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La quercia caduta. Fra grammatica e simboli in ... - PIMPIRIMPANA

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Congiunzioni: solo 2, qu<strong>in</strong>di, collegamento con due proposizioni per m<strong>in</strong>ima ipotassi. <strong>La</strong><br />

seconda (“né” più “tenzona”) segnala la stretta dipendenza tra la morte e la f<strong>in</strong>e della lotta con le<br />

<strong>in</strong>temperie); ma la prima (“dov’era”) è il centro della poesia: l’ombra ristoratrice di un tempo è la<br />

morte attuale, il dove dei nidïetti, dove la gente preleva i rami, il dove del nido della cap<strong>in</strong>era: il “dove”<br />

ora è il segno del non più, il dove cercato e non più trovato e non più trovabile… il dove che non<br />

esisterà più. <strong>La</strong> poesia è la f<strong>in</strong>e assoluta di un “DOVE”, un “ubi” della vita che diventa morte,<br />

vuoto, abbandono, spogliazione.<br />

Avverbi: 4 + 3 particelle aggiuntive asseverative di rafforzamento. 2 “pur”, che significa<br />

‘davvero’ (come a dire ‘veramente’, ‘<strong>in</strong> verità’, per una verità scoperta tardi ed ora diventata<br />

impraticabile; 1 “più” che rafforza il negativo del “mai)”. I 4 avverbi: 2 temporali dell’“or” della<br />

morte dell’albero; “qua e là” di luogo della diffusione dei nidi sparsi nella “corona”; il “non” del<br />

mai del nido perduto. A saldo del “troverà”.<br />

Pronomi: 8, un numero non irrilevante, che conferma come la poesia – breve – si fondi sulla<br />

trama di sostantivi riferiti agli operatori attivi; accanto ad essi funzionano i verbi –<br />

proporzionalmente <strong>in</strong>tesi a dimostrare l’attivismo di tutti i numerosi soggetti. Il pronome<br />

personale “sé” è <strong>in</strong>teressante <strong>in</strong> quanto la <strong>quercia</strong>, anziché l’ombra, offre ora l’immag<strong>in</strong>e della sua<br />

morte, un’ombra di rami abbattuti, sebbene la sua natura sia ancora quella di offrire qualcosa a<br />

chi passa. I “vedo” s<strong>in</strong>tetizzano il globale giudizio che la gente dà della <strong>quercia</strong> morta; e il giudizio<br />

visivo-morale pur apparentemente rimesso al passato (ora “vedo” ciò che non sapevo) è<br />

oggettivamente visto, oggettivamente riconosciuto. I 3 “ognuno” <strong>in</strong>dicano l’<strong>in</strong>dividuale del<br />

collettivo (“gente”) distribuito su ciascuna delle persone che osservano e rubano la <strong>quercia</strong><br />

<strong>caduta</strong>… tanti, non solo i 3… come un coro funebre. Solo la cap<strong>in</strong>era ha 2 relativi, uno soggetto<br />

ed uno c. oggetto, ancora, a conferma della chiusura del doppio verbo (“cerca / non trova”)<br />

senza scampo, senza rimedio, senza possibilità di salvezza per la cap<strong>in</strong>era stessa e per il suo nido<br />

perduto. Dove il “non” avverbio di negazione molto forte ed unico nel testo (a parte il “né coi<br />

turb<strong>in</strong>i tenzona” dove la negazione è mero fatto narrativo, con il valore di “più”, particella<br />

aggiuntiva). Qui, il “non” nega di fatto qualunque riscatto per il nido disperso.<br />

***<br />

Ombra, <strong>quercia</strong>, gente, nidi, pianto, cap<strong>in</strong>era... ogni elemento f<strong>in</strong>isce per comporre comporre<br />

il quadro di morte, di perdita, di smarrimento, di vuoto senza rimedio, essendo questi, col dolore,<br />

i componenti della storia poetica del Pascoli, circondato da morti, senza casa, distrutti i legami<br />

IN <strong>PIMPIRIMPANA</strong> N. 3 DELL’AGOSTO 2012 PAG. 4

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