 23 . Non solo,<br />

la valorizzazione <strong>di</strong>venta il prodotto esportabile dell’insieme dato dal territorio, il paesaggio,<br />

il beni culturali e la collettività. Infatti <strong>di</strong>ventano essenziali per un <strong>intervento</strong> <strong>di</strong> valorizzazione<br />

vincente il sostegno e l’approvazione della collettività che <strong>di</strong>venta garante e<br />

proprietario del patrimonio stesso.<br />

Il processo assume significato quando si rende portatore <strong>di</strong> messaggi culturali e <strong>di</strong> sinergie<br />

nate sul territorio; se inteso come semplice processo economico, l’<strong>intervento</strong> perde<br />

il suo aspetto identitario e sinergia territoriale, <strong>di</strong>ventando un semplice <strong>intervento</strong> a<br />

breve periodo destinato al fallimento o alle denaturalizzazione dell’offerta. La valorizzazione<br />

deve rendere fruibili i beni culturali in comunicazione con il territorio in modo da<br />

comunicarne, esportarne e rendere attraente il significato intrinseco <strong>di</strong> valore della civiltà<br />

24 . Anche Luisa Bonesio in<strong>di</strong>ca che il territorio non è un deposito inerte e fermo <strong>di</strong><br />

risorse e <strong>di</strong> beni, ma lo considera come un patrimonio <strong>di</strong> valore inalienabile e inimitabile,<br />

quin<strong>di</strong> unico, che racchiude specificità culturali, storiche e artistiche da tutelare e valorizzare<br />

in un’ottica <strong>di</strong> sviluppo sostenibile.<br />

La conoscenza è il legame con il territorio, è il frutto <strong>di</strong> una riflessione che mette<br />

in luce anche le teorie del restauro, rilevando che la valorizzazione <strong>dei</strong> beni culturali<br />

non può essere solo più estetico ma deve acquisire un criterio ermeneutico come<br />

quello sostenuto da Urbani. A questo proposito Andreina Ricci mette in guar<strong>di</strong>a<br />

dal pensare che accumulare frammenti <strong>di</strong> preesistenza sia uguale all’accomunare memoria,<br />

sottolineando l’importanza della riattualizzazione dell’azione, attestando che<br />

il ricordare può avvenire solo nel presente 25 .<br />

La valorizzazione, come commercializzazione <strong>dei</strong> beni culturali o trasformazione<br />

della cultura in prodotto economico, è stata ampiamente criticata soprattutto dalle<br />

associazioni e dai comitati citta<strong>di</strong>ni che trovano accordo sull’intendere l’azione<br />

come un’opportunità <strong>di</strong> crescita e <strong>di</strong> investimento per il mercato culturale, puntando<br />

all’allargamento del pubblico e alla fruizione compatibile e sostenibile dell’offerta<br />

culturale presente sul territorio. Il Premio Nobel Elionor Ostrom 26 fornisce un’interessante<br />

osservazione sulla gestione <strong>dei</strong> beni collettivi che può essere facilmente ricondotta<br />

ai beni culturali; il suo stu<strong>di</strong>o rileva che la privatizzazione delle risorse e le<br />

gestioni centralizzate oltre ad essere molto costose sono inefficaci, mentre prevede<br />

un utilizzo organizzato con regole spontanee e doveri gestionali, la stu<strong>di</strong>osa afferma<br />

che attraverso, in una logica <strong>di</strong> autogoverno <strong>dei</strong> beni pubblici, si possa evitare lo<br />

sfruttamento eccessivo favorendo il sostegno dell’azione collettiva 27 , riferito ai beni<br />

culturali. Questa teoria darebbe l’opportunità alla collettività <strong>di</strong> inserirsi nella vita<br />

attiva dell’offerta culturale fornendo i requisiti fondamentali <strong>di</strong> una valorizzazione


adeguata e orientata al mercato, come la riconoscibilità e l’accessibilità 28 .<br />

Inoltre si deve considerare una sorta <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione della valorizzazione alla<br />

tutela <strong>dei</strong> beni culturali, per ovvi motivi <strong>di</strong> degrado e <strong>di</strong> denaturalizzazione del bene.<br />

La tutela è <strong>di</strong> importanza prioritaria, oltre ad essere dettata dall’art. 9 della Costituzione<br />

italiana: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.<br />

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», è definita rispetto allo<br />

sviluppo anche nell’art. 3-ter e quater del D.Lgs. n. 152 del 2006 che chiarisce che le<br />

azioni della pubblica amministrazione devono essere finalizzate a dare primaria considerazione<br />

alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale.<br />

Una politica rivolta alla sinergia <strong>di</strong> conservazione e valorizzazione tutela e previene<br />

eventuali impatti negativi sulle realtà locali, allungandone la durata nel tempo<br />

e la red<strong>di</strong>tività. Tale aspetto viene anche tenuto in considerazione dall’Organizzazione<br />

Mon<strong>di</strong>ale del Turismo che consiglia <strong>di</strong> adeguare l’offerta turistica alle aspettative<br />

del visitatore valorizzando il patrimonio culturale territoriale, tenendo conto<br />

dell’impatto ambientale e della sostenibilità del territorio.<br />

Il rischio che la valorizzazione non tenga in primaria considerazione la tutela è la<br />

per<strong>di</strong>ta della memoria storica e del patrimonio che rende quel territorio unico nell’offerta;<br />

inoltre il riscontro si ha anche a livello economico, nella per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> attrattività<br />

del luogo: degradando e abusando del patrimonio viene a mancare il principio<br />

base fondamentale della valorizzazione. La valorizzazione rappresenta un fattore<br />

chiave per la competitività territoriale e per la qualità della vita; inoltre, come già sottolineava<br />

OECD nel 2005, valorizzare un territorio partendo dalla valorizzazione <strong>di</strong><br />

un bene culturale significa aumentare l’ attrattività e l’offerta locale favorendo investimenti<br />

economici non solo culturali 29 .<br />

L’integrazione con il territorio e con le comunità locali <strong>di</strong>venta elemento essenziale<br />

per permettere lo sviluppo dell’offerta economica <strong>dei</strong> beni culturali. La vera opportunità<br />

e sfida negli ultimi anni per i beni culturali è stata l’integrazione delle politiche <strong>di</strong> <strong>intervento</strong><br />

tra Stato, enti locali e privati, che – oltre al recupero – si sono orientati verso la promozione<br />

e la gestione programmata <strong>di</strong> azioni in<strong>di</strong>rizzate alla valorizzazione e alla sod<strong>di</strong>sfazione<br />

<strong>dei</strong> nuovi bisogni <strong>di</strong> conoscenza <strong>di</strong> un pubblico più esigente. Il coinvolgimento<br />

<strong>dei</strong> privati nella valorizzazione è espresso nel co<strong>di</strong>ce <strong>dei</strong> beni culturali che stabilisce che<br />

gli interventi possano essere sia <strong>di</strong> iniziativa pubblica che <strong>di</strong> iniziativa privata, definendo<br />

l’iniziativa privata come un’attività socialmente utile e <strong>di</strong> solidarietà sociale, non prevedendo<br />

quin<strong>di</strong> l’<strong>intervento</strong> privato in chiave economica e <strong>di</strong> profitto.<br />

L’ importanza rilevante nella valorizzazione <strong>dei</strong> beni culturali <strong>di</strong> origine privata è<br />

rappresentata dalle Fondazioni bancarie, le quali entrano in gioco dove la sinergia<br />

economica tra Stato e Regioni non riesce a colmare le numerose lacune presenti nella<br />

realtà <strong>dei</strong> beni culturali. Le Fondazioni bancarie per statuto perseguono scopi <strong>di</strong><br />

utilità sociale nei settori dell’arte, <strong>dei</strong> beni <strong>storici</strong> e delle attività culturali.<br />

Facendo rifermento ai dati ACRI 30 tra il 2008 e il 2009 l’erogazione all’arte, alle<br />

attività e ai beni culturali è stata <strong>di</strong> 408,3 milioni <strong>di</strong> euro pari al 29,40% degli investimenti<br />

totali a fronte <strong>di</strong> 9.103 iniziative. Dal Rapporto in esame si nota che l’erogazione<br />

per la conservazione e la valorizzazione <strong>dei</strong> beni architettonici e archeologici rimangono<br />

l’ambito principale <strong>di</strong> <strong>intervento</strong>. Il contributo delle Fondazione è destinato<br />

maggiormente al recupero del patrimonio monumentale, soprattutto nei centri <strong>storici</strong>,<br />

inoltre gli interventi puntano all’aumento della fruibilità <strong>dei</strong> beni culturali da<br />

parte <strong>dei</strong> citta<strong>di</strong>ni, favorendo attività <strong>di</strong> valorizzazione e nuove destinazioni funzionali<br />

<strong>di</strong> interesse pubblico. Per favorire l’<strong>intervento</strong> delle Fondazioni bancarie nel febbraio<br />

del 2009 è stata sancita un’intesa fra il MiBAC e ACRI.<br />

23


Capitolo terzo<br />

Recupero e valorizzazione verso il turismo sostenibile<br />

Il recupero e la valorizzazione <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> me<strong>di</strong>oevali <strong>minori</strong> sono spesso promossi<br />

al fine <strong>di</strong> creare una nuova opportunità economica per il territorio. Creando<br />

uno spazio attraente si promuove il recupero e la valorizzazione ambientale e culturale<br />

a fini turistici attraverso interventi mirati e integrati che permettano <strong>di</strong> mettere<br />

a sistema l’offerta del luogo coinvolgendo operatori pubblici e privati.<br />

3.1 Turismo sostenibile: il quadro internazionale<br />

Il Turismo sostenibile si inserisce nei principi più ampi dello sviluppo sostenibile<br />

(tollerabile a lungo termine dal punto <strong>di</strong> vista ecologico, realizzabile sul piano economico,<br />

equo sul piano economico e sociale per le popolazioni locali) <strong>di</strong> cui, <strong>di</strong> volta in<br />

volta, costituisce una specificazione. La prima definizione <strong>di</strong> turismo sostenibile risale<br />

al 1988 e si deve al UNWTO 31 : «le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo<br />

tale da mantenersi vitali in un’area turistica per un tempo illimitato, non alterano l’ambiente (naturale,<br />

sociale ed artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo <strong>di</strong> altre attività sociali ed economiche»;<br />

questa definizione segue al Rapporto Brundtland 32 del 1987 in cui veniva descritto<br />

come sviluppo sostenibile lo “sviluppo che sod<strong>di</strong>sfa i bisogni del presente senza compromettere<br />

la possibilità delle generazioni future <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare i propri bisogni». In relazione al turismo,<br />

secondo il Rapporto Brundtland le attività turistiche sostenibili sono quelle che<br />

non alternano l’ambiente, non ostacolano le altre attività sociali ed economiche, mantenendosi<br />

vitali per un tempo illimitato, in questo modo si mira alla red<strong>di</strong>tività <strong>di</strong> un dato<br />

territorio nell’ottica <strong>di</strong> lungo periodo.<br />

Nel 1992 la Conferenza Mon<strong>di</strong>ale sull’Ambiente e lo Sviluppo 33 promossa dall'O-<br />

NU avvia il programma Agenda 21, con esso si gettano le fondamenta per l’avvio <strong>di</strong> un<br />

percorso <strong>di</strong> sostenibilità che integra sviluppo e tematiche ambientali. L’approvazione<br />

del documento Agenda 21, che costituisce il programma d’azione per il XXI secolo,<br />

promuove tra le azioni da intraprendere il ruolo del turismo per la salvaguar<strong>di</strong>a delle risorse<br />

naturali. Con la Conferenza Mon<strong>di</strong>ale sul Turismo Sostenibile 34 del 1995 WTO,<br />

UNEP 35 , UNESCO e UE scrivono la Carta per il turismo sostenibile (Carta <strong>di</strong> Lanzarote)<br />

in cui si sanciscono i principi base <strong>di</strong> un turismo sostenibile, definendone le priorità e<br />

gli obiettivi, fa appello ai governi affinché adottino Piani <strong>di</strong> sviluppo sostenibile nel turismo<br />

e propone concrete linee d’azione da intraprendere. Si rivolge inoltre agli operatori<br />

del settore e ai turisti stessi esortandoli all’adozione <strong>di</strong> nuovi modelli comportamentali,<br />

che consentano una crescita razionale e responsabile.<br />

Un ulteriore attore del turismo mon<strong>di</strong>ale è il World Travel and Tourism Council<br />

(WTTC) che rappresenta il settore industriale <strong>dei</strong> viaggi e turismo a livello mon<strong>di</strong>ale. Nel<br />

1996 la definizione <strong>di</strong> turismo sostenibile data dal WTTC, assieme al WTO e al Consiglio<br />

della terra è «Lo sviluppo turistico sostenibile sod<strong>di</strong>sfa le esigenze attuali <strong>dei</strong> turisti e delle regioni <strong>di</strong><br />

accoglienza, tutelando nel contempo e migliorando le prospettive per il futuro. Esso deve integrare la ge-


stione <strong>di</strong> tutte le risorse in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere sod<strong>di</strong>sfatte,<br />

mantenendo allo stesso tempo l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la <strong>di</strong>versità biologica<br />

e i sistemi viventi 36 ». Dal 2003, con la “Blueprint for New Tourism 37 ” il WTTC incoraggia<br />

i governi ad adottare una politica <strong>di</strong> sviluppo sostenibile del turismo; si tratta <strong>di</strong><br />

una strategia che tenta <strong>di</strong> far coesistere gli interessi economici dell’industria con gli interessi<br />

delle autorità governative e quelli delle comunità locali.<br />

L'ultima definizione <strong>di</strong> turismo sostenibile che l’UNWTO ha elaborato risale al 2004<br />

ed è <strong>di</strong> tipo operativo: Linee-guida e prassi <strong>di</strong> gestione per lo sviluppo sostenibile del turismo sono<br />

applicabili a tutte le forme <strong>di</strong> turismo in tutti i tipi <strong>di</strong> destinazioni, compreso il turismo <strong>di</strong> massa e i vari<br />

segmenti del turismo <strong>di</strong> nicchia. I principi della sostenibilità riguardano gli aspetti ambientali, economici<br />

e socioculturali dello sviluppo del turismo e un idoneo equilibrio deve essere instaurato tra queste<br />

tre <strong>di</strong>mensioni per garantire la sostenibilità nel lungo termine.<br />

Di conseguenza, il turismo sostenibile deve: utilizzare al meglio le risorse ambientali che rappresentano<br />

un elemento chiave dello sviluppo del turismo, preservando i processi ecologici essenziali e facilitando<br />

il mantenimento delle risorse naturali e della bio<strong>di</strong>versità; rispettare l'autenticità socioculturale<br />

delle comunità ospitanti, conservare il loro patrimonio architettonico, <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> cultura e favorire<br />

la comprensione e la tolleranza interculturale; assicurare operazioni economiche proficue <strong>di</strong> lungo periodo,<br />

offrendo benefici socioeconomici equamente <strong>di</strong>stribuiti tra tutti gli interlocutori sociali, tra cui occupazione<br />

stabile, possibilità <strong>di</strong> conseguire un red<strong>di</strong>to e servizi sociali per le comunità ospitanti, nonché<br />

contribuendo alla riduzione della povertà.<br />

Lo sviluppo del turismo sostenibile richiede la partecipazione informata <strong>di</strong> tutti i soggetti interessati,<br />

una forte leadership politica per assicurare un’ampia adesione e stabilire il consenso. Realizzare<br />

il turismo sostenibile è un processo continuo che richiede un costante monitoraggio degli impatti, con applicazione<br />

<strong>di</strong> misure preventive e/o correttive ogni volta che sia necessario. Il turismo sostenibile dovrebbe<br />

anche mantenere un alto livello <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione turistica e assicurare al turista un’esperienza significativa,<br />

accrescendo la sua consapevolezza riguardo alle problematiche <strong>di</strong> sostenibilità e favorendo le pratiche<br />

<strong>di</strong> turismo sostenibile tra i turisti 38 .<br />

Non si tratta <strong>di</strong> una definizione rigida quanto <strong>di</strong> una cornice concettuale destinata<br />

a favorire una comprensione reciproca dello sviluppo sostenibile del turismo; essa viene<br />

utilizzata come base per elaborare statistiche e in<strong>di</strong>catori relativi al monitoraggio degli<br />

impatti ambientali e socioculturali del turismo.<br />

Il WTO e l'UNEP hanno elaborato nel 2005 una guida 39 <strong>di</strong> approcci e strumenti efficaci<br />

per lo sviluppo e l'implementazione <strong>di</strong> politiche per il turismo sostenibile. I principi del<br />

turismo sostenibile sono analizzati dettagliatamente e vengono fornite raccomandazioni<br />

utili per il governo delle attività turistiche. Vengono delineati i 12 obiettivi del turismo<br />

sostenibile: vitalità economica, prosperità locale, qualità del lavoro, equità sociale, sod<strong>di</strong>sfazione<br />

<strong>dei</strong> visitatori, controllo locale, benessere della comunità, ricchezza culturale, integrità<br />

fisica, <strong>di</strong>versità biologica, efficienza delle risorse, purezza ambientale.<br />

Ai sopracitati fondamentali incontri internazionali e ai documenti che ne sono scaturiti,<br />

hanno avuto luogo ulteriori <strong>di</strong>battiti che ne hanno meglio declinato i significati<br />

per para<strong>di</strong>gmi specifici del turismo come la Dichiarazione <strong>di</strong> Calvià (1997) e la Carta <strong>di</strong><br />

Rimini (2001) che interessano le aree del Me<strong>di</strong>terraneo, la Dichiarazione <strong>di</strong> Montreal<br />

(1996) e la Dichiarazione <strong>di</strong> Manila (1997) che contemplano gli aspetti sociali del turismo,<br />

la Dichiarazione <strong>di</strong> Djerba (2003) che riconosce la reciproca influenza tra turismo<br />

e cambiamenti climatici, il Co<strong>di</strong>ce Mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> Etica del Turismo (Santiago del Cile,<br />

1999) che promuove un turismo responsabile e sostenibile, accessibile a tutti e equo<br />

nella con<strong>di</strong>visione <strong>dei</strong> benefici a tutti i settori della società, Questo tipo <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> internazionali,<br />

iniziati ormai da più <strong>di</strong> vent’anni, ha avuto in<strong>di</strong>scussi effetti positivi sul riorientamento<br />

delle politiche turistiche <strong>di</strong> molti paesi e dell'Unione Europea che hanno<br />

introdotto nei rispettivi or<strong>di</strong>namenti norme che riconoscono e tutelano il valore in-<br />

25


26<br />

trinseco dell’ambiente. Esso, nei suoi molteplici aspetti, costituisce la base dello sviluppo<br />

turistico, <strong>di</strong> cui costituisce la variabile più fragile e, al contempo, più necessaria.<br />

3.2 Turismo sostenibile: il quadro dell’Unione Europea<br />

Il turismo è un’opportunità economica che risulta <strong>di</strong> rilevante peso nell’Unione<br />

Europea come <strong>di</strong>mostra la Comunicazione della Commissione UE del 2007 40 , la quale<br />

riconosce il ruolo cruciale del turismo, come settore chiave dell’economia europea<br />

in quanto può avvalersi <strong>di</strong> una vasta gamma <strong>di</strong> prodotti e <strong>di</strong> destinazioni grazie al suo<br />

patrimonio storico, artistico e culturale.<br />

Il Trattato <strong>di</strong> Lisbona 41 attribuisce per la prima volta competenza specifica sul turismo<br />

all’Unione Europea, dove nell’art. 195 l’Unione Europea può promuovere la competitività<br />

delle imprese in tale settore e incoraggiare la creazione <strong>di</strong> un ambiente propizio al<br />

loro sviluppo, oltre a favorire la cooperazione tra Stati membri, in particolare attraverso<br />

lo scambio delle buone pratiche e sviluppare un approccio integrato al turismo garantendo<br />

che questo settore sia preso in considerazione nelle sue altre politiche.<br />

La UE è la prima destinazione turistica mon<strong>di</strong>ale con i suoi 380.000.000 <strong>di</strong> arrivi turistici<br />

pari al 42% degli arrivi internazionali del mondo nel 2007, il flusso è aumentato<br />

<strong>di</strong> 55.000.000 <strong>di</strong> arrivi rispetto al 2000 42 . L’industria turista dell’UE genera più del 5%<br />

del PIL, in<strong>di</strong>rettamente genera il 10% occupando circa il 12% della forza lavoro. Nell’ottica<br />

<strong>di</strong> valorizzare e promuovere le risorse ambientale e culturali la UE si orienta ad<br />

un ampliamento dell’offerta turistica, dando maggior spazio al cosiddetto turismo <strong>di</strong><br />

nicchia anche attraverso il Progetto Eden 43 , un progetto che promuove lo sviluppo <strong>di</strong><br />

modelli <strong>di</strong> turismo sostenibili in tutta l’Unione Europea.<br />

Nel 2002 l’Unione Europea promuove uno stu<strong>di</strong>o dal titolo Using natural and cultural<br />

heritage for the development of sustainable tourism in non-tra<strong>di</strong>tional tourism destinations 44 nel quale<br />

si evidenziano le sfide e le opportunità del turismo basato sul patrimonio ambientale e<br />

culturale <strong>di</strong> destinazioni non convenzionali. Il turismo esaminato è quello del tempo libero<br />

e delle aree rurali, una panoramica interessante per gli interventi e le politiche adottate<br />

per la valorizzazione <strong>dei</strong> centri <strong>minori</strong> e del turismo <strong>di</strong> nicchia.<br />

Dopo l’accettazione globale dell’espressione sviluppo sostenibile ci sono state numerose<br />

interpretazioni che hanno declinato la sostenibilità nei vari settori economici<br />

e campi accademici, così è accaduto anche per il turismo. Come è accaduto per il concetto<br />

<strong>di</strong> sostenibilità che si offre a numerose letture, così anche per il turismo sostenibile<br />

non esiste una definizione univoca.<br />

L’ultima interpretazione che ne da l’Unione Europea è descritta nell’Agenda per un<br />

turismo europeo sostenibile e competitivo 45 , dove la Commissione e altre istituzioni europee<br />

si propongono un impegno a lungo termine in attuazione della Strategia <strong>di</strong> Lisbona<br />

per la crescita, l’occupazione e lo sviluppo sostenibile.<br />

Gli obiettivi per la sostenibilità del turismo sono incentrati sulla creazione <strong>di</strong> prosperità<br />

economica, coesione ed equità sociale, tutela ambientale e culturale. Le azioni<br />

per perseguire tali obiettivi comprendono la conservazione e la gestione sostenibile<br />

delle risorse naturali e culturali, la riduzione al minimo del loro impiego e del loro inquinamento.<br />

Inoltre vengono evidenziate le problematiche connesse all’attività turistica<br />

come la produzione <strong>di</strong> rifiuti, l’effetto stagionale della domanda, l’impatto ambientale<br />

<strong>dei</strong> trasporti, l’accessibilità dell’offerta e il miglioramento della qualità del lavoro.<br />

Un primo quadro d’azione per affrontare le suddette tematiche prevede tre politiche<br />

pubbliche <strong>di</strong> sostegno. In primo piano viene suggerita una gestione sostenibile<br />

delle destinazioni, attraverso una progettazione efficace dell’impiego dello spazio, un<br />

controllo dello sviluppo e degli investimenti in infrastrutture e servizi salvaguardando


le esigenze della comunità locale e dell’ambiente. Successivamente si tratta la competitività<br />

delle aziende in un’ottica <strong>di</strong> costruzione della sostenibilità, vista come fattore<br />

chiave all’interno <strong>dei</strong> processi decisionali per la crescita a lungo termine. In ultimo, la<br />

sensibilizzazione <strong>dei</strong> citta<strong>di</strong>ni alle tematiche della sostenibilità è oggetto <strong>di</strong> attenzione<br />

per ottenere progressi sostanziose nella consapevolezza in<strong>di</strong>viduale.<br />

La Commissione Europea si impegna nel documento citato a realizzare azioni non<br />

solo con investimenti economici ma anche con la creazione <strong>di</strong> piattaforme locali per la<br />

con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> idee, progetti e buone pratiche, oltre che a promuovere le destinazioni<br />

d’eccellenza e integrare la sostenibilità nelle politiche della Commissione.<br />

Nell’ultima Comunicazione della Commissione Europea del 2010 46 si riba<strong>di</strong>sce lo<br />

stretto legame tra competitività turistica e sostenibilità dal momento che la qualità delle<br />

destinazioni <strong>di</strong>pende in gran parte dal loro ambiente culturale e ambientale.<br />

La sostenibilità del turismo riguarda numerosi aspetti come l'utilizzo responsabile delle risorse naturali,<br />

la considerazione dell'impatto ambientale delle attività (produzione <strong>di</strong> rifiuti, pressione esercitata<br />

su acqua, suolo e bio<strong>di</strong>versità, ecc.), l'impiego <strong>di</strong> energie “pulite”, la protezione del patrimonio e<br />

la salvaguar<strong>di</strong>a dell'integrità naturale e culturale delle destinazioni turistiche, la qualità e durata <strong>dei</strong><br />

posti <strong>di</strong> lavoro creati, le ripercussioni economiche locali o la qualità dell'accoglienza. Questi principi sono<br />

in larga misura presenti nelle strategie turistiche adottate a livello nazionale e regionale, anche se non<br />

sono sufficientemente tradotti in azioni concrete. 47<br />

La Commissione ha introdotto vari strumenti per valutare la gestione ambientale<br />

delle imprese come il Marchio Europeo <strong>di</strong> Qualità Ecologica (ecolabel UE) e il sistema<br />

comunitario <strong>di</strong> ecogestione (EMAS), ma la reazione da parte delle imprese turistiche<br />

è stata assai <strong>di</strong>versa nelle varie regioni d’Europa, pertanto la Commissione sta collaborando<br />

con la Rete delle Regioni Europee per un turismo competitivo e sostenibile<br />

(NECSTouR) 48 e sulla Rete delle destinazioni d’eccellenza (EDEN) al fine <strong>di</strong> testare un<br />

sistema <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> sostenibilità turistica 49 in modo da poterla estendere a tutte le destinazioni<br />

turistiche europee che adottano pratiche efficaci, come una gestione responsabile<br />

delle risorse e con<strong>di</strong>zioni ottimali per i servizi e la sicurezza.<br />

Come obiettivo prossimo la Commissione vuole sviluppare un marchio europeo per<br />

il “turismo <strong>di</strong> qualità”, per incrementare la fiducia <strong>dei</strong> consumatori e premiare gli sforzi<br />

<strong>dei</strong> professionisti virtuosi. Inoltre, attraverso la Commissione Europea del Turismo<br />

(CET), la Commissione Europea promuove l’immagine dell’Europa verso i paesi terzi con<br />

il sito www.visiteurope.com il cui obiettivo sarà sempre più quello <strong>di</strong> proporre l’immagine<br />

dell’Europa come un insieme <strong>di</strong> destinazioni turistiche sostenibili e <strong>di</strong> qualità.<br />

3.3 Turismo sostenibile: il quadro italiano<br />

Se il quadro europeo presenta segni <strong>di</strong> attenzione specifica al turismo sostenibile<br />

con progetti e protocolli <strong>di</strong> certificazione, non altrettanta rilevanza viene data a livello<br />

nazionale dalle istituzioni statali, mente si possono riscontrare buone pratiche messe<br />

in atto da Regioni ed enti locali o da associazioni ambientaliste. Ciò è in parte dovuto<br />

alla non ben definita competenza in materia <strong>di</strong> turismo tra Stato e Regioni che la legge<br />

quadro sul turismo 50 definiva materia concorrente Stato-Regioni, mentre la riforma<br />

del titolo V della Costituzione 51 non la includeva né tra le materie <strong>di</strong> competenza esclusiva<br />

né concorrente, assegnandola <strong>di</strong> fatto alle sole regioni. La legge quadro, tuttavia,<br />

fissa un telaio <strong>di</strong> principi generali e strumenti <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento, tra i quali all'articolo<br />

1 comma 2 si afferma che la Repubblica tutela e valorizza le risorse ambientali, i beni<br />

culturali e le tra<strong>di</strong>zioni locali anche ai fini <strong>di</strong> uno sviluppo turistico sostenibile. Più in generale<br />

la legge prevede misure <strong>di</strong> sostegno per la riqualificazione delle imprese turistiche<br />

rispetto allo sviluppo <strong>di</strong> marchi <strong>di</strong> qualità, certificazioni ecologiche e tutela del prodotto<br />

turistico locale. Alla legge quadro segue il D.P.C.M. 13.09.2002 che sancisce<br />

27


28<br />

l'accordo tra Stato, Regioni e Province Autonome in cui si enunciano i principi per<br />

l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico al fine <strong>di</strong> assicurare l'unitarietà<br />

del comparto turistico e la tutela <strong>dei</strong> consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche, nonché degli<br />

operatori e <strong>dei</strong> lavoratori del settore. 52 In esso si afferma che tutte le attività e servizi turistici<br />

devono rispettare tutte le normative volte alla sostenibilità ambientale.<br />

Tra le azioni nazionali che potrebbero favorire lo sviluppo del turismo sostenibile<br />

degli ultimi anni vi è la reintroduzione del Ministero del Turismo, il rafforzamento della<br />

struttura amministrativa e l'istituzione <strong>di</strong> tavoli permanenti con le Regioni e le associazioni<br />

<strong>di</strong> categoria.<br />

Nel 2010 Il Ministero del Turismo e il Ministero dell'ambiente hanno sostenuto la<br />

partecipazione <strong>di</strong> alcune località italiane al progetto europeo “EDEN” (attivo dal 2006)<br />

per la promozione delle destinazioni <strong>minori</strong>, che coniugano sostenibilità e crescita<br />

economica; esso ha messo finalmente in evidenza l'importanza <strong>dei</strong> cosiddetti “centri<br />

culturali <strong>minori</strong>” che tra le destinazioni turistiche italiane sono in continua crescita durante<br />

tutto l'arco dell'anno con picchi <strong>di</strong> occupazione delle camere nei mesi <strong>di</strong> luglio, <strong>di</strong>cembre<br />

e gennaio che nella nel 2010 che si aggirano attorno al +7% su base annua. 53 Su<br />

questo tema il parlamento sta elaborando una proposta <strong>di</strong> legge per il recupero e la riqualificazione<br />

<strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> <strong>dei</strong> comuni <strong>minori</strong> (popolazione inferiore ai 5.000 abitanti)<br />

al fine <strong>di</strong> promuoverne lo sviluppo e la tutela, la valorizzazione <strong>dei</strong> “centri commerciali<br />

naturali” e il risanamento del patrimonio e<strong>di</strong>lizio anche a fini della promozione<br />

turistica e culturale del territorio. Ai comuni che rientreranno nei parametri qualitativi<br />

del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti si prevede l'attribuzione del marchio<br />

“Borghi Antichi d'Italia”, il quale consentirà ai <strong>borghi</strong> un'adeguata visibilità, nonchè la<br />

possibilità <strong>di</strong> attingere al “Fondo Nazionale per il Recupero, la tutela e la valorizzazione<br />

<strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> e <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> antichi d'Italia” e ai finanziamenti <strong>dei</strong> Programmi Operativi<br />

Regionali e Nazionali. 54<br />

Attenzione alla sostenibilità turistica da un punto <strong>di</strong> vista ambientale viene <strong>di</strong>mostrata<br />

dal Ministero dell'Ambiente con l'approvazione della Strategia Nazionale per la<br />

Bio<strong>di</strong>versità da parte della Conferenza Stato-Regioni. 55 Il documento si pone obiettivi<br />

strettamente legati allo sviluppo sostenibile, tra cui la conservazione della <strong>di</strong>versità biologica,<br />

considerata sia a livello <strong>di</strong> gene, sia a livello <strong>di</strong> specie, sia a quello <strong>di</strong> comunità ed ecosistema;<br />

l’utilizzazione durevole, o sostenibile, <strong>dei</strong> suoi elementi; la giusta ed equa ripartizione <strong>dei</strong> vantaggi che<br />

derivano dallo sfruttamento delle risorse genetiche e dal trasferimento delle tecnologie ad esso collegate 56 .<br />

Dopo un’approfon<strong>di</strong>ta analisi <strong>dei</strong> danni che lo sfruttamento turistico può arrecare a livello<br />

ambientale, socio-economico e culturale, e riconosciuta, tuttavia, l'importanza<br />

economica del settore, il documento propone il turismo come efficace mezzo per raggiungere<br />

gli obiettivi prefissati dalla strategia con un elenco <strong>di</strong> obiettivi specifici, priorità<br />

<strong>di</strong> <strong>intervento</strong> e attori coinvolti. 57<br />

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ente <strong>di</strong> ricerca vigilato<br />

dal Ministero dell'Ambiente, è un’ulteriore istituzione che si occupa <strong>di</strong> turismo<br />

sostenibile. In particolare gestisce la banca dati GELSO 58 , acronimo <strong>di</strong> Gestione Locale<br />

per la Sostenibilità, che si propone <strong>di</strong> mettere a <strong>di</strong>sposizione degli operatori e <strong>dei</strong> citta<strong>di</strong>ni<br />

progetti <strong>di</strong> buone pratiche per lo sviluppo locale nei principali settori <strong>di</strong> <strong>intervento</strong><br />

delle politiche sostenibili: Agenda 21, Agricoltura, E<strong>di</strong>lizia e Urbanistica, Energia,<br />

Industria, Rifiuti, Territorio e Paesaggio,Turismo, Trasporti. I progetti vengono selezionati,<br />

in base a criteri <strong>di</strong> ammissibilità e qualificazione, tra i vincitori <strong>di</strong> ban<strong>di</strong> del Ministero<br />

dell'Ambiente, progetti LIFE, Agende 21 locali con la collaborazione <strong>di</strong> Enti Locali,<br />

ARPA, Enti Parco, Comunità Montane e associazioni ambientaliste, per essere poi


messi in rete e con<strong>di</strong>visi anche a livello europeo tramite la Direzione Generale Ambiente<br />

dell'Unione Europea. Attualmente Circa il 30% <strong>dei</strong> progetti riguarda il raggiungimento<br />

<strong>di</strong> una qualità turistica nel rispetto dell’ambiente naturale, il 17% <strong>dei</strong> progetti<br />

opera me<strong>di</strong>ante la sensibilizzazione degli operatori turistici, il 14% è volto a garantire<br />

le identità culturali, a tutelare il patrimonio artistico e a <strong>di</strong>fferenziare l’offerta turistica,<br />

infine circa il 6% <strong>dei</strong> progetti punta ad ottenere le certificazioni ambientali <strong>di</strong><br />

qualità. Essendo il turismo una politica intertematica, che influenza e viene influenzata<br />

da altre politiche, l’ISPRA ha definito degli obiettivi strettamente turistici per i progetti<br />

da ammettere alla banca dati GELSO: aumentare le certificazioni ambientali nel settore<br />

turistico, aumentare le strutture ricettive e turistiche contrad<strong>di</strong>stinte dal Marchio <strong>di</strong><br />

Qualità Ambientale (MQA), incentivare iniziative volte alla <strong>di</strong>versificazione dell’offerta<br />

turistica, alla re<strong>di</strong>stribuzione <strong>dei</strong> flussi e alla valorizzazione delle aree meno fragili, garantire<br />

un turismo <strong>di</strong> qualità nel rispetto dell’ambiente, garantire un turismo <strong>di</strong> qualità<br />

salvaguardando l’identità culturale e sociale <strong>dei</strong> residenti, sensibilizzare gli operatori<br />

turistici ad una gestione ecologica delle strutture ricettive e turistiche, tutelare e promuovere<br />

il patrimonio storico-culturale.<br />

Si può affermare che nel nostro Paese i maggiori avanzamenti nel campo del turismo<br />

sostenibile vengono da progetti e iniziative <strong>di</strong> enti locali, regioni e associazioni.<br />

Durante la Seconda Conferenza Internazionale sul Turismo Sostenibile, tenutasi a<br />

Rimini nel novembre 2008, promossa dalla Provincia <strong>di</strong> Rimini, dall'UNWTO, dalla<br />

Commissione UE, dal Governo Italiano e dall'ICLEI, è stata approvata “Seconda Carta<br />

per il turismo sostenibile”, la cosiddetta “Carta <strong>di</strong> Rimini”, che recepisce gli Aalborg<br />

Commitments del 2004 in chiave turistica e la comunicazione UE “Agenda per un turismo<br />

europeo sostenibile e competitivo” del 2007, ampliandone i concetti <strong>di</strong> sostenibilità<br />

e promuovendo in<strong>di</strong>rizzi operativi. Tra le maggiori novità della carta vi è quello del<br />

concetto <strong>di</strong> sostenibilità del rapporto tra “città turistica” e “città <strong>dei</strong> residenti”, la salvaguar<strong>di</strong>a<br />

della qualità della vita e la promozione dell'occupazione attraverso una minimizzazione<br />

dell'impatto ambientale e una massimizzazione del benessere sociale, secondo<br />

un piano d'azione che si esplica nelle raccomandazioni della Carta 59 .<br />

La Provincia <strong>di</strong> Rimini, con ICLEI, ha promosso nel 2000 la creazione <strong>di</strong> un “Network<br />

delle Città per il Turismo Sostenibile” all’interno del progetto LIFE “<strong>Strategie</strong>s and Instruments<br />

for a Sustainable Tourism in the Me<strong>di</strong>terranean coastal areas” che raccoglie<br />

trenta destinazioni turistiche accomunate dalla volontà <strong>di</strong> sviluppare ed implementare<br />

progetti comuni per rendere più sostenibile il settore turistico, scambiare informazioni e<br />

best practices. La Provincia coor<strong>di</strong>na dal 2005 il progetto SUVOT (Sustainable & Vocational<br />

Tourism) co-finanziato dal Programma Europeo Interreg IIIC 60 .<br />

Una Regione particolarmente attenta allo sviluppo sostenibile del turismo è la Toscana,<br />

che già dal 2008 ha sostenuto il programma europeo ERNEST-European Research<br />

NEtwork on Sustainable Tourism per sviluppare e rafforzare un coor<strong>di</strong>namento <strong>dei</strong><br />

programmi regionali <strong>di</strong> ricerca sul turismo sostenibile e si è fatta promotrice, insieme alla<br />

regione spagnola della Catalogna e alla francese Provenza-Alpi-Costa Azzurra, del<br />

progetto europeo NECSTouR che punta alla con<strong>di</strong>visione delle esperienze e del <strong>di</strong>battito<br />

su varie voci che toccano il tema del turismo così come proposte dalla Carta <strong>di</strong> Firenze<br />

61 : qualità della vita e del lavoro, impatto <strong>dei</strong> trasporti, strategie <strong>di</strong> destagionalizzazione,<br />

tutela attiva del patrimonio culturale e ambientale e identità delle destinazioni alla<br />

<strong>di</strong>minuzione e ottimizzazione delle risorse naturali, in primis dell’acqua, oltre che <strong>dei</strong><br />

consumi <strong>di</strong> energia e della gestione <strong>dei</strong> rifiuti. Al progetto hanno poi aderito altre 15 regioni<br />

e 21 organismi <strong>di</strong> sostegno. Nell'ambito delle politiche per la competitività dell’offerta<br />

turistica toscana è stato approvato nel 2009 il “Progetto Speciale <strong>di</strong> Interesse Re-<br />

29


30<br />

gionale Toscana Turistica Sostenibile & Competitiva” 62 finalizzato a «sperimentare forme integrate<br />

<strong>di</strong> sostegno ai protagonisti del Sistema turistico toscano, prevede infatti la possibilità <strong>di</strong> identificare<br />

specifiche strategie e obiettivi [...] compatibili e coerenti con i principi della competitività e sostenibilità<br />

del turismo della Toscana». 63 In particolare con questo progetto si vogliono attivare concretamente<br />

le soluzioni innovative elaborate all'interno del Modello NECSTouR, trasferendo<br />

al livello degli Enti Locali adeguati strumenti e modelli organizzativi che relazionano<br />

le attività locali con la <strong>di</strong>mensione regionale ed europea, anche attraverso<br />

l'istituzione degli “Osservatori Turistici <strong>di</strong> Destinazione” che, a loro volta, consentano la<br />

<strong>di</strong>ffusione e applicazione delle buone pratiche.<br />

La promozione del turismo sostenibile in Italia, allo stato attuale, è sostenuta da associazioni<br />

ambientaliste e <strong>di</strong> settore. Legambiente, sezione Turismo <strong>di</strong> qualità, ha elaborato<br />

un proprio decalogo <strong>di</strong> azioni richieste alle strutture ricettive aderenti, declinate secondo<br />

le <strong>di</strong>verse vocazioni turistiche <strong>dei</strong> territori; il Touring Club Italiano conferisce il<br />

marchio Ban<strong>di</strong>era Arancione alle piccole località dell'entroterra che si <strong>di</strong>stinguono per<br />

un’offerta <strong>di</strong> eccellenza e un’accoglienza <strong>di</strong> qualità; il Centro Turistico Studentesco CTS<br />

propone specifici prodotti turistici orientati alla sostenibilità, campagne <strong>di</strong> sensibilizzazione<br />

in collaborazione con l'Unione Provincie Italiane64 , incentivi al turismo in aree protette<br />

e la messa a punto <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sciplinare per gli “alberghi ver<strong>di</strong>” che intendono aderire<br />

al progetto; WWF Italia, ufficio turismo, promuove e sensibilizza attraverso la sua rete <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ffusione stili <strong>di</strong> viaggio sostenibili; l'Associazione Italiana Turismo Responsabile AITR<br />

è una ONLUS che riunisce tutte le varie anime del turismo responsabile, sostenibile ed etico,<br />

conta tra i suoi soci Organizzazioni Non Governative, piccoli tour operator, organizzazioni<br />

e associazioni nazionali impegnate sul versante culturale, sociale e ricreativo,<br />

case e<strong>di</strong>trici e aziende. La sua attività ha come scopo quello <strong>di</strong> promuovere iniziative <strong>di</strong><br />

solidarietà e <strong>di</strong> sostegno al Turismo Responsabile, sostenibile ed etico al fine <strong>di</strong> elevare la<br />

coscienza e la crescita personale <strong>dei</strong> citta<strong>di</strong>ni, per la promozione <strong>di</strong> stili <strong>di</strong> vita e comportamenti<br />

<strong>di</strong> consumo e vita solidale.<br />

Si denota la mancanza <strong>di</strong> voci specifiche per monitorare la sostenibilità delle imprese<br />

e delle destinazioni turistiche da parte dell'ISTAT, della Banca d'Italia, <strong>di</strong> Unioncamere<br />

e dell’Osservatorio Nazionale del Turismo, nonostante la commissione europea abbia<br />

messo a <strong>di</strong>sposizione degli istituti <strong>di</strong> statistica nazionali un manuale apposito per la misurazione<br />

dello sviluppo sostenibile del turismo. 65 Già nel 2005 la Commissione per la<br />

Garanzia dell'Informazione Statistica sollecitava i soggetti competenti a includere nelle<br />

loro rilevazioni nuovi in<strong>di</strong>catori su aspetti strategici del settore quali, appunto, quelli sul<br />

turismo sostenibile66 , ma ancora nel parere sul triennio 2010-2013 si sollecita l’Istituto <strong>di</strong><br />

Statistica ad andare avanti sul progetto ISTAT 02462 relativo agli in<strong>di</strong>catori dello sviluppo<br />

sostenibile, segno che non saranno <strong>di</strong>sponibili dati ufficiali nel breve periodo67 .<br />

Note 1 Nel 2010 l’Italia ha registrato un aumento del 10% delle <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong> inizio lavori per ristrutturazioni, 452.000<br />

domande a fronte delle 447.000 del 2009 e delle 353.000 del 2008. Fonte: Osservatorio su Imprese e Pubblica<br />

Amministrazione su dati Agenzia delle Entrate. OIPA magazine del 12/01/2011 www.oipamagazine.eu.<br />

2 Cfr. A. Bellini Definizione <strong>di</strong> Restauro in B. Paolo Torsello, Che cos'è il restauro? Nove stu<strong>di</strong>osi a confronto, Marsilio,<br />

Venezia, 2005; M. Dezzi Bardeschi, Restauro: punto e da capo, Frammenti per una (impossibile) teoria, Franco Angeli, Milano, 1991’<br />

3 Cfr. G. Carbonara, La reintegrazione dell’immagine. Problemi <strong>di</strong> restauro <strong>dei</strong> monumenti, Bulzoni, Roma, 1976; G.<br />

Carbonara, Trattato <strong>di</strong> restauro architettonico, UTET, Torino, 1996.<br />

4 Carta <strong>di</strong> Venezia, 1964, art. 1: «La nozione <strong>di</strong> monumento storico comprende tanto la creazione architettonica<br />

isolata quanto l’ambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza <strong>di</strong> una civiltà particolare, <strong>di</strong> un’evoluzione<br />

significativa o <strong>di</strong> un avvenimento storico. Questa nozione si applica non solo alle gran<strong>di</strong> opere ma anche alle opere<br />

modeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale».<br />

5 S. Boscarino, Dal restauro al recupero, in A. Cangelosi, R. Prescia (a cura <strong>di</strong>), Sul restauro architettonico, Milano 1999,


pp. 139-146.<br />

6 C. Bran<strong>di</strong>, voce “Restauro” in Enciclope<strong>di</strong>a Universale dell’Arte, vol. XI, Venezia-Roma 1963, coll. 322-332.<br />

7 “Carta <strong>di</strong> Restauro 1972”, Circolare n° 117 del 6 aprile 1972 Ministero della Pubblica Istruzione.<br />

8 Il Piano regolatore particolareggiato del centro storico, approvato dalla giunta regionale il 14 marzo 1979, era stato<br />

adottato dal Comune <strong>di</strong> Pesaro il 18.12.1974 con la delibera n. 381. Venne redatto dal Gruppo Architettura<br />

dell’Università <strong>di</strong> Venezia composto da Luciano Semerani, Carlo Aymonino, Costantino Dar<strong>di</strong>, Giovanni Fabbri,<br />

Raffaele Panella, Gianugo Polesello.<br />

9 Il Piano delle periferie del comune <strong>di</strong> Napoli consisteva principalmente nell'in<strong>di</strong>viduazione delle aree da assoggettare<br />

a piano <strong>di</strong> recupero, ai sensi della legge 457/1978 e nell' in<strong>di</strong>viduazione delle aree particolarmente degradate da sottoporre<br />

a piani <strong>di</strong> e<strong>di</strong>lizia pubblica (Pdz) ai sensi della legge 167/1962. Il piano delle periferie fu approvato con delibere nn.1 e 2<br />

del 16 aprile 1980 del Consiglio Comunale <strong>di</strong> Napoli.<br />

10 La Convenzione Europea del Paesaggio viene adottata il 19 Luglio 2000 dai Ministri della Cultura e<br />

dell'Ambiente del Consiglio d'Europa nel Salone <strong>dei</strong> Cinquecento <strong>di</strong> Palazzo Vecchio a Firenze e viene ratificata<br />

dall'Italia con la Legge 9 Gennaio 2006 n. 14 e recepita all'interno del Co<strong>di</strong>ce <strong>dei</strong> Beni Culturali e del Paesaggio.<br />

11Nel 1991 il prof. Richard S. Levine della U.S. Kentucky University elesse To<strong>di</strong> “la città più vivibile del mondo”.<br />

Ve<strong>di</strong> “To<strong>di</strong> come una città sostenibile,” inaugurazione anno accademico Università della Terza Età, ottobre 1992,<br />

To<strong>di</strong>, Italy; “To<strong>di</strong> città del futuro,” e “Come To<strong>di</strong> può <strong>di</strong>venire città ideale e modello per il futuro,” in «Il Sole 24 Ore»,<br />

Milano, Italy, 28.11.1991.<br />

12 Della valorizzazione <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> <strong>storici</strong> si occupa da numerosi anni il CENSIS. Ve<strong>di</strong> in particolare Censis -<br />

Paesaggio e beni culturali per la valorizzazione del territorio, n.11, novembre 2003.<br />

13 Progetto <strong>di</strong> Legge Tommaso Foti “Disposizioni per la riqualificazione e il recupero <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> e <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong><br />

antichi d'Italia” Atto Parlamentare n.169 Relazione Finale della Commissione del 20.04.2011.<br />

14 G. L. Rolli, Conoscenza, rappresentazione, recupero urbanistico <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>, Alinea, Firenze 2004, p. 9.<br />

15 E. Pirod<strong>di</strong>, Si può dare un futuro ai centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>, in G. L. Rolli, Salvare i centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>, Alinea E<strong>di</strong>trice, Firenze<br />

2008, pp. 36, 37.<br />

16 S. Monti, Centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>, in IGM, Italia - Atlante <strong>dei</strong> Tipi Geografici, E<strong>di</strong>zioni Istituto Geografico Militare,<br />

Firenze, 2004, p. 649.<br />

17 T. Ferranti in Ponte, l'informazione essenziale <strong>di</strong> gestione e tecnica per costruire, progettare «Recupero» n. 12, Tipografia del<br />

Genio Civile, Roma, 2008.<br />

18 Ve<strong>di</strong> R. Salvarani, Storia e valorizzazione del territorio, Vita e Pensiero, Milano, 2005, pp. 103-106.<br />

19 Ve<strong>di</strong> R. Salvarani, Storia e valorizzazione del territorio, Vita e Pensiero, Milano, 2005, pp. 103-106.<br />

20 A. Pre<strong>di</strong>eri, voce Paesaggio, in Enc. Dir., vol XXXI, Milano 1981, p.506.<br />

21 Art. 6 DL 22 gennaio 2004, n. 42 recante il «Co<strong>di</strong>ce <strong>dei</strong> beni culturali e del paesaggio» ai sensi<br />

dell’articolo 10 della Legge 6 luglio 2002, n. 137 (Gazzetta Ufficiale 24 febbraio 2004, n. 45).<br />

22 Giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> organizzata dal FAI al Castello <strong>di</strong> Masino, Caravino (TO) 2009.<br />

23 M. Andrioli, Nude pietre. Meno potere <strong>di</strong> veto ai soprintendenti, più valorizzazione. «Il Riformista» 24 ot-<br />

tobre 2006.<br />

24 R. Grossi e M. Meneguzzo, La valorizzazione del patrimonio culturale per lo sviluppo locale. Primo rapporto<br />

annuale. Federculture – T.U.P Touring Club Italiano E<strong>di</strong>tore, Milano 2002, p. 83.<br />

25 S. Mancuso, Per una metodologia della valorizzazione <strong>dei</strong> beni archeologici: analisi e prospettive in Calabria,<br />

Rubbettino, Roma 2009, p. 50.<br />

Cfr. A. Ricci, Attorno alla nuda pietra, Donzelli, Roma 2006.<br />

26 Il 12 ottobre 2009 è stata insignita del Premio Nobel per l'economia, insieme a Oliver Williamson<br />

per l'analisi della governance e in particolare delle risorse comuni.<br />

27 E. Ostrom, Governare i beni collettivi. Marsilio, Venezia 2006.<br />

28 R. Grossi e M. Meneguzzo, La valorizzazione del patrimonio culturale per lo sviluppo locale. Primo rapporto<br />

annuale. Federculture – T.U.P Touring Club Italiano E<strong>di</strong>tore, Milano 2002, p. 83.<br />

29 OECD, Culture and local development, Parigi 2005.<br />

30 XV Rapporto. Associazione <strong>di</strong> Fondazioni e <strong>di</strong> Casse <strong>di</strong> Risparmio spa, Roma 2010.<br />

31 United Nations World Tourism Organization.<br />

32 Our Common Future - Documento rilasciato nel 1987 dalla Commissione mon<strong>di</strong>ale sull’am-<br />

biente e lo sviluppo WCED.<br />

33 United nations conference on environment and development, Rio de Janeiro, 3-14.06.1992.<br />

34 World Conference on Sustainable Tourism, Lanzarote, 27-28.04.1995.<br />

35 United Nations Environment Programme, assieme al WTO è riiconosciuta dalla Commissione<br />

delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile (CSD) come la principale organizzazione <strong>di</strong> assistenza<br />

all’attuazione <strong>di</strong> Agenda 21 sulle tematiche del turismo.<br />

36 Agenda 21 per l’industria Viaggi e Turismo: verso uno sviluppo sostenibile dal punto <strong>di</strong> vista<br />

ambientale, 1996.<br />

37 Blueprint for New Tourism, WTTC, Londra 2003.<br />

38 In<strong>di</strong>cators of sustainable development for tourism destination a guidebook. UNWTO 2004.<br />

39 Making Tourism More Sustainable, A guide for policy makers, UNEP e WTO, 2005.<br />

31


32<br />

40 Comunicazione della Commissione-Agenda per un turismo europeo sostenibile e competitivo n.<br />

621 del 2007. 19.10 2007 Bruxelles.<br />

41 Trattato <strong>di</strong> Lisbona 2007/C306/01 Gazzetta Ufficiale UE-13.12.2007 entrato in vigore il 1.12.2009.<br />

42 Stu<strong>di</strong>o sulla competitività del’industria europea del turismo - condotto nell’ambito del contratto quadro<br />

per gli stu<strong>di</strong> sulla competitività settoriale ENTR/06/054. 2009 Rotterdam, ECORYS SCS Group.<br />

43 European destination of Excellence-UE.<br />

44 http://ec.europa.eu/enterprise/sectors/tourism/documents/stu<strong>di</strong>es/index_en.htm.<br />

45 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo al Consiglio, al Comitato Economico<br />

e Sociale Europeo ed al Comitato delle Regioni-Agenda per un turismo europeo sostenibile e competitivo<br />

n. 621 del 2007. 19.10 2007 Bruxelles.<br />

46 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo al Consiglio, al Comitato Economico<br />

e Sociale Europeo ed al Comitato delle Regioni -L'Europa, prima destinazione turistica mon<strong>di</strong>ale -<br />

un nuovo quadro politico per il turismo europeo n. 352 Bruxelles, 30.6.2010.<br />

47 Ivi, p.11.<br />

48 NECSTouR - Network of European Regions for a Sustainable and Competitive Tourism è uno<br />

strumento per la con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> un percorso attuativo tra un gruppo <strong>di</strong> regioni, autonomie locali, stati<br />

membri e Commissione europea, ma anche con imprese, forze sociali e consumatori.<br />

49 NECSTouR si propone come una piattaforma <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> buone pratiche, sperimentazione<br />

<strong>di</strong> modelli con<strong>di</strong>visi <strong>di</strong> misurazione <strong>dei</strong> fenomeni e <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo sociale, per la valutazione delle località<br />

turistiche sulla base <strong>di</strong> cinque in<strong>di</strong>catori: responsabilità sociale e ambientale, qualità della vita<br />

delle popolazioni residenti, tutela del patrimonio culturale e ambientale, destagionalizzazione <strong>dei</strong> flussi<br />

turistici e trasporto e mobilità<br />

50 Methodological work on measuring the sustainable development of tourism. Luxemborug: office<br />

for official publications of the European Communities, Bruxelles 2006.<br />

51 Riforma della legislazione nazionale del turismo, L. 135 del 29.03.2001 pubblicata nella G.U.<br />

n.92 del 20.04.2001.<br />

52 Mo<strong>di</strong>fica dell'articolo 117 della Costituzione con L. Cost. 3 del 18.10.2001.<br />

53 D.P.C.M. 13 settembre 2002 pubblicato nella G.U. n.225 del 25.09.2002.<br />

54 Focus sui prodotti <strong>di</strong> nicchia del turismo italiano, elaborazione Isnart per Osservatorio Nazionale<br />

Turismo 25.01.2011.<br />

55 Progetto <strong>di</strong> Legge Tommaso Foti &Disposizioni per la riqualificazione e il recupero <strong>dei</strong> centri<br />

<strong>storici</strong> e <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> antichi d'Italia& Atto Parlamentare n.169 Relazione Finale della Commissione del<br />

20.04.2011.<br />

56 Intesa sullo schema <strong>di</strong> “Strategia nazionale per la bio<strong>di</strong>versità”, pre<strong>di</strong>sposta dal Ministero dell’ambiente<br />

e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell’art. 6 della Convenzione sulla <strong>di</strong>versità biologica,<br />

fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 e ratificata dall’Italia con la legge 14 febbraio 1994, n. 124<br />

Repertorio n. 181/CSR del 7 ottobre 2010.<br />

57 Ivi p. 4.<br />

58 Ivi pp.122-125.<br />

59 http://www.sinanet.isprambiente.it/it/gelso.<br />

60 Carta <strong>di</strong> Rimini per un Turismo Sostenibile e Competitivo, Rimini, 29.11.2008.<br />

61 www.turismosostenibile.provincia.rimini.it.<br />

62 Euromeeting for sustainable tourism, Palazzo degli affari, Firenze 17.11.2007.<br />

63 Deliberazione Giunta Regionale Toscana n.763 del 07.09.2009.<br />

64 Progetto speciale <strong>di</strong> interesse regionale Toscana Turistica Sostenibile & Competitiva, Allegato A, p. 3.<br />

65 Protocollo d'Intesa tra UPI e CTS in tema <strong>di</strong> turismo sostenibile siglato a Roma, Ottobre 2006.<br />

66 Ve<strong>di</strong> nota 12.<br />

67 Parere della commissione per la garanzia dell’informazione statistica sul programma statistico na-<br />

zionale 2006-2008 del 29.07.2005 pag. 38.<br />

68 Parere della commissione per la garanzia dell’informazione statistica sul programma statistico na-<br />

zionale 2010-2013 del 17.05.2010 pag. 21.


Capitolo terzo<br />

Focus<br />

Borghi me<strong>di</strong>oevali: sostenibilità, marchi e network<br />

Con le premesse fatte <strong>di</strong>venta chiara l’importanza della sostenibilità anche<br />

per la valorizzazione <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> me<strong>di</strong>oevali e delle località turistiche alternative.<br />

La valorizzazione ha come passaggio fondamentale la <strong>di</strong>vulgazione della<br />

propria offerta turistica e l’inserimento nei network nazionali e internazionali,<br />

capaci <strong>di</strong> raggiungere un gran numero <strong>di</strong> utenti <strong>di</strong> una determinata categoria <strong>di</strong><br />

consumatori. L’inserimento in questi network insieme alla possibilità <strong>di</strong> certificazione<br />

<strong>di</strong>venta necessario quando un viaggiatore informato, come quello attuale,<br />

è attento alle proprie esigenze non solo culturali, ma anche eco-ambientali;<br />

tale tipologia <strong>di</strong> turista si affida ad organismi certificatori e <strong>di</strong> controllo per<br />

decidere la propria destinazione.<br />

Per questo motivo, già dal 2001, numerosi enti locali e associazioni sollecitano<br />

le istituzioni ad intervenire in favore della riqualificazione urbana <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong><br />

<strong>storici</strong> con l’istituzione <strong>di</strong> un fondo nazionale per il recupero, la tutela e la<br />

valorizzazione <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> e <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> me<strong>di</strong>oevali. I destinatari <strong>dei</strong> fon<strong>di</strong><br />

saranno appunto quei centri <strong>storici</strong> che avranno ricevuto la certificazione <strong>di</strong><br />

borgo antico, un marchio che seguirà <strong>dei</strong> criteri non solo <strong>storici</strong> e conservativi, ma<br />

anche ambientali e in<strong>di</strong>rizzati alla sostenibilità.<br />

Una simile iniziativa è stata realizzata nel 2001 sotto la spinta dell’ANCI 1<br />

, con<br />

la creazione del marchio “I Borghi più Belli d’Italia”, gli obiettivi dell’azione sono<br />

la protezione, la promozione e lo sviluppo <strong>dei</strong> comuni riconosciuti dal Club 2<br />

.<br />

I Comuni che sono ammessi alla certificazione non possono superare i<br />

15.000 abitanti e devono possedere un patrimonio architettonico e/o naturale<br />

certificato dalla documentazione rilasciata dalla Sovrintendenza delle Belle Arti.<br />

Tra i criteri <strong>di</strong> selezione inoltre vengono valutate la compattezza e<br />

l’omogeneità della massa costruita, la possibilità <strong>di</strong> percorsi <strong>di</strong>versi all’interno<br />

del Borgo, la preservazione del legame tra microsistema urbano, storicamente<br />

determinato, e ambiente naturale circostante. Anche la valorizzazione <strong>di</strong>venta<br />

un in<strong>di</strong>catore, prendendo in considerazione l‘organizzazione <strong>di</strong> parcheggi esterni,<br />

rinnovamento e abbellimento delle facciate, cura del verde pubblico e installazione<br />

<strong>di</strong> fioriere 3<br />

.<br />

La sostenibilità e il fattore ambientale costituiscono criterio <strong>di</strong> selezione e<br />

rientrano a pieno titolo tra gli scopi del Club che li sancisce nel proprio statuto.<br />

Oltre a riunire e collegare in un circuito turistico <strong>di</strong> qualità i Comuni associati,<br />

il Club si propone <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere, presso l’opinione pubblica nazionale e internazionale,<br />

la conoscenza delle bellezze della provincia italiana, definendo<br />

un “marchio” che garantisce originalità e armonia. Tale garanzia permette agli<br />

enti locali <strong>di</strong> costruire nuove opportunità per l’offerta turistica, partecipare suc-


34<br />

cessivamente alle analoghe attività internazionali e <strong>di</strong> valorizzare e promuovere le<br />

produzioni tipiche locali.<br />

Il marchio “I Borghi più Belli d’Italia”, grazie al consenso <strong>dei</strong> Comuni, del pubblico,<br />

delle istituzioni e della stampa, ad oggi è l’unico marchio <strong>di</strong> certificazione per<br />

i <strong>borghi</strong> antichi e conta 193 Comuni associati.<br />

Ripartizione regionale marchio “I Borghi più Belli d’Italia” 4<br />

Nel 1998, prima della nascita del marchio I Borghi più Belli d’Italia, venne istituito<br />

il marchio <strong>di</strong> qualità turistico ambientale del Touring Club Italiano denominato<br />

“Ban<strong>di</strong>era Arancione”, destinato alle piccole località dell’entroterra che si <strong>di</strong>stinguono<br />

per un’offerta <strong>di</strong> eccellenza e un’accoglienza <strong>di</strong> qualità.<br />

L’idea <strong>di</strong> “Ban<strong>di</strong>era Arancione” è nata in Liguria, <strong>di</strong>etro l’esigenza della Regione<br />

<strong>di</strong> valorizzare i <strong>borghi</strong> dell’entroterra. Il Touring sviluppò un modello <strong>di</strong> analisi<br />

che portò all’in<strong>di</strong>viduazione delle prime località “arancioni” e alla volontà <strong>di</strong><br />

promuovere il marchio in tutta Italia. Il marchio ha vali<strong>di</strong>tà biennale ed è subor<strong>di</strong>-


nato al mantenimento <strong>dei</strong> requisiti nel tempo. Gli obiettivi sono la valorizzazione<br />

delle risorse locali, lo sviluppo della cultura dell’accoglienza, lo stimolo<br />

dell’artigianato e delle produzioni tipiche, l’impulso all’impren<strong>di</strong>torialità locale<br />

e il rafforzamento dell’identità.<br />

Gli elementi chiave per ottenere il marchio sono: la valorizzazione del patrimonio<br />

culturale, la tutela dell’ambiente, la cultura dell’ospitalità, l’accesso e la<br />

fruibilità delle risorse, la qualità della ricettività, della ristorazione e <strong>dei</strong> prodotti<br />

tipici. I criteri <strong>di</strong> selezione sono incentrati sull’accoglienza, infatti l’iniziativa oltre<br />

ad essere rivolta a Comuni che devono essere nell’entroterra e non devono<br />

avere più <strong>di</strong> 15.000 residenti, tiene conto dell’offerta turistica e dell’accoglienza<br />

organizzata. I Comuni devono <strong>di</strong>stinguersi, inoltre, per tipicità e valorizzazione<br />

della propria identità culturale e offrire risorse artistiche e artigianali.<br />

I dati aggiornati al 2011 ci informano che su 2000 Comuni che hanno presentato<br />

la can<strong>di</strong>datura, solo 189 hanno ottenuto il marchio.<br />

Ripartizione regionale Marchio Ban<strong>di</strong>era arancione 5<br />

A livello europeo il marchio “Ecolabel” 6<br />

è quello più <strong>di</strong>ffuso e spesso viene<br />

richiesto da strutture e imprese turistiche all’interno <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> antichi. I prin-<br />

35


36<br />

cipali vantaggi che se ne ricavano sono una grande visibilità sul mercato e la possibilità<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguersi tra le aziende dello stesso settore.<br />

A febbraio 2011, nell’ultimo censimento “Ecolabel”, le strutture con questo<br />

marchio in Italia sono 152, senza considerare i campeggi. Dal censimento si<br />

può facilmente notare che quasi la metà delle strutture alberghiere con il marchio<br />

sono situate in Trentino Alto A<strong>di</strong>ge e che ben 7 regioni (Lombar<strong>di</strong>a,<br />

Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Valle d’Aosta) non hanno ottenuto<br />

alcuna certificazione. Dieci <strong>di</strong> queste strutture turistiche sono realizzate<br />

all’interno <strong>di</strong> centri <strong>storici</strong> in e<strong>di</strong>fici antichi.<br />

Ripartizione regionale Marchio “Ecolabel”<br />

Ecolabel è il marchio europeo <strong>di</strong> qualità ecologica che premia i servizi virtuosi<br />

dal punto <strong>di</strong> vista ambientale: avere questo marchio significa attestare che il servizio<br />

o il prodotto ha un ridotto impatto ambientale nel suo intero ciclo <strong>di</strong> vita.<br />

Dal 2003 tale marchio è stato introdotto anche per le strutture ricettive. Il marchio<br />

viene riconosciuto e garantito dall’Unione Europea come attestato <strong>di</strong> eccellenza<br />

molto selettivo, pertanto ha un peso rilevante nella realtà turistica. Grazie ad esso,<br />

infatti, il consumatore avrà la possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere sul mercato i prodotti<br />

<strong>di</strong> alta qualità ecologica e la facoltà <strong>di</strong> contribuire, attraverso le proprie scelte, alla<br />

riduzione degli impatti ambientali <strong>dei</strong> prodotti e <strong>dei</strong> servizi acquistati.<br />

I criteri <strong>di</strong> selezione prendono in considerazione tutto il ciclo <strong>di</strong> vita del pro-


dotto, tra gli in<strong>di</strong>ci più rilevanti vengono valutati il consumo <strong>di</strong> energia,<br />

l’inquinamento ambientale e delle acque, la produzione <strong>di</strong> rifiuti, il risparmio <strong>di</strong><br />

risorse naturali, la sicurezza ambientale e la protezione <strong>dei</strong> suoli. 8<br />

I marchi danno la possibilità <strong>di</strong> aumentare la visibilità degli enti e delle aziende<br />

che se ne avvalgono, <strong>di</strong> confrontare i dati ottenuti e <strong>di</strong> promuovere le best<br />

practice. A livello internazionale la scelta <strong>di</strong> una destinazione turistica per il consumatore<br />

<strong>di</strong> nicchia è prevalentemente guidata da network basati su criteri <strong>di</strong> sostenibilità,<br />

bioe<strong>di</strong>lizia, ecologia e biologicità.<br />

Ripartizione regionale Ecovillaggi<br />

Per quanto riguarda l’eco-sostenibilità possiamo esaminare alcuni casi significativi<br />

come “Green Ecovillage Network” 9<br />

e R.I.V.E. Il “Green Ecovillage Network”<br />

è una rete crescente <strong>di</strong> comunità sostenibili e <strong>di</strong> iniziative che uniscono <strong>di</strong>verse<br />

culture e paesi, l’obiettivo principale è quello <strong>di</strong> sostenere e incoraggiare<br />

l’evoluzione <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amenti sostenibili nel mondo attraverso scambi <strong>di</strong> conoscenze,<br />

informazioni e pratiche. L’ecovillaggio è una comunità urbana o rurale<br />

che si sforza <strong>di</strong> integrare un ambiente <strong>di</strong> sostegno sociale con un uno stile <strong>di</strong> vita<br />

a basso impatto ambientale. Negli ultimi anni i membri “Green Ecovillage<br />

Network” promuovono il turismo degli eco villaggi, un nuovo tipo <strong>di</strong> viaggio<br />

verde in cui il turista sperimenta una vita comunitaria in suggestivi ambienti naturali<br />

dove e<strong>di</strong>fici ecologici <strong>di</strong>ventano la cornice <strong>di</strong> un soggiorno a basso impatto<br />

ambientale.<br />

I <strong>borghi</strong> me<strong>di</strong>oevali in Europa per le tecniche costruttive originarie, per il loro in-<br />

37


38<br />

serimento paesaggistico e per le tecniche <strong>di</strong> restauro sempre più attente, mirate e responsabili<br />

si prestano facilmente a rientrare nei valori degli ecovillaggi internazionali.<br />

Gli ecovillaggi tra Nord e Sud America sono ad oggi 220, in Europa, Africa e Me<strong>di</strong>o<br />

Oriente sono 214, in Oceania e Estremo Oriente sono 64 10<br />

. Migliaia sono i turisti<br />

che ogni anno si affidano a questo network per programmare il loro soggiorno.<br />

In Italia gli ecovillaggi sono 17, un buon numero per i criteri <strong>di</strong> inserimento all’interno<br />

del “Green Ecovillage Network”, basti pensare che in Europa solo la Germania<br />

con i suoi 22 ecovillaggi supera l’Italia, la Francia ne conta 11, la Grecia 6, la<br />

Spagna 15, l’Inghilterra 7, la Slovacchia 2, la Turchia 7. 11<br />

Come è facile notare dal grafico<br />

sottostante gli ecovillaggi in Italia sono presenti in solo 9 regioni, lasciando senza<br />

offerta ben 11 regioni. Questi dati sono <strong>di</strong> considerevole importanza per ipotesi<br />

<strong>di</strong> valorizzazione e ampliamento dell’offerta turistica regionale.<br />

In Italia esiste il network R.I.V.E. 12<br />

che aderisce alla filosofia del “Green Ecovillage<br />

Network” e si occupa esclusivamente della realtà italiana, è un’associazione<br />

costituita da comunità, ecovillaggi, progetti <strong>di</strong> comunità e singole persone<br />

interessate a fare conoscere e sostenere le esperienze comunitarie.<br />

Alla rete italiana degli ecovillaggi appartengono esperienze <strong>di</strong>fferenti tra loro<br />

per orientamento filosofico e organizzativo, ma tutte comunque ispirate a un<br />

modello <strong>di</strong> vita sostenibile dal punto <strong>di</strong> vista ecologico, socioculturale ed economico.<br />

13<br />

Interessante notare che sul loro sito web 14<br />

viene offerta la possibilità<br />

<strong>di</strong> consultare on line la mappatura non solo degli ecovillaggi associati, ma anche<br />

delle strutture commerciali che ne seguono la filosofia, offrono una mappa salute,<br />

una mappa <strong>di</strong> ecoturismo, una mappa <strong>di</strong> bioe<strong>di</strong>lizia e mappa negozio bio<br />

Note<br />

1<br />

Associazione Nazionali Comuni Italiani.<br />

2<br />

Carta <strong>di</strong> Qualità Club de “I Borghi più Belli d’Italia” art.1 -http://www.<strong>borghi</strong>talia.it/docs/cartaqualita.pdf.<br />

3<br />

Ivi, art. 2.<br />

4<br />

Dati estrapolati dalla Guida a I Borghi più Belli d’Italia, Società E<strong>di</strong>trice Romana, Roma 2010.<br />

5<br />

Dati estrapolati dalla guida on line Ban<strong>di</strong>ere arancioni – www.ban<strong>di</strong>erearancioni.it.<br />

6<br />

Il sistema dell’Ecolabel europeo è stato creato nel 1992 e mo<strong>di</strong>ficato nel 2000 dal regolamento (CE)<br />

n.1980/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio.<br />

7<br />

Fonte ISPRA – Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale – dati aggiornali al 3 febbraio 2011.<br />

8<br />

www.ecolabel.eu.<br />

9<br />

www.gen.ecovillage.org.<br />

10<br />

Dati 2011, Global Ecovillage Network.<br />

11<br />

Dati 2010 Global Ecovillage Network.<br />

12<br />

Rete Italiana Villaggi Ecologici.<br />

13<br />

Manifesto fondazione R.I.V.E. 1996.<br />

14<br />

www.mappaecovillaggi.it.


Capitolo quarto<br />

Casi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

La valorizzazione e il recupero sono esaminati attraverso tre casi concreti che<br />

risultano rappresentativi dal punto <strong>di</strong> vista della localizzazione territoriale e per la loro<br />

adesione ai maggiori network presenti sulla scena turistica.<br />

L’analisi <strong>dei</strong> casi, dopo alcuni cenni <strong>storici</strong>, si concentra sulla filosofia<br />

dell’<strong>intervento</strong> che si propone <strong>di</strong> mettere in luce gli aspetti inerenti agli obiettivi iniziali<br />

e ai presupposti dell’azione, dopo aver esaminato questo punto lo stu<strong>di</strong>o si sofferma<br />

sulla pratica della valorizzazione e del recupero, sottolineandone le virtuosità e, quando<br />

possibile, fornendo dati specifici articolati nel tempo. I dati presenti sono stati concessi<br />

dalle amministrazioni comunali e dalle associazioni presenti sul territorio, per questo<br />

si può affermare che quasi tutta la documentazione esaminata è ine<strong>di</strong>ta.<br />

Per ogni caso si stu<strong>di</strong>o, si quantificheranno i risultati ottenuti non solo dal punto <strong>di</strong><br />

vista economico e sociale, ma anche dal punto <strong>di</strong> vista comunicativo attraverso l'esame<br />

della rassegna stampa: gli articoli ripresi sono quelli giu<strong>di</strong>cati <strong>di</strong> maggior interesse<br />

nazionale e internazionale, inoltre sono messi in risalto quelli che ne sottolineano<br />

l’importanza culturale e turistica.<br />

Il caso abruzzese <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio è stato preso in esame per il suo<br />

aspetto legato all’iniziativa impren<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> Daniele Kihlgren e della Sextanio s.p.a.;<br />

il comune è inserito nel circuito de “I Borghi più Belli d’Italia” ed è rappresentativo <strong>di</strong><br />

un’azione <strong>di</strong> valorizzazione e recupero legata ad un azione programmata <strong>di</strong> impianto<br />

impren<strong>di</strong>toriale con un grande investimento economico iniziale.<br />

Il caso ligure <strong>di</strong> Torri Superiore rappresenta un caso unico nel suo genere, legato ad<br />

una filosofia <strong>di</strong> <strong>intervento</strong> molto ra<strong>di</strong>cata negli attori dell’azione. Si tratta <strong>di</strong> un caso <strong>di</strong><br />

valorizzazione dove una comunità, attraverso campi <strong>di</strong> lavoro internazionali e restauri<br />

eseguiti in prima persona a proprie spese, è riuscita ad acquisire e recuperare un intero<br />

borgo. Torri Superiore fa parte del “Global Ecovillage Network”.<br />

Il caso laziale <strong>di</strong> Calcata è l’unico <strong>di</strong> esempio <strong>di</strong> valorizzazione e recupero<br />

spontaneo e in<strong>di</strong>viduale, ossia un’azione che non vede una pianificazione preventiva<br />

dell’<strong>intervento</strong> ma una serie <strong>di</strong> azioni apparentemente slegate che, in ultima fase, hanno<br />

determinato la valorizzazione dell’intero borgo. Calcata ha ottenuto il marchio<br />

“Ban<strong>di</strong>era Arancione” del Touring Club Italiano.


40<br />

Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio<br />

Cenni <strong>storici</strong><br />

Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio è un borgo fortificato me<strong>di</strong>evale che si trova sulla sommità<br />

<strong>di</strong> un colle ai pie<strong>di</strong> del Gran Sasso a 1.251 metri s.l.m., il borgo è circondato da una corona<br />

<strong>di</strong> monti non molto alti che rendono l’atmosfera suggestiva e legata nell’essenza all’aspetto<br />

naturalistico del luogo (Fig.1). Il borgo si trova all’interno del Parco Nazionale del Gran<br />

Sasso e <strong>dei</strong> Monti della Laga.<br />

Il borgo, <strong>di</strong> impianto me<strong>di</strong>evale, fonda le sue ra<strong>di</strong>ci in epoche remote, intorno al<br />

piccolo lago <strong>di</strong> Santo Stefano sono state rinvenute testimonianze <strong>di</strong> un inse<strong>di</strong>amento<br />

risalente al periodo neolitico.<br />

In epoca romana si ipotizza che Sextantio fosse attraversata da un <strong>di</strong>verticolo della Via<br />

Clau<strong>di</strong>a Nova proveniente da Picenze. Sextantio sarebbe stata il pagus, inse<strong>di</strong>amento<br />

amministrativo a cui fanno riferimento i centri <strong>minori</strong> <strong>di</strong> campagna e montagna, della<br />

vicina Piana <strong>di</strong> San Marco che <strong>di</strong>sta sei miglia, da questo forse le origini del nome.<br />

Le prime notizie, dopo la caduta dell’Impero Romano e il conseguente abbandono e<br />

deca<strong>di</strong>mento del sistema inse<strong>di</strong>ativo, risalgono all' VIII secolo e sono legate alla storia del<br />

monastero <strong>di</strong> S. Vincenzo al Volturno che ricevette in dono la zona <strong>di</strong> Carapelle da parte<br />

<strong>di</strong> Desiderio, re longobardo. L’<strong>intervento</strong> monastico contribuì ad aumentare le terre<br />

coltivabili, determinando il ripopolamento delle campagne dopo l’invasione longobarda<br />

del VI secolo.<br />

Il ripopolamento si tradusse in una nuova esigenza inse<strong>di</strong>ativa, segnata dalla<br />

costruzione del “Castello” o meglio dell’agglomerato <strong>di</strong> case protette da mura che<br />

possiamo collocare nel XII secolo. La costruzione del borgo è stata realizzata interamente<br />

in pietra calcarea bianca che crea un’omogeneità visiva nonostante la stratificazione degli<br />

e<strong>di</strong>fici e che nel tempo ha perso il suo originario candore, <strong>di</strong>ventando opaca con toni<br />

sabbia. La configurazione urbana dell'inse<strong>di</strong>amento si presenta nella forma topografica<br />

tipica dell’Italia Centrale. Nel caso <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio la configurazione è rimasta<br />

inalterata, inoltre le zone limitrofe conservano ancora elementi <strong>di</strong> archeologia del territorio<br />

come stazzi e terrazzamenti.<br />

La datazione del XII secolo si può derivare dalle prime fonti che vedono Santo Stefano<br />

e la sua chiesa de<strong>di</strong>cata a S. Pietro, nominate nella Bolla Corografica <strong>di</strong> Papa Lucio III nel<br />

1183. Nel 1191 si parla <strong>di</strong> Santo Stefano nella donazione della Contessa Margherita <strong>di</strong><br />

Loreto al convento <strong>di</strong> S. Maria del Monte, successivamente nella Bolla Corografica <strong>di</strong><br />

Papa Clemente III viene usata l’espressione <strong>di</strong> Santo Stefano in Monte.<br />

Nel 1308 si hanno le prime notizie certe dell’esistenza del borgo fortificato che fu un<br />

luogo strategico <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa per la formazione del dominio feudale della Baronia <strong>di</strong> Carapelle,<br />

che nel 1372 era alle <strong>di</strong>pendenze <strong>di</strong> Ruggero conte <strong>di</strong> Celano il quale, consegnando<br />

l’amministrazione del feudo al figlio Antonio, provocò una grande ribellione della<br />

popolazione tanto da far intervenire la Regina Giovanna che riconsegnò il feudo al padre.


Probabilmente proprio sotto Ruggero si costruì la torre me<strong>di</strong>cea (definizione<br />

impropria utilizzata successivamente) da cui lo sguardo può perdersi nelle valle del<br />

Tirino e dell’Aterno spingendosi fino alla Maiella. Databile allo stesso periodo è anche<br />

la ripida scalinata che costeggia la Chiesa <strong>di</strong> S. Maria in Ruvo. Inoltre tra il XIV e il XV<br />

secolo venne e<strong>di</strong>ficata anche la chiesa <strong>di</strong> Santo Stefano Protomartire, organizzata in<br />

una monoaula in cinque campate e caratterizzata da una non comune area presbiteriale<br />

su cui si aprono le cappelle e un’abside semicircolare.<br />

Una nuova rinascita per Santo Stefano avvenne grazie al passaggio da Ruggerone,<br />

nipote <strong>di</strong> Ruggero e Conte <strong>di</strong> Celano, ad Antonio Piccolomini, nipote <strong>di</strong> Papa Pio II,<br />

nella metà del Quattrocento che rime<strong>di</strong>ò ai gravi danni fatti dal suo predecessore. A<br />

testimonianza <strong>di</strong> questo periodo si possono ancora ammirare, lungo le tortuose e<br />

inerpicate strade, palazzi quattrocenteschi come la Casa del Capitano.<br />

La Baronia <strong>di</strong> Carapelle fu <strong>dei</strong> Piccolomini fino al 27 luglio 1579, quando Costanza<br />

Piccolomini cedette, con atto <strong>di</strong> Francesco Biffoli, la Baronia a Francesco de' Me<strong>di</strong>ci<br />

Granduca <strong>di</strong> Toscana, a cui appartenne fino al 1743, icomprendendo quin<strong>di</strong> anche la<br />

terribile peste che decimò la popolazione nel 1656.<br />

I Me<strong>di</strong>ci donarono grande splendore a Santo Stefano, in<strong>di</strong>viduando qui la base<br />

operativa della Signoria <strong>di</strong> Firenze per il commercio della lana “carafagna” inserendola<br />

nel mercato internazionale e incentivando notevolmente lo sviluppo dell’agricoltura e<br />

della pastorizia.<br />

A Santo Stefano la presenza me<strong>di</strong>cea è ancora testimoniata dallo stemma nella<br />

Porta Orientale, dal restauro della torre che appunto porta il loro nome e<br />

dall’<strong>intervento</strong> del 1600 alla Chiesa <strong>di</strong> Santo Stefano Protomartire, inoltre vennero<br />

costruiti buona parte delle corti, <strong>dei</strong> patii e delle logge <strong>di</strong> cui appartengono ai Me<strong>di</strong>ci<br />

quelli centrali <strong>di</strong>sposti ad arco con formelle fiorite, bifore, finestre finemente decorate<br />

(fig.2).<br />

Con i Me<strong>di</strong>ci si conclude anche l’opera <strong>di</strong> costruzione del borgo, che ad oggi si<br />

presenta come il frutto <strong>di</strong> uno sviluppo urbano spontaneo, sfuggito alle leggi <strong>di</strong><br />

pianificazione, evidente nelle sue stratificazioni storiche.<br />

Si deve attendere il 1810 per la <strong>di</strong>visione del Baronato, sotto il Regno <strong>di</strong> Napoli, in<br />

5 comuni tra cui Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio.<br />

41<br />

Fig. 1. Veduta d’insieme <strong>di</strong> Santo<br />

Stefano <strong>di</strong> Sessanio.<br />

Fig. 2. Porta Orientale.


42<br />

Fig. 3. Attività artigianale<br />

all’interno del borgo.<br />

Filosofia dell'<strong>intervento</strong><br />

L’<strong>intervento</strong> nasce dalla riflessione <strong>di</strong> Daniele Kihlgren che decide <strong>di</strong> recuperare e<br />

valorizzare il borgo <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio attraverso un investimento privato;<br />

l’<strong>intervento</strong>, come puntualizza il Sindaco D’Aloisio, è stata la scintilla che ha innescato<br />

una sensibilità comune <strong>di</strong> recupero da parte della citta<strong>di</strong>nanza <strong>di</strong>mostratasi attiva e<br />

partecipativa.<br />

La filosofia dell’<strong>intervento</strong> <strong>di</strong> Kihlgren è stata appoggiata dall’amministrazione<br />

comunale e dall’Ente Parco <strong>di</strong> Treja che include il piccolo comune. Il punto <strong>di</strong> partenza<br />

nasce dalla riflessione sulle conseguenze <strong>di</strong>sastrose che i centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong> hanno<br />

subìto a causa della loro ridestinazione turistica, che ne compromette irreversibilmente<br />

l'assetto urbano e il rapporto con il territorio, soprattutto tradendo la propria anima.<br />

Questi tipi <strong>di</strong> <strong>intervento</strong> sono stati realizzati senza una conoscenza approfon<strong>di</strong>ta del<br />

luogo, quin<strong>di</strong> senza comprenderne la natura, le tra<strong>di</strong>zioni, lo sviluppo storico e il loro<br />

inserimento territoriale. Nella maggior parte <strong>dei</strong> casi è avvenuta un’azione <strong>di</strong><br />

cementificazione selvaggia spacciata come un'esigenza ricettiva.<br />

Nel caso in esame, invece, si punta alla limitazione fino all'annullamento della<br />

costruzione <strong>di</strong> nuove cubature, favorendo il recupero dell’esistente tramite tecniche<br />

costruttive sostenibili e con materiale locale. La costruzione <strong>di</strong> nuove strutture in molti<br />

<strong>borghi</strong> italiani ha portato alla per<strong>di</strong>ta dell’identità, dell’unicità e del legame tra borgo e<br />

territorio, come è avvenuto con la costruzione <strong>di</strong> piccole strutture in forma <strong>di</strong> chalet<br />

tirolesi nelle montagne appenniniche della Puglia.<br />

Gli interventi effettuati a Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio sono, invece, <strong>di</strong> carattere<br />

altamente conservativo, che non cancellano i segni del tempo, <strong>di</strong>segnando un quadro<br />

significativo per la comprensione della tra<strong>di</strong>zione e dell’identità locale, donando ai<br />

visitatori e alla collettività una visione integra sulla se<strong>di</strong>mentazione della memoria<br />

attraverso le stratificazioni costruttive. Questo anche perché i <strong>borghi</strong> <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>, non<br />

essendo frutto del genio <strong>di</strong> un architetto e non valutabili in un singolo elemento, hanno<br />

bisogno dell'insieme per esistere in quanto tali.<br />

In questo caso è facile riscontrare che la conservazione e la tutela possono convivere<br />

senza problemi con la valorizzazione, anche gli interni delle case hanno mantenuto la loro


funzione, senza snaturarne la <strong>di</strong>gnità. Questo tipo <strong>di</strong> musealizzazione non è rivolta alla<br />

ricostruzione fanatica e spesso posticcia facilmente riscontrabile in molti altri casi, la<br />

specificità dell’<strong>intervento</strong> è quella <strong>di</strong> creare un’atmosfera lirica con gli elementi del<br />

territorio, creando anche nuovi stimoli per la popolazione locale nella creazione <strong>di</strong><br />

botteghe artigiane e piccole attività sostenibili (fig.3).<br />

Nelle abitazioni si sono effettuati interventi che portassero alla luce la forma<br />

originaria, cancellando e rimuovendo le tracce della modernità degli anni sessanta e<br />

settanta, che in questi centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong> ha portato alla scomparsa del valore unitario<br />

e dell’insieme territoriale verso la prospettiva del seriale.<br />

Ovviamente sono stati concessi alcuni interventi per favorirne il comfort dell’offerta<br />

ricettiva ma senza mai denaturarne l’anima.<br />

L’<strong>intervento</strong> si è inoltre occupato anche dello stu<strong>di</strong>o e dalla conoscenza tra<strong>di</strong>zionale<br />

e folcloristica locale, grazie al Museo delle Genti d’Abruzzo, per riportare alla luce<br />

l'identità culturale della zona, reintroducendo anche patrimoni della tra<strong>di</strong>zione come<br />

coperte, ma<strong>di</strong>e e stoffe nella quoti<strong>di</strong>anità della collettività.<br />

La conoscenza del territorio ha come primo obiettivo un recupero filologico e una<br />

valorizzazione non omologata che eviti <strong>di</strong> cadere nel country <strong>di</strong> basso folclore, nel<br />

me<strong>di</strong>evalismo retorico e nel fantasy, creando quin<strong>di</strong> un’offerta unica e non imitabile che<br />

aiuti alla fidelizzazione del turista e della collettività locale.<br />

Le botteghe aiutate a nascere nel borgo <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio sono appunto<br />

botteghe rappresentative del territorio a cui appartengono, legate alla tra<strong>di</strong>zione materiale<br />

come la cucina della sussistenza, l’artigianato domestico e la filiera produttiva della lana.<br />

Tali testimonianze sono possibili attraverso la cultura popolare che vede gli anziani del<br />

borgo come gli ultimi saggi.<br />

Non si deve pensare che si sia trascurata la como<strong>di</strong>tà, infatti sono stati inseriti<br />

elementi dell'arredo contemporaneo, <strong>di</strong>stinguendoli però per forma dall’esistente (fig. 4).<br />

La filosofia dell’<strong>intervento</strong> non è una ricostruzione integrativa ma un recupero<br />

filologico orientato a rendere facilmente <strong>di</strong>stinguibili gli interventi attuali, aiutando così<br />

la comprensione dell’unitarietà del borgo.<br />

43<br />

Fig. 4. Esempio <strong>di</strong> camera da<br />

letto dell’albergo <strong>di</strong>ffuso.


44<br />

<strong>Valorizzazione</strong><br />

Oggi Santo Stefano si presenta come un piccolo paese senza età, con un impianto<br />

tardo-me<strong>di</strong>ovale e proto-rinascimentale articolato in patii, vicoli e paesaggi; il punto <strong>di</strong><br />

forza del borgo è la completa fusione <strong>di</strong> esso con l’ambiente circostante.<br />

Gli interventi, oltre all’ideazione e all’investimento iniziale della Sextantio S.p.A.,<br />

vede come protagonisti numerosi sponsor:<br />

• Costruzioni Iannini<br />

• Banca <strong>di</strong> Cre<strong>di</strong>to Cooperativo<br />

• Rosa e<strong>di</strong>lizia s.r.l.<br />

• Comune <strong>di</strong> Bresso<br />

• Enel<br />

• Fondazione Micron<br />

• Costruzioni Soccodato<br />

• Istituto Caporale<br />

• Fondazione Cassa <strong>di</strong> Risparmio della Provincia de L’Aquila<br />

• Camera <strong>di</strong> Commercio de L’Aquila<br />

Unitamente agli sponsor tecnici:<br />

• Arteria – installazione <strong>di</strong> oggetti d’arte<br />

• Gruppo Spee<br />

• Sandritana Viaggi<br />

• Teatro Stabile d’Abruzzo<br />

• Sextantio S.p.A.<br />

Inoltre il progetto ha avuto il patrocinio <strong>di</strong>:<br />

• Comune <strong>di</strong> Firenze<br />

• Ministero per i Beni e le Attività Culturali<br />

• Ministero del Turismo<br />

e l’adesione del Presidente della Repubblica.<br />

Questa stretta collaborazione tra pubblico e privato ha reso possibile un <strong>intervento</strong><br />

profondo e mirato, inoltre la collaborazione tecnica <strong>di</strong> costruttori, operatori turistici e<br />

d’arte ha reso possibile il recupero e l’inserimento nell’offerta turistica. Possiamo <strong>di</strong>re<br />

che Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio è un ottimo esempio <strong>di</strong> sinergia tra pubblico e privato.<br />

Dopo il recupero e con un’attenta e capillare <strong>di</strong>ffusione <strong>dei</strong> dati si è proceduto alla<br />

valorizzazione del territorio attraverso la conoscenza e la comprensione della storia e<br />

dell’identità. Il caso <strong>di</strong> Sextantio ha mosso una serie <strong>di</strong> attività commerciali <strong>di</strong> alto<br />

livello, incrementando il turismo sostenibile e facendo sì che il Comune <strong>di</strong> Santo<br />

Stefano <strong>di</strong> Sessanio fosse inserito nel network de “I Borghi più Belli d’Italia”.<br />

Ad oggi l’offerta ricettiva si basa su 12 strutture con un numero <strong>di</strong> posti letto<br />

superiore a 200, che risulta un dato significativo se rapportato al numero degli abitanti<br />

che nel 2009 è appena superiore ai cento. Quando nel 2001 Kilghren investe a Santo<br />

Stefano, il borgo, per via dell’emigrazione, aveva già subito un decremento del 90%<br />

della popolazione residente nell'ultimo secolo.<br />

La struttura dell’albergo <strong>di</strong>ffuso della Sextantio è proprietaria <strong>di</strong> una quota<br />

superiore al 30% <strong>dei</strong> posti letto.<br />

Dobbiamo quin<strong>di</strong> pensare che la maggior parte della comunità residente abbia<br />

trovato nell’azione della valorizzazione un’opportunità <strong>di</strong> lavoro, subor<strong>di</strong>nato o in<br />

proprio. Il Comune <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio rileva che il tasso <strong>di</strong> occupazione è<br />

aumentato <strong>di</strong> 30 volte.<br />

Oltre alle strutture ricettive la società Sextantio ha realizzato otto spazi conviviali,<br />

una sala ristorante, una sala convegni, un centro relax e sei botteghe.


46<br />

Recupero urbano e architettonico<br />

La peculiarità <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> abbandonati, che hanno subìto un forte spopolamento,<br />

risiede in particolare nell’assenza <strong>di</strong> segni del ventesimo secolo: le consuete palazzine in<br />

cemento, i capannoni artigianali e industriali, le casette a schiera “stile tirolese” della<br />

ridestinazione turistica anni settanta. Così si presenta Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio, in cui il<br />

borgo in pietra si fonde armonicamente con il paesaggio naturale che lo circonda e con il<br />

quale ha un rapporto molto particolare, per due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> motivi. Il primo è strettamente<br />

pratico, e risiede negli scarsi mezzi e nella povertà che hanno costretto gli abitanti a far<br />

tesoro delle risorse locali e ad assecondare la morfologia del territorio, il secondo si può<br />

spiegare col concetto <strong>di</strong> genius loci che caratterizza quei territori e il modo <strong>di</strong> viverli, e si<br />

esplicita anche in un’architettura e in patrimonio storico-culturale specifico.<br />

In questi, come in altri luoghi dell'Appennino centro-meri<strong>di</strong>onale, è avvenuta una<br />

cancellazione della memoria collettiva, la rimozione <strong>di</strong> un passato che è stato connotato<br />

dall’Unità d’Italia in poi come miseria e abbrutimento. Se l’obiettivo, più o meno palese<br />

e cosciente, era questo, è stato naturale andare ad agire su ciò che più lega una<br />

popolazione ai luoghi che abita, cioè il patrimonio architettonico minore, quell'insieme<br />

<strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici ideati e costruiti, secondo le esigenze <strong>di</strong> sussistenza <strong>di</strong> chi ne fruisce, da<br />

professionalità artigianali che affondano le ra<strong>di</strong>ci in un determinato contesto storicoantropologico.<br />

Si è cercata, quin<strong>di</strong>, una nuova identità in modelli <strong>di</strong> sviluppo esterni agendo<br />

proprio a partire dai segni più tangibili come le architetture e i loro poveri arredamenti,<br />

nonché dall'eliminazione delle tracce del vissuto che avevano modellato quei paesaggi<br />

per numerosi secoli.<br />

Il progetto <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio, approfittando <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> partenza<br />

privilegiato in cui il borgo abruzzese si è mantenuto per lo più inalterato, è intervenuto,<br />

ove necessario, con un approccio <strong>di</strong> inusuale conservazione <strong>di</strong> questo patrimonio<br />

urbanistico e architettonico, oltre che culturale. Gli interventi, alle <strong>di</strong>verse scale, hanno<br />

seguito il principio guida <strong>di</strong> non tra<strong>di</strong>re l'anima profonda <strong>di</strong> questi luoghi, <strong>di</strong>alogando con<br />

la loro identità, attraverso azioni <strong>di</strong> forte conservazione, riproposizione <strong>di</strong> elementi<br />

storicamente esistenti e introduzioni <strong>di</strong> elementi nuovi, ma <strong>di</strong>aloganti, solo dove<br />

inevitabile.<br />

Il progetto parte dalla scala urbana per salvaguardare quegli spazi d'insieme e quelle<br />

peculiarità paesaggistiche che costituiscono la principale fonte <strong>di</strong> sviluppo turistico.<br />

Al contrario delle ridestinazioni turistiche avvenute in altri luoghi o in altri perio<strong>di</strong>, che<br />

hanno portato a conurbazioni selvagge e alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> quel patrimonio minore che la<br />

ridestinazione doveva esaltare, qui la Società privata, il Comune e l’Ente Parco hanno<br />

sottoscritto un innovativo documento per impegnarsi a conservare quell'evocativo e<br />

se<strong>di</strong>mentato rapporto tra il borgo storico e il suo paesaggio agrario, che tante volte è<br />

venuto a mancare a causa <strong>di</strong> politiche <strong>di</strong> sviluppo urbano, e si è poi ritorto contro lo<br />

sviluppo stesso. Quello che Kihlgren propone è una <strong>di</strong>sciplina del territorio che tuteli<br />

l’identità <strong>dei</strong> luoghi e delle popolazioni, inibendo totalmente il costruito ex novo<br />

laddove non esiste in<strong>di</strong>ce urbanistico che lo richieda, e <strong>di</strong>venti così vera generatrice <strong>di</strong><br />

economia, più <strong>di</strong> quanto alcune azioni assistenzialistiche riescano a fare. Una siffatta<br />

normativa specifica per i <strong>borghi</strong> <strong>storici</strong> <strong>di</strong> montagna dovrebbe avere come obiettivo la<br />

conservazione totale dell'integrità storico-tipologica del costruito ed evitarne lo<br />

spopolamento, anche attraverso lo sviluppo <strong>di</strong> attività economiche, fondamentalmente<br />

<strong>di</strong> tipo ricettivo, con alcune deroghe sulle <strong>di</strong>scipline che regolano l’ospitalità, senza le<br />

quali l’obiettivo si presenta irraggiungibile.<br />

Scendendo alla scala architettonica, le linee guida seguite dall’architetto Lelio Oriano<br />

Di Zio per la società Sextantio allo scopo <strong>di</strong> recuperare i manufatti e<strong>di</strong>lizi, e ricalcate poi


anche da altri piccoli proprietari <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio, consistono in primo luogo<br />

nella conservazione della cubatura originaria, del numero e delle <strong>di</strong>mensioni delle<br />

aperture (porte e finestre), delle partizioni interne e, ove possibile, della destinazione<br />

d’uso <strong>dei</strong> vani nell'originaria organizzazione domestica. Per l’esecuzione <strong>dei</strong> lavori si è<br />

fatto ricorso prevalentemente a materiale <strong>di</strong> recupero e, quando non possibile, a materiale<br />

proveniente dalla stessa area geografica e possibilmente oggetto <strong>di</strong> corretta<br />

riproposizione deducibile da <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> tipologici su quella parte <strong>di</strong> patrimonio<br />

architettonico giunta integra (fig. 6). Sono state conservate, infine, anche le tracce del<br />

vissuto delle genti che si sono se<strong>di</strong>mentate negli intonaci e nelle stratificazioni del<br />

costruito, le quali rappresentano parte integrante, secondo la filosofia d’<strong>intervento</strong>,<br />

dell'identità <strong>di</strong> questi luoghi, in quanto qui la priorità va data alla conservazione <strong>dei</strong><br />

materiali come grande testimonianza del sofferto degli abitanti <strong>di</strong> questo borgo, al<br />

contrario <strong>di</strong> un <strong>intervento</strong> <strong>di</strong> restauro <strong>di</strong> un’opera <strong>di</strong> architettura maggiore che punta al<br />

recupero del progetto originario e dell'aspetto formale.<br />

Per quanto riguarda gli interni, l’arredo è stato una componente rilevante del progetto<br />

in quanto permette all'ospite <strong>di</strong> arricchire la propria esperienza attraverso un’unitarietà<br />

estetica ed emozionale con l’e<strong>di</strong>ficio e con tutto il borgo. Come per gli elementi costruttivi,<br />

anche per l’arredo è stato considerato prioritario il recupero <strong>di</strong> elementi originari: mobili<br />

fuori dal tempo e costruiti per secoli secondo un unico stile e le esigenze <strong>di</strong> un'unica civiltà<br />

agropastorale che è sopravvissuta fino a non molti decenni ad<strong>di</strong>etro. Letti, ma<strong>di</strong>e e<br />

cassepanche sono stati restaurati, mentre oggetti <strong>di</strong> maggiore deperibilità come coperte e<br />

Fig. 6. Esempio <strong>di</strong> restauro.<br />

47


48<br />

lenzuola sono state confezionate secondo le tra<strong>di</strong>zionali tecniche (fig.7). Laddove è stato<br />

necessario introdurre elementi che storicamente non erano presenti nelle abitazioni rurali,<br />

come como<strong>di</strong>ni e arma<strong>di</strong>, anziché “staccare” e ricorrere a elementi <strong>di</strong> design contemporaneo<br />

si è proceduto con la costruzione secondo le forme tra<strong>di</strong>zionali. Quando, invece, gli elementi<br />

da introdurre non erano storicamente esistenti (i sanitari, ad esempio) si è optato per un design<br />

minimalista che rimanga neutro alla percezione, ed esalti il patrimonio originario.<br />

Il recupero degli e<strong>di</strong>fici è stato eseguito in modo autonomo rispetto alle esigenze <strong>di</strong> cambio<br />

d’uso, nel rispetto della loro integrità architettonica. La volontà è stata quella <strong>di</strong> restituire il<br />

borgo al suo aspetto più autentico, smontandone, restaurandone e ripristinandone i singoli<br />

elementi costruttivi, come solai in legno, pavimenti in cotto e travature lignee, consolidando<br />

e ricostituendo murature in pietra e intonaci, ma anche integrando e celando sofisticate<br />

dotazioni impiantistiche come impianti elettrici a bassa tensione, coman<strong>di</strong> remoti,<br />

teleriscaldamento ra<strong>di</strong>ante a pavimento, internet e intranet per renderlo rispondente alle<br />

necessità della vita contemporanea. Le tecniche e<strong>di</strong>lizie adottate per il recupero si sono<br />

avvicinate il più possibile a quelle originali dell'epoca, non solo per una maggiore<br />

integrazione e compatibilità degli elementi o per un recupero stilisticamente adeguato, ma<br />

anche per la consapevolezza che solo in questo modo avviene la migliore e più duratura<br />

conservazione, anche in caso <strong>di</strong> eventi sismici, come si è <strong>di</strong>mostrato con il recente<br />

terremoto de L’Aquila che ha risparmiato il borgo <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio così<br />

ristrutturato, ma non la torre sulla quale era stata posta in passato una pesante soletta <strong>di</strong><br />

cemento armato. Questo tipo <strong>di</strong> recupero può avvenire soltanto con un’adeguata<br />

conoscenza <strong>dei</strong> materiali, delle tecniche e <strong>dei</strong> meto<strong>di</strong> <strong>storici</strong> che sono il frutto <strong>di</strong> culture<br />

materiali consolidate e tramandate nei secoli. Dopo il progetto <strong>di</strong> conoscenza si potranno<br />

capire a fondo le ragioni <strong>di</strong> forme, geometrie e <strong>di</strong>mensioni, e l’importanza della <strong>di</strong>stribuzione<br />

delle masse e degli antichi ausili <strong>di</strong> contrasto alle forze sismiche. Nell’architettura storica<br />

minore non vi sono quasi mai formalismi gratuiti o sterili funzionalismi, ma avviene in<br />

maniera equa e congrua la compresenza <strong>di</strong> firmitas, venustas e utilitas.


Tappe del progetto<br />

1999-2000 identificazione ed acquisizione del patrimonio architettonico in stato<br />

<strong>di</strong> abbandono e crollo<br />

2001 ricerca storica delle caratteristiche tipologiche, costruttive e materiche<br />

2002-2003 stesura del progetto <strong>di</strong> recupero e ridestinazione d’uso<br />

2002-2005 ricerca del materiale <strong>di</strong> recupero compatibile da reintegrare<br />

2003 avvio del cantiere<br />

2004 attivazione della sala ristorante e della sala convegni<br />

2005 avvio della ricettività in 6 camere e 2 spazi conviviali<br />

2006-06 avvio della ricettività in ulteriori 20 camere e relativi spazi conviviali<br />

2006-12 avvio della ricettività in ulteriori 15 camere e relativi spazi conviviali<br />

2007-2008 completamento centro relax<br />

I numeri dell'opera<br />

4.000 mq superficie <strong>di</strong> <strong>intervento</strong><br />

4.500.000 € investimento totale (90% privato, 10% pubblico)<br />

42 camere<br />

8 spazi conviviali<br />

1 sala ristorante (Fig. 8)<br />

1 sala convegni/concerti (Fig.9)<br />

6 botteghe<br />

1 centro relax<br />

49<br />

Fig. 7. Camera da letto.<br />

Accostamento <strong>di</strong> design<br />

contemporaneo e tra<strong>di</strong>zione.<br />

Fig. 8. Restauro ultimato della<br />

zona ristorante.<br />

Fig. 9. Restauro ultimato della<br />

sala congressi.


50<br />

Risultati<br />

I risultati ottenuti da Santo Stefano sono a <strong>di</strong>r poco stupefacenti anche grazie alla<br />

grande capacità comunicativa <strong>di</strong> Daniele Kilghren, ideatore e principale investitore <strong>di</strong><br />

Santo Stefano.<br />

Basandoci sui resoconti pubblici e quelli della Sextantio S.p.A. possiamo notare che<br />

il punto <strong>di</strong> partenza fissato nel 2001, quando iniziò l’<strong>intervento</strong> <strong>di</strong> recupero e<br />

valorizzazione, il 75,5% delle abitazioni non era utilizzato, la popolazione dal secolo<br />

precedente era <strong>di</strong>minuita del 90% e lo sviluppo turistico era pari allo 0% ; in altre parole<br />

la popolazione era <strong>di</strong> 112 persone, le strutture alberghiere erano 3 con un totale <strong>di</strong> 79<br />

posti letto e con 285 presenze annue. Quest’ultimo dato è importante se paragonato al<br />

2008, quando dopo i restauri, si sono registrate 7.300 presenze <strong>di</strong> cui ad<strong>di</strong>rittura l’87%<br />

provenienti dall’Italia, le strutture ricettive si sono moltiplicate vedendo nascere anche<br />

nuovi sistemi dell’economia turistica come locande, affitta camere e bed and breakfast.<br />

Inoltre l’<strong>intervento</strong> <strong>di</strong> valorizzazione è stato determinante per l’incremento <strong>di</strong><br />

valore degli immobile che, secondo i dati dell’agenzia del territorio, hanno avuto un<br />

incremento del 90% tra il 2006 e il 2008.<br />

La vocazione turistica si riflette inevitabilmente sul territorio e sull’agricoltura:<br />

secondo la Sextantio S.p.A. la ristrutturazione degli ambienti ha un costo <strong>di</strong> 1600 euro<br />

al metro quadro, ed è destinata quin<strong>di</strong> a riversare nei prossimi 5 anni circa 20 milioni <strong>di</strong><br />

euro sul territorio. Il flusso turistico è determinante per la produzione agricola e<br />

l’artigianato, assicurando un impiego costante degli abitanti. L’utilizzo <strong>di</strong> prodotti a<br />

chilometro zero e coltivazioni tra<strong>di</strong>zionali hanno contribuito a far rinascere alcune<br />

figure tra<strong>di</strong>zionali. La valorizzazione ha azzerato il tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione del<br />

territorio e si può notare che gran parte delle attività sono in proprio.


Rassegna stampa<br />

La stampa, grazie anche alla forte presenza <strong>di</strong> Daniele Kihlgren e alla sua visibilità<br />

me<strong>di</strong>atica, è stata molto presente nella storia <strong>di</strong> Santo Stefano.<br />

La risonanza dell’<strong>intervento</strong> vedremo che sarà non sono nazionale, ma europea e<br />

internazionale.<br />

Prendendo in esame le tappe salienti è sicuramente giusto partire dall’attenzione da<br />

parte della stampa nel 2004 quando non solo il «Washington Post» de<strong>di</strong>ca quasi<br />

un’intera facciata al progetto <strong>di</strong> recupero e valorizzazione del borgo me<strong>di</strong>evale, ma un<br />

altro giornale internazione come il «Financial Times» de<strong>di</strong>ca un articolo puntuale<br />

all’<strong>intervento</strong> vedendolo come un punto <strong>di</strong> riferimento per i futuri interventi italiani<br />

considerandolo come la nuova best practice del recupero <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> me<strong>di</strong>evali.<br />

La stampa nazionale non tarda a fare la sua comparsa, nello stesso anno ben due<br />

articoli sono de<strong>di</strong>cati a Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio da «Il Sole 24 Ore», uno nel luglio<br />

dove si <strong>di</strong>ffondono le informazioni e uno nell'agosto dove si quantifica l’operazione,<br />

evidenziando il + 40% <strong>di</strong> flussi turistici dovuti all’<strong>intervento</strong> registrati dal 2003.<br />

Nel marzo del 2005, sarà «La Repubblica» a de<strong>di</strong>care un’intera pagina al borgo<br />

inserendolo nell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> buona pratica e evidenziandone la metodologia applicabile<br />

ad altri <strong>borghi</strong> me<strong>di</strong>evali. Nell’articolo si nota una particolare attenzione alla Sextantio<br />

e soprattutto alla qualità dell’albergo <strong>di</strong>ffuso.<br />

Sempre nel 2005, a pochi giorni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, prima «l’Espresso» sottolineerà la<br />

nuova tendenza <strong>dei</strong> turisti stranieri <strong>di</strong> battere zone nuove, creando nuovi itinerari<br />

turistici non solo focalizzati sul Chianti e sarà nuovamente «Il Sole 24 Ore» ad<br />

esplicitare l’<strong>intervento</strong> e la sua filosofia, descrivendo un paese trasformato in albergo<br />

in grado <strong>di</strong> produrre red<strong>di</strong>to e occupazione conservando la vocazione autoctona del<br />

territorio, quin<strong>di</strong> senza alterane la specificità.<br />

Sicuramente una delle tappe più importante dal punto <strong>di</strong> vista della comunicazione<br />

è rappresentato dall’articolo uscito sulla «Rivista del Turismo» del Touring Club del<br />

<strong>di</strong>cembre del 2007. In esso possiamo vedere, accompagnato da un servizio fotografico<br />

<strong>di</strong> altissimo livello qualitativo, uno scritto a firma del prof. Paolo Panicca or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong><br />

Economia all’Università <strong>di</strong> Tor Vergata che illustra tutti i passaggi e soprattutto si<br />

focalizza sull’aspetto economico e della valorizzazione. Le conclusioni del professore<br />

sono estremamente positive infatti evidenzia che il caso <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio<br />

è riuscito a <strong>di</strong>mostrare che creare valore attraverso l’innovazione <strong>di</strong>penda non solo dalla capacità<br />

strutturale del sistema impresa <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le esigenze del contesto <strong>di</strong> riferimento.<br />

Tra il 2008 e il 2009 Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio è presente su gran<strong>di</strong> testate<br />

internazionali, nel luglio il «New York Times» de<strong>di</strong>ca un lungo articolo <strong>di</strong>ffondendo la<br />

notizia dell’unicità del borgo e <strong>di</strong> una formula nuova <strong>di</strong> turismo culturale, sulla stessa<br />

onda <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione sarà «Die Zeit» nel maggio del 2009.<br />

Sempre nel 2008 si parlerà del borgo sia su «The Guar<strong>di</strong>an» sia attraverso un<br />

servizio televisivo <strong>di</strong> CBS News.<br />

«Bell’Italia» nel maggio 2008 si concentra sull’aspetto innovativo dell’esperimento,<br />

sottolineandone le caratteristiche dell’accoglienza fornendo informazione precise per<br />

mettersi in contatto con l’organizzazione.<br />

Nel 2010 sarà nuovamente il «New York Times» a tesserne lo<strong>di</strong>, in<strong>di</strong>viduando in<br />

Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio la vera alternativa turistica in Italia.<br />

51


Torri Superiore<br />

Cenni <strong>storici</strong><br />

Delineare la storia <strong>di</strong> Torri Superiore non è semplice, considerando che viene<br />

presa in esame una porzione <strong>di</strong> Torri, frazione <strong>di</strong> Ventimiglia.<br />

Infatti il piccolo borgo si trova arroccato sopra la frazione <strong>di</strong> Torri, piccolo agglomerato<br />

urbano me<strong>di</strong>evale <strong>di</strong>viso in due dal fiume Roja, a una decina <strong>di</strong> chilometri<br />

dal capoluogo Ventimiglia.<br />

Torri Superiore negli anni Ottanta era completamente <strong>di</strong>sabitata, faceva eccezione<br />

un solitario, Nando Beltrame, che era l’unico residente. La particolarità <strong>di</strong> Torri<br />

Superiore è la completa aderenza al progetto rurale iniziale, infatti le sue caratteristiche<br />

costruttive e strutturali sono rimaste intatte nel tempo.<br />

La precisa data <strong>di</strong> fondazione non è certa, ma grazie agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Eugenio Cais De<br />

Pierlas si è rintracciato un documento del 1073 che nomina per la prima volta Torri<br />

«…actum in castro ubi ture <strong>di</strong>citur…» 5<br />

La posizione strategica per il controllo della Val Bevera e la vicinanza al mare, fa<br />

affermare al professor Nino Lambiglia che Torri nel periodo me<strong>di</strong>evale fosse un<br />

avamposto militare 6<br />

, facendo risalire il nome Torri pluralizzato dal primitivo ture.<br />

Inoltre il professore afferma che la vocazione militare del luogo è confermata <strong>dei</strong> cognomi<br />

storicamente presenti nel borgo, Balestra soprannome <strong>di</strong> mestiere, ossia balestriere<br />

quin<strong>di</strong> armato <strong>di</strong> balestra, e Guglielmi derivante dalla tra<strong>di</strong>zione francofona<br />

dove willihelm corrisponderebbe a elmo.<br />

L’origine dell’inse<strong>di</strong>amento me<strong>di</strong>evale a Torri Superiore, che si presenta come un<br />

complesso <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici separati poche centinaia <strong>di</strong> metri dal villaggio principale, è incerta;<br />

si ritiene che possa risalire al tardo XIII secolo e la sua struttura a roccaforte<br />

confermerebbe la tesi della sua origine militare. Inoltre la particolare struttura <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa<br />

del borgo è testimone <strong>dei</strong> numerosi perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> invasioni dalla costa e <strong>di</strong> grande<br />

sconvolgimento sociale e religioso nella regione alternati nel tempo. In epoca me<strong>di</strong>evale<br />

e moderna la zona era particolarmente soggetta a incursioni e saccheggi, soprattutto<br />

da parte <strong>di</strong> pirati e saraceni.<br />

La struttura me<strong>di</strong>evale del borgo è ancora totalmente visibile, infatti Torri Superiore<br />

è composto da tre corpi principali, separati da due vicoli interni in parte coperti.<br />

Oltre 160 vani con soffitti a volta, a botte o a crociera, solo collegati da un intricato<br />

labirinto <strong>di</strong> scale e terrazzi (fig.1). Sono tipici del Ponente ligure, strutture fortificate<br />

a metà tra la città, il villaggio e l’inse<strong>di</strong>amento militare.<br />

Le strutture sociali <strong>di</strong> queste comunità erano legate all’economia rurale e alle tra<strong>di</strong>zioni<br />

comunitarie, infatti sono numerose le testimonianze documentarie che affermano<br />

le forme <strong>di</strong> lavoro collettivo. Le forme <strong>di</strong> intensa vita comune sono inoltre<br />

testimoniate da tracce ancora vive come una grande sala che era usata come cucina


54<br />

Fig. 1. Pianta del complesso <strong>di</strong><br />

Torri Superiori.<br />

e un forno comune, una volta l’anno i capifamiglia si riunivano nell’Assemblea del villaggio<br />

obbligatoria. Tali forme sociali garantivano la continuità della comunità tramite<br />

la tutela del patrimonio, della famiglia e il controllo <strong>dei</strong> rapporti con il Vescovo 7<br />

.<br />

La costruzione degli e<strong>di</strong>fici a Torri Superiore non è frutto <strong>di</strong> un unico <strong>intervento</strong> ma<br />

i lavori sicuramente si sono protratti per <strong>di</strong>versi secoli, alcune porzioni della fitta griglia<br />

costruttiva del paese sono state ultimate alla fine del settecento. In quest’ epoca il villaggio<br />

raggiunse la massima densità infatti la struttura testimonia un’accoglienza <strong>di</strong> più<br />

<strong>di</strong> duecento abitanti.<br />

Lo spopolamento avvenuto già nell’ ottocento e concluso nel dopoguerra, è dovuto<br />

principalmente alla carenza <strong>di</strong> lavoro, ma un fattore determinante è stato anche la collocazione<br />

geografica che ha visto per più <strong>di</strong> un secolo un continuo cambio <strong>di</strong> confine tra Italia<br />

e Francia, infatti è giusto ricordare l’intenso lavoro <strong>di</strong> Nilla Gismon<strong>di</strong>, che nel dopoguerra<br />

de<strong>di</strong>cò la sua vita per dare la possibilità a queste zone <strong>di</strong> essere ancora italiane. Infatti costituì<br />

il Comitato per l’Italianità in <strong>di</strong>fesa dai profughi delle zone <strong>di</strong> confine cedute alla Francia 8<br />

.<br />

Filosofia dell’<strong>intervento</strong><br />

L’<strong>intervento</strong> inizia nel 1983 dal volere iniziale <strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong> torinesi, che appena<br />

giunsero a Torri Superiore ne rimasero affascinati e nel 1989 si impegnarono, considerata<br />

l’entità dell’<strong>intervento</strong>, a costituire l’Associazione Culturale <strong>di</strong> Torri Superiore. Attraverso<br />

lo statuto è facile in<strong>di</strong>viduare la filosofia dell’<strong>intervento</strong>: tra le finalità dell’associazione<br />

è <strong>di</strong> primaria importanza dare vita a una comunità basata sull’armonia e sul rispetto<br />

delle persone, della natura e dell’ambiente, superando ogni tipo <strong>di</strong> dogma e ideologia precostituita.<br />

Questa riflessione fa notare una prima <strong>di</strong>fferenza dagli altri esempi <strong>di</strong> valorizzazione:<br />

in questo caso l’accento non è messo sull’aspetto del recupero del patrimonio culturale,<br />

architettonico e paesaggistico ma sulla creazione <strong>di</strong> una societas <strong>di</strong>versa.<br />

Infatti nei punti a seguire sarà ampliato il concetto secondo cui la vita nel borgo<br />

contribuisca al movimento mon<strong>di</strong>ale per la salvaguar<strong>di</strong>a dell’ambiente e la tutela <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ritti<br />

umani.<br />

Solo tra gli ultimi punti dello statuto troviamo l’interesse artistico e culturale del luogo,<br />

considerato però funzionale alla finalità dell’associazione, infatti si legge che Torri Superiore<br />

rappresenta un prezioso patrimonio storico culturale del territorio e per i propri caratteri urba-


nistici è idoneo alle finalità culturali ed umane che si vogliono perseguire.<br />

Per far sì che il luogo non <strong>di</strong>venti una località in cui soggiornare solo alcuni mesi all’anno,<br />

l’associazione si impegna a promuovere attività economiche collettive e in<strong>di</strong>viduali<br />

che provvedano al sostentamento degli abitanti, permettendo l’inse<strong>di</strong>amento stabile<br />

a Torri. Per essere associati bisogna essere presentati da due soci e all’atto dell’ammissione<br />

ci si impegna a prestare opera in modo costruttivo e in armonia con gli<br />

altri soci. Prima <strong>di</strong> essere associati il can<strong>di</strong>dato dovrà passare un periodo <strong>di</strong> prova <strong>di</strong><br />

massimo un anno e successivamente dovrà essere accettato dall’intera comunità.<br />

La collettività però non è concepita per essere autoreferenziale e chiusa su se<br />

stessa, infatti si impegna a costruire un centro stu<strong>di</strong> per la <strong>di</strong>ffusione, la ricerca e<br />

l’informazione delle tematiche trattate, inoltre, anche se non si è associati, è possibile<br />

soggiornarvi: sono ospitati tutti quelli che desiderino sostenere e <strong>di</strong>ffondere lo scopo dell’associa-<br />

zione ed i suoi inten<strong>di</strong>menti. È specificato che nessuno potrà trarre profitto privato dalla<br />

comunità, né percepire una ren<strong>di</strong>ta propria.<br />

Il progetto ambizioso era quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> restaurare interamente il borgo antico e <strong>di</strong> inserirvi<br />

all’interno una collettività che ne con<strong>di</strong>videsse la spinta originaria. Nel 1995<br />

erano agibili solo tre stanze e in esse presero la residenza i primi tre pionieri dell’avventura<br />

che possiamo riassumere nella parola ecovillaggio (fig. 2). Che cosa sia un<br />

ecovillaggio non è cosa facile da spiegare, considerati i tanti aspetti e il forte senso <strong>di</strong><br />

appartenenza a un determinato territorio; a tratti generali possiamo <strong>di</strong>re che sono inse<strong>di</strong>amenti<br />

abitativi a misura d’uomo nei quali ci si impegna a seguire e creare modelli<br />

<strong>di</strong> vita sostenibili in accordo con l’ambiente.<br />

Questo forte legame con la natura ha caratterizzato la filosofia dell’<strong>intervento</strong><br />

non solo dal punto <strong>di</strong> vista della valorizzazione, ma anche per quanto riguarda il recupero,<br />

infatti Torri Superiore è stata interamente recuperata seguendo i principi<br />

della bioarchitettura, infatti nello statuto si evidenzia che l’associazione si impegna<br />

a promuovere e realizzare il recupero e la rivitalizzazione, proteggendo e valorizzando<br />

i suoi originali caratteri architettonici e urbanistici ovviamente seguendo i criteri<br />

ambientali e naturalistici su cui è fondata la “comunità”. Il recupero, in vista degli<br />

ideali <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione e <strong>di</strong> rispetto, è stato svolto grazie a intensi campi <strong>di</strong> lavoro<br />

<strong>di</strong> giovani provenienti da tutto il mondo autonomamente, attraverso organizzazione<br />

ambientaliste, servizio civile internazionale e organizzazioni scoutistiche.<br />

55<br />

Fig. 2. Torri Superiore all’inizio<br />

della fase <strong>dei</strong> restauri.


56<br />

<strong>Valorizzazione</strong><br />

La valorizzazione è incominciata agli inizi degli anni Novanta con i primi acquisti<br />

da parte <strong>dei</strong> fondatori dell’associazione: il piccolo borgo era sud<strong>di</strong>viso in una miriade<br />

<strong>di</strong> proprietà come spesso accade in zona <strong>di</strong>sabitate soggette a ere<strong>di</strong>tà mai rese<br />

funzionali.<br />

L’associazione prende vita nel 1989 e si sviluppa velocemente, grazie a un largo<br />

consenso da parte <strong>di</strong> reti <strong>di</strong> cooperazioni ambientali che nel tempo sono <strong>di</strong>ventate<br />

partner del progetto come:<br />

Rete GEN – Global Ecovillage Network<br />

EDE – Ecovillage Design Education<br />

Responsible Travel<br />

Rete RIVE – Rete Italiana Villaggi Ecologici<br />

Accademia Italiana <strong>di</strong> Permacultura<br />

AAM Terra Nuova<br />

Legambiente<br />

Legacoop Liguria<br />

AIAB – ICEA<br />

L’Associazione Culturale “Torri Superiore” non ha scopo <strong>di</strong> lucro e finalizza tutte<br />

le energie, economiche e operative, alla rivitalizzazione del borgo me<strong>di</strong>evale e alle<br />

attività ad esso connesse.<br />

Grazie a numerosi campi <strong>di</strong> lavoro giovanili è stato possibile restaurare in poco<br />

meno <strong>di</strong> 15 anni gran parte del borgo acquisendone più del 90%, soprattutto grazie<br />

all’intenso lavoro della comunità, ai fon<strong>di</strong> personali degli associati e al sostegno da<br />

parte Regione Liguria, Provincia <strong>di</strong> Imperia, Comune <strong>di</strong> Ventimiglia, Comune <strong>di</strong><br />

Airole, Comune <strong>di</strong> Olivetta San Michele, ARPAL – Agenzia Regionale Protezione<br />

Ambiente Ligure.<br />

Nel 2002 oltre ai 160 vani restaurati viene realizzato un centro ricettivo culturale<br />

con un ristorante e 24 posti letto, oggi notevolmente aumentati gestito dalla piccola<br />

Società Cooperativa “Ture <strong>di</strong> Nirvane”.<br />

Non bisogna cadere nell’errore <strong>di</strong> pensare che in questo piccolo borgo tutto sia<br />

in comune, l’organizzazione spiega che la metà degli spazi è destinata ad ambiti privati<br />

che ovviamente sono recuperati con la stessa impostazione <strong>di</strong> quelli collettivi a<br />

spese proprie. Infatti le parti private sono concepite per una migliore qualità della vita<br />

e soprattutto per una residenza nel lungo periodo. All’interno delle abitazioni però<br />

è raro trovare una zona destinata a cucina, infatti i momenti <strong>dei</strong> pasti sono scan<strong>di</strong>ti<br />

dal suono della campana che riunisce in gran<strong>di</strong> tavoli tutta la popolazione residente<br />

e ospitata.<br />

Nelle specifico economico, esiste una sorta <strong>di</strong> stipen<strong>di</strong>o per tutti quelli che lavorano<br />

nella comunità, sono istituite però una cassa comune e una cassa alimenti dove<br />

finiscono i proventi dal lavoro e non dal patrimonio, dove ognuno mette quanto<br />

può. Altre attività economiche sono fiorite nel piccolo ecovillaggio come un laboratorio<br />

<strong>di</strong> saponi artigianali biodegradabili, una bottega <strong>di</strong> ceramica, un’area polivalente<br />

a<strong>di</strong>bita a corsi <strong>di</strong> yoga e altre <strong>di</strong>scipline, oltre alla coltivazione e alla ven<strong>di</strong>ta <strong>dei</strong><br />

prodotti.<br />

La comunità si riunisce una volta alla settimana per prendere le proprie decisioni<br />

col metodo del consenso.<br />

Non bisogna <strong>di</strong>menticare che nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> minor lavoro agricolo alcune persone<br />

della comunità si rendono <strong>di</strong>sponibili per lavori <strong>di</strong> muratura e restauro.


Torri Superiore è un esempio virtuoso per gli ottimi risultati ottenuti non solo<br />

economicamente ma anche come esempio <strong>di</strong> collettività, analizzandone la storia risultano<br />

vincenti l’integrità e l’aderenza all’idea iniziale.<br />

Le coltivazioni sono ispirate ai principi della permacultura, un sistema <strong>di</strong> coltivazione<br />

biologica che non fa alcun uso <strong>di</strong> concimi neppure naturali, per i prodotti <strong>di</strong><br />

maggior produzione è possibile rilevare la forte aderenza alle caratteristiche del territorio,<br />

infatti si producono maggiormente ortaggi, olio d’oliva, miele, marmellata.<br />

All’interno del borgo sono realizzati continuamente incontri e convegni sui temi<br />

ambientali, sulla permacultura e su argomenti attinenti alla filosofia dell’<strong>intervento</strong>.<br />

Anche grazie all’intensa attività del centro stu<strong>di</strong> Torri Superiore è <strong>di</strong>ventato un centro<br />

<strong>di</strong> documentazione e una biblioteca a cielo aperto per documentarsi sui temi <strong>di</strong><br />

questa esperienza, fornendo un motivo aggiuntivo e attinente per il soggiorno degli<br />

ospiti. In sintesi possiamo affermare che l’Associazione Culturale Torri Superiore ha<br />

svolto la sua attività <strong>di</strong> valorizzazione e recupero con le seguenti azioni:<br />

- Acquisizione e recupero del borgo e <strong>dei</strong> terreni circostanti.<br />

- Avvio <strong>di</strong> un complesso <strong>di</strong> attività economiche (artigianato, agricoltura, formazione).<br />

- Inse<strong>di</strong>amento stabile o temporaneo <strong>dei</strong> propri associati secondo una struttura <strong>di</strong> tipo<br />

comunitario.<br />

- Realizzazione <strong>di</strong> una struttura ricettiva e culturale.<br />

- Costituzione <strong>di</strong> un centro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e ricerca sui temi del rispetto ambientale e della<br />

tutela <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ritti umani.<br />

Recupero urbano e architettonico<br />

Il punto <strong>di</strong> forza del borgo me<strong>di</strong>evale <strong>di</strong> Torri Superiore è la straor<strong>di</strong>naria conservazione<br />

<strong>dei</strong> suoi caratteri originari: l’impianto urbano, la tipologia architettonica<br />

e le strutture materiali. Valorizzare questo prezioso patrimonio senza snaturarne<br />

l’identità è stato il principio ispiratore <strong>di</strong> tutta l’opera <strong>di</strong> recupero e restauro del piccolo<br />

borgo della Val Bevera.<br />

Questa operazione, che i fondatori hanno denominato “riciclaggio urbanistico”,<br />

finalizzata alla rivitalizzazione del borgo, è partita da uno stato <strong>di</strong> fatto assai penoso:<br />

il sito era in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> completo abbandono, utilizzato come <strong>di</strong>scarica, coperto<br />

da macerie e in parte pericolante, i terreni erano incolti e coperti da rovi ( fig.3). Due<br />

sole unità abitative avevano l’allacciamento all’elettricità e attingevano a vasche<br />

d’acqua collegate alla rete idrica.<br />

57<br />

Fig. 3. Il complesso <strong>di</strong> Torri<br />

Superiore prima dell’<strong>intervento</strong>:<br />

pericolante e coperto dalla<br />

vegetazione.


58<br />

Fig. 4. Porzione <strong>di</strong> facciata<br />

restaurata.<br />

Fig. 5. Particolare <strong>di</strong> facciata<br />

dove emerge il rispetto per le<br />

tra<strong>di</strong>zioni locali.<br />

Le potenzialità del borgo erano tuttavia enormi e i suoi caratteri suggestivi hanno<br />

favorito l’inizio delle operazioni <strong>di</strong> rivitalizzazione con la fondazione dell’Associazione<br />

Culturale Torri Superiore. La struttura architettonica è interamente in pietra<br />

locale e si sviluppa su otto livelli, due vicoli in parte coperti separano tre corpi <strong>di</strong><br />

fabbrica che al loro interno contano in tutto 160 vani collegati con scale, vicoli e terrazzi<br />

per una superficie utile <strong>di</strong> tremila metri quadri.<br />

Tra gli obiettivi dell’Associazione vi era il recupero architettonico sostenibile <strong>di</strong><br />

quel patrimonio collettivo <strong>di</strong>menticato, al fine <strong>di</strong> trasferirvi la propria residenza e le<br />

proprie capacità professionali. L’acquisto degli immobili è finalizzato a valorizzare il<br />

paese come centro culturale aperto al territorio.<br />

L’acquisizione <strong>di</strong> circa il 90% del paese è stata possibile con l’impegno finanziario<br />

degli associati, mentre con la collaborazione <strong>di</strong> altri organismi ambientalisti e il


Servizio Civile Internazionale si è arrivati al restauro del patrimonio e<strong>di</strong>lizio, nonché<br />

al recupero <strong>di</strong> molti spazi aperti.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o delle strutture e<strong>di</strong>lizie da recuperare e delle tecniche costruttive del<br />

territorio ha permesso <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere un progetto <strong>di</strong> recupero che preserva le caratteristiche<br />

originali integrandole con moderne tecnologie che permettono una vita<br />

confortevole, ma a basso impatto ambientale (fig. 4). I lavori sono stati eseguiti per<br />

la gran parte dai residenti in autocostruzione su progetto dell’architetto Gianfranco<br />

Fava e del geometra Mauro Fantino, coa<strong>di</strong>uvati da piccole <strong>di</strong>tte artigianali locali.<br />

I criteri imposti dal comune <strong>di</strong> Ventimiglia per il restauro degli esterni degli immobili<br />

si sono ben sposati con l’idea <strong>di</strong> recupero del borgo dell’Associazione (facciate in<br />

pietra, pluviali in rame, imposte in legno in stile genovese colore verde salvia, ampiezza<br />

delle aperture esterne, ecc.) con un limite <strong>di</strong> espansione volumetrica del 5 % (fig. 5).<br />

L’Associazione Culturale ha poi approvato ulteriori criteri per il restauro degli interni incoraggiando<br />

l’uso <strong>di</strong> materiali naturali e <strong>di</strong> tecnologie per il risparmio energetico. I materiali<br />

utilizzati sono stati quin<strong>di</strong> sabbia e calce, anziché ferro e cemento, isolanti naturali<br />

come il sughero, legno <strong>di</strong> sicura provenienza e smalti ecologici.<br />

L’acqua calda sanitaria è prodotta con pannelli solari e i terminali degli impianti<br />

<strong>di</strong> riscaldamento sono costituiti da superfici ra<strong>di</strong>anti a bassa temperatura sia nella<br />

struttura ricettiva sia in alcune case private (in cui comunque non vengono superati<br />

i 18°C <strong>di</strong> temperatura dell’aria) assicurando comfort termico e risparmio energetico.<br />

È in progetto l’aumento della produzione <strong>di</strong> acqua calda e l’integrazione solare<br />

dell’impianto <strong>di</strong> riscaldamento per <strong>di</strong>minuire la <strong>di</strong>pendenza da combustibili fossili<br />

e i consumi <strong>di</strong> legna da ardere.<br />

L’energia elettrica viene fornita da una <strong>di</strong>tta privata ed è prodotta interamente da<br />

fonti rinnovabili. È in progetto l’introduzione <strong>di</strong> pannelli fotovoltaici per arrivare ad<br />

un impianto <strong>di</strong> 12 kW <strong>di</strong> potenza, coprendo così i consumi della Casa per Ferie. Le<br />

acque reflue sono raccolte e riutilizzate in un sistema <strong>di</strong> compostaggio (fig. 6).<br />

I lavori <strong>di</strong> restauro hanno apportato qualche mo<strong>di</strong>fica dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>stributivo:<br />

in fase <strong>di</strong> ristrutturazione si sono aperti varchi e porte che hanno messo in collega-<br />

Fig. 6. Torri Superiore<br />

interamente restaurata e sulla<br />

via dell’autosufficienza<br />

energetica.<br />

59


60<br />

mento vani fino ad allora separati e realizzato <strong>di</strong>versi percorsi interni. È una trasformazione<br />

significativa <strong>di</strong> quello che fu il borgo, specchio del suo mutato uso e della nuova<br />

comunità che lo abita. Tale scelta è stata motivata dal bisogno <strong>dei</strong> nuovi abitanti <strong>di</strong> passare<br />

ad una “permeabilità sociale” anche attraverso una “permeabilità strutturale”, evocando,<br />

attraverso il sistema <strong>di</strong>stributivo degli spazi, un senso <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione e <strong>di</strong>namismo,<br />

permettendo inoltre l’accoglienza <strong>dei</strong> visitatori e il benessere degli abitanti.<br />

La capienza massima <strong>di</strong> residenti e ospiti è limitata dal confine fisico del villaggio me<strong>di</strong>evale<br />

e dall’esiguità <strong>dei</strong> terreni coltivabili <strong>di</strong>sponibili.<br />

La sud<strong>di</strong>visione spaziale delle proprietà del borgo si è attestata su un 45% all’Associazione<br />

Culturale che detiene gli spazi comuni e <strong>di</strong> lavoro, mentre la restante parte è sud<strong>di</strong>visa<br />

tra i soci che hanno partecipato alla ristrutturazione; ciascun socio <strong>di</strong>spone liberamente<br />

della sua proprietà in<strong>di</strong>viduale<br />

ma, per accordo interno, essa può<br />

essere venduta solo ad altri soci. La<br />

sud<strong>di</strong>visione in spazi comuni e alloggi<br />

privati è stata una delle scelte<br />

poste alla base della costruzione, anche<br />

fisica, <strong>di</strong> questa comunità, ritenendo<br />

che solo <strong>di</strong>sponendo <strong>di</strong> ambiti<br />

privati la convivenza avrebbe<br />

potuto essere duratura.<br />

Attualmente questa parte conta<br />

circa 20 unità abitative, <strong>di</strong> cui 18 ristrutturate<br />

e in cui risiedono 14 nuclei familiari.<br />

All’interno della proprietà associativa è operante una struttura ricettiva aperta ai<br />

soci e agli ospiti, con licenza <strong>di</strong> casa per ferie e ristorante così composta:<br />

- 24 posti letto;<br />

- 70 coperti in quattro sale da pranzo, cucina e laboratori, bagni e reception per<br />

una superficie <strong>di</strong> 189 mq;<br />

- 30 mq <strong>di</strong> sala per attività.<br />

Per il completamento <strong>dei</strong> lavori <strong>di</strong> ristrutturazione della proprietà associativa si<br />

prevede ancora la creazione <strong>di</strong> una zona convegni composta <strong>di</strong> 2 sale, <strong>di</strong> cui una<br />

polivalente, per una superficie <strong>di</strong> 95 mq, collocata al livello più alto della zona nord<br />

del borgo. Attraverso sei ampie finestre si gode <strong>di</strong> riconoscibilità dall’esterno, ottima<br />

luminosità interna e bella vista sul paese <strong>di</strong> Torri. Anche questa ristrutturazione sarà<br />

eseguita secondo criteri <strong>di</strong> bioarchitettura: calce <strong>di</strong> alta qualità, sughero per gli isolanti,<br />

serramenti in legno con vetri ad alto isolamento, pavimenti in legno massello<br />

<strong>di</strong> origine europea, tinture murarie in calci naturali e trattamento del legno con olii vegetali<br />

(fig. 7). Il soffitto della sala polivalente è realizzato in travature e assito <strong>di</strong> legno<br />

europeo a vista.<br />

Riabitare questo borgo abbandonato da oltre un secolo ha avuto il merito <strong>di</strong> salvare<br />

dalla rovina le sue strutture materiali, ma anche il significato <strong>di</strong> rifondarlo secondo<br />

una nuova <strong>di</strong>mensione estetica (fig. 8).<br />

Risultati<br />

I risultati <strong>di</strong> Torri Superiore non possono essere espressi in assoluto a livello turistico<br />

perché la valorizzazione in senso stretto non è il primo obiettivo dell’<strong>intervento</strong>,<br />

quin<strong>di</strong> è necessario leggere i dati attraverso una particolare lente che eviden-


zia la virtuosità dell’azione. Inoltre, essendo una piccolissima frazione, è <strong>di</strong>fficile calcolare<br />

e quantificare precisamente i risultati circoscritti all’<strong>intervento</strong>; i dati <strong>di</strong> seguito<br />

sono stati forniti dai soci dell’ecovillaggio. Dall’unico abitante presente agli inizi<br />

degli anni Ottanta, oggi la frazione accoglie trenta persona residenti.<br />

Il centro turistico, in gestione dal 1998 alla Società Cooperativa Ture Nirvane, è<br />

aperto per 10 mesi all’anno e i dati confermano che le presenze sono <strong>di</strong> circa 4200<br />

ospiti all’anno e <strong>di</strong> 3500 da parte della comunità residente.<br />

La casa per ferie oggi ha 24 posti letto e una zona pranzo <strong>di</strong> settanta posti. Grazie<br />

all’<strong>intervento</strong> <strong>di</strong> recupero il borgo ha visto un aumento del valore degli immobili<br />

del 500%, un dato sorprendente per l’esperienza (Fig. 9).<br />

Forse l’aspetto che ha ottenuto più risultati è la replicabilità dell’<strong>intervento</strong>, infatti<br />

Torri Superiore è <strong>di</strong>ventato il riferimento pratico per l’utilizzo <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong> bioe<strong>di</strong>-<br />

lizia, per l’orientamento alla riduzione <strong>dei</strong> consumi, per la produzione finalizzata all’autoconsumo<br />

e per la con<strong>di</strong>visione degli spazi.<br />

Inoltre verrà potenziata l’offerta turistica con l’ampliamento della fornitura <strong>dei</strong> servizi<br />

e <strong>di</strong> ulteriori stanze, che ovviamente saranno limitate per via del perimetro circoscritto<br />

<strong>di</strong> un borgo me<strong>di</strong>evale. Si prevedono anche un incentivo per la produzione agricola<br />

locale e l’apertura <strong>di</strong> un mercato locale <strong>di</strong> produttori delle Val Bevera e Val Roja.<br />

Rassegna stampa<br />

Uno <strong>dei</strong> primi articoli che evidenzia le potenzialità <strong>di</strong> Torri Superiore sarà pubblicato<br />

sulla rivista «Essere» nel settembre del 1988 dove Piero Caffaratti, promotore<br />

del Progetto Torri Superiore, rilascia una lunga intervista nella quale delinea la filosofia<br />

e la progettualità che desidera intraprendere a Torri Superiore.<br />

Nell’intervista si parla della creazione <strong>di</strong> un centro sensibile alla natura e alla sostenibilità<br />

architettonica, ricettiva e abitativa. La realizzazione <strong>di</strong> un villaggio alternativo<br />

improntato sulla cooperazione è la linea guida del progetto, la creazione <strong>di</strong> un<br />

falansterio sta prendendo lentamente forma nel piccolo paese <strong>di</strong> Torri Superiore.<br />

In varie parti dell’articolo si chiede ai lettori <strong>di</strong> partecipare alla ricostruzione del paese<br />

e alla partecipazione attiva al progetto da parte non solo <strong>di</strong> italiani ma anche <strong>di</strong><br />

stranieri e così avverrà nel futuro <strong>di</strong> questo piccolo borgo me<strong>di</strong>evale.<br />

Ci vorrà qualche anno per far sì che i quoti<strong>di</strong>ani nazionali si interessino a Torri<br />

Superiore, uscendo dal circuito della stampa specializzata. L’11 settembre 1993 il<br />

quoti<strong>di</strong>ano «Il Secolo XIX» <strong>di</strong>rà che il vecchio borgo me<strong>di</strong>evale <strong>di</strong> torri sta lentamente rinascendo<br />

grazie al volontariato internazionale; in questo articolo non si parla ancora <strong>di</strong> ristrutturazione<br />

del borgo ma <strong>di</strong> pulizia e recupero limitato. In questo periodo «Il Se-<br />

61<br />

Fig. 7. Particolare del<br />

riscaldamento a pareti ra<strong>di</strong>anti.<br />

Fig. 8. Porzione del borgo prima<br />

<strong>dei</strong> restauri.<br />

Fig. 9. Esempio <strong>di</strong> <strong>intervento</strong>.<br />

Particolare dell’interno.


62<br />

colo XIX» evidenzia l’acquisizione dell’intero borgo da parte <strong>dei</strong> promotori dell’<strong>intervento</strong>.<br />

Sarà nel 2000 che Torri Superiore avrà il definitivo lancio me<strong>di</strong>atico attraverso il<br />

settimanale «D. La Repubblica delle Donne» allegato a «La Repubblica». Titolo dell’articolo<br />

sarà La favola del villaggio. Un giorno a Torri. Dove in venti vivono un’utopia che funziona.<br />

La giornalista V. Vantaggi dà una descrizione fiabesca, nottetempo del borgo,<br />

paragonandola a un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Escher. Per la prima volta l’attenzione si sposta dall’aspetto<br />

politico-organizzativo orientandosi verso la definizione <strong>di</strong> ecovillaggio, parola<br />

ancora non in uso in Italia ma in uso dagli anni settanta negli Stati Uniti. Difatti<br />

viene descritta la vita all’interno del borgo me<strong>di</strong>evale come <strong>di</strong>mostrazione dell’idea che<br />

si può abitare un luogo rispettando le leggi della natura, inoltre vengono descritte le attività<br />

economiche che vogliono intraprendere.<br />

Nel marzo del 2002 due quoti<strong>di</strong>ani nazionali parleranno <strong>di</strong> Torri, «La Stampa» il 19<br />

e «Il Secolo XIX» il 12. L’attenzione ora è rivolta all’apertura delle attività ricettive già<br />

annunciate del 2000. Nel piccolo borgo ligure è stato inaugurato il primo ristorante e<br />

il primo albergo. In questi articoli per la prima volta <strong>di</strong> parla <strong>di</strong> bioarchitettura e tecniche<br />

<strong>di</strong> restauro naturali e tra<strong>di</strong>zionali inserite all’interno dell’ottica del risparmio energetico,<br />

si evidenziano l’utilizzo <strong>di</strong> intonaci naturali, calce, legno, cotto.<br />

Nella rivista «Volontari per lo sviluppo» si darà molto spazio a Torri Superiore e<br />

grazie alla sua <strong>di</strong>stribuzione internazionale assicurerà una <strong>di</strong>ffusione europea del<br />

progetto. Per la prima volta una rivista <strong>di</strong> settore darà la definizione <strong>di</strong> ecovillaggi definendoli<br />

come inse<strong>di</strong>amenti a misura d’uomo, rurali e urbani che aspirano a creare modelli <strong>di</strong><br />

vita sostenibile. Oltre alla descrizione <strong>dei</strong> restauri vengono anche evidenziati gli aspetti<br />

<strong>di</strong> gestione ecosostenibile, come l’utilizzo degli scarti della potatura per alimentare<br />

il fuoco della cucina e del riscaldamento, l’assenza <strong>di</strong> concimi anche naturali per la<br />

coltivazione e la produzione <strong>di</strong> cibi e saponi. Inoltre si sottolinea la <strong>di</strong>fferenza tra<br />

agriturismo e ecovillaggio definendolo una comunità.<br />

Nel 2005 il perio<strong>di</strong>co <strong>di</strong> architettura «Casaviva» è attento all’aspetto del restauro<br />

e della preservazione delle caratteristiche architettoniche e ambientali del territorio.<br />

«Terra Nuova» nel giugno 2006 pubblica un intero inserto descrivendo Torri come<br />

l’alternativa al vuoto consumismo <strong>dei</strong> centri turistici alla moda. Torri Superiore, piccolo gioiello<br />

<strong>di</strong> architettura me<strong>di</strong>evale popolare, è considerata qui un’ottima opportunità turistica a<br />

vocazione culturale, ambientale e sociale. La rivista offre una dettagliata documentazione<br />

fotografica soprattutto a testimonianza delle modalità <strong>di</strong> restauro.<br />

Come spesso accade la stampa estera è più attenta rispetto alla stampa nazionale<br />

a ciò che accade in campo culturale. Di seguito riporterò solo gli esempi più importanti.<br />

Nella rivista «Permaculture Magazine» nel 2004, oltre a descrivere il villaggio,<br />

descrive anche gli abitanti definendoli foolish, idealists or pioneers. Si fa attenzione<br />

al periodo storico della nascita dell’idea, un periodo dove le strutture erano solo in<br />

cemento e l’idea della pietra e del limo ricordava solo la miseria. Vengono evidenziati<br />

i criteri <strong>di</strong> restauro, molto attuali ora ma assolutamente non contemplati negli anni<br />

Ottanta. La rivista inglese, con approccio molto tecnico, mette in luce l’importanza<br />

del riscaldamento a bassa entalpia, alimentato da una caldaia mista solare e gas.<br />

Sempre nel 2004, la rivista statunitense «Communities» pone l’accento sul gruppo<br />

<strong>di</strong> persone e la loro scelta responsabile <strong>di</strong> vivere in modo altro. Descrive i meccanismi<br />

associativi e i relativi costi economici, analizzando gli ingranaggi organizzativi.<br />

Il giornalista inoltre delinea i profili degli abitanti del piccolo borgo e la modalità<br />

<strong>di</strong> accettazione all’interno della comunità.<br />

Nel 2007 sarà l’importante rivista francese «l’Ècologique» a stupirsi per la mera-


viglia del posto e per lo stile <strong>di</strong> vita assolutamente non convenzionale. Come in «Permaculture<br />

Magazine» viene analizzata la tecnologia utilizzata soprattutto per il riscaldamento<br />

e l’isolamento termico, viene messa in luce l’offerta turistica presente<br />

sul territorio e le iniziative in essere a Torri come i corsi <strong>di</strong> yoga e shiatsu.<br />

Nell’ottobre del 2008 anche la stampa spagnola guarda con interesse l’esempio <strong>di</strong><br />

Torri. «Ecologìa y Desarrollo» vede in questo piccolo borgo un’esperienza <strong>di</strong> benessere<br />

e consenso, proponendolo come una meta turistica alternativa dove poter<br />

prendere contatto con un passato che può essere un’opportunità per il futuro.<br />

63


Fig. 1. Veduta d’insieme <strong>di</strong><br />

Calcata da cui si comprende<br />

la sua inespugnabilità.<br />

Fig. 2. Unica porta d’accesso a<br />

Calcata.<br />

Calcata<br />

Cenni <strong>storici</strong><br />

L’arch. Paolo Portoghesi definisce Calcata, un’arca <strong>di</strong> Noè incagliata su un Ararat, una<br />

minuscola e celeste Gerusalemme calata dal cielo proprio come la descrive l’Apocalisse 9<br />

. Calcata, infatti,<br />

è considerata uno <strong>dei</strong> <strong>borghi</strong> fortificati me<strong>di</strong>oevali meglio conservati in Italia.<br />

Secondo Louise Desmond McDermott, questa cittadella era un sito perfetto per via<br />

della sua inespugnabilità dovuta alle particolari conformazioni ambientali.<br />

Ovviamente la storia <strong>di</strong> Calcata non risale all’epoca me<strong>di</strong>evale, le zone limitrofe<br />

erano inse<strong>di</strong>amento falisco fino al V secolo a.C., ma stabilire se la cittadella fortificata<br />

fosse occupata dai Falisci risulta impossibile, le analisi stratigrafiche non sono <strong>di</strong> sicura<br />

lettura considerando l’alveare <strong>di</strong> grotte presente sotto tutto il borgo. Tomasetti<br />

10<br />

attribuisce le mura del lato sud e la cosiddetta scala segreta all’epoca <strong>dei</strong> Falisci 11<br />

.<br />

Altri stu<strong>di</strong>osi, come Pasqui e Cozza 12<br />

, affermano l’origine falisca del paese. I Falisci<br />

furono quin<strong>di</strong> i residenti della zona fino al 241 a.C. quando, stretti dalla morsa romana,<br />

caddero sotto il dominio <strong>di</strong> Roma con una decimazione della popolazione. La<br />

zona <strong>di</strong> Calcata e della Valle del Treja fu abitata dai legionari pensionati. Le strade verso<br />

la capitale furono notevolmente ampliate per favorire i commerci soprattutto <strong>di</strong><br />

generi alimentari, <strong>di</strong> questo <strong>intervento</strong> ne rimane traccia appena fuori la porta <strong>di</strong><br />

Calcata, dove è ancora visibile un breve tratto dell’antica strada romana. Le sempre<br />

maggiori richieste <strong>di</strong> prodotti agricoli da parte della Capitale, hanno determinato un<br />

periodo <strong>di</strong> fioritura economica del territorio, soprattutto dal I secolo d.C..<br />

Il territorio intorno a Calcata, quin<strong>di</strong>, si presentava come un’insieme <strong>di</strong> villae rusticae<br />

produttrici <strong>dei</strong> beni agricoli destinati all’espansione della vicinissima Roma.<br />

L’insieme <strong>di</strong> fattorie mo<strong>di</strong>ficò il suo aspetto tra il III e il V secolo d.C., a causa forse<br />

<strong>di</strong> qualche pestilenza che <strong>di</strong>mezzò la popolazione, portando le piccole fattorie a essere<br />

assorbite da quelle maggiori.<br />

Le notizie nei secoli successivi si <strong>di</strong>radano notevolmente. Calcata viene nominata<br />

nell’ VIII secolo da papa Adriano I che, appassionato <strong>di</strong> domuscultae, ne creò una<br />

con il nome Capracorum in una zona <strong>di</strong> più <strong>di</strong> 100 chilometri quadrati comprendente<br />

Calcata che doveva presentarsi come una villa rustica. Adriano I inviò, per consacrare<br />

la chiesa nuova, le reliquie <strong>di</strong> San Cornelio a Calcata.<br />

Sempre secondo gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Louise Desmond McDermott, Calcata viene anche<br />

nominato nell’atto <strong>di</strong> donazione del castello, che probabilmente consisteva solo in<br />

una torre lignea al centro del colle, all’Abate del Monastero <strong>di</strong> S. Gregorio Magno nel<br />

974. Il paese si espanse ulteriormente intorno al XI secolo, portando le mura fino all’orlo<br />

del precipizio.<br />

Lentamente le proprietà dell’Abate <strong>di</strong> San Gregorio vennero donate ad alcune famiglie,<br />

tra cui i Sinibal<strong>di</strong>, che nel 1180 erano proprietari <strong>di</strong> numerose fattorie. Successivamente<br />

Clemente IV concesse alla famiglia <strong>dei</strong> Prefetti <strong>di</strong> Vico il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> in-


vestitura <strong>di</strong> Nepi, Civitacastellana e Castel Sinibal<strong>di</strong>.<br />

Il XIII secolo fu molto <strong>di</strong>fficile per il borgo, infatti venne descritto dall’esattore<br />

papale Lanfranco <strong>di</strong> Scano come un rudere che i nuovi proprietari, i Conti <strong>di</strong> Anguillara,<br />

stavano rie<strong>di</strong>ficando. Probabilmente la decadenza <strong>dei</strong> primi secoli del Mille<br />

è dovuta alla continua attività bellica tra guelfi e ghibellini che vedeva Calcata, considerata<br />

la sua strategicità, al centro delle vicende (Fig. 1).<br />

Il territorio <strong>di</strong> Calcata passa nuovamente ai Sinibal<strong>di</strong> nel 1432 ma le vicende sulla<br />

proprietà non furono tranquille, infatti i Sinibal<strong>di</strong> e gli Anguillara si alternarono insieme<br />

ad altre famiglie nobili al dominio <strong>di</strong> Calcata. Come già detto, le mire sul borgo<br />

erano dettate dal valore <strong>di</strong>fensivo e <strong>di</strong> controllo esercitato sul territorio della Valle<br />

del Treja. Il piccolo borgo me<strong>di</strong>evale si trovò nel 1557 al centro della vicenda del<br />

rinvenimento del Sacro Prepuzio <strong>di</strong> Cristo, trafugato anni prima da San Giovanni in<br />

Laterano 13<br />

. Da questo fatto numerosi avvenimenti legati alla reliquia, custo<strong>di</strong>ta nella<br />

piccola chiesa fino al 3 febbraio del 1900, videro come teatro proprio Calcata.<br />

Il valore <strong>di</strong> Calcata aumentò ulteriormente, oltre al valore economico si sommò<br />

il valore religioso, infatti nel 1724 fu venduta per 16.500 scu<strong>di</strong>. La storia <strong>di</strong> Calcata<br />

andò a stabilizzarsi intorno al 1828 quando fu ere<strong>di</strong>tata dalla famiglia Massimo 14<br />

.<br />

Calcata rimase <strong>di</strong>fficilmente accessibile fino ad inizio secolo infatti Enrico Abate<br />

nel 1894 ricorda che il borgo è rimasto uno <strong>dei</strong> pochi ad essere raggiungibile solo<br />

attraverso una mulattiera15 (fig.2).<br />

Gli anni Trenta del XX secolo furono centrali per la storia <strong>di</strong> Calcata, infatti una<br />

legge obbligava i comuni a sgomberare i paesi considerati pericolanti, tra questi Calcata,<br />

con la guerra l’abbattimento fu slittato agli anni cinquanta. La popolazione ne<br />

restò influenzata e la nuova sensibilità portò alla costruzione della cosiddetta Calcata<br />

Nuova, nella piana sopra il piccolo borgo me<strong>di</strong>evale.<br />

Negli anni Sessanta il paese può essere considerato completamente <strong>di</strong>sabitato.<br />

65


66<br />

Filosofia d’<strong>intervento</strong><br />

L’<strong>intervento</strong> <strong>di</strong> recupero <strong>di</strong> Calcata, non è un’azione programmata da enti e istituzioni<br />

ma possiamo più che altro definirlo un movimento comune, legato all’interesse<br />

per l’arte, la cultura e l’ambiente.<br />

Il piccolo borgo <strong>di</strong> Calcata rimane, fino ad anni recenti legato alla sua natura rurale,<br />

in un articolo del 1957 a firma <strong>di</strong> Luciano Zeppegno su «Le Vie d’Italia», Calcata<br />

è vista come un paesino dove il tempo si era arrestato e che nonostante la sua<br />

realtà ambientale, storica e architettonica viene visitato in me<strong>di</strong>a da <strong>di</strong>eci visitatori<br />

l’anno.<br />

Un fatto saliente nella vita del borgo me<strong>di</strong>evale è rappresentato da una legge degli<br />

anni Trenta che prevedeva lo sgombero <strong>di</strong> alcuni centri abitati pericolanti, tra cui<br />

Calcata, la vicina guerra mon<strong>di</strong>ale impedì l’applicazione della legge che venne rinviata<br />

agli anni Cinquanta, anche se il borgo non venne mai effettivamente<br />

sgomberato.<br />

La vita fino agli anni Cinquanta era tranquilla, l’architetto<br />

Paolo Portoghesi racconta che la prima volta che entrò nel<br />

paese rimase colpito dalla vita quoti<strong>di</strong>ana e dai riti <strong>di</strong> quella civiltà<br />

conta<strong>di</strong>na, le donne che lavavano i panni o che prendevano<br />

l’acqua nell’unica fontana portandola all’abitazione sulla<br />

testa, gli uomini raccolti lungo i muri che raccontavano la<br />

giornata. Il centro quasi oramai <strong>di</strong>sabitato dagli anni Sessanta<br />

agli anni Ottanta vede il trasferimento <strong>di</strong> un’onda <strong>di</strong> “citta<strong>di</strong>ni<br />

scontenti”, un gruppo eterogeneo <strong>di</strong> persone provenienti<br />

per la maggior parte dalla vicina Roma, ma anche da altri<br />

parti d’Italia e dell’Europa che trovavano in Calcata un rifugio<br />

dalla frenesia della città. La feroce compraven<strong>di</strong>ta degli<br />

immobili delineò una grande speculazione economica a spese<br />

<strong>dei</strong> calcatesi. Negli anni a seguire alcuni gruppi <strong>di</strong> persone,<br />

trovarono in Calcata non solo una destinazione per i week<br />

end, ma una vera e propria casa. Questi, decidendo <strong>di</strong> trasferirsi<br />

definitivamente, incominciarono a de<strong>di</strong>carsi a professioni<br />

alternative legate al turismo, come la produzione <strong>di</strong> cosmetici<br />

a base <strong>di</strong> erbe, l’apertura <strong>di</strong> ristoranti vegetariani e tra<strong>di</strong>zionali, riscoprendo il<br />

patrimonio enogastronomico, l’allestimento <strong>di</strong> laboratori <strong>di</strong> cartapesta e altro.<br />

L’<strong>intervento</strong> che si andrà a delineare risulta molto significativo se confrontato con gli<br />

altri due casi presi in esame in questo lavoro <strong>di</strong> ricerca.<br />

L’<strong>intervento</strong> <strong>di</strong> Calcata è un’azione inse<strong>di</strong>ativa spontanea che può anche essere<br />

considerata, con le dovute precauzioni, un <strong>intervento</strong> anarchico. Non è esistita una<br />

vera e propria organizzazione che potesse delinearne l’<strong>intervento</strong> e gestirne le azioni:<br />

il piccolo borgo è stato ed è teatro <strong>di</strong> azioni e <strong>di</strong> valorizzazioni in<strong>di</strong>viduali tese alla<br />

cooperazione e alla convivenza. La sua particolarità, in positivo e in negativo, è<br />

riassumibile proprio nell’in<strong>di</strong>vidualità degli interventi. Analizzando le varie iniziative<br />

possiamo comunque trarre un filo conduttore dell’azione, sicuramente le realtà<br />

biologiche, <strong>di</strong> artigianato e <strong>di</strong> tutela ambientale sono state ampiamente con<strong>di</strong>vise da<br />

tutti i nuovi abitanti. Infatti questo piccolo centro si <strong>di</strong>stingue per la cultura gastronomica<br />

vegetariana e quella biologica a “chilometro zero”. Ma la loro co<strong>di</strong>ficazione<br />

non è stata orchestrata da un <strong>di</strong>segno prestabilito, questo è facilmente in<strong>di</strong>viduabile<br />

dai restauri e dagli interventi commerciali. L’insieme ne risulta comunque armonioso<br />

e sicuramente unico nel suo genere, il lato che risulta predominante infatti è la genuinità<br />

delle operazioni (Fig. 3).


L’interesse <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> artisti e <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> architetti, come Paolo Portoghesi, hanno<br />

sicuramente dato risalto alla realtà storica, artistica e accademica del luogo. Il restauro<br />

conservativo del Palazzo Baronale Anguillara, eseguito da Portoghesi, nel<br />

1995 è tra gli esempi <strong>di</strong> restauro conservativo meglio riusciti, oggi meta <strong>di</strong> studenti<br />

<strong>di</strong> architettura e restauro e sede dell’Ente Parco del Treja (Fig. 4).<br />

Le numerose residenze <strong>di</strong> artisti e le relative manifestazione che verranno descritte<br />

in seguito ne daranno il soprannome “Calcata. Il paese degli artisti”.<br />

<strong>Valorizzazione</strong><br />

Lo sviluppo spontaneo <strong>di</strong> Calcata ha portato a delineare un particolare esempio<br />

<strong>di</strong> valorizzazione in cui popolazione del luogo non è praticamente presente, se non<br />

in modo estremamente marginale, e ostile agli inizi del processo.<br />

Come ha definito Paolo Portoghesi la rinascita <strong>di</strong> Calcata è dovuta negli anni Sessanta<br />

e Settanta a gruppi <strong>di</strong> “giovani hippies” e “citta<strong>di</strong>ni scontenti”. Questa nuova<br />

popolazione, inizialmente era presente solo nei weekend, mentre un gruppo deciso<br />

a cambiare le proprie con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita si trasferì stabilmente. Per questo motivo in<br />

poco tempo <strong>di</strong>ventò necessario creare delle attività economiche per far fronte alle<br />

esigenze <strong>dei</strong> nuovi nuclei familiari presenti a Calcata.<br />

Si <strong>di</strong>ede vita così a una valorizzazione particolarmente in<strong>di</strong>rizzata ai temi cari ai<br />

nuovi abitanti, come la cultura vegetariana, la sostenibilità, l’arte, la cultura e il consumo<br />

alternativo. Per questo sono nate due associazioni molto particolari: una che<br />

si occupa della promozione della cultura vegetariana, l’altra della promozione del<br />

territorio e <strong>di</strong> bioarchitettura.<br />

Come già ricordato, grande spinta per la valorizzazione del borgo è stato<br />

l’<strong>intervento</strong> <strong>di</strong> numerosi artisti. Per comprendere la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> questo in<strong>di</strong>rizzo<br />

artistico culturale basta pensare che in questo borgo, la cui circonferenza è inscrivibile<br />

in quella del Colosseo, sono presenti sei associazioni culturali che si occupano<br />

nelle rispettive se<strong>di</strong> della promozione artistica, culturale, ambientale e musicale.<br />

Questi piccoli nuclei creativi realizzano, grazie anche all’internazionalizzazione<br />

Fig. 3. Scorcio interno del<br />

borgo caratterizzato<br />

dall’eterogeneità degli<br />

interventi.<br />

67<br />

Fig. 4. Piazza <strong>di</strong> Calcata.<br />

L’e<strong>di</strong>ficio sulla destra è il<br />

Palazzo Baronale restaurato<br />

dall’architetto Paolo Porghesi.


68<br />

delle organizzazioni, eventi <strong>di</strong> richiamo extra-nazionali, tra tutti ricor<strong>di</strong>amo l’Opera<br />

Bosco che nel proprio Museo <strong>di</strong> Arte nella Natura organizza interventi artistici all’interno<br />

<strong>dei</strong> boschi circostanti a Calcata.<br />

La ristrutturazione non è avvenuta in modo mirato e organizzato ma in modo in<strong>di</strong>viduale<br />

man mano che i “nuovi abitanti” acquistavano le abitazioni; questo tipo <strong>di</strong><br />

<strong>intervento</strong> rende <strong>di</strong>vertente a prima vista il borgo me<strong>di</strong>evale, ma <strong>di</strong> contro è possibile<br />

vedere alcuni restauri non eseguiti in modo puntuale e rispettando il contesto; sicuramente<br />

la maggior parte degli e<strong>di</strong>fici ha ritrovato un nuovo respiro e vita aderente<br />

alla forma originaria (fig. 5).<br />

Altra risorsa <strong>di</strong> Calcata è appunto il patrimonio ambientale che possiede, infatti<br />

il borgo è immerso nel Parco della Val Treja che ha sede nella piazza centrale; il Parco<br />

è stato istituito nel 1982 e comprende un territorio <strong>di</strong> 650 ettari. Tra le particolarità<br />

più rilevanti emergono la vegetazione che si sviluppa su<br />

muri <strong>di</strong> tufo verticali, e l’importante trasformazione dell’erba<br />

viperina che nelle estati più secche, solo in questa zona, si raggruppa<br />

<strong>di</strong>ventando un insieme trasparente e alto; ancora oggi<br />

i botanici ne stu<strong>di</strong>ano le causa; questa trasformazione, per<br />

via della sua in<strong>di</strong>cazione territoriale si chiama Echium Calcatensis.<br />

Le strutture ricettive, pur non essendo <strong>di</strong> altissimi standard<br />

qualitativi, risultano essere accomunate dal rispetto per<br />

le tra<strong>di</strong>zioni e per il luogo, così come i <strong>di</strong>ffusissimi ristoranti<br />

e bar che conservano il sapore dell’antico senza particolari<br />

interventi invasivi sulle strutture. Il piccolo borgo era completamente<br />

sprovvisto <strong>di</strong> strutture ricettive: oggi si contano<br />

più <strong>di</strong> 50 posti letto <strong>di</strong>sponibili tra bed and breakfast, alberghi<br />

<strong>di</strong>ffusi e affittacamere. Questa ventata <strong>di</strong> novità nel borgo e<br />

la sua valorizzazione turistica hanno riportato alla luce grazie<br />

ad alcuni stu<strong>di</strong>osi, spesso originari <strong>di</strong> Paesi nordeuropei, antiche<br />

culture e tra<strong>di</strong>zioni popolari. Infatti ad oggi è possibile<br />

ritrovare artigiani che lavorano il cuoio e la paglia, ridando vita<br />

a quegli oggetti <strong>di</strong> piccolo artigianato ormai <strong>di</strong>menticati.<br />

L’offerta ovviamente è integrata da altri manufatti non autoctoni<br />

ma curati e originali, evitando quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> cadere nella<br />

banalità dell’offerta presente in molti altri <strong>borghi</strong> me<strong>di</strong>evali, scampando quin<strong>di</strong> il<br />

<strong>di</strong>ffuso processo <strong>di</strong> omologazione dell’offerta turistica denominata comunemente<br />

come “processo <strong>di</strong> chiantizzazione”.<br />

Gli esempi <strong>di</strong> eventi <strong>di</strong> valorizzazione sono legati all’arte e alle mostre, nonché alle<br />

esperienze musicali e culinarie: la maggior parte degli eventi si concentra nei<br />

weekend, infatti è possibile trovarsi <strong>di</strong> fronte a una Calcata deserta durante i giorni lavorativi<br />

e a una Calcata invasa dai turisti durante i fine settimana e nelle festività. In un<br />

secondo momento, l’amministrazione comunale <strong>di</strong> Calcata ha appoggiato questo <strong>intervento</strong>,<br />

favorendo gli scambi internazionali e soprattutto <strong>di</strong>vulgando per le vie ufficiali<br />

il potenziale culturale e artistico del borgo; tra le maggiori vittorie sicuramente<br />

è l’ottenimento del marchio Ban<strong>di</strong>era Arancione del Touring Club Italiano. Tale riconoscimento<br />

ha assicurato una visibilità nazionale al borgo, incrementando notevolmente<br />

il numero <strong>di</strong> presenze annuali. Il Touring Club ne fornisce una fotografia molto<br />

suggestiva descrivendo Calcata come il luogo dove «le case <strong>di</strong> tufo rosso <strong>di</strong> Calcata vecchia<br />

furono perciò popolate da intellettuali, scrittori e artigiani che portarono nuova vitalità e conferirono<br />

al luogo una sorta <strong>di</strong> spirito bohemien. Per i vicoli <strong>di</strong> Calcata oggi è possibile ascoltare i mu-


sicanti, assistere alle esibizioni degli artisti <strong>di</strong> strada o ammirare le botteghe degli artigiani.»<br />

L’aria internazionale che si respira ricade inevitabilmente anche sulle manifestazioni,<br />

infatti la maggior attrazione annuale è la festa <strong>di</strong> Halloween che attira parecchie<br />

centinaia <strong>di</strong> persone.<br />

La valorizzazione non ha <strong>di</strong>menticato sicuramente la componente gastronomica<br />

e agricola: sono state riprese molto ricette tra<strong>di</strong>zionale come i tozzetti <strong>di</strong> Calcata,<br />

le ciambelline all’anice e la pizza pasquale. L’attenzione all’ambiente ha portato a ricadute<br />

importanti anche sul territorio circostante, riportando alcuni campi, incolti da<br />

anni, alle coltivazioni autoctone.<br />

Purtroppo non sono presenti dati economici più precisi dell’<strong>intervento</strong>: alcuni valori<br />

sono espressi nella parte riguardante i risultati ottenuti.<br />

Recupero urbano e architettonico<br />

Il borgo <strong>di</strong> Calcata, a <strong>di</strong>fferenza degli altri casi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o qui esaminati, non <strong>di</strong>spone<br />

<strong>di</strong> un <strong>intervento</strong> unitario <strong>di</strong> recupero per la sua peculiare storia. Vale la pena, pertanto,<br />

<strong>di</strong> esaminarne soprattutto la vicenda urbanistica e il suo inserimento territoriale.<br />

Il Regio Decreto del 27 giugno 1935 inseriva il comune <strong>di</strong> Calcata (allora coincidente<br />

col borgo me<strong>di</strong>evale) nell’elenco <strong>dei</strong> centri abitati da demolire per rischio idrogeologico,<br />

e ai residenti veniva concesso a titolo gratuito un lotto e<strong>di</strong>ficabile su terreno<br />

stabile. Bisogna attendere il dopoguerra per l’approvazione del piano della nuova località<br />

con la deliberazione del Consiglio Comunale n. 52 del 1955 e con il decreto n.11637<br />

del 30 Marzo 1961 del Provve<strong>di</strong>torato Regionale delle OO. PP. per il Lazio che portarono<br />

negli anni 1967-1969 all’effettivo spostamento della popolazione dalla rupe tufacea<br />

al nuovo inse<strong>di</strong>amento assieme agli uffici comunali, alla parrocchia e alla scuola,<br />

ovvero l’intera vita del paese. Solo nel 1993, dopo lunghe battaglie politiche, il Consiglio<br />

Regionale approva la Legge Regionale n. 2 che ammette il borgo antico al consolidamento,<br />

con relativa sistemazione idrogeologica e sanitaria, scongiurando così la demolizione<br />

del prezioso patrimonio storico e architettonico.<br />

Gli anni del trasferimento nel nuovo abitato <strong>di</strong> Calcata coincisero anche con<br />

l’abbandono del paese: i dati del censimento del 1971 fotografano una popolazione<br />

<strong>di</strong> 585 abitanti a fronte <strong>dei</strong> 698 del 1961, riportando la situazione demografica a<br />

quella <strong>di</strong> fine Ottocento. Nei <strong>di</strong>eci anni successivi, tuttavia, la popolazione crebbe <strong>di</strong><br />

100 unità fino a raggiungere oggi i 924 residenti, <strong>di</strong> cui circa 70 nel vecchio borgo.<br />

Questi nuovi residenti sono la particolare popolazione <strong>di</strong> pittori, scultori, fotografi,<br />

artigiani, architetti e creativi italiani e stranieri, che a partire dagli anni dell’abbandono<br />

hanno iniziato a far rivivere Calcata antica.<br />

Le caratteristiche urbane che venivano apprezzate erano la piccola scala,<br />

l’isolamento del borgo che aveva consentito <strong>di</strong> conservare le antiche tra<strong>di</strong>zioni (la<br />

strada che raggiunge Calcata risale al 1960); la straor<strong>di</strong>naria posizione sulla rupe affacciata<br />

sulla valle del fiume Treja, e la collocazione tranquilla a una <strong>di</strong>stanza relativa<br />

da Roma (50 km). Come avviene per molti <strong>dei</strong> centri <strong>storici</strong> <strong>minori</strong>, Calcata non<br />

offre eccezionali monumenti, ma la sua bellezza risiede nell’insieme <strong>di</strong> quegli e<strong>di</strong>fici<br />

che rischiavano <strong>di</strong> scomparire assieme all’originale impianto urbano. Al borgo, interamente<br />

e obbligatoriamente pedonale, si accede attraverso un ampio, doppio portale<br />

<strong>di</strong> età me<strong>di</strong>evale parzialmente coperto, riportante lo stemma della famiglia degli<br />

Anguillara, che è stato da poco restaurato. All’interno si erge la Chiesa del SS. Nome<br />

<strong>di</strong> Gesù risalente alla prima metà del Trecento, arricchita da pregevoli stucchi tardorinascimentali<br />

e da un tabernacolo del XVI secolo <strong>di</strong> marmi policromi; la chiesa antica<br />

ha la sua corrispondente nell’abitato nuovo nella Chiesa <strong>di</strong> S. Cornelio e S. Ci-<br />

69<br />

Fig. 5. Particolare<br />

d’<strong>intervento</strong>. Ingresso <strong>di</strong><br />

un’ex abitazione convertita in<br />

pubblico esercizio.


70<br />

Fig. 6. Vicolo interno <strong>di</strong><br />

Calcata dopo il processo <strong>di</strong><br />

rivitalizzazione.<br />

Fig. 7. Esempio tipico <strong>di</strong><br />

profferlo viterbese.<br />

Fig. 8. Caratteristica porta<br />

trilobata inserita in una parete<br />

<strong>di</strong> tufo rosso.<br />

Fig. 9. Calcata dopo gli<br />

interventi <strong>di</strong> recupero e<br />

valorizzazione. Veduta dalla<br />

via d’accesso.<br />

priano, inaugurata nel 2009 e opera dell’architetto Paolo Portoghesi, tra i più illustri<br />

abitanti del borgo vecchio.<br />

Altro e<strong>di</strong>ficio degno <strong>di</strong> nota è il Palazzo Baronale degli Anguillara che si affaccia su<br />

piazza Vittorio Emanuele II, restaurato all’inizio degli anni Novanta per <strong>di</strong>ventare sede<br />

del Parco Regionale Valle del Treja. Qui è presente una sala polifunzionale che funge<br />

da spazio riunioni e da spazio espositivo, a <strong>di</strong>sposizione <strong>dei</strong> membri della comunità<br />

che ne facciano richiesta per eventi culturali come mostre o presentazioni.<br />

Le strette vie si <strong>di</strong>panano tra i vecchi piccoli e<strong>di</strong>fici recuperati nel piano terra <strong>dei</strong><br />

quali trovano spazio botteghe artigiane, atelier d’artista, servizi <strong>di</strong> ristorazione per i<br />

visitatori e se<strong>di</strong> <strong>di</strong> associazioni culturali (fig.6). Tra questi spazi merita attenzione il<br />

granaio del paese, il cosiddetto Granarone, sede <strong>di</strong> un’omonima associazione culturale<br />

e risalente al 1632, rimasto attivo fino al 1950 e salvato dalla rovina in anni recenti<br />

dall’<strong>intervento</strong> <strong>di</strong> restauro <strong>di</strong> un citta<strong>di</strong>no olandese. Al <strong>di</strong> sotto del livello stradale<br />

molte case hanno grotte scavate nel tufo della rupe che fungevano da depositi, cantine<br />

e, anticamente, anche da tombe e luoghi <strong>di</strong> culto. Gli enormi se<strong>di</strong>li <strong>di</strong> pietra della<br />

piazza costituiscono un elemento interessante dell’arredo urbano.<br />

Il recupero degli e<strong>di</strong>fici è avvenuto su iniziativa in<strong>di</strong>viduale <strong>dei</strong> singoli nuovi proprietari<br />

che, pur mancando in quegli anni un piano specifico per il restauro <strong>di</strong> Calcata,<br />

hanno saputo valorizzarne gli elementi architettonici, come i profferli tipici del viterbese<br />

(fig. 7), i materiali, come il caratteristico tufo rosso, e l’ornato, tanto che il<br />

borgo appare oggi come un insieme armonico e pienamente inserito nel suo territorio<br />

e nella sua storia (fig.8). Gli interventi più recenti dell’amministrazione comunale<br />

per favorire la fruizione del borgo antico riguardano la creazione <strong>di</strong> un parcheggio<br />

<strong>di</strong> 150 posti auto a poca <strong>di</strong>stanza dal borgo, la costruzione <strong>di</strong> un anfiteatro<br />

e <strong>di</strong> un’area verde, l’adozione <strong>di</strong> un regolamento sull’ornato (fig. 9).


Risultati<br />

Basandoci sui dati raccolti per il Touring Club nel 2011, possiamo comprendere che<br />

grazie all’<strong>intervento</strong> <strong>di</strong> valorizzazione la popolazione residente è tornata ai livelli <strong>dei</strong> primi<br />

del secolo quando erano presenti nel piccolo comune quasi 1000 in<strong>di</strong>vidui, dopo il<br />

calo degli anni Settanta, che vedeva <strong>di</strong>mezzati i residenti, oggi se ne contano 924.<br />

I turisti fino a qualche decennio fa erano completamente assenti, tanto che il borgo<br />

sembrava un angolo <strong>di</strong> vecchio mondo, dove il tempo si era fermato e la modernità<br />

non aveva fatto ancora suo ingresso.<br />

Nel 2011 sono stati registrati più <strong>di</strong> 55.000 turisti <strong>di</strong> cui 50.000 turisti italiani e<br />

5.000 turisti stranieri. L’offerta turistica è più che altro basata su un turismo <strong>di</strong> giornata,<br />

considerando la grande vicinanza a Roma. Ma le strutture ricettive si sono notevolmente<br />

intensificate prevedendo anche un turismo <strong>di</strong> permanenza.<br />

La vocazione turistica del territorio si riflette inevitabilmente sul territorio e sull’agricoltura;<br />

la ristrutturazione degli ambienti ha un costo <strong>di</strong> 1400 euro al metro<br />

quadro. Il flusso turistico è determinante per la produzione agricola e l’artigianato,<br />

assicurando un impiego costante degli abitanti. L’utilizzo <strong>di</strong> prodotti a chilometro zero<br />

e coltivazioni tra<strong>di</strong>zionali hanno visto rinascere alcune figure tra<strong>di</strong>zionali ormai<br />

estinte. La valorizzazione ha azzerato il tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione del territorio; si può<br />

notare che gran parte delle attività sono in proprio.<br />

Rassegna stampa<br />

Il caso <strong>di</strong> Calcata non è nuovo alla stampa, infatti l’attenzione giornalistica al piccolo<br />

comune in provincia <strong>di</strong> Viterbo non è legata soltanto alla virtuosità della valorizzazione,<br />

ma anche alla legge che prevedeva l’abbattimento del complesso me<strong>di</strong>evale<br />

per problemi <strong>di</strong> stabilità e sicurezza.<br />

Nel gennaio del 1993 il «Corriere della Sera» fa sapere che finalmente è approvato<br />

dal commissario <strong>di</strong> governo il testo unificato della proposta <strong>di</strong> legge per il conso-<br />

71


72<br />

lidamento e il risanamento igienico e sanitario <strong>di</strong> Calcata. Per tale progetto era stato<br />

stanziato un miliardo <strong>di</strong> lire a cui, a detta del «Corriere», seguiranno altri stanziamenti<br />

per la salvaguar<strong>di</strong>a. Già nel 1993 si può leggere che la comunità residente tra<strong>di</strong>zionale<br />

è stata sostituita da ecologisti, mistici e artisti, mentre i vecchi abitanti del<br />

borgo sono impassibili agli ultimi mutamenti.<br />

Nello stesso giorno «Il Messaggero» scrive che lo sforzo e l’impegno delle associazioni<br />

ambientaliste e <strong>di</strong> tanti amanti del piccolo borgo sono stati premiati. Il commissario<br />

<strong>di</strong> governo ha definitivamente ratificato il testo della legge. In questo articolo verrà<br />

anche posto il problema della precarie con<strong>di</strong>zioni del Palazzo Baronale, che presenta<br />

crepe e sventramenti essendo vittima <strong>di</strong> un pietoso abbandono. Lo stesso Palazzo Baronale<br />

che da lì a pochi sarà restaurato dall’architetto Paolo Portoghesi.<br />

Il 1993 è stato un anno importante per Calcata, forse il più significativo, la serenità<br />

dovuta alla legge che prevedeva il consolidamento ha dato il via a una serie <strong>di</strong><br />

manifestazioni e interventi <strong>di</strong> valorizzazione e promozione anche nel lungo periodo.<br />

Nell’aprile «Panorama» de<strong>di</strong>ca un prezioso articolo al piccolo comune, definendola<br />

la nuova meta per i ra<strong>di</strong>cal chic <strong>di</strong> matrice ecologica. Nell’articolo è dato molto risalto<br />

alla presenza dell’architetto Paolo Portoghesi e al suo costante interesse per il<br />

comune, infatti si legge che «Paolo Portoghesi la raggiunge nei week end. È lui che negli anni<br />

Sessanta ne ha fatto scoprire il fascino. In paese lo chiamano il feudatario, ma gli vogliono bene, gli<br />

danno tutti del tu. E solo a Calcata Portoghesi è riuscito a trovare la tranquillità per scrivere il suo<br />

nuovo libro Natura e Architettura».<br />

Nello stesso articolo vengono forniti dati importanti sulle quotazioni della case<br />

passate da poche lire a 5 milioni al metro quadro, Calcata è <strong>di</strong>ventato un posto da vip:<br />

infatti nel piccolo borgo si vedono Amanda Sandrelli, Federico Laterza, Dario Bellezza,<br />

Cesare Vival<strong>di</strong> e tanti altri.<br />

Calcata sarà consacrata come luogo turistico <strong>di</strong> grande pregio da un articolo <strong>di</strong><br />

quasi <strong>di</strong>eci pagine, uscito su «Alisei» nel 1994, l’articolo a firma del suo “padrino”<br />

Portoghesi, è arricchito da uno stu<strong>di</strong>atissimo reportage fotografico che rende un<br />

paese quasi irreale e fatato. L’architetto ne evidenzia la storia e il recupero regalando<br />

ai lettori immagini oniriche <strong>di</strong> un passato ormai perduto.<br />

Negli anni che seguiranno tanti sono stati gli articoli usciti sulla stampa nazionale<br />

e internazionale, per tracciarne alcune delle tappe pren<strong>di</strong>amo il «Corriere della Sera»<br />

del maggio del 1995, che evidenzia le iniziative che vedono come protagonista<br />

Calcata e la sua Festa Me<strong>di</strong>evale.<br />

Lo stesso evento è stato ripreso dal Messaggero che intitola «Festa me<strong>di</strong>evale a Calcata,<br />

viaggio nel tempo,» in esso si legge: «la festa me<strong>di</strong>evale <strong>di</strong> Calcata è un evento culturale in sintonia<br />

con il particolare contesto storico, archeologico e ambientale in cui il paese è inserito». Calcata<br />

non è quin<strong>di</strong> solo un paese da visitare, ma <strong>di</strong>venta un paese da vivere grazie alle numerose<br />

iniziative, come le passeggiate nei boschi a tema vegetariano, le mostre d’arte<br />

e le manifestazione per la tutela ambientale, paesaggistica e degli animali.<br />

Altra data importante sarà il 2002, quando i restauri del Palazzo Baronale saranno<br />

ultimati: sul «Corriere della Sera» si legge che dopo sette anni <strong>di</strong> lavori il Palazzo<br />

sarà riaperto e che per l’inaugurazione sarà presente il ministro Giuliano Urbani.<br />

Uno degli ultimi articoli più prestigiosi è stato nel 2008 su «Famiglia Cristiana»,<br />

che descrive un paese amato dagli artisti, la giornalista Mapelli pone molta attenzione<br />

alla storia del borgo e lo descrive come un luogo «dove una manciata <strong>di</strong> sognatori, a partire<br />

dal 1977, ha trasformato in realtà i loro principi <strong>di</strong> paese. Così, dopo l’abbandono, torna la<br />

vita».


Note<br />

1<br />

Definizione del “Modello Santo Stefano” del Comune <strong>di</strong> Santo Stefano <strong>di</strong> Sessanio.<br />

2<br />

Il ricavato dagli ingressi, a donazione libera, vanno in donazione alle fondazioni che si occupano<br />

della tutela dell’ambiente o del patrimonio storico e architettonico, tra queste Lega Ambiente e<br />

Italia Nostra Onlus.<br />

3<br />

Non è presente una vera e propria bibliografia, indagine è stata possibile grazie alla documentazione<br />

fornita dalla Sextanio s.p.a.. Il documento a cui si fa riferimento in questo punto è un esempio <strong>di</strong><br />

trasferimento <strong>di</strong> valore al territorio, del 14.04.2010.<br />

4<br />

Fonte CRESA, 2001.<br />

5<br />

E. Casi De Pierlas I conti <strong>di</strong> Ventimoglia: il priorato <strong>di</strong> San Michele e il principato <strong>di</strong> Seborga. Paravia, To-<br />

rino 1884.<br />

6<br />

N. Lambroglia, Toponomastica Intemelia. Dizionario <strong>di</strong> Toponomastica Ligure. Istituto Stu<strong>di</strong> Liguri,<br />

Bor<strong>di</strong>ghera 1946.<br />

7<br />

S. Langè. L’ere<strong>di</strong>tà romanica. La casa europea in pietra. Jaca Book, Milano 1989.<br />

8<br />

M. Fini, Val Roja mutilata. Nilla Gismon<strong>di</strong>, una vita per <strong>di</strong>fendere il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere italiani, E<strong>di</strong>zioni<br />

Team 80, Milano 1987.<br />

9<br />

«Alisei», giugno 1994, pg. 44. Touring Club e<strong>di</strong>zioni, Milano.<br />

10<br />

G. Tomasetti, La Campagna Romana, Leo S.Olschki, Firenze 1979.<br />

11<br />

L.V. Bertarelli, Nel paese <strong>dei</strong> Falisci: Civitacastellana, Faleria, Narce (Calcata), Touring Club e<strong>di</strong>zioni,<br />

Milano 1927.<br />

12<br />

A. Cozza, A. Pasqui, Materiale per l’Agro falisco, Leo S. Olschki, Firenze 1981.<br />

13 Narrazione critico-istorica della reliquia preziosissima del Santissimo Prepuzio <strong>di</strong> n.s. Gesù Cristo che si venera<br />

nella Chiesa parochiale <strong>di</strong> Calcata Diocesi <strong>di</strong> Civitacastellana. ristampata ed accresciuta per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> S.<br />

E. il sig. Marchese Cesare Sinibal<strong>di</strong> Gambalunga, Vincenzo Poggioli, Roma 1802.<br />

14<br />

E. Guidoni, D. Tamblè, I centri <strong>storici</strong> <strong>di</strong> Calcata, Castel Sant’Elia, Monteromano : gli abitanti e le case<br />

nel catasto gregoriano, 1819-1820, D.Ghaleb, Vetralla 2001.<br />

15<br />

Guida alla provincia <strong>di</strong> Roma, Club Alpino Italiano, Milano 1894.<br />

Bibliografia essenziale<br />

Nella bibliografia non sono inseriti i documenti <strong>di</strong> amministrazioni pubbliche e organizzazioni internazionali,<br />

leggi, decreti, proposte <strong>di</strong> legge, piani regolatori, comunicazioni parlamentari, elaborazioni<br />

dati, rapporti annuali <strong>di</strong> istituti <strong>di</strong> ricerca e organizzazioni, progetti regionali, protocolli d’intesa. Queste<br />

e altra documentazione utilizzata sono reperibili in nota.<br />

Abbate E., Guida alla provincia <strong>di</strong> Roma, Club Alpino Italiano, Milano 1894.<br />

Bertarelli L.V., Nel paese <strong>dei</strong> Falisci: Civitacastellana, Faleria, Narce (Calcata),Touring Club e<strong>di</strong>zioni, Milano<br />

1927.<br />

Boscarino S., Dal restauro al recupero, in A. Cangelosi, R. Prescia (a cura <strong>di</strong>) , Sul restauro architettonico,<br />

Milano 1999.<br />

Bran<strong>di</strong> C., voce “Restauro” in Enciclope<strong>di</strong>a Universale dell’ Arte, vol. XI, Venezia-Roma 1963.<br />

Carbonara G., Trattato <strong>di</strong> restauro architettonico, UTET, Torino 1996.<br />

Carbonara G., La reintegrazione dell’immagine. Problemi <strong>di</strong> restauro <strong>dei</strong> monumenti, Bulzoni, Roma 1976.<br />

Casi De Pierlas E., I conti <strong>di</strong> Ventimiglia: il priorato <strong>di</strong> San Michele e il principato <strong>di</strong> Seborga, Paravia, Torino<br />

1884.<br />

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