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La Mortalità Neonatale

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Il mio metodo di profilassi neonatale contro micosi profonde e proventricolite infettiva<br />

<strong>La</strong> mortalità neonatale costituisce invariabilmente un problema delle zoocolture maggiori e minori.<br />

Notoriamente tutti gli animali - specie umana compresa - durante la primissima infanzia,<br />

attraversano una delicatissima fase di grande vulnerabilità fisica. Il neonato infatti, alla nascita, non<br />

dispone di un sistema immunitario totalmente competente ed è privo di flora batterica saprofita<br />

(germ-free), in grado di contrastare le infezioni da microrganismi opportunisti (immunità aspecifica).<br />

Non ha sufficienti riserve organiche e per giunta, gli organismi omeotermi hanno una attività di<br />

termoregolazione (mantenimento a valori costanti della propria temperatura corporea) alquanto<br />

precaria. Questo trend negativo è spesso causa di ingenti perdite di animali neonati, in particolare<br />

per gli allevamenti che presentino difetti di conduzione (il cosiddetto management degli<br />

anglosassoni). Calandoci nello specifico dei nostri impianti allevatori ornitici, le premesse non<br />

cambiano. Tutti gli ornicoltori sono ben consapevoli della grande importanza di prevenire la mortalità<br />

dei nidiacei, al fine di una soddisfacente produttività degli aviari. <strong>La</strong> perdita dei pulli è imputabile<br />

anzitutto all'insorgenza di infezioni neonatali, nei primissimi giorni di vita degli uccelli e,<br />

secondariamente, a malformazioni congenite, incidenti (schiacciamenti da parte della chioccia,<br />

accidentali cadute da nidi malcostruiti, nidiate con "figlio unico" ipostimolatore di cure parentali,<br />

ecc.), intossicazioni alimentari.<br />

Tra le infezioni neonatali, un ruolo preminente<br />

ritengo essere svolto dalle micosi profonde e<br />

dalla patologia infettiva a carico del<br />

proventricolo (stomaco ghiandolare) e<br />

ventriglio (stomaco muscolare), un tempo<br />

addebitata ad un presunto grosso agente<br />

batterico pleomorfo (Megabacterium) che<br />

tuttavia recenti studi, condotti<br />

prevalentemente in laboratori degli Stati Uniti,<br />

sembrano smentire a favore di una eziologia<br />

fungina. In realtà, come molti allevatori già<br />

sapranno, la patologia infettiva del<br />

proventricolo - comunemente definita<br />

Proventricolite - comparve per la prima volta<br />

nel 1980 in Italia, in alcuni allevamenti<br />

dell'Emilia Romagna che registrarono improvvisamente morie di pulli dell'età di 8-9 giorni. <strong>La</strong> diffusa<br />

mortalità si rivelò insensibile a vari trattamenti con farmaci chemioantibiotici, praticati dagli stessi<br />

allevatori. Caso singolare fu che i decessi investissero solo i nidiacei, rivelandosi rari e sporadici nei<br />

riproduttori degli allevamenti interessati al fenomeno. Successivamente e dopo diversi infruttuosi<br />

tentativi di terapia, alcuni novelli morti vennero fatti esaminare dal Dott. Franco Tarozzi, all'epoca<br />

noto ricercatore presso l'Istituto di Patologia Aviare della facoltà di medicina veterinaria della<br />

università di Bologna. Lo studioso italiano sottopose ad esame microscopico strisci di mucosa dei<br />

proventricoli degli uccelli deceduti, osservando la presenza di strane forme bastoncellari allungate e<br />

disposte ad intreccio, prive di spore o conidi e pertanto non assimilabili alle ife di Candida albicans,<br />

un micete parassita ben conosciuto. Considerando però le grosse dimensioni dell'agente isolato -<br />

difficilmente comparabile con batteri convenzionali - il Dott. Tarozzi concluse che dovesse trattarsi di<br />

un microfungo, di specie diversa dalla Candida albicans e propose agli allevatori che lo avevano<br />

interpellato, una terapia a base di Amfotericina B: antibiotico polienico in grado di legare gli<br />

ergosteroli della membrana cellulare fungina, alterandone la permeabilità selettiva ai metaboliti, con<br />

conseguente devitalizzazione del patogeno. Detta terapia, adottata per tutti i canarini presenti negli<br />

allevamenti investiti dalla misteriosa mortalità neonatale, sortì un immediato effetto terapeutico,<br />

risollevando la produttività degli aviari e consentendo il normale svezzamento dei pulli delle ultime<br />

covate. <strong>La</strong> ricerca sulla natura dell'agente eziologico della Proventricolite - patologia<br />

successivamente emersa in differenti specie di fringillidi, esotici e psittacidi allevati in cattività - è<br />

proseguita negli anni, pervenendo dapprima alla conclusione di una natura batterica (per l'appunto il<br />

Megabacterium, presunto Gram+) e più recentemente ritornando a considerare i miceti quali agenti<br />

causali dell'affezione gastrointestinale in parola. Alcuni studiosi tuttavia sostengono una sua<br />

eziologia infettiva polispecifica/polifattoriale.


Personalmente mi interesso alla<br />

proventricolite infettiva sin dal 1988, allorchè<br />

il mio allevamento di canarini di colore neri<br />

venne pesantemente investito da questa<br />

forma morbosa. All'epoca, in preda alla<br />

disperazione più nera per le tante perdite di<br />

nidiacei subite durante la prima covata, mi<br />

misi avidamente alla ricerca di tutto il<br />

materiale bibliografico disponibile in lingua<br />

italiana sull'argomento. Non molto in verità,<br />

visto che la patologia oggetto di questa nota,<br />

in quel periodo era poco conosciuta e studiata.<br />

Tuttavia anche nel mio caso, l'utilizzo della<br />

Amfotericina B si rivelò arma rapidamente<br />

vincente, consentendomi di recuperare le<br />

perdite subite e di concludere favorevolmente<br />

la stagione cove 1988. Negli anni successivi mi è capitato ancora di imbattermi in forme cliniche<br />

riconducibili al misterioso patogeno del proventricolo, esaminando nidiacei morti di amici allevatori.<br />

Allorchè mi trovavo a valutare una improvvisa e spesso sostenuta mortalità neonatale, riguardante i<br />

novelli dell'età di 7 - 9 gg., in assenza di sintomi manifesti di malattia dei riproduttori, ho sempre<br />

consigliato di integrare la dieta dei canarini con un trattamento a base di Amfotericina B ed i risultati<br />

sortiti sono stati spesso assai incoraggianti.<br />

A questo punto, anni fa mi sono chiesto se fosse stato possibile ridurre quella latente mortalità<br />

neonatale, che accompagna da sempre le nostre stagioni riproduttive e che ormai l'allevatore stesso<br />

accetta supinamente, quasi come fattore ineluttabile, in nome di una presunta selezione naturale del<br />

proprio ceppo. In sostanza mi sono posto il problema se quei decessi di pulli che poco prima<br />

dell'exitus continuano vigorosamente a ricercare l'imbeccata, spalancando beccucci dalle mucose<br />

normalmente rosee e di aspetto sano, ma denotando al contempo gracilità e sensibile ritardo di<br />

sviluppo, potessero essere imputabili alla Proventricolite infettiva, e/o ad eventuali forme micotiche<br />

di tipo tradizionale e ben conosciute (Candida<br />

albicans).<br />

D'altronde, molte sofisticazioni alimentari che<br />

noi allevatori pratichiamo, spesso con<br />

superficialità (mi riferisco alle diverse e talora<br />

bizzarre integrazioni proteiche dei pastoncini<br />

di allevamento, alla consociazione degli<br />

sfarinati con semi germinati o cotti, ecc.) così<br />

come i deprecabili trattamenti cosiddetti "precova"<br />

con farmaci chemioantibiotici, sono<br />

certamente in grado di creare quelle<br />

condizioni ideali predisponenti, sia per la<br />

Proventricolite infettiva che le micosi<br />

profonde. Da circa dieci anni ho inteso allora<br />

adottare nel mio allevamento di canarini un<br />

particolare protocollo di profilassi neonatale,<br />

consistente nel trattamento totale "a tappeto"<br />

di tutti i pulli che schiudono nei miei nidi, mediante la somministrazione di una pappetta medicata<br />

integrata con Amfotericina B. Utilizzo un prodotto per l'imbecco dei nidiacei che, oltre ad essere<br />

composto da farine vegetali altamente assimilabili, nutrienti e proteiche, risulta contenere anche<br />

Fruttoligosaccaridi e Betaglucani: due probiotici ad effetto modulatore della flora saprofita intestinale<br />

ed immunostimolante.<br />

In sostanza annualmente, poco prima dell'avvio della stagione riproduttiva, eseguo dei<br />

campionamenti di materiale fecale prelevato fresco dalle gabbie dei miei riproduttori, provvedendo<br />

con essi a fare realizzare delle indagini coproscopiche - coprocolturali, al fine di escludere infezioni<br />

batteriche convenzionali e parassitosi da micro e macroparassiti. Una volta ottenuto l'ok dal centro<br />

di diagnostica veterinaria, circa lo stato sanitario del mio aviario (spesso ricorro all'istituto di


patologia aviare della facoltà di veterinaria di Bari), procedo agli accoppiamenti, senza praticare<br />

alcun trattamento farmacologico preventivo sui riproduttori, ad eccezione delle consuete integrazioni<br />

con vitamine ed elementi minerali e gli indispensabili aggiustamenti stagionali del regime dietetico<br />

dei razzatori.<br />

Tutti i pulli vengono invariabilmente trattati, sin dalla nascita, con una imbeccata quotidiana<br />

medicata con Amfotericina B. Preparo la pappina da imbecco secondo la seguente proporzione: 1<br />

cucchiaino raso da caffè di polvere per nidiacei granivori + 2/3 gocce di Fungilin (sciroppo per uso<br />

umano della ditta Bristol-Myers-Squibb s.r.l.), contenente amfotericina B: un antibiotico inefficace<br />

sulle forme batteriche, ma potente antimicotico, rivelatosi da sempre molto attivo a contrastare la<br />

patologia infettiva del proventricolo dei piccoli uccelli d'affezione.<br />

Imbecco i pulli dal primo giorno di vita sino all'inanellamento (6°-7° gg. d'età), lasso di tempo che<br />

notoriamente costituisce la fase più critica dell'esistenza del nidiaceo per le patologie in parola. Le<br />

pappe, dopo l'integrazione farmacologica della polvere da imbecco secondo le proporzioni che ho<br />

fornito, vengono rese fluide e somministrabili con uno stecco o una siringa da insulina, mediante<br />

aggiunta di acqua tiepida. Generalmente fornisco l'imbeccata di primo mattino, allorchè i pulli sono a<br />

digiuno o quasi, quindi più avidi di cibo e disposti a farsi nutrire. Imbecco "ad libitum", cioè sino a<br />

quando il pullus si mostra sazio.<br />

Faccio notare che l'Amfotericina B è un<br />

antibiotico esente da assorbimento sistemico,<br />

allorchè somministrato per via orale. Esso<br />

limita l'azione farmacologica unicamente alle<br />

mucose del digerente. Viceversa la molecola<br />

presenta tossicità per assorbimento generale.<br />

Per questo motivo suggerisco, in caso di<br />

nascite sfasate nello stesso nido e qualora si<br />

imbeccassero pulli in presenza di uova in<br />

attesa di schiusa, di rimuovere sempre<br />

accuratamente queste ultime per il tempo<br />

necessario alla imbeccata dei neonati, al fine<br />

di evitare che il guscio delle uova in<br />

incubazione possa impregnarsi della pappina<br />

medicata, lasciando passare il principio attivo.<br />

Ho infatti ripetutamente verificato che allorchè<br />

l'uovo fetato si imbrattasse della pappina, quasi mai schiude, probabilmente per l'effetto della<br />

Amfotericina B sul feto, mediante assorbimento attraverso la rete vascolare delle membrane fetali,<br />

poste a ridosso del guscio poroso.<br />

Utilizzando questo metodo di prevenzione ho visto negli ultimi dieci anni di allevamento,<br />

drasticamente ridotta la mortalità neonatale nel mio aviario, riuscendo di anno in anno a mantenere<br />

costantemente elevata la percentuale di pulli di canarino svezzati per coppia. A volte, per verificare<br />

l'efficacia del metodo, l'ho sospeso tra la prima e la seconda covata, registrando un sensibile<br />

incremento della mortalità di nidiacei, tanto da essere indotto a riprendere tempestivamente la<br />

profilassi. Mi riprometto nel corso dei prossimi anni di procedere ad una empirica verifica del mio<br />

metodo, su base statistica. Semplicemente suddividendo le coppie di riproduttori in due gruppi<br />

omogenei: fornendo la profilassi neonatale ai nidiacei di un gruppo e l'imbeccata priva di<br />

Amfotericina B agli altri. A fine stagione riproduttiva potrò così disporre di utili dati di raffronto, che<br />

potranno meglio rappresentarmi l'efficacia o meno del metodo che attualmente comunque valuto, in<br />

termini di impiego "di campo", molto favorevolmente.<br />

Da rilevare che in corso di Proventricolite infettiva si ha un incremento del ph gastrointestinale, con<br />

proliferazione di enterobatteri quali l'Escherichia coli: un germe ricorrentemente chiamato in causa<br />

quale responsabile di mortalità neonatale. <strong>La</strong> profilassi contro la Proventricolite avrebbe allora<br />

efficacia anche nella prevenzione della Colibacillosi associata a Proventricolite dei nidiacei. Non tratto<br />

i riproduttori e non aggiungo Amfotericina B al pastoncino d'allevamento, come certamente sarebbe<br />

più pratico fare, per evitare di somministrare farmaci ai razzatori, che potebbero nuocere alterando<br />

l'ambiente intestinale.


Questo in sostanza il mio metodo di profilassi neonatale. Chi volesse provarlo è libero di farlo,<br />

tuttavia esso certamente non costituisce un miracoloso elisir per risolvere i molteplici problemi di<br />

conduzione e l'inerente patologia dei nostri allevamenti ornitici. <strong>La</strong> mia profilassi neonatale può<br />

talora decisamente aiutare l'allevatore a contrastare la mortalità neonatale, allorchè essa sia<br />

sostenuta da micosi profonde (Candidosi - Proventricolite infettiva da miceti), non rappresenta<br />

comunque una panacea per la cura di tutte le patologie che possono investire un aviario. Le<br />

ultimissime ricerche sulla Proventricolite micotica, sembrerebbero poi mettere in luce una precisa<br />

predisposizione di ordine genetico a contrarre la patologia. Ciò lascia intravvedere la possibilità di<br />

allevare in futuro ceppi di canarini ed altri volatili razzatori, naturalmente refrattari a contrarre la<br />

patologia, frutto di mirata selezione. Anche in canaricoltura pertanto - così come largamente<br />

preconizzato in campo medico umano - la scommessa di debellare determinate malattie si giocherà<br />

molto probabilmente sul terreno della genetica!<br />

Testo di: Francesco Chieppa<br />

Foto: Archivio V&A<br />

Si ringrazia la rivista "Alcedo" per aver concesso la riproduzione dell'articolo<br />

http://www.alcedoedizioni.com<br />

Altri articoli sulle micosi delle specie ornitiche:<br />

- Evoluzione della proventricolite degli uccelli<br />

(Dott. Angelo Citro)<br />

- Megabatteriosi dei volatili - caratteristiche cliniche e patologiche<br />

(Tolina T. Son - G. Heather Wilson - Kenneth S. <strong>La</strong>timer)

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