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La Scuola adotta un monumento - isc-diomede

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I.S.C. “Diomede”<br />

<strong>Scuola</strong> Secondaria di 1° grado “G.Pascoli”<br />

di Celenza Valfortore<br />

A.s. 2009/2010 Classe III a A<br />

Progetto:<br />

“LA SCUOLA ADOTTA<br />

UN MONUMENTO”<br />

MONUMENTO<br />

1


Piccoli celenzani<br />

Noi,piccoli celenzani,<br />

sperduti in questa<br />

magica realtà di montagna,<br />

stiamo per spiccare il volo<br />

ed andare lontano.<br />

Irriverente il tempo è passato<br />

ed è suonata,irrispettosa del nostro lasciarci,<br />

anche l’ultima campanella.<br />

Quanti ricordi avremo:<br />

il nostro paese, il primo giorno di scuola,<br />

le corse,i sorrisi, le strette di mano, i viaggi.<br />

Amicizia vera , la nostra.<br />

Anche se lontani ,<br />

noi piccoli celenzani,<br />

il tuo ricordo, o Celenza, serberemo<br />

adesso che, ormai grandi, per il mondo andremo.<br />

2


CELENZA VALFORTORE<br />

Celenza Valfortore è <strong>un</strong> piccolo centro del Sub<br />

Appennino Da<strong>un</strong>o Settentrionale. Sorge ai confini<br />

col Molise su <strong>un</strong>’amena collina da cui si domina la<br />

valle del Fortore oggi occupata dall’invaso artificiale<br />

di Occhito.<br />

Posto a 480 metri s.l.m., ha <strong>un</strong> agro di 66 kmq<br />

ricco di acque, boschi e posto all’incrocio di grandi<br />

strade storiche quali i tratturi della transumanza.<br />

Questa peculiarità ha consentito il popolamento del<br />

suo territorio sin dal Neolitico.<br />

Il centro è a circa 60 km da Foggia e 35 da<br />

Campobasso da cui è raggi<strong>un</strong>gibile attraverso la<br />

S.S. 17 fino all’uscita e tramite la S.P. 1.<br />

3


LA STORIA<br />

Essa vanta origini antichissime. <strong>La</strong> storiografia la<br />

vuole fondata da Diomede sul colle della Valva,<br />

avamposto strategico tra le vallate della Catola, del<br />

Tappino e del Fortore, col nome di Celenna.<br />

Di essa fa cenno Virgilio nel VII Libro dell’Eneide:<br />

“QUIQUE RUFRAS BATULUMQUE TENENT ATQUE ARVA CELENNAE,..”<br />

L’antica Celenna contrastò, alleandosi con i<br />

Sanniti, l’espansione di Roma e da essa fu<br />

sottomessa e distrutta all’indomani della vittoria<br />

che i romani ottennero su Pirro e i suoi alleati nel<br />

275 a.C. a “Maleventum”, da allora ribattezzata<br />

“Beneventum”.<br />

Per memoria storica si tramanda che per ordine del<br />

Console Manlio Curio Dentato, trionfatore a<br />

Benevento, Celenna fu rasa al suolo e sulle sue<br />

rovine fu fatto spargere sale a significare che essa<br />

non doveva più risorgere.<br />

<strong>La</strong> popolazione dispersa si raccolse sull’attuale<br />

collina ricostruendo il centro abitato a cui diede il<br />

nome di “Celentia ”.<br />

Durante il dominio di Roma la Terra di Celenza ,<br />

intesa come <strong>un</strong>ità territoriale e amministrativa, si<br />

sviluppa in continuità con l’ager publicus, la cui<br />

4


esistenza è attestata dal ritrovamento di due cippi<br />

con l’<strong>isc</strong>rizione dei dati della centuriazione<br />

graccana.<br />

<strong>La</strong> Terra di Celenza con i suoi casali riemerse dal buio<br />

degli anni che seguirono alla caduta dell’impero romano,<br />

allo spopolamento, alla dispersione a alle devastazioni,<br />

con il nuovo fenomeno dell’inurbamento e<br />

dell’incastellamento che coincise con l’inizio della<br />

feudalità.<br />

Nel periodo bizantino cambia il proprio nome da<br />

“Celentia” in “Celentia in Capitanata”.<br />

Con il periodo svevo inizia la l<strong>un</strong>ga serie dei feudatari che<br />

detennero il feudo di Celenza fino all’avvento della<br />

Repubblica Partenopea:<br />

5


I feudatari Anno<br />

1. Gualtiero di Biccari<br />

2. Stefano di Barletta<br />

3. Ademario di Tarascona<br />

4. Tommaso Bartolomeo di Casalalbula<br />

5. Gerardo di Fontanarosa<br />

6. Riccardo di Gambatesa<br />

7. Giovanni Monforte<br />

8. Riccardo Monforte di Giovanni<br />

9. Guglielmo Monforte di Riccardo<br />

10. Amelio De Iamvilla<br />

11. Guglielmo Manforte di Riccardo<br />

12. Giovanni Gambacorta di Gherardo<br />

13. Carlo Gambacorta di Giovanni<br />

14. Francesco Gambacorta di Giovanni<br />

15. Girolamo Tuttavilla<br />

16. Vincenzo Tuttavilla di Girolamo<br />

17. Eleonora S<strong>isc</strong>ar<br />

18. Giampaolo Gambacorta di Carlo<br />

19. Carlo Gambacorta di Giampaolo<br />

20. Andrea Gambacorta di Carlo<br />

21. Carlo Gambacorta di Andrea<br />

22. Pietro Gambacorta di Carlo<br />

23. Francesco Gambacorta di Andrea<br />

24. Domenico Mazzaccara<br />

25. Gaetano Mazzaccara di Domenico<br />

26. Filippo Donnarumma<br />

27. Gregorio Giliberti<br />

28. Orazio Giliberti di Gregorio<br />

1229-1256<br />

1256-1269<br />

1269-1295<br />

1295-1306<br />

1313 -1326<br />

1326-1375<br />

1375-1386<br />

1375-1386<br />

1386-1404<br />

1404-1442<br />

1442-1444<br />

1467-1494<br />

1495-1508<br />

1508-1528<br />

1533-1539<br />

1539-1543<br />

1543-1555<br />

1555-1558<br />

1558-1598<br />

1598-1634<br />

1634-1647<br />

1647-1681<br />

1681-1686<br />

1706-1733<br />

1733-1759<br />

1759-1770<br />

1770-1773<br />

1773-1806<br />

Fra i feudatari si distinsero per <strong>un</strong> notevole arco di<br />

tempo gli esponenti della nobile famiglia pisana dei<br />

Gambacorta.<br />

6


Stemma dei Gambacorta<br />

Lo stemma della famiglia Gambacorta<br />

è costituito da <strong>un</strong> campo ovale diviso in<br />

due parti da <strong>un</strong>a linea verticale avente<br />

a destra tre stelle simboleggianti la<br />

luce,in basso a sinistra <strong>un</strong> leone<br />

rampante e in alto <strong>un</strong>a croce;separati<br />

da <strong>un</strong>a linea orizzontale.<br />

<strong>La</strong> loro signoria diede stabilità al feudo e ne<br />

consentì lo sviluppo culturale, politico e sociale. Essi<br />

cercarono di portare in ”provincia” la cultura e il<br />

gusto della capitale: Napoli.<br />

Molti degli edifici monumentali presenti a Celenza<br />

videro la luce durante la loro signoria, come<br />

testimonia la presenza numerosa sugli stessi dello<br />

stemma della nobile famiglia. Essi si dedicarono<br />

alla ricostruzione dei monumenti e degli edifici di<br />

culto distrutti durante il terremoto del 1456.<br />

Nel 1571 Celenza assume la denominazione di<br />

“Celenza di valle Fortore” e <strong>adotta</strong> la<br />

Dea Cerere a emblema della città,<br />

come testimonia <strong>un</strong> timbro a secco<br />

rinvenuto su documenti conservati<br />

presso l’Archivio di Stato di Napoli.<br />

7


Divenuta regio demanio nel 1706, fu venduta prima<br />

ai Mazzaccara e poi al barone Giliberti. Durante il<br />

secondo periodo dell’impero Borbonico , dette i natali<br />

ai fratelli Vardarelli(1780-1790) i quali, dandosi<br />

alla macchia e al banditismo, dettero molti problemi<br />

ai regnanti dell’epoca in tutta l’Italia meridionale.<br />

Celenza subì gravi danni durante la rivoluzione<br />

napoletana(1799); fu f<strong>un</strong>estata da <strong>un</strong>a terribile<br />

peste nel XVII secolo e semidistrutta dalla frana del<br />

vicino colle Bernardino (1815).Dal 1861 al 1863,<br />

Celenza e il suo territorio fu imperversato dal<br />

fenomeno del “brigantaggio”. In particolare è nota<br />

la banda capeggiata da <strong>un</strong> celenzano:Giambattista<br />

Varanelli, detto “Fittariello”.<br />

Celenza occupa <strong>un</strong>’invidiabile posizione topografica<br />

480 mt. sul livello del mare ed offre <strong>un</strong> incantevole<br />

panorama dei monti circostanti, fino ad intravedere<br />

il Matese e la Maiella nel Molise. L’economia<br />

portante è stata sempre l’agricoltura anche se <strong>un</strong>a<br />

parte del suo territorio, ricco di acque sorgive e fertile<br />

di olivi, viti e cereali, è stata ceduta per la<br />

costruzione della Diga di Occhito e del suo invaso,<br />

<strong>un</strong>o dei più grandi d’Europa. Nel 1920,1930 e 1961<br />

furono impiantate da imprenditori locali le fiorenti<br />

fabbriche di “<strong>La</strong>terizi”che, <strong>un</strong>itamente all’industria<br />

8


“Molitoria” nel 1955 e ad altre attività<br />

imprenditoriali, costituirono <strong>un</strong> periodo di benessere<br />

sociale durato fino alla fine degli anni ’70 inizi<br />

anni ’80, quando, inesorabilmente , <strong>un</strong>a dopo l’altra<br />

hanno cessato le attività, per ultima nel 2000-2001<br />

l’industria Molitoria, lasciando in evidente il<br />

disagio economico l’ intera popolazione. Presto è<br />

iniziato da parte dei giovani l’esodo dal paese, tanto<br />

che dalle 950 famiglie e 3500 abitanti nel 1964, si è<br />

arrivati, nel 2009 a solo 1802 abitanti.<br />

Oggi Celenza<br />

conserva ancora<br />

gran parte del<br />

piccolo centro<br />

storico feudale<br />

tra cui alc<strong>un</strong>i<br />

portali risalenti<br />

a secoli XVI<br />

XVII e due delle<br />

quattro porte attraverso le quali era possibile<br />

accedere:<br />

Porta Nova, Porta S.Nicola, Porta S.Antonio e<br />

Portella.<br />

9


Porta S. Nicolò Porta Nova<br />

Il borgo è dominato dalla torre merlata annessa al<br />

palazzo baronale fatto costruire dai Gambacorta<br />

verso la fine del XV secolo sui ruderi di <strong>un</strong> antico<br />

castello crollato con il terremoto del 1456.<br />

Passeggiando per le vie del borgo si scoprono angoli<br />

e spiazzi caratteristici, portali riccamente scolpiti,<br />

fontanili, scorci di antichi palazzi delle ricche<br />

famiglie locali, poggi e finestrelle “intriganti” ricche<br />

di fiori, chiese e antichi monasteri.<br />

10


Il castello dei Gambacorta<br />

Ieri e … .. oggi .<br />

Il Castello presenta la classica posizione topografica:<br />

è ubicato al centro del tipico rione medioevale da cui<br />

si dipanano i vicoli, l<strong>un</strong>go i quali si sviluppa la<br />

parte feudale del paese con case arroccate l’<strong>un</strong>a<br />

all’altra;<br />

la sua costruzione fu iniziata da Giovanni<br />

Gambacorta nel 1467 sulle fondamenta di <strong>un</strong><br />

antico castello distrutto dal terremoto del 1456.<br />

A tal proposito le cronache dell’epoca riportano che.<br />

“ .. <strong>La</strong> Celenza fu tutta ridotta in piano insieme colla Fortezza,<br />

dove essendo morta la moglie, il fratello la figliuola e tutta la<br />

famiglia, solo rimase il Conte Signore della Città, che si salvò<br />

in camicia, e 1200 vi morirono”.<br />

11


L’opera fu completata dal figlio Carlo nel 1519.<br />

Come attesta la lapide murata sul loggione.<br />

Carlo, figlio di Giovanni<br />

Gambacorta e di Margherita di<br />

Monforte, portò a termine la<br />

parte di questa fortezza cominciata<br />

e lasciata incompiuta dal padre<br />

per sé, i posteri e gli amici.<br />

A.D. MCCCCCXVIIII (1519).<br />

12


Dopo il 1569 fu costruita<br />

la Porta Carlina da Carlo<br />

Gambacorta di Giampaolo<br />

da cui prende il nome.<br />

Essa fa corpo con il<br />

castello ed è costituita da<br />

<strong>un</strong> ampio portale in pietra<br />

locale,con arco a tutto sesto<br />

e in chiave è situato lo<br />

stemma dei Gambacorta.<br />

L’ultimo barone che lo possedette fu Orazio Giliberti<br />

che lo vendette al notar Michele Iamele, antenato<br />

degli attuali proprietari, il 30 gennaio 1808.<br />

Il castello ha subito nel<br />

corso degli anni profondi<br />

cambiamenti alc<strong>un</strong>i<br />

legati a eventi bellicosi<br />

altri a esigenze dei<br />

proprietari negli ultimi<br />

due secoli.<br />

Dalle fonti storiche<br />

sappiamo ad esempio che<br />

13


nel 1648 fu devastato da <strong>un</strong>a Compagnia di<br />

soldati tedeschi;<br />

nel 1799 ci fu l’attacco degli armati della<br />

Repubblica Partenopea, durante il quale ci fu<br />

l’incendio che distrusse la torre vicino alla porta<br />

Carlina.<br />

Nel Tavolario Galluccio del 1702 c’è <strong>un</strong>a breve<br />

descrizione del castello, da esso apprendiamo che :<br />

- era formato da molti vani e che aveva <strong>un</strong> cortile<br />

coperto;<br />

- aveva <strong>un</strong>a stalla capace di sedici cavalli;<br />

- vicino al muro del castello vi erano tre fosse per<br />

conservare il grano;<br />

- davanti al portone vi erano altre due fosse per<br />

conservare il grano;<br />

- sotto la torre vi era il carcere;<br />

- l’ingresso principale del castello era sull’attuale<br />

via Colombo, e da esso si accedeva a <strong>un</strong> cortile<br />

interno.<br />

- la lapide che adesso sta sul terrazzo <strong>un</strong>a volta si<br />

trovava a piano terra;<br />

- davanti alla cucina vi era <strong>un</strong>a lapide con lo<br />

stemma dei Re d’Aragona, datata 1486 a<br />

ricordo della famosa “rivolta dei Baroni”<br />

14


- esisteva <strong>un</strong>a testa di marmo raffigurante <strong>un</strong>o<br />

dei Marchesi di Celenza, forse la stessa testa<br />

utilizzata per adornare la fontana nel giardino;<br />

- nel cortile c’era la cisterna in pietra e vicino <strong>un</strong>a<br />

grande stanza che serviva da magazzino e da<br />

questo si accedeva al giardino.<br />

Ingresso al castello murato Testa in marmo raffigurante<br />

<strong>un</strong>o dei Marchesi<br />

Gambacorta, ora murata in<br />

giardino come fontana<br />

Da <strong>un</strong>a Supplica di Gaetano Mazzaccara al Re<br />

Ferdinando IV del 1759 abbiamo la conferma che il<br />

palazzo aveva due torri ed era fornito di tre logge.<br />

15


Ricostruzione aspetto del Palazzo Baronale, visto da Via Colombo<br />

A conclusione di questo lavoro che ci ha visti,<br />

insiemi agli insegnanti, impegnati nella ricerca,<br />

nella conoscenza di <strong>un</strong> particolare “<strong>monumento</strong>”<br />

della nostra città. Vogliamo ringraziare chi ha<br />

permesso la realizzazione di questo lavoro: la Preside<br />

Prof. Rosa Manella, i Proff. Grilli Ida, De Pasquale<br />

Antonietta, Gesualdi Stefano e Bernaudo Antonio.<br />

L’esperienza è stata sicuramente stimolante,<br />

non solo perché ci ha permesso di conoscere <strong>un</strong> bene<br />

com<strong>un</strong>e di cui poco o nulla sapevamo, ma anche<br />

perché la nostra città è diventata <strong>un</strong> libro su cui<br />

abbiamo potuto studiare e capire la storia attraverso i<br />

cambiamenti.<br />

Questa esperienza, come altre simili,<br />

divulgando conoscenza, contribu<strong>isc</strong>e a conoscere e<br />

tramandare la memoria storica, culturale e umana<br />

della nostra collettività.<br />

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