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La dissoluzione dell'opera d'arte da Pollock

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colori fon<strong>da</strong>mentali nell'arte".<br />

A parte qualche sporadico episodio, il monocromo viene dimenticato per riaffiorare solo intorno al<br />

1950 in America e con qualche ritardo anche in Europa.<br />

In Italia un posto centrale all'interno della nostra in<strong>da</strong>gine è occupato <strong>da</strong> Lucio Fontana nel cui lavoro il<br />

monocromo si lega a una più ampia e articolata problematica sul concetto di spazio che rimane per<br />

tutta la sua carriera un nodo cruciale di sviluppo. Non esiste in effetti un interrogativo specifico<br />

dell'artista sul monocromo ma una generale "questione spaziale" affrontata <strong>da</strong> molteplici punti di vista,<br />

attraverso i linguaggi della pittura, della scultura e dell'architettura. Sulla stra<strong>da</strong> di una progressiva<br />

elaborazione del concetto di "spazio", Fontana arriverà a produrre già <strong>da</strong>l 1949 delle tele monocrome, i<br />

Buchi e più tardi i Tagli, che rispondono alla necessità di trovare una nuova arte lontano tanto <strong>da</strong>lla<br />

finzione della rappresentazione quanto <strong>da</strong>ll’astrattismo statico e razionalista della prima avanguardia.<br />

Nato in Argentina <strong>da</strong> genitori italiani, Fontana (1899- 1968), negli anni ’30 con la sua forte capacità di<br />

sperimentazione raggiunge il successo come uno dei più dotati esponenti dell’astrattismo milanese.<br />

Rigore progettuale e improvvisazione, assolutezza intellettuale del segno e piacere per la sensualità della<br />

materia, sono già allora le sue qualità. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, torna in Argentina<br />

dove nel 1946 stila il Manifesto blanco, il primo testo programmatico del Movimento Spaziale. In questo<br />

testo, Fontana riconosce il tentativo futurista di incorporare il movimento dinamico nello spazio e nel<br />

tempo, ma indirettamente ne critica l’illusorietà, e invoca invece un’arte capace di esprimere in modo<br />

sintetico l’unità del tempo e dello spazio contemporaneo, poiché “l’esistenza, la natura e la materia sono una<br />

perfetta unità. Si sviluppano nel tempo e nello spazio. Il cambiamento è la condizione essenziale dell’esistenza. Il<br />

movimento, la proprietà di evolversi e di svilupparsi è la condizione base della materia. Questa esiste in movimento e in<br />

nessun’altra maniera. Il suo sviluppo è eterno. ” Dunque, Fontana crede fermamente che le conquiste del<br />

progresso scientifico e i mutamenti in atto nella vita sociale, si debbano riflettere nel lavoro degli artisti:<br />

“Siamo entrati nell’era spaziale, l’uomo ha definito le distanze dei pianeti, l’uomo tende alla loro conquista, l’uomo in<br />

questi ultimi anni con le invenzioni ha precipitato l’umanità all’impossibile- ebbene tutto questo ha influito e influisce<br />

nello spirito creativo dell’artista, gli ismi hanno la ragione nel nostro tempo. L’arte non è una decadenza ma sta<br />

penetrando nuovamente nella nuova evoluzione del mezzo per l’arte. <strong>La</strong> pietra, il bronzo inesorabilmente cedono alle<br />

nuove tecniche, così come in architettura il cemento, il vetro, i metalli hanno portato un nuovo stile architettonico. <strong>La</strong><br />

materia è statica, l’intelligenza dell’uomo la definisce, la domina nel calcolo nell’arte e la colloca nell’umanità..” <strong>La</strong><br />

critica ha riallacciato i fili tra lo Spazialismo di Fontana e la cultura europea dell'epoca, <strong>da</strong>lla teoria della<br />

relatività di Einstein agli approfondimenti sulla biologia molecolare alle dottrine filosofiche di Husserl,<br />

Merleau-Ponty e Bergson.<br />

Dal 1949, Fontana realizza i suoi Concetti spaziali bucando con un punteruolo la carta o la tela, applica la<br />

sua “energia” a una superficie che <strong>da</strong> quel momento apre alla realtà sensibile: la luce, lo spazio,<br />

l’ambiente entrano così a fare parte dell’opera che si presenta in maniera relativamente indeterminata.<br />

Nato e vissuto <strong>da</strong> scultore, Fontana affronta la superficie del quadro "plasticamente", come fosse un<br />

blocco di creta. <strong>La</strong> tela così perde la sua qualità di piano, sia in senso rinascimentale di "piano di<br />

proiezione", sia in senso astratto e simbolico di "campo di forze". L'atto di penetrazione nella materia,<br />

sia essa tela, terracotta, bronzo o quant'altro, diventa la polarità prioritaria e altamente turbativa del<br />

rapporto artista-opera. Insomma l’opera diventa teatro di un “evento”, come succede anche per <strong>Pollock</strong><br />

e per gli altri esponenti dell’Action Painting. Ma a differenza di questi, Fontana riduce al minimo gli<br />

elementi linguistici del segno e del colore, fino ad appro<strong>da</strong>re al monocromo. Oltretutto il "buco" non è<br />

considerato <strong>da</strong>ll’artista un segno, un simbolo, una figura, ma la conseguenza materiale di un gesto: non<br />

rappresenta ma è. E' spazio che entra ed esce <strong>da</strong>lla tela, presenza fisica, elemento costruttivo dell'arte.<br />

In una bozza di lettera indirizzata a Giampiero Giani nel 1949, spiega:" (...) il problema di fare dell'arte<br />

istintivamente si chiarisce in me, nè pittura nè scultura, non linee delimitate nello spazio, ma continuità dello spazio nella<br />

materia" Nel buco, come anche nel taglio o nello squarcio degli anni '60 "passa l'infinito di lì, passa la luce,<br />

non c'è bisogno di dipingere (...) tutti hanno creduto che io volessi distruggere: ma non è vero, io ho costruito, non ho<br />

distrutto, è lì la cosa." L’apertura dell’opera all’ambiente, trova una nuova via in Fontana con il suo<br />

Ambiente spaziale a luce nera di Wood nel 1949, il papà di tutti gli esperimenti di arte ambientale.<br />

Altro “evento” altamente spettacolare è il “taglio”, al quale Fontana lavora <strong>da</strong>l '58 al ’68, anno della sua

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