pdf - Nicla Vassallo
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TUTTISANNO<br />
Ognuno dovrebbe parlare solo di ciò che conosce. Non si può essere<br />
esperti di tutto. In fondo non c’è niente di vergognoso nel non sapere,<br />
però “la pigrizia e l’impostura intellettuale vanno denunciate ovunque<br />
si trovino” come scrisse una volta il fisico Alan Sokal. La lezione è<br />
tornata in auge col recente caso Madalon e il suo libro inesistente,<br />
passando per le finte teste di Modigliani e un giornalista,<br />
Debenedetti, che inventa intere interviste e viene chiamato “genio”.<br />
Cammina un po’ impacciato, dinoccolato, quasi caracollante.<br />
L’esordio è una emozione forte, magari ti fa anche cambiare<br />
andatura. E anche il contesto può intimidire: il Salone del libro<br />
di Torino. Sei al tuo primo libro, sei giovane e vuoi consigli e<br />
pareri da chi dovrebbe saperla lunga: scrittori e giornalisti e<br />
protagonisti delle shobiz indigeno. Si presenta come Manuele<br />
Madalon e chiede ai malcapitati se hanno amato il suo L’implosione<br />
(per chi si è perso L’uomo dell’anno: http://bit.ly/j28uQH).<br />
Vittorio Sgarbi, che Madalon ringrazia per avere letto il suo libro e<br />
per avere risposto, per incoraggiare il neofita commenta che gli è<br />
sembrato “misterioso e sottile”. A Lucia Annunziata L’implosione<br />
ricorda proustianamente la Torino di Culicchia, tanto da avere confuso<br />
i due scrittori. E soprattutto Giancarlo De Cataldo è entusiasta:<br />
“Tu hai un tuo mondo di riferimento, lo racconti in un modo estremamente<br />
autentico, c’è ovviamente qualche parte tipica delle opere prime,<br />
ansia di metterci dentro tutto, non ti devi nascondere e riservare niente<br />
per domani. Poi però nello stesso tempo, te lo dico da padre di un ragazzo<br />
di 18 anni, c’è uno sguardo rivelatore sul mondo che a me arriva<br />
estraneo. L’opera seconda sarà più matura. Forse puoi anche mantenere<br />
lo scenario perché va ancora esplorato”. Federico Moccia gli dà una<br />
pacca sulla spalla “lei è sicuramente fortissimo”. Serena Dandini di<br />
fronte alla insistenza di Madalon si schernisce “Ah!, come no certo,<br />
scusa eh!”. Giorgio Faletti ha amato “tutto l’insieme”, Sergio Rizzo lo<br />
definisce “un buon avvio”.<br />
Insomma, per un esordio è un successo.<br />
Peccato che il libro non sia mai stato scritto e che quindi nessuno<br />
possa averlo letto. Siccome lo sai prima, le risposte non sono soltanto<br />
un po’ banali e a volte incomprensibili (questo sarebbe un<br />
peccatuccio da educande), sono esilaranti. O chissà se lo sono più<br />
le espressioni convinte da “bravo!”, quelle di chi è nella posizione di<br />
offrire consigli. “Si sa che la gente dà buoni consigli/se non può più<br />
dare cattivo esempio”. Loro hanno fatto entrambe le cose.<br />
ILMUCCHIOSELVAGGIO<br />
di Chiara Lalli<br />
La proposizione impronunciabile sembra essere “non lo so”. Che<br />
ci vuole ad ammettere di non sapere? Niente da fare, è necessario<br />
avere una opinione su tutto, anche su un libro che non si è<br />
mai visto né tantomeno letto. Viene in mente quella crudele interrogazione<br />
da prima media condotta da Sabrina Nobile per i 150<br />
d’Italia ad alcuni politici (“Le Iene”, 16 marzo 2011). Domanda: “Il<br />
17 marzo che è successo?” (Vittorio Emanuele II assume il titolo di<br />
re d’Italia). Le risposte sono state fantasiose e del tutto scriteriate.<br />
Peggio che a scuola: “lo so ma non lo voglio dire”, “lo so ma non<br />
me lo ricordo”. Ora, se uno non si ricorda qualcosa significa che<br />
non la sa tanto che a scuola questa non era una scusa utilizzabile.<br />
Roberto Formigoni parla delle 5 giornate di Milano che però<br />
non erano 150 anni fa, ma il 17 marzo è piaciuto e per questo si è<br />
scelto come anniversario. Rosi Bindi non sa come uscirne: Roma<br />
capitale? “Buttiamola lì”. Come se stesse a “Scommettiamo<br />
che?”. Insuperabile è Daniele Marantelli del PD, che dopo aver<br />
detto “certo che è una data particolare” comincia a balbettare<br />
“scusi” e guarda alla sua destra, “scusi eh” facendo finta di dover<br />
andare via. E poi “ritorno subito” e corre verso il vuoto. È talmente<br />
indimenticabile che gli hanno fatto una pagina su FaceBook<br />
“Torno subito!” con oltre 16.000 estimatori che lo seguono fedelmente<br />
nelle sue attività extraparlamentari. E se una seconda<br />
occasione non si nega a nessuno, Marantelli l’ha polverizzata.<br />
Tornato a essere intervistato da Nobile, Marantelli si è scavato la<br />
fossa parlando di trappola e di manipolazione (il tutto è conservato<br />
nella memoria indelebile di YouTube).<br />
“CARNEADE. CHI ERA COSTUI?”<br />
Torniamo agli scherzi dopo questa parentesi tragicomica. Come<br />
sarà venuto in mente a Madalon & Co. di organizzare questa<br />
beffa? Qual era l’obiettivo? In parte lo spiega lo scrittore Andrea<br />
Bajani aggiungendo un particolare “buffo e drammatico”: “Di
Madalon è piena l’industria editoriale. Ti chiamano e ti chiedono di<br />
fare la fascetta per un libro di un nuovo scrittore. Ti dici disponibile e<br />
chiedi il libro per leggerlo e poi magari scrivere qualcosa. Ma no, ti<br />
mandiamo due pagine e tu scrivi qualcosa. Ma come faccio leggendo<br />
due pagine? Ma che importa, l’importante è che ci sia il tuo nome e<br />
che tu dica che è bellissimo. Conta più la complicità sul libro che non<br />
il libro. Che deve essere bello a priori. Ecco, la madalonizzazione del<br />
mondo è a uno stadio molto avanzato”. E chi ce lo può raccontare<br />
meglio di Manuele Madalon (che si chiama Gabriele Madala)?<br />
“L’idea è partita dai ragazzi del politecnico di Torino che studiano<br />
ingegneria del cinema. Curano una web tv (Polimedia web tv) e realizzano<br />
i contenuti video per il salone del libro da tre anni. Tramite un<br />
ragazzo che lavorava nell’ufficio stampa sono arrivati a me, perché<br />
avevano bisogno di qualcuno che interpretasse la parte dello scrittore<br />
esordiente. Come l’avevano impostata originariamente non funzionava<br />
benissimo. Sarebbe dovuto essere il mio ufficio stampa a presentarmi<br />
ai vari personaggi, ma così rischiava di essere troppo impostato.<br />
Allora ho suggerito che fossi io ad andare direttamente a ringraziare<br />
per avere letto il mio libro. Se avessero detto “prego” già<br />
sarebbe andata bene. Quello che viene dopo è grasso che cola. E non<br />
hanno detto solo grazie! Questo è stato il mio apporto, a parte la mia<br />
faccia di tolla”. Pensando alle dichiarazioni è quasi impossibile<br />
non aver riso. “Ogni tanto mi sono dovuto trattenere. Molti rispondono<br />
per gentilezza. Qualcuno ha esagerato e qualcuno non c’è<br />
cascato”. Diciamo pure che alcuni hanno proprio fatto una figura<br />
così barbina che era difficile immaginarselo. “Non pensavamo che<br />
venisse così bene” commenta Gabriele. La gentilezza va bene, anzi<br />
benissimo, e fa piacere che tutti siano così gentili - però si potrebbe<br />
essere gentili dicendo di non ricordare, magari scusandosi ma<br />
senza arrampicarsi in modo tanto grottesco.<br />
“Peggio di De Cataldo nessuno. A un certo punto mi vergognavo per<br />
lui”. Sì, penso, come quando porti al cinema un amico e se il film<br />
fa schifo ti senti responsabile, pure se non è colpa tua. Chissà se<br />
QUESTIONI<br />
Manuel Agnelli e Samuel ???<br />
dopo la performance qualcuno dei protagonisti ha commentato o<br />
addirittura smentito. In fondo a parte i giorni subito dopo lo<br />
scherzo, sembra essere calato un silenzio assoluto, magari per<br />
scarso senso dell’umorismo o magari per la coda di paglia.<br />
“A parte qualche pezzo subito dopo il Salone - più sul Web, ‘Il<br />
Giornale’ forse è stato l’unico in versione cartacea e un’intervista per<br />
‘Oggi’ - Madalon si è consumato in fretta. Lì in mezzo c’è anche<br />
Rizzo, punta di diamante del ‘Corsera’, e non credo che ci sia molta<br />
intenzione di scavare e di parlarne. ‘La Stampa’ ci ha ignorato.<br />
Hanno messo il video, ma è sparito nel giro di pochissimo. È anche il<br />
percorso naturale delle notizie. Nessuna delle vittime si è lamentata<br />
o ha commentato, almeno non con me”.<br />
In fondo lo scherzo riguardava un mondo in cui anche il giornalismo<br />
è coinvolto. “L’obiettivo era quello di far vedere come sia possibile<br />
costruire una celebrità sulla base di nulla. Il canale del divertimento<br />
funziona bene, ed è un pretesto per mostrare alcuni meccanismi<br />
della costruzione fittizia della fama. Mi ha colpito che noi avessimo<br />
una telecamera molto ben in vista. Non nascosta. Le inquadrature<br />
sempre a favore degli intervistati, mai lontana”. Insomma non<br />
si può invocare nemmeno la scusa di avere detto qualcosa in privato<br />
con troppa leggerezza. “Abbiamo scoperto una cosa bellissima:<br />
la relatività. Un sacco di persone parlano e non dovrebbero parlare;<br />
tante invece tacciono e dovrebbero parlare. Ognuno parli di ciò di cui<br />
è esperto. Non si può essere esperti di tutto”.<br />
Cosa ci sarà di tanto vergognoso in un “non so”? “Alcuni lo hanno<br />
detto: Sergio Castellitto (‘non ti conosco’), Antonio Pennacchi mi ha<br />
rimbalzato: ‘non stamo a fa’ fregnacce’. Neri Marcorè mi ha beccato e<br />
l’ha presa sul ridere, è stato al gioco. Gian Antonio Stella non c’è cascato.<br />
Nessuno mi ha trattato male. Dario Franceschini ha visto la telecamera<br />
e ha mangiato la foglia. I politici sono più scafati, più abituati ad<br />
essere bersaglio di giornalisti, questuanti, attaccabrighe”.<br />
Madalon fa tornare in mente alcuni scherzi celebri, come quello dei<br />
falsi Modigliani. Era il 1984, centenario della nascita di Modigliani.<br />
57
Che rapporto c’è tra la testimonianza e lo scherzo?<br />
Lo scherzo è una forma di testimonianza?<br />
Ci sono diversi modi di usare il linguaggio. Quello<br />
che permette di accedere alla conoscenza, per<br />
esempio, quello della beffa, dell’insulto, dell’ironia,<br />
del tradimento. È impressionante quanto spesso<br />
non si distingua - come se non disponessimo degli<br />
strumenti - uno scherzo, o un gioco, da una testimonianza<br />
attendibile. Dell’affair Madalon mi ha<br />
impressionato la serietà, oltre che la falsa testimonianza,<br />
da parte di quanti hanno commentato L’implosione. È<br />
uno degli scherzi migliori per comprendere una certa confusione<br />
tra linguaggio e conoscenza. Non solo: ti sto dicendo ciò<br />
in cui non credo e non ho alcuna idea di ciò di cui parlo. Per<br />
forza, l’oggetto del discorso non esiste! Siamo al patetico.<br />
Lo scherzo in questo caso svela la falsa testimonianza che<br />
sospetti sia abitudine diffusa. Vuole denudarla prendendola in<br />
giro?<br />
Insieme alla falsa testimonianza, il bersaglio rimane l’incapacità<br />
di recepire - derivante da un impiego limitato del linguaggio.<br />
L’aria gravosa peggiora le parole pronunciate. Coloro che<br />
rispondono a Madalon sembrano ignorare i vari usi del linguaggio.<br />
E questi sarebbero i nostri intellettuali? Non dovrebbero<br />
volerci rifilare nulla, invece sembrano una caricatura di un<br />
ufficio vendite che non intende rivelarti i particolari dell’oggetto<br />
che dovresti comprare. Si tratta un ufficio che sa già che<br />
le proprie promesse non verranno mantenute. Che promesse<br />
sono? Le definirei, piuttosto, veri e propri raggiri.<br />
Al pari di una speranza, che deve presentare una qualche probabilità<br />
di realizzarsi, altrimenti è una fantasia allucinatoria,<br />
una promessa diviene lecita solo a condizione che sussista la<br />
possibilità di mantenerla. La maggioranza degli intellettuali<br />
finisce oggi per vendere se stessa. Mi viene da pensare ai troppi<br />
casi di plagio, esplicito e implicito. In effetti, molti sedicenti<br />
pensatori starebbero bene al bar: tu entri e bevi un caffè, mentre<br />
loro blaterano qualcosa, che dimentichi subito dopo. E<br />
invece... Anche notare chi viene inserito nella categoria “saggistica”<br />
dei volumi più venduti mi lascia spesso perplessa.<br />
Quale saggistica? La testimonianza sulle vendite risulterà<br />
anche attendibile, ma non quella sulla saggistica, a meno che<br />
non si stravolga del tutto il significato del termine “saggistica”.<br />
Perché risulta tanto difficile dire “non lo so”?<br />
Per irriverenza nei confronti della conoscenza, per la falsa convinzione<br />
che ammettere di non sapere consista in un difetto.<br />
ILMUCCHIOSELVAGGIO<br />
IOSTOMENTENDO<br />
Di giochi e di inganni, di falsa testimonianza e de L’uomo<br />
dell’anno parliamo con <strong>Nicla</strong> <strong>Vassallo</strong>, professore ordinario di filosofia<br />
teoretica all’Università di Genova. Il suo ultimo libro si intitola<br />
Per sentito dire. Conoscenza e testimonianza (2011, Feltrinelli).<br />
Una mancanza. Invece è il dichiarare, oltre i propri<br />
limiti (non siamo onniscienti), lo spazio di curiosità e<br />
di desiderio di ampliare la nostra conoscenza. Assistiamo<br />
a una corsa a spacciarsi tuttologi. Ciò contiene<br />
qualcosa di patologico? Difficile rispondere.<br />
Rimane però veritiero che a troppi non piace crescere,<br />
non piace sapere come stanno le cose.<br />
Che poi non è vergognoso non aver letto L’implosione.<br />
Nemmeno si stesse parlando di Anna<br />
Karenina. E comunque potremmo confessare di non aver letto<br />
Anna Karenina, no? E le teste di Modì? I media?<br />
Mi viene in mente The Great Dictator con la sua straordinaria<br />
pantomima che prende il posto del linguaggio parlato.<br />
In particolare, ricordo l’efficacia scenica di un Charlie<br />
Chaplin che gioca con quella palla che raffigura il nostro<br />
mondo. Il bersaglio della canzonatura non consiste tanto in<br />
Hitler, quanto nella follia e nell’onnipotenza della dittatura<br />
(di ogni tipo), nonché nella fissazione sul linguaggio parlato.<br />
Il filo consiste forse proprio in questo. Nonostante la<br />
gravità delle situazioni sia ben diversa, l’atmosfera assomiglia,<br />
e a permanere rimane la maniacale pretesa di onnipotenza,<br />
di possesso.<br />
L’accidente Modigliani rappresenta un caso diverso, nonostante<br />
abbia messo in difficoltà, (o alla berlina?) i cosiddetti<br />
critici d’arte, altri intellettuali. Giocherellare con l’opera<br />
d’arte contiene ad ogni buon conto aspetti destabilizzanti<br />
(si pensi a Marcel Duchamp, per fare un buon o cattivo<br />
nome). Eppure, il confine dell’attribuzione (stabilizzante,<br />
destabilizzante) non è netto. Non dimentichiamo che ci<br />
ritroviamo ancora a comprendere che tipo di testimonianza<br />
rappresenti la Sindone. Concediamo il margine dell’errore,<br />
d’accordo: qualcuno può aver commesso un errore<br />
scientifico in buona fede. Nel caso de L’implosione no, era<br />
solo cattiva fede. Lasciamo stare poi le manipolazioni da<br />
parte dei vari media - viviamo in un Paese semilibero sul<br />
fronte della libertà di stampa. Il giornalista che costruisce la<br />
notizia falsa da zero, o che l’abbellisce, o che la mistifica, o<br />
che la urla, o che l’annulla, e via dicendo, agisce sotto<br />
parecchie pressioni, tra cui la spettacolarizzazione. I mezzi<br />
di cui disponiamo per sgamare un fake rimangono risicatissimi.<br />
La notizia è vera o falsa, giustificata o ingiustificata?<br />
Come decifrarlo? Ci vogliono conoscenze e competenze<br />
riservate ormai a pochi. Mi viene in mente il caso Wiki-<br />
Leaks. Una risposta la otterremo col trascorrere del tempo?<br />
O forse neanche l’attesa gioverà? Ch.L.
ARTWORK DI FRANCESCA PIGNATARO<br />
Tommaso Debenedetti<br />
“In Italia l’informazione si basa<br />
sui falsi” (Tommaso Debenedetti)<br />
Leggenda vuole che prima di lasciare Livorno, deluso e amareggiato,<br />
l’artista 25enne avesse gettato alcune sculture nel fosso sotto<br />
casa. A luglio si comincia a scavare e la credulità viene ripagata: ecco<br />
alcune teste somiglianti ai volti famosi di Modì. “Continuavano a non<br />
trovare niente, così abbiamo deciso di fargli trovare qualcosa”, commenta<br />
uno degli autori dello scherzo. Solo dopo accese discussioni<br />
sull’attribuzione, dopo che assessori, sovrintendenti e critici d’arte<br />
erano andati in un brodo di giuggiole, dopo che le opere erano state<br />
inserite nel catalogo ufficiale, i veri scultori escono allo scoperto.<br />
O come il meraviglioso scherzo del fisico Alan Sokal. Stufo di come<br />
termini e concetti scientifici venissero abusati e usati a sproposito<br />
da Jacques Lacan, Julia Kristeva, Gilles Deleuze, Jacques Derrida e<br />
molti altri, nel 1996 Sokal, professore alla New York University,<br />
manda un testo assolutamente delirante a una rivista molto quotata:<br />
“Social Text”. Il titolo già basta a dare un’idea del contenuto:<br />
Toward A Transformative Hermeneutics Of Quantum Gravity (La trasgressione<br />
dei confini: verso un’ermeneutica trasformativa della gravità<br />
quantistica). L’articolo viene accettato e lodato e solo dopo la pubblicazione<br />
Sokal dichiara di avere costruito un pezzo senza senso,<br />
confuso e folle. Una vendetta meravigliosa verso quel mondo postmodernista<br />
in cui la confusione veniva spacciata per genio e ogni<br />
azzeccagarbugli poteva aspirare a diventare autore cult! Non tutti<br />
ridono, ovviamente. Insieme a Jean Bricmont, Sokal poi pubblica un<br />
libro imperdibile, tradotto in italiano con il titolo Imposture intellettuali<br />
(Garzanti, 1999), una specie di vaccino contro i ciarlatani.<br />
L’intero dibattito è nella sua pagina personale: www.physics.nyu<br />
.edu/sokal. Qualunque sia il bersaglio - arte, postmodernismo, “cultura”<br />
- l’intento appare comune: far emergere l’inconsistenza e la<br />
strafottenza e, forse, suggerire di prendersi meno sul serio.<br />
QUESTIONI<br />
QUESTO NON È UNO SCHERZO!<br />
Ve lo ricordate Tommaso Debenedetti? Quello che ha inventato decine<br />
e decine di interviste a Philip Roth, Milan Kundera, Herta Müller<br />
e a tantissimi altri, inaccessibili a quasi tutti gli altri giornalisti?<br />
L’hanno beccato e messo alla berlina definitivamente l’anno passato<br />
- dopo alcuni sospetti e qualche dubbio più antichi. Lui si presenta<br />
come un genio, molti gli danno corda e l’Ordine dei giornalisti<br />
non ha battuto ciglio. Anzi, di recente Debenedetti gioca con<br />
FaceBook e qualche mese fa ha aperto un profilo a nome di<br />
Abraham Yehoshua e di Umberto Eco (me lo ricordo di averlo visto<br />
più volte tra i suggerimenti di contatti da aggiungere e ricordo anche<br />
di aver pensato: chissà chi è che fa il negro - mai mi sarei aspettata<br />
il nostro!) e ha inviato una lettera al “New York Times” a firma di<br />
quest’ultimo. Debenedetti continua a presentarsi come un giustiziere<br />
della truffa, uno che ha smascherato il pessimo modo di fare<br />
giornalismo in Italia. E su questo può avere ragione, ma il dubbio<br />
rimane sui metodi e sulle sue reali intenzioni.<br />
Ecco cosa scrive Judith Thurman il 24 giugno scorso su “The New<br />
Yorker”: “‘La mia intenzione era quella di essere un rispettabile giornalista’,<br />
ma, da freelance, non riusciva a farsi pubblicare i pezzi, così si è<br />
dato alla fiction. Debenedetti si è lamentato che i direttori dei giornali<br />
locali che accettarono le sue false interviste senza alcuna verifica dovevano<br />
sapere che erano inventate, ma non importava. ‘L’Italia è una barzelletta’,<br />
disse. ‘L’informazione in questo Paese è basata sui falsi’”.<br />
Evidentemente ha voluto dare il suo contributo. Se ti beccano non<br />
puoi dire stavo scherzando. Se ti sputtani da solo magari sì. La differenza<br />
tra un furto e un regalo sta nella intenzione del proprietario<br />
o dell’acquirente. Fino a che non decido di regalartelo sono io il proprietario.<br />
Se ci provi e qualcuno ti smaschera non puoi cavartela<br />
dicendo: “ci sei cascato? Ma io scherzavo!”.<br />
Madalon è uno scherzo, i ragazzi delle teste di Modigliani erano burloni<br />
(a meno che non fossero tutti d’accordo, presunte vittime e carnefici,<br />
ai danni del pubblico - come una compagnia teatrale errante).<br />
Ma Debenedetti? Lui gioca a fare il denunciatore e in tanti, tantissimi,<br />
lo definiscono “genio” (“Il Fatto Quotidiano”, “Il Post” e altri.<br />
Tutti a usare “genio” e sinonimi. Tutti amanti dell’iperbole adulatoria).<br />
Certo che - come sottolinea Debenedetti - se io sono il direttore<br />
devo verificare, ma il punto è che il giornalismo (e la vera testimonianza)<br />
si basano in ultima analisi sulla fiducia perché non è possibile<br />
la verifica ubiqua e assoluta (altrimenti farebbe tutto il direttore),<br />
e se tu la violi insistentemente senza svelare l’inganno, c’è puzza<br />
di furbizia. L’equilibrio è fragile e delicato, e la fiducia si conquista<br />
con la credibilità. Quindi forse il vero problema - o il più grave -<br />
affonda nei primi pezzi che il nostro mandava, interviste a scrittori e<br />
politici famosissimi, che in pochi riuscivano ad avvicinare e che<br />
avrebbero dovuto insospettire. Ma nessuno ha sollevato un dubbio<br />
e via via che l’elenco si allungava, la credibilità farlocca di Debenedetti<br />
aumentava in un circolo virtuoso bacato in partenza. I natali<br />
di Debenedetti conteranno, soprattutto nella familista Italia<br />
(Antonio e Giacomo, scrittore e critico letterario, rispettivamente<br />
padre e nonno?). Se davvero il suo intento era provocatorio (lo<br />
sapremo mai? Bisognerebbe essere Debenedetti, non ci sono alternative<br />
per scoprirlo. Ci vorrebbe una nuova versione del celebre articolo<br />
di Thomas Nagel e il pipistrello, in cui il filosofo parla della inaccessibilità<br />
degli stati mentali affermando che per sapere che effetto<br />
fa essere un pipistrello bisogna essere un pipistrello, dal titolo: What<br />
Is It Like To Be Tommaso Debenedetti?) apprezziamo il suo spirito di<br />
denuncia. Ma il giocherello è andato avanti troppo tempo e sembra<br />
la versione pinocchiesca della volpe e l’uva. M’hai beccato? E io ti<br />
dico che stavo scherzando. Se nessuno avesse notato le stranezze,<br />
lui sarebbe andato avanti? Ha (e avrebbe) ammesso di barare se e<br />
solo se qualcun altro lo avesse costretto? Non si tratta di essere<br />
moralisti, ma di scegliere la giusta categoria: come fiction writer<br />
Debenedetti sarebbe stato perfetto. Comunque la pensiate, chissà<br />
se questo pezzo l’ho scritto davvero io. <br />
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