Shigeru Egami - Egami Karate Do Italia
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<strong>Shigeru</strong> <strong>Egami</strong><br />
(da Wikipedia, l'enciclopedia libera)<br />
<strong>Shigeru</strong> <strong>Egami</strong> nacque nella Prefettura di Fukuoka (isola di Kyūshū) nel 1912, in una<br />
famiglia di commercianti e costruttori edili.<br />
In gioventù praticò Jūdō e Kendō. Nel 1924, studente delle scuole secondarie, vide per la prima<br />
volta alcune tecniche di <strong>Karate</strong>. Scrisse a tal proposito: «Gli strani movimenti e le tecniche di un<br />
capomastro di lavori edili, originario di Okinawa, mi sembrarono misteriosi e mi incuriosirono,<br />
solo in seguito ho capito che egli era solo un principiante...».<br />
Nel 1931 entrò alla facoltà di Commercio dell'Università Waseda e per un breve periodo praticò<br />
Aikidō. Nello stesso anno incontrò il M° Funakoshi diventandone allievo e aiutandolo a fondare il<br />
club locale di <strong>Karate</strong> all'Università Waseda. Sempre lo stesso anno un suo compagno di Università<br />
iniziò la pratica nel medesimo club. Il suo nome era Genshin (Motonobu) Hironishi e la loro<br />
amicizia divenne talmente salda da durare tutta la vita. Hironishi scrisse: «Non posso dire<br />
esattamente come, ma sin dall'inizio nacque tra noi una comunicazione molto spontanea, un tipo di<br />
unione che includeva anche altri aspetti della vita quotidiana.»<br />
Nei primi anni trenta venne coinvolto nella divulgazione del <strong>Karate</strong>-dō in Giappone e partecipò,<br />
prima con Takeshi Shimoda poi, dopo la morte di quest'ultimo, con Yoshitaka Funakoshi, a<br />
numerose dimostrazioni. Scrisse a tal proposito: «Ricordo i viaggi che noi, allievi del maestro<br />
Funakoshi, facemmo nella zona di Kyōto-Ōsaka e nell'isola di Kyūshū sotto la guida di Takeshi<br />
Shimoda, il nostro istruttore e il migliore tra gli studenti di Funakoshi. Questo accadeva attorno al<br />
1934, circa dodici anni dopo la prima dimostrazione che il maestro fece a Tōkyō. Il <strong>Karate</strong>, in quei<br />
giorni, era considerato una mera tecnica di combattimento ma aveva un'aura di segretezza e mistero.<br />
Di conseguenza sembra che la curiosità fosse l'unico motore a spingere gruppi di persone ad<br />
assistere alle nostre dimostrazioni. Sebbene non conosca bene la carriera di Shimoda, so per certo<br />
che fu un esperto della scuola Nen-ryū di Kendō e studiò anche Ninjitsu. Per uno sfortunato volere<br />
del fato si ammalò dopo una delle nostre dimostrazioni e morì poco dopo. Shimoda era l'assistente<br />
del maestro Funakoshi e si occupava dell'insegnamento quando quest'ultimo era impegnato. Il suo<br />
posto venne preso dal terzo figlio del Maestro, Gigō (Yoshitaka), che non era solo un uomo dal<br />
carattere eccellente ma anche un grande esperto dell'arte. Sicuramente non c'era persona più<br />
qualificata per l'insegnamento ai giovani studenti. Comunque, poiché all'epoca era tecnico radiologo<br />
all'Università Imperiale di Tōkyō e al Ministero dell'Educazione, si dimostrò piuttosto riluttante ad<br />
assumere anche questo incarico. <strong>Do</strong>po le numerose pressioni da parte del padre e dei suoi studenti<br />
finì comunque per accettare e, di lì a poco, attirò la nostra ammirazione ed il nostro rispetto ».<br />
A dispetto di un'apparente eccellente forma fisica, <strong>Egami</strong>, come anche Yoshitaka Funakoshi,<br />
soffriva già di seri problemi di salute. Fu scartato alla visita di incorporazione per il servizio<br />
militare in quanto aveva seri problemi polmonari e più tardi, all'età di 24 anni, contrasse la<br />
tubercolosi. A seguito della morte del fratello maggiore, <strong>Egami</strong> si sentì in dovere di tornare<br />
nell'isola di Kyūshū per seguire l'azienda familiare.<br />
Presto però lasciò questa occupazione in quanto non si sentiva adatto alla vita del commerciante e<br />
fece ritorno a Tōkyō impegnandosi, con Yoshitaka Funakoshi e Genshin Hironishi, allo sviluppo<br />
del <strong>Karate</strong>-dō. Erano state create nuove posizioni, come il fudo dachi, e nuove tecniche di calcio<br />
quali yoko geri (kekomi e keage), alcune forme di mawashi geri, fumikomi e ushiro geri. Le<br />
posizioni, in generale, erano divenute più basse e più ampie.
Nel 1935, <strong>Egami</strong>, aderì al comitato creato da Kichinosuke Saigo per la raccolta dei fondi per la<br />
costruzione di un dōjō dedicato esclusivamente alla pratica del <strong>Karate</strong>. Come già ricordato questo<br />
comitato costituì l'embrione del gruppo Shōtōkai. Riguardo alla costruzione del dōjō scrisse: «Verso<br />
il 1936 i giovani allievi si sono riuniti attorno al M° Yoshitaka Funakoshi per costruire il dōjō<br />
centrale, che fu chiamato Shōtōkan partendo dallo pseudonimo in calligrafia del Maestro<br />
Funakoshi. Tuttavia, all'epoca non si ricorreva a tale appellativo, noi tutti chiamavamo questo dōjō<br />
semplicemente "Honbu dōjō" (dōjō centrale). Che gioia allenarsi in un dōjō così bello e per di più<br />
costruito con i nostri sforzi! La sensazione era quella di essere consanguinei e lo spirito con il quale<br />
ci esercitavamo risultò ancora più vigoroso. Naturalmente anche la felicità del vecchio maestro<br />
Funakoshi (Gichin) e del giovane (Yoshitaka) era grande; ogni volta che comparivano nel dōjō ci<br />
offrivano la loro guida con un sorriso in più». Sempre considerato uno degli allievi più attivi del M°<br />
[[Gichin Funakoshi|Funakoshi], <strong>Egami</strong> iniziò ad insegnare <strong>Karate</strong> alle Università di Gakushuin,<br />
Toho e Chuo e fu l'istruttore più giovane ad essere eletto Membro del Comitato di Valutazione da<br />
Gichin Funakoshi. Nel corso della seconda guerra mondiale insegnò inoltre alla Nakano School che<br />
era un centro di addestramento per spie e commandos giapponesi che il Maestro Mitsusuke Harada<br />
definisce una via di mezzo tra il MI5/MI6 (servizi segreti) e le SAS (Special Air Service) britannici.<br />
Nel 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, <strong>Egami</strong> assistette in meno di un anno alla<br />
distruzione della casa e del dōjō del M° Funakoshi e alla morte del maestro e grande amico<br />
Yoshitaka Funakoshi. <strong>Do</strong>po la morte di Yoshitaka Funakoshi, <strong>Egami</strong> iniziò a sentirsi assillato dalla<br />
necessità di perseguire la Via da sempre indicata dal suo Maestro e individuata nel lavoro che aveva<br />
iniziato con Yoshitaka Funakoshi e Genshin Hironishi: la trasformazione dell'arte di Okinawa in<br />
un'arte del Budō giapponese, partendo dal <strong>Karate</strong> per giungere al <strong>Karate</strong>-dō. Fu proprio nell'ambito<br />
di questa sua ricerca che, per sciogliere il dubbio sull'efficacia dello tsuki, si fece ripetutamente<br />
colpire l'addome (con questo probabilmente aggravando il suo già compromesso stato di salute) dai<br />
colpi di pugno di diverse persone e concludendo che il tipo di attacco dei <strong>Karate</strong>ka appariva essere<br />
quello meno efficace. Scrisse in proposito: «Mi sono chiesto per molto tempo se i colpi frontali del<br />
<strong>Karate</strong> fossero veramente efficaci. Ho fatto di tutto, dallo spezzare tavole e tegole al rompere<br />
mattoni, ma nonostante queste operazioni fossero andate a buon fine, rimaneva il dubbio circa<br />
l'effetto prodotto dagli stessi colpi su un corpo umano. L'esperienza personale mi ha insegnato che<br />
quest'ultimo è più resistente di quanto si possa pensare; le sue caratteristiche sono totalmente<br />
differenti da quelle di tavole e tegole, in più possiede uno "spirito" sottilmente inspiegabile. Quando<br />
non siamo certi della reale efficacia dei nostri colpi allora ci assale uno stato d'ansia non<br />
indifferente. Ho provato a porre il quesito che mi assillava a parecchie persone e le risposte sono<br />
state varie ma nessuno ha dichiarato d'esser certo del potere delle proprie azioni nonostante sembra<br />
che molti posseggano la forza sufficiente per infliggere un "colpo mortale". Un'antica tradizione<br />
giapponese, presa alla lettera, dice che o si crede ciecamente, oppure si mette da parte l'inquietudine<br />
interiore e ci si sforza di credere; io decisi di seguire il consiglio. In pratica non è così semplice<br />
pensare di trovare cavie disponibili né tantomeno persone pronte a infierire su di noi nonostante il<br />
palese consenso; qualcuno ci ha provato senza ottenere un gran risultato, e poi bisogna tenere conto<br />
del fatto che pochi sarebbero quelli inclini a rendere pubblico un esito di cui si vergognano.<br />
Affinché il colpo andasse a segno era indispensabile che il tempismo fosse perfetto, non<br />
approssimativo. Quando il rischio era la vita, peraltro quasi mai, mi è capitato di far mostra di colpi<br />
efficaci eppure ben lontani dall'essere letali; tuttavia, nei Kata e nelle tecniche messe in pratica in<br />
quelle occasioni c'era qualcosa di diverso dai Kata e dalle tecniche dell'allenamento abituale. Non<br />
c'è dubbio che i colpi andati a segno furono tali per puro caso, e questa non è solo la mia opinione, è<br />
il parere di persone che, come me, decine di migliaia di volte hanno percosso e si sono fatte<br />
picchiare l'addome e l'epigastrio: è la voce dell'esperienza che parla. Per rimuovere l'insicurezza ci<br />
si sforzò, si cercò di approfondire, migliorare, e ne emerse che "il <strong>Karate</strong> è la tecnica della<br />
concentrazione". Prima di tutto, fisicamente è nato dalla concentrazione della forza su un punto ben<br />
preciso; ciò significa che, in termini pratici, sia in caso di attacco che di difesa bisogna riunire tutta
la potenza laddove intendiamo colpire l'avversario. Da qui ebbero inizio ulteriori ricerche che,<br />
condotte contemporaneamente alla disciplina di sempre, mi consentirono di capire che la<br />
"concentrazione" non è un fenomeno esclusivamente fisico bensì necessariamente e inevitabilmente<br />
"mentale". Come fare per rendere le proprie tecniche efficaci? Quali sono i colpi che funzionano<br />
davvero? Vorremmo proprio saperlo, e vorremmo anche conoscere il potere delle nostre azioni,<br />
peccato che nessuno ce ne offra l'occasione. Al sottoscritto non rimase che mettere a disposizione il<br />
proprio addome affinché più persone lo colpissero; sulla base degli effetti prodotti potei chiarire i<br />
miei dubbi. Il mio stomaco venne picchiato a volontà da svariati karateka, judoka, kendoka e boxers<br />
e la cosa più deplorevole fu il risultato: i meno efficaci furono i primi della lista, nonostante si<br />
trattasse di veterani del <strong>Karate</strong>, mentre i pugni maggiormente andati a segno furono quelli dei<br />
praticanti la boxe. Ciò che mi sconvolse alquanto, però, fu l'esito sorprendente di perfetti<br />
incompetenti, persone che non avevano mai affrontato un allenamento. Rimasi sbalordito<br />
chiedendomi il perché, cercando le ragioni di una cosa simile, facendo confronti e tentando di<br />
scovare le differenze. Nel corso delle mie ricerche mi resi improvvisamente conto che l'allenamento<br />
portato avanti fino a quel momento in realtà irrigidiva, bloccando i movimenti, con l'illusione che<br />
producesse forza. Una volta scoperto il difetto si trattava di sciogliere le parti indurite rendendole<br />
elastiche, ragion per cui decisi di rimettere tutto allo studio.»<br />
Intanto, il primo maggio 1949, veniva fondata la già citata Nihon <strong>Karate</strong>-dō Kyōkai (Japan <strong>Karate</strong><br />
Association). Nonostante la fondazione e la supervisione da parte di uomini della corrente più<br />
tradizionale, Obata, Saigo, Hironishi, la JKA iniziò a poco a poco ad essere guidata da princìpi<br />
commerciali e da metodi e pratiche simili a quelli degli sport occidentali che culminò con<br />
l'emanazione del regolamento per le competizioni agonistiche (1955). Per questo motivo i<br />
tradizionalisti, tra cui i tre maestri sopracitati, lasciarono l'organizzazione. Il Maestro Funakoshi che<br />
inizialmente aveva gradito la popolarità che questo nuovo organismo stava riscuotendo, iniziò ad<br />
esserne preoccupato in quanto vedeva i valori essenziali del <strong>Karate</strong>-dō in forte rischio. Il 13 ottobre<br />
1956, nella prefazione alla seconda edizione del libro «<strong>Karate</strong>-dō Kyōhan» scrive: «...Non posso<br />
negare che vi siano momenti in cui divento dolorosamente consapevole del pressoché<br />
irriconoscibile stato spirituale al quale il mondo del <strong>Karate</strong> è giunto rispetto a quello che prevaleva<br />
all'epoca in cui, per la prima volta, ho introdotto ed iniziato l'insegnamento del <strong>Karate</strong>...» . <strong>Egami</strong><br />
avverte questa preoccupazione e decide di seguire gli incoraggiamenti del proprio maestro e degli<br />
allievi più anziani a continuare nella Via del Budō. Già nel 1953 la ricerca di <strong>Egami</strong> aveva avuto<br />
una svolta positiva. Nel ricevere uno tsuki dal giovane Tadao Okuyama notò che quell'attacco era<br />
straordinariamente più efficace di tutti quelli che aveva ricevuto fino ad allora. Allora, a poco più di<br />
quarant'anni di età, <strong>Egami</strong> prese la decisione di cambiare radicalmente i concetti e le forme<br />
convenzionali di esecuzione. Iniziò ad adottare tecniche eseguite in decontrazione, evitando l'uso di<br />
forza non necessaria. Ricominciò così a pensare al modo di colpire apparentemente leggero e<br />
rilassato ma estremamente efficace che distingueva le tecniche di Takeshi Shimoda, Yoshitaka<br />
Funakoshi e dello stesso Maestro Gichin Funakoshi.<br />
Allo stesso tempo venne in contatto con Hoken (o Shōyō o Noriaki) Inoue, fondatore dello Shinwa<br />
Taidō (poi Shinei Taidō) e nipote del fondatore dell'Aikidō, Morihei Ueshiba. Dai contatti con<br />
Inoue iniziò ad interessarsi all'energia vitale e alla sua circolazione nel corpo umano. Nel 1955, in<br />
piena fase di ricerca, dovette essere sottoposto a due operazioni allo stomaco. Tali operazioni, a<br />
distanza ravvicinata, lo portarono all'impossibilità di nutrirsi normalmente tanto che giunse a pesare<br />
solo 37 chili.<br />
L'indebolimento era tale da non rendergli possibile alcun tipo di allenamento fisico. Il ricovero e lo<br />
stato di precarietà finanziaria legate all'impossibilità di svolgere una qualsiasi attività furono<br />
sorpassate con grande difficoltà e solo grazie all'aiuto di amici come Hironishi, Okuyama e<br />
Yanagizawa. Scrisse di quel periodo: «...fui sottoposto ad un intervento per la rimozione di parte
del mio stomaco e, dopo meno di un anno, ad un'altra simile operazione. Poiché persi la forza di<br />
cui andavo così fiero, non potei più praticare <strong>Karate</strong>. Ancora più serie erano le difficoltà a<br />
condurre una vita normale. Ripenso a quel periodo, durante il quale ero caduto in una forte<br />
disperazione, come al peggior periodo della mia vita. Ma allora ricordai le altre parole del<br />
Maestro Funakoshi: "l'allenamento nel <strong>Karate</strong> deve essere quello praticabile da tutti, dai vecchi<br />
come dai giovani, dalle donne, dai bambini e dagli uomini." Con queste parole in mente presi la<br />
decisione di vedere se mi fosse possibile praticare anche se mi trovavo in pessime condizioni<br />
fisiche. I risultati furono rassicuranti e trovai che mi era possibile praticare grazie all'oculata scelta<br />
di certi metodi. Avendo successo decisi di votare il resto della mia vita alla pratica del <strong>Karate</strong>».<br />
Nel 1956 fu tra i fondatori della Nihon <strong>Karate</strong>-dō Shōtōkai insieme al proprio maestro, a Hironishi,<br />
Obata e Noguchi. La morte di Gichin Funakoshi colpì profondamente <strong>Egami</strong> che era presente, con i<br />
familiari del proprio maestro, al capezzale di quest'ultimo quando questi esalò l'ultimo respiro.<br />
Questo triste evento e gli accadimenti che caratterizzarono i giorni immediatamente seguenti furono<br />
la scintilla che spinse <strong>Egami</strong> a proseguire con ancor maggiore determinazione nella propria ricerca.<br />
<strong>Do</strong>po la morte del M° Funakoshi, <strong>Shigeru</strong> <strong>Egami</strong> divenne istruttore capo dello<br />
[Shotokan|Shōtōkan]], il dōjō del M° Funakoshi, nel frattempo ricostruito. Nel 1963, probabilmente<br />
stimolato dagli effetti del suo debole stato di salute, <strong>Egami</strong> scoprì tecniche che andavano oltre la<br />
mera esecuzione fisica, in particolare il tōate o colpo a distanza senza contatto fisico.<br />
Nel 1967, mentre conduceva una sessione di allenamento estivo all'Università di Chuo, fu colpito<br />
da attacco cardiaco e salvato in extremis grazie ad una tecnica di rianimazione applicatagli dal suo<br />
allievo Hiroyuki Aoki (futuro fondatore dello Shintaidō). Fu così che si trovò nuovamente per un<br />
lungo periodo confinato in un letto di ospedale. Questa esperienza però gli offrì una nuova visione<br />
delle cose. L'agonia della morte fisica provata per qualche minuto lo risvegliò ad un nuovo<br />
significato per la propria vita e per la pratica del <strong>Karate</strong>-dō. Egli, a tal proposito scrisse: «Una volta<br />
sono morto. Sono già trascorsi più di tre anni da allora. Si è trattato di un attimo, forse di una<br />
decina di secondi. Ciò che ho capito in seguito è che si è trattato di una specie di attacco cardiaco.<br />
In quel fuggevole istante ho fatto un'esperienza straordinaria e preziosa. Le condizioni erano quelle<br />
di un uomo di fronte alla morte. Indicibile dolore, sofferenza, malinconia - non fu cosa facile né<br />
tantomeno paragonabile all'amore per l'isolamento - e poi afflizione, paura e angoscia messe<br />
insieme sì da diventare una cosa acuta, penetrante. La partecipazione emotiva fu pressoché assoluta,<br />
io che avevo sempre ostentato un abituale stato di calma. Anche la gioia di quando ritornai alla vita<br />
fu straordinaria: vedevo tutto splendere, fu un'impressione reale, fu la felicità di sentire la vita. Fu<br />
l'acme del piacere, tanto che era come se avessi dovuto parlarne con tutti. È probabile che estasi sia<br />
il termine più adeguato per questa esperienza che mi fu dato di fare nell'arco di dieci o venti minuti,<br />
poiché ho provato di persona la dignità nonché la gioia di vivere. Torniamo a quella decina di<br />
minuti. L'amicizia delle persone intorno, i mutamenti dello spirito e poi il prodigio dello scambio tra<br />
gli esseri, tra gli animi, tra i corpi: non sono sicuro di essere in grado di raccontare quel che mi fu<br />
concesso di apprendere. L'uomo non è fatto per vivere da solo; sostenuto da molti, similmente alla<br />
maglia di una fitta rete vive in relazione agli altri, attraverso lo scambio con gli altri. Ecco ciò che<br />
compresi.»<br />
Il destino gli concesse altri quindici anni di vita che egli dedicò integralmente alla trasmissione<br />
della Via tracciata dal suo maestro e da lui seguita e sviluppata. Inizialmente con gli scritti, poi con<br />
la sua presenza e la sua supervisione ai corsi, anni dopo attraverso la pratica adattata alla sua<br />
condizione fisica e all'età egli riuscì a trasmettere il suo metodo. Il 10 ottobre del 1980, durante una<br />
sessione d'allenamento per istruttori, le condizioni di salute del M° <strong>Egami</strong> si aggravarono e venne<br />
ricoverato in ospedale. Due giorni dopo fu colpito da emorragia cerebrale e da allora non riprese più<br />
conoscenza. Morì l'8 gennaio del 1981 in seguito a complicanze causate da una polmonite.