Toru Takemitsu: Nostalghia, per violino ed orchestra d'archi - Analisi
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Tōru <strong>Takemitsu</strong><br />
<strong>Nostalghia</strong><br />
in memoria di Andrei Tarkovskij (1987)<br />
<strong>per</strong> <strong>violino</strong> <strong>ed</strong> <strong>orchestra</strong> d’archi<br />
(1987) <strong>ed</strong>. Schott<br />
-analisi-<br />
Alessandro Kirschner<br />
Storia <strong>ed</strong> analisi del re<strong>per</strong>torio II<br />
Professoressa Patrizia Montanaro
Prologo<br />
Breve storia della contaminazione tra musica tradizionale giapponese<br />
e la musica occidentale.<br />
La formazione di una musica contemporanea giapponese.<br />
Nel luglio del 1853 il commodore Matthew Perry della marina militare degli Stati Uniti arriva con<br />
le sue navi nel porto di Uraga in Giappone mettendo inavvertitamente fine al letargo feudale in cui<br />
versava il Giappone da più di un quarto di millennio. Era dal 1641 che lo Shogun non <strong>per</strong>metteva<br />
alcun tipo di scambio tra il Giappone e il mondo esterno: era proibita severamente l’importazione di<br />
libri stranieri e di qualsiasi espressione culturale proveniente dall’estero compresa qualsiasi forma<br />
di evangelizzazione.<br />
Solo dopo la metà dell’Ottocento cominciò, con lo sbarco degli americani, una contaminazione<br />
del mondo orientale con quanto stava accadendo al di fuori.<br />
I canali di trasmissione attraverso cui la musica occidentale giunse ad una . prima penetrazione in<br />
Giappone sono sostanzialmente tre. In primo luogo, la reintroduzione della musica devozionale<br />
cristiana, ridotta al silenzio nei primi anni del diciassettesimo secolo, ma gradualmente riammessa<br />
con la ria<strong>per</strong>tura dei porti negli anni Cinquanta dell'Ottocento, e specialmente dopo che il bando del<br />
cristianesimo fu abrogato nel 1873. In secondo luogo, l'inserimento dello studio della musica nei<br />
cicli scolastici, aspetto che andrà approfondito più oltre. In terzo luogo, la consuetudine più assidua<br />
con la musica occidentale, che si sviluppò laddove l'impulso alla modernizzazione era più<br />
profondamente sentito: la creazione di una moderna forza militare. Le bande militari svolsero un<br />
ruolo vitale nella ricezione della musica occidentale in Giappone dando concerti pubblici in tale<br />
misura che «fino a circa il 1879... l'attività musicale fu organizzata attorno alla banda militare, nella<br />
quale possiamo individuare il nucleo di ciò che noi oggi chiamiamo concerto pubblico». 1<br />
Fu durante gli anni Ottanta dell'Ottocento che, oltre quelli <strong>per</strong> banda militare, si cominciarono a<br />
dare concerti pubblici con la prima generazione di studenti giapponesi. Come si è già accennato,<br />
l'istituzione di un sistema di istruzione pubblica sul modello occidentale fu probabilmente il fattore<br />
decisivo <strong>per</strong> la diffusione della musica occidentale in Giappone. Perché, nei suoi zelanti sforzi di<br />
1 KOICHI NOMURA, Occidental Music, in Japanese Music and Drama in the Meiji Era, a cura di TOYOTAKA KOMIYA, tradotto e<br />
adattato da Edward G. Seidensticker, Tokyo, Obun Sha, p. 456.<br />
3
imitare all'ingrosso le pratiche p<strong>ed</strong>agogiche dell'Occidente, il ministro dell'<strong>ed</strong>ucazione aveva<br />
stabilito nei suoi regolamenti del 1872 che la pratica del canto avrebbe fatto parte del curriculum<br />
scolastico di livello elementare, e l'insegnamento di uno strumento del livello m<strong>ed</strong>io. Tutto ciò<br />
malgrado le opportunità di inserire tali ideali utopici nella pratica fossero sostanzialmente nulle «un<br />
atto sintomatico del carattere progressivo delle autorità, che avevano ricevuto il battesimo del nuovo<br />
spirito di riforma» . 2<br />
Buona parte della responsabilità di tradurre in atto tali ambiziosi progetti fu affidata ad un<br />
aristocratico funzionario del Ministero chiamato Shiiji Izawa (1851-1917), che <strong>per</strong> ordine del<br />
ministro, fu mandato negli Stati Uniti nel 1875 <strong>per</strong> esaminare i metodi p<strong>ed</strong>agogici americani, e <strong>per</strong><br />
studiare musica sotto la guida del Direttore della Boston Music School, Luthe Whiting Mason<br />
(1828-1896). Nell'ottobre del 1879, poco dopo il ritorno di Izawa in Giappone, fu costituito un<br />
Consiglio <strong>per</strong> lo Studio della Musica (Ongaku Torishirabe Gakary - in effetti un piccolo collegio<br />
musicale) <strong>per</strong> interessamento di Izawa, e in quello stesso mese egli di<strong>ed</strong>e forma ai suoi ideali <strong>per</strong><br />
l'<strong>ed</strong>ucazione musicale nel Progetto <strong>per</strong> lo studio della musica. Dopo un primo <strong>per</strong>iodo di studio<br />
acritico della musica occidentale, si sente il bisogno di voler in qualche modo conciliare il mondo<br />
musicale occidentale con quello orientale e lo stesso Izawa aggiunge ora qualcosa di nuovo. Egli<br />
suggerisce una sintesi delle due tesi alternative: la possibilità di «intraprendere un corso interm<strong>ed</strong>io<br />
tra le due vie, e attraverso la combinazione di musica orientale e occidentale, stabilire un nuovo<br />
genere di musica, adatta al Giappone di oggi». Ed è qui che si palesa <strong>per</strong> la prima volta, una specie<br />
di idée fixe comune a molti giapponesi nei cento e più anni successivi: il desiderio di risolvere,<br />
almeno a livello musicale, il problema di quella doppia struttura presente nella psicologia<br />
giapponese e di cui s'è già detto, la ricerca di una qualche sintesi delle musiche europee e<br />
giapponesi in una forma più alta.<br />
Tra i primi compositori giapponesi di formazione accademica di stile occidentale si può ricordare,<br />
soprattutto <strong>per</strong> la musica vocale Rentaro Taki (1879-1903). La breve carriera di Taki incluse anche<br />
un <strong>per</strong>iodo di studi all'estero, al Conservatorio di Lipsia: un modo di concludere gli studi che era<br />
considerato altamente desiderabile <strong>per</strong> ogni musicista che volesse esser preso sul serio in quel<br />
<strong>per</strong>iodo quando quasi tutti gli insegnanti della Tokyo Music School (come dal 1887 si chiamò il<br />
Music Study Committee) erano di estrazione t<strong>ed</strong>esca e i musicisti giapponesi tendevano a<br />
considerare la tradizione t<strong>ed</strong>esca come l'unica tradizione. L'esempio di Taki fu emulato qualche<br />
anno più tardi da un' altra interessante figura che il Giappone ancora riverisce come primo grande<br />
2 Ivi, p. 460.<br />
4
patriarca dei compositori giapponesi: Kosaku Yamada (1886-1965). Dopo essersi diplomato in<br />
canto alla Tokyo Music School nel 1908, Yamada si spostò a Berlino dove studiò <strong>per</strong> quattro anni<br />
alla Hochschule con Max Bruch e Karl Leopold Wolf, e dove nel 1912 produsse la prima sinfonia<br />
di colore locale giapponese, Kachidoki to Heiwa (Vittoria e pace), seguita nel 1913 da un poema<br />
sinfonico in stile tardo romantico, Mandala no Hana (Fiori del Mandala). Fu <strong>per</strong> eseguire o<strong>per</strong>e<br />
ambiziose come queste che nel 1915 dopo il suo ritorno in Giappone, egli organizzò la prima<br />
<strong>orchestra</strong> sinfonica giapponese; una seconda <strong>orchestra</strong>, fondata nel 1924 dopo il collasso finanziario<br />
della prima, sarebbe diventata l'odierna <strong>orchestra</strong> NHK. 3<br />
L'esempio di Taki e Yamada stabilì le coordinate <strong>per</strong> una riconoscibile 'scuola' di stile t<strong>ed</strong>esco in<br />
Giappone, e sulla scia di questi due pionieri seguì un'intera generazione di compositori 't<strong>ed</strong>eschi'<br />
con uno spiccato interesse <strong>per</strong> la musica vocale: Ryutaro Hirota (1892-1952), Shinpei Nakahama<br />
(1887-1952), Nagayo Moto'ori (1885-1945) e Kiyoshi Nobutoki (1887-1965). Nel modo in cui<br />
questo stile si diffuse, è possibile notare una forma di acculturazione tipicamente giapponese:<br />
l'iniziale mimesi di un'altra cultura si trasforma in f<strong>ed</strong>ele riproduzione <strong>per</strong>ché i compositori che<br />
condividono lo stesso stile si raccolgono in gruppi, o <strong>per</strong>ché quello stile è trasmesso, attraverso il<br />
tradizionale metodo confuciano, da un maestro riverito ad un reverente allievo.<br />
Molti artisti francesi fin de siécle avevano iniziato a volgere il proprio sguardo a est, nella<br />
s<strong>per</strong>anza di aprire una via di fuga dal peso opprimente della loro storia culturale. Basti pensare qui,<br />
alle reinterpretazioni delle xilografie di Hiroshige da parte di Van Gogh, oppure (molto più<br />
<strong>per</strong>tinente al nostro tema) agli epifanici incontri di Debussy con la musica asiatica nel 1889 alla<br />
Exposition di Parigi e alla scelta di una stampa di Hokusai <strong>per</strong> ornare la co<strong>per</strong>tina della parti tura di<br />
La mer. Non passò molto tempo prima che alcuni compositori giapponesi si orientassero verso la<br />
tradizione francese <strong>per</strong> approfondire i propri studi. Il pioniere fu Tomojiro Ichenouchi (1906-91), il<br />
primo giapponese a entrare nel Conservatorio di Parigi, dove studiò composizione con Paul Henri<br />
Batisser (1873-1972) dal 1927 al 1936. Tra gli allievi di Ichenouchi si trovano importanti figure<br />
della musica giapponese, come Saburo Takata (1913-), Akio Yashiro (1929-1976), Toshiro<br />
Mayuzumi (1929-1997) e Akira Miyoshi (1933-); e l'onda dell' influenza francese si allungò fino a<br />
toccare compositori come Meiro Sugawara (1897-1988) e Kunihiko Hashimoto (1904-1948).<br />
La fascinazione esercitata su questi compositori dalla musica 'impressionistica' fu in non piccola<br />
misura dovuta al fatto che essa rimandava, da una prospettiva europea, a molti aspetti inerenti alla<br />
loro cultura musicale. Un idioma armonico fondato su una base modale era particolarmente adatto<br />
ad essere utilizzato con le scale della musica tradizionale giapponese, <strong>ed</strong> entrambe le tradizioni<br />
3 Nippon Hoso Kyokai, radio di stato giapponese.<br />
5
mostravano interesse <strong>per</strong> il dettaglio timbrico e, ad un livello più generale, <strong>per</strong> riferimenti<br />
extramusicali e <strong>per</strong> elementi naturalistici e pittorici. Tutto questo non deve meravigliare visto che i<br />
compositori giapponesi riconoscevano nel riflesso europeo struttture profonde proprie alla loro<br />
cultura. Si trattava di un processo che <strong>Takemitsu</strong>, ammiratore devoto della musica di Debussy, ha<br />
descritto come «azione reciproca - arte musicale reimportata in Giappone». 4<br />
In uno stadio così incerto della storia musicale giapponese, era forse necessario che il 'carattere<br />
orientale' fosse esportato e poi reimportato. Col sigillo della legittimazione occidentale quel<br />
carattere orienpoteva tornare alla fonte <strong>ed</strong> essere riaccolto.<br />
Presto, comunque, sarebbe emersa in Giappone una scuola di composizione avrebbe abolito tali<br />
consuetudini culturali ufficiali, <strong>per</strong> lavorare direttamente sui materiali indigeni della propria<br />
tradizione.<br />
Negli anni che portarono alla Seconda Guerra Mondiale, cominciò a farsi ascoltare una voce che<br />
rifuggiva l'imitazione di modelli europei, coltivati dai compositori più accademici, sostituendoli con<br />
elementi di una più specifica identità nazionale. Si può star certi che una buona parte dei<br />
compositori associati a questo movimento aveva maturato sentimenti nazionalistici in un senso<br />
politico più generale, <strong>ed</strong> è anche vero che l'ascesa di quella scuola coincise con il <strong>per</strong>iodo in cui la<br />
recettività nei confronti dell'Occidente, si era rapidamente trasformata nel suo opposto. Pochi<br />
compositori di scuola nazionalista trascorsero un <strong>per</strong>iodo di studio in Europa, ritenuto essenziale a<br />
molti dei loro pr<strong>ed</strong>ecessori, e <strong>per</strong> giunta, alcuni, Ifukube e Haysaka, furono quasi completamente<br />
autodidatti. Compositori giapponesi strettamente associati a quei movimenti furono Akira Ifukube<br />
(1914-), Kishio Hirao (1907-53), Shiro Fukai (1907-59), Fumio Hayasaka (1914-55) <strong>per</strong> le cui<br />
musiche da film <strong>Takemitsu</strong> sarebbe divenuto più tardi assistente, e il compositore di regola citato<br />
come il solo maestro di composizione di <strong>Takemitsu</strong>, Yasuji Kiyose (1899-198l).<br />
Come si è accennato, gli anni che videro l'ascesa del 'nazionalismo' musicale furono anche quelli<br />
in cui si sviluppò in Giappone una analoga politica nazionalista, destinata agli esiti catastrofici della<br />
Seconda Guerra Mondiale. Gli anni dell’imm<strong>ed</strong>iato dopoguerra furono duri, di estrema privazione e<br />
con poche opportunità di intraprendere studi musicali regolari; eppure, proprio a partire dagli anni<br />
Cinquanta, l'attività compositiva giapponese iniziò a risorgere dalle ceneri, anche se molte delle<br />
o<strong>per</strong>e prodotte appartengono ancora all'orizzonte delle vecchie scuole d'anteguerra. Vi si trovano<br />
compositori accademici, debitori delle tendenze europee, spesso impegnati in soggiorni di studio in<br />
4 TORU TAKEMITSU, Ongaku no Yohaku kara (Dallo spazio lasciato dalla musica), Tokyo Shinco Sha, 1980, p. 148. Citato in<br />
NORIKO OHTAKE, Creative Sources for the Music of <strong>Toru</strong> <strong>Takemitsu</strong>, Aldershot, Scolar Press, 1993, p. 6.<br />
6
Europa, e che ancora possono essere divisi secondo l'orientamento 'francese' o 't<strong>ed</strong>esco'. Alla prima<br />
categoria appartenevano gli allievi di Ikenouchi, Akio Yashiro e Akira Miyoshi, formatisi a Parigi<br />
rispettivamente con Nadia Boulanger e con Raymond Gallois-Montbrun; nella seconda, quella di<br />
ascendenza t<strong>ed</strong>esca, figurano i tre allievi di Saburo Moroi: Yoshiro Irino, Makoto Moroi, Minao<br />
Shibata.<br />
La scena europea era comunque molto cambiata dai giorni in cui Yamada era andato ad assimilare i<br />
metodi del tardo romanticismo t<strong>ed</strong>esco o Ikenouchi quello degli impressionisti francesi, e quei<br />
nuovi sviluppi influirono sui compositori del dopoguerra. Irino, <strong>per</strong> esempio, fu il primo giapponese<br />
a comporre un'o<strong>per</strong>a dodecafonica, il suo Concerto da camera <strong>per</strong> sette strumenti del 1951, mentre<br />
l'attività di Shibata negli anni Cinquanta <strong>per</strong>corse l'intera gamma delle tecniche e degli stili del<br />
dopoguerra, s<strong>per</strong>imentando il metodo dodecafonico, la serialità integrale, la musique concrète, la<br />
musica elettronica e con strumenti elettrici. Negli anni successivi, i compositori appena citati<br />
produssero o<strong>per</strong>e s<strong>per</strong>imentali in cui venivano impiegati anche strumenti tradizionali giapponesi,<br />
spesso in combinazione con risorse occidentali. Mentre non è <strong>per</strong> nulla sorprendente che<br />
compositori dal profilo accademico volgessero la loro attenzione ai nuovi sviluppi del dopoguerra,<br />
ciò che ci si aspetterebbe di meno è che molti compositori ancora militanti nella tradizione<br />
nazionalista - qualificata da Judith Ann Herd come «movimento neonazionalista» - sfruttassero<br />
anch'essi le nuove risorse sonore ora disponibili, piuttosto che limitarsi ai motivi giapponesi e alle<br />
armonie pentatoniche che avevano appagato i loro pr<strong>ed</strong>ecessori. Tra i numerosi gruppi di<br />
compositori che spuntarono in Giappone negli anni Cinquanta, due in particolare vennero associati<br />
a questa tendenza. Il primo era il Yagino Kai (Gruppo del Capricorno), inizialmente formato nel<br />
1953 da Hikaru Hayashi (1931-), Yuzo Toyama (1931-) e Michio Mamiya (1929-) ai quali si<br />
aggiunse cinque anni più tardi Toshiya Sukegawa (1930-). Il secondo era il Sannin no Kai o Gruppo<br />
dei tre, fondato anch' esso nel 1953 da Yasushi Akutagawa (1925-1989), Ikuma Dan (1924- ) e il<br />
più famoso degli alI ievi di Ikenouchi, Toshiro Mayuzumi. In modo programmatico, questi<br />
compositori graduavano l'assorbimento delle tecniche moderniste all'interno di una estetica<br />
essenzialmente nazionalista. I membri del Yagi no Kai, <strong>per</strong> esempio, ammiravano Bart6k, e Mamiya<br />
utilizzò materiali folklorici, mentre Hayashi tendeva a s<strong>per</strong>imentare le tecniche vocali più inusuali,<br />
oppure utilizzava motivi melodici tradizionali come materiali di base da sottoporre a proc<strong>ed</strong>imenti<br />
compositivi cromatici e quasi seriali. All'estremo opposto di Mamiya, forse il più radicale dal punto<br />
di vista tecnico, fu Mayuzumi, che negli anni Sessanta fu <strong>per</strong> un certo tempo piuttosto noto sia in<br />
Giappone che in Occidente, <strong>per</strong> la colonna sonora del film di John Huston The Bible (1965).<br />
Mayuzumi aveva studiato con Tony Aubin al Conservatorio di Parigi dal 1951 al 1952, dove<br />
assimilò non solo le tecniche di Varèse, Messiaen e Boulez, ma visitò anche lo studio di Pierre<br />
7
Schaffer, completando ben presto, dopo il suo ritorno in Giappone, sia il primo es<strong>per</strong>imento di<br />
musica concreta (Oeuvre pour Musique Concrète x, y, z, 1953) che il primo esempio giapponese di<br />
musica elettronica (Shusaku I, 1955). In pochi anni egli mise a punto un armamentario tecnico<br />
messo poi al servizio della sua visione 'panasiatica'. In particolare, le sue ricerche sul timbro lo<br />
condussero a studiare le strutture di risonanza delle campane dei templi buddisti, applicando in<br />
questo modo le tecniche più avanzate ad un materiale sonoro carico di potere simbolico <strong>per</strong> la<br />
cultura asiatica. Per il suo Nehan Kokyokyoku (Sinfonia del Nirvana) del 1958, che rappresenta uno<br />
dei più eccentrici capolavori strumentali della musica del dopoguerra, Mayuzumi utilizzò come<br />
materiali di altezza i 'parziali' di una campana buddista. È <strong>per</strong>ciò piuttosto deprimente venire a<br />
sa<strong>per</strong>e che <strong>per</strong> l'autore di questa impressionante partitura, il 'nazionalismo' musicale avesse un<br />
accentuato risvolto politico. Già in questi primi lavori, Mayuzumi sembrava volervi trasfondere la<br />
sua identità di giapponese; col passar degli anni questo interesse assunse sempre più la forma di un<br />
coinvolgimento attivo nella destra politica, fino a culminare nella carica di Chairman di un'<br />
organizzazione il cui nome era Consiglio <strong>per</strong> la difesa nazionale del Giappone (Nippon o Mamoru<br />
Kokuminkaigi) tra il 1981 e il 1991. Da questo punto di vista Mayuzumi rivela una stretta affinità<br />
con un altro critico spassionato della società giapponese, che egli incontrò <strong>per</strong> la prima volta a<br />
Parigi nel 1952: il famoso scrittore Yukio Mishima (1925-1970). È da uno dei romanzi più noti di<br />
Mishima che Mayuzumi estrasse il soggetto <strong>per</strong> la sua o<strong>per</strong>a Kinkakuij (Il padiglione d' oro),<br />
commissionata dalla Deutsche O<strong>per</strong> di Berlino e rappresentata <strong>per</strong> la prima volta nel 1976.<br />
Ad ogni modo, tra i compositori formati secondo l'accademia europea e i 'nazionalisti' che <strong>per</strong><br />
contrasto asserivano la necessità di una unicità giapponese, v'era ancora spazio, nello scenario del<br />
dopoguerra, <strong>per</strong> una terza forza. Tra i vari raggruppamenti sorti negli anni Cinquanta, come Yagi no<br />
Kai o Sannin no Kai, ve le era almeno uno la cui costituzione era radicalmente differente. I suoi<br />
membri comprendevano non solo compositori ma artisti che o<strong>per</strong>avano in altri ambiti. I compositori<br />
che ne facevano parte erano <strong>per</strong> lo più autodidatti, che, essendo privi di un'<strong>ed</strong>ucazione istituzionale,<br />
si trovavano ai margini della comunità ufficiale ei compositori giapponesi. Il gruppo in questione si<br />
chiamava Jikken Kobo, cioè Laboratorio s<strong>per</strong>imentale e la sua comparsa nella mappa dei movimenti<br />
artistici segna l'avvio della autentica avanguardia giapponese, di una reale alternativa sia alla<br />
tradizione accademica che alla retorica nazionalista. I compositori associati a questa tendenza<br />
volevano soprattutto prendere le distanze da quelle tradizioni scr<strong>ed</strong>itate, poiché essi cercavano<br />
diligentemente di sbarazzarsi del marchio del modello nazionalista, impresa nella quale furono<br />
assistiti, nei primi anni del dopoguerra, dalle forze d'occupazione, diffidenti verso le manifestazioni<br />
di nazionalismo ma favorevoli ai nuovi stili in voga in Europa e negli Stati Uniti. Come nella<br />
8
Germania devastata dalla guerra, i compositori vollero quasi tutti ritornare allOra zero, trovandosi<br />
in questo modo in linea con la generazione dei compositori post-weberniani desiderosi di creare una<br />
nuova musica 'internazionale', e più tardi con l'estetica di Cage e degli s<strong>per</strong>imentalisti americani.<br />
Uno dei membri fondatori di questa associazione fu un giovane che aveva appena festeggiato i<br />
suoi ventun anni: <strong>Toru</strong> <strong>Takemitsu</strong>.<br />
9
La formazione musicale di <strong>Toru</strong> <strong>Takemitsu</strong> 5<br />
Criptata in un punto preciso di un tardo lavoro di <strong>Takemitsu</strong>, Family<br />
Tree-Musical Verses far Young People (1992), si trova una sorta di<br />
allusione biografica in codice. Quando la voce narrante femminile,<br />
introducendo a turno ciascun membro della famiglia giunge al padre, la<br />
musica si lancia in qualcosa di simile ad un pastiche nello stile jazz 'big-<br />
band' dell'era swing. Per l'ascoltatore che ha familiarità con i dettagli<br />
biografici dei primi anni di <strong>Takemitsu</strong>, le ragioni private <strong>per</strong> cui il 'jazz'<br />
possa essere considerato una metafora della paternità sono facilmente<br />
svelate. Sebbene fosse nato nel distretto Rongo di Tokyo, nel giro di un<br />
mese dalla sua nascita -1'8 ottobre 1930 - <strong>Toru</strong> Takemltsu si era riconginto a suo padre Takeo nel<br />
luogo dove questi lavorava, la città di Dalian (Luda) nella regione della Cina conosciuta dai<br />
giapponesi come Manciuria e da essi amministrata come colonia. Qui, godendo dei privilegi<br />
accordati ai membri di una comunità espatriata, Takeo <strong>Takemitsu</strong> aveva potuto indulgere ad una<br />
delle sue più grandi passioni molto più frequentemente di quanto sarebbe stato in grado di fare in<br />
condizioni normali: l'ascolto di dischi jazz della sua vasta collezione. Takeo aveva anche altre<br />
pr<strong>ed</strong>ilezioni musicali che con tutta probabilità hanno avutoinfluenza sullo sviluppo della sensibilità<br />
musicale di suo figlio <strong>Toru</strong>. Il biografo di <strong>Takemitsu</strong>, Kuniharu Akiyama, nota che <strong>per</strong> un <strong>per</strong>iodo<br />
egli fu un 'fanatico' suonatore di shakuhachi 6 , e vinse un primo premio in una gara di imitazione di<br />
Versi d'uccelli. Ma fu l'ascolto costante degli amati dischi 'stile Dixieland, New Orleans' a lasciare<br />
un'impronta duratura sul piccolo futuro compositore, al punto che, circa cinquant' anni più tardi,<br />
durante una conversazione con Seiji Ozawa, da quei giorni poterono riaffiorare alla memoria nomi<br />
come Kid Ory and his Creole Band, e lo stesso <strong>Takemitsu</strong> aggiungeva che «un po' di quella musica<br />
jazz è rimasta dentro di me».<br />
Ma in termini più generali, la più forte impressione dei primissimi anni di <strong>Takemitsu</strong> proveniva da<br />
una fonte 'occidentale', e la sua reazione a questo stimolo fu senza ombra di dubbio positiva. Le<br />
cose non andarono allo stesso modo con la musica radizionale giapponese.<br />
All'età di sette anni, <strong>Takemitsu</strong> fu rimandato a Tokyo <strong>per</strong> iniziare il primo ciclo di istruzione<br />
scolastica. Suo padre lo seguì un anno più tardi a causa di una malattia della quale morì a<br />
Kagoshima nel 1938 (sua madre Raiko gli sopravvisse fino al 1983). Takemistsu si sistemò nel<br />
5 Per informazioni più approfondite si rimanda a: Peter Burt La musica di <strong>Toru</strong> <strong>Takemitsu</strong> <strong>ed</strong>.Ricordi, 2003 Milano da<br />
cui sono state d<strong>ed</strong>otte la maggior parte di queste informazioni.<br />
6 flauto dritto giapponese.<br />
10
distretto di Akebonocho da suo zio, la cui moglie era insegnante di Koto. 7 Forse l'inevitabile<br />
associazione di quella presenza musicale ad un <strong>per</strong>iodo di profonda infelicità lo indusse a reagire<br />
negativamente a quel primo incontro con la musica tradizionale giapponese. «Quando ero bambino<br />
ho vissuto a Tokyo con una mia zia - il compositore ricorderà più tardi - ascoltavo la musica<br />
tradizionale giapponese che a quel tempo mi circondava. Per qualche ragione essa non mi ha mai<br />
attirato, né mi ha mai commosso. Più tardi, ascoltare la musica tradizionale giapponese mi<br />
richiamava amari ricordi di guerra». 8 Come suggerisce questa citazione, l'avversione alla musica<br />
tradizionale giapponese fu aumentata dall' es<strong>per</strong>ienza degli anni di guerra quando la musica<br />
giapponese veniva associata, come nella Germania nazista, alla cultura dominante militare mentre<br />
altri generi furono sviliti al rango di entartete Musik (oppure, secondo l'espressione giapponese,<br />
Tekiseiongaku, musica dal carattere ostile). Fu a questo punto che una particolare es<strong>per</strong>ienza<br />
contribuì a rafforzare le connotazioni positive della musica occidentale di cui <strong>Takemitsu</strong> si era<br />
imbevuto, che nel contesto musicalmente immiserito degli anni di guerra, lo indusse a modificare il<br />
corso della sua vita. Possiamo dire che fu ancora una volta una forma popular americana - o almeno<br />
un musicista occidentale - ad essere responsabile di questa epifanica conversione di <strong>Takemitsu</strong>. Con<br />
la mobilitazione del 1944, la formazione di <strong>Takemitsu</strong> si era bruscamente interrotta <strong>ed</strong> egli fu<br />
mandato a lavorare in una base militare di approvvigionamenti nella prefettura di Saitama, sistemata<br />
in un sotterraneo scavato nella profondità di una montagna.<br />
In quell'occasione, un cadetto raccolse un certo numero di <strong>per</strong>sone <strong>per</strong> organizzare ascolti<br />
clandestini di musica vietata, utilizzando un grammofono a manovella con una puntina ricavata da<br />
un pezzo di bambù accuratamente affilato. Uno dei primi pezzi ascoltati pare sia stato Parlez-moi<br />
d'amour, cantata da Lucienne Boyer, e <strong>per</strong> <strong>Takemitsu</strong>, abituato ad una dieta musicale basata su can-<br />
zoni di genere patriottico, questa musica fu una rivelazione che avrebbe ricordato <strong>per</strong> tutta la vita.<br />
«Per me ascoltare quella musica ebbe l'effetto di un enorme shock; ero sbalordito, e<br />
improvvisamente mi accorsi della splendida natura della musica occidentale» .<br />
Risvegliando la sensibilità musicale assopita, quel momento rivelatore confermò in <strong>Takemitsu</strong><br />
l'inclinazione verso la musica occidentale. Con la fine delle ostilità queste preferenze si estesero<br />
molto più in là. Come molti giapponesi del dopoguerra, <strong>Takemitsu</strong> assunse un atteggiamento<br />
'erodesco' nei confronti dello scr<strong>ed</strong>itato nazionalismo del recente passato, «una risposta viscerale<br />
<strong>per</strong> la quale ogni cosa che sapeva di giapponese veniva rifiutata», e a quel rifiuto si accompagnava<br />
un entusiasmo <strong>per</strong> tutto ciò che proveniva dall'Occidente. Il clima ideologico dell'occupazione<br />
americana offriva al giovane <strong>Takemitsu</strong> ampie opportunità di coltivare le sue pr<strong>ed</strong>ilezioni, <strong>ed</strong> in<br />
7 Uno strumento simile allo zither con tr<strong>ed</strong>ici corde, pizzicate con plettri d'avorio attaccati alle dita dell' esecutore.<br />
8 TORU TAKEMITSU, Contemporary music in Japan, in "Perspectives of New Music», 27/2, 1989, p. 200<br />
11
particolare la musica moderna. Il governo di occupazione aveva costruito ciò che il compositore<br />
descrisse come «una enorme biblioteca» a Tokyo , dove egli andava «ogni giorno a guardare<br />
partiture - tutte americane, e nessuna europea» col risultato inevitabile che finì <strong>per</strong> conoscere «la<br />
musica americana prima di quella di Schoenberg e Webern». Questi ultimi poteva ascoltarli nei<br />
programmi di una stazione radio chiamata WUTR, e <strong>Takemitsu</strong>, in quel <strong>per</strong>iodo spesso costretto a<br />
letto da una malattia, poteva passare molto tempo «ascoltando networks delle forze armate<br />
americane»,che «trasmettevano vari generi di musica, tra i quali George Gershwin, Debussy e<br />
Mahler. In seguito, durante gli anni della sua formazione più o meno autonoma, il giovane<br />
<strong>Takemitsu</strong> ebbe modo di conoscere importanti o<strong>per</strong>e teoriche: dapprima il Manuale<br />
d’<strong>orchestra</strong>zione di Rimskij-Korsakov e qualche anno dopo il saggio di Messiaen Tehnique de mon<br />
langage musical nella sua traduzione giapponese. Il testo di Messiaen lasciò un segno molto<br />
profondo nella formazione musicale di <strong>Takemitsu</strong>.<br />
La storia della formazione del mondo poetico di <strong>Takemitsu</strong> è il risultato di una ricerca continua<br />
che egli ha svolto <strong>per</strong> tutta la vita. Non bisogna dimenticare che oltre alla musica da concerto è<br />
autore di oltre cento colonne sonore, di musica <strong>per</strong> la radio e di consumo in genere, e <strong>per</strong>fino di<br />
romanzi gialli e di un libro di ricette di cucina illustrato di proprio pugno.<br />
Fu solamente a partire dalla metà degli anni 60 che <strong>Takemitsu</strong> cominciò a guardare con rinnovato<br />
interesse alla musica giapponese, ma probabilmente più attratto dall’aspetto timbrico che<br />
tradizionale in senso stretto. È del 1967 November Steps o<strong>per</strong>a che ha rappresentato <strong>per</strong> la critica il<br />
punto d’unione tra il mondo occidentale e quello orientale. Novembre è tuttavia anticipata da<br />
Eclipse <strong>per</strong> biwa e shakuhachi due strumenti tradizionali giapponesi.<br />
La strada di una sintesi tra Oriente <strong>ed</strong> Occidente non ha mai interessato profondamente<br />
<strong>Takemitsu</strong>, come disse una volta: non sarebbe difficile inserire la musica tradizionale giapponese<br />
all’interno della musica occidentale, o mescolarle insieme. A me non interessa nessuna delle due<br />
possibilità. Ed inoltre parlando della musica tradizionale del suo paese così si espresse: Non amo<br />
utilizzare melodie giapponesi come materiale, nessuna forza… nessun sviluppo. Le melodie<br />
giapponesi sono come il Fuji- belle ma eternamente immobili.<br />
La critica internazionale ha visto in <strong>Takemitsu</strong> il musicista che è riuscito a fondere due poli<br />
opposti, ma in realtà la sua musica resta <strong>per</strong>sonalissima e non si può dire che appartenga ne all’una<br />
ne all’altra cultura. È il mondo poetico nato dalla sensibilità unica di un piccolo uomo giapponese<br />
cresciuto ascoltando Debussy.<br />
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<strong>Nostalghia</strong> <strong>per</strong> <strong>violino</strong> <strong>ed</strong> <strong>orchestra</strong> d’archi è un brano del 1987 <strong>ed</strong> è d<strong>ed</strong>icato dalla stesso<br />
<strong>Takemitsu</strong> alla memoria del regista russo Andrei Tarkovskij (1932-1986), amico <strong>per</strong>sonale del<br />
compositore. Scritto <strong>per</strong> un solista di spicco, Yehudi Menuhin, fu eseguito <strong>per</strong> la prima volta al<br />
Festival Internazionale di Edimburgo nell’agosto del 1987 con la Scottish Chamber Orchestra<br />
diretta da Sir Peter Maxwell Davies. A partire dal 1979, <strong>Takemitsu</strong> scrisse una serie di epitaffi <strong>per</strong><br />
commemorare il ricordo di amici o <strong>per</strong>sone particolarmente care. Si tratta in totale di poco meno di<br />
una decina di lavori tutti caratterizzati da una forte ricerca di una dimensione interiore e di un<br />
mondo poetico che in qualche maniera poteva avvicinare il compositore alla sensibilità dell’amico.<br />
Lo stesso <strong>Takemitsu</strong> presenta così il suo brano <strong>Nostalghia</strong>:<br />
Il titolo “<strong>Nostalghia</strong>” in italiano deriva dal titolo di un film drammatico diretto dal regista<br />
sovietico Andrei Tarkovskij che ha incontrato una morte prematura nel 1986 a Parigi, suo rifugio<br />
politico. E questa musica è stata scritta come un ricordo di Tarkovskij.<br />
Una semplice melodia ricca di pathos, introdotta dal <strong>violino</strong> solo, è dominante sulla musica.<br />
Talvolta l’<strong>orchestra</strong> d’archi divisa crea una sensazione di acqua e foschia, che è una immagine<br />
caratteristica dei film di Tarkovskij e anche la musica vuole essere come un ricordo totale avvolto<br />
in un sentimento elegante e nostalgico.<br />
Il carattere eminentemente funebre di questo brano deriva probabilmente dall’inevitabile<br />
riferimento con il Requiem <strong>per</strong> archi del 1957, unico altro brano destinato ad un utilizzo<br />
concertistico, con lo stesso organico. 9 Inoltre altre caratteristiche accumunano i due brani: il tempo<br />
iniziale estremamente lento, e l’indicazione calmo e lamentoso, sempre rubato suggeriscono<br />
anch’esse un collegamento al Requiem. Anche il modo in cui il brano comincia, una sola nota dal<br />
pianissimo che emerga da una sorta di flusso sonoro, è un atteggiamento che si può trovare nel<br />
Requiem e anche in molte altre composizioni di <strong>Takemitsu</strong>. Si può dire a ragione che questo modo<br />
di cominciare sia una caratteristica dell’approccio di <strong>Takemitsu</strong> al suono: una sorta di entrare<br />
lentamente <strong>per</strong> poi trovarsi in un tutto sonoro in continuo divenire.<br />
L’indicazione metronomica iniziale è di 48 alla semiminima col punto e il metro adottato si<br />
presenta molto variabile, con indicazioni che variano quasi ad ogni battuta. Resta tuttavia invariata<br />
l’unita di suddivisione. (Le indicazioni della sola prima pagina sono 9/8, 10/8, 8/8, 14/8, 9/8).<br />
Tuttavia in alcuni punti viene di poco aumentato l’indicazione di metronomo (b. 17, 28, 32 ecc.) e<br />
9 Requiem è stato il brano che ha cambiato radicalmente la posizione di <strong>Takemitsu</strong> rispetto alla critica ufficiale. In<br />
maniera quasi casuale è stato ascoltato e apprezzato da Strawinskij durante la sua visita in Giappone, dando imm<strong>ed</strong>iata<br />
notorietà al suo compositore.<br />
13
portata a 72 alla semiminima. Sono inoltre presenti molti segni che suggeriscono degli accelerandi e<br />
rallentandi; tutto questo rende il brano estremamente libero, una sorta di flusso della memoria e del<br />
cuore apparentemente libero da schemi ritmici regolari.<br />
Una macrostruttura del brano può essere ipotizzata suddividendo il brano in tre episodi, creando<br />
così una forma ciclica A B A 1 . Tuttavia può anche essere ipotizzata una forma ciclica più ampia,<br />
una sorta di Rondò A B A 1 C A 2 D A Coda. Propendo tuttavia <strong>per</strong> una suddivisione più sintetica e<br />
preferisco raggruppare nell’episodio centrale una serie di sottoepisodi che comprendono anche<br />
sporadici ritorni più o meno variati del tema iniziale.<br />
La macrostruttura individuata è quindi la seguente:<br />
A: da battuta 1 a battuta 35;<br />
B: da battuta 36 a battuta 83;<br />
A 1 : da battuta 84 a battuta 138.<br />
Primo episodio<br />
Nonostante tutte le affinità con il Requiem del 1957, <strong>Nostalghia</strong> è un brano appartenente all’ultimo<br />
<strong>per</strong>iodo di <strong>Takemitsu</strong>, <strong>per</strong>iodo in cui il linguaggio armonico è in molti punti più a<strong>per</strong>tamente tonale.<br />
Ne è un esempio l’accordo di do minore della battuta 5 da cui parte il <strong>violino</strong> solista.<br />
Il nucleo generatore melodico-armonico, è dato dalle quattro note iniziali del <strong>violino</strong> solista:<br />
Tuttavia il materiale melodico non sempre scaturisce dalle scale adottate, ma molto spesso si muove<br />
tra cromatismi dei modi utilizzati utilizzando quindi anche note estranee e apparentemente lontane<br />
rispetto al contesto modale adottato.<br />
Spesso <strong>Takemitsu</strong> utilizza diversi criteri compositivi e li sovrappone stratificandoli. Nel nostro caso<br />
viene infatti utlizzato:<br />
- criterio intervallare<br />
- criterio modale<br />
- criterio modale con cromatismi.<br />
14
Le prime 4 misure hanno funzione di introduzione all’intervento del solista e presentano<br />
melodicamente una contrazione intervallare del moto contrario (o rovescio) di quello che abbiamo<br />
chiamato “nucleo generatore”. Le entrate dei singoli suoni creano fin dall’inizio delle atmosfere<br />
estremamente suggestive <strong>ed</strong> inoltre interessanti da un punto di vista analitico. La prima battuta<br />
infatti genera tra i suoni dei continui rapporti di 4 ecc<strong>ed</strong>ente, tuttavia questa tensione viene <strong>per</strong> così<br />
dire stem<strong>per</strong>ata attraverso appoggiature di semitono <strong>per</strong> arrivare ad un cluster composto da un<br />
frammento di scala esatonale. È tuttavia possibile leggere questo accordo di 4 suoni vicini distanti<br />
un tono intero come l’accostamento di due intervalli armonici 2 terza maggiore, quindi come una<br />
contrazione dell’intervallo di 4 ecc<strong>ed</strong>ente non verso la 5 giusta ma verso la terza. 10<br />
L’episodio di risposta delle battute 3 e 4 consiste in una trasposizione una terza minore sopra delle<br />
due battute prec<strong>ed</strong>enti. A battuta 5 entra il <strong>violino</strong> solista ma è tuttavia significativo notare che fino<br />
alla battuta 32, con la quale comincia una sorta di cadenza del solista, il <strong>violino</strong> solo interviene<br />
raddoppiando i primi o i secondi e solo talvolta fiorendo la melodia con note di passaggio o con<br />
rapidi arpeggi verso l’acuto, generalmente terminanti con armonici. (b. 7,12,16,ecc.)<br />
Si può inoltre osservare una scrittura violinistica molto evoluta che va a sfruttare appieno le<br />
caratteristiche degli archi in un contesto riflessivo e drammatico come questo. L’<strong>orchestra</strong> è molto<br />
spesso divisa e la ricerca timbrica è quanto mai approfondita. 11<br />
Le armonie che vengono a formarsi si generano in ordine a due criteri principali: alcune derivano da<br />
una sovrapposizione di intervalli (un esempio ne è l’accordo risultante di battuta 2), altre invece<br />
derivano da triadi desunte dai modi utilizzati. Fin dall’inizio è possibile osservare come l’intervallo<br />
di quarta ecc<strong>ed</strong>ente generi accordi <strong>ed</strong> arpeggi contenenti l’ottava diminuita o, se utilizzato nel suo<br />
rivolto, l’ottava aumentata. A queste triadi aumentate sono tuttavia affiancate triadi minori (accordo<br />
di do minore di b. 5) od accordi più complessi con note che apparentemente fungono da nona,<br />
undicesima e tr<strong>ed</strong>icesima (accordo di b.8). Queste armonie sono generate da una scala di 6 suoni<br />
10 è tuttavia possibile interpretare enarmonicamente la 4 ecc<strong>ed</strong>ente, in ogni caso quello che si vuole far notare è un<br />
atteggiamento di introflessione dell’elemento intervallare.<br />
11 Si confronti con l’introduzione, in riferimento all’estrema sensibilità verso la componente timbrica della mentalità<br />
giapponese.<br />
15
molto utilizzata da <strong>Takemitsu</strong>, che possi<strong>ed</strong>e particolari proprietà simmetriche. Infatti il suo<br />
complementare non è altro che una trasposizione della stessa scala. Essa è formata da intervalli di<br />
terza minore e di semitono: possono quindi formarsi tutti gli accordi prec<strong>ed</strong>entemente descritti.<br />
Dagli arpeggi del <strong>violino</strong> solista, si può desumere un altro atteggiamento melodico, con<br />
ri<strong>per</strong>cussione armonica, caratteristico dell’intera composizione. Un esempio esplicito ne è<br />
l’arpeggio di battuta 9 e 10: l’intervallo di terza maggiore si dilata man mano che si proc<strong>ed</strong>e verso<br />
l’acuto, diventando quarta ecc<strong>ed</strong>ente creando un intervallo complessivo di ottava diminuita o più<br />
che diminuita.<br />
Ri<strong>per</strong>correndo il primo episodio si può notare come a battuta 8 ci sia una nuova esposizione della<br />
cellula melodica iniziale <strong>per</strong> arrivare a battuta 13 dove comincia un breve dialogo tra l’<strong>orchestra</strong> e il<br />
solista partendo da una trasposizione del tema <strong>per</strong> moto retrogrado. Il movimento cromatico<br />
ascendente finale porta la frase musicale verso l’acuto in più riprese, creando anche movimenti di<br />
moto contrario tra solista e <strong>orchestra</strong> (es. b.20), <strong>per</strong> terminare con una nuova ripresa del tema<br />
trasposto una seconda maggiore sopra ancora una volta con armonie differenti. Fermandosi ad<br />
analizzare nel particolare la b. 27 si possono ritrovare tutti i proc<strong>ed</strong>imenti armonici descritti in<br />
prec<strong>ed</strong>enza: l’accordo degli armonici che da accordo maggiore si trasforma con movimento<br />
cromatico e di terza minore in accordo ecc<strong>ed</strong>ente e il movimento <strong>per</strong> moto contrario tra parti<br />
estreme che si appoggia su ottava diminuita e quarta ecc<strong>ed</strong>ente. Dopo un’ultima esposizione del<br />
tema da parte del solista a b.30, comincia un intervento a cadenza del solista che porta al secondo<br />
episodio. Il materiale utilizzato è sempre lo stesso: frammenti della scala sopra descritta (quindi 2m<br />
e 3M e 3m) e intervalli di 4 aumentata.<br />
Vista la grande importanza dell’elemento melodico, lo schema seguente riassume il movimento<br />
melodico complessivo dell’intera composizione. I valori utilizzati non rispecchiano le durate ma<br />
una più o meno regolarità dell’evento sonoro. Vengono inoltre segnati tutti i punti in cui ci sono dei<br />
riferimenti con quanto è avvenuto in prec<strong>ed</strong>enza, e le dinamiche culmine della composizione.<br />
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Secondo episodio<br />
Il secondo episodio si presenta fortemente frammentato e suddiviso in sottoepisodi. Se ne possono<br />
individuare almeno sette.<br />
Da battuta 36 a 47: caratterizzato da uno spunto di carattere imitativo, imitato melodicamente da<br />
Vle, Vl solo e Vl I. Da notare a battuta 38 la polimodalità tra <strong>orchestra</strong> (in particolare Vl I con lo<br />
spunto imitativo) e il frammento scalare discendente del solista. Dopo una gran pausa seguono delle<br />
battute in omoritmia in cui è possibile ricavare il frammento iniziale dai contorni melodici di<br />
diverse voci (Vl II b.41,42, VlI b. 41,42). Le battute 43 e 44 ri<strong>per</strong>corrono con variazioni ritmiche le<br />
battute 25 e 26, mentre le battute 45,46,47 corrispondono alle battute 27, 28, 29 ma trasportate un<br />
tono sopra.<br />
Da battuta 48 a 55: ampi arpeggi del <strong>violino</strong> solo caratterizzati dagli intervalli caratteristici: 2m,<br />
3M, 4ecc. È questo un episodio estremamente limpido che ben si contrappone alla densità del<br />
momento successivo.<br />
Da battuta 56 a 59: nonostante la durata sia di appena 4 misure è un sottoepisodio fortemente<br />
strutturato. L’<strong>orchestra</strong> è divisa e i Vl I sono addirittura divisi in 4. Qui è chiaramente visibile un<br />
proc<strong>ed</strong>imento compositivo utilizzato frequentemente da <strong>Takemitsu</strong>: l’adozione di un modo e<br />
contemporaneamente il suo utilizzo anche con note alterate. Il movimento scalare ascendente<br />
utilizza solamente le note della scala, mentre le brevi note in tremolo dei Vl I utilizzano anche note<br />
estranee, alterate. Le armonie generate dal modo utilizzato vengono poi trasportate una terza<br />
maggiore sopra nelle battute 58 e 59. La figura seguente esemplifica quanto sovraesposto.<br />
19
Da battuta 60 a 66: breve episodio incorniciato da battute in pausa. Utilizzo di una pseudo<br />
omoritmia <strong>per</strong> contrastare quanto avvenuto in prec<strong>ed</strong>enza, grande intraprendenza ritmico-melodica<br />
del solista rispetto all’<strong>orchestra</strong>.<br />
Da battuta 67 a 71: il solista espone <strong>per</strong> moto retrogrado il tema ma ben presto tutta l’<strong>orchestra</strong> si<br />
porta al fortissimo, culmine dell’intera composizione. Da battuta 69 un p<strong>ed</strong>ale dei contrabbassi sul<br />
do grave e l’intervallo di 5 dim dei Vl II, fanno da elementi di congiunzione con la frase successiva.<br />
Da battuta 72 a 80: su un’atmosfera rarefatta <strong>ed</strong> affascinante il solista riespone la testa del tema nel<br />
suo tono originario, ma improvvisamente interviene l’<strong>orchestra</strong> che si porta con una battuta di<br />
preparazione su un forte <strong>per</strong> poi ritornare al silenzio. Glissati <strong>ed</strong> armonici del solista portano alla<br />
frase successiva.<br />
Da battuta 80 a 83: breve cadenze del solista, una sorta di diluizione del materiale sonoro in<br />
preparazione alla ripresa successiva.<br />
Come si è notato questi momenti, pur avendo una loro consequenzialità, rimangono tuttavia come<br />
isolati, a tal punto che alcuni di essi sono quasi cesellati tra battute di pausa. A questo proposito è<br />
bene fare una breve digressione e spendere qualche parola su un concetto importantissimo non solo<br />
<strong>per</strong> il mondo poetico di <strong>Takemitsu</strong>, ma anche <strong>per</strong> l’intero sistema filosofico giapponese: il concetto<br />
di ma. Si potrebbe dare del ma la seguente definizione: «Il ma è una forza espressiva che riempie il<br />
vuoto tra gli oggetti separati nel tempo e nello spazio». Fondamentale è in tal senso che il vuoto<br />
venga ad acquistare una connotazione attiva e non più passiva: è verissimo <strong>ed</strong> è una delle grandi<br />
differenze (più che altro in senso quantitativo <strong>per</strong>ò) tra la civiltà dell'Oriente e quella dell'Occidente.<br />
Il contrasto tra pieno e vuoto, oppure fra suono e silenzio, non sta casualmente al centro della<br />
speculazione orientaleggiante di John Cage e di tutti quei compositori occidentali che hanno saputo<br />
tendere l'orecchio verso l'Oriente. Per cercare di capire il ribaltamento prospettico tra i due piani del<br />
suono e del silenzio implicato neI concetto di ma, si può ritornare alle parole di Kenjiro Miyamoto,<br />
<strong>per</strong> il quale il silenzio non è qualcosa di vuoto, ma piuttosto qualcosa riempito dagli innumerevoli<br />
suoni e rumori dello spazio.<br />
La funzione della musica sarebbe dunque quella di portare alla vita gli infiniti suoni del silenzio.<br />
Per comprendere adeguatamente la concezione attiva del vuoto occorre <strong>per</strong>ò rifarsi alla grande<br />
tradizione della pittura cinese <strong>per</strong> la quale il vuoto non è, come saremmo portati a pensare, qualcosa<br />
di vago e inesistente, ma piuttosto un elemento essenzialmente dinamico, direttamente connesso con<br />
l'idea dei soffi vitali yin-yang. Il vuoto è il luogo <strong>per</strong> eccellenza nel quale si o<strong>per</strong>ano le mutazioni, il<br />
luogo quindi nel quale il pieno può raggiungere la sua pienezza. Nel suo saggio Vide et Plein<br />
François Cheng, commentando i dipinti del <strong>per</strong>iodo Song, scrive: «In certi quadri si può notare che<br />
20
il Vuoto (spazio non dipinto) arriva ad occupare due terzi della tela. Davanti a quadri del genere<br />
<strong>per</strong>fino uno spettatore ingenuo avverte confusamente che il Vuoto non è una presenza inerte e che<br />
esso è <strong>per</strong>corso da soffi che collegano il mondo visibile a quello invisibile... <strong>per</strong> esempio tra la<br />
montagna e l'acqua, che costituiscono i due poli, circola il vuoto rappresentato dalla nuvola. È<br />
quest'ultima a svolgere una funzione interm<strong>ed</strong>ia tra i due poli apparentemente antinomici. La<br />
nuvola, nata dalla condensazione dell'acqua, assume la forma della montagna, venendo a creare così<br />
un processo di divenire reciproco tra la montagna e l'acqua».<br />
Il tema della montagna sul quale si regge gran parte della pittura cinese, è antichissimo e<br />
grandioso 12 . Questo tema è connesso a quello più generale e onni<strong>per</strong>vasivo del Vuoto, e basterà<br />
sfogliare le antologie degli scritti di Lao Tseu <strong>per</strong> coglierne la centralità:<br />
«Trenta raggi si congiungono in un unico mozzo: questo vuoto nel carro ne <strong>per</strong>mette l'uso. Da<br />
una zolla di argilla si forma un vaso; è il vuoto nel vaso a <strong>per</strong>metterne l'uso. In una stanza si<br />
dispongono porte e finestre; ma è il vuoto nella stanza a <strong>per</strong>metterne l'uso. L'avere costituisce il<br />
vantaggio ma è il non avere a consentirne l'uso». E poco oltre: «Niente al mondo è più soffice e più<br />
debole dell'acqua. Ma <strong>per</strong> attaccare quello che è forte, chi potrà uguagliare l'acqua? Il vuoto che è in<br />
lei la rende capace di produrre trasformazioni» e quindi: «Quello che c'è al mondo di più tenero<br />
trionferà alla lunga su quello che è più solido».<br />
Quel concetto di interconnessione al quale il ma chiaramente allude, sviluppa tutta la sua<br />
potenzialità, solo se colto in queste sue antichissime radici filosofiche. Naturalmente anche la<br />
musica dell'Occidente ha grande considerazione del valore dei silenzi ma si tratta di un'attenzione<br />
più episodica, ovvero di un atteggiamento contemplativo dal quale si viene distolti dall'incalzare<br />
della dynamis dell' o<strong>per</strong>a che proc<strong>ed</strong>e. Si può aggiungere che si possono trovare nella nostra musica<br />
dei punti di contatto, magari anche impressionanti (l'idea di silenzio come suoni che pulsano<br />
inudibili nello spazio presenta da noi delle magiche riverberazioni nelle o<strong>per</strong>e di Varèse, di Bartok,<br />
di Cage, di Feldman, di Sciarrino, di Nono, giusto <strong>per</strong> citare alcuni compositori tra loro molto<br />
diversi) ma non va trascurato che si tratta di analogie che si sviluppano essenzialmente nella sfera<br />
dei concetti.<br />
12 Per avere un'idea moderna e suggestiva della centralità del tema della montagna nella cultura cinese si legga il<br />
romanzo di Gao Xin,fan, La montagna dell'anima, Milano, Rizzoli, 2002.<br />
21
Terzo Episodio<br />
Nonostante la ripresa vera e propria avvenga solamente a b.118, si possono pensare tutte le battute<br />
che prec<strong>ed</strong>ono come una progressiva introduzione ad una nuova riesposizione del tema. Inoltre la<br />
breve cadenza del <strong>violino</strong> solista delle battute 80-85 può separare queste due parti, come è avvenuto<br />
al termine del primo episodio. La ragione forse più profonda è comunque che in questa ripresa del<br />
tema allo stesso tono di partenza, l’<strong>orchestra</strong> accompagna esattamente con le stesse note (c’è<br />
tuttavia una trasposizione all’ottava su<strong>per</strong>iore).<br />
Da battuta 92 a 103 si può trovare il momento forse più giapponese di tutta la composizione. È<br />
probabilmente l’evocazione della foschia o della nebbia, secondo gli intenti didascalici dell’autore<br />
come presentazione dell’o<strong>per</strong>a. Su un ostinato di due battute (completo è visibile dalle battute 93,<br />
94), il <strong>violino</strong> solista esegue una scala discendente di cinque suoni spezzandone la continuità, dando<br />
così l’impressione di una nota p<strong>ed</strong>ale che torna su un pulviscolo di suoni. L’ostinato è così<br />
composto: un movimento cromatico in glissato di 4 ecc nelle viole, armonici nei vlc che generano<br />
accordi di ottava diminuita e quinta diminuita, varie note p<strong>ed</strong>ale in rapporto di 3M (enfatizzazione<br />
del quinto suono armonico), 4 ecc e 2M. Inoltre <strong>per</strong> tutto questo ostinato un fa grave dei violoncelli<br />
svolge funzione di p<strong>ed</strong>ale, quasi a rendere più statico possibile qualsiasi movimento si svolga<br />
all’interno.<br />
Le battute successive provengono dalle battute 43-45 del secondo episodio, e contrastano<br />
omoritmicamente con il pulviscolo sonoro di poco prec<strong>ed</strong>ente. Viene riesposto il tema trasportato<br />
una terza maggiore sopra e dopo alcuni arpeggi del solista si arriva alla vera e propria ripresa del<br />
tema (b. 118).<br />
A battuta 134 comincia la CODA. Lo spunto melodico è dato da una trasposizione un semitono<br />
sopra dell’elemento imitativo con cui comincia la seconda parte ma su un’armonia accordale<br />
dell’<strong>orchestra</strong>, il solista si sposta verso suoni più acuti, quasi alla ricerca di un punto di arrivo.<br />
L’accordo finale è quanto mai interessante: un accordo di mi bemolle maggiore con aggiunto il<br />
bicordo fa diesis-la. È possibile leggere in questo accordo tutte le note del tema generatore (fa<br />
diesis, sol, si bemolle, la), <strong>ed</strong> inoltre l’accordo di mi bemolle maggiore con cui termina il brano<br />
potrebbe avere anche una funzione catartica, o meglio rasserenante, rispetto al colore di do minore<br />
dell’inizio della composizione.<br />
22
È sorprendente notare come in una composizione di questo genere ci si trovi a parlare di semantica<br />
degli accordi (l’alternanza maggiore, minore) pur conservando tutte le caratteristiche di un pezzo<br />
contemporaneo che nulla ricicla dal passato, ma che anzi ci introduce in un mondo poetico unico e<br />
<strong>per</strong>sonalissimo. Questo è il risultato della ricerca espressiva musicale di <strong>Takemitsu</strong>, cercare una<br />
fusione tra Oriente e Occidente. Ma in fin dei conti questo non sarà mai possibile se non a costo di<br />
compromessi. E tutto questo <strong>Takemitsu</strong> lo sapeva e lo viveva profondamente. In una lettera scritta a<br />
Peter Serkin pochi giorni prima di morire egli espresse il desiderio di “avere un corpo sano come<br />
una balena” e di “nuotare in un oceano che non ha Oriente né Occidente”. Quindi non un unione tra<br />
i due poli, ma un essere liberi in una dimensione nuova.<br />
<strong>Nostalghia</strong> rappresenta questo essere fuori o meglio un essere dentro un vuoto che prende forma,<br />
colore e significato in relazione a quello che è intorno, senza alterarlo. È la manifestazione sonora<br />
del concetto del ma.<br />
23<br />
Padova, 5 luglio 2005