1 INTRODUZIONE Luisella Brusa In apertura dell'anno ascoltiamo ...
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<strong>INTRODUZIONE</strong><br />
<strong>Luisella</strong> <strong>Brusa</strong><br />
<strong>In</strong> <strong>apertura</strong> dell’anno <strong>ascoltiamo</strong> Alfredo Zenoni che è un collega di Bruxelles. La prima cosa che<br />
direi di lui è che è qualcuno a cui la scuola lacaniana italiana deve molto, è qualcuno che ha seguito<br />
passo passo negli ultimi 20 anni la formazione di molti colleghi italiani e che si è speso largamente<br />
perché l’insegnamento lacaniano corrispondesse con il rigore che la scuola ha. E’ un AEM della<br />
Ecole della cause freudienne, riceve a Bruxelles, è docente della sezione clinica di brucelle, dal ’75<br />
per 30 anni ha diretto una comunità residenziale per la cura delle psicosi che ha lasciato solo un<br />
anno fa ed è autore di due libri tradotti in italiano: il titolo di quello edito da Bruno Mondatori è il<br />
corpo e il linguaggio nella psicoanalisi ed un altro è edito da Franco angeli e porta il titolo la<br />
psicosi e l’al di là del padre. Tema attuale per quest’anno in cui la scuola lacaniana ha come tema<br />
di lavoro Il nome del padre,anche in previsione del con grasso mondiale che ci sarà a Roma a<br />
luglio 2006. Alfredo Zenoni è allora al lavoro sull’al di là del padre nella psicosi.<br />
Detto tutto questo che è poco rispetto al lavoro ed alla vita di Alfredo Zenoni gli do il microfono per<br />
iniziare il lavoro sul quinto seminario che è il testo di cui ci occuperemo quest’anno.<br />
Alfredo Zenoni<br />
<strong>INTRODUZIONE</strong> AL QUINTO SEMINARIO DI LACAN<br />
Ringrazio i colleghi milanesi per questo invito che non è il primo, anche se erano già diversi anni<br />
che non venivo a Milano, anche se il compito di introdurre tutto un seminario di Lacan non è facile<br />
da assumere, soprattutto questo seminario, il Seminario Quinto, Le formazioni dell’inconscio che,<br />
come esposto nella quarta di copertina, è un seminario che contiene il cantiere di diversi scritti di<br />
quegli anni, che affronta diverse tematiche affrontate da lacan in quegli anni del suo insegnamento<br />
classico.<br />
Farne un’introduzione è una sfida a dirne l’essenziale senza allo stesso tempo trascurare ciò che ci<br />
può essere nei dettagli di nuovo e di interessante, quindi ho accolto questa sfida, di introdurre il<br />
seminario senza entrare troppo nel trattamento delle cose che saranno poi sviluppate singolarmente<br />
nel corso dell’anno.<br />
Cerchiamo di leggere i seminari più antichi di Lacan a partire naturalmente dall’attualità dei<br />
problemi clinici e degli sviluppi teorici che si sono avuti nella scuola, il che non vuole dire che la<br />
lettura di questi seminari sia secondaria, è interessante rileggerli, nella misura in cui ci permettono<br />
di rivedere il lavoro di Lacan nel suo farsi e nel modo in cui espone e tratta e supera, per riproporre<br />
più tardi, le difficoltà. E’interessante vedere questo movimento della ricerca, che si osserva anche a<br />
volte da una settimana all’altra nei seminari, con cambiamenti che non sono sempre sottolineati da<br />
lacan.<br />
Nel rileggere i seminari alla luce dell’attualità permette di vedere anche che i seminari avevano già<br />
qualcosa di sovversivo rispetto a quelli che erano considerati i riferimenti esterni alla psicoanalisi di<br />
Lacan.<br />
Questo seminario cinque è contemporaneo a tutti gli scritti del periodo classico: La direzione della<br />
cura – La significazione del fallo e la questione preliminare sulle psicosi, può essere considerato<br />
come il seminario emblematico di ciò che è stato il rinnovamento strutturalista della psicoanalisi da<br />
parte di Lacan e quindi va visto come il seminario dell’applicazione dello strutturalismo alla<br />
psicoanalisi.<br />
E’ importante rendersi conto che Lacan non si limita ad applicare lo strutturalismo, la linguistica,<br />
alla psicoanalisi, ma nel momento stesso in cui vi si inserisce, ne sovverte. <strong>In</strong>troduce un punto di<br />
vista che permette di radicalizzarne gli apporti.<br />
Non è che Lacan abbia svolto una versione linguistica dell’inconscio, ma il riferimento alla<br />
linguistica di Lacan è un riferimento che parte da Freud, dall’inconscio, per mostrare come la<br />
linguistica non sia andata fino infondo alle prosapie possibilità e la psicoanalisi viene ad essere un<br />
approfondimento della linguistica e dello strutturalismo.<br />
1
Il Seminario non si svolge in un modo lineare nel senso di trattare gli argomenti uno dopo l’altro,<br />
ma è piuttosto un avanzare sincronico di diverse tematiche che si rimandano, il che rende da un lato<br />
la lettura più difficile, nella misura in cui un certo tema scompare e poi riappare in un altro<br />
momento del seminario, ma da un altro lato in un certo senso facilita il lavoro, soprattutto a chi deve<br />
farne un’introduzione, nella misura in cui non si tratta tanto di esporre una situazione di temi,<br />
quanto una coordinazione di temi. Il rapporti reciproci tra diversi temi.<br />
I temi fondamentali di questo seminario sono: il desiderio, la nozione di desiderio, il rinnovamento,<br />
la ripresa del complesso di Edipo freudiano nei termini della metafora paterna da un lato e la ripresa<br />
della fase fallica di Freud dall’altro lato, quindi intorno al complesso di Edipo e la castrazione e<br />
finalmente una tematica clinica abbastanza nuova, da un lato l’applicazione di quello che ha svolto<br />
per quanto riguarda il desiderio e il complesso di Edipo all’isteria, ma soprattutto l’interesse clinico<br />
di questo seminario riguarda la nevrosi ossessiva che è trattata per diversi capitoli nell’ultima parte<br />
del seminario.<br />
Il punto di attacco del seminario consiste essenzialmente da parte di Lacan nel dimostrare che<br />
parlare non serve soltanto a dimostrare un significato. Parlare non è semplicemente trasmettere<br />
un0informazione secondo quello che si potrebbe considerare anche partendo dallo schema stesso di<br />
De Saussurre, un parallelismo tra il significante e il significato, tra la parola e ciò che la parola<br />
vuole dire. Lacan comincia subito sovvertendo questo parallelismo, staccando la linea semantica<br />
dalla linea significante.<br />
S<br />
s<br />
Questa è l’idea spontanea, che è anche l’idea della linguistica, di un certo parallelismo tra il<br />
significante al significato, al significante corrisponda un significato.<br />
s<br />
M A<br />
S<br />
Lacan stacca le due linee, le disgiunge da questo parallelismo e ne inverte la direzione, tra la linea<br />
del significante e la linea del significato e complessifica le cose.<br />
Tutta la prima parte del seminario è destinata ad illustrare questo distacco della linea del<br />
significante dalla linea del significato, illustrarla e fondarla nello stesso tempo mediante l’analisi di<br />
quelle che lui chiama le formazioni dell’inconscio, riprendendole da Freud, in particolare mettendo<br />
l’accento sulla battuta di spirito, il witz. Le formazioni dell’inconscio si manifesta questa<br />
distinzione, questo non parallelismo tra la linea del significante e la,linea del significato. La linea<br />
del significato comporta dunque che significante e significato si incrociano ad un certo punto,<br />
quello del codice, che stabilisce un incontro tra significante e significato e che Lacan scrive anche<br />
con la lettera A maiuscola, luogo dell’Altro dal soggetto, luogo del codice, ma allo stesso tempo<br />
Lacan fa valere che la linea del significante ha una propria… che a partire dal codice il significato si<br />
determina a livello del messaggio, però nello stesso tempo il non parallelismo delle due linee fa si<br />
che la linea del significante ha una efficacia propria, distinta dal codice. Uno parla per dire quello<br />
che ha in testa, per dire il significato, e per farsi capire deve servirsi del codice, della lingua, deve<br />
utilizzare le parole secondo il loro uso particolare, ma nello stesso tempo il fatto di parlare, di<br />
utilizzare dei significanti il livello significante in se stesso produce un senso in più, o produce un<br />
2
senso che contraddice il senso del codice, o produce un senso nuovo. L’uso del significante non è<br />
soltanto un’applicazione del codice, ma comporta sempre un al di là, un al di là di quello che si dice<br />
e che è dovuto alla linea significante, all’uso delle parole.<br />
Tutti i primi capitoli sono destinati a illustrare questa autonomia del significante capace di produrre<br />
un al di là di quello che si dice usando il codice in particolare con il riferimento alle battute di<br />
spirito, che non possono essere ridotte semplicemente al fatto di rappresentare, esprimere un<br />
significato, ma che devono essere comprese come un produrre un nuovo significato che non è<br />
previsto dal codice, lo producono allusivamente, con un sottointeso che svanisce se cerchiamo di<br />
ridurlo semplicemente al loro significato.<br />
Prendo subito un esempio. Per non prendere l’esempio che tutti forse conoscono, quello del<br />
familionario, quando Hirsch, Hyacint racconta che Rotschild lo ha accolto in un modo molto<br />
familionario, creando un nuovo significante, che condensa familiare e milionario, termine che non<br />
esiste nel codice, e che allo stesso tempo produce un senso e fa ridere.<br />
Ce n’è uno interessante:<br />
<strong>In</strong> un salotto si forma un assembramento intorno a un vecchio signore aureolato di tutti i bagliori<br />
della sua potenza finanziaria. Guarda un po’ , dice Soulié a colui che era poco più anziano di lui<br />
e di cui era ammiratore, vede come il diciannovesimo secolo venera il Vitello d’oro? Al che<br />
Heine, con occhio sprezzante e osservando l’oggetto su cui viene attirata la sua attenzione<br />
risponde – Oh, ma quello dev’essere più vecchio. 1<br />
Più vecchio di un vitello… è la battuta di spirito si perde nel momento stesso in cui io esplicito il<br />
“più vecchio”, si perde la battuta. L’idea è che effettivamente è che Heine prende in giro questo<br />
ricco che tutti guardano dicendo che è una bestia, non è un vitello, è un bue, ma lo dice<br />
allusivamente.<br />
La battuta di spirito è privilegiata da Lacan in questa parte del seminario nella misura in cui mostra<br />
che l’uso delle parole abituali può essere fatto in modo tale che produca un di più di senso, in<br />
quando modo facendo astrazione dal senso che le parole hanno abitualmente, utilizzando il<br />
significante come significante e non come espressione di un significato.<br />
Un conte si presenta alla ragazza, che poi si è saputo che era la figlia di Lacan, e dice: «- Signorina,<br />
lei si sarà accorta che io sono un conte. E lei semplicemente – At! 2 ».<br />
At quando voi lo leggete non si capisce in italiano, ma anche in francese, del resto.<br />
CONT – A(h)T – CON<br />
Staccando il T resta il CON che in francese vuole dire coglione. Servirsi semplicemente del<br />
significante, in questo modo componendo la parola, produce un senso allusivo che il conte stesso<br />
magari non ha capito, ma che un terzo presente ha capito e si è messo a ridere sotto i baffi. L’uso<br />
del significante può svolgersi indipendentemente del significante rispetto al codice. C’è<br />
un’indipendenza del significante rispetto al codice e questa linea semantica che Lacan valorizza in<br />
tutti questi primi capitoli soprattutto per fare vedere che le formazioni dell’inconscio, i lapsus in<br />
particolare, i sogni, sono costituiti dagli stessi meccanismi che costituiscono la battuta di spirito,<br />
cioè l’uso delle parole per fare un gioco di parole. Uso delle parole per creare un al di là dell’uso<br />
delle parole codificato.<br />
Vi è un’altra storia che si inscrive nella medesima categoria del Vitello d’oro ed è quella che si<br />
riferisce alla confisca dei beni de gli Orléans da parte di Napoleone III al momento della sua<br />
ascesa al trono. C’est le premier vol de l’Aigle, E’ il primo volo dell’aquila, come si dice e<br />
ognuno è felice, non è neppure il caso di insistere su questa ambiguità 3 .<br />
<strong>In</strong> francese vol può voler dire sia il volo che il furto, quindi giocando sull’equivoco, sulla materia<br />
significante, si può produrre una battuta di spirito che certo vuole dire che il primo volo dell’aquila<br />
Napoleone III è un furto, ma è meglio dirlo utilizzando l’equivoco che la lingua francese permette<br />
1 Lacan J., Il Seminario Libro V – Le formazioni dell’inconscio 1957/1958, Einaudi, Torino, 2004, pag. 67<br />
2 Ibidem, pag 60<br />
3 Ibidem pag. 70<br />
3
di usare, le vol, capiscono l’equivoco e tutti si mettono a ridere per il senso in più che si produce<br />
utilizzando il linguaggio separatamente dal codice, la linea semantica indipendentemente da un<br />
codice. Questo può succedere anche producendo un lapsus. Il lapsus è effettivamente la linea<br />
significante che funziona da sola. Quando voi volete dire qualcosa esprimere un significato ed<br />
utilizzate un altro significante, è la linea del significante che si muove da sola, la parola vi sfugge,<br />
ma con questa parola che sfugge dite n senso in più di quello che avevate in vista di dire.<br />
Tutti questi primi capitoli del seminario, che sono destinati, come vi ho detto a illustrare questa<br />
distinzione, cioè questo non parallelismo tra la linea semantica e la linea significante, non<br />
distinzione che è operativa perché permette di produrre un po’ di senso, come dice Lacan, altrimenti<br />
parlare sarebbe semplicemente tradurre il codice, usare le parole solo per dire quello che vogliono<br />
dire nel codice. Questa distinzione ci permette in modo operativo di produrre un po’ di senso, non è<br />
tanto destinata a mostrare che l’inconscio è strutturato come un linguaggio, formula classica di<br />
Lacan, quanto per mostrare che queste strutturazione come un linguaggio dell’inconscio è<br />
correlativa di un non linguistico, di un non verbale, di un al di là di ciò che si dice che è specifico<br />
dell’essere parlante, un la di là di ciò che si dice e che sì che l’essere umano persegua altre cose,<br />
qualcosa d’altro che la semplice soddisfazione dei bisogni.<br />
Quello che è interessante vedere non è tanto vedere che Lacan traduca da un espressione linguistica,<br />
per esempio dei meccanismi del lapsus e del sogno condensazione e spostamento in termini di<br />
metafora e metonimia, quindi di dare una traduzione linguistica di quello che >Freud ha esposto<br />
come meccanismi dell’inconscio. Non è tanto questo l’interessante del riferimento linguistico di<br />
Lacan, quanto il fatto che lui lo sovverte per mostrare come questa strutturazione dell’inconscio<br />
come un linguaggio è portatrice di una dimensione dell’esistenza umana che va al di là della<br />
semplice soddisfazione dei bisogni, questo al di là che lui chiama desiderio.<br />
E’ proprio perché il linguaggio non è soltanto l’espressione di qualcosa di già codificato, di pensato,<br />
di mentale, ma è proprio perché il linguaggio per se stesso, nella sua materia significante comporta<br />
questa possibilità di dire qualcosa d’altro di quello che dice secondo il codice, di fare allusione<br />
senza dirlo a qualcosa d’altro, proprio per questo l’essere umano non persegue soltanto la<br />
soddisfazione dei bisogni elementari, ma vuole sempre qualcosa d’altro, non si limita alla<br />
soddisfazione dei bisogni, anzi la soddisfazione dei bisogni è annullata in qualche modo, è superata<br />
verso l’allusione a questo qualcosa d’altro che definisce il desiderio in ciò che è specificamente<br />
umano.<br />
Questa dimensione del desiderio, in quanto distinto dalla soddisfazione dei bisogni elementari è<br />
legata strettamente a questo decalage che esiste tra la dimensione del significato, del contenuto<br />
mentale da dire, e del significante.<br />
<strong>In</strong> parallelo a questi riferimenti ripetitivi, in quest prima parte, ai motti di spirito, ai lapsus, procede<br />
allo stesso tempo in Lacan lo sviluppo della nozione di desiderio in quanto legato al fatto che la vita<br />
dell’essere parlante si svolge nella materia del significante, si svolge nel linguaggio. Per il fatto di<br />
parlare l’espressione del bisogno, di ciò che si vuole, è strutturata in domanda. Per il fatto di essere<br />
degli esseri parlanti l’espressione del desiderio è fin dall’origine in domanda<br />
<strong>In</strong> quanto domanda questa che era originariamente un’espressione del bisogno, in quanto domanda<br />
comporta immediatamente un al di là di se stessa, un duplice al di là: un al di là di se stessa come<br />
una domanda, il fatto di domandare coma tale aggiunge un’altra dimensione alla semplice richiesta<br />
dell’oggetto che soddisfa il bisogno, il fatto di domandare aggiunge la dimensione della risposta<br />
dell’altro che in qualche modo annulla l’oggetto che domandavo per dare dell’importanza al fatto<br />
che mi risponda, al fatto che mi ascolti. Domandare, il fatto stesso di domandare introduce questo al<br />
di là che si rivolge all’altro in quanto l’Altro non solo può darmi o non darmi la cosa ma soprattutto<br />
può darmela rispondendomi o non rispondendomi.<br />
Me la può dare in malo modo, me la può dare per soddisfare i bisogni e me la può dare anche<br />
perché risponde al fatto che io lo domando, viene posta attenzione alla mia domanda, non mi dà<br />
soltanto quello che ha ma mi dà anche la sua attenzione, il suo interesse. <strong>In</strong>vece di pensare a<br />
qualcosa d’altro pensa a me. Il fatto della domanda introduce strutturalmente in quanto domanda,<br />
4
non in quanto domanda di questo o di quell’oggetto, ma in quanto è domanda, questa dimensione<br />
che si rivolge all’Altro in quanto può rispondermi o non rispondermi, quindi l’Altro in quanto mi<br />
ama o non mi ama. L’Altro in quanto invece di pensare ad altre cose pensa a me, in quanto ciò che<br />
gli manca e quindi suscita il suo interesse è la mia domanda invece di qualcosa d’altro. L’Altro in<br />
quanto Altro dell’amore. La domanda come domanda si rivolge al di là dell’Altro che ha le cose che<br />
gli domando, si rivolge all’Altro come tale in quanto può disporne, darmi o non darmi la sua<br />
attenzione. Il fatto di domandare si sdoppia immediatamente tra la domanda dell’oggetto e la<br />
domanda d’amore da un lato. D’altro lato per via della struttura metonimica della catena<br />
significante, cioè del fatto che le parole concatenate, i significanti che si uniscono comportano<br />
strutturalmente il rinvio ad altri significanti, come mostra la battuta di spirito, cioè che le parole<br />
possono sempre comportare qualcosa di allusivo, anche le frasi più semplici possono essere intese<br />
in modo allusivo. Uno dice una cosa e l’altro ne capisce un’altra. La virtualità allusiva del<br />
significante è sempre presente, attraversa tutti i significati. Il rinvio a un al di là di quello che si è<br />
detto coscientemente è sempre presente per via del significante. La catena significante è portatrice<br />
di questa virtù allusiva di sottointeso, che si può volontariamente esplicitare quando si fa una battuta<br />
di spirito e che si fa involontariamente quando si fa un lapsus no quando si utilizza una parola che<br />
gli altri capiscono in un modo diverso come le vol de l’aigle, il volo, e tutti capiscono l’allusione al<br />
furto, all’altro significato di vol.<br />
Dunque alla catena significante noi non ci facciamo attenzione, se non quando qualcuno la usa nel<br />
senso della battuta di spirito, per giocare con l’equivocità dei significanti o quando uno fa un<br />
lapsus.<br />
Non ci facciamo attenzione abitualmente, ma strutturalmente questa catena significante è sempre<br />
portatrice di un al di là, di un rinvio, anche perché questa è la struttura dunque del significante.<br />
Il codice può essere rappresentato da questa equivalenza: ad un significante corrisponde un<br />
significato, mentre la separazione che Lacan introduce tra la linea semantica e la linea del<br />
significante fa si che il significato del significante dipenda all’altro significante a cui si riferisce.<br />
Una parola non ha lo stesso senso a seconda che sia in un contesto o in altro. La battuta di spirito<br />
può consistere nell’usare un significante senza precisare in che contesto si usa vol, se in un contesto<br />
per cui vuol dire furto o vuol dire volare. Il contesto permette di sapere in che senso il significante è<br />
Utilizzato. Il significante che segue nella frase permette di capire in che senso il primo significante<br />
è utilizzato.<br />
Stavo pensando ad un termine in italiano… cavo se lo metto in rapporto con convesso vuole dire<br />
una cosa, se lo metto in rapporto con un palo della luce vuole dire un'altra cosa. La parola cavo<br />
produrrà un certo senso in funzione del contesto a cui la rinvio. Il significante è strutturalmente<br />
organizzato così. L’idea del codice fa illusione, fa parte delle nostre abitudini quando parliamo ci<br />
riferiamo a un codice per farci capire, ma il significante ha una virtù propria che sfugge alla nostra<br />
coscienza, una virtù propria allusiva che possiamo esplicitare con delle battute di spirito o che<br />
l’inconscio sfrutta a nostra insaputa utilizzando il valore dell’allusione. Ebbene questo valore di<br />
rinvio fa si che la domanda oltre al fatto di essere come domanda immediatamente sdoppiata in<br />
domanda d’amore, comporta sempre strutturalmente il sottointeso di un’altra cosa che vuole,<br />
qualcosa d’altro. Domanda questo ma allusivamente rinvia al di là di se stessa a autre chose, a<br />
qualcosa d’altro.<br />
Questo rinvio a qualcosa d’altro che Lacan distingue come dimensione stessa del desiderio. La<br />
domanda, per la struttura stessa della linea del significante comporta questo orizzonte al di là di se<br />
stessa che è l’allusione a qualcosa d’altro di ciò che si è domandato e nel momento stesso in cui io<br />
domando qualcosa in un modo allusivo, sottointeso e che mi sfugge, voglio anche qualcosa d’altro.<br />
Questo qualcosa d’altro che fa si che la domanda non si ferma mai, che quello che otteniamo dopo<br />
averlo domandato non è mai ciò che volevamo. Non corrisponde mai bene a quello che ci si<br />
aspettava. Il desiderio è ciò che fa sì che la domanda continua, si ripete, per questa virtualità,<br />
dunque, di altra cosa che comporta la struttura significante.<br />
5
Il fatto che i nostri bisogni siano modellati dalla domanda fa sì che noi non otteniamo mai quello<br />
che abbiamo domandato come soddisfazione. C’è sempre un al di là, un in più di quello che<br />
avevamo domandato, che definisce la zona del desiderio.<br />
Questo cioè fa sì che nessun oggetto domandato corrisponda a questo qualcosa d’altro. Qualora<br />
questo qualcosa d’altro fosse articolabile, se lo potessimo dire come l’oggetto del nostro desiderio,<br />
il desiderio scadrebbe al livello di domanda. Se potessimo articolare l’oggetto del desiderio questo<br />
scadrebbe a livello di domanda e il desiderio si sposterebbe un po’ più in là, verso un altro altrove.<br />
L’allusione l’al di là e strutturale, non può essere articolata, appartiene, è un effetto della struttura<br />
significante stessa.<br />
Non corrisponde a un concetto, a un significato che possiamo esprimere, è un al di là inerente al<br />
fatto stesso di essere degli esseri parlanti.<br />
Qualora volessimo mettere la mano sopra, afferrarlo, questo oggetto si sposterebbe altrove, non lo<br />
cattureremmo mai.<br />
Questo al di là della domanda, l’allusione della domanda a questo al di là, in questo Seminario è<br />
illustrato da Lacan riprendendo appunto ancora degli esempi nel libro di Freud del Motto di Spirito,<br />
è illustrato da un personaggio che in una storiella si dà a dei piaceri inutili, superflui.<br />
Si tratta di un personaggio che dopo avere dato a un questuante un po’ di denaro di cui questi aveva<br />
bisogno, per fare fronte a certe sue scadenze, si indigna nel vedere che il questuante utilizza in<br />
modo diverso la sua generosità. E’ una storia davvero divertente:<br />
Dopo la buona azione lo ritrova dunque in un ristorante sul punto da regalarsi, cosa considerata<br />
come un segno di sontuoso spreco, un piatto di salmone con maionese. Occorrerebbe metterci un<br />
leggero accento viennese per richiamare l’intonazione della storia. Quello dunque gli dice, come<br />
richiede il tono della storia – Ma come, Lei mi chiede del denaro in prestito e poi ordina del<br />
salmone con maionese. A questo dunque serviva il mio denaro? E l’altro, entrando nel gioco del<br />
motto di spirito, risponde – Proprio non la capisco […] Se non ho denari non posso mangiare<br />
salmone. Se ho denari non devo mangiare salmone con maionese. Ma allora quand’è che riuscirò a<br />
mangiare salmone con maionese? 4<br />
La battuta di spirito permette a Lacan di illustrare l’operazione della catena significante che produce<br />
un po’ di senso in più del significato, ma anche per illustrare la dimensione del desiderio cha va al<br />
di là della dimensione dei bisogni.<br />
Il desiderio in questo momento dell’insegnamento di Lacan è illustrato nei termini di perseguire<br />
qualcosa che va al di là. Al di là di che? Al di là dei bisogni immediati, quindi qualcosa che<br />
eccessivo, superfluo, squisito, il salmone con maionese, inutile.<br />
Mentre più tardi a partire dal seminario sull’etica quest’ altra cosa del desiderio, questo qualcosa<br />
l’altro che va al di là della soddisfazione dei bisogni sarà osservato ed analizzato piuttosto a livello<br />
dei bisogni che Freud aveva portato all’al di là del principio di piacere, alla pulsione di morte.<br />
Qui l’al di là del bisogno è illustrato come il campo del desiderio, da ciò che è inutile, che va al di là<br />
del bisogno, quindi mangiare qualcosa di superfluo, di cui non si ha bisogno, un più di piacere,<br />
piacere inutile. A partire da seminario sull’etica questo qualcosa d’altro sarà riferito piuttosto a<br />
qualcosa che contraddice il principio di piacere, a ciò che fa male. Certo anche mangiare soltanto<br />
salmone con maionese farebbe male, ma questo è quello che si produce quando non si tratta<br />
solamente della soddisfazione del bisogno, ma risponde a ciò che Lacan chiamerà più tardi il<br />
godimento, cioè qualcosa che va al di là della soddisfazione del bisogno e va talmente al di là della<br />
soddisfazione del bisogno che va contro gli interessi del vivente.<br />
Giusto per anticipare e mostrare la differenza, nel Seminario sull’etica l’al di là della domanda,<br />
questo orizzonte di altra cosa sarà piuttosto incarnato dalla legge morale, paradossalmente. La legge<br />
morale assoluta quale è dispiegata in Kant, che servirà a Lacan da paradigma di questo qualcosa<br />
d’altro, di questa altra cosa che è in gioco nell’essere parlante. Un motivo di soddisfazione che non<br />
4 Lacan J., Il Seminario Libro V – Le formazioni dell’inconscio 1957/1958, Einaudi, Torino, 2004, pag. 86<br />
6
è solo un più di piacere, ma un tipo di soddisfazione che confina con la distruzione del vivente, con<br />
l’insoddisfazione, con la rinuncia. L’assoluto di questo qualcosa d’altro sarà rappresentato dalla<br />
legge, nella sua atrocità, nella sua crudeltà di legge.<br />
Qui si tratta di qualcosa di più gioioso, contrassegnato da questo più di piacere.<br />
Tutto il Seminario è invece articolato su questa dimensione di desiderio come al di là della domanda<br />
che esprime un bisogno. Il significante è legato alla dimensione del desiderio e non alla dimensione<br />
del soddisfacimento.<br />
Qui siamo ancora in una zona dell’insegnamento di Lacan dove il perno dell’analisi, di una analisi,<br />
ma anche i perno del suo insegnamento gravita intorno al desiderio, mentre più tardi, come ho già<br />
detto a partire dal seminario sull’etica, il perno si sposterà verso il soddisfacimento, quel<br />
soddisfacimento particolare proprio dell’essere umano che chiamerà il godimento. Mentre qui nel<br />
seminario Formazioni dell’<strong>In</strong>conscio il perno è il desiderio come il perseguire questo altra cosa che<br />
mai si raggiunge, desiderio come movimento caratterizzato essenzialmente dall’insoddisfazione. Di<br />
ciò cha fa sì che l’essere umano sia sempre in movimento perché mai ottiene quello che ha<br />
domandato come al di là della domanda. Movimento de desiderio legato alla struttura metonimica<br />
del seminario.<br />
Miller nel suo commento del seminario che voi avete senz’altro avuto, perché è stato tradotto in<br />
italiano fa notare che Lacan lascia da parte tutto ciò che nel motto di spirito ha a che fare con il<br />
soddisfacimento. Il soddisfacimento proprio del motto di spirito. Freud ha tutto uno sviluppo per<br />
dimostrare come il fatto di fare dello spirito, il, fatto di giocare con le parole, rinvii ad un piacere<br />
infantile, il piacere di giocare con le parole, di utilizzare le parole solo per far ridere, per ridere e far<br />
ridere.<br />
Lacan lascia da parte questo per mettere soprattutto l’attenzione sull’al di là di quello che si dice,<br />
dell’indicibile, dell’allusivo, del sottointeso, quindi la dimensione del desiderio e non la dimensione<br />
del soddisfacimento.<br />
Il desiderio è in fondo l’insoddisfazione permanente, legata a questo al di là che si sposta<br />
costantemente attraverso ciò che noi diciamo. La nostra parola è portatrice di un orizzonte che si<br />
sposta costantemente, un al di là, un'altra cosa.<br />
Per sottolineare ancora questa dimensione del desiderio si può opporre a quella che sarà più tardi la<br />
pulsione. La pulsione di Freud, che Lacan riprenderà più tardi in termini di godimento. Mentre il<br />
desiderio si sforza di raggiungere un godimento che sempre sfugge indefinitamente, mentre nel<br />
desiderio la soddisfazione diciamo è impossibile, la pulsione al contrario comporta un’impossibilità<br />
opposta. L’impossibilità di sbarazzarci del godimento. Qualsiasi cosa facciamo, perseguire una<br />
soddisfazione o rinunciare ad una soddisfazione, la pulsione sarà sempre soddisfatta. Sia mangiando<br />
sia non mangiando. La pulsione comporta un’impossibilità di sbarazzarcene, di non essere<br />
contaminato. Il desiderio è l’impossibilità di raggiungere la soddisfazione, la pulsione è<br />
l’impossibilità di sbarazzarci di una soddisfazione che in particolare è all’origine dei sintomi.<br />
Il desiderio si può tradire, o, come dice Lacan, si può cedere sul proprio desiderio, mentre con la<br />
pulsione si può soltanto cercare di trovare un modus vivendi, un saper sbrigarcela con la pulsione,<br />
assumere un atteggiamento.<br />
La dimensione del desiderio, come dimensione di qualcosa d’altro, è anche una dimensione di<br />
invenzione e dunque anche una dimensione di innovazione, di creazione. E’ appunto perché con il<br />
desiderio non ci si accontenta di ciò che c’è già, di ciò che è acquisito, il desiderio è sinonimo di<br />
creazione di significante, l’uso delle nipote metafore, le battute di spirito, tutto ciò che non è ancora<br />
previsto dal codice è una creazione.<br />
Ora passiamo alla seconda tematica di questo seminario, che è questo uso non codificato del<br />
linguaggio, questo dire qualcosa d’altro in modo allusivo, sottointeso, possa avere uno statuto di un<br />
po’ di senso in più e bisogna che ciò sia ratificato dall’Altro. Se uno fa una battuta di spirito e<br />
nessuno ride…, perché la battuta di spirito esista, perché la poesia esista, bisogna che l’Altro la<br />
ratifichi come battuta di spirito ridendo, o la ratifichi come una metafora, o una poesia.<br />
L’accoglienza dell’Altro è strutturalmente indispensabile all’esistenza di questo altro senso che<br />
7
produce il linguaggio. Non basta che ci sia un uso deviante del linguaggio rispetto al codice,<br />
bisogna che l’Altro dica: Ah! <strong>In</strong>teressante, o che si metta a ridere. Occorre che ci sia una presa<br />
d’atto dell’Altro di ciò che c’è di neologico rispetto al codice. E, cosa interessante in questo<br />
seminario dove tutto l’accento è messo sul fatto che il più interessante di parlare per l’essere umano<br />
non consiste nel fatto di tradurre il codice ma consiste nel servirsi della linea significante per dire<br />
qualcosa d’altro, qualcosa di nuovo.<br />
Questo approccio che gravita intorno a questo qualcosa d’altro del desiderio in questo seminario è<br />
articolato e la cosa più sorprendente, che Miller ha sottolineato nel suo commento, è che è articolato<br />
è articolato a quello che Lacan in questo seminario sviluppa come nome del padre.<br />
L’idea spontanea che si ha del padre è che il padre sia il codice, che l’istanza paterna sia sinonimo<br />
di legge, di codice. Le cose che si devono fare e le cose che non si devono fare.<br />
Ebbene prendendo la via dello studio di queste formazioni dell’inconscio, attraverso questo distacco<br />
tra la dimensione del significante e la dimensione del significato, Lacan arriva a proporre in un<br />
secondo tempo in questo seminario un’idea abbastanza sorprendente del nome del padre,<br />
sorprendente rispetto all’idea anche lacaniana, che si poteva fare in un primo tempo del padre come<br />
un padre che dice di no, che impedisce, che dice di no. E’ interessante vedere come in questo<br />
seminario tutto ciò che si è sviluppato a proposito del desiderio legato al significante alla linea del<br />
significante, trovi il suo punto di ratificazione, di accoglienza in una nozione dell’Altro, un grande3<br />
Altro che Lacan fa coincidere con il padre. Non è ancora il padre che fa eccezione alla regola, come<br />
Lacan dirà più tardi, ma è già il padre che accoglie l’eccezione alla regola, che accoglie la devianza<br />
riuscita, che accoglie l’invenzione.<br />
Pausa<br />
[…]<br />
Il padre in questo seminario è soprattutto riferito a quello che Lacan distingue come terzo tempo<br />
dell’ Edipo, in cui il padre non è tanto il padre che priva la madre del fallo, ma è il padre che dà il<br />
fallo, il padre che permette. Non tanto il padre come sinonimo della legge, quanto il padre come<br />
sinonimo di accoglienza, di ratificazione del desiderio.<br />
Abbiamo allora tutta una serie di capitoli, come vedrete in questo seminario, che già si sposta da<br />
una prima definizione del nome del padre da parte di Lacan nel Seminario sulle psicosi, e nel<br />
seminario IV, in cui si poteva avere l’idea che il padre era essenzialmente l’idea di legge.<br />
<strong>In</strong> questo seminario l’accento è messo soprattutto sul fatto che il padre dà fondamento alla legge,<br />
applica la legge e quindi la interpreta, e quindi può anche allargare il campo di applicazione della<br />
legge. Ratificare dei comportamenti che non erano previsti dalla legge.<br />
La formulazione è molto precisa<br />
il Nome del Padre, in quanto capace di avallare il messaggio e per questo garante del fatto che la legge<br />
come tale si presenta come autonoma 5<br />
la legge come tale si presenta come autonoma è una formula abbastanza strana nel senso che il<br />
padre fa sì che la legge non sia schiava di se stessa, che la legge sia relativamente indipendente da<br />
ciò che è già stato codificato. L’accento è messo sul fatto che il padre è dal lato dell’enunciazione<br />
della legge, del fondamento della legge, della garanzia e c’è perfino un passaggio in cui Lacan dice<br />
che l’Altro, il grande Altro qui identificato con il padre, non è più solamente la sede del codice, ma<br />
interviene anche come soggetto<br />
vedete come, anche se di poco, si estende la dimensione dell’Altro. <strong>In</strong> effetti non è più soltanto la sede<br />
del codice, ma interviene anche come soggetto, avallando un messaggio nel codice e complicandolo.<br />
Vale a dire che si trova già a livello di colui che costituisce la legge come tale, dato che è capace di<br />
5 Lacan J., Il Seminario Libro V – Le formazioni dell’inconscio 1957/1958, Einaudi, Torino, 2004, pag. 156<br />
8
aggiungervi quel tratto, quel messaggio, come supplementare, cioè come se designasse egli stesso l’al di<br />
là del messaggio 6<br />
Tutto questo al di là del messaggio che abbiamo sviluppato nella prima parte trova in questa nuova<br />
situazione del Nome del Padre il suo punto di ratifica, avallando il messaggio in ciò che ha di<br />
nuovo, in ciò che non corrisponde al codice. Tutto ciò introduce nella nozione del Nome del Padre<br />
una instabilità che è portatrice di sviluppi ulteriori sulla nozione del Nome del Padre da parte di<br />
Lacan, rispetto a quello che una certa vulgata lacaniana o anche freudiana trasmette dell’idea<br />
dell’Edipo. Se volete la metafora paterna infondo è ancora vicina a questa vulgata nel senso di<br />
opporre la legge al desiderio. Desiderio della madre, legge del padre. Rispetto a questa nozione di<br />
metafora paterna questo seminario sposta le cose, le complica, le relativizza nella misura in cui non<br />
c’è già una opposizione tra la legge e il desiderio, la legge che sottomette, diciamo, il desiderio<br />
della madre, ma piuttosto è l’idea di una legge che permette il desiderio, di una legge che fonda il<br />
desiderio rispetto a ciò che sarebbe un funzionamento cieco, automatico della legge, il<br />
funzionamento del codice, Lacan introduce anche quello che possiamo intendere come un<br />
funzionamento autonomo, la legge comporta anche la possibilità della propria modificazione<br />
dell’allargamento delle sue competenze. Possibilità di un atto, di un allargamento, di una scelta che<br />
in fondo introduce un'altra idea del padre che un padre solamente identificato al codice. Abbiamo<br />
tutte e due queste figure in Lacan, sia il padre come sinonimo di ciò che interdice e proibisce il<br />
godimento, abbiamo anche la nozione di un padre che interviene accogliendo la novità, la devianza,<br />
di ciò he non è codificato e che permette di intravedere lo sviluppo di ciò che troverà in Lacan la<br />
nozione del desiderio da parte del padre. Qui non è ancora sviluppato. Qui l’opposizione è ancora<br />
tra desiderio da un lato e il grande Altro, il padre che ratifica, accoglie, che fonda il desiderio.<br />
Nel fatto di accogliere interpretare, ratificare la novità la nozione di un padre che è soggetto, che è<br />
dentro ed al di fuori della legge.<br />
Si potrebbero scrivere, per riassumere la posizione di Lacan in questo seminario, simultaneamente i<br />
due matemi. S ( A )<br />
Abbiamo da un lato un matema che non è scritto da Lacan che direbbe che l’insieme dei significanti<br />
include il significante che è l’insieme S(A), ciò che fa tenere insieme i significanti. Ma questo<br />
matema non lo ha mai scritto Lacan.<br />
Questo invece lo scriverà S ( A ), che è un altro matema che dice che l’insieme dei significanti non<br />
contiene il significante dell’insieme. Il fondamento dell’insieme dei significanti, il punto di unine<br />
dei significanti manca. Questo dà al padre un'altra situazione.<br />
Prima abbiamo un nome del padre che è distinto nel significante dell’insieme, mentre qui abbiamo<br />
un significante che è distinto dall’insieme dei significanti, un nome del padre esterno all’insieme<br />
che avrà come funzione di supplire alla mancanza di questo significante ultimo o di questo<br />
significante primo che tiene insieme l’insieme dei significanti.<br />
Sono due questioni legate a questa instabilità. La prima questione è quella dell’autorità. L’autorità<br />
del padre, o di chiunque, da un lato sembra essere semplicemente sinonimo del codice. L’autorità è<br />
il codice, è la legge, quella che Max Weber chiamava l’autorità legale e razionale. Ciò che è stato<br />
scritto. Ma abbiamo anche la nozione di un’autorità che non è quella del codice, ma un’autorità più<br />
vicina a quella che Max Weber ha chiamato l’autorità carismatica, l’autorità di chi decide, di chi<br />
prende in mano le cose, di chi ratifica effettivamente la novità, di chi ratifica la devianza, la include<br />
in un nuovo codice, c’è tutta una dimensione di atto, di presa di parole, di presa di decisioni, che<br />
verrà chiamata nozione di autorità. Queste due nozioni di autorità mi sembra che coesistano in<br />
questo seminario, attraversando poi i seminari successivi.<br />
Non che Lacan si sia occupato della nozione di autorità, ma la nozione di autorità è presente nei<br />
seminari: l’autorità della parola che tra l’altro è tirata dal lato dell’atto, cioè delle decisioni, della<br />
presa di posizione.<br />
6 ibidem pag. 152<br />
9
Nome del padre come identico alla legge e nome del padre come al di sopra della legge, al di fuori<br />
della legge.<br />
Del resto è già presente in questo seminario la nozione di quello che Lacan chiama il punto di<br />
capitone, cioè ciò che strige insieme tutti i significanti, che dà loro una polarizzazione, che fa si che<br />
le cose, i significati abbiano un punto finale, una conclusone, un arresto. Punto di capitone non è un<br />
significante che corrisponderebbe al significato, essendo che tutti i significanti sono presi da questo<br />
movimento di rinvio che esponevo prima, per sapere cosa un significante vuole dire bisogna sapere<br />
in quale contesto e a quale significante rinvia, quindi non c’è mai un significante che possegga il<br />
proprio significato. Il significato lo possiede soltanto retroattivamente in funzione della catena in<br />
cui si trova. Questa è la legge metonimica del significante, ma perché questo rinvio non sia infinito,<br />
indefinito, come lo potete osservare talvolta quando certi soggetti psicotici passano tutto il<br />
pomeriggio a sfogliare il dizionario, perché ogni parola rinvia a un’altra parola e mai si arriva alla<br />
parola finale proprio perché la struttura del significante è un rinvio all’infinito. Ebbene il punto di<br />
arresto, il punto di fissazione, il punto finale, dovrebbe essere un significante che coincide con il<br />
significato. Il nome del padre non è questo. Questo significante manca.<br />
E’ quello che viene scritto S (A), cioè un significante che sarebbe il punto di fissazione di tutti i<br />
significanti manca. Il nome del padre assume questa funzione senza esserlo in qualche modo. Il<br />
nome del padre è un significante, questo è lo schema del seminario. Non è un significante identico<br />
al suo significato, è un significante che si sovrappone al suo significato, è una metafora. Un<br />
significante al posto dei significanti. Il nome del padre è essenzialmente un significante che non ha<br />
nessun significato, ma che ha la funzione di dire – Stop! - E’ così! – Perché è così? – Chiude la<br />
questione, che si riapre all’indomani, ma questa sera andiamo a dormire.<br />
Il nome del padre è un significante che viene a mettere fine al rinvio indefinito dei significanti,<br />
perché con una risposta che non è una risposta, è un’eco che assume la questione del significante<br />
che assume l’insieme dei significanti senza esserlo.<br />
Quindi in questo seminario vedrete che ci sono delle formule che sembrano contraddittorie perché si<br />
spostano tra un polo e l’altro, tra un polo dove il significante del nome del padre coincide con la<br />
legge ed un punto in cui il nome del padre interpreta la legge, la applica e decide in che modo<br />
applicarla, o no, ed in che modo interpretarla. L’accento viene messo soprattutto nel fatto che il<br />
padre permette il desiderio, o incarna il desiderio, come dice Lacan.<br />
Legato a questa nuovo approccio del nome del padre, legato soprattutto a quello che Lacan<br />
distingue come terzo tempo del complesso di Edipo.E’ importante sottolineare, in questi tre tempi<br />
dell’Edipo, la distinzione tra il secondo e il terzo. Il secondo che è dove il padre interviene come<br />
privatore, non come castratore del figlio, ma come privatore della madre. Come privante la madre<br />
del fallo e quindi sollevando il figlio o la figlia dall’obbligo, dal movimento che obbliga ad<br />
incarnare questo fallo della madre, a essere assoggettati al desiderio della madre in quanto il suo<br />
oggetto sarebbe questo fallo. Il padre interviene per dire che il fallo di cui si tratta nel desiderio<br />
della madre non ce l’ ha. E’ qualcun altro che lo ha. Priva la madre, ma nel privare la madre libera<br />
anche il figlio, la figlia dall’obbligo di incarnare questo fallo. Secondo tempo il padre non è come<br />
castratore, ma come Terzo tempo il padre come donatore, come colui che dice di sì, non colui che<br />
dice no, ma dice sì come promessa e che dice sì anche alla madre. Il fallo di cui la priva glielo dà<br />
anche essendo colui che lo ha e non colui che lo è.<br />
Il terzo tempo del complesso di Edipo corrisponde a ciò che ho sviluppato prima per quanto<br />
riguarda la legge in quanto permette il desiderio, in quanto fonda il desiderio. Fonda il desiderio<br />
impedendo il godimento, impedendo l’incesto, privando la madre.<br />
<strong>In</strong> parallelo a questo sviluppo relativo al nome del padre abbiamo tutta una ripresa da parte di Lacan<br />
della questione della fase fallica nello sviluppo dell’individuo, con una particolare attenzione alla<br />
fase fallica della bambina, ciò che interessa a Lacan è fare vedere in che senso la fase fallica che<br />
Freud scopre nello sviluppo della bambina a partire dall’ascolto delle analizzanti, in che senso<br />
questa fase fallica può essere ritenuta, spiegata, dal momento che questa fase fallica ha suscitato e<br />
suscita delle controversie, sia fuori dalla psicoanalisi, contro la psicoanalisi, sia all’interno della<br />
10
psicoanalisi, dagli anni Trenta agli anni Sessanta. Lacan riprende sempre questa controversia degli<br />
anni Trenta in cui le psicoanaliste, ma anche alcuni psicoanalisti, contestavano l’idea avanzata da<br />
Freud secondo cui anche la bambina deve attraversare una fase maschile per diventare donna. Fece<br />
scandalo.<br />
<strong>In</strong> che senso si deve dire che la bambina deve attraversare una fase maschile e fallica per diventare<br />
donna è tutto ciò che Lacan riprende nella parte centrale di questo Seminario facendo valere la<br />
nozione del fallo come significante.<br />
Il fatto è che la bambina debba attraversare una fase maschile, cioè una fase in cui si situa rispetto<br />
alla madre come un maschietto, questa sarebbe la fase fallica, cioè che non c’è una simmetria tra<br />
bambino e bambina nel senso che al bambino corrisponde la madre come oggetto primordiale e alla<br />
bambina corrisponde il padre come oggetto primordiale. Ciò che Freud pensò in un primo tempo.<br />
Le cose non sono simmetriche, cono asimmetriche. Anche per la bambina la fase iniziale è una fase<br />
di posizione riguardo al desiderio della madre, di aspirazione a realizzare ciò che suppone essere<br />
l’oggetto del desiderio della madre. Il primo rapporto del,desiderio è per i due sessi con il desiderio<br />
della madre. Non è che una figlia nasca da un padre e d un figlio dalla madre. Tutti e due nascono<br />
dal desiderio della madre. Tutte e due hanno a che fare con un latro adulto, o stesso, la madre, che<br />
è,caratterizzato da un desiderio, da una mancanza. Che cosa manca alla madre, che cosa la soddisfa<br />
è una questione che si pone sia al bambino che alla bambina e questo è il senso della fase fallica:il<br />
bambino e la bambina sono spinti immaginariamente a corrispondere a ciò che pensano soddisfi il<br />
desiderio della madre.<br />
L’intervento privatore del padre è ciò che fa sì che questo oggetto immaginario sia negativizzato e<br />
si sposti dalla sfera materna alla sfera paterna.<br />
Questo è tutto un primo sviluppo che voi vedrete in dettaglio della ripresa della nozione fallica in<br />
Lacan a partire dall’accentuazione del desiderio dell’altro, de desiderio materno, al centro del<br />
complesso di Edipo. Per entrambi i sessi il desiderio della madre è al centro del complesso di Edipo<br />
e quindi per entrambi i sessi l’identificazione all’oggetto del desiderio della madre è in gioco.<br />
Poi c’è tutto un altro sviluppo, sempre riguardo al fallo, che riguarda soprattutto la differenza dei<br />
sessi, non tanto per quanto riguarda il desiderio della madre. Qui l’accento è messo soprattutto sul<br />
fallo come significante.<br />
Nel primo sviluppo il fallo è considerato soprattutto come significato, qual è il significato del<br />
desiderio della madre? Risposta: il fallo. Il fallo come significato.<br />
Poi c’è tutto un altro sviluppo che darà luogo al testo di Lacan degli Scritti «La significazione del<br />
fallo», dove il fallo è trattato appunto come significante.<br />
Trattare il fallo come significante vuol dire interpretare la frese di Freud secondo cui “l’anatomia è<br />
il destino”: Lacan contesta questa frase e la riprende nello stesso tempo. L’anatomia è destino<br />
vorrebbe dire che l’essere umano è condizionato nelle proprie scelte di oggetto, nella propria pratica<br />
sessuale, dal fatto di avere un’anatomia maschile o un’anatomia femminile. Lacan non è d’accordo.<br />
Se si intende che l’anatomia è il destino per il, fatto che nelle proprie scelte sessuali l’individuo è<br />
condizionato dalla propria biologia, l’esperienza mostra che non è il caso, che si può avere un corpo<br />
di donna e desiderare una donna, che si può avere un corpo di uomo e desiderare un cavallo ecc.<br />
L’anatomia non è il destino se si considera l’anatomia come il condizionamento biologico del<br />
comportamento. Ma l’anatomia è il destino per l’essere parlante al livello dell’apparenza, del<br />
sembiante, di un parte dell’immagine del corpo, che per il fatto di essere assente la metà delle volte,<br />
diventa un significante, un tratto distintivo.<br />
L’anatomia interviene nello sviluppo non già come biologia, come schema distintivo del<br />
comportamento, ma interviene già come sembiante, come apparenza, nel senso che semplicemente<br />
la dichiarazione del sesso al momento della nascita si basa essenzialmente sull’apparenza del corpo,<br />
non sui cromosomi, sulla presenza assenza di una parte dell’immagine del corpo.<br />
Questa presenza assenza, proprio perché presenza assenza di una parte dell’immagine, diventa<br />
significante, diventa un fatto distintivo, oppositivo. L’immaginario diventa significante quando può<br />
essere messo in opposizione con una assenza dell’immaginario.<br />
11
Quand’è che un elemento immaginario, una traccia una cosa diventa significante? Quando la si<br />
oppone alla propria assenza.<br />
Una traccia naturale, un elemento immaginario diventa significante quando nel linguaggio è<br />
possibile dire qui manca, quando qui manca e qui c’è, questa opposizione diventa tratto distintivo<br />
indipendentemente dalle sue qualità immaginarie. Per esempio se si chiamano mammiferi tutti i<br />
vertebrati che hanno le mammelle, poco importa che la mammella sia grande o piccola, rossa ecc,<br />
tutte caratteristiche immaginarie. Quello che conta è che manchi in un’altra parte degli animali,<br />
allora la mammella diventa tratto distintivo per formare la classe dei mammiferi. Quel significante è<br />
il fatto che l’elemento significante, correlato alla propria assenza, cambi il registro, diventi<br />
significato, con il duplice effetto, sviluppato da Lacan in questo seminario e poi nella significazione<br />
del fallo, duplice effetto contrastato, per cui là dove l’immagine del pene è presente,<br />
quest’immagine è annullata per diventare significante. L’immaginario è annullato per diventare<br />
significante. Non conta come immagine, conta in quanto opposto all’assenza, quindi il valore<br />
immaginario dell’organo è annullato. Castrazione dell’immaginario da un lato e dall’altro laddove<br />
l’immagine è assente prende giustamente il valore di significato, la dove è assente, dietro il velo,<br />
come dice Lacan, la mancanza conferisce alla donna il valore erotico di fallo. E’ proprio l’assenza<br />
di pene che fa la donna fallo dietro il suo velo. La dunque dove è presente è annullato e là dove è<br />
assente diventa presente come sembiante, significante dietro il velo.<br />
Naturalmente questa opposizione presenza assenza di una parte del corpo ordinaria del corpo è<br />
interpretata, registrata dall’inconscio nei termini che possono essere propri ad ogni individuo, in<br />
particolare nel discorso,in quello che Lacan chiamerà discorso del padrone dove questa differenza<br />
prende nell’inconscio e nel discorso della tradizione il valore di ineguaglianza, di<br />
superiorità/inferiorità.<br />
Nell’inconscio, non nella psicoanalisi. Nell’inconscio e nel discorso del padrone la differenza tende<br />
a prendere il valore di disuguaglianza, di inferiorità/superiorità, di avere e non avere eccetera e<br />
Lacan dovrà in un secondo tempo intervenire per staccare la pratica degli analisti da questa<br />
interpretazione dell’inconscio della differenza fallica. Lo fa in un primo tempo facendo valere<br />
rispetto a Freud che l’opposizione non è semplicemente tra avere e non avere il fallo ma tra avere e<br />
essere il fallo, che già costituisce uno spostamento rispetto a quello che era la tradizione freudiana e<br />
postfreudiana che aveva suscitato giustamente le reazioni femministe, l’opposizione ciò tra avere e<br />
non avere. Per Freud il solo destino femminile era quello di trovare una compensazione al non avere<br />
con dell’avere. Avere un figlio, avere un uomo, un avere che compensa il non avere.<br />
Lacan corregge già questa prospettiva freudiana con l’idea dell’essere il fallo. Avere/essere, due<br />
modalità di incarnazione del fallo che sono dovute al fatto di considerare il fallo come significante.<br />
Più tardi introdurrà una lettura della femminilità, che si aggiungerà, una lettura supplementare della<br />
femminilità in cui la mancanza sarà letta come assenza di limiti, assenza di confine, più congiunta<br />
alla posizione femminile una posizione di singolarità rispetto alla dimensione di collettività della<br />
marca maschile. Ma questi sono sviluppi ulteriori. Soprattutto in questo seminario abbiamo questa<br />
opposizione tra avere ed essere il fallo. Abbiamo due sviluppi, uno rispetto alla posizione della<br />
madre, l’altro rispetto al fallo come significante definito da Lacan come il significante per<br />
eccellenza, il significante dell’operazione simbolica stessa, nella misura in cui è su quest parte<br />
dell’immaginario, dell’immagine del corpo che si opera primordialmente, primitivamente,<br />
l’operazione di simbolizzazione. E’ proprio sull’immagine del corpo in quanto una volta su due<br />
comporta una mancanza, che si effettua per la prima volta in qualche modo la trasformazione di<br />
un’operazione dell’immaginario in significante, in simbolo quindi il fallo è anche considerato come<br />
Il significante dei significanti, il significante dell’operazione significante stessa.<br />
Abbiamo poi un’ultima parte, che è una lunga parte, in cui Lacan riferisce tutto ciò che ha sviluppato rispetto<br />
al desiderio e al fallo, alla clinica delle nevrosi.<br />
Le due nevrosi, la nevrosi isterica e la nevrosi ossessiva, si intrecciano in questi capitoli. Non è che<br />
ci sia un capitolo sull’isteria o un capitolo sulla nevrosi ossessiva, ma le tematiche appunto si<br />
intrecciano. Abbiamo tutto un filo che segue la dimensione dell’isteria come essendo in fondo la<br />
nevrosi del desiderio stesso. L’isteria è la definizione strutturale del desiderio, non è altro che<br />
12
l’accentuazione del desiderio, in quanto l’isteria è la dimensione che accentua l’insoddisfazione, che<br />
le cose non sono mai quelle che abbiamo voluto, sempre altra cosa, sempre al di là. Questa<br />
dimensione dell’insoddisfazione in fondo la dimensione strutturalmente isterica del desiderio ed è<br />
per questo che del resto Lacan più tardi riserverà alla nozione di nevrosi unicamente alla nevrosi<br />
ossessiva e parlerà, per quanto riguarda l’isteria, del discorso isterico, discorso che ha la stessa<br />
dignità che il discorso del padrone o i discorso dell’analista. Già qui abbiamo tutti gli sviluppi<br />
dell’isteria come essenzialmente il desiderio stesso, il desiderio come mai soddisfatto.<br />
Quello che allora specifica in questo seminario l’isteria è il rapporto con il desiderio dell’altro nella<br />
misura in cui il desiderio dell’isterica è essenzialmente articolato al desiderio dell’Altro, che lei<br />
provoca, che lei sostiene, che lei interessa. Dico lei o lui, nella misura in cui è più spesso una donna,<br />
tradizionalmente l’isteria è un bersaglio del desiderio di colei. Il desiderio è assoggettato al<br />
desiderio dell’Altro sia per scoprirlo, per svelarlo, sia per provocarlo quando non c’è.<br />
Quello che interessa nell’Altro non è ciò che l’altro ha, ciò che l’Altro può dare come avere, ma ciò<br />
interessa il soggetto isterico è il non avere dell’altro, la sua mancanza, che questa sua mancanza sia<br />
causata da me in quanto gli manco.<br />
Il desiderio del soggetto isterico gravita intorno al desiderio dell’Altro e quindi abbiamo la ripresa<br />
del famoso sogno, che poi sarà ripreso nella Direzione della cura della Bella macellaia affascinata<br />
dall’amica che è inimitabile nell’arte di lasciare l’altro insoddisfatto, quindi provocare nell’altro il<br />
desiderio.<br />
Nel contempo abbiamo tutto lo sviluppo sulla nevrosi ossessiva che per contrasto con la nevrosi<br />
isterica, non è tanto determinata dalla promozione del desiderio, come l’isteria promuove il<br />
desiderio nell’Altro che è lo stesso modo di sostenere il proprio desiderio come insoddisfatto. Nella<br />
nevrosi ossessiva invece della promozione del desiderio abbiamo la negazione del desiderio,<br />
abbiamo tutto ciò che Lacan sviluppa in questi ultimi capitoli come movimento di distruzione<br />
dell’Altro.<br />
I fili di questo commento di Lacan si intrecciano ed è presente il duplice statuto dell’Altro<br />
introdotto da Lacan in questo seminario, come identico al codice, all’insieme del simbolico e la<br />
nozione dell’altro dato come un soggetto, come lui stesso diviso, l’Altro del desiderio.<br />
E’ in questo seminario che abbiamo lo sdoppiamento dell’Altro e lo sdoppiamento dei due piani<br />
della linea del significante e del significato nella misura in cui abbiamo appunto questo duplice<br />
statuto dell’Altro, che non era presente precedentemente. L’Altro come condizione di tutti i<br />
significanti per fare sistema, l’Altro come codice, l’Altro come ordine simbolico e poi l’Altro, come<br />
l’isterica mette bene in evidenza, come affetto da una mancanza, l’Altro come lui stesso mancante,<br />
l’Altro come sede esso stesso di desiderio.<br />
Ebbene bisogna tenere a mente questo duplice statuto dell’Altro per leggere i capitoli relativi alla<br />
nevrosi ossessiva in questo seminario, come vedrete. Da un lato abbiamo tutta la fenomenologia,<br />
come dice Lacan, della meccanica del desiderio del soggetto ossessivo che tende a distruggere<br />
l’Altro e dall’altro lato abbiamo tutta la fenomenologia del soggetto ossessivo che protegge l’Altro,<br />
lo protegge, lo promuove, ma non sono lo stesso altro.<br />
L’Altro che il soggetto ossessivo tende a distruggere è l’Altro del desiderio, cioè l’Altro che deve<br />
essere per il soggetto ridotto o fato equivalere a un sistema, a un codice, o, come dice Lacan, a<br />
domanda, l’altro in quanto è formulabile, l’Altro in quanto e scritto e anche l’Altro in quanto so<br />
cosa vuole perché me lo domanda e quindi l’operazione di distruzione dell’Altro è l’operazione che<br />
consiste, come dirà Lacan più tardi, nel ridurre l’Altro all’uno, al simbolico, a far coincidere l’Altro<br />
con il proprio funzionamento simbolico, significante, senza mancanza.<br />
Nello stesso tempo questo versante di distruzione, questo versante aggressivo, che investe questa<br />
nozione di aggressività del nevrotico ossessivo,produce un versante di promozione dell’Altro ma è<br />
appunto l’Altro de significante, l’Altro dell’organizzazione, l’Altro dell’orario, l’Altro delle cose<br />
ciascuna al proprio posto, è il sistema del mondo, che tutto sia codificato, che tutto sia calcolabile,<br />
non ci sia niente di imprevisto.<br />
13
Promuove questo altro e promuove dunque la significantizzazione totale dell’Altro e quindi<br />
sopprime ciò che la vita può comportare di incognita, di imprevisto, di fantasia, di innovazione.<br />
L’oblatività, come dice Lacan, del soggetto ossessivo che si vota a promuovere l’ordine nel mondo,<br />
l’ordine nella propria famiglia, l’ordine nella propria coppia, l’orario.<br />
Questa versante dell’oblatività e un’oblatività che comporta il suo aspetto mortifero. Morte del<br />
desiderio ed i due aspetti si alternano nella fenomenologia del comportamento isterico, uccidendo il<br />
desiderio dell’Altro, avendo come all’orizzonte della propria domanda la soppressione del<br />
desiderio, di ciò che nell’Altro vi è di incognita, di non sapere di imprevedibilità, comporta anche<br />
l’estinzione del desiderio del soggetto. Il soggetto che vuole che tutto sia organizzato, che tutto sia<br />
codificato, non cerca di essere interessante per l’altro, perché non si presenta egli stesso come<br />
desiderante, si presenta come il delegato dell’ordine del mondo, cerca di essere interessante ma<br />
anche l’Altro, così ridotto dal soggetto, cessa di essere interessante per il soggetto, tanto è vero che<br />
quando il soggetto si avvicina all’Altro che è d’accordo il suo desiderio si estingua. Quando l’Altro,<br />
diciamo la donna che l’uomo desidera, dice di sì - sono d’accordo- il suo desiderio diventa<br />
domanda, quando la donna dice di sì a un uomo vuole dire che lo domanda - anche io ti voglio - il<br />
desiderio si formula, si esprime in domanda, ebbene quando lei dice sì, il desiderio del primo,<br />
dell’uomo ossessivo, tende a estinguersi, quindi al momento in cui l’altro cade dal livello<br />
dell’imprevedibile al livello della domanda come lui vuole, da un lato, ma anche ciò che non vuole,<br />
perché se l’Altro è d’accordo il suo desiderio si estingue, quindi tutta un’arte da parte della donna di<br />
sapere dire no, con il soggetto ossessivo, perché il desiderio possa continuare a mantenersi<br />
all’interno di certi limiti, dire di no e di sì allo stesso tempo, da saper giostrare con il soggetto<br />
ossessivo che è preso da questi due aspetti del grande Altro, l’Altro come sistema significante e<br />
l’Altro come desiderio.<br />
Vedremo che questi capitoli sono tra i più complessi del seminario, sul piano della clinica, e quindi<br />
ci fermiamo qui.<br />
Domande<br />
1) (allievo terzo anno)Ha parlato molto bene, ma mi resta un dubbio che è questo: dopo avere fatto<br />
una certa fatica a comprendere il grande Altro come il luogo dei significanti, ed il soggetto come<br />
effetto di un significante che non lo rappresenta del tutto, quindi lo rinvia ad un altro significante,<br />
l’incontrare che questo è cambiato e che questo Altro possa essere un soggetto mi ha messo un po<br />
in crisi, una crisi da cui non sono riuscito più a uscire,nonostante le sue delucidazioni di oggi,<br />
perché è un soggetto che è incarnato da altri soggetti, ha a che fare con un soggetto che nasce in<br />
questo Altro come luogo di desiderio…?Cioè non mi sembra di poter giungere a questa<br />
bisoggettività… Ho bisogni di capire qualcosa di più. Grazie<br />
2) (Donata Roma) innanzi tutto i mie ringraziamenti perché Zenoni che è per me da 12 anni il<br />
punto di chiarezza. Lo ascolto e dico –è possibile una chiarezza - e poi dopo a casa sbobino ogni<br />
volta quello che lui dice, ridico che è qualcosa di veramente magistrale, riprendendo le parole di<br />
<strong>Brusa</strong>, ma poi faccio la fatica che faccio da sempre quando sono da sola. C’è un punto che<br />
riprendo e che mi interessa molto:perché lavorando da anni e anni in una scuola con i genitori,<br />
con gli insegnanti e con i ragazzi e il preside, che in qualche modo fa funzione di nome del padre e<br />
di legge. Però c’è sempre una questione fondamentale su quello che è in questa società anche la<br />
seconda questione del libro, che è la legge, soprattutto sul terzo tempo dell’Edipo. Quando lei dice<br />
– la funzione del padre proibisce il godimento, limita il godimento- e questo è molto chiaro nella<br />
pratica, ma lei dice qualcosa in più oggi che non è solo orientare il desiderio, ma è che interviene<br />
accogliendo la devianza. La devianza è la particolarità di ogni soggetto? Mi sto ponendo questo<br />
quesito…<br />
3) (Marcella Bellini) Volevo sapere cosa intende Lacan in questo Seminario per oggetti metonimici<br />
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RISPOSTE<br />
Vorrei invitarvi a rileggere le vostre note per accompagnare la lettura del Seminario e quindi di<br />
servirvi dei colleghi che verranno di seguito nell’anno per fargli domande più dettagliate anche su<br />
questi stessi punti che avete evocato ora.<br />
Io ho fatto una panoramica per darvi soprattutto un’idea del movimento del seminario a partire da<br />
un seminario che poteva dare l’idea di essere una pura applicazione della linguistica all’inconscio,<br />
quando si legge il primo capitolo si può pensare anche questo, e poi si vede soprattutto che è un<br />
seminario dove la linguistica serve per mostrare che c’è un al di là della linguistica, che in qualche<br />
modo è l’inconscio che dà la vera novità della linguistica e non la linguistica che dà la novità<br />
all’inconscio.<br />
Comincio dall’ultima delle vostre questioni. Oggetti metonimici sono evocati a diversi momenti nel<br />
seminario, senza mai essere proprio sviluppati, mi sembra. Quando parla degli oggetti metonimici<br />
in alcuni passaggi per lo meno, sposta la questione verso la domanda. Sono gli oggetti che<br />
traducono in qualche modo questo movimento di al di là della domanda rispetto a de stessa. Oggetti<br />
del movimento dell’al di là della domanda di se stessa. Sono gli oggetti metonimici che saranno<br />
descritti anche nella Direzione della cura come il,famoso caviale della macellaia che fa in modo che<br />
il caviale che costantemente rivendica dal marito, che è macellaio – quand’è che mi porti a casa del<br />
caviale? – poi fa in modo di mai mangiarlo. Questo è l’oggetto metonimico, è l’oggetto che in<br />
qualche modo incarna questo movimento della domanda che va al di là di se stessa, come il luogo<br />
che Lacan in questo periodo chiama dei significanti della domanda primordiale, quindi riferiti anche<br />
agli oggetti agalmatici. Però gli oggetti metonimici allo stesso tempo in questo seminario, con la<br />
questione del soddisfacimento nella battuta di spirito, che Lacan non è in vena, non gli va ancora di<br />
affrontare la dimensione di ciò che sarà più tardi la causa del desiderio. L’oggetto metonimico<br />
abbiamo degli sprazzi in cui si vede che Lacan ne farà la causa del desiderio, cioè quel punto di<br />
godimento che muove, che spinge il desiderio nella sua ripetizione. Gli oggetti metonimici nel loro<br />
sviluppo hanno questi due accenti, quello dalla domanda e quello che sarà più tardi la causa del<br />
desiderio. Qui la causa è messa soprattutto sul desiderio stesso come sede, propria del seminario,<br />
sede insoddisfatta.<br />
L’Altro del soggetto nella formula di Lacan in questo seminario ed anche in altri scritti parla<br />
dell’altro come soggetto. Dice anche l’Altro è forte di una mancanza, anche l’Altro è diviso, ed in<br />
questo senso anche l’Altro e soggetto. E’ come il soggetto. Talvolta è come il soggetto, talvolta è<br />
egli stesso soggetto. Sta a dire che l’Altro, a partire dal momento in cui la strutture del significante,<br />
la sua logificazione porterà Lacan a constatare, già in questo seminario, una formalizzazione del<br />
significante comporta un’impossibilità, non c’è un significante del significante che tiene insieme i<br />
significanti. Questo comporterà la nozione di una mancanza nell’Altro, a livello significante. Anche<br />
l’Altro, o, diciamo le cose semplicemente, anche Dio desidera. Non è soltanto l’ordine del mondo,<br />
non è soltanto la struttura simbolica dell’universo, anche Dio è un soggetto, anche Dio desidera e<br />
questo movimento va di pari passo con lo sviluppare la nozione del desiderio, soprattutto nello<br />
scritto Significazione del fallo, del desiderio in quanto si rivolge a un altro desiderio. Il partner,<br />
l’Altro, non è soltanto l’Altro della parola, l’Altro del significante del primo Lacan. L’Altro si<br />
sposta progressivamente verso la zona del desiderio, anche l’Altro in quanto lo desidero, o in<br />
quanto desidero il suo desiderio. <strong>In</strong> un primo tempo Lacan questa dialettica del desiderio la<br />
riservava alla dimensione immaginaria e con lo studio del significante si va verso questa<br />
apprensione del significante come incompleto, come comportante una mancanza, c’è anche una<br />
dialettica del desiderio sul campo simbolico, quindi introduzione dell’Altro anche come Altro<br />
barrato. Una prima formulazione di questo altro barrato in questo seminario è la formulazione<br />
dell’Altro come soggetto, cioè come egli stesso diviso, tant’è vero che alle fine del percorso l’Altro<br />
sarà essenzialmente l’altro sesso.<br />
Nel seminario Ancore l’Altro incarnato è l’altro sesso. C’è tutto un passaggio dal primo Altro<br />
ordine dal mondo all’Altro de desiderio all’Altro del godimento nell’ultima parte. L’Altro come<br />
soggetto è una vicissitudine di questo percorso che vedrete in questo seminario.<br />
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Accogliere la devianza, già a livello della giustizia nel senso ordinario, cioè al livello del giudica.<br />
Un giudice non è semplicemente colui che applica il codice. Il giudice lo interpreta, tiene conto<br />
delle circostanze. Una giustizia che sarebbe semplicemente l’applicazione del codice, sarebbe di<br />
una ferocità inumana. Esiste la nozione di giudice perché il giudice non è semplicemente il rispetto<br />
del codice ma lo interpreta e prende delle decisioni. Tiene conto delle circostanze come dicevo.<br />
La stessa cosa si può dire in tutt’altro registro per quel che riguarda la battuta di spirito. Chi può<br />
giudicare se la battuta di spirito è buona o non buona? Il contesto. Come dice Lacan bisogna essere<br />
della parrocchia per comprendere certe allusioni certe cose che fanno ridere. L’Altro allo stesso<br />
tempo deve essere qualcuno della parrocchia, qualcuno che possiede il codice della parrocchia e<br />
nello stesso tempo permette che ci sia la battuta di spirito, che si possa utilizzare il linguaggio, il<br />
codice in un modo diverso, è la stessa cosa per le opere d’arte.<br />
Il problema si pone a partire dal momento in cui il messaggio, come dice Lacan in quel seminario,<br />
in generale il messaggio non è ratificato dall’Altro in cui la deviazione resta una deviazione.<br />
Che cosa fa sì che l’Altro ratifichi o non ratifichi il messaggio che devia dal codice? Qui arriviamo<br />
appunto al livello in cui l’Altro è soggetto, in cui l’Altro è responsabile del fatto di ratificare o non<br />
ratificare, del fatto di accogliere o non accogliere la novità. E’il punto in cui il grande Altro manca<br />
ed è sostituito da un atto da una decisione, per cui effettivamente la nozione di nome del padre è<br />
surclassata, viene superata con la nozione di responsabilità e di atto che può portare in tutte le<br />
direzioni, a destra a sinistra, verso un’applicazione feroce, o razzista del codice ecc.<br />
La nozione fondamentale che mi sembra si possa dedurre dal Lacan di questo seminario e dal Lacan<br />
ulteriore è quella della responsabilità di colui che ha l’autorità, cioè il fatto che colui che ha<br />
l’autorità, proprio perché ha il carico della legge debba rendere conto dei propri atti, della propria<br />
interpretazione. Non deve rifugiarsi dietro il fatto di applicare le leggi. Il fatto stesso di applicare la<br />
legge è un atto, non ci si può coprire, sbarazzarsi della propria responsabilità, dietro al fatto che c’è<br />
il codice. La nozione fondamentale, penso, per quanto riguarda questo seminario, riguarda<br />
accogliere il desiderio, ma anche il desiderio stesso di colui che accoglie, è quella di responsabilità,<br />
quella di essere responsabile dell’applicazione stessa della legge e quindi della responsabilità di chi<br />
la applica. Il fatto che si sia responsabili della legge fa sì allora che l’autorità sia percepita dal<br />
soggetto come non allusiva, non essendo semplicemente l’applicazione meccanica, cieca del codice,<br />
ma come avente la possibilità di accogliere l’originalità e , potremmo dire, di accogliere anche la<br />
devianza. La nozione di responsabilità permette anche, nella misura in cui la legge permette il<br />
desiderio, la responsabilità del soggetto. Quello è che da evitare è che colui che assume la<br />
responsabilità si nasconda dietro al codice, si nasconda dietro alla legge, deve invece assumete la<br />
propria responsabilità.<br />
Nascondersi dietro al codice può avere la sua forma estrema nell’identificarsi con il codice, quindi<br />
abbiamo l’autorità paranoica che pensa che la legge emana dalla propria persona, coincide con la<br />
propria persona e non è qualcosa al servizio del quale si è, di cui si è responsabili. Entriamo in una<br />
zona in cui si tratta effettivamente della dimensione dell’altro in quanto è anche soggetto, in quanto<br />
è anche responsabile e non è soltanto un funzionamento automatico, il che lascia aperta la questione<br />
fondamentale, cioè non ci sono criteri a priori per sapere quando accogliere o quando non<br />
accogliere una devianza. Questo non vuole dire che si accolgono tutte le devianze. Proprio perché si<br />
è responsabili di questa accoglienza, di questa ratificazione, che si deve rendere conto di quelle che<br />
si sono accolte e di quelle che non si sono accolte.<br />
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