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di Serenella Perali - Velut Luna Press

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Sam<br />

<strong>di</strong> <strong>Serenella</strong> <strong>Perali</strong><br />

Ci penso ancora oggi, ogni volta che passo in quella via del quartiere EUR.<br />

Era una giornata calda <strong>di</strong> fine maggio, alle cinque e trenta del pomeriggio gli<br />

uffici si svuotavano mentre le strade iniziavano a essere affollate <strong>di</strong> persone<br />

che volevano tornare a casa. A quell’ora del tardo pomeriggio, mentre un<br />

leggero ponentino ci rinfrescava dalla giornata lavorativa, io e Paola<br />

decidemmo <strong>di</strong> fare una passeggiata. Erano mesi che uscivamo tar<strong>di</strong> dall’ufficio<br />

e tutti e due stanchi dei ritmi lavorativi intensi, avevamo proprio voglia <strong>di</strong><br />

gironzolare senza meta per un paio d’ore. In quel periodo lavoravamo a un<br />

progetto importante della nostra azienda, io ero stato nominato capo<br />

ingegnere e Paola era il miglior geologo minerario con cui avessi mai lavorato:<br />

per questo l’avevo richiesta nel gruppo <strong>di</strong> lavoro. Passammo giorni chiusi in<br />

ufficio o a fare rilevazioni per il progetto. Tutto era incentrato sul lavoro.<br />

Eravamo molto stanchi e sotto pressione, in quel periodo. Allora sbagliare<br />

voleva <strong>di</strong>re essere messi da parte per sempre, a far tappezzeria come alle feste<br />

<strong>di</strong> scuola. Quel pomeriggio, dopo una riunione fiume iniziata alle nove del<br />

mattino e durata quasi otto ore, avevamo veramente bisogno <strong>di</strong> aria, <strong>di</strong> vedere<br />

la città e uscire dai nostri uffici-loculi, che ci avevano ospitato fin troppo.<br />

Così, non appena possibile io e Paola prendemmo le nostre cose e via, fuori.<br />

Erano gli anni Ottanta e per fortuna i cellulari ancora non c’erano. Quin<strong>di</strong>, una<br />

volta fuori del posto <strong>di</strong> lavoro, eri libero e pacificamente irraggiungibile.<br />

Camminavamo chiacchierando e dopo un po’ ci ritrovammo in una via con<br />

alcuni negozi e bar vicina al laghetto.<br />

1


In quegli anni il quartiere EUR era ancora un mortorio, c’erano solo ministeri,<br />

uffici e poco altro, ma quel giorno per noi era come se fossimo al centro <strong>di</strong><br />

Roma, tanta era la voglia <strong>di</strong> evadere e scaricare la nostra adrenalina.<br />

All’improvviso al terzo piano <strong>di</strong> un palazzo si spalancò una finestra. Da<br />

principio non capimmo bene cosa stesse succedendo; era come se ci fosse un<br />

fagotto appoggiato sul davanzale. Poi guardammo meglio e capimmo che la<br />

forma era umana e si muoveva, si stava lentamente alzando in pie<strong>di</strong> sul<br />

davanzale della finestra: era una bambina. La vedemmo <strong>di</strong>stintamente solo<br />

all’ultimo, avrà avuto non più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni. Guardava fisso davanti a lei e stava<br />

immobile come una bambola, con le braccia lungo i fianchi.<br />

Sentii il sangue gelarsi nelle vene, e il senso <strong>di</strong> soffocamento <strong>di</strong> paura<br />

dell’impreve<strong>di</strong>bile mi paralizzò.<br />

Paola, più lucida <strong>di</strong> me, si guardò attorno attonita: nessuno l’aveva vista tranne<br />

noi? Come era possibile?<br />

Finalmente, un passante dall’altro alto della via la vide. Lo stesso signore iniziò<br />

a fermare altre persone proprio sotto il palazzo della bambina. In un minuto<br />

forse, un gruppetto <strong>di</strong> persone fu coinvolto e si fermò a guardare. Tutti in<br />

silenzio, tenevano lo sguardo in alto verso la finestra aperta al terzo piano e la<br />

stessa domanda rimbalzava <strong>di</strong> mente in mente. Si chiedevano come fosse<br />

possibile che dall’interno dell’appartamento nessuno tirasse giù la bambina da<br />

quel davanzale. Forse era sola in casa oppure si era chiusa dentro. Anche noi ci<br />

avvicinammo agli altri, da lì vedemmo due ragazzi, che senza perdere tempo<br />

entrarono correndo nel palazzo e salirono su per le scale suonando a tutte le<br />

porte che incontravano.<br />

Al terzo piano nessuno era in casa, allora bussarono forte e presero a calci<br />

tutte le porte per cercare <strong>di</strong> attirare l’attenzione della piccola. Urlarono, la<br />

2


chiamarono, ma niente. Si <strong>di</strong>sperarono per il tentativo fallito. Le porte erano<br />

tutte blindate, impossibili da sfondare a spallate. Dopo <strong>di</strong>eci minuti si arresero<br />

e decisero <strong>di</strong> aspettare i Vigili del fuoco che intanto erano stati chiamati da<br />

altri passanti.<br />

Mentre erano lì dal secondo piano una voce chiamò:<br />

“Ragazzi, chi cercate?”<br />

“Signora, al terzo piano c’è una bambina sulla finestra.”<br />

“Venite, presto, venite.”<br />

I ragazzi scesero <strong>di</strong> corsa al secondo piano. Si trovarono <strong>di</strong> fronte una anziana<br />

signora.<br />

“Salve, venite pure in casa”, entrarono e uno dei ragazzi, Stefano, <strong>di</strong>sse:<br />

“Signora, la prego ci aiuti a raggiungere la bambina, dai suoi balconi magari la<br />

possiamo prendere. Io e Andrea siamo agili.” Ma la donna li guardava,<br />

accennando un sorriso a fior <strong>di</strong> labbra.<br />

“Signora, la prego” <strong>di</strong>sse ancora Stefano <strong>di</strong>sperato.<br />

“Ragazzi, venite con me.” La donna aprì il terrazzino che dava sul lato<br />

dell’ingresso del palazzo, dove sotto c’erano tutte le persone, che si erano<br />

fermate con il cuore in gola per la bambina. Erano le sei <strong>di</strong> sera, e la donna<br />

<strong>di</strong>sse rivolgendosi a tutti noi <strong>di</strong>sse:<br />

“È quasi il momento...” I ragazzi guardarono la donna senza capire e poi si<br />

sporsero per vedere il balcone del piano <strong>di</strong> sopra. La bambina era avvolta in<br />

una luce <strong>di</strong>afana, era <strong>di</strong> un candore d’orato. Ci furono persone che si misero in<br />

ginocchio e altre che piansero <strong>di</strong> emozione <strong>di</strong> fronte a quella visione. Io e Paola<br />

ci abbracciammo senza riuscire a <strong>di</strong>rci nulla.<br />

L’anziana donna allora, rivolgendosi ancora a tutti noi, <strong>di</strong>sse:<br />

3


“Pochi minuti ancora e lei sarà <strong>di</strong> nuovo via per un altro anno. Guardate la<br />

felicità dei suoi occhi azzurri e il suo splen<strong>di</strong>do sorriso. Lei è nella luce. Ogni<br />

anno il 24 maggio ci dona questa immagine <strong>di</strong>vina. Lei è <strong>di</strong>ventata il nostro<br />

angelo. Siete stati fortunati ad averla vista.”<br />

Dopo pochi secon<strong>di</strong>, la luce avvolse tutto e la bambina volò via nel vento <strong>di</strong><br />

maggio.<br />

Al calare del sole le persone erano ancora sotto a quel palazzo, non volevano<br />

più andarsene, avevano assistito a qualcosa <strong>di</strong> troppo grande, dovevano<br />

trovare il modo <strong>di</strong> spiegarselo prima <strong>di</strong> rincasare.<br />

Io e Paola ci tenevamo ancora stretti, i nostri corpi non volevano più <strong>di</strong>vidersi,<br />

e non cercammo altre spiegazioni.<br />

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