“Tutti ormai sanno fare un buon vino o un buon olio ma saperlo comunicare legandolo al territorio è una cosa che ci deve distinguere dagli altri”. fase legislativa di profonda modifica sia con la revisione dell’OCM vino che con la nuova legge sulle Denominazioni di Origine. Nonostante le molte novità introdotte e alcuni importanti elementi di rottura rispetto al passato, la nuova OCM si presenta decisamente più conservativa della proposta originaria della Commissione, uscendone profondamente ridimensionata rispetto al lunghissimo processo di riforma. Per esempio si sarebbero dovuti estirpare 400m<strong>il</strong>a ettari di vigneto - per ridurre <strong>il</strong> potenziale produttivo - che poi si sono ridotti a 175m<strong>il</strong>a e la proposta di abolire lo zuccheraggio non è stata mantenuta. Due perle: la prima riguarda la liberalizzazione dei diritti di reimpianto, che se andrà in porto potrebbe rischiare di compromettere i già diffic<strong>il</strong>i equ<strong>il</strong>ibri del settore vitivinicolo. La seconda, la possib<strong>il</strong>ità di riportare in etichetta vitigno e annata anche per i vini da tavola, è figlia, oltre che del lobbismo del commercio vinicolo europeo, governato da Francia, Spagna, Italia, dell’impronta dottrinale della nuova OCM, orientata a ricuperare i margini di competitività nei confronti dei Paesi Terzi ritenuti la principale minaccia della vitivinicoltura europea. Ma ho paura che i buoi siano già scappati. ■ Una valutazione al volo. La nuova legislazione è migliore o peggiore della precedente? Purtroppo non ci sono né vincitori né vinti. La Commissione Agricoltura ha cercato di ac- 6 in<strong>Chianti</strong> - n.1 - marzo/apr<strong>il</strong>e 2011 contentare un po’ tutti. È rimasta in vigore la misura per la ristrutturazione e riconversione dei vigneti che era presente nel vecchio regolamento: una grande risorsa, ma a questo punto viene da chiedersi quanti vigneti si potranno ancora ristrutturare. Nulla è previsto per stimolare la domanda interna europea che rappresenta, tuttora, la quota dominante dell’export delle nostre aziende. Le misure di intervento al sistema imprenditoriale trascurano <strong>il</strong> problema del fabbisogno e dell’accesso al credito nel breve periodo, destinato a crescere per <strong>il</strong> contemporaneo effetto di caduta dei ricavi e d<strong>il</strong>azione degli incassi. <strong>In</strong>somma, come direbbe <strong>il</strong> mio maestro, <strong>il</strong> professor Davide Gaeta, “accontentate così anche le lobbies agricole, la quadratura politica di Bruxelles, un colpo al cerchio e uno alla botte, parafrasando cioè l’aiuto ai commercianti e quello ai viticoltori, sembra restare l’unica vera certezza di politica economica comunitaria del settore”. ■ <strong>In</strong> questo scenario quale deve essere <strong>il</strong> compito di un’associazione sindacale giovan<strong>il</strong>e come l’ANGA? Credo che compito di un’organizzazione giovan<strong>il</strong>e di categoria sia principalmente quello di rappresentare la propria base, di formarla e orientarla. La forza dell’ANGA è quella di essere propositiva e la sua azione ha un senso se riesce a immaginare e progettare <strong>il</strong> futuro, a dotarsi di un progetto ambizioso, di una strategia che guardi lontano. Dobbiamo essere come <strong>il</strong> tafano di Socrate, pungolare per far riflettere: abbiamo <strong>il</strong> dovere, per anagrafe, di essere coraggiosi, di non accontentarci dei teatrini della politica, di seminare <strong>il</strong> dubbio laddove languono tristi e impolverate certezze. ■ C’è troppo conformismo tra i giovani? Purtroppo sì, c’è un po’ di timore nel mettersi in gioco. È già un rischio aver intrapreso questa strada, soprattutto per le donne, diciamolo chiaramente, però dobbiamo anche rischiare nel portare avanti le nostre idee. <strong>In</strong> questi anni con l’ANGA abbiamo affrontato insieme i temi dell’agricoltura, dell’innovazione e della ricerca, dell’energia, della distribuzione commerciale, delle piccole e medie imprese, della sicurezza alimentare, dei rapporti con le altre organizzazioni, sempre con apertura mentale e voglia di fare. Continuerò e continueremo su questo fronte. Per la “mia ANGA fiorentina” auspico una strategia di squadra, un gruppo coeso di “giovani attori”: giovani con tanta determinazione, competenza e lungimiranza, giovani con la voglia di essere la “voce fuori dal coro”. ■ Un consiglio per chi volesse dedicarsi all’agricoltura. Vale la pena di provarci nonostante tutto? Sì, non potrei dare consiglio migliore, certo che ne vale la pena. Le soddisfazioni ci sono, al di là delle difficoltà. “Ci vuol passione, molta pazienza e un f<strong>il</strong>o di incoscienza, e poi sarà bello, bellissimo” ...come direbbe Ornella Vanoni.