Capitolo14 - Alfredo Garofalo
Capitolo14 - Alfredo Garofalo
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CAPITOLO 14<br />
GLI INTERVENTI PALLIATIVI<br />
La chirurgia palliativa del carcinoma gastrico si prefigge come scopi primari la regressione dei sintomi, il<br />
miglioramento della qualità della vita, l’allungamento di una confortevole sopravvivenza, il non essere la causa di<br />
diffusione ulteriore o di progressione di malattia, il non comportare morbilità e mortalità operatorie troppo<br />
elevate.<br />
In aggiunta l’intervento dovrebbe essere in grado di assicurare l’alimentazione orale, ridurre il dolore,<br />
asportare la maggior parte possibile di tessuto neoplastico.<br />
Sebbene queste condizioni possano a volte sembrare contraddittorie, si ritiene di primaria importanza adattare<br />
il trattamento al paziente allo scopo di ottenere per lui il massimo beneficio; è importante ricordare che un<br />
intervento palliativo è diverso da un intervento curativo, e che di conseguenza esso dovrebbe in primo luogo non<br />
peggiorare la situazione.<br />
Due fattori sono talvolta trascurati: 1) non si può palliare un paziente asintomatico; 2) anche dopo l’effettiva<br />
palliazione, il paziente dovrà ancora affrontare un periodo di malattia terminale prima dell’obitus; di conseguenza<br />
l’intervento dovrebbe essere in grado di assicurargli una ragionevole durata di vita residua di buona qualità.<br />
Il rapporto costo-beneficio deve essere valutato con attenzione, rapportando sintomi preesistenti o imminenti<br />
con la morbilità e mortalità operatoria e con i sintomi postoperatori.<br />
Tutti questi fattori non sono facilmente quantificabili nel caso individuale, ma la palliazione sintomatica<br />
dovrebbe essere ottenuta per almeno 6 mesi per essere giudicata soddisfacente, se si considera che un intervento<br />
di chirurgia maggiore è seguito da almeno due mesi di notevole debilitazione.<br />
Quasi tutti gli studi mostrano che soltanto la resezione della neoplasia dà qualche possibilità di prolungamento<br />
della sopravvivenza con buona qualità della vita (1, 2, 3, 4, 5); gli interventi palliativi di tipo conservativo non<br />
sembrano offrire alcun vantaggio rispetto ad un atteggiamento astensionistico.<br />
Sintomi suscettibili di palliazione<br />
È importante sottolineare ancora che il paziente asintomatico non può essere sottoposto a terapia palliativa; ne<br />
consegue che, per intraprendere questo tipo di chirurgia deve sussistere l’imminenza del verificarsi di sintomi<br />
significativi.<br />
Dolore. Può essere di tipo ostruttivo, di tipo ulceroso, di tipo mialgico in regione dorsale.<br />
Il dolore ostruttivo è associato a stenosi pilorica, ed è più frequente nei pazienti più giovani nei quali può<br />
essere confuso con una colica intestinale.<br />
Il dolore tipo ulcera spesso regredisce con terapia medica e scompare con la resezione.<br />
Il dolore dorsale di tipo mialgico indica di solito l’infiltrazione della parete addominale posteriore o del<br />
pancreas e, come tale, non si beneficia della chirurgia, quando questa è possibile.
Vomito. È un sintomo molto penoso ed è una chiara indicazione alla palliazione quando è associato a stenosi<br />
pilorica. Qualche volta si osserva in assenza di ostruzione organica, in associazione a reflusso esofageo quando<br />
l’infiltrazione neoplastica distrugge la competenza dello sfintere cardiale; in questi casi non sempre la chirurgia si<br />
dimostra efficace.<br />
Disfagia. Altro sintomo molto mal sopportabile, anche se non così invalidante come nel carcinoma<br />
dell’esofago, rappresenta spesso una chiara indicazione alla chirurgia palliativa in quanto espressione di tumori<br />
cardiali avanzati o di vaste neoplasie gastriche.<br />
Emorragia franca. Non è frequente nel cancro dello stomaco, ma va per lo più trattata con terapia chirurgica.<br />
Valutazione del paziente<br />
Il paziente necessita di un’attenta valutazione dei sintomi allo scopo di stabilire la corretta indicazione<br />
all’intervento, e di un’altrettanto precisa valutazione del suo stato generale, delle condizioni di nutrizione e<br />
sanguificazione, della funzione cardiaca, respiratoria, epatica e renale.<br />
L’uso degli staplers, della NPT e dell’antibioticoterapia peroperatoria consente oggi una operabilità assai più<br />
alta di qualche anno fa con una corrispondente diminuzione della mortalità operatoria (6).<br />
Valutazione della neoplasia<br />
La valutazione è preoperatoria ed intraoperatoria, e deve dare risposte a quattro alternative:<br />
1) laparatomia si - laparatomia no;<br />
2) intervento curativo - intervento palliativo;<br />
3) intervento palliativo resettivo - intervento palliativo conservativo;<br />
4) intervento palliativo conservativo o semplice laparatomia esplorativa.<br />
Le risposte alle prime due domande dovrebbero essere date, per quanto possibile, prima dell’intervento.<br />
a) Valutazione preoperatoria<br />
Avviene attraverso i consueti metodi di diagnosi clinica e strumentale già descritti nel cap. 5 e coadiuvati dalla<br />
laparoscopia, che è in grado di dare con maggiore accuratezza della TAC la diagnosi di carcinosi peritoneale,<br />
anche mediante esame citologico del liquido di lavaggio. A questo punto può essere già presa una decisione<br />
sull’opportunità della laparatomia e spesso anche sull’indirizzo curativo o palliativo dell’intervento chirurgico.<br />
Se non c’è evidenza di carcinosi e di metastasi a distanza si procede a minilaparatomia con esplorazione<br />
dell’addome e successivamente a laparatomia in caso di resecabilità del tumore.<br />
Sulla base della valutazione preoperatoria, il paziente può essere collocato in uno dei seguenti gruppi:<br />
1) Malattia metastatica avanzata. Metastasi peritoneali diffuse con ascite o metastasi epatiche multiple.<br />
Controindicazione a qualsiasi tipo di chirurgia.<br />
2) Malattia metastatica modesta. Metastasi epatiche in modesta quantità, carcinosi peritoneale locoregionale<br />
limitata, tumore di Krukenberg in assenza di altre diffusioni. La laparatomia è indicata per i pazienti sintomatici,<br />
ma può essere non indicata per gli asintomatici. La diffusione locale, specie nel lobo epatico sinistro, non esclude<br />
la resezione curativa.<br />
3) Malattia metastatica non evidente. L’operabilità può essere stabilita solo con la laparatomia; sia la TAC<br />
che la laparoscopia non sono ancora in grado di stabilire con certezza la resecabilità del tumore primitivo.
) Valutazione per-operatoria della resecabilità a scopo palliativo.<br />
La valutazione della resecabilità va eseguita con metodo, valutando l’esofago, il duodeno, la regione del<br />
tripode, i linfonodi delle stazioni di III e IV livello.<br />
Esofago. L’interessamento esteso dell’esofago o dei linfonodi paraesofagei, palpati con la punta del dito<br />
attraverso lo hiatus, rende poco credibile una palliazione chirurgica. Il margine superiore del tumore dovrebbe<br />
essere attentamente valutato: in caso di margine netto e vegetante, la linea di sezione può cadere 3-4 cm più in<br />
alto; in caso di margine infiltrante e indefinito, può essere necessario anche il ricorso alla toracotomia, previo<br />
esame istologico estemporaneo della trancia di sezione esofagea, allo scopo di effettuare l’anastomosi su tessuto<br />
sicuramente sano.<br />
Duodeno. La valutazione del duodeno riguarda esclusivamente la sicurezza del suo affondamento.<br />
Tripode Celiaco. Da valutare prima di compiere gesti senza ritorno; la linfoadenopatia in questa zona può<br />
essere inestirpabile, con infiltrazione posteriore causa di dolore che non si gioverà della palliazione.<br />
In conclusione, la valutazione finale di un paziente prende in considerazione i sintomi, le condizioni generali,<br />
l’estensione delle metastasi, e quella del tumore primitivo. Se il risultato della valutazione di tutti questi fattori è<br />
compatibile con la resezione palliativa, si procederà se i sintomi del paziente lo richiedono. In assenza di sintomi,<br />
la citologia peritoneale e l’esame estemporaneo dei linfonodi di IV livello possono essere di aiuto in quanto, in<br />
caso di positività di uno di questi, ci si trova di fronte a malattia metastatica avanzata, con aspettativa di vita<br />
piuttosto breve.<br />
TIPI DI INTERVENTO<br />
Ne vengono individuati due tipi principali :<br />
a) la palliazione in senso stretto, da applicarsi in tutte le situazioni in cui la chirurgia curativa non trova più<br />
spazio o dove comunque non ha senso dato lo stadio avanzato del tumore (T4 o M1). L’obbiettivo di un<br />
intervento palliativo in questi casi è quello di eliminare o ridurre i sintomi, quali disfagia, vomito emorragia e<br />
dolore risultante da ostruzione (stenosi pilorica) o infiltrazione neoplastica. Rientrano in questa categoria anche<br />
gli interventi d’urgenza dovuti a profuse emorrragie o a perforazioni.<br />
b) la palliazione in senso oncologico. L’obbiettivo chirurgico che ci si era preposti non è perseguibile:<br />
l’intervento, impostato come curativo, si converte in palliativo poiché residui di tessuto neoplastico microscopici<br />
o macroscopici rimangono nella zona operatoria e non sono ulteriormente asportabili.<br />
Si possono distinguere :<br />
- gli interventi palliativi resettivi: gastrectomia totale, gastrectomie parziali distali o prossimali.<br />
- gli interventi palliativi conservativi: gastroenteroanastomosi, by-pass con esclusione antrale sec Devine,<br />
intubazioni<br />
Interventi Palliativi Resettivi<br />
Gli interventi resettivi sono stati considerati palliativi nel 30% dei casi in Giappone ed in Germania, nel 35%<br />
in Italia (vedi Parte IV). Molti studi mostrano che la resezione della massa neoplastica in pazienti con cancri di<br />
stomaco localmente avanzati offre la forma migliore di palliazione e di miglioramento della sopravvivenza (1, 2,<br />
3, 4, 5, 6, 7, 8, 9); Viste riporta per il Norvegian Stomach Cancer Trial (10) una morbilità del 31.3% ed una
mortalità del 9.2% che non presentano differenze statisticamente significative se paragonate ai risultati immediati<br />
delle resezioni curative.<br />
Inoltre i vari tipi di resezione erano associati con approssimativamente lo stesso rischio di mortalità,<br />
nell’ordine dell’11-18%. I pazienti resecati presentarono una mediana di sopravvivenza più lunga ed una<br />
sopravvivenza a due anni più alta di quelli sottoposti a chirurgia resettiva.<br />
In uno studio di Srivastava (11) su 110 pazienti trattati con chirurgia palliativa, si ottenne con la resezione<br />
gastrica distale una significativa diminuzione del dolore nel 75% dei casi e della nausea e vomito nel 46%; nei<br />
pazienti trattati con resezione prossimale o totale, la palliazione del dolore fu ottenuta nel 33 % dei casi, mentre<br />
risultò inefficace per la nausea ed il vomito. Questi interventi si rivelarono efficaci nell’attenuare la disfagia nella<br />
metà dei pazienti trattati, mentre altrettanti si giovarono della resezione distale per il miglioramento del<br />
dimagramento e dell’anemia.<br />
Gastrectomia totale. Causa la brevità della piccola curva, questo intervento è il più comune nella chirurgia<br />
palliativa di neoplasie che non siano a carico dell’antro gastrico. La via addominale è auspicabile, ove possibile,<br />
nei cancri medio-gastrici: le complicanze respiratorie infatti costituiscono un fattore di grande importanza nella<br />
morbilità e mortalità postoperatoria, in pazienti anziani e con insufficienza respiratoria di base.<br />
La dissezione chirurgica puo comprendere l’omento, la milza e la coda del pancreas; secondo Srivastava (11)<br />
questo allargamento non comporta allungamento dei tempi operatori né aumento della morbi-mortalità<br />
postoperatoria, mentre dà il vantaggio di un maggiore debulking sopratutto a carico delle strutture<br />
retroperitoneali, allontanando così la possibile insorgenza del dolore dorsale.<br />
La dissezione duodenale spinta non offre alcun vantaggio, poiché la diffusione linfatica peripilorica è molto<br />
precoce; è sufficiente di solito la mobilizzazione del duodeno che renda agevole un’affondamento sicuro.<br />
Le stesse considerazioni non valgono per l’esofago, poiché se residuano cellule neoplastiche sulla trancia di<br />
sezione, la recidiva si svilupperà rapidamente sull’anastomosi con perdita degli effetti della palliazione. L’esofago<br />
può essere mobilizzato attraverso lo hiatus e, previa sezione dei nervi vaghi, attratto in addome anche per 10 cm.<br />
Se il tumore è vegetante e presenta un margine superiore ben definito, una resezione portata 3-4 cm a monte sarà<br />
sufficiente; al contrario, se il margine della neoplasia è indefinito e la parete esofagea ispessita, è preferibile<br />
affidarsi ad un esame istologico estemporaneo della trancia di sezione. In caso di positività è d’obbligo, anche in<br />
pazienti con neoplasia in stato avanzato, allargare il campo operatorio con una toracotomia che possa consentire<br />
un’anastomosi più alta. Naturalmente ogni sforzo dovrebbe essere compiuto nella definizione preoperatoria della<br />
neoplasia per evitare che questo accada.<br />
La mortalità operatoria della gastrectomia totale palliativa è alta, variando dall’11,9% al 37% (1, 4, 6, 8, 12,<br />
13). L’intervento è associato con un alto rischio di complicanze operatorie come la broncopolmonite nel 38%, le<br />
deiscenze anstomotiche nel 20% e le sepsi intraaddominali nel 15%.<br />
La disfagia viene risolta nella gran parte dei pazienti. Boddie (8) riporta una discreta palliazione dei sintomi<br />
nell’85% dei casi.<br />
In alcuni pazienti tuttavia la Gastrectomia Totale non migliora la qualità della vita, l’appetito rimane scarso ed<br />
insorgono perdita di peso e deficit nutrizionali.<br />
Soltanto il 50% dei pazienti con GT palliativa ottiene una accettabile qualità della vita e questo dipende<br />
largamente dalla rapidità di crescita della recidiva.<br />
Gastrectomia parziale distale. Si preferisce di solito ricorrere ad una ricostruzione sec. BII o Reickel-Polya<br />
poiché neoplasie avanzate presentano frequentemente diffusione linfatica periduodenale e rischio di recidiva con<br />
ostruzione di una eventuale anastomosi gastroduodenale. Per gli stessi motivi si preferisce di solito ricarrere ad<br />
una anastomosi antecolica.<br />
La mortalità operatoria varia da 3.3 a 23.7% (1, 3, 4, 6, 12, 13). Questa mortalità è più alta di quella relativa<br />
allo stesso intervento eseguito a scopo curativo (6), probabilmente a causa delle condizioni generali scadute di<br />
questi pazienti con malattia avanzata.<br />
La gran parte dei pazienti ottiene un significativo miglioramento dei sintomi da ostruzione quali dolore,<br />
nausea, vomito, malessere.
Gastrectomia parziale prossimale. La mortalità operatoria è alta (27-29%) (12, 14). La palliazione è buona<br />
per quanto riguarda la disfagia, i disturbi gastrontestinali sembrano essere meno marcati di quanto non accada con<br />
la GT, anche se espone ad un importante reflusso esofageo con esofagite.<br />
Interventi palliativi conservativi (non resettivi)<br />
Gastroenteroanastomosi. Questo intervento è consigliato per i carcinomi ostruenti dell’antro nei quali una<br />
resezione non sia possibile. In questi casi è importante che la gastroenteroanastomosi sia alta sulla parete gastrica<br />
per evitare una precoce ostruzione da progressione neoplastica. D’altra parte una gastroenterostomia alta spesso<br />
non drena a sufficienza, e in questi casi la palliazione del vomito può non essere soddisfacente come sperato. La<br />
gastroenterostomia sulla parete posteriore è da evitare a causa della frequente ostruzione da progressione<br />
neoplastica, mentre quella sulla parete anteriore a sua volta non assicura drenaggio sufficiente. La sede ideale<br />
dove confezionare l’anastomosi sembra essere la grande curva con sezione di alcuni vasi brevi (15).<br />
La gastroenteroanastomosi è causa di un elevato numero di decessi post-operatori, la cui frequenza varia dal<br />
16.8 al 36.7% (1, 3, 6, 8, 12). Questa mortalità così alta è senz’altro da attribuirsi alle scadenti condizioni di<br />
nutrizione ed alla immunodepressione proprie di pazienti con neoplasie in stadio molto avanzato. Inoltre,<br />
considerando che la maggior parte degli studi riportati in letteratura al riguardo non sono randomizzati, si deve<br />
attribuire parte della responsabilità degli scarsi risultati ottenuti alla selezione del campione operata dalle peggiori<br />
condizioni generali dei pazienti sottoposti a by-pass.<br />
La gastroenteroanastomosi di solito non fornisce un’utile palliazione dei sintomi: il vomito ed il dolore sono<br />
attenuati in via solo temporanea, per ritornare rapidamente e progressivamente con l’infiltrazione della stomia da<br />
parte del tumore.<br />
By-pass con esclusione antrale di Devine (16). Questo intervento consistente nell’affondamento dell’antro<br />
insieme con la neoplasia e nella anastomosi del corpo gastrico con la prima ansa digiunale, è stato ideato per la<br />
terapia dell’ulcera con duodeno difficile ed applicato in un secondo tempo alla terapia palliativa dei cancri antrali<br />
non resecabili (17). I risultati non sono stati particolarmente brillanti, sebbene Maingot (17) ne abbia riportato 13<br />
casi senza mortalità operatoria e con risultati funzionali migliori del semplice by-pass. In generale i risultati sono<br />
simili a quelli della gastroenteroanastomosi, tanto è vero che l’intervento viene raramente applicato essendogli<br />
preferita la gastroenteroanastomosi in alta percentuale di casi.<br />
Intubazioni. La disfagia da neoplasie cardiali stenosanti si può giovare del posizionamento endoscopico di una<br />
protesi (18), con palliazione buona.<br />
Le complicanze della procedura sono la perforazione nel 9-11% dei casi (18, 19, 20), seguita da mediastinite<br />
spesso fatale, l’ostruzione della protesi da boli di cibo o da progressione neoplastica nell’8-11% dei casi (19, 20),<br />
il dislocamento della protesi nel 10% (19).<br />
Sebbene l’intubazione endoscopica sia un metodo sufficientemente sicuro ed efficace nell’attenuare la<br />
disfagia, spesso l’applicazione della protesi non è agevole a causa del disassiamento dell’esofago e la sua efficacia<br />
presto vanificata dalla progressione della neoplasia.<br />
In pazienti non trattabili con manovre endoscopiche e non resecabili, l’intubazione chirurgica può essere<br />
tentata con l’apposizione di tubi di Celestin o di Mousseau-Barbin. Il tubo di Celestin dà una palliazione<br />
soddisfacente nella maggioranza dei pazienti trattati, che possono assumere dieta semiliquida e non soffrono<br />
ulteriormente la scialorrea persistente. La mortalità tuttavia è molto alta (30%) (21), le complicanze<br />
broncopolmonari assai frequenti.<br />
Secondo Siewert (22) le opzioni terapeutiche in pazienti nei quali non sia possibile una resezione a scopo<br />
curativo sono:<br />
1) Chemioterapia primaria preoperatoria, o neoadiuvante.
Questo tipo di approccio terapeutico richiede un accurata valutazione del rischio: il paziente deve essere in<br />
grado di sostenere una chemioterapia con effetti tossici non indifferenti e successivamente un intervento<br />
chirurgico probabilmente allargato. Questo richiede un indice di Karnofsky superiore a 70, età inferiore a 70 anni,<br />
funzioni cardiopolmonare, renale, epatica adeguate.<br />
Le risposte migliori si sono ottenute con neoplasie in fase localmente avanzata, mentre molto deludenti sono<br />
gli effetti sulle metastasi a distanza ed in particolare sulla carcinosi peritoneale: in questa ottica l’uso della<br />
laparoscopia nello staging preoperatorio diventa indispensabile in quanto in grado di escludere a priori questi<br />
pazienti dal trattamento.<br />
Lo scopo della chemioterapia preoperatoria e quindi quello di ottenere un downstaging della neoplasia che<br />
possa consentire la sua resezione locale completa. La chemioterapia richiesta allo scopo è piuttosto aggressiva e<br />
non esente da rischi; tuttavia il rischio specifico associato alla chirurgia non risulta incrementato.<br />
L’entità della risposta alla chemioterapia è difficile da stabilire anche intraoperatoriamente, poiché il tessuto<br />
neoplastico non è differenziabile dal tessuto cicatriziale indotto dai farmaci. La resezione chirurgica in pazienti<br />
che hanno avuto chemioterapia preoperatoria deve di conseguenza seguire gli stessi criteri di radicalità dei<br />
pazienti non previamente trattati, questo perché la prognosi del paziente è determinata dall’estensione della<br />
linfoadenectomia anche dopo chemioterapia preoperatoria.<br />
È stato a questo scopo somministrato il regime EAP in alcune esperienze tedesche (23, 24) con buoni risultati<br />
anche se conseguiti su serie di pazienti ancora troppo esigue per essere giudicati significativi.<br />
2) Interventi di Debulking.<br />
Lo scopo di questa chirurgia è quello di ridurre il più possibile la massa neoplastica nella speranza che il<br />
tumore residuo possa rispondere a chemioterapia sistemica.<br />
Il vantaggio di questo tipo di interventi risiede nelle indicazioni più ampie rispetto a quelle della<br />
chemioterapia preoperatoria; non sono infatti, ad esempio, previsti limiti di età.<br />
Il trial tedesco dimostra che questa chirurgia presenta morbilità e mortalità accettabili: 17 e 8.7% per la<br />
gastrectomia subtotale, 25.9 e 5.9 per la totale, 38.8 e 6% per le gastrectomie totali allargate (vedi Parte IV).<br />
Ciononostante bisogna tener presente che la morbilità complessiva per questa chirurgia è di circa il 30%,<br />
stando a significare che un paziente su tre mostrerà una complicanza maggiore, fatto non trascurabile se si<br />
considera che la aspettativa di vita è ridotta e che le complicanze operatorie allungano il ricovero ospedaliero.<br />
Anche in questa chirurgia le procedure standardizzate danno risultati migliori, mentre le resezione atipiche<br />
sono associate con incidenza di complicanze più elevata.<br />
La linfoadenectomia non ha naturalmente alcun senso, mentre è consigliabile evitare la resezione della coda<br />
del pancreas per l’elevata incidenza di complicanze che questa manovra comporta.<br />
3) Trattamento delle complicanze.<br />
Lo scopo di questi trattamenti è quello di trattare le complicanze acute senza tentare di ottenere riduzione di<br />
massa neoplastica. In pazienti con neoplasie sanguinanti può essere usata la fotocoagulazione laser o la<br />
scleroterapia endoscopica; i tumori cardiali stenosanti possono essere trattati anch’essi con fotocoagulazione laser<br />
o con impianto di protesi. In linea di massima le ostruzioni del terzo prossimale dello stomaco non andrebbero<br />
trattate chirurgicamente, poiché gli interventi possono avere sviluppi imprevedibili.<br />
In pazienti con ostruzioni distali la gastroenteroanastomosi è di giovamento, a patto che l’ostruzione sia<br />
completa pena il mancato funzionamento della stomia.<br />
Un grosso problema è rappresentato dall’ileo dinamico da carcinosi peritoneale diffusa: in questi casi a<br />
prognosi molto sfavorevole, l’intervento chirurgico non è proponibile, a meno che non vi sia la stenosi di un’ansa<br />
isolata. La nutrizione parenterale totale attraverso cateteri totalmente impiantabili rappresenta l’ultima risorsa per<br />
questi pazienti.<br />
CONCLUSIONI
Le decisioni terapeutiche in questi pazienti sono dunque difficili e debbono essere molto ponderate, avendo<br />
ben presente il bilancio rischio/beneficio in pazienti con aspettative di vita estremamente ridotte.<br />
La resezione appare comunque l’unica opzione terapeutica valida, in grado di prolungare la sopravvivenza, di<br />
garantire buona qualità della vita, con morbilità e mortalità sovrapponibili a quella degli interventi eseguiti con<br />
finalità curativa (9).<br />
Molti Autori (25, 26) sostengono che la resezione è sempre preferibile quando possibile, in quanto questa<br />
assicura una migliore palliazione; in realtà questa affermazione non è basata su criteri obbiettivi, in quanto la gran<br />
parte delle esperienze pubblicate è di tipo retrospettivo e mette a confronto i risultati ottenuti con resezioni<br />
palliative con quelli di pazienti sottoposti a by-pass o a LE senza considerare le condizioni generali del paziente o<br />
lo stadio della malattia.<br />
Di grande importanza per la sopravvivenza è indubbiamente il carico neoplastico: Korenaga (27) riporta che<br />
pazienti con tre organi infiltrati dal tumore presentavano una mediana di sopravvivenza che era la metà di quelli<br />
con un solo organo interessato.<br />
Più difficile è dimostrare l’efficacia superiore degli interventi resettivi su quelli non resettivi per quanto<br />
riguarda la qualità della vita. In effetti non sono disponibili dati scientificamente fondati centrati sulla qualità della<br />
vita: gli interventi resettivi non sembrano essere strettamente indispensabili nel sollievo dei sintomi secondo<br />
molto Autori (3,5) che hanno trovato una palliazione soddisfacente con la gastroenterostomia nell’80% dei<br />
pazienti.<br />
La gastrectomia totale non è generalmente accettata nell’ottica della palliazione, dal momento che la<br />
sopravvivenza limitata e la scadente qualità della vita sono state considerate controindicazioni relative ad un<br />
intervento così esteso.<br />
Di conseguenza esistono pareri discordi sulla opportunità di un intervento palliativo resettivo nelle neoplasie<br />
prossimali e diffuse a tutto il viscere.<br />
Tuttavia Haugstvedt (9) e Saario (28) riportano mortalità e morbilità sovrapponibili a quelle di resezioni<br />
limitate, e concludono che la GT è un intervento relativamente sicuro anche a scopo palliativo.<br />
Nei pazienti senza stenosi pilorica e con metastasi a distanza alcuni sutori (9, 26) riportano qualche vantaggio<br />
nella sopravvivenza dei pazienti resecati: tuttavia rimane questionabile se una resezione più o meno estesa in<br />
grado di dare miglioramento della mediana di sopravvivenza di alcuni mesi sia in grado anche di assicurare una<br />
buona qualità della vita.<br />
L’intubazione non è in grado di aumentare la sopravvivenza rispetto alla storia naturale della malattia in<br />
quello stadio (18, 19, 20).<br />
La chirurgia non è in grado di migliorare la sopravvivenza in pazienti con carcinosi peritoneale, metastasi<br />
epatiche o interessamento linfonodale esteso; tuttavia una resezione pallitiva dovrebbe essere tentata<br />
ogniqualvolta sia possibile in pazienti con carcinoma gastrico non suscettibile a resezione curativa, dal momento<br />
che sono stati dimostrati miglioramento della sopravvivenza sia a breve che a medio termine.<br />
Nella complessa problematica degli interventi a finalità palliativa, rimangono ancora aperti alcuni<br />
interrogativi:<br />
1) Pazienti con metastasi a distanza, diffusioni linfonodali estese, tumori fissi in presenza di ascite, vanno<br />
sottoposti a resezione?<br />
2) Il carico neoplastico influenza la sopravvivenza?<br />
3) Esistono variabili legate all’esperienza del chirurgo?<br />
4) La gastroenterostomia e l’intubazione sono effettivamente pratiche non meritevoli di applicazione, data la<br />
scarsa sopravvivenza e l’alta mortalità che questi interventi comportano?<br />
5) I pazienti con cancro dello stomaco senza sintomi ostruttivi, che accusano dimagramento, anoressia,<br />
disappetenza, malessere generale, si giovano della resezione?<br />
6) La resezione palliativa migliora la qualità della vita?<br />
Sono domande alle quali è necessario dare presto una risposta : non si deve infatti dimenticare che si tratta per<br />
lo più di pazienti con aspettativa di vita breve e che più di altri hanno bisogno sopratutto di una buona qualità<br />
della vita residua.
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