Kar'drak – La Poesia dei Draghi - Edizioni della Sera
Kar'drak – La Poesia dei Draghi - Edizioni della Sera
Kar'drak – La Poesia dei Draghi - Edizioni della Sera
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Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
K a r ’ d r a k<br />
L a P o e s i a d e i D r a g h i<br />
A p p r o f o n d i m e n t o<br />
“ D r a k ’ k a s t <strong>–</strong> S t o r i e d i D r a g h i ”<br />
E d i z i o n i d e l l a S e r a<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Kar’drak, la poesia <strong>dei</strong> draghi <strong>–</strong> Fabrizio Corselli<br />
Copyright©2008-2012<br />
Tutti i diritti riservati, è vietata la riproduzione anche parziale<br />
dell’opera. Opera senza fini di lucro.<br />
Tale opera non intende ledere I diritti <strong>dei</strong> relativi detentori.<br />
Immagine di copertina “Grey Havens” di John Howe.<br />
Immagini interne di Ciruelo Cabral.<br />
www.edizioni<strong>della</strong>sera.com<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Il Wyrm Tale,<br />
fra passato e presente<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Il Wyrm Tale è uno <strong>dei</strong> più potenti tra gli Aulmadònviel (i Racconti<br />
perduti). Creato un tempo per soggiogare i <strong>Draghi</strong>, adesso la sua<br />
funzione è quella di regolamentare come un vero e proprio codice le<br />
relazioni tra le creature draconiche di Orodrel e le restanti razze del<br />
piano. Si dice che i bardi e gl’incantatori più ambiziosi, per non dire<br />
corrotti, siano alla continua ricerca del Wyrm Tale per sottomettere<br />
nuovamente la razza draconica, innescando così una nuova una guerra.<br />
Storie di Bardi: Non molto tempo addietro, durante il periodo<br />
conosciuto come Era <strong>della</strong> Musica e <strong>della</strong> <strong>Poesia</strong>, saggi e bardi<br />
iniziarono a scrivere sui molteplici segreti del Mondo del Crepuscolo.<br />
Uno di loro, un bardo di nome Eldavyr, scoprì nelle antiche<br />
biblioteche di Gallarn, la città <strong>dei</strong> cantori, l’esistenza di mistiche<br />
canzoni composte per sottomettere e controllare i draghi; queste<br />
canzoni erano conosciute come Aulmadònviel ossia i “Racconti<br />
Perduti”. Composizioni capaci di innestare nel loro ascoltatore ogni<br />
tipo di sensazione e visione immaginifica, ma più di tutti, la capacità di<br />
sortire effetti magici legati al tipo di creatura, luogo, incantesimo<br />
presenti nel racconto stesso. Una storia che si ambientava nella Valle<br />
del Tempo avrebbe potuto fermare il tempo intorno al proprio<br />
narratore.<br />
Grazie a Eldavyr, circa dieci racconti perduti furono conosciuti nella<br />
maniera più errata... attraverso l’esperienza indotta; così molti bardi<br />
perirono a opera <strong>dei</strong> Racconti perduti, tra le fauci <strong>della</strong> propria<br />
immaginazione. Eldavyr divenne il guardiano degli aulmadònviel, e<br />
soltanto i bardi più meritevoli conobbero gli effetti di tali testi tramite<br />
l’apprendimento ma anche sulla loro pelle. Per questo il guardiano<br />
istituì il Circolo <strong>dei</strong> Bardi, un circolo i cui componenti furono scelti tra<br />
i più valenti cantori che avevano dedicato la loro vita alla ricerca di<br />
questi poemi mistici. Solo i più fortunati, coloro che trovarono un<br />
racconto perduto, entrarono a far parte del circolo.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Estratto significativo del Wyrm Tale (questa parte è chiamata “draknyr”,<br />
preposta alla funzione di sottomissione <strong>dei</strong> draghi):<br />
Del temibile drago di fuoco, anela il suo caldo soffio<br />
ancora la tenera carne e le avvinte membra di colui<br />
il quale, ere mortali al pari cavalca di enormi aquile<br />
dalla vermiglia livrea, tra sperduti e nivei orizzonti,<br />
lungamente assorti fra nubi di straordinario incanto.<br />
Ma impavida la lancia e nuda l'asta altresì scosse<br />
al di là d'una possente scaglia colore del rubino<br />
presto, si frantuma e s'addensa come vitrea spoglia.<br />
Ivi, l'ala si spezza di Nybeldumenor, drago eterno,<br />
la cui fiamma, adesso arde impetuosa e sì, iraconda<br />
tra le fucine <strong>della</strong> Terra, mentre nel ceruleo Mare<br />
scuote gl'antri oscuri altresì di orridi mostri marini<br />
le proprie tane, adagiate sul fondo di un tetro Abisso,<br />
poiché con cinico artiglio, esso coagula la sola ferita<br />
accesa nel corpo d'un elfo dalle silvestri lusinghe;<br />
così come polline al vento, d'un livido e tetro sentiero<br />
divampa il fuoco e finanche in volo, i semi dell'odio,<br />
incendiatisi poco alla volta dall'eroica volontà di chi,<br />
ora, il potere comanda sull'antica stirpe <strong>dei</strong> molti draghi.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Il Teframar,<br />
il linguaggio unificato<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Dopo che l’intervento di Nuvarrak, l’araldo <strong>dei</strong> draghi d’argento, ebbe<br />
sortito l’insperato successo nel riunire le due fazioni in guerra dopo la<br />
battaglia del Dyamar, la razza degli elfi e quella <strong>dei</strong> draghi iniziarono a<br />
lavorare insieme di comune accordo. Il Concilio di Orodrel fu così<br />
convocato tempestivamente e gli ambasciatori <strong>dei</strong> diversi popoli elfici<br />
invitati a prendervi parte, sedendo accanto ai maggiori esponenti delle<br />
caste draconiche. Per prima cosa, l’unità d’intenti fu avviato verso<br />
l’uniformazione del linguaggio; non un semplice linguaggio, bensì un<br />
unico codice che fosse condiviso dagli elfi e dai draghi, quale principale<br />
simbolo di eterna alleanza, e così fu. Il Tefrast, il linguaggio figurato <strong>dei</strong><br />
draghi venne fuso con l’eleamar, dando vita al Teframar: un codice di<br />
eccezionale flessibilità e potere, soprattutto dopo che la sua versatilità si<br />
dimostrò sorprendentemente utile nell’impiego <strong>della</strong> magia, dando<br />
successivamente vita alla Sfera <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong>; il periodo del Teframar ebbe<br />
grande risonanza in tutti i campi, non solo nella magia, ma anche per<br />
ciò che riguardava l’erboristeria, la medicina, l’arte <strong>della</strong> guerra, e in<br />
particolar modo la manipolazione runica, grazie alla casta degli elderi<br />
(<strong>della</strong> razza elfica). Quest’ultimo ambito ricopre, del resto, una larga<br />
fetta di implicazioni anche a livello architettonico, utilizzando le rune<br />
per sigillare il soffio <strong>dei</strong> draghi quale fonte di energia adatta alla<br />
costruzione di strutture di potere, per esempio nel caso delle Pietre<br />
Aurokos 1 .<br />
1 In questo periodo di grande fervore per la razza draconica, dove la<br />
manipolazione del soffio rende tali creature davvero temibili, le Pietre Aurokos<br />
giocano sicuramente un ruolo di primo ordine per la loro salvaguardia. Esse sono<br />
chiamate anche col nome di “Pietre Guardiane”, e manipolate dagli stessi <strong>Draghi</strong><br />
attraverso l’arte dell’incisione runica. Un’arte che fu loro insegnata in segno di<br />
amicizia dalla stirpe elfica. I <strong>Draghi</strong> ne hanno così avidamente imparato i segreti<br />
più profondi, sviluppando in particolar modo la manipolazione su rocce speciali,<br />
dai grandi poteri di protezione. Le Pietre Guardiane vengono impiegate per<br />
sigillare porte o semplicemente in difesa del proprio antro, a tutela di un grande<br />
tesoro. Queste particolari pietre sono alimentate da un soffio draconico e da esso<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Nello specifico, il codice unificato, oltre a rappresentare un vero e<br />
proprio codice condiviso dalle due razze, venne impiegato per statuire<br />
un nuovo tipo di magia che unisse la flessibilità degli incantesimi elfici<br />
con la potenza <strong>della</strong> sfera draconica. Del resto, le attivazioni di ogni<br />
elemento erano vincolate quasi sempre a parole di comando. Questo,<br />
perché il linguaggio adoperato per tali elementi era proprio il Teframar.<br />
Un insieme di suoni gutturali e parole brevi, miste a movimenti <strong>della</strong><br />
mano e delle dita nel definire in compartecipe azione figure<br />
geometriche quali cerchi, linee e mezzelune. Tipologia ereditata<br />
direttamente dal Tefrast, il linguaggio figurato <strong>dei</strong> draghi; esso si basa<br />
principalmente su una serie di rune disegnate nell'aria che<br />
accompagnano alcuni gruppi di fonemi o parole precise che<br />
l'interlocutore attua testualmente durante il discorso. Un esempio<br />
tipico ci proviene dal racconto del Drak’kast, quando Tyrintalle opera<br />
la magia dell'Inùmeathar su Elkodyas, incidendogli sul volto alcune<br />
rune del Teframar. Il linguaggio del Tefrast si basa in sostanza su curve<br />
e linee, e sul loro rapporto di intersezione o tangenza, o<br />
perpendicolarità e parallelismo, infondendogli così una potente<br />
dimensione metafisica.<br />
soltanto vivificate. Ciò rende molto più sicure le tane da occhi indiscreti e<br />
perseveranti avventurieri in cerca di ricchezza. Per alimentarle basta<br />
semplicemente dare adito al proprio soffio fino a sfamarle del tutto, almeno così<br />
sembra.Molte delle strutture Aurokos hanno svariate forme e grandezze, dallo<br />
stato di monoliti a vere e proprie sculture giganti, o ancora forme più piccole che<br />
richiamano animali volanti, sfere, colonne o anche medaglioni fino a giungere a<br />
vere e proprie incisioni runiche; destare un linguaggio inciso su una parete,<br />
soffiandovi sopra, è cosa davvero sorprendente. Il più delle volte, le pietre sono<br />
posizionate in punti strategici o addirittura distanziate l’una dall’altra. Alcune<br />
strutture più complesse prevedono perfino il loro essere alimentate<br />
contemporaneamente. Situazione quest’ultima che richiede al drago la divisione<br />
del soffio attraverso nyuarad (tecnica di manipolazione e mo<strong>della</strong>zione dello<br />
stesso).<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Nel periodo successivo all’alleanza, l'elimar venne insegnato, in gran<br />
segreto, a una parte degli Incantatori <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>della</strong> stessa stirpe<br />
eleamar, ma molti di loro ne abusarono, causando così la morte se non<br />
l'estinzione di tantissime creature draconiche. I <strong>Draghi</strong> del continente<br />
di Orodrel, di contro, decisero di sterminare tutti gli Incantatori di<br />
<strong>Draghi</strong> che fossero entrati in possesso del nuovo potere.<br />
Secondo alcune congetture, si dice che solo la stirpe degli Hadragnir<br />
abbia conservato tale segreto, e che solo pochi di essi continuino nel<br />
loro compito di pacieri delle razze antiche. Per ciò che riguarda invece<br />
Elkodyas, molte leggende sostengono che egli sia riuscito a piegare alla<br />
sua volontà il linguaggio dell'Elimar (nome elfico del Teframar),<br />
apprendendone perfino i più intimi segreti e sfumature, potendo così<br />
sintetizzare le formule d’evocazione in semplici comandi.<br />
Terefyr, il linguaggio delle lame<br />
In virtù dell’unificazione del linguaggio durante il periodo <strong>della</strong> grande<br />
alleanza, i maestri di spada che ottennero il titolo di Nau’arak 2 , grazie<br />
2 In seguito all’alleanza fra draghi ed elfi, alcune delle stesse caste elfiche, esistenti<br />
allora, modificarono le loro priorità se non l’intera visione del mondo. I guerrieri<br />
assunsero più la fisionomia di veri e propri difensori, non solo delle diverse tribù<br />
elfiche ma anche <strong>della</strong> maggior parte <strong>dei</strong> clan draconici. Per tale motivo, in<br />
accordo con le nuove leggi del Teframar, gli individui più promettenti iniziarono<br />
un arduo addestramento con i draghi quali effettivi mentori, imparando un uso<br />
ancor più efficace del compendio <strong>della</strong> magia con lo spirito <strong>della</strong> battaglia.<br />
Situazione questa che, purtroppo, alimentò fortissimi dissapori all’interno <strong>della</strong><br />
stessa classe, vedendo nei propri fratelli una sorta di tacito tradimento.<br />
Il Nau’arak, pur rimanendo sempre fedele alla causa del suo popolo, divenne<br />
un elemento nodale nella salvaguardia <strong>della</strong> stirpe draconica, un difensore<br />
impegnato nell’eliminazione di tutto ciò che poteva recare danno o morte a un<br />
drago. Altri, invece, preferirono la via <strong>della</strong> diplomazia e per questo svolsero<br />
l’importante funzione di ambasciatori, soprattutto come relatori al Concilio di<br />
Orodrel o di inviati presso le diverse tribù draconiche nel dirimere problemi<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
all’addestramento speciale ricevuto dai draghi, fusero il Teframar nella<br />
propria tecnica di spada, non solo quale risultato di un coordinamento<br />
perfetto ma altresì quale strumento di comunicazione silenziosa. Del<br />
resto, il Tefrast, il linguaggio <strong>dei</strong> draghi, si articola in una combinazione<br />
di forme, mezzelune, cerchi, linee e nella reciproca mescolanza di<br />
tangenze o intersecazioni, donandole una forte intelligibilità espressiva.<br />
Partendo da ciò, gli elfi, e i loro draghi d’appartenenza, hanno integrato<br />
tali figurazioni nelle movenze <strong>della</strong> propria tecnica di spada,<br />
riproponendo le stesse forme e strutture mediante mezzi giri, giri<br />
completi, curve e tanto altro, disegnati nell’aria da un semplice<br />
movimento; pertanto, fare scivolare il dorso <strong>della</strong> spada dietro il collo,<br />
oppure il colpire di piatto assunsero significati ben precisi. Alcune<br />
forme venivano in ogni modo accompagnate da esclamazioni o singole<br />
frasi, non più lunghe di tre o quattro parole che, miste alla forma<br />
principale, producevano un linguaggio simile al Teframar. Questo<br />
codice silenzioso fu chiamato dai Nau’arak col termine di “Terefyr, il<br />
linguaggio delle lame”.<br />
Alcune varianti del codice impiegavano al posto <strong>della</strong> parola, soffi o<br />
sospiri più o meno corti, modulandone volontariamente l’emissione<br />
d’aria. I maestri di spada ritenevano che questo sistema non riguardasse<br />
soltanto il codice silenzioso, che in parte riprendeva l’idea del soffio<br />
draconico, bensì che parimenti esso risultasse essere un particolare<br />
addestramento nel controllare efficacemente la respirazione durante<br />
l’esecuzione di una tecnica.<br />
I Nau’arak comunicavano fra di loro attraverso il Terefyr senza alcun<br />
problema. <strong>La</strong> comprensione di un messaggio era comunque<br />
subordinata allo stile di combattimento del maestro di spada, avendo<br />
per l’appunto un proprio modo personale di esprimersi, inserendo<br />
sostanziali varianti (per esempio, nel caso <strong>dei</strong> draghi di fuoco che erano<br />
interni fra fazioni; soprattutto nel cercare di portare un po’ di ordine nelle<br />
continue lotte intestine con i draghi cromatici.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
soliti rafforzare la modulazione <strong>dei</strong> sospiri, sembrando quasi <strong>dei</strong><br />
crepitii).<br />
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Gli elfi adrar<br />
I precursori del Kar’drak<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Tempo addietro, quando ancora i draghi e gli elfi vivevano fra loro in<br />
piena armonia, Adrafyr, il drago d’argento, concupì nelle forme<br />
metamorfosate di un elfo le principesse elfiche di tutti e quattro i<br />
Regni. Da questa unione nacquero gli Adrar, gli elfi-drago. Ben presto,<br />
il gesto di Adrafyr, come in un tacito riverbero, influenzò<br />
immancabilmente anche le altre razze draconiche, le quali, in gran<br />
segreto, come in una febbrile ossessione, si congegnarono nel trovare la<br />
soluzione al problema dell’accoppiamento, perché il loro nuovo<br />
prodotto venisse al mondo. <strong>La</strong> risposta arrivò dopo poco tempo, circa<br />
sei mesi passarono, e così i maghi vassalli delle relative caste draconiche<br />
giunsero a una conclusione unanime: l’uso delle pietre Balar, le pietre<br />
dracoban 3 preposte all’assimilazione delle abilità innate <strong>dei</strong> draghi (a<br />
3<br />
<strong>La</strong> Dracoban è una pietra dai grandi poteri, il più delle volte, incastonata sulla<br />
testa di un drago.<br />
<strong>La</strong> dracoban viene fusa a opera <strong>della</strong> propria madre genitrice, quando ancora il<br />
piccolo risiede dentro l’uovo, attraverso un processo di osmosi magica che i maghi<br />
chiamano “Fyur”, “l’alito”. Essa viene trattata preventivamente attraverso la magia<br />
del Teframar, inserendovi così incantesimi e abilità, ad hoc, che accresceranno il<br />
potere del drago, una volta divenuto adulto. <strong>La</strong> dracoban ha un pieno rapporto<br />
simbiotico con la creatura che l’accoglie, ed essa si evolve insieme al proprio<br />
“genitore”, in maniera duratura e in piena attività; pertanto è cura dello stesso<br />
destinatario “mantenerla in vita”. Egli la culla, la soffrega come lo si fa nei<br />
confronti di un tenero bimbo, la seduce e finanche l’ascolta quando sussurra al<br />
drago parole di superbo elogio. Alcune dracoban detengono perfino una vitalità<br />
propria, tale da governare la mente draconica, e così asservirla a ogni sobillato<br />
capriccio.<br />
Un tipico esempio di potenziamento derivato dalla dracoban è quello relativo<br />
al nyuarad, la manipolazione del soffio, ma tanti e tanti sono gli effetti che essa è<br />
in grado di sortire, in particolar modo, quelli legati, quasi per via genetica,<br />
all’essenza del drago, come l’immunità a un tipo di “respiro”, la resistenza alla<br />
magia o l’amplificazione <strong>dei</strong> propri sensi. Altre ancora, conosciute col nome di<br />
“Varanjr”, coadiuvano invece il drago nella propria crescita, accelerando i processi<br />
evolutivi e il passaggio ai nuovi stati dell’essere.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
differenza, per esempio, delle Varanjr che portano il drago a un nuovo<br />
stadio evolutivo, accrescendo così non solo la possanza fisica ma anche<br />
accelerando lo sviluppo <strong>dei</strong> propri poteri innati). Nemmeno a dire che<br />
la metamorfosi divenne il più agognato <strong>dei</strong> beni preziosi. <strong>La</strong> caccia fu<br />
feroce, e perfino alcune razze draconiche furono ostacolate, se non<br />
barbaramente uccise, nello specifico dai draghi cromatici. Una volta<br />
ottenute le pietre, ed evoluto il proprio status, i relativi primogeniti,<br />
anch’essi adesso nelle forme di elfi alti, chi silvani o ancora grigi e<br />
oscuri, chi sotto inganno e chi secondo un approccio consensuale, nella<br />
loro piena azione mimetica forgiarono in futuro nuove stirpi di adrar,<br />
correlate per indole e caratteristiche fisiche al proprio drago<br />
d’appartenenza.<br />
Nel tempo, gli adrar migrarono verso zone a loro congeniali per la<br />
propria sopravvivenza, e per far attecchire nuovi clan, ma soprattutto<br />
perché la convivenza con il ceppo originario divenne pressoché<br />
insostenibile. Per quanto i propositi di Adrafyr potessero apparire<br />
inizialmente buoni, purtroppo tale azione innescò dissidi e forti<br />
dissapori a causa di un’oggettiva incapacità degli adrar a insediarsi nei<br />
domini <strong>dei</strong> loro parenti. Alla base non v’era solamente un motivo<br />
d’orgoglio, in quanto chi era puro e chi non lo era, ma anche perché gli<br />
adrar rappresentavano davvero un pericolo in rapporto ai propri nemici<br />
draconici. L’attacco a un villaggio elfico, da parte di draghi, sarebbe<br />
stato inevitabile.<br />
L’eredità di Adrafyr<br />
Di sicuro, la cosa più importante che gli adrar hanno ereditato dai<br />
draghi è stata la conoscenza: un sapere millenario che si è perpetuato<br />
nel tempo grazie al loro incanto. Come lo è per la madre che infonde il<br />
sapere e la maggior parte delle nozioni al proprio piccolo, quando egli è<br />
ancora dentro l’uovo, in un’intima condivisione, così i capostipiti, e a<br />
seguire chi è loro succeduto, hanno instillato nelle menti degli adrar un<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
corredo genetico d’eccezione. Tutto ciò avviene mediante un processo<br />
musicale, un canto melodioso, alle orecchie degli umani sembra uno<br />
stridio metallico, noto come “ajar”, “il lamento”. Una sequenza di<br />
suoni gutturali e gorgheggi che richiamano il verso <strong>dei</strong> cuccioli di drago,<br />
perfuso <strong>della</strong> straordinaria melodia tipica degli elfi. Attraverso questo<br />
canto, il drago fornisce al proprio pupillo tutto ciò che gli è necessario<br />
in vita, dalle singole competenze all’amplificazione progressiva degli<br />
istinti, delle emozioni e <strong>dei</strong> sensi. In questo, la metodologia segue lo<br />
stessa schema <strong>dei</strong> draghi, con la differenza che, alla “schiusa dell’uovo”,<br />
ovvero alla nascita dell’adrar, il corredo, per quanto primitivo sia, si<br />
evolve rapidamente nell’arco di un mese. L’adrar tende così a soddisfare<br />
i propri bisogni andando, per prima cosa, a caccia. Anche nel<br />
combattimento, un adrar impiega il proprio “stile” in maniera primitiva<br />
e rudimentale, ma qui avrà bisogno in ogni modo di un mentore,<br />
ricevendo oltremodo dagli elfi la predisposizione all’uso di una spada o<br />
dell’arco, armi in cui gli elfi-drago eccellono.<br />
I maghi <strong>della</strong> razza, non proprio tutti, ereditano dal proprio<br />
“genitore”, specie se è stato anch’esso un mago, l’accesso a ciò che i<br />
draghi stessi chiamano draknamal, ossia “memoria primitiva”: una sorta<br />
di memoria alveare condivisa da tutte le creature draconiche; situazione<br />
che permette agli adrar di espandere la propria mente e di disporre di<br />
un maggior numero di incantesimi (situazione che oltremodo viene<br />
correlata all’ajar stesso durante la covata dell’uovo; secondo semplici<br />
congetture è facile pensare che la madre apra una serie di canali di<br />
condivisione col proprio nascituro finché all’interno).<br />
Un’ampia conoscenza, quindi, che spazia dal mondo degli elfi a<br />
quella <strong>dei</strong> draghi in una compartecipe fusione unica nel suo genere.<br />
Grazie al loro intimo legame con la natura e con ciò che li circonda,<br />
in particolar modo filtrate attraverso il loro sensi affinati, la casta <strong>dei</strong><br />
guardaboschi è tenuta in gran considerazione, rivelandosi ineccepibili<br />
cacciatori se non guide.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
L’Ajar<br />
<strong>La</strong> madre di un adrar è un elfo, e come tale investita del potere del<br />
canto e <strong>della</strong> musica. Alla stessa stregua d’una madre draconica, ella<br />
infonde al proprio nascituro il suo corredo genetico plasmandolo<br />
attraverso una melodia soave, ma che alle orecchie degli altri risuona<br />
come uno stridio, nota come Ajar, “il lamento”. Una serie di suoni<br />
acuti e gravi che richiamano il suono gutturale d’un drago. L’Ajar in<br />
virtù del suo potere mistico ha una doppia funzione; quella di<br />
amplificare la memoria del “neonato” e di fissarvi il sapere necessario<br />
per la sua crescita e sopravvivenza, e quella di sviluppare e fissare in<br />
maniera duratura le proprie abilità draconiche, soprattutto i sensi.<br />
Secondo alcune colorite congetture, gli adrar sarebbero, in virtù <strong>della</strong><br />
loro simbiosi materna, capaci di osservare il mondo attraverso gli occhi<br />
<strong>della</strong> madre, traducendo i suoni in immagini. Attraverso l’Ajar il<br />
nascituro “dialoga con la madre”.<br />
L’Ajar, capacità appartenente quindi di diritto a ogni creatura<br />
draconica di questo piano, in particolar modo agli Innuandili, i draghi<br />
<strong>della</strong> Luna, ha influenzato nel tempo la vita degli elfi-drago,<br />
derivandone un uso davvero straordinario. Il “lamento” non solo è<br />
impiegato come forma artistica ma come una sorta di chiave d’accesso<br />
alle molte strutture <strong>della</strong> città adrar, o perfino per parlare con gli<br />
animali o ancora con le piante; certo non tutti possono farlo. In base al<br />
tipo di adrar, ognuno ha sviluppato più o meno una funzione specifica.<br />
Per esempio, gli adrar <strong>dei</strong> draghi blu impiegano il lamento come grido<br />
di guerra per aumentare il proprio ardore in battaglia, mentre quelli<br />
d’argento per amplificare gli effetti delle proprie composizioni, nello<br />
specifico i bardi, e ancora quelli verdi per “manipolare” alcune strutture<br />
arboricole o per parlare con le piante mediante una sorta di linguaggio<br />
mistico.<br />
Da questo punto di vista, l’ajar è in grado di plasmare la materia<br />
circostante e i pensieri ma soprattutto le emozioni, divenendo una sorta<br />
di potere di manipolazione; e tutto questo attraverso la musica e il<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
canto quali mediatori eterei. Potere di cui fanno uso gli hadragnir<br />
(incantatori di draghi).<br />
Arti e Architettura<br />
Il popolo adrar è noto per la sua propensione alle arti e sensibilità al<br />
bello, eredità diretta degli elfi e corroborata dalla conoscenza <strong>dei</strong><br />
draghi, un connubio davvero straordinario. <strong>La</strong> musica e il canto, così<br />
come la danza fanno parte <strong>della</strong> loro vita quotidiana; l’eredità dell’ajar<br />
gioca un ruolo fondamentale. Danze rituali per propiziarsi il buon<br />
raccolto, per invocare la pioggia, canti alla propria divinità drago per<br />
ingraziarsi il favore in battaglia, e tanto altro. Questi aspetti che<br />
dapprima sono nati come “rituali” sono stati affinati nel tempo per<br />
diventare veri e propri stili di combattimento, arti <strong>della</strong> seduzione e<br />
dell’incanto, o ancora più semplice rafforzamenti nell’arte oratoria,<br />
soprattutto a vantaggio <strong>dei</strong> propri araldi. Anche i maestri di spada si<br />
sono evoluti attraverso la danza, rafforzando le coreografie e<br />
l’espressione magica mediante il muvarnak 4 , addirittura nel “dargli vita”<br />
4 Tatuaggio magico che caratterizza la razza degli adrar. Non tutti lo possiedono,<br />
ma solo i guerrieri più validi e gli eroi <strong>della</strong> loro razza che si sono distinti in grandi<br />
imprese.<br />
Grazie alla loro pelle, che possiede proprietà magiche intrinseche, gli adrar<br />
riescono ad animare il drago, veicolandolo a proprio piacere lungo il corpo;<br />
addirittura guerrieri esperti riescono a trasferirlo sulla propria arma,<br />
imprimendolo sulla lama. Il muvarnak viene oltremodo impiegato, per esempio,<br />
dai cantori durante le loro esecuzioni, in azione compartecipe alla musica o dai<br />
danzatori che ne riescono a tessere una mirabile scena in sincronia con i loro<br />
movimenti aggraziati.<br />
Nella società adrar, il muvarnak stabilisce anche il successore di un capoclan o<br />
comunque chi reggerà l’intero popolo. Grande rispetto, e timore parimenti, vi è<br />
nei confronti di chi lo porta, e raramente viene sfidato da un altro adrar bramoso<br />
di succedergli rapidamente. Solo adrar che possiedono un muvarnak possono<br />
sfidarne un altro. Dalla loro razza, il portatore di tale tatuaggio è chiamato<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
sfruttando l’emanazione magica del dyr 5 . Anche i bardi di un certo<br />
spessore impiegano “il drago” durante le loro esecuzioni modulando i<br />
suoi movimenti in sincronia con la musica. Un effetto che a occhi<br />
normali risulta estremamente prodigioso.<br />
Il gusto per la musica, la scultura e l’arte in genere, di contro, si<br />
riversa anche sulla dimensione architettonica che ne assorbe<br />
pienamente l’elemento mistico. Non è infatti strano assistere alla<br />
metamorfizzazione delle pietre o di alcune strutture sotto il dolce canto<br />
dell’ajar, o sotto lo stesso divenire fluide come l’acqua o ardenti come il<br />
fuoco di un drago. <strong>La</strong> città di un adrar è spesso mo<strong>della</strong>ta sulle<br />
potenzialità dell’ajar che ne diventa una diretta chiave mistica con la<br />
quale disvelare ogni suo segreto. Le fontane iniziano a zampillare a un<br />
semplice, melodico comando o le scale appianarsi o apparire poco a<br />
poco con ogni suo singolo gradino fino al proprio punto d’arrivo, sia<br />
esso un piano alto o medio; così come, in una città che si sviluppa in<br />
una foresta, è possibile tramite ajar comandarne i rami per salire,<br />
scendere, avviluppare oggetti o finanche gestire alcuni meccanismi.<br />
Kar’drak. Tale metamorfizzazione immancabilmente è stata adoperata<br />
dai bardi più valenti, nel considerare la poesia come “viva”; essa è un<br />
essere vivente e la parola ne è l’ormone preposto alla sua crescita. Da<br />
ciò, la visione architettonica è innanzi tempo applicata anche al verso<br />
“Anjala”, “soffio del drago”. Ciò nasce dalla credenza che, chi sia investito di un<br />
siffatto titolo, abbia accolto il soffio del drago <strong>dei</strong> primordi: una parte dello spirito<br />
d’un capostipite vive in lui, ed esso si manifesta ogni volta che ve ne sia occasione<br />
sottoforma del Koendrast, l’Ira del Drago.<br />
5 Esso rappresenta una sorta di modulazione cromatica che va sfumando sulla<br />
pelle dall’interno verso l’esterno, e che riprende i colori del proprio drago<br />
d’appartenenza. Un colore vellutato, morbido, quasi carnoso. Dagli adrar, questo<br />
tratto è chiamato col nome di “Dyr”, ossia “Aura”.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
nella sua perspicua valenza stereometrica, euritmica e anche<br />
metamorfica.<br />
Per l’esattezza, Eorel e Adjwir <strong>della</strong> gilda <strong>dei</strong> Bardi dell’Ovest,<br />
nell’alto <strong>della</strong> torre di Nut-Arnari cominciarono a disquisire di <strong>Poesia</strong><br />
in una maniera che prima ad ora mai era stata trattata nei circoli<br />
artistici più fecondi. Sotto l’impulso dell’unificazione del linguaggio del<br />
Teframar, in quanto eccelsi depositari d’ambedue le stirpi, i dialoghi<br />
ebbero come temi principali una congerie di elementi tali da<br />
rappresentare essi stessi una sorta di neo componenti materiali in vista<br />
<strong>della</strong> creazione di un nuovo incantesimo, unico nel suo genere: l’ajar e<br />
il suo grande potere di manipolazione legato alla musica, la scultura,<br />
l’architettura, ma soprattutto il muvarnak divennero le basi strutturali<br />
per una nuova poetica. Il tatuaggio <strong>dei</strong> draghi assunse così il ruolo<br />
nodale di unico e solo progetto mensurale capace di unire tutti questi<br />
elementi in un'unica forma letteraria. Il kar’drak si stava accingendo al<br />
suo preludio.<br />
Ajar e Adinarrak<br />
L’Ajar non fu solo una prerogativa dell’elfo-drago, bensì il suo impiego<br />
divenne focale nella lavorazione <strong>dei</strong> metalli draconici e, nella<br />
fattispecie, nella fabbricazione di armi e armature. Ciò grazie agli<br />
adinarrak, i fabbri-guerrieri. In particolar modo, gli adinarrak <strong>della</strong> razza<br />
adrar impiegarono il proprio ajar per mo<strong>della</strong>re e plasmare qualsiasi<br />
tipo di metallo draconico, dal dralyk al gelido argento. Una capacità che<br />
divenne nel tempo elemento d’invidia per gli stessi fabbri nanici. Una<br />
singola parola armoniosa avrebbe sollecitato le proprietà del metallo,<br />
fino a renderlo non solo flessibile ma un contenitore pronto a ricevere<br />
dal proprio fabbro il potere (draconico) destinatario.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Il Muvarnak<br />
e l’aspetto mensurale<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Una delle tante soluzioni discusse al concilio <strong>dei</strong> bardi, direttamente da<br />
Eorel, fu proprio l’impiego del muvarnak: uno straordinario tatuaggio,<br />
distintivo <strong>della</strong> razza <strong>dei</strong> mezzi-draghi, che riprende la forma del proprio<br />
drago d’appartenenza. <strong>La</strong> creatura in questione si diparte dal lato<br />
sinistro <strong>della</strong> testa, che in questa zona risulta essere rasata, seguendo la<br />
curvatura dell’orecchio per poi incrociare il collo e terminare con la<br />
punta <strong>della</strong> coda nel punto di congiunzione delle due clavicole (sul lato<br />
destro). Le sue ali sono chiuse.<br />
Un semplice tatuaggio all’apparenza, ma che all’attento sguardo di<br />
un esperto osservatore risulta essere una sorta di glifo, di sigillo dalle<br />
grandi proprietà mistiche oltre che concettuali. I grandi maestri di<br />
spada, i bardi o gli stessi maghi ne erano consapevoli, tanto da riuscire<br />
perfino ad animarlo, chi sotto il potere <strong>della</strong> musica, chi <strong>della</strong> magia,<br />
impiegandolo nelle più disparate azioni di combattimento o<br />
semplicemente per intrattenere il pubblico o finanche usarlo per<br />
l’ipnosi. Ma, senza ombra di dubbio, il suo utilizzo più straordinario è<br />
stato adoperato proprio dal concilio <strong>dei</strong> bardi per gettare le basi di una<br />
nuova poetica, un nuovo stile di composizione.<br />
Il concetto base di questa nuova fase progettuale si rifece quindi, in<br />
maniera intima, alla forma del drago, nella fattispecie a quella del<br />
muvarnak, e ogni sua parte o azione divenne sinonimo di elemento<br />
compositivo, di elemento mensurale. Il verso venne così chiamato<br />
anzitempo “kar” (parte) mentre la strofa “karad” (organo); la poesia<br />
assunse il titolo di Kar’drak, “<strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> draghi”. Il relativo poeta<br />
karaddyr (contrapposto al Syrd, poeta che lega i suoi versi a un<br />
Elemento) o anche karadrak. L’organo al quale si fa continuo<br />
riferimento è secondo gli studiosi il cuore, mentre per altri il ventriglio,<br />
e così anche la ghiandola preposta al soffio. Molte del resto sono le<br />
forme espressive colorite che lasciano intendere tanto l’uno quanto<br />
l’altro. Era consuetudine fra i bardi dire che “il poeta soffia versi”, o che<br />
la sua arte era “pulsante” (meralis, in draconico), o che dallo stomaco<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
(nella fattispecie riferendosi al ventriglio) provenisse l’energia per<br />
l’emissione” del verso o “stringere il cuore fra gli artigli” per indicare la<br />
forza suggestiva di un verso.<br />
Quindi molti sono i parallelismi. Eorel statuì il primo fra tutti, ed<br />
esattamente non una parte corporea, ma una caratteristica legata<br />
proprio alla poesia quale ingrediente fondamentale: l’urdram, “battito”.<br />
Il termine ha un diretto riferimento alla tensione del budello draconico<br />
impiegato come timpano del tamburo. Pertanto il bardo avviò il<br />
progetto partendo proprio dalla questione del ritmo, <strong>della</strong> sua<br />
uniformità musicale e in particolar modo dalla gestione delle pause<br />
(inizialmente confuso con la pulsazione del cuore). A seguire poi, la<br />
strutturazione d’ogni verso a frange (nyr) che richiama le spine dorsali o<br />
le creste del drago, donando oltremodo una particolare discontinuità<br />
euritmica (la creatura draconica viene pur sempre vista come un essere<br />
connaturato al Caos, e ciò si ripercuote concettualmente anche nel suo<br />
linguaggio, ricostruendone la relativa “disarmonia” attraverso le figure<br />
di rottura <strong>della</strong> regolarità sintattica, quali l’Anastrofe e l’Iperbato). Da<br />
qui, il nome di nyrtarak (ossia “creatore di frange”). <strong>La</strong> coda (alykar)<br />
venne associata all’ultimo verso <strong>della</strong> nuova stanza (formata da cinque<br />
versi, con uno spazio bianco fra il terzo e il quarto), avente per la<br />
precisione una funzione straniante, capace di imperversare con una sua<br />
personale frustata espressiva, in maniera quasi inattesa, e ai limiti <strong>della</strong><br />
forma ellittica. Non mancano poi le fauci (erjkar), nella diretta<br />
proiezione di un’apertura elastica, una tensione quasi tendinea fra le<br />
diverse parole (tensione dialettica), e ancora gli artigli (adjkar), intesi più<br />
come un modus <strong>della</strong> poesia di stringere nella propria morsa<br />
incantatoria l’ascoltatore, la capacità delle parole di persuadere gli<br />
animi più sensibili. Ma il più controverso fra tutti questi elementi, è di<br />
sicuro quello dello spazio bianco (selemar); situazione che ha creato<br />
molta confusione e motivo di litigio fra i diversi assertori di quest’arte<br />
poetica. Lo spazio bianco emulerebbe il breve singulto che precede il<br />
soffio del drago, la “pausa” che ne anticipa il rilascio, fino a convergere<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
verso l’ultimo kar (aly-kar, “parte posteriore”) che si veste di una<br />
fortissima sinteticità (“Del nulla, il suo silenzio”, “Invalicabile è il guado”,<br />
“Spirito guerriero il suo”). Lo spazio bianco perde così il suo valore di<br />
meditazione lirica, di sostituzione alla punteggiatura e alle pause<br />
canoniche, conservando soltanto il suo aspetto grafico (e non di<br />
intervallo). A detta di molti, quello spazio bianco verrebbe risoluto, in<br />
sede di lettura, come una normale pausa di fine verso, se non più<br />
rapida (come il saettare rapido <strong>della</strong> lingua del drago in un pieno gesto<br />
di autocompiacimento).<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Il Nùmenak,<br />
il linguaggio figurato<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Molti studiosi sostengono che il linguaggio che ha contribuito alla<br />
nascita del Kar’drak, non è stato proprio il Tefrast, pur nella sua intima<br />
unione con l’eleamar, ma un nuovo linguaggio nato come derivazione<br />
del draconico, ovvero il nùmenak, impiegato dalla maggior parte <strong>dei</strong><br />
componenti dell’Anello del Drago 6 per comunicare in segreto o<br />
semplicemente per attivare alcuni meccanismi draconici; il myurnak ne<br />
è un tipico esempio. Un linguaggio che nelle mani degli adrar raggiunse<br />
le sue estreme conseguenze.<br />
Rispetto al draconico utilizzato dalla stragrande maggioranza <strong>dei</strong><br />
draghi e <strong>dei</strong> loro difensori, tale linguaggio presentava un alto numero di<br />
fonemi molto felpati, simulando in questo caso il sibilo del serpente. In<br />
6 Accade spesso che i draghi assoldino persone caratterizzate da una grande<br />
tempra non solo morale ma anche da un eccezionale valore bellico. Persone<br />
audaci, coraggiose e altresì determinate nel portare avanti la causa <strong>della</strong> stirpe<br />
draconica. Eroi capaci di superare la maggior parte degli ostacoli e delle difficoltà<br />
propinate dal mondo ostile <strong>dei</strong> draghi. Un mondo selvaggio, cruento e misterioso<br />
che aspetta solo di essere rivelato a uno sguardo più attento e rispettoso delle sue<br />
leggi.<br />
Il gruppo che viene sapientemente composto dai draghi, o in ogni modo anche<br />
da un singolo drago per la specifica missione, prende nella loro lingua il nome di<br />
Enjaras, ossia i “Convocati”; meglio noto come “Anello del Drago”. <strong>La</strong> maggior<br />
parte <strong>dei</strong> componenti sono così assoldati fra cacciatori, maghi esperti, guerrieri<br />
valorosi, contemplando finanche quella esigua porzione di nani che hanno<br />
giurato fedeltà alla causa delle antiche creature. Molti degli elfi, seppur hanno<br />
stretto l’alleanza con i draghi stessi, preferiscono la via solitaria o comunque avere<br />
un rapporto diretto col proprio mentore, contemplando la categoria dell’araldo.<br />
In particolar modo gli elfi, quelli più determinati e dotati di eccelse attitudini al<br />
combattimento, prendono la via del nau’arak (un maestro di spada che opera<br />
quale campione <strong>dei</strong> draghi nel dirimere le faccende interne al clan draconico<br />
d’appartenenza; il più delle volte la pace fra i draghi si risolve sul filo <strong>della</strong> lama,<br />
imponendo al campione sconfitto il da’aruk, ossia “la cicatrice <strong>della</strong> vergogna”; un<br />
segno indelebile sul corpo del guerriero che attesta la sottomissione di un clan a<br />
un altro. Ma questa è un’altra storia).<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
alcuni casi, invece, per esempio laddove la lingua si andava facendo<br />
molto più dura, citando scatti d’ira o stati di agitazione, i termini<br />
subivano l’affiancamento di vere e proprie protesi, note col nome di<br />
menàr (per esempio l’aggiunta del fonema var o darak che esprimono<br />
intensità, forza, potere; secondo gli studiosi, questi termini non hanno<br />
un vero significato proprio, ma indicano semplicemente una sfera<br />
emotiva. Questa parte, di sicuro, è la più importante a livello di<br />
connessioni con il misticismo <strong>della</strong> “<strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong>”). Da questo<br />
punto di vista, il nùmenak era molto più vicino alla funzione d’incanto <strong>della</strong><br />
parola e <strong>della</strong> musica che tuttora caratterizza l’azione degli hadragnir, gli<br />
incantatori di draghi.<br />
Il nùmenak giocava un ruolo molto importante non solo nei casi<br />
sopra citati, bensì divenne un modo sicuro per comunicare con il<br />
proprio drago d’appartenenza, soprattutto in caso di informazioni<br />
molto segrete. Inoltre, laddove non fosse stato possibile comunicare<br />
verbalmente con alcune creature draconiche, le appendici linguistiche<br />
<strong>della</strong> sfera emotiva (menàr) sarebbero state incise o scritte sul terreno,<br />
su una roccia, su una foglia, a mo’ di runa, in modo da stabilire con il<br />
drago il tipo di rapporto. Il termine era disegnato o scritto per esteso<br />
davanti ai suoi occhi.<br />
I menàr avevano il vantaggio di essere compresi anche da creature<br />
mistiche o draconiche anche mediamente intelligenti. Alcuni<br />
componenti di un Anello del Drago o alcuni adrar comunicavano a tali<br />
esseri le proprie intenzioni non ostili. Del resto, l’incanto del nùmenak<br />
riponeva in sé un tale portento da temperare l’indole più aggressiva<br />
(potere che sta alla base dell’Amber-draxa 7 <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>della</strong> Luna). Esso<br />
era pur sempre distintivo <strong>della</strong> forza di un drago e deteneva di esso<br />
l’atavico sapere. I maghi consideravano tali appendici <strong>dei</strong> veri e propri<br />
7 Potere detenuto dai <strong>Draghi</strong> <strong>della</strong> Luna (Innuandili). Attraverso di esso, i draghi<br />
sono in grado di modificare o influenzare la condotta morale di un altro drago,<br />
oltremodo facendolo propendere verso il bene o il male.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
sigilli. L’effetto <strong>dei</strong> menàr non era comunque paragonabile a un<br />
incantesimo che influenzasse la mente del proprio bersaglio.<br />
Esempi di alcuni termini noti. Darak: odio; Elkàn: imposizione; Adros:<br />
volontà, determinazione; Var: sospetto; Nur: amichevole; Alajar:<br />
disarmonia, contrario; Hjil: triste; Fjrd: rabbia; Gwyl: vendetta; Nabbàr:<br />
sete di giustizia; Nas: condivisione. Gar: volo; Alloi: forma, sembianza;<br />
Medoi: furia, fuoco segreto <strong>–</strong> Andràs: potere, forma del drago.<br />
Drak’kast. Proprio nel Drak’kast, di un menàr in particolare, o meglio<br />
<strong>della</strong> fusione di due elementi, abbiamo l’esempio più lampante. <strong>La</strong><br />
citazione nello specifico si riferisce alla parola Elkànandras in rapporto al<br />
tentativo di Elkodyas di far ritorno alla propria natura. Egli “impone” a<br />
se stesso la propria natura primitiva (“impongo la forma del potere”;<br />
per estensione quella del drago). Un modo per aprire l’accesso al<br />
draknamal, la memoria primitiva che la maggior parte <strong>dei</strong> draghi<br />
condividono in virtù <strong>della</strong> loro natura, e da essa assorbire l’energia<br />
primordiale per alimentare il proprio spirito, accrescendo in tal<br />
maniera istinti, conoscenze e principalmente la consapevolezza di ciò<br />
che si è. Un tipo di menàr molto impiegato dai naùstarak, i draghi<br />
metamorfosati, soprattutto per far ritorno alla propria forma originaria,<br />
un’energia antica che va controllata, e il cui accesso può risultare<br />
davvero pericoloso. Da questo punto di vista, le parole, nello specifico i<br />
versi e così i menàr, rappresentano magiche parole di comando, chiavi<br />
di accesso alla memoria primigenia del draknamal; la musica è un<br />
potentissimo alleato e coadiuvatore capace di aprire cancelli di cui non<br />
esistono chiavi. I menàr si legano immancabilmente al “portento”<br />
(nimbar) degli elfi.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Nimbar, Nùmenak e Wyrm Tale<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Una delle caratteristiche principali del Kar’drak era senza dubbio la<br />
dimensione esigua che raggiungevano i suoi versi. Il verso era sì linfa<br />
plasmabile nelle mani del bardo, che operava al pari di una sirena<br />
tessendo l’incanto con variazioni ben precise e limpidezza del cristallo,<br />
ma parimenti esso si comportava come l’iride affilata del drago (nyen): si<br />
dilata e si contrae nell’esprimere il proprio ardore, il proprio impeto, la<br />
propria sapiente ponderazione di saggia creatura attraverso figurazioni<br />
serrate che travalicano le più alte vette liriche, un’immagine che<br />
s’impiglia nelle pupille del lettore a un semplice sguardo. Proprio sul<br />
principio di contrazione, gli elfi hanno consegnato ai draghi alcuni <strong>dei</strong><br />
loro maggiori segreti. Non a caso, il primo e terzo verso <strong>della</strong> “nuova<br />
stanza epica”, secondo schema, si riduceva drasticamente di dimensioni,<br />
fino a lambire la lunghezza di un’unica parola (o coppia di parole);<br />
questa particolare situazione era chiamata dalle creature con le orecchie<br />
a punta “Nimbar”, ossia “Portento”.<br />
L’uso del Nimbar nasce tendenzialmente dall’evoluzione del Wyrm<br />
Tale che per troppo tempo i bardi dell’Era <strong>della</strong> Musica e <strong>della</strong> <strong>Poesia</strong><br />
hanno usato in maniera smodata; in particolar modo soccombendo alla<br />
lunghezza onerosa <strong>dei</strong> suoi versi, poco pratici per l’attivazione di effetti<br />
magici in situazioni davvero letali. Il più delle volte l’uso del canto ha<br />
statuito la morte di molti cantori a causa del tempo richiesto per<br />
leggerne appena una strofa prima di sortire l’effetto sperato (perire sotto<br />
il soffio di un drago o di una sua artigliata).<br />
Di sicuro, la più grande invenzione in termini poetici e mistici fu la<br />
possibilità di incrociare alcuni versi o strofe fra loro per sortire<br />
altrettanti effetti straordinari (problema oltremodo risolto<br />
successivamente con la combinazione <strong>dei</strong> diversi menàr in posizione di<br />
parola di comando). A seguire, alcuni esempi dell’uso del Wyrm Tale e<br />
dell’uso dell’incrocio strofico.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Nota stilistica dell’autore.<br />
Del resto, a livello stilistico la riduzione del discorso all’essenziale era<br />
riferito quale modello di concisione al linguaggio laconico, proprio degli<br />
spartani; da ciò, tale riduzione si legava immancabilmente al dare gli<br />
ordini, allacciandoci oltremodo a quella che veniva definita imperatoria<br />
brevitas: “concisa espressione di comando”, tipica del linguaggio<br />
militare, che venne esteso anche alle diverse parti del discorso per la sua<br />
incisività espressiva.<br />
Effetto dell’incantesimo draconico Adjwal-Gamèras<br />
Ivi, l'ala si spezza di Nybeldumenor, drago eterno,<br />
la cui fiamma, adesso arde impetuosa e sì, iraconda<br />
tra le fucine <strong>della</strong> Terra, mentre nel ceruleo Mare<br />
scuote gl'antri oscuri altresì di orridi mostri marini<br />
le proprie tane, adagiate sul fondo di un tetro Abisso,<br />
poiché con cinico artiglio, esso coagula la sola ferita<br />
accesa nel corpo d'un elfo dalle silvestri lusinghe;<br />
Declamando tali versi, insieme all’uso del proprio strumento, il bardo<br />
era capace di creare una rete d’energia che avrebbe avviluppato il corpo<br />
del drago, bloccandone il movimento delle ali. <strong>La</strong> finalità era quella di<br />
far schiantare per terra il drago in caduta libera.<br />
Effetto dell’incantesimo draconico Aldybrar-manantua<br />
così come polline al vento, d'un livido e tetro sentiero<br />
divampa il fuoco e finanche in volo, i semi dell'odio,<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
incendiatisi poco alla volta dall'eroica volontà di chi,<br />
ora, il potere comanda sull'antica stirpe <strong>dei</strong> molti draghi.<br />
Declamando tali versi, insieme all’uso del proprio strumento, il bardo<br />
era capace di creare intorno a sé una fitta cortina di polvere incendiaria.<br />
Il più delle volte si sfruttava il vento per trasportare il più lontano<br />
possibile tale coltre. Rompendo le corde del proprio strumento, il<br />
bardo avrebbe attivato la seconda parte dell’incantesimo ovvero il<br />
prender fuoco <strong>della</strong> polvere stessa. Il suo effetto finale era quello di un<br />
vero e proprio soffio di drago.<br />
Drak’kast: l’effetto di questo incantesimo viene sortito da Elkodyas<br />
semplicemente attraverso la fusione di due menàr (Garadros Alloimedoi).<br />
Effetto dell’incantesimo draconico Temprast<br />
Del temibile drago di fuoco, anela il suo caldo soffio<br />
ancora la tenera carne e le avvinte membra di colui<br />
il quale, ere mortali al pari cavalca di enormi aquile<br />
dalla vermiglia livrea, tra sperduti e nivei orizzonti,<br />
lungamente assorti fra nubi di straordinario incanto.<br />
Ma impavida la lancia e nuda l'asta altresì scosse<br />
al di là d'una possente scaglia colore del rubino<br />
presto, si frantuma e s'addensa come vitrea spoglia.<br />
Declamando tali versi, insieme all’uso del proprio strumento, il bardo<br />
era capace di agire sull’essenza del soffio di un drago, bloccandone il<br />
flusso o manipolandolo secondo la propria volontà, addirittura<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
accrescendone l’energia tale da farlo implodere all’interno <strong>della</strong><br />
creatura stessa. Successivamente, gli hadragnir <strong>dei</strong> draghi d’argento<br />
riuscirono a modulare l’effetto dell’incantesimo attribuendogli<br />
proprietà curative.<br />
Incrocio strofico: effetto dell’incantesimo Dyaralis<br />
così come polline al vento, d'un livido e tetro sentiero<br />
divampa il fuoco e finanche in volo, i semi dell'odio,<br />
lungamente assorti fra nubi di straordinario incanto.<br />
Declamando tali versi, insieme all’uso del proprio strumento, il bardo<br />
era capace di sortire il medesimo effetto dell’Aldybrar-manantua ma con<br />
effetti venefici ad ampio raggio.<br />
[Alla fine, è facile constatare come il Wyrm Tale sia stato creato non<br />
solo per soggiogare la volontà <strong>dei</strong> draghi (la maggior parte delle strofe<br />
relative sono andate perdute, fortunatamente) ma anche per creare<br />
effetti devastanti al pari di un drago]<br />
Con l’evoluzione del linguaggio, e l’apporto del sapere elfico, il lancio<br />
di un incantesimo si è snellito vertiginosamente, donando agli<br />
hadragnir un grande potere. Soprattutto la necessaria velocità per<br />
contrastare l’attacco di un drago. Ciò ha finanche reso spavaldi alcuni<br />
incantatori, i quali, per imperizia o per coraggio, chissà, si sono distinti<br />
nel combattimento corpo a copro pur utilizzando soltanto uno<br />
strumento musicale e il proprio canto quali armi.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
L’apporto <strong>della</strong> magia Silkstring<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
A corroborare la teoria del dimensionamento del verso, un ruolo<br />
fondamentale l’ha giocato l’uso di un nuovo incantesimo elfico a<br />
supporto dello strumento musicale, e nella fattispecie i Filamenti di<br />
Loirel (o meglio noto come Silkstring). Nello specifico l’incantesimo è<br />
stato creato dai maghi <strong>della</strong> razza elfica insieme a quelli <strong>della</strong> razza<br />
draconica, utilizzando inizialmente il budello draconico (fjar) quale<br />
componente magica, via via sostituendolo con un crine del proprio<br />
fruitore.<br />
L'incantesimo di Loirel, noto anche col nome di Silkstring (Fjar-lafir,<br />
in draconico), rappresenta tuttora uno <strong>dei</strong> più particolari incanti che<br />
influenzano la dimensione <strong>della</strong> musica. Questo incantesimo consiste<br />
nel sostituire le corde di uno strumento con i crini <strong>della</strong> propria<br />
chioma che, per effetto dello stesso, divengono così resistenti da<br />
sopportare perfino la pressione dell'artiglio di un drago. Per ogni corda<br />
sostituita, lo strumento amplifica non solo il potere ispirativo del<br />
proprio possessore ma anche quello compositivo. Tale oltremodo è il<br />
suo potere da permettere all’esecutore di agire sulle creature non morte<br />
(i bardi semplici per operare tale effetto ricorrono a una capacità detta<br />
Syndarre, ossia Spirito <strong>della</strong> Luna). Per poterne attivare l'effetto, il fruitore<br />
rompe contemporaneamente tutte le corde magiche (o solo alcune di<br />
esse in rapporto all’effetto desiderato); esistono elfi che agiscono sul<br />
cuore <strong>della</strong> vittima, facendolo esplodere per l'intensità dell'emozione<br />
generata dalla composizione. Nella fattispecie, gli Incantatori di <strong>Draghi</strong><br />
si sono specializzati sulle creature draconiche, ma il grande potere che<br />
ne derivava ha richiesto che sul proprio strumento musicale vi fossero<br />
perennemente montate le corde magiche, prodotte con l'incantesimo di<br />
Loirel. Molti degli strumenti appartenenti agli Incantatori difficilmente<br />
funzionavano con corde normali, come lo è nel caso di un comune<br />
bardo; per superare tale problema, i più fortunati impiegavano i<br />
Faraukast, le corde di budello draconico, senza dovere ricorrere ogni<br />
volta all'incantesimo elfico.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
In particolar modo, l’incantesimo divenne nodale per le forme<br />
metamorfosate, i cui artigli esercitavano una straordinaria pressione<br />
sulle corde, tale da romperle al primo arpeggio. Si può ben<br />
comprendere, a questo punto, la forza di un incantatore che adopera<br />
sinergicamente il linguaggio <strong>dei</strong> menàr in compartecipe azione con tale<br />
incantesimo.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Rapporti con la poesia del Syrd<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
Con la grande alleanza fra gli elfi e i draghi, coloro che non<br />
abbracciarono il nuovo linguaggio del Teframar, continuarono a<br />
perseguire i dettami <strong>della</strong> vecchia poetica dell’Era <strong>della</strong> Musica e <strong>della</strong><br />
<strong>Poesia</strong>, intensificando la sinergia fra la musica e la parola, tale da essere<br />
indissolubilmente ancorato a una specifica forza <strong>della</strong> Natura. Da ciò i<br />
poeti impiegarono l’Allitterazione, e altre figure foniche, per<br />
caratterizzare le loro composizioni, e finanche le loro tecniche di<br />
scrittura, in modo da distinguersi l’uno dall’altro. Pertanto quelli legati<br />
al fuoco impiegavano suoni quali la R, per la sua grandezza, e la U per il<br />
suo senso cupo, grave, tanto che la notte e l’ombra, a livello di temi,<br />
divennero colonne portanti di questi versificatori; quelli <strong>della</strong> terra, i<br />
suoni duri <strong>della</strong> G e <strong>della</strong> C, mentre quelli dell’acqua la V e la L per la<br />
loro morbidezza, levigatezza, la I per chiarezza e la A per l’ampiezza. I<br />
poeti legati all’aria usavano prettamente la S (detti per questo anche<br />
“poeti del sussurro”, tracciabili fra gli elfi grigi e quelli d’ombra).<br />
Si dice oltremodo che gli stessi draghi siano stati eccelsi mentori di<br />
Poetica, soprattutto interrelando queste sfumature all’interno del<br />
kar’drak. In particolar modo, un bardo di nome Elderjk, strinse<br />
amicizia con un syrd del fuoco, imparando da costui un uso inedito<br />
dell’allitterazione. Da qui in poi, molti furono i bardi, e addirittura gli<br />
hadragnir a prendere quali mentori tali poeti, utilizzando al meglio le<br />
parole dure e quelle legate all’aria (nella diretta emulazione<br />
onomatopeica del sibilo del serpente; situazione che valse ai poeti di<br />
tale casta una diretta correlazione con i draghi; un bene o un male?).<br />
I poeti del kar’drak impararono così ad attribuire ai suoni un valore<br />
simbolico specifico, generando significati congruenti. Come accennato<br />
prima, molti utilizzarono la U per definire meglio l’ombra, l’oscurità e<br />
la notte, così come i maestri di spada, attraverso il terefyr, impiegarono<br />
nelle loro composizioni lo stridore e la sottigliezza <strong>della</strong> I, avvicinandolo<br />
al clangore delle lame.<br />
Kar’drak <strong>–</strong> <strong>La</strong> <strong>Poesia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Draghi</strong> <strong>–</strong> Appendice
Appendice <strong>–</strong> Drak’kast, Storie di <strong>Draghi</strong><br />
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