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In<strong>di</strong>ce<br />
Introduzione pag. 2<br />
Un pò <strong>di</strong> storia del coaching e dell’ascolto pag. 3<br />
L’ascolto contestuale pag. 5<br />
Ascolto e Ascolto Contestuale pag. 7<br />
Classificazioni dell’ascolto pag. 09<br />
Distorsioni dell’ascolto pag. 10<br />
Significato delle parole nell’ascolto pag. 11<br />
Comunicazione non verbale pag. 12<br />
Stili <strong>di</strong> ascolto pag. 13<br />
Un po’ <strong>di</strong> tecnica e un po’ d’altro pag. 17<br />
Continuare a migliorare l’ascolto attivo pag. 20<br />
Aforismi sull’ascolto pag. 24<br />
Metafore, racconti e suggestioni “ in ascolto”<br />
Note pag. 44<br />
Bibliografia pag. 46<br />
01
Introduzione<br />
I più invece, a quanto c’è dato vedere, sbagliano, perché si esercitano nell’arte <strong>di</strong> <strong>di</strong>re prima <strong>di</strong><br />
essersi impratichiti in quella <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong>, pensano che per pronunciare un <strong>di</strong>scorso ci sia bisogno<br />
<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> esercizio, ma che dall’ascolto, invece, possa trarre profitto anche chi vi si<br />
accosta in modo improvvisato.<br />
Plutarco1<br />
L’oggetto <strong>di</strong> questo lavoro è una breve <strong>di</strong>samina <strong>di</strong> uno degli strumenti più potenti a <strong>di</strong>sposizione<br />
<strong>di</strong> un coach professionista, che si richiami alle in<strong>di</strong>cazioni della ICF e <strong>di</strong> CoachU Italia,<br />
ossia l’ascolto o per meglio <strong>di</strong>re l’“ascolto contestuale o attivo”.<br />
La <strong>di</strong>fferenza terminologica fra contestuale e attivo è in realtà molto sottile tanto che spesso i<br />
due termini sono usati, a ragione, come sinonimi; tuttavia poiché esistono due termini <strong>di</strong>versi,<br />
una certa <strong>di</strong>fferenza ci deve pur essere, tale <strong>di</strong>fferenza pare a nostro avviso risiedere in questo:<br />
• Contestuale focalizza l’attenzione del coach sul quadro d’insieme in cui si svolge la sessione:<br />
ambiente, cultura, situazione;<br />
• Attivo presuppone uno sforzo volontaristico del coach ad “<strong>ascoltare</strong>” non solo con le orecchie<br />
ma con tutto il suo essere.<br />
L’uno, l’attivo, in<strong>di</strong>rizza il secondo, il contestuale, in un processo <strong>di</strong> attenzione maggiore in una<br />
<strong>di</strong>namica <strong>di</strong> complementarietà e <strong>di</strong> reciproca inter<strong>di</strong>pendenza e <strong>di</strong> vantaggio finale reciproco<br />
nella relazione coachee - coach.<br />
Il tema dell’ascolto percorre come un sottile filo rosso lo sviluppo delle civiltà e non esiste<br />
parte del mondo, dove nei “ testi sapienziali” (filosofici o religiosi) il tema dell’ascolto non sia<br />
trattato e sottolineato con forza. Non a caso si parla della Parola come <strong>di</strong> elemento fondante e<br />
creativo del singolo e del Creato: il Verbo, il Suono, pare sia l’atto primigenio e tale da <strong>di</strong>stinguere<br />
il caos dall’ Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino.<br />
Nel tempo il <strong>di</strong>alogo ha caratterizzato lo sviluppo della civiltà, ma è opportuno ricordare che,<br />
come <strong>di</strong>ce l’antico adagio: “Due monologhi non fanno un <strong>di</strong>alogo”.<br />
Dire però che un buon ascolto è garanzia <strong>di</strong> successo nell’attività del coach non è così semplicistico<br />
come può apparire. Vi è talmente bisogno <strong>di</strong> essere ascoltati in questi tempi in cui<br />
più che <strong>di</strong> suoni possiamo parlare <strong>di</strong> rumori assordanti, che il coaching si pone come un momento<br />
<strong>di</strong> calma <strong>di</strong> ri-flessione, <strong>di</strong> ascolto e <strong>di</strong> auto ascolto cercando <strong>di</strong> sopperire al bisogno<br />
<strong>di</strong> comunicare, <strong>di</strong> socializzare in piena e reciproca fiducia, in una pausa, in una “vacanza”, in<br />
uno spazio dove il coachee può fare chiarezza, trovare un modo ed anche un’opportunità per<br />
migliorare se stesso in un processo <strong>di</strong> sviluppo in<strong>di</strong>viduale e <strong>di</strong> presa <strong>di</strong> coscienza anche delle<br />
“gabbie”, dei “flussi” in cui spesso il pensiero si <strong>di</strong>batte alla ricerca <strong>di</strong> quella soluzione, che pure<br />
è proprio lì davanti e così evidente da non essere vista.<br />
02
Un po’ <strong>di</strong> storia del<br />
coaching e dell’ascolto<br />
Il coaching, come <strong>di</strong>sciplina autonoma si sviluppa attorno agli anni ‘70 del secolo scorso, partendo<br />
dalle <strong>di</strong>scipline sportive e in particolare dal tennis, grazie agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> T. Gallwey, dove si<br />
notò che gli atleti traevano maggiore beneficio per migliorare le proprie prestazioni da una serie<br />
<strong>di</strong> domande aperte, piuttosto che da prescrizioni o semplici <strong>di</strong>rettive.<br />
Dal campo strettamente sportivo il coaching è passato a quello aziendale (executive, corporate,<br />
business) portando una ventata <strong>di</strong> novità e <strong>di</strong> benessere all’interno <strong>di</strong> strutture organizzative che<br />
erano e sono connotate da una certa rigi<strong>di</strong>tà formale, anche in momenti <strong>di</strong> cambiamenti spesso<br />
traumatici. Il coaching si è posto come un valido strumento per migliorare le performance dei<br />
manager, nei vari livelli organizzativi, introducendo e rafforzando una cultura <strong>di</strong> coach-approach<br />
alle situazioni lavorative.<br />
Car<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> questa innovazione è stato, ed è, il ruolo fondamentale dell’ascolto.<br />
Sul tema dell’ascolto attivo (contestuale), come detto più sopra, esiste una lunghissima tra<strong>di</strong>zione<br />
<strong>di</strong> testi e d’insegnamenti, tuttavia il <strong>di</strong>battito in chiave contemporanea si è avvalso del contributo<br />
<strong>di</strong> filosofi, psicologi e pensatori <strong>di</strong> varia estrazione culturale, che hanno indagato sul ruolo<br />
dell’ascolto nei rapporti umani sia in<strong>di</strong>viduali, sia sociali.<br />
Il tema è affascinante e possiamo citare alcuni contributi fra i più importanti quali quelli <strong>di</strong> M.<br />
Heidegger (Essere e tempo), G. Bateson (Verso un’ecologia della mente), H. von Foerster (Come<br />
ci si inventa).<br />
Le tematiche sull’ascolto attivo sono state poi trasferite al settore delle aziende nel momento in<br />
cui si cominciò ad indagare sul fenomeno del “post-industriale” e sui cambiamenti che esso imponeva<br />
a tutti gli attori: stake holders, share holders, management, <strong>di</strong>pendenti ed anche governi<br />
e relative politiche industriali.<br />
Possiamo <strong>di</strong>re che il merito del coaching è stato quello <strong>di</strong> focalizzare l’importanza dell’ascolto<br />
attivo come stile <strong>di</strong> management, come stile <strong>di</strong> vita.<br />
Non a caso accanto al coaching sportivo, aziendale, si è rapidamente sviluppato un coaching<br />
in<strong>di</strong>viduale (personale o life coaching), ma anche uno spiritual o soul coaching, particolarmente<br />
presente negli Stati Uniti.<br />
03
Come ci si pone per fare “ascolto contestuale”2, esistono delle tecniche precise, possono essere apprese<br />
e utilizzate?<br />
La risposta è sicuramente sì, le tecniche possono e devono essere apprese, molto poi <strong>di</strong>pende dallo “stile”<br />
del coach come, dove e quando applicarle nella sua relazione con il coachee.<br />
Intanto è importante avere una visione ben precisa del coaching: approcci teorici, metodologie, tecniche,<br />
scopi e finalità, in sostanza attraverso dei percorsi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> sperimentazione ci si prepara ad<br />
“essere” coach, piuttosto che “fare” il coach.<br />
Un breve sguardo alle tecniche <strong>di</strong> ascolto, che beninteso sono una parte del percorso professionale del<br />
coach, ne aiuta ad in<strong>di</strong>viduare alcune peculiarità rispetto ad altre <strong>di</strong>scipline, fermo restando un assunto<br />
<strong>di</strong> base comune a tutte le professioni che fanno dell’ascolto il punto centrale della loro attività: per <strong>ascoltare</strong><br />
gli altri bisogna fare silenzio3 al nostro interno e <strong>di</strong>ventare - come si <strong>di</strong>ce - “egoless”.<br />
Per <strong>ascoltare</strong> ci vuole innanzitutto <strong>di</strong>sponibilità verso l’altro, chiunque egli sia e <strong>di</strong> qualunque problema<br />
voglia parlarci (ovviamente nei limiti <strong>di</strong> una corretta relazione e <strong>di</strong> etica professionale), bisogna avere<br />
un’apertura mentale tale da comprendere, accettare e non valutare. L’ostacolo più grande all’inizio è dato<br />
dall’irrefrenabile bisogno <strong>di</strong> rispondere, magari <strong>di</strong> interrompere per poter esprimere le proprie idee in<br />
merito, anche a fin <strong>di</strong> bene, <strong>di</strong> elargire consigli, in<strong>di</strong>cazioni e soluzioni che nascono dal vissuto del coach<br />
e non da quello del coachee, che sta, spesso faticosamente, elaborando ed esprimendo le sue idee, sensazioni,<br />
motivazioni sul tema oggetto della sessione.<br />
Un altro passo preliminare è quello <strong>di</strong> lasciare i propri problemi, impegni e quant’altro “fuori dalla porta”,<br />
il coach è a <strong>di</strong>sposizione del coachee, al quale non interessa quanto può preoccupare il coach, bensì <strong>di</strong><br />
avere una sessione efficace nella soluzione <strong>di</strong> un problema che egli sente come importante e “pervasivo”<br />
della sua attuale situazione.<br />
Buona regola, valevole in vero per ogni colloquio, è quella <strong>di</strong> agire alla fine <strong>di</strong> una giornata faticosa come<br />
se quel colloquio fosse come quello che abbiamo fatto quando ci sentivamo al meglio, perché se è vero<br />
che per il coach quel colloquio è uno <strong>di</strong> tanti, per il coachee è il suo colloquio: unico e totalizzante.<br />
Molta attenzione deve essere posta alle barriere all’ascolto, che possono essere sia fisiche (sede rumorosa,<br />
continui <strong>di</strong>sturbi, etc), sia psicologiche (valori, vissuti, credenze …), sia sociali (cultura, status, ruolo<br />
…), pertanto oltre a una sede adeguata, scelta sempre dal coachee, è necessario lavorare preliminarmente<br />
perché le barriere socio-psicologiche non costituiscano un ostacolo: l’importanza del contesto è parte<br />
fondamentale dell’approccio <strong>di</strong> coaching.<br />
04
05<br />
L’ascolto contestuale<br />
“L’apprendere molte cose non insegna l’intelligenza”<br />
Eraclito<br />
Nel coaching l’ascolto fa parte delle competenze <strong>di</strong> base: “… il coaching richiede efficaci abilità<br />
<strong>di</strong> ascolto” e in particolare: “Il coach deve possedere elevati standard <strong>di</strong> ascolto”, e più oltre: “…<br />
per i coach l’ascolto attivo rappresenta una con<strong>di</strong>zione essenziale”.<br />
Se il coaching è una relazione non può esserci relazione senza ascolto, <strong>ascoltare</strong> è un segno <strong>di</strong><br />
rispetto e <strong>di</strong> riconoscimento del ruolo e del valore dell’altro e manifesta la piena <strong>di</strong>sponibilità<br />
alla comprensione <strong>di</strong> quanto viene detto ecco perché si <strong>di</strong>ce che nella relazione del coaching il<br />
coach ascolta e parla in me<strong>di</strong>a solo il 20-25% del tempo della sessione.<br />
Per <strong>ascoltare</strong> bene il semplice ascolto non basta, nel coaching l’ascolto va oltre la semplice cortesia<br />
o buona educazione, oltre il bisogno <strong>di</strong> “affermare” le proprie opinioni in relazione a quanto<br />
l’altro (il coachee ) viene <strong>di</strong>cendo: il coach ascolta per favorire la crescita e quin<strong>di</strong> lo sviluppo del<br />
coachee, per farlo deve essere assolutamente, presente, attento e focalizzato per cogliere il detto<br />
e il non detto, per leggere tra le righe <strong>di</strong> quanto ascolta, senza valutare, confrontare giu<strong>di</strong>care<br />
con quelle che sono o possono essere in quel momento le sue idee, i suoi convincimenti, le sue<br />
credenze.<br />
Ascoltare per comprendere, comprendere per aiutare, senza <strong>di</strong> questo non si instaura la vera<br />
relazione <strong>di</strong> coaching. Una precisazione da fare è questa: quando si parla <strong>di</strong> “aiutare” si intende<br />
favorire lo sviluppo del coachee, <strong>di</strong> sostenerlo nel suo percorso <strong>di</strong> cambiamento, <strong>di</strong> “sbloccare”<br />
situazioni, problemi e stati d’animo da cui è <strong>di</strong>fficile uscire da soli, sempre proiettati sull’immagine<br />
del percorso o meglio del “ponte” da qui e ora a lì e allora.<br />
Il coaching non indaga sul passato, non costituisce un succedaneo del counselling o della terapia,<br />
che attengono altri temi, altre competenze, altri bisogni. Questo non vuole <strong>di</strong>re rigi<strong>di</strong>tà nella<br />
relazione ma attenta focalizzazione a lavorare sui comportamenti e sulla mo<strong>di</strong>fica <strong>di</strong> quelli che<br />
costituiscono un ostacolo per il coachee, lasciando ad altri professionisti il loro spazio d’azione.<br />
Il coach non fornisce soluzioni, aiuta il coachee a trovare in sé le soluzioni e pertanto un altro<br />
passo da fare è quello <strong>di</strong> non preoccuparsi <strong>di</strong> “sapere” su quali argomenti il coachee sta spaziando,<br />
ma <strong>di</strong> “porre domande delle quali (il coach) non conosce le risposte”, l’ascolto attivo si basa<br />
sul fornire stimoli al coachee, senza cercare <strong>di</strong> “capire” il perché <strong>di</strong> quanto viene detto, nel senso<br />
che l’argomento fa parte dell’expertise del coachee, la professionalità del coach non è, né potrebbe<br />
essere, quella del tuttologo, si basa su un solido bagaglio <strong>di</strong> tecniche e metodologie e su uno<br />
stile relazionale atto a sviluppare sia il coachee, sia il coach stesso (il coach è uno studente a vita).
Il coach non valuta, né classifica il coachee secondo i propri metri <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, proprio in questo<br />
risiede l’efficacia dell’ascolto attivo posto in essere nei confronti del coachee. Nella relazione,<br />
fra il detto e il non detto, la percezione <strong>di</strong> un atteggiamento non valutativo o classificatorio<br />
rende più libero il coachee <strong>di</strong> esprimersi e <strong>di</strong> ricercare soluzioni alternative senza il sottile<br />
timore <strong>di</strong> essere giu<strong>di</strong>cato, cosa peraltro assai <strong>di</strong>ffusa nelle relazioni al <strong>di</strong> fuori del coaching: la<br />
<strong>di</strong>versità è proprio in questo aspetto del modo <strong>di</strong> vivere la relazione <strong>di</strong> coaching.<br />
Nel corso della sessione <strong>di</strong> coaching il coach evita costantemente, ponendovi attenzione, atteggiamenti<br />
e verbalizzazioni che possano essere interpretati dal coachee come una “chiusura”,<br />
un “rifiuto” <strong>di</strong> quanto sta esponendo. A semplice titolo <strong>di</strong> esempio: azioni <strong>di</strong> persuasione, interpretazione<br />
<strong>di</strong> quanto detto, atteggiamento consolatorio o protettivo, cambiare argomento,<br />
fornire soluzioni, essere consulente e non coach.<br />
L’ascolto deve essere sintonizzato, ciò vuol <strong>di</strong>re che sperimentando quanto appreso nei corsi <strong>di</strong><br />
formazione il futuro coach apprende a focalizzare le singole parole, piuttosto che cercare <strong>di</strong> capire<br />
(v. sopra) e questo favorisce la formulazione <strong>di</strong> domande spontanee, che sono <strong>di</strong> estrema<br />
utilità per il coachee in quanto lo aiutano a pensare meglio, non impongono pareri che possono<br />
<strong>di</strong>strarre o peggio interrompere il flusso <strong>di</strong> pensieri e vanificare quanto <strong>di</strong> buon fatto sino<br />
a quel momento rendendo lo “shift”4 più <strong>di</strong>fficile quantomeno in termini temporali, <strong>di</strong>venta<br />
infatti necessario “ricostruire” quella parte <strong>di</strong> relazione per poter proseguire efficacemente.<br />
Occorre fare una ulteriore precisazione in merito all’ascolto e cioè che le domande poste dal<br />
coach non indagano il passato del coachee, come invece è necessario per altre <strong>di</strong>scipline, le<br />
domande del coach fanno parte del percorso “da qui a lì” e sono orientate al futuro là dove il<br />
coachee raggiungerà i suoi obiettivi.<br />
Infine sempre in termini <strong>di</strong> ascolto attivo e atteggiamento il coach attiva un clima <strong>di</strong> empatia<br />
non <strong>di</strong> simpatia nel senso che non partecipa, o non partecipa visibilmente, agli stati d’animo<br />
del coachee, il che non vuol <strong>di</strong>re “freddezza” ma semplicemente comprensione del momento,<br />
della situazione particolare, entrare in flusso con il coachee impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> “<strong>ascoltare</strong>” perché<br />
entrano in campo i sentimenti e i vissuti personali del coach e non si ascolta più.<br />
Si può parlare <strong>di</strong> una filosofia dell’ascolto attivo in riferimento al coaching?<br />
Sì se inten<strong>di</strong>amo come filosofia non un “modo <strong>di</strong> ragionare” secondo l’accezione comune, ma<br />
come un sistema che parte da alcuni presupposti e sviluppa un percorso coerente ed organizzato<br />
per arrivare ad un fine proprio.<br />
Giova ulteriormente ricordare che senza ascolto non può esistere relazione e senza ascolto<br />
contestuale non può esserci coaching.<br />
Possiamo <strong>di</strong>re che se “cantare è un altro modo <strong>di</strong> pregare”, allora “<strong>ascoltare</strong> è un altro modo <strong>di</strong><br />
parlare.”<br />
06
Ascolto e<br />
Ascolto Contestuale<br />
(Principi, teorie, tecniche e metodologie)<br />
L’ascolto è un processo psicologico e fisico del nostro corpo per comunicare ai nostri neuroni, al<br />
cervello che li traduce in emozioni e nozioni. L’ascolto è uno strumento dei nostri cinque sensi<br />
per apprendere, conoscere il tempo e lo spazio che ci circonda e comunicare con noi stessi e il<br />
mondo circostante.<br />
“Molte persone danno per scontate le abilità <strong>di</strong> ascolto, ritenendo <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> per il semplice<br />
fatto <strong>di</strong> sentire e comprendere ciò che viene detto. Sentire è una funzione sensoriale, mentre<br />
<strong>ascoltare</strong> è un’abilità.”<br />
L’ascolto ha requisiti preliminari tra i quali l’osservazione, la <strong>di</strong>sponibilità e l’attenzione all’ambiente.<br />
Quando si sono “attuati” i requisiti preliminari, si può arrivare agli atteggiamenti interiori<br />
propri dell’ascolto. Ascoltare gli altri veramente non è affatto un atteggiamento passivo: tutta<br />
la persona è coinvolta.<br />
Nel processo <strong>di</strong> ascolto è importante chiarire bene che si parla <strong>di</strong> ascolto empatico, ossia che<br />
utilizza l’empatia come strumento6 per attivare una relazione positiva con il coachee.<br />
Abbiamo parlato <strong>di</strong> ascolto attivo, contestuale ed empatico: una precisazione ci pare oltremodo<br />
necessaria, i tre aggettivi utilizzati definiscono l’ascolto nei suoi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere agito dal coach e<br />
identificano quin<strong>di</strong> aspetti <strong>di</strong>versi che riguardano l’insieme degli aspetti <strong>di</strong> fondo della relazione<br />
(contesto), <strong>di</strong> uno strumento <strong>di</strong> ascolto (attivo) e <strong>di</strong> un modo <strong>di</strong> essere (empatico) <strong>di</strong> attuazione<br />
dell’ascolto stesso.<br />
Nell’ascolto empatico si ascolta con le orecchie, ma anche, e questo è l’aspetto più importante,<br />
con gli occhi e con il cuore, si sviluppa empatia con il coachee, ma non si interpretano i sentimenti,<br />
non si giu<strong>di</strong>cano i comportamenti: non si partecipa emotivamente, in altre parole si<br />
sviluppa empatia non simpatia o con<strong>di</strong>visione e partecipazione.<br />
Perché si deve dare importanza e attenzione all’ascolto nella relazione <strong>di</strong> coaching?<br />
Perché l’ascolto del coach si percepisce imme<strong>di</strong>atamente. Allenarsi quoti<strong>di</strong>anamente su questa<br />
capacità ci obbliga ad una maggior fatica iniziale, ma restituisce, nel tempo, una capacità nuova<br />
che ci renderà speciali. Ascoltare rappresenta la base della comunicazione, per il coach è la<br />
prima cosa su cui esercitarsi se vuole imparare a comunicare senza <strong>di</strong>menticare che non si può<br />
riuscire ad <strong>ascoltare</strong> gli altri se prima non si impara ad <strong>ascoltare</strong> realmente se stessi. Decifrare<br />
07
le emozioni e capire quanto possono influenzare i rapporti con gli altri ci pre<strong>di</strong>spone ad un<br />
ascolto più autentico e professionale.<br />
Le persone, attraverso l’ascolto, possono aumentare le possibilità <strong>di</strong> riuscita dei loro progetti:<br />
essere ascoltati e <strong>ascoltare</strong> meglio permette <strong>di</strong> esplorare un numero maggiore <strong>di</strong> “possibilità”<br />
e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> “soluzioni”.<br />
L’ascolto ha requisiti preliminari tra i quali l’osservazione, la <strong>di</strong>sponibilità e l’attenzione all’ambiente.<br />
Quando si sono “attuati” i requisiti preliminari si può arrivare agli atteggiamenti interiori<br />
propri dell’ascolto. Ascoltare gli altri veramente non è affatto un atteggiamento passivo:<br />
tutta la persona è coinvolta.<br />
• Attenzione verso l’altro: <strong>ascoltare</strong> con tutti noi stessi ciò che l’altro ci sta <strong>di</strong>cendo, significa<br />
considerarlo capace <strong>di</strong> esprimersi secondo il proprio ritmo, senza domande ripetute da<br />
parte nostra. Significa esser veramente presenti, percepire, tramite parole e gesti, il vissuto<br />
<strong>di</strong> chi ci sta davanti, la sua gioia e il suo dolore. Questa attenzione prende il nome <strong>di</strong> EMPA-<br />
TIA, da non confondersi con simpatia. Etimologicamente simpatia vuol <strong>di</strong>re “sentire con”,<br />
mentre empatia, vuol <strong>di</strong>re “sentire in”. Empatia quin<strong>di</strong> è mettersi veramente in sintonia con<br />
l’altro, vedere le cose dal suo punto <strong>di</strong> vista, totale attenzione ai suoi sentimenti rimanendo<br />
sempre noi stessi, non bisogna cadere nella trappola del coinvolgimento emotivo.<br />
• Essere aperti all’imprevisto: l’ascolto implica un’accoglienza non <strong>di</strong>fensiva, o meglio<br />
una accettazione incon<strong>di</strong>zionata (Rogers), <strong>di</strong> tutto ciò che verrà detto, anche qualcosa <strong>di</strong><br />
imprevisto perché non sappiamo mai cosa l’altro ci <strong>di</strong>rà! In fondo quando una persona ci<br />
parla, apre il libro della propria vita che noi non conosciamo. Non dobbiamo tenere un<br />
atteggiamento <strong>di</strong>fensivo verso ciò che è nuovo e che urta il nostro modo <strong>di</strong> pensare. Una<br />
relazione si stabilisce solo se si accetta che gli altri vedano e comprendano le cose in modo<br />
<strong>di</strong>verso da noi.<br />
• Autentico interesse a ciò che l’altro <strong>di</strong>ce: l’ascolto si caratterizza proprio per questo autentico<br />
interesse. Così si arricchisce il nostro potenziale informativo e conoscitivo. Ciò che<br />
ne deriva è un autentico scambio fra uguali. Se la persona si sente accettata incon<strong>di</strong>zionatamente,<br />
cioè non si sente giu<strong>di</strong>cata, l’espressione <strong>di</strong>venta libera e si instaura il <strong>di</strong>alogo. Per<br />
poter accettare l’altro così com’è è fondamentale accettare se stessi, aver in<strong>di</strong>viduato le nostre<br />
contrad<strong>di</strong>zioni interiori e motivi <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione, conoscere il nostro modo <strong>di</strong> essere (umore,<br />
carattere, sensibilità).<br />
• Conoscere se stessi: tutti abbiamo problemi e <strong>di</strong>fficoltà personali, nessuno escluso. La capacità<br />
<strong>di</strong> ascolto aumenta se si ha una lucida conoscenza delle proprie <strong>di</strong>fficoltà e se queste<br />
vengono responsabilmente accettate. Diversamente, il problema dell’interlocutore si somma<br />
al nostro e prende il sopravvento.<br />
• Accettare per superare: non si può essere veramente capaci <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> gli altri e capire<br />
il loro messaggio, quale esso sia, se prima non si è capaci <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> e accettare ciò che<br />
accade in noi stessi.<br />
08
09<br />
Classificazioni dell’ascolto<br />
Ci sono <strong>di</strong>versi classificazioni <strong>di</strong> ascolto e abbiamo scelto questi <strong>di</strong> Madelyn Burley-Allen che<br />
ci offrono la possibilità <strong>di</strong> dare anche un taglio pratico all’esposizione e non solo teorico, per<br />
aiutarci a migliorare ad imparare ad <strong>ascoltare</strong>:<br />
• Livello 1: ascolto empatico<br />
• Livello 2: sentire le parole, ma senza <strong>ascoltare</strong> veramente<br />
• Livello 3: <strong>ascoltare</strong> a tratti<br />
Al livello 1 ci si astiene dal giu<strong>di</strong>care chi parla mettendosi al suo posto e tentando <strong>di</strong> vedere le<br />
situazioni dal suo punto <strong>di</strong> vista. Bisogna quin<strong>di</strong> essere attenti, presenti, riconoscere, rispondere,<br />
fare attenzione all’intera comunicazione <strong>di</strong> chi parla, incluso il linguaggio del corpo. Si<br />
tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> con il cuore, aprendo la via alla comprensione, alla <strong>di</strong>sponibilità e<br />
all’empatia.<br />
Al livello 2 ci si ferma alla superficie della comunicazione senza coglierne i significati più profon<strong>di</strong>.<br />
Si tende ad <strong>ascoltare</strong> logicamente, interessandosi più al contenuto che ai sentimenti e<br />
rimanendo emotivamente <strong>di</strong>staccati dalla conversazione. A questo livello chi parla può avere<br />
l’errata sensazione d’essere ascoltato e capito.<br />
Al livello 3 l’ascolto è silenzioso, passivo, senza reazione, a sprazzi. La persona simula l’attenzione<br />
mentre sta pensando a tutt’altro, dando dei giu<strong>di</strong>zi, formulando mentalmente obiezioni<br />
e consigli, oppure si prepara a quello che vuol <strong>di</strong>re dopo.<br />
Nell’arco della giornata la maggior parte <strong>di</strong> noi utilizza tutti e tre i livelli. L’obiettivo ideale è<br />
riuscire a farlo al livello 1 in tutte le situazioni.<br />
In ogni situazione sono presenti, a livello inconscio, percezione, ricezione e attenzione. Quando<br />
il contenuto del <strong>di</strong>scorso non ci pone problemi, recepiamo l’informazione attraverso i<br />
cinque sensi. Utilizzarli tutti ci permette <strong>di</strong> prestare la nostra completa attenzione e d’essere<br />
aperti ad <strong>ascoltare</strong> al livello 1.<br />
E’ utile e importante riepilogare ciò che ci viene riferito in quanto aiutiamo l’altro (nello specifico<br />
il coachee) e vedere più chiaramente le possibili soluzioni.
Distorsioni dell’ascolto7<br />
Una delle principali cause per cui l’ascolto può essere <strong>di</strong>storto sono le esperienze negative precedenti,<br />
che rimangono nella nostra mente inconsciamente e filtrano la situazione attuale. Ne<br />
consegue un ascolto <strong>di</strong>storto perché non siamo totalmente in sintonia con la persona con cui<br />
stiamo <strong>di</strong>alogando. Alcune parole cariche <strong>di</strong> significato emotivo, definite a volte termini “pericolosi”<br />
o delicati, possono evocare forti sentimenti e così creare delle barriere all’ascolto efficace.<br />
A volte si può reagire ad una parola o ad una frase facendoci con<strong>di</strong>zionare dalle nostre esperienze<br />
passate: conferiamo, cioè, a un termine dei significati mutati da situazioni precedenti a<br />
forte valenza emotiva. A volte le parole possono influenzare gli ascoltatori a un livello tale che le<br />
loro reazioni avranno come risultato un ascolto <strong>di</strong> livello 3: le emozioni provocano <strong>di</strong>strazioni<br />
interiori, interferendo così con l’ascolto <strong>di</strong> livello 1.<br />
Vi sono anche alcune aree <strong>di</strong> cui non vogliamo parlare, argomenti che non desideriamo <strong>di</strong>scutere,<br />
per ragioni emotive. Queste aree sono “punti dolenti” che costituiscono il nostro punto debole<br />
e se l’interlocutore lo tocca con una parola, una frase o un argomento, la nostra mente mette<br />
in opera alcuni filtri: esperienze passate, convinzioni o preconcetti legati a quanto sta <strong>di</strong>cendo<br />
l’interlocutore. Normalmente, in questi casi, adottiamo delle misure <strong>di</strong>fensive, come, ad esempio,<br />
ignoriamo chi ci parla, formuliamo domande per confonderlo, interpretiamo erroneamente<br />
le sue parole. Se viene detto qualcosa che potrebbe portarci a mo<strong>di</strong>ficare la nostra percezione,<br />
ci sentiamo minacciati, perché questo potenziale cambiamento può coinvolgere sentimenti profon<strong>di</strong>.<br />
Le forti emozioni, negative o positive, <strong>di</strong> solito interferiscono con la capacità <strong>di</strong> ascolto. Sono<br />
una barriera che influenza un ascolto efficace, a volte causano confusione e un’assunzione <strong>di</strong>sorganizzata<br />
<strong>di</strong> informazioni. Dobbiamo tenere presente anche la barriera fisica: in certi momenti<br />
della giornata abbiamo più energia, in altri meno. L’affaticamento è un fattore che influenza la<br />
capacità <strong>di</strong> ascolto, perché quest’ultimo richiede sforzo e concentrazione. Quando non siamo<br />
in piena forma, abbiamo maggiore <strong>di</strong>fficoltà a prestare attenzione. Quando abbiamo problemi<br />
personali, usiamo la nostra energia per affrontarli, il che <strong>di</strong>minuisce la quota che possiamo impiegare<br />
per <strong>ascoltare</strong> al livello 1.<br />
Altro elemento che può causare fatica è il fattore time-lag (<strong>di</strong>vario temporale); chi parla, in<br />
me<strong>di</strong>a, pronuncia 200 parole al minuto, ma un ascoltatore può elaborare l’informazione a circa<br />
300-500 parole al minuto. E’ facile quin<strong>di</strong> utilizzare questo spazio fantasticando, <strong>di</strong>vagando o<br />
pensando ai nostri problemi personali. Ci vuole energia per usare questa <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> tempo in<br />
modo produttivo, come riepilogare interiormente o visualizzare ciò che viene detto o associarlo<br />
a un’affermazione precedente. Dato che l’ascolto a livello 2 richiede energia e concentrazione, è<br />
facile permettere a questi fattori <strong>di</strong> interferire.<br />
10
11<br />
Significato delle parole<br />
nell’ascolto<br />
Ognuno <strong>di</strong> noi conferisce un proprio significato alle parole, perché le filtriamo attraverso<br />
convinzioni, conoscenze, istruzione, educazione ed esperienze <strong>di</strong>verse. Di conseguenza non<br />
esistono due persone che attribuiscano lo stesso significato a un termine o un’espressione; i<br />
significati non sono nelle parole, ma nelle persone. Un termine è semplicemente una rappresentazione<br />
della cosa che nomina o descrive. Non è la cosa in sé e per chi parla può significare<br />
qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso da chi ascolta.<br />
Può essere utile la pratica <strong>di</strong> riassumere quanto pensate che vi venga detto per verificare <strong>di</strong><br />
aver recepito il corretto significato. Ognuno riceve i dati sensoriali in modo unico; non sono<br />
dati ”grezzi”, ma piuttosto dati filtrati e interrotti dal ricevitore. E’ importante riconoscere che<br />
le affermazioni che facciamo sugli altri, dopo averli ascoltati, riguardano in realtà la nostra<br />
esperienza. A volte le persone hanno <strong>di</strong>fficoltà a separare la realtà esterna dalla loro esperienza<br />
a causa <strong>di</strong> questi filtri.<br />
Ci possono essere anche elementi esterni che impe<strong>di</strong>scono d’<strong>ascoltare</strong> in modo efficace. Ad<br />
esempio se il coachee non parla abbastanza forte, sussurra; se c’è rumore <strong>di</strong> sottofondo forte,<br />
come il traffico; se la temperatura della stanza è troppo alta o troppo bassa.
Molti messaggi vengono comunicati senza essere verbalizzati!<br />
Comunicazione<br />
non verbale<br />
Un’abilità importante è <strong>ascoltare</strong> segnali non verbali. Un’osservazione attenta rivelerà quante informazioni<br />
possono essere veicolate attraverso l’espressione del volto. Ascoltare il tono emotivo<br />
<strong>di</strong> una persona è un altra capacità che ci permette <strong>di</strong> riconoscere i sentimenti non espressi verbalmente.<br />
Il tono <strong>di</strong> voce può fornire in<strong>di</strong>zi utili nel trattare con una persona in una situazione<br />
<strong>di</strong>fficile. L’aspetto non verbale del processo <strong>di</strong> comunicazione è largamente inconscio e meno<br />
suscettibile d’essere manipolato o mascherato dall’in<strong>di</strong>viduo.<br />
Un buon ascoltatore sente più delle parole <strong>di</strong> chi parla. Ascolta l’intensità, il ritmo, il timbro<br />
e il tono <strong>di</strong> voce e le sottili variazioni che questi trasmettono. Spesso ten<strong>di</strong>amo a <strong>di</strong>menticare<br />
l’importanza del nostro comportamento non verbale e l’influenza che può avere sugli altri. Nella<br />
<strong>di</strong>namica del processo <strong>di</strong> comunicazione, influenziamo gli altri, e possiamo stabilire un clima<br />
positivo o negativo, senza pronunciare una parola.<br />
I segnali non verbali rendono più <strong>di</strong>fficile nascondere ciò che sentiamo. Le persone possono<br />
scegliere accuratamente i propri termini e riuscire a creare una facciata; possono pensare d’aver<br />
coperto le loro emozioni, mentre queste sono espresse inconsciamente attraverso il tono <strong>di</strong> voce<br />
o i gesti. Possono tentare <strong>di</strong> camuffare l’ostilità con dei sorrisi, ma il tono <strong>di</strong> voce e la postura del<br />
corpo probabilmente li tra<strong>di</strong>ranno. I segnali non verbali sono in<strong>di</strong>zi che possono aiutare a capire<br />
ciò che sta succedendo tra gli interlocutori (coach e cochee). E’ importante tenere a mente che<br />
ten<strong>di</strong>amo a interpretare quello che sentiamo e ve<strong>di</strong>amo attraverso il filtro interno dell’esperienza.<br />
L’ascolto dl livello 1 può fornire informazioni <strong>di</strong> migliore qualità. Quando si ascolta efficacemente<br />
, si ha l’opportunità d’avere il controllo della situazione e influenzarne l’esito. Iniziare un<br />
feedback verbale garantisce che sia il coach sia il coachee usano termini con lo stesso significato<br />
per la stessa cosa.<br />
12
13<br />
Stili <strong>di</strong> ascolto8<br />
Tra le varie classificazioni che la produzione in materia ha elaborato, partendo da presupposti<br />
teorici <strong>di</strong>versi e da <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>scipline, la seguente ha il pregio <strong>di</strong> essere semplice e <strong>di</strong> facile utilizzo<br />
pratico in una ideale guida al “buon” ascoltatore.<br />
Il simulatore: alcune persone fingono <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> quando in realtà le loro menti seguono un<br />
altro pensiero. Altri si sforzano <strong>di</strong> sembrare dei buoni ascoltatori cercando <strong>di</strong> memorizzare<br />
ogni fatto, perdendo così l’intenzione generale del messaggio, anche se danno l’impressione<br />
d’<strong>ascoltare</strong> e assimilare tutto quanto viene detto può facilmente portare al sovraccarico e al<br />
blocco della rete <strong>di</strong> comunicazione.<br />
L’ascoltatore <strong>di</strong>pendente: alcuni sono così preoccupati <strong>di</strong> come ascoltano e reagiscono al loro<br />
interlocutore che si lasciano sfuggire quanto viene effettivamente detto. Nel loro bisogno <strong>di</strong><br />
fare buona impressione, si focalizzano su come appaiono agli altri, piuttosto che sulla chiarezza<br />
e sul contenuto del messaggio.<br />
L’ascoltatore timido: presta attenzione a se stesso mentre sarebbe meglio che si concentrasse<br />
sul contenuto e sul significato della conversazione. L a timidezza può essere considerata come<br />
un tipo <strong>di</strong> preoccupazione per questioni interne a scapito <strong>di</strong> un ascolto efficace. Anche il<br />
troppo ardore d’una persona può provocare la freddezza dell’altra. In questo tipo <strong>di</strong> situazione<br />
chi parla è costretto ad adattarsi allo stato emotivo dell’ascoltatore perché questi è incapace<br />
d’adeguare il proprio.<br />
L’ascoltatore intellettuale o logico: la persona <strong>di</strong> questo tipo ascolta il più delle volte con la<br />
testa, sentendo solo quanto vuole sentire ed escludendo ampie zone <strong>di</strong> realtà. Siccome è interessata<br />
principalmente ad una valutazione razionale, forse a causa dell’educazione, tende<br />
a trascurare gli aspetti emotivi e non verbali del comportamento <strong>di</strong> chi parla. Così ascolta a<br />
livello 2, cogliendo solo le parole invece dell’intero messaggio. Non è consapevole <strong>di</strong> come il<br />
comportamento d’ascolto influenza gli altri o <strong>di</strong> come gli altri lo con<strong>di</strong>zionino. Ascolta in termini<br />
<strong>di</strong> categorie, assicurandosi che quello che sente non <strong>di</strong>sturbi la sua pace e il suo or<strong>di</strong>ne<br />
interiore.; è così preso nel programmare quanto viene detto che trascura il significato profondo:<br />
esclude l’esperienza ottenuta attraverso il sistema sensoriale, perdendo così l’opportunità<br />
<strong>di</strong> vivere effettivamente l’evento.<br />
Proponiamo ora un brevissimo esercizio da utilizzare come check list per prepararsi ad una<br />
sessione <strong>di</strong> coaching e per una verifica a posteriori <strong>di</strong> quanto è accaduto, confrontando gli<br />
scostamenti per una lettura del modo in cui si è utilizzato l’ascolto nella relazione <strong>di</strong> coaching.
Esercizio 1<br />
1. In una scala da 1 a 10 - in cui “1” significa che senti le parole dell’altro e “10” che ascolti per<br />
cogliere il reale significato della conversazione. Qual è il tuo livello <strong>di</strong> ascolto?<br />
_____________________________________________________________________<br />
2. Ascolti ciò che non viene detto?<br />
____________________________________________________________________<br />
3. Come lo sai?<br />
_____________________________________________________________________<br />
4. Analizza le tue capacità <strong>di</strong> ascolto. Ti capita spesso <strong>di</strong> ritrovarti al Livello II - Ascolto Frammentato<br />
o al Livello III - Non Sintonizzato?<br />
_____________________________________________________________________<br />
5. Quali tecniche utilizzi per ritornare al Livello I - ascolto efficace, totale?<br />
_____________________________________________________________________<br />
Il coach, lo abbiamo detto, deve essere un buon ascoltatore, ma gli altri? Cosa possiamo imparare<br />
dalle “performances” <strong>di</strong> ascolto dei nostri interlocutori?<br />
Capire dagli altri aiuta a capire meglio noi stessi, ed ecco una <strong>di</strong>vertente casistica <strong>di</strong> tipi <strong>di</strong> “cattivi<br />
ascoltatori”9 con i quali spesso ci relazioniamo nella vita <strong>di</strong> tutti i giorni:<br />
1. il multi-attività: Sì, ti ascolto. Non ti guardo, ma ti ascolto. Finisco una frase … <strong>di</strong>mmi. Scusa,<br />
intanto rispondo al telefono. Che stavi <strong>di</strong>cendo?<br />
2. il mondano: Se ho un minuto? Certo. Entra e <strong>di</strong>mmi pure. Lo so che mi hai cercato in questi<br />
giorni. Oh, scusa, c’è qualcun altro alla porta. Entra, stavamo chiacchierando. Più siamo, meglio è.<br />
3. il finisci-frasi: Fermati, so benissimo dove vuoi arrivare. Non c’è bisogno che tu finisca. Lo so.<br />
Non apprezzi un capo così efficiente e collaborativo? Forza, continua. No, finisco io per te.<br />
4. il contrad<strong>di</strong>ttore: Qualsiasi cosa tu <strong>di</strong>ca, proverò a <strong>di</strong>re il contrario. Ho il dovere <strong>di</strong> fare l’avvocato<br />
del <strong>di</strong>avolo. Credo che questo ti aiuti. Come fai a sapere che la tua idea è buona? Scusa, lo faccio<br />
con tutti. Tenere tutti sulla corda …<br />
14
5. lo sputa-risposta: Non <strong>di</strong>re niente <strong>di</strong> più. Questo è il mio consiglio. Pren<strong>di</strong>lo. Potevi non chiedermi<br />
niente. Forse volevi solo sfogarti un po’. Potevi cavartela da solo. Ma che capo sarei se non<br />
avessi sempre la risposta pronta? Quin<strong>di</strong>, serviti pure.<br />
6. il grande filosofo: Ora, cercherò <strong>di</strong> chiarirti cosa vuoi davvero, ma in un’accezione più ampia e<br />
profonda. Non c’è bisogno che tu ti spieghi oltre, sarò io a spiegarti.<br />
7. l’autobiografo: Ah, quello che mi racconti mi evoca parecchi ricor<strong>di</strong>. Per cui ti racconterò la<br />
mia esperienza. Può servire anche a te. Dunque, nel 1992...<br />
8. lo scruta-orologio: Sì, sì. Scusa, no, non vado <strong>di</strong> corsa. E’ solo che... sai l’ora? No, continua pure.<br />
Che <strong>di</strong>cevi?<br />
9. il superveloce: Vuoi parlarmi? Sono occupatissimo … se facciamo presto. Sto andando a una<br />
riunione. Vieni con me, accompagnami. Oppure facciamo una cosa: mandami un’ e-mail.<br />
10. lo smemorato: Grazie davvero per aver voluto con<strong>di</strong>videre le tue idee con me. Le terrò a mente.<br />
Ne riparleremo, se me ne ricorderò.<br />
Possiamo, scherzosamente, <strong>di</strong>re: “Questo è il coachee, non il coach!”, tuttavia per essere coach<br />
dobbiamo anche sapere come poter agire in questi casi (… e se fossimo noi coach ad essere<br />
così, magari fuori dalle sessioni <strong>di</strong> coaching?).<br />
Cosa fare se ...10<br />
1. Eliminate le <strong>di</strong>strazioni.<br />
Sedetevi dall’altra parte della scrivania, insieme alla persona con cui state parlando. Lasciate<br />
squillare il telefono. Se siete davvero troppo occupati per prestare la dovuta attenzione, <strong>di</strong>telo<br />
con franchezza. Meglio rimandare l’incontro a un momento più tranquillo. Se state aspettando<br />
una telefonata davvero importante, <strong>di</strong>telo prima e, quando arriva, scusatevi con il vostro<br />
interlocutore.<br />
2. Prima <strong>di</strong> invitare altre persone a partecipare a una conversazione, pensateci bene.<br />
Il vostro interlocutore potrebbe non gra<strong>di</strong>re affatto o stare sul punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>rvi qualcosa <strong>di</strong> personale<br />
e riservato. Guardatelo e abituatevi a captare i segnali: ha piacere che la conversazione<br />
si allarghi o richiede un’attenzione esclusiva?<br />
3. Moderate l’entusiasmo.<br />
In genere chi interrompe spesso non lo fa per mancanza <strong>di</strong> considerazione verso l’altro, ma<br />
perché è un estroverso e un entusiasta, che ama pensare ad alta voce, sollecitato da quanto l’altro<br />
va <strong>di</strong>cendo. La sua associazione mentale <strong>di</strong>venta subito voce. Allora, sforzatevi <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong><br />
più a lungo, mordetevi la lingua. Imitate i più introversi tra i vostri colleghi.<br />
15
4. Discutete con dolcezza.<br />
Le parole pesano, soprattutto se rivolte a un collaboratore. Va bene <strong>di</strong>scutere e fare l’avvocato<br />
del <strong>di</strong>avolo, ma non fate sentire l’interlocutore un perdente in partenza. Fate piuttosto domande<br />
che fanno pensare e lasciate che l’altro arrivi da solo alle sue conclusioni. L’eccesso <strong>di</strong><br />
argomentazione vi può far facilmente passare per prevaricatori.<br />
5. Prima <strong>di</strong> dare consigli, chiedete.<br />
Qualcuno vuole solo sfogarsi, ma a qualcun altro il vostro parere interessa davvero. Ascoltate,<br />
e se pensate <strong>di</strong> avere un buon consiglio da dare, chiedete se è gra<strong>di</strong>to e poi datelo senza che<br />
sembri un or<strong>di</strong>ne.<br />
6. Rimanete con i pie<strong>di</strong> per terra.<br />
Tenete la vostra conversazione su un piano concreto. Può darsi che un po’ <strong>di</strong> teoria ci stia bene,<br />
ma valutate se la situazione lo consente. Esercitate piuttosto le vostre capacità <strong>di</strong>alettiche per<br />
capire meglio i problemi <strong>di</strong> chi si rivolge a voi.<br />
7. Al centro non ci siete voi.<br />
Ascoltando, tenete sempre a mente che al centro della conversazione non ci siete voi, c’è l’altro.<br />
Se volete raccontare qualcosa <strong>di</strong> voi, scegliete un errore da cui avete imparato qualcosa, o un<br />
aneddoto che metta l’altro a suo agio.<br />
8. Mettete un orologio nel vostro campo visivo.<br />
Così non dovrete cercare le lancette in maniera evidente e potrete invece guardare con più<br />
attenzione chi vi sta <strong>di</strong> fronte. Se davvero avete poco tempo, <strong>di</strong>telo esplicitamente. Magari<br />
prendete un altro appuntamento, e poi mantenete l’impegno.<br />
9. La velocità uccide.<br />
Forse una breve conversazione camminando per i corridoi può bastare se portata avanti con<br />
attenzione. Ma siate amichevoli e sinceri, anche nella fretta. Il collega che vi tirate <strong>di</strong>etro non<br />
è il vostro cane.<br />
10. Ricordare.<br />
Non <strong>di</strong>menticate quello che <strong>di</strong> importante è emerso in una conversazione. Appuntatelo, rifletteteci<br />
su, tornateci sopra alla prossima occasione. Serve a voi, che avrete degli elementi in<br />
più per il vostro lavoro, e all’altro che capirà <strong>di</strong> essere stato realmente ascoltato e considerato<br />
16
Un pò <strong>di</strong> tecnica e un pò d’altro …<br />
Nelle pagine che seguono forniremo alcuni esercizi e/o spunti <strong>di</strong> riflessione per migliorare sempre<br />
l’ascolto, saranno tecniche: come fare per … , alcune riflessioni: perché … , chi deve …<br />
Tecnica dell’ascolto attivo11<br />
Thomas Gordon ha coniato una tecnica definita ascolto attivo. Attraverso l’uso <strong>di</strong> questa tecnica si<br />
arriva ad un livello della comunicazione che oltrepassa le incomprensioni dovute al non ascolto o<br />
all’ascolto parziale dell’altro. Gordon <strong>di</strong>ce che per un buon ascolto è necessario seguire 4 passi:<br />
1. L’ascolto passivo: è il momento <strong>di</strong> silenzio interiore (e possibilmente anche esteriore), <strong>di</strong> chi è in<br />
ascolto. Ascoltare in silenzio permette all’altro <strong>di</strong> esporre senza essere interrotto. È così che percepisce<br />
l’attenzione che gli viene rivolta. Inoltre questa fase permette a chi ascolta <strong>di</strong> entrare in contatto<br />
anche con le proprie emozioni e <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere ciò che gli appartiene da ciò che appartiene al suo<br />
interlocutore.<br />
2. Messaggi <strong>di</strong> accoglimento: Sono sia messaggi verbali (“ti ascolto”, “sto cercando <strong>di</strong> capire”..); che<br />
messaggi non verbali (cenni del capo, sguardo, sorriso…).<br />
3. Inviti calorosi: Messaggi verbali che incoraggiano chi parla ad approfon<strong>di</strong>re quanto sta <strong>di</strong>cendo<br />
(“<strong>di</strong>mmi..”, “spiegami meglio”..) senza valutare o giu<strong>di</strong>care ciò che viene detto. L’assenza <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio<br />
è fondamentale al raggiungimento <strong>di</strong> una corretta comunicazione fra le parti. Sarebbe meglio usare<br />
un punto interrogativo che permetta a l’altro <strong>di</strong> meglio definirsi per come realmente si sente: “mi<br />
sembra che questa situazione ti renda nervoso” – “ma, più che nervoso <strong>di</strong>rei che sono proprio arrabbiato”.<br />
4. Ascolto attivo: Chi ascolta “riflette” il contenuto del messaggio dell’altro restituendoglielo con<br />
parole <strong>di</strong>verse. Questo permette <strong>di</strong> verificare se il messaggio così come lo si è compreso è corretto.<br />
Inoltre, riflette i sentimenti espressi dal comunicante e percepiti dall’ascoltatore; o sia il contenuto<br />
emotivo.<br />
Esempi <strong>di</strong> frasi introduttive dell’ascolto attivo sono:<br />
Ti senti…<br />
Mi stai <strong>di</strong>cendo che<br />
Mi pare <strong>di</strong> capire…<br />
Così chi parla si sente compreso, ascoltato, ma non giu<strong>di</strong>cato!<br />
Non dare soluzioni già pronte:<br />
“perché non fai così?”; “io farei cosà” etc. niente <strong>di</strong> più sbagliato per il nostro interlocutore. Chi ha un<br />
problema ha bisogno sì <strong>di</strong> esporlo, perché così facendo già riesce a prenderne una consapevolezza<br />
<strong>di</strong>versa, ma ha anche necessità <strong>di</strong> trovare da solo una soluzione. Ogni volta che <strong>di</strong>amo una soluzione<br />
abbiamo impoverito chi abbiamo davanti a noi. Al posto del dare un consiglio, possiamo formulare<br />
una semplice domanda: “come pensi <strong>di</strong> poter risolvere questa situazione?”.<br />
17
Tecnica del confronto<br />
In tale tecnica il soggetto mette in relazione, confronta, i propri sentimenti con ciò che crea<br />
il suo stato <strong>di</strong> malessere. In tale tecnica non viene espressa nessuna valutazione sulla persona<br />
che compie l’azione, ma la pone <strong>di</strong> fronte agli effetti del suo atto e ai sentimenti/reazioni che<br />
esso provoca negli altri. Non più quin<strong>di</strong> “TU SEI”, ma “IO SENTO”.<br />
Esempio:<br />
In una classe un docente non riesce a spiegare a causa della confusione degli alunni. Il docente<br />
può reagire in due mo<strong>di</strong>.<br />
Reazione aggressiva: “Insomma non siete proprio capaci <strong>di</strong> stare zitti, non avete nessun rispetto<br />
per gli altri!”<br />
Reazione del confronto: “quando voi parlate così tanto senza fermarvi (descrizione precisa<br />
del problema) io non riesco a <strong>di</strong>re la mia opinione e ciò mi fa sentire inutile (descrizione delle<br />
sensazioni interiori).<br />
La tecnica del messaggio io (o del confronto) si compone <strong>di</strong> tre momenti:<br />
- Descrizione del comportamento che crea il problema, senza esprimere un giu<strong>di</strong>zio<br />
- Descrizione dell’effetto tangibile e concreto che il problema ha su chi parla.<br />
- Descrizione degli effetti soggettivi del problema.<br />
Esempio:<br />
Un pe<strong>di</strong>atra che spiega la cura alla mamma mentre il bambino fa i capricci per andarsene:<br />
Il pe<strong>di</strong>atra <strong>di</strong>ce al bambino:<br />
“se continui a chiacchierare (1) io mi innervosisco perché faccio molta più fatica a spiegare<br />
queste cose alla mamma (2) e ci mettiamo molto più tempo a finire (3).”<br />
18
19<br />
Migliorare l’ascolto<br />
“non verbale”<br />
Alcuni stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato che il 90% della comunicazione si svolge a livello non verbale.<br />
Saper <strong>ascoltare</strong> bene e quin<strong>di</strong> comprendere bene l’altro significa saper prestare attenzione alla<br />
comunicazione non verbale.<br />
Per questa ragione è necessario esercitare l’attenzione a percepire i dettagli che aiutano la comunicazione,<br />
in altre parole a stimolare la nostra memoria visiva.<br />
Esercizio12<br />
1. Ogni volta che incontri una nuova persona fai uno sforzo cosciente per notare particolari<br />
quali l’abbigliamento, l’attitu<strong>di</strong>ne, i tic, le mani, il modo <strong>di</strong> camminare, ….<br />
2. Fai uno sforzo per notare come sono vestite le persone vicino a te dalla mattina a mezzogiorno;<br />
fai una lista in cui descrivi il loro abbigliamento. La sera paragonali a quanto ricor<strong>di</strong>;<br />
3. Osserva delle foto <strong>di</strong> gruppo e cerca <strong>di</strong> immaginare che cosa provano le persone;<br />
4. Guarda la tv senza au<strong>di</strong>o: sforzati <strong>di</strong> comprendere le interazioni tra le persone. Osserva i<br />
cambiamenti nel tuo modo <strong>di</strong> guardare (tendenza concentrarsi sui dettagli più interessanti<br />
e a comprenderne <strong>di</strong> più).<br />
Dopo aver messo in pratica questi esercizi, pensa a ciò che hai provato:<br />
Gli atteggiamenti degli altri nei tuoi confronti sono cambiati?<br />
Hai cambiato opinione riguardo a persone che non amavi/stimavi molto?<br />
Ti senti maggiormente a tuo agio nel mettere in pratica l’ascolto non verbale?<br />
Quanto può aiutare nella relazione <strong>di</strong> coaching, contribuendo ad aumentare la fiducia tra coach e<br />
coachee, prestare attenzione al coachee senza cadere nel tranello <strong>di</strong> una facile “valutazione”?
Continuare a migliorare<br />
l’ascolto attivo<br />
In una conversazione l’ascolto attivo permette una migliore comunicazione con l’altro. Il messaggio<br />
è più chiaro per te e l’altro si sente ascoltato, compreso, in confidenza. Dopo esserti<br />
appropriato dei concetti <strong>di</strong> base per un ascolto empatico, è necessario apprendere nuove tecniche<br />
che ti aiuteranno a perfezionarti.<br />
“Ascoltare, <strong>ascoltare</strong>…mi piacerebbe, ma lui non mi <strong>di</strong>ce nulla!”13. Non basta aprire il cuore<br />
e le orecchie per far parlare un figlio (e non solo un figlio!)! Per confidarsi ha bisogno della<br />
certezza <strong>di</strong> essere capito e accettato senza che i suoi sentimenti siano giu<strong>di</strong>cati. E’ <strong>di</strong>fficile accontentarsi<br />
<strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> un problema senza prender posizione, dare soluzioni e consigli; è <strong>di</strong>fficile<br />
<strong>ascoltare</strong> un’emozione, occorre eliminare or<strong>di</strong>ni, pre<strong>di</strong>che, lezioni, consigli, critiche, ma<br />
anche adulazione, rassicurazioni eccessive. Ascoltare significa fare eco all’emozione affinché il<br />
bambino si senta accettato così com’è e capisca se stesso in profon<strong>di</strong>tà.<br />
• Ascoltare le emozioni non i fatti<br />
• Ascoltare con il corpo, oltre le parole, ma il suo vissuto<br />
• Ascoltare con il cuore. Serve il coraggio <strong>di</strong> far risuonare in noi l’eco del vissuto dell’altro.<br />
• Aiutare ad andare oltre attraverso domande aperte basate su “che cosa” “come” “<strong>di</strong><br />
che cosa”<br />
• Riformulare ciò che l’altro ha detto<br />
Esercizio14<br />
Quando ascolti una conversazione cerca <strong>di</strong> trovare più mo<strong>di</strong> possibili per parafrasarla.<br />
Per queste 6 emozioni (4 primarie e 2 secondarie): l’amore, la gioia, la collera, la paura - da<br />
una parte - la confusione, la tristezza - dall’altra, trova il maggior numero <strong>di</strong> parole che descrivono<br />
e classificale secondo la loro maggiore o minor forza<br />
Esempi:<br />
Amore adorazione, desiderio, amicizia, ecc<br />
Gioia giubilo, contentezza, sod<strong>di</strong>sfazione, ecc<br />
Tristezza depressione, dolore, insod<strong>di</strong>sfazione, ecc<br />
Collera rabbia, frustrazione, irritazione, ecc<br />
Paura orrore, allarme, nervosismo, ecc<br />
Confusione per<strong>di</strong>ta, indecisione, ecc<br />
20
21<br />
Si può inoltre aggiungere anche qualche avverbio quale “un po’”, “profondamente”, “assolutamente”,<br />
“mai”, “sempre”.<br />
Amore ________________________________<br />
Gioia ________________________________<br />
Tristezza ________________________________<br />
Collera ________________________________<br />
Paura ________________________________<br />
Confusione ________________________________<br />
Registra una tua conversazione, ascolta la tua stessa voce, cerca <strong>di</strong> capire cosa fare per migliorare.<br />
Insegnamento:<br />
Mai fingere <strong>di</strong> aver capito. È necessario ammettere <strong>di</strong> non aver capito e chiedere chiarimenti.<br />
Es. “mi sono perso”, “l’ho seguita fino a quel punto, può ripetermi per favore il seguito?” ….<br />
Mai <strong>di</strong>re: “so quello che prova”. Si rischia <strong>di</strong> bloccare l’altro che dubiterà delle nostre intenzioni<br />
e non fornirà più dettagli utili. Ha bisogno <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mostrazione, <strong>di</strong> fatti. Una delle<br />
migliori <strong>di</strong>mostrazioni è un feedback che gli faccia comprendere che hai capito, senza bisogno<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo. Riflettere le sue emozioni e riformulare il suo pensiero permette all’altro <strong>di</strong><br />
sentirsi compreso, aumentando al tempo stesso la tua comprensione.<br />
Variare le risposte. Riformulazione: “il mio capo si impiccia sempre degli affari miei: vorrei<br />
davvero che si occupasse <strong>di</strong> più dei suoi.”; “ti <strong>di</strong>sturba che il tuo capo si occupi dei tuoi affari”;<br />
“ti innervosisce che si occupi <strong>di</strong> cose che non lo riguardano”; “vorresti che ti trattasse con<br />
maggior rispetto”.<br />
Scegliere la parola giusta. Sviluppare il proprio vocabolario <strong>di</strong> emozioni.<br />
Sviluppare la propria empatia vocale. Esprimere affidabilità. Rispecchiare il tono dell’altro<br />
per fargli capire il nostro interesse.
Un ulteriore interessante punto <strong>di</strong> riferimento per allenare il nostro ascolto è la sintesi che<br />
propone Marianella Sclavi sulle sette regole dell’arte <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong>15:<br />
1. Non avere fretta <strong>di</strong> arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effi<br />
mera della ricerca.<br />
2. Quel che ve<strong>di</strong> <strong>di</strong>pende dal tuo punto <strong>di</strong> vista. Per riuscire a vedere il tuo punto <strong>di</strong><br />
vista, devi cambiare punto <strong>di</strong> vista.<br />
3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta <strong>di</strong>cendo, devi assumere che ha ragione e<br />
chiedergli <strong>di</strong> aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva.<br />
4. Le emozioni sono delle degli strumenti conoscitivi fondamentali, se sai comprende-<br />
re il loro linguaggio. Non ti informano su cosa ve<strong>di</strong>, ma su come guar<strong>di</strong>. Il loro co<strong>di</strong>-<br />
ce è relazionale e analogico.<br />
5. Un buon ascoltatore è un esploratore <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possibili. I segnali più importanti<br />
per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili<br />
e fasti<strong>di</strong>osi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze.<br />
6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunica-<br />
zione. Affronta i <strong>di</strong>ssensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassio-<br />
na: la gestione creativa dei conflitti.<br />
7. Per <strong>di</strong>venire esperto nell’arte <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> devi adottare una metodologia umoristica.<br />
Ma quando hai imparato ad <strong>ascoltare</strong>, l’umorismo viene da sé.<br />
Infine, dopo aver esaminato alcune tipologie <strong>di</strong> approccio all’ascolto contestuale ci pare<br />
utile chiudere questa breve rassegna <strong>di</strong> tecniche e meto<strong>di</strong> richiamandosi all’Approccio del<br />
Coaching al Contextual Listening®1⁶<br />
1. Rimani ego-less:<br />
• Calma la mente<br />
• Dimentica i tuoi impegni<br />
• Non giu<strong>di</strong>care<br />
• Ricerca la verità<br />
• Abbassa il “volume” del <strong>di</strong>alogo interno<br />
2. Sii presente e focalizzati sulla persona per stabilire il contesto e i contenuti.<br />
3. Rivolgi domande delle quali non conosci le risposte.<br />
4. Segui il tuo intuito per cercare <strong>di</strong> capire cosa sta succedendo al cliente.<br />
5. Supporta il cliente nella sua ricerca <strong>di</strong> risposte senza imporre le tue soluzioni.<br />
Nelle competenze <strong>di</strong> coaching l’ascolto contestuale si avvale anche <strong>di</strong> altri strumenti, quali<br />
gli aforismi, le metafore e i racconti che contribuiscono, opportunamente calibrati nel corso<br />
della sessione, a dare maggiore consapevolezza <strong>di</strong> sé e delle proprie potenzialità al coachee,<br />
aiutandolo a vedere le cose con altri punti <strong>di</strong> vista alternativi o complementari ai suoi per<br />
favorire lo shift e il passaggio consapevole da qui a lì.<br />
22
Abbiamo pertanto ritenuto utile raccogliere nelle appen<strong>di</strong>ci che seguono una serie <strong>di</strong> aforismi, metafore,<br />
racconti, ma anche suggestioni per meglio completare il presente lavoro sull’ascolto contestuale.<br />
Esempi se ne possono fare moltissimi, le fonti da cui attingere sono praticamente inesauribili, quelli proposti<br />
hanno il pregio <strong>di</strong> essere strettamente connessi all’oggetto del presente lavoro sia nella lettera, ma più ancora<br />
nello spirito che li pervade e in cui si può respirare aria <strong>di</strong> “coaching”.<br />
Giunti alla conclusione del nostro lavoro ci siamo resi conto <strong>di</strong> quanto sia <strong>di</strong>fficile non solo agire l’ascolto, ma<br />
anche semplicemente parlarne, cercando <strong>di</strong> definirlo e <strong>di</strong> migliorarlo non solo nella relazione <strong>di</strong> coaching,<br />
ma anche nella vita <strong>di</strong> relazione quoti<strong>di</strong>ana: siamo però sempre più convinti che non basti “fare” il coach, ma<br />
“essere” coach con se stessi e con gli altri in maniera naturale e spontanea.<br />
Un’ultima citazione ci pare concludere bene questa visione del coaching:<br />
“Chiese l’allievo al maestro <strong>di</strong> arti marziali: Quando<br />
avrò imparato l’arte? Rispose il maestro: Quando<br />
avrai <strong>di</strong>menticato tutto.”<br />
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Aforismi sull’ ascolto<br />
“L’aforisma è come <strong>di</strong>pingere un quadro<br />
con parole forti che possono dare al nostro coachee<br />
una intensa folgorazione, una nuova prospettiva<br />
in cui emerge la soluzione, il rinforzo, la celebrazione.”<br />
Gli aforismi costituiscono una delle competenze <strong>di</strong> base del coaching.<br />
Il termine aforisma può essere definito come l’espressione <strong>di</strong> una profonda riflessione o <strong>di</strong> una<br />
rapida intuizione in maniera arguta e concisa. Può essere inteso anche come una breve massima<br />
che esprime una norma <strong>di</strong> vita o una sentenza filosofica in forma lapidaria talora anche paradossale.<br />
L’obiettivo <strong>di</strong> questo capitolo è <strong>di</strong> proporre una raccolta degli aforismi più significativi sul tema<br />
dell’ascolto al fine <strong>di</strong> semplificarne l’accesso, la ricerca e l’utilizzo da parte del coach.<br />
Ogni mente percepisce gli aforismi in modo <strong>di</strong>fferente, il tempo o il momento in cui utilizzarli<br />
<strong>di</strong>pende dalla creatività e dalla sensibilità del coach stesso.<br />
La rassegna che segue rappresenta un primo tentativo <strong>di</strong> sistematizzare uno degli strumenti <strong>di</strong><br />
lavoro fondamentali per un coach, a partire dal materiale già presente nel manuale del Corporate<br />
Coach U International e Corporate Coach U Italia.<br />
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Aforismi<br />
Quando ti parlano, ascolta con tutto te stesso. La maggior parte delle persone non ascolta mai.<br />
Ernest Hemingway<br />
Nessun uomo ha ascoltato talmente tanto da perdere il lavoro. Calvin Coolidge<br />
Era <strong>di</strong>fficile instaurare una conversazione perché tutti parlavano così tanto. Yogi Berra<br />
Ascolta la tua donna quando ti guarda non quando ti parla. Kahil Gibran<br />
Le persone eccellenti ascoltano più <strong>di</strong> quanto parlano e quando ascoltano, ascoltano davvero. Sanno che<br />
l’unico modo per avere un <strong>di</strong>alogo effettivo con qualcuno è <strong>ascoltare</strong> effettivamente. D.A. Bentos<br />
Mi era talmente simpatica che avrei ascoltato i suoi silenzi per l’eternità. Carl William Brown<br />
Un’idea che non trova posto a sedere è capace <strong>di</strong> fare la rivoluzione. Leo Longanesi<br />
Quando colui che ascolta non capisce colui che parla e colui che parla non sa cosa stia <strong>di</strong>cendo: questa è<br />
filosofia. Voltaire<br />
Presta a tutti il tuo orecchio, a pochi la tua voce. William Shakespeare<br />
La verità è tanto più <strong>di</strong>fficile da sentire quanto più a lungo la si è taciuta. Anne Frank<br />
Gli uomini si fidano delle orecchie meno che degli occhi. Erodoto<br />
Come sentiamo, così vogliamo essere sentiti. Hugo von Hofmannsthal<br />
Gli dei hanno dato agli uomini due orecchie e una bocca per poter <strong>ascoltare</strong> il doppio e parlare la metà.<br />
Talete<br />
Quello che io <strong>di</strong>co e quello che tu senti non sono sempre la stessa cosa. Anonimo<br />
Le masse sono abbagliate più facilmente da una grande bugia che da una piccola. Adolf Hitler<br />
Il mare non ha paese nemmeno lui, ed è <strong>di</strong> tutti quelli che lo stanno ad <strong>ascoltare</strong>, <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là dove nasce<br />
e muore il sole. Giovanni Verga<br />
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Chi non comprende il tuo silenzio probabilmente non capirà nemmeno le tue parole.<br />
Elbert Hubbard<br />
Non temere mai <strong>di</strong> <strong>di</strong>re cose insensate, ma ascoltale bene quando le <strong>di</strong>ci. Ludwig Wittgenstein<br />
La voce della coscienza è come uno <strong>di</strong> quei congegni d’allarme che scattano per ogni nonnulla e<br />
nessuno gli dà più retta. Alessandro Morandotti<br />
Chi ascolta attentamente l’autentica voce del cuore e della coscienza è illuminato dalla sua verità.<br />
Georg Hegel<br />
Ascoltare è una cosa magnetica e speciale, una forza creativa. Gli amici che ci ascoltano sono<br />
quelli cui ci avviciniamo. Essere ascoltati ci crea, ci fa aprire ed espandere. Karl Menninger<br />
Quando l’orecchio si affina <strong>di</strong>venta un occhio. Rumi, poeta e mistico persiano del XIII secolo<br />
Quando gli occhi <strong>di</strong>cono una cosa e la bocca un’altra, l’uomo avveduto si fida del linguaggio dei<br />
primi. R. W. Emerson<br />
Ascoltare è un affettuoso regalo che facciamo a chi sta cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>rci qualcosa. Ma spesso è<br />
anche un grande regalo per chi ascolta. (Gandalf - capitolo 46 del libro L’umanità dell’internet)<br />
Nell’Incontro, l’Armonia tra il Parlare e l’Ascoltare può sostenere la Melo<strong>di</strong>a della Vita. (r.s)<br />
Parlare è un mezzo per esprimere se stessi agli altri, <strong>ascoltare</strong> è un mezzo per accogliere gli altri<br />
in se stessi. Wen Tzu, testo classico taoista<br />
La parola è d’argento, il silenzio è d’oro. Proverbio<br />
Parla poco, ascolta assai, e giammai non fallirai. Proverbio popolare<br />
Dio ci ha dato due orecchie ed una sola bocca per <strong>ascoltare</strong> almeno il doppio <strong>di</strong> quanto <strong>di</strong>ciamo.<br />
Proverbio Cinese<br />
26
27<br />
Metafore, racconti e<br />
suggestioni ‘in Ascolto‘<br />
L’obiettivo <strong>di</strong> questa sezione è <strong>di</strong> proporre una rassegna delle metafore e dei racconti più significativi<br />
sul tema dell’ascolto al fine <strong>di</strong> semplificarne l’accesso, la ricerca e l’utilizzo da parte del<br />
coach; questa raccolta è un primo passo per raccogliere materiale a supporto <strong>di</strong> una delle competenze<br />
avanzate del coach.<br />
Metafore<br />
La metafora non spiega, non è esaustiva, ma consente <strong>di</strong> prendere spunto, <strong>di</strong> intuire, <strong>di</strong> aprire<br />
strade da percorrere autonomamente.<br />
La città dell’ascolto 18<br />
C’era una volta un giovane insod<strong>di</strong>sfatto del modo <strong>di</strong> comunicare dei suoi compaesani. Decide<br />
<strong>di</strong> andare a cercare la città dell’ascolto dove spera <strong>di</strong> trovare abitanti che sappiano <strong>ascoltare</strong> senza<br />
interrompere, fraintendere o travisare le intenzioni <strong>di</strong> chi parla. Vorrebbe sentirsi libero <strong>di</strong> esprimersi<br />
senza dover fare troppa fatica per trasmettere il messaggio che intende veicolare. Si mette<br />
in viaggio portando con sé solo lo stretto necessario.<br />
Cammina, cammina e cammina sino a quando arriva in una città in cui ognuno è impegnato a<br />
spiegare ciò che l’altro ha appena detto, il vero significato <strong>di</strong> ciò che intendeva <strong>di</strong>re. Con degli<br />
sbagli tremen<strong>di</strong>, osserva il giovane, e va via per continuare la sua ricerca.<br />
Arriva in un’altra città in cui gli abitanti fanno a gara a chi offre la più profonda interpretazione,<br />
a chi è più veloce nel cogliere il senso implicito, a chi è più abile nel leggere tra le righe il non<br />
detto: che fatica! pensa il giovane e riprende il suo cammino.<br />
Dopo alcuni giorni <strong>di</strong> cammino arriva in un’altra città in cui non fa in tempo a iniziare un <strong>di</strong>scorso<br />
che l’altro lo interrompe <strong>di</strong>cendogli: “ ho capito benissimo cosa inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re, è capitata<br />
anche a me una cosa simile…” e va avanti nel raccontare le sue cose non dando più la parola a<br />
chi aveva incominciato a parlare. Il giovane prova fasti<strong>di</strong>o ad essere interrotto e non poter completare<br />
il proprio <strong>di</strong>scorso. Non crede che questo si possa chiamare ascolto. Lascia questa città<br />
per andare in un’altra.<br />
Arriva in un’altra città in cui quando racconta qualcosa l’interlocutore lo interrompe per chie-
dergli dettagli, precisazioni, <strong>di</strong>mostrazioni della veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> quello che <strong>di</strong>ce, le fonti. Che<br />
sfiducia in questa città, pensa, non voglio star qui un momento <strong>di</strong> più e continua il suo viaggio.<br />
In un’altra città nota che viene interrotto da sfide del tipo come fai a saperlo, chi te lo ha detto,<br />
ma ne sei proprio sicuro, irritandolo e facendogli sorgere inutili dubbi.<br />
In un’altra città nota che quando esprime un’ opinione, un pensiero, l’altro è pronto a sostenere<br />
che c’è ben altro da aggiungere, che non ci si può fermare a delle semplici e superficiali<br />
considerazioni. Può darsi, pensa il giovane, ma qualche volta non c’è proprio nient’altro da<br />
aggiungere.<br />
In un’altra città ancora quando uno introduce un tema <strong>di</strong> conversazione l’altro è pronto a proporne<br />
un altro, <strong>di</strong>verso dal primo.<br />
Il giovane dopo tanto peregrinare arriva in un’altra città in cui quando chiede qualcosa nota<br />
che le persone mostrano un sincero e autentico interesse nei suoi confronti. Sono <strong>di</strong>sposti a<br />
stare con lui, a instaurare un <strong>di</strong>alogo con lui per il tempo sufficiente e poi ognuno riprende la<br />
sua attività.<br />
In questa città mentre lui parla l’interlocutore non solo rimanda segnali <strong>di</strong> ascolto, ma fa anche<br />
delle domande pertinenti per cercare <strong>di</strong> comprendere meglio quello che sta <strong>di</strong>cendo e verificare<br />
se effettivamente si sono capiti. E mentre parla con questo interlocutore <strong>di</strong> accorge che le<br />
sue domande lo aiutano a chiarirsi meglio, a capirsi meglio, a precisare meglio il suo pensiero.<br />
Il giovane si sente a suo agio, sereno, sente <strong>di</strong> poter parlare liberamente <strong>di</strong> qualsiasi cosa senza<br />
interruzioni, senza interpretazioni arbitrarie, senza giu<strong>di</strong>zi e malafede. Capisce che questa<br />
deve essere la città dell’ascolto. Finalmente in questa città si sente rispettato e ascoltato per le<br />
semplici cose che ha da comunicare.”<br />
Le due ra<strong>di</strong>o ricetrasmittenti 19<br />
“Proviamo ad immaginare due ra<strong>di</strong>o in cui la ricerca della sintonia, della frequenza <strong>di</strong> trasmissione,<br />
sia affidata ad una manopola da girare.<br />
Per <strong>ascoltare</strong> l’altro è necessario girare la manopola con lentezza, con delicatezza, sino a quando<br />
si cominciano a sentire dei segnali tenui, confusi. Se si gira troppo velocemente, si rischia<br />
<strong>di</strong> passare la frequenza e <strong>di</strong> non incontrare l’altro. Quando si è trovato il primo segnale, è necessario<br />
ricercare il punto <strong>di</strong> migliore ascolto. Ma non basta; l’altro può cambiare frequenza<br />
d’onda (forse perché ha paura <strong>di</strong> essere ascoltato e capito da altri...) e si deve cominciare da<br />
capo. Pensate ora <strong>di</strong> dover comunicare con tante ricetrasmittenti <strong>di</strong>verse: ognuna avrà la propria<br />
sintonia...”<br />
“... Di tutte le metafore esistenti, quella più centrale e cospicua, a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> tutti gli<br />
esseri umani, è il sé. Qui non intendo solo il costrutto psicologico del “sé”, ma l’intero<br />
essere, psiche e soma, il luogo dove per ciascuno <strong>di</strong> noi si incontrano Creatura e Pleroma.<br />
Al cuore della rete <strong>di</strong> metafore attraverso la quale riconosciamo il mondo ed interagiamo<br />
con esso, stanno l’esperienza del sé e la possibilità <strong>di</strong> parlarne. Il ricorso alla<br />
autoconoscenza come modello per capire gli altri, sulla base <strong>di</strong> somiglianze e congruenze,<br />
lo si potrebbe chiamare comprensione, ma il termine migliore nell’uso corrente mi sembra<br />
EMPATIA. Non si deve solo pensare all’empatia fra terapeuta e paziente, perché anche il conta<strong>di</strong>no<br />
cui si sia inari<strong>di</strong>to il raccolto sente la morte dei suoi campi nel proprio corpo....”. Secondo<br />
Bateson l’empatia stessa è una metafora; l’ascolto delle somiglianze e delle <strong>di</strong>fferenze,<br />
28
29<br />
meccanismo attraverso cui conosciamo, permette <strong>di</strong> comprendere l’altro. Il comprendere attraverso<br />
la metafora non <strong>di</strong>pende principalmente dal pensiero logico, ma implica afferrare<br />
una situazione intuitivamente, nei suoi <strong>di</strong>versi intergiochi <strong>di</strong> significati molteplici. L’ascolto<br />
dei significati attraverso le metafore, consente una gradualità <strong>di</strong> comprensione sempre maggiore:<br />
e la base <strong>di</strong> tutto ciò è la <strong>di</strong>sponibilità interna a comprendere.”<br />
Racconti<br />
Le cose importanti della vita<br />
“Un professore <strong>di</strong> filosofia inizia la lezione posando sulla cattedra alcuni oggetti. Prende una<br />
vaso vuoto e lo riempie con sassi <strong>di</strong> 5-6 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro. poi chiede agli studenti se il vaso è<br />
pieno e loro rispondono sì. Allora prende una scatola <strong>di</strong> sassolini, e li versa nel vaso. I sassolini<br />
rotolano negli spazi vuoti fra i sassi. Il prof chiede ancora agli se il vaso è pieno, e gli<br />
studenti rispondono ancora sì. Il prof prende allora una scatola <strong>di</strong> sabbia e la versa nel vaso.<br />
La sabbia riempie ogni interstizio. “Ora voglio che voi riconosciate che questa è la vostra vita.<br />
I sassi sono le cose importanti: anche se ogni altra cosa dovesse mancare, la vostra vita sarebbe<br />
comunque piena. I sassolini sono le cose che contano: il lavoro, la casa, lo sport. La sabbia<br />
rappresenta le piccole cose. Se riempite il vaso prima con la sabbia, non ci sarà più spazio per<br />
rocce e sassolini. Lo stesso è per la vita; se voi spendete tutto il vostro tempo ed energie per<br />
le piccole cose, non avrete mai spazio per cose importanti. Fissate le vostre priorità! Il resto è<br />
solo sabbia.”<br />
Il Re Shahriyar20 è profondamente deluso delle donne ed è ferocemente a<strong>di</strong>rato perché ha scoperto<br />
che non solo sua moglie l’ha tra<strong>di</strong>to con i suoi schiavi neri ma anche che la stessa cosa è<br />
successa a suo fratello, il Re Shahzaman. Il Re Shahriyar, avendo perso ogni fiducia nell’umanità<br />
e ferito dalla convinzione che nessuno può veramente amarlo, decide che d’ora in poi non<br />
darà più a nessuna donna l’occasione <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>rlo <strong>di</strong> nuovo, e si ripromette <strong>di</strong> avere soltanto una<br />
vita <strong>di</strong> voluttà. Da quel momento possiede ogni notte una vergine <strong>di</strong>versa, che viene uccisa la<br />
mattina seguente. Alla fine, in tutto il regno non rimane che una sola vergine nubile: Sharazad,<br />
la figlia del visir del Re. Il visir non ha intenzione <strong>di</strong> sacrificare sua figlia, ma essa insiste che<br />
vuol <strong>di</strong>ventare “il mezzo <strong>di</strong> liberazione”. Essa riesce nel suo intento raccontando ogni notte<br />
per mille notti una storia che avvince talmente il Re che egli rinuncia a ucciderla perché vuol<br />
sentire la continuazione della storia la notte successiva. Alla fine del ciclo, il Re <strong>di</strong>chiara la sua<br />
fiducia e il suo amore per Sharazad, ed essi vivono felici assieme per il resto dei loro giorni, o<br />
così ci viene fatto capire.
L’arte <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> (De recta ratione au<strong>di</strong>en<strong>di</strong>) <strong>di</strong> Plutarco <strong>di</strong> Cheronea21<br />
1.<br />
Ti invio, caro Nicandro la stesura del <strong>di</strong>scorso da me tenuto su come si ascolta, perché tu<br />
sappia <strong>di</strong>sporti in modo corretto all’ascolto <strong>di</strong> chi si rivolge a te con la voce della persuasione,<br />
ora che hai indossato la toga virile e ti sei liberato da chi ti dava or<strong>di</strong>ni. Questa con<strong>di</strong>zione<br />
<strong>di</strong> «anarchia», che alcuni giovani, ancora immaturi sul piano formativo, sono portati a confondere<br />
con la libertà, fa sì che le passioni, quasi fossero sciolte dai ceppi, <strong>di</strong>ventino per loro<br />
padroni più duri dei maestri e dei pedagoghi <strong>di</strong> quando erano ragazzi. Insieme con la tunica,<br />
<strong>di</strong>ce Erodoto, le donne si spogliano anche del pudore: così ci sono giovani che nell’atto stesso<br />
<strong>di</strong> deporre la toga puerile, depongono anche ogni senso <strong>di</strong> pudore e <strong>di</strong> rispetto, e sciolto l’abito<br />
che li teneva composti si riempiono subito <strong>di</strong> sregolatezza. Tu, invece, che in più occasioni<br />
hai avuto modo <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> che seguire Dio ed obbe<strong>di</strong>re alla ragione sono la stessa cosa, devi<br />
pensare che; il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta, per quelli che ragionano bene, non<br />
significa non aver più un’autorità cui sottostare, ma semplicemente cambiarla, perché al posto<br />
<strong>di</strong> una persona stipen<strong>di</strong>ata o <strong>di</strong> uno schiavo essi assumono a guida <strong>di</strong>vina dell’esistenza la<br />
ragione. Quella ragione, i cui seguaci è giusto ritenere i soli uomini liberi, dato che solo loro<br />
hanno imparato a volere ciò che si deve e perciò stesso vivono come vogliono. Ignobile, invece,<br />
meschino ed esposto a gran<strong>di</strong> rimorsi, è l’arbitrio che si esplica negli impulsi e nelle azioni che<br />
nascono da immaturità e falsi ragionamenti.<br />
2.<br />
… Penso comunque che non ti <strong>di</strong>spiacerà <strong>ascoltare</strong> qualche preliminare osservazione sul senso<br />
dell’u<strong>di</strong>to, che, a detta <strong>di</strong> Teofrasto, è esposto più <strong>di</strong> ogni altro alle passioni, dato che non c’è<br />
niente che si veda, si gusti o si tocchi, che produca sconvolgimenti, turbamenti o sbigottimenti<br />
paragonabili a quelli che afferrano l’anima quando l’u<strong>di</strong>to è investito da certi frastuoni, strepiti<br />
o rimbombi. Ma a ben guardare esso ha più legami con la ragione che con la passione, perché<br />
se è vero che molte sono le zone e le parti del corpo che offrono al vizio una via d’accesso per<br />
cui arriva ad attaccarsi all’anima, per la virtù l’unica presa è data invece dalle orecchie dei<br />
giovani, sempreché siano pure e tenute fin dall’inizio al riparo dai guasti dell’adulazione e dal<br />
contagio <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi cattivi. Per questo Senocrate invitava ad applicare i paraorecchi ai ragazzi<br />
più che ai lottatori, perché a questi ultimi i colpi sfigurano le orecchie, mentre ai primi i <strong>di</strong>scorsi<br />
<strong>di</strong>storcono il carattere. Egli non intendeva, comunque che dovessero porsi in una sorta <strong>di</strong><br />
isolamento acustico o <strong>di</strong>ventare sor<strong>di</strong>: consigliava solo <strong>di</strong> proteggerli dai <strong>di</strong>scorsi cattivi prima<br />
che altri buoni, come guar<strong>di</strong>e allevate dalla filosofia a protezione del carattere, non ne avessero<br />
saldamente occupato la postazione più precaria e maggiormente esposta alla voce della persuasione.<br />
L’antico Biante, quando Amasi gli chiese <strong>di</strong> inviargli la porzione <strong>di</strong> vittima sacrificale<br />
che a suo giu<strong>di</strong>zio fosse migliore e al tempo stesso peggiore, ne recise la lingua e gliela mandò,<br />
intendendo <strong>di</strong>re che nella parola sono insiti i danni e i vantaggi più gran<strong>di</strong>. La maggior parte<br />
delle persone, quando bacia teneramente i propri piccoli, ne prende le orecchie tra le mani e li<br />
30
31<br />
invita a fare altrettanto, con scherzosa allusione al fatto che essi devono amare soprattutto chi<br />
fa loro del bene attraverso le orecchie. È evidente che un giovane che fosse tenuto lontano da<br />
qualunque occasione <strong>di</strong> ascolto e non assaporasse nessuna parola, non solo rimarrebbe completamente<br />
sterile e non potrebbe germogliare verso la virtù, ma rischierebbe anche <strong>di</strong> essere<br />
traviato verso il vizio, facendo proliferare molte piante selvatiche dalla sua anima, quasi fosse<br />
un terreno non smosso ed incolto ...<br />
3.<br />
Dal momento dunque che l’ascolto comporta per i giovani un grande profitto ma un non<br />
minore pericolo, credo sia bene riflettere continuamente, con se stessi e con altri, su questo<br />
tema. I più invece, a quanto ci è dato vedere, sbagliano, perché si esercitano nell’arte <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />
prima <strong>di</strong> essersi impratichiti in quella <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong>, e pensano che per pronunciare, un <strong>di</strong>scorso<br />
ci sia bisogno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> esercizio, ma che dall’ascolto, invece, possa trarre profitto anche<br />
chi vi s’accosta in modo improvvisato. Se è vero che chi gioca a palla impara contemporaneamente<br />
a lanciarla e riceverla, nell’uso della parola, invece, il saperla accogliere bene precede il<br />
pronunciarla, allo stesso modo in cui concepimento e gravidanza vengono prima del parto. I<br />
parti e i travagli «<strong>di</strong> vento» delle galline si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>ano origine a gusci imperfetti e privi <strong>di</strong> vita:<br />
così realmente «<strong>di</strong> vento» è il <strong>di</strong>scorso che esce da giovani incapaci <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> e <strong>di</strong>sabituati a<br />
trarre profitto attraverso l’u<strong>di</strong>to, e<br />
oscuro ed ignoto, si <strong>di</strong>sperde sotto le nubi.<br />
Quando travasa qualcosa, la gente inclina e ruota i vasi perché l’operazione riesca bene e non<br />
ci siano <strong>di</strong>spersioni, mentre, quando ascolta un filosofo, non impara ad offrire se stessa a chi<br />
parla e a seguire attentamente, perché non le sfugga nessuna affermazione utile. E quel che è<br />
più ri<strong>di</strong>colo è che se incontrano uno che racconta <strong>di</strong> un banchetto, <strong>di</strong> un corteo, <strong>di</strong> un sogno o<br />
dell’alterco avuto con un altro, restano ad ascoltarlo in silenzio e insistono per saperne <strong>di</strong> più;<br />
ma se uno li tira da parte e vuol dare loro un insegnamento utile, spronarli a qualche dovere,<br />
redarguirli in caso <strong>di</strong> errore o addolcirli quando sono irritati non lo sopportano e se ne hanno<br />
la possibilità si sforzano d’averla vinta e si mettono a controbattere le sue parole o, se proprio<br />
non ce fanno, lo piantano in asso e vanno alla ricerca <strong>di</strong> altri insulsi <strong>di</strong>scorsi, riempiendosi le<br />
orecchie, quasi fossero vasi <strong>di</strong>fettosi e incrinati, <strong>di</strong> qualunque cosa piuttosto che <strong>di</strong> ciò <strong>di</strong> cui<br />
hanno bisogno. I bravi allevatori rendono sensibile al morso la bocca dei cavalli: così i bravi<br />
educatori rendono sensibili alle parole le orecchie dei ragazzi insegnando loro non a parlare<br />
molto, ma ad <strong>ascoltare</strong> molto. Nel tessere gli elogi <strong>di</strong> Epaminonda, Spintaro <strong>di</strong>ceva che non<br />
era facile incontrare uno che sapesse <strong>di</strong> più e parlasse <strong>di</strong> meno. E la natura, si <strong>di</strong>ce, ha dato a<br />
ciascuno <strong>di</strong> noi due orecchie ma una lingua sola, perché siamo tenuti ad <strong>ascoltare</strong> più che a<br />
parlare.<br />
4.<br />
Il silenzio, dunque, è ornamento sicuro per un giovane in ogni circostanza, ma lo è. in modo<br />
particolare quando, ascoltando un altro, evita <strong>di</strong> agitarsi o <strong>di</strong> abbaiare ad ogni sua affermazio-
ne, e anche se il <strong>di</strong>scorso non gli è troppo gra<strong>di</strong>to, pazienta ed attende che chi sta <strong>di</strong>sertando<br />
sia arrivato alla conclusione; e non appena ha finito si guarda dall’investirlo subito <strong>di</strong> obiezioni,<br />
ma, come <strong>di</strong>ce Eschine, lascia passare un po’ <strong>di</strong> tempo per consentire all’altro <strong>di</strong> apportare<br />
eventuali integrazioni o <strong>di</strong> rettificare e sopprimere qualche passaggio. Chi si mette subito a<br />
controbattere finisce per non <strong>ascoltare</strong> e non essere ascoltato, e interrompendo il <strong>di</strong>scorso<br />
<strong>di</strong> un altro rime<strong>di</strong>a una brutta figura. Se invece ha preso l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> in modo<br />
controllato e rispettoso, riesce a recepire e a far suo un <strong>di</strong>scorso utile e sa <strong>di</strong>scernere meglio<br />
e smascherare l’inutilità o falsità <strong>di</strong> un altro, e per <strong>di</strong> più dà <strong>di</strong> sé l’immagine <strong>di</strong> una persona<br />
che ama la verità e non le <strong>di</strong>spute, ed è aliena dall’essere avventata o polemica. Non è sbagliato<br />
quello che <strong>di</strong>cono alcuni, e cioè che se si vuole versare qualcosa <strong>di</strong> buono nei giovani bisogna<br />
prima sgonfiarli più <strong>di</strong> quanto non si faccia con l’aria contenuta negli otri, <strong>di</strong> ogni presunzione<br />
e albagia, perché altrimenti, pieni come sono <strong>di</strong> alterigia e <strong>di</strong> boria, non riuscirebbero ad<br />
accogliere nulla.<br />
5.<br />
L’invi<strong>di</strong>a poi, congiunta a malizia e livore, non va bene in nessun caso, e se la sua presenza<br />
ostacola ogni retto comportamento, <strong>di</strong>venta pessima assistente e consigliera <strong>di</strong> chi ascolta,<br />
perché gli rende fasti<strong>di</strong>ose, sgradevoli e inaccettabili le osservazioni utili, dato che gli invi<strong>di</strong>osi<br />
godono <strong>di</strong> qualunque altra cosa piuttosto che <strong>di</strong> quelle dette bene…<br />
Ma se negli altri casi l’invi<strong>di</strong>a nasce da certe <strong>di</strong>sposizioni rozze e malvagie, quella rivolta contro<br />
chi parla muove da inopportuno esibizionismo e mala ambizione e non consente a chi si<br />
trova in questo stato d’animo <strong>di</strong> concentrarsi su ciò che viene detto, ma ne <strong>di</strong>sturba e <strong>di</strong>strae<br />
la mente, che ora si mette ad osservare se le proprie capacita siano inferiori a quelle <strong>di</strong> chi sta<br />
parlando e ora invece si sofferma a guardare se gli altri seguano compiaciuti ed ammirati, e si<br />
sente urtata dagli assensi e si in<strong>di</strong>spettisce con i presenti se mostrano <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>re chi parla. E<br />
quanto ai <strong>di</strong>scorsi, essa lascia cadere in oblio quelli già pronunciati, perché rammentarli è una<br />
sofferenza, e si agita e trema al pensiero che quelli successivi possano essere ancora migliori;<br />
non vede l’ora che chi sta tenendo un <strong>di</strong>scorso bellissimo abbia terminato <strong>di</strong> parlare, e appena<br />
l’ascolto è finito non ripensa a niente <strong>di</strong> quel che è stato detto, ma si mette a contare come<br />
fossero voti, le esclamazioni e gli umori dei presenti, e fugge e schizza via come impazzita da<br />
chi approva, correndo ad imbrancarsi con chi solleva critiche e <strong>di</strong>storce le argomentazioni<br />
svolte; se poi non c’è niente da <strong>di</strong>storcere, tira fuori che altri hanno saputo sviluppare meglio<br />
lo stesso tema e con maggior efficacia, fino a quando, a forza <strong>di</strong> svilire e infangare, non si sia<br />
reso l’ascolto inutile e vano.<br />
6.<br />
Perciò, stipulata una tregua tra voglia <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> e tentazioni esibizionistiche, dobbiamo <strong>di</strong>sporci<br />
all’ascolto con animo <strong>di</strong>sponibile e pacato, come fossimo invitati a un banchetto sacro<br />
o alle cerimonie preliminari <strong>di</strong> un sacrificio, elogiando l’efficacia <strong>di</strong> chi parla nei passaggi riusciti<br />
e apprezzando perlomeno la buona volontà <strong>di</strong> chi espone in pubblico le proprie opinioni<br />
e cerca <strong>di</strong> convincere gli altri ricorrendo agli stessi ragionamenti che hanno persuaso lui. …<br />
32
33<br />
Senofonte <strong>di</strong>ce che i bravi padroni <strong>di</strong> casa sanno trarre profitto dagli amici e dai nemici: così<br />
le persone sveglie e attente sanno trarre beneficio da chi parla non solo quando ha successo<br />
ma anche quando fallisce, perché, la pochezza concettuale, la vacuità espressiva, il portamento<br />
volgare, la smania, non <strong>di</strong>sgiunta da goffo compiacimento, <strong>di</strong> consenso e gli altri consimili<br />
<strong>di</strong>fetti ci appaiono con più evidenza negli altri quando ascoltiamo che in noi stessi quando<br />
parliamo. Dobbiamo perciò trasferire il giu<strong>di</strong>zio da chi parla a noi stessi, valutando se anche<br />
noi non ca<strong>di</strong>amo inconsciamente in qualche errore del genere. Non c’è cosa al mondo più facile<br />
<strong>di</strong> criticare il prossimo, ma è atteggiamento inutile e vano se non ci porta a correggere o<br />
prevenire analoghi errori. Di fronte a chi sbaglia non dobbiamo esitare a ripetere in continuazione<br />
a noi stessi il detto <strong>di</strong> Platone: «Sono forse anch’io così?». Come negli occhi <strong>di</strong> chi ci sta<br />
vicino ve<strong>di</strong>amo riflettersi i nostri, così dobbiamo ravvisare i nostri <strong>di</strong>scorsi in quelli degli altri,<br />
per evitare <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzarli con eccessiva durezza e per essere noi stessi più sorvegliati quando<br />
arriva il nostro turno <strong>di</strong> parlare. A tal fine è utile anche ricorrere a un confronto se, una volta<br />
finito l’ascolto e rimasti soli, prenderemo qualche passaggio che, a nostro giu<strong>di</strong>zio sia stato<br />
trattato in modo maldestro o inadeguato e proveremo a ri<strong>di</strong>rlo noi, volgendoci a colmare una<br />
deficienza qui, a correggerne una lì, a esporre lo stesso pensiero con parole <strong>di</strong>verse o tentando<br />
<strong>di</strong> affrontare l’argomento in maniera ra<strong>di</strong>calmente nuova. Così fece anche Platone con il <strong>di</strong>scorso<br />
scritto da Lisia. Non è <strong>di</strong>fficile muovere obiezioni al <strong>di</strong>scorso pronunciato da altri, anzi<br />
è quanto mai facile; ben più faticoso, invece, è contrapporne uno migliore. Alla notizia che Filippo<br />
aveva raso al suolo Olinto, lo spartano osservò: «Ma lui non riuscirebbe a rie<strong>di</strong>ficare una<br />
città così grande!». Se dunque nel <strong>di</strong>ssertare sullo stesso argomento ci sembrerà <strong>di</strong> non essere<br />
molto superiori a chi ne ha trattato, deporremo gran parte del nostro <strong>di</strong>sprezzo e ben presto,<br />
smascherati da simili confronti, svaniranno in noi presunzione ed orgoglio.<br />
7.<br />
Antitetico all’atteggiamento denigratorio è quello facilmente incline all’ammirazione, che denota<br />
indubbiamente una natura più cor<strong>di</strong>ale e pacata, ma esige anch’esso non poca accortezza,<br />
o ad<strong>di</strong>rittura ne richiede una maggiore, perché se i denigratori e gli arroganti ricavano da chi<br />
parla un profitto minore, gli entusiasti e gli ingenui ne ricevono danni maggiori e non smentiscono<br />
il detto eracliteo:<br />
«Lo stupido suole stupirsi a ogni parola».<br />
Bisogna essere generosi nell’elogiare chi parla ma cauti nel prestare fede alle sue parole; si deve<br />
essere spettatori ben<strong>di</strong>sposti e non prevenuti dello stile e della <strong>di</strong>zione <strong>di</strong> chi <strong>di</strong>batte, ma critici<br />
attenti e severi dell’utilità e veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> ciò che <strong>di</strong>ce, per non attirarci l’o<strong>di</strong>o suo e al tempo<br />
stesso evitare che le sue parole possano danneggiarci, dato che, senza nemmeno accorgercene,<br />
siamo portati ad accogliere in noi molti ragionamenti falsi e cattivi per simpatia o fiducia verso<br />
chi parla. … Gran parte degli errori commessi da chi canta con l’accompagnamento dell’aulo<br />
sfugge a chi ascolta: così uno stile ridonante e pomposo abbacina l’ascoltatore e gli impe<strong>di</strong>sce<br />
<strong>di</strong> intravedere i concetti. Si narra che Melanzio, sentendosi chiedere un parere su una trage<strong>di</strong>a<br />
<strong>di</strong> Diogene, rispondesse che non gli era riuscito <strong>di</strong> vederla perché eclissata dalle parole…
8.<br />
Perciò bisogna eliminare dallo stile ogni eccesso e vacuità, mirando esclusivamente al frutto e<br />
prendendo a modello le api e non le tessitrici <strong>di</strong> ghirlande, perché queste, preoccupandosi solo<br />
delle fronde fiorite e profumate, intrecciano e intessono una composizione soave ma effimera<br />
e infruttuosa, mentre le api, pur volando in continuazione su prati <strong>di</strong> viole, <strong>di</strong> rose e <strong>di</strong> giacinti,<br />
vanno a posarsi sul timo, la più acre e pungente delle piante, e vi si fermano<br />
al biondo miele pensando,<br />
poi attinto qualcosa <strong>di</strong> utile volano via all’opera loro. Così l’ascoltatore fine e puro deve lasciar<br />
perdere le parole fiorite e delicate e pensare che gli argomenti teatrali e spettacolari sono solo<br />
«pastura <strong>di</strong> fuchi» sofisticheggianti, ed immergersi invece con la concentrazione fino a cogliere<br />
il senso profondo del <strong>di</strong>scorso e la reale <strong>di</strong>sposizione, d’animo <strong>di</strong> chi parla, per trarne ciò<br />
che è utile e giovevole, rammentando a se stesso che non è andato a teatro o in un odeo, ma in<br />
una scuola e in un’aula per raddrizzare la propria vita con la parola. Ne consegue la necessità<br />
<strong>di</strong> esaminare e giu<strong>di</strong>care l’ascolto partendo da se stesso e dal proprio stato d’animo, valutando<br />
se qualche passione sia <strong>di</strong>venuta più debole, qualche fasti<strong>di</strong>o più leggero, se si siano rinsaldati<br />
in lui determinazione e volontà, se senta in cuor suo entusiasmo per la virtù e per il bene. …<br />
9.<br />
…<br />
10.<br />
A questi precetti segue quello relativo ai quesiti. Quando si è invitati a cena si deve mangiare<br />
quello che viene imban<strong>di</strong>to e non chiedere dell’altro o mettersi a criticare: così chi è andato al<br />
banchetto delle parole, se il tema è stabilito, ascolti in silenzio chi parla, perché portandolo a<br />
deviare su altri argomenti, interrompendone l’esposizione con continue domande e sollevando<br />
sempre nuove <strong>di</strong>fficoltà non risulta né piacevole né garbato come ascoltatore e ottiene <strong>di</strong><br />
non ricavare personalmente alcun profitto e <strong>di</strong> confondere insieme chi parla e quello che <strong>di</strong>ce;<br />
se invece è chi parla a sollecitare l’u<strong>di</strong>torio a porre domande e quesiti, si dovrebbe sempre dare<br />
a vedere <strong>di</strong> sollevarne <strong>di</strong> utili e <strong>di</strong> necessari. O<strong>di</strong>sseo è deriso dai pretendenti domandando<br />
tozzi <strong>di</strong> pane, e non spade o lebeti, perché per loro è segno <strong>di</strong> grandezza d’animo non solo<br />
fare gran<strong>di</strong> doni, ma anche richiederli. Ancor più, però, si riderebbe <strong>di</strong> un ascoltatore che<br />
sollecitasse chi <strong>di</strong>sserta su questioni piccole e cavillose, come solitamente fanno certi giovani<br />
che ricorrendo ad estreme sottigliezze e palesando la propria attitu<strong>di</strong>ne per la <strong>di</strong>alettica o la<br />
matematica pongono quesiti sulla <strong>di</strong>visione delle proposizioni indefinite e su quale sia il movimento<br />
secondo il lato o secondo la <strong>di</strong>agonale...<br />
11.<br />
Quando si formula una domanda bisogna assolutamente rapportarsi all’esperienza e all’attitu<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> chi parla, ponendogli quesiti su <strong>di</strong> argomenti in cui è più forte <strong>di</strong> se stesso e evitando<br />
<strong>di</strong> mettere in <strong>di</strong>fficoltà chi è esperto soprattutto <strong>di</strong> filosofia morale sottoponendogli complicati<br />
problemi <strong>di</strong> fisica o <strong>di</strong> matematica, e <strong>di</strong> trascinare al contrario chi vanta conoscenze in campo<br />
34
35<br />
scientifico a emettere giu<strong>di</strong>zi sulle proposizioni connesse o a risolvere i sofismi «mentitori».<br />
Chi tentasse <strong>di</strong> spaccare la legna con una chiave o <strong>di</strong> aprire la porta con una scure non darebbe<br />
l’impressione <strong>di</strong> scre<strong>di</strong>tare quegli strumenti ma piuttosto <strong>di</strong> rinunciare alla loro propria utilità<br />
e funzione: così chi avanza richieste su temi sui quali chi parla non ha attitu<strong>di</strong>ne o non si è<br />
esercitato, si pone da solo nell’impossibilità <strong>di</strong> cogliere e ricevere il frutto che l’altro ha ed è<br />
<strong>di</strong>sposto ad offrire, e oltre a danneggiare se stesso ottiene anche <strong>di</strong> essere tacciato <strong>di</strong> malizia e<br />
livore.<br />
12.<br />
Ci si deve inoltre guardare dal porre troppe domande e dall’intervenire in continuazione,<br />
perché anche questo atteggiamento denota, in certo qual modo, una volontà esibizionistica.<br />
Ascoltare con calma gli interventi <strong>di</strong> un altro è in<strong>di</strong>zio invece <strong>di</strong> persona desiderosa <strong>di</strong> apprendere<br />
e rispettosa del prossimo, a meno che uno non senta dentro qualcosa che lo turba<br />
e non l’opprima una passione che dev’essere bloccata o un tormento che deve essere lenito.<br />
Dice Eraclito che la propria ignoranza è meglio celarla, ma forse è meglio, invece, palesarla<br />
e curarla. Se accessi d’ira, attacchi <strong>di</strong> superstizione, forti contrasti con i familiari o una folle<br />
passione d’amore<br />
che tocca della mente le corde da non toccare,<br />
ci sconvolgono la mente, non bisogna rifugiarsi dove si parla d’altro per non esporci a critiche,<br />
…<br />
13.<br />
Anche il tributare elogi è compito che richiede cautela e senso della misura, perché <strong>di</strong>fetto ed<br />
eccesso non si ad<strong>di</strong>cono a un uomo libero. Pesante e rozzo è l’ascoltatore che rimane freddo<br />
e impassibile <strong>di</strong> fronte a qualunque riflessione, e pieno <strong>di</strong> una presunzione incancrenita e <strong>di</strong><br />
un’autoconsiderazione profondamente ra<strong>di</strong>cata, convinto com’è <strong>di</strong> saper esprimere qualcosa <strong>di</strong><br />
meglio <strong>di</strong> quel che sente <strong>di</strong>re, non batte ciglio, come invece educazione vorrebbe, e non emette<br />
sillaba a testimonianza del fatto che sta seguendo volentieri e con interesse, ma se ne resta<br />
in silenzio e ostentando una gravità affettata e <strong>di</strong> maniera cerca <strong>di</strong> cattivarsi la reputazione<br />
<strong>di</strong> persona <strong>di</strong> solide e profonde convinzioni, dando a vedere <strong>di</strong> valutare gli elogi alla stregua<br />
del denaro e <strong>di</strong> pensare che nella proporzione in cui se ne elargiscono agli altri si finisce per<br />
privarne se stessi. …<br />
Opposto d’altro canto è l’atteggiamento <strong>di</strong> chi, senza il minimo <strong>di</strong>scernimento, ad ogni parola<br />
e ad ogni sillaba si sofferma e grida: leggero come un uccello, costui riesce spesso sgra<strong>di</strong>to<br />
anche a chi <strong>di</strong>batte e fasti<strong>di</strong>oso sempre per gli altri che ascoltano, perché contro voglia li eccita<br />
e ti spinge ad imitarlo, quasi che un senso <strong>di</strong> pudore li trascinasse a forza a fargli da eco. Così,<br />
senza aver tratto alcun profitto per aver reso l’ascolto pieno <strong>di</strong> confusione e <strong>di</strong> trambusto con<br />
i suoi elogi, se ne va portandosi appresso uno <strong>di</strong> questi tre titoli: ipocrita, adulatore o incompetente,<br />
perché questa è l’impressione che ha dato <strong>di</strong> sé. Chi è chiamato a far da giu<strong>di</strong>ce in un
processo non deve <strong>ascoltare</strong> con malanimo o parzialità, ma secondo coscienza, guardando alla<br />
giustizia; quando invece si ascolta una <strong>di</strong>scussione filosofica non ci sono leggi o giuramenti<br />
che ci impe<strong>di</strong>scano <strong>di</strong> accogliere con simpatia chi <strong>di</strong>sserta. Anzi, gli antichi collocarono Ermes<br />
vicino alle Grazie, volendo significare che un <strong>di</strong>scorso richiede soprattutto grazia e gentilezza.<br />
Non è possibile che chi parla sia in assoluto talmente inetto ed impreciso da non offrire niente<br />
che possa essere apprezzato: una riflessione sua, una citazione altrui, l’argomento stesso e lo<br />
scopo del <strong>di</strong>scorso, e almeno lo stile o la <strong>di</strong>sposizione della materia,<br />
come tra le ginestre e l’ononide irta <strong>di</strong> spine spuntano i bucaneve dai delicati fiori.<br />
C’è chi riesce persuasivo anche tessendo panegirici del vomito, della febbre e, per Zeus!, perfino<br />
della pentola: e come potrebbe allora non dare assolutamente un po’ <strong>di</strong> respiro e non fornire<br />
un’occasione <strong>di</strong> elogio, ad ascoltatori benevoli e garbati, il <strong>di</strong>scorso pronunciato da chi in un<br />
modo o nell’altro gode fama o nome <strong>di</strong> filosofo? I giovani in fiore, come <strong>di</strong>ce Platone, eccitano<br />
sempre, in un modo o nell’altro, le nature sensuali: se sono <strong>di</strong> carnagione chiara, li chiamano<br />
«figli degli Dei», se sono bruni «virili»; a un naso aquilino danno l’eufemistico nome <strong>di</strong><br />
«regale», a uno camuso <strong>di</strong> «grazioso»; un colorito giallastro <strong>di</strong>venta per loro del «colore del<br />
miele», e così tutti li baciano e li amano perché l’amore, come l’edera, è abile ad avvincersi con<br />
qualsiasi scusa. A maggior ragione, dunque, chi si <strong>di</strong>letta <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> e ama i <strong>di</strong>scorsi seri saprà<br />
sempre trovare; qualche elemento in base al quale apparirà elogiare motivatamente ogni<br />
singolo oratore. Platone, ad esempio, pur <strong>di</strong>sapprovando l’invenzione nell’orazione <strong>di</strong> Lisia e<br />
criticandone la <strong>di</strong>sposizione, ne elogia comunque lo stile e afferma che in lui «ogni parola è<br />
chiara e rotondamente tornita». Si potrebbero biasimare i temi <strong>di</strong> Archiloco, la versificazione<br />
<strong>di</strong> Parmenide, la semplicità <strong>di</strong> Focilide, la verbosità <strong>di</strong> Euripide, la <strong>di</strong>scontinuità <strong>di</strong> Sofocle,<br />
così come senza dubbio tra gli oratori c’è chi non sa ritrarre i caratteri, chi è fiacco nel destare<br />
emozioni, chi è privo <strong>di</strong> grazia: ciò nonostante ciascuno <strong>di</strong> loro viene elogiato per la peculiarità<br />
delle doti naturali che gli consentono <strong>di</strong> far presa e trascinare. Anche all’ascoltatore, quin<strong>di</strong>,<br />
è data facile ed ampia possibilità <strong>di</strong> mostrarsi cor<strong>di</strong>ale con chi parla: ad alcuni basta, anche se<br />
non aggiungiamo la testimonianza della voce, offrire uno sguardo mite, un volto pacato, una<br />
<strong>di</strong>sposizione benevola e non annoiata.<br />
Per concludere, ecco alcune norme <strong>di</strong> comportamento, per così <strong>di</strong>re generali e comuni, da<br />
seguire sempre in ogni ascolto, anche in presenza <strong>di</strong> un’esposizione completamente fallita:<br />
stare seduti a busto eretto, senza pose rilassate o scomposte; lo sguardo dev’essere fisso su chi<br />
sta parlando, con un atteggiamento <strong>di</strong> viva attenzione; l’espressione del volto dev’essere neutra<br />
e non lasciar trasparire non solo arroganza o insofferenza ma persino altri pensieri e occupazioni.<br />
In ogni opera d’arte, si sa la bellezza deriva, per così <strong>di</strong>re, da molteplici fattori che per<br />
una consonanza misurata e armonica pervengono a una proporzionata unita, mentre basta<br />
una semplice mancanza o un’aggiunta fuori posto per dare subito vita alla bruttezza: analogamente,<br />
quando si ascolta, non solo sono sconvenienti l’arroganza <strong>di</strong> una fronte corrugata, la<br />
noia <strong>di</strong>pinta sul viso, lo sguardo che vaga qua e là, la posizione scomposta del corpo e le gambe<br />
accavallate, ma sono da censurare, e richiedono molta circospezione, persino un cenno o un<br />
36
37<br />
bisbiglio con un altro, un sorriso, gli sba<strong>di</strong>gli sonnacchiosi, lo sguardo fisso a terra e qualunque<br />
altro atteggiamento del genere.<br />
14.<br />
Altri pensano che chi parla abbia dei doveri da assolvere e chi ascolta, invece, nessuno; pretendono<br />
che quello si presenti dopo aver me<strong>di</strong>tato ed essersi preparato con cura, mentre loro<br />
invadono la sala liberi da ogni pensiero e riflessone. Eppure se persino n bravo convitato ha<br />
dei doveri da assolvere, molti <strong>di</strong> più ne ha chi ascolta, perché è coinvolto nel <strong>di</strong>scorso ed è chiamato<br />
a cooperare con chi parla, e non è giusto che stia ad esaminarne con severità le stonature<br />
e a vagliarne criticamente ogni parola e ogni gesto, mentre lui, senza doverne rispondere, si<br />
abbandona per tutta la durata dell’ascolto a un contegno scomposto e variamente scorretto.<br />
Quando si gioca a palla le mosse <strong>di</strong> chi riceve devono essere in sintonia con quelle <strong>di</strong> chi lancia:<br />
così in un <strong>di</strong>scorso c’è sintonia tra chi parla e chi ascolta se entrambi sono attenti ai loro<br />
doveri.<br />
15.<br />
Nel manifestare il proprio assenso, bisogna guardarsi dall’usare le prime parole che vengono<br />
in mente. Quando Epicuro, ad esempio, riferendosi alle le lettere <strong>di</strong> alcuni amici, <strong>di</strong>ce che ne<br />
sente scaturire un fragore <strong>di</strong> applausi, ci riesce stucchevole: così chi ai nostri giorni introduce<br />
nelle sale dove parlano i filosofi epiteti stravaganti come «<strong>di</strong>vino!», «ispirato!», «inarrivabile!»,<br />
quasi non bastassero più i «bene!» «bravo!», «giusto!», con cui abitualmente manifestavano la<br />
propria approvazione i <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Platone, <strong>di</strong> Isocrate o <strong>di</strong> Iperide, tiene un comportamento<br />
oltremodo sconveniente e finisce per gettare cattiva luce su chi parla, suggerendo l’impressione<br />
che questa richiesta <strong>di</strong> elogi superbi e straor<strong>di</strong>nari nasca da lui. Davvero fasti<strong>di</strong>oso poi è chi<br />
ricorre al giuramento, come, fosse in tribunale, per testimoniare la propria approvazione nei<br />
confronti <strong>di</strong> chi parla, e non meno lo sono quelli che sbagliano la mira nel riferirsi alle qualità<br />
della persona…<br />
16.<br />
Moniti e rimproveri, a loro volta, non si devono <strong>ascoltare</strong> con in<strong>di</strong>fferenza o viltà. Chi resta<br />
calmo e impassibile nel sentirsi redarguire da un filosofo, al punto che sorride e riserva parole<br />
d’elogio a chi lo biasima, si comporta come i parassiti che <strong>di</strong> fronte agli insulti <strong>di</strong> chi li mantiene,<br />
nella totale sfacciataggine e sfrontatezza che li caratterizza, danno con la loro impudenza<br />
un saggio <strong>di</strong> virilità non bello né schietto. Accettare senza irritazione e con un sorriso una<br />
battuta priva <strong>di</strong> insolenza, pronunciata per scherzo e con arguzia, non è un comportamento<br />
ignobile o grossolano, ma al contrario liberale e conforme al costume laconico. Ascoltare invece<br />
una rampogna e un monito rivolti a raddrizzare il carattere, che ricorrono a una parola <strong>di</strong><br />
biasimo come a un me<strong>di</strong>camento che brucia, senza farsi piccolo piccolo, imperlarsi <strong>di</strong> sudore<br />
sentirsi girare la testa e avvampare <strong>di</strong> vergogna nell’anima, ma restando in<strong>di</strong>fferente e con un<br />
ghigno beffardo e ironico <strong>di</strong>pinto sul volto, è proprio <strong>di</strong> un giovane profondamente abbietto<br />
e insensibile ad ogni forma <strong>di</strong> pudore per inveterata abitu<strong>di</strong>ne agli errori, la cui anima, quasi<br />
fosse una carne dura e callosa, non riceve livi<strong>di</strong>.
Così si comportano dunque i giovani <strong>di</strong> questo tipo. Quelli <strong>di</strong> indole opposta, invece, anche se<br />
sono ripresi una sola volta, scappano via senza volgersi in<strong>di</strong>etro e fuggono lontano dalla filosofia:<br />
così, pur avendo ricevuto dalla natura il senso del pudore come bel principio <strong>di</strong> salvezza,<br />
lo gettano via per la loro delicatezza e mollezza, non riuscendo a mantenersi sal<strong>di</strong> davanti<br />
ai rimproveri e ad accettare gli emendamenti con la giusta forza d’animo, ... Se al termine <strong>di</strong><br />
un’operazione uno fugge via dal me<strong>di</strong>co e non vuole che gli ben<strong>di</strong> la ferita, accetta il dolore<br />
dell’intervento ma non attende l’effetto benefico della cura: così chi non offre alla parola, che<br />
ha inciso e ferito la sua stoltezza, la possibilità <strong>di</strong> cicatrizzare e rimarginare, si allontana dalla<br />
filosofia morso e sofferente, ma privo <strong>di</strong> qualunque reale beneficio. Perché non solo la piaga<br />
<strong>di</strong> Telefo<br />
è guarita dalla minuta limatura della lancia, …<br />
In realtà, persino nel caso in cui la critica gli sembri immeritata, è bene che non si freni e resti,<br />
mentre l’altro parla, in paziente attesa: poi, quando ha finito, deve andare da lui per esporre<br />
le proprie argomentazioni e pregarlo <strong>di</strong> riservare quella franchezza e quel tono appena usati<br />
contro <strong>di</strong> lui per qualche sua reale mancanza.<br />
17.<br />
Quando s’incomincia a leggere e a scrivere, a suonare la lira o a frequentare una palestra, le<br />
prime lezioni comportano notevole confusione, fatica e oscurità, ma poi, mano a mano che si<br />
va avanti, si instaurano a poco a poco, come avviene nei rapporti interpersonali, una grande<br />
familiarità e conoscenza, che rendono ogni cosa gra<strong>di</strong>ta, agevole e facile da <strong>di</strong>re e da fare. Così<br />
capita anche con la filosofia: i primi approcci con il suo linguaggio e le sue tematiche danno la<br />
sensazione <strong>di</strong> inoltrarsi su un terreno scivoloso e inconsueto, ma non per questo si deve subito<br />
sentirsene intimoriti e rinunciare, intimi<strong>di</strong>ti e scoraggiati; bisogna, al contrario, affrontare i<br />
vari ostacoli e con perseveranza e desiderio <strong>di</strong> procedere oltre, attendere che insorga quella<br />
familiarità che rende dolce ogni cosa bella. E questa, in realtà, non tarderà molto a prodursi e<br />
a riversare sui nostri stu<strong>di</strong> una luce grande, ingenerando un ardente amore per la virtù. Davvero<br />
miserabile e vile è chi accettasse <strong>di</strong> trascorrere il resto della propria esistenza senza questo<br />
amore, dopo aver <strong>di</strong>sertato la filosofia per pusillanimità.<br />
I temi trattati dalla filosofia possono forse presentare all’inizio qualche aspetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile intelligibilità<br />
per gli inesperti e per i giovani, ma ciò non toglie che la responsabilità <strong>di</strong> ciò che in<br />
massima parte appare oscuro e incomprensibile ricada proprio su <strong>di</strong> loro, dato che, in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dall’avere temperamenti opposti, essi finiscono per commettere lo stesso errore.<br />
Gli uni, infatti, per pudore e ritegno, esitano a porre domande a chi parla e ad assicurarsi del<br />
senso reale delle sue parole, e fanno cenni d’assenso, dando ad intendere, <strong>di</strong> averle assimilate<br />
bene; gli altri, al contrario, spinti da inopportuna ambizione e vano spirito <strong>di</strong> competizione<br />
verso i compagni, cercano <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare la propria acutezza e capacità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, e<br />
<strong>di</strong>chiarando <strong>di</strong> aver capito prima <strong>di</strong> avere compreso finiscono per non comprendere un bel<br />
niente. Poi, a chi si vergognava e se n’era stato in silenzio, capita che una volta lasciata l’aula se<br />
38
39<br />
la prende con se stesso e non sa che fare, e alla fine, costretto dalla necessità, torna sui suoi passi<br />
e con accentuato senso <strong>di</strong> vergogna tormenta chi ha parlato con una domanda dopo l’altra<br />
e non lo molla più, mentre gli ambiziosi e presuntuosi continuano a nascondere e <strong>di</strong>ssimulare<br />
l’ignoranza che alberga dentro <strong>di</strong> loro.<br />
18.<br />
Lasciamo perdere dunque simili forme <strong>di</strong> stupi<strong>di</strong>tà o millanteria e pur <strong>di</strong> apprendere e assimilare<br />
le riflessioni utili accettiamo anche le risatine <strong>di</strong> chi vuol dare a vedere <strong>di</strong> essere intellettualmente<br />
dotato, come fecero Cleante e Senocrate, che in apparenza erano più lenti dei compagni,<br />
ma in realtà non demordevano dall’apprendere e non si smarrivano d’animo, ed erano<br />
anzi i primi a prendersi in giro, paragonandosi a vasi dall’imboccatura stretta o a tavolette <strong>di</strong><br />
bronzo, alludendo al fatto che facevano fatica ad accogliere le parole, ma poi le conservavano<br />
in modo saldo e sicuro. Perché non solo, come <strong>di</strong>ce Focilide,<br />
spesso deve subire delusioni chi aspira alla virtù,<br />
ma spesso deve accettare anche <strong>di</strong> essere; deriso e schernito, e sopportare canzonature e volgarità<br />
pur <strong>di</strong> eliminare con tutto se stesso la propria ignoranza ed abbatterla.<br />
Non bisogna trascurare, d’altra parte, nemmeno l’errore contrario, che taluni commettono per<br />
indolenza, col risultato <strong>di</strong> rendersi sgradevoli e fasti<strong>di</strong>osi: quando sono per conto loro non vogliono<br />
scomodarsi, ma poi <strong>di</strong>sturbano chi parla sottoponendogli in continuazione domande<br />
sugli stessi argomenti, come uccellini implumi che stanno sempre a bocca aperta verso l’altrui<br />
bocca e vogliono ricevere da altri ogni cosa ormai pronta e pre<strong>di</strong>gerita. C’è poi chi aspira a<br />
guadagnarsi la fama <strong>di</strong> persona attenta e acuta dove non è il caso, e sfinisce chi parla a forza<br />
<strong>di</strong> chiacchiere e <strong>di</strong> curiosità, sollevando in continuazione quesiti non necessari o chiedendo<br />
spiegazioni su argomenti che non ne hanno alcun bisogno:<br />
così strada corta <strong>di</strong>venta lunga,<br />
come <strong>di</strong>ce Sofocle, e non solo per loro, ma anche per gli altri. Interrompendo in continuazione<br />
il maestro con domande vane e superflue, come in un viaggio in compagnia, non fanno che<br />
intralciare l’andamento regolare dell’appren<strong>di</strong>mento, che subisce fermate e ritar<strong>di</strong>. Questi tali<br />
somigliano, secondo Ieronimo, a quei cagnolini vili e insistenti, che in casa mordono le pelli<br />
delle fiere e ne strappano il vello, mentre se queste fossero vive si guaderebbero bene dal toccarle.<br />
Dobbiamo esortare i pigri <strong>di</strong> cui parlavamo a mettere insieme il resto da soli, una volta<br />
che l’intelligenza abbia fatto loro comprendere i punti essenziali, tenendo a mente quanto hanno<br />
ascoltato perché sia loro da guida nel proseguimento della ricerca e accogliendo la parola<br />
altrui come principio e seme da sviluppare ed accrescere. La mente non ha bisogno, come un<br />
vaso, <strong>di</strong> essere riempita, ma piuttosto, come legna, <strong>di</strong> una scintilla che l’accenda e vi infonda<br />
l’impulso della ricerca e un amore ardente per la verità. Come uno che andasse a chiedere<br />
del fuoco ai vicini, ma poi vi trovasse una fiamma grande e luminosa e restasse là a scaldarsi<br />
fino alla fine, così chi si reca da un altro per prendere la sua parola ma non pensa <strong>di</strong> dovervi
accendere la propria luce e la propria mente, e siede incantato a godere <strong>di</strong> ciò che ascolta, trae<br />
dalle parole solo un riflesso esterno, come un volto che s’arrossa e s’illumina al riverbero della<br />
fiamma, senza riuscire a far evaporare e scacciare dall’anima, grazie alla filosofia, quanto vi è<br />
dentro <strong>di</strong> fra<strong>di</strong>cio e <strong>di</strong> buio.<br />
Se è necessario qualche altro consiglio per imparare ad <strong>ascoltare</strong>, bisogna tenere a mente<br />
quanto ora si è detto, ma <strong>di</strong> pari passo con l’appren<strong>di</strong>mento esercitarsi nella ricerca personale,<br />
per acquisire un abito mentale non da sofisti o da puri eru<strong>di</strong>ti, ma al contrario profondamente<br />
ra<strong>di</strong>cato e filosofico, considerando che il saper <strong>ascoltare</strong> bene è il punto <strong>di</strong> partenza per vivere<br />
secondo il bene.<br />
… e suggestioni …<br />
“L’ascolto non è né ubbi<strong>di</strong>enza né osservanza, non rientra in una professione né in una confessione.<br />
L’ascolto non è la ricezione, bensì ha a che fare con il racconto. La via dell’ascolto è<br />
la via della gioia; dall’ascolto <strong>di</strong>scendono la sod<strong>di</strong>sfazione, la riuscita, la gioia, il piacere…”22<br />
“Se mi chiedessero <strong>di</strong> scrivere una lettera a una bambina che sta per nascere, la farei così.23<br />
Cos’hai sentito finora del mondo attraverso l’acqua e la pelle tesa della pancia della mamma?<br />
Cosa ti hanno detto le tue orecchie imperfette delle nostre paure? Riusciremo a volerti senza<br />
pretendere, a guardarti senza riempire il tuo spazio <strong>di</strong> parole, inviti, <strong>di</strong>vieti? Riusciremo ad<br />
accorgerci <strong>di</strong> te anche dai tuoi silenzi, a rispettare la tua crescita senza gravarla <strong>di</strong> sensi <strong>di</strong> cola<br />
e <strong>di</strong> affanni? Riusciremo a stringerti senza che il nostro contatto sia richiesta spasmo<strong>di</strong>ca o<br />
ricatto <strong>di</strong> affetto?” … “mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a inseguire le emozioni come<br />
gli aquiloni fanno con le brezze più impreviste e spudorate…”.<br />
“I padri ai figli, le mogli ai mariti, i conferenzieri agli ascoltatori, gli esperti ai profani, i colleghi<br />
ai colleghi, i me<strong>di</strong>ci ai pazienti, l’uomo alla propria anima, tutti spiegavano. Le ra<strong>di</strong>ci<br />
<strong>di</strong> questo, le cause <strong>di</strong> quest’altro, l’origine <strong>di</strong> determinati eventi, la struttura, i motivi per cui.<br />
Nella maggior parte dei casi, entravano da un orecchio e uscivano dall’altro. L’anima voleva<br />
quel che voleva. Aveva la prima naturale coscienza. Se ne stava infelicemente seduta povera<br />
creatura, in cima a sovrastrutture <strong>di</strong> spiegazioni e non sapeva da che parte girarsi, dove <strong>di</strong>rigersi.”<br />
Saul Bellow24<br />
In un’intervista del 1991, il filosofo Remo Bodei esprime concetti assai chiari sul tema25:<br />
«Proust ha detto una cosa bellissima quando sosteneva che noi in un certo modo sottoviviamo<br />
invece <strong>di</strong> sopravvivere o sottoutilizziamo i nostri sensi. Bodei sostiene che: … tre sensi<br />
40
41<br />
sono stati abbandonati dalla filosofia perché l’olfatto, il tatto e il gusto non sono facilmente<br />
comunicabili. La vista e l’u<strong>di</strong>to sono sensi pubblici … Nella filosofia greca c’è un personaggio<br />
come Plotino che ha notato che i sensi sono come la memoria, più si esercitano, più funzionano.<br />
Quin<strong>di</strong> ha dato dei sensi una concezione attiva. I sensi sono ciò che è un’attività. Non<br />
ve<strong>di</strong>amo semplicemente perché riceviamo dall’esterno delle immagini già fatte: noi ritagliamo<br />
nella nostra percezione … Quin<strong>di</strong> i nostri sensi non sono passivi, anche perché noi dobbiamo<br />
apprendere a usarli … Quin<strong>di</strong> noi abbiamo mo<strong>di</strong> per non sottovivere e per utilizzare meglio<br />
i nostri sensi e, se vogliamo, anche essere più contenti, perché ogni volta che scopriamo qualcosa<br />
<strong>di</strong> nuovo vinciamo la noia e perlomeno siamo vivi … Ogni nostro percepire, quin<strong>di</strong> vedere,<br />
sentire, gustare, ogni nostro pensare è sempre accompagnato da quello che in musica si<br />
chiama un basso continuo, un accompagnamento che è un tono affettivo e anche quando noi<br />
pensiamo <strong>di</strong> essere spassionati, in<strong>di</strong>fferenti, in realtà noi abbiamo una passione …».
Rifugio d’uccelli notturni 26<br />
In alto c’è un pino <strong>di</strong>storto;<br />
sta intento ed ascolta l’abisso<br />
col fusto piegato a balestra.<br />
Rifugio d’uccelli notturni,<br />
nell’ora più alta risuona<br />
d’un battere d’ali veloce.<br />
Ha pure un suo nido il mio cuore<br />
Sospeso nel buio, una voce;<br />
sta pure in ascolto, la notte.<br />
Ascolta 27<br />
“Se un temporale ti ha fermato sulla strada<br />
in qualche posto in cui nessuno passa mai,<br />
se un improvviso arcobaleno ti fa quasi pensare che quella è la firma <strong>di</strong> Dio,<br />
ascolta il vento asciugare l’erba, senti cantare il sole.<br />
Ascolta i vecchi che hanno voglia <strong>di</strong> ballare<br />
e sopra un ponte le bugie <strong>di</strong> un pescatore<br />
e le domande <strong>di</strong> un bambino appena nato che crede a qualunque risposta gli dai<br />
Ascolta l’uomo e le sue <strong>di</strong>stanze,<br />
la fame e le speranze.<br />
Nel primo traffico dell’aurora senti nell’aria la primavera,<br />
ascolta, guarda respira.<br />
Senti la gente svegliarsi piano,<br />
fare l’amore anche con nessuno,<br />
ascolta quello che siamo, quanto o<strong>di</strong>amo, quanto amiamo.<br />
Quando lo sta<strong>di</strong>o spegne i fari e va a dormire<br />
ascolta i sogni che la gente porta via,<br />
se la ragazza fra la pioggia e il marciapiede<br />
t’insegna la sola canzone che sa,<br />
ascolta l’acqua e la sua memoria, l’uomo e la sua miseria.<br />
Ascolta quello che hai dentro al petto<br />
e che non hai mai detto!<br />
Prima <strong>di</strong> metter le mani addosso<br />
a chi ti ha solo capito male,<br />
ascolta dentro te stesso.<br />
Senti pregare chi non ci crede<br />
e le poesie <strong>di</strong> un carabiniere,<br />
ascolta, fatti stupire, cambiare, guarire.<br />
Ascolta quello che hai dentro al petto<br />
e che non hai mai detto.”<br />
42
L’arte in ascolto …<br />
“… l’uomo che urla solitario sul ponte … <strong>di</strong>venta preda del suo stesso sentimento … si perde insieme<br />
alla sua voce inascoltata …” (Edvard Munch, L’urlo, 1885)<br />
43
Note<br />
1 L’educazione, E<strong>di</strong>zione Biblioteca dell’immagine, Pordenone 1994<br />
2 “Capacità <strong>di</strong> concentrarsi completamente su ciò che il cliente <strong>di</strong>ce e non <strong>di</strong>ce, capire il significato<br />
dei desideri del cliente e favorire l’espressione del sè del cliente.” Corporate CoachU Italia<br />
3 “Il rumore non può imporsi sul rumore. Il silenzio sì.” M. Gandhi<br />
4 “shift” o cambiamento: quando il coachee in<strong>di</strong>vidua la soluzione al problema, soluzione che<br />
prima non riusciva a vedere.<br />
5 “Ascoltare: trattenersi volontariamente e attentamente a u<strong>di</strong>re, prestare la propria attenzione o<br />
partecipazione a qualcuno o qualcosa in quanto informazione o motivo <strong>di</strong> riflessione” Devoto-Oli<br />
6 “Il valore dell’empatia... non significa curare (corsivo nostro: il coaching non cura, non è una<br />
terapia) con l’amore e un atteggiamento compassionevole, ma utilizzarla per entrare in risonanza”<br />
M. Ammaniti<br />
“Capacità <strong>di</strong> immedesimarsi in un’altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d’animo” U.<br />
Galimberti: Dizionario <strong>di</strong> Psicologia, UTET 1992-1994<br />
7 “Imparare ad <strong>ascoltare</strong>” Madelyn Burley-Allen, F.Angeli 1996; pagg 77-82;88<br />
8 “Imparare ad <strong>ascoltare</strong>” Madelyn Burley-Allen, F.Angeli 1996; pagg 83-88<br />
9, 10 Jill Geisler - “Ten lousy listeners and what we can learn from them” (articolo online 2004-<br />
2011)<br />
11 “L’ascolto attivo” Ilaria Gheri, Psicolab.net - Magazine online 2008<br />
12, 14 “I.E.5 - L’intelligenza emozionale per l’efficacia relazionale” Manuale pratico <strong>di</strong> autoformazione<br />
- ARU sa<br />
13 “Le emozioni dei bambini” Isabelle Filliozat, Piemme Bestseller - 2007 - pagg 265-267<br />
15 “Arte <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> e mon<strong>di</strong> possibili”, Marianella Sclavi - Le Vespe 2000<br />
16, 17 Manuale Corporate CoachU International e Corporate CoachU Italia<br />
18 “Giar<strong>di</strong>nieri principesse porcospini” Consuelo Casula - pagg 214-215<br />
44
45<br />
19 Animazione Sociale n 8/9 Agosto 1993 - Giorgio Sordelli<br />
20 Tratto da “Mille e una notte”<br />
21 Da Plutarco, L’educazione, Ed. Biblioteca dell’immagine, 1994 - pagg 161-187<br />
22 L’ascolto - Spirali - collana La cifrematica<br />
23 “Non siamo capaci <strong>di</strong> ascoltarli” Paolo Crepet - pagg 3-4<br />
24 “Passione e appren<strong>di</strong>mento” Ugo Morelli e Carla Weber<br />
25 Animazione Sociale n 8/9 - Agosto 1993, Giorgio Sordelli<br />
26 “Acque e terre”, poesia <strong>di</strong> Salvatore Quasimodo<br />
27 Canzone dei Pooh, 2004
Bibliografia<br />
Manuale Corporate Coaching Program - Coach U International e Coach U Italia<br />
“Le competenze chiave del coaching”- http://www.icf-italia.org<br />
Luisa Adani, Marina Fabiano – “Diventare Coach” - Franco Angeli E<strong>di</strong>zioni – 2009<br />
Cristiano Cassani - “Coaching” – Guerini e Associati – 1999<br />
Consuelo C. Casula – “Giar<strong>di</strong>nieri principesse porcospini” – Franco Angeli - 2002<br />
Stephen R. Covey – “Le sette regole per avere successo” - Franco Angeli - 2005<br />
Paolo Crepet - “Non siamo capaci <strong>di</strong> ascoltarli” – Einau<strong>di</strong> – 2001<br />
Isabelle Filliozat “Le emozioni dei bambini” Piemme Bestseller – 2007<br />
Jill Geisler – “Ten lousy listeners and what we can learn from them.” -<br />
http://www.poynter.org/column.asp?id=34&aid=70931<br />
Ilaria Gheri – “L’ascolto attivo” - Psicolab.net - Magazine Online – 2008<br />
Daniel Goleman - “Lavorare con l’Intelligenza emotiva” – Rizzoli - 1998<br />
Francesco Io<strong>di</strong>ce - “L’importanza dell’ascolto attivo” – (articolo online)<br />
Madelyn Burley-Allen - “Imparare ad <strong>ascoltare</strong>” - Franco Angeli - 1996<br />
Ugo Morelli, Carla Weber “Passione e appren<strong>di</strong>mento” – Raffaello Cortina E<strong>di</strong>tore – 1996<br />
Gilles Panteix, Daniel Dupont - ARU sa – “I.e.5 – L’intelligenza emozionale per l’efficacia relazionale” Manuale<br />
pratico <strong>di</strong> auto formazione<br />
W. Passerini, A. Tomatis - “Il management dell’ascolto” – Franco Angeli - 1992<br />
Plutarco - “L’educazione” - Ed. Biblioteca dell’Immagine – Pordenone – 1994<br />
Monica Salvadori - “Linee guida per il coaching professionale nel XXI secolo” – (articolo HumanTrainer.com)<br />
Marianella Sclavi - “Arte <strong>di</strong> <strong>ascoltare</strong> e mon<strong>di</strong> possibili” - Bruno Mondadori – 2003<br />
Giorgio Sordelli – “Animazione Sociale” n.8/9 - Agosto 1993<br />
Spirali - “L’ascolto” - collana La cifrematica – 2010<br />
John Whitmore – “Coaching” – Sperling & Kupfer E<strong>di</strong>tori - 2006<br />
Wikipe<strong>di</strong>a<br />
46
Autori<br />
47<br />
Carole Consigliere<br />
La passione dell’essere umano mi ha portato a laurearmi in psicologia e ad intraprendere<br />
un percorso professionale nel quale la realizzazione e il benessere personale fosse l’elemento<br />
centrale del mio operare.<br />
Ho maturato <strong>di</strong>versi anni <strong>di</strong> esperienza nel settore risorse umane, in ambito privato e sociale,<br />
che mi hanno permesso <strong>di</strong> apprezzare e lavorare sullo sviluppo dell’essere umano,<br />
accompagnandolo alla scoperta delle proprie potenzialità.<br />
Sono certificata presso la Coaching Training School <strong>di</strong> Corporate Coach U Italia; attualmente<br />
sono in attesa <strong>di</strong> iscrizione presso la International Coach Federation.<br />
Nell’attività <strong>di</strong> coaching mi concentro nell’ascolto profondo come strumento per entrare in<br />
empatia con il cliente e permettergli <strong>di</strong> lavorare sulle tematiche che porta in sessione (es.<br />
gestione stress, leadership)<br />
Barbara Senerchia<br />
Laureata in psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni, Coach iscritta ICF ITALIA in fase<br />
<strong>di</strong> accre<strong>di</strong>tamento ACC, iscritta all’Albo degli Psicologi della Regione Emilia Romagna.<br />
Ha maturato esperienza nell’ambito della gestione Risorse Umane sia all’interno <strong>di</strong> Società<br />
<strong>di</strong> consulenza sia in azienda. Ha ricoperto ruoli <strong>di</strong> responsabilità e coor<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> team<br />
<strong>di</strong> lavoro. Training Manager e HR specialist all’interno <strong>di</strong> un gruppo bancario. Si è occupata<br />
<strong>di</strong>: selezione per le PMI; progettazione <strong>di</strong> percorsi formativi, docenza sulle tematiche<br />
relazionali; orientamento attraverso percorsi <strong>di</strong> supporto allo sviluppo professionale e colloqui<br />
in<strong>di</strong>viduali; outplacement; percorsi rivolti a lavoratori in CIG, CIGS e mobilità. Ha<br />
approfon<strong>di</strong>to in particolare, le tematiche <strong>di</strong> motivazione, intelligenza emotiva, comunicazione<br />
efficace, passaggio generazionale. Ha realizzato Assessment Center per la valutazione<br />
del potenziale; colloqui motivazionali; percorsi <strong>di</strong> supporto all’impren<strong>di</strong>torialità femminile;<br />
formazione formatori. Project leader <strong>di</strong> progetti europei, ha maturata esperienza <strong>di</strong><br />
interfaccia con referenti istituzionali quali Province, Regione, Associazioni <strong>di</strong> categoria e<br />
Università. Relatore presso convegni sull’impren<strong>di</strong>torialità femminile, sull’orientamento e<br />
sulla formazione nelle imprese.<br />
Giovanni Bogo<br />
Si è laureato a Torino in Scienze Politiche con una tesi sull’integrazione europea e ha frequentato<br />
il Master per l’avvio alla carriera <strong>di</strong>plomatica. Ha maturato una lunga esperienza<br />
nell’ambito delle Risorse Umane, occupando nel tempo posizioni <strong>di</strong> crescente responsabilità.<br />
Si è formato all’attività <strong>di</strong> coach con il master “Corporate Coach” (Scuola CoachUItalia,<br />
Milano, accre<strong>di</strong>tata International Federation of Coaching – ICF_). Ha integrato le sue<br />
compenze con il Pratictioner in PNL, sta approfondendo le competenze per conseguire il<br />
Master Pratictioner in PNL.<br />
Attualmente svolge attività <strong>di</strong> consulenza aziendale, coaching e formazione manageriale,<br />
con particolare riguardo all’area della comunicazione, negoziazione e conflitto, relazioni<br />
industriali, sistemi <strong>di</strong> sviluppo e formazione formatori. E’ Professore a contratto e docente<br />
<strong>di</strong> Relazioni Industriali e Negoziazione Sindacale alla Scuola <strong>di</strong> Amministrazione Aziendale<br />
(Università <strong>di</strong> Torino) nei Master: MBA, MISIA e General Management I e II. E’ stato<br />
docente al Master MIPA dell’Università <strong>di</strong> Genova sui temi della negoziazione sindacale.<br />
Collabora con alcune società <strong>di</strong> formazione come consulente e docente free lance sui temi<br />
in<strong>di</strong>cati.
L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui <strong>di</strong>ritti d’autore. I contenuti possono essere <strong>di</strong>ffusi<br />
dando cre<strong>di</strong>to agli autori e all’e<strong>di</strong>tore.<br />
I lettori che desiderano ulteriori informazioni sull’opera e sulle e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> CoachMag possono consultare<br />
il sito www.coachmag.it o scrivere a hello@coachmag.it<br />
E<strong>di</strong>tore: CoachMag, Milano, copyright 2012<br />
Grafica: Luca Gentile<br />
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