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Sul Tutto - Società Italiana di Studi Araldici

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N. 32 – Anno XVIII – Dicembre 2012 – Pubblicazione riservata ai soli Soci<br />

Attività della società<br />

Sabato 6 ottobre si è svolto nel palazzo Gondolo della Riva,<br />

ospiti del nostro consocio Pietro Gondolo della Riva il nostro<br />

XXX convivio scientifico con al presenza <strong>di</strong> numerosi soci.<br />

Dopo il saluto del Presidente ed il suo ringraziamento al padrone<br />

<strong>di</strong> casa per la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong>mostrata nei confronti della<br />

<strong>Società</strong>, il Dott. Gondolo ha illustrato brevemente il significa-<br />

to degli stemmi che adornano la sala in cui si svolgeva il convegno<br />

e tutti relativi ad alleanze matrimoniali.<br />

Arma Gondolo della Riva:<br />

Successivamente ha avuto inizio il convivio vero e proprio,<br />

durante il qual sono state illustrate sinteticamente <strong>di</strong>eci relazioni,<br />

tutte <strong>di</strong> notevole interesse. Per primo è stata data la parola<br />

al consocio Alberto Lembo, che attualmente fa parte <strong>di</strong><br />

una commissione presso il Ministero degli Affari Esteri che<br />

fra l’altro si occupa della determinazione dei criteri per il riconoscimento<br />

degli Or<strong>di</strong>ni cavallereschi. L’intervento dal titolo<br />

Repubblica e nobiltà ha riguardato i problemi connessi con i<br />

titoli nobiliari, il trattamento da loro previsto dalla Costitu-<br />

zione repubblicana e il proliferare <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ni cavallereschi a<br />

pseudo tali sorto negli anni scorsi e dell’azione in atto per frenare<br />

un’attività che ha del malaffare. Il prof. Luigi Alzona ha<br />

svolto un intervento dl titolo Testimonianze aral<strong>di</strong>che <strong>di</strong> Patrizi<br />

Genovesi alla corte papale nel Seicento: i Costaguta/<br />

Costaguti ricco <strong>di</strong> spunti d’interesse storico-aral<strong>di</strong>ci; il socio<br />

Michelangelo Ferrero ha presentato un lavoro enciclope<strong>di</strong>co e<br />

del tutto ine<strong>di</strong>to Piemontesi all’Università <strong>di</strong> Padova (1400-<br />

1565) nel quale sono raccolti tutti i dati relativi alla presenza<br />

<strong>di</strong> studenti o docenti <strong>di</strong> origine piemontese nel periodo in<strong>di</strong>cato,<br />

opera certosina <strong>di</strong> ricerca che potrà essere valido strumento<br />

per ulteriori stu<strong>di</strong>. Giorgio Casartelli Colombo <strong>di</strong> Cuccaro<br />

è intervenuto sul tema Riferimenti piacentini negli stemmi<br />

<strong>di</strong> Cristoforo Colombo <strong>di</strong> Cuccaro scopritore delle Americhe,<br />

argomento che da parte <strong>di</strong> un appassionato conoscitore<br />

della materia ha messo in evidenza aspetti inusuali e che possono<br />

sfuggire riguardo l’aral<strong>di</strong>ca legata a Colombo ed alla sua<br />

<strong>di</strong>scendenza. Gabriele Reina ha parlato sul tema Il mausleo <strong>di</strong><br />

Desaix al Gran San Bernardo ricordando la genesi dell’opera<br />

voluta da Napoleone per onorare la memoria dell’amico che<br />

gli aveva procurato, lasciandoci la vita, una delle sue più celebri<br />

vittorie. Prima dell’intervallo per la colazione si è avuto<br />

l’intervento <strong>di</strong> Andrew Martin Garvey dal titolo La Royal<br />

Navy a Napoli nel 1742, l’aral<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> alcuni comandanti le<br />

navi, si è così ricordato un episo<strong>di</strong>o storico poco noto, risalente<br />

alla guerra <strong>di</strong> Successione d’Austria, quando le navi inglesi<br />

per far cessare l’intervento del Regno <strong>di</strong> Napoli, allora da<br />

poco sotto lo scettro <strong>di</strong> Carlo III <strong>di</strong> Borbone, a favore <strong>di</strong> Spagna<br />

e Francia si presentarono nel Golfo <strong>di</strong> Napoli minaccian-<br />

do <strong>di</strong> bombardare la città.<br />

Alla ripresa dei lavori è intervenuto Alberto Gamaleri Calleri<br />

Gamon<strong>di</strong> con una importante relazione dal titolo Feudo-Feudalesimo<br />

e società feudale nel <strong>di</strong>ritto me<strong>di</strong>evale e nell’incivi-<br />

limento europeo, argomento trattato, malgrado la sua ponderosità,<br />

con gusto e leggerezza che ha tenuto ben attenti i presenti.<br />

Ha poi parlato Enzo Modulo Morosini sul conclave<br />

svoltosi nella Abbazia <strong>di</strong> S. Giorgio Maggiore a Venezia<br />

Chiesa dell’Abbazia <strong>di</strong> S. Giorgio Maggiore


a causa dell’occupazione <strong>di</strong> Roma da parte dei Francesi, iniziato<br />

nel 1799 e conclusosi nel 1800 con l’elezione Pio VII,<br />

illustrando gli stemmi dei Car<strong>di</strong>nali presenti, quello della Venezia<br />

austriaca, ove la coda del leone è abbassata, il titolo dell’intervento<br />

è ovviamente complesso S.Georgii Maioris Venetiarum<br />

Pri<strong>di</strong>e Idua martii MDCCC “Annuntio vobis gau<strong>di</strong>um<br />

magnum Papam habemus … Pius VII” .<br />

2<br />

Stemma <strong>di</strong> Pio VII<br />

Paolo Edoardo Fiora <strong>di</strong> Centocroci ha presentato una relazione<br />

<strong>di</strong> grande interesse aral<strong>di</strong>co dal titolo Ampliamenti d’arme,<br />

cimieri e concessioni corredata da numerose figure che hanno<br />

suscitato grande interesse e che si sarà certamente lieti <strong>di</strong> poter<br />

leggere nella sua interezza negli atti del convegno. Angelo<br />

Scordo ha chiuso l’incontro con un intervento dal titolo “Le<br />

famiglie nobili <strong>di</strong> Reggio Calabria” <strong>di</strong> Pasquale Catanoso .<br />

Al termine il saluto del Presidente che non ha mancato <strong>di</strong> rinnovare<br />

oltre ai più fervi<strong>di</strong> ringraziamenti per la partecipazione<br />

anche <strong>di</strong> richiedere ai Consoci il loro contributo <strong>di</strong> pensiero<br />

per la rubrica stu<strong>di</strong> del nostro sito internet e per il Arma notiziario antica (<br />

<strong>Sul</strong> <strong>Tutto</strong>.<br />

V): trinciato<br />

Un’antica famiglia alessandrina: i GUASCO<br />

MdB<br />

È noto che le più cospicue ed illustri casate riferibili ai vari<br />

stati compresi nell’impero romano-germanico trassero la propria<br />

origine da pochi ed antichissimi personaggi, per lo più <strong>di</strong><br />

sangue regio, i cui <strong>di</strong>scendenti, <strong>di</strong>edero origine, nel corso del<br />

tempo, a nuove famiglie, generalmente in<strong>di</strong>viduabili dal nome<br />

del loro feudo o da qualche soprannome guerresco o <strong>di</strong> carica<br />

o <strong>di</strong> qualità fisica o morale.<br />

Uno dei gruppi più insigni è quello dei Manfre<strong>di</strong>ngi, <strong>di</strong> sangue<br />

regio, congiunto, per via femminile, alla casa carolingia.<br />

Da questo gruppo <strong>di</strong>scesero con altre nobilissime casate subalpine:<br />

i <strong>di</strong> Biandrate, i <strong>di</strong> San Bonifacio, i Rati-Opizzoni, i Barbavara,<br />

i Trotti, gli Avogadro e venendo a quelle che concor-<br />

sero alla fondazione <strong>di</strong> Alessandria, i Dal Pozzo, i Canefri, i<br />

Calcamuggi, i Firuffini, gli Zoppi ed i Guasco <strong>di</strong> Belmonte e<br />

<strong>di</strong> Sezzé.<br />

Per questa remotissima origine, sono dunque, i Guasco, <strong>di</strong><br />

sangue regio.<br />

La loro storia si svolse, sempre, gloriosa innestandosi nelle<br />

vicende della città <strong>di</strong> Alessandria e, poi, della nazione.<br />

Re, papi, imperatori, si compiacquero <strong>di</strong> ricompensarli con le<br />

più alte onorificenze nobiliari e cavalleresche ed essi ebbero<br />

titolature <strong>di</strong> principi, marchesi, conti e baroni <strong>di</strong> moltissime<br />

signorie feudali.<br />

I Guasco originari della Provenza ebbero, quale capostipite,<br />

un certo conte <strong>di</strong> Vasco.<br />

In Monferrato furono signori <strong>di</strong> Alice e <strong>di</strong> Belmonte e,<br />

successivamente, ottennero la contea <strong>di</strong> Gavi, nel genovesato,<br />

ed il marchesato <strong>di</strong> Castelletto nell’alessandrino (stato <strong>di</strong><br />

Milano).<br />

Molti personaggi della famiglia furono vescovi alessandrini e<br />

capitani al servizio <strong>di</strong> Spagna.<br />

Tra gli antichi vogliamo ricordare Scipione Guasco che<br />

partecipò, nel 1094, alla crociata in Terrasanta ed ivi morì, nel<br />

1099, sotto le mura <strong>di</strong> Antiochia.<br />

Fu ricordato da Torquato Tasso, nel suo poema: “La Gerusalemme<br />

liberata”.<br />

Uberto Guasco signore <strong>di</strong> Alice, valoroso condottiero ed uno<br />

dei più importanti citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Alessandria nel sec. XIII che fu<br />

anche detto: « il primo degli alessandrini».Rimasto nelle<br />

cronache della sua città per aver fatto prigioniero il marchese<br />

Guglielmo <strong>di</strong> Monferrato che, rinchiuso in una gabbia <strong>di</strong> ferro,<br />

appeso all’archivolto della casaforte dei Guasco, finì misera-<br />

mente i suoi giorni in Alessandria, il 6 febbraio 1292.<br />

Arma antica (prima del sec. XV): trinciato cuneato d’oro e<br />

d’azzurro sotto un capo d’argento carico <strong>di</strong> due branche <strong>di</strong><br />

leone strappate, in banda quella <strong>di</strong> sinistra, in sbarra,<br />

quella <strong>di</strong> destra, tenenti entrambe un anello d’oro in cui è<br />

incassato un <strong>di</strong>amante.<br />

Cesare Guasco signore <strong>di</strong> Alice, valoroso condottiero e commissario<br />

generale delle fortezze del patrimonio apostolico.<br />

Il papa Pio V, suo conterraneo, lo nominò governatore <strong>di</strong><br />

Ancona che <strong>di</strong>fese contro gli attacchi turcheschi e, nel 1566,<br />

per manifestargli il proprio apprezzamento, concesse a lui ed<br />

ai suoi <strong>di</strong>scendenti, <strong>di</strong> porre l’arma papale nella propria e <strong>di</strong><br />

caricarla, vieppiù, con il gonfalone <strong>di</strong> Santa Chiesa.<br />

Cesare Guasco morì in Ancona nel 1568 e colà fu sepolto in<br />

Duomo.<br />

Bernardo Guasco fu senatore <strong>di</strong> Milano.<br />

Cesare Guasco giureconsulto <strong>di</strong> fama.<br />

Francesco Guasco professore <strong>di</strong> leggi in Pavia.<br />

Manfredo podestà <strong>di</strong> Tortona.<br />

Orazio Podestà <strong>di</strong> Asti.<br />

Tutti nel XVI secolo.


Arma moderna (dal sec. XV): inquartato; nel 1° e nel 4° <strong>di</strong><br />

rosso a due branche <strong>di</strong> leone d’oro strappate, in fascia, in<br />

fascia; quelle <strong>di</strong> destra rivolte, tenenti tra le stesse, un<br />

anello d’oro in cui è incassato un <strong>di</strong>amante; nel 2° e nel 3°<br />

tagliato cuneato d’azzurro ed oro; sul tutto: <strong>di</strong> rosso, al<br />

gonfalone pontificio d’oro, caricato <strong>di</strong> due chiavi poste in<br />

croce <strong>di</strong> S. Andrea, con gli ingegni in alto e addossati,<br />

quella <strong>di</strong> destra d’oro e l’altra d’argento.<br />

Lo scudo: addossato all’aquila bicipite.<br />

Cimiero: un leone nascente e coronato d’oro, tenente, con<br />

la branca destra, un anello come quello nello scudo.<br />

Motto:C’EST MON DESIR.<br />

Tra le figure più importanti del casato spicca:<br />

Don Carlo Guasco marchese <strong>di</strong> Solero e governatore del<br />

Basso Monferrato che, nel 1644, sposò, a Gand, la principessa<br />

Enrichetta <strong>di</strong> Lorena, vedova del proprio cugino Ludovico <strong>di</strong><br />

Lorena principe <strong>di</strong> Lixheim e Phalsburg.<br />

Nel contratto matrimoniale, gli sposi, fecero una donazione<br />

vicendevole: «in caso <strong>di</strong> morte, tutti i beni dell’uno, sarebbero<br />

passati all’altro».<br />

In aggiunta, la principessa, stabilì che avrebbe lasciato al consorte<br />

ed ai figlioli, che dal loro matrimonio fossero nati, anche<br />

il principato.<br />

Inoltre <strong>di</strong>spose che in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> ere<strong>di</strong> <strong>di</strong>retti, il principato medesimo,<br />

sarebbe spettato al più anziano rappresentante dei<br />

Guasco e, quin<strong>di</strong>, alla sua <strong>di</strong>scendenza.<br />

L’imperatore Fer<strong>di</strong>nando III convalidò tale accordo, ed elevò,<br />

per buona misura, Carlo Guasco, alla <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> principe del<br />

Sacro Romano Impero e lo <strong>di</strong>chiarò, altresì, principe del sangue.<br />

Ebbe trattamento <strong>di</strong> Altezza Serenissima. Morì nel suo castello<br />

<strong>di</strong> Brucht, presso Anversa, nel 1650.<br />

Particolare interessante, sotto il profilo storico-nobiliare, è costituito<br />

dal fatto che, il titolo <strong>di</strong> principe, pur molto <strong>di</strong>ffuso<br />

negli stati italiani, non fu mai conferito da Casa Savoia a fami-<br />

glie piemontesi, sebbene, in Piemonte, siano esistite e tuttora<br />

sono presenti, casati della più alta nobiltà ”originaria”.<br />

In Piemonte furono insigniti della <strong>di</strong>gnità principesca, solamente<br />

gli Imperiali <strong>di</strong> Francavilla (principi <strong>di</strong> Montafia); i<br />

Ferrero-Fieschi (principi <strong>di</strong> Masserano); i Dal Pozzo (principi<br />

<strong>di</strong> Cisterna detti, poi, della Cisterna) ma, tutti, <strong>di</strong> nomina pontificia,<br />

poiché, questi feu<strong>di</strong>, erano tutti sotto il dominio <strong>di</strong>retto<br />

della Sede Apostolica (vere e proprie “enclaves” poste nei domini<br />

monferrini e sabau<strong>di</strong>).<br />

Don Carlo Guasco, altro <strong>di</strong> questo nome, fu marchese <strong>di</strong> Serralunga,<br />

consigliere e senatore del duca <strong>di</strong> Mantova e <strong>di</strong> Monferrato<br />

Vincenzo Gonzaga. Diresse le fortificazioni della città<br />

<strong>di</strong> Casale e colà morì nel 1615.<br />

Don Giovan Francesco Guasco conte <strong>di</strong> Clavieres, nacque<br />

nel 1708, fu generale comandante in capo dell’esercito austriaco<br />

durante la guerra dei sette anni e si <strong>di</strong>stinse nelle battaglie<br />

<strong>di</strong> Kollins, Breslau ed a Moys, al comando dei granatieri della<br />

guar<strong>di</strong>a imperiale.<br />

Nel 1758 ottenne il grado <strong>di</strong> luogotenente maresciallo <strong>di</strong> campo.<br />

Nel 1759 fu nominato governatore <strong>di</strong> Dresda. Morì a<br />

Koenigsberg nel 1763.<br />

Don Francesco Guasco-Gallarati marchese <strong>di</strong> Bisio e Francavilla<br />

fu “maire” e poi sindaco <strong>di</strong> prima classe <strong>di</strong> Alessan-<br />

dria.<br />

Fu “principe” dell’accademia degli Immobili e barone dell’<br />

Impero nominato <strong>di</strong>rettamente da Napoleone I, successivamente<br />

fu gentiluomo <strong>di</strong> camera <strong>di</strong> Carlo Alberto e cavaliere<br />

dell’Or<strong>di</strong>ne Civile <strong>di</strong> Savoia.<br />

Nato ad Alessandria nel 1783 ivi morì nel 1860.<br />

Per successione nobiliare aveva aggiunto, al proprio cognome,<br />

quello dell’antico casato milanese dei Gallarati insignito dei<br />

titoli <strong>di</strong> marchesi <strong>di</strong> Cerano e conti <strong>di</strong> Piola e <strong>di</strong> Desio.<br />

Don Emilio Guasco-Gallarati marchese <strong>di</strong> Bisio e <strong>di</strong> Francavilla,<br />

conte <strong>di</strong> Frascaro, nato al castello (materno) <strong>di</strong> Murisengo<br />

nel 1878 e morto in Alessandria nel 1976, ottenne, con<br />

motu proprio, <strong>di</strong> S.M. il re Vittorio Emanuele III, il rinnova-<br />

mento del titolo <strong>di</strong> Principe, il 27 novembre 1933.<br />

Appassionato stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> storia e genealogia, Don Emilio,<br />

coa<strong>di</strong>uvò il padre, Don Francesco, nella stesura del Dizionario<br />

feudale degli antichi stati sar<strong>di</strong> e della Lombar<strong>di</strong>a, pubblicato<br />

dalla biblioteca della società storica subalpina e nella compila-<br />

zione della preziosa opera: Tavole Genealogiche <strong>di</strong> Famiglie<br />

Nobili Alessandrine e Monferrine che, rimasta interrotta alla<br />

morte del proprio genitore, portò a compimento da solo.<br />

Nel 1925, il governo, lo decorò della medaglia d’oro per i<br />

benemeriti della pubblica istruzione.<br />

Con il <strong>di</strong> lui figlio, il principe don Francesco (1914 – 1991)<br />

celibe, nato dal matrimonio del padre con la contessa Silvia<br />

Manin, patrizia veneta, si venne ad estinguere questo illustre e<br />

millenario casato alessandrino.<br />

Alberto Gamaleri Calleri Gamon<strong>di</strong><br />

L’ultima carica della Cavalleria <strong>Italiana</strong><br />

Col il presente articolo non si intende raccontare la storia del<br />

reggimento Cavalleggeri <strong>di</strong> Alessandria per il quale si rimanda<br />

ad un’altra occasione, ma rievocare un episo<strong>di</strong>o della II<br />

Guerra Mon<strong>di</strong>ale che per motivi più che altro politici non venne<br />

mai messo in luce. Così mentre numerose sono le rievocazioni<br />

relative alle imprese <strong>di</strong> alcuni nostri reggimenti a cavallo,<br />

quali quelle <strong>di</strong> Novara e Savoia nella campagna <strong>di</strong> Russia,<br />

nulla o quasi da parte cultori <strong>di</strong> storia militare si ricorda<br />

dell’impresa dei Cavalleggeri <strong>di</strong> Alessandria impegnati nella<br />

guerra in Croazia, contro le bande partigiane locali. Qui si<br />

riprende l’interessantissima conferenza tenuta dal tenente colonnello<br />

Franco Brunetti , in sede <strong>di</strong> presentazione del libro<br />

“Le ultime sciabole” <strong>di</strong> Fulvio Flumis del quale si riporta la<br />

parte relativa alla carica <strong>di</strong> Poloi, sunteggiando i preliminari<br />

per evidenti motivi <strong>di</strong> spazio.<br />

Il reggimento mobilitato all’entrata in guerra dell’Italia venne<br />

inquadrato nella 1^ Divisione Celere Eugenio <strong>di</strong> Savoia, il 13<br />

aprile del 1941 entrò in Croazia dove non ebbe a dover superare<br />

significative resistenze. In seguito nel’estate <strong>di</strong> quell’anno<br />

si scatenò nell’intera Jugoslavia un guerriglia che assunse ben<br />

presto <strong>di</strong>mensioni imponenti, rispetto alla quale i reparti<br />

italiani <strong>di</strong>slocati in Croazia non erano considerati truppa <strong>di</strong> occupazione<br />

ma si vestivano dello status <strong>di</strong> “truppe stanziate nel<br />

3


territorio <strong>di</strong> uno stato in<strong>di</strong>pendente amico”. In tale periodo <strong>di</strong><br />

tempo le attività del reggimento appaiono confluire in una<br />

gamma <strong>di</strong> azioni che si potrebbero definire <strong>di</strong> polizia, incentrate<br />

soprattutto nel controllo delle rotabili, nella scorta convogli<br />

e in perlustrazioni durante le quali erano frequenti scontri a<br />

fuoco. Il giorno <strong>di</strong> Natale del 1941 avvenne il cambio del<br />

comando <strong>di</strong> reggimento che venne assunto dal colonnello Antonio<br />

Aimone-Cat.<br />

L’inverno particolarmente rigido portò ad una sorta <strong>di</strong> stasi,<br />

nella primavera 1942 si ebbe il ritorno in sella del reggimento<br />

e la prosecuzione delle operazioni previste o imposte dalla<br />

situazione, con una crescente intensificazione durante l’estate<br />

e a settembre con ricognizioni che portarono a scontri con gli<br />

elementi partigiani, sempre più attivi e più audaci.<br />

Con il 1° <strong>di</strong> ottobre ebbe inizio un importante ciclo operativo<br />

che durò sino al 23 ottobre, ma per Alessandria la partita si<br />

giocò il 17 ottobre.<br />

La Redazione<br />

4<br />

Il Reggimento Cavalleggeri <strong>di</strong> Alessandria<br />

La carica <strong>di</strong> POLOJ<br />

Dal 6 ottobre Alessandria abbandonò i consueti impegni <strong>di</strong><br />

vigilanza e scorta per vedersi inserito in un raggruppamento<br />

mobile a cui viene affidato il compito <strong>di</strong> esplorare, scoprire e<br />

segnalare le forze partigiane. Poi, una volta che la cavalleria<br />

avesse agganciato e fissato i ribelli, sarebbero intervenute le<br />

Divisioni “Lombar<strong>di</strong>a” e “Cacciatori delle Alpi”. In pratica la<br />

mobilità dei cavalleggeri doveva costringere gli avversari a<br />

svelarsi determinando la localizzazione delle forze e la loro<br />

consistenza.<br />

L’area nella quale operava Alessandria è quella dell’attuale<br />

confine fra Croazia e Slovenia nel territorio che i fiumi Dobra,<br />

Mreznica e Korana chiudono in un abbraccio a sud-ovest<br />

dell’abitato <strong>di</strong> Karlovac. In questo territorio racchiuso tra i<br />

fiumi, era stata segnalata una consistente presenza <strong>di</strong> partigia-<br />

ni, che aveva portato alla decisione <strong>di</strong> effettuare una operazio-<br />

ne finalizzata a ripulire tutta la zona.<br />

L’azione <strong>di</strong> sorveglianza proiettava Alessandria lungo una fascia<br />

<strong>di</strong> territorio che si sviluppa lungo la riva sinistra del Dobra,<br />

in pratica a sud dell’attuale autostrada che collega Karlovac<br />

a Fiume. Le operazioni lungo il Dobra durarono quattro<br />

giorni e non <strong>di</strong>edero alcun risultato anche se le fonti informa-<br />

tive confermavano la presenza <strong>di</strong> circa 600 partigiani.<br />

Al termine dell’azione il reggimento rientrò a Generalski Stol,<br />

e venne inquadrato in un raggruppamento mobile costituito da<br />

un battaglione <strong>di</strong> Camicie Nere, due squadroni <strong>di</strong> carri leggeri<br />

e una batteria <strong>di</strong> artiglieria. Al comando del raggruppamento<br />

venne posto il generale Mazza, che ricopriva l’incarico <strong>di</strong> Vice<br />

Comandante della 1^ Divisione Celere. Le puntate a vuoto dei<br />

giorni precedenti non convincevano i coman<strong>di</strong> superiori. Il nemico<br />

c’èra si doveva riprendere la ricerca. Il generale Lomaglio,<br />

Comandante della 1^ Divisione Celere, decise <strong>di</strong> riportare<br />

in azione i cavalleggeri spingendoli più in profon<strong>di</strong>tà nel<br />

territorio. L’or<strong>di</strong>ne fu <strong>di</strong> raggiungere Perjasica da Generalski<br />

Stol, quin<strong>di</strong> effettuare una puntata in <strong>di</strong>rezione sud verso Primislje,<br />

anche se il terreno su cui agire si prestava alle imbo-<br />

scate, il percorso era obbligato, non vi erano possibilità <strong>di</strong><br />

effettuare manovre laterali e l’obiettivo da raggiungere era posto<br />

a circa 20 km <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />

F. Mreznica<br />

F. Mreznica<br />

Perjasica<br />

Primislje<br />

F. Korana<br />

F. Korana<br />

I <strong>di</strong>eci giorni trascorsi senza <strong>di</strong>fficoltà con le ampie battute suscitarono<br />

negli uomini una certa fiducia e forse anche un senso<br />

<strong>di</strong> superiorità. I partigiani, se c’erano, non <strong>di</strong>mostrarono alcuna<br />

intenzione <strong>di</strong> accettare il combattimento. Alle ore 09.30<br />

del 16 ottobre iniziò il superamento del fiume Mreznica a 3<br />

km da Generalski Stol. La marcia dei cavalleggeri avveniva<br />

secondo le norme <strong>di</strong> sicurezza con una formazione a losanga<br />

che vedeva in avanguar<strong>di</strong>a il 4° squadrone, il 3° alla destra e il<br />

2° a sinistra, mentre al centro avanzavano lo squadrone comando<br />

e quello mitraglieri. Dopo un quarto d’ora, dalla estremità<br />

dell’ala destra un plotone del 3° squadrone venne fatto<br />

segno a raffiche <strong>di</strong> armi automatiche e <strong>di</strong> fucile. Il reggimento<br />

che si trovava a metà strada fra Generalski Stol e Perjasica in<br />

un luogo chiamato Orescansko era entrato in contatto con una<br />

parte della retroguar<strong>di</strong>a dei partigiani, circa 60, appostati <strong>di</strong>e-<br />

1


tro una cresta. Il plotone ingaggiato risalì al coperto la<br />

collinetta e il suo comandante si rese conto che per eliminarli<br />

non v’era altra soluzione che caricare. I partigiani, vestiti in<br />

kaki, bustina tre punte, stella rossa al fregio, si arresero; appartenevano<br />

alla “Udrane Brigade” (brigata d’assalto), l’esercito<br />

regolare della resistenza. Si legge nel <strong>di</strong>ario storico:<br />

«Gli squadroni hanno trovato un terreno <strong>di</strong>fficile ma l’adde-<br />

stramento è buono e sopperisce alle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> una orogra-<br />

fia che non si può proprio definire <strong>di</strong> campagna. Inoltre solo i<br />

reparti montati hanno potuto avere ragione <strong>di</strong> decine <strong>di</strong> uomi-<br />

ni bene armati con il movimento rapido, con l’urto, con il balzo<br />

offensivo, con la manovra d’impeto che ha sostituito la<br />

massa <strong>di</strong> fuoco».<br />

Il reggimento rientrò a Perjasica avendo perso due cavalli ed<br />

avendone avuti feriti 5. Il generale Mazza però confermò l’or<strong>di</strong>ne<br />

originario <strong>di</strong> raggiungere Primislje. Alle 14.00 Alessandria<br />

si rimise in marcia con la consueta formazione losanga<br />

lungo la strada sterrata che si sviluppa quasi parallela al fiume<br />

Korana. Al colonnello Aimone Cat era lasciata autonomia <strong>di</strong><br />

giu<strong>di</strong>zio: raggiungere Primislje se possibile, decidere quin<strong>di</strong> se<br />

rientrare alla base o pernottare sul posto, secondo la situazio-<br />

ne contingente. Il movimento procedette spe<strong>di</strong>to ed in<strong>di</strong>stur-<br />

bato per una decina <strong>di</strong> km, fino alla biforcazione che da Poloj<br />

porta a a destra su Primislje e a sinistra a Veljun, dopo aver attraversato<br />

il fiume Korana sul ponte <strong>di</strong> Cika. Era questo un<br />

punto delicato, proseguendo la marcia si lasciava scoperto il<br />

fianco sinistro da cui potevano infiltrarsi bande partigiane e tagliare<br />

la strada al reggimento durante la fase <strong>di</strong> rientro.<br />

Il colonnello Aimone Cat decise <strong>di</strong> portare tutti gli squadroni<br />

al ponte ed occupare le posizioni sui costoni della riva sinistra<br />

del fiume per costituire basi <strong>di</strong> appoggio <strong>di</strong> fuoco. Intorno alle<br />

16.00, Alessandria era <strong>di</strong> nuovo a contatto con forze avversarie,<br />

gli equipaggi carri segnalavano colpi <strong>di</strong> arma da fuoco<br />

provenienti dalle alture della sponda opposta del fiume. Il<br />

comandante decise <strong>di</strong> battere con il fuoco delle mitragliatrici<br />

le alture circostanti. I partigiani risposero con il fuoco <strong>di</strong> armi<br />

pesanti e con il tiro <strong>di</strong> mortai mentre piccoli gruppi nemici<br />

cercavano <strong>di</strong> portarsi sui fianchi e sul tergo del reggimento.<br />

Non restava che effettuare uno sganciamento per vanificare la<br />

manovra avversaria. Nel frattempo si cercava il collegamento<br />

ra<strong>di</strong>o con il comando superiore che veniva meno così come<br />

veniva a mancare il collegamento con la batteria <strong>di</strong> artiglieria,<br />

che era rimasta nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> Perjasica, e che sarebbe dovuta<br />

intervenire in caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà o <strong>di</strong> forte presenza <strong>di</strong> forze nemiche.<br />

Mancando i collegamenti si dovette tornare al vecchio<br />

sistema del portaor<strong>di</strong>ni, che in motocicletta doveva andare a<br />

riferire al generale Mazza sulla situazione, chiedere l’intervento<br />

dell’artiglieria e comunicare che il colonnello Aimone<br />

Cat intendeva <strong>di</strong> rimanere sul posto per non doversi sganciare<br />

con il buio con il nemico sempre più incalzante. Dopo 4 ore il<br />

portaor<strong>di</strong>ni tornò con le nuove <strong>di</strong>sposizioni: il reggimento poteva<br />

permanere in zona ma il giorno successivo doveva raggiungere<br />

Primislje e infine rientrare su Perjasica e procedere<br />

alla <strong>di</strong>struzione del ponte.<br />

Il generale Mazza non aveva colto la gravità degli eventi se<br />

riteneva ancora necessaria e possibile la puntata su Primislje e<br />

se credeva che le forze sul posto fossero in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere<br />

il ponte. Intanto alle 18.00 l’artiglieria iniziò a battere le<br />

alture sulla riva destra del fiume laddove era stato richiesto il<br />

suo intervento, senza però poterne verificare l’efficacia in<br />

quanto il reggimento si era sganciato dalle posizioni sulle quali<br />

era stato attaccato. Gli squadroni avevano ripiegato ed era<br />

stato evitato l’accerchiamento. A quel punto il colonnello<br />

Aimone decise <strong>di</strong> rientrare a Perjasica che raggiunse alle nove<br />

<strong>di</strong> sera senza ulteriori problemi, e si presentò a rapporto dal<br />

generale Mazza. Il bilancio delle per<strong>di</strong>te della giornata era <strong>di</strong><br />

due cavalleggeri feriti, 7 cavalli uccisi e 3 feriti .<br />

In poco meno <strong>di</strong> 12 ore Alessandria aveva affrontato due<br />

combattimenti ed in particolare nel secondo il era venuto a<br />

contato con forze superiori e dotate <strong>di</strong> armi pesanti riuscendo<br />

a sventare con una manovra ben coor<strong>di</strong>nata l’accerchiamento e<br />

la <strong>di</strong>struzione. Era ormai chiaro che tutta l’area compresa tra i<br />

fiumi Mreznica e Korana era interessata al movimento <strong>di</strong> unità<br />

partigiane ben equipaggiate che intendevano assicurarsi il controllo<br />

delle vie <strong>di</strong> comunicazione gravitanti a sud <strong>di</strong> Karlovac.<br />

Alla luce degli obiettivi avversari sarebbe stato necessario rivedere<br />

la pianificazione ed avere una maggiore <strong>di</strong>sponibilità<br />

<strong>di</strong> forze, ma per Alessandria la missione era sempre la stessa:<br />

costringere il nemico a svelarsi. Il 17 ottobre il reggimento<br />

doveva quin<strong>di</strong> percorrere la stessa via su cui si era già tanto<br />

impegnato, spingersi fino a Primislje, costituire l’elemento <strong>di</strong><br />

forza <strong>di</strong> un raggruppamento che inquadrava il 3° squadroni<br />

carri leggeri, una sezione <strong>di</strong> artiglieria ed un battaglione Camicie<br />

Nere. Si trattava <strong>di</strong> replicare le operazioni del il giorno<br />

precedente.<br />

Il 17 ottobre la sveglia suonò all’alba. In tutti c’era la premonizione<br />

che sarebbe stata una giornata campale dopo che al<br />

ponte <strong>di</strong> Cika il nemico si era svelato numeroso e ben organizzato.<br />

Ma bisognava pensare anche ai cavalli, più <strong>di</strong> 600,<br />

che da due giorni non bevevano. Si decise <strong>di</strong> provvedere a<br />

questa esigenza in vista delle operazioni e che il reggimento<br />

scendesse a scaglioni su una spiaggetta ideale per un’abbe-<br />

verata. Dopo aver preso tutte le misure <strong>di</strong> sicurezza alle 07.30<br />

ebbe iniziò questa attività, effettuata per squadrone, per la<br />

quale si impiegarono due ore e mezza, in con<strong>di</strong>zioni assai critiche<br />

per un reggimento <strong>di</strong> cavalleria in operazioni. Tuttavia fu<br />

solo nella fase finale dell’abbeverata, mentre i reparti si stavano<br />

allontanando dal fiume che il nemico attaccò <strong>di</strong> nuovo. I<br />

plotoni e gli squadroni appiedati che avevano già concluso<br />

l’operazione <strong>di</strong>edero copertura agli altri che balzarono in sella<br />

e si sottrassero all’attacco. Lo scontro non fu però senza conseguenze,<br />

appena montato a cavallo venne colpito mortalmente<br />

il tenente Novi-Ussai.<br />

A Perjasica il rancio fu frettoloso, bisogna raggiungere Primislje.<br />

Alle 13.00 Alessandria iniziò il movimento in forma-<br />

zione a losanga 1° squadrone in testa, 2° a sinistra, il 4° a destra,<br />

il 3° in retroguar<strong>di</strong>a e al centro lo squadrone comando<br />

con lo stendardo, lo squadrone mitraglieri e la sezione <strong>di</strong> artiglieria<br />

con l’autocareggio, composto da 6 autocarri, una ambulanza<br />

e l’auto del comandante. La presenza dei veicoli sarebbe<br />

stata d’impaccio nella manovra una volta che gli squadroni<br />

furono costretti ad entrare in combattimento, ma le esigenze<br />

logistiche ne consigliavano la presenza. Dopo un’ora e<br />

mezzo si raggiunse Poloj, si era a metà del percorso, quando<br />

improvvisamente il nemico si rivelò sulle alture <strong>di</strong> sinistra, a<br />

nord-est. Vennero chiaramente avvistati piccoli gruppi <strong>di</strong> uomini<br />

che apparivano a tratti, con spostamenti coor<strong>di</strong>nati e si<br />

muovevano nell’intento <strong>di</strong> assumere uno schieramento. Ad alcuni<br />

cavalleggeri sembrò <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re canti, grida e perfino il suono<br />

<strong>di</strong> una fisarmonica e <strong>di</strong> trombe. I partigiani certi <strong>di</strong> avere la<br />

superiorità numerica ed i fianchi sicuri, avevano scelto uno<br />

strano modo <strong>di</strong> palesarsi. Il colonnello Aimone Cat, pratico <strong>di</strong><br />

guerra non convenzionale, già sperimentata in Etiopia, intuì il<br />

comportamento dell’avversario, tipico <strong>di</strong> chi agisce per bande:<br />

il nemico avrebbe cercato <strong>di</strong> manovrare per colpire il reggimento<br />

sui fianchi e se non si fosse fermato lo avrebbero attaccato<br />

alle spalle e cercato <strong>di</strong> chiudere la via del ripiegamento.<br />

Decise allora <strong>di</strong> interrompere la marcia per chiarire la situa-<br />

5


zione arrestando il reggimento a quota 249, che dominava la<br />

strada che la sfiorava con andamento ovest-est. Il vantaggio<br />

della posizione era assicurato dalle profonde doline che circondano<br />

la quota, in cui era possibile mettere al riparo i cavalli<br />

e schierare i cavalleggeri appiedati sugli orli dominanti le<br />

doline stesse a protezione dei fianchi. La formazione a losan-<br />

ga attuata nella marcia si rivelò propizia in quanto ogni squadrone<br />

assunse lo schieramento <strong>di</strong>fensivo previsto nel momen-<br />

to in cui si effettuò l’interruzione del movimento. I due pezzi<br />

<strong>di</strong> artiglieria vennero schierati in modo da battere alla <strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> 1 km le quote dove erano stati avvistati i partigiani.<br />

In circa mezz’ora il reggimento attuò lo schieramento previsto<br />

e dopo aver costituito una linea <strong>di</strong>fensiva con dei centri <strong>di</strong> fuoco<br />

la assicurò dalla sorpresa con posti avanzati <strong>di</strong> osserva zio-<br />

ne e allarme. Mosse che si <strong>di</strong>mostreranno particolarmente efficaci<br />

nel primo impatto con il nemico e costituirono le premesse<br />

del salvataggio del reggimento nei momenti confusi e<br />

drammatici che seguirono.<br />

Il colonnello Aimone Cat in quel momento aveva alla mano<br />

solo i suoi cavalleggeri, i carristi e gli artiglieri, il battaglione<br />

Camicie Nere era in posizione retrostante e per tutta la durata<br />

del combattimento il coor<strong>di</strong>namento con esso venne a manca<br />

re.<br />

I partigiani nel frattempo iniziarono da nord a scendere dalle<br />

alture e giunsero a contatto con il 1° squadrone, che copriva il<br />

lato avanzato dello schieramento, e col 2° che era posizionato<br />

a nord. Lo scontro si fece subito deciso, le raffiche delle armi<br />

automatiche si abbatterono sulle postazioni dei cavalleggeri<br />

che alle 15.15 contavano i primi due caduti: Alberto Brandolin<br />

ed Elio Bonan<strong>di</strong>n. La risposta del raggruppamento fu imme<strong>di</strong>ata,<br />

i due pezzi <strong>di</strong> artiglieria spararono ad alzo zero sui gruppi<br />

<strong>di</strong> partigiani <strong>di</strong>slocati sulle pen<strong>di</strong>ci delle alture e si videro i<br />

primi effetti dei proietti da 75 mm sugli attaccanti che iniziano<br />

a pagare il prezzo della loro temerarietà.<br />

I partigiani a questo punto furono costretti ad attaccare, le<br />

scelte operate dal colonnello Aimone Cat avevano sconvolto i<br />

loro piani che prevedevano <strong>di</strong> intrappolare il reggimento al trivio<br />

<strong>di</strong> Bukovac, una volta che questo fosse sceso nella conca,<br />

invece lo dovevano affrontare frontalmente <strong>di</strong> altura in altura.<br />

Di fronte a questa imprevista reazione <strong>di</strong> Alessandria, i partigiani<br />

si aprirono sulla loro sinistra fino a bloccare il tratto <strong>di</strong><br />

valle ad est, lungo il quale si proseguiva per Primislje, e intensificarono<br />

lo sforzo offensivo da nord.<br />

In questa fase il comandante del 1° squadrone, il capitano Petroni,,<br />

si dovette <strong>di</strong>fendere sulla fronte e sui lati, accortosi poi<br />

che lo squadrone correva il rischio <strong>di</strong> venire accerchiato chiese<br />

6<br />

e ottenne il rinforzo tre carri leggeri per battere con le mitragliatrici<br />

<strong>di</strong> bordo gli avversari e consentire, alle 16.30, lo sganciamento<br />

su posizioni più sicure.<br />

Il colonnello Aimone Cat, sicuro ormai che l’obiettivo dei partigiani<br />

fosse la <strong>di</strong>struzione del reggimento, cercò <strong>di</strong> segnalare<br />

la situazione al generale Mazza che si trovava ancora a<br />

Perjasica. Ma anche in questa occasione la ra<strong>di</strong>o non riuscì a<br />

garantire le comunicazioni come già avvenuto al ponte <strong>di</strong> Cika<br />

e si dovette <strong>di</strong> nuovo ricorrere alle staffette motocicliste. Alle<br />

15.35 il colonnello comunicava: «Impossibile andare avanti.<br />

Siamo attaccati da molte forze, quasi circondati a circa 1 km<br />

prima del bivio del ponte <strong>di</strong> ieri. Tirare con artiglieria al bivio<br />

e alture dominanti. Urgono munizioni. Sfilano sulla nostra<br />

sinistra tendendo verso Perjasica».<br />

Alle 15.40 partì la seconda comunicazione: «Mia avanguar<strong>di</strong>a<br />

impegnata rapi<strong>di</strong>ssimo combattimento quasi circondata per<br />

tre quarti. Attaccati anche su alla sinistra della colonna nella<br />

sua <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> marcia. Adesso anche alla mia destra qualche<br />

elemento. Sono in cerchio su posizione in parte buona, in<br />

parte no perché ero in marcia. In questo momento combattimento<br />

si calma, ma non c’è da fidarsi per ripiegamento.<br />

Battaglione Camicie Nere è rimasto <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> noi in formazione<br />

apertissima sarebbe stato utile suo giungere qui.»<br />

Prima che arrivassero a destinazione queste due segnalazioni,<br />

il generale Mazza, d’iniziativa raggiunse, il comando <strong>di</strong> Alessandria,<br />

alle ore 15.45, per accertarsi della situazione. Nel<br />

frattempo le segnalazioni arrivavano al comandante della <strong>di</strong>visione<br />

Celere, generale. Lomaglio, che non comprese la gravità<br />

della situazione e ribadì <strong>di</strong> continuare, ad ogni costo, la puntata<br />

su Primislje.<br />

Al generale Mazza, comandante del raggruppamento decise<br />

allora <strong>di</strong> impiegare il battaglione Camicie Nere per continuare<br />

nella missione, ma la manovra non riuscì. Il battaglione finì a<br />

ridosso delle posizioni <strong>di</strong> Alessandria senza riuscire ad aprire<br />

la via verso Primislje; al generale non rimase allora altro da<br />

fare che comunicare al comando <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione che era impos-<br />

sibile proseguire nell’avanzata. Improvvisamente sul luogo<br />

degli scontri appare il capo <strong>di</strong> SM della Divisione, maggiore<br />

Sallustri, per accertarsi della situazione e riferire al generale<br />

Lomaglio. Questo intrecciarsi <strong>di</strong> contatti e <strong>di</strong> ispezioni che<br />

evidenziava come da parte del comando <strong>di</strong> Divisione non si<br />

percepisse la gravità della situazione che non era provocata da<br />

un’azione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo, ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione, determinò una pericolosa<br />

impasse che ritardò un tempestivo arretramento.<br />

Il generale Mazza rimase sul posto con il colonnello. Aimone<br />

Cat e terminò l’ispezione allo schieramento. A quel punto era<br />

chiaro che i partigiani avrebbero cercato <strong>di</strong> circondare la piana<br />

per impe<strong>di</strong>re ad Alessandria ogni possibilità <strong>di</strong> ripiegamento.<br />

Alla trappola si sarebbe potuto tentare <strong>di</strong> sfuggire se l’intero<br />

reggimento fosse riuscito in pochi minuti a montare a cavallo,<br />

ma il terreno circostante non favoriva il successivo movimen-<br />

to al galoppo e, pertanto, c’era il rischio <strong>di</strong> una catastrofe. La<br />

soluzione più sensata era quella <strong>di</strong> restare sul posto a quota<br />

249, consolidarsi, respingere ogni ulteriore attacco, attendere<br />

le prime luci del’alba nella speranza che giungessero dei rinforzi.<br />

Anche perché la cavalleria non era idonea a combattere<br />

<strong>di</strong> notte al buio. Vennero <strong>di</strong>ramati primi or<strong>di</strong>ni per la <strong>di</strong>fesa<br />

sul posto ed il 2° e 3° squadrone iniziarono a retrocedere dalle<br />

rispettive posizioni per saldarsi sulla linea <strong>di</strong> schieramento <strong>di</strong><br />

quota 249. Erano in atto i movimenti quando giunge la notizia<br />

che l’ambulanza con alcuni feriti, tra cui il tenente Calvani, ed<br />

i primi due caduti era stata attaccata sulla strada per Perjasica<br />

a 5 km <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Il veicolo sanitario, scortato da due carri<br />

leggeri, era stato attaccato dai partigiani. Esso poi, con l’in-


tervento dei carri, riuscì a proseguire la sua marcia verso<br />

Perjasica ma era ormai chiaro che i ribelli stavano chiudendo<br />

la via del ripiegamento ed era troppo tar<strong>di</strong> per tornare in<strong>di</strong>etro.<br />

Per farlo si sarebbe dovuto combattere nelle con<strong>di</strong>zioni più<br />

sfavorevoli, ed ecco che alle 18.00 arrivò l’or<strong>di</strong>ne del generale<br />

Lomaglio: «Ripiegare». Per il colonnello Aimone Cat questo<br />

era un or<strong>di</strong>ne non più attuabile, ancora una volta il comando<br />

superiore non aveva chiara la situazione, il generale Mazza invece,<br />

rimasto presso il comando <strong>di</strong> reggimento, riteneva che<br />

non si potesse non obbe<strong>di</strong>re ad un or<strong>di</strong>ne superiore, esso anda-<br />

va eseguito e basta.<br />

Il comandante <strong>di</strong> Alessandria, consapevole dei rischi manifestò<br />

i suoi dubbi al generale. Ci fu un attimo <strong>di</strong> forte tensione<br />

tra i due ufficiali, poi prevalse il senso dell’ onore <strong>di</strong> soldati <strong>di</strong><br />

fronte ad un or<strong>di</strong>ne. Si doveva tornare in<strong>di</strong>etro.<br />

Il ripiegamento per poter riuscire doveva essere attuato con<br />

tutte le pre<strong>di</strong>sposizioni necessarie: bisognava girare gli autocarri,<br />

attaccare i pezzi alle rispettive pariglie e assumere la<br />

formazione idonea a forzare lo schieramento nemico. Il movimento<br />

non poteva così cominciare prima <strong>di</strong> mezz’ora mentre i<br />

partigiani (più <strong>di</strong> mille) stavano completando l’accerchiamento.<br />

In una parola significava lanciarsi in un’impresa incerta,<br />

forse <strong>di</strong>sperata, in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> scarsa visibilità, con un<br />

nemico numeroso, ricco <strong>di</strong> armi automatiche che controllava<br />

la valle dalle alture e che aveva le avanguar<strong>di</strong>e vicino alla<br />

strada.<br />

Alessandria si sarebbe messo alla testa del raggruppamento, il<br />

battaglione Camicie Nere in coda, i carri rimasti dovevano tenere<br />

sgombra la strada offrendo finché possibile appoggio <strong>di</strong><br />

fuoco, <strong>di</strong>etro essi si sarebbero mossi gli autocarri mentre la sezione<br />

<strong>di</strong> artiglieria avrebbe seguito gli squadroni. A rapporto<br />

ufficiali fu stabilito che il 1° squadrone del capitano Petroni<br />

muovesse in avanguar<strong>di</strong>a, il comando <strong>di</strong> reggimento, lo<br />

stendardo, lo squadrone mitraglieri del capitano Martucci <strong>di</strong><br />

Scarfizzi e lo squadrone comando del capitano Calderoni subito<br />

<strong>di</strong>etro al centro, il 2° squadrone del capitano Alciator sulla<br />

destra a nord della strada, il 3° squadrone del capitano Comotti<br />

sulla sinistra. La sezione <strong>di</strong> artiglieria avrebbe seguito lo<br />

squadrone comando e avrebbe goduto della protezione del 4°<br />

squadrone del capitano Vinaccia in retroguar<strong>di</strong>a. Alessandria<br />

nella formazione così or<strong>di</strong>nata andò incontro al suo destino.<br />

Erano le 18.30 del 17 ottobre 1942, ormai in piena sera il<br />

reggimento procedeva al passo, guar<strong>di</strong>ngo, in assoluto silenzio,<br />

occupando una fronte <strong>di</strong> 300 metri. I cavalli erano più<br />

<strong>di</strong> 700 e muovevano ai lati della strada. I carri leggeri e gli<br />

autocarri erano anch’essi in movimento. I veicoli in quel momento<br />

erano d’impaccio poiché legati alla strada e necessitavano<br />

<strong>di</strong> protezione. Di fatto limitavano la manovra dei cavalleggeri<br />

che avrebbero potuto scegliere <strong>di</strong> muovere fuori dal<br />

percorso obbligato. Tuttavia molti feriti dovettero in seguito la<br />

loro salvezza agli automezzi che li raccolsero e li portarono a<br />

Periasjca..<br />

Il colonnello Aimone era convinto che l’attacco sarebbe scattato<br />

nel momento in cui il reggimento avesse raggiunto una<br />

chiesetta ortodossa, più o meno nel punto in cui era stata attac-<br />

cata l’ambulanza, un km e mezzo più avanti quota 249. E fu<br />

così, i partigiani, più <strong>di</strong> mille uomini inquadrati in una Brigata<br />

<strong>di</strong> assalto (la II Brigata della LIKA), proprio in quel luogo<br />

avevano realizzato uno sbarramento <strong>di</strong> oltre due km, che bloccava<br />

la strada. Forti nuclei nemici si erano infiltrati dalle<br />

colline settentrionali con un movimento a tenaglia, in parti<br />

colare, da quota 317 <strong>di</strong> Veciljaca ne era sceso uno assai consi-<br />

stente che aveva preso posizione a nord della chiesetta e si era<br />

saldato con altri elementi scesi da quota 258 <strong>di</strong> Donje Visoka.<br />

ed avevano aggirato il reggimento, mentre era schierato a<br />

<strong>di</strong>fesa, per andare a chiudere la via del ripiegamento.<br />

Venne l’ora <strong>di</strong> Alessandria. Il 1° squadrone del capitano Petroni<br />

era in prossimità del primo sbarramento quando la stretta<br />

valle si riempì dell’eco delle raffiche e degli schianti che<br />

aprirono il combattimento, ma il rimbombo degli spari fu<br />

sovrastato dalle note della carica. Il capitano Petroni aveva<br />

raggiunto quel destino che aveva firmato sulla sua tromba fin<br />

dai quieti giorni <strong>di</strong> Palmanova, aveva infatti fatto incidere<br />

sulla tromba dello squadrone la frase “«Sciabl-mano, Savoia».<br />

Egli scattò contro lo sbarramento avversario con tutto lo squadrone<br />

e alle sue spalle mossero al galoppo i 300 cavalleggeri,<br />

degli squadroni comando e mitraglieri, con lo stendardo e il<br />

colonnello Aimone Cat. Frontalmente e contemporaneamente<br />

caricarono anche il 2° squadrone del capitano Alciator, ed il 3°<br />

del capitano Comotti, rispettivamente a destra e a sinistra, e<br />

travolsero i nemici che stavano scendendo dalle pen<strong>di</strong>ci per<br />

rinforzare lo sbarramento. Il 4° squadrone del Cap. Vinaccia,<br />

in retroguar<strong>di</strong>a, con l’incarico <strong>di</strong> proteggere l’artiglieria e gli<br />

automezzi non fece massa con gli altri squadroni, ma contenne<br />

gli attacchi dei partigiani sul retro della colonna caricandoli<br />

per ben quattro volte per offrire sicurezza al movimento degli<br />

elementi logistici.<br />

Al centro, per l’irruenza del 1° squadrone e il rinforzo degli<br />

altri due lo sbarramento attaccato venne superato e <strong>di</strong>sperso,<br />

mentre il 4° squadrone percorse più volte la valle avanti e in<strong>di</strong>etro<br />

evitando che i partigiani serrassero sotto, e fu in questa<br />

fase che subì le maggiori per<strong>di</strong>te, un terzo degli effettivi e la<br />

metà dei quadri fra cui lo stesso comandante. <strong>Sul</strong>la strada<br />

intanto muovevano, sotto il fuoco nemico, gli automezzi su<br />

cui si raccoglievano i primi feriti.<br />

1°<br />

3°<br />

2°<br />

4°<br />

17 OTTOBRE 1942<br />

1° SBARRAMENTO<br />

ore 18.30<br />

Si poteva ritenere finito lo scontro? L’illusione durò poco. Si<br />

u<strong>di</strong>rono altri spari, altre raffiche, poco più avanti, a circa un<br />

km verso Gornje Poloj, la Poloj alta, c’era un altro sbarramento<br />

nemico che attendeva uomini e cavalli. Per superarlo si<br />

effettuò una seconda carica, il colonnello Aimone Cat affidò<br />

lo stendardo allo squadrone mitraglieri e si portò là dove<br />

maggiore era il pericolo per esortare ed incitare i suoi caval-<br />

leggeri. La nuova carica fu furiosa, il galoppo allungato portò<br />

la schiera degli attaccanti in mezzo allo sbarramento, tra urla<br />

del nemico e lamenti dei feriti, e i cavalleggeri passarono <strong>di</strong><br />

nuovo. In questa fase dell’azione venne ferito mortalmente il<br />

capitano Petroni.<br />

Non era ancora finita, un km più avanti, sulla strada che<br />

portava a Perjasica, c’era un ultimo sbarramento. La strada<br />

che adduceva al paese <strong>di</strong>stante non più <strong>di</strong> 3 Km faceva una<br />

1<br />

7


curva, era un punto <strong>di</strong> obbligato passaggio ed il nemico vi preparò<br />

una trappola, stendendo sul terreno lunghi fili <strong>di</strong> ferro<br />

con appese delle bombe a mano liberate della sicura. Trappole<br />

artigianali ma <strong>di</strong> sicuro effetto. Rior<strong>di</strong>nati i resti degli squadroni<br />

a cui, per inspiegabile richiamo si unirono i cavalli porta<br />

basti senza più guida, Alessandria caricò ancora, e superò la<br />

terza ed ultima linea <strong>di</strong> armi automatiche e bombe a mano.<br />

La carica a Poloj era conclusa, ranghi del reggimento, già<br />

compatto, si ricomposero del tutto con l’afflusso <strong>di</strong> uomini e<br />

cavalli che ritornarono alla spicciolata a Perjasica, spesso alcune<br />

ore dopo la conclusione dei combattimenti. Alla fine<br />

Alessandria perse 68 uomini <strong>di</strong> cui 4 ufficiali e 170 cavalli,<br />

61 furono i feriti. Per gli altri reparti del raggruppamento si<br />

registrò la morte <strong>di</strong> due carristi ed il ferimento <strong>di</strong> 2 dei loro<br />

ufficiali, prezzo alto venne pagato anche dalla sezione <strong>di</strong> arti-<br />

glieria che si <strong>di</strong>mostrò l’elemento più vulnerabile, con 12 vittime<br />

ed un ferito su una cinquantina <strong>di</strong> effettivi. Mentre non<br />

esiste un bilancio delle per<strong>di</strong>te del battaglione Camicie Nere.<br />

Nei giorni 18 e 19 ottobre, con rinnovata fierezza, il reggimento<br />

concorse con i reparti della Divisione Lombar<strong>di</strong>a alla<br />

<strong>di</strong>fesa dell’abitato <strong>di</strong> Perjasica stretto dalla minaccia nemica e<br />

provvide alla sicurezza della rotabile Generalskj-Perjasica,<br />

sulla quale transitavano le <strong>di</strong>visioni <strong>di</strong> fanteria avviate nella<br />

zona.<br />

Nel concludere questa rievocazione è opportuno chiedersi se:<br />

Poloj merita <strong>di</strong> essere ricordata come l’ultima carica della cavalleria<br />

italiana, o se si debba attribuire tale definizione alla<br />

più conosciuta carica del Savoia Cavalleria ad Isbuscenskij,?<br />

Fermo restando che non si tratta <strong>di</strong> assegnare un primato sportivo<br />

ma più semplicemente <strong>di</strong> determinare una verità storica<br />

senza nulla togliere all’eroismo delle azioni compiute.<br />

A mio parere si deve riconoscere ai Cavalleggeri <strong>di</strong> Alessandria<br />

<strong>di</strong> aver avuto l’occasione <strong>di</strong> effettuare l’ultima carica<br />

<strong>di</strong> cavalleria del nostro esercito per <strong>di</strong>versi motivi, fra cui<br />

preminenti ritengo siano:<br />

- il primo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne temporale, avvenne 54 giorni dopo la<br />

carica <strong>di</strong> Isbuscenskij 24 agosto 1942;<br />

- il secondo, è dettato dal fatto che ad Isbuscenskij caricarono<br />

soltanto due squadroni su quattro, un altro attaccò appiedato<br />

ed un altro venne tenuto in riserva, mentre a Poloj caricò tutto<br />

il reggimento, con anche i cavalli carichi dei basti delle mitragliatrici,<br />

dei treppie<strong>di</strong>, delle munizioni per costituire una più<br />

forte massa d’urto;<br />

ad Isbuscenskij inoltre lo stendardo non era con i due squadroni<br />

che caricarono, mentre a Poloj garriva fra i suoi caval-<br />

leggeri e fra le sciabole che puntavano sul nemico. Il fatto che<br />

l’evento non abbia goduto della giusta notorietà che avrebbe<br />

meritato per i motivi che sin detti in premessa non può mo<strong>di</strong>-<br />

ficare la realtà.<br />

Per concludere mi sembra <strong>di</strong> poter affermare che nell’occasio-<br />

ne Alessandria a Poloj abbia mantenuto fede al proprio motto<br />

“IN PERICULO SURGO”.<br />

Franco Brunetti<br />

8<br />

L’ex-libris, una piccola espressione d’arte<br />

È un piccolo foglietto <strong>di</strong> carta, più durevole della vita dell’<br />

uomo, e piuttosto che un passatempo lo <strong>di</strong>remo una visita al<br />

tempo. Applicato sul risguardo interno della copertina <strong>di</strong> un<br />

volume, ha lo scopo <strong>di</strong> stabilire la proprietà del volume stesso.<br />

Alle origini, visto la preziosità degli incunaboli e dei manoscritti,<br />

l’ex libris era costituito da una scrittura a mano del<br />

nome del possessore, accompagnato spesso da una frase <strong>di</strong><br />

ammonimento alla restituzione, come: “…Hic liber est meus,<br />

quem mihi de<strong>di</strong>t Deus…”. Solo più tar<strong>di</strong> verso la fine del XV<br />

sec. incominciarono ad apparire ex libris costituiti da stemmi<br />

miniati per biblioteche monastiche, principesche e comunali.<br />

Nato come stemma <strong>di</strong> bottega delle stamperie che ciascun<br />

maestro depositava in un registro notarile della corporazione a<br />

cui apparteneva, l’ex libris vide la luce in concomitanza con la<br />

nascita della stampa <strong>di</strong> G Gensfleisch detto Guttenberg in<br />

Magonza, 1439-50. La prima tecnica <strong>di</strong> riproduzione è stata la<br />

xilografia o incisione su legno a rilievo. Su tale materiale, in<br />

genere <strong>di</strong> legno duro come il bosso o pero, viene realizzata la<br />

matrice con un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> cui si asportano i tratti bianchi<br />

risparmiando e mantenente i neri. Ne consegue che alla stampa<br />

, sotto la pressione <strong>di</strong> un torchio, la figura ne esce nitida<br />

“pura” con un netto contrasto tra il nero e il bianco. Ma ben<br />

presto la xilografia viene soppiantata da una nuova tecnica la<br />

calcografia, il cui nome deriva dalla parola greca kalkòs che<br />

significa rame. Sfruttando il metodo usato dagli orafi per cesellare<br />

i metalli, i tratti neri del <strong>di</strong>segno sono scavati su lastra<br />

levigata <strong>di</strong> rame e vengono riempiti <strong>di</strong> inchiostro nero. Poi<br />

successivamente la matrice, opportunatamente preparata, viene<br />

sottoposta alla pressione <strong>di</strong> due rulli e quin<strong>di</strong> avviene che la<br />

carta inumi<strong>di</strong>ta e protetta da un panno <strong>di</strong> flanella, riceve l’<br />

esatta impronta del <strong>di</strong>segno della matrice. Infine alla fine dell’<br />

Ottocento viene usata la litografia, dal greco lithos scrittura su<br />

pietra. Infatti consiste nel realizzare il <strong>di</strong>segno su una matrice<br />

<strong>di</strong> pietra liscia con particolari inchiostri e matite grasse per<br />

ridare poi il tutto al foglio pressato, trattenendo l’inchiostra<br />

tura solo in corrispondenza delle superfici e delle linee <strong>di</strong>se-<br />

gnate con materiale grasso. Quest’ultima tecnica grafica può<br />

essere considerata come arte incisoria che danno all’opera<br />

stampata, nel nostro caso l’ex libris, un fascino particolare.<br />

Analizziamo ora l’evoluzione iconografica ed i suoi contenuti.<br />

Nei primi ex libris la simbologia era sempre a carattere aral<strong>di</strong>co,<br />

logicamente il tutto era strettamente legato alla nobiltà<br />

ed a una particolare classe sociale, visto il grande costo dei<br />

manoscritti e dei primi libri stampati. Un fatto curioso, quasi<br />

mai compare la scritta “ex libris” e li riconosciamo come tali<br />

unicamente perché sono stati ritrovati sul risguardo delle copertine<br />

<strong>di</strong> antichi volumi. Verso il Settecento sotto la spinta<br />

della Rivoluzione Francese e quin<strong>di</strong> l’annullamento dei titoli<br />

nobiliari, anche le insegne aral<strong>di</strong>che sono costrette a sparire.<br />

Sugli ex libris compare il mappamondo, simbolo della universalità<br />

enciclope<strong>di</strong>ca dell’illuminismo. Con Napoleone appare<br />

la coccarda al posto dell’insegna gentilizia sormontata<br />

dal tocco al posto della corona. Infine si deve aspettare la nascita<br />

della Belle Epoque agli inizi del ‘900 e il forte desiderio<br />

<strong>di</strong> esprimersi della nuova società per ritrovare, negli ex libris,<br />

nuovi soggetti e figure. Così compaiono più spesso ornamenti<br />

floreali, architettonici, geometrici, simboli professionali, politici.,<br />

a volte la semplice illustrazione <strong>di</strong> una frase, <strong>di</strong> un motto,<br />

<strong>di</strong> un personaggio, o paesaggio. C’è una riscoperta della xilografia,<br />

oltre agli incisori artisti <strong>di</strong> fama si cimentano nella realizzazione<br />

degli ex libris, pittori, scultori, architetti, illustra-<br />

tori, scenografi. E’ proprio <strong>di</strong> questo periodo la scelta universale<br />

dell’ablativo latino EX LIBRIS (o ex foliis o ex bibliothe-<br />

cae). A fronte del Book-Plate in inglese e del Bbibliotheke-<br />

zeiche tedesco, che sempre compare nelle piccole vignette. In<br />

Italia dobbiamo in gran parte a Gabriele D’Annunzio il merito<br />

della riscoperta dell’ex libris. Fortemente ra<strong>di</strong>cato nelle sue ra<strong>di</strong>ci<br />

italiane, anima ed incoraggia la pubblicazione della rivista<br />

d’arte “Leonardo” che insieme ad Adolfo De Carolis, suo illu-


stratore <strong>di</strong> tutte le opere letterarie, porta ai vecchi splendori<br />

rinascimentali l’arte xilografica.<br />

Oggi l’ex libris, al pari del francobollo,è <strong>di</strong>ventato “l’oggetto<br />

proibito” <strong>di</strong> molti bibliofili e collezionisti, <strong>di</strong> nuovo riscoperto<br />

e ammirato grazie al fiorire <strong>di</strong> congressi internazionali a tema<br />

tica e da numerose mostre-mercato. Esso, strettamente legato<br />

al mondo del libro, ne con<strong>di</strong>vide la storia ed il destino reso ancora<br />

più improbabile da una fredda e <strong>di</strong>lagante cultura informatica.<br />

Sintomatica è l’espressione <strong>di</strong> Jacopo Celli nella prefazione<br />

del libro” Gli ex libris Italiani” in cui <strong>di</strong>ce:…l’ex libris<br />

rimane a testimoniare che l’unico e <strong>di</strong>sinteressato amico della<br />

lieta e nella dolorosa sorte è stato e rimarrà il libro, muto <strong>di</strong>screto<br />

confidente consolatore e generoso, che non conosce il<br />

veleno della frode, che nel suo mutismo parla il lin-guaggio<br />

dell’anima … Al gentile lettore una pausa <strong>di</strong> riflessio ne…….!<br />

Xilografia <strong>di</strong> A.De Carolis ideata per la Prima<br />

Squadriglia Navale <strong>Italiana</strong><br />

Xilografia ex libris <strong>di</strong> Bruno <strong>di</strong> Osimo<br />

Xilografia <strong>di</strong> A.De Carolis ideata per la squadriglia aerea<br />

<strong>di</strong> G.D’Annunzio chiamata la Serenissima<br />

Vincenzo Amorosi<br />

Aral<strong>di</strong>ca Ecclesiatica<br />

Lo stemma <strong>di</strong> SER Mons. Massimo Camisasca, F.S.C.B.<br />

Vescovo <strong>di</strong> Reggio Emilia – Guastalla<br />

Ecco l’ultima fatica aral<strong>di</strong>ca dell’amico Giorgio Aldrighetti<br />

per il nuovo Vescovo <strong>di</strong> Reggio Emilia-Guastalla Sua Eccel<br />

lenza Reveren<strong>di</strong>ssima Monsignor Massimo Camisasca.<br />

“Di rosso, all’albero della quercia al naturale, fondato su un<br />

mare <strong>di</strong> azzurro, ondato d’argento e accompagnato nel canton<br />

destro del capo dalla stella <strong>di</strong> otto raggi, d’oro. Lo scudo,<br />

accollato ad una croce astile d’oro, è timbrato da un cappello<br />

<strong>di</strong> verde, con cordoni e nappe dello stesso, in numero <strong>di</strong><br />

do<strong>di</strong>ci, <strong>di</strong>sposte sei per parte, in tre or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> 1, 2, 3. Sotto lo<br />

scudo, nella lista bifida e svolazzante d’argento, il motto in<br />

lettere maiuscole <strong>di</strong> nero: “OPUS IUSTITIAE PAX”.<br />

Lo stemma assunto dal novello presule - che riprende, in<br />

parte, quello della Fraternità San Carlo - carica le figure <strong>di</strong> un<br />

albero <strong>di</strong> quercia fondato su un mare e <strong>di</strong> una stella.<br />

La stella a otto raggi simboleggia le beatitu<strong>di</strong>ni evangeliche e<br />

l’astro del mattino, ovvero la Madre <strong>di</strong> Dio. Infatti, con<br />

l’invocazione “Ave, maris stella” (Ti saluto, stella del mare),<br />

l’inno della Chiesa esalta la Madre <strong>di</strong> Dio, che sta al fianco<br />

dell’uomo, in<strong>di</strong>candogli la via. Dato che nella sua esistenza<br />

storica essa precede il sole Cristo, come l’aurora precede la<br />

luce del sole, così Maria <strong>di</strong>viene la stella del mattino.<br />

La quercia, fondata su un mare, richiama, invece, il versetto<br />

tratto dal libro del profeta Geremìa (17,5-10), dove si afferma<br />

che è benedetto l’uomo che confida nel Signore. È come un<br />

albero piantato lungo un corso d’acqua, dove, verso la<br />

corrente, stende le ra<strong>di</strong>ci.<br />

Il motto, invece, è un’espressione del profeta Isaia: “OPUS<br />

IUSTITIAE PAX”, frutto della giustizia sarà la pace (Is<br />

32,17), ed è stato scelto dal presule perché gli sembra<br />

riassuntivo <strong>di</strong> tutto quanto l’Antico e il Nuovo Testamento. La<br />

storia <strong>di</strong> Israele è una ricerca della giustizia, una sete <strong>di</strong> essa.<br />

Sete <strong>di</strong> quella giustizia che nasce dal rapporto vero con Dio,<br />

per l’uomo e per il mondo. Tale giustizia, da cui nasce la pace<br />

- cioè la comunione - è solo opera <strong>di</strong> Dio. A lui dobbiamo<br />

chiederla, da lui implorarla. Giustizia e pace sono anche e<br />

soprattutto due espressioni con cui il Nuovo Testamento, in<br />

particolare san Paolo, chiamano Cristo: Cristo, nostra giustizia<br />

(cfr. 1Cor 1,30; Fil 1,11; cfr. Rm 3, 21-26), Cristo, nostra pace<br />

(cfr. Ef 2,14). Giustizia e pace sono anche le attese più<br />

profonde del nostro tempo, le esperienze attraverso cui il<br />

mondo interpella Dio e Dio risponde agli uomini.<br />

La blasonatura e l’esegesi dello stemma è stata curata<br />

dall’amico e noto aral<strong>di</strong>sta comm. Giorgio Aldrighetti - nostro<br />

collaboratore - mentre l’ideazione, con le miniature<br />

dell’insegna a colori (ve<strong>di</strong> foto), sono <strong>di</strong> Enzo Parrino,<br />

Monterotondo (Roma).<br />

Mons. Massimo Camisasca, F.S.C.B., è nato a Milano il 3<br />

novembre 1946. Nel 1970 si è laureato in Filosofia presso<br />

l’Università Cattolica <strong>di</strong> Milano con una tesi <strong>di</strong> Storia della<br />

Teologia. Dal 1970 al 1978 ha ricoperto l’incarico <strong>di</strong><br />

Assistente presso la cattedra <strong>di</strong> Filosofia della menzionata<br />

Università. Ha ricevuto l’Or<strong>di</strong>nazione presbiterale il 4<br />

novembre 1975, come membro della Comunità Missionaria<br />

"Para<strong>di</strong>so" <strong>di</strong> Bergamo. Nel 1985 ha fondato la Fraternità<br />

Sacerdotale dei Missionari <strong>di</strong> San Carlo Borromeo,<br />

9


iconosciuta dal Vicariato <strong>di</strong> Roma nel settembre 1985 e poi<br />

eretta in <strong>Società</strong> <strong>di</strong> Vita Apostolica Clericale <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong>ocesano nel 1989.Nel 1987 ha ottenuto la Licenza in<br />

Teologia presso l’Istituto Giovanni Paolo II per gli stu<strong>di</strong> sul<br />

matrimonio e famiglia della Pontificia Università Lateranense;<br />

nel 1990 è stato nominato A<strong>di</strong>utor secretarii specialis alla VIII<br />

Assemblea generale or<strong>di</strong>naria del Sinodo dei Vescovi e nel<br />

1994 U<strong>di</strong>tore alla IX Assemblea del medesimo Sinodo. Nel<br />

1990 è stato nominato Cappellano <strong>di</strong> Sua Santità e nel 1996<br />

Prelato d’Onore <strong>di</strong> Sua Santità. Il 19 marzo 1999 la Fraternità<br />

Sacerdotale dei Missionari <strong>di</strong> San Carlo Borromeo è stata<br />

<strong>di</strong>chiarata <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto pontificio e Mons. Camisasca<br />

riconfermato Superiore Generale della ste ssa Fraternità, ruolo<br />

che ha ricoperto finora. È anche Consultore della<br />

Congregazione per il Clero e <strong>di</strong> quella per gli Istituti <strong>di</strong> Vita<br />

Consacrata e le <strong>Società</strong> <strong>di</strong> Vita Apostolica. Il 29 Settembre<br />

2012 - nella festa dei santi arcangeli Michele, Gabriele e<br />

Raffaele, Benedetto XVI lo ha eletto vescovo <strong>di</strong> Reggio<br />

Emilia - Guastalla. L’or<strong>di</strong>nazione episcopale il 7 <strong>di</strong>cembre<br />

nell’arcibasilica papale <strong>di</strong> San Giovanni in Laterano, Roma. I<br />

soci SISA che lo desiderano posso contattare il socio Andrew<br />

Martin Garvey per una copia del testo intero della brillante<br />

esegesi con delle interessanti dettagli sull’aral<strong>di</strong>ca<br />

ecclesiastica e sugli smalti e corredata con tutte le relative<br />

note.<br />

Andrew Martin Garvey<br />

10<br />

Aral<strong>di</strong>ca Architettonica<br />

Chiunque abbia avuto il piacere <strong>di</strong> visitare Avignone avrà<br />

visto e sarà stato piacevolmente colpito dal bellissimo palazzo<br />

barocco che si trova davanti il maestoso Palazzo dei Papi.<br />

Il palazzo fu costruito nel primo quarto del XVII secolo su<br />

commissione del Vice-Legato papale Giovanni Francesco<br />

Gui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bagno. Non si sa chi è sta-to l’architetto perché gli<br />

archivi della vice-legazione sono stati <strong>di</strong>strutti. Il palazzo ed è<br />

de<strong>di</strong>cato, come si legge nel grande scritto, a Papa Paolo V<br />

Borghese.<br />

Il Palazzo della Zecca<br />

Il Palazzo, che <strong>di</strong>venne successivamente la zecca papale o<br />

Hôtel des Monnaies, e poi, dal 1860, il conservatorio, è su tre<br />

piani con il piano terra con la facciata bugnata ed un portone<br />

centrale e quattro finestre. I piani superiori sono privi <strong>di</strong><br />

finestre lasciando così un enorme fondo per la decorazione<br />

aral<strong>di</strong>ca. <strong>Sul</strong>la balaustra vi sono quattro aquile non coeve.<br />

Sopra il portone al primo piano vi è la lapide recante la<br />

de<strong>di</strong>ca:<br />

PAVLVS V PONT OPT MAX<br />

HAS AEDES<br />

AVRO ARGENTO AERE FLANDO<br />

FERIVNDO<br />

AD VRBIS DECOREM EREXIT<br />

ORNAVITQVE<br />

CVRANTE<br />

IO FRANC A BALNEO ARCH PATRAC<br />

VICELEG<br />

AVEN<br />

ANNO M DC XIX<br />

Ai fianchi della grande lapide vi sono dei festoni sopra i quali<br />

vi sono, alla sinistra per chi guarda, l’aquila e, sulla destra, il<br />

drago dei Borghese.<br />

Al <strong>di</strong> sopra sulla parete esterna del terzo piano troneggia la<br />

grande arma <strong>di</strong> Papa Paolo V sormontata dal triregno e<br />

sorretto da due putti alati o angeli. La blasonatura dell’arma<br />

Borghese è:<br />

troncato, nel 1° d'[oro] all'aquila coronata; nel 2° d'[azzurro]<br />

al drago alato d'[oro] reciso e sanguinante.


Si crede che lo stemma Borghese sia anche un omaggio al Legato<br />

a latere d’Avignone, Scipione Cafarelli (Legato negli anni<br />

1606-1621), nipote del Papa, e comunemente detto “il Car<strong>di</strong>nale<br />

Borghese”.<br />

Paolo V è già oggetto <strong>di</strong> numerosi articoli quin<strong>di</strong> ve<strong>di</strong>amo gli<br />

altri due protagonisti <strong>di</strong> questo tripu<strong>di</strong>o aral<strong>di</strong>co.<br />

Scipione Caffarelli Borghese<br />

Il Legato Titolare Scipione (1576-1633) fu il figlio <strong>di</strong><br />

Francesco Caffarelli e <strong>di</strong> Ortensia Borghese, sorella <strong>di</strong> Camillo<br />

Borghese, il futuro Paolo V). Scipione ebbe la porpora<br />

car<strong>di</strong>nalizia un paio <strong>di</strong> mesi dopo la salita dello zio Camillo al<br />

soglio <strong>di</strong> San Pietro avvenuto il 29 maggio 1605. Scipione fu<br />

anche adottato dallo zio e cosi egli acquisì il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> usare il<br />

nome e l'arme della famiglia Borghese.<br />

Il vice legato invece, Giovanni Francesco Gui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bagno<br />

(1578-1641) nacque a Firenze, figlio <strong>di</strong> Fabrizio, marchese <strong>di</strong><br />

Montebello e <strong>di</strong> Laura Colonna, figlia <strong>di</strong> Pompeo Colonna,<br />

duca <strong>di</strong> Zagarolo. Giovanni Francesco fu nominato un prelato<br />

<strong>di</strong> Sua Santità nel 1596, protonotario apostolico participantium.<br />

Egli fece anche parte della delegazione che accompagnò<br />

il legato a latere Car<strong>di</strong>nale Ippolito Aldobran<strong>di</strong>ni, durante la<br />

missione in Francia per il matrimonio tra Enrico IV e Maria<br />

de' Me<strong>di</strong>ci. Egli fu eletto vescovo titolare <strong>di</strong> Patras nel 1614 e<br />

fu il Nunzio straor<strong>di</strong>nario alla Corte Francese durante il ponti-<br />

ficato <strong>di</strong> Gregorio XV e resse la vice-legazione ad Avignone<br />

dal 1614 al 1621.Nel concistoro del 30 agosto 1627 fu creato<br />

car<strong>di</strong>nale in pectore ebbe il poi il titolo <strong>di</strong> Sant’Alessio nel<br />

1631. Morì nel 1641 e sua tomba è in Sant’Alessio in Roma.<br />

Per chi volesse approfon<strong>di</strong>re “l’aral<strong>di</strong>ca architettonica” si<br />

rimanda all’interessantissimo contributo intitolato: “Architettura<br />

e Aral<strong>di</strong>ca. Appunti <strong>di</strong> storia, sociologia e arte” del nostro<br />

vice-presidente Maurizo Bettoja al Convegno SISA-VIVANT-<br />

SMOM (Torino)-CNI “L’Aral<strong>di</strong>ca dello Scalpello” del<br />

27/11/2010, pubblicato negli Atti del Convegno, Torino, 2011<br />

a cura <strong>di</strong> un'altro socio SISA Fabrizio Antonielli d'Oulx.<br />

Arma Gui<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bagno<br />

inquartato in decusse <strong>di</strong> oro e <strong>di</strong> azzurro.<br />

AMG - PA<br />

CONVEGNO COLOMBIANO<br />

“Colombo <strong>di</strong> Cuccaro, Fieschi e Cristoforo Colombo:<br />

nuove prospettive <strong>di</strong> ricerca”<br />

a Cuccaro Monferrato il 13 ottobre 2012<br />

Nel 520° dalla scoperta del Nuovo Mondo si è celebrato a<br />

Cuccaro Monferrato, organizzato dall’Associazione Centro<br />

Stu<strong>di</strong> Colombiani Monferrini CE.S.CO.M., con il patrocinio<br />

del Comune <strong>di</strong> Cuccaro, il Convegno Colombiano “Colombo<br />

<strong>di</strong> Cuccaro, Fieschi e Cristoforo Colombo: nuove prospettive<br />

<strong>di</strong> ricerca”, per comunicare agli stu<strong>di</strong>osi i nuovi sviluppi delle<br />

ricerche svolte negli ultimi anni sull’argomento colombiano.<br />

Dopo i saluti del Sindaco <strong>di</strong> Cuccaro, Dott. Fabio Bellinaso, il<br />

Prof. Carlo Tibaldeschi dell’Università <strong>di</strong> Pavia, Presidente<br />

del Convegno, ha presentato l’iniziativa e ha coor<strong>di</strong>nato e<br />

commentato gli interventi dei Relatori. L’Avv. Giorgio Casartelli<br />

Colombo <strong>di</strong> Cuccaro, Presidente del CE.S.CO.M., e<br />

socio S.I.S.A. ha introdotto il Convegno e ha sottolineato le<br />

nuove prospettive che si aprono relativamente alle ricerche già<br />

iniziate e parzialmente pubblicate, in <strong>di</strong>pendenza degli interessanti<br />

approfon<strong>di</strong>menti svolti negli ultimi tempi. Il Prof.<br />

Gianfranco Ribaldone ha presentato l’intervento, sulla storia<br />

dei Colombo <strong>di</strong> Cuccaro nel Quattrocento, soffermandosi in<br />

particolare sul periodo 1422–1444 inti-tolato: Le aderenze<br />

francesi dei Colombo <strong>di</strong> Cuccaro (1422-1444) Valois, Bourgogne,<br />

Bar, Anjou.. È poi intervenuto il Prof. Mario Traxino<br />

con la relazione: Bartolomeo delle In<strong>di</strong>e, Cristoforo Colombo<br />

e le fazioni genovesi, in cui ha affermato la necessità <strong>di</strong> riva-<br />

lutare la figura <strong>di</strong> Bartolomeo Fieschi, detto delle In<strong>di</strong>e, stretto<br />

collaboratore dell’Ammiraglio nel quarto viaggio <strong>di</strong> scoperta,<br />

nel corso del quale gli salvò la vita, in seguito al naufragio in<br />

Giamaica. Il Prof. Traxino ha inoltre collegato la storia della<br />

scoperta colombiana con la lotta tra le fazioni che si svolgeva<br />

in quegli anni a Genova e nella Liguria. L’Arch. Alessandro<br />

Taidelli Palmizi con l’intervento: L’iconografia della morte <strong>di</strong><br />

Cristoforo Colombo, ha commentato in particolare il quadro,<br />

proiettato in alta risoluzione, esposto nella Casa Museo Colón<br />

<strong>di</strong> Valladolid, opera del pittore contemporaneo Rementeria,<br />

che raffigura l’Ammiraglio sul letto <strong>di</strong> morte, attorniato dai<br />

suoi familiari e dai più stretti collaboratori. In seguito è intervenuto<br />

il Dott. Sisto Capra, giornalista <strong>di</strong> Pavia, che con la relazione:<br />

Intervista impossibile a Cristoforo Colombo ha evidenziato<br />

come la figura dello Scopritore dell’ America sia nel<br />

comune sentire della gente, ancora legata a una visione molto<br />

superficiale, specie sull’origine della sua famiglia, svincolata<br />

dalla seria ricerca scientifica, che si è sviluppata negli ultimi<br />

anni, ancora in gran parte sconosciuta al grosso pubblico. Ha<br />

concluso i lavori il Prof. Gianluigi Rapetti Bovio della Torre<br />

11


che ha evidenziato gli stretti rapporti tra il Monferrato e la<br />

Liguria e i numerosi attacchi armati subiti dal Marchesato del<br />

Monferrato, territorio ambito e stretto, nei secoli, nella morsa<br />

tra il Ducato <strong>di</strong> Savoia e il Ducato <strong>di</strong> Milano.<br />

GCCC<br />

<strong>Sul</strong>la Savoia - Una lettera che lascia perplessi<br />

Turin, 4 août 1859<br />

Monsieur le Comte,<br />

La presse étrangère s’est occupée dans ces derniers tems d’un<br />

prétendu mouvement séparatiste qui se serait manifesté en<br />

Savoie et qui aurait pris des proportions imposantes.<br />

Je ne doute pas que les Légations de S.M. même sans avoir<br />

reçu des éclairissemens détaillés à cet égard auront en soin de<br />

reduir à leur juste valeur ces bruits que l’esprit de parti a cherché<br />

à répendre. Voyant toute fois que la polémique de certains<br />

journaux exploite encore cet argument contre le Piémont, je<br />

pense qu’il n’est pas hors de propos de donner aux représentants<br />

du Roi quelques explications pour les mettre à mesure<br />

d’apprécier et faire apprécier exaitement l’état des choses.<br />

La Séparation de la Savoie est une de ces questions dont les<br />

partis extrêmes s’emparent tour à tour dans des buts <strong>di</strong>fferents.<br />

En 1848 au tems de la République Française, s’étaient les ra<strong>di</strong>caux<br />

qui ne jugeaient pas assez libérales les institutions<br />

constitutionnelles qu’un Roi Magnanime avait octroyées à son<br />

peuple, révaient la démocratie pure avec le bonnet phrigieu<br />

et demandaient par conséquent l’annexion à la France. Ils<br />

grossissaient la voix mais ils s’agitarent dans le vide. Le bons<br />

sens populaire fit prompte justice des ces véleités et les séparatistes<br />

durent cacher leur désappointement et leurs drapeaux<br />

pour se soustraire au ri<strong>di</strong>cule de leur position. Dans les<br />

annés suivantes, les ra<strong>di</strong>caux voyant que la liberté survivait<br />

chez nous <strong>di</strong>fficultés du tems et qu’elle fonctionnait régulièrement<br />

et paisiblement se rallièrent au Gouvernement du Roi,<br />

ou bien ils entrèrent dans les voies de l’opposition légale et<br />

constitutionnelle. Ce fut alors que le parti rétrograde et clérical<br />

s’empara du rôle d’agitateur. Ce parti ne fait pas à la vérité de<br />

l’annexion à la France un question de principe, mais il l’a subordonné<br />

aux intérêts du moment, et il s’en sert comme d’un<br />

instrument d’opposition et de menace contre le pouvoir. Il<br />

parait q’après le préliminaires de Villafranca ces messieurs<br />

ont espéré qu’un Ministère pris dans leur parti aurait été appe-<br />

lé aux affaires. Mais voyant qu’un cabinet libéral était remplacé<br />

par un autre cabinet libéral ils ne surent pas <strong>di</strong>ssimuler<br />

leur dépit. L’Italie Centrale leur fournit l’occasion et un<br />

moyen de ré<strong>di</strong>ger un programme. Si les populations des Duchés<br />

sont autorisées à exprimer leur vœux sur leur avenir,<br />

pourquoi n’en serait il pas de même en Savoie? En raisonnant<br />

ainsi ils oubliaient un peu que le dans le centre de l’Italie<br />

les souverains avaient quitté le pays en l’abandonnant à luimême<br />

et que les populations s’opposent à la rentrée des Princes,<br />

parce que elles sont persuadées que leur retour est incom-<br />

patible avec les institutions libérales que les pays demandent.<br />

Or ce n’est pas précisément aux institutions libérales que les<br />

séparatistes savoisiens paraissent dévoués : et dans tous les cas<br />

ce n’est pas la liberté qui maque au Piémont. Quoiqu’il en<br />

soit, une réunion de meneurs eut lieu à Chambéry à fin de soumettre<br />

une pétition au Roi et demander la permission de faire<br />

circuler des listes de souscription dans le sens de la séparation.<br />

Mais ces messieurs ne sont pas tombés d’accord et la séance<br />

fut levée après avoir reconnu qu’on aurait peut-être mieux fait<br />

de mettre en avant les Députés de la Savoie. En effet le 28<br />

juillet dernier <strong>di</strong>x ou douze députés ce sont réunis à Annecy.<br />

12<br />

D’après les informations que le Gouvernement a lieu de croire<br />

sures deux d’entre eux auraient posé franchement la question<br />

de la séparation mais elle fut énergiquement repoussé par tous<br />

les autres honorables membres de la Chambre. On ré<strong>di</strong>gea<br />

alors la pétition qui a été publié par le journaux et dans la<br />

quelle on émait des vœux pour des reformes administratives<br />

particulières à la Savoie. Voila les faits dans leur exacte vérité.<br />

On parle d’une pétition couverte de onze mille signatures.<br />

Cette assertion a été démêntée officiellement. On parle également<br />

d’agitation dans les villes et dans les campagnes. Mais<br />

en réalité cette agitation n’existe que dans les colonnes des<br />

journaux étrangers qui ont prêté la main au plan de campagne<br />

organisé par quelques brouillons et par quelques membres du<br />

clergé qui voudrait imposer au Piémont un Concordat à<br />

l’autrichienne.<br />

Il serait assez <strong>di</strong>fficile de démêter les véritables intentions de<br />

cette partie du clergé; car d’un côté rien n’in<strong>di</strong>que que la France<br />

soit <strong>di</strong>sposée à mo<strong>di</strong>fier son droit public ecclésiastique et<br />

quant au Gouvernement du Roi il serait il serait heureux de<br />

pouvoir signer avec la Saint Siège un concordat à l’instar de<br />

celui de 1801. Du reste le voyage de LL.AA.RR. le Prince de<br />

Piémont et le Duc d’Aoste, est venu à propos pour <strong>di</strong>ssiper les<br />

chimères de songe-creux. L’accueil plein de respect et<br />

d’enthousiasme fait aux Princes prouve que la Savoie est<br />

toujours la terre classique de la fidélité au Roi, et que les liens<br />

que depuis huit siècles l’unifient au Piémont, ne sont point<br />

relâchés. La vaillant Brigade de Savoie dans le champs de la<br />

Lombar<strong>di</strong>e a scellé encore une fois de son sang cette union<br />

fraternelle. Le sang des enfants des Alpes a coulé pour la plus<br />

sainte des causes avec celui des Piémontais et des volontaires<br />

Italiens ; ils seront fiers d’appartenir désormais à une Royaume<br />

plus vaste et puissant, et d’avoir prêté au Roi le concours<br />

de leur bras pour la délivrance de l’Italie. De son côté le Gouvernement<br />

de S.M. s’empressera de faire droit à toutes les<br />

réformes légitimes qui pourraient être réclamées dans l’intéret<br />

de l’administration intérieur de ce noble pays qui a été le berceau<br />

de la Monarquie et qui a constamment donné des témoignages<br />

les plus éclatants de son dévouement à la Dynastie du<br />

Roi. Agréez … Debormida»<br />

Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Torino – Materie politiche estero – lettere Ministri -<br />

Mazzo 65 – Due Sicilie<br />

<strong>Sul</strong> tutto perio<strong>di</strong>co della SISA riservato ai Soci<br />

Direttore<br />

Alberico Lo Faso <strong>di</strong> Serra<strong>di</strong>falco<br />

Comitato redazionale<br />

Marco Di Bartolo, Andrew Martin Garvey,Vincenzo Pruiti, Angelo Scordo<br />

Testata del perio<strong>di</strong>co<br />

<strong>di</strong> † Salvatorangelo Palmerio Spanu<br />

In<strong>di</strong>rizzi postali<br />

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