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la tradizione silenziosa ed il silenzio massonico - Loggia so ham n ...

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“LA TRADIZIONE SILENZIOSA<br />

ED IL SILENZIO MASSONICO”<br />

MESE VII<br />

A.V.L. 6005


PREMESSA<br />

“Il S<strong>il</strong>enzio è <strong>la</strong> condizione essenziale per <strong>la</strong> felicità”<br />

Maestro Zen<br />

L’argomento che mi appresto ad esporre è cr<strong>ed</strong>uto dai più come un argomento di semplice <strong>ed</strong><br />

imm<strong>ed</strong>iata comprensione, ma non è così. La <strong>so</strong>cietà contemporanea rifuggendo <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio lo<br />

considera negativamente come l’espressione di una assenza (quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> per l’appunto) più<br />

che, come noi, vettore di conoscenza e profonda comprensione di noi stessi e del<strong>la</strong> realtà che ci<br />

circonda.<br />

La scelta dell’argomento, “materia prima” del noviziato dell’”A.A.”, sia in termini di studio che di<br />

esperienza vissuta per<strong>so</strong>nalmente, ci ha convinto del<strong>la</strong> nostra attuale pochezza per potere trattare,<br />

indipendentemente dal<strong>la</strong> lezione dei Maestri, una materia ­ sale di ogni <strong>tradizione</strong> iniziatica<br />

conosciuta – che accompagna i passi lungo <strong>la</strong> sca<strong>la</strong> di Giacobbe.<br />

Si consideri inoltre questo <strong>la</strong>voro come un compendio sintetico delle diverse letture che abbiamo<br />

affrontato per conoscere <strong>la</strong> <strong>tradizione</strong> del<strong>la</strong> “Legge del S<strong>il</strong>enzio”.<br />

LA TESI<br />

“Il primo grado del<strong>la</strong> saggezza è sapere tacere; <strong>il</strong> secondo è saper par<strong>la</strong>re poco e moderarsi nel discor<strong>so</strong>; <strong>il</strong><br />

terzo è sapere par<strong>la</strong>re molto senza par<strong>la</strong>re ne male ne molto”.<br />

Abate Dinouart<br />

Anticipiamo <strong>la</strong> tesi che <strong>so</strong>steniamo con questo breve intervento: per un mas<strong>so</strong>ne <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio non si<br />

può limitare al<strong>la</strong> semplice astensione del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, es<strong>so</strong> è un più comples<strong>so</strong> proces<strong>so</strong> di<br />

purificazione del<strong>la</strong> mente che si deve sperimentare a gradi per pervenire al<strong>la</strong> comprensione del<strong>la</strong><br />

Conoscenza. E’ una esperienza implosiva. Cioè una esperienza che, dall’esterno, proc<strong>ed</strong>e ver<strong>so</strong> i<br />

livelli più profondi del<strong>la</strong> nostra anima.<br />

Chiariamo subito che come azione simbolica, <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio può assumere sia un significato positivo<br />

che negativo.<br />

L’assenza di paro<strong>la</strong> può essere motivata dal<strong>la</strong> preparazione all’apertura o dal<strong>la</strong> volontà di chiusura.<br />

Il S<strong>il</strong>enzio è preludio sia al<strong>la</strong> Paro<strong>la</strong> che al<strong>la</strong> Rive<strong>la</strong>zione <strong>il</strong> mutismo è chiusura al<strong>la</strong> comunicazione<br />

e al<strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione per rifiuto di ricever<strong>la</strong> o di trasmetter<strong>la</strong>. Il S<strong>il</strong>enzio è preparazione al dono (<strong>la</strong><br />

capacità di ascolto), <strong>il</strong> mutismo è rifiuto del dono (toglie <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> per togliere l'amore).<br />

Il S<strong>il</strong>enzio racchiude grandi avvenimenti, <strong>il</strong> mutismo li occulta; l'uno dà alle cose grandezza, l'altro<br />

le deprezza e le degrada; l'uno segna un progres<strong>so</strong>, l'altro un regres<strong>so</strong>.


ASPETTO PARADOSSALE DI UN “DISCORSO SUL SILENZIO”<br />

"Nessun partico<strong>la</strong>r pensiero può essere lo stato naturale del<strong>la</strong> mente, <strong>so</strong>lo <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio. Nessuna idea di<br />

S<strong>il</strong>enzio, ma <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio stes<strong>so</strong>. Quando <strong>la</strong> mente è in uno stato naturale, essa volge naturalmente al S<strong>il</strong>enzio<br />

dopo ogni esperienza e ciascuna esperienza viene vissuta sullo sfondo del S<strong>il</strong>enzio.<br />

Nisargadatta Maharaj<br />

Discutere o scrivere del S<strong>il</strong>enzio risulta paradossale dal momento che per farlo non possiamo usare<br />

S<strong>il</strong>enzi se non nelle pause tra ciascuna paro<strong>la</strong> del nostro discor<strong>so</strong>. Sono quelle parole afone, che<br />

necessitano <strong>la</strong> sintonia con <strong>la</strong> nostra antenna più profonda che ben può capire. Dobbiamo però<br />

accettare questo aspetto paradossale per delineare brevemente <strong>il</strong> significato del S<strong>il</strong>enzio Mas<strong>so</strong>nico<br />

e le tradizioni da cui discende.<br />

Noi possiamo capire <strong>il</strong> valore dell’ esperienza del S<strong>il</strong>enzio perché essa avviene durante i <strong>la</strong>vori<br />

rituali quando <strong>il</strong> Tempio con i suoi simboli ci par<strong>la</strong>no.<br />

Il Tempio <strong>mas<strong>so</strong>nico</strong> , come <strong>il</strong> “mutus liber” degli ermetismi par<strong>la</strong> attraver<strong>so</strong> i suoi simboli <strong>il</strong><br />

“Linguaggio del S<strong>il</strong>enzio” e noi non percepiamo subito tutto ciò che ci dice, abbiamo bi<strong>so</strong>gno di<br />

sintonizzarci e, per farlo, <strong>il</strong> noviziato può essere lungo. Per certi aspetti non si finisce mai di<br />

apprendere. Stiamo par<strong>la</strong>ndo di e<strong>so</strong>terismo e di linguaggio simbolico.<br />

Ma di questo parleremo più avanti.<br />

ALLE ORIGINI DELLA PAROLA<br />

“Le parole stanno tra <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio <strong>ed</strong> <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio: tra <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio delle cose e <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio del nostro per<strong>so</strong>nale<br />

essere, tra <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio del mondo e <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio di Dio. Quando noi abbiamo realmente incontrato e conosciuto<br />

<strong>il</strong> mondo del S<strong>il</strong>enzio, le parole non separano noi dal mondo così come dagli altri uomini, da Dio e da noi<br />

stessi perchè non cr<strong>ed</strong>iamo più che l’intera realtà sia contenuta nel linguaggio”<br />

Thomas Merton<br />

Analizzando l’etimo del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> nelle maggiori lingue <strong>la</strong>tine abbiamo:<br />

Francese. s<strong>il</strong>ence; spagnolo e cata<strong>la</strong>no: s<strong>il</strong>encio. Esse derivano dal <strong>la</strong>tino SILENTIUM da SILERE<br />

che vuol dire tacere.<br />

Anche in altre lingue si fa riferimento al sibi<strong>la</strong>re nel<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> del<strong>la</strong> lettera S, che è voce inartico<strong>la</strong>ta<br />

con <strong>la</strong> quale si fa cenno di tacere, ma che più probab<strong>il</strong>mente ha re<strong>la</strong>zione con <strong>la</strong> RADICE<br />

INDOEUROPEA SI :legare, che spicca nel SANSCRITO SI­NÔMI, SI­NÂMI: lego.<br />

Interessante risulta quindi sia l’aspetto onomatopeico derivato dal suono sibi<strong>la</strong>nte del<strong>la</strong> lettera s che<br />

l’aspetto derivato dall’ipotesi figurata di matrice indoeuropea: s<strong>il</strong>enzio come l’atto del trattenere e,<br />

v<strong>ed</strong>remo più avanti, quanto questa declinazione sia opportuna nel<strong>la</strong> interpretazione del significato di<br />

S<strong>il</strong>enzio e Segreto.<br />

Renè Guenon individua nel<strong>la</strong> radice del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “mito”, “mu”(chiudere <strong>la</strong> bocca), l’origine di altre<br />

parole collegate come “mueo”(iniziazione ai misteri) derivata da “muò” e “muein” (tacere).<br />

La paro<strong>la</strong> <strong>la</strong>tina murmur (mormorio) è <strong>la</strong> radice” mu” prolungata m<strong>ed</strong>iante <strong>la</strong> lettera r e ripetuta, in<br />

modo da rappresentare un rumore <strong>so</strong>rdo e continuo prodotto dal<strong>la</strong> bocca <strong>so</strong>cchiusa; allo stes<strong>so</strong><br />

modo, <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “mistero”, derivata dal greco “musterion”, è anch’essa derivata dal<strong>la</strong> stessa radice<br />

“mu”.<br />

E’ evidente per tutte queste parole l’aspetto legato al<strong>la</strong> chiusura, al<strong>la</strong> protezione.<br />

Non è un ca<strong>so</strong> che nel rituale si faccia spes<strong>so</strong> riferimento a parole come COPERTO, STRETTO,<br />

RACCHIUSO. René Guenon descrivendo <strong>tradizione</strong> iniziatica <strong>la</strong> paragona al “midollo” degli alberi<br />

protetto, circondato, dal<strong>la</strong> spessa “corteccia” che si rigenera continuamente (come <strong>la</strong> Mas<strong>so</strong>neria<br />

nel<strong>la</strong> storia) mantenendo comunque integro <strong>il</strong> contenuto profondo.


SIMBOLOGIA DEL SILENZIO<br />

“Noi vogliamo incontrare Dio, egli non può essere trovato nel rumore e nel<strong>la</strong> confusione.<br />

Dio è amico del S<strong>il</strong>enzio. Guarda come <strong>la</strong> Natura – alberi, fiori, erba cresce in S<strong>il</strong>enzio; guarda le stelle, <strong>la</strong><br />

luna <strong>ed</strong> <strong>il</strong> <strong>so</strong>le, come loro si muovono in S<strong>il</strong>enzio…noi abbiamo bi<strong>so</strong>gno di S<strong>il</strong>enzio per essere capaci di<br />

toccare anime.”<br />

Madre Teresa<br />

Greci e Romani per<strong>so</strong>nificavano <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio con <strong>il</strong> dio Arpocrate. Arpocrate era <strong>il</strong> dio egiziano<br />

Horus infante raffigurato come un principe nudo con un dito in bocca nell’atto di succhiarselo.<br />

Questo gesto venne scambiato dai greci per <strong>il</strong> segno del S<strong>il</strong>enzio. Poco importa: es<strong>so</strong> verrà<br />

raffigurato dai f<strong>il</strong>o<strong>so</strong>fi mistici come un dio tutto occhi e orecchie ma con <strong>la</strong> bocca chiusa. Queste<br />

caratteristiche <strong>so</strong>no evocative di un messaggio :<br />

E’ necessario v<strong>ed</strong>ere, ascoltare, capire, ma, tra le<br />

verità scoperte, nessuna dovrà essere rive<strong>la</strong>ta.<br />

Più tardi Apuleio scrisse nell’”Asino d’Oro”: "nessun<br />

pericolo potrebbe forzarmi mai a rive<strong>la</strong>re al<br />

profano che cosa è stato confidato a me <strong>so</strong>tto<br />

l’impegno del<strong>la</strong> segretezza."<br />

Così fu per tutti gli insegnamenti e<strong>so</strong>terici degli antichi<br />

misteri e per i misteri del<strong>la</strong> <strong>tradizione</strong> cristiana<br />

divulgati ai f<strong>ed</strong>eli nel S<strong>il</strong>enzio delle cripte o delle<br />

catacombe.<br />

La “Legge del S<strong>il</strong>enzio” è<br />

alle origini di tutte le reali<br />

iniziazioni. La sua origine<br />

senza dubbio si perde nel<strong>la</strong><br />

notte del<strong>la</strong> preistoria.<br />

Pitagora, prima di aprire <strong>la</strong><br />

sua scuo<strong>la</strong> a Crotone,<br />

trascorse diversi anni in<br />

as<strong>so</strong>luto S<strong>il</strong>enzio e, quando<br />

divenne capo del<strong>la</strong> sua<br />

Scuo<strong>la</strong> impose <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio ai<br />

suoi discepoli. Essi si chiamavano “Akoustikoi”, gli ascoltatori; essi<br />

dovevano <strong>so</strong>lo ascoltare <strong>ed</strong> osservare e, senza fare domande, seguivano<br />

le lezioni del maestro e m<strong>ed</strong>itavano su esse nel segreto del<strong>la</strong> loro<br />

intelligenza.<br />

La vita nascosta di Cristo è di circa 30 anni, dei quali <strong>la</strong> storia non rive<strong>la</strong><br />

fatti percettib<strong>il</strong>i.<br />

Prima di entrare nel<strong>la</strong> vita pubblica si ritirò per 40 giorni nel deserto,<br />

spazio in cui i punti di riferimento <strong>so</strong>no as<strong>so</strong>luti: una semplice linea<br />

d’orizzonte che separa cielo e terra. In questo “teatro minimale del<br />

S<strong>il</strong>enzio” <strong>so</strong>no nate le grandi religioni monoteiste, e non è un ca<strong>so</strong>.<br />

Più o meno nello stes<strong>so</strong> periodo ( 30­40 d.C.), Apollonio di Tyana non parlo per circa 5 anni,<br />

dall’età di 20 anni. Apollonio di Tyana: diffuse l’insegnamento di Pitagora in diverse città<br />

dell’Impero romano e fondò una scuo<strong>la</strong> pitagorica ad Efe<strong>so</strong>.<br />

Giulia Domna, moglie di Settimio Severo, tentò di opporre <strong>la</strong> figura di Apollonio a quel<strong>la</strong> di Cristo,<br />

esaltando<strong>la</strong> come quel<strong>la</strong> di taumaturgo e profeta.


Questi maestri avevano capito <strong>il</strong> valore e <strong>la</strong> quasi­ <strong>so</strong>prannaturale virtù del S<strong>il</strong>enzio fisico.<br />

Dal loro esempio noi traiamo i nostri principî che si traducono nel<strong>la</strong> vita pratica:<br />

“Un mas<strong>so</strong>ne par<strong>la</strong> al momento appropriato e, control<strong>la</strong>ndo le sue parole, esprime <strong>il</strong> suo<br />

essenziale pensiero, niente di più”.<br />

Troppi par<strong>la</strong>tori in questo mondo e non abbastanza pensatori, troppi ideologi e pochissime per<strong>so</strong>ne<br />

capaci di tradurre in azioni concrete le idee, perchè l’uomo nel<strong>la</strong> sua natura animale esteriorizza<br />

costantemente se stes<strong>so</strong> attraver<strong>so</strong> vane parole e gesti invece di concentrare se stes<strong>so</strong> nel S<strong>il</strong>enzio<br />

del<strong>la</strong> m<strong>ed</strong>itazione, l’unica origine dei grandi pensieri e delle grandi azioni.<br />

Ma questo non è tutto perché, attraver<strong>so</strong> <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio, bi<strong>so</strong>gna ancora raggiungere <strong>il</strong> “S<strong>il</strong>enzio<br />

dell’Anima”. E’ necessario imporre <strong>il</strong> controllo del<strong>la</strong> ragione e del<strong>la</strong> volontà all’incalzare degli<br />

istinti e delle passioni.<br />

Questa restrizione, fondata sul S<strong>il</strong>enzio fisico, è <strong>la</strong> vera base del<strong>la</strong> virtù del<strong>la</strong> temperanza.<br />

Ricordiamo che tale virtù è rappresentata sia nel Quadro di<br />

<strong>Loggia</strong> e, fisicamente nelle decorazioni del<strong>la</strong> loggia stessa.<br />

Ad ognuno dei quattro angoli del<strong>la</strong> tavo<strong>la</strong> è rappresentata<br />

una nappa che sta a simbolizzare una delle quattro virtù<br />

cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza)<br />

analogamente, in molte chiese v<strong>ed</strong>iamo affrescate le<br />

quattro virtù nei pennacchi di <strong>so</strong>stegno del<strong>la</strong> cupo<strong>la</strong> .<br />

Le nappe probab<strong>il</strong>mente provengono dal fatto che quando <strong>il</strong><br />

maestro mas<strong>so</strong>ne operativo tracciava un <strong>ed</strong>ificio, fissava<br />

prima i picchetti dei quattro angoli, quindi ne delimitava <strong>il</strong><br />

perimetro fissando ai picchetti delle funicelle o sagole che<br />

legava dietro ciascun picchetto, <strong>il</strong> nodo che faceva avrebbe<br />

potuto dare origine all’odierna nappa.<br />

Le virtù <strong>so</strong>no “cardinali” in quanto “cardine”, ossia<br />

“<strong>so</strong>stegno” dell’essere umano; le accomuniamo<br />

comunemente agli insegnamenti cristiani, ma <strong>so</strong>no di molto<br />

più vecchie di essi. Le ritroviamo menzionate per <strong>la</strong> prima<br />

volta in P<strong>la</strong>tone, nel<strong>la</strong> “Repubblica e le troviamo ancora nel<br />

II libro del “De Inventione” di M. T. Cicerone, che le<br />

definisce abiti, probab<strong>il</strong>mente perché intende che pos<strong>so</strong>no<br />

essere mutate o smesse come un abito. Esse <strong>so</strong>no esterne al<br />

nostro modo di essere, e debbono venire conquistate <strong>ed</strong><br />

acquisite. Lo stes<strong>so</strong> modo di definirle quali abiti viene poi<br />

ripre<strong>so</strong> <strong>ed</strong> adottato da Tomma<strong>so</strong> d’Aquino che per primo le<br />

definisce “Cardinali” nel<strong>la</strong> sua “Summa Theologiae”.<br />

Il vescovo Durand Gu<strong>il</strong><strong>la</strong>ume nel 1313 disse che le quattro virtù rappresentavano le quattro mura<br />

del “Tempio di Dio”.<br />

Nel<strong>la</strong> loro rappresentazione di nappe, le quattro virtù, <strong>so</strong>no anche i cardini ovvero gli angoli ove ha<br />

inizio <strong>la</strong> “Tavo<strong>la</strong> di Tracciamento”, volendo indicare forse che <strong>il</strong> mas<strong>so</strong>ne, per iniziare <strong>la</strong> sua strada,<br />

dovrebbe esserne già provvisto.<br />

Risulta ora chiaro che <strong>la</strong> temperanza, questa “stoica” capacità di contenere le passioni o, meglio, di<br />

trasporle in S<strong>il</strong>enzio interiore è <strong>il</strong> preludio –insieme alle altre 3 virtù­ ad un proces<strong>so</strong> di elevazione<br />

che proc<strong>ed</strong>e, per gradi, lungo una via verticale rappresentata da una sca<strong>la</strong> nel quadro di loggia.<br />

Questo lungo e difficolto<strong>so</strong> proces<strong>so</strong> richi<strong>ed</strong>e due differenti momenti: l’eliminazione e <strong>la</strong><br />

purificazione.


Così come <strong>la</strong> Legge del S<strong>il</strong>enzio ci <strong>so</strong>stiene nel supervisionare alle nostre parole triviali ci invita<br />

anche a guardare i nostri pensieri per discernere verità, bellezza e bontà nel campo del<strong>la</strong> nostra<br />

coscienza.<br />

Da questa negativa operazione di “eliminazione” è necessario passare al proces<strong>so</strong> positivo di<br />

“purificazione” cioè al raffinamento del pensiero.<br />

Questo raffinamento viene operato attraver<strong>so</strong> <strong>il</strong> contatto tra <strong>il</strong> nostro pensiero con l’essenza delle<br />

cose, attraver<strong>so</strong> un proces<strong>so</strong> che si chiama “empatia” (in t<strong>ed</strong>esco: Einfuhlung) cioè <strong>la</strong> capacità di<br />

imm<strong>ed</strong>esimarsi nel<strong>la</strong> realtà che ci circonda.<br />

Allora, <strong>la</strong> nostra vita potrà apparire come una vibrazione sincronizzata con l’Armonia Universale<br />

del Cosmo.<br />

Questa tensione ideale sintetizza <strong>il</strong> programma di tutta <strong>la</strong> Vera Mas<strong>so</strong>neria: l’Illuminazione.<br />

IL SUONO SILENZIOSO DELLA<br />

MEDITAZIONE<br />

Il Mantra è una disciplina m<strong>ed</strong>itativa indiana<br />

che permette, pronunziando <strong>so</strong>mmessamente<br />

determinate s<strong>il</strong><strong>la</strong>be sanscrite sacre (esempio<br />

SO­HAM), di mandare, per dirlo con termini<br />

profani, in "ri<strong>so</strong>nanza" <strong>la</strong> mente che è <strong>la</strong> più<br />

acerrima nemica dell’Atman, l’Io, l’anima<br />

individuale che si deve realizzare per tornare a<br />

far parte del Tutto.<br />

La mente tende ad allontanare l’individuo<br />

dall’infinito, dandogli l’<strong>il</strong>lusione di essere<br />

autosufficiente e spingendolo all’egotismo.<br />

Soltanto riuscendo ad annich<strong>il</strong>ire e control<strong>la</strong>re<br />

<strong>la</strong> mente, l’Atman risale al<strong>la</strong> percezione più<br />

alta e di nuovo si avverte l’appartenenza ad<br />

un Tutto che è Spirito divino.<br />

Lo stes<strong>so</strong> concetto altamente spirituale, seppur<br />

metaforizzato in termini più materiali, è ripre<strong>so</strong><br />

dal Cristo. "Così come <strong>il</strong> corpo e le membra<br />

<strong>so</strong>no una cosa <strong>so</strong><strong>la</strong>, così Io e <strong>il</strong> Padre mio<br />

siamo <strong>la</strong> stessa cosa".<br />

È <strong>il</strong> concetto di micro e macrocosmo, l’uno<br />

"dentro all’altro" e viceversa.


SILENZIO , SEGRETO E MISTERO<br />

"Conchiglia, da dove viene <strong>il</strong> tuo prezio<strong>so</strong> contenuto? Dal S<strong>il</strong>enzio; per anni e anni le mie <strong>la</strong>bbra<br />

<strong>so</strong>n rimaste chiuse ".<br />

Hazrat Inayat Khan<br />

Il termine “Segreto” deriva dal<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> <strong>la</strong>tina che ha <strong>il</strong> sen<strong>so</strong> di “scegliere, separare”. Tale<br />

termine per noi allude al<strong>la</strong> necessità di separare <strong>la</strong> realtà del <strong>la</strong>voro di <strong>Loggia</strong> da quello del<strong>la</strong> vita<br />

profana.<br />

Ricordiamoci che <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “Tempio” deriva dal verbo greco” temno” che significa tagliare, da cui<br />

“temenos” : recinto sacro. Considerato <strong>il</strong> tempio come metafora del tempio interiore dell’uomo ci<br />

riferiamo al S<strong>il</strong>enzio quale proces<strong>so</strong> funzionale al<strong>la</strong> difesa dei limiti sacri di un luogo sia fisico che<br />

esistenziale.<br />

Come abbiamo già detto <strong>il</strong> tempio <strong>ed</strong> <strong>il</strong> rituale ci par<strong>la</strong>no con un linguaggio che non è semplice<br />

tradurre in parole.<br />

Nel “linguaggio e<strong>so</strong>terico” <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> può <strong>so</strong>lo rappresentare <strong>la</strong> “corteccia più esterna” al<br />

significato profondo che <strong>il</strong> linguaggio stes<strong>so</strong> vuole tute<strong>la</strong>re.<br />

E’ un linguaggio per iniziati e, per estensione, <strong>il</strong> “Linguaggio del S<strong>il</strong>enzio”.<br />

Partiamo ora dell’etimologia del termine “ESOTERICO” per capire <strong>il</strong> ruolo del S<strong>il</strong>enzio all’interno<br />

di questo linguaggio.<br />

La paro<strong>la</strong> ESOTERICO deriva dal verbo greco e<strong>so</strong>terikòs, che significa interno, segreto. Si<br />

contrappone al<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> ESSOTERICO che deriva dal<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> exoterikos, esterno.<br />

L'e<strong>so</strong>terismo è una visione del mondo rive<strong>la</strong>ta in un conses<strong>so</strong> scelto, i<strong>so</strong><strong>la</strong>to dall'esterno e dal<strong>la</strong><br />

moltitudine, spes<strong>so</strong> tramandata in forma orale. Es<strong>so</strong> è un insegnamento estremamente riservato, a<br />

cui vengono ammessi <strong>so</strong>ltanto alcuni individui che hanno ricevuto una preparazione specifica,<br />

mentre gli altri <strong>so</strong>no tagliati fuori.<br />

L'e<strong>so</strong>terismo è antico come <strong>il</strong> mondo; tutte le<br />

rive<strong>la</strong>zioni magiche pres<strong>so</strong> i primitivi venivano<br />

compiute nel mistero, lontano dagli altri membri del<strong>la</strong><br />

tribù, all'ombra propizia di un bosco sacro o in un luogo<br />

appartato carico di valenze simboliche: per esempio una<br />

grotta.<br />

La distinzione tra interno <strong>ed</strong> esterno, sacro e profano,<br />

esisteva sia in campo culturale quanto in quello<br />

religio<strong>so</strong>, e spes<strong>so</strong> l'uno si <strong>so</strong>vrapponeva all’altro.<br />

Le tecniche di governo erano vicine con le tecniche<br />

magiche; l'ordine <strong>so</strong>ciale era <strong>il</strong> rifles<strong>so</strong> f<strong>ed</strong>ele<br />

dell'ordine cosmico e magico del<strong>la</strong> natura; <strong>il</strong><br />

microcosmo, con <strong>la</strong> sua stab<strong>il</strong>ità, assicurava l'ordine del<br />

macrocosmo.<br />

L'essere umano progr<strong>ed</strong>ì nel<strong>la</strong> sua spiritualizzazione. Il<br />

più di tali progressi non fu diffusa alle masse e riservata<br />

ad una ristretta e prescelta casta iniziatica.<br />

L'e<strong>so</strong>terismo è nato dal<strong>la</strong> parte più profonda dell'essere<br />

umano, da una necessità immanente al<strong>la</strong> vita.


Ogni interrogativo trovò un riscontro con l'inizio dei culti sacrali e delle varie manifestazioni<br />

misteriche.<br />

I grandi sacerdoti e i <strong>so</strong>mmi capi detenevano <strong>il</strong> potere del<strong>la</strong> conoscenza occulta, che esercitavano<br />

con grande segretezza, non condividendone con i profani che i frammenti indispensab<strong>il</strong>i al<strong>la</strong> loro<br />

evoluzione. Solo chi dimostrava di essere degno di ricevere gli insegnamenti occulti veniva<br />

ammes<strong>so</strong> nel<strong>la</strong> cerchia priv<strong>il</strong>egiata di coloro che un giorno avrebbero guidato le tribù.<br />

Le forme religiose ebbero sempre un carattere es<strong>so</strong>terico e uno e<strong>so</strong>terico, esistevano l'insegnamento<br />

ad u<strong>so</strong> popo<strong>la</strong>re e quello destinato a pochi. Fin da subito l'insegnamento e<strong>so</strong>terico fu protetto. Il<br />

pericolo di tale insegnamento stava nel modo di affrontare le problematiche dell'etica, del<strong>la</strong> vita e<br />

del<strong>la</strong> morte <strong>so</strong>tto aspetti che differivano dalle dottrine correnti.<br />

Inoltre gli iniziati, coloro che partecipavano a questi insegnamenti alternativi, avevano l'obbligo del<br />

segreto perché queste conoscenze in mani sbagliate potevano causare danni gravissimi. Basta<br />

leggere alcune parole di Ermete Trismegisto. " Richiamandoti a questi principi, ti ricorderai<br />

fac<strong>il</strong>mente delle cose che più a lungo ti spiegai e che qui <strong>so</strong>no riassunte. Ma evita di intrattenerti<br />

al<strong>la</strong> fol<strong>la</strong>; non perché io voglia imp<strong>ed</strong>ire che ne venga a conoscenza, ma perché non voglio esporti<br />

alle sue derisioni. Chi si <strong>so</strong>miglia si congiunge, e tra per<strong>so</strong>ne dissim<strong>il</strong>i non può esistere amicizia.<br />

Queste lezioni devono essere udite da pochi, o presto non ve ne saranno più del tutto. Esse<br />

posseggono qualcosa di così partico<strong>la</strong>re che spinge i malvagi ancor più ver<strong>so</strong> <strong>il</strong> male. Guardati<br />

dal<strong>la</strong> moltitudine, perché questa non comprende <strong>la</strong> virtù di tali discorsi".<br />

L'iniziato è colui che vibra all'uni<strong>so</strong>no con <strong>il</strong> suono dell'univer<strong>so</strong>, quindi non ha bi<strong>so</strong>gno del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />

per esprimersi. L'obbligo di non sve<strong>la</strong>re i segreti dei misteri ai quali è stato ammes<strong>so</strong> non gli è di<br />

pe<strong>so</strong>, in quanto intende <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio come lo spazio che separa l'uomo dal<strong>la</strong> conoscenza delle cose<br />

divine.<br />

Inizialmente è necessaria una grande forza d'animo per imporre a se stes<strong>so</strong> un S<strong>il</strong>enzio che spes<strong>so</strong> lo<br />

estrania dal resto del mondo.<br />

La modestia e <strong>la</strong> saggezza saranno le sue compagne di colloquio. Si spoglierà d'ogni inut<strong>il</strong>e orpello<br />

e di ogni paro<strong>la</strong> offensiva, annul<strong>la</strong>ndo se occorre anche <strong>la</strong> propria umanità, per ricevere quello stato<br />

di <strong>il</strong>luminazione che è <strong>il</strong> traguardo principale di tutti coloro che cercano <strong>la</strong> verità perduta. Opererà<br />

non dal vertice del<strong>la</strong> piramide ma dal<strong>la</strong> base, <strong>so</strong>lidamente, lentamente, pazientemente e con<br />

d<strong>il</strong>igenza, usando <strong>la</strong> volontà <strong>ed</strong> <strong>il</strong> sen<strong>so</strong> del<strong>la</strong> misura.<br />

Il S<strong>il</strong>enzio iniziatico, retaggio degli antichi misteri, fa parte anche di tutte le regole monastiche.<br />

Permette all'individuo di ricostruire <strong>la</strong> sua interiorità <strong>la</strong>vorando nel<strong>la</strong> sacra quiete del tempio;<br />

costituisce <strong>il</strong> preludio del<strong>la</strong> Rive<strong>la</strong>zione, perché conduce al punto più intimo di se stessi, dove<br />

l'eternità, come un mare vivificante, riporta l'essere umano alle sue origini divine. Questa è <strong>la</strong> rego<strong>la</strong><br />

d'oro dell'iniziato e del saggio: saper tacere.<br />

L'iniziato non imparerà mai tanto dai m<strong>il</strong>le libri quanto dal s<strong>ed</strong>ersi <strong>so</strong>tto un albero ad ascoltare <strong>il</strong><br />

proprio S<strong>il</strong>enzio, che in realtà ha un suono: una musica così remota che <strong>so</strong>lo chi possi<strong>ed</strong>e un cuore<br />

puro riesce a percepir<strong>la</strong>. Chi sa o ha imparato non ha bi<strong>so</strong>gno di trasmettere con <strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, perciò <strong>il</strong><br />

neofita dovrà comprendere che restare S<strong>il</strong>enziosi non significa <strong>so</strong>ltanto mantenere un segreto, ma<br />

imparare ad ascoltare <strong>il</strong> proprio Io e quello degli altri<br />

Ma non basta essere studiosi e sapienti, bi<strong>so</strong>gna vivere come se ogni giorno fosse <strong>il</strong> primo o<br />

l'ultimo, perché <strong>la</strong> vita è un viaggio iniziatico che ci conduce ver<strong>so</strong> <strong>la</strong> scoperta del<strong>la</strong> dimensione<br />

spirituale. Un grande faraone ha fatto incidere sul<strong>la</strong> sua tomba <strong>la</strong> frase "Io dormo, ma <strong>il</strong> mio cuore è<br />

sveglio”.


COSA CELA LA LEGGE DEL SILENZIO MASSONICO?<br />

Tutti i mas<strong>so</strong>ni veramente degni di essere menzionati tali sanno che <strong>la</strong> legge del S<strong>il</strong>enzio non<br />

protegge questioni immorali, discutib<strong>il</strong>i o <strong>so</strong>vversive bensì tute<strong>la</strong> e tramanda al futuro ciò che fu<br />

consegnato agli antichi adepti, una eco del detto evangelico: “non date perle ai porci”.<br />

Esiste una grande differenza tra <strong>la</strong> “legge del S<strong>il</strong>enzio Mas<strong>so</strong>nico” e le leggi del mondo profano.<br />

Le leggi profane siano esse politiche, <strong>so</strong>ciali <strong>ed</strong> economiche <strong>so</strong>no espressione di necessità,<br />

temporanea o permanente, scritte dai legis<strong>la</strong>tori e, spes<strong>so</strong>, applicab<strong>il</strong>i al<strong>la</strong> <strong>so</strong>cietà senza avere<br />

preventivamente consultato tutti i componenti del<strong>la</strong> <strong>so</strong>cietà stessa. Gli individui devono seguire al<strong>la</strong><br />

lettera le indicazioni di legge spes<strong>so</strong> contro <strong>la</strong> propria volontà obbligati ad osservarle fino a che<br />

ciascuna legge venga abrogata e <strong>so</strong>stituita.<br />

La legge del S<strong>il</strong>enzio <strong>mas<strong>so</strong>nico</strong> è diversa.<br />

Essa è generata dal<strong>la</strong> Tradizione e non dal desiderio di un uomo o del<strong>la</strong> collettività essa è presentata<br />

all’adepto prec<strong>ed</strong>entemente al<strong>la</strong> sua ammissione <strong>ed</strong> al<strong>la</strong> sua iniziazione.<br />

Egli può compiere una scelta in piena consapevolezza <strong>ed</strong> autonomia.<br />

La legge del S<strong>il</strong>enzio, lontano dall’essere un obbligo arbitrario, è una proposizione razionale<br />

attraver<strong>so</strong> <strong>il</strong> quale <strong>il</strong> nostro corpo e <strong>la</strong> nostra anima si dispongono a preparare lo spirito all’ascolto,<br />

in tutta quiete, delle voci profonde del nostro essere emanazione del<strong>la</strong> sublime armonia universale.<br />

Queste <strong>so</strong>no le profonde ragioni del S<strong>il</strong>enzio <strong>mas<strong>so</strong>nico</strong>.<br />

Quando si chiude <strong>la</strong> loggia <strong>il</strong> cappel<strong>la</strong>no legge: Fratelli, secondo l’antico costume,ora non ci<br />

rimane altro che racchiudere i nostri M… in un luogo sicuro, unendoci nell’atto di F…<br />

Quel luogo sicuro che, metafora del<strong>la</strong> nostra “provata capacità di discernimento”, può tute<strong>la</strong>re<br />

l’essenza delle idee che completamente esposta alle masse cieche potrebbe essere irrim<strong>ed</strong>iab<strong>il</strong>mente<br />

danneggiate o, peggio, perse.<br />

Noi dobbiamo immaginare l’organizzazione del S<strong>il</strong>enzio nel profondo cuore del<strong>la</strong> coscienza<br />

Mas<strong>so</strong>nica che considera <strong>la</strong> Verità non situata nelle parole che circondano i nostri concetti e le<br />

nostre idee, essa risi<strong>ed</strong>e nell’Essenza delle cose e degli esseri. Solo <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio può permetterci di<br />

ascoltare <strong>la</strong> <strong>so</strong>tt<strong>il</strong>e voce dell’Essenza.


SILENZIO E SUONO<br />

"Tutte le volte che <strong>la</strong> genesi del mondo è descritta con sufficiente precisione, un elemento acustico<br />

interviene nel momento decisivo dell'azione. Nell'istante in cui un dio manifesta <strong>la</strong> volontà di dare<br />

vita a se stes<strong>so</strong> o a un altro dio, di far apparire <strong>il</strong> cielo e <strong>la</strong> terra oppure l'uomo, egli emette un<br />

suono."<br />

Italo Calvino<br />

In termini antropologici <strong>il</strong> concetto di S<strong>il</strong>enzio presuppone<br />

l’esperienza del suono che <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio stes<strong>so</strong> evidenzia in<br />

termini spazio temporali. Le pause evidenziano l’intervallo<br />

<strong>so</strong>noro.<br />

Che <strong>il</strong> suono sia <strong>il</strong> principio e l'origine di tutte le cose risale<br />

ad un'epoca remotissima e comune pres<strong>so</strong> tutti i popoli<br />

primitivi, per sv<strong>il</strong>upparsi in f<strong>il</strong>o<strong>so</strong>fia simbolica nelle culture<br />

più evolute divenendo Musica.<br />

La paro<strong>la</strong>, sia nel sen<strong>so</strong> comune che biblico, è ritenuta<br />

posteriore al suono, elemento prioritario e <strong>so</strong>stanza<br />

originaria presente in ogni cosa, anche quando <strong>il</strong> limitato<br />

orecchio umano non riesce più a captarne l'effetto<br />

vibratorio.<br />

L’atto del<strong>la</strong> creazione dell’uomo avviene,<br />

per esempio, attraver<strong>so</strong> un <strong>so</strong>ffio<br />

sull’impasto di fango.<br />

Il <strong>so</strong>ffio divino, questa vibrazione<br />

primigenia, può elevare a vita <strong>la</strong> materia<br />

inanimata.<br />

Dal S<strong>il</strong>enzio perviene <strong>il</strong> suono creativo…<br />

La vibrazione del <strong>so</strong>ffio primigenio permane<br />

ancora nel creato e <strong>la</strong> musica, perciò, è l’elemento unificante e rego<strong>la</strong>tore perchè<br />

congiunge tutto ciò che vibra.<br />

Il suono prodotto da strumenti entra, fin dalle origini, a far parte dei riti sacri.<br />

Con <strong>il</strong> sistro viene <strong>so</strong>vente raffigurata Hathor, dea del<strong>la</strong> musica, del<strong>la</strong> danza e<br />

dell’amore. Ma lo strumento è anche as<strong>so</strong>ciato al<strong>la</strong> dea Iside.<br />

In antico egiziano <strong>il</strong> sistro si traduce con <strong>il</strong> termine ´seshesh´ e con tutta probab<strong>il</strong>ità<br />

si tratta di una onomatopea. Il suono del sistro aveva <strong>il</strong> potere di scacciare <strong>il</strong> male e<br />

le forze negative.<br />

Il sistro <strong>so</strong>no <strong>so</strong>nagli muniti di dischi di metallo infi<strong>la</strong>ti su una o più bacchette. Il<br />

suono viene prodotto attraver<strong>so</strong> lo scuotimento dello strumento.<br />

Non c'è dubbio che <strong>la</strong> dualità rumore/s<strong>il</strong>enzio interessi l'intera storia del<strong>la</strong> specie umana. Teologi,<br />

f<strong>il</strong>o<strong>so</strong>fi e storici si <strong>so</strong>no occupati di questo tema riconducendo sempre l'attività umana al suono,<br />

senza negare che proprio <strong>il</strong> suono è tale in re<strong>la</strong>zione al s<strong>il</strong>enzio su cui si staglia. Se <strong>il</strong> suono è <strong>la</strong><br />

Vita, es<strong>so</strong> si oppone con forza al s<strong>il</strong>enzio. Ma è anche vero che quest’ultimo è <strong>la</strong> base su cui es<strong>so</strong> si<br />

stratifica.<br />

" L’architettura è musica pietrificata", scriveva l’iniziato Goethe trovando delle corrispondenze tra<br />

le due arti.<br />

Noi sappiamo quanto l’Architettura sia metafora del nostro <strong>la</strong>voro iniziatico e quindi possiamo<br />

paragonare suoni e s<strong>il</strong>enzi al<strong>la</strong> giustapposizione di volumi pieni e volumi vuoti in un <strong>ed</strong>ificio.


Il prof<strong>il</strong>o di una catt<strong>ed</strong>rale viene identificato nel<br />

paesaggio dal<strong>la</strong> linea immaginaria che divide <strong>la</strong><br />

mole materia dell’<strong>ed</strong>ificio dal cielo (Skyline): un<br />

suono nel s<strong>il</strong>enzio dell’infinito.<br />

Ma <strong>la</strong> materia degli elementi costruttivi identifica lo<br />

spazio vuoto contenuto: <strong>la</strong> navata o le navate, <strong>il</strong><br />

transetto, <strong>la</strong> cupo<strong>la</strong>, gli archi: <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio del<strong>la</strong><br />

preghiera.<br />

Il buon tempio è così, <strong>la</strong> giusta composizione di<br />

pieni e di vuoti, di interni <strong>ed</strong> esterni, di luce e di<br />

buio così come <strong>la</strong> buona interiorità umana è perfetta<br />

alternanza di suono e s<strong>il</strong>enzio.<br />

A volte <strong>il</strong> suono ha come sfondo <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio e<br />

viceversa, in una <strong>so</strong>cietà inf<strong>la</strong>zionata dal rumore, <strong>il</strong><br />

s<strong>il</strong>enzio costruisce con <strong>il</strong> suono stes<strong>so</strong> una cornice<br />

che lo evidenzia e gli da valore come le giuste pause<br />

che rendono chiaro un discor<strong>so</strong>.<br />

Ma <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio dell’anima è anch’es<strong>so</strong> un suono <strong>ed</strong> i<br />

mistici lo hanno raccontato.


ALTRE TRADIZIONI DEL SILENZIO<br />

Anche in altre tradizioni e religioni <strong>il</strong> suono ha una valenza creativa e partecipa all’eterno<br />

movimento dell’Univer<strong>so</strong>.<br />

Il culto di Shiva Nataraja, così come tutti gli altri del<br />

Pantheon indù, ha due significati, uno es<strong>so</strong>terico che<br />

ricorda <strong>la</strong> vittoria sul demone Tripura e <strong>la</strong> selvaggia<br />

danza (<strong>la</strong> Tandava) che Shiva fece sul suo corpo. Ma<br />

insieme questo epi<strong>so</strong>dio ha un altro significato, es<strong>so</strong><br />

rappresenta l'intera ciclicità del<strong>la</strong> manifestazione.<br />

Viene immaginato danzante nell'eterno presente, è <strong>la</strong> sua<br />

danza che manifesta l'univer<strong>so</strong>, lo preserva e lo dis<strong>so</strong>lve,<br />

e all'interno di questo ciclo Shiva manifesta anche <strong>il</strong> ciclo<br />

samsarico (purificazione degli jiva).<br />

V<strong>ed</strong>iamo come lui è <strong>il</strong> centro, <strong>la</strong> <strong>so</strong>rgente di ogni<br />

movimento nel cosmo (rappresentato dall'arco di<br />

fiamme). Lo scopo stes<strong>so</strong> del<strong>la</strong> danza è <strong>la</strong> liberazione<br />

dell'uomo dall'identificazione col mondo del<strong>la</strong><br />

percezione , e <strong>il</strong> luogo dove questa danza deve compiersi, è proprio <strong>il</strong> cuore, <strong>il</strong> centro dell'uomo, <strong>la</strong><br />

sua interiorità.<br />

I gesti del<strong>la</strong> danza di Nataraja simboleggiano le cinque attività di Shiva :<br />

• <strong>la</strong> creazione è rappresentata dal tamburo<br />

• <strong>la</strong> protezione dal gesto di rassicurazione del<strong>la</strong> mano,<br />

• <strong>la</strong> distruzione dal fuoco,<br />

• l'incarnazione del jiva nel mondo dal pi<strong>ed</strong>e saldo in terra,<br />

• e infine <strong>la</strong> liberazione dal pi<strong>ed</strong>e <strong>so</strong>llevato.


CONCLUSIONI<br />

Le lezioni dei Maestri e <strong>la</strong> <strong>tradizione</strong> del s<strong>il</strong>enzio non pos<strong>so</strong>no essere apprese <strong>so</strong>lo attraver<strong>so</strong> letture<br />

o conferenze.<br />

Cosa ci è rimasto allora dell’esperienza di queste letture?<br />

Ci è rimasta una impressione cioè che <strong>la</strong> vera comprensione è una esperienza che va vissuta<br />

per<strong>so</strong>nalmente e provando a sintonizzare tutti i nostri sensi all’ascolto del<strong>la</strong> “lingua muta” <strong>la</strong> cui eco<br />

risuona nello spazio indefinito che va da est ad ovest, da nord a sud, dall’infinitamente alto<br />

all’infinitamente bas<strong>so</strong>.<br />

Abbiamo conosciuto fino ad ora poche ma emozionanti parole di questa lingua anche grazie<br />

all’inten<strong>so</strong> Amore di qualche fratello che ce le ha suggerite rega<strong>la</strong>ndoci intere giornate del suo<br />

S<strong>il</strong>enzio e, qualche altro che ci ha indirizzato, attraver<strong>so</strong> <strong>il</strong> suo esempio, al<strong>la</strong> ricerca di cui queste<br />

note <strong>so</strong>no <strong>so</strong>lo una traccia.<br />

Abbiamo capito, comunque, che <strong>il</strong> S<strong>il</strong>enzio non è semplice astensione del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, es<strong>so</strong> è un più<br />

comples<strong>so</strong> proces<strong>so</strong> di purificazione che si inquadra in un sistema cosmico non mentalmente<br />

circoscritto.<br />

E’ l’ascolto attivo, <strong>la</strong> lenta costruzione di un ponte ver<strong>so</strong> l’esterno del nostro interiore egoismo le<br />

cui fondamenta (quelle del ponte) <strong>so</strong>no <strong>la</strong> nostra capacità di ascolto.<br />

Costruite queste fondamenta potremmo vivere una esperienza implosiva, cioè una esperienza che,<br />

dall’esterno, proc<strong>ed</strong>e ver<strong>so</strong> i livelli più profondi del<strong>la</strong> nostra anima.<br />

La conoscenza derivata dal s<strong>il</strong>enzio è d<strong>ed</strong>uttiva o induttiva?<br />

Il S<strong>il</strong>enzio è circo<strong>la</strong>re. Durante <strong>il</strong> rituale i nostri riferimenti di spazio e tempo si annul<strong>la</strong>no così come<br />

<strong>la</strong> nostra razionalità si espande per “riunire ciò che è divi<strong>so</strong>” cosi ché le nostre emozioni possano<br />

essere con­TEMPLA­te al<strong>la</strong> luce dei moti apparenti del <strong>so</strong>le che simboleggiano <strong>la</strong> ciclicità <strong>ed</strong><br />

eternità delle nostre azioni.<br />

D<strong>ed</strong>uzione e induzione si annul<strong>la</strong>no nel S<strong>il</strong>enzio che oserei definire quindi come “proces<strong>so</strong><br />

preparatorio all’atto del Riconoscimento”.<br />

Gnosis se auton (conosci te stes<strong>so</strong>) che <strong>la</strong> <strong>tradizione</strong> vuole inci<strong>so</strong> all’ingres<strong>so</strong> del tempio di Apollo<br />

a Eleusi è ciò che in definitiva ci impone <strong>la</strong> Tradizione del S<strong>il</strong>enzio.


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Marius Schneider, "Il significato del<strong>la</strong> musica" – Rusconi, 1971

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