CHIESE A FERRARA TRA STORIA, FEDE E ARTE - Comune di ...
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Chiesa <strong>di</strong> San Giorgio Martire a Quartesana<br />
Via Comacchio, 1209<br />
Domenica 3 aprile 2011, ore 9,30<br />
Luogo <strong>di</strong> ritrovo:<br />
Sagrato della Chiesa<br />
Questa Chiesa si trova<br />
nella frazione <strong>di</strong> Quartesana,<br />
che <strong>di</strong>sta circa<br />
11 chilometri da Ferrara<br />
sulla strada Provinciale <strong>di</strong><br />
Comacchio.<br />
Il parroco Don Vittorio Serafini<br />
ha de<strong>di</strong>cato recentementeun’interessantissima<br />
pubblicazione a<br />
questa località, sorta probabilmente attorno al IX secolo. Il nome<br />
del piccolo paese deriverebbe dal latino me<strong>di</strong>evale “quartisima”<br />
o “quartisiana”, in quanto sorgeva su un territorio gravato da contributi<br />
annui pari ad un quarto <strong>di</strong> ciò che veniva prodotto; vi sono<br />
poi altre teorie, come quella <strong>di</strong> chi afferma che nel luogo dove il<br />
fiume Sandalo (ora scomparso) si staccava dal Po <strong>di</strong> Volano, in<br />
prossimità <strong>di</strong> Codrea, fu fondata anticamente una “Guardesana”,<br />
ovvero un posto <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, da cui poi “Quartesana”.<br />
La Chiesa <strong>di</strong> San Giorgio Martire è documentata nel 1186, anno<br />
in cui il vescovo Tebaldo donò l’e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> culto (sottoposto alla<br />
“Pieve” <strong>di</strong> San Martino <strong>di</strong> Contrapò) al Capitolo della Cattedrale<br />
<strong>di</strong> Ferrara.<br />
Il tempio primitivo, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte rispetto all’attuale, aveva<br />
l’accesso principale rivolto a sud (verso l’o<strong>di</strong>erna via Comacchio)<br />
e non a ovest come ora. Nella seconda metà del XVI secolo<br />
assunse l’attuale orientamento e sono testimoniati importanti<br />
rifacimenti ed ampliamenti, che portarono alla sud<strong>di</strong>visione<br />
dell’interno in tre navate. Ulteriori trasformazioni risalgono al<br />
XVIII e XIX secolo, quando si realizzarono interventi che <strong>di</strong>edero<br />
l’assetto definitivo alla Chiesa. Così l’interno risultò caratterizzato<br />
da un’unica grande aula e tre Altari, mentre la facciata che ve<strong>di</strong>amo<br />
oggi si deve ad un intervento del 1858.<br />
Il campanile, costruito attorno all’anno Mille, è alto 21 metri ed è<br />
caratterizzato da muri <strong>di</strong> notevole spessore, nonché da quattro<br />
gran<strong>di</strong> finestre con arco a tutto sesto nella parte terminale (una<br />
per lato). Secondo <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong>osi, l’alta costruzione in origine<br />
era una torre romanica ”guardesana”, un punto <strong>di</strong> riferimento<br />
per le imbarcazioni in navigazione lungo il Sandalo, che scorreva<br />
poco <strong>di</strong>stante.<br />
Tra le molte opere che ornano l’interno della Chiesa <strong>di</strong> Quartesana<br />
è <strong>di</strong> particolare menzione un affresco ritrovato nel<br />
1932 che raffigura, con vivace realismo, la Madonna in trono,<br />
San Rocco e un donatore, nonché i Martìri dei santi Lorenzo e<br />
Sebastiano. La sua esecuzione è collocabile verso la seconda<br />
metà del XIV secolo e lo stile, secondo alcuni stu<strong>di</strong>osi, non<br />
appare <strong>di</strong>stante da quello degli artisti attivi nell'Abbazia <strong>di</strong><br />
Pomposa.<br />
Fra le sculture è <strong>di</strong> particolare pregio l’intenso Crocifisso ligneo<br />
che orna l’Altare omonimo. Nonostante la grande qualità<br />
dell’esecuzione e la notevole capacità <strong>di</strong> evocare la sofferenza<br />
del Cristo morto, si ignora il nome del suo autore, tuttavia, la<br />
data 1521 segnata sulla croce stessa, fornisce un importante<br />
appiglio cronologico per la comprensione <strong>di</strong> questo poco<br />
noto capolavoro.<br />
<br />
<br />
Iniziativa a cura <strong>di</strong>:<br />
Assessorato all’E<strong>di</strong>lizia Monumentale<br />
Assessorato alle Politiche e Istituzioni Culturali<br />
Arci<strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Ferrara-Comacchio<br />
Testi <strong>di</strong> Francesco Scafuri, Giovanni Sassu<br />
Organizzazione: Ilaria Franciosi<br />
Collaborazione per le ricerche bibliografiche ed archivistiche: Sandra Sarasini<br />
Foto <strong>di</strong> Francesco Scafuri<br />
Elaborazione grafica e stampa: Stamperia comunale, marzo 2011<br />
Per informazioni rivolgersi all'U.R.P.<br />
Via degli Spadari, 2/2 - Ferrara<br />
Tel. 0532 419770<br />
e-mail: urp@comune.fe.it<br />
COMUNE DI <strong>FERRARA</strong><br />
Città Patrimonio dell'Umanità<br />
Arci<strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Ferrara-Comacchio<br />
<strong>CHIESE</strong> A <strong>FERRARA</strong><br />
<strong>TRA</strong> <strong>STORIA</strong>,<br />
<strong>FEDE</strong> E <strong>ARTE</strong><br />
Conversazioni nei Luoghi <strong>di</strong> culto<br />
20/27marzo e 3 aprile 2011<br />
La Citta<strong>di</strong>nanza è invitata
Chiesa del Corpus Domini<br />
Via Campofranco, 1<br />
Domenica 20 marzo 2011- ore 10,00<br />
Luogo <strong>di</strong> ritrovo:<br />
Sagrato della Chiesa<br />
Il nome <strong>di</strong> Santa Caterina<br />
Vegri, poetessa e mistica,<br />
è legato inscin<strong>di</strong>bilmente<br />
alla Chiesa e al Monastero<br />
delle monache clarisse del<br />
Corpus Domini. Nell’antico<br />
complesso, fondato<br />
nel 1406, la Santa fece la<br />
sua professione <strong>di</strong> fede nel<br />
1432 e vi rimase insieme<br />
alle consorelle fino al 1456,<br />
quando si trasferì a Bologna<br />
per fondarvi un nuovo<br />
convento.<br />
Il Corpus Domini, che tuttora ospita le religiose, godette<br />
anche dopo la morte della Santa (1463) della continua<br />
protezione degli Estensi; Ercole I d’Este, la moglie Eleonora<br />
d’Aragona e successivamente Lucrezia Borgia sostennero<br />
attivamente il Monastero, che sino alla fine del XIX secolo<br />
occupava l’intero isolato compreso tra le vie Savonarola,<br />
Praisolo, Pergolato e Campofranco. Varie giovani <strong>di</strong> casa<br />
d’Este vi entrarono per essere educate o per prendere i voti,<br />
tra queste Eleonora (figlia <strong>di</strong> Alfonso I d’Este e Lucrezia Borgia)<br />
nonché Lucrezia (figlia naturale <strong>di</strong> Ercole II).<br />
Piuttosto travagliate le vicende riguardanti la Chiesa <strong>di</strong><br />
origine quattrocentesca, che tuttavia mantiene un fascino<br />
davvero speciale, anche per il contesto urbano in cui è inserita:<br />
<strong>di</strong>strutta da un incen<strong>di</strong>o nel 1665, fu restaurata e resa <strong>di</strong><br />
nuovo officiabile nel 1667, mentre nella seconda metà del<br />
XVIII secolo venne profondamente ristrutturata sia esternamente<br />
che internamente dall’architetto Antonio Foschini.<br />
Egli, tra l’altro, mo<strong>di</strong>ficò il semplice schema originario<br />
dell’e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> culto costituito da un ambiente ad aula e tre<br />
altari, aggiungendo il presbiterio, utilizzando una parte del<br />
coro interno della Chiesa.<br />
Risulta particolarmente interessante la facciata in cotto su via<br />
Campofranco, caratterizzata tra l’altro da un portale con cuspide<br />
terminale, su cui è collocato un rosone. Tale aspetto, definito<br />
“goticheggiante”, si deve in gran parte al restauro realizzato<br />
nel 1909 dall’associazione culturale Ferrariae Decus, che volle<br />
rispettare, esaltandole, le linee architettoniche originarie.<br />
L’interno, come sovente accade nelle Chiese degli or<strong>di</strong>ni monastici,<br />
è <strong>di</strong>viso in due aree fondamentali per la vita spirituale delle<br />
comunità <strong>di</strong> clausura: l’aula della Chiesa, destinata ai fedeli, e il<br />
coro delle monache, riservato alla preghiera e al canto.<br />
La Chiesa, dall’aspetto raccolto ed elegante, appare caratterizzata<br />
dalle decorazioni realizzate a seguito della ricostruzione<br />
del Foschini. Sulla volta, interamente affrescata, si<br />
apre la Gloria <strong>di</strong> Santa Caterina de Vegri <strong>di</strong>pinta da Giuseppe<br />
Antonio Ghe<strong>di</strong>ni (1708-91) attorno al 1773, impreziosita<br />
da quadrature. Allo stesso Foschini é attribuita l’ideazione<br />
dell’ancona dell’altare maggiore che accoglie la Comunione<br />
degli Apostoli (1768) <strong>di</strong>pinta da Giovan Battista Cignaroli<br />
(1706-70), adornata da due statue lignee <strong>di</strong> profeti opera<br />
del prolifico Pietro Turchi (1711-81).<br />
Il coro, che presenta tra le altre opere gli stalli in noce articolati<br />
su due or<strong>di</strong>ni e sull’altare una bella Crocifissione dello<br />
Scarsellino (1551-1620), è uno spazio assai prezioso per<br />
la storia <strong>di</strong> Ferrara: qui sono custo<strong>di</strong>te le lastre sepolcrali <strong>di</strong><br />
esponenti <strong>di</strong> primo piano della casata d’Este come, solo per<br />
citarne alcuni, la duchessa Eleonora d’Aragona (morta nel<br />
1493), sposa <strong>di</strong> Ercole I, Alfonso I e la moglie Lucrezia Borgia<br />
(deceduti rispettivamente nel 1534 e 1519).<br />
Chiesa <strong>di</strong> Sant’Antonio in Polesine<br />
Vicolo del Gambone, 17<br />
Domenica 27 marzo 2011- ore 10,00<br />
Luogo <strong>di</strong> ritrovo:<br />
Sagrato della Chiesa<br />
Il Monastero <strong>di</strong> Sant’Antonio in<br />
Polesine fu fondato nel 1257<br />
dalla Beata Beatrice II d’Este,<br />
figlia <strong>di</strong> Azzo VII, sull’isola omonima<br />
formata dal Po <strong>di</strong> Ferrara.<br />
Il complesso monastico sorse<br />
grazie alla ristrutturazione e<br />
all’ampliamento <strong>di</strong> un precedente<br />
convento, dove si era<br />
stabilita da tempo una comunità<br />
<strong>di</strong> frati agostiniani, trasferitasi proprio quell’anno presso<br />
la vicina chiesa <strong>di</strong> S. Andrea.<br />
I lavori <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficazione della Chiesa <strong>di</strong> Sant’Antonio in Polesine,<br />
contemporanei al rinnovamento dell’antico inse<strong>di</strong>amento<br />
Agostiniano, iniziarono nel 1257-58 e si protrassero per<br />
qualche decennio. Secondo la tra<strong>di</strong>zione, l’e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> culto e<br />
il nuovo Monastero a<strong>di</strong>acente furono progettati da un architteto<br />
locale, Maestro Tigrino. La Beata non riuscì a vedere realizzate<br />
tutte le opere, in quanto morì poco più che trentenne<br />
nel 1262.<br />
La Chiesa, consacrata soltanto il 26 febbraio 1413 dal vescovo<br />
Pietro Boiar<strong>di</strong>, fu più volte mo<strong>di</strong>ficata nei secoli. Nel<br />
portico della facciata si colgono echi pomposiani: il nartece<br />
presenta, secondo alcuni, un’architettura riferibile<br />
ad un periodo compreso tra la fine del XIV e gli inizi del<br />
XV secolo. Altrettanto importanti le trasformazioni documentate<br />
in età tridentina, quando la Chiesa venne <strong>di</strong>visa<br />
in due parti: l’una più interna, riservata alle monache e caratterizzata<br />
dal famoso “coro”, l’altra “pubblica”, costituita<br />
da una pianta ad aula, abbellita nel Seicento da nuovi Altari<br />
che esibiscono gran<strong>di</strong> tele nonché da un importante<br />
soffitto affrescato.<br />
L’isola rimase tale fino al 1451 quando, a seguito del parziale<br />
inari<strong>di</strong>mento del ramo del Po, fu possibile avviare una<br />
serie <strong>di</strong> interventi che consentirono l’inserimento dell’area<br />
nell’ambito urbano. Nel contempo la zona venne <strong>di</strong>fesa da<br />
solide mura, costruite a sud del complesso religioso per<br />
or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Borso d’Este, promotore dell’intero intervento<br />
urbanistico.<br />
Nel cortile antistante la Chiesa e il Monastero <strong>di</strong> Clausura<br />
<strong>di</strong> Sant’Antonio in Polesine, sede ancora oggi <strong>di</strong> una comunità<br />
<strong>di</strong> monache benedettine, si respira un’atmosfera<br />
suggestiva <strong>di</strong> pace e <strong>di</strong> tranquillità. Per raggiungerlo occorre<br />
percorrere il caratteristico vicolo del Gambone e varcare<br />
l’ingresso , contrad<strong>di</strong>stinto da un portale con statua<br />
in cotto <strong>di</strong> Sant’Antonio Abate.<br />
Certamente meno noto del celebre coro delle monache,<br />
luogo quest'ultimo <strong>di</strong> grande suggestione artistica e spirituale,<br />
l’interno della cosiddetta “Chiesa pubblica” appare<br />
sontuoso e <strong>di</strong> grande impatto scenografico. Ad aula unica,<br />
esso è decorato con gusto spiccatamente barocco dal<br />
prolifico Francesco Ferrari (1643-1708), il quale appare qui<br />
impegnato ad esaltare la storia dell’or<strong>di</strong>ne benedettino<br />
secondo un programma iconografico culminante sul soffitto<br />
con la raffigurazione della Madonna col Bambino in<br />
gloria con i santi Benedetto e Antonio Abate, cui si accompagnano<br />
nel fregio Santi benedettini e paesaggi. Sull’Altare<br />
maggiore, la SS. Trinità in gloria e i santi Benedetto, Antonio<br />
Abate e la Beata Beatrice d’Este, è invece opera del bolognese<br />
Antonio Randa (notizie dal 1614 al 1650), allievo <strong>di</strong><br />
Guido Reni.<br />
Il famoso coro delle monache presenta, tra gli altri tesori,<br />
l’importante ciclo <strong>di</strong> affreschi <strong>di</strong> età trecentesca con le<br />
Storie dell’infanzia <strong>di</strong> Cristo e della Vergine (nella cappella<br />
sinistra) e le Storie <strong>di</strong> Cristo (nella cappella destra), opera<br />
<strong>di</strong> almeno tre <strong>di</strong>verse botteghe <strong>di</strong> matricie giottesca, bolognese<br />
e padovana. Si precisa che quest’area del monastero<br />
non sarà oggetto <strong>di</strong> visita durante l’incontro del 27<br />
marzo.