14.06.2013 Views

Testo in formato pdf - Testimonigeova

Testo in formato pdf - Testimonigeova

Testo in formato pdf - Testimonigeova

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 1<br />

CAPIRE DANIELE


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 2<br />

Titolo: Capire Daniele<br />

Autore: Antonio Caracciolo<br />

Redazione: Vittorio Fantoni<br />

Grafica e impag<strong>in</strong>azione: Valeria Cesarale<br />

Editore: Edizioni ADV snc - Falciani - Impruneta - FI<br />

Tel. 055/2326291 - Fax 055/2326241<br />

Stampatore: Legopr<strong>in</strong>t srl - Trento<br />

© 1998 Edizioni ADV<br />

Tutti i diritti sono riservati all’editore. Ogni riproduzione<br />

anche parziale con qualsiasi mezzo è vietata<br />

senza preventiva autorizzazione scritta dell’editore.<br />

Prima edizione: 1998 - Tiratura: 1.500 copie<br />

F<strong>in</strong>ito di stampare nel mese di ottobre 1998


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 3<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Antonio Caracciolo


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 4


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 5<br />

Presentazione<br />

____________________________<br />

Gli studenti di teologia dell’Istituto Avventista hanno sempre lamentato la<br />

mancanza di un testo <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua italiana per lo studio del libro di Daniele.<br />

Adesso il testo c’è. C’è perché qualcuno lo ha redatto e perché altri si sono premurati<br />

di preparare il manoscritto per la stampa.<br />

Lo scrivente <strong>in</strong>segnava esegesi di Daniele da oltre vent’anni nell’Istituto Avventista<br />

«Villa Aurora» quando il suo direttore, il dottor Vittorio Fantoni, gli rivolse la<br />

richiesta di produrre un manuale per il proprio corso così come altri docenti avevano<br />

fatto per i loro. Non senza esitazione egli accolse l’<strong>in</strong>vito. Determ<strong>in</strong>ante è<br />

stato il concorso del dottor Fantoni, sia per l’<strong>in</strong>coraggiamento ed il sostegno che ha<br />

dato allo scrivente, sia per quanto attiene al trasferimento del testo nel computer.<br />

Assai valida è stata poi l’opera di Valeria Cesarale, grafico della Casa Editrice<br />

ADV, che ha realizzato l’impag<strong>in</strong>azione del volume. All’amico Salvatore Vilardo<br />

l’autore esprime gratitud<strong>in</strong>e per aver egli aggiunto, nelle citazioni bibliche orig<strong>in</strong>ali,<br />

il testo ebraico alla sua traslitterazione <strong>in</strong> caratteri lat<strong>in</strong>i. Un vivo r<strong>in</strong>graziamento<br />

agli apprezzati collaboratori. Particolare riconoscenza lo scrivente deve a<br />

Manuela Casti per avere riveduto e corretto ove necessario le citazioni testuali e le<br />

parole <strong>in</strong> caratteri ebraici. L’autore non può tralasciare di menzionare la propria<br />

moglie Milena, la cui pazienza e tolleranza per sei lunghi anni gli hanno permesso<br />

di condurre a buon f<strong>in</strong>e il lavoro <strong>in</strong>trapreso.<br />

A presc<strong>in</strong>dere dalla sua dest<strong>in</strong>azione primaria, il libro potrà essere letto da<br />

chiunque, con un piccolo sforzo di attenzione. Esso <strong>in</strong>fatti è stato scritto col pensiero<br />

rivolto anche ai «non <strong>in</strong>iziati». Costoro potranno trovare ostici alcuni approfondimenti,<br />

specie nei punti <strong>in</strong> cui si fa riferimento al testo ebraico. Salt<strong>in</strong>o<br />

tranquillamente quei paragrafi, che più che altro <strong>in</strong>teressano gli studenti di teologia.<br />

Il resto non sarà difficile da capire.<br />

Una parola sulle metodologie che si sono applicate nella stesura del commento.<br />

La forma espositiva è quella analitica: un modo di commentare che risulta<br />

più m<strong>in</strong>uzioso e penetrante dell’esposizione tematica. Il testo biblico è spiegato<br />

versetto per versetto, dal primo all’ultimo capitolo. Questa particolarità formale<br />

fa del libro un vero e proprio commentario.<br />

Il metodo <strong>in</strong>terpretativo applicato alle visioni è quello storico-cont<strong>in</strong>uo; oltre a<br />

essere il più antico e a essere stato il più seguito nella lunga storia dell’esegesi di<br />

Daniele, questo modo di comprenderne le profezie trova legittimazione nel libro<br />

che è oggetto di studio.<br />

Benché nel presente volume l’ispirazione div<strong>in</strong>a del testo danielico e le conseguenze<br />

che ne derivano siano tenute per presupposti irr<strong>in</strong>unciabili, l’attendibilità<br />

storica dei racconti e l’autenticità delle profezie non si danno sempre per scontati;<br />

quand’è possibile, anzi, gli uni si cerca di illum<strong>in</strong>are attraverso l’apporto della<br />

5


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 6<br />

PRESENTAZIONE<br />

documentazione storica e archeologica esistente, e le altre di leggere alla luce dei<br />

grandi eventi della Storia Universale.<br />

Potrà essere utile un accenno alla strutturazione del volume. Un’<strong>in</strong>troduzione<br />

precede il testo esegetico. Vi si evidenziano prima di tutto i caratteri formali della<br />

letteratura apocalittica, di quella canonica come di quella apocrifa. Qu<strong>in</strong>di vi si<br />

espone, <strong>in</strong> un quadro succ<strong>in</strong>to, la storia dell’<strong>in</strong>terpretazione del libro <strong>in</strong> esame,<br />

dall’antichità f<strong>in</strong>o ai nostri giorni, Inf<strong>in</strong>e vi si elencano gli aspetti problematici<br />

che il testo presenta – quegli aspetti che hanno fatto nascere dubbi sulla sua autenticità<br />

– e se ne propongono le soluzioni.<br />

Segue l’esposizione preceduta, capitolo per capitolo, da una breve <strong>in</strong>troduzione.<br />

Il testo biblico è riprodotto <strong>in</strong>tegralmente a monte del commento, secondo<br />

la versione del prof. Giovanni Luzzi. Note supplementari sono aggiunte al commento<br />

stesso quando i versetti sotto esame lo richiedono, poste a piè di pag<strong>in</strong>a le<br />

più brevi, raggruppate <strong>in</strong> fondo ai capitoli le più lunghe.<br />

Chiude il volume un’ampia appendice nella quale sono raccolte estese note<br />

storiche a cui si rimanda nel commento laddove laconici riferimenti richiedono<br />

approfondimenti ulteriori.<br />

Prima e durante la stesura del commento si sono consultati testi specializzati<br />

di varia tendenza; tuttavia, data la particolare scelta esegetica, si sono privilegiati<br />

i lavori di biblisti ed esegeti di scuola conservatrice e storicista, e fra questi <strong>in</strong><br />

primo luogo quelli di autori avventisti dai quali, anzi, si è molto att<strong>in</strong>to. Un’opzione,<br />

questa, suggerita da due considerazioni ugualmente valide e importanti.<br />

La prima è che l’autore del presente volume, per conv<strong>in</strong>zione personale, salvo<br />

qualche rara riserva, è all<strong>in</strong>eato sulle posizioni esegetiche degli espositori avventisti;<br />

la seconda attiene al fatto che il libro sarà utilizzato come testo di studio <strong>in</strong><br />

una scuola teologica avventista.<br />

Forse un chiarimento sul titolo che si è voluto dare a questo manuale non<br />

sarà fuori luogo, tanto più che esso potrebbe dare adito a un fra<strong>in</strong>tendimento.<br />

Capire le Scritture fu per l’estensore di queste righe un vivo desiderio f<strong>in</strong> dall’adolescenza.<br />

Nella maturità divenne poi una necessità, <strong>in</strong>combendogli il compito di<br />

far capire.<br />

Capire e far capire – una formula che idealmente lega <strong>in</strong>sieme l’aspirazione<br />

giovanile e la missione dell’età adulta dello scrivente – è stato qualcosa che ha segnato<br />

con forza un aspetto importante del suo m<strong>in</strong>istero e della sua vita. È stato<br />

questo che gli ha suggerito il titolo del libro. Un titolo, oltretutto, che ne mette a<br />

fuoco la dest<strong>in</strong>azione.<br />

L’autore, per quanto abbia cercato di lavorare con scrupolo, non è certo di<br />

non essere <strong>in</strong>corso <strong>in</strong> qualche <strong>in</strong>esattezza. Pertanto f<strong>in</strong> d’ora si dichiara grato<br />

verso quei lettori che, rilevandone qualcuna, gliela vorranno segnalare. E<br />

nient’altro egli desidera di più se non che divenga realtà per essi tutti quanto il titolo<br />

esprime, e che da ciò sia accresciuta e consolidata la loro fiducia nella profezia<br />

biblica.<br />

6<br />

Firenze, 25 febbraio 1998 Antonio Caracciolo


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 7<br />

Introduzione<br />

____________________________<br />

I. COMPRENSIONE DELLA PROFEZIA<br />

BIBLICA APOCALITTICA<br />

Ermeneutica ed esegesi profetiche<br />

1. Quanto maggiore è l’arco di tempo che separa uno scrittore dai suoi lettori,<br />

tanto più è difficile comprendere la sua opera e tanto più è necessario applicare<br />

norme di <strong>in</strong>terpretazione adeguate.<br />

2. La scienza che studia i criteri da applicare per comprendere un’opera letteraria<br />

antica si chiama ermeneutica (dal greco e(rmeneu/w, “<strong>in</strong>terpreto” ).<br />

Questo vocabolo nella Bibbia si trova <strong>in</strong> Luca 24:27 (diermh/neusen<br />

“spiegò”).<br />

3. L’applicazione del metodo ermeneutico per spiegare un testo antico prende<br />

il nome di esegesi (dal greco e)chge/omai, “guido”).<br />

Non vanno dunque confuse tra loro ermeneutica e esegesi: la prima è un<br />

metodo, la seconda è l’applicazione di tale metodo e i suoi risultati.<br />

4. La ermeneutica biblica è l’<strong>in</strong>sieme delle norme applicate per <strong>in</strong>terpretare<br />

la Bibbia. La esegesi biblica è l’applicazione delle norme della ermeneutica<br />

biblica ed il risultato di tale applicazione.<br />

5. La ermeneutica biblica si avvale di un <strong>in</strong>sieme di dati oggettivi come: le<br />

l<strong>in</strong>gue orig<strong>in</strong>ali (l’ebraico e l’aramaico per l’Antico Testamento, il greco per<br />

il Nuovo), i generi letterari (ovvero le forme espressive caratteristiche <strong>in</strong> uso<br />

nel tempo <strong>in</strong> cui vide la luce lo scritto da <strong>in</strong>terpretare), i contesti storico e<br />

socio-culturale <strong>in</strong> cui visse e operò lo scrittore. I dati l<strong>in</strong>guistici, letterari,<br />

storici e socio-culturali sono elementi comuni all’ermeneutica biblica e a<br />

quella letteraria comune.<br />

6. Poiché la Bibbia <strong>in</strong> quanto documento della Rivelazione div<strong>in</strong>a occupa un<br />

posto unico nella letteratura di ogni tempo e luogo, l’ermeneutica biblica richiede<br />

fondamentalmente delle norme speciali che scaturiscono appunto<br />

dalla sua div<strong>in</strong>a ispirazione (2Tm 3:16; 2Pie. 1:21).<br />

7


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 8<br />

INTRODUZIONE<br />

7. La div<strong>in</strong>a ispirazione della Bibbia non è verificabile scientificamente: è una<br />

verità di fede.<br />

8. Per l’<strong>in</strong>fluenza dell’Illum<strong>in</strong>ismo, nel XVIII secolo è sorta una nuova ermeneutica<br />

biblica che non tiene conto dell’ispirazione: la ermeneutica razionalistica<br />

o liberale.<br />

9. Alla ermeneutica biblica liberale e alla esegesi biblica che ne risulta s’oppone<br />

la ermeneutica biblica conservatrice con la sua esegesi.<br />

10. La Bibbia come prima <strong>in</strong>terprete di sé stessa è il pr<strong>in</strong>cipio basilare dell’ermeneutica<br />

biblica conservatrice.<br />

Profezia classica e apocalittica<br />

1. Fra i 66 libri che la compongono, la Bibbia annovera due scritti apocalittici:<br />

Daniele 7-12 nell’Antico Testamento e l’Apocalisse di Giovanni nel Nuovo.<br />

2. Sotto il profilo formale, profezia classica e profezia apocalittica si dist<strong>in</strong>guono<br />

per il diverso genere letterario.<br />

a) Nei libri profetici ord<strong>in</strong>ari (Isaia, Geremia, Ezechiele e i Dodici profeti m<strong>in</strong>ori)<br />

predom<strong>in</strong>a la forma discorsiva (predizioni, promesse, rimproveri, <strong>in</strong>vettive,<br />

esortazioni, appelli). Il senso è per lo più letterale.<br />

b) I libri apocalittici (Daniele e l’Apocalisse) si dist<strong>in</strong>guono per l’uso costante<br />

di un l<strong>in</strong>guaggio figurato che conferisce loro un carattere di oscurità. La visione<br />

simbolica costituisce l’elemento fondamentale del genere apocalittico.<br />

3. Profezia classica e profezia apocalittica si diversificano anche sotto il profilo<br />

dei contenuti.<br />

a) Nella profezia classica la parenesi (cioè l’esortazione) s’<strong>in</strong>treccia con la predizione<br />

(ossia l’annuncio di eventi futuri), e la predizione per lo più ha carattere<br />

cont<strong>in</strong>gente (limitata portata spazio-temporale). Ad eccezione delle<br />

profezie messianiche, le predizioni si sp<strong>in</strong>gono generalmente nel futuro immediato<br />

(i prossimi anni o decenni) e si rivolgono a una nazione (<strong>in</strong> genere<br />

Giuda o Israele, ma anche nazioni pagane), ad una classe sociale (il sacerdozio,<br />

la borghesia, la dirigenza politica) o ad una s<strong>in</strong>gola persona (il re, un<br />

funzionario dello stato, il sommo sacerdote, un falso profeta). Sono comunque<br />

presenti anche spunti apocalittici.<br />

b) Nelle apocalissi, mentre è scarsa la parenesi, predom<strong>in</strong>a l’elemento predit-<br />

8


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 9<br />

tivo. La notevole ampiezza spazio-temporale conferisce alle predizioni una<br />

dimensione universale: le profezie apocalittiche si proiettano nel futuro lontano,<br />

hanno per oggetto il popolo di Dio e le potenze secolari ad esso ostili<br />

(l’Anticristo) e come punto f<strong>in</strong>ale d’arrivo gli eventi escatologici (il giudizio,<br />

la risurrezione dei morti, il regno di Dio).<br />

4. Profeti classici e profeti apocalittici si dist<strong>in</strong>guono anche per specificità di<br />

funzioni. Il profeta classico possiede il carisma profetico e ne esercita le<br />

funzioni: vive fra il suo popolo, si dedica a esso, ne condivide le vicissitud<strong>in</strong>i<br />

e si rivolge quasi sempre alla sua generazione. Il profeta apocalittico<br />

pure possiede il dono profetico, ma non ne esercita le funzioni: vive isolato<br />

dal suo popolo (<strong>in</strong> esilio come Daniele <strong>in</strong> Babilonia e Giovanni a Patmos) e<br />

si rivolge per lo più alle generazioni future.<br />

Libera traduzione e adattamento dell’articolo “History of the Interpretation<br />

of Daniel” <strong>in</strong> Seventh-day Adventist Bible Commentary, vol. IV, pp. 39-44.<br />

5. Da quel che si è detto sopra risulta evidente che la ermeneutica apocalittica<br />

richiede norme proprie di <strong>in</strong>terpretazione che si differenziano dalle nor<br />

dell’ermeneutica profetica <strong>in</strong> generale.<br />

II. PROFILO DI STORIA DELLA<br />

INTERPRETAZIONE PROFETICA<br />

Comprensione progressiva della profezia<br />

CAPIRE DANIELE<br />

La comprensione della profezia di Daniele si è sviluppata progressivamente nel<br />

corso del tempo. Daniele stesso ne fu il primo <strong>in</strong>terprete seppure limitatamente<br />

ad alcune parti essenziali delle rivelazioni a lui consegnate.<br />

Via via che si svolsero nella storia i grandi eventi anticipati dalla profezia,<br />

uom<strong>in</strong>i pii e versati negli studi profetici furono <strong>in</strong> grado di discernere nelle<br />

grandi l<strong>in</strong>ee gli sviluppi futuri della storia stessa. Alterazioni sostanziali, ripudio<br />

di retti pr<strong>in</strong>cipi e di risultati acquisiti, periodi di negligenza, dis<strong>in</strong>teresse e sfiducia<br />

nei riguardi delle profezie non bastarono a determ<strong>in</strong>are la perdita def<strong>in</strong>itiva<br />

delle conquiste autentiche.<br />

Un patrimonio che sembrava perduto per sempre è stato gradualmente ricuperato,<br />

rivalorizzato, approfondito per una comprensione sempre più piena<br />

della parola profetica. La storia dell’<strong>in</strong>terpretazione di Daniele è la storia della<br />

tensione umana verso la comprensione del grandioso disegno profetico tracciato<br />

<strong>in</strong> questo libro ispirato (2Pie 1:19-21).<br />

9


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 10<br />

INTRODUZIONE<br />

Daniele può essere compreso. La dichiarazione di Gesù <strong>in</strong> Mt 24:15 riguardo<br />

a Daniele: “chiunque legge pongavi mente”, giustifica lo sforzo profuso<br />

per capire le sue profezie e la certezza che esse sono comprensibili.<br />

Un libro parzialmente sigillato. E.G. White scrive: “il libro che fu sigillato<br />

non è l’Apocalisse, ma è quella porzione della profezia di Daniele che si riferisce<br />

agli ultimi tempi” 1. La comprensione progressiva di Daniele convalida<br />

questa affermazione. Solo agli <strong>in</strong>izi del XIX secolo, quando com<strong>in</strong>ciarono effettivamente<br />

i “tempi della f<strong>in</strong>e”, si moltiplicarono simultaneamente gli studi sul più<br />

esteso periodo profetico del libro di Daniele, quello delle 2300 sere-matt<strong>in</strong>e.<br />

Questo momento fu comunque preceduto da un lungo periodo preparatorio.<br />

Il punto d’<strong>in</strong>izio del disegno profetico danielico. Il vasto disegno profetico<br />

rivelato a Daniele doveva esordire nella storia con l’affermazione dell’impero<br />

neo-babilonese. Daniele stesso fissa questo momento cruciale, accolto<br />

come verità assiomatica da tutta una schiera di <strong>in</strong>terpreti, quando dice al re di<br />

Babilonia: “Tu (l’impero neo-babilonese con Nabucodonosor come suo sovrano)<br />

sei la testa d’oro” (Dn 2:38). Poi: “dopo di te (dell’impero neo-babilonese) sorgerà<br />

un altro regno <strong>in</strong>feriore al tuo” (v. 39). In Dn 5:28; 6:12-15, 28 e 8:20,21 sono <strong>in</strong>dicati<br />

il secondo ed il terzo regno universale che dovevano succedere a Babilonia:<br />

gl’imperi medo-persiano e greco-macedone. È dunque l’ispirazione stessa<br />

che fissa <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>equivocabile l’<strong>in</strong>izio del compimento della profezia danielica<br />

nella storia e ne traccia le fasi successive. Daniele fu dunque il primo <strong>in</strong>terprete<br />

delle profezie che gli furono rivelate. Dopo di lui, degli uom<strong>in</strong>i animati da un<br />

vivo <strong>in</strong>teresse per questo aspetto del messaggio biblico confrontarono con i vatic<strong>in</strong>i<br />

danielici gli eventi del loro tempo per modo che venne formandosi un disegno<br />

progressivo di realizzazione della profezia nella storia.<br />

Studiosi em<strong>in</strong>enti fra gli <strong>in</strong>terpreti di Daniele. Sugl’<strong>in</strong>izi e gli sviluppi<br />

dell’<strong>in</strong>terpretazione profetica non ci sono <strong>in</strong>certezze essendo essi ben documentati.<br />

Figurano fra gli espositori di Daniele uom<strong>in</strong>i di grande cultura e genialità,<br />

oltre che di fervente pietà religiosa.<br />

Visione pluralista sul compimento della profezia nella storia. Le convergenze<br />

più significative della profezia e della storia sono state viste e riconosciute<br />

non da una s<strong>in</strong>gola persona, ma da tutta una schiera di uom<strong>in</strong>i vissuti <strong>in</strong><br />

tempi e luoghi differenti i quali hanno consegnato ai posteri, ciascuno nella propria<br />

l<strong>in</strong>gua, il frutto delle loro <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i.<br />

Rettifica di <strong>in</strong>esattezze e approssimazioni col progredire degli<br />

studi. Il tempo e gli eventi che nel corso di esso sono nati e si sono sviluppati,<br />

hanno imposto via via di verificare le <strong>in</strong>terpretazioni profetiche precedenti con le<br />

loro <strong>in</strong>evitabili limitazioni e di rettificarne le comprensibili <strong>in</strong>esattezze e approssi-<br />

1 - Acts of the Apostles, p. 585.<br />

10


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 11<br />

CAPIRE DANIELE<br />

mazioni. I pionieri dell’<strong>in</strong>terpretazione profetica meritano comunque il massimo<br />

plauso per il ruolo che svolsero nella formazione di quel patrimonio esegetico<br />

che oggi costituisce la nostra eredità. La conoscenza di questo background è <strong>in</strong>dispensabile<br />

nell’ambito dello studio moderno della profezia <strong>in</strong> generale e di<br />

Daniele <strong>in</strong> particolare.<br />

Comprensione delle profezie cronologiche. La profezia delle 70 settimane<br />

fu compresa e spiegata <strong>in</strong> base al pr<strong>in</strong>cipio giorno-anno f<strong>in</strong> dagli albori<br />

della storia dell’<strong>in</strong>terpretazione di Daniele, ma il tempo di capire le 2300 serematt<strong>in</strong>e<br />

e il loro rapporto con le 70 settimane era ancora lontano. Né si sarebbero<br />

potuti comprendere i 1260 giorni-anni (e i corrispettivi 3 anni e mezzo e 42<br />

mesi) prima che si fosse manifestata l’apostasia <strong>in</strong> seno alla cristianità e fosse<br />

sufficientemente avanzato da essere chiaramente discernibile il processo di corruzione<br />

della verità rivelata. Perciò l’entità storica rappresentata dal “piccolo<br />

corno” non fu riconosciuta che secoli dopo il suo sorgere.<br />

Tramonto dell’<strong>in</strong>terpretazione della Chiesa antica. Con l’avanzare<br />

dell’apostasia venne via via distorta e applicata <strong>in</strong> modo errato l’<strong>in</strong>terpretazione<br />

profetica l<strong>in</strong>eare della Chiesa antica. Sotto l’<strong>in</strong>fluenza perniciosa di ORIGENE (circa<br />

185-254) si com<strong>in</strong>ciò ad allegorizzare e spiritualizzare non solo le profezie ma<br />

tutta la Scrittura.<br />

Dopo la presunta conversione di Costant<strong>in</strong>o ed i favori eccezionali da lui<br />

elargiti alla Chiesa (riconoscimento ufficiale, protezione e arricchimento materiale),<br />

EUSEBIO (circa 260-340), vescovo di Cesarea e primo storico della Chiesa,<br />

storicizzò il concetto di Regno di Dio.<br />

Alle <strong>in</strong>novazioni fuorvianti <strong>in</strong>trodotte da Origene ed Eusebio seguì una visione<br />

escatologica rivoluzionaria promossa da AGOSTINO (354-430), l’<strong>in</strong>fluente vescovo<br />

di Ippona. Agost<strong>in</strong>o, spiritualizzandola, spiegò la prima risurrezione come<br />

la conversione delle anime “morte” nel peccato e identificò il Regno di Dio con<br />

la Chiesa cattolica <strong>in</strong> forte espansione: essa, secondo lui, era la “pietra” di Dn<br />

2:34,45 che stava diventando la montagna dest<strong>in</strong>ata a riempire la terra. Inf<strong>in</strong>e<br />

Agost<strong>in</strong>o affermò che il diavolo era ormai <strong>in</strong>catenato e che l’umanità già viveva<br />

nel millennio apocalittico. Le idee di Agost<strong>in</strong>o si affermarono e dom<strong>in</strong>arono la<br />

teologia della Chiesa medievale. Queste dottr<strong>in</strong>e deviate nate da una lettura allegorizzata<br />

e misticizzata della Scrittura f<strong>in</strong>irono per <strong>in</strong>torbidire la limpida <strong>in</strong>terpretazione<br />

profetica della Chiesa antica, <strong>in</strong>terpretazione che per secoli restò praticamente<br />

dimenticata.<br />

Ricupero dell’antica <strong>in</strong>terpretazione profetica. Non furono né i valdesi<br />

né altri gruppi dissidenti medievali a riscoprire e ricuperare l’antica <strong>in</strong>terpretazione<br />

storica delle profezie, ma bensì dei vigili figli della Chiesa che si erano<br />

visti costretti a protestare contro gli abusi ed i sovvertimenti della Chiesa stessa;<br />

nel farlo essi applicarono a lei certi simboli profetici della Scrittura.<br />

Dalle profezie di Daniele e dell’Apocalisse, dal R<strong>in</strong>ascimento <strong>in</strong> poi, trassero<br />

ispirazione i dissidenti, sempre più numerosi, per formulare le loro critiche all’<strong>in</strong>-<br />

11


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 12<br />

INTRODUZIONE<br />

dirizzo della Chiesa. Cosicché le profezie vennero gradualmente riacquistando<br />

credito presso gli spiriti più illum<strong>in</strong>ati.<br />

Il ruolo della profezia nello sviluppo della Riforma. La Riforma protestante<br />

nacque dalla riscoperta delle verità del Vangelo che erano state patrimonio<br />

della Chiesa antica. Nei secoli prima di Lutero uom<strong>in</strong>i di grande sensibilità<br />

spirituale avevano enfatizzato con sempre maggior chiarezza il tema della salvezza<br />

per grazia <strong>in</strong> Gesù Cristo e contestato le grossolane distorsioni operate da<br />

Roma nell’ambito della dottr<strong>in</strong>a, pur restando nel seno della Chiesa. Dall’enfasi<br />

che era stata posta sulle profezie relative all’Anticristo, la Riforma trasse forti motivi<br />

per una presa di posizione coerente.<br />

Quando Lutero scoprì l’identità della figura profetica dell’Anticristo trovò la<br />

forza di rompere con Roma, e molti altri compirono il medesimo passo per lo<br />

stesso motivo. Tutti costoro, di fronte alle limpide <strong>in</strong>dicazioni e agli ammonimenti<br />

reiterati della Parola profetica, sentirono l’obbligo morale di uscire dalla<br />

Babilonia papale. Essi avrebbero affrontato il carcere e il martirio piuttosto che<br />

scendere a compromessi sulle verità div<strong>in</strong>e ormai chiaramente comprese.<br />

Una contro<strong>in</strong>terpretazione delle profezie, arma <strong>in</strong>sidiosa della Controriforma.<br />

Di fronte al rifiuto virtualmente unanime e all’identificazione del<br />

papato con l’Anticristo della profezia da parte di tutti i gruppi protestanti, il cattolicesimo<br />

romano corse ai ripari: esso cercò <strong>in</strong>fatti di distrarre l’attenzione dei<br />

protestanti dall’ermeneutica profetica del cattolicesimo antico, e vi riuscì. I gesuiti<br />

spagnoli FRANCISCO RIBERA nel 1590 e LUIS DE ALCAZAR nel 1614 escogitarono <strong>in</strong>sidiose<br />

contro<strong>in</strong>terpretazioni delle profezie apocalittiche. Ribera <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uò che l’Anticristo<br />

era una figura <strong>in</strong>dividuale, un capo di stato <strong>in</strong>fedele, che da Gerusalemme,<br />

nel tempo della f<strong>in</strong>e, avrebbe agito empiamente contro i cristiani durante tre<br />

anni e mezzo letterali.<br />

Il card<strong>in</strong>ale Roberto Bellarm<strong>in</strong>o, famoso controversista, sostenne con grande<br />

energia le vedute di Ribera che divennero, e sono tuttora, la posizione ufficiale<br />

del cattolicesimo sulla figura profetica dell’Anticristo. L’espediente esegetico del<br />

Ribera prese il nome di ermeneutica futurista. Luis de Alcazar dal canto suo propose<br />

un’<strong>in</strong>terpretazione agli antipodi rispetto a quella di Ribera. Secondo questa<br />

chiave di lettura tutte le predizioni dei due libri apocalittici f<strong>in</strong>irono di adempiersi<br />

tra il tempo del tramonto della nazione giudaica e l’epoca della caduta<br />

dell’impero romano, e l’Anticristo non è altri che uno degli imperatori che perseguitarono<br />

i cristiani: Nerone, Domiziano o Diocleziano.<br />

Questo modo di spiegare Daniele e l’Apocalisse è noto col nome di ermeneutica<br />

preterista o semplicemente preterismo. L’<strong>in</strong>terpretazione futurista e<br />

quella preterista, questi due criteri ermeneutici contrapposti e contraddittori,<br />

espressi dalla Chiesa cattolica - spettacolo davvero sconcertante! - sorprendentemente<br />

raggiunsero lo scopo di confondere l’esegesi profetica protestante.<br />

Le conquiste della Riforma frustrate. Alcuni esegeti protestanti, come<br />

l’olandese HUGO GROTIUS (1583 - 1645) e l’<strong>in</strong>glese HENRY HAMMOND (1605 - 1660),<br />

12


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 13<br />

CAPIRE DANIELE<br />

com<strong>in</strong>ciarono ad adottare le contro<strong>in</strong>terpretazioni del gesuita Alcazar gettando<br />

confusione e provocando divisioni tra i protestanti che <strong>in</strong>iziarono a perdere fiducia<br />

e <strong>in</strong>teresse per le profezie.<br />

I protestanti abbandonarono gradualmente l’<strong>in</strong>terpretazione ortodossa (storicista).<br />

Non tutti però: ci furono alcuni espositori, come JOSEPH MEDE, che non si<br />

lasciarono <strong>in</strong>fluenzare dall’ermeneutica fuorviante di Alcazar e ristudiarono l’<strong>in</strong>tero<br />

ambito della profezia, re<strong>in</strong>trodussero, contro le vedute di Agost<strong>in</strong>o, il millennio<br />

nel futuro e rivalutarono l’ermeneutica storica.<br />

Il preterismo si <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uò nella scuola razionalistica dei teologi liberali tedeschi<br />

nel XVIII secolo, di cui furono rappresentanti em<strong>in</strong>enti JOHAN SALOMON SEM-<br />

LER (m. nel 1791) e JOHAN DAVID MICHAELIS (m. pure nel 1791). H.CORRODI <strong>in</strong>iziò la<br />

critica sistematica di Daniele nel 1783. Nel XIX secolo JOHAN GOTTFRIED EICHHORN<br />

(m. nel 1827) condusse a fondo l’offensiva contro Daniele.<br />

Il futurismo conquistò gradualmente le frange conservatrici del protestantesimo<br />

e nel secolo XX si è diffuso ampiamente anche tra i fondamentalisti.<br />

L’attacco di Porfirio all’autenticità di Daniele. La collocazione del<br />

quarto regno di Dn 2 e 7 nel periodo ellenistico e la conseguente identificazione<br />

del “piccolo corno” con Antioco Epifane, ampiamente sostenute dalla moderna<br />

esegesi liberale, risalgono a PORFIRIO (233 - circa 304).<br />

Il filosofo neoplatonico, allarmato per la straord<strong>in</strong>aria diffusione del cristianesimo,<br />

e <strong>in</strong><strong>formato</strong> sull’importanza che aveva per i cristiani la profezia, cercò di<br />

screditarla <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uando che il libro di Daniele non era stato affatto scritto nel VI<br />

secolo a.C., ma era semplicemente un mendace profilo storico tracciato da uno<br />

scrittore vissuto nel tempo dei Maccabei. Porfirio, <strong>in</strong> ultima analisi, sostenne che<br />

il libro fu “fabbricato” posteriormente agli eventi descritti e fu scritto coi tempi<br />

verbali al futuro per farlo passare per una profezia.<br />

I cristiani dell’Occidente lat<strong>in</strong>o resp<strong>in</strong>sero all’unanimità la teoria di Porfirio;<br />

solo pochi cristiani d’Oriente l’accolsero. Comunque la critica di Porfirio cadde<br />

nell’oblio entro breve tempo e rimase ignorata f<strong>in</strong>o a dopo la Riforma. Sul f<strong>in</strong>ire<br />

del secolo XVI la rimise <strong>in</strong> auge l’<strong>in</strong>glese HUG BROUGHTON (1549-1612) e da allora,<br />

senza dubbio ignorandosi da chi e perché era stata escogitata, essa fu adottata<br />

<strong>in</strong> circoli sempre più ampi sia nel Vecchio mondo che nel Nuovo, allo<br />

scopo di contrastare la scuola d’<strong>in</strong>terpretazione storica della profezia, la quale<br />

vedeva nel “piccolo corno” di Dn 7 una figura del papato storico sorto fra le 10<br />

frazioni del quarto regno. Oggi la teoria su Antioco Epifane è ampiamente diffusa<br />

tra gli espositori di Daniele e la si ritrova <strong>in</strong> numerosi commentari di orientamento<br />

liberale.<br />

L’esegesi profetica del Nuovo Mondo. I protestanti europei che approdarono<br />

nel Nuovo Mondo nel XVII secolo portarono con sé, fra gli altri valori<br />

spirituali della vecchia Europa, il sistema d’<strong>in</strong>terpretazione profetica ancora seguito<br />

dalla maggior parte dei protestanti <strong>in</strong>glesi e di altre parti d’Europa. F<strong>in</strong> dagli<br />

<strong>in</strong>izi dell’emigrazione oltre Atlantico il messaggio profetico della Scrittura occupò<br />

una posizione prem<strong>in</strong>ente nel pensiero dei coloni. EPHRAIM HUIT nel 1644<br />

13


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 14<br />

INTRODUZIONE<br />

pubblicò il primo commentario americano su Daniele: The Hole Prophecy of Daniel<br />

Expla<strong>in</strong>ed. Nel Nuovo Cont<strong>in</strong>ente si mantenne autonoma per lungo tempo<br />

la l<strong>in</strong>ea <strong>in</strong>terpretativa delle profezie del primo protestantesimo europeo, non<br />

avendo curato i coloni i contatti culturali col Vecchio Cont<strong>in</strong>ente. Spesso l’esegesi<br />

profetica americana <strong>in</strong> quest’epoca, non ancora <strong>in</strong>fluenzata dal Preterismo e<br />

dal Razionalismo europei, fu più limpida e più coerente dell’esegesi europea.<br />

Il risveglio religioso del XIX secolo. Mentre il preterismo veniva conquistando<br />

la scienza critica quando il futurismo non era ancora diffuso tra i protestanti,<br />

ed il post-millennarismo predom<strong>in</strong>ava nelle chiese riformate, <strong>in</strong> certi settori<br />

del protestantesimo fiorì il pre-millennarismo storicista.<br />

L’ermeneutica profetica storica conobbe tre momenti di lustro: i primi secoli<br />

del cristianesimo, il tempo della Riforma e della post-Riforma ed il primo Ottocento.<br />

Su questo background globale si proiettano il risveglio dell’avvento nella<br />

vecchia Europa ed il movimento dell’avvento nel Nuovo Mondo durante il XIX<br />

secolo. Numerosi espositori <strong>in</strong>dipendenti della parola profetica, specie <strong>in</strong> Europa,<br />

precorsero con le loro <strong>in</strong>terpretazioni parallele il risveglio europeo ed il<br />

movimento americano.<br />

Radici lontane della posizione avventista sull’<strong>in</strong>terpretazione profetica.<br />

Il ruolo della Chiesa Avventista del Settimo Giorno, erede di ventic<strong>in</strong>que secoli<br />

di <strong>in</strong>terpretazione profetica, è quello di ricuperare e cont<strong>in</strong>uare l’esposizione<br />

ortodossa del passato, oggi restaurata, rivalorizzata e perfezionata alla luce delle<br />

conquiste odierne nel campo dell’esegesi profetica. Nel tempo presente gli studi<br />

profetici <strong>in</strong> ambito avventista privilegiano a ragione quei segmenti escatologici<br />

della profezia che non erano stati compresi e valorizzati nel passato perché non<br />

era ancora giunto il tempo del loro adempimento e di conseguenza erano prematuri<br />

il loro riconoscimento, la loro valorizzazione e la loro applicazione storica.<br />

Un nucleo essenziale ereditato dal passato. Le conclusioni a cui è approdata<br />

l’esegesi avventista riguardo alle profezie cronologiche - l’<strong>in</strong>izio s<strong>in</strong>cronico<br />

delle 70 settimane di Dn 9:25 e delle 2300 sere-matt<strong>in</strong>e di Dn 8:14, e lo scadere<br />

di quest’ultimo periodo nel 1844 - sono riconducibili a em<strong>in</strong>enti espositori<br />

del passato. L’esegesi profetica avventista si mantiene dunque sulla l<strong>in</strong>ea degli<br />

accorti <strong>in</strong>terpreti di ieri e con gratitud<strong>in</strong>e si riconosce debitrice nei loro confronti.<br />

Erede di un nucleo di verità messe <strong>in</strong> luce dagli espositori dei secoli trascorsi,<br />

l’esegesi profetica avventista nel medesimo tempo si riconosce annunciatrice degli<br />

eventi escatologici preconizzati dalla parola profetica.<br />

Con questo ampio panorama davanti agli occhi, siamo pronti ad <strong>in</strong>traprendere<br />

lo studio delle grandi profezie danieliche: la visione della statua metallica<br />

del cap. 2; la visione delle 4 bestie, le 10 corna, il “piccolo corno” e i 3 tempi e<br />

mezzo del cap. 7; la visione del montone e del capro, delle loro corna e del<br />

lungo periodo profetico del cap. 8; la rivelazione delle 70 settimane che conducono<br />

al Messia-Pr<strong>in</strong>cipe del cap. 9, e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e le rivelazioni letterali parallele dei capitoli<br />

11-12. (Da S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, Introduzione).<br />

14


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 15<br />

III. L’INTERPRETAZIONE E LO STUDIO DI DANIELE<br />

DALL’ANTICHITÀ FINO AI NOSTRI GIORNI<br />

1. La lettura di Daniele nell’età precristiana<br />

A. L’attestazione più antica riguardo all’<strong>in</strong>terpretazione di Daniele risale al III-II<br />

secolo a.C., ovvero all’epoca dell’orig<strong>in</strong>e della versione alessandr<strong>in</strong>a<br />

dell’Antico Testamento. La traduzione greca di Daniele nei LXX è libera e<br />

divergente dal <strong>Testo</strong> Masoretico. In 9:24-27 sono evidenti le alterazioni <strong>in</strong>trodotte<br />

per adattare il testo alla figura di Antioco Epifane. In 11:30 l’espressione<br />

“le navi di Kittim” del T.M. è tradotta “i Romani”. È significativo che<br />

già nel II secolo a.C. i Giudei alessandr<strong>in</strong>i riconoscessero la presenza di<br />

Roma nelle profezie di Daniele.<br />

B. Nel I Libro dei Maccabei, che vide la luce sul f<strong>in</strong>ire del II secolo a.C., l’altare<br />

pagano nel tempio è def<strong>in</strong>ito “l’abom<strong>in</strong>azione della desolazione” (I<br />

Maccabei 1:54) con evidente riferimento a Dn 8:13 e 11:31. Nel cap. 2:55-60<br />

Daniele e i compagni sono menzionati accanto ad altri personaggi dell’Antico<br />

Testamento, segno che <strong>in</strong> quell’epoca Daniele era già riconosciuto ispirato<br />

nell’ambiente giudaico.<br />

C. Un riferimento a Daniele si trova <strong>in</strong> un’altra composizione della letteratura<br />

tardo-giudaica, I Testamenti dei Dodici Patriarchi, risalente pure al II secolo<br />

a.C. Il Testamento di Levi cita ed estende f<strong>in</strong>o all’età romana le 70 settimane<br />

di Dn 9:24-27. Ancora un segno che il tardo giudaismo <strong>in</strong>terpretava Daniele<br />

<strong>in</strong> chiave storica riconoscendovi ovviamente il valore profetico.<br />

D. Riferimenti alle profezie di Daniele si sono trovati nei testi di Qumran. Nel<br />

Rotolo della Guerra, del I secolo a.C., Dn 11:40 a 12:3 sono applicati alla<br />

guerra escatologica tra i “figli della luce” e i “figli delle tenebre”. Il Documento<br />

di Melchisedec (11Q Ps.Ez.), di data <strong>in</strong>certa, applica a eventi futuri lo<br />

schema cronologico di Dn 9:24-27. I riferimenti a Daniele nella letteratura<br />

tardo-giudaica attestano che i Giudei, negli ultimi due secoli dell’era precristiana,<br />

tennero <strong>in</strong> debita considerazione questo libro profetico.<br />

2. La lettura di Daniele nell’età cristiana antica<br />

CAPIRE DANIELE<br />

L’<strong>in</strong>teresse del mondo giudaico per il libro di Daniele non si est<strong>in</strong>se nell’era cristiana.<br />

A. Nel primo secolo lo storico GIUSEPPE FLAVIO si riferì ripetutamente a Daniele<br />

nei suoi scritti, massimamente <strong>in</strong> Antichità Giudaiche. Nel libro X (275)<br />

15


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 16<br />

INTRODUZIONE<br />

identifica il re di Siria, Antioco IV Epifane, nel “piccolo corno” di Daniele 8;<br />

sempre nel libro X (208-210) vede Roma nel 4° regno di Dn 2. Ancora nel<br />

X libro di Antichità Giudaiche (276), come pure <strong>in</strong> Guerre Giudaiche (VI,<br />

212-213), riferisce alla sua epoca gli eventi f<strong>in</strong>ali della profezia danielica<br />

delle settanta settimane (Dn 9:24-27).<br />

B. L’apocrifo IV Libro di Esdra, quasi contemporaneo degli scritti di Flavio,<br />

identifica i 4 regni danielici alla stessa maniera di Giuseppe: Babilonia, Persia,<br />

Macedonia, Roma. L’aquila come simbolo di Roma è l’equivalente della<br />

4 bestia di Dn 7.<br />

C. Nel secondo secolo l’apologista giudeo Trifone, che dialoga col cristiano<br />

Giust<strong>in</strong>o, allo stesso modo che quest’ultimo vede il “piccolo corno” di Dn<br />

7:25 come un potere persecutorio futuro che dovrà dom<strong>in</strong>are per tre tempi<br />

e mezzo, da Trifone <strong>in</strong>terpretati come tre secoli e mezzo.<br />

D. Sempre nel II secolo il Seder ‘Olam, attribuito generalmente a RABBI JOSE BEN<br />

HALAFTA, nei capitoli 29 e 30 si richiama a Dn 9:24-27 (<strong>in</strong> pratica è una specie<br />

di midrash di questo passo). La cronologia della distruzione del primo e<br />

del secondo tempio è fatta co<strong>in</strong>cidere coi numeri sabbatici di Dn 9: si sostiene<br />

che da Nabucodonosor f<strong>in</strong>o a Tito trascorsero 10 giubilei, equivalenti<br />

a 70 cicli sabbatici, a loro volta equivalenti a 490 anni.<br />

E. Nel IV secolo RABBI JOSEF <strong>in</strong> uno dei suoi scritti identifica i Persiani nell’orso<br />

di Dn 7:5. I rabb<strong>in</strong>i di quest’epoca vedono concordemente la Persia e Roma<br />

rispettivamente nel secondo e nel quarto regno di Dn 2 e 7.<br />

È evidente l’<strong>in</strong>teresse del giudaismo per il libro di Daniele nei primi secoli<br />

dell’era cristiana. Più documentato ancora è l’<strong>in</strong>teresse dei cristiani.<br />

A. Il Nuovo Testamento ha due riferimenti diretti al libro di Daniele come profezia<br />

<strong>in</strong> Mt 24:15 e <strong>in</strong> Mr 13:14, e un riferimento <strong>in</strong>diretto come fonte storica<br />

<strong>in</strong> Eb 11:33-34. Evidenti contatti col libro di Daniele si scorgono <strong>in</strong> altri<br />

punti del Nuovo Testamento. L’Anticristo preannunciato <strong>in</strong> 2Te 2:3-8 è una<br />

figura parallela del “piccolo corno” di Dn 7 e 8. Le 4 bestie di Dn 7 ricompaiono<br />

riunite <strong>in</strong> un’unica figura <strong>in</strong> Ap 13:2. In Ap 12:14 ritornano i 3 tempi<br />

e mezzo di Dn 7:25, e ricompaiono ancora enunciati <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i diversi <strong>in</strong><br />

Ap 11:3; 12:6 e 13:5.<br />

B. I riferimenti alle profezie di Daniele sono frequenti nella letteratura patristica<br />

dei primi 4 secoli dell’era cristiana.<br />

a) Il riferimento più antico fuori del libro di Daniele lo si coglie nell’ Epistola di<br />

Barnaba. In questo documento cristiano risalente al 130 circa la quarta bestia<br />

di Dn 7 e le sue 10 corna sono viste come figure di eventi presenti e futuri<br />

b) GIUSTINO, morto martire <strong>in</strong>torno al 165, nel Dialogo col giudeo Trifone vede<br />

16


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 17<br />

CAPIRE DANIELE<br />

nel futuro l’apparizione del piccolo corno di Dn 7:25 e pensa che il suo dom<strong>in</strong>io<br />

durerà 3 anni e mezzo letterali.<br />

c) Ancora nel II secolo IRENEO vescovo di Lione (circa 130-200) <strong>in</strong> uno scritto<br />

apologetico (Adversus Haereses) identifica Roma nel quarto regno di Dn 2 e<br />

7 e pensa che essa sarà divisa <strong>in</strong> 10 parti. Per Ireneo il “piccolo corno”,<br />

identificato con l’Anticristo, deve ancora manifestarsi, e quando si sarà manifestato<br />

regnerà per 3 anni e mezzo letterali.<br />

d) Fra il II e il III secolo, TERTULLIANO (160-240) usa Dn 9:24-27 per conv<strong>in</strong>cere<br />

i Giudei che essi debbono riconoscere Gesù di Nazareth come il Messia<br />

predetto da Daniele.<br />

e) CLEMENTE, il dotto filosofo cristiano di Alessandria (circa 150-220), usa Dn<br />

9:24-27 nel contesto di un’ampia cronologia fra l’epoca israelitica e l’età romana.<br />

Clemente fa decorrere dall’anno II di Dario I re di Persia le 70 settimane<br />

di Dn 9 ed estende le 62 settimane f<strong>in</strong>o al tempo del battesimo di<br />

Gesù. La 70° settimana la colloca fra Nerone, secondo Clemente il responsabile<br />

della “abom<strong>in</strong>azione della desolazione”, e Vespasiano, il distruttore di<br />

Gerusalemme.<br />

f) Delle 70 settimane s’<strong>in</strong>teressa pure il cronografo cristiano GIULIO AFRICANO<br />

(160-240). Egli pone nel 444 a.C., sotto Artaserse I di Persia e Nehemia,<br />

l’<strong>in</strong>izio di questo periodo profetico e lo fa term<strong>in</strong>are nell’anno 31 con la<br />

crocifissione di Cristo.<br />

g) Daniele attrasse anche l’attenzione di ORIGENE (185-254), lo scrittore alessandr<strong>in</strong>o<br />

responsabile di avere <strong>in</strong>trodotto nel pensiero cristiano concetti fuorvianti<br />

con la sua esegesi allegorica della Scrittura. Commentando Dn 8, Origene<br />

applica i vv. 23-25 ad un ipotetico anticristo futuro. Le 70 settimane di<br />

Dn 9:24-27 le equipara fantasiosamente a 4900 anni che estende da Adamo<br />

f<strong>in</strong>o alla distruzione di Gerusalemme nell’anno 70 d.C..<br />

h) Per quanto riguarda l’esposizione cristiana antica di Daniele, IPPOLITO RO-<br />

MANO (m. nel 235) merita una menzione speciale come autore del più<br />

esteso commentario del libro pervenutoci dall’antichità cristiana.<br />

Composto tra il 202 e il 204 <strong>in</strong> greco, il commentario di Ippolito comprende<br />

4 libri. “Storicista” (ante litteram) su Dan 2 e 7, Ippolito si rivela “futurista”<br />

(ante litteram) sul cap. 9 e sui periodi profetici dei capitoli 7 e 8 che<br />

estende f<strong>in</strong>o al tempo della f<strong>in</strong>e. Nei 4 regni danielici Ippolito vede Babilonia,<br />

Medio-Persia, Grecia e Roma; nella “pietra” che distrugge la statua<br />

(cap.2) ravvisa il Cristo, e nel “piccolo corno” del cap.8, primo fra i cristiani,<br />

identifica Antioco Epifane. Questo antico commentatore cristiano applica<br />

storicamente anche l’ultima fase della quarta bestia di Dn 7: le 10 corna<br />

sono 10 regni che debbono ancora sorgere; il “piccolo corno” è l’Anticristo<br />

che dovrà nascere tra i 10 regni e sarà v<strong>in</strong>to e giudicato da Gesù Cristo alla<br />

sua venuta. Ippolito identifica con Cristo anche la “pietra” del cap.2 che distrugge<br />

la statua dai 4 metalli. Le 62 settimane di Dn 9:26 le colloca tra il<br />

tempo dell’esilio e la nascita di Cristo. La settantesima settimana la stacca<br />

dal contesto e la proietta nel tempo della f<strong>in</strong>e precorrendo i moderni dispensazionalisti.<br />

17


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 18<br />

INTRODUZIONE<br />

C. Nella seconda metà del III secolo un duro attacco contro Daniele venne dal<br />

mondo pagano suscitando la viva reazione degli ambienti cristiani.<br />

a) PORFIRIO DI TIRO (233-304), un filosofo neoplatonico che contestava aspramente<br />

il cristianesimo, compose un’opera accusatoria <strong>in</strong> 15 libri contro i cristiani.<br />

Il 12° libro era dedicato alla refutazione del libro di Daniele, uno<br />

scritto <strong>in</strong>viso al pagano perché sulle sue profezie i cristiani fondavano alcune<br />

importanti posizioni teologiche. Per screditarlo, Porfirio <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uò che<br />

esso era una falsa profezia (vatic<strong>in</strong>ium ex eventu) scritta da un ignoto giudeo<br />

all’epoca dei Maccabei. Nel “piccolo corno” dei capitoli 7 e 8 il filosofo<br />

pagano identificò il re di Siria Antioco IV Epifane.<br />

b) Seguirono Porfirio, limitatamente all’identificazione del “piccolo corno” del<br />

cap.7 di Daniele, alcuni <strong>in</strong>terpreti della Chiesa sira. AFRAHAT DI MOSSUL (290-<br />

350) vide Antioco Epifane nell’undicesimo corno di Dn 7. Per il resto si attenne<br />

all’<strong>in</strong>terpretazione tradizionale della Chiesa.<br />

c) EFREM SIRO (306-373) pure identificò il “piccolo corno” di Dn 7 con Antioco<br />

Epifane. Questo esegeta orientale credette che l’Impero romano sarebbe<br />

scomparso con la venuta dell’Anticristo. Nelle 10 corna della quarta bestia<br />

del cap.7 vide 10 regnanti seleucidi.<br />

d) POLICRONIO DI APAMEA (374-430) su Dn 2 e 7 seguì Porfirio (vide nei 4 regni<br />

Babilonia, la Persia, la Grecia I e la Grecia II ovvero i regni ellenistici, e<br />

scorse nelle 10 corna dieci re seleucidi tra Alessandro e Antioco IV e nel<br />

“piccolo corno” quest’ultimo sovrano). Policronio, primo fra gli <strong>in</strong>terpreti<br />

cristiani, applicò ad Antioco i 3 tempi e mezzo di Dn 7 e le 2300 sere-matt<strong>in</strong>e<br />

di Dn 8. Sul cap. 9 si mantenne cristocentrico.<br />

D. Gli <strong>in</strong>terpreti cristiani lat<strong>in</strong>i e greci di Daniele tra il III e il IV secolo seguirono<br />

la tradizione esegetica della Chiesa.<br />

a) LATTANZIO (250-330) nei suoi scritti si riferì sporadicamente alle profezie di<br />

Daniele. Allude alla caduta futura di Roma e al sorgere di 10 regni dopo di<br />

essa e colloca nel futuro l’Anticristo che sarà distrutto da Dio alla risurrezione<br />

dei santi. Non ha nessun riferimento ad Antioco.<br />

b) EUSEBIO DI CESAREA (260-340), storico della Chiesa, identifica i 4 regni danielici<br />

con l’Assiria (Babilonia), la Persia, la Macedonia e Roma. Dopo Roma<br />

<strong>in</strong>travede l’<strong>in</strong>staurarsi del Regno di Dio. Pone <strong>in</strong> rapporto reciproco Dn 2 e<br />

7, applica Dn 7:9-14 alla seconda venuta di Cristo e Dn 9:24-27 alla prima.<br />

Non fa menzione di Antioco.<br />

c) CIRILLO, vescovo di Gerusalemme (315-386), su Dn 7 segue lo schema tradizionale<br />

che def<strong>in</strong>isce “la tradizione degli <strong>in</strong>terpreti della Chiesa”. Anch’egli<br />

pensa che Roma sarà divisa <strong>in</strong> 10 regni m<strong>in</strong>ori tra i quali sorgerà l’Anticristo<br />

(il “piccolo corno”) che alla f<strong>in</strong>e dei tempi sarà distrutto dal Cristo che ritornerà.<br />

In Dn 9:24-27 Cirillo scorge una profezia messianica che si è adempiuta<br />

nel I secolo.<br />

d) CRISOSTOMO di Antiochia e Costant<strong>in</strong>opoli (347-407), <strong>in</strong> parte contemporaneo<br />

di Girolamo, segue l’<strong>in</strong>terpretazione tradizionale della Chiesa su Dn 2 e<br />

7. Pensa che quando si dissolverà l’Impero romano sorgerà l’Anticristo e<br />

18


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 19<br />

CAPIRE DANIELE<br />

sarà il segno che la Parusia è vic<strong>in</strong>a.<br />

e) TEODORETO DI CIRO (386-457) appartiene al gruppo di ecclesiastici che reagirono<br />

contro l’attacco di Porfirio a Daniele. Gli scritti di Teodoreto sono <strong>in</strong><br />

gran parte posteriori a Girolamo cosicché le sue vedute su Daniele possono<br />

essere state <strong>in</strong>fluenzate dal pensiero del grande dottore lat<strong>in</strong>o. Teodoreto<br />

vede nei 4 metalli della statua di Dn 2 i regni di Babilonia, Persia, Macedonia<br />

e Roma e nell’amalgama ferro-argilla il decl<strong>in</strong>o dell’Impero romano.<br />

Nella pietra che distrugge la statua ravvisa una figura del regno eterno di<br />

Cristo che si <strong>in</strong>staurerà alla sua seconda venuta. Anche sul cap. 7 Teodoreto<br />

segue lo schema tradizionale. Al tramonto dell’Impero romano sorgeranno<br />

10 regni, poi verrà l’Anticristo che regnerà per 3 anni e mezzo. Le 70 settimane<br />

sono <strong>in</strong>terpretate da questo esegeta <strong>in</strong> chiave messianico-cristologica.<br />

E. Confutarono il neoplatonico di Tiro vari Padri del IV e V secolo, fra i quali<br />

ricordiamo EUSEBIO DI CESAREA, APOLLINARE e METODIO. Il maggior rap-presentante<br />

della reazione cristiana contro Porfirio resta comunque GIROLAMO.<br />

a) Il commentario su Daniele di GIROLAMO (340-420) è una pietra miliare nella<br />

storia dell’<strong>in</strong>terpretazione cristiana di questo libro profetico. Il commentario<br />

di Girolamo è più completo di quello di Ippolito (rappresenta pure la pr<strong>in</strong>cipale<br />

fonte d’<strong>in</strong>formazione sulle idee di Porfirio riguardo a Daniele). Su Dn<br />

2 Girolamo segue lo schema standard: Babilonia, Medo-Persia, Macedonia,<br />

Roma. Nel miscuglio ferro-argilla scorge una realtà contemporanea: i Romani<br />

che cercano l’aiuto dei Barbari per sostenere le guerre civili e quelle<br />

contro altre nazioni. Girolamo applica a Cristo e al suo regno la “pietra” che<br />

devasta la statua. Su Dn 7 l’illustre dottore della Chiesa lat<strong>in</strong>a ricalca lo<br />

schema applicato al cap. 2. Le 4 teste della terza bestia rappresentano Tolomeo,<br />

Seleuco, Filippo e Antigono tra i quali fu diviso l’impero di Alessandro.<br />

La quarta bestia è figura dell’Impero romano “che ora dom<strong>in</strong>a il<br />

mondo”. Le sue 10 corna simbolizzano 10 re che si spartiranno l’impero alla<br />

f<strong>in</strong>e del mondo e tra cui dovrà sorgere l’Anticristo f<strong>in</strong>ale. In Dn 8 Girolamo<br />

scorge i re di Media e di Persia nella figura del montone, Alessandro e i Macedoni<br />

nel simbolo del capro, Alessandro nel gran corno del capro e i suoi<br />

successori nelle 4 corna. Nel piccolo corno vede Antioco IV come tipo<br />

dell’Anticristo f<strong>in</strong>ale ma <strong>in</strong>contra notevole difficoltà nell’applicare al re di Siria<br />

le 2300 sere-matt<strong>in</strong>e. Su Dn 9 Girolamo non esprime vedute personali,<br />

ma si fa portavoce degli <strong>in</strong>terpreti che l’hanno preceduto: Giulio Africano,<br />

Eusebio, Ippolito, Apoll<strong>in</strong>are, Clemente, Origene, Tertulliano e “gli Ebrei”.<br />

Nessuno di questi <strong>in</strong>terpreti ha scorto nel cap.9 Antioco Epifane. Sul cap.<br />

11 Girolamo concorda con Porfirio f<strong>in</strong>o al v. 21. Diverge dal v. 22, ma solo<br />

perché vede <strong>in</strong>sieme Antioco e l’Anticristo f<strong>in</strong>ale.<br />

b) GIROLAMO <strong>in</strong> Occidente e TEODORETO <strong>in</strong> Oriente furono praticamente gli ultimi<br />

rappresentanti della tradizione della Chiesa antica sull’<strong>in</strong>terpretazione di<br />

Daniele. Dopo il V secolo andò affievolendosi fra i cattolici l’<strong>in</strong>teresse per<br />

Daniele e per gli studi profetici <strong>in</strong> generale, e questo come conseguenza<br />

dell’affermarsi dell’escatologia storicizzata di Agost<strong>in</strong>o nel pensiero teolo-<br />

19


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 20<br />

INTRODUZIONE<br />

gico cattolico. Col propagarsi del cattolicesimo nel mondo il Regno di Dio<br />

si stava già realizzando, che bisogno c’era di studiare ancora le profezie?<br />

F. Nell’età cristiana antica - a parte la contestazione di Porfirio fuori dell’area<br />

cristiana - non furono mai messi <strong>in</strong> discussione la data antica (VI secolo<br />

a.C.), l’autenticità e il valore profetico del libro di Daniele. Anche sull’<strong>in</strong>terpretazione<br />

delle profezie ci fu una sostanziale convergenza.<br />

Salvo sporadiche eccezioni i regni dei capitoli 2 e 7 furono identificati con<br />

Babilonia, Medo-Persia, Macedonia e Roma, e nella pietra del cap. 2 si vide<br />

il regno eterno del Cristo. Una presenza di Antioco Epifane fu generalmente<br />

ammessa nei capitoli 8 e 11 da alcuni esegeti, soprattutto da Girolamo<br />

come tipo dell’Anticristo f<strong>in</strong>ale. Il cap. 9 fu <strong>in</strong>terpretato quasi unanimemente<br />

<strong>in</strong> chiave messianico-escatologica.<br />

3. Studio di Daniele nel Medioevo<br />

La f<strong>in</strong>e del V secolo segnò il trapasso dall’Età Antica al Medioevo. In questa<br />

epoca storica Daniele fu oggetto di studio e di commenti sia nella s<strong>in</strong>agoga che<br />

<strong>in</strong> seno alla Chiesa.<br />

a) L’esegesi giudaica di Daniele nel Medioevo fu meno entusiastica che<br />

nell’evo antico e ciò, secondo J.A.Montgomery, per due ragioni: la prima<br />

era che nel canone ebraico delle Scritture Daniele era posto fuori dai Profeti;<br />

la seconda che i cristiani enfatizzavano la portata messianica del libro.<br />

Nondimeno si occuparono di Daniele fra il X e il XIII secolo i maggiori<br />

maestri dell’ebraismo.<br />

b) Nel Medioevo <strong>in</strong> seno all’ebraismo commentarono Daniele: SAADIA BEN-JOSEF<br />

(m. nel 941), JAFET BEN-ALI (attorno all’anno 1000), SALOMON BEN-ISAAC (m.<br />

nel 1105), ABRAHAM BEN-MAIMON, detto Maimonide (m. nel 1204), DAVID KIM-<br />

CHI (m. nel 1240).<br />

c) In seguito ci fu nell’ebraismo una reazione contro l’<strong>in</strong>terpretazione messianica<br />

di Daniele. L’esponente pr<strong>in</strong>cipale di questa posizione fu ISAAC ABARBA-<br />

NEL, o Abrabanel, (m. nel 1508): egli, contro il rabb<strong>in</strong>ismo ufficiale, annoverò<br />

Daniele tra i Profeti ma ne avversò l’<strong>in</strong>terpretazione messianica.<br />

d) Anche <strong>in</strong> ambito cattolico ci fu un certo <strong>in</strong>teresse per Daniele durante il Medioevo.<br />

Fra i teologi più ragguardevoli della Chiesa che si occuparono di<br />

questo libro <strong>in</strong> tale periodo sono da annoverare: ALBERTO MAGNO (m. nel<br />

1280), ARNOLDO DA VILLANOVA (m. nel 1313), NICOLA DA LIRA O LYRANUS (m.<br />

nel 1340), PIETRO ARCIDIACONO (m. nel 1362). L’antica esegesi storica fu comunque<br />

generalmente trascurata.<br />

20


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 21<br />

4. Lo studio di Daniele nell’età r<strong>in</strong>ascimentale<br />

CAPIRE DANIELE<br />

A. Nel XVI secolo nuovi stimoli allo studio di Daniele scaturirono dalla<br />

Riforma luterana. I Ri<strong>formato</strong>ri ebbero un rapporto particolare con Daniele.<br />

Il dato più significativo nell’ambito di questo r<strong>in</strong>novato <strong>in</strong>teresse per le profezie<br />

danieliche fu il riprist<strong>in</strong>o dell’antica esegesi storica.<br />

a) MARTIN LUTERO (1483-1546) non produsse un commentario di Daniele, ma<br />

stimò questo libro una fonte di consolazione per la fede dei cristiani. Fautore<br />

dell’esegesi storica, Lutero vide nell’Anticristo una figura storica e non<br />

escatologica come i Padri antichi. La novità dirompente dell’esegesi profetica<br />

del padre della Riforma fu l’aver identificato nell’Anticristo il papato storico<br />

(anche se prima di lui EBERARDO, arcivescovo di Salisburgo nel 1240 e<br />

JOHN WYCLIFF poco più di cento anni dopo avevano visto un simbolo del<br />

papato nel “piccolo corno” di Dn 7).<br />

b) Fra i primi esponenti della Riforma luterana si occuparono volentieri di Daniele<br />

FILIPPO MELANTONE (m. nel 1560), GIOVANNI ECOLAMPADIO (m. nel 1531),<br />

SEBASTIANO MUNSTER (m. nel 1552), UGO DE GROOT o Grotius (m. nel 1545).<br />

c) GIOVANNI CALVINO (1509-1564) produsse una serie orig<strong>in</strong>ale di letture su Daniele.<br />

B. La Chiesa cattolica reagì all’<strong>in</strong>terpretazione delle profezie <strong>in</strong> funzione antipapale<br />

promossa vigorosamente dai ri<strong>formato</strong>ri cercando di screditare l’ermeneutica<br />

storica.<br />

a) La Controriforma cattolica <strong>in</strong>trodusse una <strong>in</strong>novazione rivoluzionaria<br />

nell’ambito dell’esegesi profetica, un’<strong>in</strong>novazione che malauguratamente <strong>in</strong><br />

seguito avrebbe <strong>in</strong>fluito sull’esegesi profetica protestante. Promotori di questa<br />

svolta furono i gesuiti spagnoli FRANCISCO RIBERA e LUIS DE ALCAZAR. Ribera<br />

<strong>in</strong>torno al 1585 divulgò un suo sistema <strong>in</strong>terpretativo dell’Apocalisse<br />

che relegava nel futuro escatologico il compimento delle profezie di Giovanni<br />

(ermeneutica futurista).<br />

Alcazar nel 1614 <strong>in</strong>trodusse un metodo esegetico che all’opposto del futurismo<br />

di Ribera limitava ai primi quattro secoli dell’era cristiana la portata<br />

delle suddette profezie (ermeneutica preterista). In verità l’Alcazar aveva<br />

avuto un lontano precursore <strong>in</strong> Porfirio, ma il preterismo del neoplatonico<br />

applicato a Daniele non aveva avuto seguito. Invece le ermeneutiche<br />

dell’Alcazar e del Ribera - queste due chiavi di lettura contraddittorie ed entrambe<br />

riduttive di Daniele e dell’Apocalisse - ebbero largo seguito fra cattolici<br />

e protestanti.<br />

b) Fra i cattolici che scrissero su Daniele nel periodo della Controriforma ricorderemo:<br />

GIOVANNI MALDONADO (m. nel 1583), EMMANUELE SA (m. nel 1596),<br />

BENEDETTO PEREYRA (m. nel 1610), GIOVANNI MARIANA (m. nel 1624). Dall’antichità<br />

pre-cristiana f<strong>in</strong>o al tempo della Riforma e della Controriforma - attraverso<br />

la S<strong>in</strong>agoga, la Chiesa antica e quella medievale - una catena <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotta<br />

di studiosi e esegeti di Daniele, pur divergendo sull’<strong>in</strong>terpretazione<br />

21


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 22<br />

INTRODUZIONE<br />

delle sue profezie, hanno riconosciuto l’autenticità, la data antica ed il valore<br />

profetico del libro. Una svolta si sarebbe però prodotta con l’avvento<br />

dei tempi moderni.<br />

5. Lo studio e l’<strong>in</strong>terpretazione di Daniele nell’età moderna<br />

A. Nella storia dell’<strong>in</strong>terpretazione di Daniele i primi accenni razionalistici<br />

dopo Porfirio si scorgono nel XVII secolo, e sorprendentemente presso autori<br />

ebrei e protestanti.<br />

a) URIEL ACOSTA (m. nel 1640) di orig<strong>in</strong>e ebraica (conosciuto anche come Gabriel<br />

da Costa), negò che Daniele fosse stato composto nel VI secolo a.C. e<br />

attribuì la composizione del libro ai circoli farisaici.<br />

b) BENEDETTO SPINOZA, filosofo di estrazione ebraica (m. nel 1677), resp<strong>in</strong>se<br />

anch’egli l’orig<strong>in</strong>e antica di Daniele def<strong>in</strong>endolo opera tardiva con aggiunte<br />

redazionali f<strong>in</strong>ali ad opera dei sadducei.<br />

c) Sulla stessa posizione negativa ma con più radicalità si tenne il deista <strong>in</strong>glese<br />

ANTHONY COLLINS (m. nel 1717). Quest’autore, riesumati gli antichi argomenti<br />

di Porfirio, sostenne che le visioni del libro di Daniele risalivano al<br />

tempo di Antioco Epifane e non erano altro che vatic<strong>in</strong>ia ex eventu.<br />

B. Il razionalismo nato <strong>in</strong> Inghilterra dal deismo, nella seconda metà del XVIII<br />

secolo si trapiantò e mise salde radici <strong>in</strong> Germania.<br />

a) GIOVANNI SALOMONE SEMLER (m. nel 1791) elevò a sistema il razionalismo<br />

come criterio di valutazione della Scrittura.<br />

b) GIOVANNI DAVIDE MICHAELIS (m. nel 1791) rappresentò la scienza biblica a cavallo<br />

fra l’ortodossia e l’Illum<strong>in</strong>ismo. Michaelis propose una teoria su Daniele<br />

che sarebbe stata sviluppata dal suo discepolo H.CORRODI.<br />

c) H.CORRODI, rifiutata l’<strong>in</strong>terpretazione ortodossa di Daniele, nel 1783 <strong>in</strong>iziò la<br />

critica sistematica del libro.<br />

d) L. BERTHOLDT fra il 1806 e il 1808 sviluppò la critica sistematica di Daniele.<br />

e) GIOVANNI GOFFREDO EICHHORN (m. nel 1827) nel 1824 allargò le vedute di<br />

Bertholdt e condusse a fondo l’offensiva contro Daniele, seguito a metà del<br />

XIX secolo da FERDINANDO HITZIG.<br />

C. La reazione degli ambienti conservatori protestanti e cattolici alle <strong>in</strong>temperanze<br />

razionaliste non si fece attendere.<br />

a) In tali ambienti pubblicarono studi specializzati sul libro di Daniele:<br />

E.W.HENGSTENBERG (1831), H.A.C. HAVERNICK (1832-1838), D. ZUNDEL (1861),<br />

O. ZOCKLER (1876), il cattolico R. CORNELY (1887), F. DUSTERWALD (1890).<br />

b) Più numerosi furono i commentari composti da autori conservatori e moderati,<br />

protestanti e cattolici, per difendere i valori del libro di Daniele e controbattere<br />

le tesi razionaliste. Fra gli autori più ragguardevoli ricordiamo: L.<br />

GAUSSEN (1850), C.A. AUBERLEN (1854), E.B. PUSEY (1864), T. KLIEFOTH (1868),<br />

22


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 23<br />

CAPIRE DANIELE<br />

R. KRANICHFELD (1868), C.F. KEIL (1869), FULLER (1876) e i cattolici H. ROHLING<br />

(1876), J. FABRE D’ENVIEU (1888), J. KNABENBAUER (1891)<br />

D. La l<strong>in</strong>ea conservatrice fu portata avanti ancora nel corso del secolo XX.<br />

a) Nel primo quarantennio del secolo furono pubblicati numerosi studi di autori<br />

conservatori. Fra i più notevoli: A.C. GAEBELEIN (1911), R.D. WILSON<br />

(1917-1918), C. BOUTFLOWER (1927), W. MOLLER, (1934), G.C. AELDERS (1935),<br />

M.A. BECK (1935), K. HARTENSTEIN (1936), il cattolico J. LINDER (1939).<br />

b) Dopo la seconda guerra mondiale, soprattutto grazie alle nuove scoperte<br />

archeologiche, si ravvivò negli ambienti conservatori l’<strong>in</strong>teresse per la data<br />

tradizionale di Daniele e per l’esegesi storica. Sono da segnalare fra gli ottimi<br />

commentari apparsi <strong>in</strong> tale periodo negli ambienti ortodossi quelli di:<br />

E.J. YOUNG (1949), H.C. LEUPOLD (1949), R.D. CULVER (1954, 1962), J. WAL-<br />

VOORD (1971), L. WOOD (1973), J.G. BALDWIN (1978), C. MAYER (1982), J.L.<br />

ARCHER jr. (1985).<br />

c) Studi specializzati su Daniele che hanno fornito validi apporti all’ermeneutica<br />

storica sono stati pubblicati fra gli anni ‘60 e ‘80. Ricordiamo fra gli altri<br />

i lavori di: D.J. WISEMAN (1965), B. WALTKE (1976), A.R. MILLARD (1977), G.L.<br />

ARCHER (1979), J. MC DOWELL (1979), S.J. SCHWANTES (1980), D.W. GOODING<br />

(1981), F. HASEL (1981), A.J. FERCH (1983), W.H. SHEA (1986).<br />

E. La critica e l’esegesi liberali di Daniele ebbero tuttavia più successo e s’imposero<br />

nell’ambito della scienza biblica ufficiale. “Le obiezioni contro la storicità<br />

di Daniele sono passate da un libro all’altro. Nel secondo decennio<br />

del ventesimo secolo nessuno studioso di formazione liberale a cui premesse<br />

la propria reputazione accademica avrebbe osato sfidare il ‘trend’<br />

della critica corrente” 2.<br />

a) Mantennero la data tardiva di Daniele e <strong>in</strong> generale gli altri argomenti contro<br />

la sua autenticità: G. HOLSCHER (1919-1920), M. HALLER (1925), M. NOTH<br />

(1926), R.H. CHARLES (1929), il cattolico H. JUNKER (1932), N.W. PORTEUS<br />

(1936), W. BAUMGARTNER (1939), A. JEPSEN (1961), K. KOCH (1961), F. DEXIN-<br />

GER (1969), A. ROBERT - A. FEUILLET (1970), R.J. CLIFFORD (1975), J.J. COLLINS<br />

(1981), P.A. VIVIANO (1983).<br />

b) Riprendendo un’ipotesi enunciata DA S.R. DRIVER agl’<strong>in</strong>izi del secolo, hanno<br />

optato per la tesi di uno scrittore-redattore che avrebbe rielaborato antiche<br />

tradizioni scritte e/o orali: S.B. FROST (1962), O. EISSFELDT (1965), H.H. ROW-<br />

LEY (1965).<br />

c) M. NOTH (1926), H.L. GINSBERG (1948, 1954), J.G. GAMMIE (1981) hanno immag<strong>in</strong>ato<br />

vari stadi di sviluppo del libro dal tempo di Alessandro f<strong>in</strong>o al 165 a.C.<br />

d) J.J. COLLINS, HARTMANN - DI LELLA (1977), P.A. PORTER (1983), J.A. SOGGIN<br />

(1980) fanno risalire le narrazioni del libro (capitoli 1-6) ad un’età pre-mac-<br />

2 - R.K. HARRISON, Introduction to the Old Testament, 1969, p. 1111.<br />

23


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 24<br />

INTRODUZIONE<br />

cabea, e le visioni (capitoli 7-12) al tempo di Antioco Epifane con materiale<br />

più antico d’orig<strong>in</strong>e mitologica.<br />

F. L’unità di Daniele era stata messa <strong>in</strong> discussione da BENEDETTO SPINOZA nel<br />

1674 e alcuni decenni più tardi da Sir ISAAC NEWTON. Poi questa contestazione<br />

era caduta nell’oblio per rifiorire cento anni dopo.<br />

a) La dissezione del libro <strong>in</strong> diverse unità letterarie di varia provenienza ebbe<br />

il suo momento di gloria nel primo ottocento con L. BERTHOLDT che postulò<br />

ben 9 autori diversi! Nel 1822 con F. BLEEK, che difese l’unità sostanziale del<br />

libro, la teoria entrò <strong>in</strong> crisi e per quasi un secolo prevalse la tesi dell’unità<br />

di Daniele.<br />

b) La battaglia contro l’unità del libro fu ripresa nel 1926 da M. NOTH e ancora<br />

nel 1948 con H.L. GINSBERG, ma ebbe scarsa fortuna. Difesa da H.H. ROWLEY<br />

(che nondimeno mantenne la data bassa del libro), l’unità di Daniele è stata<br />

mantenuta dalla maggioranza degli autori della scuola liberale.<br />

c) Oggi sembra prevalere tra i criteri d’orientamento liberale la tendenza a far<br />

risalire la serie dei racconti (capitoli 1-6) ad un’epoca anteriore al II secolo<br />

(III secolo e qualche autore anche prima) e a collocare nel II secolo la stesura<br />

delle visioni. Un ignoto giudeo vissuto al tempo dei Maccabei avrebbe<br />

rielaborato del materiale antico e vi avrebbe poi aggiunto di proprio le visioni.<br />

Secondo altri critici che si ost<strong>in</strong>ano a negare l’unità di Daniele, la sezione<br />

narrativa del libro sarebbe opera di più autori mentre un solo autore<br />

avrebbe composto le visioni al tempo di Antioco Epifane. Un redattore, che<br />

potrebbe anche essere l’estensore delle visioni, avrebbe riunito le due porzioni<br />

nel II secolo a.C.<br />

d) È giusto segnalare il contributo positivo a sostegno del valore storico di alcune<br />

parti del libro apportato da alcuni critici moderati, come J.A. MONTGO-<br />

MERY (1927), R.P. DAUGHERTY (1929), H.H. ROWLEY (1932). La battaglia <strong>in</strong> difesa<br />

di Daniele è sostenuta dagli Avventisti del Settimo Giorno su due fronti<br />

paralleli ed è condotta con le armi ad essi fornite da aree specifiche del sapere<br />

contemporaneo. Sul fronte propriamente apologetico la lotta è portata<br />

avanti con l’ausilio dei risultati positivi acquisiti da scienze come la Storia e<br />

l’Archeologia. Sul fronte dell’esegesi, il confronto è sostenuto mediante<br />

un’analisi molto attenta del testo su base filologica e secondo il metodo ermeneutico<br />

storico che 25 secoli d’<strong>in</strong>terpretazione profetica hanno aff<strong>in</strong>ato e<br />

collaudato. Nella sezione che segue, un esame critico delle obiezioni mosse<br />

contro l’antichità e l’autenticità di Daniele chiuderà questa <strong>in</strong>troduzione allo<br />

studio di Daniele. L’esposizione dei capitoli profetici secondo il metodo storico<br />

occuperà la parte più volum<strong>in</strong>osa del presente manuale.<br />

24


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 25<br />

IV. ARGOMENTI DELLA CRITICA CONTRO<br />

L’AUTENTICITÀ DI DANIELE E LORO VALORE<br />

1. Argomenti contro Daniele<br />

La critica moderna scorge <strong>in</strong> Daniele anacronismi, <strong>in</strong>esattezze storiche, notizie<br />

leggendarie e altre <strong>in</strong>congruenze.<br />

A. Anacronismi<br />

In Daniele 1:1 si s<strong>in</strong>cronizza il primo anno di regno di Nabucodonosor col<br />

terzo di Gioiachim re di Giuda, mentre è noto da Geremia 25:1 che il primo<br />

anno di Nabucodonosor corrispose al quarto di Gioiachim.<br />

B. Inesattezze storiche<br />

a) In Dn 5:2,11,13,18 Nabucodonosor è detto “padre” di Belsazar e nel v. 22<br />

questi è detto “suo figlio”, mentre sappiamo dai testi babilonesi (“Cronaca<br />

di Babilonia”, ecc...) che Belsazar fu figlio di Nabonide.<br />

b) In Dn 5:31 e nel cap. 6 figura come primo re di Babilonia dopo la caduta<br />

della d<strong>in</strong>astia caldea un certo Dario il Medo, una figura ignorata da tutte le<br />

fonti storiche antiche.<br />

c) In Daniele 2:2,5,10 ricorre il term<strong>in</strong>e “caldei” (kasdim) come designazione<br />

di una classe di sapienti babilonesi, un uso del term<strong>in</strong>e che divenne comune<br />

soltanto <strong>in</strong> epoca tarda. Anticamente “caldei” si adoperava soltanto <strong>in</strong><br />

senso etnico, per designare una popolazione.<br />

d) Nel cap. 5 Daniele menziona Belzasar come ultimo re caldeo di Babilonia,<br />

mentre le liste reali, i documenti amm<strong>in</strong>istrativi e la “Cronaca di Babilonia”<br />

conoscono soltanto Nabonide come ultimo re caldeo di Babilonia.<br />

C. Notizie leggendarie<br />

In Dn 4 si allude a una follia di Nabucodonosor di cui non si trova traccia<br />

nei documenti contemporanei.<br />

D. Altre <strong>in</strong>congruenze<br />

CAPIRE DANIELE<br />

a) In Dn 3 compaiono 3 parole greche, segno che il libro fu scritto nell’età ellenistica.<br />

b) L’autore di Daniele enuncia concetti dottr<strong>in</strong>ali, come il giudizio, la risurrezione<br />

e il m<strong>in</strong>istero degli angeli, che appartengono al tardo giudaismo.<br />

25


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 26<br />

INTRODUZIONE<br />

c) Le visioni di Daniele appartengono al genere “apocalittico”, una forma letteraria<br />

che fiorì nel giudaismo <strong>in</strong> età tarda (II, I secoli a.C.).<br />

d) L’autore del libro rivela una conoscenza esatta degli avvenimenti del II secolo<br />

a.C.<br />

e) L’autore dell’Ecclesiastico (il Siracide), che redasse il suo libro verso il 180<br />

a.C., non menziona Daniele tra le figure em<strong>in</strong>enti della storia d’Israele.<br />

f) Il libro di Daniele nel canone ebraico non si trova nella raccolta dei Profeti<br />

ma <strong>in</strong> quella degli Agiografi, segno che al tempo della sua redazione il canone<br />

dei Profeti era già chiuso.<br />

I fatti reali o presunti sopra elencati, secondo la ricerca storico-critica, sono sufficienti<br />

per postulare una data tardiva per il libro di Daniele. Le sue profezie, sempre<br />

secondo la critica, sono vatic<strong>in</strong>ia ex eventu e le sue visioni un artificio letterario.<br />

Il libro è un prodotto delle aspirazioni irredentistiche dei giudei durante la<br />

persecuzione del re di Siria Antioco IV Epifane tra gli anni 167 e 164 a.C.<br />

2. Valore degli argomenti contro l’autenticità di Daniele<br />

Un esame critico degli argomenti su esposti rivela <strong>in</strong> alcuni casi la loro fragilità,<br />

<strong>in</strong> altri la loro <strong>in</strong>sufficiente forza probativa.<br />

A. Presunti anacronismi<br />

a) La “Cronaca di Babilonia”, pubblicata da D.J. Wiseman nel 1956, ha rivelato<br />

che i babilonesi contavano gli anni di regno a decorrere dall’<strong>in</strong>izio<br />

dell’anno civile successivo a quello <strong>in</strong> cui il re era salito al trono. 3 I mesi o i<br />

giorni tra l’ascesa al trono del nuovo re e la f<strong>in</strong>e dell’anno civile <strong>in</strong> corso<br />

erano denom<strong>in</strong>ati “anno di <strong>in</strong>tronizzazione” e non venivano calcolati nel<br />

conteggio degli anni di regno La menzione dell’anno d’<strong>in</strong>tronizzazione si<br />

trova anche nei documenti amm<strong>in</strong>istrativi di Babilonia (le tavolette commerciali<br />

di Nippur).<br />

Nel regno di Giuda <strong>in</strong>vece era <strong>in</strong> uso il sistema egiziano, il quale calcolava<br />

come primo anno di regno del nuovo sovrano il periodo di tempo tra la<br />

sua ascesa al trono e la f<strong>in</strong>e dell’anno civile, cosicché gli anni di regno di<br />

un certo sovrano computati <strong>in</strong> base ai due sistemi (babilonese ed egiziano)<br />

risultavano sfalsati di 1 anno come si vede dal grafico seguente:<br />

3- D.J. WISEMAN, Chronicle of Chaldaean K<strong>in</strong>gs 626-556 B.C., <strong>in</strong> the British Museum, London,<br />

1956.<br />

26


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 27<br />

Sistema babilonese (postdatazione) Daniele 1:1<br />

I due sistemi di datazione si rispecchiano nel cap. 52 del libro di Geremia<br />

dove lo stesso evento (la caduta di Gerusalemme e la deportazione dei superstiti)<br />

è datata all’anno 19° di Nabucodonosor nel v. 12 e all’anno 18° nel<br />

v. 29. Probabilmente Gr 52:28-34 è un’appendice storica redatta <strong>in</strong> Babilonia,<br />

<strong>in</strong> parte (i vv. 31-33) aggiunta <strong>in</strong> appendice anche al II Libro dei Re<br />

(2Re 25:27-30). Il fatto che questa “appendice”, <strong>in</strong> riferimento all’<strong>in</strong>izio del<br />

regno di Evil-merodac, successore di Nabucodonosor, parli dell’anno stesso<br />

che com<strong>in</strong>ciò a regnare (2Re 25:27; Gr. 52:31) e non del primo anno di regno<br />

come si sarebbe detto <strong>in</strong> Palest<strong>in</strong>a, avvalora l’ipotesi che l’appendice<br />

sia stata scritta <strong>in</strong> Babilonia. L’espressione “l’anno stesso che com<strong>in</strong>ciò a regnare”<br />

è l’equivalente della formula babilonese “l’anno di <strong>in</strong>tronizzazione”(o<br />

di “accessione”). Sembra ovvio che Daniele, <strong>in</strong>serito nella cultura<br />

babilonese (Dan. 1:4), calcolasse gli anni di regno di Gioiachim secondo il<br />

sistema babilonese ed è altrettanto ovvio che Geremia che visse e scrisse <strong>in</strong><br />

Palest<strong>in</strong>a li contasse <strong>in</strong> base al sistema ivi <strong>in</strong> uso. Dunque nessun anacronismo<br />

tra Dn 1:1 e Gr 25:1.<br />

B. Presunte <strong>in</strong>esattezze storiche<br />

CAPIRE DANIELE<br />

anno di <strong>in</strong>tronizzazione 1° anno 2° anno 3° anno<br />

Sistema egiziano-giudaita (predatazione) Geremia 25:1<br />

1° anno 2° anno 3° anno 4° anno<br />

a) Nell’uso semitico gli appellativi di “padre” e “figlio” erano comunemente<br />

estesi agli ascendenti e ai discendenti (nel nostro l<strong>in</strong>guaggio diremmo “avo”<br />

e “nipote”). Gli esempi relativi a questo modo di applicare i term<strong>in</strong>i “padre”<br />

(ebr ‘ab) e “figlio” (ben) abbondano nella Bibbia. Il term<strong>in</strong>e “Padre” col significato<br />

di “avo” ricorre <strong>in</strong> De 26:15; Gs 24:3; 1Re 15:11; 2Re 14:3; 22:2; 2Cr<br />

17:3; 21:12; 29:2; 34:2. “Figlio” nel senso di “nipote”, “discendente”, è usato<br />

<strong>in</strong> 2Cro 22:9. In 1Re 15:10 la reg<strong>in</strong>a Maaca è detta “madre” di Asa, <strong>in</strong> realtà<br />

era una sua nonna. “Padre” e “figlio” col significato di “avo” e “discendente”<br />

erano ancora <strong>in</strong> uso nei tempi del Nuovo Testamento: Lc 1:32; Gv. 4:12; Mt.<br />

20:30-31; 22:41. Conformemente a quest’uso dei term<strong>in</strong>i “padre” e “figlio”,<br />

diffuso <strong>in</strong> tutto l’Oriente semitico, <strong>in</strong> Dn. 5:11,13 “tuo padre”, “mio padre”<br />

significano “tuo avo”, “mio avo”, e nel v. 22 “suo figliolo” equivale a “suo<br />

discendente”. È dunque <strong>in</strong>giusto accusare Daniele di dis<strong>in</strong>formazione. Da<br />

vari <strong>in</strong>dizi significativi risulta che Nabonide, il padre effettivo di Belzasar,<br />

avesse sposato una figlia di Nabucodonosor per legittimare l’usurpazione<br />

del trono; Erodoto le dà il nome di Notocris.<br />

27


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 28<br />

INTRODUZIONE<br />

b) Dario il Medo, che secondo Daniele assunse la reggenza di Babilonia alla<br />

caduta della d<strong>in</strong>astia caldea (Dn 5:30,31; 9:1), per la storia è tuttora una figura<br />

enigmatica <strong>in</strong> quanto il suo nome non figura <strong>in</strong> nessuna delle fonti<br />

storiche antiche conosciute. Il silenzio delle fonti non è però un argomento<br />

decisivo per negare l’esistenza storica di un personaggio. È noto che<br />

nell’Oriente i re, oltre al nome comune, assumevano a volte un secondo<br />

nome, “il nome del trono”, all’atto dell’<strong>in</strong>coronazione. I re d’Egitto spesso<br />

solevano fregiarsi di tutta una sfilza di nomi. I documenti assiri ci <strong>in</strong>formano<br />

che Tiglath-Pileser assunse il secondo nome di Pulu quando c<strong>in</strong>se la corona<br />

di Babilonia. Il doppio nome di questo sovrano assiro è documentato anche<br />

nell’Antico Testamento (cfr. 2Re 15:19, 29; 1Cr 5:6,26; l’ultimo verso<br />

sembra sdoppiare il personaggio, ma il verbo al s<strong>in</strong>golare <strong>in</strong>dica che si sta<br />

parlando di un’unica persona).<br />

Esistono analogie significative tra il Dario di Dn 5 e un personaggio di<br />

nome Gubaru di cui parla la “Cronaca di Nabonide”, un documento babilonese.<br />

Gubaru, governatore del Gutium e valoroso generale di Ciro, fu il<br />

conquistatore di Babilonia. Sebbene la “Cronaca” non lo dica esplicitamente,<br />

è assai verosimile che Gubaru fosse nom<strong>in</strong>ato da Ciro re vassallo di<br />

Babilonia. Sta di fatto che Ciro nei documenti amm<strong>in</strong>istrativi babilonesi è<br />

designato col titolo di “re di Babilonia” soltanto a partire dal 14° mese dopo<br />

la conquista persiana della città.<br />

Qualcun altro deve aver esercitato questa funzione <strong>in</strong> Babilonia <strong>in</strong> quei 13<br />

mesi. Gubaru deve comunque essere morto poco più di un anno dopo la<br />

conquista di Babilonia. Daniele dice che Dario il Medo “ricevette il regno<br />

all’età di 62 anni” (5:31). Il profeta menziona soltanto l’anno primo di Dario<br />

il Medo (9:1 e 11:1), e <strong>in</strong> 10:1 data all’anno terzo di Ciro la rivelazione ricevuta<br />

dopo quella dell’anno primo di Dario il Medo (9:1). Evidentemente il<br />

regno di Dario il Medo deve essere stato di breve durata. In 9:1 Daniele<br />

precisa che Dario il Medo “fu fatto re del regno dei caldei”; ciò non può significare<br />

altro che un’autorità superiore gli aveva conferito questo titolo.<br />

Non si può escludere che Dario fosse il secondo nome di Gubaru, probabilmente<br />

il “nome del trono”.<br />

c) Sebbene Daniele usi il term<strong>in</strong>e “caldei” <strong>in</strong> senso sociale, vale a dire per designare<br />

una classe di sapienti babilonesi, egli conosce anche l’uso etnico del<br />

term<strong>in</strong>e, cioè per <strong>in</strong>dicare un popolo, una razza (1:4 e 9:1). Oltretutto non è<br />

dimostrato che “caldei” <strong>in</strong> senso sociale fosse adoperato soltanto <strong>in</strong> epoca<br />

tarda. Erodoto (Le Storie, I. 181,183), verso il 440 a.C., menziona i Caldei<br />

come una casta sacerdotale e ne parla <strong>in</strong> modo da lasciar supporre che<br />

quest’uso risalisse ad un’epoca anteriore.<br />

d) In effetti i testi babilonesi così come la storiografia antica (Berosso, ecc...)<br />

non conoscono che Nabonide come ultimo re caldeo di Babilonia. Sappiamo<br />

però dal “racconto <strong>in</strong> versi di Nabonide” che quest’ultimo conferì al<br />

figlio Belzasar (Bel-shar-usur) la regalità (sharrutim) prima di partire per<br />

Teima, nel nord Arabia, dove, secondo la stele di Harran, rimase 10 anni.<br />

Perciò tra il 549 e il 539 a.C. Belzasar esercitò di fatto i poteri reali <strong>in</strong> Babi-<br />

28


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 29<br />

lonia come reggente del trono sebbene suo padre cont<strong>in</strong>uasse ad essere il<br />

re di diritto 4.<br />

C. Presunte notizie leggendarie<br />

Che gli scribi di corte babilonesi stendessero un velo di silenzio su un avvenimento<br />

<strong>in</strong>glorioso per il regno come la follia del sovrano, non dovrebbe<br />

destare meraviglia. Ancora <strong>in</strong> tempi recentissimi <strong>in</strong> paesi a regime totalitario<br />

una grave malattia o altro serio impedimento di un dittatore sono stati taciuti.<br />

Lo storico Abideno (circa 200 a.C.), citato da Eusebio di Cesarea, ha<br />

raccolto una notizia più antica secondo la quale Nabucodonosor, <strong>in</strong>vasato<br />

da una div<strong>in</strong>ità, sarebbe salito sul tetto della reggia e avrebbe profetizzato la<br />

f<strong>in</strong>e del suo regno 5. Un testo cuneiforme pubblicato nel 1975 da A.K. GRAY-<br />

SON menziona i nomi di Nabucodonosor e di suo figlio Awel-Marduk e allude<br />

a comportamenti anomali di un personaggio illustre che non può essere<br />

identificato con sicurezza a causa della frammentarietà del testo, ma<br />

che non può essere che uno dei due personaggi menzionati per nome.<br />

D. Altre presunte <strong>in</strong>congruenze<br />

CAPIRE DANIELE<br />

a) In Dn 3:5,7,9,15 compaiono i nomi greci di tre strumenti musicali (sOr:tyiq,<br />

kitros, }yir"Tºnas:P, pesanter<strong>in</strong>, hæyºnoP:mUs, sumfoneya). L’archeologia ha documentato<br />

un’<strong>in</strong>fluenza culturale greca nell’antico Vic<strong>in</strong>o Oriente ben prima<br />

dell’epoca neobabilonese 6. È stata anche documentata la presenza greca <strong>in</strong><br />

Babilonia al tempo di Nabucodonosor: nella sala del trono della reggia gli<br />

archeologi hanno r<strong>in</strong>venuto una colonna ionica e una decorazione di stile<br />

greco 7. Inoltre testi cuneiformi dell’epoca di Nabucodonosor <strong>in</strong>formano che<br />

fra gli stranieri che lavoravano alla realizzazione delle opere edilizie <strong>in</strong> Babilonia<br />

figuravano artigiani ionii e lidii 8. Non è affatto <strong>in</strong>verosimile che <strong>in</strong><br />

Babilonia <strong>in</strong> quest’epoca circolassero strumenti musicali importati dalla Grecia<br />

e conservassero i nomi di orig<strong>in</strong>e.<br />

b) È vero che l’escatologia e l’angeologia ebbero uno sviluppo notevole nella<br />

letteratura del tardo giudaismo, ma le dottr<strong>in</strong>e sulla risurrezione, il giudizio<br />

e il m<strong>in</strong>istero degli angeli non furono sconosciute agli scrittori biblici più<br />

antichi. Sulla risurrezione cfr. Gb 19:25-27; Is 26:19; Ez 37:13; sul giudizio:<br />

Sl 9:8; Ec 3:17; Is 24:19-22; 25:8,9; Gl 3:12-15; sul m<strong>in</strong>istero degli angeli: Ge<br />

19:1; Nu 22:32-35; Gc 6:11,12; 13:3 e segg.; Is 6:1-7; Ez cap.1; Za 3:1-7; 4:1-<br />

6; 5:1-11; 6:1-8; Ml 3:1. L’argomento della presenza di queste dottr<strong>in</strong>e <strong>in</strong> Da-<br />

4 - Vedi G. RINALDI, Daniele, pp. 87-88; ANDRÉ PARROT, Babilonia e l’Antico Testamento, pp. 98-99<br />

5 - Vedi G. RINALDI, ibidem, p. 86.<br />

6 - Vedi W. ALBRIGHT, From the Stone Age to Christianity, p. 337.<br />

7 - Vedi G. RINALDI, op. cit., p. 13; A. PARROT, op. cit., p. 27.<br />

8 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 781.<br />

29


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 30<br />

INTRODUZIONE<br />

niele come prova della sua orig<strong>in</strong>e tardiva è un argomento pretestuoso.<br />

c) È <strong>in</strong>contestabile che il genere apocalittico conobbe una fioritura straord<strong>in</strong>aria<br />

<strong>in</strong> seno al tardo giudaismo (II secolo a.C. - II secolo d.C.). Ciò non significa<br />

tuttavia che questa forma letteraria fosse sconosciuta nelle epoche precedenti.<br />

Lo stile apocalittico, caratterizzato dalla visione simbolica, è presente<br />

negli scritti profetici dei periodi assiro (VIII secolo a.C.), come <strong>in</strong><br />

Amos 7:1,2,4,7-9; babilonese (VI secolo a.C.), come <strong>in</strong> Gr. 1:11-14; Ez 1:4-<br />

28; 2:9 - 3:3; 9:1-6, e persiano (VI-V secolo a.C.), come <strong>in</strong> Za. 3:1-7; 4:1-6;<br />

5:1-11; 6:1-8.<br />

d) Il valore profetico del libro di Daniele è attestato nei Vangeli: Mt 24:15; Mr<br />

13:14. Se Daniele è autenticamente profetico, non fa meraviglia che vi siano<br />

predetti dettagliatamente gli eventi del periodo più tragico della storia futura<br />

d’Israele, cioè gli eventi del III e II secolo a.C. (Dn 11:5 e segg).<br />

e) È molto probabile che Daniele sia stato <strong>in</strong>serito nella raccolta degli Agiografi<br />

all’epoca del concilio giudaico di Jamnia, agl’<strong>in</strong>izi del II secolo d.C. Di<br />

certo “dal secolo I a.C. importanti testimonianze pongono Daniele tra i profeti,<br />

a com<strong>in</strong>ciare dagli Alessandr<strong>in</strong>i” 9. Nella versione greca dei LXX <strong>in</strong>fatti<br />

Daniele figura tra i Profeti. Il prof. EDWARD YOUNG ha proposto una spiegazione<br />

assai plausibile del motivo per cui Daniele fu <strong>in</strong>serito nel canone degli<br />

agiografi. Egli dice: “Gli autori dei libri profetici avevano lo status di profeti,<br />

cioè di uom<strong>in</strong>i suscitati <strong>in</strong> modo speciale da Dio per agire da mediatori<br />

fra lui e la nazione riferendo al popolo le esatte parole ricevute da Dio. Daniele<br />

però non fu profeta <strong>in</strong> questo senso ristretto del term<strong>in</strong>e. Uomo di<br />

stato <strong>in</strong> una corte pagana, ebbe il dono profetico, ma non esercitò l’ufficio<br />

profetico, ed è evidentemente <strong>in</strong> questo senso che il Nuovo Testamento<br />

parla di lui come profeta (Mt 24:15)” 10.<br />

f) Quanto al silenzio del Siracide su Daniele nell’“elogio dei padri” (Ecclesiastico,<br />

cc. 44-50), si deve dire che non solo il nome di Daniele vi è omesso,<br />

ma anche il nome di altre figure em<strong>in</strong>enti della storia d’Israele, come i re<br />

ri<strong>formato</strong>ri Asa e Giosafat, l’eroe nazionale Mardocheo e la figura prem<strong>in</strong>ente<br />

del dopo-esilio, il sacerdote e scriba Esdra. È evidente che Giosuè<br />

ben Sirac non ebbe l’<strong>in</strong>tenzione di <strong>in</strong>serire nel suo libro un elenco completo<br />

delle glorie d’Israele. Il meno che si possa dire a conclusione di questa<br />

breve disam<strong>in</strong>a di argomenti contro l’autenticità di Daniele è che essi non<br />

sono decisivi 11.<br />

9 - G. RINALDI, op.cit., p.9.<br />

10 - Citato <strong>in</strong> The New Bible Commentary, Londra, p. 688.<br />

11 - Cfr. G. RINALDI, op.cit, p. 10.<br />

30


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 31<br />

3. Argomenti a sostegno dell’autenticità di Daniele<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Si possono citare un buon numero di argomenti che depongono a favore della<br />

data antica e qu<strong>in</strong>di dell’autenticità di Daniele.<br />

A. Se Daniele fosse stato redatto effettivamente al tempo di Antioco Epifane,<br />

sarebbe logico aspettarsi di cogliervi accenni espliciti o impliciti alle epiche<br />

lotte dei Maccabei, come si può riscontrare nella IV sezione del libro di<br />

Enoc che risale realmente al II secolo. In Daniele <strong>in</strong>vece non c’è il m<strong>in</strong>imo<br />

accenno agli avvenimenti tragici che vissero i Giudei nel II secolo a.C.<br />

B. La concezione universalista, che permea tutto il libro di Daniele, contrasta<br />

fortemente con lo spirito nazionalistico radicale del tardo giudaismo che si<br />

riflette nella letteratura contemporanea.<br />

C. Daniele mostra una conoscenza dell’ambiente babilonese e della storia primitiva<br />

dell’impero persiano più accurata di qualunque storico posteriore al<br />

VI secolo a.C. Infatti:<br />

a) egli sa che Nabucodonosor fu l’artefice della nuova Babilonia (4:30). Questa<br />

circostanza ha messo <strong>in</strong> imbarazzo i critici di Daniele. R. PFEIFFER ha dovuto<br />

ammettere: “Forse non sapremo mai come il nostro autore abbia potuto essere<br />

a conoscenza del fatto che la nuova Babilonia fu una creazione di Nabucodonosor”<br />

12.<br />

b) Daniele sa che Nabucodonosor promulga e modifica le leggi a suo talento<br />

(Dn 2:12,13,48) e che le leggi dei Medi e dei Persiani sono irrevocabili (Dn<br />

6:8,15). Nell’antico Oriente il dispotismo regio non aveva limiti. Sulla <strong>in</strong>flessibilità<br />

delle leggi dei medo-persiani, lo storico Diodoro Siculo riferisce che<br />

Dario III dopo avere pronunciato una sentenza di morte a carico di un suddito<br />

di nome Charidemos, si accorse che il verdetto era <strong>in</strong>giusto, se ne rammaricò<br />

ma non poté revocarlo. Daniele è al corrente che i Babilonesi punivano<br />

col fuoco i nemici dello Stato (vedi cap.3) e che i Persiani li davano <strong>in</strong><br />

pasto alle belve (cap.6). Il supplizio babilonese è conosciuto anche da Gr<br />

(29:23). Nella pianura caldea abbondavano le fornaci da mattoni. I Persiani<br />

aborrivano questo tipo di supplizio perché il fuoco era un elemento sacro a<br />

Zoroastro 13.<br />

c) Daniele sa che nel regno di Babilonia la dignità più alta dopo quella di Belzasar<br />

viene al terzo e non al secondo posto (Dn 5:16). Egli è dunque al corrente<br />

del fatto che Belzasar esercita le funzioni regie come correggente e<br />

che al di sopra di lui c’è un’autorità più alta.<br />

12 - R. PFEIFFER, Introduction to the Old Testament, p. 578.<br />

13 - A.T. OLMSTEAD, The History of the Persian Empire, p. 473.<br />

31


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 32<br />

INTRODUZIONE<br />

d) Daniele conosce il l<strong>in</strong>guaggio aulico <strong>in</strong> uso nelle corti orientali. La frase: “O<br />

re, possa tu vivere <strong>in</strong> perpetuo” (Dn 2:4; 3:9; 5:10) è una formula cortigianesca<br />

tipica dell’Oriente antico. Una formula simile è attestata <strong>in</strong> 1Re 1:39 e<br />

Nehemia 2:3 e <strong>in</strong> testi cuneiformi del periodo neo-babilonese.<br />

D. In Dn 4:10-12 Babilonia, personificata nel suo re, è paragonata ad un albero<br />

grande e rigoglioso che estende i suoi rami <strong>in</strong> tutte le direzioni e sotto la<br />

cui chioma trovano riparo e nutrimento tutte le creature. In un testo di Nabucodonosor<br />

trovato a Wadi Brissa, nella Mesopotamia centro-meridionale,<br />

Babilonia è paragonata a un grande albero che estende la sua ombra a tutti<br />

i popoli 14.<br />

E. Nella visione riportata <strong>in</strong> Dn 7, Babilonia è raffigurata da un leone. Il leone<br />

era effigiato 120 volte <strong>in</strong> mattonelle smaltate policrome lungo la via processionale<br />

di Babilonia. Un grande leone di basalto fu r<strong>in</strong>venuto dagli archeologi<br />

fra le rov<strong>in</strong>e di Babilonia. Il leone era l’emblema della superba città caldea.<br />

F. Nel capitolo c<strong>in</strong>que del suo libro Daniele descrive la f<strong>in</strong>e repent<strong>in</strong>a della<br />

sovranità caldea su Babilonia con la caduta subitanea della città. Questo rapido<br />

trapasso di poteri si rispecchia nella “Cronaca di Babilonia”, pubblicata<br />

da D.J. WISEMAN nel 1956, e nei testi amm<strong>in</strong>istrativi di Nippur. Il racconto di<br />

Daniele <strong>in</strong>oltre ha stretta aff<strong>in</strong>ità con notizie parallele nella Ciropedia di Senofonte<br />

e nelle Storie di Erodoto. Il prof. R.P. DAUGHERTY scrive: “Di tutte le<br />

fonti non babilonesi che c’<strong>in</strong>formano sugli avvenimenti collegati con la f<strong>in</strong>e<br />

del regno neo-babilonese, il cap.5 di Daniele è la più vic<strong>in</strong>a ai testi cuneiformi”<br />

15. E conclude: “Resta screditata l’op<strong>in</strong>ione che il capitolo c<strong>in</strong>que<br />

di Daniele risalga all’epoca dei Maccabei” 16. Non è credibile che uno scrittore<br />

del II secolo a.C. fosse così bene <strong>in</strong><strong>formato</strong> sugli usi, i costumi e la storia<br />

dei babilonesi, addirittura meglio <strong>in</strong><strong>formato</strong> degli storiografi greci del V e<br />

IV secolo a.C.!<br />

G. Per motivi che ignoriamo il libo di Daniele com<strong>in</strong>cia <strong>in</strong> ebraico (1:1 f<strong>in</strong>o a<br />

2:4a), prosegue <strong>in</strong> aramaico (2:4b f<strong>in</strong>o a 7:28) e f<strong>in</strong>isce <strong>in</strong> ebraico (8:1 f<strong>in</strong>o a<br />

12:13). Per lungo tempo il bil<strong>in</strong>guismo del libro, e soprattutto il lessico e la<br />

morfologia delle due l<strong>in</strong>gue, furono <strong>in</strong>vocati come <strong>in</strong>dizi di una data tardiva<br />

del libro stesso. Oggi la situazione si è capovolta soprattutto grazie agli ultimi<br />

studi nell’ambito della l<strong>in</strong>gua aramaica 17. In realtà l’aramaico di Daniele<br />

si allontana dall’aramaico recente quanto si avvic<strong>in</strong>a a quello antico;<br />

14 - Vedi G. RINALDI, op. cit., pp. 78-79.<br />

15 - R.P. DAUGHERTY, Nabonidus and Belshazar, p. 199.<br />

16 - Ibidem.<br />

17 - Cfr. G. RINALDI, op.cit., p. 8.<br />

32


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 33<br />

CAPIRE DANIELE<br />

l’ebraico è molto vic<strong>in</strong>o a quello di Ezechiele, delle Cronache e di Esdra 18.<br />

H. Almeno due degli 8 titoli ufficiali elencati <strong>in</strong> Dn 3:2 sono d’orig<strong>in</strong>e persiana,<br />

e nella forma <strong>in</strong> cui si leggono nel libro di Daniele non li si riscontra più<br />

dopo il III secolo a.C. È più facile ammettere che una term<strong>in</strong>ologia tecnica<br />

<strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua persiana fosse conosciuta ed usata <strong>in</strong> Babilonia all’<strong>in</strong>izio dell’età<br />

persiana piuttosto che <strong>in</strong> Giudea <strong>in</strong> piena età ellenistica.<br />

Militano ancora a favore dell’orig<strong>in</strong>e antica di Daniele varie circostanze<br />

esterne al libro.<br />

a) Nell’elogio dei padri che il vecchio sacerdote Mattatia, padre dei Maccabei,<br />

fa nel suo testamento (1Maccabei 2:51-60), accanto ad altre figure illustri,<br />

come Abramo, Giuseppe, F<strong>in</strong>eas, Giosuè, Caleb, Davide ed altri, figurano<br />

Daniele e i suoi tre compagni. Il sacerdote era un rappresentante ufficiale<br />

della cultura ebraica. Pertanto se il sacerdote Mattatia pone Daniele e i suoi<br />

compagni tra i protagonisti della storia patria, vuol dire che questi personaggi<br />

nel II secolo a.C. erano accreditati <strong>in</strong> Israele come figure storiche.<br />

b) GIUSEPPE FLAVIO <strong>in</strong> Antichità Giudaiche (libro II, 8,5) dice che Alessandro<br />

Magno dopo la conquista di Gaza fece visita a Gerusalemme dove il<br />

sommo sacerdote gli mostrò le profezie di Daniele che lo concernevano.<br />

Molti studiosi <strong>in</strong>fluenzati dal pregiudizio sull’età recente di Daniele, ritengono<br />

leggendaria questa notizia, altri, fra i quali il LINDER, la giudicano autentica.<br />

c) Gesù Cristo, nel citare Daniele, lo riconosce esplicitamente come “profeta”<br />

(Mt 24:15). Per ogni cristiano che crede all’autenticità dei Vangeli e all’autorità<br />

di Cristo, questo è l’argomento pr<strong>in</strong>cipe a favore dell’autenticità del libro<br />

di Daniele, l’argomento decisivo. Il peso della documentazione storica,<br />

archeologica e biblica, è nettamente a favore dell’antichità e perciò dell’autenticità<br />

del libro di Daniele. Su questa posizione si sono schierati studiosi<br />

seri e preparati come PUSEY, KEIL, ROHLING, FULLER, AUBERLEN, FABRE D’ENVIEU,<br />

KNABENBAUER nel secolo XIX, e PHILIPPE, DAUGHERTY, MOELLER, HARTENSTEIN,<br />

LINDER, YOUNG, WALVOORD, ARCHER, HASEL, SHEA ed altri nel secolo XX. L’<strong>in</strong>signe<br />

assiriologo francese LENORMANT ha scritto: “Quanto più leggo e rileggo il<br />

libro di Daniele e lo confronto coi dati dei documenti cuneiformi, tanto più<br />

mi colpisce la veridicità del quadro della corte babilonese descritto nei sei<br />

capitoli... e tanto più vedo l’impossibilità di far risalire la redazione orig<strong>in</strong>ale<br />

del libro all’epoca di Antioco Epifane” 19.<br />

18 - Vedi G. HASEL, “Quelques éléments d’ordre historique dans le livre de Daniel” <strong>in</strong> Daniel,<br />

questions débattues, pp. 36-39.<br />

19 - Citato da H. HEINZ <strong>in</strong> Daniel, questions débattues, p. 21.<br />

33


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 34<br />

Capitolo 1<br />

____________________________<br />

Il libro di Daniele si apre con la notizia di un assedio di Gerusalemme ad opera<br />

del re di Babilonia (vv. 1 e 2) e prosegue col descrivere l’impatto di quattro giovani<br />

deportati giudei con la dura realtà di un ambiente ostile ai loro pr<strong>in</strong>cipi religiosi<br />

(vv. 8-10). Sono messi <strong>in</strong> risalto la fedeltà dei giovani alla fede dei padri (vv.<br />

7-13) e la ricompensa che ne segue (vv. 17-20).<br />

Quanto veniamo a sapere sulla <strong>in</strong>transigenza del signore di Babilonia (v.10)<br />

e sulla tempra morale di Daniele, Hanania, Mishael e Azaria (vv. 8, 11-12), offre<br />

una base logica alle vicende narrate nei c<strong>in</strong>que capitoli seguenti e nello stesso<br />

tempo prelude alle tensioni che verranno via via svelandosi <strong>in</strong> questi capitoli.<br />

L’eroica resistenza dei compagni di Daniele (cap. 3) e di Daniele stesso (cap.<br />

6) alla <strong>in</strong>vadente <strong>in</strong>trusione del paganesimo nella loro vita religiosa, l’accortezza<br />

e prudenza di Daniele <strong>in</strong> situazioni di pericolo (2: 14-16; 4: 19), la sua capacità<br />

di <strong>in</strong>terpretare sogni (cc. 2 e 4) e svelare segreti (cap. 5), il suo carisma profetico e<br />

le straord<strong>in</strong>arie rivelazioni di cui egli è fatto mediatore per le generazioni future<br />

(cc. 7-12), tutto questo si spiega e si comprende alla luce di quanto è narrato <strong>in</strong><br />

questo capitolo. Si può ben dire, dunque, che il capitolo primo di Daniele costituisce<br />

un’adeguata <strong>in</strong>troduzione a tutto il libro.<br />

1 Il terzo anno del regno di Joiakim, re di Giuda, Nebucadnetsar, re<br />

di Babilonia, venne contro Gerusalemme, e l’assediò.<br />

La notizia con la quale esordisce il libro ci pone subito di fronte a tre problemi.<br />

Il primo nasce dall’accenno a un assedio di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor<br />

20 nell’anno terzo del re di Giuda Gioiachim.<br />

Questo personaggio fu posto sul trono di Giuda come vassallo dell’Egitto<br />

dal faraone Neco II (2Re 23: 34-35) il quale nel 609 a.C. aveva v<strong>in</strong>to e ucciso a<br />

Meghiddo re Giosia, padre di Gioiachim (2Re 23: 29). Neco spadroneggiò sul<br />

20 - Il nome del re di Babilonia nell’Antico Testamento compare <strong>in</strong> due forme lievemente varianti:<br />

Nebukadne’zzar [raC)ån:dakUbºn] (<strong>in</strong> Daniele, nei libri storici e poche volte <strong>in</strong> Geremia) e Nebukadre’zzar<br />

[raC)er:dakUbºn] (29 volte <strong>in</strong> Geremia e 4 volte <strong>in</strong> Ezechiele). La forma con la r è più<br />

corretta rispecchiando meglio la dizione babilonese Nabu-kudurri-uzur (“Nabu protegge il figlio”<br />

o “Nabu protegga l’erede”). Le fonti greche attestano sia la forma con la n: Nabouchodonosor<br />

[Nabouxodonosor] (i LXX e Giuseppe Flavio), sia la forma con la r: Nabokodrosoros [Nabokodrosoroj]<br />

(Strabone e, come variante, <strong>in</strong> un manoscritto di Giuseppe Flavio). Giovanni<br />

Luzzi, nella Versione Riveduta della Bibbia, usa una forma italiana derivata dall’ebraico, Nebucadnetsar.<br />

In questo commentario si preferisce la forma derivata dal greco, Nabucodònosor.<br />

34


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 35<br />

CAPIRE DANIELE<br />

territorio di Giuda per circa quattro anni (2Re 23:33-35), f<strong>in</strong>ché Nabucodonosor,<br />

erede del trono di Babilonia, non lo ebbe sconfitto a Carchemish, nella Siria superiore,<br />

e non lo ebbe resp<strong>in</strong>to entro i conf<strong>in</strong>i dell’Egitto, divenendo di fatto egli<br />

stesso il nuovo padrone del territorio (2Re 24: 7).<br />

Geremia (46:2) pone questo avvenimento nell’anno quarto di Gioiachim<br />

(605 a.C.) che <strong>in</strong> 25: 1 s<strong>in</strong>cronizza con l’anno primo di Nabucodonosor.<br />

È stato osservato che è storicamente impossibile una presenza armata di<br />

Nabucodonosor <strong>in</strong> Palest<strong>in</strong>a nel 606 a.C., come sembra suggerire Dn 1: 1, giacché<br />

<strong>in</strong> quell’anno il paese era ancora sotto il controllo dell’Egitto. Se ne è dedotto<br />

che l’autore del libro è dis<strong>in</strong><strong>formato</strong> sulla storia e perciò le notizie che fornisce<br />

sono <strong>in</strong>attendibili. Dal versante opposto, si è ribattuto che è possibile mettere<br />

d’accordo Daniele e Geremia sulla data della campagna militare di Nabucodonosor<br />

nella regione siro-palest<strong>in</strong>ese alla quale entrambi fanno riferimento.<br />

Varie ipotesi sono state proposte 21 per appianare la divergenza cronologica<br />

su accennata. La più attendibile è quella che suppone l’uso nei due libri di sistemi<br />

di datazione differenziati 22.<br />

Nell’antichità gli avvenimenti si datavano generalmente <strong>in</strong> base agli anni di<br />

regno dei sovrani <strong>in</strong> carica, ma il modo di calcolare detti anni non era uniforme.<br />

In Babilonia li si contava dal pr<strong>in</strong>cipio dell’anno civile successivo a quello <strong>in</strong> cui<br />

il sovrano aveva c<strong>in</strong>to la corona. La frazione dell’anno precedente, dal momento<br />

dell’assunzione del potere regale s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e dell’anno, era detta “anno di accessione”<br />

e non veniva calcolata nel computo degli anni di regno. In Egitto <strong>in</strong>vece<br />

si calcolava come primo anno di regno l’<strong>in</strong>tervallo di tempo fra l’ascesa al<br />

trono del nuovo sovrano e l’ultimo giorno dell’anno civile <strong>in</strong> corso. È evidente<br />

che quello che <strong>in</strong> Babilonia era “l’anno di accessione” del nuovo re, <strong>in</strong> Egitto era<br />

considerato il primo anno di regno 23.<br />

Abbiamo <strong>in</strong>dizi significativi nella Scrittura - lo si documenterà più avanti -<br />

per poter dire che gli scrittori giudaiti dell’ultimo periodo dei re adottarono il sistema<br />

egiziano di conteggio degli anni di regno. È ovvio che la data di un avvenimento<br />

qualunque fissata <strong>in</strong> ambiente egiziano o giudaita <strong>in</strong> base agli anni di<br />

regno di un certo sovrano risultasse spostata <strong>in</strong> avanti di un anno rispetto alla<br />

data del medesimo avvenimento calcolata <strong>in</strong> Babilonia con riferimento agli stessi<br />

anni di regno.<br />

È del tutto verosimile che Daniele, educato <strong>in</strong> Babilonia f<strong>in</strong> dalla giov<strong>in</strong>ezza<br />

(Dn 1: 4), calcolasse gli anni di regno di Gioiachim (Dn 1:1) secondo il sistema<br />

babilonese di postdatazione e che Geremia, che visse e scrisse <strong>in</strong> terra di Giuda,<br />

computasse gli stessi anni di regno <strong>in</strong> base al sistema giudaita di predatazione.<br />

Questa ipotesi è confortata da almeno due casi di datazione parallela sfalsata di<br />

un anno che si riscontrano nell’Antico Testamento, uno nel libro di Geremia e<br />

uno nel raffronto tra Geremia e il Secondo Libro dei Re. In Gr 52 uno stesso av-<br />

21 - Cfr. H.C.LEUPOLD, Exposition of Daniel, pp. 51-55.<br />

22 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. II, pp. 138-139 e vol. IV, pp. 745-746.<br />

23 - Vedi J.FINEGAN, Handbook of Biblical Chronology, pp. 208-209.<br />

35


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 36<br />

CAPITOLO 1<br />

venimento è datato all’anno diciannovesimo di Nabucodonosor nel v. 12 e<br />

all’anno diciottesimo nel v. 29.<br />

Un altro avvenimento che 2Re 24:12 pone nell’anno ottavo di Nabucodonosor,<br />

<strong>in</strong> Gr 52:28 è datato all’anno settimo. Si può pensare che una delle due datazioni<br />

<strong>in</strong> entrambi i casi non sia di Geremia, e <strong>in</strong> effetti è così. Per la sua forma<br />

redazionale, e per il fatto che <strong>in</strong> buona parte la pericope si ripete quasi identica<br />

<strong>in</strong> 2Re 25:27-30, Gr 52:28-34 si presenta come un’appendice storica aggiunta al<br />

libro del profeta. Il “pezzo” o fu scritto <strong>in</strong> Babilonia o rispecchia un documento<br />

redatto <strong>in</strong> Babilonia. Questo si ev<strong>in</strong>ce dal fatto che due delle date ivi citate (Gr<br />

52:28, 29) presentano una differenza <strong>in</strong> meno di un anno rispetto alle stesse date<br />

riportate <strong>in</strong> Gr 52:12 e 2Re 24:12, e soprattutto dalla menzione dell’anno di accessione<br />

di Evil-merodac “l’anno stesso che com<strong>in</strong>ciò a regnare” (Gr 52:31; cfr.<br />

2Re 25:27). Uno scrittore giudaita avrebbe detto “l’anno primo” (Gr 25:1). Tutto<br />

sommato, è ragionevole concludere che gli anni terzo e quarto di Gioiachim citati<br />

<strong>in</strong> Dn 1:1 e Gr 25:1 si riferiscono alla stessa data, il 605 a.C.<br />

È parso problematico l’attributo “re di Babilonia” aggiunto al nome di Nabucodonosor<br />

<strong>in</strong> Dn 1:1.<br />

In effetti se l’assedio di Gerusalemme a cui accenna questo versetto avvenne<br />

dopo la battaglia di Carchemish, <strong>in</strong> quest’epoca Nabucodonosor non era<br />

ancora re di Babilonia, essendo tuttora <strong>in</strong> vita suo padre Nabopolassar. È un <strong>in</strong>dice<br />

di ignoranza della storia?<br />

A quel che sembra Daniele raccolse le sue memorie oltre una sessant<strong>in</strong>a di<br />

anni dopo la sua deportazione (Dn 1: 21). Egli sta dunque riferendo un fatto<br />

oramai lontano nel tempo.<br />

È comprensibile che riconsiderando l’episodio a distanza di tempo, egli<br />

chiami Nabucodonosor “re di Babilonia” per ovvia anticipazione. È come se uno<br />

storico della f<strong>in</strong>e degli anni ’50, scrivendo la storia della seconda guerra mondiale,<br />

annoverasse “il Presidente Eisenhower” fra gli artefici della vittoria alleata.<br />

Per un procedimento mentale analogo, pur se opposto, si cont<strong>in</strong>uò a chiamare<br />

Sandro Pert<strong>in</strong>i “il Presidente” f<strong>in</strong>ché fu <strong>in</strong> vita.<br />

Del resto Geremia stesso, il cui libro non è sospettato di <strong>in</strong>autenticità, esattamente<br />

come fa Daniele chiama Nabucodonosor “re di Babilonia” riferendo un<br />

episodio avvenuto prima che egli avesse assunto il trono (vedi Gr 46:2).<br />

Più complesso è il problema che pone la notizia dell’occupazione di Gerusalemme<br />

da parte di Nabucodonosor nel 605 a.C.<br />

Geremia ed Ezechiele sono a conoscenza di due occupazioni di Gerusalemme<br />

per mano di Nabucodonosor: l’una all’<strong>in</strong>izio del regno di Gioiachim (597<br />

a.C.): Ge 22:24-26 ed Ez 17:12, l’altra alla f<strong>in</strong>e del regno di Sedechia (587 a.C.):<br />

Gr 39:1-2; 52:4-5, 12-13 ed Ez 24:1-2; 33:21.<br />

Per la verità Gr 52:30 ricorda una terza <strong>in</strong>cursione di Nabucodonosor nel<br />

territorio di Giuda verso il 581 a.C. ignorata da Ezechiele e dai libri storici e comunque<br />

<strong>in</strong><strong>in</strong>fluente ai f<strong>in</strong>i della nostra discussione.<br />

I libri storici registrano, datandoli, entrambi gli avvenimenti riferiti da Geremia<br />

ed Ezechiele (2Re 24:8-12 e 2Cro 36:9-10; 2Re 25:1-2 e 2Cro 36:17-20), ma<br />

sembrano ignorare una precedente presenza armata babilonese <strong>in</strong> Gerusalemme,<br />

36


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 37<br />

CAPIRE DANIELE<br />

per cui l’<strong>in</strong>formazione di Dn 1:1 parrebbe rimanere isolata. In realtà non è così.<br />

Infatti un <strong>in</strong>tervento militare babilonese contro Gerusalemme durante il regno di<br />

Gioiachim è documentato nei libri storici.<br />

Il Secondo Libro dei Re (24: 1) ci ragguaglia su una irruzione di Nabucodonosor<br />

a Gerusalemme per reprimere una ribellione di Gioiachim, e 2Cro 36:6, riferendo<br />

probabilmente lo stesso episodio, aggiunge che il sovrano caldeo <strong>in</strong>catenò<br />

Gioiachim “per portarlo a Babilonia”. Purtroppo nessuna delle due fonti<br />

data l’episodio, ma è già notevole che esse ci <strong>in</strong>form<strong>in</strong>o su una campagna militare<br />

del re di Babilonia contro Giuda durante il regno di Gioiachim (i tentativi di<br />

riferire l’episodio accennato a un’epoca diversa congetturando che i libri di Secondo<br />

Re e Secondo Cronache confondono Sedechia con Gioiachim appaiono<br />

pretestuosi e <strong>in</strong>concludenti). Resta comunque documentato nella Scrittura al di<br />

fuori del libro di Daniele, che le irruzioni bellicose di Nabucodonosor nel territorio<br />

di Giuda fra i regni di Gioiachim e di Sedechia furono tre e non due. Questo<br />

fatto risulta pure dai riferimenti ai saccheggi del Tempio riportati <strong>in</strong> 2Cro 36:7-18.<br />

Il v. 7 dà notizia di una prima asportazione di oggetti sacri da Gerusalemme<br />

effettuata da Nabucodonosor <strong>in</strong> un momento imprecisato del regno di Gioiachim:<br />

“Nebucadnetsar portò pure a Babilonia parte degli utensili della casa<br />

dell’Eterno”. Si trattò evidentemente di un’asportazione parziale dei sacri vasi del<br />

Tempio.<br />

Una seconda asportazione avvenne all’<strong>in</strong>izio del regno effimero di Gioiach<strong>in</strong><br />

(597 a.C.) quando, come c’<strong>in</strong>formano i vv. 9 e 10, il re di Babilonia fece prigioniero<br />

il neo<strong>in</strong>coronato re di Giuda “e lo fece menare a Babilonia con gli utensili<br />

preziosi della casa dell’Eterno”. In questa occasione ci fu con ogni evidenza<br />

un saccheggio selettivo del Tempio.<br />

Una terza e ultima spogliazione del sacro edificio prima della sua distruzione<br />

fu portata a term<strong>in</strong>e l’anno undicesimo di Sedechia (587 a.C.) allorché,<br />

come ci ragguaglia il v. 18, il sovrano caldeo “portò a Babilonia tutti gli utensili<br />

della casa di Dio”. Stavolta ci fu chiaramente un saccheggio totale del Tempio:<br />

tutto quello che vi era rimasto fu portato via 24.<br />

Significativamente la notizia di Dan 1:2 circa l’entità del bott<strong>in</strong>o prelevato<br />

dal Tempio, co<strong>in</strong>cide con l’<strong>in</strong>formazione di 2Cro 36:7: <strong>in</strong> entrambi i testi si dice<br />

<strong>in</strong>fatti che Nabucodonosor portò via una parte degli utensili della casa di Jahvé.<br />

È una co<strong>in</strong>cidenza dalla quale ci sentiamo autorizzati a concludere che Dn 1:1-2<br />

e 2Cro 36:6-7 si riferiscono a uno stesso avvenimento accaduto sotto il regno di<br />

Gioiachim.<br />

La notizia parallela dei Re e delle Cronache su una <strong>in</strong>vasione caldea di<br />

Giuda sotto Gioiachim e le <strong>in</strong>formazioni dell’ultimo capitolo di II Cronache sulle<br />

spogliazioni del Tempio, convergono per dirci che l’accenno di Dn 1:1 a un <strong>in</strong>tervento<br />

babilonese <strong>in</strong> Gerusalemme nei primi anni di regno di Gioiachim non è<br />

affatto una notizia isolata.<br />

24 - Cfr. C.O. JONSSON, I Tempi dei Gentili..., pp. 199-200.<br />

37


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 38<br />

CAPITOLO 1<br />

A questo proposito c’è da aggiungere che le <strong>in</strong>formazioni reperibili nelle<br />

fonti extrabibliche co<strong>in</strong>cidono con quelle desunte dalle fonti bibliche e consentono<br />

di formulare un’ipotesi parallela a quella basata su queste ultime.<br />

Dalla Cronaca di Babilonia siamo <strong>in</strong>formati che nell’anno ventunesimo di<br />

Nabopolassar, re di Babilonia (605 a.C.), suo figlio Nabucodonosor marciò su<br />

Carchemish nell’Alta Siria, allora <strong>in</strong> mano agli Egiziani, e <strong>in</strong>flisse a questi ultimi<br />

una dura sconfitta. Successivamente Nabucodonosor raggiunse presso Hamat<br />

sull’Oronte i resti del disfatto esercito egiziano e li sbaragliò. D.J.Wiseman considera<br />

come verosimile che dopo questa vittoria Nabucodonosor occupasse Ribla,<br />

a sud di Hamat, e vi stabilisse un posto di comando 25.<br />

Giuseppe Flavio dice che a seguito della vittoria sugli Egiziani Nabucodonosor<br />

“occupò tutta la Siria f<strong>in</strong>o a Pelusio” 26. Poiché Pelusio si trovava sul conf<strong>in</strong>e<br />

orientale dell’Egitto, è <strong>in</strong>tuitivo che l’espressione “tutta la Siria” nell’<strong>in</strong>tendimento<br />

dello storiografo giudeo dovesse abbracciare l’<strong>in</strong>tero territorio fra il corso<br />

superiore dell’Eufrate e le frontiere orientali dell’Egitto, compresa la Palest<strong>in</strong>a.<br />

Giuseppe concorda con la Cronaca di Babilonia la quale <strong>in</strong>forma che “<strong>in</strong> quel<br />

tempo Nabucodonosor conquistò tutta la regione di Hatti”, un’area geografica<br />

che comprendeva appunto la Siria e la Palest<strong>in</strong>a 27.<br />

Giuseppe Flavio dice ancora che Nabucodonosor, essendosi impadronito di<br />

tutta la Siria, non penetrò nel territorio di Giuda 28. Non è però escluso che il generale<br />

caldeo abbia potuto spedire contro Gerusalemme un reparto armato per<br />

garantirsi la sottomissione di Gioiachim. La cosa appare tanto più verosimile se<br />

si consideri che il re di Giuda era vassallo di Neco il quale, di certo non a caso,<br />

lo aveva posto sul trono <strong>in</strong> luogo del deposto Gioachaz (2Re 23:31-34).<br />

Si è obiettato che comunque a Nabucodonosor sarebbe mancato il tempo<br />

materiale per una puntata offensiva su Gerusalemme dopo la vittoria sugli Egiziani,<br />

dovendo egli rientrare precipitosamente a Babilonia a causa della morte<br />

del padre. Una considerazione attenta delle diverse fasi di questa campagna militare<br />

babilonese nella Siria e dei tempi connessi, consente di trarre una deduzione<br />

diversa.<br />

Assai verosimilmente le operazioni militari a Carchemish si svolsero a maggio-giugno<br />

del 605 a.C. 29. La morte di Nabopolassar avvenne a metà agosto,<br />

come ci <strong>in</strong>forma la Cronaca di Babilonia, ma la notizia non poté pervenire a<br />

Nabucodonosor <strong>in</strong> Siria che verso la f<strong>in</strong>e del mese. Dunque il conquistatore caldeo<br />

dopo avere battuto Neco si trattenne nella regione un paio di mesi prima di<br />

mettersi <strong>in</strong> marcia per Babilonia. Gerusalemme era raggiungibile <strong>in</strong> pochi giorni<br />

di marcia da Ribla o da Hamat, sicché ci fu tutto il tempo per una rapida <strong>in</strong>cursione<br />

contro la capitale del regno giudaita; a Gioiachim, che non poteva più<br />

25 - D.J.WISEMAN, Chronicles of Chaldean K<strong>in</strong>gs, p. 26.<br />

26 - GIUSEPPE FLAVIO, Antichità Giudaiche, X. 86.<br />

27 - Vedi D.J.WISEMAN, op. cit., p. 25.<br />

28 - GIUSEPPE FLAVIO, Antichità Giudaiche, X, 86.<br />

29 - Vedi D.J.WISEMAN, op. cit., p. 25.<br />

38


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 39<br />

CAPIRE DANIELE<br />

contare sull’aiuto dell’Egitto, non restava che aprire le porte della città ai nuovi<br />

padroni. Una resa spontanea di Gerusalemme a Nabucodonosor otto anni più<br />

tardi, è documentata <strong>in</strong> 2Re 24:11-12.<br />

Lo storico babilonese Berosso, citato da Giuseppe Flavio, riferisce che Nabucodonosor,<br />

dovendo rientrare <strong>in</strong> fretta <strong>in</strong> Babilonia per la via più breve,<br />

quella attraverso il deserto, affidò ad alcuni dei suoi generali perché li conducessero<br />

a Babilonia, “i prigionieri che aveva catturato fra i Giudei, i Fenici e i Siri” 30.<br />

Questa <strong>in</strong>formazione di fonte extrabiblica concorda significativamente con<br />

quanto scrive Dn 1:1-3. I prigionieri giudei ai quali accenna Berosso possono benissimo<br />

essere stati Daniele e i suoi compagni catturati dai soldati di Nabucodonosor.<br />

Daniele, è vero, attribuisce direttamente al condottiero caldeo la conquista<br />

di Gerusalemme, ma non si deve dimenticare che è comune nella storiografia<br />

antica, e moderna, ascrivere un’impresa a colui che l’ha voluta e preparata, anche<br />

se a realizzarla sono stati altri.<br />

Concludendo questa parte della nostra discussione, diciamo che non è affatto<br />

impossibile risolvere i problemi cronologici e storici che si presentano al<br />

lettore attento nei primi versetti del libro di Daniele.<br />

2 Il Signore gli diede nelle mani Joiakim, re di Giuda, e una parte degli<br />

utensili della casa di Dio; e Nebucadnetsar portò gli utensili nel<br />

paese di Sc<strong>in</strong>ear, nella casa del suo dio, e li mise nella casa del tesoro<br />

del suo dio.<br />

Non fu per caso che Gioiachim cadde <strong>in</strong> potere del re di Babilonia; come tutti<br />

gli scrittori ispirati, Daniele <strong>in</strong>terpreta <strong>in</strong> chiave teologica gli avvenimenti secolari.<br />

Gli utensili sacri di cui si fa menzione erano vasi metallici di varie dimensioni,<br />

palette, attizzatoi ecc... (cfr. 2Cro 4:16) che i sacerdoti adoperavano per i<br />

vari servizi del Tempio. Se Nabucodonosor ne portò via solo una parte, fu probabilmente<br />

perché volle soltanto mostrare ad un vassallo poco affidabile che egli<br />

aveva il potere di imporgli la sua sovranità. Se avesse voluto spogliare il Tempio,<br />

nessuna autorità terrena avrebbe potuto impedirglielo.<br />

Il paese di Sc<strong>in</strong>ear (cfr. Ge 11:2; Is 11:11; Za 5:11) è la Babilonide, o Caldea<br />

ossia la pianura alluvionale delimitata a est dal Tigri e a ovest dall’Eufrate nella<br />

Bassa Mesopotamia. La città di Babilonia, che Nabucodonosor ricostruì e rese<br />

splendida, sorgeva sull’Eufrate nella parte alta della regione. Nel cuore della<br />

città, entro i rec<strong>in</strong>ti dell’area sacra, l’Esagila, si trovavano la grande torre templare<br />

o ziggurat (l’Etemenanki) e, più a sud, il superbo tempio dedicato a Marduk,<br />

la div<strong>in</strong>ità suprema di Babilonia nota popolarmente anche col nome di Bel<br />

(da un term<strong>in</strong>e accadico che significa “signore”). All’<strong>in</strong>izio dei festeggiamenti per<br />

l’anno nuovo (Akitu) il primo di Nisan, il nuovo sovrano entrava nel tempio di<br />

Bel e str<strong>in</strong>geva le mani di Bel-Marduk; si credeva che a seguito di questo rito<br />

30 - GIUSEPPE FLAVIO, Contra Apionem, I. 19, 137<br />

39


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 40<br />

CAPITOLO 1<br />

egli era dal dio <strong>in</strong>vestito dell’autorità sovrana. Da quel giorno si com<strong>in</strong>ciava a<br />

contare i suoi anni di regno.<br />

I testi cuneiformi babilonesi menzionano frequentemente i tesori dell’Esagila.<br />

Uno degli ambienti del grande complesso templare riportato alla luce dagli<br />

archeologi deve avere custodito i tesori suddetti. Quivi Nabucodonosor deve<br />

avere posto i sacri utensili asportati dal tempio di Yahweh <strong>in</strong> Gerusalemme.<br />

3 E il re disse a Ashpenaz, capo de’ suoi eunuchi, di menargli alcuni<br />

de’ figliuoli d’Israele di stirpe reale e di famiglie nobili, 4 giovani<br />

senza difetti fisici, belli d’aspetto, dotati d’ogni sorta di talenti,<br />

istruiti e <strong>in</strong>telligenti, tali che avessero attitud<strong>in</strong>e a stare nel palazzo<br />

del re; e d’<strong>in</strong>segnare loro la letteratura e la l<strong>in</strong>gua de’ Caldei.<br />

Insieme con gli utensili sacri del Tempio, Nabucodonosor portò via da Gerusalemme,<br />

forse come ostaggi, un imprecisato numero di giovani ({yidflºy yeladîm)<br />

appartenenti a famiglie altolocate. Il capo degli eunuchi (wyfsyirfs bar rav sarîsayu),<br />

al quale il re conferì l’<strong>in</strong>carico di condurgli nel palazzo alcuni dei giovani giudei<br />

deportati, era un alto funzionario del palazzo il cui ufficio corrispondeva pressappoco<br />

a quello del maggiordomo. Il titolo equivale probabilmente al babilonese<br />

rav sha reshi (letteralmente “il capo di colui che sta alla testa”) documentato<br />

nei testi cuneiformi.<br />

Il nome del funzionario, Ashpenaz, tradisce un’orig<strong>in</strong>e persiana. In una<br />

forma leggermente variante, Ashpazanda, esso è stato letto nei testi di Nippur<br />

del V secolo a.C., e nella forma Aspenaz nei testi magici aramaici pure di<br />

Nippur 31.<br />

La presenza <strong>in</strong> Babilonia di stranieri al servizio dei Caldei durante il regno<br />

di Nabucodonosor è documentata 32. Inoltre è noto che Babilonesi e Medi - questi<br />

ultimi parenti prossimi dei Persiani - furono alleati nella guerra contro l’Assiria<br />

sul f<strong>in</strong>ire del secolo VII a.C. Si sa <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e che degli stranieri al servizio di Babilonia<br />

furono promossi a <strong>in</strong>carichi di prestigio.<br />

Non era poco quello che si richiedeva ai candidati per essere ammessi nelle<br />

scuole reali. Il curriculum di studi non era lieve e il servizio nel palazzo richiedeva<br />

resistenza alla fatica. Perciò occorrevano prestanza fisica e non comuni doti<br />

<strong>in</strong>tellettuali e morali. Nel gruppo dei “figli d’Israele” deportati <strong>in</strong> Babilonia si<br />

scelsero i giovani che possedevano questi requisiti.<br />

L’appellativo “figli d’Israele” <strong>in</strong> quest’epoca designava i sudditi del regno di<br />

Giuda. Il term<strong>in</strong>e ebraico yeladîm non significa necessariamente “fanciulli”,<br />

come traduce qualche versione, tale term<strong>in</strong>e applicandosi a una fascia di età variabile<br />

tra i dieci e i venti anni. “Giov<strong>in</strong>etti” è la traduzione che conviene meglio<br />

qui (vedi Ec 4:13) .<br />

Daniele e i suoi tre compagni dovevano essere formati <strong>in</strong> vista di un <strong>in</strong>ca-<br />

31 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 757.<br />

32 - ibidem, p. 781.<br />

40


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 41<br />

CAPIRE DANIELE<br />

rico da svolgere nel palazzo. “Tal uso è largamente documentato nell’Oriente<br />

(vedi la m<strong>in</strong>accia d’Is 39:7) e più tardi a Roma, ove esso rivela più chiaramente il<br />

f<strong>in</strong>e politico di prepararsi futuri fidati vassalli nei paesi d’orig<strong>in</strong>e” 33.<br />

Le lettere, o meglio la scrittura (rep"s sefer) e la l<strong>in</strong>gua (}O$fl lashon) dei Caldei<br />

di cui si doveva impartire la conoscenza ai giovani deportati, erano <strong>in</strong> sostanza<br />

la scrittura cuneiforme <strong>in</strong> uso nella Mesopotamia e la l<strong>in</strong>gua accadica<br />

nella quale sono redatti tutti i documenti del periodo neo-babilonese.<br />

I Caldei ({yiD:&aK kasdîm) erano un’etnia di stirpe e di l<strong>in</strong>gua aramaiche da<br />

lungo tempo stanziata nella Bassa Mesopotamia. Con Nabopolassar, fondatore<br />

della d<strong>in</strong>astia neo-babilonese, i Caldei assunsero il dom<strong>in</strong>io <strong>in</strong> Babilonia e lo<br />

mantennero per ottantasette anni (626-539 a.C.).<br />

Il term<strong>in</strong>e “Caldei” si applicava anche a una classe di sapienti che coltivavano<br />

accanto a discipl<strong>in</strong>e come l’astronomia, la matematica, le scienze naturali,<br />

anche l’astrologia e la magia. Secondo alcuni, Daniele e i suoi compagni sarebbero<br />

stati avviati allo studio di queste discipl<strong>in</strong>e nonché della l<strong>in</strong>gua aramaica. In<br />

questo commentario si propende per l’altra ipotesi confortati dal presupposto<br />

che i giovani giudei dovevano soprattutto conoscere ed essere <strong>in</strong> grado di usare<br />

la scrittura e la l<strong>in</strong>gua ufficiale dello stato che avrebbero dovuto poi servire.<br />

5 Il re assegnò loro una porzione giornaliera delle vivande della<br />

mensa reale, e del v<strong>in</strong>o ch’egli beveva; e disse di mantenerli per tre<br />

anni, dopo i quali sarebbero passati al servizio del re.<br />

Come candidati della scuola reale i giovani debbono essere mantenuti a spese<br />

della corte. Il re <strong>in</strong> persona dispone che ad essi sia corrisposta una porzione<br />

giornaliera (path-bag) delle vivande della mensa reale e sia servito il v<strong>in</strong>o della<br />

sua cant<strong>in</strong>a. L’usanza è documentata per il tardo periodo persiano del quale esistono<br />

attestazioni più abbondanti che per il periodo neo-babilonese 34.<br />

L’ebraico path significa “pezzo”, “porzione”, ma la forma composta pathbag<br />

dalla maggioranza dei commentatori è fatta derivare dal persiano antico patibaga,<br />

“cibo reale”, ovvero “cibo prelibato” 35.<br />

La durata del curriculum di studi deve essere di tre anni, un costume questo<br />

diffuso nell’Oriente antico e attestato ancora <strong>in</strong> età cristiana 36. Daniele e i suoi<br />

compagni figurano nel novero dei savi di Babilonia (Dn. 2:12, 13) già nell’anno<br />

secondo di Nabucodonosor (Dn. 2:1). Non esiste comunque contraddizione con<br />

1:5 giacché <strong>in</strong> questo luogo la durata della permanenza dei giovani nella scuola<br />

reale è calcolata secondo il metodo <strong>in</strong>clusivo <strong>in</strong> base al quale sono conteggiati<br />

come anni <strong>in</strong>teri le frazioni dell’anno <strong>in</strong>iziale e dell’anno f<strong>in</strong>ale di un determ<strong>in</strong>ato<br />

periodo di tempo. L’educazione babilonese dei giovani ebrei com<strong>in</strong>ciò nell’anno<br />

33 - GIOVANNI RINALDI, Daniele, p. 40.<br />

34 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 758.<br />

35 - Vedi W. GESENIUS, Hebrew-Chaldee Lexicon to the Old Testament, p. 696.<br />

36 - Vedi G.RINALDI, op. cit., p. 41.<br />

41


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 42<br />

CAPITOLO 1<br />

di accessione del re e fu il primo anno, proseguì per tutto il primo anno di regno<br />

e fu il secondo anno, e term<strong>in</strong>ò <strong>in</strong> un momento imprecisato del secondo<br />

anno di regno di Nabucodonosor e fu il terzo anno.<br />

6 Or fra questi c’erano, di tra i figliuoli di Giuda, Daniele, Hanania,<br />

Mishael e Azaria;<br />

Fra i giovani deportati prescelti per essere educati nella scuola reale di Babilonia<br />

c’era un numero imprecisato di sudditi del regno di Giuda (“figli di Giuda”). Il<br />

testo ne nom<strong>in</strong>a quattro: Daniele, che sarà la figura centrale del libro, e Hanania,<br />

Mishael e Azaria che saranno con Daniele protagonisti della parte <strong>in</strong>iziale<br />

dell’episodio riportato nel capitolo due, e da soli della vicenda narrata nel capitolo<br />

tre.<br />

Daniele [l)¢YénfD] “Dio è il mio giudice”, per altri “Dio è il mio giudice”, è un<br />

nome abbastanza comune fra i Semiti. Esso si ritrova presso i Babilonesi, i Sabei<br />

del sud-Arabia, i Palmiregni del nord-Arabia e i Nebatei. In Israele tale nome fu<br />

portato da un figlio di Davide (1Cro 3:1) e da un sacerdote del periodo post-esilico<br />

(Ed 8:2; Ne 10:6) 37. Il nome del protagonista pr<strong>in</strong>cipale del nostro libro è ricordato<br />

tre volte dal profeta Ezechiele (Ez 14:14, 20 e 28:3). È puramente congetturale,<br />

e discutibile, l’identificazione del personaggio ricordato da Ezechiele<br />

col leggendario re Dan’el nom<strong>in</strong>ato nei testi nord-cananei di Ugarit del II millennio<br />

a.C.<br />

Hanania [hæyºnánAx] (“misericordioso è Yahweh”). È un nome che ricorre una<br />

qu<strong>in</strong>dic<strong>in</strong>a di volte nell’Antico Testamento, più frequentemente nei libri post-esilici.<br />

Nella forma accadica Hananiyama è il nome di un giudeo vissuto a Nippur<br />

nel V secolo a.C. Nella forma aramaica il nome è stato letto <strong>in</strong> uno dei papiri di<br />

Elefant<strong>in</strong>a (V secolo a.C.).<br />

Mishael [l")f$yim] (“chi è ciò che Dio è?”), è un nome piuttosto raro nell’Antico<br />

Testamento trovandosi solo tre volte fuori del libro di Daniele: nell’Esodo,<br />

nel Levitico e <strong>in</strong> Nehemia.<br />

Azaria [hæy:rázA(] (“Yahweh ha aiutato”), è un nome portato da ventitré personaggi<br />

dell’Antico Testamento (oltre che da uno dei compagni di Daniele) fra cui<br />

tre re di Giuda, due sommi sacerdoti e un profeta. Fuori della Bibbia il nome è<br />

stato trovato <strong>in</strong> alcune anse di giare, e nella forma Azriau nei testi cuneiformi assiri,<br />

riferito a un re di Giuda.<br />

7 e il capo degli eunuchi diede loro altri nomi: a Daniele pose nome<br />

Beltsatsar; ad Hanania, Shadrac; a Mishael, Meshac, e ad Azaria,<br />

Abed-nego.<br />

Secondo una mentalità diffusa nell’Oriente antico e riscontrabile anche nel Antico<br />

Testamento, il nome esprime la realtà e l’essenza della persona o della cosa<br />

37 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 759.<br />

42


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 43<br />

CAPIRE DANIELE<br />

che lo porta. Nel caso di una persona ne <strong>in</strong>dica anche il dest<strong>in</strong>o, per cui il cambiamento<br />

del nome comporta un mutamento della sua sorte (vedi Ge 17:4-5, 15-<br />

16; 32:27-28). Imporre un nome a qualcuno equivale a imporgli il proprio dom<strong>in</strong>io.<br />

Questo probabilmente è il senso che si deve cogliere nell’imposizione di un<br />

nome nuovo ai quattro ostaggi giudei da parte del funzionario babilonese. La<br />

cosa può anche essere vista come un’<strong>in</strong>tenzione di snazionalizzare questi stranieri<br />

che dovranno servire alla corte di Babilonia.<br />

Casi analoghi nella Bibbia si riscontrano <strong>in</strong> Ge 41:45 (Giuseppe-Tsafnath-Paneach)<br />

e <strong>in</strong> Et 2:7 (Hadassa-Ester). Fuori della Bibbia ci sono noti dai testi assiri<br />

il caso del re Tiglath Pileser III, il quale assunse il nome di Pulu quando c<strong>in</strong>se la<br />

corona di Babilonia, e qualche altro caso.<br />

Belteshazzar [raC)a$:+:l"B] il nome babilonese imposto a Daniele da molti è<br />

considerato traslitterazione di un nome comune <strong>in</strong> Babilonia, Balatsu-usur, “la<br />

sua vita proteggi”, o Balat-sharri-usur, “la vita del re proteggi”. Da altri questa<br />

tesi è resp<strong>in</strong>ta, giacché Nabucodonosor fa derivare il nome babilonese di Daniele<br />

dal nome del suo dio Bel (Dn 4: 8). Da questi autori più disposti a riconoscere<br />

il valore storico di Daniele (H.Leopold, D.J.Wiseman, S.H.Horn) si condivide<br />

la tesi che il nuovo nome di Daniele sia fatto derivare, per contrazione,<br />

dall’accadico Bel-balatsu-usur, “Bel la sua vita (del re) proteggi”, col nome della<br />

div<strong>in</strong>ità pagana omesso per evitare di offendere un pio giudeo col nome di una<br />

div<strong>in</strong>ità a lui estranea. È la tesi che soddisfa di più.<br />

Shadrac [\ar:da$] il nuovo nome imposto ad Hanania, è di oscura etimologia.<br />

È improbabile che sia corruzione di Marduk, il nome della suprema div<strong>in</strong>ità<br />

di Babilonia, o di Shutruk, il nome di una div<strong>in</strong>ità elamitica, come da alcuni è<br />

stato proposto. Né è certo che derivi dall’accadico Shudur-aku, “comando di<br />

Aku”, div<strong>in</strong>ità lunare sumerica (H.Leupold, G.Sarrò). Per alcuni Shadrac sembra<br />

riflettere un nome babilonese attestato nelle fonti cuneiformi, Mishaaku, probabilmente<br />

“Chi è come (il dio) Aku?” (Intenational Standard Bible Encycl.).<br />

Meshac [\a$y"m] è il secondo nome di Mishael; non è documentato nei testi<br />

babilonesi. L’etimologia è assai <strong>in</strong>certa. D.J.Wiseman pensa a un probabile aramaismo<br />

ibrido, mi-sha, “chi è costui?” costruito a somiglianza del nome ebraico<br />

(“che è ciò che Dio è?”). Altri (H.Leupold, J.Carreras, G.R<strong>in</strong>aldi) ipotizzano una<br />

derivazione ibrida da Mi-sha-aku, “chi è ciò che è (il dio) Aku? ”.<br />

Abed-nego [Ogºn d"bA(] è il nome imposto ad Azaria; è sconosciuto alle fonti<br />

cuneiformi note. Generalmente lo si accosta all’accadico Arad-nebo, “servo di<br />

Nebo” (il dio babilonese della sapienza), con <strong>in</strong>tenzionale alterazione di Nebo <strong>in</strong><br />

Nego per evitare di associare una div<strong>in</strong>ità babilonese al nome di un pio figlio<br />

d’Israele.<br />

8 E Daniele prese <strong>in</strong> cuor suo la risoluzione di non contam<strong>in</strong>arsi con<br />

le vivande del re e col v<strong>in</strong>o che il re beveva; e chiese al capo degli eunuchi<br />

di non obbligarlo a contam<strong>in</strong>arsi;<br />

I giovani ebrei debbono fare i conti con una terza e più pericolosa <strong>in</strong>tromissione<br />

del potere dispotico della corte nella loro vita privata, dopo l’educazione babilo-<br />

43


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 44<br />

CAPITOLO 1<br />

nese e il cambiamento del nome. L’acquisizione coatta della cultura babilonese e<br />

l’imposizione di un nome pagano, per quanto siano circostanze <strong>in</strong>desiderate,<br />

non <strong>in</strong>terferiscono tuttavia con le conv<strong>in</strong>zioni e i costumi religiosi dei giovani<br />

deportati, ma l’obbligo di nutrirsi delle vivande e delle bevande della dispensa<br />

reale sì, e questo per almeno quattro ragioni.<br />

La prima è che fra le pietanze che sono servite al sovrano figurano carni<br />

che la legge ebraica proscrive perché impure (Le 11); la seconda consiste<br />

nell’uso <strong>in</strong>valso fuori d’Israele di non dissanguare le carni macellate, una pratica<br />

che contrasta con un pr<strong>in</strong>cipio fondamentale della legge d’Israele (Le 17:11-14);<br />

la terza risiede nel costume pagano di offrire <strong>in</strong> sacrificio agli dèi parte delle<br />

carni dest<strong>in</strong>ate all’alimentazione: consumare quelle carni equivarrebbe per la coscienza<br />

di un pio ebreo a rendere omaggio alle div<strong>in</strong>ità pagane, cosa che anche<br />

a costo della vita egli rifiuterebbe di fare. L’ultimo motivo di contrasto con la disposizione<br />

del re nasce dalle frugali abitud<strong>in</strong>i alimentari di Daniele e dei suoi<br />

compagni le quali mal s’accordano con il menu ed i v<strong>in</strong>i della mensa reale.<br />

Con ferma determ<strong>in</strong>azione Daniele - i suoi amici non sono nom<strong>in</strong>ati -<br />

prende posizione di fronte a questa situazione m<strong>in</strong>acciosa per la sua fede<br />

(“prese <strong>in</strong> cuor suo la risoluzione di non contam<strong>in</strong>arsi”). Tuttavia agisce con prudenza<br />

e accortezza. Non oppone un rifiuto categorico (non ci tiene a sollevare<br />

contro di sé e i suoi compagni una persecuzione non necessaria). Con f<strong>in</strong>e tatto<br />

cerca di farsi dispensare dall’obbligo di nutrirsi coi cibi della mensa reale.<br />

9 e Dio fece trovare a Daniele grazia e compassione presso il capo<br />

degli eunuchi. 10 E il capo degli eunuchi disse a Daniele: “Io temo il<br />

re, mio signore, il quale ha fissato il vostro cibo e le vostre bevande;<br />

e perché vedrebb’egli il vostro volto più triste di quello dei giovani<br />

della vostra medesima età? Voi mettereste <strong>in</strong> pericolo la mia testa<br />

presso il re”.<br />

La div<strong>in</strong>a Provvidenza <strong>in</strong>terviene <strong>in</strong> modi imprevedibili per trarre da una situazione<br />

difficile un essere umano che ha deciso di restare fedele alla propria coscienza<br />

e agisce con ponderazione e avvedutezza. Così avviene per Daniele.<br />

L’uomo potente del palazzo alle cui cure il re ha affidato i giovani deportati,<br />

potrebbe ravvisare nella richiesta di Daniele una sottile volontà di <strong>in</strong>subord<strong>in</strong>azione<br />

e di conseguenza potrebbe reagire con tutto il peso della sua autorità.<br />

Non solo potrebbe opporre un d<strong>in</strong>iego categorico alla domanda di Daniele, ma<br />

potrebbe d’ora <strong>in</strong> poi mostrarsi mal disposto verso di lui e i suoi compagni. Non<br />

avviene nulla di tutto questo, al contrario il capo degli eunuchi si mostra benevolo<br />

e comprensivo verso il prigioniero. La ragione è che Dio ha agito<br />

nell’animo dell’<strong>in</strong>fluente cortigiano. Nondimeno, Ashpenaz non se la sente di assumersi<br />

la responsabilità di cambiare la dieta di Daniele e dei suoi compagni.<br />

Non oppone però un rifiuto reciso e rude, come potrebbe fare, ma a sua volta si<br />

appella alla comprensione del richiedente. La cosa dalla quale costui domanda<br />

di essere dispensato è stata disposta dal re <strong>in</strong> persona. Come potrebbe lui, un<br />

suo fido funzionario, non tenerne conto? Il pallore del volto e il dimagrimento<br />

44


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 45<br />

CAPIRE DANIELE<br />

tradirebbero immancabilmente gli effetti di un’alimentazione frugale (<strong>in</strong>giustificato<br />

pregiudizio di tutti i tempi!) e questo comprometterebbe la sua reputazione<br />

presso il sovrano (“voi mettereste <strong>in</strong> pericolo la mia testa”: non già “mi esporreste<br />

a un pericolo mortale”, ma piuttosto “mettereste a repentaglio la mia posizione<br />

presso il re”).<br />

11 Allora Daniele disse al maggiordomo, al quale il capo degli eunuchi<br />

aveva affidato la cura di Daniele, di Hanania, di Mishael e<br />

d’Azaria: 12 “Ti prego, fa’ coi tuoi servi una prova di dieci giorni, e<br />

ci siano dati de’ legumi per mangiare, e dell’acqua per bere; 13 poi ti<br />

si faccia vedere l’aspetto nostro e l’aspetto de’ giovani che mangiano<br />

le vivande del re; e secondo quel che vedrai, ti regolerai coi tuoi<br />

servi”.<br />

Daniele non disarma di fronte al timore e alla titubanza dell’alto funzionario alle<br />

cui cure lui e i suoi compagni sono affidati. Rivolgerà la stessa richiesta a un funzionario<br />

subalterno. L’ebraico melzar, che Luzzi traduce “maggiordomo” e R<strong>in</strong>aldi<br />

“sorvegliante”, è fatto derivare dall’accadico mazzaru, “economo”, “dispensiere”.<br />

Meno che formulare una richiesta, Daniele propone una sorta di esperimento<br />

per un periodo limitato di tempo, solo dieci giorni, e stavolta vi co<strong>in</strong>volge<br />

i compagni: “Ci siamo dati de’ legumi ({yi(or¢Zah hazzero‘îm) per mangiare e<br />

dell’acqua per bere. Letteralmente l’ebraico zero‘îm significa: “cose sem<strong>in</strong>ate”,<br />

comprende i cereali e i legumi ma anche i vegetali freschi (vedi Is 61:11). “Secondo<br />

la tradizione giudaica il term<strong>in</strong>e comprende anche le bacche e i datteri. E<br />

poiché i datteri costituiscono il pr<strong>in</strong>cipale prodotto alimentare della Mesopotamia,<br />

è verosimile che questo frutto debba qui essere <strong>in</strong>cluso” 38.<br />

Al term<strong>in</strong>e dell’esperimento - propone ancora Daniele - si faccia un confronto<br />

coi giovani che consumano i pasti della mensa reale: l’economo deciderà<br />

sulla base del risultato se dovrà sospendere la loro dieta frugale o se potrà prolungarla<br />

<strong>in</strong>def<strong>in</strong>itamente (“secondo quello che vedrai, ti regolerai coi tuoi servi”).<br />

Evidentemente Daniele ripone una fiducia quasi illimitata nell’esito felice della<br />

prova, <strong>in</strong> parte per la sua fede <strong>in</strong> Dio, <strong>in</strong> parte come risultato di un’esperienza<br />

vissuta <strong>in</strong> prima persona.<br />

14 Quegli accordò loro quanto domandavano, e li mise alla prova<br />

per dieci giorni.<br />

La proposta non comporta rischi: <strong>in</strong> un lasso di tempo così breve gli effetti negativi<br />

sullo stato di salute dei giovani di un regime alimentare strettamente vegetariano<br />

saranno appena percettibili, comunque sufficientemente avvertibili perché<br />

38 - S.D.A. Bible Commentary, IV, 761.<br />

45


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 46<br />

CAPITOLO 1<br />

l’economo se ne accorga, e allora potrà sospenderlo senza <strong>in</strong>dugi.<br />

In tutti i casi egli è tenuto a rendere conto del suo operato al capo degli eunuchi<br />

e non al re, e questo comporta meno rischi. La proposta è accolta con favore<br />

dall’economo, il quale deve comunque avere pensato che l’esito f<strong>in</strong>ale della<br />

prova avrebbe dato torto ai giovani.<br />

15 E alla f<strong>in</strong>e de’ dieci giorni, essi avevano migliore aspetto ed erano<br />

più grassi di tutti i giovani che aveano mangiato le vivande del re. 16<br />

Così il maggiordomo portò via il cibo e il v<strong>in</strong>o ch’eran loro dest<strong>in</strong>ati,<br />

e dette loro de’ legumi.<br />

Certo non senza meraviglia l’economo deve constatare, allo scadere dei dieci<br />

giorni, che il risultato della prova è stato tale da dare pienamente ragione ai giovani<br />

stranieri. Il loro ricupero fisico dopo le fatiche e i disagi del lungo viaggio<br />

dalla Giudea f<strong>in</strong>o a Babilonia è stato sorprendentemente rapido, come si vede<br />

chiaramente dall’aspetto florido delle loro persone. È stato più rapido che per i<br />

giovani nutriti coi cibi prelibati della mensa reale.<br />

“Dio onorò questi giovani per il loro fermo proposito di fare ciò che è giusto.<br />

L’approvazione div<strong>in</strong>a era a loro più cara dei favori dei più potenti signori di<br />

questo mondo, più cara, pers<strong>in</strong>o, della loro vita. Né la loro ferma risoluzione<br />

nacque sotto la pressione di circostanze repent<strong>in</strong>e. F<strong>in</strong> dalla fanciullezza questi<br />

giovani erano stati educati secondo rigorosi pr<strong>in</strong>cipi di temperanza.<br />

Essi non ignoravano gli effetti nocivi di una dieta malsana e da lungo<br />

tempo avevano deciso di non <strong>in</strong>debolire le loro energie fisiche e mentali con<br />

l’<strong>in</strong>dulgere all’appetito” 39. Dal testo non è chiaro se l’economo prendesse per sé<br />

le vivande e il v<strong>in</strong>o dest<strong>in</strong>ati ai giovani oppure li riponesse nella dispensa del<br />

palazzo. La forma grammaticale dell’ebraico si adatta ad esprimere una sistemazione<br />

permanente 40. Daniele e i suoi compagni potranno d’ora <strong>in</strong> poi tranquillamente<br />

attenersi alle regole alimentari prescritte dalla legge di Dio.<br />

17 E a tutti questi quattro giovani Iddio dette conoscenza e <strong>in</strong>telligenza<br />

<strong>in</strong> tutta la letteratura, e sapienza; e Daniele s’<strong>in</strong>tendeva d’ogni<br />

sorta di visioni e di sogni.<br />

L’avere scelto di attenersi senza esitazioni e cedimenti alla legge di Dio, ha reso<br />

approvati davanti a Lui i quattro giovani ebrei, e i favori speciali del cielo non si<br />

sono fatti attendere.<br />

Non solo la floridezza della loro salute e del loro aspetto fisico, ma anche<br />

l’eccellenza del loro vigore <strong>in</strong>tellettuale è apparsa evidente a tutti. Commenta<br />

H.Leupold: “I doni s<strong>in</strong>goli compresi <strong>in</strong> questo dono maggiore elargito da Dio<br />

39 - Ibidem.<br />

40 - H.LEUPOLD, Exposition of Daniel, p. 72.<br />

46


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 47<br />

CAPIRE DANIELE<br />

erano, prima di tutto, la ‘conoscenza’, ((fDam madda‘, cioè la facoltà di penetrare<br />

le nebbie dell’<strong>in</strong>certezza pagana e scoprirvi quanto vi era di realmente vero; <strong>in</strong><br />

secondo luogo la ‘<strong>in</strong>telligenza di tutta la letteratura o scrittura’, cioè una padronanza<br />

di tutti gli scritti esistenti basata su un’acuta <strong>in</strong>tuizione (l"K:&ah haskel, “avere<br />

<strong>in</strong>tuito”); e f<strong>in</strong>almente ‘sapienza’, hfm:kfx chokhmah, cioè capacità di applicare rettamente<br />

la conoscenza acquisita e applicarla nel timore di Dio. Si deve riconoscere<br />

che non si trattava di doni banali, erano, anzi, doni che qualificavano questi<br />

giovani per posizioni di responsabilità” 41.<br />

Oltre ai doni avuti <strong>in</strong> comune con i tre compagni, Daniele riceve <strong>in</strong> più da<br />

Dio lo speciale carisma profetico che farà di lui il portavoce del suo Signore alla<br />

corte del signore di Babilonia: “e Daniele s’<strong>in</strong>tendeva d’ogni sorta di visioni e di<br />

sogni” o, come traduce la Versione della C.E.I.: “e (Dio) rese Daniele <strong>in</strong>terprete<br />

di visioni e di sogni”. La visione (}Ozfx chazôn) è una delle vie per le quali Dio si<br />

rivela ai suoi profeti. Per questa via Egli farà conoscere a Daniele, e per mezzo<br />

di Daniele al suo popolo, le grandi svolte della storia futura f<strong>in</strong>o all’apparire del<br />

messia (cc. 7-9) e ancora oltre, f<strong>in</strong>o al levarsi del Pr<strong>in</strong>cipe Michael per la salvezza<br />

del suo popolo nel giorno della f<strong>in</strong>ale retribuzione (cap. 12).<br />

Il sogno (tOmolAx chalomôth) è un’altra delle vie per le quali può pervenire la<br />

rivelazione di Dio ai suoi profeti e <strong>in</strong> via eccezionale a uom<strong>in</strong>i non dotati del carisma<br />

profetico (Ge 41:1-7,25; Dn 2:1, 27,28). Non si tratta di certo dell’ord<strong>in</strong>ario<br />

fenomeno onirico che <strong>in</strong> Babilonia era creduto un mezzo di comunicazione degli<br />

dèi con gli uom<strong>in</strong>i, ma di un fenomeno del tutto eccezionale, un fenomeno<br />

d’orig<strong>in</strong>e sovrannaturale.<br />

Per mezzo di esso, e con l’<strong>in</strong>termediazione di Daniele come <strong>in</strong>terprete ispirato,<br />

l’Iddio del cielo farà sapere al re Nabucodonosor che è Lui il re dei re della<br />

terra, Colui che li stabilisce sul trono e li depone (cc. 2 e 4).<br />

18 E alla f<strong>in</strong>e del tempo fissato dal re perché quei giovani gli fossero<br />

menati, il capo degli eunuchi li presentò a Nebucadnetsar. 19 Il re<br />

parlò con loro; e fra tutti quei giovani non se ne trovò alcuno che<br />

fosse come Daniele, Hanania, Mishael e Azaria; e questi furono ammessi<br />

al servizio del re.<br />

I giorni fissati dal re nell’arco dei quali doveva essere impartita ai selezionati prigionieri<br />

giudei un’educazione babilonese sono trascorsi, e così come il sovrano<br />

aveva disposto (v. 5) essi debbono ora essere assunti al suo servizio.<br />

Prima però dovrà essere saggiato il loro curriculum culturale, ed è per questo<br />

che il capo degli eunuchi li conduce <strong>in</strong> presenza del sovrano. Dal colloquio<br />

che Nabucodonosor ha con Daniele, Hanania, Mishael e Azaria risulta evidente<br />

la superiorità culturale dei giovani ebrei sui loro coetanei di altre stirpi.<br />

41 - Ibidem, p. 73.<br />

47


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 48<br />

CAPITOLO 1<br />

20 E su tutti i punti che richiedevano sapienza e <strong>in</strong>telletto, e sui quali<br />

il re li <strong>in</strong>terrogasse, il re li trovava dieci volte superiori a tutti i magi<br />

ed astrologi ch’erano <strong>in</strong> tutto il suo regno.<br />

Il sovrano stesso fa da esam<strong>in</strong>atore. Le domande alle quali i candidati debbono<br />

rispondere <strong>in</strong>vestono questioni che richiedono “sapienza e <strong>in</strong>telligenza”. La congiunzione<br />

“e” fra i due sostantivi <strong>in</strong> molte traduzioni moderne è mutuata dalle<br />

antiche versioni.<br />

L’ebraico ha: “sapienza di <strong>in</strong>telligenza” (hænyiB tam:kfx chokmath-bînah). Il<br />

S.D.A. Bible Commentary condivide il parere dei commentatori che hanno percepito<br />

nella costruzione ebraica l’<strong>in</strong>tenzione dell’autore di riferirsi a una forma di<br />

sapienza delle più alte, una sapienza determ<strong>in</strong>ata o regolata dall’<strong>in</strong>telligenza.<br />

“Ciò farebbe pensare che Daniele e i suoi compagni eccelsero sugli uom<strong>in</strong>i esercitanti<br />

la loro stessa professione sia nel campo delle scienze esatte, come l’astronomia<br />

e la matematica, sia <strong>in</strong> materia l<strong>in</strong>guistica: essi dom<strong>in</strong>avano la scrittura cuneiforme<br />

e le l<strong>in</strong>gue babilonese e aramaica nonché la scrittura quadrata aramaica”<br />

42.<br />

Dalle risposte dei candidati su qualsiasi argomento il re li <strong>in</strong>terroghi, questi<br />

scopre che essi superano di dieci volte (tOdæy re&e( ‘eser yadôth, letteralmente<br />

“dieci mani”) “tutti i magi e gli astrologi” del regno (l’espressione “dieci volte”<br />

non va presa alla lettera, “dieci” essendo qui un numero tondo con valore convenzionale<br />

e cioè significante una quantità <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ita superiore a “pochi”).<br />

I “maghi” sono dei sapienti ai quali si riconoscono poteri div<strong>in</strong>atori e taumaturgici.<br />

Il vocabolo applicato da Daniele ai maghi di Babilonia, {yiMu+:raxah chartummîm,<br />

è sconosciuto <strong>in</strong> questa regione. Esso deriva da un term<strong>in</strong>e egiziano<br />

che designa una classe di sacerdoti versati nella sacra scrittura geroglifica 43 e<br />

nelle arti magiche 44. Daniele verosimilmente prende il term<strong>in</strong>e del Pentateuco<br />

ove esso ricorre ripetutamente (Ge 41:8, 24; Es 7:22; 9: 11; De 18:10).<br />

Gli “astrologi” sono dei sacerdoti dediti <strong>in</strong> modo particolare alla pratica<br />

dell’esorcismo. Il term<strong>in</strong>e adoperato da Daniele, {yipf


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 49<br />

scienza nel vero senso della parola. Così come nel Medioevo uom<strong>in</strong>i realmente<br />

eruditi praticavano l’alchimia e astronomi che per altri versi lavoravano scientificamente<br />

e traevano oroscopi, gli esorcisti e gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i dell’antichità erano anche<br />

dediti allo studio di discipl<strong>in</strong>e strettamente scientifiche. Le loro conoscenze<br />

astronomiche avevano raggiunto un grado di sviluppo sorprendentemente elevato,<br />

per quanto l’astronomia babilonese pervenisse al livello più alto dopo la<br />

conquista persiana. Gli astronomi di Babilonia erano <strong>in</strong> grado di predire mediante<br />

il calcolo le eclissi di luna e di sole ed era notevole la loro abilità nel<br />

campo della matematica. Essi adoperavano formule la cui scoperta è generalmente,<br />

ed erroneamente, attribuita ai matematici greci. Erano <strong>in</strong>oltre buoni architetti<br />

e costruttori, nonché medici accettabili che con metodi empirici curavano<br />

non poche malattie. Deve essere stato <strong>in</strong> questi campi dello scibile che Daniele<br />

e i suoi tre compagni eccelsero <strong>in</strong> conoscenza e capacità sui maghi, gli astrologi<br />

e i sapienti di Babilonia” 46.<br />

I Greci “non costruirono dal nulla il loro concetto di scienza da noi ereditato,<br />

ma furono tributari sia su questo punto capitale sia su molti altri, degli antichi<br />

Mesopotamici” 47.<br />

21 Così cont<strong>in</strong>uò Daniele f<strong>in</strong>o al primo anno del re Ciro.<br />

CAPIRE DANIELE<br />

L’anno primo di Ciro è l’anno della caduta di Babilonia, il 539 a.C. Probabilmente<br />

Daniele vuol far sapere ai suoi lettori che egli visse durante tutto il tempo<br />

dell’esilio, com<strong>in</strong>ciato appunto con la sua deportazione nel 605 a.C. L’anno<br />

primo di Ciro comunque non segna il limite estremo della durata della vita di<br />

Daniele giacché egli vive ancora nell’anno terzo di Ciro, il 537 a.C. (Dn 10:1).<br />

Altrove (Dn 6:28) si dice che “Daniele prosperò sotto il regno di Dario, e<br />

sotto il regno di Ciro, il Persiano”. Dal capitolo 6 veniamo a sapere che Daniele<br />

non solo non è stato deposto dal suo <strong>in</strong>carico ufficiale dopo la caduta della d<strong>in</strong>astia<br />

caldea, ma che il nuovo signore di Babilonia pensa addirittura di promuoverlo<br />

ad un più alto <strong>in</strong>carico (v. 3).<br />

Il regno, o meglio il governatorato di Dario il Medo (la cui identità storica<br />

sarà discussa più avanti), deve essere stato assai breve, se Daniele <strong>in</strong> 10:1 pone<br />

l’ultima visione sotto il regno di Ciro e non più sotto il regno di Dario come<br />

aveva fatto (per la visione di 9:1). Il servizio di Daniele alla corte persiana di Babilonia<br />

all’<strong>in</strong>izio del regno di Ciro, a cui sembra alludere Dn 6:28, deve essere<br />

stato di breve durata. Comunque il profeta visse abbastanza sotto l’amm<strong>in</strong>istrazione<br />

persiana (come m<strong>in</strong>imo due anni) perché sia spiegabile l’uso di vocaboli<br />

persiani nel suo libro 48.<br />

46 - S.D.A. Bible Commentary, IV, 763.<br />

47 - J. BOTTERO. Mesopotamia, p. 133.<br />

48 - Cfr. S.D.A. Bible Commentary, IV, 764.<br />

49


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 50<br />

Capitolo 2<br />

____________________________<br />

Un sogno ha <strong>in</strong>terrotto il riposo notturno del re Nabucodonosor e ne ha turbato<br />

lo spirito. Per il Mesopotamico il sogno è un messaggio premonitore, e<br />

Nabucodonosor è un mesopotamico. È perciò conforme allo spirito della cultura<br />

cui egli appartiene che il re di Babilonia convochi nel palazzo i professionisti<br />

dell’arte div<strong>in</strong>atoria perché gli svel<strong>in</strong>o il significato del sogno. L’<strong>in</strong>terpretazione<br />

dei sogni rientra <strong>in</strong>fatti nelle competenze ord<strong>in</strong>arie di questi funzionari dello<br />

stato, ma il re esige più di questo dai suoi <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i, vuole che essi gli svel<strong>in</strong>o il sogno<br />

prima di fornirgliene l’<strong>in</strong>terpretazione.<br />

L’<strong>in</strong>capacità degli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i di rispondere all’assurda richiesta manda <strong>in</strong> collera<br />

il re il quale decreta seduta stante la loro esecuzione capitale. In questo<br />

punto di massima tensione del racconto si <strong>in</strong>serisce l’<strong>in</strong>tervento provvidenziale di<br />

Daniele che con l’aiuto del suo Dio risolve la difficile situazione. Il sogno che Nabucodonosor<br />

sembra avere dimenticato è rivelato a Daniele <strong>in</strong> una visione notturna,<br />

sì che il profeta può a sua volta descriverlo al re prima di dargliene l’<strong>in</strong>terpretazione.<br />

Nabucodonosor riconosce la superiorità di Daniele su tutti i sapienti<br />

di Babilonia, esalta l’Iddio di Daniele e promuove a più alti <strong>in</strong>carichi il rivelatore<br />

e <strong>in</strong>terprete del sogno e i suoi amici.<br />

Il racconto - che come si è visto s’<strong>in</strong>quadra bene nella cornice dell’ambiente<br />

culturale mesopotamico - mira nello stesso tempo ad esaltare la fede di Daniele e<br />

la superiorità di una sapienza che discende dalla fede monoteistica sulla sapienza<br />

dei cultori del politeismo pagano.<br />

Il capitolo secondo di Daniele presenta una peculiarità l<strong>in</strong>guistica difficile<br />

da spiegare: l’ebraico s’<strong>in</strong>terrompe a un terzo del v. 4 e il racconto prosegue <strong>in</strong><br />

l<strong>in</strong>gua aramaica per tutto il capitolo, anzi f<strong>in</strong>o a tutto il capitolo settimo.<br />

1 Il secondo anno del regno di Nebucadnetsar, Nebucadnetsar ebbe<br />

dei sogni; il suo spirito ne fu turbato, e il suo sonno fu rotto.<br />

L’anno secondo di Nabucodonosor corrisponde al 604/603 a.C. se Daniele, come<br />

pare logico, computa gli anni di regno secondo il sistema babilonese (vedi commento<br />

a 1:1). I tre anni di studio nella scuola reale di Babilonia sono trascorsi<br />

(vedi commento a 1:5) e Daniele e i suoi compagni sono già al servizio del re.<br />

In Babilonia, come <strong>in</strong> tutta la Mesopotamia antica, si ravvisava nei sogni<br />

delle premonizioni div<strong>in</strong>e 49 e si crede che solo agli specialisti della div<strong>in</strong>azione<br />

49 - GEORGES CONTENAU, La Civiltà degli Assiri e dei Babilonesi, G<strong>in</strong>evra 1976, p. 141.<br />

50


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 51<br />

CAPIRE DANIELE<br />

potevano capire e svelare il significato dei sogni. Di qui il favore particolare di<br />

cui gode l’oniromanzia (cioè la div<strong>in</strong>azione per mezzo dei sogni) fra tutte le pratiche<br />

div<strong>in</strong>atorie 50.<br />

L’attenzione che i re di questa parte del mondo antico rivolsero ai sogni è<br />

abbondantemente documentata dall’età sumerica f<strong>in</strong>o ai periodi assiro e babilonese.<br />

L’assiriologo Georges Contenau, al quale ci siamo testé riferiti, scrive che<br />

“s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e della storia mesopotamica il numero dei sovrani che furono gratificati<br />

dagli dèi di sogni premonitori non si conta” 51.<br />

L’episodio narrato da Daniele non è dunque un caso isolato nella storia religiosa<br />

del Vic<strong>in</strong>o Oriente antico e meno ancora è un racconto fantasioso. Il turbamento<br />

di Nabucodonosor potrebbe spiegarsi con la vaga <strong>in</strong>tuizione di una premonizione<br />

nefasta.<br />

2 Il re fece chiamare i magi, gli astrologi, gl’<strong>in</strong>cantatori e i Caldei,<br />

perché gli spiegassero i suoi sogni. Ed essi vennero e si presentarono<br />

al re. 3 E il re disse loro: “Ho fatto un sogno; e il mio spirito è<br />

turbato, perché vorrei comprendere il sogno”.<br />

Nabucodonosor convoca nel suo palazzo gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i perché gli spiegh<strong>in</strong>o i sogni<br />

(tOmolAx chalomôth) che lo hanno turbato; nel v. 3 si dice però che il re vuole<br />

comprendere il sogno, al s<strong>in</strong>golare (chalom).<br />

Nabucodonosor deve avere avuto vari sogni, ma uno <strong>in</strong> modo particolare<br />

deve avere colpito la sua immag<strong>in</strong>azione. Nel racconto si rispecchia con realismo<br />

lo spirito religioso dell’antica Mesopotamia, una terra dove la div<strong>in</strong>azione <strong>in</strong><br />

tutte le sue forme, e specialmente nella forma oniromantica (vedi sopra) è stata<br />

sempre <strong>in</strong> grande voga. Il Mesopotamico è conv<strong>in</strong>to che gli dèi possono mandare<br />

agli uom<strong>in</strong>i, attraverso canali diversi, avvertimenti e premonizioni e che la<br />

div<strong>in</strong>azione è il mezzo per venirne a conoscenza 52.<br />

L’esercizio delle pratiche div<strong>in</strong>atorie <strong>in</strong> quest’area dell’Oriente antico è attestato<br />

<strong>in</strong><strong>in</strong>terrottamente dagli <strong>in</strong>izi del secondo millennio a.C. f<strong>in</strong>o all’epoca seleucidica.<br />

Sono numerosi i testi cuneiformi che ne fanno fede. Si conoscono più di un<br />

cent<strong>in</strong>aio di “trattati” div<strong>in</strong>atori con oltre trentamila oracoli 53. La div<strong>in</strong>azione ha<br />

poi un ruolo di primo piano negli affari di stato. “Nessuna decisione importante<br />

- citiamo ancora il prof. Contenau - era presa senza che il re <strong>in</strong>terrogasse gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i”<br />

54. Questi prestigiosi personaggi costituiscono una sorta di corporazione<br />

al servizio del re. “Gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i regali sono addetti a ogni specie di <strong>in</strong>terpreta-<br />

50 - Idem, p. 153.<br />

51 - Idem, p. 139.<br />

52 - Vedi G.CONTENAU, ibidem, p. 138.<br />

53 - Vedi JEAN BATTÉRO, Mesopotamia, p. 134.<br />

54 - La Mesopotamia prima di Alessandro, p. 320<br />

51


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 52<br />

CAPITOLO 2<br />

zioni; sono veri e propri funzionari” 55. La convocazione degli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i di cui<br />

parla Daniele non è dunque un fatto <strong>in</strong>usitato nell’antica Mesopotamia.<br />

Il testo danielico nom<strong>in</strong>a quattro categorie di professionisti della div<strong>in</strong>azione<br />

fatti venire alla corte reale per ord<strong>in</strong>e di Nabucodonosor: chartummîm,<br />

’ashshafîm, mekhashshfîm e kasdîm. Di questi term<strong>in</strong>i ebraici è nota con certezza<br />

o con approssimazione la provenienza.<br />

Chartummîm [{yiMu+:raxa] (<strong>in</strong> aramaico }yiMu+:rax chartummîn; )æYamu+:rax chartummaya’<br />

<strong>in</strong> 4:4), tradotto solitamente “maghi”, non è accostabile a nessun vocabolo<br />

accadico conosciuto. Lo si fa derivare dall’egiziano antico cheridem, “capo dei<br />

maghi” 56, o dal demotico egiziano chr-tp, “sacerdote che proferisce l’oracolo”,<br />

“sacerdote-mago” 57. In Ge 41:2 e 24 sono chiamati chartummîm gli <strong>in</strong>terpreti<br />

egiziani dei sogni, e <strong>in</strong> Es 7:11, 22 e 9:11 lo stesso term<strong>in</strong>e è applicato ai maghi<br />

che contrastano Mosè e Aaronne. Daniele che ha con sé una collezione di libri<br />

sacri (9:2) e che comunque da pio giudeo deve conoscere il Pentateuco, verosimilmente<br />

da questa fonte trae il vocabolo col quale designa la prima categoria di<br />

<strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i babilonesi <strong>in</strong> 2:2.<br />

’Ashshafîm [{yipf


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 53<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Bassa Mesopotamia, i Caldei, sul f<strong>in</strong>ire del VII secolo a.C., con Nabopolassar occuparono<br />

Babilonia e fondarono la d<strong>in</strong>astia neo-babilonese di cui Nabucodonosor<br />

II, figlio e successore di Nabopolassar, fu il rappresentante più illustre. I Caldei<br />

e i Medi, alleatisi <strong>in</strong>sieme, attaccarono il decadente impero assiro nel 614<br />

a.C. e due anni dopo presero e distrussero la capitale N<strong>in</strong>ive.<br />

Nall’Antico Testamento “caldei” come designazione etnica si trova sia nei libri<br />

storici (2Re 25:6, 10; 2Cro 36:19; Ed 5:12) sia nei profeti dei periodi assiro (Is<br />

23:13, ecc...) e babilonese (Gr 52:12, ecc.; Ez 12:13, ecc...). Daniele conosce questa<br />

accezione corrente del term<strong>in</strong>e (Dn 1:4; 9:1), tuttavia, unico fra gli scrittori biblici,<br />

usa il vocabolo anche come denom<strong>in</strong>azione di una categoria sociale (Dn<br />

2:2; 4:7,10; 5:7,11). “Caldei” con questo significato, fuori del libro di Daniele, è<br />

documentato per la prima volta negli scritti di Erodoto (circa 450 a.C.) 59. Lo scrittore<br />

greco parla dei “caldei” come di una casta sacerdotale babilonese. Circa<br />

quattro secoli più tardi usano il sostantivo “caldei” come designazione sociale<br />

due altri storiografi greci, Strabone e Diodoro Siculo.<br />

Per spiegare l’orig<strong>in</strong>e di questa seconda accezione del term<strong>in</strong>e il S.D.A. Bible<br />

Commentary avanza l’ipotesi assai verosimile che i Caldei quando conquistarono<br />

Babilonia occupassero gli <strong>in</strong>carichi ufficiali di maggior prestigio, compreso<br />

il sacerdozio, così che la denom<strong>in</strong>azione etnica f<strong>in</strong>isse per designare l’ufficio<br />

sacerdotale con le attività div<strong>in</strong>atorie accessorie 60.<br />

“Con l’<strong>in</strong>troduzione crescente dell’aramaico ‘Caldei’ divenne un term<strong>in</strong>e per<br />

designare i ‘maghi, gli <strong>in</strong>cantatori e gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i’, dato che questi aspetti dei testi<br />

religiosi babilonesi sopravvissero più a lungo nell’immag<strong>in</strong>azione popolare” 61.<br />

R.W. Wilson, citato da H.C.Leupold 62, accosta l’aramaico kasday’ all’accadico<br />

galdu, un term<strong>in</strong>e che ricorre spesso nei testi di Babilonia come designazione<br />

di una categoria di funzionari addetti al controllo dei progetti pubblici e<br />

nelle cui mansioni dovevano rientrare anche l’astrologia e altre pratiche div<strong>in</strong>atorie,<br />

dato che simili progetti non venivano <strong>in</strong>trapresi o <strong>in</strong>augurati <strong>in</strong> Babilonia<br />

senza il responso favorevole dei pronosticatori.<br />

Secondo le credenze dei Mesopotamici, numerosi erano i canali attraverso i<br />

quali le div<strong>in</strong>ità potevano comunicare con gli uom<strong>in</strong>i, perciò erano altrettanto<br />

numerose le pratiche div<strong>in</strong>atorie dest<strong>in</strong>ate a cogliere e <strong>in</strong>terpretare le presunte rivelazioni<br />

div<strong>in</strong>e.<br />

I presagi potevano essere tratti dai sogni (oniromanzia), dalle stelle (astrologia),<br />

dal fegato delle vittime sacrificate (epatoscopia), dal volo degli uccelli (ornitomanzia),<br />

dalla direzione di caduta di una freccia dalla feretra scossa (belomanzia),<br />

dalle gocce d’olio lasciate cadere <strong>in</strong> un bac<strong>in</strong>o d’acqua<br />

(lecanomanzia), dai movimenti ist<strong>in</strong>tivi di <strong>in</strong>dividui sani e malati (palmomantica<br />

59 - ERODOTO, Le Storie I, 181, 183.<br />

60 - S.D.A. Bible Dictionary, p. 185.<br />

61 - D.J.WISEMAN, <strong>in</strong> International. Standandard. Bible Encyclopaedia, vol. I, p. 632.<br />

62 - H.C.LEUPOLD, Exposition of Daniel, pp. 85-86<br />

53


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 54<br />

CAPITOLO 2<br />

e iatromantica); e ancora: dalle nascite multiple o mostruose, dal luogo di crescita<br />

spontanea di un albero, dal suo stato di rigoglio o di avvizzimento. Ez 21:26<br />

allude alle pratiche della belomanzia e della epastocopia.<br />

4 Allora i Caldei risposero al re, <strong>in</strong> aramaico: “O re, possa tu vivere<br />

<strong>in</strong> perpetuo! Racconta il sogno ai tuoi servi, e noi ne daremo la <strong>in</strong>terpretazione”.<br />

F<strong>in</strong>o alla drammatica conclusione del concitato scontro verbale, gli <strong>in</strong>terlocutori<br />

del re sono i Caldei. Essi parlano a nome di tutti perché evidentemente sono il<br />

gruppo più rappresentativo. I Caldei dicono al re <strong>in</strong> aramaico di descrivere il sogno<br />

e si dichiarano pronti a darne l’<strong>in</strong>terpretazione. Molti commentatori moderni<br />

considerano le parole “<strong>in</strong> aramaico” una glossa, cioè una nota posta <strong>in</strong> marg<strong>in</strong>e<br />

al testo da un ignoto copista e che un copista posteriore avrebbe <strong>in</strong>avvertitamente<br />

<strong>in</strong>trodotto nel testo.<br />

L’avvertenza che da quel punto i Caldei avrebbero parlato <strong>in</strong> aramaico ci<br />

sembra talmente futile che non ce la sentiamo di condividere l’ipotesi della<br />

glossa. Qualunque lettore si sarebbe reso conto da sé del cambiamento di l<strong>in</strong>gua.<br />

Per di più non solo il discorso dei Caldei, ma l’<strong>in</strong>tero testo del libro prosegue<br />

<strong>in</strong> aramaico s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e del capitolo settimo. Ci pare più logico pensare<br />

che i Caldei parlano al re <strong>in</strong> aramaico <strong>in</strong>vece che <strong>in</strong> babilonese - la l<strong>in</strong>gua della<br />

popolazione autoctona - perché l’aramaico è la l<strong>in</strong>gua orig<strong>in</strong>aria della famiglia<br />

reale e della classe dirigente, l’una e l’altra di stirpe caldea come sappiamo.<br />

La frase: “O re, possa tu vivere <strong>in</strong> perpetuo!” è un saluto augurale <strong>in</strong> uso<br />

nelle antiche corti orientali. La formula è attestata altrove nella Bibbia e <strong>in</strong> Daniele<br />

stesso (cfr. 1Re 1:39; Ne 2:3; Dn 3:10; 6:6,21) e anche fuori della Bibbia: un<br />

saluto formulato <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i molto simili si è trovato nei testi babilonesi contemporanei:<br />

“Possano Nabu e Marduk concedere al re mio signore lunghi giorni e<br />

anni <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abili”.<br />

5 Il re replicò, e disse ai Caldei: “La mia decisione è presa: se voi non<br />

mi fate conoscere il sogno e la sua <strong>in</strong>terpretazione, sarete fatti a pezzi;<br />

e le vostre case saran ridotte <strong>in</strong> tanti immondezzai; 6 ma se mi dite il<br />

sogno e la sua <strong>in</strong>terpretazione, riceverete da me doni, ricompensa e<br />

grandi onori; ditemi dunque il sogno e la sua <strong>in</strong>terpretazione”.<br />

Le traduzioni antiche, leggendo l’aramaico )fDºza) ’azda’ come voce verbale (da<br />

’azal, “andar via”, “partire”), rendono le parole di Nabucodonosor ai Caldei: “La<br />

cosa mi è fuggita (di mente)” (Diodati), “La chose m’est échappèe” (Ostervald),<br />

“The th<strong>in</strong>g is gone from me” (K<strong>in</strong>g’s James Version).<br />

Questa comprensione della frase aramaica ha l’appoggio dei LXX e di Rabbi<br />

Rashi che traducono ’azda’ “è sfuggito” 63. Letto così, il testo sembra suggerire<br />

63 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, p. 768.<br />

54


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 55<br />

CAPIRE DANIELE<br />

che i particolari del sogno sono svaniti dalla mente di Nabucodonosor, una circostanza<br />

che pare essere <strong>in</strong> armonia col tenore generale del racconto. I moderni,<br />

leggendo con la maggior parte delle versioni contemporanee ’azda’ come aggettivo<br />

(“certo”, “sicuro”), pensano che Nabucodonosor celasse di proposito il sogno<br />

ai Caldei per saggiarne le capacità div<strong>in</strong>atorie.<br />

Il re è irremovibile nell’esigere che gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i gli descrivano i particolari<br />

del sogno che si sono dileguati nella sua memoria. Per noi moderni è una pretesa<br />

assurda, non lo è per un despota orientale del sesto secolo a.C., tanto più<br />

che i suoi <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i vantano poteri che consentono loro di penetrare misteri<br />

profondi.<br />

Se costoro falliranno, la loro punizione sarà delle più crudeli: i loro corpi<br />

saranno smembrati (<strong>in</strong> aramaico }yimfDah haddamîn, “pezzi”, “frammenti”) e le loro<br />

abitazioni saranno demolite e ridotte <strong>in</strong> letamai. I tiranni orientali erano capaci di<br />

simili atrocità (cfr. 2Maccabei 1:16). Il re assiro Assurbanipal si vanta nelle sue<br />

iscrizioni di avere fatto tagliare a pezzi i pr<strong>in</strong>cipi vassalli che gli si sono ribellati.<br />

Il despota babilonese alterna m<strong>in</strong>acce agghiaccianti e promesse allettanti: i<br />

Caldei e i loro colleghi saranno ricompensati con regale munificenza se si decideranno<br />

a descrivergli il sogno prima di dargliene l’<strong>in</strong>terpretazione.<br />

7 Quelli risposero una seconda volta, e dissero: “Dica il re il sogno ai<br />

suoi servi, e noi ne daremo l’<strong>in</strong>terpretazione”.<br />

I sapienti si rendono conto che non hanno scampo e cercano di prendere<br />

tempo. Con grande cautela (la forma verbale è diversa rispetto al v. 4) essi r<strong>in</strong>novano<br />

al sovrano l’<strong>in</strong>vito ad esporre il sogno dicendosi pronti ad <strong>in</strong>terpretarlo.<br />

8 Il re replicò, e disse: “Io m’accorgo che di certo voi volete guadagnar<br />

tempo, perché vedete che la mia decisione è presa; 9 se dunque<br />

non mi fate conoscere il sogno, non c’è che un’unica sentenza per<br />

voi; e voi vi siete messi d’accordo per dire davanti a me delle parole<br />

bugiarde e perverse, aspettando che mut<strong>in</strong>o i tempi. Perciò ditemi il<br />

sogno, e io saprò che siete <strong>in</strong> grado di darmene l’<strong>in</strong>terpretazione”.<br />

Non sfugge a Nabucodonosor che gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i stanno cercando di guadagnare<br />

tempo (<strong>in</strong> aramaico }yén:bæz ...)ænfDi(‘iddâna’... zavnîn, “comprare tempo”). Il S.D.A.<br />

Bible Commentary ipotizza che la r<strong>in</strong>novata richiesta dei Caldei suscitasse nel re<br />

il sospetto che temporeggiando essi pensassero di cavarsela <strong>in</strong> qualche modo,<br />

chissà, forse sperando che il sovrano concedesse una dilazione e nel frattempo<br />

dimenticasse tutto.<br />

Nabucodonosor, che come ogni mesopotamico è conv<strong>in</strong>to che gli dèi comunicano<br />

con gli uom<strong>in</strong>i tramite i professionisti della div<strong>in</strong>azione, forse crede<br />

ancora che costoro siano <strong>in</strong> grado di rispondere alla sua richiesta, ma che esit<strong>in</strong>o<br />

a farlo a causa di qualche oscuro complotto tramato a suo danno (“vi siete messi<br />

d’accordo per dire davanti a me delle parole bugiarde e perverse”).<br />

Perciò <strong>in</strong>siste nella sua richiesta: se gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i gli dichiareranno il sogno,<br />

55


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 56<br />

CAPITOLO 2<br />

egli saprà che essi sono s<strong>in</strong>ceri e che l’<strong>in</strong>terpretazione che ne daranno sarà<br />

conforme a verità.<br />

10 I Caldei risposero <strong>in</strong> presenza del re, e dissero: “Non c’è uomo<br />

sulla terra che possa far conoscere quello che il re domanda; così<br />

non c’è mai stato re, per grande e potente che fosse, il quale abbia<br />

domandato una cosa siffatta a un mago, a un astrologo, o a un Caldeo.<br />

11 La cosa che il re domanda è ardua; e non v’è alcuno che la<br />

possa far conoscere al re, tranne gli dèi, la cui dimora non è fra i<br />

mortali”.<br />

I Caldei e i loro colleghi hanno vantato il possesso di poteri straord<strong>in</strong>ari: ora si<br />

vedono costretti a riconoscere le loro umanissime limitazioni: “La cosa che il re<br />

domanda è ardua”. Con comprensibile cautela cercano di far comprendere al tiranno<br />

signore di Babilonia che la cosa che egli pretende da loro è al di là delle<br />

possibilità umane, è un segreto nascosto a tutti i mortali e non a loro soltanto:<br />

“non c’è uomo sulla terra che possa far conoscere quello che il re domanda”. Né<br />

vi fu mai sulla terra sovrano, per quanto grande e potente, che avesse preteso<br />

una cosa simile dai suoi <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i.<br />

In fondo è una forma sottile di adulazione: lui, Nabucodonosor, è implicitamente<br />

<strong>in</strong>cluso nella categoria dei re grandi e potenti. Forse sperando che il re diventi<br />

ragionevole e r<strong>in</strong>unci alla sua pretesa nei loro riguardi, i Caldei aggiungono<br />

che quello che il re esige (<strong>in</strong> aramaico hfLim millah, “cosa”, “parola”) è di dom<strong>in</strong>io<br />

degli dèi “la cui dimora non è fra i mortali” (<strong>in</strong> aramaico )fr:&iB bisra’, “carne”),<br />

cioè delle div<strong>in</strong>ità superiori che non hanno rapporti con l’umanità, mentre loro,<br />

gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i, possono soltanto ricevere le comunicazioni delle div<strong>in</strong>ità <strong>in</strong>feriori.<br />

12 A questo, il re s’adirò, montò <strong>in</strong> furia, e ord<strong>in</strong>ò che tutti i savi di<br />

Babilonia fossero fatti perire. 13 E il decreto fu promulgato, e i savi<br />

dovevano essere uccisi...<br />

A nulla è valsa l’abilità dialettica dei caldei: il re è <strong>in</strong>flessibile, per loro e per i<br />

loro colleghi non c’è scampo. La collera montante del sovrano è descritta con efficacia<br />

mediante due proposizioni di cui la seconda rafforza la prima: “e il re<br />

s’adirò, montò <strong>in</strong> furia”. Nella sua ira implacabile Nabucodonosor ord<strong>in</strong>a che<br />

siano messi a morte tutti i sapienti di Babilonia (per la prima volta sono chiamati<br />

“sapienti” - aramaico y"myiKax chakîmê - i professionisti della div<strong>in</strong>azione).<br />

Il re promulga seduta stante il decreto che sentenzia la morte di tutti i sapienti<br />

di Babilonia: da monarca assoluto, egli esercita un potere illimitato che<br />

niente e nessuno è <strong>in</strong> grado di contrastare. Difficile dire se la sentenza riguardi<br />

solo gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i residenti nella città o se co<strong>in</strong>volge anche quelli dispersi nella<br />

prov<strong>in</strong>cia, Babel essendo designazione tanto dell’una che dell’altra.<br />

La proposizione subord<strong>in</strong>ata: “e i savi dovevano essere uccisi” (Luzzi), è<br />

resa da altri: “e i savi erano uccisi” (Diodati), “e già i saggi venivano uccisi” (Versione<br />

CEI). L’aramaico consente quest’ultima traduzione, tuttavia dal confronto<br />

56


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 57<br />

CAPIRE DANIELE<br />

con altri casi di proposizioni coord<strong>in</strong>ate nel testo aramaico di Daniele nelle quali<br />

è presente un rapporto di subord<strong>in</strong>azione, si può ev<strong>in</strong>cere che la prima traduzione<br />

è migliore della seconda 64.<br />

...e si cercavano Daniele e i suoi compagni per uccidere anche loro<br />

Daniele e i suoi amici alla f<strong>in</strong>e dei tre anni di studio nella scuola reale sono stati<br />

ammessi al servizio del re (Dn 1:19). Se ora li si cerca per metterli a morte <strong>in</strong>sieme<br />

coi sapienti di Babilonia vuol dire che essi fanno parte della categoria.<br />

Questo <strong>in</strong> ogni caso non implica che essi pratich<strong>in</strong>o l’esorcismo e la div<strong>in</strong>azione<br />

(dei fedeli israeliti affronterebbero la morte piuttosto che scendere a patti col paganesimo,<br />

vedi Dn 3:16-18).<br />

Nella scuola reale Daniele e i suoi compagni hanno acquisito la conoscenza<br />

della l<strong>in</strong>gua e della letteratura dei Caldei (Dn 1:4), Caldei essendo qui designazione<br />

di nazionalità, non di ufficio. A proposito della cultura di questo popolo, il<br />

Prof. D.J.Wiseman spiega: “I Caldei mantennero le scuole tradizionali babilonesi<br />

<strong>in</strong> Babilonia, Borsippa, Sippar, Uruk e Ur. In queste scuole la ‘letteratura dei Caldei’<br />

(Dn 1:4; 2:2; 4:7; 5:7,11) comprendeva lo studio delle l<strong>in</strong>gue sumerica, accadica<br />

e aramaica (già ‘caldaica’) e di altre l<strong>in</strong>gue ancora, nonché delle vaste letterature<br />

<strong>in</strong> queste l<strong>in</strong>gue.<br />

Facevano parte del curriculum specializzato la storiografia, l’astronomia, la<br />

matematica e le medic<strong>in</strong>a” 65. Se i quattro giovani ebrei non sono stati convocati<br />

nel palazzo <strong>in</strong>sieme con i sapienti, è stato perché, pur facendo parte della categoria,<br />

essi sono ancora dei novizi. Il re ha voluto sollecitare il responso dei rappresentanti<br />

più autorevoli della cultura magica e div<strong>in</strong>atoria.<br />

14 Allora Daniele si rivolse <strong>in</strong> modo prudente e sensato ad Arioc,<br />

capo delle guardie del re, il quale era uscito per uccidere i savi di<br />

Babilonia. 15 Prese la parola e disse ad Arioc, ufficiale del re: “Perché<br />

questo decreto così perentorio da parte del re?” Allora Arioc<br />

fece sapere la cosa a Daniele.<br />

In Babilonia l’esecuzione delle pene capitali spetta al capo della guardia<br />

reale (<strong>in</strong> aramaico) )æYaxfBa+ tabbachayya’, un ufficio paragonabile grosso modo a<br />

quello dell’odierno capo della polizia. Evidentemente il capo della guardia reale<br />

ricopre anche l’<strong>in</strong>carico di capo dei carnefici. Arioc si dà subito da fare per eseguire<br />

la sentenza del re di cui Daniele viene a conoscenza per esserne co<strong>in</strong>volto<br />

<strong>in</strong>sieme coi suoi compagni. Daniele <strong>in</strong>terviene senza <strong>in</strong>dugio, forse prima che<br />

com<strong>in</strong>ci la strage. Deve usare un tatto non comune per farsi ascoltare dal potente<br />

personaggio. Egli ha saputo che una sentenza di morte è stata pronunciata<br />

a carico di tutti i savi di Babilonia e deve essere eseguita con rapidità, ma ne<br />

64 - Cfr. H.C.LEUPOLD, op. cit., pp. 93-94.<br />

65 - D.J.WISEMAN, International Standard Bible Encyclopedia, vol. I, p. 632.<br />

57


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 58<br />

CAPITOLO 2<br />

ignora il motivo. Perciò domanda una spiegazione ad Arioc “ufficiale del re” (<strong>in</strong><br />

aramaico) )fK:lam-yid )f+yiLa$ shallîta’ dî-malka’, un attributo che sottol<strong>in</strong>ea il potere<br />

eccezionale di cui l’alto funzionario è rivestito). L’aramaico hfp:c:xah:m mehachzfah<br />

giustamente è tradotto “perentorio”, che è più che “urgente”. In sostanza Daniele<br />

vuole sapere perché il decreto del re non ammette dilazione. Arioc, col quale<br />

probabilmente il profeta <strong>in</strong>trattiene un buon rapporto di amicizia, fornisce al suo<br />

<strong>in</strong>terlocutore la spiegazione richiesta e verosimilmente, fidando nella capacità di<br />

Daniele di sciogliere l’enigma del re, sospende l’esecuzione dei savi di Babilonia.<br />

16 E Daniele entrò dal re, e gli chiese di dargli tempo; che avrebbe<br />

fatto conoscere al re l’<strong>in</strong>terpretazione del sogno.<br />

Nessuno può presentarsi davanti al sovrano senza esserne stato convocato o<br />

quanto meno senza farsi annunciare (Et 4:11). Questa procedura, omessa forse<br />

per motivo di concisione stilistica, deve darsi per scontata (cfr. v. 24).<br />

Daniele non sa ancora niente sul sogno e sul suo significato quando afferma<br />

con sicurezza davanti a Nabucodonosor che gli svelerà il segreto. Non è il<br />

gesto avventato di un uomo <strong>in</strong> pericolo di vita che cerca disperatamente di guadagnare<br />

tempo; Daniele crede a quello che dice perché crede all’onnipotenza e<br />

alla bontà del suo Dio. La fede di Daniele è davvero “certezza di cose che si<br />

sperano e dimostrazione di cose che non si vedono! (Eb 11:1).<br />

Nabucodonosor verosimilmente accorda la proroga richiesta dal giovane sapiente<br />

giudeo, perché a differenza dei Caldei (v.7) costui non ha posto come<br />

precondizione la conoscenza del sogno per darne l’<strong>in</strong>terpretazione, ma ha dichiarato<br />

con risolutezza che fornirà al re quella <strong>in</strong>terpretazione.<br />

17 Allora Daniele andò a casa sua, e <strong>in</strong>formò della cosa Hanania, Mishael<br />

e Azaria, suoi compagni, 18 perché implorassero la misericordia<br />

dell’Iddio del cielo, a proposito di questo segreto, onde Daniele e i suoi<br />

compagni non fossero messi a morte col resto dei savi di Babilonia.<br />

I quattro giovani giudei fanno parte della categoria sociale sulla quale grava<br />

come una spada di Damocle la spietata sentenza di Nabucodonosor. Il pensiero<br />

del giovane profeta si volge all’“Iddio del cielo” da cui soltanto può venire la salvezza.<br />

Daniele è certo che l’Iddio del cielo risponderà alle preghiere sue e dei<br />

suoi compagni, come avrebbe potuto altrimenti farsi <strong>in</strong>trodurre alla presenza del<br />

re e dichiarargli <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i perentori che gli avrebbe svelato il sogno?<br />

Non per questo però reputa superfluo cercare nella preghiera l’aiuto di Dio.<br />

Per quanto Daniele e i suoi compagni nella corte pagana abbiano sempre onorato<br />

la loro fede con una condotta limpida e senza mai scendere a compromessi<br />

col paganesimo (cfr. 1:8, 11-12), essi non pensano affatto di avere per questo dei<br />

meriti personali da far valere davanti a Dio.<br />

Come è nel suo stile (cfr. 9:18), Daniele si affida soltanto alla misericordia<br />

dell’Iddio del cielo (l’espressione “Iddio del cielo” suona polemica nei confronti<br />

della religione astrale babilonese). Daniele dice candidamente e onestamente<br />

58


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 59<br />

CAPIRE DANIELE<br />

che è per avere salva la vita che lui e i suoi amici domandano a Dio di rivelare<br />

loro il segreto che Nabucodonosor vuole conoscere. Non è viltà per un uomo<br />

retto cercare di scampare alla morte quando non sia messa <strong>in</strong> gioco la fedeltà a<br />

Dio e alla sua legge. La vita dei figli di Dio è servizio e missione: accettarne sup<strong>in</strong>amente<br />

il sacrificio quando non sia necessario farebbe soltanto il gioco del<br />

nemico dell’Iddio del cielo perché la sua opera sulla terra sarebbe privata di<br />

energie e talenti di cui essa ha tanto bisogno.<br />

19 Allora il segreto fu rivelato a Daniele <strong>in</strong> una visione notturna. E<br />

Daniele benedisse l’Iddio del cielo.<br />

La rivelazione che Daniele riceve <strong>in</strong> una visione notturna è la risposta alla preghiera<br />

sua e dei suoi compagni. La visione (<strong>in</strong> aramaico )æw: zeh:B bechezwah, forma<br />

enfatica di chezû, corrispondente all’ebraico chazôn) è la via per la quale il Signore<br />

si rivela ai profeti del suo popolo.<br />

Il sogno (<strong>in</strong> aramaico chalôm) è una via di rivelazione div<strong>in</strong>a secondaria attraverso<br />

la quale Dio talvolta fa pervenire avvertimenti e premonizioni a uom<strong>in</strong>i<br />

alieni dal suo popolo. Daniele non dimentica di r<strong>in</strong>graziare Dio dopo avere ricevuto<br />

quanto aveva domandato a Lui <strong>in</strong> preghiera.<br />

20 Daniele prese a dire: “Sia benedetto il nome di Dio, d’eternità <strong>in</strong><br />

eternità! Poiché a lui appartengono la sapienza e la forza. 21 Egli<br />

muta i tempi e le stagioni; depone i re e li stabilisce, dà la sapienza<br />

ai savi, e la scienza a quelli che hanno <strong>in</strong>telletto. 22 Egli rivela le cose<br />

profonde e occulte; conosce ciò ch’è nelle tenebre, e la luce dimora<br />

con lui. 23 O Dio de’ miei padri, io ti rendo gloria e lode, perché<br />

m’hai dato sapienza e forza, e m’hai fatto conoscere quello che t’abbiam<br />

domandato, rivelandoci la cosa che il re vuole”.<br />

Questa pericope <strong>in</strong> versi è stata def<strong>in</strong>ita “il salmo di Daniele” 66. In effetti sia la<br />

forma letteraria che il tenore del contenuto fanno pensare a un salmo laudativo.<br />

Dalle analogie con espressioni poetiche parallele nel salterio, <strong>in</strong> Giobbe e <strong>in</strong><br />

Isaia, l’autore citato sopra deduce una vasta conoscenza delle Scritture da parte<br />

di Daniele.<br />

In questa bella preghiera il profeta anzitutto benedice il nome di Dio<br />

()fhflE)-yiD H"m:$ shemeh dî-’elaha’). Il nome tra i Semiti sta per la persona che lo<br />

porta. Jahvé è il sacro Nome col quale Dio si è rivelato ai padri per mezzo di<br />

Mosè (Es 3:15), il Nome <strong>in</strong>effabile che esprime la totale alterità e atemporalità<br />

del Dio d’Israele. A Lui Daniele ascrive gli attributi della sapienza e della forza e<br />

riconosce il potere di mutare tempi e stagioni (“tempi”, )æYánfDi(‘iddanayya’ equivale<br />

probabilmente ad anni, “stagioni”, )æYán:méz zimnayya’, a periodi di più breve<br />

durata). “In questa espressione - nota Montgomery citato da Leupold - c’è una<br />

66 - LEUPOLD, op. cit.<br />

59


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 60<br />

CAPITOLO 2<br />

sfida al fatalismo della religione astrale babilonese”. Dio, <strong>in</strong> effetti, ha il controllo<br />

del tempo: è Lui che determ<strong>in</strong>a la durata dei regni e delle d<strong>in</strong>astie, è Lui che stabilisce<br />

i re sul trono e li depone. È la filosofia della storia che soggiace a tutto il<br />

libro di Daniele (cfr. 4:17,25,32; 5:21).<br />

Da Dio - riconosce ancora Daniele - discende la vera sapienza ()ft:m:kfx<br />

chokhmetha’) che rende gli uom<strong>in</strong>i savi (}yimyiKax chakhîmîn), e da Lui procede la<br />

vera scienza (hænyiB bh<strong>in</strong>ah). Ma soprattutto Daniele esalta il potere di Dio di rivelare<br />

agli uom<strong>in</strong>i cose che altrimenti resterebbero a loro per sempre occulte e impenetrabili,<br />

e questo potere precisamente Egli ha esercitato <strong>in</strong> favore dei suoi<br />

servi fedeli.<br />

Daniele chiude la sua bella preghiera col rendere lode e gloria all’Iddio dei<br />

padri che lo ha dotato di sapienza e di forza (l’aramaico gevurtha’ secondo Leupold<br />

si tradurrebbe meglio “abilità”: si tratterebbe della capacità di risolvere il<br />

problema del momento) e gli ha fatto conoscere il segreto per il quale egli e i<br />

suoi compagni lo hanno <strong>in</strong>vocato, svelando a lui, Daniele, “la cosa” (aramaico<br />

millâh) che il re vuole.<br />

24 Daniele entrò qu<strong>in</strong>di da Arioc, a cui il re aveva dato l’<strong>in</strong>carico di<br />

far perire i savi di Babilonia; entrò, e gli disse così: “Non far perire i<br />

savi di Babilonia! Conducimi davanti al re, e io darò al re l’<strong>in</strong>terpretazione”.<br />

Daniele non può presentarsi davanti al re se non accompagnato e <strong>in</strong>trodotto da<br />

qualcuno che sia preposto a tale ufficio. Questo dettaglio, sottaciuto nel v. 16,<br />

qui è dichiarato <strong>in</strong> modo esplicito. Daniele contatta Arioc per farsi <strong>in</strong>trodurre alla<br />

presenza del sovrano. Ancora una volta è sottol<strong>in</strong>eato l’<strong>in</strong>carico crudele di cui è<br />

stato <strong>in</strong>vestito il capo della guardia reale.<br />

È da notare la nobile premura di Daniele verso i condannati a morte. La<br />

prima richiesta che rivolge al potente funzionario che ha nelle mani la loro vita è<br />

di non farli perire.<br />

Se Daniele e i suoi compagni si fossero trovati essi soltanto <strong>in</strong> una situazione<br />

siffatta ci sarebbe stato qualcuno disposto a <strong>in</strong>tercedere per la loro vita?<br />

“Gli empi non sanno quanto siano debitori ai giusti. Eppure quante volte i malvagi<br />

non hanno messo <strong>in</strong> ridicolo e perseguitato coloro ai quali dovettero la<br />

vita” 67. Daniele dunque domanda ad Arioc di risparmiare la vita dei savi di Babilonia<br />

e di condurlo dal re al quale svelerà il significato del sogno (è perché ha la<br />

certezza di possedere questo segreto che egli sa di potere osare tanto).<br />

60<br />

25 Allora Arioc menò <strong>in</strong> tutta fretta Daniele davanti al re, e gli parlò<br />

così: “Io ha trovato, fra i Giudei che sono <strong>in</strong> cattività, un uomo che<br />

darà al re l’<strong>in</strong>terpretazione”.<br />

67 - S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 770


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 61<br />

CAPIRE DANIELE<br />

La fretta (hflfh:B:tih:B behithbehalah) con cui Arioc conduce Daniele dal re è motivata<br />

dalla contentezza che sia stato scoperto il segreto che preme al sovrano,<br />

come suppone il S.D.A. Bible Commentary, oppure dal fatto che <strong>in</strong>combe una<br />

scadenza improrogabile, forse la dilazione che il re ha concesso a Daniele (v.<br />

16)? A noi sembra più probabile questa seconda ipotesi.<br />

Se essa è corretta, si può immag<strong>in</strong>are con quanto sollievo Arioc possa avere<br />

accolto la richiesta dell’esule giudeo. Una carnefic<strong>in</strong>a, che oltretutto co<strong>in</strong>volge gli<br />

uom<strong>in</strong>i più illustri del paese e forse anche degli amici personali del capo della<br />

guardia non deve essere un compito facile neppure per un uomo duro e abituato<br />

a ubbidire ciecamente come quest’ultimo.<br />

Arioc vuole avere un ruolo di protagonista nella drammatica vicenda: si attribuisce<br />

il merito di avere scoperto lui fra i Giudei deportati <strong>in</strong> Babilonia, un<br />

uomo che potrà svelare il segreto del re. Il dettaglio sembra <strong>in</strong>congruente. Infatti<br />

Nabucodonosor sa che questo giudeo gli fornirà l’<strong>in</strong>terpretazione del sogno (v.<br />

16). L’<strong>in</strong>congruenza comunque cade se si ammette che Arioc possa avere ignorato<br />

tale circostanza.<br />

Il v. 16, come si è visto, sott<strong>in</strong>tende che qualcuno abbia <strong>in</strong>trodotto Daniele<br />

<strong>in</strong> presenza del sovrano la prima volta, ma questi può non essere stato il capo<br />

della guardia del re.<br />

26 Il re prese a dire a Daniele, che si chiamava Beltsatsar: “Sei tu capace<br />

di farmi conoscere il sogno che ho fatto e la sua <strong>in</strong>terpretazione?”<br />

Il nome orig<strong>in</strong>ario del profeta evoca le sue radici giudaiche, il nome babilonese<br />

ricorda realisticamente che egli è sottoposto alla sovranità ed è al servizio del re<br />

di Babilonia.<br />

Sorvolando i prelim<strong>in</strong>ari, Nabucodonosor menziona subito il problema che<br />

lo assilla: “Sei tu capace di farmi conoscere il sogno...?” La domanda sembra suggerire<br />

<strong>in</strong> primo luogo che la rivelazione del sogno prema al re quanto la sua <strong>in</strong>terpretazione<br />

se non più, secondariamente che Nabucodonosor sia tuttora conv<strong>in</strong>to<br />

che un uomo dotato di vere virtù div<strong>in</strong>atorie debba essere capace di <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>are<br />

il sogno di un altro uomo (“Sei tu capace...?”), e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e che un’ombra di<br />

scetticismo attenui le aspettative del re, cosa peraltro comprensibile dopo il fallimento<br />

dei celebrati sapienti di Babilonia.<br />

27 Daniele rispose <strong>in</strong> presenza del re, e disse: “Il segreto che il re domanda,<br />

né savi, né <strong>in</strong>cantatori, né magi, né astrologi possono svelarlo<br />

al re; 28 ma v’è nel cielo un Dio che rivela i segreti, ed egli ha<br />

fatto conoscere al re Nebucadnetsar quello che avverrà negli ultimi<br />

giorni...<br />

“Daniele rispose <strong>in</strong> presenza del re...”. Colui alla cui presenza è stato condotto<br />

questo deportato giudeo, e alla cui domanda deve adesso rispondere, non è un<br />

mortale qualunque, è il re di Babilonia, il potente signore che dom<strong>in</strong>a su una va-<br />

61


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 62<br />

CAPITOLO 2<br />

sta area del mondo abitato (cfr. v. 38), il despota crudele che dispone a suo talento<br />

della vita e della morte dei suoi sudditi (cfr. v. 12).<br />

Al contrario dell’<strong>in</strong>terpellante, che viene subito al sodo, l’<strong>in</strong>terpellato esordisce<br />

con un breve preambolo. Le parole <strong>in</strong>troduttive del profeta tradiscono la sua<br />

preoccupazione dom<strong>in</strong>ante che è di rendere onore e gloria all’Iddio Unico davanti<br />

a questo dom<strong>in</strong>atore pagano la cui visione religiosa è popolata di una moltitud<strong>in</strong>e<br />

di div<strong>in</strong>ità.<br />

Prima di tutto Daniele dichiara la totale impotenza umana di fronte alla richiesta<br />

del re, preparando <strong>in</strong> tal modo il terreno per la glorificazione di Dio: “Il<br />

segreto che il re domanda, né savi, né <strong>in</strong>cantatori, né magi, né astrologi possono<br />

svelarlo al re”. Alle categorie di <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i già menzionate (v. 2) se ne aggiunge<br />

una nuova, quella dei gazrîn, term<strong>in</strong>e che viene correttamente tradotto “astrologi”<br />

(vedi il commento ai vv. 2 e 3).<br />

La premessa ha aperto la via ad un’affermazione ardita che occupa il centro<br />

dei pensieri di Daniele: “v’è nel cielo un Dio che rivela i segreti…”<br />

Quello che Daniele ha detto f<strong>in</strong> qui <strong>in</strong> sostanza non differisce da quello che<br />

avevano detto i Caldei. Costoro <strong>in</strong>fatti avevano dichiarato: “Non c’è uomo sulla<br />

terra che possa far conoscere quello che il re domanda tranne gli dèi la cui dimora<br />

non è fra i mortali” (vv. 10,11). La sola differenza - e non certo di poco<br />

conto - sta nella contrapposizione radicale tra la visione monoteistica di Daniele<br />

(“un Dio”) e la concezione politeistica degli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i pagani (“gli dèi”).<br />

Daniele, dunque, ha sostanzialmente ribadito un concetto già noto a Nabucodonosor,<br />

un concetto che aveva eccitato l’ira violenta del re (v. 12). Ma adesso<br />

giunge la rivelazione che appagherà la sua aspettativa. L’Iddio del cielo che rivela<br />

i segreti “ha fatto conoscere al re Nebucadnetsar quello che avverrà negli<br />

ultimi giorni”. L’espressione aramaica )æYamOy tyirAxa):B be‘acharîth yomayya‘ <strong>in</strong>dica<br />

lo scadere di un periodo futuro di tempo la cui estensione sarà determ<strong>in</strong>ata dalla<br />

successione degli eventi rivelati nel sogno.<br />

Non Bel-Marduk, il signore supremo del pantheon babilonese, non suo figlio<br />

Nebo, il dio della scienza il cui nome è <strong>in</strong>corporato nel nome del re, ma l’Iddio<br />

del cielo, il vero e unico conoscitore dei segreti, è Quegli che ha voluto far<br />

conoscere al re Nabucodonosor il corso futuro degli eventi f<strong>in</strong>o alla consumazione<br />

dei secoli (è già del<strong>in</strong>eato il significato fondamentale della rivelazione).<br />

28b ... Ecco quali erano il tuo sogno e le visioni della tua mente<br />

quand’eri a letto. 29 I tuoi pensieri, o re, quand’eri a letto, si riferivano<br />

a quello che deve avvenire da ora <strong>in</strong>nanzi; e colui che rivela i<br />

segreti t’ha fatto conoscere quello che avverrà.<br />

“Sogno” (<strong>in</strong> aramaico chelem) si riferisce probabilmente all’oggetto globale<br />

dell’esperienza onirica, “visioni” (<strong>in</strong> aramaico chezwê) ai particolari. Il sogno che<br />

ha suscitato <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e nell’animo del re non è stato un fatto accidentale. Per<br />

illum<strong>in</strong>azione div<strong>in</strong>a Daniele conosce, e svelerà al re, non solo il sogno e la sua<br />

<strong>in</strong>terpretazione, ma f<strong>in</strong>anche la circostanza che lo ha preceduto e <strong>in</strong> qualche<br />

modo determ<strong>in</strong>ato. Disteso nel suo letto regale, Nabucodonosor stentava a pren-<br />

62


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 63<br />

CAPIRE DANIELE<br />

dere sonno e i suoi pensieri vagavano nell’oscurità impenetrabile che cela agli<br />

uom<strong>in</strong>i il futuro. Con un seguito di rapide e fortunate campagne militari, il sovrano<br />

della nuova Babilonia ha creato un impero che si estende dalle rive del<br />

Golfo Persico alle sponde del Mediterraneo e raccoglie entro i suoi conf<strong>in</strong>i etnie<br />

differenziate per l<strong>in</strong>guaggi e tradizioni culturali e religiose.<br />

Quanto a Babilonia, egli ha <strong>in</strong> mente progetti ambiziosi per farne la metropoli<br />

più splendida del mondo. Ma quali sorprese riserba il futuro immediato? E<br />

quale sorte sarà riservata al vasto impero e alla sua superba capitale dopo di lui?<br />

L’Iddio del cielo, sconosciuto a Nabucodonosor ma che Daniele serve e adora, si<br />

è degnato di far conoscere al re tutto questo e ancora più di questo. Lo ha fatto<br />

per una via che tocca particolarmente la sensibilità del re come di ogni mesopotamico:<br />

il sogno.<br />

Una forma oscura di rivelazione, sicuramente, ma appunto per questo tale<br />

da richiedere l’<strong>in</strong>tervento dei professionisti della div<strong>in</strong>azione, col risultato, imprevedibile<br />

per Nabucodonosor, che si paleseranno da una parte l’impotenza degli<br />

<strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i pagani e qu<strong>in</strong>di delle div<strong>in</strong>ità che essi evocano, e dall’altra l’illum<strong>in</strong>azione<br />

di Daniele e conseguentemente il potere del Dio che egli serve.<br />

30 E quanto a me, questo segreto m’è stato rivelato, non per una sapienza<br />

ch’io possegga superiore a quella di tutti gli altri viventi, ma<br />

perché l’<strong>in</strong>terpretazione ne sia data al re, e tu possa conoscere quel<br />

che preoccupava il tuo cuore.<br />

Con umiltà e onestà Daniele mette da parte la sua persona e di nuovo glorifica<br />

pur senza nom<strong>in</strong>arlo l’Iddio del cielo che ha risposto all’<strong>in</strong>vocazione sua e dei<br />

suoi compagni.<br />

Se egli conosce il segreto del re - dice Daniele <strong>in</strong> perfetta coerenza con<br />

quanto aveva premesso al v. 27 - è perché gli è stato rivelato, e non perché egli<br />

sia <strong>in</strong> possesso di una sapienza che sopravanzi ogni umana conoscenza.<br />

Il segreto gli è stato rivelato al solo scopo di far conoscere al re Nabucodonosor<br />

la giusta <strong>in</strong>terpretazione del sogno e con esso la risposta del cielo agli <strong>in</strong>terrogativi<br />

che lo avevano turbato prima di addormentarsi.<br />

31 Tu, o re, guardavi, ed ecco una grande statua; questa statua,<br />

ch’era immensa e d’uno splendore straord<strong>in</strong>ario, si ergeva d<strong>in</strong>anzi<br />

a te, e il suo aspetto era terribile.<br />

Nel sogno era parso a Nabucodonosor che una statua di smisurata grandezza si<br />

ergesse davanti a lui. L’imponenza della figura plastica è enfatizzata dall’<strong>in</strong>terprete<br />

con un duplice riferimento alla sua dimensione: “una grande statua”<br />

()yiGa& dax {"l:c tzelem chad sagghî’), e: “questa statua che era immensa”<br />

(bar }"KiD )fm:lac tzalma’ diken rav). Abbaglianti riflessi metallici conferivano alla gigantesca<br />

figura un aspetto se possibile ancor più terrificante. Si può immag<strong>in</strong>are<br />

lo stupore ammirato del sovrano mentre Daniele gli descrive con precisione il<br />

sogno che era svanito dalla sua mente.<br />

63


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 64<br />

CAPITOLO 2<br />

32 La testa di questa statua era d’oro f<strong>in</strong>o; il suo petto e le sue braccia<br />

eran d’argento; il suo ventre e le sue cosce, di rame; 33 le sue<br />

gambe, di ferro; i suoi piedi, <strong>in</strong> parte di ferro e <strong>in</strong> parte d’argilla.<br />

Dopo una sommaria presentazione d’<strong>in</strong>sieme dell’immag<strong>in</strong>e onirica, il profeta<br />

passa a descriverla nei dettagli. Quattro metalli di valore e lucentezza decrescenti<br />

si susseguivano dall’alto verso il basso. D’oro f<strong>in</strong>o parevano essere fatti il capo e<br />

il collo, e di argento lucido il torace con le spalle e le braccia.<br />

Il ventre e le cosce sembravano essere di rame (l’aramaico $fxºn nechâsh può<br />

anche tradursi “bronzo”, e forse questa è la traduzione che si addice meglio,<br />

giacché nell’antichità questa lega metallica era più comune del rame puro come<br />

è attestato dall’abbondanza di oggetti di bronzo r<strong>in</strong>venuti dagli archeologi). Inf<strong>in</strong>e<br />

le gambe della grande statua sembravano essere di ferro, un metallo che nel<br />

Vic<strong>in</strong>o Oriente si diffuse a partire dal XIII secolo a.C. f<strong>in</strong> quasi a soppiantare il<br />

bronzo.<br />

L’impressione poteva essere quella di una formidabile solidità, stante la durezza<br />

e la compattezza dei metalli; <strong>in</strong> realtà l’<strong>in</strong>coerente amalgama di ferro e argilla<br />

su cui il colosso poggiava rendeva quest’ultimo estremamente fragile. G.R<strong>in</strong>aldi<br />

(op. cit., pp. 52, 54) suppone che i piedi fossero di creta con un rivestimento<br />

esterno di ferro (“<strong>in</strong> parte di ferro e <strong>in</strong> parte d’argilla”), ma l’espressione<br />

del v. 41: “il ferro mescolato con la molle argilla (rfxep-yiD vasAx “argilla da vasaio”),<br />

(R<strong>in</strong>aldi: “creta fangosa”), fa pensare piuttosto a un miscuglio di argilla e pezzetti<br />

di ferro. Il term<strong>in</strong>e aramaico tradotto “argilla”, vasAx chasaf, denota piuttosto il manufatto<br />

che non la materia con cui lo si modella. “Terracotta” sarebbe una traduzione<br />

più appropriata.<br />

34 Tu stavi guardando, quand’ecco una pietra si staccò, senz’opera<br />

di mano, e colpì i piedi di ferro e d’argilla della statua, e li frantumò.<br />

35 Allora il ferro, l’argilla, il rame, l’argento e l’oro furon frantumati<br />

<strong>in</strong>sieme, e diventarono come la pula sulle aie d’estate; il vento li<br />

portò via, e non se ne trovò più traccia; ma la pietra che aveva colpito<br />

la statua diventò un gran monte, che riempì tutta la terra.<br />

La scena, f<strong>in</strong>ora statica, d’un colpo si fa movimentata. Una pietra non mossa da<br />

mano umana si stacca da un monte che fiancheggia la statua e va a colpirla nella<br />

parte più fragile. Immediatamente il colosso, che pareva <strong>in</strong>distruttibile, si affloscia<br />

su se stesso riducendosi <strong>in</strong> m<strong>in</strong>uti frammenti d’oro, d’argento, di bronzo, di<br />

ferro e di terracotta subito dispersi dal vento. La totale sparizione dei frammenti<br />

è sottol<strong>in</strong>eata con l’espressione: “non se ne trovò più traccia” (letteralmente “non<br />

si trovò più posto per essi”).<br />

Il sasso che provocò tanto sfacelo crebbe a dismisura f<strong>in</strong>o a diventare una<br />

montagna grande quanto la terra (la “terra”, )f(:ra) ’ar‘a’ <strong>in</strong> aramaico, è l’area circostante<br />

la statua che il soggetto sognante poteva abbracciare con lo sguardo).<br />

I metalli (v. 35) sono nom<strong>in</strong>ati <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong>verso rispetto ai vv. 32 e 33 perché<br />

la statua com<strong>in</strong>cia a dis<strong>in</strong>tegrarsi dal basso, dove la pietra l’ha colpita.<br />

64


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 65<br />

CAPIRE DANIELE<br />

36 Questo è il sogno; ora ne daremo l’<strong>in</strong>terpretazione davanti al re.<br />

Proprio come il re aveva voluto, Daniele dist<strong>in</strong>gue nettamente il sogno dalla sua<br />

<strong>in</strong>terpretazione: prima descrive la scena, poi la <strong>in</strong>terpreta. Nabucodonosor sembra<br />

conv<strong>in</strong>to che la capacità di svelare il sogno garantisca la giustezza della sua<br />

<strong>in</strong>terpretazione (vedi v. 9 u.p.).<br />

La forma plurale del verbo: “ne daremo l’<strong>in</strong>terpretazione”, esprime l’umiltà<br />

di Daniele che ha voluto dividere coi compagni quello che il re avrebbe considerato<br />

come un merito eccezionale. In fondo la rivelazione del segreto che Daniele<br />

aveva ricevuto <strong>in</strong> visione (vv. 17, 18) era stata la risposta del Cielo alla preghiera<br />

sua e dei suoi compagni.<br />

37 Tu, o re, sei il re dei re, al quale l’Iddio del cielo ha dato l’impero,<br />

la potenza, la forza e la gloria; 38 e dovunque dimorano i figlioli degli<br />

uom<strong>in</strong>i, le bestie della compagna e gli uccelli del cielo, egli te li ha dati<br />

nelle mani, e t’ha fatto dom<strong>in</strong>are sopra essi tutti. La testa d’oro sei tu.<br />

“Tu, o re, sei il re dei re”. Con questo superlativo aramaico Daniele ha voluto<br />

esprimere la deferenza dovuta a un grande monarca, non certo un complimento<br />

adulatorio.<br />

Del resto questo titolo, che anche Ezechiele riconosce al re di Babilonia (Ez<br />

26:7), si addice bene a Nabucodonosor.<br />

Nel contesto politico dell’epoca, nessun sovrano ha potuto rivaleggiare col<br />

signore di Babilonia, nessun regno ha potuto eguagliare il suo per potenza e<br />

splendore. Tutto questo però non era soltanto né primariamente il risultato di<br />

fattori puramente umani.<br />

È stato l’Iddio del cielo - l’Iddio che ha voluto rivelare a Nabucodonosor il<br />

gran “segreto”- che gli ha conferito l’impero (cioè la sovranità, l’autorità regale),<br />

la potenza (vale a dire la capacità di governare), la forza (ovvero l’energia con<br />

cui far fronte ai problemi esterni) e la gloria (ossia il prestigio che viene da un<br />

esercizio illum<strong>in</strong>ato della sovranità), e ha ridotto sotto la sua signoria le masse<br />

umane e la moltitud<strong>in</strong>e di creature selvatiche che popolano le regioni del suo<br />

vastissimo dom<strong>in</strong>io.<br />

“Tu sei la testa d’oro”. La testa è la parte più nobile del corpo umano e<br />

l’oro è il più nobile dei metalli. Questa parte di maggior pregio della statua che<br />

Nabucodonosor vide <strong>in</strong> sogno, dunque una raffigurazione dell’impero neo-babilonese<br />

che Daniele identifica per metonimia col suo sovrano.<br />

Nell’antichità il re era visto come l’<strong>in</strong>carnazione del regno e questa concezione<br />

si rispecchia anche nel nostro libro dove <strong>in</strong> più di un luogo (cfr. v. 39a e<br />

7:17, 23) i term<strong>in</strong>i “re” e “regno” sono equivalenti e <strong>in</strong>tercambiabili. Nel caso di<br />

Nabucodonosor tale identificazione tanto più gli si addice essendo stato lui l’artefice<br />

dell’impero sul quale regna.<br />

Per molti aspetti l’epoca di Nabucodonosor fu davvero un’epoca aurea. A<br />

parte l’esercizio dispotico dell’autorità regale - caratteristica peraltro comune a<br />

tutti i regnanti dell’epoca, e non soltanto di quell’epoca - Nabucodonosor fu per<br />

65


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 66<br />

CAPITOLO 2<br />

altri versi un sovrano illum<strong>in</strong>ato 68. Della nuova Babilonia, così come lui la volle<br />

e la realizzò, si può dire che nessuna città del mondo contemporaneo fu <strong>in</strong><br />

grado di competere con lei quanto a splendore materiale e culturale.<br />

Sul piano dell’arte, basta ricordare alcune delle sue splendide opere architettoniche,<br />

come i favolosi giard<strong>in</strong>i pensili, come la stupenda porta di Ishtar e la<br />

grande via processionale che si apriva dietro di essa, come gli imponenti edifici<br />

sacri dell’Esagila... Tutte opere che testimoniano l’abilità eccezionale degli architetti<br />

che le eseguirono.<br />

Sul piano della cultura letteraria e scientifica, è sufficiente menzionare i testi<br />

mitologici e le opere di matematica, di astronomia e di medic<strong>in</strong>a che si custodivano<br />

nelle biblioteche dei templi e del palazzo reale e che l’archeologia ha ricuperato<br />

<strong>in</strong> buona parte. Sono opere che rivelano l’alto livello culturale a cui erano<br />

pervenuti i letterati e gli scienziati di Babilonia. L’oro è davvero un simbolo appropriato<br />

per raffigurare la civiltà neo-babilonese!<br />

39 e dopo di te sorgerà un altro regno, <strong>in</strong>feriore al tuo; poi un terzo<br />

regno, di rame, che dom<strong>in</strong>erà sulla terra; 40 poi vi sarà un quarto regno,<br />

forte come il ferro; poiché, come il ferro spezza ed abbatte ogni<br />

cosa, così, pari al ferro che tutto frantuma, esso spezzerà ogni cosa.<br />

L’aggettivo <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ito “altro”, quando è usato come lo usa qui Daniele, stabilisce<br />

un rapporto di uguaglianza tra la cosa a cui è riferito e la cosa nom<strong>in</strong>ata prima.<br />

“Un altro” (<strong>in</strong> aramaico yirFxf) ’acharî) <strong>in</strong> questo passo è riferito a “regno” (<strong>in</strong> aramaico<br />

Uk:lam malkû), e la cosa nom<strong>in</strong>ata prima è la persona del re (“e dopo di te”,<br />

<strong>in</strong> aramaico uvathrak). Pertanto “dopo di te” non significa “dopo la tua persona”,<br />

ma “dopo il tuo regno”.<br />

Difatti il regno di Persia non sorse dopo Nabucodonosor, ma dopo Babilonia.<br />

Trascorsero 23 anni e si succedettero sul trono di Babilonia quattro re fra la<br />

scomparsa di Nabucodonosor e l’avvento di Ciro, fondatore dell’impero persiano.<br />

In def<strong>in</strong>itiva <strong>in</strong> questo passo danielico la persona del re appare come il<br />

simbolo e l’<strong>in</strong>carnazione vivente del regno, il che è perfettamente conforme allo<br />

spirito dell’Antico Oriente.<br />

Daniele dunque predice il trapasso del dom<strong>in</strong>io universale da Babilonia a<br />

un regno successivo (<strong>in</strong> aramaico: yirFxf) Uk:lam {Uq:T \fr:tfbU uvathrak theqûm<br />

malkû ’acharî, alla lettera: “e dopo di te sorgerà un regno un altro”). L’aggettivo<br />

<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato ’acharî (“un altro”) che accompagna il sostantivo malkû (“regno”),<br />

significa <strong>in</strong> sostanza “un secondo uguale”; dunque “re” e “regno” <strong>in</strong> questa<br />

frase sono concetti equivalenti. In altre parole, quel “dopo di te” equivale a<br />

dopo il tuo regno.<br />

L’avvento del regno di Persia alla caduta di Babilonia ventitrè anni dopo la<br />

morte di Nabucodonosor convalida, se ve ne fosse bisogno, questa tesi lapalissiana.<br />

Cfr. il commento di 7:3. L’avverbio temporale bathar, una volta espresso e<br />

68 - Cfr. G. PETTINATO, Babilonia, centro dell’universo, cap. IX.<br />

66


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 67<br />

due volte sott<strong>in</strong>teso, denota una successione di eventi consecutivi. In sostanza il<br />

sogno di Nabucodonosor anticipa, <strong>in</strong> una mirabile s<strong>in</strong>tesi allegorico-profetica, il<br />

mutevole panorama politico del mondo futuro.<br />

La sequenza oro/argento/bronzo/ferro-argilla rappresenta il succedersi delle<br />

potenze terrene dal tempo di Daniele f<strong>in</strong>o all’avvento del regno di Dio. La serie<br />

dei regni si apre con Babilonia, all’apice della sua grandezza al tempo di questa<br />

rivelazione (l’Assiria non conta più nel panorama profetico appartenendo oramai<br />

alla storia).<br />

Questa parte del commento si limita a una sommaria disam<strong>in</strong>a delle ipotesi<br />

pr<strong>in</strong>cipali riguardo all’identità dei regni. Sulla loro storia si dilungherà di più il<br />

commento del capitolo settimo.<br />

L’identità del primo regno è rivelata senza possibilità di fra<strong>in</strong>tendimenti (vv.<br />

37 e 38). Sugli altri regni gli espositori sono divisi.<br />

Merita appena un cenno l’ipotesi isolata di qualche studioso che ha visto<br />

nei metalli raffigurazioni di personaggi piuttosto che di nazioni (ROWLEY: 1. Nabucodonosor,<br />

2. Belsazar, 3. Dario, 4. Alessandro; VAN HOONACKER: 1. Nabucodonosor,<br />

2, Evil-merodac, 3. Neriglissar, 4. Nabonide).<br />

Dall’antichità f<strong>in</strong>o ai nostri giorni, gli <strong>in</strong>terpreti ebrei e cristiani di Daniele<br />

hanno scorto quasi unanimemente le grandi monarchie universali da Babilonia<br />

<strong>in</strong> avanti nelle quattro parti della statua. Sull’identità dei regni nell’antichità ci fu<br />

una sostanziale convergenza. Oggi sussiste una notevole divergenza.<br />

Con EMANUELE TESTA 69 dist<strong>in</strong>guiamo tre pr<strong>in</strong>cipali <strong>in</strong>dirizzi <strong>in</strong>terpretativi<br />

nell’esegesi moderna di Daniele capitoli due e sette:<br />

(1) la teoria greca, che identifica Babilonia con l’oro, la Media con l’argento,<br />

la Persia col bronzo e la Grecia col ferro;<br />

(2) la teoria siriana che propone la sequenza Babilonia/Medo-Persia/Alessandro<br />

e i Diadochi/la Siria dei Seleucidi;<br />

(3) la teoria romana che scorge nei quattro metalli Babilonia, Medo-Persia,<br />

Grecia e Roma.<br />

La teoria “romana” è la più antica ed è quella che ha raccolto i maggiori<br />

consensi nel passato. Oggi è mantenuta dai conservatori, per lo più protestanti.<br />

Le teorie “greca” e “siriana” sono adottate dai commentatori di tendenza criticoliberale,<br />

che sono i più numerosi (i cattolici di l<strong>in</strong>gua italiana si attengono di preferenza<br />

alla spiegazione siriana) 70.<br />

La teoria greca appare fragile pr<strong>in</strong>cipalmente per due ragioni:<br />

CAPIRE DANIELE<br />

(1) essa separa arbitrariamente la Media e la Persia, due nazioni aff<strong>in</strong>i etnicamente<br />

e culturalmente le quali nel periodo storico a cui si riferisce la profezia<br />

formavano uno stato unitario, come le considera correttamente Daniele (5:28;<br />

69 - EMANUELE TESTA, Messaggio della salvezza, vol. III, nota 7, pp. 142-143.<br />

70 - Vedi E.TESTA, op. cit., G.RINALDI, Daniele.<br />

67


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 68<br />

CAPITOLO 2<br />

6:8,12,15; 8:20) 71.<br />

(2) Questa teoria lascia un vuoto abissale fra il quarto regno e il regno di Dio.<br />

La teoria siriana non è molto più coerente dell’ipotesi “greca”. Intanto<br />

non meglio di quella essa riesce a colmare il “gap” tra il quarto regno e il regno<br />

di Dio. Inoltre i fatti la contraddicono. Daniele attribuisce al quarto regno straord<strong>in</strong>aria<br />

compattezza (“forte come il ferro”) e schiacciante pressione militare<br />

(“esso spezzerà ogni cosa”). Il regno dei Seleucidi non ebbe né l’una né l’altra.<br />

Dal tempo di Antioco III <strong>in</strong> poi il suo territorio venne riducendosi a causa<br />

di perdite dovute a sconfitte militari o defezioni. Misurandosi con l’Egitto dei Tolomei<br />

la Siria collezionò più sconfitte che successi, e se <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e Antioco III riuscì<br />

ad avere ragione di Tolomeo IV, sottraendogli Cipro, la Celesiria e la Palest<strong>in</strong>a,<br />

soccombette poi a Magnesia, nel 190 a.C., di fronte alle forti legioni di Roma e<br />

dovette accettare le dure condizioni di pace imposte da Lucio Cornelio Scipione:<br />

abbandono delle isole egee, cessione dei possedimenti <strong>in</strong> Asia M<strong>in</strong>ore, consegna<br />

di gran parte della flotta e di venti ostaggi fra cui uno dei suoi figli - il futuro Antioco<br />

IV - e pagamento di un’<strong>in</strong>dennità di 15.000 talenti entro dodici anni 72. Non<br />

migliore fortuna ebbe il figlio e successore di Antioco III, Antioco IV Epifane che<br />

i Romani costr<strong>in</strong>sero nel 168 a.C. a sgombrare l’Egitto e a r<strong>in</strong>unciare alla sua annessione<br />

73. I successori dell’Epifane dovettero pers<strong>in</strong>o abbandonare la Palest<strong>in</strong>a<br />

a seguito delle epiche lotte dei Maccabei 74. Può mai essere stata la Siria seleucida<br />

il regno del ferro che tutto frantuma?<br />

La spiegazione romana è la più coerente. Non ci sono dubbi che<br />

all’epoca del decl<strong>in</strong>o dei regni ellenistici, ultimi eredi dell’impero di Alessandro<br />

(I secolo a.C.), ci fosse una sola potenza nel bac<strong>in</strong>o del Mediterraneo che potesse<br />

rispondere alle caratteristiche del quarto regno di Dn 2, e questa potenza<br />

era Roma. Roma che, sbaragliata la forte rivale Cartag<strong>in</strong>e, si affaccia con prepotenza<br />

sulle terre bagnate dal Mediterraneo orientale.<br />

Si è detto più sopra che la spiegazione “romana” di Dn 2 e 7 è la più antica.<br />

In effetti essa fu adottata dall’esegesi ebraica di Daniele prima dell’era cristiana.<br />

L’identificazione di Roma nel quarto regno danielico doveva già essere<br />

71 - Talvolta Daniele usa isolatamente i term<strong>in</strong>i “medo/medi” e “persiano” (5:31; 6:28; 9:1;<br />

11:1), ma li usa come designazioni di nazionalità e non di stati. Varie volte il nome della Persia<br />

compare isolato verso la f<strong>in</strong>e del libro (10:1,13,20 e 11:2), ma poiché senza eccezioni esso è<br />

associato al nome di Ciro - l’unificatore di stirpe persiana dei due regni - o ad anonimi successori<br />

di Ciro, l’<strong>in</strong>clusione della Media è implicita. Daniele non nom<strong>in</strong>a mai la Media come stato<br />

autonomo e <strong>in</strong> effetti essa non lo fu più da quando Ciro II l’ebbe ridotta sotto la sovranità degli<br />

Achemenidi nove anni prima della conquista di Babilonia.<br />

72 - Vedi G.RICCIOTTI, Storia d’Israele, IV ediz., vol. II, pp. 59, 60.<br />

73 - G.RICCIOTTI, ibidem, p. 62.<br />

74 - Vedi G.RICCIOTTI, ibidem, p. 321.<br />

68


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 69<br />

CAPIRE DANIELE<br />

nota ai Giudei della diaspora alessandr<strong>in</strong>a se i traduttori <strong>in</strong> greco di Daniele resero<br />

“i Romani” l’espressione ebraica “le navi di Kittim” <strong>in</strong> Dn 11:30. Questa <strong>in</strong>terpretazione<br />

divenne la norma dell’ebraismo posteriore. Nel primo secolo della<br />

nostra era essa fu applicata dagli ignoti autori del IV Esdra (11:1 e 12:10 e segg.)<br />

e dell’Apocalisse di Baruc. GIUSEPPE FLAVIO non si pronuncia sull’identità del<br />

quarto regno, e si può capirlo avendo egli <strong>in</strong>trattenuto rapporti di amicizia coi<br />

Romani, ma <strong>in</strong> Antichità Giudaiche (lib. IX, I, 329) lo storico giudeo <strong>in</strong>terpreta<br />

come compimento della profezia di Daniele la tragica f<strong>in</strong>e di Gerusalemme<br />

nell’anno 70 riconoscendo di fatto Roma nel quarto regno di Dn 2 e 7.<br />

Questa l<strong>in</strong>ea <strong>in</strong>terpretativa fu mantenuta <strong>in</strong> seno all’ebraismo posteriore,<br />

come fanno fede il Talmud, i Midrashim e il Targum, e nei secoli seguenti (dal<br />

IX al XVII) i rabb<strong>in</strong>i che hanno commentato Daniele 75.<br />

L’esegesi cristiana antica condivise l’<strong>in</strong>terpretazione tradizionale ebraica sui<br />

quattro regni danielici. Nella seconda metà del secondo secolo IRENEO <strong>in</strong>terpretò<br />

Dn 2 secondo il modello ebraico. Il vescovo di Lione, sebbene non nom<strong>in</strong>i mai<br />

Roma per comprensibili ragioni di prudenza, era conscio di vivere sotto il quarto<br />

impero 76.<br />

Invece TERTULLIANO al pr<strong>in</strong>cipio del secolo seguente menziona Roma senza<br />

reticenze <strong>in</strong> rapporto alle profezie danieliche. Nello stesso periodo IPPOLITO RO-<br />

MANO conferma l’identificazione tradizionale dei quattro regni.<br />

Nel secolo seguente EUSEBIO DI CESAREA vede anch’egli l’Impero Romano<br />

nell’ultimo dei regni terreni di cui parla Daniele, e al pr<strong>in</strong>cipio del V secolo GI-<br />

ROLAMO, il pr<strong>in</strong>cipe degli antichi espositori cristiani di Daniele, scrive testualmente<br />

riguardo al quarto regno che esso “chiaramente concerne quello dei Romani”<br />

77. Sempre nel V secolo, TEODORETO DI CIRO scorge nel regno del ferro<br />

un’immag<strong>in</strong>e di Roma.<br />

I primi ri<strong>formato</strong>ri nel secolo XVI <strong>in</strong>terpretarono secondo il modello<br />

ebraico-cristiano antico Dn 2 e 7.<br />

LUTERO e MELANTONE identificarono con Babilonia, Medo-Persia, Grecia e<br />

Roma le quattro parti della statua.<br />

Nel secolo XVIII però l’ermeneutica biblica protestante si allontanò dalla l<strong>in</strong>ea<br />

ortodossa dei primi ri<strong>formato</strong>ri. Sotto l’<strong>in</strong>fluenza del razionalismo illum<strong>in</strong>istico,<br />

i biblisti protestanti trattarono la Scrittura alla stregua di un libro comune.<br />

Negato il valore della profezia, essi sostituirono all’<strong>in</strong>terpretazione storicistica di<br />

Daniele quella preteristica escogitata sul f<strong>in</strong>ire del XVI secolo dal gesuita L.DE AL-<br />

CAZAR e di conseguenza, ripudiata la tesi romana su Dn 2 e 7, adottarono l’ipotesi<br />

“greca” o quella “siriana”.<br />

Oggi questa l<strong>in</strong>ea <strong>in</strong>terpretativa, come si è detto, è seguita dall’esegesi liberale<br />

protestante e da gran parte dell’esegesi cattolica.<br />

75 - Vedi J.ZURCHER, “Le quatre empires universels” <strong>in</strong> Daniel, questions débattues, p. 153.<br />

76 - Adv. Haer., V, 26.<br />

77 - Girolamo su Daniele, pp. 48, 49<br />

69


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 70<br />

CAPITOLO 2<br />

In polemica con gli <strong>in</strong>terpreti liberali, i conservatori hanno difeso e mantenuto<br />

f<strong>in</strong>o ai nostri giorni il valore profetico del libro di Daniele. Sono stati numerosi<br />

gli autori protestanti, e meno quelli cattolici, che hanno adottato la spiegazione<br />

“romana” di Dn 2 e 7.<br />

Fra i primi ricorderemo C. A. AUBERLEN (1854), L. GAUSSEN (1850), C. BOUT-<br />

FLOWER (1923), R. D. WILSON (1938), E. J. YOUNG (1949), H. C. LEUPOLD (1949), G.<br />

L. ARCHER Jr. (1985); e fra i secondi J. FABRE D’ENVIEU (1888), E. PHILIPPE (1927) E J.<br />

LINDER (1939). Gli autori avventisti che hanno commentato Daniele (U. SMITH, R.<br />

A. ANDERSON, J. VUILLEUMIER, A. F. VAUCHER, A. J. FERCH e altri) si sono attenuti<br />

unanimemente alla tesi “romana”.<br />

Nel testo danielico una o più note <strong>in</strong>dividuali caratterizzano ciascuno dei<br />

quattro regni. Del primo si sottol<strong>in</strong>ea la dimensione spaziale: “dovunque dimorano<br />

i figlioli degli uom<strong>in</strong>i... egli (l’Iddio del cielo) te li ha dati nelle mani” (v.<br />

38). In effetti Nabucodonosor riunì sotto il suo scettro tutti i popoli della Mesopotamia<br />

(tranne gli Assiri), della Siria e della Palest<strong>in</strong>a, dalle rive del Golfo Persico<br />

alle frontiere dell’Egitto.<br />

Del secondo regno si evidenzia l’<strong>in</strong>feriorità rispetto al primo: “e dopo di te<br />

sorgerà un altro regno <strong>in</strong>feriore al tuo” (v. 39a). Si è pensato a torto a un’<strong>in</strong>feriorità<br />

spaziale; l’impero degli Achemenidi superò per vastità territoriale quello<br />

creato da Nabucodonosor. L’<strong>in</strong>feriorità dei Persiani rispetto ai Babilonesi fu manifesta<br />

pr<strong>in</strong>cipalmente sul piano culturale.<br />

Del terzo regno si enfatizza l’egemonia universale: esso “dom<strong>in</strong>erà sulla<br />

terra” (v. 36b). Invero l’impero creato da Alessandro non ebbe eguali per vastità<br />

territoriale. Agli sterm<strong>in</strong>ati dom<strong>in</strong>i della Media e della Persia il Macedone aggiunse<br />

le prov<strong>in</strong>ce ad est dell’Iran f<strong>in</strong>o alle sponde dell’Indo e oltre, senza contare<br />

le terre ad ovest e a sud dell’Eufrate.<br />

Del quarto regno, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, il profeta mette il risalto la forza e la compattezza:<br />

“poi vi sarà un quarto regno forte come il ferro” (v. 40). Il paragone calza alla<br />

perfezione: lo storico EDWARD GIBBON def<strong>in</strong>ì lo stato romano “la monarchia di<br />

ferro” per la sua coesione <strong>in</strong>terna, la sua discipl<strong>in</strong>a e la forza delle sue armi.<br />

Il ferro, nota il LEUPOLD, è anche un simbolo appropriato della durezza crudele<br />

con cui i Romani trattarono i nemici.<br />

C. BOUTFLOWER ha colto relazioni significative fra i metalli e i regni che essi<br />

rappresentano. L’oro, profuso nelle immag<strong>in</strong>i delle div<strong>in</strong>ità, negli altari e nelle<br />

decorazioni dei templi, dist<strong>in</strong>se effettivamente la città di Babilonia.<br />

L’argento, s<strong>in</strong>onimo di denaro <strong>in</strong> ebraico e <strong>in</strong> altre l<strong>in</strong>gue antiche, esprime<br />

adeguatamente lo spirito mercantilistico dei Medi e dei Persiani (a questi ultimi<br />

si deve fra l’altro il conio delle prime monete, le famose dariche d’argento).<br />

Il bronzo fu usato largamente dai Greci per produrre armi e scudi.<br />

Il ferro, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, fu il metallo con cui i romani forgiarono le loro spade, i loro<br />

elmi e i loro scudi.<br />

Merita attenzione la circostanza che Daniele, mentre è laconico sul primo,<br />

secondo e terzo regno, sul quarto si dilunga molto di più, e questo sia nel capitolo<br />

due che nel settimo. Si consideri che dal quarto regno prendono l’avvio degli<br />

sviluppi che condurranno f<strong>in</strong>o all’avvento del Regno di Dio.<br />

70


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 71<br />

CAPIRE DANIELE<br />

41 E come hai visto i piedi e le dita, <strong>in</strong> parte d’argilla di vasaio e <strong>in</strong><br />

parte di ferro, così quel regno sarà diviso; ma vi sarà <strong>in</strong> lui qualcosa<br />

della consistenza del ferro, giacché tu hai visto il ferro mescolato<br />

con la molle argilla.<br />

Come nel corpo umano i piedi sono il prolungamento naturale delle gambe,<br />

così <strong>in</strong> questo simulacro d’uomo le parti <strong>in</strong>feriori rappresentano la cont<strong>in</strong>uazione<br />

del regno del ferro, ma nella fase discendente della sua parabola storica. Infatti<br />

al duro e compatto metallo delle gambe si è sostituito quell’assurdo miscuglio di<br />

ferro e terracotta dei piedi.<br />

La durezza del ferro e la fragilità della terracotta sono una plastica immag<strong>in</strong>e<br />

del coesistere di elementi di forza e di debolezza nel tessuto vivo di questo<br />

regno che avrà perso la sua monolitica compattezza: “quel regno sarà <strong>in</strong> parte<br />

forte e <strong>in</strong> parte fragile” (v. 42). E come i piedi si suddividono nelle dita<br />

(anch’esse di ferro e terracotta) così, <strong>in</strong> questa fase decadente della sua storia, il<br />

quarto regno si frazionerà <strong>in</strong> una moltitud<strong>in</strong>e di regni m<strong>in</strong>ori (“quel regno sarà<br />

diviso”, v. 41) caratterizzati anch’essi da elementi di forza e debolezza.<br />

I fautori della teoria “greca” scorgono i successori di Alessandro nei piedi di<br />

ferro e terracotta e <strong>in</strong>vocano come argomento a sostegno la divisione <strong>in</strong> quattro<br />

dell’impero macedone alla morte del suo fondatore (Dn 7:6; 8:8,22). Anche questa<br />

<strong>in</strong>terpretazione è resa fragile dalle difficoltà segnalate nel commento del versetto<br />

precedente, ovvero dall’impossibilità di colmare il vuoto fra il quarto regno<br />

e il regno di Dio.<br />

Con più coerenza, i difensori dell’<strong>in</strong>terpretazione “romana” scorgono nei<br />

piedi di ferro e terracotta un’immag<strong>in</strong>e dell’Impero lat<strong>in</strong>o decadente all’epoca<br />

delle <strong>in</strong>vasioni barbariche. I due materiali così diversi rappresentano con molta<br />

verosimiglianza le due razze tanto differenti per cultura e civiltà che convissero<br />

gomito a gomito <strong>in</strong> questo momento critico della storia dell’Impero: la forte<br />

stirpe romana e le più “plastiche” etnie germaniche suscettibili di essere plasmate<br />

<strong>in</strong> qualche misura dalla superiore cultura lat<strong>in</strong>a (Leupold).<br />

42 E come le dita dei piedi erano <strong>in</strong> parte di ferro e <strong>in</strong> parte d’argilla,<br />

così quel regno sarà <strong>in</strong> parte forte e <strong>in</strong> parte fragile.<br />

Numerosi commentatori hanno ravvisato nelle dieci corna della quarta bestia<br />

(Dn 7:7) una replica delle dieci dita della statua (2:41) 78. Poiché le dieci corna<br />

rappresentano “dieci re” (Dn 7:24) e <strong>in</strong> Daniele i term<strong>in</strong>i “re” e “regno” sono<br />

equivalenti (cfr. 7:17 e 23), gli <strong>in</strong>terpreti conservatori hanno scorto generalmente<br />

nelle dita della statua un’allusione ai regni romano-barbarici nati dalla dis<strong>in</strong>tegrazione<br />

dell’Impero lat<strong>in</strong>o 79.<br />

78 - Vedi C.A.AUBERLEN, Le prophète Daniel..., Losanna 1880, p. 56.<br />

79 - Vedi per es. H.C.LEUPOLD, op. cit., p. 122.<br />

71


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 72<br />

CAPITOLO 2<br />

Se Daniele riferendosi alle dita parla di “regno” al s<strong>in</strong>golare (“così quel regno<br />

sarà <strong>in</strong> parte forte e <strong>in</strong> parte fragile”), è perché sta ancora descrivendo gli<br />

sviluppi del quarto regno <strong>in</strong> una fase successiva alla sua esistenza unitaria. Nel v.<br />

41, alludendo ancora alle dita, il profeta usa la forma plurale: “e al tempo di questi<br />

re”. In def<strong>in</strong>itiva Daniele sta parlando del quarto regno <strong>in</strong> una fase di trasformazione<br />

<strong>in</strong> seguito alla quale esso sarà diviso e sarà <strong>in</strong> parte forte e <strong>in</strong> parte fragile.<br />

Il S.D.A. Bible Commentary accosta questa forza e fragilità delle dita alla notevole<br />

disparità dei regni romano-barbarici sul piano militare: “Questi regni barbarici<br />

furono molto diversi fra loro quanto allo spirito guerriero, come nota Gibbon<br />

quando parla delle potenti monarchie dei Franchi e dei Visigoti e dei regni<br />

vassalli degli Svevi e dei Burgundi” 80. Quantificare i regni barbarici, come ha<br />

tentato di fare qualche commentatore (p.e. L.Gaussen), è un’impresa disperata.<br />

In questo contesto simbolico, anche il numero deve essere valutato come<br />

elemento simbolico; dieci qui denota pluralità <strong>in</strong> contrasto con l’unità di partenza.<br />

Del resto ciò che il testo enfatizza non è il numero, che non viene neanche<br />

menzionato, ma il fatto che gli stessi materiali che compongono i piedi si ritrovano<br />

nelle dita.<br />

43 Tu hai visto il ferro mescolato con la molle argilla, perché quelli si<br />

mescoleranno mediante connubi umani; ma non saranno uniti l’uno<br />

all’altro, nello stesso modo che il ferro non s’amalgama con l’argilla.<br />

Chi sono “quelli” che “si mescoleranno mediante connubi umani”? L’antecedente<br />

a cui può collegarsi questo pronome è il sostantivo “dita” al pr<strong>in</strong>cipio del v. 42.<br />

I fautori della teoria “siriana”, ammettendo un parallelismo col cap. 11, vedono<br />

nel v. 43 un’allusione alle fragili alleanze fra Lagidi e Seleucidi raggiunte<br />

mediante matrimoni d<strong>in</strong>astici 81. Con più verosimiglianza C.H.Leupold (p. 120) e<br />

altri conservatori hanno pensato alla mescolanza della razza lat<strong>in</strong>a con quella<br />

germanica attraverso matrimoni <strong>in</strong>crociati. Il S.D.A. Bible Commentary propende<br />

per la tesi dei matrimoni d<strong>in</strong>astici tra le monarchie europee eredi del dissolto Impero<br />

romano (vol. IV, p. 775).<br />

Il miscuglio ferro-terracotta è <strong>in</strong>terpretato <strong>in</strong> vari modi da Daniele. Nel v. 41<br />

questa eterogenea composizione appare come simbolo della frammentazione<br />

del regno del ferro <strong>in</strong> una pluralità di unità m<strong>in</strong>ori (“così quel regno sarà diviso”);<br />

nel v. 42 l’immag<strong>in</strong>e viene ripresa ed è riferita alla coesistenza nel quarto<br />

regno di elementi di forza e di debolezza (“così quel regno sarà <strong>in</strong> parte forte e<br />

<strong>in</strong> parte fragile”); nel v. 43 essa ritorna per la terza volta ed è <strong>in</strong>terpretata come<br />

fallimentari tentativi di ricongiungimento mediante connubi umani delle parti diverse,<br />

(“quelli si mescoleranno mediante connubi umani”). Non siamo davanti a<br />

un quadro confuso e contraddittorio, bensì ci confrontiamo con una visione unitaria<br />

<strong>in</strong> cui uno stesso simbolo esprime tre aspetti di una stessa situazione. La si-<br />

80 - Vol. IV, p. 775.<br />

81 - Vedi G. RINALDI, op. cit., p. 54; G. BERNINI, Daniele, pp. 116, 117.<br />

72


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 73<br />

CAPIRE DANIELE<br />

tuazione è il deterioramento del quarto regno, gli aspetti differenziati sono la<br />

frammentazione del regno già compatto, il coesistere <strong>in</strong> esso e nei suoi frammenti<br />

di elementi di forza e di fragilità e i vani tentativi di ricompattazione.<br />

Su quest’ultimo punto il S.D.A. Bible Commentary osserva: “La profezia non<br />

dice <strong>in</strong> modo specifico che non potrà esserci una riunificazione delle parti separate<br />

raggiunta magari col ricorso alle armi o attraverso il predom<strong>in</strong>io politico.<br />

Essa afferma che qualora una siffatta riunificazione fosse tentata o attuata, le nazioni<br />

co<strong>in</strong>volte non sarebbero organicamente fuse tra loro ma cont<strong>in</strong>uerebbero<br />

ad essere diffidenti e ostili le une verso le altre. Una federazione di stati fondata<br />

su simili presupposti sarebbe votata allo sfacelo. Il successo temporaneo di un<br />

dittatore o di una nazione non smentirebbe la profezia di Daniele” (ibidem, p.<br />

776). Si consideri che queste parole furono scritte più di quarant’anni prima del<br />

collasso dell’impero Sovietico!<br />

Ai giorni nostri, l’Unione Economica Europea non costituisce una sfida alla<br />

profezia. Istituzioni europee sovrannazionali come il Mercato Comune Europeo<br />

e il Consiglio d’Europa sono il risultato di compromessi concordati fra i capi di<br />

stato, non certo espressione di un reale desiderio di unificazione da parte dei<br />

popoli europei. Al di là degli accordi tra i governi, restano vivi all’<strong>in</strong>terno della<br />

comunità gli egoismi nazionali. Peraltro i conflitti di <strong>in</strong>teresse e i dissensi all’<strong>in</strong>terno<br />

degli stessi organi comunitari tradiscono cont<strong>in</strong>uamente il persistere di forti<br />

tendenze conservatrici e separatiste <strong>in</strong> seno agli stati membri. Un futuro stato federativo<br />

europeo che riunisca sotto un governo e una legge comuni italiani,<br />

francesi, tedeschi, <strong>in</strong>glesi, danesi, spagnoli... è davvero una visione utopistica !<br />

D’altro canto il dissolvimento recente di stati federativi europei, come l’Unione<br />

Sovietica e la Federazione Jugoslava, coi sangu<strong>in</strong>osi conflitti etnici che ne sono<br />

seguiti, dimostra a sufficienza quanta poca disponibilità a convivere <strong>in</strong>sieme vi<br />

sia tra le differenti etnie che popolano il nostro cont<strong>in</strong>ente!<br />

44 E al tempo di questi re, l’Iddio del cielo farà sorgere un regno, che<br />

non sarà mai distrutto, e che non passerà sotto la dom<strong>in</strong>azione d’un<br />

altro popolo; quello spezzerà e annienterà tutti quei regni; ma esso<br />

sussisterà <strong>in</strong> perpetuo, 45 nel modo che hai visto la pietra staccarsi<br />

dal monte, senz’opera di mano, e spezzare il ferro, il rame, l’argilla,<br />

l’argento e l’oro.<br />

L’epoca, che si apre con lo smembramento dell’Impero lat<strong>in</strong>o, deve prolungarsi<br />

f<strong>in</strong>o al tempo <strong>in</strong> cui “l’Iddio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto”.<br />

Sulla natura di questo regno non possono esserci dubbi, è un regno spirituale.<br />

Sulla sua identità <strong>in</strong>vece le op<strong>in</strong>ioni appaiono divergenti f<strong>in</strong> dall’antichità<br />

cristiana.<br />

I Padri che hanno <strong>in</strong>terpretato Daniele sono stati quasi unanimi f<strong>in</strong>o al V<br />

secolo nel riconoscere un evento escatologico nella pietra distruttrice. Per IRENEO<br />

(m. c.ca nel 200 ) la “pietra” rappresenta Cristo che alla sua venuta distruggerà i<br />

regni della terra. IPPOLITO ROMANO (m. c.ca nel 235) sottol<strong>in</strong>ea il parallelismo fra<br />

Daniele 2 e 7 e identifica la “pietra” con Cristo che viene dal cielo per giudicare<br />

73


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 74<br />

CAPITOLO 2<br />

il mondo. AFRAHAT SIRO (m. c.ca nel 350) vede nella “pietra” un’immag<strong>in</strong>e dell’<strong>in</strong>staurazione<br />

del futuro regno di Dio. Lo storico ecclesiastico SULPICIO SEVERO (m.<br />

nel 420) pensa che la “pietra” che frantuma la statua prefiguri il Cristo e il suo<br />

regno futuro; lo stesso pensiero esprime il suo illustre contemporaneo GIROLAMO<br />

(m. nel 420) nel commentario su Daniele.<br />

Da questa l<strong>in</strong>ea concorde diverge EUSEBIO DI CESAREA (m. nel 340) che ravvisa<br />

nella “pietra” il primo avvento di Cristo. TEODORETO DI CIRO (m. nel 457) contesta<br />

Eusebio e identifica la “pietra” col Cristo che colpirà le nazioni al suo secondo<br />

avvento.<br />

La mutata condizione della Chiesa con l’avvento al potere di Costant<strong>in</strong>o <strong>in</strong>fluì<br />

<strong>in</strong> maniera rilevante sul pensiero escatologico cristiano. Le persecuzioni<br />

erano cessate e la Chiesa, favorita dallo Stato e non più ostacolata dal paganesimo,<br />

venne acquistando prestigio e affermandosi nelle prov<strong>in</strong>ce dell’Impero.<br />

Parve ad alcuni pensatori cristiani che si stesse realizzando l’evento preconizzato<br />

da Daniele con l’immag<strong>in</strong>e della “pietra”, <strong>in</strong>somma che si stesse <strong>in</strong>staurando<br />

sulla terra il regno di Cristo.<br />

Nel V secolo TICONIO si fece palad<strong>in</strong>o di questa ipotesi già avanzata da Eusebio<br />

e la sviluppò ulteriormente. L’ermeneutica di Ticonio <strong>in</strong>fluenzò notevolmente<br />

il pensiero di AGOSTINO (m. nel 430). In De Civitate Dei il vescovo di Ippona<br />

sostenne che il regno di Dio <strong>in</strong>augurato da Cristo - e che egli identificò<br />

con la Chiesa - durerà <strong>in</strong> eterno, mentre i regni del mondo saranno distrutti. Per<br />

Agost<strong>in</strong>o la “pietra” era già diventata un monte che ricopriva la terra.<br />

Sotto il peso di tanta autorità, questa concezione storicizzata del regno di<br />

Dio s’impose nella Chiesa e dom<strong>in</strong>ò <strong>in</strong>contrastata la teologia cattolica nei secoli<br />

seguenti 82.<br />

Si <strong>in</strong>iziò a mettere <strong>in</strong> discussione il pensiero di Agost<strong>in</strong>o sul regno di Dio<br />

soltanto nel XII secolo. Intorno al 1158, ANSELMO DI HAVELBERG, restaurando l’antica<br />

ermeneutica storica, preparò il terreno per una vera rivoluzione nel campo<br />

dell’esegesi apocalittica. Sulla scorta dell’ermeneutica anselmiana, GIOACCHINO DA<br />

FIORE (c.ca 1130-1202), spiegò le profezie apocalittiche come sviluppo cont<strong>in</strong>uo<br />

della storia della Chiesa e, contro la tesi agost<strong>in</strong>iana, proiettò nel futuro il regno<br />

di Dio, come avevano fatto i Padri antichi. Per Gioacch<strong>in</strong>o la “pietra” devastatrice<br />

rappresenta il regno che Cristo <strong>in</strong>staurerà sulla terra alla f<strong>in</strong>e dei tempi 83.<br />

LUTERO (1483-1546) concorda con la visione gioachimita: Cristo al suo avvento<br />

distruggerà i regni nati dall’antico Impero e fonderà il suo regno sulla<br />

terra. Sono sulla l<strong>in</strong>ea di Lutero MELANTONE (1497-1560), ANDREAS OSIANDER (1498-<br />

1552), DAVID CYTRAEUS (1530-1600), TOBIAS STIMMER (1539-1584) e JEORGE JOYE (m.<br />

nel 1553). CALVINO <strong>in</strong>vece si attesta sulle posizioni di Agost<strong>in</strong>o 84.<br />

82 - Per maggiori approfondimenti sulla teologia del regno nei Padri antichi, vedi L.E. FROOM, The<br />

Prophetic Faith of Our Fathers, 1950, vol. I, pp. 401-464<br />

83 - Vedi L.E. FROOM, op. cit., p. 565.<br />

84 - Vedi D. BENNET, “The Stone K<strong>in</strong>gdom of Daniel 2” <strong>in</strong> Symposium on Daniel, p. 339.<br />

74


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 75<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Identificando il papa con l’Anticristo, Lutero aveva scard<strong>in</strong>ato la concezione<br />

agost<strong>in</strong>iana del regno di Dio. Per demolire la tesi luterana la Controriforma attaccò<br />

l’ermeneutica storica ed escogitò nuove chiavi di lettura delle profezie apocalittiche.<br />

Il gesuita FRANCISCO RIBERA (1537-1591) sviluppò il metodo futurista per<br />

proiettare nel lontano futuro escatologico quanto Lutero applicava ai suoi tempi.<br />

Poco tempo dopo un altro gesuita, LUIS DE ALCAZAR (1554-1613), ideò l’ermeneutica<br />

preterista <strong>in</strong> base alla quale egli credette di poter circoscrivere entro i primi<br />

secoli dell’era cristiana gran parte delle profezie apocalittiche. I due metodi, pur<br />

muovendo da presupposti contrari, arrivavano allo stesso risultato: escludevano<br />

dalla visuale profetica i secoli di mezzo tra la prima e la seconda venuta di Cristo.<br />

Nel XVIII e nel XIX secolo il futurismo fu adottato da una parte dell’esegesi<br />

protestante conservatrice. Il preterismo divenne ed è tuttora il metodo ermeneutico<br />

preferito dai Protestanti liberali e da gran parte dell’esegesi cattolica 85.<br />

Per cogliere correttamente il significato della “pietra” <strong>in</strong> Dn 2 non si può<br />

presc<strong>in</strong>dere dall’analogia con la profezia parallela del cap. 7, né si può ignorare<br />

il testo circa l’orig<strong>in</strong>e della “pietra” stessa e gli effetti della sua caduta. Si consider<strong>in</strong>o<br />

i fatti seguenti:<br />

● F<strong>in</strong> dall’antichità gli <strong>in</strong>terpreti di Daniele hanno riconosciuto che la<br />

profezia del cap. 7 è una replica della rivelazione del cap. 2. Ora, poiché nel<br />

cap. 7 la serie dei regni terreni culm<strong>in</strong>a col giudizio (vv. 9, 10, 26) e l’avvento<br />

del regno eterno dell’Altissimo (vv. 14 e 27), anche nel cap. 2 la successione<br />

dei regni deve avere uno sbocco escatologico.<br />

● La “pietra” si stacca dal monte “senz’opera di mano” (Dn 2: 34). Questo<br />

significa che l’evento che essa prefigura non dipenderà da <strong>in</strong>terventi<br />

umani ma sarà determ<strong>in</strong>ato <strong>in</strong>teramente da Dio.<br />

● Il regno raffigurato dalla “pietra” non potrà coesistere coi regni terreni<br />

che lo avranno preceduto, poiché questi saranno totalmente scomparsi (“non<br />

se ne trovò traccia”, v. 35) quando il regno di Dio si sarà <strong>in</strong>staurato. La “pietra”<br />

non può dunque essere un’immag<strong>in</strong>e della Chiesa storica la quale è sempre<br />

coesistita coi regni terreni. Il regno della “pietra” che “l’Iddio del cielo<br />

farà sorgere” non è un’entità storica e terrena, sarà un evento escatologico e<br />

cosmico.<br />

Diversi studiosi moderni, liberali e conservatori, hanno tenuto conto delle<br />

circostanze che affiorano nel testo.<br />

GERHARD VON RAD scrive: “Nei suoi elementi essenziali... il testo è perfettamente<br />

chiaro: con l’avvento dell’ultimo terribile rampollo del quarto impero la<br />

storia universale sarà giunta al suo epilogo. La pietra che si distaccherà ‘non per<br />

mano d’uomo’ per <strong>in</strong>frangere l’impero ed ergersi essa stessa a grande montagna<br />

è immag<strong>in</strong>e del regno di Dio che tutto riempie” 86.<br />

85 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, pp. 39-45.<br />

86 - GERHARD VON RAD, Teologia dell’Antico Testamento, Brescia 1974, vol. II, p. 377.<br />

75


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 76<br />

CAPITOLO 2<br />

ARNO C.GAEBELEIN (1911) commenta: “Chiunque può vedere che la pietra<br />

che colpisce non può significare l’estensione pacifica di un regno spirituale, né<br />

la predicazione dell’Evangelo, ma una grande catastrofe. E non si dimentichi che<br />

solo dopo aver fatto la sua opera distruttiva, dopo che la statua sarà stata frantumata,<br />

la pietra si trasformerà <strong>in</strong> un gran monte che ricopre tutta la terra. La pietra<br />

che cade dall’alto è la seconda venuta del nostro Signore Gesù Cristo, la sua venuta<br />

con ‘gran potenza e gloria’ 87.<br />

SILVERIO ZEDDA puntualizza: “Il regno viene dopo e al posto dei regni del<br />

mondo (cfr. Dan 12:1-4). Esso è presentato come celeste, dalle dimensioni cosmiche,<br />

come appartenente al tempo della f<strong>in</strong>e. Il regno che Dio <strong>in</strong>nalzerà, il regno<br />

messianico, non sarà mai distrutto (cfr. Dn 2:44), a differenza degli altri quattro<br />

regni della terra che l’uno dopo l’altro saranno annientati...” 88.<br />

Oltre agli autori citati sopra riconoscono nella “pietra” il regno f<strong>in</strong>ale di Dio:<br />

J. A. MONTGOMERY 89, J.WALVOORD 90,L.WOOD 91, A.LACOCQUE 92, J.BALDWIN 93 e altri.<br />

45b Il grande Iddio ha fatto conoscere al re ciò che deve avvenire<br />

d’ora <strong>in</strong>nanzi; il sogno è verace, e la <strong>in</strong>terpretazione n’è sicura”.<br />

Concludendo la spiegazione del sogno, prima di tutto Daniele ribadisce due circostanze<br />

sulle quali già aveva richiamato l’attenzione del re: la prima è che la rivelazione<br />

viene dall’Iddio che svela i segreti (v. 28a), la seconda che essa concerne<br />

il futuro (v. 28b); poi il profeta garantisce l’autenticità del sogno come rivelazione<br />

div<strong>in</strong>a (“il sogno è verace”) e la correttezza dell’<strong>in</strong>terpretazione che ne<br />

ha data (“l’<strong>in</strong>terpretazione è sicura”).<br />

46 Allora il re Nebucadnetsar cadde sulla sua faccia, si prostrò davanti<br />

a Daniele, e ord<strong>in</strong>ò che gli fossero presentati offerte e profumi.<br />

Nel mondo semitico la prostrazione era un gesto riverenziale. In Israele ci si prostrava<br />

davanti alla Div<strong>in</strong>ità (1Sam. 1:28) ma anche davanti al re (1Sam. 24:9;<br />

2Sam. 14:22) e talvolta davanti al profeta (1Re 18:7).<br />

Tale è stata l’impressione suscitata <strong>in</strong> Nabucodonosor dalla rivelazione e <strong>in</strong>terpretazione<br />

del sogno, che egli vede <strong>in</strong> Daniele quasi un essere sovrumano.<br />

Eppure Daniele aveva detto tutto quello che si poteva dire (v. 30) per distogliere<br />

l’attenzione del re dalla sua persona e volgerla verso l’Iddio del cielo.<br />

87 - ARNO C.GAEBELEIN, Il profeta Daniele, Rivoli 1989, pp. 42-43.<br />

88 - SILVERIO ZEDDA, L’escatologia biblica, Brescia 1972, vol. I, p. 84.<br />

89 - J. A. MONTGOMERY, “The Book of Daniel” <strong>in</strong> International Critical Commentary, 1927.<br />

90 - J.WALVOORD, Daniel, 1971.<br />

91 - L.WOOD, Daniel, 1973.<br />

92 - A.LACOCQUE, Daniel, 1976.<br />

93 - J.BALDWIN, Daniel, 1978.<br />

76


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 77<br />

CAPIRE DANIELE<br />

La prostrazione di Nabucodonosor davanti a Daniele è più che un gesto riverenziale.<br />

L’espressione aramaica ûledaniêl segid si può tradurre, come fa G.<br />

Bern<strong>in</strong>i (Nuovissima Versione Della Bibbia): “e adorò Daniele” 94. Il seguito del v.<br />

46 rafforza questa comprensione del vocabolo aramaico: il re ord<strong>in</strong>a che siano<br />

offerti a Daniele oblazioni (aramaico m<strong>in</strong>chah) e profumi, come a una div<strong>in</strong>ità.<br />

Il testo si limita a riferire l’ord<strong>in</strong>e del re senza specificare se esso fosse stato eseguito.<br />

Ripugna l’idea che Daniele, che ha rifiutato le pietanze e le bevande della<br />

mensa reale (1:8) <strong>in</strong> obbedienza alla legge del suo Dio, possa avere accettato<br />

che la sua persona, sia pure contro la sua volontà, fosse fatta oggetto di culto <strong>in</strong><br />

violazione del primo comandamento del Decalogo.<br />

Girolamo, seguito da molti commentatori moderni, ha op<strong>in</strong>ato che Nabucodonosor<br />

“<strong>in</strong> Daniele adora il Dio che ha svelato i misteri” e cita un episodio analogo<br />

che ebbe a protagonista Alessandro il Macedone 95. L’episodio è riferito da<br />

Giuseppe Flavio. Lo storico giudeo riporta che Alessandro <strong>in</strong> visita a Gerusalemme<br />

si genuflette davanti al sommo sacerdote Jaddua, e al suo generale Parmenio<br />

che lo <strong>in</strong>terroga sul significato di quel gesto risponde: “Io non adoro lui,<br />

ma il Dio che lo ha onorato col sommo sacerdozio” 96.<br />

Il S.D.A Bible Commentary commenta: “F<strong>in</strong>ora Nabucodonosor ha avuto soltanto<br />

una scarsa conoscenza del vero Dio e una conoscenza ancora più ridotta<br />

del modo di adorarlo. F<strong>in</strong>o a questo momento la sua nozione di Dio si è limitata<br />

al riflesso del suo carattere che si poteva cogliere nella vita di Daniele, e a ciò che<br />

questi aveva detto di Lui. È del tutto possibile che Nabucodonosor, scorgendo <strong>in</strong><br />

Daniele il rappresentante vivente degli dèi la cui dimora non è coi mortali’ (v.<br />

11), <strong>in</strong>tendesse rivolgere al Dio di Daniele gli atti di culto offerti a Daniele. Certamente<br />

Nabucodonosor con la sua limitata conoscenza del Dio vero fece del suo<br />

meglio per esprimere la sua riconoscenza e onorare Colui la cui sapienza e potenza<br />

si erano manifestate <strong>in</strong> modo così straord<strong>in</strong>ario” (vol. IV, p. 777).<br />

47 Il re parlò a Daniele, e disse: “In verità il vostro Dio è l’Iddio degli<br />

dèi, il Signore dei re, e il rivelatore dei segreti, giacché tu hai potuto<br />

rivelare questo segreto”.<br />

Nabucodonosor riconosce la superiorità del Dio dei giovani ebrei (“il vostro<br />

Dio”). L’espressione “l’Iddio degli dèi” è una forma superlativa che equivale a<br />

“l’Iddio supremo”. Inoltre il sovrano di Babilonia pone il Dio di Daniele e dei<br />

suoi compagni al di sopra di tutti i potentati terreni col riconoscerlo “Signore dei<br />

re”. LEUPOLD osserva con ragione che nulla poteva dimostrare meglio quale fosse<br />

l’<strong>in</strong>tenzione di Nabucodonosor nell’offrire oblazioni e profumi davanti a Daniele:<br />

94 - Vedi W.GENESIUS, Hebrew-Chaldee Lexicon..., alla voce segid; vedi anche S.D.A. Bible Commentary,<br />

vol. IV, pp. 776-777.<br />

95 - Girolamo su Daniele, p. 50.<br />

96 - GIUSEPPE FLAVIO, Antichità Giudiache, XI. 8, 5.<br />

77


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 78<br />

CAPITOLO 2<br />

la sconf<strong>in</strong>ata ammirazione del re è rivolta non a Daniele, ma al Dio di Daniele.<br />

Nel mito babilonese della creazione, “Signore dei re” è il titolo dato a Marduk,<br />

la suprema div<strong>in</strong>ità del pantheon babilonese, e Nabucodonosor certamente<br />

non lo ignora, giacché al pr<strong>in</strong>cipio di ogni anno, durante i solenni festeggiamenti<br />

dell’akitu egli entra nel tempio di Marduk per essere re<strong>in</strong>vestito dal dio dell’autorità<br />

regale. Il re sa anche che il figlio di Marduk, Nebo, di cui egli porta il<br />

nome, è la div<strong>in</strong>ità che redige le Tavole del Dest<strong>in</strong>o. Ora è costretto a riconoscere<br />

che il Dio di Daniele e dei suoi compagni è più grande o quanto meno altrettanto<br />

grande che Marduk e Nebo, poiché conosce e svela i segreti come gli è<br />

stato dimostrato attraverso il suo servo Daniele.<br />

48 Allora il re elevò Daniele <strong>in</strong> dignità, lo colmò di numerosi e ricchi<br />

doni, gli diede il comando di tutta la prov<strong>in</strong>cia di Babilonia, e lo stabilì<br />

capo supremo di tutti i savi di Babilonia.<br />

Non una bramosia di ricompensa e onorificenze ha sp<strong>in</strong>to Daniele a presentarsi<br />

davanti al re per svelargli e <strong>in</strong>terpretargli il sogno, ma soltanto il desiderio di<br />

esaltare il suo Dio davanti al re di Babilonia e al suo popolo (vv. 28, 29, 37, 45),<br />

pur se l’occasione era stata, come sappiamo, il decreto di sterm<strong>in</strong>io dei sapienti<br />

del regno. Eppure il servo di Dio riceve cose che non ha desiderato e ricercato.<br />

Nabucodonosor aveva promesso “doni, ricompense e grandi onori” a chiunque<br />

gli avesse svelato e <strong>in</strong>terpretato il sogno (v. 6).<br />

Adesso, fedele alla sua promessa, tratta Daniele con regale munificenza. “Il<br />

re elevò Daniele <strong>in</strong> dignità”, vale a dire lo promosse a un rango sociale superiore;<br />

“lo colmò di numerosi e ricchi doni”, consistenti verosimilmente <strong>in</strong> abiti<br />

pregiati e oggetti preziosi; “gli diede il comando di tutta la prov<strong>in</strong>cia di Babilonia”,<br />

cioè, probabilmente, gli conferì il governatorato della regione caldea; e f<strong>in</strong>almente<br />

“lo stabilì capo supremo (piuttosto capo dei prefetti) di tutti i savi di<br />

Babilonia” rispetto ai quali Daniele aveva, <strong>in</strong> effetti, mostrato una sapienza superiore,<br />

anche se egli, con molta umiltà, non si riconoscesse più saggio degli altri<br />

viventi (v. 30). Come capo dei prefetti dei sapienti, Daniele deve esercitare la supervisione<br />

sulle attività di questi uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong>fluenti, ma questo non implica affatto<br />

che egli debba condividerne le credenze e le pratiche religiose.<br />

49 E Daniele ottenne dal re che Shadrac, Meshac e Abed-nego fossero<br />

preposti agli affari della prov<strong>in</strong>cia di Babilonia; ma Daniele stava<br />

alla corte del re.<br />

Daniele non dimentica i compagni. Essi hanno diviso con lui i momenti di ansia<br />

e di preghiera, è giusto che ne condividano gli onori. Domanda per ciascuno di<br />

loro, e ottiene dal re, un <strong>in</strong>carico amm<strong>in</strong>istrativo nella “prov<strong>in</strong>cia di Babilonia”,<br />

verosimilmente la regione caldea, che il re aveva posto sotto l’amm<strong>in</strong>istrazione<br />

di Daniele. Quanto a lui, Daniele, egli svolgerà il suo alto <strong>in</strong>carico dal palazzo<br />

reale (letteralmente della “porta del re”) per essere pronto a qualsiasi richiesta<br />

del sovrano.<br />

78


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 79<br />

Capitolo 3<br />

____________________________<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Una statua è il tema comune dei capitoli 2 e 3 di Daniele. Elemento figurativo<br />

nel sogno-rivelazione del capitolo secondo, essa compare come concreto oggetto<br />

materiale nel capitolo terzo. Nel sogno l’immag<strong>in</strong>e pareva avere la testa<br />

d’oro e le altre parti del corpo, dal busto <strong>in</strong> giù, di metalli di valore decrescente.<br />

Nella realtà essa è d’oro dalla testa ai piedi. Nell’<strong>in</strong>terpretare il sogno del re,<br />

Daniele aveva identificato con Nabucodonosor la testa d’oro della statua, ovvero<br />

con l’impero di Babilonia di cui il sovrano era come l’<strong>in</strong>carnazione vivente. E<br />

aveva aggiunto che dopo Babilonia sarebbe sorto un altro regno.<br />

La realizzazione da parte di Nabucodonosor di una grande statua d’oro -<br />

probabile raffigurazione dell’impero e della div<strong>in</strong>ità suprema di Babilonia sotto<br />

la cui tutela esso era posto - e la sua solenne dedicazione alla presenza dei<br />

grandi dell’impero, hanno tutta l’apparenza di una sfida ai decreti dell’Iddio del<br />

cielo: una statua tutta d’oro è contrapposta ad una sola testa d’oro, come a significare<br />

che non ci sarà un dopo Babilonia.<br />

I tre compagni di Daniele, oramai <strong>in</strong>seriti nell’apparato amm<strong>in</strong>istrativo<br />

dello stato babilonese, figurano tra i dignitari convocati per la dedicazione della<br />

statua (Daniele è assente per motivi che il testo non spiega).<br />

Il racconto giunge presto a una tensione drammatica. Poiché è una cerimonia<br />

pagana quella che sta per avere luogo, la presenza dei giovani giudei prelude<br />

a un conflitto sicuro. È certo che Shadrac, Meshac e Abed-Nego non compiranno<br />

un atto che ripugna alla loro coscienza, e d’altra parte l’ord<strong>in</strong>e del re non ammette<br />

disattenzioni e la pena m<strong>in</strong>acciata ai trasgressori è delle più atroci. I compagni<br />

di Daniele sono pronti a subire il supplizio del fuoco piuttosto che tradire la<br />

fede dei padri. Inaspettatamente per il re e i suoi funzionari, il dramma si risolve<br />

con la liberazione miracolosa dei tre giovani che hanno reso una splendida testimonianza<br />

di fede nel potere illimitato del Dio che essi servono. L’episodio è stato<br />

giudicato leggendario dalla critica liberale, mentre la ricerca biblica conservatrice<br />

ne ha sempre difeso l’autenticità. In effetti, come si vedrà nel commento, riscontri<br />

biblici, letterari e archeologici conferiscono credibilità al racconto.<br />

1 Il re Nebucadnetsar fece una statua d’oro, alta sessanta cubiti e<br />

larga sei cubiti, e la eresse nella pianura di Dura, nella prov<strong>in</strong>cia di<br />

Babilonia.<br />

Sull’esistenza di statue gigantesche nel mondo antico ci ragguagliano le fonti storiche.<br />

ERODOTO (Storia, I, 183), ci dà notizia di una grande statua di Zeus assiso<br />

79


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 80<br />

CAPITOLO 3<br />

sul trono posta <strong>in</strong> uno dei santuari di Babilonia. Non ne dà le misure, ma riferisce<br />

un’<strong>in</strong>formazione avuta dai sacerdoti secondo la quale erano occorsi 800 talenti<br />

d’oro (circa 24 tonnellate!) per realizzare la statua col trono e il basamento.<br />

Se ne deduce che le dimensioni dovevano essere ragguardevoli.<br />

DIODORO SICULO (2, 9) c’<strong>in</strong>forma su tre immag<strong>in</strong>i d’oro poste sulla sommità<br />

del tempio di Bel <strong>in</strong> Babilonia, la più alta delle quali misurava 40 piedi (poco<br />

più di 13 metri) e pesava 1000 talenti babilonesi.<br />

Il primato per quanto concerne le antiche statue gigantesche spetta comunque<br />

al Colosso di Rodi. Era questo una figura di guerriero alta 70 cubiti (circa 32<br />

metri) eretta verso il 304 a.C. all’entrata del porto dell’isola. Le lam<strong>in</strong>e di bronzo<br />

che ne ricoprivano il supporto ligneo erano state ricavate dalle armi e dagli scudi<br />

lasciati sul terreno da Demetrio Poliorcete dopo un vano tentativo di impadronirsi<br />

dell’isola nel 305 a.C. Annoverata fra le sette meraviglie del mondo antico, la<br />

grande statua eretta <strong>in</strong> onore del dio Elios fu distrutta da un terremoto nel 224 a.C.<br />

In Egitto si possono ancora ammirare, nella necropoli di Tebe, due statue di<br />

pietra alte circa 20 metri, i cosiddetti Colossi di Memnon, raffiguranti Amenofi III,<br />

e più a sud, ad Abu-Simbel, dom<strong>in</strong>ano la pianura antistante quattro figure di<br />

Ramses II alte quanto le precedenti, scolpite sulla parete rocciosa del tempio funerario<br />

di questo faraone.<br />

Le dimensioni della grande statua che, secondo Daniele, Nabucodonosor<br />

fece erigere nella Piana di Dura, non debbono comunque destare meraviglia. Le<br />

misure che ce ne dà il nostro libro (60 x 6 cubiti) rispecchiano il sistema metrico<br />

sessagesimale che come è noto nacque <strong>in</strong> Mesopotamia e fu d’uso corrente <strong>in</strong><br />

Babilonia 97.<br />

Il rapporto fra l’altezza e la larghezza della statua su cui ci ragguaglia Daniele<br />

(10 a 1) è chiaramente sproporzionato se le misure si riferiscono alla sola<br />

figura umana. Infatti le proporzioni normali della figura umana sono di circa 5 a<br />

1. È <strong>in</strong>tuitivo però che la misura dell’altezza <strong>in</strong>dicata da Daniele deve comprendere<br />

anche quella della base. In un’iscrizione aramaica del VII secolo a.C. r<strong>in</strong>venuta<br />

a Nerab, presso Aleppo, il vocabolo {"l:c tzelem tradotto “statua” <strong>in</strong> Dn 3:1<br />

<strong>in</strong>dica una stele recante nella parte alta un busto umano <strong>in</strong> rilievo 98. In Daniele<br />

zelem può benissimo designare la figura umana col suo piedistallo, il che giustificherebbe<br />

il rapporto 10 a 1 fra l’altezza e la larghezza.<br />

Si è obiettato che sono <strong>in</strong>verosimili sia l’altezza della statua (circa 27 metri)<br />

che la sua composizione aurea. Per quanto riguarda l’altezza, si è visto che<br />

quella del Colosso di Rodi, posteriore di circa due secoli, la superava di circa 5<br />

metri. Il genitivo di materia (“statua d’oro”) non implica necessariamente che<br />

l’immag<strong>in</strong>e fosse fatta d’oro massiccio. Le grandi statue metalliche nell’antichità,<br />

come si è visto a proposito del Colosso di Rodi, consistettero di un supporto ligneo<br />

o di altro materiale rivestito di lam<strong>in</strong>e metalliche. Ricorre altrove nell’Antico<br />

Testamento questa forma genitivale per <strong>in</strong>dicare che un oggetto era fatto par-<br />

97 - Vedi G.CONTENAU, La Mesopotamia prima di Alessandro, p. 249.<br />

98 - J. A. MONTGOMERY, “The Book of Daniel” <strong>in</strong> International Critical Commentari, 1927.<br />

80


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 81<br />

CAPIRE DANIELE<br />

zialmente di un certo materiale. “L’altare d’oro” (Es 39:38) e “l’altare di rame” (Es<br />

39:39) del santuario mosaico <strong>in</strong> realtà erano fatti di legno d’acacia rivestito d’oro<br />

nel primo caso (Es 37:25, 26) e di rame nel secondo (Es 38:1, 2).<br />

Le “case d’avorio” a cui allude Am 3:14 (vedi anche 1Re 22:39) erano edifici<br />

<strong>in</strong> muratura con le pareti delle sale ornate di pannelli d’avorio, come hanno rivelato<br />

gli scavi di Samaria e di Nimrud 99.<br />

Sebbene oggi non sia possibile <strong>in</strong>dividuare con sicurezza il luogo della fastosa<br />

cerimonia di cui parla Daniele, è certo che il toponimo menzionato, Dura,<br />

è d’orig<strong>in</strong>e babilonese (l’accadico duru significa circonferenza, muro o luogo<br />

c<strong>in</strong>to da mura). Nella regione di Babilonia “Dura” si applicava a qualsiasi luogo<br />

circondato da mura 100. Il toponimo antico sopravvive tuttora nel nome di un<br />

emissario dell’Eufrate (Nahr Dûra) che scorre a una dec<strong>in</strong>a di chilometri a sud di<br />

Babilonia, come pure nel nome delle coll<strong>in</strong>e adiacenti. Inoltre Tolûl Dûra è il<br />

nome di una pianura a circa 8 chilometri a sud-est di Babilonia, ove un rialzo di<br />

pietre di 14 metri di lato per 6 di altezza potrebbe essere stato la base dello zelem<br />

di cui parla Daniele 101.<br />

Sulla data dell’episodio il testo aramaico non offre alcuna <strong>in</strong>dicazione; i testi<br />

greci dei LXX e di Teodozione <strong>in</strong>vece - e non si sa su quale base - datano l’avvenimento<br />

nell’anno 18° di Nabucodonosor, un anno prima della conquista e distruzione<br />

di Gerusalemme.<br />

Qualche commentatore ha op<strong>in</strong>ato, sulla base di Gr 51:59 che allude a un<br />

viaggio di Sedechia a Babilonia nell’anno IV del suo regno (594/93 a.C.), che il<br />

re giudaita possa essere stato convocato da Nabucodonosor come pr<strong>in</strong>cipe vassallo<br />

per partecipare alla cerimonia descritta nel capitolo terzo di Daniele 102. È<br />

soltanto una possibilità.<br />

2 E il re Nebucadnetsar mandò a radunare i satrapi, i prefetti, i governatori,<br />

i giudici, i tesorieri, i giureconsulti, i presidenti e tutte le<br />

autorità delle prov<strong>in</strong>ce, perchè venissero all’<strong>in</strong>augurazione della<br />

statua che il re Nebucadnetsar aveva eretta. 3 Allora i satrapi, i prefetti<br />

e i governatori, i giudici, i tesorieri, i giureconsulti, i presidenti<br />

e tutte le autorità delle prov<strong>in</strong>ce s’adunarono per la <strong>in</strong>augurazione<br />

della statua, che il re Nebucadnetsar aveva eretta; e stavano <strong>in</strong> pié<br />

davanti alla statua che Nebucadnetsar aveva eretta.<br />

Il re convoca per la cerimonia di dedicazione della statua i rappresentanti delle<br />

prov<strong>in</strong>ce e dei poteri dell’impero. “Lo spettacolo della folla dei funzionari grandi<br />

e piccoli, civili, militari e della giurisprudenza che si prostrano all’unisono da-<br />

99 - Vedi S. H. HORN, Pietre che parlano, Firenze 1963, pp. 81, 82.<br />

100 - Vedi LEUPOLD, op. cit., p. 137.<br />

101 - Idem, p. 138.<br />

102 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, pp. 779, 780.<br />

81


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 82<br />

CAPITOLO 3<br />

vanti all’immag<strong>in</strong>e, deve aver prodotto un effetto irresistibile quale imponente<br />

esibizione della potenza dell’impero. Ma soprattutto la cerimonia fu per i convocati<br />

un’occasione per r<strong>in</strong>novare un corale giuramento di fedeltà all’impero e al<br />

suo sovrano <strong>in</strong>vitto” 103.<br />

Daniele menziona sette categorie di funzionari statali: ’achashdarpenayya’,<br />

sàtrapi; sighnayya,’ prefetti, governatori; pachawatha’, governatori, luogotenenti,<br />

prefetti; ’adargazrayya’, giudici, generali, consiglieri; ghedovrayya’, tesorieri; detovrayya’,<br />

giureconsulti, giudici; tiftaye’, presidenti, questori, magistrati.<br />

Il significato e la derivazione di parte di questi term<strong>in</strong>i aramaici sono ancora<br />

<strong>in</strong>certi. Si possono però ricavare le seguenti spiegazioni sul significato dei vocaboli<br />

aramaici sopra elencati:<br />

’Achashdarpenayya’ [)æYán:P:raD:$axA)] Nel periodo persiano era il titolo con cui<br />

si designavano i funzionari posti a capo delle satrapie che erano le divisioni<br />

maggiori dell’impero 104.<br />

“Per quanto riguarda ’achashdarpenayya’, oggi non si <strong>in</strong>siste più su una<br />

sua orig<strong>in</strong>e persiana, dato che il term<strong>in</strong>e, nella forma satarpanu, è stato trovato<br />

<strong>in</strong> testi cuneiformi dell’epoca di Sargon II (VIII secolo a.C.). Si propende per una<br />

sua orig<strong>in</strong>e hurrita” 105.<br />

Sighnayya’ [)æYán:gis] è fatto derivare dall’accadico shaknu. Erano così chiamati<br />

i funzionari che amm<strong>in</strong>istravano le prov<strong>in</strong>ce, cioè i distretti amm<strong>in</strong>istrativi<br />

<strong>in</strong>feriori nei quali erano suddivise le satrapie, qu<strong>in</strong>di le traduzioni “governatori” e<br />

“prefetti” sono entrambe corrette).<br />

La LXX traduce con strathgo¿j. Nell’antica Atene era così chiamato la suprema<br />

magistratura militare, il comandante delle armate, lo statega. Presso i Persiani<br />

era il governatore militare di una prov<strong>in</strong>cia. Nel Nuovo Testamento era il<br />

capitano delle guardie del tempio.<br />

Pachawatha’ [)ftæwAxap] è s<strong>in</strong>onimo di sighnayya’, qu<strong>in</strong>di si traduce “governatori”<br />

o “prefetti” come fanno tutte le versioni.<br />

’Adargazrayya’ [)æYarºzfG:radA)] è traducibile con “giudici”, ma il vocabolo persiano-medio<br />

da cui deriva, andarzaghar, significa “consigliere”.<br />

La LXX traduce con tu¿rannoi, da túrannos che significa: “che avanza gagliardamente”,<br />

qu<strong>in</strong>di imperioso, dom<strong>in</strong>ante.<br />

103 - LEUPOLD, op. cit., p. 138.<br />

104 - Ciascuna prov<strong>in</strong>cia era retta da un satrapo il cui titolo lettermente significa “protettore del<br />

regno”. Succeduto a un precedente re e preposto a un territorio davvero immenso, <strong>in</strong> effetti era<br />

egli stesso un monarca ed era circondato da una piccola corte. Non solo era responsabile della<br />

amm<strong>in</strong>istrazione civile, ma comandava anche i militari reclutati nella satrapia. Quando questa<br />

carica diventò ereditaria, costituì per l’autorità centrale una m<strong>in</strong>accia che non poteva essere<br />

ignorata. Per far fronte a questa m<strong>in</strong>accia furono istituiti certi controlli: il segretario, il pr<strong>in</strong>cipale<br />

funzionario amm<strong>in</strong>istrativo e il generale che comandava la guarnigione di stanza nella cittadella<br />

della capitale di ciascuna satrapia erano direttamente agli ord<strong>in</strong>i del gran re <strong>in</strong> persona, e dovevano<br />

far rapporto a lui. A. T. OLMSTEAD, History of the Persian Empire, 1948, p. 59.<br />

105 - S.D.A. Bible Commentary, p. 781.<br />

82


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 83<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Ghedovrayya’ [)æYar:bfd:g] ha un significato abbastanza sicuro: “tesoriere”. La<br />

sua orig<strong>in</strong>e però non è stata ancora determ<strong>in</strong>ata. Una forma accadica di detovrayya’,<br />

databari, è attestata nelle fonti cuneiformi. È possibile che i babilonesi<br />

avessero tesorerie <strong>in</strong> diverse parti dell’impero 106. I persiani le avevano, e <strong>in</strong> queste<br />

tesorerie prov<strong>in</strong>ciali si custodiva parte del denaro raccolto sotto forma di<br />

tasse dai satrapi.<br />

Detovrayya’ [)æYar:bft:D] significa propriamente “giudice”; tiftaye’ “capo della<br />

polizia”. Tiftaye’ si trova nei papiri aramaici di Elefant<strong>in</strong>a con identica forma e significato<br />

(“funzionario di polizia”). Shiltoney, tradotto “autorità” nella Riveduta,<br />

designa i funzionari subalterni di qualunque categoria (da questo vocabolo deriva<br />

il titolo tuttora <strong>in</strong> uso di “sultano”) 107.<br />

La possibile orig<strong>in</strong>e persiana dei titoli ufficiali che ricorrono <strong>in</strong> Daniele cap.<br />

3 non costituirebbe un problema, dal momento che l’autore del libro visse gli ultimi<br />

anni della sua vita nel periodo persiano. 108 È conforme alla retorica semitica<br />

ripetere le cose nom<strong>in</strong>ate, come fa Daniele nel v. 3.<br />

4 E l’araldo gridò forte: “A voi, popoli, nazioni e l<strong>in</strong>gue è imposto<br />

che, 5 nel momento <strong>in</strong> cui udrete il suono del corno, del flauto, della<br />

cetra, della lira, del saltèro, della zampogna e d’ogni sorta di strumenti,<br />

vi prostriate per adorare la statua d’oro che il re Nebucadnetsar<br />

ha eretta; 6 e chiunque non si prostrerà per adorare, sarà<br />

immant<strong>in</strong>ente gettato <strong>in</strong> mezzo ad una fornace di fuoco ardente”.<br />

L’apparato predisposto da Nabucodonosor mira evidentemente a creare<br />

un’atmosfera di <strong>in</strong>timidazione per modo che la partecipazione al rito sia corale.<br />

La sanzione penale m<strong>in</strong>acciata ha lo scopo di ottenere una dimostrazione unanime<br />

di sottomissione al sovrano attraverso l’omaggio reso alla div<strong>in</strong>ità da cui il<br />

sovrano ha ricevuto l’<strong>in</strong>vestitura.<br />

“Popoli, nazioni e l<strong>in</strong>gue” è un’espressione convenzionale con cui si <strong>in</strong>dica<br />

la totalità delle genti sottoposte all’autorità del sovrano. “Popoli”, aramaico<br />

)æYam:ma(‘ammayya’, designa le unità nazionali maggiori, “nazioni”, aramaico )æYaMu)<br />

’ummayya’, i gruppi tribali, e “l<strong>in</strong>gue”, aramaico )æYánf


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 84<br />

CAPITOLO 3<br />

Sono <strong>in</strong>vece quasi certamente d’orig<strong>in</strong>e greca i nomi di tre dei sei strumenti<br />

musicali ricordati nel v. 5 e ripetuti nei vv. 7, 10 e 15. Essi sono: sor:tyaq qaythros<br />

(“cetra”), molto simile al greco kiqa/raj. kitharas; }yir"Tºnas:P pesanter<strong>in</strong> (“salterio”),<br />

somigliante al greco yalthri¿on psalterion, e hæyºnoP:mUs sumponeya’ (“zampogna”),<br />

aff<strong>in</strong>e al greco sumfwni¿aj symfonias.<br />

La presenza di queste tre parole greche nel testo di Daniele non è necessariamente<br />

<strong>in</strong>dizio di un’orig<strong>in</strong>e tardiva del libro. Se questo fosse stato composto<br />

<strong>in</strong> età ellenistica, dovremmo aspettarci di trovarvi un numero ben maggiore di<br />

vocaboli greci.<br />

Dai ritrovamenti archeologici è risultato sempre più evidente che la cultura<br />

greca penetrò nel Vic<strong>in</strong>o Oriente semitico assai prima dell’epoca di Nabucodonosor<br />

111. Contatti commerciali e culturali fra il mondo greco e quello semitico<br />

avvennero f<strong>in</strong> dal II millennio a.C. (è noto che i Greci mutuarono dai Fenici il<br />

loro alfabeto).<br />

Trattando della distribuzione l<strong>in</strong>guistica nel Vic<strong>in</strong>o Oriente, il prof. Pelio<br />

Fronzaroli osserva che i Greci micenei parteciparono alle vicende culturali di<br />

quest’area geografica già nella seconda metà del II millennio a.C. 112. Dalla documentazione<br />

archeologica risulta che <strong>in</strong>sediamenti commerciali ionii erano presenti<br />

a S<strong>in</strong>ope, sul Mar Nero, quando questa località era già un avamposto commerciale<br />

e militare assiro prima del periodo imperiale 113.<br />

La presenza greca lungo le coste dell’Anatolia e della Siria settentrionale è<br />

segnalata <strong>in</strong> documenti dell’VIII secolo a.C. Dai testi di Sargon II (722-705 a.C.)<br />

veniamo a sapere che una generazione prima di questo sovrano, navigatori greci<br />

frequentavano le coste della Cilicia, e i ritrovamenti archeologici a Tarso hanno<br />

confermato questa notizia 114. Sappiamo pure da fonti contemporanee che mercenari<br />

greci militavano nell’esercito di Assarhaddon (681-669 a.C.).<br />

La presenza greca <strong>in</strong> Babilonia è documentata per l’epoca di Nabucodonosor.<br />

Negli scavi di Carchemish, per esempio, il ritrovamento di uno scudo greco<br />

ha convalidato una notizia di Strabone secondo cui mercenari greci combattevano<br />

al fianco dei Babilonesi contro gli Egiziani 115.<br />

La presenza dell’arte greca <strong>in</strong> Babilonia è stata attestata grazie agli scavi eseguiti<br />

<strong>in</strong> questa località a partire dalla f<strong>in</strong>e del secolo scorso. Colonne sormontate<br />

da capitelli di stile ionico sono state r<strong>in</strong>venute fra le rov<strong>in</strong>e della fortezza meridionale<br />

di Babilonia 116. Inf<strong>in</strong>e, testi cuneiformi del tempo di Nabucodonosor c’<strong>in</strong>formano<br />

che fra gli stranieri che concorsero alla realizzazione dei progetti edilizi di<br />

questo sovrano <strong>in</strong> Babilonia figuravano carpentieri e altri artigiani ionii e lidii 117.<br />

111 - Vedi W. ALBRIGHT, From the Stone Age to Christianity, p. 337.<br />

112 - P. FRONZAROLI, L’alba della Civiltà, a cura di S. MOSCATI, Tor<strong>in</strong>o 1976, vol. III, p. 42.<br />

113 - Vedi H. C.LEUPOLD, op. cit., p. 143<br />

114 - Vedi E. CASSIN, Storia Universale Feltr<strong>in</strong>elli, Milano 1969, vol. 4, p. 123.<br />

115 - Vedi G. PETTINATO, Babilonia centro dell’Universo, Milano 1988, p. 75.<br />

116 - Vedi A. PARROT, Babilonia e l’Antico Testamento, Roma 1973, p. 27.<br />

117 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 781.<br />

84


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 85<br />

CAPIRE DANIELE<br />

I Babilonesi a quel che sembra furono amanti della musica. Ammontano <strong>in</strong>fatti<br />

a 53 gli strumenti musicali a corde, a fiato e a percussione menzionati nei<br />

testi cuneiformi, raffigurati nell’iconografia o di cui si sono r<strong>in</strong>venuti degli esemplari.<br />

Tutti gli strumenti dell’orchestra di Nabucodonosor sono attestati <strong>in</strong> documenti<br />

scritti o <strong>in</strong> ritrovamenti archeologici del VI secolo a.C. 118.<br />

Esistono dunque attestazioni più che sufficiente per sostenere che è del<br />

tutto verosimile che strumenti musicali importati dalla Grecia fossero usati <strong>in</strong> Babilonia<br />

al tempo di Nabucodonosor e fossero conosciuti coi nomi di orig<strong>in</strong>e.<br />

L’identificazione degli strumenti musicali nom<strong>in</strong>ati da Daniele è abbastanza<br />

sicura. Il corno ()æn:raq qarna’) era uno strumento a fiato tipicamente semitico ricavato<br />

dal corno di qualche animale. Il flauto ()ftyiqOr:$am mashroqitha’) era uno<br />

strumento a fiato con diverse canne molto <strong>in</strong> uso fra i semiti. La cetra (sor:tyaq<br />

qaythros) era uno strumento a corde d’orig<strong>in</strong>e greca col quale di solito si accompagnava<br />

la danza. La lira ()fk:Bas sabbeka’), strumento di forma triangolare con 4<br />

corde, era nota rispettivamente coi nomi di sambuke e sambuca presso i Greci e<br />

i Lat<strong>in</strong>i i quali la adottarono dai Fenici, come attesta STRABONE spiegando che il<br />

vocabolo è di orig<strong>in</strong>e “barbarica” 119. Il saltèro (}yir"Tºnas:P pesanter<strong>in</strong>) era uno strumento<br />

a corde di forma triangolare molto usato dai Greci. La zampogna<br />

(hæyºnoP:mUs sumponeya’) era uno strumento a fiato, pure di orig<strong>in</strong>e greca, consistente<br />

di un certo numero di canne <strong>in</strong>serite <strong>in</strong> un <strong>in</strong>volucro gonfiabile di pelle<br />

animale 120.<br />

7 Non appena qu<strong>in</strong>di tutti i popoli ebbero udito il suono del corno,<br />

del flauto, della cetra, della lira, del saltèro e d’ogni sorta di strumenti,<br />

tutti i popoli, tutte le nazioni e l<strong>in</strong>gue si prostrarono e adorarono<br />

la statua d’oro, che il re Nebucadnetsar aveva eretta.<br />

Le misure <strong>in</strong>timidatorie messe <strong>in</strong> atto con prontezza hanno avuto un effetto immediato.<br />

Al suono dell’orchestra “tutti i popoli, tutte le nazioni e l<strong>in</strong>gue” (cioè a<br />

dire i rappresentanti di tutte le unità nazionali e i gruppi l<strong>in</strong>guistici dell’impero)<br />

si sono prostrati e hanno reso omaggio alla statua.<br />

Questa prostrazione servile è tanto segno di sottomissione al sovrano<br />

quanto riconoscimento della supremazia degli dèi di Babilonia sulle div<strong>in</strong>ità di<br />

tutti i raggruppamenti nazionali rappresentati nella colorita assemblea.<br />

8 Allora, <strong>in</strong> quello stesso momento, alcuni uom<strong>in</strong>i Caldei si fecero<br />

avanti, e accusarono i Giudei; 9 e, rivolgendosi al re Nebucadnetsar,<br />

gli dissero: “O re, possa tu vivere <strong>in</strong> perpetuo! 10 Tu, o re, hai emanato<br />

un decreto, per il quale chiunque ha udito il suono del corno,<br />

del flauto, della cetra, della lira, del saltèro, della zampogna e d’ogni<br />

118 - Vedi D.J. WISEMAN <strong>in</strong> The International Standard Bible Encyclopedia, vol. I, p. 401.<br />

119 - STRABONE, Geografia, X, 3.17.<br />

120 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 781.<br />

85


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 86<br />

CAPITOLO 3<br />

sorta di strumenti deve prostrarsi per adorare la statua d’oro; 11 e<br />

chiunque non si prostra e non adora, dev’esser gettato <strong>in</strong> mezzo a<br />

una fornace di fuoco ardente. 12 Or vi sono degli uom<strong>in</strong>i giudei, che<br />

tu hai preposti agli affari della prov<strong>in</strong>cia di Babilonia: Shadrac, Meshac,<br />

e Abed-nego; codesti uom<strong>in</strong>i, o re, non ti tengono <strong>in</strong> alcun<br />

conto; non servono i tuoi dèi, e non adorano la statua d’oro che tu<br />

hai eretta”.<br />

L’<strong>in</strong>tervento di alcuni caldei a danno dei giovani giudei motivato da <strong>in</strong>vidia e gelosia<br />

professionale piuttosto che da antagonismo razziale e nazionalistico (ciò<br />

sembra evidente dall’appunto velato che muovono al re: “degli uom<strong>in</strong>i giudei<br />

che tu hai preposti agli affari di Babilonia...”) 121. Per alcuni qu<strong>in</strong>di questi uom<strong>in</strong>i<br />

apparterrebbero alla casta dei maghi e astronomi-astrologi piuttosto che all’etnia<br />

caldea 122 mentre altri sono di parere contrario 123.<br />

L’espressione figurata aramaica )¢yfdUhºy yiD }Ohy"c:raq UlakA) ’akalu qarzehôn dî<br />

yehûdâye’, letteralmente “divorarono i brandelli dei giudei”, significa “calunniarono”,<br />

“accusarono i Giudei”. La formula augurale “O re, possa tu vivere <strong>in</strong> perpetuo!”<br />

era di prammatica nelle antiche corti orientali (vedi commento a 2: 4).<br />

Prima di formulare i capi d’accusa, i delatori si appellano al decreto che il re ha<br />

appena fatto proclamare e alla sanzione penale che esso prevede per i trasgressori.<br />

Shadrac, Meshac e Abed-nego sono accusati di tre gravi delitti contro il sovrano,<br />

e cioè: di lesa maestà (“non ti tengono <strong>in</strong> alcun conto”), di <strong>in</strong>subord<strong>in</strong>azione<br />

(“non servono i tuoi dèi”, qu<strong>in</strong>di rifiutano la tua autorità) e di rifiuto del<br />

giuramento di fedeltà attraverso l’omaggio reso alla statua (“non adorano la statua<br />

d’oro che tu hai eretta”).<br />

Le accuse sono calunniose: i giovani giudei non hanno certamente voluto<br />

venire meno alla loro lealtà verso il sovrano, ma poiché questa lealtà doveva venire<br />

espressa attraverso un atto di omaggio alle div<strong>in</strong>ità pagane, essi hanno preferito<br />

lasciarlo credere a costo di sfidare l’ira del re piuttosto che venire meno<br />

alla loro fedeltà al Dio che servono.<br />

86<br />

13 Allora Nebucadnetsar, irritato e furioso, ord<strong>in</strong>ò che gli fossero<br />

menati Shadrac, Meshac e Abed-nego; e quegli uom<strong>in</strong>i furon menati<br />

<strong>in</strong> presenza del re. 14 Nebucadnetsar, rivolgendosi a loro, disse:<br />

“Shadrac, Meshac, Abed-nego, lo fate deliberatamente di non servire<br />

i miei dèi e di non adorare la statua d’oro che io ho eretto? 15 Ora,<br />

se non appena udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, della<br />

lira, del saltèro, della zampogna e d’ogni sorta di strumenti, siete<br />

pronti a prostrarvi per adorare la statua che io ho fatto, bene; ma<br />

se non l’adorate, sarete immant<strong>in</strong>ente gettati <strong>in</strong> mezzo a una fornace<br />

121 - S.D.A. Bible Commentary, p. 783.<br />

122 - Vedi LEUPOLD, op. cit., vol. IV, p. 147.<br />

123 - Vedi G. RINALDI, op. cit., p. 62.


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 87<br />

CAPIRE DANIELE<br />

di fuoco ardente; e qual è quel dio che vi libererà dalle mie mani?”<br />

È immag<strong>in</strong>abile quanto possa avere <strong>in</strong>asprito l’animo di un monarca dispotico il<br />

rifiuto di obbedienza da parte di alcuni suoi funzionari che oltretutto erano stati<br />

da lui favoriti col conferimento di alti <strong>in</strong>carichi. Quel gesto deve essere stato visto<br />

come <strong>in</strong>comprensibile segno di <strong>in</strong>gratitud<strong>in</strong>e oltre che come <strong>in</strong>tollerabile ribellione.<br />

Nabucodonosor ha raccolto la denuncia dei Caldei: l’<strong>in</strong>terrogatorio cui sottopone<br />

Shadrac, Meshac e Abed-nego verte precisamente sui loro capi d’accusa.<br />

Sembra, tuttavia, che il re stenti a credere che ci siano uom<strong>in</strong>i talmente temerari<br />

da sfidare deliberatamente la sua autorità, e che piuttosto propenda ad ammettere<br />

che gli accusati possano non avere compreso il suo proclama (non lo sfiora<br />

il pensiero che il loro atteggiamento possa essere stato dettato da solide motivazioni<br />

religiose). Di conseguenza si mostra conciliante verso di loro. Ai giovani<br />

sarà accordata una seconda “chance”, ma guai a loro se persisteranno nel loro<br />

atteggiamento provocatorio! Non sorprendono più di tanto le parole di sfida irriverente<br />

che Nabucodonosor proferisce all’<strong>in</strong>dirizzo del Dio di Shadrac, Meshac e<br />

Abed-nego del quale aveva riconosciuto la superiorità rispetto a tutti gli dèi.<br />

16 Shadrac, Meshac e Abed-nego risposero al re, dicendo: “O Nebucadnetsar,<br />

noi non abbiam bisogno di darti risposta su questo. 17<br />

Ecco, il nostro Dio che noi serviamo, è potente da liberarci, e ci libererà<br />

dalla fornace del fuoco ardente, e dalla tua mano, o re. 18 Se no,<br />

sappi o re, che noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la statua<br />

d’oro che tu hai eretto”.<br />

Noi non conosciamo tutte le formule di rito <strong>in</strong> uso nella corte imperiale di Babilonia,<br />

non siamo dunque <strong>in</strong> grado di sapere se il vocativo con l’omissione del titolo<br />

regale (semplicemente “O Nebucadnetsar”) sia o non sia conforme all’etichetta<br />

di palazzo.<br />

L’atteggiamento dei giovani accusati (“noi non abbiamo bisogno di darti risposta<br />

su questo”) non è segno di arroganza come potrebbe sembrare. È stato<br />

dimostrato attraverso analogie con altre l<strong>in</strong>gue semitiche che il verbo aramaico<br />

tradotto “darti risposta” ha il senso giuridico di “difenderci”, “giustificarci” 124.<br />

I giovani dunque dicono semplicemente che r<strong>in</strong>unciano all’autodifesa. Il<br />

non avere ottemperato all’ord<strong>in</strong>e del re è stato <strong>in</strong> effetti un atto consapevole e<br />

deliberato, ma del quale Nabucodonosor non potrebbe <strong>in</strong> alcun modo capire la<br />

ragione.<br />

Il v. 17 nell’aramaico com<strong>in</strong>cia con un “se” che la versione Riveduta omette.<br />

G. BERNINI traduce, conformemente all’aramaico: “Se il Dio che noi serviamo è<br />

capace di liberarci, ci salverà dalla fornace...” 125. Così com’è la frase esprime <strong>in</strong>-<br />

124 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 783.<br />

125 - G. BERNINI, Daniele, p.129.<br />

87


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 88<br />

CAPITOLO 3<br />

certezza sulla capacità di Dio di salvare dalla fornace, ma certamente non era<br />

questo il sentimento dei giovani giudei. G. RINALDI traduce più coerentemente:<br />

“Se ciò avverrà, il nostro Dio, che noi serviamo, è capace di liberarci...” È una replica<br />

ferma e conv<strong>in</strong>ta alla sfida di Nabucodonosor: “...e qual è quel dio che vi<br />

libererà dalle mie mani?” (v. 15). Shadrac, Meshac e Abed-nego non dubitano<br />

che il loro Dio è potente da salvarli dal fuoco della fornace, ma non sanno se<br />

vorrà farlo. Se Dio nella sua sovrana libertà avesse deliberato di non salvarli, essi<br />

non desisteranno comunque dal rimanergli fedeli: “Se no (ovvero: Se Dio non<br />

vorrà salvarci), sappi, o re, che noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la<br />

statua d’oro che tu hai eretto (è evidente che l’omaggio reso alla statua equivaleva<br />

a un atto di venerazione e di sottomissione agli dèi di Babilonia). In ogni<br />

tempo l’eroica determ<strong>in</strong>azione dei compagni di Daniele ha suscitato commozione<br />

e ammirazione.<br />

19 Allora Nebucadnetsar fu ripieno di furore, e l’aspetto del suo viso<br />

fu mutato verso Shadrac, Meshac e Abed-nego. Egli riprese la parola,<br />

e si ord<strong>in</strong>ò che si accendesse la fornace sette volte più di quello<br />

che s’era pensato di fare; 20 Poi comandò ad alcuni uom<strong>in</strong>i de’ più<br />

vigorosi del suo esercito di legare Shadrac, Meshac e Abed-nego, e<br />

di gettarli nella fornace del fuoco ardente.<br />

Nabucodonosor aveva mantenuto un atteggiamento conciliante verso Shadrac,<br />

Meshac e Abed-nego. Ma ora il rifiuto esplicito dei giovani di conformarsi alle<br />

sue disposizioni fa esplodere la sua collera ()fmEx chema’, “ira <strong>in</strong>fuocata”). Il mutamento<br />

repent<strong>in</strong>o di atteggiamento del re verso i tre giovani è descritto con efficacia:<br />

“l’aspetto del suo volto fu mutato” (i l<strong>in</strong>eamenti del suo viso si contraggono<br />

e il colore si fa paonazzo).<br />

Nella pianura mesopotamica non esistono cave di pietra, ma lungo il corso<br />

dell’Eufrate abbonda l’argilla. I Babilonesi ne fecero largo uso per produrre mattoni.<br />

Le fornaci da mattoni <strong>in</strong> quest’epoca non dovevano essere rare nella pianura<br />

di Babilonia e dovettero lavorare a pieno ritmo, stante i vasti progetti edilizi<br />

di Nabucodonosor nella città di Babilonia. Fatte di mattoni cotti, queste fornaci<br />

avevano probabilmente forma tronco-conica con un’apertura <strong>in</strong> alto per lo sfogo<br />

dei fumi ed una laterale per l’<strong>in</strong>troduzione del combustibile e dei laterizi da cuocere.<br />

Per riscaldare le fornaci si adoperava della paglia o del legno sm<strong>in</strong>uzzato<br />

mescolato con bitume (f<strong>in</strong> da epoca immemorabile il bitume affiora spontaneamente<br />

nella pianura mesopotamica, notoriamente una delle regioni del mondo<br />

più ricca di giacimenti petroliferi). Questo tipo di combustibile, come è facile capire,<br />

sviluppava un calore molto <strong>in</strong>tenso.<br />

Sulla pratica barbara del supplizio del fuoco <strong>in</strong> Babilonia ci ragguagliano alcuni<br />

documenti antichi. Intanto la pena del fuoco per certi delitti era prevista nel<br />

Codice di Hammurabi (25. 110). Questa pena è m<strong>in</strong>acciata a certi servi <strong>in</strong>fedeli<br />

<strong>in</strong> un testo cuneiforme del II millennio a.C. (il vocabolo per “fornace”, utûnum,<br />

è aff<strong>in</strong>e al term<strong>in</strong>e aramaico usato da Daniele, }UTa) ‘attûn). Il genero di Nabucodonosor,<br />

Nergal-shar-usur, si vanta <strong>in</strong> una sua iscrizione di avere “bruciato f<strong>in</strong>o<br />

88


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 89<br />

CAPIRE DANIELE<br />

alla morte gli avversari e i ribelli” 126. Anche Geremia ci dà notizia di un fatto simile<br />

<strong>in</strong> 29:22, dove fa riferimento a due pseudo-profeti giudei “che il re di Babilonia<br />

ha fatti arrostire al fuoco”.<br />

Nabucodonosor prende tutte le precauzioni per sventare qualunque tentativo<br />

di fuga dei condannati o, addirittura, per prevenire un <strong>in</strong>tervento soprannaturale:<br />

fa riscaldare la fornace sette volte più di quanto si era pensato e consegna<br />

i malcapitati ai soldati più robusti della sua milizia. E come se non bastasse, li fa<br />

legare per modo che non possano muoversi. “Sette volte di più...”, cioè al massimo<br />

grado possibile, probabilmente, secondo qualche commentatore, bruciando<br />

un quantitativo di combustibile sette volte maggiore del consueto. Ancora di più<br />

queste misure precauzionali faranno risaltare il prodigio che sta per avere luogo.<br />

21 Allora questi tre uom<strong>in</strong>i furono legati con le loro tuniche, le loro<br />

sopravvesti, i loro mantelli e tutti i loro vestiti, e furon gettati <strong>in</strong><br />

mezzo alla fornace del fuoco ardente. 22 E siccome l’ord<strong>in</strong>e del re<br />

era perentorio e la fornace era straord<strong>in</strong>ariamente riscaldata, la<br />

fiamma del fuoco uccise gli uom<strong>in</strong>i che vi avevan gettato dentro Shadrac,<br />

Meshac e Abed-nego. 23 E quei tre uom<strong>in</strong>i, Shadrac, Meshac e<br />

Abed-nego, caddero legati <strong>in</strong> mezzo alla fornace del fuoco ardente.<br />

I condannati sono gettati nella fornace <strong>in</strong>candescente e con tutti i loro vestiti addosso<br />

perché l’ord<strong>in</strong>e del re deve essere eseguito con la massima rapidità, e<br />

forse anche aff<strong>in</strong>ché l’effetto del fuoco sia se possibile ancora più drastico con la<br />

combustione dei panni.<br />

Non è facile oggi tradurre i term<strong>in</strong>i aramaici con i quali sono <strong>in</strong>dicati i capi<br />

di vestiario dei condannati. Il significato più probabile del primo (}Ohy"lfB:ras:B<br />

besarbalêhôn) sembra essere “calzari”; il secondo (}Ohy"$y:=aP pateyshêhôn) può<br />

tradursi “calzoni”; il terzo (}Otfl:B:rak karbelathôn), d’orig<strong>in</strong>e accadica (karballatu)<br />

significa con molta probabilità “copricapo”, e il quarto (}Ohy"$ub:l levushehôn) designa<br />

gli <strong>in</strong>dumenti <strong>in</strong> generale.<br />

Un <strong>in</strong>cidente repent<strong>in</strong>o e imprevisto segna drammaticamente l’esecuzione<br />

dell’ord<strong>in</strong>e di Nabucodonosor: una vampa di calore erompe dalla bocca della<br />

fornace e <strong>in</strong>veste i soldati che vi hanno gettato i condannati, e <strong>in</strong> un attimo essi<br />

bruciano come torce. È un primo smacco per il re.<br />

Tra i vv. 23 e 24, i manoscritti greci dei LXX e di Teodozione <strong>in</strong>seriscono<br />

un’aggiunta apocrifa di 67 versetti (24-90) contenente una preghiera <strong>in</strong> versi<br />

messa sulla bocca di Azaria (Abed-nego) (vv. 24-25), un breve <strong>in</strong>terludio narrativo<br />

<strong>in</strong> prosa (vv. 46-50) e un cantico <strong>in</strong> versi attribuito ai tre giovani (vv. 51-90).<br />

È la prima di tre aggiunte apocrife al nostro libro le quali, <strong>in</strong>sieme con altri scritti<br />

apocrifi, furono dichiarate deuterocanoniche dal Concilio di Trento nel 1546 e<br />

sono tuttora accolte nel canone anticotestamentario delle versioni cattoliche della<br />

Bibbia. Girolamo tradusse <strong>in</strong> lat<strong>in</strong>o questo lungo brano ma avvertì di non averlo<br />

126 - S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 782.<br />

89


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 90<br />

CAPITOLO 3<br />

trovato nei testi ebraici. Effettivamente esso non figura nel <strong>Testo</strong> Masoretico di<br />

Daniele e, significativamente, non si trova nei frammenti aramaici del nostro libro<br />

r<strong>in</strong>venuti nelle grotte di Qumrân (anteriori di quasi 1.000 anni al <strong>Testo</strong> Masoretico)<br />

uno dei quali contiene i vv. 22-30 del capitolo terzo. È <strong>in</strong>certo se il brano<br />

aggiuntivo, che da vari studiosi è fatto risalire all’<strong>in</strong>izio del I secolo a.C., sia stato<br />

composto orig<strong>in</strong>ariamente <strong>in</strong> aramaico.<br />

24 Allora il re Nebucadnetsar fu spaventato, si levò <strong>in</strong> gran fretta, e<br />

prese a dire ai suoi consiglieri: “Non abbiam noi gettato <strong>in</strong> mezzo al<br />

fuoco tre uom<strong>in</strong>i legati?” quelli risposero e dissero al re: “Certo, o<br />

re!” 25 Ed egli riprese a dire: “Ecco, io vedo quattro uom<strong>in</strong>i, sciolti,<br />

che camm<strong>in</strong>ano <strong>in</strong> mezzo al fuoco, senz’aver sofferto danno alcuno;<br />

e l’aspetto del quarto è come quello d’un figlio degli dèi”.<br />

Il re si era avvic<strong>in</strong>ato al luogo del supplizio e si era posto a sedere a distanza di<br />

sicurezza per controllare di persona che i suoi ord<strong>in</strong>i fossero eseguiti rigorosamente.<br />

Dal suo punto d’osservazione egli può vedere agevolmente, attraverso<br />

l’apertura della fornace, quello che avviene all’<strong>in</strong>terno di essa, e quello che vede<br />

lo fa trasalire. Non solo i tre giovani si muovono a loro agio tra i riverberi accecanti,<br />

come se il calore terrificante non procurasse loro né danni né fastidio, ma<br />

<strong>in</strong>sieme a loro c’è un quarto personaggio che ha un aspetto sovrumano.<br />

Alcune versioni antiche (la K<strong>in</strong>g’s James, per esempio), hanno reso “il Figlio<br />

di Dio” l’aramaico }yihflE)-rab bar-’elahîn, ma generalmente l’espressione è tradotta,<br />

come fa la Riveduta, “un figlio degli dèi”. Il S.D.A. Bible Commentary preferisce<br />

la prima traduzione, la seconda però è più consona alla mentalità del pagano<br />

Nabucodonosor. Era comune fuori d’Israele la credenza che esistessero figli<br />

di dèi generati con div<strong>in</strong>ità femm<strong>in</strong>ili o con umanissime donne.<br />

Quasi non credendo ai suoi occhi, il re si alza di scatto dal suo scanno e<br />

corre a <strong>in</strong>terpellare i suoi consiglieri per accertarsi che siano stati gettati nella fornace<br />

soltanto tre uom<strong>in</strong>i.<br />

26 Poi Nebucadnetsar s’avvic<strong>in</strong>ò alla bocca della fornace del fuoco<br />

ardente, e prese a dire: “Shadrac, Meshac, Abed-nego, servi dell’Iddio<br />

altissimo, uscite, venite!” E Shadrac, Meshac e Abed-nego uscirono<br />

di mezzo al fuoco.<br />

“Shadrac, Meshac e Abed-nego... uscite...!” È una revoca implicita della condanna<br />

e un implicito riconoscimento della sconfitta subita. L’Iddio Altissimo che<br />

Shadrac, Meshac e Abed-nego servono ha raccolto la sfida temeraria di Nabucodonosor<br />

(“e qual è quel dio che vi libererà dalle mie mani?”) e ha risposto come<br />

Egli sa rispondere.<br />

Il quarto personaggio è scomparso dopo che i giovani sono usciti dalla fornace,<br />

una prova ulteriore della sua appartenenza all’ord<strong>in</strong>e sovrannaturale.<br />

Liberi dai legami e assolutamente <strong>in</strong>denni, i tre giovani sarebbero potuti<br />

uscire dalla fornace prima che il re lo ord<strong>in</strong>asse loro. Con ciò hanno dato prova<br />

90


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 91<br />

CAPIRE DANIELE<br />

che se non hanno reso omaggio alla statua secondo l’ord<strong>in</strong>e del sovrano, non è<br />

stato per avere voluto sfidare la sua autorità, come li si era accusati, ma per motivi<br />

di ben altra natura che adesso Nabucodonosor sembra avere capito e di volere<br />

riconoscere chiamandoli “servi dell’Iddio Altissimo”.<br />

“L’avere Nabucodonosor riconosciuto che il dio dei tre giudei è ‘l’Iddio Altissimo’,<br />

non implica necessariamente che il re r<strong>in</strong>unciasse alla sua mentalità politeista.<br />

Il Dio di Shadrac, Meshac e Abed-nego era per lui non l’unico vero Dio,<br />

ma semplicemente il Dio più alto, il Dio supremo sopra tutti gli dèi (i Greci chiamavano<br />

il loro supremo Zeus, ho hupsistos theos, ‘il dio più alto’). Con questo<br />

senso il term<strong>in</strong>e è attestato anche <strong>in</strong> Fenicia e più tardi nelle iscrizioni di Palmira”<br />

127.<br />

27 E i satrapi, i prefetti, i governatori e i consiglieri del re, essendosi<br />

adunati, guardarono quegli uom<strong>in</strong>i, e videro che il fuoco non aveva<br />

avuto alcun potere sul loro corpo, che i capelli del loro capo non<br />

erano stati arsi, che le loro tuniche non erano alterate, e ch’essi non<br />

avevano odor di fuoco.<br />

È talmente <strong>in</strong>audito che degli uom<strong>in</strong>i escano vivi da una fornace <strong>in</strong>fuocata, che<br />

tutti vogliono osservare da vic<strong>in</strong>o i tre giovani oggetto di un simile prodigio. I dignitari<br />

fanno ressa <strong>in</strong>torno a loro e possono constatare de visu che il fuoco non<br />

li ha neanche sfiorati: la capigliatura, la prima parte del corpo a soffrire gli effetti<br />

del calore, è <strong>in</strong>tatta, le tuniche (o meglio, i calzari, come traducono altri) non recano<br />

tracce di combustione, i loro corpi non odorano di bruciato.<br />

L’Iddio che essi servono li ha prodigiosamente salvati, manifestando il suo<br />

gran potere davanti gli occhi dei rappresentanti di tutte le prov<strong>in</strong>ce imperiali.<br />

Certo, non tutti hanno potuto osservare da vic<strong>in</strong>o i loro corpi <strong>in</strong>denni, <strong>in</strong>fatti il<br />

narratore menziona solo tre delle sette categorie di funzionari menzionati nel v.<br />

2: ’achashdarpenayya’ (sàtrapi), sighnayya’ (prefetti) e pachawatha’ (governatori),<br />

più una quarta categoria, quella )fK:lam y"r:bfDah haddavrê malka’ (consiglieri<br />

del re) nom<strong>in</strong>ata per la seconda volta dopo il v. 24. Tutti, comunque, hanno visto<br />

i giovani uscire vivi dalla fornace.<br />

28 E Nebucadnetsar prese a dire: “Benedetto sia l’Iddio di Shadrac,<br />

di Meshac e di Abed-nego, il quale ha mandato il suo angelo, e ha liberato<br />

i suoi servi che hanno confidato <strong>in</strong> lui, hanno trasgredito<br />

l’ord<strong>in</strong>e del re, e hanno esposto i loro corpi, per non servire e non<br />

adorare altro dio che il loro! 29 Perciò, io faccio questo decreto: che<br />

chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o l<strong>in</strong>gua appartenga, dirà<br />

male dell’Iddio di Shadrac, Meshac e Abed-nego, sia fatto a pezzi, e<br />

la sua casa sia ridotta <strong>in</strong> un immondezzaio; perché non v’è alcun altro<br />

dio che possa salvare a questo modo”.<br />

127 - Idem, p. 785.<br />

91


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 92<br />

CAPITOLO 3<br />

I pagani <strong>in</strong> genere rispettavano le div<strong>in</strong>ità straniere, tanto più se ad esse si poteva<br />

accreditare, a torto o a ragione, un qualche prodigio (<strong>in</strong> questo caso, evidentemente,<br />

il fatto portentoso è accreditato a ragione!).<br />

Ammettere nel pantheon nazionale una div<strong>in</strong>ità straniera, o quanto meno<br />

riconoscerne il potere, non era poi un problema. L’atteggiamento di Nabucodonosor<br />

verso il Dio dei Giudei è conforme a questa mentalità. Il prodigio di cui è<br />

stato spettatore ha suscitato nel re timore e riverenza verso questo Dio talmente<br />

potente. Egli non può non ammettere che sia stato lui a liberare dal fuoco, con<br />

la mediazione di un suo <strong>in</strong>viato, i giovani che hanno avuto fiducia <strong>in</strong> lui. Questo<br />

non significa però - sia detto ancora una volta - che egli r<strong>in</strong>unci alla sua mentalità<br />

politeistica.<br />

Adesso Nabucodonosor ha capito e riconosce che non è stato per temeraria<br />

rivolta contro la sua autorità che i giovani giudei hanno trasgredito il suo ord<strong>in</strong>e,<br />

ma soltanto “per non servire e non adorare altro dio che il loro”.<br />

Il re emana seduta stante un decreto col quale si fa obbligo a tutti i gruppi<br />

etnici e l<strong>in</strong>guistici del suo impero di rispettare e riverire il Dio di Shadrac, Meshac<br />

e Abed-nego. La sanzione che dovranno subire i trasgressori di questo decreto<br />

è identica a quella che doveva abbattersi sui sapienti di Babilonia rei di<br />

non avergli saputo rivelare il sogno (vedi commento a 2: 5).<br />

30 Allora il re fece prosperare Shadrac, Meshac e Abed-nego nella<br />

prov<strong>in</strong>cia di Babilonia.<br />

Il rifiuto di ubbidire all’ord<strong>in</strong>e del re nella piana di Dura aveva fatto decadere<br />

automaticamente dai loro <strong>in</strong>carichi ufficiali Shadrac, Meshac e Abed-nego. Ora<br />

essi sono re<strong>in</strong>tegrati <strong>in</strong> quegli <strong>in</strong>carichi, dopo che per l’<strong>in</strong>tervento del Dio che<br />

servono sono scampati ad una morte atroce.<br />

Il verbo xal:cah hatzlach, “fece prosperare”, “promosse”, fa pensare che i giovani<br />

siano stati posti dal re nelle condizioni più favorevoli per svolgere le loro<br />

mansioni amm<strong>in</strong>istrative con pieno successo. L’esito felice della vicenda è enfatizzato<br />

per mostrare che Dio rimunera i suoi figli che lo servono con fedeltà.<br />

92


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 93<br />

Capitolo 4<br />

____________________________<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Il racconto di questo capitolo ha qualche somiglianza con la storia narrata nel<br />

capitolo 2. Anche <strong>in</strong> questo episodio Nabucodonosor ha un sogno che i maghi<br />

di Babilonia non sanno <strong>in</strong>terpretare. E anche qui l’<strong>in</strong>tervento di Daniele è risolutivo.<br />

Ma se vi sono analogie fra le due storie, vi sono anche differenze. Nel cap. 4<br />

il sogno non è stato dimenticato e non c’è m<strong>in</strong>accia di morte a carico dei maghi<br />

reticenti. E ancora, a differenza del primo episodio, nel secondo il sogno preannuncia<br />

un evento <strong>in</strong>fausto per il re di Babilonia. Evento che si compie puntualmente<br />

perché Nabucodonosor ha esaltato se stesso anziché l’Iddio Altissimo.<br />

Ridotto <strong>in</strong> uno stato di abbrutimento a causa di una rara malattia mentale,<br />

il sovrano vaga per i campi come una bestia selvatica. Trascorso il tempo predetto<br />

da Daniele, Nabucodonosor, forse <strong>in</strong> un momento di lucidità, prende coscienza<br />

della sua condizione miserevole, benedice l’Iddio Altissimo, ne esalta la signoria<br />

eterna e riacquista le facoltà mentali così come Daniele aveva detto.<br />

S<strong>in</strong>golare è la forma letteraria del racconto. Prima di tutto perché si apre e<br />

prosegue nella forma di un proclama rivolto a tutti i popoli dell’impero, poi perché<br />

i verbi e i pronomi sono alla prima persona f<strong>in</strong>o al v. 18, passano alla terza persona<br />

nel v. 19 e ritornano alla prima persona nel v. 34.<br />

Nella versione italiana della Bibbia utilizzata <strong>in</strong> questo commentario,<br />

conformemente ad alcuni codici di versioni antiche, il cap. 4 si apre col preambolo<br />

del proclama di Nabucodonosor.<br />

Nel <strong>Testo</strong> Masoretico <strong>in</strong>vece, seguito da numerosi codici di versioni antiche e<br />

da molte versioni moderne, questo capitolo esordisce col racconto di Nabucodonosor<br />

<strong>in</strong> prima persona; <strong>in</strong> altre parole i primi 3 versetti del cap. 4 nella versione Riveduta<br />

di Giovanni Luzzi, figurano nel testo Masoretico come gli ultimi 3 (31-33)<br />

del capitolo terzo. Non v’è dubbio che questi tre versetti stanno al loro posto al pr<strong>in</strong>cipio<br />

del cap. 4. Infatti la vicenda del cap. 3 è già conclusa nel v. 30 con l’osservazione<br />

che i compagni di Daniele scampati al giudizio del fuoco sono stati re<strong>in</strong>tegrati<br />

nei loro <strong>in</strong>carichi pubblici, mentre il proclama che il re rivolge a tutti i popoli<br />

del suo impero per far conoscere i segni e i prodigi che l’Iddio del cielo ha fatto<br />

nella sua persona, <strong>in</strong>troduce <strong>in</strong> modo del tutto naturale il racconto del cap. 4.<br />

1 “Il re Nebucadnetsar a tutti i popoli, a tutte le nazioni e le l<strong>in</strong>gue,<br />

che abitano su tutta la terra. La vostra pace abbondi.<br />

La narrazione com<strong>in</strong>cia e prosegue f<strong>in</strong>o a un certo punto nella forma di un proclama<br />

che il re Nabucodonosor ha rivolto alle genti dei suoi vasti dom<strong>in</strong>i (“po-<br />

93


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 94<br />

CAPITOLO 4<br />

poli... nazioni e l<strong>in</strong>gue”, vedi commento a 3:4) le cui dimensioni geografiche<br />

sono iperbolicamente enfatizzate (“su tutta la terra”).<br />

Il proclama si apre con un preambolo redatto nell’antica forma epistolare,<br />

con l’<strong>in</strong>dicazione del mittente (“il re Nabucodonosor”) e dei dest<strong>in</strong>atari (“a tutti i<br />

popoli, a tutte le nazioni e l<strong>in</strong>gue”) seguita dal saluto augurale (“la vostra pace<br />

abbondi”). “L’<strong>in</strong>dirizzo a tutto il mondo civile era abituale (cfr. 6:26) nei documenti<br />

usciti dalle cancellerie dell’antico Oriente” 128.<br />

Forme varianti di saluti augurali si trovano anche <strong>in</strong> decreti imperiali e <strong>in</strong> un<br />

documento epistolare di età persiana riportati nel libro di Esdra (4:17; 7:12, [BG,<br />

5:7]). Una formula augurale si legge nei Papiri aramaici di Elefant<strong>in</strong>a del V secolo<br />

a.C.: “Possa l’Iddio del cielo procacciare la salute di...” 129. Un editto reale r<strong>in</strong>venuto<br />

da Rawl<strong>in</strong>son <strong>in</strong> Mesopotamia si chiude con la formula: “Possa il mio saluto<br />

rallegrare il vostro cuore” 130.<br />

2 M’è parso bene di far conoscere i segni e i prodigi che l’Iddio altissimo<br />

ha fatto nella mia persona. 3 Come son grandi i suoi segni!<br />

Come son potenti i suoi prodigi! Il suo regno è un regno eterno, e il<br />

suo dom<strong>in</strong>io dura di generazione <strong>in</strong> generazione.<br />

Nabucodonosor ha voluto rendere di pubblico dom<strong>in</strong>io nei territori del suo impero<br />

una drammatica vicenda personale che riconosce come un giudizio dell’Iddio<br />

Altissimo. Dichiarato lo scopo del proclama, il re pronuncia una dossologia<br />

per esaltare <strong>in</strong> vibranti versi lirici la potenza di questo Dio, che si è resa manifesta<br />

nella sua persona, e la sua signoria imperitura.<br />

Poiché non si conoscono casi paralleli nei documenti antichi, vari autori<br />

moderni hanno def<strong>in</strong>ito storicamente assurdo questo proclama che Daniele attribuisce<br />

al re Nabucodonosor. Il S.D.A. Bible Commentary 131 ribatte giustamente<br />

che gli argomenti basati sul silenzio delle fonti non sono decisivi. La Scrittura descrive<br />

avvenimenti che non hanno riscontri nei documenti coevi che sono a nostra<br />

conoscenza (si pensi per esempio alla distruzione di Gerusalemme per<br />

mano di Nabucodonosor), eppure nessuno ne contesta l’attendibilità. “Questo<br />

tipo di approccio - osserva Leupold - fa della storia extra-biblica il criterio per<br />

decidere che cosa sia o non sia credibile e ragionevole nell’ambito della rivelazione”<br />

132.<br />

Su radicali riforme religiose promosse da qualche sovrano del mondo antico<br />

siamo comunque <strong>in</strong>formati dalle fonti storiche. Si sa, per esempio, che il faraone<br />

Amenofi IV nel secolo XIV a.C. ripudiò la religione politeistica degli avi e<br />

istituì nell’Egitto una sorta di culto monoteistico rivolto all’antica div<strong>in</strong>ità solare<br />

128 - G. RINALDI, op. cit., p. 77.<br />

129 - S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 788.<br />

130 - H. C. LEUPOLD, op. cit., p. 168.<br />

131 - S.D.A. Bible Commentary, vol. IV , p. 788.<br />

132 - H. C. LEUPOLD, op. cit., p. 168.<br />

94


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 95<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Aton <strong>in</strong> onore della quale eresse un tempio nella nuova capitale Aketaton e<br />

mutò il proprio nome <strong>in</strong> Ikhnaton.<br />

Un’analoga rivoluzione religiosa pare essere avvenuta <strong>in</strong> Mesopotamia c<strong>in</strong>que<br />

secoli più tardi: <strong>in</strong>dizi concreti fanno pensare che durante il regno di Adadnirari<br />

III (810-782 a.C.) Nabu, dio di Borsippa, fosse proclamato unica o pr<strong>in</strong>cipale<br />

div<strong>in</strong>ità di N<strong>in</strong>ive 133.<br />

4 Io, Nebucadnetsar, stavo tranquillo <strong>in</strong> casa mia, e fiorente nel mio<br />

palazzo. 5 Ebbi un sogno, che mi spaventò; e i pensieri che m’assalivano<br />

sul mio letto, e le visioni del mio spirito m’empiron di terrore.<br />

Il proclama prosegue col racconto di Nabucodonosor <strong>in</strong> prima persona. “Stavo<br />

tranquillo <strong>in</strong> casa mia...”. L’episodio sembra potersi situare nell’ultimo scorcio del<br />

lungo regno di Nabucodonosor quando, term<strong>in</strong>ate le guerre di conquista, il<br />

grande sovrano assicurò lunghi anni di pace e prosperità al paese. “... Fiorente<br />

nel mio palazzo...”: l’aramaico }án:(ar ra‘anan, lett. “essere verdeggiante”, era usato<br />

metaforicamente per <strong>in</strong>dicare la condizione di qualcuno che prosperava <strong>in</strong> circostanze<br />

particolarmente fortunate (W. GESENIUS).<br />

L’espressione, nello stesso tempo che enfatizza l’opulenza di Babilonia, anticipa<br />

l’argomento della prima parte del sogno descritto nei versetti seguenti.<br />

Ancora un sogno dunque, un sogno che turba la tranquillità del re, anzi che<br />

lo terrorizza (si tenga presente l’importanza che si annetteva ai sogni <strong>in</strong> Babilonia<br />

- vedi commento a 2:1). Nabucodonosor sembra che colga nel sogno una<br />

vaga premonizione <strong>in</strong>fausta. “La repent<strong>in</strong>ità con cui è <strong>in</strong>trodotto questo versetto -<br />

commenta Leupold - è un artificio letterario per <strong>in</strong>dicare che il sogno sopravvenne<br />

<strong>in</strong> modo del tutto <strong>in</strong>aspettato” 134. L’emozione che il re ha provato durante<br />

il sogno si r<strong>in</strong>nova e <strong>in</strong>tensifica al risveglio mentre egli riflette sulle cose viste e<br />

le parole udite nel sogno stesso (“le visioni del mio spirito”).<br />

6 Ord<strong>in</strong>e fu dato da parte mia di condurre davanti a me tutti i savi<br />

di Babilonia, perché mi facessero conoscere l’<strong>in</strong>terpretazione del sogno.<br />

7 Allora vennero i magi, gl’<strong>in</strong>cantatori, i Caldei e gli astrologi; io<br />

dissi loro il sogno, ma essi non poterono farmene conoscere l’<strong>in</strong>terpretazione.<br />

Il fallimento di cui si dà notizia nel cap. 2 non sembra avere scosso la fiducia di<br />

Nabucodonosor nei poteri dell’arte div<strong>in</strong>atoria babilonese. Sono convocati nel<br />

palazzo i professionisti della mantica, una prima volta designati con un term<strong>in</strong>e<br />

collettivo (lebfb y"myiKax chakkîmê bavel, “i sapienti di Babilonia”) e una seconda<br />

volta dist<strong>in</strong>ti <strong>in</strong> 4 categorie: )Yamu+:rax chartummayyâ’, )æYap:$f)’ashfayyâ’, ")yfD:&aK kashdday’e<br />

e )æYarºzfg gazraya’ (per i significati vedi commento a 2:2, 3). Ma il re non<br />

133 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, ivi p. 996.<br />

134 - H. C. LEUPOLD, op. cit., pp. 172, 173.<br />

95


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 96<br />

CAPITOLO 4<br />

esige da loro che <strong>in</strong>dov<strong>in</strong><strong>in</strong>o il sogno come nell’episodio precedente perché stavolta<br />

il sogno non lo ha dimenticato (“io dissi loro il sogno”). Tuttavia i professionisti<br />

della div<strong>in</strong>azione ancora una volta rimangono muti davanti alla richiesta<br />

del re. Essi avranno certamente <strong>in</strong>tuito il significato <strong>in</strong>fausto del sogno, ma non<br />

avrebbero saputo dire più di questo. Oltretutto non era piacevole, e poteva anche<br />

essere pericoloso per loro, annunciare al sovrano un presagio nefasto, sia<br />

pure senza poterne precisare la natura.<br />

8 Alla f<strong>in</strong>e si presentò davanti a me Daniele, che si chiama Beltsatsar,<br />

dal nome del mio dio, e nel quale è lo spirito degli dèi santi; e io<br />

gli raccontai il sogno.<br />

Daniele riappare per la prima volta sulla scena dopo l’episodio del cap. 2. Non è<br />

chiaro se sia stato convocato dal re o se si sia presentato di sua <strong>in</strong>iziativa. Se è<br />

valida la prima ipotesi, che effettivamente sembra la più verosimile, Nabucodonosor<br />

può aver voluto prima ascoltare il responso degli specialisti nazionali della<br />

div<strong>in</strong>azione, poi, visto il silenzio di questi, avrebbe consultato l’esperto straniero.<br />

Ma si può anche supporre che Daniele fosse stato convocato <strong>in</strong>sieme con<br />

gli altri sapienti, ma che qualche motivo a noi sconosciuto gli abbia impedito di<br />

ottemperare subito all’ord<strong>in</strong>e del re. L’ipotesi di una presentazione spontanea di<br />

Daniele sembra la meno probabile. Bisognerebbe ammettere che il re Nabucodonosor<br />

lo avesse messo da parte dopo averlo <strong>in</strong>vestito di un alto <strong>in</strong>carico che<br />

tuttora riconosceva (cfr. 2:48 con 4:9).<br />

Nabucodonosor prima nom<strong>in</strong>a Daniele col suo nome giudaico, poi col<br />

nome babilonese che egli stesso gli ha imposto (vedi commento a 1:7). Osserva<br />

giustamente Leupold 135 che dopo la lezione che gli era stata impartita attraverso<br />

l’esperienza narrata <strong>in</strong> questo capitolo, è comprensibile che Nabucodonosor si<br />

preoccupasse di non dire e fare nulla che potesse apparire come un’offesa verso<br />

il Dio di Daniele, ciò che appunto avrebbe significato il non tenere conto del<br />

nome orig<strong>in</strong>ale di quest’uomo (Dani’el = “Dio è il mio giudice”) dopo averlo<br />

sostituito con un nome che onorava la sua div<strong>in</strong>ità personale.<br />

La forma plurale dell’espressione aramaica }yi$yiDaq }yihflE) ’elahîn qaddîshîn,<br />

“gli dèi santi”, può anche tradursi al s<strong>in</strong>golare, “l’iddio santo” come rileva il<br />

S.D.A. Bible Commentary 136, il quale propende per questa traduzione tanto più<br />

che la versione greca di Teodozione rende la frase: “il quale ha <strong>in</strong> sé lo spirito<br />

santo di Dio”. Leupold, R<strong>in</strong>aldi e altri, come il Luzzi, preferiscono la forma plurale,<br />

la quale <strong>in</strong> effetti, oltre ad attenersi alla letteralità dell’aramaico, tiene conto<br />

del fatto che chi parla è un politeista, anche se rispetta il Dio di Daniele.<br />

135 - Ibidem, pp. 175, 176.<br />

136 - Vol. IV, p. 789.<br />

96


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 97<br />

CAPIRE DANIELE<br />

9 Beltsatsar, capo dei magi, siccome io so che lo spirito degli dèi<br />

santi è <strong>in</strong> te, e che nessun segreto t’è difficile, dimmi le visioni che ho<br />

avuto nel mio sogno, e la loro <strong>in</strong>terpretazione.<br />

“Capo dei magi” ()æYaMu+:rax bar rav chartummayyâ’), traducibile anche “capo degli<br />

<strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i” (vedi commento a 2:2-3), deve essere l’equivalente di “capo supremo<br />

di tutti i savi di Babilonia” (cfr. 2:48). Nabucodonosor si rivolge a Daniele quale<br />

suo em<strong>in</strong>ente m<strong>in</strong>istro. Per la seconda volta riconosce la presenza <strong>in</strong> lui dello<br />

“spirito degli dèi santi”, ed esprime la conv<strong>in</strong>zione che non ci sono per lui segreti<br />

impenetrabili.<br />

“Dimmi la visione che ho avuto...” Poiché nei versetti seguenti Nabucodonosor<br />

descrive il sogno, non si capisce il motivo di questa richiesta rivolta a Daniele.<br />

Teodozione traduce: “Ascolta la visione del sogno che ho avuto...” Questa<br />

lezione è senz’altro più coerente. Varie versioni ed espositori moderni seguono<br />

Teodozione. La Bible de Jérusalem corregge l’aramaico y¢wºzex hezwê, “visioni”, <strong>in</strong><br />

hazî, “ecco”, e traduce: “Ecco il sogno che ho avuto...” Il testo italiano della<br />

C.E.I., R<strong>in</strong>aldi, Bern<strong>in</strong>i e altri si attengono a questo modo di leggere il passo.<br />

10 Ed ecco le visioni della mia mente quand’ero sul mio letto. Io guardavo,<br />

ed ecco un albero <strong>in</strong> mezzo alla terra, la cui altezza era<br />

grande.<br />

“Io guardavo...” La forma aramaica del verbo esprime azione progressiva (“io<br />

stavo guardando”) e attenta considerazione di ciò che si sta guardando 137.<br />

Anche Ezechiele e Isaia usano l’immag<strong>in</strong>e dell’albero per raffigurare una nazione<br />

(Ez 17:22, 23; 19: 10-14; 31: 3-14; Is 10: 33, 34). In una delle iscrizioni r<strong>in</strong>venute<br />

a Wadi Brissa, nel Libano, e pubblicata da F. H. WEISSBACH nel 1906, Babilonia<br />

è paragonata a un grande albero che fa ombra a tutti i popoli 138.<br />

Erodoto, <strong>in</strong> Storie I, 108, riporta un fatto che ha qualche somiglianza con la<br />

storia narrata da Daniele. Egli dice che Astiage re dei Medi sognò che sua figlia<br />

Mandane, andata <strong>in</strong> sposa a Cambise, pr<strong>in</strong>cipe persiano, partorì una vite che<br />

crebbe f<strong>in</strong>o a coprire tutta l’Asia.<br />

Sollecitato il responso degli <strong>in</strong>terpreti dei sogni, costoro gli predissero che il<br />

figlio di sua figlia avrebbe regnato <strong>in</strong> vece sua. L’albero visto <strong>in</strong> sogno da Nabucodonosor,<br />

l’albero che si erge forte e maestoso nel bel mezzo della terra e<br />

estende i suoi rami <strong>in</strong> tutte le direzioni potrebbe essere una figura idonea della<br />

nuova Babilonia creata da Nabucodonosor.<br />

137 - Cfr. LEUPOLD, op. cit., p. 178.<br />

138 - Cfr. G. RINALDI, op. cit., pp. 78, 79 e G. PETTINATO, op. cit., p. 17.<br />

97


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 98<br />

CAPITOLO 4<br />

11 l’albero era cresciuto e diventato forte, e la sua vetta giungeva al<br />

cielo, e lo si vedeva dalle estremità di tutta la terra. 12 Il suo fogliame<br />

era bello, il suo frutto abbondante, c’era <strong>in</strong> lui nutrimento per tutti; le<br />

bestie dei campi si riparavano sotto la sua ombra, gli uccelli del cielo<br />

dimoravano fra i suoi rami, e ogni creatura si nutriva d’esso.<br />

L’immag<strong>in</strong>e è imponente. Le dimensioni dell’albero, il suo vigore, la sua floridezza,<br />

tutto è superlativo e tutto sembra potersi riferire alla gran città che dom<strong>in</strong>ò<br />

il mondo tra il 605 e il 539 a.C.<br />

“... ecco un albero <strong>in</strong> mezzo alla terra”. Spesso nelle iscrizioni reali di questo<br />

periodo Babilonia è descritta come il centro del mondo.<br />

“... L’albero era cresciuto e diventato forte”. Sotto la guida energica e illum<strong>in</strong>ata<br />

di Nabucodonosor i conf<strong>in</strong>i dell’impero di Babilonia si erano dilatati f<strong>in</strong>o a<br />

<strong>in</strong>corporare tutta la Mesopotamia, la Siria e la Palest<strong>in</strong>a.<br />

“Il suo fogliame era bello, il suo frutto abbondante...” Immag<strong>in</strong>e eloquente<br />

della prosperità e dell’opulenza della nuova Babilonia creazione di Nabucodonosor.<br />

“... c’era <strong>in</strong> lui nutrimento per tutti...” Nulla potrebbe commentare questa<br />

frase meglio delle parole dello stesso Nabucodonosor che si leggono <strong>in</strong> una<br />

delle sue numerose iscrizioni: “Nabucodonosor, il re di giustizia, sono Io. La<br />

moltitud<strong>in</strong>e della gente che Marduk, mio signore, ha dato nelle mie mani, governo<br />

io con bontà... [...] ... sotto la sua eterna protezione radunai tutti i popoli<br />

per il loro bene. Un governo pieno di abbondanza, anni pieni di benedizioni garantii<br />

al mio paese” 139.<br />

Gli storici riconoscono senza riserve a Nabucodonosor i meriti che questo<br />

sovrano ascrive a se stesso. Scrive il prof. Pett<strong>in</strong>ato: “anche se può sembrare<br />

noioso, non mi stancherò di ripetere che la vera grandezza del sovrano Nabucodonosor<br />

non consiste nel fatto che egli abbia creato un impero e abbia costruito<br />

una degna capitale, quanto piuttosto all’aver regnato con giustizia ed equità,<br />

nell’essere stato, <strong>in</strong> poche parole, un ‘pastore fedele’ per il suo popolo” 140.<br />

Bisogna dire che nell’<strong>in</strong>tento della Rivelazione l’albero grande e maestoso<br />

visto <strong>in</strong> sogno da Nabucodonosor, vuole raffigurare piuttosto lui stesso che non<br />

la città e l’impero di Babilonia, quantunque nell’antichità il re venisse considerato<br />

l’<strong>in</strong>carnazione vivente del regno e fosse qu<strong>in</strong>di con esso identificato.<br />

98<br />

13 Nelle visioni della mia mente, quand’ero sul mio letto, io guardavo,<br />

ed ecco uno dei santi Veglianti scese dal cielo, 14 gridò con<br />

forza, e disse così: - Abbattete l’albero, e tagliatene i rami; scotetene<br />

il fogliame, e dispergetene il frutto; fuggano gli animali di sotto a lui,<br />

e gli uccelli di tra i suoi rami!<br />

139 - G. PETTINATO, op. cit., pp. 182/183.<br />

140 - Ibidem, p. 185.


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 99<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Un essere sovrumano compare sulla scena mentre il re contempla nel sogno l’albero<br />

maestoso. Questo essere è designato con un term<strong>in</strong>e che non ha riscontri<br />

nell’Antico Testamento (non si deve dimenticare che chi lo usa non appartiene<br />

alla cultura ebraica). L’aramaico ryi( - dal verbo ‘ur, “vigilare” - significa “vigilante”,<br />

“uno che sta sempre all’erta”. I LXX lo traducono angelos “angelo”, mentre<br />

Teodozione si limita a traslitterarlo <strong>in</strong> caratteri greci [ir]. Nell’apocalittica giudaica<br />

(Enoch, Giubilei) aggeloi designa gli esseri celesti che eseguono i decreti<br />

div<strong>in</strong>i, vale a dire gli angeli. È improbabile che i Caldei conoscessero la nozione<br />

giudaica espressa da questo term<strong>in</strong>e, come suggerirebbe la versione dei LXX.<br />

Nondimeno l’attributo “santo” aggiunto a “vigilante” (aramaico $yiDaqºw ryi( ‘ir weqaddêsh,<br />

letteralmente “un vigilante e santo”) e la natura sovrumana (“scese dal<br />

cielo”) di questo essere cui nulla sfugge, fanno pensare che Nabucodonosor<br />

debba avere riconosciuto il lui un messaggero della div<strong>in</strong>ità.<br />

Una sentenza a carico dell’albero è stata emanata <strong>in</strong> cielo; il “vigilante e<br />

santo” che ne è disceso ha il compito non di eseguirla ma di comandare che<br />

venga eseguita. Egli “gridò con forza”, questa frase sottol<strong>in</strong>ea l’autorità di cui è<br />

stato <strong>in</strong>vestito l’essere sovrumano. Non uno ma più giustizieri eseguiranno la<br />

sentenza (gli imperativi sono tutti al plurale: “abbattete... tagliate... scuotete... disperdete...”).<br />

L’identità dei giustizieri non è rivelata, ma si può presumere che<br />

appartengano alla stessa natura e al medesimo rango del “vigilante e santo” (il v.<br />

17 menziona i “vigilanti”, al plurale, ‘irîn).<br />

L’azione punitiva a carico dell’albero deve essere severa: non questo ha da<br />

essere abbattuto, ma i suoi rami dovranno essere tagliati, il suo fogliame scosso<br />

e il suo frutto disperso sì che le creature che si riparavano <strong>in</strong> esso e di esso si<br />

nutrivano se ne fuggano lontano. Il significato nefasto del sogno è evidente.<br />

15 Però, lasciate <strong>in</strong> terra il ceppo delle sue radici, ma <strong>in</strong> catene di<br />

ferro e di rame, fra l’erba de’ campi, e sia bagnato dalla rugiada del<br />

cielo, e abbia con gli animali la sua parte d’erba della terra.<br />

Il castigo decretato a carico dell’albero sarà severo ma non radicale. L’ord<strong>in</strong>e di<br />

lasciare <strong>in</strong> terra il ceppo con le sue radici contiene l’annuncio implicito di una rifioritura<br />

(cfr. Gb 14: 7; Is 11: 1). La metafora è riferita a Nabucodonosor, non<br />

alla sua d<strong>in</strong>astia. La pratica di str<strong>in</strong>gere con catene o legami metallici i ceppi<br />

delle piante tagliate è sconosciuta alle fonti antiche né si comprende quale<br />

scopo potrebbe avere avuto (è da rifiutare, perché non ha alcun fondamento nel<br />

testo, qualunque relazione fra il ferro e il rame mentovati <strong>in</strong> questo passo e gli<br />

stessi metalli di cui si parla nel cap. 2).<br />

Secondo Girolamo, le catene che c<strong>in</strong>gono il ceppo nel sogno sarebbero un<br />

riferimento alla persona di Nabucodonosor immobilizzata con catene vere negli<br />

accessi di follia (è un’ipotesi poco probabile). Più verosimile appare il riferimento<br />

alle restrizioni che le alterate condizioni mentali avrebbero imposto al sovrano.<br />

Il Commentario biblico avventista ritiene più motivato rapportare le catene<br />

soltanto all’elemento figurativo, ossia al ceppo dell’albero abbattuto, e ravvisare<br />

<strong>in</strong> esse un segno della cura che si sarebbe avuta per preservarlo.<br />

99


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 100<br />

CAPITOLO 4<br />

I commentatori, che applicano le “catene” alla persona di Nabucodonosor,<br />

pensano che a lui si debba anche applicare l’essere bagnato dalla rugiada e questo<br />

significherebbe che nel suo vagare per i campi il re colpito da alienazione<br />

mentale non avrebbe alcun riparo per la notte. Quanti <strong>in</strong>vece applicano ancora<br />

al ceppo l’essere bagnato dalla rugiada ravvisano <strong>in</strong> questo un segno della cura<br />

che si avrà per garantirne la sopravvivenza. Se ci si attiene alla prima ipotesi, la<br />

realtà si sovrappone all’immag<strong>in</strong>e già nella prima frase del v. 15 dopo il punto e<br />

virgola (“e sia bagnato dalla rugiada del cielo”). Se <strong>in</strong>vece è giusta la seconda<br />

ipotesi, allora il trapasso dalla figura alla realtà <strong>in</strong>terviene nella seconda frase (“e<br />

abbia con gli animali la sua parte d’erba della terra”). Che <strong>in</strong> questo caso il riferimento<br />

sia a una persona umana e non al ceppo di una pianta e alla sua radice è<br />

f<strong>in</strong> troppo ovvio.<br />

16 Gli sia mutato il cuore; e <strong>in</strong>vece d’un cuor d’uomo, gli sia dato un<br />

cuore di bestia; e pass<strong>in</strong>o si di lui sette tempi.<br />

Il sovrapporsi dell’oggetto reale alla figura si fa più chiaro e deciso. È evidente<br />

che il riferimento è direttamente alla persona di Nabucodonosor. Secondo la<br />

mentalità semitica il cuore è la sede dell’<strong>in</strong>telligenza nell’uomo e dell’ist<strong>in</strong>to nella<br />

bestia. Togliere il cuore a un uomo e <strong>in</strong>trodurre <strong>in</strong> lui un cuore di bestia è una<br />

metafora che significa privarlo dell’<strong>in</strong>telligenza e abbandonarlo <strong>in</strong> balia di ist<strong>in</strong>ti<br />

animaleschi. È questo che succederà a Nabucodonosor se non si umilierà davanti<br />

all’Altissimo e non ne riconoscerà l’eterna signoria.<br />

“Tempi” (aramaico }yénfDi( ‘iddanîn) è reso generalmente “anni” dagli antichi<br />

(i LXX, Giuseppe Flavio, Girolamo, Rashi, Ibn Ezra, Jefet...). Tra i moderni prevale<br />

la traduzione letterale “tempi”. Così Luzzi, R<strong>in</strong>aldi, Bern<strong>in</strong>i, la Bibbia di Gerusalemme,<br />

Osterwald ecc...). Anche Leupold preferisce l’espressione “sette<br />

tempi”, pur riconoscendo che l’aramaico è traducibile anche “sette anni”. Questo<br />

autore propende per un valore simbolico del numero sette (perfezione, compiutezza),<br />

qu<strong>in</strong>di op<strong>in</strong>a che dovrà trascorrere tutto il tempo necessario perché Dio<br />

compia la sua opera nell’animo del re 141. Lo stesso R<strong>in</strong>aldi: “...‘sette’ è <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato<br />

per ‘molti’, o è numero perfetto, per dire ‘tanti quanti saranno necessari’” 142.<br />

17 La cosa è decretata dai Veglianti, e la sentenza emana dai santi,<br />

aff<strong>in</strong>ché i viventi conoscano che l’Altissimo dom<strong>in</strong>a sul regno degli<br />

uom<strong>in</strong>i, ch’egli lo dà a chi vuole, e vi <strong>in</strong>nalza l’<strong>in</strong>fimo degli uom<strong>in</strong>i.<br />

Nabucodonosor deve sapere che l’ord<strong>in</strong>e di abbattere l’albero non è una frase<br />

banale. È un “decreto”, una “sentenza” e nello stesso tempo una “richiesta” che<br />

procedono dai “vigilanti e santi” (a ragione identificati con gli angeli da molti<br />

commentatori).<br />

141 - Vedi H. C. LEUPOLD, op. cit., p. 185.<br />

142 - Vedi G. RINALDI, op. cit., p. 80.<br />

100


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 101<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Il fato che si abbatterà sul re di Babilonia è stato dunque decretato <strong>in</strong> un’assemblea<br />

celeste (ad un’assemblea nel cielo si riferiscono Gb 1:1; 2:6 e 1Re 22:19-<br />

22). La sorte degli uom<strong>in</strong>i è dunque fissata dagli angeli e non da Dio? Non è<br />

questo che vuole dire il passo danielico.<br />

Nel v. 24 il profeta spiega al re di Babilonia che quanto è rivelato nel sogno<br />

“è un decreto dell’Altissimo”. Gli angeli tuttavia non sono esecutori passivi dei<br />

decreti div<strong>in</strong>i: Dio li co<strong>in</strong>volge attivamente nelle decisioni solenni che riguardano<br />

i figli degli uom<strong>in</strong>i. Così farà Dio con gli eletti risorti nel giudizio f<strong>in</strong>ale (vedi Ap<br />

20: 4).<br />

Nabucodonosor non ha voluto riconoscere che la sovranità che egli esercita<br />

su un vasto impero gli è stata conferita dall’Iddio Altissimo. L’annunciato castigo<br />

gli servirà da lezione, e non a lui soltanto (“aff<strong>in</strong>ché i viventi conoscano...”).<br />

Quello che accadrà all’illustre sovrano di Babilonia se non si ravvederà farà conoscere<br />

a tutti gli uom<strong>in</strong>i che v’è nel cielo un Sovrano più grande del più grande<br />

dei dom<strong>in</strong>atori di questo mondo, e che da Lui ricevono il potere i regnanti di<br />

quaggiù (“il regno... egli lo dà a chi vuole...”). Non è dunque solo per le loro <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seche<br />

virtù e capacità che i re della terra acquisiscono ed esercitano il potere:<br />

l’Altissimo “vi <strong>in</strong>nalza (anche) l’<strong>in</strong>fimo degli uom<strong>in</strong>i”. L’elezione del pastorello<br />

Davide a futuro re d’Israele (1Sm 16) è uno dei fatti storici che illustrano questa<br />

dichiarazione paradossale.<br />

18 Questo è il sogno che io, il re Nebucadnetsar, ho fatto; e tu, Beltsatsar,<br />

danne l’<strong>in</strong>terpretazione, giacché tutti i savi del mio regno<br />

non me lo possono <strong>in</strong>terpretare; ma tu puoi, perché lo spirito degli<br />

dèi santi è <strong>in</strong> te”<br />

Esposto il sogno <strong>in</strong> ogni dettaglio, il re si aspetta che Daniele, designato col suo<br />

nome babilonese, ne dia l’<strong>in</strong>terpretazione. Il riconoscimento esplicito dell’<strong>in</strong>capacità<br />

degli <strong>in</strong>terpreti ufficiali del regno (“giacché i savi del mio regno non me lo<br />

possono <strong>in</strong>terpretare”) equivale a un’implicita ammissione del fallimento della<br />

scienza ufficiale di Babilonia.<br />

Nabucodonosor dichiara ancora una volta (cfr. v. 8) la sua conv<strong>in</strong>zione che<br />

non ci sono segreti impenetrabili per Daniele, “perché lo spirito degli dèi santi”<br />

è <strong>in</strong> lui (sul senso di quest’ultima frase vedi il commento del v. 8).<br />

19 Allora Daniele il cui nome è Beltsatsar, rimase per un momento<br />

stupefatto, e i suoi pensieri lo spaventarono. Il re prese a dire: “Beltsatsar,<br />

il sogno e la <strong>in</strong>terpretazione non ti spavent<strong>in</strong>o!” Beltsatsar rispose,<br />

e disse: “Signor mio, il sogno s’avveri per i tuoi nemici, e la<br />

sua <strong>in</strong>terpretazione per i tuoi avversari!<br />

“Daniele il cui nome è Beltsatsar...” Il nome ebraico del nostro personaggio ne<br />

evoca l’appartenenza al popolo di Dio, il nome babilonese, lo stato di esule al<br />

servizio di un monarca straniero nemico del suo popolo, verso il quale tuttavia<br />

l’uomo di Dio non nutre risentimenti.<br />

101


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 102<br />

CAPITOLO 4<br />

In questo frangente l’esule giudeo prova un forte turbamento nel cogliere le<br />

implicazioni s<strong>in</strong>istre per la persona del re del sogno che questi gli ha esposto:<br />

“(Daniele) rimase per un momento stupefatto...”, aramaico ’eshtomam kesha‘ah<br />

chadah [hfdAx hf(f$:K {amOT:$e)]. Il verbo shamam nella forma <strong>in</strong> cui compare <strong>in</strong><br />

questo passo significa “essere sgomento”, “essere perplesso”, “essere imbarazzato”<br />

143. Non è la paura per una possibile reazione violenta del re di fronte a un<br />

annuncio per lui nefasto che rende perplesso Daniele, ma piuttosto l’imbarazzo<br />

e il dispiacere per dovergli porgere un messaggio <strong>in</strong>fausto. L’aramaico kesha‘ah<br />

chadah, letteralmente “circa un’ora”, qui denota uno spazio di tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato<br />

ma non brevissimo; una traduzione più accettabile potrebbe essere: “per un<br />

certo tempo”.<br />

“Il re prese a dire...”: il passaggio alla terza persona non è da <strong>in</strong>tendersi necessariamente,<br />

alla stregua di certi critici, come un <strong>in</strong>dizio che da questo punto<br />

un’altra persona stia parlando di Nabucodonosor e di conseguenza il brano che<br />

segue debba ritenersi un’<strong>in</strong>terpolazione. Il passaggio dalla prima alla terza persona<br />

e viceversa <strong>in</strong> un medesimo contesto letterario è una particolarità ricorrente<br />

con una certa frequenza <strong>in</strong> vari libri dell’A.T. (vedi per es. Ed 7: 13-15; Ne 7: 1,<br />

2; 8: 9, 10; Gr 18: 1,5; Ez 1: 3,4; Za 1: 7,8 ecc...).<br />

Dallo sgomento che traspare sul volto di Daniele, Nabucodonosor <strong>in</strong>tuisce<br />

che il sogno non preconizza niente di buono; comunque si mostra disposto ad<br />

accettarne l’<strong>in</strong>terpretazione quale che essa sia, e rassicura il suo fido m<strong>in</strong>istro:<br />

“Beltsatsar, il sogno e la sua <strong>in</strong>terpretazione non ti spavent<strong>in</strong>o”. Il breve preambolo<br />

che Daniele premette all’<strong>in</strong>terpretazione (“Signor mio, il sogno si avveri per<br />

i tuoi nemici e la sua <strong>in</strong>terpretazione per i tuoi avversari”) non tradisce affatto<br />

un’<strong>in</strong>tenzione adulatoria nei confronti del sovrano, ma esprime semplicemente i<br />

sentimenti di deferenza verso una persona rivestita d’autorità.<br />

L’augurare la malasorte ai nemici del re è parso non <strong>in</strong> armonia con la rettitud<strong>in</strong>e<br />

di un santo uomo di Dio, per cui si è tentata una diversa lettura della<br />

frase aramaica, come ha fatto il Kliefoth: “Il sogno è per i tuoi nemici”, cioè:<br />

questo è il sogno che i tuoi nemici vorrebbero si avverasse nei tuoi confronti” 144.<br />

20 L’albero che il re ha visto, che era divenuto grande e forte, la cui<br />

vetta giungeva al cielo e che si vedeva da tutti i punti della terra, 21<br />

l’albero dal fogliame bello, dal frutto abbondante e <strong>in</strong> cui era nutrimento<br />

per tutti, sotto il quale si riparavano le bestie dei campi e fra<br />

i cui rami dimoravano gli uccelli del cielo, 22 sei tu, o re; tu, che sei<br />

divenuto grande e forte, la cui grandezza s’è accresciuta e giunge<br />

f<strong>in</strong>o al cielo, e il cui dom<strong>in</strong>io s’estende f<strong>in</strong>o all’estremità della terra.<br />

Daniele esordisce con l’evocare la figura centrale del sogno quasi con gli stessi<br />

term<strong>in</strong>i con cui l’ha descritta Nabucodonosor, senza trascurare alcun dettaglio<br />

143 - Vedi S.D.A. Bible Commentary.<br />

144 - Cfr. H. C. LEUPOLD, op. cit., p. 190.<br />

102


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 103<br />

CAPIRE DANIELE<br />

(cfr. vv. 11, 12), segno che il profeta ha seguito con estrema attenzione l’esposizione<br />

del sovrano. Qu<strong>in</strong>di, senza prolungare oltre l’attesa ansiosa del suo regale<br />

<strong>in</strong>terlocutore, identifica nel modo più esplicito e diretto il sovrano di Babilonia<br />

nell’albero forte e maestoso: “L’albero... sei tu, o re !”<br />

La prima parte del sogno - e conseguentemente della sua spiegazione - riveste<br />

carattere decisamente positivo, riferendosi alla grandezza e potenza di Nabucodonosor<br />

evidenti a tutti f<strong>in</strong>o al momento presente, nonché alla vastità dei<br />

suoi dom<strong>in</strong>i territoriali che Daniele vede <strong>in</strong> una dimensione iperbolica conformemente<br />

all’uso orientale (“... il cui dom<strong>in</strong>io si estende f<strong>in</strong>o alle estremità della<br />

terra”). In effetti il prestigio politico (la grandezza) e la potenza militare (la forza)<br />

del grande sovrano di Babilonia si accrebbero considerevolmente, e di pari<br />

passo si dilatarono i conf<strong>in</strong>i del suo impero, a mano a mano che egli <strong>in</strong> un seguito<br />

di campagne militari fortunate, v<strong>in</strong>se e sottomise gli staterelli della regione<br />

siro-palest<strong>in</strong>ese e le popolazioni dell’Alta Mesopotamia dopo la sua vittoria sugli<br />

Egiziani nel 605 a.C. Il fasto e lo splendore di Babilonia sono spesso celebrati<br />

con grande enfasi nelle iscrizioni di Nabucodonosor. Questo quadro di potenza<br />

e grandezza senza eguali esaspera il contrasto con la seconda parte del sogno.<br />

23 E quanto al santo Vegliante che hai visto scendere dal cielo e che<br />

ha detto: - Abbattete l’albero e distruggetelo, ma lasciate <strong>in</strong> terra il<br />

ceppo delle radici, <strong>in</strong> catene di ferro e di rame, fra l’erba de’ campi,<br />

e sia bagnato dalla rugiada del cielo, e abbia la sua parte con gli<br />

animali della campagna f<strong>in</strong>ché sian passati sopra di lui sette tempi -<br />

24 eccone l’<strong>in</strong>terpretazione, o re; è un decreto dell’Altissimo, che sarà<br />

eseguito sul re mio signore:<br />

Daniele <strong>in</strong>troduce l’<strong>in</strong>terpretazione della seconda parte del sogno - come ha fatto<br />

delucidandone la prima parte - ripetendo la descrizione fattane dal re, ma stavolta<br />

<strong>in</strong> forma s<strong>in</strong>tetica: riunisce <strong>in</strong> uno solo i primi dettagli (“distruggetelo” <strong>in</strong><br />

luogo di “tagliatene i rami, scuotetene il fogliame, disperdetene il frutto”) e altri<br />

ne omette (“fuggano gli animali di sotto a lui, e gli uccelli di tra i suoi rami” e<br />

“gli sia mutato il cuore; e <strong>in</strong>vece di un cuor d’uomo gli sia dato un cuore di bestia”,<br />

cfr. vv. 14-16 e relativo commento). Il santo e vigilante che sentenzia l’abbattimento<br />

dell’albero (v. 23) esercita <strong>in</strong> sostanza un potere delegato, giacché di<br />

fatto il decreto procede dall’Altissimo (v. 24 u.p.).<br />

25 tu sarai cacciato di fra gli uom<strong>in</strong>i e la tua dimora sarà con le bestie<br />

dei campi; ti sarà data a mangiare dell’erba come ai buoi; sarai<br />

bagnato dalla rugiada del cielo, e passeranno su di te sette tempi,<br />

f<strong>in</strong>ché tu non riconosca che l’Altissimo dom<strong>in</strong>a sul regno degli uom<strong>in</strong>i,<br />

e lo dà a chi vuole. 26 E quanto all’ord<strong>in</strong>e di lasciare il ceppo<br />

delle radici dell’albero, ciò significa che il tuo regno ti sarà ristabilito,<br />

dopo che avrai riconosciuto che il cielo dom<strong>in</strong>a.<br />

Dalla descrizione fatta dal re Nabucodonosor, i sapienti di Babilonia non pos-<br />

103


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 104<br />

CAPITOLO 4<br />

sono non avere <strong>in</strong>tuito che una grande sventura <strong>in</strong>combe sul sovrano, ma non<br />

saprebbero precisare di più. Daniele <strong>in</strong>vece può delucidare con precisione la natura<br />

di questo malanno.<br />

Annunciare eventi calamitosi deve essere sempre stato per i profeti uno dei<br />

compiti più <strong>in</strong>grati, e lo fu certamente anche per Daniele. Nondimeno questo <strong>in</strong>carico<br />

sgradito egli lo assolve con assoluta fedeltà, senza nulla omettere di<br />

quanto gli è stato rivelato e senza attenuarne la portata funesta. Il fato che <strong>in</strong>combe<br />

sulla persona del re è descritto con una schiettezza che può perf<strong>in</strong>o sembrare<br />

rudezza. Nabucodonosor sarà bandito dal consorzio umano, vivrà come<br />

un selvaggio nella natura selvaggia nutrendosi alla maniera degli animali selvatici<br />

e come gli animali selvatici sarà esposto alle <strong>in</strong>temperie.<br />

Il quadro fosco è tuttavia illum<strong>in</strong>ato da un raggio di speranza: questo stato<br />

di cose non durerà <strong>in</strong>def<strong>in</strong>itamente. L’albero del sogno è stato tagliato, non sradicato.<br />

Dopo che saranno passati “sette tempi” (vedi commento al v. 16), cioè,<br />

probabilmente, dopo che sia trascorso tutto il tempo necessario f<strong>in</strong>ché il re abbia<br />

imparato la lezione che deve essergli impartita (ovvero “che l’Altissimo dom<strong>in</strong>a<br />

sul regno degli uom<strong>in</strong>i, e lo dà a chi vuole”), la sua sorte muterà. Quando avrà<br />

riconosciuto che “il cielo dom<strong>in</strong>a”, allora Nabucodonosor tornerà alla vita normale<br />

e gli sarà restituito il potere sovrano.<br />

Il “cielo” per metonimia sta ad <strong>in</strong>dicare Colui che dal cielo dom<strong>in</strong>a sul regno<br />

degli uom<strong>in</strong>i, cioè l’Iddio Altissimo.<br />

27 Perciò, o re, ti sia gradito il mio consiglio! Poni f<strong>in</strong>e ai tuoi peccati<br />

con la giustizia, e alle tue <strong>in</strong>iquità con la compassione verso gli<br />

afflitti; e, forse, la tua prosperità potrà esser prolungata”.<br />

L’<strong>in</strong>terprete si muta <strong>in</strong> consigliere senza che gli sia stato richiesto. Sulla l<strong>in</strong>ea dei<br />

profeti che lo hanno preceduto, Daniele unisce la parenesi alla predizione.<br />

Dopo avergli annunciato il giudizio di Dio, esorta il suo <strong>in</strong>terlocutore alla penitenza<br />

aff<strong>in</strong>ché il giudizio sia scongiurato (è notevole questo accento etico <strong>in</strong> un<br />

discorso predittivo!). Daniele sa <strong>in</strong>fatti che così come le promesse, le m<strong>in</strong>acce div<strong>in</strong>e<br />

sono condizionate (Gr 18:7-10), onde se Nabucodonosor, la cui sorte non<br />

lo lascia <strong>in</strong>differente, emenderà le sue vie, la presente condizione di prosperità<br />

potrà prolungarsi.<br />

Perché ciò avvenga, dunque, non sarà sufficiente che il re receda dal suo orgoglio<br />

e riconosca l’autorità suprema dell’Altissimo, sarà anche necessario che egli<br />

sia equanime verso tutti nell’amm<strong>in</strong>istrare la giustizia ed usi compassione nei riguardi<br />

dei diseredati del suo regno (l’aramaico }éyænA( ‘anayîn, tradotto “afflitti”, secondo<br />

il Leupold designa persone senza alcuna <strong>in</strong>fluenza sociale e vittime di ogni<br />

sorta di abusi per non avere nessuno che prenda a cuore la loro causa).<br />

Se per certi versi, come ricordato prima, Nabucodonosor fu un sovrano illum<strong>in</strong>ato,<br />

sollecito del benessere dei suoi sudditi, per altri versi fu un dom<strong>in</strong>atore<br />

dispotico e crudele che non esitò ad usare il pugno di ferro per affermare la propria<br />

autorità, come attestano gli episodi narrati nei capp. 2 e 3 del nostro libro<br />

(vedi pure Gr 29:22). Tuttavia <strong>in</strong> questo frangente sono messi a nudo piuttosto la<br />

104


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 105<br />

CAPIRE DANIELE<br />

non imparzialità nell’amm<strong>in</strong>istrazione della giustizia e la noncuranza verso gli <strong>in</strong>difesi.<br />

Daniele non ha paura di mentovare i peccati e le <strong>in</strong>iquità del gran re di<br />

Babilonia, del resto lo fa con l’<strong>in</strong>tento di sottrarlo ad una sorte durissima. Porre<br />

f<strong>in</strong>e ai peccati con la giustizia e alle <strong>in</strong>iquità con la compassione non equivale ad<br />

autogiustificarsi davanti a Dio, acquisire il merito della propria salvezza (ciò sarebbe<br />

<strong>in</strong> contrasto con l’<strong>in</strong>segnamento unanime della Scrittura!). Il discorso di<br />

Daniele ha una portata etica, non teologica.<br />

Non ci è detto nulla circa la reazione di Nabucodonosor alle parole di esortazione<br />

del suo <strong>in</strong>terprete. Qualche commentatore ha op<strong>in</strong>ato che la non menzione<br />

nel racconto di una ricompensa accordata o di particolari onorificenze tributate a<br />

Daniele, possa essere un segno che il re non abbia gradito il suo consiglio.<br />

28 Tutto questo avvenne al re Nebucadnetsar. 29 In capo a dodici<br />

mesi egli passeggiava sul palazzo reale di Babilonia. 30 Il re prese a<br />

dire: “Non è questa la gran Babilonia che io ho edificata come residenza<br />

reale con la forza della mia potenza e per la gloria della mia<br />

maestà?”<br />

“Il Signore, l’Eterno, non fa nulla senza rivelare il suo segreto ai suoi servi, i profeti”,<br />

dichiara Amos (3:7). È la norma, il pr<strong>in</strong>cipio al quale si attiene l’Iddio del<br />

cielo nei suoi rapporti con le creature terrene. Tramite i suoi portavoce, i profeti,<br />

Egli rimprovera agli uom<strong>in</strong>i i loro peccati, m<strong>in</strong>accia il castigo, esorta alla conversione,<br />

offre perdono e salvezza (Is 1:10-20; 58:1-7; Gioe 2:11-13; Am 5:11-15,<br />

ecc...). Al tempo di Giona i N<strong>in</strong>iviti erano stati avvertiti che essi avevano quaranta<br />

giorni di tempo per emendare la loro malvagia condotta, pena la totale distruzione<br />

(Giona 3: 4). I N<strong>in</strong>iviti si ravvidero e il castigo fu scongiurato (Giona 3:5-10).<br />

A Nabucodonosor è stato concesso un anno <strong>in</strong>tero per riformare i suoi<br />

comportamenti quale garante della giustizia nel suo regno, ma a nulla sono valsi<br />

l’avvertimento di Dio e il consiglio del suo profeta: apparentemente tutto è cont<strong>in</strong>uato<br />

come prima nella sua vita.<br />

“In capo a dodici mesi egli passeggiava sul palazzo reale di Babilonia”, probabilmente<br />

il grandioso palazzo meridionale o i suoi favolosi giard<strong>in</strong>i pensili le<br />

cui rov<strong>in</strong>e sono state riportate alla luce da Koldevey tra la f<strong>in</strong>e dell’800 e i primi<br />

del ‘900. Dall’alto del tetto del palazzo o dei terrazzi dei giard<strong>in</strong>i pensili Nabucodonosor<br />

può dom<strong>in</strong>are con lo sguardo tutta la città che si allarga verso est, sud e<br />

ovest. Pervaso da smisurato orgoglio, si esalta nell’autoglorificazione: “Non è<br />

questa la gran Babilonia che io ho edificata come residenza reale...?”<br />

Cento o più anni prima, antivedendo con profetica illum<strong>in</strong>azione i tempi di<br />

Nabucodonosor, Isaia aveva def<strong>in</strong>ito Babilonia “lo splendore dei regni, la superba<br />

bellezza dei Caldei” (Is 13:19).<br />

Gli storici moderni volentieri fanno riferimento a Isaia e a Daniele quando<br />

parlano di Babilonia. Dice il Prof. Pett<strong>in</strong>ato: “Adesso, dopo che gli scavi archeologici<br />

ci hanno restituito parte dei monumenti fatti edificare da Nabucodonosor e<br />

le iscrizioni reali che sottol<strong>in</strong>eano cont<strong>in</strong>uamente l’<strong>in</strong>tensa attività di architetto<br />

del sovrano di Babilonia, siamo <strong>in</strong> grado di valutare tutta la portata dell’espres-<br />

105


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 106<br />

CAPITOLO 4<br />

sione del profeta Isaia e possiamo ben immag<strong>in</strong>are quanto giustificato fosse l’orgoglio<br />

del re, che traspare dalle parole messegli <strong>in</strong> bocca da Daniele” 145.<br />

La storiografia antica, da Erodoto a Ctesia a Berosso, si è compiaciuta di tramandare<br />

ai posteri l’immag<strong>in</strong>e di grandezza e di splendore di questa metropoli<br />

orientale con i suoi palazzi superbi, i suoi templi maestosi, le sue vie spaziose, le<br />

sue mura possenti.<br />

Il vanto che ne trae Nabucodonosor: “... la gran Babilonia che io ho edificata...<br />

con la forza della mia potenza...” non è <strong>in</strong>giustificato sul piano della realtà<br />

storica. Poche cose si potevano vedere <strong>in</strong> Babilonia che non fossero opera del<br />

grande sovrano e si dice che quasi non c’è mattone che affiora dalla sabbia<br />

nell’area dell’antica metropoli che non rechi l’impronta di Nabucodonosor. Nondimeno<br />

le sue parole trasudano arroganza e vanagloria! 146.<br />

Nabucodonosor, proseguendo i lavori di restaurazione <strong>in</strong>iziati da suo padre<br />

Nabopolassar, <strong>in</strong>grandì Babilonia raddoppiandone le dimensioni, circondò la<br />

città di un secondo muro di c<strong>in</strong>ta, l’arricchì di pregevoli opere architettoniche;<br />

tuttavia non ne fu il fondatore. L’orig<strong>in</strong>e di Babilonia quasi si perde nella notte<br />

dei tempi. Per Berosso essa fu il primo dei centri urbani sorti prima del diluvio<br />

147, per la Bibbia fu la prima città fondata dopo il diluvio (Ge 11:1-9).<br />

“... per la gloria della mia maestà”, fu questo il movente di fondo che sp<strong>in</strong>se<br />

Nabucodonosor a realizzare i suoi faraonici progetti edilizi: esaltare, dare lustro<br />

alla sua maestà regale. Vari testi di questo sovrano quasi riecheggiano le parole<br />

che Daniele mette sulla sua bocca.<br />

Uno di essi dice: “Poi edificai il palazzo, sede della mia regalità, legame<br />

della razza degli uom<strong>in</strong>i, dimora dell’esultanza e della gioia” 148.<br />

Un altro testo recita: “In Babilonia, la mia città prediletta, la città che io<br />

amo, ha sede il palazzo, la meraviglia dei popoli, il legame del paese, il palazzo<br />

splendente, la sede della maestà sul suolo di Babilonia” 149.<br />

Gli storici greci parlano della grandezza e magnificenza di Babilonia ma<br />

non sanno che Nabucodonosor ne fu l’artefice. Questa circostanza è venuta <strong>in</strong><br />

luce nei tempi moderni a seguito degli scavi archeologici. Di fronte a tale evidenza<br />

un critico contemporaneo che pone la composizione di Daniele nel II secolo<br />

a.C., il prof. Pfeiffer, ammette onestamente: “Forse non sapremo mai come<br />

il nostro autore sia venuto a conoscenza del fatto che la nuova Babilonia fu una<br />

creazione di Nabucodonosor come hanno attestato gli scavi” 150.<br />

145 - G. PETTINATO, op. cit., p. 99.<br />

146 - Vedi S.D.A. Bible Commentary. vol. IV, p. 793.<br />

147 - G. PETTINATO, op. cit., p. 149.<br />

148 - Cil<strong>in</strong>dro di Grotefend <strong>in</strong> E. SCHRADE, Keil<strong>in</strong>schriftliche Bibliotheke, vol. III, parte II, p. 39.<br />

149 - Ibidem, p. 25, da S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 793.<br />

150 - R. H. PFEIFFER, Introduction to the Old Testament, New York, 1941, pp. 758, 759; citato<br />

da S.D.A. Bible Commentary, ibidem, p. 807.<br />

106


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 107<br />

CAPIRE DANIELE<br />

31 Il re aveva ancora la parola <strong>in</strong> bocca, quando una voce discese<br />

dal cielo: “Sappi, o re Nebucadnetsar, che il tuo regno t’è tolto; 32 e tu<br />

sarai cacciato di fra gli uom<strong>in</strong>i, la tua dimora sarà con le bestie de’<br />

campi; ti sarà data a mangiare dell’erba come ai buoi, e passeranno<br />

su di te sette tempi, f<strong>in</strong>ché tu non riconosca che l’Altissimo dom<strong>in</strong>a<br />

sul regno degli uom<strong>in</strong>i e lo dà a chi vuole”.<br />

In Dio giustizia e misericordia sono <strong>in</strong>dissolubilmente congiunte (cfr. Es 34:6, 7),<br />

onde <strong>in</strong> ogni circostanza Egli sceglie il momento giusto per <strong>in</strong>tervenire coi suoi<br />

giudizi: al peccatore è lasciato tutto il tempo per ravvedersi (cfr. 2Pie 3:9 u.p.).<br />

Dio attese centoventi anni prima di mandare il diluvio sulla terra ai giorni di Noè<br />

(Ge 6:3) e nel tempo dei Patriarchi sopportò per 430 anni l’<strong>in</strong>iquità degli Amorrei<br />

prima di punirli (Ge 15:13,16).<br />

Non si può però sfidare <strong>in</strong>def<strong>in</strong>itamente la pazienza di Dio! Viene per tutti il<br />

momento della resa dei conti <strong>in</strong> cui ognuno raccoglie quel che ha sem<strong>in</strong>ato (Ga<br />

6:7). Allora non ci saranno più <strong>in</strong>dugi e dilazioni da parte del Giudice celeste.<br />

Così avvenne per il re di Babilonia sordo all’appello di Dio: “Il re aveva ancora<br />

la parola <strong>in</strong> bocca” quando <strong>in</strong> quel medesimo istante quella parola (la sentenza<br />

div<strong>in</strong>a) “si adempì su Nebucadnetsar”.<br />

“Una voce discese dal cielo...”. In altre circostanze ancora fu dato a dei<br />

mortali di udire la voce discendente dal cielo. Al battesimo di Cristo, per esempio<br />

(Mt 3:17), o quando per la prima volta dei pagani vollero vedere Gesù (Gv<br />

12:28-30), o ancora nel tempo della prima persecuzione dei cristiani (At 9: 4).<br />

La voce che discende dal cielo avverte Nabucodonosor che è giunta per lui<br />

l’ora della resa dei conti. La lezione che l’orgoglioso re di Babilonia non ha voluto<br />

trarre dal sogno mandatogli dall’Iddio del cielo, dovrà impararla attraverso<br />

un’esperienza dura e umiliante.<br />

La voce celeste ripete parola per parola quanto Nabucodonosor aveva udito<br />

un anno prima dalla bocca di Daniele, non più però come un avvertimento e un<br />

appello, bensì come una sentenza irrevocabile che già si attua: “Sappi, o re Nebucadnetsar,<br />

che il tuo regno t’è tolto”. Non appartiene più al vanaglorioso monarca<br />

quanto egli aveva appena vantato di possedere <strong>in</strong> virtù della propria forza<br />

e potenza!<br />

33 In quel medesimo istante quella parola si adempì su Nebucadnetsar.<br />

Egli fu cacciato di fra gli uom<strong>in</strong>i, mangiò l’erba come i buoi, e il<br />

suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo, f<strong>in</strong>ché il pelo gli<br />

crebbe come le penne alle aquile, e le unghie come agli uccelli.<br />

La parola, annunciata un anno prima da Daniele, si compie. In un istante la sorte<br />

del superbo signore di Babilonia si capovolge: dal sommo della potenza e della<br />

gloria terreni egli precipita nell’abisso di un’esistenza miserevole che non ha più<br />

niente di umano. La descrizione del tragico evento segue passo passo il quadro<br />

profetico che ne aveva tracciato Daniele dodici mesi prima (v. 25), tranne che<br />

per un dettaglio omesso (la dimora con le bestie dei campi) ed uno aggiunto (la<br />

107


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 108<br />

CAPITOLO 4<br />

crescita del pelo e delle unghie). Bandito dal consorzio umano (non è detto se<br />

dai suoi stessi m<strong>in</strong>istri o dall’Iddio del cielo che lo ha punito) Nabucodonosor è<br />

segregato fra le bestie selvatiche di cui divide le condizioni di vita: si nutre<br />

dell’erba dei campi come loro e a somiglianza di esse rimane esposto alle <strong>in</strong>temperie.<br />

Non avendo più alcuna cura per la sua persona, i capelli, la barba, il pelame<br />

del corpo gli crescono <strong>in</strong>colti “come alle aquile” (la parola “penne” manca<br />

nel testo aramaico) e sotto l’azione comb<strong>in</strong>ata del sole e dell’umidità si fanno<br />

ispidi; le unghie divengono simili agli artigli dei rapaci. L’abbrutimento è completo.<br />

L’aspetto è quello di un selvaggio.<br />

È certo che Nabucodonosor fu colto da un improvviso attacco di follia (per<br />

due volte, nei vv. 34 e 36, si allude a un ricupero della ragione), ma data l’esiguità<br />

dei dettagli rilevabili nel testo, è impossibile dire che genere di malattia<br />

mentale lo avesse ridotto <strong>in</strong> uno stato così miserevole. Molti commentatori<br />

hanno pensato a una forma di zoomania, una condizione di <strong>in</strong>anità mentale <strong>in</strong><br />

cui il malato si crede un animale e come tale si comporta (la fantasia popolare<br />

ha dato il nome di “lupi mannari” agli alienati afflitti da una forma particolare di<br />

zoomania, la licantropia, che sp<strong>in</strong>ge il malato a imitare il comportamento dei<br />

lupi 151. Un caso di zoomania sembra essere attestato nella letteratura antica. Un<br />

testo non pubblicato del British Museum fa menzione di un uomo che mangiava<br />

l’erba come un bue 152. Uno psichiatra contemporaneo, il dottor Bless, cita la malattia<br />

di Nabucodonosor come caso tipico di psicosi maniaco-depressiva 153.<br />

Sull’autenticità dell’episodio sono stati espressi forti dubbi, dato che manca<br />

qualsiasi riferimento esplicito a un <strong>in</strong>cidente del genere nei testi babilonesi che<br />

ci sono noti. Per quanto l’annalistica babilonese fosse meno adulatoria e più<br />

obiettiva di quella assira, sembra ovvio che gli scribi di corte si guardassero bene<br />

dal tramandare ai posteri un fatto che avrebbe gettato un’ombra sulla figura di<br />

un grande monarca come Nabucodonosor. Comunque, sia nella storiografia<br />

greca che nell’annalistica babilonese, si colgono allusioni a qualche avvenimento<br />

<strong>in</strong>solito e anomalo che ebbe per protagonista Nabucodonosor o che si produsse<br />

alla corte di Babilonia durante il suo regno.<br />

Il prof. R<strong>in</strong>aldi riporta una notizia riguardante Nabucodonosor riferita dallo<br />

storico greco MEGASTENE (IV secolo a.C.) e raccolta da ABIDENO, altro storico<br />

greco (III secolo a.C.), a sua volta citato da EUSEBIO <strong>in</strong> Praeparatio Evangelica, 9,<br />

41, 6. Secondo questa <strong>in</strong>formazione Nabucodonosor “salì sulla reggia e, preso<br />

all’improvviso da ispirazione div<strong>in</strong>a, pronunziò questo vatic<strong>in</strong>io (...). Dette queste<br />

parole - conclude lo storico antico - all’improvviso (Nabucodonosor) scomparve<br />

dalla vista degli uom<strong>in</strong>i” 154<br />

151 - Per un ulteriore approfondimento di questa problematica vedi J. DOUKHAN, Le soupir de la<br />

terre, Dammarie-les-Lys, Francia, 1993, pp. 94-96.<br />

152 - F.M. Th. de Liagre Böhl, Opera M<strong>in</strong>ora (1953), p. 527, citato dal S.D.A. Bible<br />

Commentary, vol. IV, p. 792.<br />

153 - H. BLESS, Manuale di Psichiatria Pastorale, Tor<strong>in</strong>o, 1952, p. 128.<br />

154 - G. RINALDI, Daniele, nota XI, p. 165.<br />

108


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 109<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Nel 1975 l’assiriologo A. K.GRAYSON pubblicò un testo cuneiforme frammentario<br />

che si trova nel British Museum (BM 34113) nel quale sono nom<strong>in</strong>ati Nabucodonosor<br />

e suo figlio Amel-Marduk. Ecco la traduzione italiana effettuata dal<br />

prof. Pett<strong>in</strong>ato 155:<br />

Nabucodonosor ponderava... la sua vita non era di alcun valore<br />

per lui... e Babilonia [...] Ad Amel-Marduk egli dice ciò che non...; egli<br />

allora dà ord<strong>in</strong>e differente, ma... questi non presta attenzione alle sue<br />

disposizioni; un cortigiano... Egli cambiò ma non oppose resistenza<br />

davanti... Sulle sorti dell’Esagila e di Babilonia e di... centri di culto dei<br />

grandi dèi essi riflettono. Egli non aveva nessun piano per il figlio o figlia,<br />

per lui non esisteva né famiglia né clan... nel suo cuore per ogni<br />

cosa che fosse abbondan[te...]. La sua attenzione non era rivolta alla<br />

promozione dell’Esagila [e Babilonia]. Con le orecchie arricciate egli<br />

entrò attraverso la Porta Santa... egli rivolse la sua preghiera al signore<br />

degli dèi, alzando la mano [supplice]. Egli piange amaramente davanti<br />

al suo dio, ai grandi dèi. Le sue preghiere si <strong>in</strong>nalzano...<br />

F<strong>in</strong> qui il testo babilonese. L’<strong>in</strong>terpretazione non è facile dato lo stato frammentario<br />

dello stesso. Da esso comunque appare abbastanza chiaro questo: che<br />

la persona della quale si parla (Nabucodonosor o Amel-Marduk) (1) reputa priva<br />

di valore la propria vita, (2) dà ord<strong>in</strong>i contraddittori, (3) non ha progetti per i figli<br />

e trascura la famiglia, (4) non si cura dell’Esagila, l’area sacra che circonda la<br />

torre templare Etemenanki e il grande tempio di Marduk, (5) piange amaramente<br />

davanti al suo dio. Sono comportamenti del tutto anomali riconducibili o a uno<br />

stato di <strong>in</strong>sanità mentale o a <strong>in</strong>capacità di governo. Alcuni 156 riferiscono a Nabucodonosor<br />

questi strani comportamenti e li collegano con l’episodio narrato <strong>in</strong><br />

Dn 4, Pett<strong>in</strong>ato li rapporta ad Amel-Marduk, il biblico Evil-Merodac (2Re 25: 27;<br />

Gr 52: 31).<br />

Diversi autori moderni hanno supposto che l’estensore del racconto danielico<br />

abbia confuso Nabucodonosor con Nabonide, l’ultimo re di Babilonia, di cui<br />

un testo dice che trascorse sette anni nell’Arabia per curarsi di una malattia cutanea;<br />

ma le differenze sostanziali tra i due fatti tolgono credibilità a questa<br />

ipotesi 157.<br />

Inquadrare cronologicamente l’episodio narrato da Daniele non è agevole,<br />

mancando nel testo riferimenti precisi a questo riguardo. Tuttavia dalle parole di<br />

autocompiacimento di Nabucodonosor: “Non è questa la gran Babilonia che io<br />

ho edificata...?” si può dedurre che all’epoca i grandiosi lavori di ampliamento e<br />

abbellimento della città fossero compiuti o quasi, onde l’episodio può essere<br />

155 - G. PETTINATO, op. cit., p. 179.<br />

156 - Vedi G. HASEL, <strong>in</strong> Daniel, questions débattues, p. 30.<br />

157 - Per più ampi ragguagli <strong>in</strong> merito vedi G.HASEL, “Quelques éléments d’ordre historique<br />

dans le livre de Daniel” <strong>in</strong> Daniel, questions débattues, pp. 28-29.<br />

109


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 110<br />

CAPITOLO 4<br />

ascritto agli ultimi anni di regno del grande monarca.<br />

Ci si è domandati come mai Nabucodonosor, che certo deve avere avuto i<br />

suoi nemici, non fosse stato soppresso durante la follia. Nell’antichità non furono<br />

rare le congiure di corte. Nella stessa Babilonia, e nel periodo storico a cui<br />

stiamo facendo riferimento, due regnanti perirono di morte violenta per mano<br />

dei congiurati: Evil-Merodac, figlio e successore di Nabucodonosor, e Labashi-<br />

Marduk, figlio e successore del capo della congiura che soppresse Evil-Merodac.<br />

Il fatto è che nell’antichità gli alienati mentali erano creduti posseduti da spiriti<br />

cattivi, per cui ci si guardava bene dal mettere loro le mani addosso, credendosi<br />

che gli spiriti cattivi prendessero possesso dei loro assass<strong>in</strong>i. Con uno stratagemma<br />

fondato su queste credenze Davide salvò la vita quando tra i Filistei fu<br />

riconosciuto come il loro grande nemico (1Sm 21:10-15) 158.<br />

34 “Alla f<strong>in</strong>e di que’ giorni, io, Nebucadnetsar, alzai gli occhi al cielo,<br />

la ragione mi tornò, e benedissi l’Altissimo, e lodai e glorificai colui<br />

che vive <strong>in</strong> eterno, il cui dom<strong>in</strong>io è un dom<strong>in</strong>io perpetuo, e il cui regno<br />

dura di generazione <strong>in</strong> generazione. 35 Tutti gli abitanti della<br />

terra sono da lui reputati un nulla; egli agisce come vuole con l’esercito<br />

del cielo e con gli abitanti della terra; e non v’è alcuno che possa<br />

fermare la sua mano o dirgli: - Che fai? -<br />

Lo stile cambia ancora una volta, verbi e pronomi tornano alla prima persona: “<br />

io, Nabucodonosor, alzai gli occhi al cielo...” Su questa particolarità stilistica si è<br />

già discusso.<br />

“Alla f<strong>in</strong>e di quei giorni”, cioè allo scadere dei “sette tempi” mentovati nei<br />

vv. 16, 25 e 32. Come si è visto i pareri sul valore dell’espressione “sette tempi”<br />

non sono unanimi: sette anni, sette stagioni oppure, attribuendosi senso metaforico<br />

al numero sette (perfezione, compiutezza), tutto il tempo necessario perché<br />

Nabucodonosor riconoscesse che “l’Altissimo dom<strong>in</strong>a sul regno degli uom<strong>in</strong>i e<br />

lo dà a chi vuole”. Il S.D.A. Bible Commentary propende per la prima ipotesi,<br />

questo commentario per la terza. Ad ogni modo non è la durata del castigo <strong>in</strong>flitto<br />

al re di Babilonia il dato che conta, ma la motivazione di quel castigo.<br />

Può essere <strong>in</strong>teressante citare il lavoro recente di un autore svedese, CARL<br />

JONSSON, il quale ha raccolto tutti i riferimenti alle attività militari e civili di Nabucodonosor<br />

durante il suo lungo regno e i relativi dati cronologici che sono documentati<br />

nei testi babilonesi, nella Bibbia e <strong>in</strong> qualche storiografo posteriore. Il<br />

quadro che ne è risultato mostra due sole lacune, fra il 33° e il 37° e fra il 37° e<br />

il 43° anno di regno 159. Uno di quei vuoti potrebbe essere messo <strong>in</strong> relazione<br />

con la demenza di Nabucodonosor a cui allude Daniele.<br />

Nabucodonosor ricupera il senno quando alza lo guardo al cielo. Qualche<br />

autore ha creduto di dovere ribaltare l’ord<strong>in</strong>e dei due eventi: prima il re deve es-<br />

158 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 792..<br />

159 - Vedi C. JONSSON, I tempi dei Gentili, Roma 1989, p. 207.<br />

110


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 111<br />

CAPIRE DANIELE<br />

sere tornato <strong>in</strong> sé, poi deve avere rivolto il pensiero all’Altissimo che ha umiliato<br />

la sua alterigia. Ma non era necessario ricorrere a questa <strong>in</strong>versione delle frasi<br />

per avere una successione logica dei fatti. Un barlume di lucidità sufficiente a far<br />

prendere coscienza a Nabucodonosor del suo stato miserevole e a far nascere <strong>in</strong><br />

lui il bisogno di supplicare quel Dio del cielo che lo ha umiliato, può avere preceduto<br />

il ritorno pieno della ragione. Risulta comunque abbastanza chiaro che il<br />

riconoscimento della sovranità eterna dell’Altissimo da parte del re viene dopo il<br />

ricupero delle facoltà psichiche. A tale riconoscimento fa seguito l’esaltazione e<br />

la glorificazione, con accenti lirici, di “Colui che vive <strong>in</strong> eterno, il cui dom<strong>in</strong>io è<br />

un dom<strong>in</strong>io perpetuo”.<br />

A sue spese e attraverso un’esperienza durissima, giova ribadirlo, Nabucodonosor<br />

ha dovuto imparare una lezione che avrebbe potuto e non ha voluto<br />

acquisire pacificamente nello stato della prosperità.<br />

“Tutti gli abitanti della terra sono da lui reputati come un nulla...”: non significa<br />

che Dio non abbia alcuna considerazione per gli esseri umani, vuol dire<br />

semplicemente che di fronte alla sua <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita grandezza gli uom<strong>in</strong>i appaiono <strong>in</strong>significanti.<br />

“Egli agisce come vuole con l’esercito del cielo e con gli abitanti della<br />

terra...”, ciò che equivale a dire che non v’è alcuna creatura né <strong>in</strong> cielo né <strong>in</strong><br />

terra che possa frustrare i suoi disegni. Il riconoscimento della supremazia<br />

dell’Altissimo è totale e <strong>in</strong>condizionato.<br />

36 In quel tempo la ragione mi tornò; la gloria del mio regno, la mia<br />

maestà, il mio splendore mi furono restituiti; i miei consiglieri e i<br />

miei grandi mi cercarono, e io fui ristabilito nel mio regno, e la mia<br />

grandezza fu accresciuta più che mai.<br />

Col ricupero delle facoltà psichiche, Nabucodonosor rientra <strong>in</strong> possesso del suo<br />

fasto (“la gloria del mio regno”), della dignità regale (“la mia maestà”) e del suo<br />

lustro (“il mio splendore”), ma non per sua virtù personale (“mi furono restituiti”:<br />

il re ha imparato la lezione).<br />

“In quel tempo la ragione mi tornò”. Con la ripetizione di questa osservazione<br />

viene a stabilirsi un nesso con ciò che è detto nel v. 34 dopo la stessa<br />

frase. Dunque la dignità regale e la grandezza sono stati restituiti a Nabucodonosor<br />

perché egli si è umiliato davanti all’Iddio del cielo e ne ha riconosciuto il potere<br />

illimitato e imperituro.<br />

Durante la vacanza del trono il governo di Babilonia è stato retto verosimilmente<br />

da un consiglio di reggenza. In questo periodo tuttavia il re non deve essere<br />

stato abbandonato a se stesso; i suoi m<strong>in</strong>istri debbono averlo seguito sia<br />

pure a distanza, nell’attesa che egli tornasse alla vita normale (Daniele aveva<br />

predetto che quella triste condizione sarebbe durata per un tempo determ<strong>in</strong>ato).<br />

Adesso che il sovrano è tornato <strong>in</strong> sé, gli ufficiali che compongono il suo<br />

consiglio privato (“i miei consiglieri”) e gli alti funzionari dello stato (“i miei<br />

grandi”) lo avvic<strong>in</strong>ano, lo riconducono nel palazzo e lo re<strong>in</strong>tegrano nei suoi<br />

pieni poteri sovrani (“fui ristabilito nel mio regno”).<br />

111


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 112<br />

CAPITOLO 4<br />

Come a Giobbe (42: 10) accade a Nabucodonosor, per essersi umiliato e<br />

avere esaltato l’Iddio del cielo, di ricevere <strong>in</strong> misura maggiore quanto gli era<br />

stato tolto (“la mia grandezza fu accresciuta più che mai”).<br />

37 Ora, io, Nebucadnetsar, lodo, esalto e glorifico il Re del cielo, perché<br />

tutte le sue opere sono, verità, e le sue vie, giustizia, ed egli ha il<br />

potere di umiliare quelli che camm<strong>in</strong>ano superbamente.<br />

Il lungo proclama di Nabucodonosor si chiude con un <strong>in</strong>no di lode al “Re del<br />

cielo” del quale lui, il re di Babilonia, riconosce la giustizia nell’avere umiliato il<br />

suo orgoglio: “tutte le sue opere sono verità, e le sue vie, giustizia” (è più forte<br />

che dire: “sono veraci, e sono giuste”).<br />

Chiamando l’Iddio Altissimo “Re del cielo”, Nabucodonosor ammette che<br />

c’è nel cielo un Re che lo sovrasta e al quale deve rendere conto delle sue<br />

azioni di governo.<br />

“Egli ha il potere di umiliare quelli che camm<strong>in</strong>ano superbamente”: Nabucodonosor<br />

lo ha sperimentato sulla propria pelle!<br />

112


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 113<br />

Capitolo 5<br />

____________________________<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Il re Belsazar ha offerto nel palazzo di Babilonia un fastoso ricevimento ai<br />

grandi dignitari del regno. Quando lui e i suoi ospiti, eccitati dal v<strong>in</strong>o, <strong>in</strong>neggiano<br />

rumorosamente agli dèi e accostano alle labbra i sacri vasi del tempio giudaita<br />

che sono stati portati per ord<strong>in</strong>e di Belsazar, una mano senza braccio e<br />

senza corpo compare sulla parete di fondo della grande sala e muovendosi da destra<br />

a s<strong>in</strong>istra traccia alcuni segni <strong>in</strong>comprensibili con uno stilo che str<strong>in</strong>ge fra le<br />

dita. Poi svanisce, ma i segni rimangono.<br />

I sapienti di corte, convocati immediatamente, non sanno decifrare la<br />

scritta che spicca sull’<strong>in</strong>tonaco bianco, e la costernazione fra i partecipanti al<br />

banchetto aumenta. Su istanza della reg<strong>in</strong>a madre viene convocato Daniele. Il<br />

vecchio profeta rifiuta il ricco compenso promesso dal re e, non senza stigmatizzare<br />

l’atto sacrilego che è stato appena consumato, decifra la scritta e ne <strong>in</strong>terpreta<br />

il significato. È una sentenza dell’Iddio Altissimo contro Belsazar che ha<br />

osato sfidarlo col profanare i simboli della sua santità. Il potere regale sarà tolto a<br />

Belsazar e passerà nelle mani di dom<strong>in</strong>atori stranieri. Quella stessa notte Belsazar<br />

muore di morte violenta e Babilonia cade sotto la sovranità dei Medi e dei<br />

Persiani.<br />

1 Il re Belsatsar fece un gran convito a mille dei suoi grandi; e bevve<br />

del v<strong>in</strong>o <strong>in</strong> presenza dei mille.<br />

Il grande Nabucodonosor è scomparso da 23 anni e quattro successori hanno<br />

occupato l’uno dopo l’altro il trono di Babilonia. Sono: Amel-Marduk (il biblico<br />

Evil-Merodac), figlio di Nabucodonosor; Nergal-sar-usur (Neriglissar per i Greci),<br />

usurpatore; Labashi-Marduk (il Labosordach dei Greci), figlio di Neriglissar, e<br />

Nabu-naid (Nabonide), usurpatore anche lui. Nabonide porta il titolo di re di Babilonia<br />

da 17 anni, quando accadono i fatti narrati <strong>in</strong> questo capitolo del libro di<br />

Daniele (Belsazar è ignorato dalle liste reali e dai testi amm<strong>in</strong>istrativi come re di<br />

Babilonia).<br />

F<strong>in</strong>o al 1861, anzi, il nome di questo personaggio fu sconosciuto sia alle<br />

fonti greche che a quelle babilonesi note. Questo silenzio delle fonti antiche su<br />

Belsazar offriva un forte argomento per screditare il libro di Daniele.<br />

Nel 1861 H. F.TALBOT pubblicò i testi di alcuni cil<strong>in</strong>dri di terracotta r<strong>in</strong>venuti<br />

sette anni prima da J. E.TAYLOR presso la torre templare di Ur. Uno di quei testi<br />

era una preghiera che il re Nabonide aveva rivolto al dio S<strong>in</strong> <strong>in</strong> occasione del re-<br />

113


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 114<br />

CAPITOLO 5<br />

stauro della ziqqurat. In quella preghiera per la prima volta compariva il nome<br />

di Belsazar. Le righe 24-28 del testo recitano:<br />

... e quanto a Bel-sar-usur (Belsazar), il figlio primogenito, il rampollo del<br />

mio cuore, il timore della tua grande div<strong>in</strong>ità nel suo cuore fa esistere! 160.<br />

Il nome di Belsazar era dunque documentato per la prima volta <strong>in</strong> una<br />

fonte babilonese contemporanea, non solo, ma <strong>in</strong> essa questo personaggio compariva<br />

come figlio primogenito di Nabonide! Altri documenti venuti <strong>in</strong> luce nei<br />

decenni seguenti attestarono ancora il nome di Belsazar. Con ciò perdeva consistenza<br />

uno degli argomenti della critica contro l’attendibilità storica dei racconti<br />

di Daniele. Rimaneva tuttavia un problema, ed era che nella storiografia babilonese<br />

e greca (Berosso, Erodoto, Abideno), così come nelle liste reali, nelle cronache<br />

e nei testi amm<strong>in</strong>istrativi babilonesi, compariva sempre e soltanto Nabonide<br />

come ultimo re di Babilonia. In nessun caso il titolo di “re” era riferito a<br />

Belsazar nei testi cuneiformi che lo menzionavano.<br />

Nel 1944 fu pubblicata a Londra una versione più corretta di un testo babilonese<br />

già reso noto vari decenni prima da S. TAYLOR. Il testo suddetto, conservato<br />

nel British Museum (BM 38, 299), è conosciuto come il “Racconto <strong>in</strong> versi<br />

di Nabonide”. A un certo punto questo documento storico riferisce che il re Nabonide,<br />

partendo per l’Arabia, affidò il governo di Babilonia al figlio primogenito.<br />

Ma lasciamo parlare il documento:<br />

Egli [Nabonide] affidò il “Campo” al [figlio] più<br />

anziano, il primogenito,<br />

le truppe <strong>in</strong> [tutto] il paese pose sotto il suo [comando]<br />

Si [dis<strong>in</strong>teressò] di tutto, conferì la regalità<br />

(sharrûtim) a lui<br />

ed egli stesso partì per un lungo viaggio<br />

........<br />

si diresse verso Tema [lontano] nell’occidente 161.<br />

In uno dei testi delle stele di Harran pubblicato nel 1958, Nabonide stesso conferma<br />

questa notizia:<br />

Io mi recai molto lontano dalla mia città di Babilonia <strong>in</strong> direzione di<br />

tema... Per dieci anni io mi trattenni <strong>in</strong> mezzo a loro e non feci ritorno nella<br />

mia città di Babilonia 162.<br />

Un altro documento contemporaneo, la cosiddetta “Cronaca di Nabonide” pub-<br />

160 - Riportato da G. RINALDI, <strong>in</strong> op. cit., nota XI, f, p. 165.<br />

161 - ANET, p. 313<br />

162 - G. PETTINATO, op. cit., p. 231.<br />

114


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 115<br />

CAPIRE DANIELE<br />

blicata la prima volta da F. G. PINCHES nel 1882 e <strong>in</strong> seguito da SIDNEY TAYLOR nel<br />

1924, riferisce che la festa dell’Anno nuovo non fu celebrata a partire dall’anno<br />

settimo di Nabonide perché questi non tornò più a Babilonia da Tema 163. Dai<br />

documenti citati si ev<strong>in</strong>ce:<br />

● che nell’anno settimo del suo regno Nabonide partì per Tema, lontano da<br />

Babilonia,<br />

● che prima di partire conferì la regalità al figlio primogenito, il quale da<br />

uno dei testi dei cil<strong>in</strong>dri di Ur pubblicati da H. F.TALBOT nel 1861 sappiamo<br />

essere Bel-sar-usur (Belsazar),<br />

● che a Tema rimase <strong>in</strong><strong>in</strong>terrottamente per 10 anni.<br />

Chi può avere gestito il potere <strong>in</strong> Babilonia durante questo decennio di vacanza<br />

del trono se non Belsazar a cui Nabonide aveva conferito la regalità? Altre<br />

circostanze attestate dai documenti confermano che <strong>in</strong> quel tempo Belsazar, sebbene<br />

non gli fosse mai stato attribuito ufficialmente il titolo di “re”, esercitò di<br />

fatto l’autorità regia.<br />

È significativo che i nomi di Nabonide e Belsazar compaiano affiancati nelle<br />

formule di giuramento e nei testi di fondazione 164<br />

“Il potere regale di Belsazar - sottol<strong>in</strong>ea il prof. E. J. YOUNG - è ancora attestato<br />

dalla facoltà che egli aveva di concedere affitti, di emanare ord<strong>in</strong>i, di eseguire<br />

un atto amm<strong>in</strong>istrativo riguardante il tempio di Erech” 165. Dunque, pur se<br />

nei documenti ufficiali Nabonide figura come re di Babilonia s<strong>in</strong>o alla caduta<br />

della città nel 539 a.C., sta di fatto che chi tenne le red<strong>in</strong>i del governo negli ultimi<br />

10 anni fu suo figlio Belsazar. Niente di strano che Daniele, il quale segue<br />

gli sviluppi politici dall’<strong>in</strong>terno della città, gli attribuisca il titolo di “re”.<br />

Poiché Daniele <strong>in</strong> 5:30 chiama Belsazar “re dei Caldei”, è possibile che costui<br />

governasse la Caldea, che era il centro e il cuore dell’impero, e che suo padre<br />

Nabonide regnasse su tutto l’impero da Tema divenuta quasi una seconda<br />

capitale.<br />

Gli storiografi antichi, da Erodoto a Berosso a Senofonte a Ctesia... hanno totalmente<br />

ignorato che un reggente di nome Belsazar esercitasse le prerogative della<br />

regalità <strong>in</strong> Babilonia f<strong>in</strong>o alla caduta della città. Ciò ha fatto dire a uno studioso liberale,<br />

il prof. R. H. PFEIFFER: “Probabilmente non sapremo mai come il nostro autore<br />

(l’autore di Daniele)... fosse venuto a conoscenza del fatto che Belsazar, ricordato<br />

soltanto nelle fonti babilonesi, <strong>in</strong> Daniele e <strong>in</strong> Baruc 1:1, peraltro dipendente da<br />

Daniele, esercitasse funzioni regali quando Ciro conquistò Babilonia” 166.<br />

163 - ANET, p. 306.<br />

164 - Vedi A. J. FERCH, Daniel on Solid Ground, Wash<strong>in</strong>gton D.C., 1988, p. 39.<br />

165 - E. J. YOUNG, The Prophecy of Daniel: A Commentary, cit. da G. H. HASEL <strong>in</strong> Symposium on<br />

Daniel, p. 100.<br />

166 - R. H. PFEIFFER, Introduction to the Old Testament, pp. 758, 759, cit. da S.D.A. Bible Commentary,<br />

ivi. p. 807.<br />

115


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 116<br />

CAPITOLO 5<br />

Il numero degli ospiti di Belsazar non è affatto iperbolico come può sembrare,<br />

se si pensa che i monarchi di allora avevano il gusto delle riunioni conviviali<br />

oceaniche. Una stele trovata a Nimrud, nell’antica Assiria, riferisce che il re<br />

Assurnasirpal II offrì cibo, v<strong>in</strong>o e alloggio per 10 giorni a una folla di 69.574 persone<br />

<strong>in</strong> occasione dell’<strong>in</strong>augurazione di un nuovo palazzo, e lo storico greco<br />

Ctesia dice che i re di Persia nutrivano ogni giorno 15.000 persone e che al banchetto<br />

di nozze di Alessandro il Grande presero parte 10.000 ospiti. Di fronte a<br />

queste cifre i 1.000 ospiti di Belsazar appaiono davvero un numero modesto! Di<br />

uno sfarzoso banchetto regale alla corte persiana abbiamo notizie <strong>in</strong> Et 1:3-7.<br />

2 Belsatsar, mentre stava assaporando il v<strong>in</strong>o, ord<strong>in</strong>ò che si recassero<br />

i vasi d’oro e d’argento che Nebucadnetsar suo padre aveva<br />

portati via dal tempio di Gerusalemme, perché il re, i suoi grandi, le<br />

sue mogli e le sue concub<strong>in</strong>e se ne servissero per bere.<br />

IBabilonesi, come gli Assiri (cfr. Nahum 1:10), erano noti per essere forti bevitori.<br />

Peraltro nei banchetti delle corti orientali il v<strong>in</strong>o era servito con regale munificenza<br />

(cfr. Et 1:7).<br />

Non fa dunque meraviglia che il re Belsazar e i suoi ospiti bevano abbondantemente<br />

durante il banchetto. Questo è precisamente il senso della frase aramaica<br />

tradotta da LUZZI “mentre stava assaporando il v<strong>in</strong>o”. LEUPOLD la rende:<br />

“quando com<strong>in</strong>ciava a gustare il v<strong>in</strong>o”, ovvero quando Belsazar ne aveva bevuto<br />

abbastanza per com<strong>in</strong>ciare ad apprezzarne il gusto. Più esplicitamente la Versione<br />

della C.E.I. traduce: “Quando Beltassar ebbe molto bevuto”, e RINALDI: “Un<br />

po’ brillo per il v<strong>in</strong>o, Baldassarre ecc...”<br />

Con la mente annebbiata dal v<strong>in</strong>o, dunque, Belsazar decide di compiere un<br />

gesto d’<strong>in</strong>audita provocazione verso l’Iddio d’Israele: comandò che siano portati<br />

nella sala i sacri vasi del tempio di Yahweh, trasferiti molti anni prima da Gerusalemme<br />

a Babilonia, per profanarli.<br />

Accadeva spesso nell’antichità che nelle città espugnate durante le guerre rimanessero<br />

distrutti anche i templi, ma i simulacri delle div<strong>in</strong>ità erano generalmente<br />

rispettati. Così si era comportato Nabucodonosor, “padre” di Belsazar,<br />

quando aveva parzialmente spogliato il tempio di Gerusalemme una prima volta<br />

nel 605 a.C. (Dn 1:2), una seconda volta nel 598 (2Cr 36:7) e una terza nel 587<br />

(2Cr 36:18) prima di distruggere il sacro edificio. Il gran re aveva trattato con riguardo<br />

i sacri utensili riponendoli <strong>in</strong> un santuario di Babilonia (Dn 1:2).<br />

Secondo l’<strong>in</strong>ventario riportato <strong>in</strong> Ed 1:10, 11 erano custoditi <strong>in</strong> Babilonia<br />

5.400 utensili vari d’oro e d’argento già appartenuti al tempio gerosolimitano, fra<br />

i quali figuravano 440 calici. Quei calici mai sfiorati da labbra impure Belsazar ha<br />

deciso di profanare. “Il bere nei vasi consacrati a una div<strong>in</strong>ità straniera - osserva<br />

G.RINALDI - ... ha un significato particolare sullo sfondo cortigianesco come affermazione<br />

di dom<strong>in</strong>io” 167.<br />

167 - Op. cit., p. 87.<br />

116


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 117<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Al banchetto prendono parte anche le donne dell’harem reale, non si precisa<br />

dall’<strong>in</strong>izio o dal momento della libagione (sembra più probabile questa seconda<br />

evenienza: cfr. Et 1:3, 9).<br />

Il riferimento a Nabucodonosor come “padre” di Belsazar è stato uno degli<br />

argomenti utilizzati contro Daniele. È notorio, <strong>in</strong>fatti, che Nabonide e non Nabucodonosor<br />

fu il padre di Belsazar. Si consideri però che nell’ambiente semitico<br />

“padre” aveva altri significati secondari oltre a quello pr<strong>in</strong>cipale di “genitore”.<br />

Nell’Antico Testamento “padre” significa <strong>in</strong> certi casi capostipite (vedi Ge 36:43;<br />

De 26:5), <strong>in</strong> altri antenato (I Re 2:10; Lamentazioni 5:7); qualche volta è un appellativo<br />

riverenziale (cfr. Gc 17:20, II Re 2:12).<br />

Nulla obbliga a prendere nel senso primitivo di “genitore” l’aramaico ’av <strong>in</strong><br />

Dn 5:2. Fra le varie traduzioni possibili del term<strong>in</strong>e <strong>in</strong> questo passo segnaliamo<br />

le seguenti:<br />

● Avo. Nabonide può essere stato genero di Nabucodonosor per averne<br />

sposato una figlia. In questo caso il grande sovrano sarebbe stato nonno di<br />

Belsazar dalla parte della madre.<br />

Oppure: Nabucodonosor può essere stato considerato padre di Nabonide<br />

(qu<strong>in</strong>di nonno di Belsazar) <strong>in</strong> quanto la madre dell’uno e nonna dell’altro<br />

avrebbe fatto parte dell’harem del re di Babilonia.<br />

● Successore. Nabucodonosor può essere stato chiamato padre di Belsazar<br />

per il fatto che quest’ultimo si è seduto sul suo trono. L’uso del term<strong>in</strong>e “figlio”<br />

col significato di successore è documentato <strong>in</strong> un testo assiro come si<br />

vedrà più avanti.<br />

Dalle fonti cuneiformi si sa che Nabonide era figlio di un pr<strong>in</strong>cipe di Haran di<br />

nome Nabû-balazû-iqbi e di una sacerdotessa del tempio di S<strong>in</strong> nella stessa<br />

città. Vari <strong>in</strong>dizi fanno pensare che quando Haran fu presa dai Medi e dai Babilonesi<br />

nel 610 a.C. la madre di Nabonide, Adda-guppi, fu portata <strong>in</strong> Babilonia<br />

come prigioniera di riguardo e <strong>in</strong>trodotta nell’harem reale. Nabonide, allora fanciullo,<br />

sarebbe cresciuto alla corte di Nabucodonosor.<br />

Questo personaggio viene generalmente identificato con quel Labynetus<br />

che secondo ERODOTO (1, 74) svolse il ruolo di <strong>in</strong>termediario nella guerra fra Lidi<br />

e Persiani nel 585 a.C. L’essere stato prescelto per un <strong>in</strong>carico diplomatico cosi<br />

rilevante denota che il giovane Nabonide alla corte di Babilonia dovette godere<br />

del favore particolare del re.<br />

È probabile che la moglie di lui - quella Notocris che ERODOTO (I, 185, 188)<br />

descrive come donna scaltra e avveduta - fosse figlia di Nabucodonosor, come<br />

ha proposto R. P.DAUGHERTY 168. In questo caso, come già rilevato, Belsazar sarebbe<br />

stato nipote di Nabucodonosor attraverso la l<strong>in</strong>ea materna.<br />

168 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 807.<br />

117


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 118<br />

CAPITOLO 5<br />

3 Allora furono recati i vasi d’oro ch’erano stati portati via dal tempio,<br />

dalla casa di Dio, ch’era <strong>in</strong> Gerusalemme; e il re, i suoi grandi,<br />

le sue mogli e le sue concub<strong>in</strong>e se ne servirono per bere. 4 Bevvero<br />

del v<strong>in</strong>o e lodarono gli dèi d’oro, d’argento, di rame, di ferro, di legno<br />

e di pietra.<br />

L’ord<strong>in</strong>e del re è eseguito con prontezza. Nella sala del palazzo, dove si sta svolgendo<br />

un’orgia pagana, vengono portati i calici d’oro e d’argento (v. 2) che<br />

erano stati portati via dal tempio di Gerusalemme, “dalla casa di Dio”,<br />

()fhflE) ty"b-yiD di-veth ’elaha’) aggiunge Daniele come volendo sottol<strong>in</strong>eare la gravità<br />

del sacrilegio perpetrato da Belsazar.<br />

Quei vasi consacrati al culto di Jahvé che nessuno aveva più rimossi dal<br />

luogo dove rispettosamente li aveva custoditi Nabucodonosor, quei vasi mai<br />

prima d’ora profanati, adesso vengono usati come volgari vasi da tavola per una<br />

chiassosa libagione.<br />

E come se fosse poco, mentre si beve si esaltano <strong>in</strong> dispregio dell’Iddio immateriale<br />

che dom<strong>in</strong>a dall’alto del cielo gli dèi terreni e materiali che non vedono,<br />

non odono e non parlano. È difficile immag<strong>in</strong>are una sfida più audace !<br />

“È curioso - osserva J.DOUKHAN - che siano menzionati gli stessi metalli che formavano<br />

la statua vista <strong>in</strong> sogno da Nabucodonosor, e siano menzionati nello<br />

stesso ord<strong>in</strong>e, come se il banchetto offerto da Belsazar avesse <strong>in</strong>direttamente di<br />

mira il sogno del suo avo con l’<strong>in</strong>tenzione di contraddirlo” 169.<br />

5 In quel momento apparvero delle dita d’una mano d’uomo, che si<br />

misero a scrivere di faccia al candelabro, sull’<strong>in</strong>tonaco della parete<br />

del palazzo reale. E il re vide quel mozzicone di mano che scriveva.<br />

“In quel momento...” La risposta dell’Iddio offeso alla sfida dell’<strong>in</strong>cauto Belsazar<br />

non si fa attendere. È una risposta enigmatica, <strong>in</strong>decifrabile e perciò tanto più <strong>in</strong>quietante.<br />

Quelle dita senza mano, senza braccio, senza corpo che compaiono tutt’a<br />

un tratto alla luce <strong>in</strong>certa del grande candelabro, quei segni <strong>in</strong>comprensibili che<br />

esse tracciano sulla parete prima di scomparire, debbono essere parsi subito a<br />

Belsazar, che per primo se ne avvede (“il re vide quel mozzicone di mano...”)<br />

come un presagio nefasto, chissà, forse come la risposta severa del Dio che egli<br />

ha appena oltraggiato.<br />

È menzionato il “palazzo reale”. All’<strong>in</strong>izio del secolo, Robert KOLDEWEY riportò<br />

alla luce nella parte settentrionale dell’area dell’antica Babilonia le rov<strong>in</strong>e<br />

di un vasto complesso edilizio che l’archeologo <strong>in</strong>terpretò correttamente come il<br />

palazzo reale. Una sala lunga 52 metri e larga 17, che KOLDEWEY chiamò “la sala<br />

del trono”, si affacciava su un ampio cortile al centro della grande struttura. Sulla<br />

parete di fronte alla porta d’<strong>in</strong>gresso c’era una nicchia dove molto verosimil-<br />

169 - J. DOUKHAN, op. cit., p. 106.<br />

118


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 119<br />

CAPIRE DANIELE<br />

mente si trovava il trono sul quale prendeva posto il re nelle feste e le cerimonie<br />

ufficiali. Gli scavatori tedeschi notarono anche tracce di stucco bianco su un<br />

tratto di muro 170. Con tutta probabilità, fu quella la sala del palazzo reale di Babilonia<br />

dove si svolse il sontuoso ricevimento descritto <strong>in</strong> questo capitolo del libro<br />

di Daniele.<br />

6 Allora il re mutò di colore, e i suoi pensieri lo spaventarono; le<br />

giunture de’ suoi fianchi si rilassarono, e i suoi g<strong>in</strong>occhi com<strong>in</strong>ciarono<br />

ad urtarsi l’uno contro l’altro. 7 Il re gridò forte che si facessero<br />

entrare gl’<strong>in</strong>cantatori, i Caldei e gli astrologi; e il re prese a<br />

dire ai savi di Babilonia: “Chiunque leggerà questo scritto e me ne<br />

darà l’<strong>in</strong>terpretazione sarà rivestito di porpora, avrà al collo una<br />

collana d’oro, e sarà terzo nel governo del regno”.<br />

Sono descritti con grande realismo i segni esteriori di un violento shock emotivo<br />

che ha colto il re Belsazar alla vista di quelle dita-fantasma e di quello scritto<br />

pieno di mistero che esse hanno lasciato sulla parete: il volto si scolora, le membra<br />

si accasciano, gli arti <strong>in</strong>feriori sono scossi da un tremito convulso. Quello<br />

che Belsazar ha visto ha fatto nascere nella sua mente pensieri angoscianti (“i<br />

suoi pensieri lo spaventarono...”).<br />

“Che spettacolo pietoso - commenta LEUPOLD - questo re che pochi istanti<br />

prima aveva avuto l’ardire di sfidare l’Onnipotente!” 171.<br />

La gran paura ha fatto perdere a Belsazar il controllo dei nervi. In condizioni<br />

normali egli avrebbe semplicemente dato ord<strong>in</strong>e di convocare i sapienti<br />

(cfr. 2:2 e 4:6). Invece grida con forza, come <strong>in</strong> preda a un forte turbamento<br />

emotivo. Il re nom<strong>in</strong>a tre categorie di esperti della div<strong>in</strong>azione: gli <strong>in</strong>cantatori, i<br />

caldei e gli astrologi (vedi commento a 2:2) nel seguito <strong>in</strong>dicati sempre collettivamente<br />

come “i savi di Babilonia”. Belsazar promette a chi scioglierà l’enigma:<br />

(1) la porpora ()ænæw:G:ra) ’argewana’), il colore che contraddist<strong>in</strong>gue la regalità<br />

o una posizione prossima alla dignità regale (cfr. Ether 8:15);<br />

(2) la collana d’oro ()fkyén:mah hamnîka’), ancora un’<strong>in</strong>segna della regalità o di<br />

un <strong>in</strong>carico di alta responsabilità (cfr. Ge 41:42);<br />

(3) la posizione di terzo ((yiT:lat taltî‘ ) nel governo del regno. Si è obiettato<br />

che “terzo” si dice <strong>in</strong> aramaico telîthî e che taltî‘ doveva piuttosto designare un<br />

titolo onorifico. Sta di fatto che quasi tutti i traduttori di Daniele hanno reso<br />

“terzo” l’aramaico talti (qualcuno ha preferito traslitterare pari pari la parola aramaica:<br />

“sarà talti”). W.GESENIUS nel suo Lessico ebraico e aramaico dell’Antico Testamento<br />

dà come significato di taltî‘ “terzo” e spiega che talîthî è una forma più<br />

comune.<br />

Prima che fossero noti dalle fonti cuneiformi il ruolo vero di Belsazar nel<br />

governo del regno e il suo grado di parentela con Nabonide, ritenendosi che<br />

170 - Vedi A. PARROT, Babilonia e l’Antico Testamento, pp. 6, 27; G.RINALDI, op. cit., p. 88.<br />

171 - H.C. LEUPOLD, op. cit., p. 88.<br />

119


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 120<br />

CAPITOLO 5<br />

Belsazar stesso fosse la prima autorità di Babilonia, si poteva solo ipotizzare<br />

l’identità della seconda presupposta dalla nom<strong>in</strong>a a terza promessa a chi avesse<br />

letto e <strong>in</strong>terpretato lo scritto. Le congetture andavano dalla madre alla moglie al<br />

figlio di Belsazar.<br />

Oggi, conoscendosi con precisione il ruolo politico di Belsazar quale correggente<br />

col padre Nabonide, non ci sono dubbi che era lui, Belsazar, la seconda<br />

autorità nel governo del regno, per cui egli non poteva conferire altro<br />

grado di autorità che il terzo 172.<br />

Vari espositori hanno supposto che Nabonide pensasse a un governo a tre,<br />

o triumvirato, ma la tesi precedente ci sembra preferibile; essa è condivisa fra altri<br />

da DOUGHERTY, uno specialista nell’ambito degli studi danielici.<br />

8 Allora entrarono tutti i savi del re; ma non poteron leggere lo<br />

scritto, né darne al re l’<strong>in</strong>terpretazione. 9 Allora il re Belsatsar fu<br />

preso da grande spavento, mutò di colore, e i suoi grandi furono costernati.<br />

La presenza dei professionisti della div<strong>in</strong>azione nella sala del convito sembra essere<br />

presupposta già nel verso precedente ove si dice che il re, dopo avere gridato<br />

forte che si facessero entrare “gli <strong>in</strong>cantatori, i caldei e gli astrologi” “prese a dire ai<br />

savi ecc...” Ma secondo il v. 8 costoro entrano nella sala dopo che il re ha fatto “ai<br />

savi di Babilonia” (v. 7) la promessa di ambite onorificenze se qualcuno di loro<br />

avesse risolto l’enigma. Una <strong>in</strong>congruenza? Solo <strong>in</strong> apparenza se si ammette che<br />

nel v. 7 Belsazar si rivolgesse ad alcuni sapienti già presenti fra gli ospiti 173. L’entrata<br />

successiva di “tutti i savi del re” sembra corroborare questa tesi.<br />

Dunque per la terza volta entrano <strong>in</strong> scena gli specialisti babilonesi dell’arte<br />

div<strong>in</strong>atoria (cfr. 2:2 e 4:6, 7) e per la terza volta si deve prendere atto di un loro<br />

completo fallimento: non ce n’è uno che riesca a decifrare lo scritto consegnato<br />

all’<strong>in</strong>tonaco della parete dalla mano-fantasma. Il silenzio degli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i delude le<br />

aspettative di Belsazar e ne accresce lo sgomento che traspare nel pallore del<br />

volto; una grande costernazione si diffonde tra i suoi mille ospiti.<br />

Sul perché gli <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>i non riuscissero a decifrare lo scritto si può solo fare<br />

congetture dato il silenzio del testo. Le tre parole erano sicuramente aramaiche<br />

(vedi commento al v. 25) e poiché il caldaico era molto aff<strong>in</strong>e all’aramaico, non<br />

doveva essere difficile per i sapienti leggere quelle parole. Si è pensato che esse<br />

fossero scritte con gli antichi caratteri ebraici sconosciuti <strong>in</strong> Babilonia, un’ipotesi<br />

che sembra verosimile, ma che il S.D.A. Bible Commentary scarta ritenendo<br />

poco probabile che gli uom<strong>in</strong>i colti di Babilonia non conoscessero l’antica scrittura<br />

ebraica usata dai Fenici e da altri popoli dell’Asia occidentale oltre che dagli<br />

Ebrei. Il commentario avventista pensa piuttosto che le tre parole formassero<br />

una sorta di criptogramma per cui anche leggendole sarebbe stato impossibile<br />

172 - S.D.A. Bible Commentary, ivi, p. 803.<br />

173 - Ibidem.<br />

120


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 121<br />

CAPIRE DANIELE<br />

coglierne il messaggio celato <strong>in</strong> una loro sconosciuta comb<strong>in</strong>azione. La comprensione<br />

di questo messaggio sarebbe stata possibile solo per illum<strong>in</strong>azione div<strong>in</strong>a.<br />

Sembra l‘ipotesi più plausibile.<br />

10 La reg<strong>in</strong>a, com’ebbe udito le parole del re e dei suoi grandi, entrò<br />

nella sala del convito. La reg<strong>in</strong>a prese a dire: “O re, possa tu vivere<br />

<strong>in</strong> perpetuo! I tuoi pensieri non ti spavent<strong>in</strong>o, e non mutar di colore!<br />

11 C’è un uomo nel tuo regno, <strong>in</strong> cui è lo spirito degli dèi santi; e al<br />

tempo di tuo padre si trovò <strong>in</strong> lui una luce, un <strong>in</strong>telletto e una sapienza,<br />

pari alla sapienza degli dèi; e il re Nebucadnetsar tuo padre,<br />

il padre tuo, o re, lo stabilì capo dei magi, degli <strong>in</strong>cantatori, de’<br />

Caldei e degli astrologi, 12 perché <strong>in</strong> lui, <strong>in</strong> questo Daniele, a cui il re<br />

avea posto nome Beltsatsar, fu trovato uno spirito straord<strong>in</strong>ario,<br />

conoscenza, <strong>in</strong>telletto, facoltà d’<strong>in</strong>terpretare i sogni, di spiegare<br />

enigmi, e di risolvere questioni difficili. Si chiami dunque Daniele ed<br />

egli darà l’<strong>in</strong>terpretazione”.<br />

La “reg<strong>in</strong>a” ()ft:K:lam malketha’) non ha preso parte al banchetto giacché entra<br />

nella sala dopo avere udito “le parole del re e dei suoi grandi”. Quelle parole o<br />

le sono state riferite da qualcuno - possibilmente da qualche <strong>in</strong>serviente uscito<br />

dalla sala - o le ha udite da una sala attigua (ipotesi meno probabile). Sull’identità<br />

di questa figura femm<strong>in</strong>ile si possono fare solo congetture perché il testo<br />

non precisa niente di più oltre al suo rango.<br />

La congettura meno probabile è che fosse la moglie di Belsazar (la moglie<br />

di primo rango evidentemente), giacché vigeva nelle antiche corti il divieto rigoroso<br />

imposto alla moglie del re, come a chiunque altro tranne che alla madre, di<br />

presentarsi davanti al sovrano senza esserne stata convocata (cfr. Ether 4:11,16).<br />

Non si può neanche identificare questa “reg<strong>in</strong>a” con la nonna di Belsazar, Addaguppi,<br />

perché questa era deceduta 8 anni prima. Resta la possibilità che si trattasse<br />

della madre di Belsazar. In effetti la reg<strong>in</strong>a-madre era oggetto di grande deferenza<br />

<strong>in</strong> tutte le corti dell’Oriente antico (nelle Scritture ebraiche ciò è reso evidente<br />

dalla citazione della reg<strong>in</strong>a-madre nei passi <strong>in</strong> cui si ricorda l’<strong>in</strong>izio del regno<br />

dei re giudaiti: vedi per es. 1Re 14:21; 15:2; 22:42 ecc...).<br />

Le fonti cuneiformi attestano l’elevato prestigio della reg<strong>in</strong>a-madre nell’ambiente<br />

mesopotamico. Si conoscono lettere di regnanti alla madre dal tono altamente<br />

deferente 174. Una stele della già ricordata Adda-guppi <strong>in</strong>forma che alla<br />

morte di questo notevole personaggio femm<strong>in</strong>ile l’anno nono del regno di suo<br />

figlio Nabonide (547 a.C.), costui fece venire gente da Babilonia e Borsippa e<br />

pers<strong>in</strong>o da paesi lontani (“dall’Egitto f<strong>in</strong>o al Mare Superiore - il Mediterraneo -<br />

e... al Mare Inferiore - il Golfo Persico -”) per le solenni esequie ufficiali durate<br />

sette giorni. L’ipotesi più verosimile sembra dunque essere che la “reg<strong>in</strong>a” men-<br />

174 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 803.<br />

121


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 122<br />

CAPITOLO 5<br />

zionata <strong>in</strong> questo v. 10 fosse la madre di Belsazar e moglie di Nabonide. La saggia<br />

Notocris figlia di Nabucodonosor ricordata da Erodoto? È possibile 175. LEU-<br />

POLD 176 propende per la moglie di Nabucodonosor; così pure DOUKHAN 177. A noi<br />

sembra preferibile l’altra identificazione.<br />

Fra l’agitazione generale, la “reg<strong>in</strong>a” sembra essere la sola persona che abbia<br />

mantenuto i nervi saldi. Ella si rivolge al re con la formula di rito (vedi commento<br />

a 2:4). Il suo <strong>in</strong>tervento mira a placare il grande turbamento di Belsazar.<br />

La “reg<strong>in</strong>a” è conv<strong>in</strong>ta che soltanto dal vecchio m<strong>in</strong>istro giudeo di Nabucodonosor<br />

potrà venire la soluzione del mistero che ha provocato nel palazzo scompiglio<br />

e costernazione, e propone che Daniele sia convocato subito. Ella sa tutto<br />

su Daniele: sa che <strong>in</strong> lui “è lo spirito degli dèi santi” (usa l’identica espressione<br />

di Nabucodonosor <strong>in</strong> 4:8 e 18); sa che al tempo di Nabucodonosor, “padre” di<br />

lui (di Belsazar), si trovarono <strong>in</strong> Daniele “luce” (<strong>in</strong> aramaico nahîrû, Uryihán ossia<br />

capacità di penetrare le cose occulte), “<strong>in</strong>telletto” (<strong>in</strong> aramaico sokletânû, Unft:l:kf&,<br />

ovvero facoltà di comprendere le cose difficili) e “sapienza” (<strong>in</strong> aramaico chokmah,<br />

hfm:kfx vale a dire capacità di applicare al meglio la conoscenza acquisita);<br />

sa che Nabucodonosor gli conferì l’alto <strong>in</strong>carico di capo supremo dei sapienti di<br />

Babilonia (cfr. 2:48; 4:9); sa che gli ha mutato il nome <strong>in</strong> Beltsha’zzar (cfr. 4:8);<br />

sa che Daniele ha “facoltà di <strong>in</strong>terpretare i sogni” (cfr. 1:17; 2:36 e 4: 24), di<br />

“spiegare enigmi” (cfr. 4:9), di “risolvere questioni difficili” (cfr. cc. 2 e 4), <strong>in</strong> aramaico<br />

qitrîn, }yir:+iq letteralmente “nodi”, un term<strong>in</strong>e che comparirà più tardi <strong>in</strong><br />

testi siriaci e arabici come vocabolo della magia. Appoggiandosi al Beek, uno<br />

studioso di Daniele, 178 pensa a nodi letterali adoperati <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ati riti magici.<br />

La perfetta conoscenza di Daniele da parte della “reg<strong>in</strong>a” fa presupporre che<br />

questa fosse vissuta alla corte di Babilonia durante il regno di Nabucodonosor<br />

quando appunto Daniele esercitò ivi funzioni pubbliche (2:49); e questo a sua<br />

volta rafforza l’ipotesi di uno stretto rapporto di parentela di lei col grande monarca.<br />

13 Allora Daniele fu <strong>in</strong>trodotto alla presenza del re; e il re parlò a<br />

Daniele, e gli disse: “Sei tu Daniele, uno dei Giudei che il re mio padre<br />

menò <strong>in</strong> cattività da Giuda?<br />

Daniele, <strong>in</strong>trodotto seduta stante nella sala del banchetto, è sottoposto a <strong>in</strong>terrogatorio<br />

da parte di Belsazar che sembra volere accertarsi della sua identità: “Sei<br />

tu Daniele...?”<br />

Pur trattandosi di una procedura formale, è tuttavia probabile che Belsazar<br />

non avesse avuto rapporti ufficiali con Daniele. Sosterrebbe questa tesi la possibilità<br />

concreta di tradurre la frase <strong>in</strong>terrogativa aramaica: “Sei tu quel<br />

175 - Vedi G.RINALDI, op. cit., p. 89.<br />

176 - H.C. LEUPOLD, op. cit., p. 225.<br />

177 - J. DOUKHAN, op. cit., p. 109.<br />

178 - G.RINALDI, op. cit., p. 90; vedi anche S.D.A. Bible Commentary, ivi, p. 804.<br />

122


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 123<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Daniele?” 179. Comunque Belsazar sa che Daniele fu deportato <strong>in</strong> Babilonia dal<br />

paese di Giuda da suo “padre” Nabucodonosor.<br />

È molto probabile che dopo la morte di Nabucodonosor Daniele non esercitasse<br />

più l’alto <strong>in</strong>carico cui era stato chiamato dal grande sovrano. Il S.D.A. Bible<br />

Commentary dice al riguardo: “Pare che dopo la scomparsa di Nabucodonosor,<br />

la politica a cui Daniele aveva dato il suo sostegno non godesse più il favore<br />

della corte di Babilonia, onde Daniele stesso si sarebbe ritirato dal suo <strong>in</strong>carico<br />

pubblico.<br />

Belsazar e i suoi predecessori evidentemente erano del tutto al corrente del<br />

modo di procedere di Dio verso Nabucodonosor (5:22), ma avevano deliberatamente<br />

ripudiato la sua politica di riconoscimento del vero Dio e di cooperazione<br />

con la sua volontà (4:28-37; 5:23).<br />

Il fatto che Daniele più tardi fosse al servizio della Persia (6:1-3) implica che<br />

il suo ritiro dalla vita pubblica negli ultimi anni dell’impero babilonese non fosse<br />

dovuto a cattiva salute o all’età avanzata. La censura severa di Daniele nei confronti<br />

di Belsazar (5:22, 23) mette <strong>in</strong> evidenza l’ostilità del re verso i pr<strong>in</strong>cìpi e la<br />

politica statale che Daniele rappresentava.<br />

La disapprovazione della politica ufficiale di Babilonia da parte di Daniele<br />

potrebbe essere stato uno dei motivi che <strong>in</strong>dussero i primi governanti dell’impero<br />

persiano a mostrarsi a lui più favorevoli” 180.<br />

14 Io ha sentito dire di te che lo spirito degli dèi è <strong>in</strong> te, e che <strong>in</strong> te si<br />

trova luce, <strong>in</strong>telletto, e una sapienza straord<strong>in</strong>aria.<br />

Belsazar dice a Daniele di aver “sentito dire” (e da chi se non dalla reg<strong>in</strong>a di cui<br />

quasi ripete le parole?) che <strong>in</strong> lui è “lo spirito degli dèi” (omette l’aggettivo<br />

“santi” usato dalla reg<strong>in</strong>a, forse perché pensa al Dio d’Israele?), e che lui possiede<br />

facoltà eccezionali (luce, <strong>in</strong>telligenza e sapienza straord<strong>in</strong>aria - <strong>in</strong> aramaico<br />

chokmâh yattîrah, hfryiTáy hfm:kfx). Non sembra però ancora conv<strong>in</strong>to che ciò<br />

sia vero.<br />

15 Ora, i savi e gl’<strong>in</strong>cantatori sono stati <strong>in</strong>trodotti alla mia presenza,<br />

per leggere questo scritto e farmene conoscere l’<strong>in</strong>terpretazione; ma<br />

non hanno potuto darmi l’<strong>in</strong>terpretazione della cosa.<br />

Per la terza volta un monarca babilonese (cfr. 2:11 e 4:18) deve constatare l’impotenza<br />

dei rappresentanti ufficiali della scienza di Babilonia (“i savi e gli <strong>in</strong>cantatori”)<br />

di fronte a un enigma che era importante e urgente sciogliere (“non<br />

hanno potuto darmi l’<strong>in</strong>terpretazione della cosa...”).<br />

179 - Vedi H.C. LEUPOLD, op. cit., p. 28; S.D.A. Bible Commentary, ivi, p. 804.<br />

180 - S.D.A. Bible Commentary, ivi.<br />

123


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 124<br />

CAPITOLO 5<br />

16 Però, ho sentito dire di te che tu puoi dare <strong>in</strong>terpretazioni e risolvere<br />

questioni difficili; ora, se puoi leggere questo scritto e farmene<br />

conoscere l’<strong>in</strong>terpretazione, tu sarai rivestito di porpora, avrai al<br />

collo una collana d’oro, e sarai terzo nel governo del regno”.<br />

“... ho sentito dire di te...”. Non è una ripetizione superflua di quanto Belsazar<br />

ha detto nel v. 14. Lì il re si riferiva a un <strong>in</strong>sieme di facoltà straord<strong>in</strong>arie possedute<br />

dal suo <strong>in</strong>terlocutore secondo quanto gli era stato riferito, qui allude alle<br />

cose che egli sarebbe stato <strong>in</strong> grado di fare attraverso l’esercizio di quelle facoltà:<br />

“dare <strong>in</strong>terpretazioni e risolvere questioni difficili”.<br />

Belsazar però non ha la stessa conv<strong>in</strong>zione della reg<strong>in</strong>a circa la capacità<br />

reale di Daniele di “risolvere questioni difficili”. La reg<strong>in</strong>a aveva detto del profeta:<br />

“... egli darà l’<strong>in</strong>terpretazione...” (v. 12 u.p.); lui, Belsazar, dice a Daniele:<br />

“se puoi leggere questo scritto...”. Il re ripete a Daniele la promessa fatta prima ai<br />

sapienti (v. 7): egli riceverà la porpora, la collana d’oro e la posizione di terza<br />

autorità nel governo del regno se decifrerà e <strong>in</strong>terpreterà lo scritto (vedi commento<br />

al v. 7).<br />

17 Allora Daniele prese a dire <strong>in</strong> presenza del re: “Tieniti i tuoi doni<br />

e da’ a un altro le tue ricompense; nondimeno io leggerò lo scritto al<br />

re e gliene farò conoscere l’<strong>in</strong>terpretazione.<br />

I doni di Dio sono gratuiti, così deve essere il loro esercizio. Del resto Daniele<br />

non ambisce i beni e gli onori terreni: “Tieni per te i tuoi doni e dai a un altro le<br />

tue ricompense !”<br />

Può sembrare una risposta brusca e scortese. Si è detto, a ragione, che non<br />

era il caso per il profeta di <strong>in</strong>trodurre la sua risposta alla richiesta del re con una<br />

formula di cortesia dal momento che questi non ha avuto alcun riguardo verso il<br />

suo Dio.<br />

Daniele dunque rifiuta l’altissima onorificenza che gli viene offerta (quanto<br />

è diverso lo spirito di questo autentico uomo di Dio da quello del mago-profeta<br />

Balaam! Vedi Nu 22:7,8; De 23:4); nondimeno risponderà alla richiesta del re.<br />

18 O re, l’Iddio altissimo aveva dato a Nebucadnetsar tuo padre, regno,<br />

grandezza, gloria e maestà;<br />

Daniele fa precedere la lettura e l’<strong>in</strong>terpretazione dello scritto da una considerazione<br />

di ord<strong>in</strong>e religioso e morale. Il discorso prelim<strong>in</strong>are ne ricalca nello<br />

schema e nei contenuti un altro fatto molti anni prima davanti all’avo di Belsazar,<br />

il re Nabucodonosor (vedi 4:21-25).<br />

Con tutta evidenza è la drammatica vicenda della follia di Nabucodonosor<br />

che il profeta rievoca <strong>in</strong> questa premessa. Esattamente come aveva fatto al<br />

tempo di quella vicenda prima di <strong>in</strong>terpretare il sogno dell’albero (cfr. 4:21-25),<br />

Daniele pone <strong>in</strong> contrasto la grandezza superlativa dell’allora sovrano di Babilonia<br />

e l’estrema miseria fisica e morale nella quale egli precipitò per avere esal-<br />

124


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 125<br />

CAPIRE DANIELE<br />

tato se stesso anziché l’Iddio altissimo dal quale proveniva la sua fortuna: Egli<br />

“aveva dato a Nabucodonosor... regno, grandezza, gloria e maestà” (vedi 2:37 e<br />

relativo commento).<br />

19 e a motivo della grandezza ch’Egli gli aveva dato, tutti i popoli,<br />

tutte le nazioni e l<strong>in</strong>gue temevano e tremavano alla sua presenza;<br />

egli faceva morire chi voleva, lasciava <strong>in</strong> vita chi voleva; <strong>in</strong>nalzava<br />

chi voleva, abbassava chi voleva.<br />

Colpisce la preoccupazione costante di Daniele di porre <strong>in</strong> cima ad ogni successiva<br />

considerazione l’Iddio altissimo (cfr. 2:28, 29; 4:25).<br />

Fu per la grandezza che aveva ricevuto da Lui - puntualizza Daniele - che<br />

furono ridotti sotto il dom<strong>in</strong>io di Nabucodonosor, l’avo di Belsazar, gli svariati<br />

gruppi etnici, nazionali e l<strong>in</strong>guistici che formarono il suo impero (cfr. Gr 28:14),<br />

e fu per la stessa ragione che i suoi sudditi lo temettero e tremarono <strong>in</strong> sua presenza<br />

(cfr. l’oracolo sul re di Babilonia <strong>in</strong> Is 14:16, 17), e che egli poté esercitare<br />

sugli uom<strong>in</strong>i un potere illimitato (“faceva morire chi voleva...” cfr. 2Re 25:6, 7; Gr<br />

29:21, 22).<br />

20 Ma quando il suo cuore divenne altero e il suo spirito s’<strong>in</strong>durò<br />

f<strong>in</strong>o a diventare arrogante, fu deposto dal suo trono reale e gli fu<br />

tolta la sua gloria; 21 fu cacciato di tra i figliuoli degli uom<strong>in</strong>i, il suo<br />

cuore fu reso simile a quello delle bestie, e la sua dimora fu con gli<br />

as<strong>in</strong>i selvatici; gli fu data a mangiare dell’erba come ai buoi, e il suo<br />

corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo, f<strong>in</strong>ché non riconobbe che<br />

l’Iddio altissimo, dom<strong>in</strong>a sul regno degli uom<strong>in</strong>i, e ch’egli vi stabilisce<br />

sopra chi vuole.<br />

Dopo avere rievocato la grandezza di Nabucodonosor quale segno del favore<br />

dell’Iddio altissimo, Daniele ne ricorda la perdita repent<strong>in</strong>a del potere (il “trono<br />

reale”) e del prestigio (la “gloria”) a seguito della follia che lo ha ridotto <strong>in</strong> uno<br />

stato di abbrutimento, e questo per essersi egli fatto altero e arrogante <strong>in</strong> dispregio<br />

dell’avvertimento ricevuto attraverso il sogno dell’albero (cfr. 4:25, 27).<br />

La rievocazione della cupa vicenda è fatta dal profeta quasi con le stesse<br />

parole del suo preannuncio e della sua descrizione <strong>in</strong> 4: 16, 25, 33, con qualche<br />

omissione e qualche variante (per es. <strong>in</strong> 5: 21 “as<strong>in</strong>i selvatici” anziché “bestie dei<br />

campi” come <strong>in</strong> 4:25). I verbi alla forma passiva denotano la provenienza sovrannaturale<br />

della sciagura che si abbatté su Nabucodonosor.<br />

22 E tu, o Belsatsar, suo figliuolo, non hai umiliato il tuo cuore,<br />

quantunque tu sapessi tutto questo; 23 ma ti sei <strong>in</strong>nalzato contro il<br />

Signore del cielo; ti sono stati portati davanti i vasi della sua casa, e<br />

tu, i tuoi grandi, le tue mogli e le tue concub<strong>in</strong>e ve ne siete serviti per<br />

bere; e tu hai lodato gli dèi d’argento, d’oro, di rame, di ferro, di legno<br />

e di pietra, i quali non vedono, non odono, non hanno cono-<br />

125


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 126<br />

CAPITOLO 5<br />

scenza di sorta, e non hai glorificato l’Iddio che ha nella sua mano il<br />

tuo soffio vitale, e da cui dipendono tutte le tue vie. 24 Perciò è stato<br />

mandato, da parte sua, quel mozzicone di mano, che ha tracciato<br />

quello scritto.<br />

Belsazar non è all’oscuro dello sconvolgente avvenimento che Daniele ha rievocato,<br />

e sebbene esso sia lontano nel tempo, l’impatto su quanti vissero nel palazzo<br />

<strong>in</strong> quei giorni fu tale che esso non poteva essere dimenticato nemmeno<br />

dopo tanti anni. Ma Belsazar, il “figlio” del protagonista di quella storia alluc<strong>in</strong>ante,<br />

pur rammentandola, non ne ha tenuto conto (“quantunque tu sapessi<br />

tutto questo... ti sei <strong>in</strong>nalzato contro il Signore del cielo...”). È proprio vero che<br />

“la storia <strong>in</strong>segna che gli uom<strong>in</strong>i non imparano niente dalla storia”!<br />

Nel v. 18 Daniele aveva alluso a un rapporto di paternità di Nabucodonosor<br />

con Belsazar (“Nabucadnetsar tuo padre”), qui accenna a una relazione di filgliolanza<br />

di Belsazar con Nabucodonosor (“E tu, Belsatsar, suo figliolo...”). Sui significati<br />

possibili del term<strong>in</strong>e “padre” (’av, <strong>in</strong> aramaico ed ebraico) si è detto nel<br />

commento al v. 2. Qui si può aggiungere che nell’Antico Testamento “figlio”<br />

(bar <strong>in</strong> aramaico, ben <strong>in</strong> ebraico), allo stesso modo che “padre”, può rivestire<br />

una varietà di sensi. Può significare discendente (Es 32:26; Ml 3:6), e <strong>in</strong> qualche<br />

caso uno che domanda aiuto e protezione a un’autorità spirituale (1Sm 25:8). In<br />

1Sm 26:17 Saul si rivolge a Davide con l’appellativo di “figlio”, mentre sappiamo<br />

che <strong>in</strong> realtà ne era genero. Sensi traslati del vocabolo “figlio” sono documentati<br />

anche fuori d’Israele.<br />

Per esempio un testo assiro del IX secolo a.C. chiama Jehu, il generale ribelle<br />

di Joram di Samaria, “figlio di Omri”, benché non ci fosse tra i due alcun<br />

rapporto di parentela, anzi Jehu fu lo sterm<strong>in</strong>atore della discendenza di Omri<br />

(2Re 10:17). Nel documento assiro “figlio di Omri” ha il significato evidente di<br />

successore dell’ultimo discendente di Omri. Nell’ambiente semitico, dunque, successore<br />

è un altro significato del vocabolo “figlio”. In Dn 5:22 “suo figlio” può<br />

leggersi “suo discendente” o anche “suo successore”.<br />

Torniamo a Belsazar. L’offesa che costui ha recato all’Iddio del cielo è più<br />

grave ancora di quella di cui si rese colpevole il suo avo. Nabucodonosor non<br />

aveva voluto riconoscere la sovranità universale dell’Iddio altissimo (4:25); il suo<br />

discendente gli si è levato contro, lo ha oltraggiato profanando le sue cose sacre<br />

e lodando <strong>in</strong> dispregio di Lui gli idoli ciechi, sordi e privi di conoscenza. Eppure<br />

l’Iddio che Belsazar ha offeso è Colui dal quale egli ha ricevuto la vita e da cui<br />

dipende ad ogni istante la conservazione di essa. L’Iddio del cielo ha raccolto la<br />

sfida <strong>in</strong>sensata e vi ha risposto prontamente. Ecco il significato di quel mozzicone<br />

di mano e di quello scritto che hanno atterrito Belsazar. “Questa spiegazione<br />

prelim<strong>in</strong>are - commenta LEUPOLD - <strong>in</strong> un cero senso era più necessaria per<br />

Belsazar che la stessa <strong>in</strong>terpretazione dello scritto” 181.<br />

181 - H.C. LEUPOLD, op. cit., p. 233.<br />

126


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 127<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Daniele prima denuncia con chiarezza e grande coraggio il gesto sacrilego<br />

di Belsazar, poi svela il messaggio nascosto nello scritto misterioso.<br />

25 Questo e lo scritto ch’è stato tracciato: MENE, MENE, TEKEL,<br />

UFARSIN.<br />

Il profeta procede alla lettura dello scritto. Sono tre parole aramaiche: la prima è<br />

ripetuta due volte e la terza è alla forma plurale. Difficile dire con che tipo di<br />

scrittura fossero state tracciate. Con quella cuneiforme certamente no, altrimenti<br />

il re e i suoi dignitari le avrebbero lette. Probabilmente le parole erano scritte<br />

con i caratteri aramaici (non sconosciuti ai sapienti di Babilonia) o con i più antichi<br />

caratteri ebraici.<br />

Di certo erano formate di sole consonanti: MN’ MN’ TKL FRSN (la vocalizzazione<br />

del testo attuale di Daniele come di tutta la Bibbia ebraica risale a non<br />

oltre il IX secolo della nostra era). Si deve comunque notare che alla luce dell’<strong>in</strong>terpretazione<br />

di Daniele, la vocalizzazione masoretica delle tre parole aramaiche<br />

appare più che plausibile, come si vedrà più avanti. È stata rilevata un’aff<strong>in</strong>ità<br />

delle parole lette da Daniele con dei term<strong>in</strong>i del vocabolario commerciale: )¢n:m<br />

MENE’ = m<strong>in</strong>a, l"q:T TEKEL = siclo (shekel <strong>in</strong> ebraico), }yis:rapU UFARSIN, plurale di<br />

PERES = mezzo siclo (la terza parola è preceduta dalla congiunzione aramaica<br />

“u” (= “e”) la quale, per una legge fonetica, muta <strong>in</strong> “f” la “p” della parola a cui<br />

di unisce).<br />

Se i tre vocaboli si leggono come sostantivi, si hanno questi tre valori ponderali<br />

e monetari decrescenti: MINA (2 volte), SICLO, MEZZI SICLI (il gruppo consonantico<br />

PRS compare col significato di “mezzo siclo” nell’Iscrizione di Senchirli).<br />

Se il primo dei due MENE’ si <strong>in</strong>terpreta come imperativo del verbo menã’,<br />

lo scritto si può leggere: “Conta una m<strong>in</strong>a, un siclo, mezzo siclo.” I sapienti del<br />

re, non sappiamo per quale ragione, non possono leggere lo scritto. Ad ogni<br />

buon conto, anche se ne fossero stati capaci, non avrebbero potuto <strong>in</strong>terpretarlo,<br />

giacché non disponevano di un contesto logico <strong>in</strong> cui <strong>in</strong>serirlo perché avesse<br />

senso. In tempi recenti, degli studiosi che hanno letto i tre vocaboli aramaici<br />

come sostantivi hanno tentato di rapportare i valori monetari così desunti a dei<br />

re babilonesi che regnarono consecutivamente.<br />

Sono riportate di seguito, att<strong>in</strong>te da The New Bible Dictionary, le proposte<br />

più <strong>in</strong>teressanti:<br />

● C.S.CLERMONT GANNEAU: NABUCODONOSOR (m<strong>in</strong>a’), BELSAZAR (siclo),<br />

MEDI e PERSIANI (mezzi sicli).<br />

● E.G. KRAELING: EVIL-MERODAC e NERIGLISSAR (m<strong>in</strong>a’, m<strong>in</strong>a’), LABASHI<br />

MARDUK (siclo), NABONIDE e BELSAZAR (mezzi sicli).<br />

● N.L. GINSBERG: NABUCODONOSOR (m<strong>in</strong>a’), EVIL-MERODAC (siclo), BEL-<br />

SAZAR (messi sicli).<br />

● D.N. FREEDMAN: NABUCODONOSOR (m<strong>in</strong>a’), NABONIDE (siclo), BELSA-<br />

ZAR (mezzi sicli).<br />

Sono proposte allettanti ma tutto sommato <strong>in</strong>concludenti.<br />

I tre gruppi consonantici possono leggersi come radici verbali e così <strong>in</strong> effetti le<br />

127


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 128<br />

CAPITOLO 5<br />

lesse Daniele stando all’<strong>in</strong>terpretazione che ne fornì. Per la maggioranza degli<br />

espositori moderni le tre parole hanno la forma di participi passivi (dissente il<br />

S.D.A.Bible Commentary che riconosce questa forma soltanto alla prima).<br />

26 E questa è l’<strong>in</strong>terpretazione delle parole: MENE: Dio ha fatto il<br />

conto del tuo regno, e vi ha posto f<strong>in</strong>e. 27 TEKEL: tu sei stato pesato<br />

con la bilancia, e sei stato trovato mancante. 28 PERES: il tuo regno è<br />

diviso, e dato ai Medi e ai Persiani”.<br />

Decifrato lo scritto, la frase criptica che ne risulta ha bisogno di essere <strong>in</strong>terpretata,<br />

e questo solo Daniele può farlo perché solo lui è illum<strong>in</strong>ato dallo spirito<br />

dell’Iddio altissimo da cui il messaggio proviene. Da ciascuna delle tre parole<br />

l’<strong>in</strong>terprete ispirato trae una doppia proposizione, la seconda consecutiva rispetto<br />

alla prima. Esam<strong>in</strong>iamole una dopo l’altra.<br />

MENE’, dal verbo aramaico menã’, “contare”, “numerare”, come participio<br />

passivo “contato”, “numerto”. Dio ha contato i giorni assegnati alla durata del regno<br />

di Belsazar e ha decretato che essi sono giunti alla f<strong>in</strong>e. Secondo LEUPOLD la<br />

ripetizione di mene’ nella lettura potrebbe essere <strong>in</strong>dice di un doppio senso del<br />

vocabolo: “contato” la prima volta, “fissato il limite” la seconda.<br />

TEKEL, dal verbo tekãl, forma aramaica del verbo ebraico shakal (lo “sh”<br />

ebraico si muta <strong>in</strong> “t” nell’aramaico). Altrove nell’Antico Testamento “pesare” <strong>in</strong><br />

senso metaforico significa “giudicare”: cfr. 1Sm 2:3; Gb 31:6; Pr 24:12. Dio ha fissato<br />

per ogni <strong>in</strong>dividuo uno “standard” di crescita e di maturità a seconda dei talenti,<br />

della posizione e del grado di responsabilità nella vita. Il re Belsazar è stato<br />

pesato sulla bilancia di Dio ed è risultato al di sotto dello “standard” che corrisponde<br />

alla sua posizione. Egli è colpevole per questo, allo stesso modo che nel<br />

commercio è reato di frode un peso <strong>in</strong>feriore a quello pattuito fra venditore e<br />

compratore.<br />

PERES, dal verbo aramaico paras, “dividere”, “spezzare”. È la forma s<strong>in</strong>golare<br />

di parsîn che preceduta dalla congiunzione “u” diventa fars<strong>in</strong>. Il regno di<br />

Belsazar è diviso e assegnato ai Medi e ai Persiani. Non metà agli uni e metà agli<br />

altri, giacché Daniele considera sempre la Media e la Persia come un regno unitario<br />

(con un unico simbolo le rappresenta nel capitoli. 2, 7 e 8: il petto d’argento,<br />

l’orso e il montone).<br />

È ben vero tuttavia che una prov<strong>in</strong>cia dell’impero babilonese (la Caldea) sarebbe<br />

governata d’ora <strong>in</strong>nanzi da un medo (9:1) <strong>in</strong>vestito di tale potere (“ricevette<br />

il regno”) da un’autorità superiore (verosimilmente il re “di Media e di Persia”<br />

- 8:20 - che governa il resto dell’impero).<br />

Forse si allude a questo dicendosi che il regno di Belsazar sarebbe diviso e<br />

dato ai Medi e ai Persiani. Il regno di Dario <strong>in</strong> tutti i casi è una porzione ben<br />

modesta dell’immenso impero medo-persiano.<br />

Vocalizzata <strong>in</strong> modo che suoni paras la radice prs significa “Persia” (e “persiani”<br />

nella forma plurale prsn, peras<strong>in</strong>): Daniele vi coglie i due sensi: “il tuo regno<br />

è DIVISO e dato ai Medi e ai PERSIANI”.<br />

Il senso globale del messaggio è quello di un giudizio e di una sentenza<br />

128


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 129<br />

con effetto immediato. Il riferimento alla Media e alla Persia come entità politica<br />

unitaria (cfr. 6:8, 12, 15; 8:20) mostra che il nostro autore ha una conoscenza<br />

esatta della storia.<br />

F<strong>in</strong>o al 550 a.C. le tribù persiane erano rimaste sotto la sovranità dei Medi ,<br />

ma <strong>in</strong> quell’anno esse ebbero il sopravvento sui loro dom<strong>in</strong>atori avendo Ciro,<br />

pr<strong>in</strong>cipe persiano, v<strong>in</strong>to e deposto Astiage loro re. Ciro però non impose ai v<strong>in</strong>ti<br />

la sua sovranità, al contrario li associò nel governo del nuovo stato unendo di<br />

fatto le due etnie <strong>in</strong> un’unica nazione. È difficile credere che un giudeo palest<strong>in</strong>ese<br />

del II secolo a.C. fosse così bene <strong>in</strong><strong>formato</strong> sulla composizione etnica e la<br />

struttura politica di un impero che non esisteva più da oltre 160 anni!<br />

29 Allora, per ord<strong>in</strong>e di Belsatsar, Daniele fu rivestito di porpora, gli<br />

fu messa al collo una collana d’oro, e fu proclamato che egli sarebbe<br />

terzo nel governo del regno.<br />

L’uomo che si è rivelato superiore a tutti i sapienti di Babilonia col decifrare e <strong>in</strong>terpretare<br />

lo scritto misterioso, riceve le onorificenze che il re ha promesso. Daniele<br />

le aveva rifiutate, ma gli ord<strong>in</strong>i del re non si discutono ed egli deve suo malgrado<br />

vestire l’abito di porpora, <strong>in</strong>dossare la collana d’oro (cfr. Ge 44:42) e farsi<br />

proclamare la terza autorità del regno, un regno che ha peraltro le ore contate.<br />

30 In quella stessa notte, Belsatsar, re de’ Caldei, fu ucciso;<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Si compie <strong>in</strong>esorabilmente e <strong>in</strong> brevissimo tempo il pesante verdetto su Belsazar<br />

che Daniele ha tratto dall’ultima delle tre parole scritte sulla parete. Il testo dedica<br />

poche parole all’evento tragico e repent<strong>in</strong>o, ma alla sua laconicità suppliscono<br />

le notizie più dettagliate che ne forniscono gli storiografi greci. ERODOTO<br />

(ca. 480-420 a.C.) descrive così la conquista persiana di Babilonia:<br />

... per mezzo di un canale, avendo immesso le acque dell’Eufrate<br />

nel bac<strong>in</strong>o scavato che era allo stato di palude, (Ciro) fece sì che, abbassandosi<br />

il livello del fiume, il vecchio letto diventasse guadabile.<br />

Ottenuto un tale risultato, i Persiani che avevano ricevuto l’ord<strong>in</strong>e<br />

proprio <strong>in</strong> vista di questo, quando l’Eufrate si fu abbassato tanto da<br />

non giungere nemmeno a metà coscia d’un uomo, ne seguirono il<br />

corso ed entrarono <strong>in</strong> Babilonia. (...)<br />

... i persiani si trovarono loro davanti all’improvviso.<br />

Data la grande estensione della città... erano già <strong>in</strong> mano dei nemici<br />

i quartieri estremi della città, quando i Babilonesi che abitavano il<br />

centro non sapevano ancora di essere presi; ma <strong>in</strong> quel momento si<br />

davano alla danza (capitava <strong>in</strong>fatti, che per loro fosse giorno di festa) e<br />

alla pazza gioia...<br />

In questo modo allora fu presa Babilonia per la prima volta.<br />

Anche SENOFONTE (ca. 430-354 a.C.) è <strong>in</strong><strong>formato</strong> che Belsazar cadde <strong>in</strong> po-<br />

129


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 130<br />

CAPITOLO 5<br />

tere dei Persiani durante una notte di bagordi. Lo storico ateniese riferisce che i<br />

soldati di Ciro penetrarono di notte nella città e, avuta facilmente ragione delle<br />

guardie ubriache, entrarono nel palazzo dove si svolgeva un fest<strong>in</strong>o e vi uccisero<br />

il re che tentò di opporre resistenza 182. Secondo la Cronaca di Babilonia era il<br />

14 di tishratu dell’anno 17° di Nabonide, il 10 ottobre del 539 a.C. secondo il calendario<br />

giuliano 183.<br />

31 e Dario il Medo, ricevette il regno, all’età di sessantadue anni.<br />

“... dopo di te sorgerà un altro regno, <strong>in</strong>feriore al tuo”, aveva sentenziato<br />

Daniele molti anni prima al re Nabucodonosor (2:39). La profezia si avvera, tramonta<br />

il dom<strong>in</strong>io babilonese, sorge il dom<strong>in</strong>io dei Medi e dei Persiani: “Dario il<br />

Medo ricevette il regno”. È il trapasso dall’oro all’argento nel sogno di Nabucodonosor<br />

(2:30, 36-39); dal leone all’orso nella visione di Daniele (7:4, 5).<br />

Sull’identità di Dario il medo si discuterà nel commento al v. 1 del capitolo<br />

seguente. Per concludere il commento del cap. 5 ci sembra pert<strong>in</strong>ente la seguente<br />

osservazione del prof. R.P.DAUGHERTY: “Fra tutte le fonti non babilonesi<br />

che parlano della situazione vigente alla f<strong>in</strong>e dell’impero neo-babilonese, il capitolo<br />

qu<strong>in</strong>to di Daniele è la più vic<strong>in</strong>a ai documenti letterari cuneiformi per<br />

quanto attiene agli eventi più importanti. Il resoconto biblico può considerarsi<br />

una fonte di grande valore, perché cita il nome di Belsazar, perché attribuisce<br />

potere regale a Belsazar e perché riconosce l’esistenza di una doppia autorità nel<br />

governo del regno. I documenti cuneiformi babilonesi del sesto secolo a.C. forniscono<br />

prove <strong>in</strong>eccepibili sulla correttezza di questi tre nuclei storici basilari,<br />

contenuti nella narrazione biblica sulla caduta di Babilonia” 184.<br />

182 - SENOFONTE, Ciropedia, VII, 5, 15-31.<br />

183 - R.A.PARKER e W.H.DUBBERSTEIN, Babylon Chronology... p. 13<br />

184 - R.P.DAUGHERTY, Nabonidus and Belshazzar, p. 216, citato da S.D.A.Bible Commentary,<br />

ivi, p. 808.<br />

130


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 131<br />

Capitolo 6<br />

____________________________<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Daniele non è stato travolto dagli avvenimenti che hanno cambiato la fisionomia<br />

politica della pianura mesopotamica. Nonostante che avesse svolto mansioni<br />

di governo sotto la passata amm<strong>in</strong>istrazione, il nuovo re di Babilonia, Dario<br />

il medo, lo vuole accanto a sé mentre procede alla riforma amm<strong>in</strong>istrativa<br />

dello Stato. Pensa addirittura di affidargli la supervisione di tutta l’amm<strong>in</strong>istrazione<br />

statale. Ciò suscita la gelosia dei funzionari subalterni che non esitano a<br />

tramare un complotto contro di lui, ma la competenza e la correttezza di Daniele<br />

vanificano il loro malvagio disegno.<br />

I nemici di Daniele però non demordono: escogitano un piano diabolico per<br />

volgere <strong>in</strong> violazione della legge dello Stato la fedeltà di Daniele alla legge del suo<br />

Dio. Stavolta l’ignobile progetto va a buon f<strong>in</strong>e con la complicità <strong>in</strong>consapevole<br />

del sovrano. Quando Dario si accorge di essere caduto <strong>in</strong> un tranello, è troppo<br />

tardi per tornare <strong>in</strong>dietro: non può fare nulla per sottrarre il suo fedele m<strong>in</strong>istro<br />

alla pena capitale. A questo punto <strong>in</strong>terviene l’evento miracoloso.<br />

Come tanti anni prima un angelo del Signore aveva protetto dall’ardore del<br />

fuoco Shadrac, Meshac e Abed-nego, così adesso un angelo del Signore rende<br />

<strong>in</strong>offensive le belve alle quali Daniele è stato dato <strong>in</strong> pasto. Per ord<strong>in</strong>e del re Dario,<br />

Daniele è tratto fuori dalla fossa dei leoni e i suoi accusatori vi f<strong>in</strong>iscono dentro<br />

con le mogli e i figli; e stavolta le belve non rimangono <strong>in</strong>operose.<br />

Il racconto si chiude con un proclama reale rivolto a tutti i sudditi del regno,<br />

un proclama nel quale si impone il rispetto del Dio di Daniele e si esaltano la sua<br />

sovranità eterna e il suo potere di salvare.<br />

1 Parve bene a Dario di stabilire sul regno centoventi satrapi, i quali<br />

fossero per tutto il regno;<br />

Il nuovo signore di Babilonia come primo atto di governo attua una riforma amm<strong>in</strong>istrativa<br />

dello Stato, che si identifica non con l’impero di Persia sul quale<br />

Ciro esercita la sovranità, ma con la prov<strong>in</strong>cia di Caldea (cfr. 9:1) nella Mesopotamia<br />

<strong>in</strong>feriore.<br />

R.H.CHARLES osserva che “una sorta di divisione di Babilonia è documentata<br />

nelle tavolette annalistiche di Ciro ove si dice che Gubaru, governatore di Babilonia<br />

sotto Ciro, ‘nom<strong>in</strong>ò dei governatori <strong>in</strong> Babilonia’” 185. Si è osservato che du-<br />

185 - Citato da H.C. LEUPOLD, op. cit., p. 248.<br />

131


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 132<br />

CAPITOLO 6<br />

rante la dom<strong>in</strong>azione persiana i “satrapi” governavano le vaste unità territoriali <strong>in</strong><br />

cui era suddiviso l’impero, le “satrapie”, mentre i 120 “satrapi” nom<strong>in</strong>ati da Dario<br />

il Medo amm<strong>in</strong>istravano aree geografiche di ben modesta entità. Se ne è dedotto<br />

che Daniele deve essere <strong>in</strong>corso <strong>in</strong> una <strong>in</strong>esattezza, ma poiché la stessa “<strong>in</strong>esattezza”,<br />

come ha notato R.D. WILSON, si riscontra nella storiografia greca, LEUPOLD<br />

giustamente conclude che il term<strong>in</strong>e “satrapi” doveva essere usato sia <strong>in</strong> riferimento<br />

a funzionari di alto grado, sia per designare funzionari di grado <strong>in</strong>feriore<br />

186.<br />

Sappiamo da ERODOTO (III. 89) che Dario I divise l’impero <strong>in</strong> 20 satrapie e<br />

suddivise queste ultime <strong>in</strong> unità amm<strong>in</strong>istrative m<strong>in</strong>ori. Nei testi di Dario le satrapie<br />

figurano essere più numerose (da 21 a 29), probabilmente perché più volte<br />

questo sovrano modificò il numero e le dimensioni di codeste vaste regioni amm<strong>in</strong>istrative<br />

durante il suo regno. Secondo Ether 1:1 il re Assuero (il Serse della<br />

storia) regnò su 127 prov<strong>in</strong>ce (ebr. medînâh), verosimilmente il numero totale<br />

dei distretti <strong>in</strong> cui erano suddivise le satrapie. Ma le “satrapie” di cui parla Erodoto<br />

e le “prov<strong>in</strong>ce” ricordate <strong>in</strong> Ether 1:1 non hanno niente a che vedere con i<br />

distretti amm<strong>in</strong>istrativi istituiti da Dario il Medo: quelle riguardavano tutto l’impero,<br />

queste il solo territorio del “regno dei Caldei” (9:1) sul quale si esercitava<br />

la sovranità subord<strong>in</strong>ata del Dario di Daniele.<br />

Chi è Dario il Medo? Per Daniele è una persona concreta. È figlio di Assuero<br />

(9:1), succede a Belsazar (5:31), precede Ciro (6:28), riforma l’amm<strong>in</strong>istrazione<br />

dello stato (6:1). Ma per la storia rimane tuttora una figura avvolta nel mistero.<br />

Nessuna delle fonti greche e babilonesi che documentano la f<strong>in</strong>e dell’impero<br />

caldeo conosce il suo nome. Certi studiosi di scuola liberale hanno liquidato<br />

la questione affermando che Dario il Medo è una figura leggendaria partorita<br />

dalla fantasia dell’autore del libro; altri hanno <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uato che lo scrittore giudeo<br />

confonda Dario il medo con Dario I, terzo successore di Ciro. Non solo, ma<br />

fa di Serse (Assuero) il padre di Dario mentre <strong>in</strong> realtà ne era figlio. Sono giudizi<br />

affrettati e <strong>in</strong> buona parte <strong>in</strong>giustificati. Infatti:<br />

132<br />

● è accaduto e potrebbe ancora accadere che il nome di un personaggio biblico<br />

sconosciuto alla storia (il caso di Belsazar è emblematico) riaffiori<br />

dalla sabbia dopo millenario oblio grazie a uno scavo archeologico;<br />

● Daniele dist<strong>in</strong>gue il successore di Belsazar da Dario I figlio di Istaspe col<br />

precisare che quegli appartiene alla stirpe dei Medi (9:1), mentre questi è di<br />

estrazione persiana, e che occupa il trono di Babilonia all’età di 62 anni,<br />

mentre Dario I com<strong>in</strong>ciò a regnare sulla Persia <strong>in</strong> età più giovanile;<br />

● Daniele mostra di conoscere bene la successione dei primi regnanti di<br />

Persia dopo la caduta di Babilonia. Infatti <strong>in</strong> 11:2 allude a tre re che debbono<br />

sorgere <strong>in</strong> Persia (dopo Ciro) e a un quarto che sarà più ricco e “solleverà<br />

tutti contro il regno di Grecia”. Poiché è trasparente <strong>in</strong> questo quarto<br />

186 - Vedi H.C. LEUPOLD, op. cit., pp. 247-248.


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 133<br />

CAPIRE DANIELE<br />

re la figura di Serse, è ovvio che i tre che dovevano precederlo sono Dario<br />

I, il falso Smerdis e Cambise il figlio di Ciro.<br />

● Daniele sa <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e che Ciro regna sulla Persia (10:1) e che Dario il Medo<br />

governa soltanto la Caldea e con potere subord<strong>in</strong>ato (9:1): “fu fatto re dei<br />

Caldei”.<br />

Comunque, sull’identità di Dario il medo, mancando riferimenti diretti nelle fonti<br />

storiche note, possiamo solo fare congetture. Intanto possiamo ipotizzare con<br />

verosimiglianza che questo personaggio fosse conosciuto anche sotto un nome<br />

diverso. A dire il vero, è più che un’ipotesi se dobbiamo credere a GIUSEPPE FLA-<br />

VIO il quale asserisce che il Dario di Daniele era “chiamato dai Greci con un altro<br />

nome” 187.<br />

Abbiamo effettivamente notizie su regnanti dell’Antico Oriente che adottarono<br />

un secondo nome.<br />

Il re assiro Tiglat-Pileser III (745-727 a.C.), per esempio, assunse il nuovo<br />

nome di Pûlû quando c<strong>in</strong>se la corona di Babilonia 188. Anche la Bibbia conosce il<br />

doppio nome di questo sovrano (vedi 2Re 15:19, 29; 1Cr 5:26). Suo figlio Salmanassar<br />

V (727-722 a. C.) pure adottò un secondo nome, ululãya, come re di Babilonia<br />

189. I testi amm<strong>in</strong>istrativi di Borsippa del periodo persiano menzionano un re<br />

di nome Akshimakshu sconosciuto alle altre fonti antiche. Si è accertato che Akshimakshu<br />

era una variante del nome di un noto regnante persiano, Serse I 190.<br />

Dario potrebbe dunque essere una variante del nome del re medo che fu<br />

posto sul trono di Babilonia dopo la morte di Belsazar. Gli espositori che danno<br />

come attendibili i racconti danielici hanno cercato di far co<strong>in</strong>cidere la figura di<br />

Dario il Medo con quella di un personaggio noto della storia. Vediamo quali<br />

sono stati i personaggi coi quali si è tentato di identificarlo.<br />

1. Astiage, ultimo re dei Medi. Proposto da B. ALFRINK e altri studiosi come<br />

il possibile equivalente storico del Dario danielico. Secondo ERODOTO (I,107,108)<br />

Ciro nacque da una sua figlia e dal pr<strong>in</strong>cipe persiano Cambise I. A parte l’orig<strong>in</strong>e<br />

etnica non si riscontrano altre attribuzioni comuni ad Astiage e Dario il Medo.<br />

a) Il padre di Astiage fu Ciassare I, non Assuero (Serse).<br />

b) Dario il medo aveva 62 anni quando fu fatto re dei caldei (5:31), Astiage,<br />

se era ancora <strong>in</strong> vita, era molto più anziano nel 539 a.C., avendo com<strong>in</strong>ciato<br />

a regnare quasi 50 anni prima.<br />

187 - GIUSEPPE FLAVIO, Antichità Giudaiche, X. 11. 4.<br />

188 - Vedi E. CASSIN - J. BOTTERO - J. VERCOUTTER, Gli imperi dell’Antico Oriente, St. Univers. Feltr<strong>in</strong>elli,<br />

vol.4, p. 54.<br />

189 - Ibidem, p. 47.<br />

190 - Vedi C.O. JONSSON, I tempi dei Gentili..., p. 246.<br />

133


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 134<br />

CAPITOLO 6<br />

c) Astiage cercò di sopprimere Ciro f<strong>in</strong> dalla nascita 191; da adulto Ciro lo<br />

v<strong>in</strong>se e, secondo alcune fonti, lo relegò <strong>in</strong> Ircania, secondo altre lo uccise. È<br />

difficile ammettere che Ciro possa averlo fatto re di Babilonia.<br />

2. Ciassàre II, figlio di Astiage. Come ultimo re dei Medi è noto soltanto a<br />

SENOFONTE192. Nell’antichità è stato identificato col Dario di Daniele da GIUSEPPE<br />

FLAVIO193. GIROLAMO194 cita questa op<strong>in</strong>ione dello storico giudaico e sembra condividerla.<br />

Ai nostri giorni hanno mantenuto tale identificazione un buon numero<br />

di autori. H.H. ROWLEY195 ricorda LOWTH, HENGSTENBERG, ROSENMULLER, HÄVERNICK,<br />

KRANICHFELD, KLIEFOTH, ZÖKLER, KNABENBAUER. In ambito avventista questa tesi ha<br />

raccolto il consenso del S.D.A. Bible Commentary196 e più recentemente di G.H.<br />

HASEL197 . Fra i cattolici di l<strong>in</strong>gua italiana è condivisa da E.TESTA198. Effettivamente<br />

si riscontrano vari punti di contatto fra Ciassàre II e il Dario di Daniele. Ciassàre<br />

appartenne alla stirpe dei Medi, fu zio, e secondo SENOFONTE anche suocero di<br />

Ciro, ebbe rapporti amichevoli con lui; la sua età all’epoca della caduta di Babilonia<br />

co<strong>in</strong>cideva su per giù con quella di Dario il Medo, <strong>in</strong>dicata da Daniele. Inf<strong>in</strong>e<br />

Senofonte non dà più notizie di lui <strong>in</strong> rapporto agli anni che seguirono di<br />

poco la caduta di Babilonia. Tuttavia altre circostanze rendono problematica<br />

questa identificazione.<br />

a) Le notizie di Senofonte su Ciassàre non sempre sono attendibili, specie<br />

laddove le contraddicono le fonti cuneiformi;<br />

b) il nome del padre di Ciassàre era Astiage, non Assuero;<br />

c) una presenza di Ciassàre II <strong>in</strong> Babilonia come successore di Belsazar-Nabonide<br />

non è attestata nelle fonti storiche.<br />

3. Ciro II, re di Persia. D.J. WISEMAN ha proposto di identificarlo col Dario<br />

danielico supponendo che Dario fosse un altro nome di Ciro e che la congiunzione<br />

aramaica “u” <strong>in</strong> Dn 6:28 abbia funzione esplicativa (“cioè”) e non congiuntiva<br />

(“e”), cosa possibile secondo i grammatici. WISEMAN ha letto così il passo <strong>in</strong><br />

questione: “E questo Daniele prosperò sotto il regno di Dario, cioè sotto il regno<br />

di Ciro il persiano.” J.N. BULMAN e J.D. DOUGLAS hanno appoggiato questa proposta<br />

dell’assiriologo <strong>in</strong>glese e altri studiosi, come J.G. BALDWIN, A.R. MILLARD e G.<br />

WENHAM l’hanno condivisa 199. Questa tesi nondimeno ha contro di sé non m<strong>in</strong>ori<br />

difficoltà che le precedenti.<br />

191 - Cfr. ERODOTO I, 108.<br />

192 - Vedi, Ciropedia, 1.5, 2, ecc...<br />

193 - Antichità Giudaiche, X. 11, 4<br />

194 - Cfr. Girolamo su Daniele, p. 89<br />

195 - Citato da G.H. HASEL <strong>in</strong> Symp. On Daniel, p. 113, nota 173.<br />

196 - Vedi Vol IV, pp. 816, 817.<br />

197 - Vedi Daniel, questions débattues, p. 33.<br />

198 - Vedi Il messaggio della Salvezza, vol. III, p. 140.<br />

199 - Vedi HASEL, op. cit., pp. 113, 114.<br />

134


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 135<br />

CAPIRE DANIELE<br />

a) Ciro aveva meno i 62 anni all’epoca della conquista di Babilonia;<br />

b) Daniele dist<strong>in</strong>gue i due personaggi notando che l’uno è persiano (6:28) e<br />

l’altro medo (5:30; 9:1; 11:1);<br />

c) Ciro regna sulla Persia (10:1), Dario sui Caldei (9:1);<br />

d) il padre di Ciro fu Cambise, Dario fu figlio di Assuero (9:1).<br />

4. Cambise II figlio di Ciro. Da una trent<strong>in</strong>a di testi cuneiformi si ev<strong>in</strong>ce<br />

che Ciro nom<strong>in</strong>ò suo figlio Cambise re-vassallo di Babilonia per il periodo di un<br />

anno, mentre lui cont<strong>in</strong>uò a regnare sulla Persia. Sulla base di questo dato documentato<br />

vari autori moderni hanno proposto di identificare il Dario danielico col<br />

figlio di Ciro 200. Si deve dire che questo tentativo pure urta contro non lievi difficoltà.<br />

1) Non si sa <strong>in</strong> quale dei 10 anni del regno di Ciro dopo la conquista di Babilonia<br />

Cambise abbia regnato come re-vassallo;<br />

2) Cambise era persiano, non medo;<br />

3) era figlio di Ciro, non di Assuero;<br />

4) aveva meno di 62 anni nel 539 a.C.<br />

5. Gubaru. Per vari decenni si è tentato di identificare il Dario di Daniele<br />

con Gubaru governatore di Babilonia secondo la Cronaca di Nabonide. È stato<br />

E.BABELON il primo a proporre, nel 1881, questa identificazione poi condivisa da<br />

studiosi come F.DELITZSCH, F.W.ALBRIGTH, G.PINCHES, R.D.WILSON, MÖLLER e altri 201.<br />

Ma poiché le notizie di fonte babilonese e greca su questo personaggio sembravano<br />

contraddittorie, H.H.ROWLEY, seguito da altri, rifiutò questa identificazione.<br />

Fu merito di J.C.WHITCOMB l’avere dimostrato nel 1959, sulla base di uno studio<br />

comparato di tutti i documenti antichi che facevano riferimento a Gubaru, che<br />

dalla caduta di Babilonia f<strong>in</strong>o all’anno V di Cambise ci furono due personaggi<br />

che portarono questo nome: il governatore di Babilonia di cui si è detto sopra e<br />

il generale di Ciro, che conquistò Babilonia, ricordato nella stessa Cronaca di<br />

Babilonia, anche col nome di Ugbaru, e da Senofonte col nome di Gobryas.<br />

Whitcomb ha mantenuto l’identificazione di Dario il Medo col primo Gubaru - il<br />

governatore di Babilonia - <strong>in</strong> quanto il secondo sembrava essere vissuto troppo<br />

poco dopo la presa di Babilonia per poter avere svolto il ruolo attribuitogli da<br />

Daniele. Due fatti però rendono problematica l’identificazione proposta da Whitcomb.<br />

Il primo è che Gubaru fu governatore di Babilonia mentre Dario il Medo<br />

occupò secondo Daniele una posizione più elevata (“fu fatto re”, 9:1). Il secondo<br />

è che Gubaru com<strong>in</strong>ciò a governare nell’anno IV di Ciro e rimase <strong>in</strong> carica f<strong>in</strong>o<br />

all’anno V di Cambise, mentre Dario il Medo fu posto sul trono di Babilonia subito<br />

dopo la morte di Belsazar e il suo regno f<strong>in</strong>ì prima dell’anno III di Ciro (cfr.<br />

Dn 9:1 con 10:1). W.H.SHEA, dopo uno studio accurato dei testi babilonesi, è<br />

giunto alla conclusione che Ugbaru governatore del Gutium e generale di Ciro<br />

200 - HASEL, op. cit., p. 113 nota 176, ricorda H.WINKLER, P.RIESSLER e C.BOUTFLOWER.<br />

201 - Vedi HASEL, op. cit., p. 114.<br />

135


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 136<br />

CAPITOLO 6<br />

risponde meglio di Gubaru governatore di Babilonia alle attribuzioni del Dario<br />

danielico. Ecco <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tesi l’argomentazione del nostro autore:<br />

● In tutti i documenti datati dei re neobabilonesi, da Nabopolassar a Nabonide,<br />

il titolo reale è “Re di Babilonia”.<br />

● Nel periodo persiano, da Ciro a Dario I, a questo titolo si aggiunge “Re<br />

dei Paesi”.<br />

● Dopo la rivolta antipersiana di Babilonia, repressa da Serse I nel 482 a.C.,<br />

questo sovrano abolì il titolo di “Re di Babilonia” e mantenne soltanto<br />

quello di “Re dei Paesi”. Tale uso cont<strong>in</strong>uò f<strong>in</strong>o ad Alessandro il Macedone.<br />

● I testi economici e amm<strong>in</strong>istrativi di Babilonia rivelano che Ciro, contrariamente<br />

ai suoi predecessori neo-babilonesi, non assunse il titolo di “Re di<br />

Babilonia” durante i 4 mesi dell’anno di accessione e i primi 10 mesi<br />

dell’anno seguente. Il titolo che gli danno questi documenti è “Re dei<br />

Paesi”.<br />

● Ciò può significare soltanto una cosa, e cioè che Ciro, nei primi 14 mesi<br />

dopo la caduta di Babilonia, non fu re di questa città.<br />

● La spiegazione più verosimile è che durante questo periodo un re vassallo<br />

di Ciro svolgesse <strong>in</strong> Babilonia le funzioni di re, o meglio di viceré.<br />

● Questo spazio di tempo co<strong>in</strong>cide abbastanza bene con la durata del regno<br />

di Dario il Medo deducibile dalle <strong>in</strong>formazioni di Daniele. Infatti il nostro<br />

autore menziona soltanto il primo anno di regno di Dario (9:1 e 11:1) e ci<br />

fa capire che nell’anno III di Ciro egli era scomparso dalla scena (10:1).<br />

Sembra tuttavia opporsi a questa tesi il fatto già segnalato che Ugbaru non sarebbe<br />

vissuto abbastanza da poter gestire gli affari di governo, come vuole Daniele.<br />

La Cronaca di Nabonide <strong>in</strong>forma che Babilonia fu conquistata dai Persiani<br />

il 16 di Tishratu e che Ciro vi entrò da trionfatore 17 giorni appresso, il 3 di Arashamnu.<br />

Poi riferisce che fra i mesi di Kislimu e Addaru le immag<strong>in</strong>i degli dèi furono<br />

riportate nelle loro sedi, e subito dopo segnala che Gubaru (Ugbaru) morì<br />

l’11 di Arashamnu.<br />

Si è creduto che la notizia del trasferimento delle div<strong>in</strong>ità nelle loro sedi <strong>in</strong>serita<br />

fra il 3 e l’11 di Arashamnu fosse cronologicamente fuori posto, ed è stato<br />

<strong>in</strong> base a questa supposizione che si è pensato che Ugbaru fosse morto circa tre<br />

settimane dopo la presa di Babilonia. William H.Shea non condivide questa op<strong>in</strong>ione.<br />

Egli è conv<strong>in</strong>to che tutti gli avvenimenti riportati nella Cronaca si susseguono<br />

nell’ord<strong>in</strong>e cronologico naturale, e crede di poterlo dimostrare. Avendo<br />

verificato accuratamente gli avvenimenti datati dal tempo di Nabonassar (VIII secolo<br />

a.C.) f<strong>in</strong>o al tempo della Cronaca di Nabonide (VI secolo a.C.), egli ha potuto<br />

notare che su 318 osservazioni cronologiche contenute nei testi presi <strong>in</strong><br />

esame, 313 si susseguivano secondo l’ord<strong>in</strong>e naturale e solo 5 secondo un ord<strong>in</strong>e<br />

anomalo. Shea conclude che i 313 casi <strong>in</strong> cui l’ord<strong>in</strong>e degli avvenimenti è<br />

quello consecutivo debbono riflettere la regola corrente, e che i 5 casi nei quali<br />

l’ord<strong>in</strong>e è diverso debbono ritenersi una deroga da questa. È parso legittimo a<br />

questo autore applicare la regola corrente ai fatti riportati nella terza colonna<br />

136


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 137<br />

CAPIRE DANIELE<br />

della Cronaca di Nabonide. Se l’ord<strong>in</strong>e degli avvenimenti <strong>in</strong> questo documento è<br />

quello consecutivo, come sembra ragionevole, allora Gubaru-Ugbaru morì un<br />

anno e tre settimane dopo l’occupazione persiana di Babilonia 202.<br />

La deduzione più significativa che trae Shea dal confronto dei testi amm<strong>in</strong>istrativi<br />

con la Cronaca è che il cambiamento del titolo reale di Ciro nei testi suddetti<br />

dal 14° mese dopo la caduta di Babilonia, debba rapportarsi a un avvenimento<br />

importante della Cronaca stessa, e a quale se non alla morte di Ugbaru?<br />

Se ci si attiene all’<strong>in</strong>terpretazione consecutiva degli avvenimenti della Cronaca<br />

di Babilonia, il titolo di “Re di Babilonia” fu aggiunto al titolo corrente di<br />

Ciro, “Re dei Paesi”, circa 6 settimane dopo la morte del conquistatore di Babilonia.<br />

Poiché Ciro assunse il titolo suddetto a così breve distanza di tempo dalla<br />

morte di Ugbaru, sembra logico dedurne che quest’ultimo debba avere svolto<br />

tale funzione f<strong>in</strong>o alla sua scomparsa. Sei settimane - osserva Shea - era più o<br />

meno il tempo occorrente perché la notizia della morte di Ugbaru arrivasse f<strong>in</strong>o<br />

a Ciro e le disposizioni di questi sulla successione giungessero a Babilonia.<br />

Il prof. Shea segnala sei l<strong>in</strong>ee di convergenza fra il personaggio danielico e<br />

l’ex-governatore del Gutium:<br />

● Ugbaru comandò le truppe medo-persiane che si impadronirono di Babilonia.<br />

Dn 5:31 sembra presupporre lo stesso ruolo per Dario il Medo;<br />

● Secondo la Cronaca di Nabonide Ugbaru costituì dei governatori su Babilonia.<br />

Dario il Medo fece la stessa cosa secondo Dn 6:1,2.<br />

● Ugbaru morì a un anno circa dalla conquista persiana di Babilonia, ciò fa<br />

supporre che egli non fosse giovane, per quanto la Cronaca non ne <strong>in</strong>dichi<br />

l’età. Dario il Medo secondo Dn 5:31 aveva 62 anni quando divenne re di<br />

Babilonia.<br />

● Comb<strong>in</strong>ando la cronologia della Cronaca con quella dei titoli reali nei testi<br />

amm<strong>in</strong>istrativi, si deduce che Ugbaru morì 14 mesi circa dopo la caduta<br />

di Babilonia. Daniele - come già notato - ricorda solo il primo anno di Dario<br />

il Medo (9:1; 11:1) e <strong>in</strong> 10:1 menziona l’anno III di Ciro. La spiegazione<br />

più logica è che Dario fosse scomparso prima del terzo anno di Ciro.<br />

● La dist<strong>in</strong>zione che fa Daniele fra i regni di Ciro e di Dario corrisponde<br />

bene alla situazione che descrivono i testi cuneiformi. Il titolo di “Re di Persia”<br />

che Dan 10:1 dà a Ciro concorda col titolo che gli attribuiscono i testi<br />

amm<strong>in</strong>istrativi, “Re dei Paesi”, e la notizia di Dn 9:1 secondo la quale Dario<br />

il Medo regnò sul “regno dei Caldei” co<strong>in</strong>cide col titolo di “Re di Babilonia”<br />

che Ciro com<strong>in</strong>ciò a portare dopo la morte di Ugbaru.<br />

● La condizione di vassallo di Ugbaru concorda bene con l’<strong>in</strong>formazione di<br />

Dan 9:1 secondo cui Dario “fu fatto re”.<br />

202 - Per ragguagli più esaurienti vedi gli articoli di W.H.SHEA su Andrews University Sem<strong>in</strong>ary<br />

Studies, n. 20, 1982, e Daniel, questions débattues, specialmente da p. 94. Vedi anche la<br />

nota 1 a pg. 244 e segg. nel presente volume.<br />

137


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 138<br />

CAPITOLO 6<br />

Le fonti cuneiformi e classiche tacciono sulla famiglia di Ugbaru, cosicché non<br />

abbiamo modo di sapere se il padre di costui si chiamasse Assuero o altro. Senofonte<br />

def<strong>in</strong>isce “assiro” il generale Gobryas che conquistò Babilonia per conto<br />

di Ciro (“assiro” fra i Greci equivaleva a “babilonese”). Ma nei racconti di questo<br />

storico ci sono tante <strong>in</strong>esattezze e approssimazioni che non si può prendere alla<br />

lettera ogni sua <strong>in</strong>formazione.<br />

La Cronaca riferisce che Gubaru-Ugbaru prima della conquista di Babilonia<br />

fu governatore del Gutium, una prov<strong>in</strong>cia dell’impero di Ciro che conf<strong>in</strong>ava con<br />

la Media. Secondo il prof. R.D.WILSON 203, il Gutium “era una contrada di estensione<br />

<strong>in</strong>def<strong>in</strong>ita che probabilmente abbracciava tutto il territorio tra la Babilonia<br />

da una parte e le montagne dell’Armenia a nord e i Monti Zagros a nord-est<br />

dall’altra, e forse anche il paese al di là dei Monti Zagros che aveva Ecbatana per<br />

capitale”, cioè la Media.<br />

Riassumendo la sua analisi il prof. Shea conclude che sei attribuzioni riferite<br />

da Daniele a Dario il Medo co<strong>in</strong>cidono con le notizie su Gubaru-Ugbaru fornite<br />

dalle fonti cuneiformi mentre due - la paternità e l’orig<strong>in</strong>e etnica - non possono<br />

essere verificate per la mancanza di <strong>in</strong>formazioni nelle fonti storiche esistenti. È<br />

questo che non consente di identificare con sicurezza Dario il Medo con Ugbaru<br />

il conquistatore di Babilonia; comunque il peso dell’evidenza favorisce decisamente<br />

questa identificazione.<br />

2 E sopra questi, tre capi, uno dei quali era Daniele, perché questi<br />

satrapi rendessero loro conto, e il re non avesse a soffrire alcun<br />

danno.<br />

Dario ha creato una burocrazia statale più sofisticata di quella babilonese. Non<br />

solo ha istituito 120 distretti amm<strong>in</strong>istrativi e ha posto a capo di ciascuno un funzionario<br />

governativo, ma ha nom<strong>in</strong>ato tre alti commissari col compito di sopr<strong>in</strong>tendere<br />

all’operato di questi amm<strong>in</strong>istratori locali.<br />

Si direbbe che Dario avesse alle spalle una consumata esperienza di governo<br />

(se è corretta l’identificazione con Ugbaru, come è assai probabile che lo<br />

sia, è appena necessario ricordare che costui fu governatore di una prov<strong>in</strong>cia del<br />

regno di Persia prima di occupare Babilonia per conto di Ciro).<br />

Dal testo parrebbe che il “re” i cui <strong>in</strong>teressi economici debbono essere salvaguardati<br />

sia lo stesso Dario; <strong>in</strong> realtà, come dice giustamente Leupold 204, “Dario<br />

sta salvaguardando gli <strong>in</strong>teressi di Ciro”. I regnanti achemenidi dedicarono<br />

un’attenzione particolare all’economia di Stato.<br />

Dario il Medo, che governa la Caldea come vassallo del re di Persia, si premura<br />

di tutelare gli <strong>in</strong>teressi del gran sovrano. Questo fu il compito più rilevante<br />

e la preoccupazione costante dei funzionari che amm<strong>in</strong>istrarono le prov<strong>in</strong>ce<br />

dell’impero persiano (cfr. Ed 4:13-16).<br />

203 - Citato da H.C.LEUPOLD, op. cit., p. 44.<br />

204 - Op. cit, p. 249.<br />

138


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 139<br />

CAPIRE DANIELE<br />

I tre commissari nom<strong>in</strong>ati da Dario, uno dei quali è Daniele, debbono <strong>in</strong><br />

primo luogo vigilare aff<strong>in</strong>ché il servizio di raccolta delle imposte nei distretti del<br />

regno sia svolto correttamente, ma essi formano anche una sorta di consiglio<br />

della corona per cui hanno notevole autorità e prestigio. Osserva il S.D.A. Bible<br />

Commentary a proposito di Daniele: “È bastata a Dario una conoscenza sommaria<br />

di questo venerabile uomo di Stato, di questo superstite dell’aurea età imperiale<br />

babilonese per conv<strong>in</strong>cersi che la sua scelta come amm<strong>in</strong>istratore-capo<br />

dell’impero e consigliere della corona sarebbe stata una scelta saggia” 205.<br />

Il verbo aramaico qézæn nazîq, “subire danno”, da qualche autore contemporaneo<br />

(G.R<strong>in</strong>aldi, G.Bern<strong>in</strong>i) è stato tradotto “essere molestato”. Secondo questa<br />

comprensione del term<strong>in</strong>e Dario avrebbe nom<strong>in</strong>ato i tre commissari per essere<br />

tenuto al corrente della gestione generale del servizio delle imposte senza dovere<br />

esam<strong>in</strong>are i rendiconti particolari. L’<strong>in</strong>terpretazione può accordarsi abbastanza<br />

bene col contesto immediato del racconto, tuttavia ci sembra sia preferibile<br />

mantenere il senso proprio del verbo, come fanno la versione di G.Luzzi e<br />

quella della C.E.I.<br />

3 Or questo Daniele si dist<strong>in</strong>gueva più dei capi e dei satrapi, perché<br />

c’era <strong>in</strong> lui uno spirito straord<strong>in</strong>ario; e il re pensava di stabilirlo sopra<br />

tutto il regno.<br />

“...questo Daniele...”, vale a dire il Daniele già noto al lettore dai racconti precedenti.<br />

L’autore del libro parla di sé con distacco, come se stesse parlando di<br />

un’altra persona. È ancora un <strong>in</strong>dice di umiltà e modestia. “Questo Daniele” supera<br />

i funzionari pari grado e i subalterni per competenza e abilità nell’amm<strong>in</strong>istrare<br />

la cosa pubblica.<br />

F<strong>in</strong> dalla giov<strong>in</strong>ezza Daniele si era dist<strong>in</strong>to per le non comuni doti naturali<br />

che possedeva (1:4), doti che una sapienza ricevuta <strong>in</strong> dono da Dio aveva esaltato<br />

(1:17). Il re Nabucodonosor, e dopo di lui la <strong>in</strong>nom<strong>in</strong>ata reg<strong>in</strong>a del tempo di<br />

Belsazar, avevano riconosciuto quei talenti straord<strong>in</strong>ari come manifestazione di<br />

un pr<strong>in</strong>cipio sovrumano (cfr. 4:18 e 5:11, 12).<br />

Questo giudizio trova conferma nelle parole stesse di Daniele il quale usa<br />

un’espressione quasi identica (“c’era <strong>in</strong> lui uno spirito straord<strong>in</strong>ario”, aramaico<br />

)fryiTáy axUr ruach yattîra’) per spiegare che il suo eccellere come uomo di Stato<br />

non dipende da <strong>in</strong>nate virtù personali ma è il risultato di un dono sovrannaturale.<br />

Egli vi accenna dunque non per dare lustro alla sua persona, ma al contrario<br />

per glorificare il suo Dio.<br />

Il re Dario si è accorto della perizia <strong>in</strong>eguagliabile del suo venerabile m<strong>in</strong>istro<br />

e si è conv<strong>in</strong>to che egli potrà servire meglio lo Stato da una posizione di governo<br />

più elevata, perciò ha deciso di porlo al vertice della burocrazia amm<strong>in</strong>istrativa<br />

del regno.<br />

205 - S.D.A. Bible Commentary,vol. IV, p. 818.<br />

139


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 140<br />

CAPITOLO 6<br />

4 Allora i capi e i satrapi cercarono di trovare un’occasione d’accusar<br />

Daniele circa l’amm<strong>in</strong>istrazione del regno; ma non potevano trovare<br />

alcuna occasione, né alcun motivo di riprensione, perch’egli<br />

era fedele, e non c’era da trovare <strong>in</strong> lui alcunché di male o da riprendere.<br />

I “capi” sono i due colleghi di Daniele, i “satrapi” sono i funzionari <strong>in</strong> subord<strong>in</strong>e.<br />

Non è presupposta una partecipazione generale dei “satrapi” al complotto. È difficile<br />

ammettere una presenza simultanea <strong>in</strong> Babilonia di tutti gli amm<strong>in</strong>istratori<br />

pubblici locali, dal momento che non v’è accenno ad una convocazione ufficiale<br />

da parte del re. Alla congiura contro Daniele deve dunque avere preso parte un<br />

numero limitato di ufficiali statali. Del resto un loro <strong>in</strong>tervento massiccio avrebbe<br />

potuto far nascere dei sospetti nella mente di Dario. Quando si sparge la voce<br />

che il re <strong>in</strong>tende promuovere a un più alto <strong>in</strong>carico di governo l’anziano m<strong>in</strong>istro<br />

giudeo, la gelosia latente di questi amm<strong>in</strong>istratori pubblici meno capaci di<br />

lui si tramuta <strong>in</strong> aspro malanimo e decisa volontà di nuocergli.<br />

Costoro - uom<strong>in</strong>i di nobile stirpe meda e persiana - non permetteranno che<br />

uno straniero, un ex deportato giudeo, li superi per autorità e prestigio; e<br />

nell’ombra tramano la sua rov<strong>in</strong>a, poi passano alle vie di fatto. Senza farsi notare<br />

sottopongono a m<strong>in</strong>uzioso controllo gli atti amm<strong>in</strong>istrativi del rivale, certi di potervi<br />

cogliere una qualche irregolarità - è facile per un uomo di età avanzata <strong>in</strong>correre<br />

<strong>in</strong> una dimenticanza! - onde poterlo accusare di <strong>in</strong>competenza o <strong>in</strong>fedeltà.<br />

Gli <strong>in</strong>quisitori però restano delusi, “perché egli (Daniele) era fedele, e non<br />

c’era da trovare <strong>in</strong> lui alcunché di male o da riprendere”. Splendido esempio di<br />

<strong>in</strong>tegrità morale e raro caso di perfetta efficienza professionale alla bella età di<br />

ottant’anni e passa!<br />

5 Quegli uom<strong>in</strong>i dissero dunque: “Noi non troveremo occasione alcuna<br />

d’accusar questo Daniele, se non la troviamo <strong>in</strong> quel che concerne<br />

la legge del suo Dio”.<br />

La perfidia umana non conosce limiti quando il cuore è dom<strong>in</strong>ato da sentimenti<br />

di <strong>in</strong>vidia e gelosia. Gli avversari di Daniele, che non hanno potuto cogliere negli<br />

atti amm<strong>in</strong>istrativi del rivale un pretesto plausibile per accusarlo di <strong>in</strong>efficienza<br />

o <strong>in</strong>fedeltà, escogitano un piano diabolico per ritorcere contro di lui<br />

quella sua <strong>in</strong>defettibile l<strong>in</strong>earità di condotta che ha frustrato il loro malvagio disegno.<br />

Conoscendo tutte le pieghe del potere ed essendo loro noto che la fedeltà<br />

dell’anziano m<strong>in</strong>istro di Dario verso il suo Dio è pari alla sua lealtà verso<br />

gli uom<strong>in</strong>i, non sarà difficile per loro far nascere un aspro conflitto fra la fede di<br />

Daniele e la ragion di Stato. La frase “questo Daniele” sulla bocca dei suoi avversari<br />

tradisce il disprezzo che nutrono verso di lui. Osserva Girolamo nel suo<br />

commentario su Daniele: “È una bella condotta di vita quella <strong>in</strong> cui i nemici non<br />

trovano alcun capo d’accusa che non sia la fedeltà alle prescrizioni di Dio” 206.<br />

206 - Op. cit., p. 91.<br />

140


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 141<br />

6 Allora quei capi e quei satrapi vennero tumultuosamente presso ai<br />

re, e gli dissero: “O re Dario, possa tu vivere <strong>in</strong> perpetuo! 7 Tutti i<br />

capi del regno, i prefetti e i satrapi, i consiglieri e i governatori si<br />

sono concertati perché il re promulghi un decreto e pubblichi un severo<br />

divieto, per i quali chiunque, entro lo spazio di trenta giorni, rivolgerà<br />

qualche richiesta a qualsivoglia dio o uomo tranne che a te,<br />

o re, sia gettato nella fossa dei leoni.<br />

“...quei capi e quei satrapi...”, cioè i funzionari di grado superiore e <strong>in</strong>feriore<br />

che hanno congiurato contro Daniele. Come si è notato prima, non è presupposta<br />

una partecipazione totale degli ufficiali pubblici del regno.<br />

L’aramaico U$iG:rah hargishû (dal verbo ragash, “tumultuare”) è tradotto alla<br />

lettera dal Luzzi: “vennero tumultuosamente presso il re”. Poiché è parso <strong>in</strong>verosimile<br />

che dei funzionari statali ardissero irrompere “tumultuosamente” alla presenza<br />

di un potente sovrano, vari traduttori hanno attenuato il senso del vocabolo<br />

orig<strong>in</strong>ale. Ecco come rendono la frase aramaica alcune versioni moderne:<br />

“... si radunarono presso il re...” (versione della C.E.I)<br />

“... si recarono <strong>in</strong>sieme dal re...” (G.R<strong>in</strong>aldi)<br />

“... si recarono subito dal re...” (TILC)<br />

“... si precipitarono dal re...” (G.Bern<strong>in</strong>i)<br />

“... vennero dal re accalcandosi...” (H.C.Leupold)<br />

CAPIRE DANIELE<br />

L’ultima ci sembra la traduzione più accettabile.<br />

Il saluto orig<strong>in</strong>ale al re è espresso con la formula cortigianesca di rito. “O<br />

re, possa tu vivere <strong>in</strong> perpetuo!” (vedi 3:9 e relativo commento, e 5:10). L’aramaico<br />

}yim:lf(:l le‘almîn, “<strong>in</strong> perpetuo”, si può tradurre anche, come l’equivalente<br />

ebraico, “per un lungo tempo”. In sostanza con questa formula si augura al re<br />

lunga vita, non vita eterna.<br />

Può sembrare una procedura <strong>in</strong>solita che degli amm<strong>in</strong>istratori pubblici sottopongono<br />

alla più alta autorità dello stato un decreto perché lo approvi. “Il nascere<br />

del decreto com’è qui rappresentato - nota il prof. R<strong>in</strong>aldi - non è semplicismo<br />

da narratore popolare, ma corrisponde al procedimento vigente nell’antica<br />

Persia, ove le cricche di corte erano solitamente molto <strong>in</strong>fluenti e furono <strong>in</strong> qualche<br />

caso arbitre dello stato” 207.<br />

In apparenza il decreto mira a consolidare l’autorità del sovrano <strong>in</strong> un momento<br />

delicato qual è l’<strong>in</strong>izio del regno, ma nella realtà, come sappiamo, esso è<br />

motivato da ben altra <strong>in</strong>tenzione.<br />

Non deve meravigliare, quasi appaia cosa improbabile, che <strong>in</strong> questo episodio<br />

del libro di Daniele si imponga per legge ai sudditi di una nazione di rivolgere<br />

atti di culto alla persona del re. Nell’antichità non era una pratica <strong>in</strong>solita. In<br />

Egitto da lungo tempo si tributavano onori div<strong>in</strong>i alla persona del sovrano, e si<br />

cont<strong>in</strong>uò a farlo anche quando a regnare sul paese furono dei monarchi stra-<br />

207 - Op. cit., pp. 96, 97.<br />

141


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 142<br />

CAPITOLO 6<br />

nieri. In tempi di poco posteriori ai giorni di Daniele, per esempio, i sacerdoti<br />

egiziani attribuirono titoli div<strong>in</strong>i a due monarchi persiani, Cambise e Dario I,<br />

come attestano alcune iscrizioni geroglifiche.<br />

È comunque risaputo che i re di Persia - circostanza piuttosto <strong>in</strong>solita<br />

nell’antichità - furono generalmente tolleranti e rispettosi verso i culti e le div<strong>in</strong>ità<br />

stranieri.<br />

Per il S.D.A. Bible Commentary 208, è impensabile che un uomo come Ciro<br />

potesse approvare un decreto sul tipo di quello che fu sottoposto a Dario il<br />

Medo. Sui Medi però siamo assai poco <strong>in</strong>formati. Si conosce tuttavia un episodio<br />

di violenta <strong>in</strong>tolleranza religiosa. Le fonti greche <strong>in</strong>formano che il mago Gaumata,<br />

di stirpe meda al dire di Erodoto (III, 73), quando usurpò il trono degli<br />

Achemenidi mentre Cambise combatteva <strong>in</strong> Egitto, nei pochi mesi di regno si<br />

dette a distruggere con furore i templi dedicati a div<strong>in</strong>ità straniere. Erodoto (I,<br />

99) narra di un altro personaggio della stessa etnia, Deioce re dei Medi, il quale<br />

decretò che nessuno dovesse vederlo onde gli uom<strong>in</strong>i non meno valenti di lui<br />

“lo potessero ritenere di un’altra natura”.<br />

Non deve dunque sorprendere che il medo Dario acconsentisse che lo si<br />

onorasse come una div<strong>in</strong>ità, fosse pure per un tempo limitato. Infatti, il decreto<br />

che gli avversari di Daniele gli estorcono implica praticamente una sua div<strong>in</strong>izzazione<br />

o quanto meno una sua elevazione a unico rappresentante della div<strong>in</strong>ità<br />

(Montgomery): per lo spazio di trenta giorni <strong>in</strong> tutto il paese non si rivolgeranno<br />

richieste a qualsivoglia div<strong>in</strong>ità o autorità umana tranne che a lui.<br />

Il divieto non sembra riferirsi alle richieste <strong>in</strong> rapporto con le necessità della<br />

vita quotidiana - chi avrebbe potuto garantirne l’osservanza? - ma piuttosto alle<br />

suppliche e alle preghiere che si rivolgono alle div<strong>in</strong>ità nei templi. Una severa<br />

disposizione di legge che <strong>in</strong>terferisse con la vita religiosa era ciò che ci voleva<br />

per mettere Daniele con le spalle al muro. Gli <strong>in</strong>triganti, per agire con maggiore<br />

<strong>in</strong>cisività sull’animo del re, dichiarano, mentendo, di essere i portavoce di tutte<br />

le autorità dello Stato, quelle della città e del palazzo (i capi del regno e i consiglieri)<br />

e quelle delle prov<strong>in</strong>ce (i prefetti, i satrapi e i governatori). Si sottopone<br />

all’approvazione del sovrano anche la sanzione penale da applicarsi a carico degli<br />

eventuali trasgressori del decreto: costoro dovranno essere dati <strong>in</strong> pasto alle<br />

belve r<strong>in</strong>chiuse nella fossa.<br />

È documentato che i Babilonesi punivano col fuoco i delitti contro la persona<br />

del re, come la ribellione o la congiura (vedi commento a 3:19, 20). I Persiani<br />

non praticavano questa forma di supplizio, perché il fuoco era l’elemento<br />

sacro per eccellenza nel culto mazdeico 209. Sebbene non sia attestato nei documenti<br />

noti che i Medo-persiani punissero i delitti di lesa maestà facendo sbranare<br />

i colpevoli dalle belve affamate, è ben documentato <strong>in</strong> dip<strong>in</strong>ti murali e bassorilievi<br />

che <strong>in</strong> Egitto e <strong>in</strong> Assiria i sovrani praticavano la caccia di animali selvaggi:<br />

leoni, leopardi, ippopotami, elefanti. Gli esemplari catturati vivi venivano<br />

208 - Vol. IV, p. 811.<br />

209 - Vedi E.MEYNIER, Storia delle Religioni, p. 109; F.A. ARBORIO MELLA, L’impero persiano, p. 15.<br />

142


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 143<br />

CAPIRE DANIELE<br />

r<strong>in</strong>chiusi <strong>in</strong> sicuri serragli aff<strong>in</strong>ché i sudditi, osservandoli, potessero ammirare la<br />

forza e il coraggio del re.<br />

Da questa pratica Ezechiele trae un’immag<strong>in</strong>e significativa che applica ai<br />

pr<strong>in</strong>cipi d’Israele (Ez 19:1-9).<br />

La “fossa dei leoni”, nella quale si sarebbero gettati gli eventuali trasgressori<br />

del decreto reale, era un serraglio sotterraneo la cui apertura era probabilmente<br />

ricoperta con una grata metallica.<br />

8 Ora, o re, promulga il divieto e firmane l’atto perché sia immutabile,<br />

conformemente alla legge dei Medi e de’ Persiani, che è irrevocabile”.<br />

La frase aramaica )fbft:K {u$:ritºw )frfsE) {yiq:T )fK:lam }a(:Kke‘an malka’ teqîm ’esara’<br />

wetirshum ketava’..., che Luzzi traduce: “Ora, o re, promulga il divieto e firmane<br />

l’atto...”, ci sembra sia resa meglio da R<strong>in</strong>aldi: “Ora, o re, emana il divieto e<br />

fanne mettere <strong>in</strong> iscritto il documento...”<br />

I congiurati, <strong>in</strong>somma, domandano al re di tramutare <strong>in</strong> decreto seduta<br />

stante il divieto che essi hanno proposto e di farlo mettere per iscritto per modo<br />

che esso diventi subito legge v<strong>in</strong>colante per tutti i sudditi del regno. E si premurano<br />

di sottol<strong>in</strong>eare che il decreto ha da essere <strong>in</strong>alterabile “conformemente alla<br />

legge dei Medi e dei Persiani che è irrevocabile”.<br />

Preme ai malvagi funzionari mettere l’accento sulla non revocabilità delle<br />

leggi dei Medi e dei Persiani, cosicché il sovrano, quando si accorga del tranello,<br />

non possa fare nulla per sottrarre Daniele alla pena capitale.<br />

Sulla irrevocabilità delle leggi emanate dai re di Persia ci ragguagliano anche<br />

il libro di Ether (1:19 e 8:8) e un episodio tramandatoci da Diodoro Siculo.<br />

Narra lo storico greco (XVII, 30) che Dario III, accortosi di avere emanato un’<strong>in</strong>giusta<br />

sentenza capitale a carico di un certo Charidemos risultato poi <strong>in</strong>nocente,<br />

se ne rammaricasse molto ma non potesse revocare il verdetto.<br />

Il riferimento alla legge “dei Medi e dei Persiani” nel v. 8 ha fatto storcere il<br />

naso ai critici moderni i quali contestano che <strong>in</strong> quest’epoca l’antico regno dei<br />

Medi fosse sotto il controllo dei Persiani oramai dom<strong>in</strong>atori della scena politica.<br />

Il S.D.A. Bible Commentary resp<strong>in</strong>ge quest’accusa di dis<strong>in</strong>formazione rivolta a<br />

Daniele appellandosi a documenti contemporanei venuti <strong>in</strong> luce <strong>in</strong> epoca più recente.<br />

“Tali documenti - spiega il Commentario - parlano dei Persiani chiamandoli<br />

‘medi’, e dei Medi chiamandoli ‘persiani’, alla stessa maniera della Bibbia.<br />

Anche i documenti cuneiformi menzionano diversi re persiani col titolo di ‘re dei<br />

Medi’ oltre che con quello abituale di ‘re di Persia’.<br />

Poiché Dario era un medo, è del tutto naturale che dei cortigiani riferentisi<br />

alla legge del paese <strong>in</strong> sua presenza ne parlassero come della ‘legge dei Medi e<br />

dei Persiani’” 210.<br />

210 - Vol IV, p. 812.<br />

143


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 144<br />

CAPITOLO 6<br />

9 Il re Dario qu<strong>in</strong>di firmò il decreto e il divieto. 10 E quando Daniele<br />

seppe che il decreto era firmato, entrò <strong>in</strong> casa sua; e, tenendo le f<strong>in</strong>estre<br />

della sua camera superiore aperte verso Gerusalemme, tre<br />

volte al giorno si metteva <strong>in</strong> g<strong>in</strong>occhi, pregava e rendeva grazie al<br />

suo Dio, come soleva fare per l’addietro.<br />

Questo versetto è più comprensibile nella traduzione del Prof. G.R<strong>in</strong>aldi: “In seguito<br />

a ciò il re Dario fece scrivere il documento col divieto”. La vile congiura a<br />

danno di Daniele ha funzionato. Senza sospettare quello che sta dietro la proposta<br />

dei suoi m<strong>in</strong>istri, il re Dario ha fatto redigere il divieto che diventa subito<br />

legge irrevocabile. Presto scatterà per Daniele una trappola mortale.<br />

Come sia venuto a conoscenza del decreto la vittima designata, il racconto<br />

non lo dice. Certo è che il divieto ha messo Daniele <strong>in</strong> una situazione estremamente<br />

difficile. Quale sarebbe stata la sua scelta non c’era da dubitarne, si trattava<br />

comunque di una scelta sofferta. F<strong>in</strong> dai tempi della sua attività di governo<br />

alla corte di Nabucodonosor, quest’uomo di Dio aveva tenuto un contegno di<br />

assoluto rispetto verso il re e la legge del paese che serviva. Tanto più gli sarà<br />

premuto rispettare la volontà di un sovrano come Dario che gli è amico. Comunque<br />

Dio occupa e occuperà sempre il primo posto nella considerazione di<br />

Daniele. La severità e <strong>in</strong>flessibilità delle leggi di Media e di Persia gli sono note<br />

per cui egli è ben consapevole della sorte a cui va <strong>in</strong>contro, ma non modifica le<br />

sue abitud<strong>in</strong>i religiose: “Come soleva fare per l’addietro”, tre volte al giorno si<br />

genuflette davanti alle f<strong>in</strong>estre della sua camera superiore spalancate <strong>in</strong> direzione<br />

di Gerusalemme e prega il suo Dio, verosimilmente a voce alta. Il pr<strong>in</strong>cipio: “Bisogna<br />

ubbidire a Dio anziché agli uom<strong>in</strong>i” (At 5:29) è stato applicato c<strong>in</strong>que secoli<br />

prima che fosse enunciato.<br />

Le case nell’Oriente antico avevano generalmente il tetto piatto e non di<br />

rado <strong>in</strong> un angolo del tetto avevano una piccola stanza dove ci si poteva isolare<br />

per il riposo o la preghiera. Le f<strong>in</strong>estre probabilmente erano munite di una grata.<br />

Daniele dunque prega davanti alle f<strong>in</strong>estre della sua stanza superiore che guardano<br />

a ponente.<br />

Per gli israeliti lontani dalla loro terra volgersi <strong>in</strong> direzione di essa nel momento<br />

della preghiera doveva essere una consuetud<strong>in</strong>e molto antica se ne allude<br />

Salomone nella cerimonia di dedicazione del Tempio (1Re 8:44, 48).<br />

Sull’attitud<strong>in</strong>e corporale durante la preghiera, il S.D.A. Bible Commentary<br />

nota: “La Bibbia allude a svariate posizioni nella preghiera. Incontriamo dei servi<br />

di Dio che pregano seduti, come Davide (1Sam 7:18), <strong>in</strong>ch<strong>in</strong>ati, come Eliezer<br />

(Ge 24:26) ed Elia (1Re 18:42) e spesso <strong>in</strong> piedi, come Anna (1Sam 1:26). L’attitud<strong>in</strong>e<br />

più comune nella preghiera sembra essere stata la genuflessione, come<br />

attestano gli esempi seguenti: Esdra (9:25), Gesù (Lc 22:41), Stefano (At 7:60)” 211.<br />

La consuetud<strong>in</strong>e degli israeliti di pregare tre volte al giorno è attestata altrove<br />

nella Bibbia (vedi Sl 55:17). Nel tardo giudaismo tale consuetud<strong>in</strong>e di-<br />

211 - Ibidem.<br />

144


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 145<br />

CAPIRE DANIELE<br />

venne una norma quotidiana per i pii giudei. I tre momenti della preghiera<br />

erano l’ora terza, l’ora sesta e l’ora nona a partire dal sorgere del sole (grosso<br />

modo le 9 a.m., mezzodì e le 3 p.m.). La prima e la terza preghiera erano fatte <strong>in</strong><br />

co<strong>in</strong>cidenza con l’offerta del sacrificio del matt<strong>in</strong>o e della sera 212.<br />

Ci si potrebbe chiedere se non sarebbe stata una ragionevole misura di prudenza<br />

da parte di Daniele pregare <strong>in</strong> segreto f<strong>in</strong>ché non fossero trascorsi i trenta<br />

giorni, e se il non averlo fatto non sia stata un’<strong>in</strong>utile sfida al potere e un’altrettanta<br />

<strong>in</strong>utile esposizione della propria vita.<br />

Niente di tutto questo. Se Daniele <strong>in</strong> quel frangente avesse agito diversamente<br />

di come agì, avrebbe dato modo ai pagani di credere che i servi dell’Iddio<br />

Altissimo <strong>in</strong> fondo non credono nel suo potere salvifico e di conseguenza lo<br />

servono f<strong>in</strong>ché non corrono grossi rischi. 213 Con la sua scelta coraggiosa e coerente<br />

Daniele ha dimostrato tutto il contrario!<br />

11 Allora quegli uom<strong>in</strong>i accorsero tumultuosamente, e trovarono Daniele<br />

che faceva richieste e supplicazioni al suo Dio.<br />

“... accorsero tumultuosamente” o “vennero accalcandosi” (Leupold). Daniele<br />

non si è lasciato <strong>in</strong>timidire dall’<strong>in</strong>iquo decreto. Per i suoi avversari non è stato<br />

difficile coglierlo <strong>in</strong> flagrante violazione di esso.<br />

12 Poi s’accostarono al re, e gli parlarono del divieto reale: “Non hai<br />

tu firmato un divieto, per il quale chiunque entro lo spazio di trenta<br />

giorni farà qualche richiesta a qualsivoglia dio o uomo tranne che<br />

a te, o re, deve essere gettato nella fossa de’ leoni?” Il re rispose e<br />

disse: “La cosa è stabilita, conformemente alla legge dei Medi e de’<br />

Persiani, che è irrevocabile”.<br />

Gli avversari di Daniele procedono con sottile scaltrezza per prevenire un tentativo<br />

<strong>in</strong> extremis del re di sottrarre alla pena capitale il loro odiato ‘concorrente’.<br />

Non denunciano subito l’accaduto di cui sono stati spettatori, ma <strong>in</strong>terpellano il<br />

sovrano sul decreto che ha promulgato, <strong>in</strong> modo da ottenere da lui una piena<br />

conferma del divieto che esso impone e della sanzione che prevede per i trasgressori.<br />

L’<strong>in</strong>trigo è stato tramato con cura per modo che Daniele non abbia<br />

scampo.<br />

Questi ignobili <strong>in</strong>dividui recitano davanti al re la parte di zelanti tutori della<br />

legge e dell’autorità del sovrano. E ancora una volta il re Dario li asseconda <strong>in</strong><br />

perfetta buona fede, stavolta col confermare solennemente il decreto e la sua irrevocabilità.<br />

Senza rendersene conto, Dario convalida una sentenza di morte a<br />

carico del più fidato e stimato dei suoi m<strong>in</strong>istri.<br />

212 - Cfr. S.D.A. Bible Commentary, ivi.<br />

213 - Osserva J.DOUKHAN: “... quando la preghiera è di moda, è tempo di pregare <strong>in</strong> segreto, ma<br />

quando è proscritta, pregare di nascosto significherebbe temere il re più di Dio” (op. cit., p. 128).<br />

145


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 146<br />

CAPITOLO 6<br />

13 Allora quelli ripresero a dire <strong>in</strong> presenza del re: “Daniele, che è<br />

fra quelli che sono stati menati <strong>in</strong> cattività da Giuda, non tiene <strong>in</strong> alcun<br />

conto né te, o re, né il divieto che tu hai firmato, ma prega il suo<br />

Dio tre volte al giorno”.<br />

Dopo che hanno fatto dichiarare al re la conferma <strong>in</strong>condizionata del decreto e<br />

della sanzione penale che esso prescrive, i malvagi funzionari denunciano la<br />

“violazione” commessa da Daniele. Le parole che usano trasudano disprezzo<br />

verso il loro rivale. In primo luogo usano il suo nome ebraico, come a volere<br />

sottol<strong>in</strong>eare la sua orig<strong>in</strong>e straniera.<br />

Poi, ignorandone volutamente la dignità di alto funzionario dello Stato, lo<br />

caratterizzano come uno dei deportati dalla Giudea, questo paese che già <strong>in</strong><br />

quel tempo era visto <strong>in</strong> una luce negativa (vedi Ed 4:12-15). Inf<strong>in</strong>e <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uano<br />

malignamente che questo straniero non ha avuto riguardo per la persona del re<br />

e ha sfidato sfrontatamente la sua autorità: “non tiene <strong>in</strong> alcun conto né te, o re,<br />

né il decreto che tu hai firmato...” È l’<strong>in</strong>terpretazione calcolatamente distorta di<br />

un atto che ha tutt’altro significato nell’<strong>in</strong>tenzione di chi lo ha compiuto. L’atto<br />

da cui muove l’imputazione gravissima (e calunniosa) di lesa maestà e ribellione<br />

è questo: “...prega il suo Dio tre volte al giorno”.<br />

Senza volerlo e senza saperlo questi loschi personaggi di fatto hanno onorato<br />

Daniele. I delatori non hanno bisogno di esibire delle prove: sono funzionari<br />

dello Stato e perciò testimoni attendibili; <strong>in</strong> ogni caso il delitto di cui accusano<br />

l’avversario potrà essere verificato <strong>in</strong> qualunque momento poiché è nota la<br />

fedeltà di Daniele alla legge del suo Dio (v. 5).<br />

14 Quand’ebbe udito questo, il re ne fu dolentissimo, e si mise <strong>in</strong><br />

cuore di liberar Daniele; e f<strong>in</strong>o al tramonto del sole fece di tutto per<br />

salvarlo. 15 Ma quegli uom<strong>in</strong>i vennero tumultuosamente al re, e gli<br />

dissero: “Sappi, o re, che è legge dei Medi e de’ Persiani che nessun<br />

divieto o decreto promulgato dal re possa essere mutato”.<br />

Troppo tardi Dario si è accorto di essere caduto <strong>in</strong> un tranello. A nessuno fa piacere<br />

di essere gabbato, tanto meno a un uomo potente. Grande deve dunque<br />

essere stato lo sdegno del re quando ha scoperto l’<strong>in</strong>ganno. Avrebbe potuto reagire<br />

con tutto il peso della sua autorità; non lo ha fatto. Forse perché avrebbe<br />

dovuto ammettere, non senza pregiudizio per la sua regale dignità, di avere<br />

agito con leggerezza nel promulgare il decreto, o, più semplicemente, perché<br />

non sarebbe servito a salvare Daniele.<br />

Ha qu<strong>in</strong>di dovuto fare buon viso a cattivo giuoco. Il dolore per la sorte crudele<br />

riservata al suo fedele m<strong>in</strong>istro è più forte dell’<strong>in</strong>dignazione verso i perfidi<br />

funzionari che quel decreto gli hanno estorto: “il re ne fu dolentissimo”.<br />

Non può comunque ignorare la loro denuncia, visto che lo si pone di<br />

fronte al fatto <strong>in</strong>oppugnabile che è stato violato un decreto da lui stesso promulgato<br />

e solennemente ratificato <strong>in</strong> presenza degli stessi delatori; né può ignorare<br />

che formalmente si tratta di un atto di ribellione che non può non essere punito<br />

146


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 147<br />

CAPIRE DANIELE<br />

con la massima pena, come il decreto stesso prescrive. Dario però ha deciso <strong>in</strong><br />

cuor suo di salvare Daniele, pur se non sa ancora come. Intanto prende tempo.<br />

R<strong>in</strong>via l’esecuzione della sentenza e per tutto il giorno cerca un modo di sottrarre<br />

Daniele dalle fauci dei leoni; chissà, forse fruga anche nelle pieghe della<br />

legge con la speranza di trovare un cavillo per poter salvare Daniele senza abolire<br />

il decreto. Ma è tutto <strong>in</strong>utile. Dario è fatalmente prigioniero di una sua leggerezza.<br />

Trascorsa la giornata e constatato che Daniele non è stato ancora giustiziato,<br />

i suoi nemici accorrono eccitati dal re per manifestare il loro dissenso. Temono<br />

forse che col favore delle tenebre, e magari con la complicità del sovrano,<br />

il loro avversario si renda irreperibile e scampi alla morte ? È possibile.<br />

Insistono che presso i Medi e i Persiani i decreti emanati dall’autorità sovrana<br />

non si possono <strong>in</strong> alcun modo revocare. È evidente la pretesa che la sentenza<br />

venga eseguita senza ulteriore <strong>in</strong>dugio.<br />

16 Allora il re diede l’ord<strong>in</strong>e, e Daniele fu menato e gettato nella fossa<br />

dei leoni. E il re parlò a Daniele, e gli disse: “L’Iddio tuo, che tu servi<br />

del cont<strong>in</strong>uo, sarà quegli che ti libererà”.<br />

Con la loro vivace rimostranza gli accusatori di Daniele hanno v<strong>in</strong>to la riluttanza<br />

del re. Dario non ha potuto sottrarsi alla sua responsabilità di supremo garante<br />

della legge. Per quanto se ne dolga, non ha altra scelta che fare arrestare Daniele<br />

e consegnarlo alle guardie preposte all’esecuzione delle sentenze capitali.<br />

Egli stesso si porta sul luogo del supplizio <strong>in</strong>sieme con i suoi dignitari per<br />

verificare, come vuole la prassi, l’applicazione della pena.<br />

Il serraglio delle belve è una cavità naturale o artificiale a cielo chiuso, che<br />

<strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e può essere stata utilizzata per raccogliere l’acqua piovana. Dire di più<br />

non è possibile giacché a tutt’oggi non è stata r<strong>in</strong>venuta nessuna caverna come<br />

quella a cui si accenna <strong>in</strong> questo racconto. Di certo la fossa aveva un’apertura<br />

sul cielo dalla quale si <strong>in</strong>troducevano le carni per sfamare le belve.<br />

Prima che Daniele sia dato <strong>in</strong> pasto alle fiere, il re Dario, s<strong>in</strong>ceramente addolorato<br />

per non avere potuto sottrarlo a quel supplizio crudele, e quasi scusandosene,<br />

lo r<strong>in</strong>cuora dicendogli che il suo Dio, l’Iddio al quale egli è rimasto fedele<br />

<strong>in</strong> ogni circostanza, sarà quegli che proteggerà la sua vita.<br />

Sarebbe eccessivo pensare che Dario si stia convertendo alla fede monoteistica<br />

di Daniele. Da buon pagano, egli crede nel potere sovrannaturale degli dèi<br />

ed è persuaso che l’Iddio dei Giudei non è da meno delle div<strong>in</strong>ità che egli venera.<br />

17 E fu portata una pietra, che fu messa sulla bocca della fossa; e il<br />

re la sigillò col suo anello e con l’anello dei suoi grandi, perché nulla<br />

fosse mutato riguardo a Daniele. 18 Allora il re se ne andò al suo palazzo,<br />

e passò la notte <strong>in</strong> digiuno; non si fece venire alcuna concub<strong>in</strong>a<br />

e il sonno fuggì da lui.<br />

Dopo avere calato Daniele nella fossa, gli addetti ne ricoprono l’apertura con<br />

147


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 148<br />

CAPITOLO 6<br />

una pesante lastra di pietra e contornano la lastra con dell’argilla fresca sulla<br />

quale il re e i suoi dignitari imprimono i loro sigilli allo scopo di impedire qualsiasi<br />

manomissione.<br />

Nell’antichità le persone importanti avevano sempre con sé il proprio sigillo.<br />

Il nome e il simbolo del proprietario erano <strong>in</strong>cisi su una pietra dura <strong>in</strong>castonata<br />

<strong>in</strong> un anello, o più comunemente su un cil<strong>in</strong>dretto d’osso o di pietra forato<br />

longitud<strong>in</strong>almente e attraversato da un cordonc<strong>in</strong>o annodato alle estremità<br />

<strong>in</strong> modo da potersi portare al collo. Difficile dire se il re Dario e i suoi dignitari<br />

<strong>in</strong> questa circostanza facessero uso dell’anello o del cil<strong>in</strong>dretto, giacché il term<strong>in</strong>e<br />

aramaico )fqºzi(‘izqa’ significa genericamente “sigillo”, come traducono correttamente<br />

varie versioni. Sta di fatto che il sigillo cil<strong>in</strong>drico si affermò e si diffuse<br />

<strong>in</strong> tutta l’area dell’Oriente antico 214.<br />

Ufficialmente i sigilli apposti su quella che doveva divenire la tomba di Daniele<br />

servivano a impedire che essa venisse manomessa per sottrarre alla morte<br />

il condannato. Ma se Dario, come pare certo, ha creduto davvero che Daniele<br />

non sarebbe morto, allora nella sua <strong>in</strong>tenzione il sigillamento del luogo del supplizio<br />

doveva mirare al duplice scopo di: a) rendere evidente il carattere miracoloso<br />

dell’evento, e b) impedire che i nemici facessero morire Daniele <strong>in</strong> altro<br />

modo.<br />

Mentre l’uomo di dio rimane tranquillo nell’antro freddo e buio <strong>in</strong> compagnia<br />

dei leoni che sembrano avere perso il fiuto, il potente re di Babilonia trascorre<br />

la notte <strong>in</strong>sonne ed agitato nel suo splendido palazzo. Lo tormenta il dubbio<br />

se Daniele scamperà davvero alle zanne dei leoni, e lo coglie <strong>in</strong>sieme l’angoscia<br />

per la perdita possibile di un amico e uomo di valore e il senso di colpa per<br />

esserne <strong>in</strong> qualche modo responsabile.<br />

Nella pianura mesopotamica il pasto pr<strong>in</strong>cipale si consumava la sera, giacché<br />

a mezzodì la gran calura del giorno affievoliva l’appetito. Ma quella sera il re<br />

Dario non tocca cibo perché il tormento dell’animo gli ha tolto l’appetito.<br />

La seconda parte del v. 18 è resa variamente dai traduttori:<br />

“non gli fu <strong>in</strong>trodotta alcuna donna...” (C.E.I., molto simile alla Luzzi);<br />

“senza farsi portar cibi...” (G.R<strong>in</strong>aldi);<br />

“non gli fu recato alcuno svago...” (H.C.Leupold);<br />

“né furono portati davanti a lui strumenti musicali...” (K<strong>in</strong>g’s James Vers.).<br />

Questa varietà di traduzioni dipende dall’<strong>in</strong>certezza riguardo al significato specifico<br />

del vocabolo aramaico }æwAxad dachawan, reso di volta <strong>in</strong> volta “concub<strong>in</strong>e”,<br />

“donne”, “danzatrici”, “cibi”, “svaghi”, “strumenti musicali”.<br />

È significativo che la versione greca dei LXX ometta del tutto il vocabolo. Il<br />

senso generico di dachawan sembra essere: “cose deliziose”. Il passo pare voler<br />

dire che i fatti del giorno hanno gettato il re <strong>in</strong> uno stato di tale costernazione<br />

che <strong>in</strong> lui è svanito ogni desiderio di godimento.<br />

214 - Vedi S.MOSCATI, L’alba della Civiltà, vol. III, pp. 265, 266.<br />

148


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 149<br />

CAPIRE DANIELE<br />

19 Poi il re si levò la matt<strong>in</strong>a di buon’ora, appena fu giorno, e si recò<br />

<strong>in</strong> fretta alla fossa dei leoni. 20 E come fu vic<strong>in</strong>o alla fossa, chiamò<br />

Daniele con voce dolorosa, e il re prese a dire a Daniele: “Daniele,<br />

servo dell’Iddio vivente! Il tuo Dio, che tu servi del cont<strong>in</strong>uo, t’ha egli<br />

potuto liberare dai leoni?”<br />

Alla f<strong>in</strong>e di una giornata carica di emozioni il re Dario si è disteso sul letto ma<br />

non ha chiuso occhio per tutta la notte. Ansioso di sapere quale sia la sorte del<br />

suo fido m<strong>in</strong>istro, non attende che sia giorno chiaro per accertarsene: alle prime<br />

luci dell’alba si alza e si affretta verso il luogo del supplizio combattuto fra la<br />

speranza che Daniele sia ancora <strong>in</strong> vita e la paura che le belve lo abbiano fatto a<br />

pezzi. “E come fu vic<strong>in</strong>o alla fossa, chiamò Daniele...”<br />

Nell’ansia di sciogliere il dubbio tormentoso Dario chiama Daniele prima<br />

ancora che sia giunto sopra la fossa nella quale è stato r<strong>in</strong>chiuso. Lo chiama<br />

“con voce dolorosa” (“con voce angosciata” secondo un’altra traduzione;<br />

nell’aramaico: byicA( lfq:B beqol ‘atzîv, “con voce afflitta, dolorosa”). La voce tradisce<br />

l’affanno e il rimorso che agitano l’animo del re.<br />

“Daniele, servo dell’Iddio vivente!” Sorprende l’attributo “vivente” riferito da<br />

un pagano al Dio dei Giudei. Così avevano talvolta designato l’Altissimo i profeti<br />

d’Israele (vedere Gr 10:10; Os 1:10), così lo avrebbero ancora designato i discepoli<br />

di Cristo (vedi Mt.16:16; At 14:15; Rm 9:26; Ap 7:2). “... l’Iddio vivente” sulla<br />

bocca di Dario tradisce forse un concetto più alto rispetto alla nozione che egli<br />

aveva delle div<strong>in</strong>ità pagane? Può darsi. In ogni caso è segno che il rapporto con<br />

Daniele non è stato <strong>in</strong><strong>in</strong>fluente.<br />

Purnondimeno Dario tentenna fra la speranza e il dubbio: “Il tuo Dio... t’ha<br />

egli potuto liberare dai leoni?” Sembra dubitare del miracolo nel quale il giorno<br />

avanti aveva professato di credere.<br />

21 Allora Daniele disse al re: “O re, possa tu vivere <strong>in</strong> perpetuo! 22 Il<br />

mio Dio ha mandato il suo angelo e ha chiuso la bocca dei leoni che<br />

non m’hanno fatto alcun male, perché io sono stato trovato <strong>in</strong>nocente<br />

nel suo cospetto; e anche davanti a te, o re, non ho fatto alcun male”.<br />

Probabilmente qualche feritoia per l’areazione consente una sia pur precaria comunicazione<br />

fra l’esterno e l’<strong>in</strong>terno della caverna e viceversa. Sta di fatto che<br />

Daniele può udire la voce del re e il re la sua. Con tono calmo e rispettoso<br />

l’uomo di Dio rivolge al sovrano il saluto augurale (“... possa tu vivere <strong>in</strong> perpetuo<br />

!”), come se si trovasse nella sala di udienze del palazzo e non <strong>in</strong> un antro<br />

buio e tra voraci fel<strong>in</strong>i. Si vede chiaramente che egli non nutre alcun rancore<br />

verso l’uomo potente che, seppure a mal<strong>in</strong>cuore, lo ha fatto relegare <strong>in</strong> quel<br />

luogo orribile.<br />

Al saluto deferente, il prigioniero fa seguire la spiegazione del perché egli<br />

sia rimasto <strong>in</strong> vita <strong>in</strong> una situazione <strong>in</strong> cui nessun uomo sarebbe potuto scampare<br />

alla morte. E la spiegazione è un prodigio sovrannaturale: il suo Dio ha<br />

mandato il suo angelo per tenere chiuse le fauci dei leoni. È stato lo stesso an-<br />

149


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 150<br />

CAPITOLO 6<br />

gelo che <strong>in</strong> un’altra circostanza (vedi 3:24, 25) ha neutralizzato l’ardore di una<br />

fornace ?... Certo è che ancora una volta l’Iddio del cielo ha spiegato la sua forza<br />

irresistibile per impedire che fosse stroncata la vita di un <strong>in</strong>nocente il cui “torto”<br />

era stato di avere anteposto il Creatore alla creatura.<br />

Il primo pensiero di Daniele è stato dunque di testimoniare la potenza e la<br />

benevolenza di Dio a suo riguardo. Soltanto dopo egli manifesta la sua serenità<br />

<strong>in</strong>teriore per sentirsi assolto da Lui: “Perché io sono stato trovato <strong>in</strong>nocente nel<br />

suo cospetto”. Come dire che non sarebbe certamente sopravvissuto se il Giudice<br />

supremo degli uom<strong>in</strong>i avesse riconosciuto giusta la pena severa che gli è<br />

stata <strong>in</strong>flitta. Per conseguenza egli è netto di qualsiasi colpa pure nei confronti<br />

del re: “Anche davanti a te, o re, non ho fatto alcun male”. È <strong>in</strong>sieme una pacata<br />

protesta d’<strong>in</strong>nocenza e un garbato rimprovero al sovrano che non ha saputo scagionarlo<br />

dall’imputazione <strong>in</strong>famante di non aver voluto tenere conto della sua<br />

persona e della sua autorità.<br />

Può sembrare privo di senso che Daniele si discolpi dopo che è stato condannato<br />

e non lo abbia fatto prima. Invece c’è una logica <strong>in</strong> questa postuma rivendicazione<br />

d’<strong>in</strong>nocenza. I nemici lo avevano accusato di ribellione contro il<br />

sovrano e la sua legge (v. 13), e tutto faceva credere che avessero ragione giacché<br />

<strong>in</strong> effetti Daniele aveva contravvenuto al decreto reale. L’accusa però era calunniosa<br />

perché si fondava su una <strong>in</strong>terpretazione distorta dei fatti, ma Daniele<br />

non aveva alcun modo di dimostrarlo. La sua protesta d’<strong>in</strong>nocenza sarebbe dunque<br />

stata vana; egli non aveva altra scelta che accettare di subire l’<strong>in</strong>iqua condanna<br />

e rimettere la sua sorte nelle mani di Dio (e non era poco!).<br />

Adesso la prova della sua <strong>in</strong>nocenza c’è ed è irrefutabile: è la sua sopravvivenza.<br />

In Babilonia come nel resto dell’Oriente antico nei casi di dubbia colpevolezza<br />

si faceva ricorso all’ordalia giudiziaria o giudizio degli dèi 215. L’accusato<br />

veniva gettato nelle acque di un fiume e la sua colpevolezza o <strong>in</strong>nocenza veniva<br />

stabilita secondo che il suo corpo sprofondasse o galleggiasse.<br />

Nel caso di Daniele c’è stato un normale giudizio del sovrano, non un’ordalia<br />

giudiziaria, comunque ha funzionato quello che si credeva essere il pr<strong>in</strong>cipio<br />

su cui si fondava questa pratica. L’essere Daniele scampato miracolosamente alla<br />

morte cui era stato legalmente condannato, non poteva non essere <strong>in</strong>terpretato<br />

come il giudizio favorevole della div<strong>in</strong>ità e dunque come una prova della sua <strong>in</strong>nocenza.<br />

23 Allora il re fu ricolmo di gioia, e ord<strong>in</strong>ò che Daniele fosse tratto<br />

fuori dalla fossa; e Daniele fu tratto fuori dalla fossa, e non si trovò<br />

su di lui lesione di sorta, perché s’era confidato nel suo Dio.<br />

La benevolenza di Dario verso Daniele e la s<strong>in</strong>cerità del suo dolore per non<br />

avere potuto evitare la sua condanna, si palesano nella sua <strong>in</strong>tensa reazione<br />

215 - Vedi F.PINTORE, L’alba della Civiltà, vol. I, pp. 490, 491; R.DE VAUX, Le Istituzioni dell’Antico<br />

Testamento, pp. 164, 165.<br />

150


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 151<br />

CAPIRE DANIELE<br />

emotiva all’udire la voce del prigioniero: “Fu ricolmo di gioia” (aramaico<br />

b"):+ )yiGa& saggî’ t’ev, letteralmente “fu sommamente felice”).<br />

Secondo il giudizio del re l’esigenza della legge dei Medi e dei Persiani è<br />

stata soddisfatta con l’aver gettato Daniele nella fossa dei leoni. Il non essere egli<br />

stato assalito dalle belve è un segno <strong>in</strong>equivocabile del giudizio di Dio favorevole<br />

al condannato, un giudizio cui nessuna autorità umana può opporsi.<br />

Se prima Dario ha dovuto esercitare con gran pena i suoi poteri regali per<br />

sentenziare la condanna capitale di Daniele, adesso se ne avvale con somma<br />

gioia per ord<strong>in</strong>arne l’immediata liberazione.<br />

I sigilli che dovevano rimanere <strong>in</strong>tatti a testimoniare l’avvenuta esecuzione<br />

del condannato, ora vengono <strong>in</strong>franti per ord<strong>in</strong>e di colui stesso che li aveva apposti<br />

aff<strong>in</strong>ché il condannato sia liberato.<br />

Ora veramente è stata fatta giustizia.<br />

Come al tempo del re Nabucodonosor non era stata riscontrata alcuna<br />

ustione sui corpi di Shadrac, Meshac e Abed-nego usciti vivi dalla fornace, così<br />

ora non si scorge la più piccola lesione sul corpo di Daniele tratto vivo dal serraglio<br />

delle belve. Il miracolo appare <strong>in</strong> tutta la sua irrefutabile realtà e concretezza.<br />

Daniele è stato protetto dall’aggressione dei fel<strong>in</strong>i perché è <strong>in</strong>nocente e perché<br />

si è “confidato nel suo Dio”. Molto tempo dopo, il miracolo che ha fatto rifulgere<br />

la potenza di Dio e la fede del suo servo devoto sarebbe stato riproposto<br />

alla riflessione dei cristiani (Eb 11:33), e più <strong>in</strong> là ancora avrebbe ispirato capolavori<br />

di arte figurativa.<br />

24 E per ord<strong>in</strong>e del re furon menati quegli uom<strong>in</strong>i che avevano accusato<br />

Daniele, e furon gettati nella fossa dei leoni, essi, i loro figliuoli<br />

e le loro mogli; e non erano ancora giunti <strong>in</strong> fondo alla fossa, che i<br />

leoni furono loro addosso, e fiaccaron loro tutte le ossa.<br />

L’oscuro disegno dei capi e dei satrapi quando costoro hanno denunciato Daniele<br />

si è svelato <strong>in</strong> tutta la sua nefandezza. Il re si è accorto che col falso pretesto<br />

di salvaguardare la sua autorità essi gli hanno estorto un decreto <strong>in</strong>iquo,<br />

giacché mirava soltanto a colpire senza motivo il più fidato e capace dei suoi m<strong>in</strong>istri.<br />

Il complotto contro un uomo <strong>in</strong>colpevole ha dunque un risvolto non<br />

meno grave: esso ha offeso la dignità del sovrano poiché lo ha co<strong>in</strong>volto a sua<br />

<strong>in</strong>saputa <strong>in</strong> un atto di suprema <strong>in</strong>giustizia. Allora però Dario non ha potuto reagire<br />

<strong>in</strong> conformità della legge, giacché nessuno sarebbe stato <strong>in</strong> grado di scagionare<br />

Daniele dall’imputazione di ribellione.<br />

Ma ora che il giudizio div<strong>in</strong>o ha messo <strong>in</strong> piena luce l’<strong>in</strong>nocenza dell’accusato<br />

(vedi commento al v. 22), nulla potrà impedire al re di agire col massimo rigore<br />

nei confronti dei cospiratori. Saranno loro a sperimentare l’<strong>in</strong>flessibile durezza<br />

della legge dei Medi e dei Persiani che avevano <strong>in</strong>vocata contro Daniele<br />

(vedi v. 15). Saranno loro, e i loro familiari purtroppo, a subire la pena atroce<br />

che avevano preparato per il loro avversario.<br />

Più o meno come sarebbe accaduto ad Haman, l’implacabile nemico di<br />

Mardocheo e dei Giudei (vedi Et 6:9, 10). È proprio vero che “chi scava una<br />

151


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 152<br />

CAPITOLO 6<br />

fossa vi cadrà, e la pietra torna addosso a chi la rotola” (Pr 26:27). È raccapricciante<br />

che siano co<strong>in</strong>volti mogli e figli nelle colpe dei mariti e padri e nelle sanzioni<br />

loro riservate. Ma tant’è: nell’antichità era molto vivo il sentimento di solidarietà<br />

e corresponsabilità familiare (vedi Gs 7:24, 25).<br />

Su questa pratica crudele presso i Persiani ci dà notizia anche Erodoto.<br />

Narra lo storico greco che essendosi un tale Intafrene reso reo di grave colpa<br />

verso il re Dario (da non confondersi col Dario del nostro racconto), il sovrano<br />

facesse arrestare lui, i suoi figli e altri parenti, e li mandasse a morte tutti tranne<br />

due, risparmiati grazie all’<strong>in</strong>tercessione appassionata di una donna che era madre<br />

dell’uno e sorella dell’altro (III, 118, 119).<br />

25 Allora il re Dario scrisse a tutti i popoli, a tutte le nazioni e l<strong>in</strong>gue<br />

che abitavano su tutta la terra: “La vostra pace abbondi!<br />

Per la seconda volta Dario promulga un decreto <strong>in</strong>dirizzato a tutti i sudditi del<br />

regno che sono espressamente dist<strong>in</strong>ti nei gruppi etnici, nazionali e l<strong>in</strong>guistici<br />

che lo compongono (vedi comm. a 4:1).<br />

La frase “su tutta la terra” aggiunge il concetto di universalità spaziale a<br />

quello di universalità sociale già enunciato con le espressioni “tutti i popoli” e<br />

“tutte le nazioni e l<strong>in</strong>gue”. L’aggettivo kol (“tutta”, “tutti”, “tutte”) ha una portata<br />

limitata all’ambito territoriale del regno, e il sostantivo “terra” è usato nell’accezione<br />

ristretta di “paese” (anche noi diciamo, per es., “la terra dei padri” volendo<br />

significare il paese dove siamo nati, la patria). Il senso dell’espressione<br />

aramaica )f(:ra)-lfk:B bekol-’ar‘a’ è dunque “<strong>in</strong> tutto il paese”, e non “<strong>in</strong> tutto il<br />

mondo”.<br />

L’editto di Dario si apre col saluto augurale di prammatica nei proclami reali<br />

dell’epoca (vedi 4:1 e relativo commento).<br />

26 Io decreto che <strong>in</strong> tutto il dom<strong>in</strong>io del mio regno si tema e si tremi<br />

nel cospetto dell’Iddio di Daniele; perch’egli è l’Iddio vivente, che<br />

sussiste <strong>in</strong> eterno; il suo regno non sarà mai distrutto, e il suo dom<strong>in</strong>io<br />

durerà s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e. 27 Egli libera e salva, e opera segni e prodigi<br />

<strong>in</strong> cielo e <strong>in</strong> terra; egli è quei che ha liberato Daniele dalle branche<br />

dei leoni”.<br />

La frase: “<strong>in</strong> tutto il dom<strong>in</strong>io del mio regno”, chiarisce e ridimensiona l’espressione:<br />

“su tutta la terra” nel v. 25, a conferma di quanto si è detto <strong>in</strong> proposito<br />

nel commento si quel versetto.<br />

Il nuovo editto di Dario si differenzia <strong>in</strong> modo sostanziale dal precedente,<br />

anzi si colloca agli antipodi: quello poneva <strong>in</strong> primo piano la persona del re, ne<br />

faceva oggetto esclusivo di religiosa riverenza; questo esalta l’Iddio del cielo e<br />

prescrive che Lui si tema e si riverisca. Non sarebbe stato di certo emanato questo<br />

secondo decreto reale se Daniele si fosse lasciato <strong>in</strong>timorire dal primo: ancora<br />

una volta si è visto come l’avere anteposto a rischio della vita l’imperativo<br />

della coscienza alle dispotiche esigenze del potere, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva abbia sortito<br />

152


Daniele/1-6 28-07-2004 9:52 Pag<strong>in</strong>a 153<br />

CAPIRE DANIELE<br />

l’esito di far proclamare a un’<strong>in</strong>tera nazione pagana la supremazia dell’Iddio Altissimo<br />

(cfr. con 3:28, 29). Infatti il nuovo decreto del re Dario, a somiglianza<br />

dell’editto di Nabucodonosor nell’episodio della fornace ardente (cfr. 3:29), ord<strong>in</strong>a<br />

che si tema e si riverisca <strong>in</strong> tutto il regno l’Iddio di Daniele, sebbene a differenza<br />

di quello sia formulato <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i affermativi e soprattutto non abbia un<br />

tono brutale.<br />

Per l’<strong>in</strong>tonazione lirica della seconda parte, l’editto Dario ricorda un altro<br />

proclama di Nabucodonosor, quello relativo al racconto del sogno dell’albero<br />

(cfr. 4:3). In questa parte del documento Dario riconosce nel Dio d’Israele “l’Iddio<br />

vivente” (vedi il commento del v. 20) e ne proclama l’eternità (“... sussiste <strong>in</strong><br />

eterno”), l’<strong>in</strong>tramontabile dom<strong>in</strong>io (“il suo regno non sarà mai distrutto”) e il<br />

gran potere taumaturgico (“Egli libera e salva, opera segni e prodigi”) che si è<br />

manifestato nella liberazione di Daniele (“ha liberato Daniele dalle bocche dei<br />

leoni”). Questo non significa tuttavia, come si è notato a proposito del v. 16, che<br />

il re Dario si sia convertito all’Iddio d’Israele. In un ambiente pagano il fatto che<br />

si riconoscano gli attributi straord<strong>in</strong>ari di una div<strong>in</strong>ità straniera non implica affatto<br />

il r<strong>in</strong>negamento degli dèi nazionali.<br />

28 E questo Daniele prosperò sotto il regno di Dario, e sotto il regno<br />

di Ciro, il Persiano.<br />

“Questo Daniele...” Nota C.F.KEIL 216 che il pronome “questo” accentua l’identità<br />

del personaggio: colui che prospera è lo stesso Daniele che i nemici volevano<br />

mandare <strong>in</strong> rov<strong>in</strong>a.<br />

Poiché un evento soprannaturale ne ha dimostrato l’<strong>in</strong>nocenza, Daniele è<br />

subito re<strong>in</strong>tegrato nelle funzioni pubbliche dalle quali era stato destituito a seguito<br />

della condanna. Così riassume <strong>in</strong> pieno l’<strong>in</strong>carico a cui il re lo aveva promosso<br />

e ne svolge con grande competenza e successo le mansioni (“prosperò”)<br />

s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e del regno di Dario, che peraltro non deve essere stato lungo, e ancora<br />

sotto il regno di Ciro.<br />

Se Dario il Medo si identifica con Ugbaru il conquistatore di Babilonia,<br />

com’è assai verosimile (vedi il commento del v. 1), il suo regno durò poco più<br />

di un anno. Poiché 1:21 c’<strong>in</strong>forma che l’attività pubblica di Daniele durò “f<strong>in</strong>o al<br />

primo anno del re Ciro” (il primo anno come re di Babilonia, vedi il commento<br />

del v. 1), bisogna supporre che egli svolgesse tale attività per almeno due anni<br />

ancora dopo l’episodio qui narrato. Il suo successo durante questo periodo è visto<br />

implicitamente come premio per la fedeltà al suo Dio.<br />

Da 6:28 sappiamo che il profeta ricevette l’ultima rivelazione nell’anno terzo<br />

di Ciro, ma non si dice <strong>in</strong> quel passo che egli fosse tuttora <strong>in</strong> carica come ufficiale<br />

pubblico del regno di Babilonia.<br />

Col racconto della liberazione miracolosa di Daniele e della sua re<strong>in</strong>tegrazione<br />

nelle mansioni di governo si chiude la sezione narrativa del libro ma non<br />

si <strong>in</strong>terrompe l’uso della l<strong>in</strong>gua aramaica.<br />

216 - Citato da H.C.LEUPOLD, op. cit., p. 274.<br />

153


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 153


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 154<br />

154<br />

Capitolo 7<br />

____________________________________________________<br />

Col capitolo sette com<strong>in</strong>cia la sezione profetica del libro di Daniele, la quale si<br />

estende f<strong>in</strong>o al capitolo dodici. La sezione precedente (capitoli 1-6) comprendeva<br />

una serie di sei racconti uno dei quali (il secondo, nel capitolo due) conteneva<br />

una rivelazione profetica.<br />

Nella serie dei racconti tre volte Daniele è stato <strong>in</strong>terprete di messaggi del<br />

cielo <strong>in</strong>viati a uom<strong>in</strong>i potenti (capitoli 2, 4 e 5). Nella seconda parte del libro egli<br />

stesso sarà il dest<strong>in</strong>atario delle rivelazioni div<strong>in</strong>e, mentre il ruolo di <strong>in</strong>terprete<br />

sarà svolto da un angelo217 (cfr. 7:1,16; 8:2.16,17; 9:21,22; 10:1,14).<br />

Nella visione del capitolo due abbiamo visto uno schizzo profetico della storia<br />

del mondo da un punto di vista politico (il sogno profetico era stato dato a<br />

Nabucodonosor) e per un periodo che va dall’<strong>in</strong>izio del regno di Babilonia, f<strong>in</strong>o<br />

alla f<strong>in</strong>e del mondo. Nel capitolo sette abbiamo una visione data direttamente a<br />

Daniele che è assolutamente parallela a quella del capitolo due, nel senso che ripercorre,<br />

tramite l’ausilio di simboli diversi (adattati alla persona che la riceve),<br />

la stessa storia, le stesse tappe, ma con l’aggiunta di altri dettagli di carattere religiosi.<br />

Infatti il quadro della visione del capitolo 7 è ricco di maggiori dettagli che<br />

ci permettono di meglio capire l’<strong>in</strong>terferenza di poteri umani politici e religiosi<br />

nella lotta contro il popolo di Dio. Nabucodonosor vede una statua fatta di metalli<br />

splendenti; ciò perché come re pagano egli è suscettibile all’<strong>in</strong>fluenza di cose<br />

facili atte a <strong>in</strong>fluenzare i sensi. Il re babilonese è abbagliato dal fasto delle ricchezze<br />

e vede le cose solo nella loro apparenza, il regno degli uom<strong>in</strong>i è un metallo<br />

brillante e il regno di Dio una pietra <strong>in</strong>significante. Daniele <strong>in</strong>vece ha una visione<br />

più complessa <strong>in</strong> cui entrano <strong>in</strong> gioco le passioni che muovono i popoli.<br />

Egli come figlio di Dio può penetrare la realtà <strong>in</strong>tima delle potenze del<br />

mondo senza Dio che non hanno nulla della dignità umana e che vengono per<br />

questo descritte per mezzo di simboliche bestie feroci. Daniele riceve questa visione<br />

quando il glorioso impero babilonese sta ormai avviandosi verso la f<strong>in</strong>e.<br />

217 - Appare spesso nella letteratura apocalittica una figura angelica (l’angelus <strong>in</strong>terpres) che<br />

spiega e <strong>in</strong>terpreta la profezia. L’angelus <strong>in</strong>terpres richiamandosi esplicitamente al discernimento<br />

sapienziale proveniente da Dio, ricorda alla comunità cristiana il compito di propagatrice delle verità<br />

div<strong>in</strong>e che le spetta. Infatti la figura angelica nell’apocalittica, quando è implicata a vari livelli e<br />

con diversi ruoli nel d<strong>in</strong>amismo della storia della salvezza, è un segno positivo. In questo caso<br />

l’angelo diventa un simbolo che esprime il rapporto fra la realtà umana e quella div<strong>in</strong>a. L’angelo<br />

diventa l’entità celeste che mette <strong>in</strong> un rapporto particolare e diretto col trascendente.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 155<br />

CAPIRE DANIELE<br />

1 Nel primo anno di Belsatsar, re di Babilonia, Daniele fece un sogno,<br />

mentre era a letto, ed ebbe delle visioni nella sua mente. Poi<br />

scrisse il sogno, e narrò la sostanza delle cose.<br />

La visione è datata all’anno primo di Belsatsar 218 “re di Babilonia” 219 (re di<br />

fatto 220; di diritto lo era suo padre Nabonide) 221. Il primo anno della co-reggenza<br />

di Belzasar corrisponde al 549 a.C.<br />

Daniele <strong>in</strong>troduce la sua relazione parlando di sé <strong>in</strong> terza persona (vv. .1 e<br />

2a), poi passa alla prima persona (“io guardavo”) e prosegue così f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e<br />

del capitolo. Il cambiamento di persona è un fenomeno letterario non <strong>in</strong>frequente<br />

negli scritti dei profeti (cfr. Is 2:1; 6:1; 8:1,2; Gr 11:1; 13:1; 17:19; 18:17;<br />

Ez 1:3,4; Os 1:1; 3:1; Am 1:1; 7:1; Za 1:7; 2:1 ecc...).<br />

218 - raCa$):l"b Belshatsar era probabilmente il figlio di Nitocri, figlia di Nabucodonosor (Vedi R.P.<br />

DOUGHERTY, Nabonidus and Belshazzar, 1926).<br />

219 - Una tavoletta con un’iscrizione cuneiforme che risale all’anno di accessione di Neriglissar<br />

sul trono babilonese, menziona un certo “Belshazzar, il pr<strong>in</strong>cipale funzionario del re”, <strong>in</strong> relazione<br />

a un’operazione f<strong>in</strong>anziaria. Nel 1924 è stata pubblicata la decifrazione del testo cuneiforme<br />

detto Storia <strong>in</strong> versi di Nabonide, grazie al quale sono state portate alla luce preziose<br />

<strong>in</strong>formazioni che avvalorarono senz’altro la posizione regale che Baldassar aveva a Babilonia e<br />

spiegano <strong>in</strong> che modo divenne corregente di Nabonide. A proposito della conquista di Tema da<br />

parte di Nabonide nel terzo anno del suo regno, parte del testo dice: “Egli affidò l’accampamento<br />

al [figlio] maggiore, il primogenito [Baldassar] le truppe ovunque nel paese sottopose al<br />

suo [comando]. Lasciò andare [ogni cosa], a lui affidò il regno e, lui stesso [Nabonide] partì per<br />

un lungo viaggio, e le forze [militari] di Akkad marciarono con lui; egli si volse verso Tema, [molto<br />

più ad ovest]” (J. B. PRITCHARD, Ancient Near Eastern Texts, 1974, p. 313). Nella Cronaca di Babilonia,<br />

a proposito del settimo, nono, dicimo e undicesimo anno del regno di Nabonide, viene ripetuta<br />

questa dichiarazione: “Il re [era] a Tema [mentre] il pr<strong>in</strong>cipe, gli ufficiali e il suo esercito<br />

[erano] <strong>in</strong> Akkad [Babilonia]” (A.K. GRAYSON, Assyrian and Babylonian Chronicles, 1975, p. 108).<br />

Un altro documento, una delle stele di Harran (NABON H1, B) il cui testo è stato pubblicato da<br />

J.C. GADD <strong>in</strong> Anatolian Studies, “The Harran Inscriptions of Nabonidus”, vol VIII, 1958, ci <strong>in</strong>forma<br />

che Nabonide trascorse nell’Arabia, a Tema, 10 anni dei suoi 17 anni di regno. Qu<strong>in</strong>di Baldassar<br />

esercitò senz’altro l’autorità regale dal terzo anno di Nabonide (549 a.C.) <strong>in</strong> poi, e questo avvenimento<br />

corrisponde al riferimento “primo anno di Baldassar” (Dan 7:1).<br />

220 - Nel 1979 venne riportata alla luce una statua a grandezza naturale di un governatore<br />

dell’antica Gozan. Sul lembo della veste c’erano due iscrizioni, una <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua assira, l’altra <strong>in</strong><br />

aramaico: la l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong> cui Daniele scrisse di Baldassar. Le due iscrizioni quasi identiche differivano<br />

<strong>in</strong> un punto significativo. Il testo nella l<strong>in</strong>gua imperiale assira dice che si tratta della statua<br />

del “governatore di Gozar”. Il testo <strong>in</strong> aramaico, la l<strong>in</strong>gua della popolazione locale, lo def<strong>in</strong>isce<br />

“re”. “Alla luce delle fonti babilonesi e delle nuove iscrizioni su questa statua, poteva essere<br />

del tutto appropriato per un documento non ufficiale come il Libro di Daniele chiamare Baldassar<br />

re. Agiva <strong>in</strong> qualità di re, <strong>in</strong> rappresentanza del padre, per quanto non fosse legalmente<br />

re. Infatti le iscrizioni ufficiali Baldassar ha il titolo di “pr<strong>in</strong>cipe ereditario”, mentre <strong>in</strong> Daniele ha<br />

il titolo di re. (ALAN MILLARD, Biblical Archaeology Review, maggio-giugno 1985, p. 77).<br />

221 - Vedi Introduzione, IV.<br />

155


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 156<br />

CAPITOLO 7<br />

“Daniele... fece un sogno ed ebbe delle visioni”: le immag<strong>in</strong>i viste durante il<br />

sonno notturno erano una rivelazione div<strong>in</strong>a (y¢wºzex chezwê, “visione”), pur avendo<br />

l’apparenza di un sogno comune ({el"x chelem).<br />

“...narrò la sostanza delle cose”. L’aramaico $)"r re’sh, letteralmente “capo”,<br />

“pr<strong>in</strong>cipio”, qui è usato nell’accezione secondaria di “somma”, “<strong>in</strong>sieme di cose”<br />

(Gesenius) 222. Daniele vuole dire che ha esposto la visione nelle sue l<strong>in</strong>ee essenziali<br />

tralasciando i particolari non <strong>in</strong>dispensabili per la sua comprensione.<br />

156<br />

2 Daniele disse: Io guardavo, nella mia visione notturna, ed ecco scatenarsi<br />

sul mar grande i quattro venti del cielo.<br />

“Io guardavo nella visione [yéwºzex:B ty¢wAh h¢zfx]”: la forma imperfetta del verbo aramaico<br />

h¢zfx “vedere” esprime un’azione cont<strong>in</strong>uata. L’attenzione del veggente è<br />

concentrata senza <strong>in</strong>terruzione sulle immag<strong>in</strong>i che scorrono nella sua mente.<br />

Daniele vede il mare agitarsi sotto l’impeto dei venti che soffiano simultaneamente<br />

dai quattro punti card<strong>in</strong>ali. Nella realtà non succede mai che il vento<br />

soffi nel medesimo tempo da direzioni diverse, ma non dobbiamo dimenticare<br />

che qui si tratta di una rivelazione profetica dove tutto ha valore simbolico.<br />

Il “mar grande” (aramaico )fBar )fMáy yâmma’ rabba’) nel l<strong>in</strong>guaggio ord<strong>in</strong>ario<br />

degli ebrei antichi era il Mediterraneo, mare che per molto tempo e quasi<br />

f<strong>in</strong>o al nostro periodo storico fu il centro geografico attorno al quale hanno gravitato<br />

i grandi imperi e sulle rive del quale le monarchie universali descritte da<br />

Daniele si sono sedute 223. Ma nella visione apocalittica il “mar grande” riveste<br />

sostanzialmente valore simbolico e non geografico. Al “mare” della figurazione<br />

del v. 3 corrisponde nella spiegazione del v. 17 la “terra”. La terra non come entità<br />

geografica ma come mondo abitato, consorzio umano (cfr. Ap 17:15).<br />

Nella tradizione profetica ebraica e cristiana le “molte acque” sono simbolo<br />

di moltitud<strong>in</strong>i (cfr. Ap 17:1,15). Geremia paragona al muggito del mare il clamore<br />

dell’esercito babilonese che marcia contro Gerusalemme (Gr 6:23); Ezechiele<br />

descrive con la figura del mare agitato il dilagare degli eserciti stranieri<br />

che devasteranno Tiro (Ez 26:3,19; vedi anche Is 8:7,8; Gr 46: 7,8; 47:2).<br />

Qu<strong>in</strong>di il mare o le acque agitate nel l<strong>in</strong>guaggio apocalittico sono il simbolo<br />

naturale della massa umana, specialmente dell’umanità pagana, nel seno della<br />

quale si formano i diversi imperi 224.<br />

L’agitazione <strong>in</strong>cessante del mare corrisponde allo stato di perenne irrequie-<br />

222 - Gesenius’ Hebrew-Chaldee Lexicon to the Old Testament. p. 751.<br />

223 - A. PELLEGRINI, Il popolo di Dio e l’anticristo attraverso i secoli, M<strong>in</strong>igraf, 1980, p. 167<br />

224 - A. CRAMPON, Daniel, t. V, p. 685.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 157<br />

CAPIRE DANIELE<br />

tezza delle nazioni. Il fatto che le ‘quattro bestie’ sembrano sorgere dal mare <strong>in</strong>dica<br />

chiaramente che dallo stato agitato del mondo hanno orig<strong>in</strong>e le potenze<br />

mondiali che compaiono l’una dopo l’altra sullo scenario del storia umana” 225.<br />

L’espressione aramaica ()æYam:$ y"xUr (aB:ra)) “i quattro venti del cielo” nel l<strong>in</strong>guaggio<br />

biblico denota <strong>in</strong> generale le quattro direzioni dello spazio (anche universalità<br />

spaziale: cfr. Ez 37:9; Dn 8:8; 11:4; Za 6:5; Ap 7:1). Qui però si vuole alludere<br />

al vento come fenomeno fisico. Nei profeti il vento con senso metaforico<br />

<strong>in</strong>dica la guerra: Geremia descrive come un vento impetuoso l’immi-nente <strong>in</strong>vasione<br />

caldea (Gr 4:13; vedi anche Ez 13:12,13; 24:32,33).<br />

Nella visione danielica i “quattro venti del cielo” che si scatenano sul mar<br />

grande evocano non un s<strong>in</strong>golo evento bellico, ma il flagello della guerra <strong>in</strong> generale<br />

che co<strong>in</strong>volge popoli e nazioni e sconvolge l’assetto politico del mondo<br />

cancellando nazioni potenti e facendone sorgere di nuove 226.<br />

3 Quattro grandi bestie salirono dal mare, una diversa dall’altra.<br />

F<strong>in</strong> dall’antichità si è riconosciuto che il “sogno” del cap. 2 e la “visione” del cap.<br />

7 sono rivelazioni parallele.<br />

Le quattro grandi bestie del cap. 7 sono il corrispettivo dei quattro metalli<br />

della statua. Colpisce il contrasto fra le due figurazioni parallele: un simulacro<br />

umano di grande splendore nell’una, una serie di bestie selvagge nell’altra. Si<br />

consideri che la prima rivelazione fu data a un monarca pagano, la seconda a un<br />

profeta dell’Altissimo. La statua di metalli pregiati rispecchia la concezione<br />

umana del potere (la concezione di Nabucodonosor); le bestie selvagge evocano<br />

il punto di vista di Dio: il potere raggiunto e mantenuto con l’uso della forza<br />

bruta, con l’<strong>in</strong>ganno, con la sopraffazione è paragonabile al dom<strong>in</strong>io delle belve<br />

nella foresta. Una belva come figura è quanto di più att<strong>in</strong>ente per mettere a<br />

nudo l’anima vera del potere terreno.<br />

225 - H.C. LEUPOLD, Exposition of Daniel, pp. 284, 285.<br />

226 - I quattro venti del cielo che si precipitano sul gran mare, raffigurano le rivoluzioni politiche<br />

che sollevano i popoli come le onde del mare (A. PELLEGRINI, op. cit., 167).<br />

157


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 158<br />

CAPITOLO 7<br />

Le bestie della visione danielica 227 differiscono l’una dall’altra 228 come differivano<br />

tra loro i metalli della grande statua: riflesso fedele della diversificazione<br />

geografica, etnica, politica, culturale dei regni che quelle belve e quei metalli raffiguravano.<br />

158<br />

4 La prima era simile a un leone, ed avea delle ali d’aquila. Io guardai,<br />

f<strong>in</strong>ché non le furono strappate le ali; e fu sollevata da terra, fu<br />

fatta stare <strong>in</strong> piedi come un uomo, e le fu dato un cuor d’uomo.<br />

In natura queste bestie non esistono. Di loro viene detto che sono simili, ma non<br />

uguali. Sono degli animali particolari perché rispetto agli animali del nostro mondo<br />

che uccidono per mangiare, essi uccidono per uccidere, non mangiano per vivere,<br />

ma vivono per mangiare. Essi raffigurano il potere umano separato da Dio.<br />

“La prima era come un leone” (aramaico h¢y :ra):k ke’aryeh), cioè somigliante a<br />

un leone. Il parallelismo tra i capitoli 2 e 7 consente, anzi obbliga a identificare<br />

Babilonia nel grande leone alato. A un leone che balza sulla preda Geremia pa-<br />

227 - Le bestie rappresentano dei re e una successione di re o, <strong>in</strong> altri term<strong>in</strong>i delle dom<strong>in</strong>azioni,<br />

dei regimi, dei regni o degli imperi idolatri, opposti o <strong>in</strong>differenti al regno di Dio. Questi imperi<br />

sono rappresentati sotto l’immag<strong>in</strong>e di bestie, per far notare che le passioni ne sono il<br />

pr<strong>in</strong>cipale movente. È da rivelare che queste bestie <strong>in</strong>dicano le sovranità o monarchie universali.<br />

Daniele le considera tanto nel loro capo quanto nell’<strong>in</strong>sieme dei loro successori. In tal<br />

modo, le quattro bestie rappresentano quattro re e la serie dei re, che cont<strong>in</strong>uano la loro dom<strong>in</strong>azione<br />

o il loro regno. Chiaramente nel testo di Dn 7:17, le bestie <strong>in</strong>dicano dei re. L’<strong>in</strong>terprete<br />

della visione dice a Daniele: “Queste quattro grandi bestie sono quattro re [malk<strong>in</strong>]”. Ma le traduzioni<br />

antiche o moderne hanno tradotto per “quattro regni”. Esse hanno compreso, <strong>in</strong> effetti,<br />

che si tratta qui, non solamente di un <strong>in</strong>dividuo, ma della serie dei re che si riallacciano a lui. È<br />

così che l’angelo ci fa comprendere che, con la parola “re”, <strong>in</strong>tende il seguito dei successori di<br />

questi regni: “La quarta bestia è un quarto regno” (Dn 7:23). Le bestie rappresentano dunque,<br />

non solamente il primo re <strong>in</strong>dicato dalla visione, ma anche successivamente dagli altri re. Ogni<br />

regno è così rappresentato come una unica bestia, sebbene comprenda più persone diverse,<br />

poiché tutte queste persone sono considerate come membri di uno stesso corpo, che concorrono<br />

a una specie di unità, mossi da uno stesso spirito, per uno stesso regime nazionale (J. FA-<br />

BRE D’ENVIEU, Le livre du prophète Daniel, Paris 1880, t. II, p. 565). “In queste profezie, il re rappresenta<br />

il regno, e il regno è concentrato nel re” (PUSEY, Lectures on Daniel, p. 78).<br />

228 - La differenza di queste bestie non consiste nel grado di potere che è loro accordato, - poiché<br />

tutte simboleggiono delle monarchie universali, - bensì nel carattere della loro potenza.<br />

Come ogni bestia ha la sua organizzazione e le sue caratteristiche proprie, così ognuno di questi<br />

imperi ha uno spirito e un modo di agire particolare (Bible Annotée, Ancien Testament, Les<br />

prophètes, t. II, Daniel, p. 285).<br />

Ognuna di questi imperi universali ha i suoi tratti dist<strong>in</strong>tivi: c’è la regale Babilonia e la Persia voluttuosa.<br />

la Grecia colta e Roma imperiale e vittoriosa (H.C. LEUPOLD, op. cit., p. 286).


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 159<br />

CAPIRE DANIELE<br />

ragona i Caldei che stanno per aggredire il regno di Giuda (Gr 4:7). La figura del<br />

leone apparteneva all’iconografia ufficiale babilonese. Il leone, <strong>in</strong>sieme col toro<br />

e il drago, era riprodotto a sbalzo 575 volte sui mattoni smaltati che ricoprivano<br />

le strutture murarie della splendida porta di Ishtar <strong>in</strong> Babilonia 229.<br />

Il leone della visione danielica aveva due ali d’aquila sul dorso. Il re della<br />

foresta e la reg<strong>in</strong>a delle vette <strong>in</strong>violate riuniti <strong>in</strong> un unico simbolo rappresentano<br />

la regalità di Babilonia con la stessa efficacia dell’oro 230, il re dei metalli, nella visione<br />

parallela del cap. 2. Le ali evocano anche la rapidità con cui Nabucodonosor<br />

avrebbe esteso l’egemonia di Babilonia verso ovest e verso sud 231.<br />

La perdita delle ali e l’umanizzazione del leone 232 (la belva si rizza sulle<br />

zampe posteriori o meglio fu sollevata da terra e fu fatta stare <strong>in</strong> piede come un<br />

uomo, e riceve un cuore umano) possono simbolizzano la decadenza dell’impero<br />

babilonese dopo la morte di Nabucodonosor 233. Anche se al tempo <strong>in</strong> cui<br />

Daniele scrive, la monarchia babilonese era già apparsa ed era giunta alla sua<br />

f<strong>in</strong>e; lo scrittore sacro si esprime ugualmente al futuro a causa delle altre tre, che<br />

appariranno <strong>in</strong> avvenire (vedi Dn 7:3) 234.<br />

229 - Cfr. C.J. DU RY, L’arte nell’Antico Oriente, Firenze 1965, p. 113<br />

230 - Il leone è il più nobile degli animali selvatici e l’aquila il più nobile degli uccelli: queste caratteristiche<br />

ricordano l’immag<strong>in</strong>e della testa d’oro, il più nobile dei metalli, immag<strong>in</strong>e applicata<br />

espressamente a Nanucodonosor (A. CRAMPON, op. cit., p. 686).<br />

231 - Simile all’aquila che trasporta lontano la sua preda, Babilonia planava sulle popolazioni.<br />

S’abbatteva come dall’alto delle nuvole sulle loro città più forti, e quando le aveva prese era<br />

contemporaneamente un’aquila e un leone sulla sua preda. L’esercito babilonese portava via<br />

dalle città conquistate tutto ciò che era possibile trasportare quello che non poteva essere trasferito<br />

nelle città babilonesi veniva distrutto.<br />

232 - Queste ali d’aquila che vengono strappate, <strong>in</strong>dicano un atto violento, col quale si suole<br />

designare il periodo <strong>in</strong> cui Nabucodonosor cessò le sue conquiste per darsi alle arti e alla<br />

pace, dando al suo regno un carattere più umano. Il cuore d’uomo raffigura il cambiamento religioso<br />

che si operò <strong>in</strong> lui negli ultimi anni del suo regno nel riconoscere la sovranità del Dio<br />

d’Israele (Dn 4:16, 34; 3:28-29).<br />

233 - Le ali che vengono strappate e l’offerta del cuore simile a quello di un uomo possono riferirsi<br />

anche agli ultimi anni dell’impero babilonese, <strong>in</strong>debolito e cadente sotto i colpi dei Medo-<br />

Persiani; non è più un leone vigoroso, né un aquila rapida che tocca appena terra, ma l’uomo<br />

debole e mortale, <strong>in</strong>capace di difendersi contro la seconda bestia (A. CRAMPON, op. cit., p. 686).<br />

Già da quando Nabucodonosor fu tolto dalla scena, prima con la sua malattia mentale e poi<br />

con la morte che lo seguì da vic<strong>in</strong>o, i suoi eserciti cessarono di volare come aquile; essi subbirono<br />

sconfitte una dopo l’altra e le sue conquiste gli vennero rapite una dopo l’altra (LOUIS GAUS-<br />

SEN, Daniel le Prophète, t. II, Paris 1848, p. 30-31).<br />

234 - Vedi A. CRAMPON, op. cit., p. 689.<br />

159


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 160<br />

CAPITOLO 7<br />

160<br />

5 Poi vidi una seconda bestia, simile ad un orso; essa stava eretta<br />

sopra un fianco, teneva tre costole <strong>in</strong> bocca fra i denti e le fu detto:<br />

“Alzati, mangia molta carne!”<br />

La locuzione aramaica wa’arû chêwah ‘acharî t<strong>in</strong>yanah [hænæyºnit yirFxf) hæwy"x UrA)áw] è<br />

resa correttamente da un buon numero di versioni: “Ed ecco un’altra bestia, una<br />

seconda”. L’espressione sottol<strong>in</strong>ea la differenza della seconda bestia rispetto alla<br />

prima. Il secondo regno dovrà differire tanto dal primo quanto l’orso differisce<br />

dal leone. Le formule di transizione usate tra una bestia e l’altra chiariscono che<br />

queste sono consecutive e non contemporanee.<br />

Alcuni espositori moderni vedono nell’orso con le tre costole <strong>in</strong> bocca, un<br />

simbolo del regno di Media. L’esegesi conservatrice vi ha ravvisato unanimemente<br />

l’Impero medo-persiano 235. Questa identificazione è corretta storicamente<br />

ed esegeticamente perché:<br />

(1) furono i Medo-Persiani ad abbattere l’impero neo-babilonese e a<br />

prenderne il posto 236;<br />

(2) il contrasto fra le due figure animalesche esprime bene la differenza<br />

tra i Medo-Persiani e i Babilonesi.<br />

La figura massiccia, l’aspetto rude e selvaggio, la voracità <strong>in</strong>saziabile dell’orso<br />

sono caratteristiche che si adattano bene a raffigurare la rude cultura iranica 237,<br />

la mole elefantiaca dell’Impero medo-persiano, le guerre cont<strong>in</strong>ue di Ciro II,<br />

Cambise II, Dario I e Serse I per accrescere la grandezza dell’impero e dei loro<br />

successori per mantenerla.<br />

235 - L’orso animale tozzo, lento nei movimenti e di grande ferocia rappresenta bene l’Impero<br />

Medo-Persiano che corrisponde, nella statua, al petto e alle braccia d’argento (A PELLEGRRINI,<br />

op. cit., p. 169).<br />

236 - Gli imperi universali vengono presi <strong>in</strong> considerazione solo a partire dal momento <strong>in</strong> cui<br />

conquistano il precedente. Per questo datiamo la Medo-Persia dal 539/38 (presa di Babilonia)<br />

al 331 a.C. (anno <strong>in</strong> cui fu annessa all’impero di Alessadro Magno): 207 anni <strong>in</strong> tutto.<br />

237 - Gli storici dicono che i Persiani furono i più barbari di tutti i popoli conquistatori. Nulla caratterizza<br />

meglio la nazione persiana delle sue leggi crim<strong>in</strong>ali. Esse si dist<strong>in</strong>guevano per la crudeltà<br />

delle pene: i colpevoli erano scorticati e seppelliti vivi. C’era più crudeltà ancora nelle mutilazioni<br />

che i Persiani si compiacevano d’<strong>in</strong>fliggere. Il persiano Ciro che, secondo la testimonianza<br />

di Senofonte, aveva tutte le virtù di un grande re, esercitava la giustizia con tale zelo<br />

che - narra sempre lo storico greco - le grandi strade erano affollate d’uom<strong>in</strong>i mutilati nei piedi,<br />

nelle mani, agli occhi. Dopo la presa di Babilonia, Dario fece mettere <strong>in</strong> croce tremila abitanti<br />

tra i più dist<strong>in</strong>ti della città. Serse sorpassò Dario <strong>in</strong> crudeltà. Seneca riporta che un re persiano<br />

fece tagliare il naso a tutto un popolo (E. LAURENT, Histoire du Droit des gens, t. I, p. 176).


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 161<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Per contro il portamento nobile e maestoso del leone, la sua snellezza e<br />

agilità, la sua dieta regolare evocano realisticamente la maestosità di Babilonia,<br />

lo splendore della sua cultura, la snella configurazione territoriale dell’Impero<br />

caldeo, la relativamente breve stagione guerresca di Nabucodonosor II nel corso<br />

della quale praticamente si formò e si consolidò l’Impero neo-babilonese.<br />

L’orso si “rizzava sopra un lato” o “aveva un lato più alto”. Questa immag<strong>in</strong>e<br />

<strong>in</strong>dica sicuramente la componente etnica persiana che aveva un ruolo preponderante<br />

rispetto a quella meda. Infatti, come vedremo al capitolo otto di Daniele,<br />

lo stesso impero viene raffigurato da un montone avente un corno più alto<br />

dell’altro: l’analogia è evidente 238.<br />

L’esegesi storica di Daniele ha generalmente ravvisato, nelle tre costole che<br />

l’orso str<strong>in</strong>ge fra i denti, le tre maggiori conquiste dei primi regnanti achemenidi:<br />

il regno di Lidia annesso da Ciro II nel 457 a.C., l’Impero di Babilonia conquistato<br />

ancora da Ciro II nel 539 a.C. e il regno d’Egitto occupato da suo figlio<br />

Cambise II nel 525 a.C. 239<br />

L’ord<strong>in</strong>e “alzati”, non deve far concludere che l’animale fosse accovacciato,<br />

poiché usciva proprio <strong>in</strong> quel momento dal mare. Questa apostrofe ha il senso<br />

di “Andiamo! Avanti!” (vedi Gd 8:20).<br />

Mangia molta carne! è l’emblema dell’avidità, tipica dell’orso, con la quale<br />

questo secondo impero si impossesserà delle ricchezze dei popoli conquistati.<br />

L’ord<strong>in</strong>e significa: “Compi il tuo ruolo nella storia! Nessun ostacolo ti arresta!” 240.<br />

Mentre i Caldei trasportavano lontano i popoli v<strong>in</strong>ti, i Medo-Persiani senza toglierli<br />

dalle loro terre, li calpestavano sotto i piedi, dimostrando grande crudeltà<br />

nella loro guerra.<br />

Per un certo numero di esegeti moderni l’Orso rappresenta la potenza<br />

meda e la terza bestia (il leopardo alato) quella persiana. Questa spiegazione<br />

urta contro la realtà storica e del testo biblico 241 .<br />

238 - Uno, il lato medo, resta a riposo; l’altro, il lato persiano, si alza e diventa più alto del<br />

primo (A. CRAMPON, op. cit., p. 686).<br />

239 - Le tre costole <strong>in</strong> bocca rappresentano le conquiste della parte occidentale, della parte<br />

settentrionale e della parte meridionale (Bible Annotée, op. cit., t. II, p. 286).<br />

240 - Idem.<br />

241 - Inoltre, non si capisce <strong>in</strong> quali particolari l’orso corrisponderebbe alle caratteristiche del<br />

popolo medo: perchè esso dovrebbe avere un lato più alto dell’altro, perchè le tre costole <strong>in</strong><br />

bocca, dal momento che le conquiste sopra elencate furono compiute <strong>in</strong>sieme ai Persiani. Di<br />

conseguenza, <strong>in</strong> che modo il leopardo a quattro teste e quattro ali rappresenterebbe i Persiani,<br />

mentre sembra così bene adattarsi all’impero Greco-Macedone (anche <strong>in</strong> analogia con il capitolo<br />

8 di Daniele). E dove andrebbero a f<strong>in</strong>ire i Romani, dal momento che il mostro seguente<br />

dovrebbe rappresentare i Greci?!...<br />

161


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 162<br />

CAPITOLO 7<br />

La storia biblica non conosce che un impero medo-persiano unico. I Medi<br />

più civilizzati giocarono un ruolo di primo piano f<strong>in</strong>ché, più tardi, i Persiani non<br />

ebbero un ruolo di prem<strong>in</strong>enza e furono descritti come predom<strong>in</strong>anti. Il Libro di<br />

Daniele <strong>in</strong>siste a varie riprese nel presentare questo impero come unico. Al re<br />

Baldassar Daniele annuncia che il regno di Babilonia viene dato ai “Medi e ai<br />

Persiani” (Dn 5:28), l’angelo dice al profeta: “il montone che hai veduto, rappresenta<br />

il re di Madia e di Persia” (Dn 8:20). Dario il medo promulga un decreto<br />

conformemente alla “legge dei Medi e dei Persiani” (Dn 6:8, 12, 15).<br />

Ai tempi della reg<strong>in</strong>a Ester, sebbene la d<strong>in</strong>astia fosse ormai persiana, si<br />

parla ancora delle “cronache dei re di Media e di Persia” (Et. 10:2) mantenendo<br />

l’antico titolo che poneva i Medi al primo posto secondo l’ord<strong>in</strong>e storico.<br />

Nelle varie iscrizioni di Dario Istarpe i Persiani e i Medi vi sono menzionati<br />

come due popoli uniti <strong>in</strong> un solo popolo: “L’armata dei Persiani e dei Medi che<br />

erano con me”, “io <strong>in</strong>viai una armata di Persiani e di Medi”, “nessun uomo, né<br />

Persiano né Medo, l’avrebbe spodestato 242.<br />

162<br />

6 Dopo questo, io guardavo, ed eccone un’altra simile ad un leopardo,<br />

che aveva addosso quattro ali d’uccello; questa bestia aveva<br />

quattro teste, e le fu dato il dom<strong>in</strong>io.<br />

Il contrasto tra il leopardo e l’orso è ancora più forte che tra l’orso e il leone.<br />

La velocità e l’agilità del leopardo suggeriscono che il terzo impero universale<br />

243 doveva crescere più rapidamente del secondo 244.<br />

Le quattro ali sul dorso dell’animale (il doppio rispetto al leone) accentuano<br />

questa impressione. Ci vollero 35 anni di guerre e l’impegno militare di tre regnanti<br />

(Ciro II, Cambise II e Dario I) perché l’Impero Medo-Persiano giungesse<br />

alla sua massima estensione territoriale.<br />

Ai Macedoni, che si celano sotto il simbolo del leopardo, bastarono 11 anni<br />

242 - Cit. da J. FABRE D’ENVIEU, op. cit:, t. II, p. 645.<br />

243 - La durata dell’impero greco-macedone è di meno di due secoli (163 anni per la precisione):<br />

dal 331 al 168 a.C., anno <strong>in</strong> cui il suo territorio viene conquistato dai Romani.<br />

244 - Il terzo animale rappresenta il regno greco-macedone che conquistò il mondo antico con<br />

una rapidità eccezionale. La velocità del fel<strong>in</strong>o è rafforzata da quella delle ali d’uccello che<br />

sono ben quattro. Già Teodoreto faceva notare che la visione designa il regno macedone che,<br />

soprattutto al tempo di Alessandro il Grande, suo massimo esponente, si poteva paragonare<br />

ad un leopardo a causa della sua prontezza, della sua rapidità, della mobilità del suo carattere<br />

e delle sue passioni.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 163<br />

CAPIRE DANIELE<br />

e la leadership di un solo capo, Alessandro 245, per costruire l’impero più vasto<br />

che fosse mai esistito nella storia. L’identificazione del leopardo con l’Impero<br />

macedone è quella che ha raccolto il più gran numero di consensi, dai tempi dei<br />

primi espositori cristiani di Daniele f<strong>in</strong>o ai nostri giorni.<br />

L’espressione: “le fu dato il dom<strong>in</strong>io” sottol<strong>in</strong>ea la sconf<strong>in</strong>ata estensione<br />

dell’Impero di Alessandro.<br />

Le quattro teste 246 sul corpo del leopardo anticipano la durata effimera<br />

dell’Impero greco-macedone. Ventidue anni dopo la morte del suo fondatore,<br />

l’impero si frazionò <strong>in</strong> quattro monarchie <strong>in</strong>dipendenti, due di effimera durata (i<br />

regni di Macedonia e di Tracia) e due assai più longevi (i regni di Siria e d’Egitto<br />

rispettivamente sotto i Seleucidi e i Tolomei).<br />

7 Dopo questo, io guardavo, nelle visione notturne, ed ecco una<br />

quarta bestia spaventevole, terribile e straord<strong>in</strong>ariamente forte;<br />

aveva dei denti grandi, di ferro; divorava e sbranava, e calpestava il<br />

resto coi piedi; era diversa da tutte le bestie che l’avevano preceduta,<br />

e aveva dieci corna.<br />

Gran parte dell’esegesi moderna di Daniele scorge <strong>in</strong> questo mostro senza nome<br />

245 - Alessandro, come il fel<strong>in</strong>o che lo designa, era senza posa, <strong>in</strong>quieto, agitato, <strong>in</strong>trattabile,<br />

<strong>in</strong>soddisfatto; e questo carattere si è trovato <strong>in</strong> quasi tutti i suoi successori. Non aveva ancora<br />

21 anni quando tutti gli Stati della Grecia lo nom<strong>in</strong>arono generale dei Greci, per attaccare il potente<br />

impero dei Medo-Persiani. Nell’anno successivo passa <strong>in</strong> Asia e rovescia tutto sul suo<br />

camm<strong>in</strong>o, marcia, o piuttosto vola come una tempesta; la potente Tiro è bruciata; Gaza è annientata;<br />

l’Egitto è conquistato <strong>in</strong> qualche settimana; Babilonia cade <strong>in</strong> mano sua: <strong>in</strong> c<strong>in</strong>que<br />

anni di guerra rapida e vittoriosa come non si vide mai, questo giovane pr<strong>in</strong>cipe, appena all’età<br />

di 26 anni, sale sul trono di Nabucodonosor e di Ciro, si vede monarca del mondo e si fa chiamare<br />

“il padrone della terra e del mare”.<br />

246 - Alessandro muore giovane, a trent’anni circa, prima di riuscire ad organizzare il suo vasto<br />

impero. Sul letto di morte, aveva detto ai suoi generali che gli avrebbero preparato dei funerali<br />

sangu<strong>in</strong>osi. Infatti, vent’anni dopo, le sue conquiste furono divise fra i suoi quattro generali: Seleuco,<br />

Cassandro, Tolomeo e Lisimaco, che avevano trucidato tutti i suoi legittimi discendenti.<br />

Questi quattro regni che si formarono furono quelli di Macedonia, Tracia, Egitto e Siria. Ecco<br />

che cosa stavano a significare le quattro teste del leopardo: una divisione del territorio geografico<br />

del regno greco-macedone. Questa <strong>in</strong>terpretazione è certa, anche perché assolutamente<br />

analoga alla rappresentazione che, al cap. 8 di Daniele, si fa dello stesso impero. Qui esso è<br />

simboleggiato da un caprone avente un grande corno fra gli occhi che poi si spezzerà e verrà<br />

rimpiazzato da altre quattro corna. É l’angelo stesso a spiegare al profeta Daniele che si tratta<br />

di una divisione dell’ impero <strong>in</strong> quattro regni dist<strong>in</strong>ti, aventi però m<strong>in</strong>ore potenza di prima (Dn<br />

8:5-8,21,22).<br />

163


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 164<br />

CAPITOLO 7<br />

un simbolo del regno ellenistico della Siria 247. Discordanze macroscopiche col<br />

testo danielico, <strong>in</strong> parte già segnalate e che qui completiamo, rendono problematica<br />

questa identificazione.<br />

164<br />

(1) La Siria dei Seleucidi è stata già prefigurata con una delle quattro<br />

teste del leopardo.<br />

(2) Il carattere universale della quarta monarchia è espressamente sottol<strong>in</strong>eato<br />

nel testo: “...divorerà tutta la terra” (v. 23). Il regno dei Seleucidi fu<br />

soltanto una frazione dell’Impero macedone. Alessandro, e prima di lui i re<br />

di Persia e di Babilonia, esercitarono un dom<strong>in</strong>io universale, i Seleucidi mai.<br />

(3) Il testo danielico differenzia espressamente le bestie-simbolo l’una<br />

dall’altra: “...una diversa dall’altra” (v. 3). Marcate differenze etniche, l<strong>in</strong>guistiche,<br />

politiche e culturali dist<strong>in</strong>sero fra loro i Babilonesi, i Persiani e i<br />

Macedoni. Il regno dei Seleucidi fu un prolungamento ridotto dell’Impero<br />

macedone del quale condivise la l<strong>in</strong>gua, la cultura e l’appartenenza etnica<br />

dei suoi d<strong>in</strong>asti. La diversità della quarta bestia è enfatizzata con <strong>in</strong>sistenza<br />

nel testo: “era diversa da tutte le bestie che l’avevano preceduta” (v. 7);<br />

“...era diversa da tutte le altre...” (v. 19); “...un quarto regno ... che differirà<br />

da tutti i regni” (v. 23).<br />

(4) Le formule di transizione tra una bestia e l’altra nei vv. 4-7 presuppongono<br />

un distacco netto tra i regni che quelle bestie rappresentano: “ed<br />

ecco un’altra bestia...” (v. 5); “dopo questo...eccone un’altra” (v. 6);<br />

“dopo questo... ecco una quarta bestia...” (v. 7). Questo modo di rapportare<br />

i regni fra loro suggerisce che ognuno di essi debba sorgere dopo che<br />

il precedente sia caduto. I regni ellenistici, di cui uno fu la Siria dei Seleucidi,<br />

non succedettero all’Impero macedone, ne furono la naturale cont<strong>in</strong>uazione.<br />

(5) Gli aggettivi e i verbi che descrivono l’aspetto e l’attività della<br />

quarta bestia (“spaventevole”, “terribile”, “straord<strong>in</strong>ariamente forte”, “divorava”,<br />

“sbranava”, “calpestava”), evocano una potenza politica e militare formidabile<br />

e <strong>in</strong>v<strong>in</strong>cibile quale non fu storicamente la Siria dei Seleucidi (cfr. il<br />

commento a 2:39-40).<br />

(6) L’identificazione del regno di Siria nella quarta bestia è una forzatura<br />

a cui obbliga l’aprioristica identificazione di Antioco Epifane nell’undicesimo<br />

corno di quella bestia.<br />

247 - Cfr. E. TESTA, “Daniele” <strong>in</strong> Il messaggio della salvezza a cura di G. CANFORA - P. ROSSANO - S.<br />

ZEDDA, Tor<strong>in</strong>o-Leumann, 1965-69, vol. III, nota 7 alle pp. 142-143; C. SCHEDL, Storia del Vecchio<br />

Testamento, Roma, 1959-66, vol. IV, p. 75; G. RINALDI, Daniele, Tor<strong>in</strong>o 1962, p. 111; G.<br />

BERNINI, Daniele, Roma 1976, p. 215


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 165<br />

CAPIRE DANIELE<br />

L’esegesi antica di Daniele, sia ebraica che cristiana, ha riconosciuto unanimemente<br />

l’Impero romano nel mostro <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ibile di Dn 7:7-8 248. “Nel quarto regno<br />

la massima parte dell’esegesi ha riconosciuto l’impero romano, a com<strong>in</strong>ciare<br />

dall’autore dell’apocrifo 4 Ed 12,10 ss (sec. I d.C.) 249. In effetti si può affermare<br />

che Dn 7:7,23 fotografa l’Impero romano.<br />

(1) La quarta bestia è una delle quattro grandi bestie (vv. 3 e 17). L’imponenza<br />

del mostro risponde alla dimensione mondiale dello stato romano<br />

nell’età imperiale.<br />

(2) La diversificazione della quarta bestia sottol<strong>in</strong>eata con <strong>in</strong>sistenza ha<br />

riscontro nei caratteri peculiari della stirpe e della civiltà romana. Diversa fu<br />

l’<strong>in</strong>dole dei lat<strong>in</strong>i rispetto ai Greci e agli asiatici, diverse furono le strutture<br />

di governo dei Romani, diverse le loro strategie militari, diversa la loro<br />

struttura politica, diversa l’organizzazione amm<strong>in</strong>istrativa dell’Impero (si noti<br />

che Alessandro aveva improntato a quelle dei Persiani le strutture di governo<br />

e l’organizzazione amm<strong>in</strong>istrativa del suo impero mentre i Romani<br />

mantennero le loro proprie strutture di governo e amm<strong>in</strong>istrative).<br />

(3) All’entrata <strong>in</strong> scena della quarta bestia dopo l’uscita del leopardo,<br />

risponde bene, storicamente, l’affermarsi di Roma nel Vic<strong>in</strong>o Oriente dopo<br />

che essa ebbe “fagocitato” ad uno ad uno i regni ellenistici eredi dell’Impero<br />

di Alessandro.<br />

(4) L’aspetto aggressivo della quarta belva, la sua forza, la sua voracità<br />

e ferocia, la sua tracotanza evocano adeguatamente l’<strong>in</strong>dole guerriera dei<br />

Romani, la loro <strong>in</strong>domabile volontà di dom<strong>in</strong>io, la potenza delle loro legioni,<br />

la durezza verso i nemici sconfitti (“guai ai v<strong>in</strong>ti !”): mai nel mondo si<br />

erano visti tanti schiavi come nell’età imperiale romana.<br />

Le 10 corna sulla testa della mostruosa creatura sono l’equivalente delle 10 dita<br />

<strong>in</strong> cui si suddividono i piedi della statua nel cap. 2. Le corna sono <strong>in</strong>terpretate<br />

come “dieci re che sorgeranno da questo regno” (v. 24).<br />

I moderni identificano nelle 10 corna 10 sovrani seleucidi e nell’undicesimo<br />

Antioco Epifane. Su questa <strong>in</strong>terpretazione torneremo più avanti. Nei capitoli 7 e<br />

8 di Daniele sia le bestie che le corna appaiono ora come simboli di “re” (vedi<br />

7:17,24), ora come simboli di “regni” (vedi 7:23; 8:32).<br />

In Dn 7:19 e 23, 2:39 e 8:21 il term<strong>in</strong>e “re”, o un pronome personale che sta<br />

per esso, sono adoperati al posto del term<strong>in</strong>e “regno”.<br />

“Dieci re” <strong>in</strong> 7:24, come mostra la struttura grammaticale della frase, va <strong>in</strong>-<br />

248 - Cfr. A. WIKENHAUSER, L’Apocalisse di Giovanni, Brescia 1968, nota 6 alle pp. 150-151; vedi<br />

pure Introduzione, III, 1, 2.<br />

249- G. RINALDI, op.cit., nota VI, p. 113.<br />

165


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 166<br />

CAPITOLO 7<br />

teso <strong>in</strong> senso collettivo (“regni”) e non <strong>in</strong> senso <strong>in</strong>dividuale. Il testo dice: “Le<br />

dieci corna sono dieci re che sorgeranno da questo regno” (v. 24). La preposizione<br />

aramaica m<strong>in</strong>, come la corrispondente preposizione italiana “da”, denota<br />

derivazione. Da uno stato unitario che si fraziona derivano stati m<strong>in</strong>ori, non regnanti.<br />

Quando Daniele vuole riferirsi al sorgere di regnanti <strong>in</strong>dividuali <strong>in</strong> una nazione,<br />

usa una preposizione aramaica diversa da m<strong>in</strong>, come <strong>in</strong> Dn 11:2: “Ecco,<br />

sorgeranno ancora <strong>in</strong> Persia tre re” (“<strong>in</strong>”, aramaico le).<br />

Con una schiera numerosa di espositori antichi e moderni 250, l’esegesi avventista<br />

sostiene che le 10 corna, alla stregua delle 10 dita nel cap. 2, rappresentano<br />

i regni romano-barbarici che s’<strong>in</strong>staurarono nei territori dell’Impero lat<strong>in</strong>o<br />

quando venne meno la sua unità nel V secolo (vedi commento a 2:41-43).<br />

166<br />

8 Io esam<strong>in</strong>avo quelle corna, ed ecco un altro piccolo corno spuntò<br />

tra quelle, e tre delle prime corna furono divelte d<strong>in</strong>anzi ad esso; ed<br />

ecco che quel corno avea degli occhi simili a occhi d’uomo, e una<br />

bocca che proferiva grandi cose.<br />

Un fatto nuovo cattura l’attenzione di Daniele mentre osserva le 10 corna: fra di<br />

esse ne spunta un undicesimo. Il nuovo corno cresce rapidamente e si fa spazio<br />

fra le altre abbattendone tre. Presto il veggente si accorge che questo corno è diverso<br />

dalle altre, ha qualcosa di umano: ha occhi e bocca. E dalla bocca gli<br />

escono “parole grandi”.<br />

9 Io cont<strong>in</strong>uai a guardare f<strong>in</strong>o al momento <strong>in</strong> cui furon collocati de’<br />

troni, e un vegliardo s’assise. La sua veste era bianca come la neve, e<br />

i capelli del suo capo eran come lana pura; fiamme di fuoco erano il<br />

suo trono e le ruote d’esso erano fuoco ardente. 10 Un fiume di fuoco<br />

sgorgava e scendeva dalla sua presenza; mille migliaia lo servivano,<br />

e diecimila miriadi gli stavan davanti. Il giudizio si tenne, e i libri furono<br />

aperti.<br />

Lo scenario cambia repent<strong>in</strong>amente. Un quadro di dimensione cosmica sovrasta<br />

e fa impallidire la figura del mostro dalle 10 corna col “piccolo corno” cresciuto<br />

che proferisce cose <strong>in</strong>audite. Daniele adesso vede “l’aula giudiziaria” del tribunale<br />

di Dio nella quale vengono collocati <strong>in</strong>numerevoli “troni” (aramaico korse’).<br />

Il vocabolo aramaico <strong>in</strong>dica un seggio speciale che era riservato a personaggi di<br />

riguardo e per circostanze eccezionali (H.C. Leupold).<br />

250 - Vedi Introduzione, III


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 167<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Sullo scanno centrale prende posto il Giudice dell’universo che Daniele descrive<br />

come un “vegliardo” (aramaico }yimOy qyiTa( ’attîq yomîn, letteralmente “un<br />

antico di giorni”). Il candore dei capelli (“come lana pura”) è <strong>in</strong>dice di età veneranda.<br />

Non è una descrizione letterale della Maestà del cielo, ma una sua figurazione<br />

antropomorfica. Nessun occhio umano ha mai visto Dio nella realtà (1Tm<br />

6:16; Gn 6:46; Es 33:20). Il biancore niveo delle vesti è simbolo di purezza,<br />

qu<strong>in</strong>di di equità assoluta.<br />

Il “trono” sul quale siede l’”antico di giorni” è composto di sostanza eterea:<br />

“fiamme di fuoco” (Leupold). Le “ruote” (cfr. Ez 1:16,26) evocano l’idea di movimento<br />

rapido e cot<strong>in</strong>uo, qu<strong>in</strong>di di onnipresenza e onniveggenza (<strong>in</strong> Ez 1:18 le<br />

“ruote” del trono di Dio sono “piene di occhi”). Lo splendore <strong>in</strong>sostenibile che<br />

irradia dalla maestosa Figura centrale è descritto dal profeta come un accecante<br />

torrente di fuoco. Daniele non identifica la moltitud<strong>in</strong>e di esseri che stanno davanti<br />

all’ìantico di giorni”, ma è chiaro che questi esseri sono angeli. Delle due<br />

cifre “mille migliaia” (}yip:la) vele) ’elef ‘alfîn) e “diecimila miriadi” (}fw:bir OBir ribbô<br />

rivwan), la seconda sembra voler rettificare la prima stimata al di sotto della<br />

realtà, oppure si tratta semplicemente di parallelismo poetico.<br />

Gli angeli stanno <strong>in</strong> presenza dell’Onnipotente pronti ad eseguire i suoi ord<strong>in</strong>i.<br />

“Il giudizio si tenne e i libri furono aperti” (così la versione Riveduta). L’aramaico<br />

Uxyit:P }yir:pisºw bitºy)æ nyiD d<strong>in</strong>â’ yetîv wesifrîn petîchîn è resa dalla versione<br />

TOB: “ La corte sedette e i libri furono aperti” (lo stesso G. R<strong>in</strong>aldi). Questa traduzione<br />

è migliore: dd<strong>in</strong>â’ è un pronome dimostrativo (“questi”, “costoro”), e<br />

yetîv è un verbo che significa “sedettero”. Il testo descrive precisamente una<br />

grande assise giudiziaria nella quale gli angeli fungono <strong>in</strong>sieme da testimoni e<br />

da giurati 251. Quello che descrive Daniele <strong>in</strong> questo punto è il giudizio che precede<br />

il secondo avvento di Cristo, ovvero la prima fase del giudizio f<strong>in</strong>ale, la<br />

quale per gli eletti di Dio costituirà un’azione liberatoria.<br />

La seconda fase sarà rappresentata dal giudizio esecutivo il quale avrà per<br />

oggetto la punizione dei reprobi 252.<br />

Quando siede la corte i libri si aprono (una scena analoga è descritta <strong>in</strong><br />

Apocalisse 20:12 dove pure si dice: “ed i libri furono aperti”).<br />

Le Scritture alludono a tre libri celesti nei quali sono accuratamente registrati<br />

i nomi e le azioni degli uom<strong>in</strong>i:<br />

1) Il libro della vita, dove sono scritti i nomi degli eletti di Dio (Es 32:32;<br />

Sl 69:28). Nel libro della vita resteranno scritti i nomi degli eletti che avranno<br />

perseverato f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e (Ap 3:5). I nomi degli eletti che avranno apostatato saranno<br />

cancellati e la sorte di costoro sarà “lo stagno di fuoco” (Ap 20:15).<br />

251 - Cfr. S.D.A.B.C., IV, p. 828.<br />

252 - Cfr. S.D.A.B.C., ibidem.<br />

167


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 168<br />

CAPITOLO 7<br />

2) Il libro delle memorie, nel quale sono registrate con cura le azioni giuste<br />

dei santi (Ml 3:16), ovvero le opere della fede (Ga 5:6).<br />

3) Il libro della morte, sul quale sono riportate le opere malvage degli uom<strong>in</strong>i<br />

che si chiusero all’appello di Dio. Questo “libro” è presupposto <strong>in</strong> Ap 20:12<br />

dove il giudizio e la sorte f<strong>in</strong>ale degli uom<strong>in</strong>i sono fatti dipendere “dalle cose<br />

scritte nei libri” <strong>in</strong> base alle loro azioni.<br />

Poiché il dest<strong>in</strong>o f<strong>in</strong>ale degli uom<strong>in</strong>i sarà la vita eterna o la morte eterna<br />

(cfr. Dn 12:2; Mt 25:46; Gn 5:28,29; Rm 2:6-8), i “libri” debbono contenere le memorie<br />

delle opere giuste dei santi (il libro delle memorie) e il ricordo delle azioni<br />

perverse dei ribelli (il libro della morte) I libri celesti non debbono essere immag<strong>in</strong>ati<br />

come oggetti materiali 253..<br />

168<br />

11 Allora io guardai a motivo delle parole orgogliose che il corno<br />

proferiva; guardai, f<strong>in</strong>ché la bestia non fu uccisa, e il suo corpo distrutto,<br />

gettato nel fuoco per esser arso. 12 Quanto alle altre bestie, il<br />

dom<strong>in</strong>io fu loro tolto; ma fu loro concesso un prolungamento di vita<br />

per un tempo determ<strong>in</strong>ato.<br />

A metà dell’<strong>in</strong>terludio celeste si apre una parentesi. Lo sguardo del veggente ritorna<br />

sullo scenario terreno, dove si svolge l’atto f<strong>in</strong>ale del dramma com<strong>in</strong>ciato<br />

con l’uscita delle bestie dal mare agitato. Echeggiano ancora, nelle orecchie di<br />

Daniele, le parole arroganti proferite dal “piccolo corno” e sono esse che lo<br />

sp<strong>in</strong>gono a rivolgere di nuovo lo sguardo verso quella figura nefanda.<br />

“Guardai f<strong>in</strong>ché...” (aramaico da( ty¢wAh hawêth ‘ad): questa frase presuppone<br />

una cont<strong>in</strong>uazione dell’azione riferita precedentemente, ossia del parlare tracotante<br />

del corno. Probabilmente, Daniele ha visto anche l’attività devastante del<br />

corno descritta nel v. 25 e può avere omesso di menzionarla volendo subito mostrare<br />

l’<strong>in</strong>tervento risolutivo della giustizia div<strong>in</strong>a.<br />

Il corno agisce e la bestia viene punita. Evidentemente c’è una solidarietà<br />

organica fra i due per cui la distruzione dell’una comporta quella dell’altro. La<br />

bestia <strong>in</strong>carna più specificamente il potere secolare ostile a Dio ed al suo popolo,<br />

il corno rappresenta un’entità politico-ecclesiastica.<br />

L’<strong>in</strong>cenerimento della bestia con le sue corna, compreso l’undicesimo, richiama<br />

l’attenzione sull’annientamento radicale e def<strong>in</strong>itivo del sistema di potere<br />

che questi simboli rappresentano (Ap 19:20). E’ lo stesso sistema che Paolo <strong>in</strong><br />

2Te 2:3-4 designa con le espressioni “l’uomo del peccato”, “il figlio della perdizione”,<br />

“ l’avversario”; è l’Anticristo che il Signore Gesù annienterà alla sua ve-<br />

253 - Sui libri celesti vedi S.D.A.B.C., ibidem, p. 329; E.G.WHITE, The Great Controversy, pp.<br />

480-481.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 169<br />

CAPIRE DANIELE<br />

nuta (2Te 2:8). Anche Giovanni predice la distruzione di questo sistema mediante<br />

il fuoco (Ap 19:20), e d’accordo con Paolo la associa alla seconda venuta<br />

di Cristo (vv. 11-16). La quarta bestia dunque è annientata nel giudizio f<strong>in</strong>ale. E<br />

delle altre che ne sarà? Con una rapida proiezione retrospettiva Daniele le r<strong>in</strong>traccia<br />

e nota che ad esse è stato dato di sopravvivere per un certo tempo dopo<br />

che hanno perso il dom<strong>in</strong>io.<br />

Difatti se gli imperi di Babilonia, di Medo-Persia e di Macedonia scomparvero<br />

l’uno dopo l’altro, non scomparvero i popoli che ad essi avevano dato vita:<br />

i Babilonesi, i Persiani ed i Greci cont<strong>in</strong>uarono ad esistere ciascuno con la propria<br />

l<strong>in</strong>gua, le proprie tradizioni, la propria cultura, dopo il tramonto dell’entità<br />

politica dentro la quale erano vissuti. Per Roma fu diverso. Ad essa non succedette<br />

un qu<strong>in</strong>to impero universale. Roma, sia pure sotto una forma diversa, ha<br />

cont<strong>in</strong>uato e cont<strong>in</strong>ua a imperare.<br />

13 Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del<br />

cielo uno simile a un figliuol d’uomo; egli giunse f<strong>in</strong>o al vegliardo, e<br />

fu fatto accostare a lui. 14 E gli furon dati dom<strong>in</strong>io, gloria e regno,<br />

perché tutti i popoli, tutte le nazioni e l<strong>in</strong>gue lo servissero; il suo dom<strong>in</strong>io<br />

è un dom<strong>in</strong>io eterno che non passerà, e il suo regno, un regno<br />

che non sarà distrutto.<br />

“Io guardavo nelle visioni notturne...” Questa formula nelle visioni apocalittiche<br />

<strong>in</strong>troduce un cambiamento di scena. La “parentesi” terrena si è chiusa, si apre di<br />

nuovo lo scenario celeste e appare un quadro diverso dal precedente: “...ecco<br />

venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figliol d’uomo” (aramaico $ænE) rab:K<br />

kevar ‘enash, letteralmente “come un figlio d’uomo”). Gli espositori della scuola<br />

storica sono unanimi nell’identificare <strong>in</strong> questa figura celeste dall’aspetto umano<br />

il Figlio di Dio.<br />

L’espressione “un figlio d’uomo” è <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ata. Il S.D.A.B.C. (vol. IV, p.<br />

829) osserva che l’aramaico, alla stregua di altre l<strong>in</strong>gue antiche, omette l’articolo<br />

davanti al nome quando l’enfasi è posta sulla qualità, e lo adopera quando si<br />

vuole sottol<strong>in</strong>eare l’identità. Su questa enfatizzazione differenziata il Commentario<br />

avventista offre vari esempi: “ quattro bestie” <strong>in</strong> Dn 7:3, “tutte le bestie” nel v.<br />

7; “un antico di giorni” (7:9), “ l’antico di giorni” nei verss. 13 e 22. Se la figura<br />

che viene sulle nuvole fosse stata nom<strong>in</strong>ata una seconda volta, probabilmente<br />

sarebbe comparsa preceduta dall’articolo.<br />

“... ecco venire sulle nuvole del cielo...”. Nell’Antico Testamento le nuvole<br />

sono spesso collegate alla presenza div<strong>in</strong>a (Es 13:21; 14:24; 16:10; Le 16:2; Sl<br />

97:2; 104:3).<br />

Nel Nuovo Testamento la nuvola è associata al Cristo glorificato <strong>in</strong> terra (Mt<br />

17:5; At 1:8) e più sovente al Cristo che viene dal cielo (Mt 21:27; 26:64; Mr<br />

169


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 170<br />

CAPITOLO 7<br />

13:26; 1Te 4:17; Ap 1:7; 14:4). In Dn 7:13 il simile a un figlio d’uomo non discende<br />

sulla terra, si ferma presso l’Antico di giorni.<br />

Non si descrive qui, dunque, il secondo avvento di Cristo, ma la sua <strong>in</strong>vestitura<br />

regale al term<strong>in</strong>e del m<strong>in</strong>istero sacerdotale nel santuario del cielo (Eb 9:<br />

11,12).<br />

Questo evento celeste si compirà tra la f<strong>in</strong>e del giudizio pre-avvento descritto<br />

<strong>in</strong> Dn 7:9-10 e il giudizio esecutivo quando Cristo tornerà “per rendere a<br />

ciascuno secondo l’opera sua” (Mt 16:27; Rm 16:6).<br />

Il dom<strong>in</strong>io di cui sarà <strong>in</strong>vestito il Figlio di Dio tra le due fasi del giudizio<br />

sarà un dom<strong>in</strong>io universale (“tutti i popoli, tutte le nazioni e l<strong>in</strong>gue” lo serviranno)<br />

e la sua signoria sarà eterna (il suo regno sarà “un regno che non sarà distrutto”;<br />

non ci sarà più un “dopo” come nel caso dei regni terreni).<br />

Con questo colpo d’occhio sull’eternità si chiude la stupenda visione del<br />

cap.7 di Daniele.<br />

170<br />

15 Quanto a me, Daniele, il mio spirito fu turbato dentro di me, e le<br />

visioni della mia mente mi spaventarono. 16 M’accostai a uno degli<br />

astanti, e gli domandai la verità <strong>in</strong>torno a tutto questo; ed egli mi<br />

parlò, e mi dette l’<strong>in</strong>terpretazione di quelle cose:<br />

Un fugace cenno autobiografico s’<strong>in</strong>terpone fra la descrizione della visione e la<br />

sua <strong>in</strong>terpretazione. Daniele decl<strong>in</strong>a il suo nome, quasi a volere attestare l’autenticità<br />

di quanto ha esposto f<strong>in</strong>ora.<br />

Il profeta confessa il profondo turbamento che ha suscitato <strong>in</strong> lui la visione<br />

ed esterna il forte desiderio che ha provato di “conoscere la verità” sulle cose<br />

che ha visto. Presso il profeta stanno alcuni personaggi non identificati.<br />

L’aramaico )æYamA)fq qa’amayya’ è tradotto “gli astanti” dalla Riveduta, “quelli<br />

che stanno là” da G.R<strong>in</strong>aldi, “i vic<strong>in</strong>i” dalla versione della C.E.I. È op<strong>in</strong>ione generale<br />

fra gli espositori che si tratti di angeli.<br />

Non è detto se essi siano stati presenti f<strong>in</strong> dal pr<strong>in</strong>cipio della visione o se<br />

siano comparsi alla f<strong>in</strong>e di essa. Daniele si avvic<strong>in</strong>a ad uno degli angeli e gli domanda<br />

“la verità” sulle cose viste nella visione; la sua richiesta è accolta prontamente:<br />

“ed egli mi parlò e mi dette l’<strong>in</strong>terpretazione di quelle cose”.<br />

17 “Queste quattro grandi bestie, sono quattro re che sorgeranno<br />

dalla terra; 18 poi i santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno<br />

per sempre, d’eternità <strong>in</strong> eternità”.<br />

L’<strong>in</strong>terpretazione fornita dall’angelo è estremamente laconica. Le 4 grandi bestie<br />

sono identificate come 4 re (nel vv. 23 sono dette “regni”) che debbono ancora<br />

venire sulla terra (sulla loro identità vedi il commento ai vv. 4-7).


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 171<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Nel v. 17 è anticipata con estrema str<strong>in</strong>gatezza e per grandi l<strong>in</strong>ee la storia<br />

dei prossimi mille anni a partire da quel momento, e nel v. 18 è accennato il<br />

lontano futuro escatologico, rimanendo <strong>in</strong> mezzo un vuoto di millenni.<br />

19 Allora desiderai sapere la verità <strong>in</strong>torno alla quarta bestia, ch’era<br />

diversa da tutte le altre, straord<strong>in</strong>ariamente terribile, che aveva i<br />

denti di ferro e le unghie di rame, che divorava, sbranava, e calpestava<br />

il resto con i piedi, 20 e <strong>in</strong>torno alle dieci corna che aveva <strong>in</strong><br />

capo, e <strong>in</strong>torno all’altro corno che spuntava, e davanti al quale tre<br />

erano cadute: a quel corno che avea degli occhi, e una bocca proferenti<br />

cose grandi, e che appariva maggiore delle altre corna.<br />

La spiegazione estremamente generica e laconica dell’angelo ha lasciato Daniele<br />

<strong>in</strong>soddisfatto.<br />

Egli vorrebbe saperne di più sulla quarta bestia, sulle sue dieci corna e soprattutto<br />

sull’undicesimo tanto diverso dalle altre. Evidentemente sono stati questi<br />

i particolari della visione che lo hanno impressionato di più.<br />

21 Io guardai, e quello stesso corno faceva guerra ai santi e aveva il<br />

sopravvento, 22 f<strong>in</strong>ché non giunse il vegliardo e il giudicio fu dato ai<br />

santi dell’Altissimo, e venne il tempo che i santi possederono il regno.<br />

Daniele torna col pensiero sulla visione e ne evoca due dettagli che aveva<br />

omesso nella descrizione di essa. Il primo riguarda l’oggetto contro il quale si rivolse<br />

l’ira dell’undicesimo corno, il secondo concerne l’esito f<strong>in</strong>ale del conflitto.<br />

Il “corno” perverso non solo parlava con arroganza, ma combatteva “i santi”<br />

e li v<strong>in</strong>ceva. Questo particolare deve avere suscitato nel profeta perplessità e angoscia.<br />

Per la seconda volta compaiono nelle rivelazioni danieliche “i santi”, e<br />

qui compaiono come vittime e non come protagonisti.<br />

Il riferimento precedente è stato fatto dall’angelo-<strong>in</strong>terprete nel vers. 18<br />

dove se ne anticipa la vittoria f<strong>in</strong>ale.<br />

Qaddîshîn (“santi”) nell’aramaico è privo dell’articolo, il che implica che<br />

l’accento è posto sulla qualità di questi esseri umani, non sulla loro identità. Chi<br />

sono i “santi”? Sono i “separati”, secondo il senso fondamentale del term<strong>in</strong>e<br />

nell’aramaico come nell’ebraico. Sono il popolo di Dio (“i santi dell’Altissimo”).<br />

La loro aspirazione è di servire il loro Signore: è questo che li mette <strong>in</strong> conflitto<br />

con le potestà secolari.<br />

I “santi” non saranno lasciati <strong>in</strong>def<strong>in</strong>itamente alla mercè del corno: essi saranno<br />

vendicati quando siederà <strong>in</strong> giudizio il Giudice delle nazioni: “e fu resa<br />

giustizia ai santi” (versione T.O.B.). Allora saranno resi pertecipi della signoria<br />

eterna (“e venne il tempo che i santi possedettero il regno”).<br />

171


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 172<br />

CAPITOLO 7<br />

172<br />

23 Ed egli mi parlò così: “La quarta bestia è un quarto regno sulla<br />

terra, che differirà da tutti i regni, divorerà tutta la terra, la calpesterà<br />

e la frantumerà.<br />

Il desiderio di Daniele di conoscere “la verità” sui dettagli f<strong>in</strong>ali della visione è<br />

appagato. La quarta bestia raffigura un regno che sarà diverso da tutti i regni che<br />

lo avranno preceduto, e tutti li supererà per la vastità dei territori conquistati<br />

(“divorerà tutta la terra”), per l’attitud<strong>in</strong>e sprezzante (“la calpesterà”), per la potenza<br />

e la durezza (“la frantumerà”). Sulla identità storica di questo regno vedi il<br />

commento del v. 7.<br />

24 Le dieci corna sono dieci re che sorgeranno da questo regno; e,<br />

dopo quelli, ne sorgerà un altro, che sarà diverso dai precedenti, e<br />

abbatterà tre re. 25 Egli proferirà parole contro l’Altissimo, ridurrà<br />

allo stremo i santi dell’Altissimo, e penserà di mutare i tempi e la<br />

legge; i santi saran dati nelle sue mani per un tempo, dei tempi, e la<br />

metà d’un tempo.<br />

Le dieci corna sono <strong>in</strong>terpretate come altrettanti “re” che sorgeranno dal quarto<br />

regno (è presupposta la dissoluzione di quest’ultimo). Come si è già detto (vedi<br />

commento al v. 7) “re” <strong>in</strong> questo punto deve comprendersi nel senso collettivo<br />

di “regni” (anche le bestie <strong>in</strong>terpretate come “re” nel vers. 17 sono identificate<br />

come “regni” nel v. 24, ‘da questo regno’, e nel precedente ‘la quarta bestia è un<br />

quarto regno’. Sull’identità dei 10 regni vedi il commento al v.7.<br />

Il corno sorto per ultimo è identificato anch’esso come un “re” (“dopo<br />

quelli ne sorgerà un altro”). Per questo corno vale quanto detto sopra riguardo<br />

alle altre. Il carattere di questo re-regno e gli obiettivi che esso perseguirà sono<br />

def<strong>in</strong>iti attraverso una serie di caratteristiche e attribuzioni che gli vengono riferite<br />

e che si possono così elencare:<br />

1. Sarà diverso dagli altri regni.<br />

2. Di quei re-regni ne abbatterà tre.<br />

3. Parlerà contro l’Altissimo.<br />

4. Penserà di sterm<strong>in</strong>are i santi dell’Altissimo.<br />

5. Avrà <strong>in</strong> animo di mutare i tempi e la legge (stabiliti da Dio).<br />

6. Avrà <strong>in</strong> suo potere i santi dell’Altissimo per tre tempi e mezzo.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 173<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Gli <strong>in</strong>terpreti moderni vedono nel “piccolo corno” un simbolo del re di Siria Antioco<br />

IV Epifane (175-164 a.C.) oppressore dei Giudei.<br />

Per quanto ci sia qualche analogia fra l’attività vessatoria di Antioco IV contro<br />

il popolo giudaico (cfr. 1Maccabei 1:41-61), macroscopiche discrepanze fra il<br />

simbolo profetico e la figura storica a cui si è voluto accostarlo rendono molto<br />

problematica questa identificazione.<br />

(1) Il “piccolo corno” sorge dopo le dieci (v. 24 u.p.). Esso si configurerebbe<br />

dunque come un undicesimo “re”. Antioco IV fu l’ottavo d<strong>in</strong>asta seleucide,<br />

non l’undicesimo, avendo avuto sette e non dieci predecessori.<br />

Dieci corna non possono rappresentare sette regnanti.<br />

(2) Il “piccolo corno” nella sua crescita fa cadere tre delle corna preesistenti.<br />

Antioco IV passò sopra i diritti d<strong>in</strong>astici di due nipoti, Demetrio e Antioco,<br />

figli del defunto Seleuco IV fratello dell’Epifane 254. L’esistenza di un<br />

terzo figlio di Seleuco IV, ipotizzata per far co<strong>in</strong>cidere la storia col testo danielico,<br />

non è stata mai dimostrata 255.<br />

(3) Antioco Epifane non tentò di cambiare le sacre istituzioni dei Giudei<br />

(i “tempi” e la “legge”) come si dice <strong>in</strong> Dn 7:25 a proposito del “piccolo<br />

corno”, semplicemente ne decretò la soppressione (cfr. 1Maccabei 1:44,45).<br />

(4) Daniele fa durare tre tempi e mezzo, ovvero, come si spiegherà più<br />

avanti, tre anni e mezzo, la persecuzione del “piccolo corno” contro i “santi<br />

dell’Altissimo”. La persecuzione antigiudaica di Antioco Epifane si colloca<br />

fra il 15 Dicembre 167 a.C. (la data della erezione di una statua di Giove capitol<strong>in</strong>o<br />

nel tempio di Yahweh <strong>in</strong> Gerusalemme) e il 25 Dicembre 164 a.C.,<br />

quando fu celebrata la dedicazione del tempio purificato 256. La durata della<br />

persecuzione fu dunque di tre anni e dieci giorni. Il divario di quasi sei<br />

mesi rispetto al tempo <strong>in</strong>dicato da Daniele è davvero <strong>in</strong>spiegabile se la<br />

composizione del libro risale, come si dice, esattamente a quell’epoca.<br />

(5) L’attività del “piccolo corno” copre uno spazio temporale che supera<br />

di gran lunga il breve arco di tempo di una vita umana, estendendosi<br />

f<strong>in</strong>o al tempo del giudizio e dell’<strong>in</strong>staurazione del regno eterno di Dio (Dn<br />

7:26,27). La persecuzione dei “santi” rappresentò soltanto una parte di tale<br />

attività. Ne consegue una impossibilità logica di identificare questo simbolo<br />

con una figura storica <strong>in</strong>dividuale.<br />

254 - Cfr. G.RICCIOTTI, Storia d’Israele, Tor<strong>in</strong>o 1947, vol.II, pp. 266-267.<br />

255 - Cfr. G. RINALDI, op.cit., p. 112.<br />

256 - Cfr. G.RICCIOTTI, op.cit., pp. 270 e 292.<br />

173


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 174<br />

CAPITOLO 7<br />

I primi espositori cristiani di Daniele, avendo identificato l’Impero romano nella<br />

quarta bestia e una serie di re o regni m<strong>in</strong>ori nelle dieci corna, riconobbero<br />

quasi all’unanimità l’Anticristo futuro nell’undicesimo corno.<br />

Girolamo <strong>in</strong> particolare difese con energia questo punto di vista contro<br />

l’op<strong>in</strong>ione di Porfirio. Egli scrisse nel suo commentario su Daniele: “ E’ <strong>in</strong>utile<br />

che Porfirio <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ui che il corno piccolo spuntato dopo le dieci corna, sia Antioco<br />

Epifane...” 257. Poche righe più avanti aggiunge: “ Diciamo dunque ciò che<br />

ci hanno tramandato tutti gli scrittori ecclesiastici: verso la f<strong>in</strong>e del mondo,<br />

quando l’Impero romano sarà <strong>in</strong> completa dissoluzione, verranno dieci re che si<br />

divideranno l’Impero romano, e sorgerà poi un altro piccolo re, l’undicesimo,<br />

che dei dieci re ne abbatterà tre”. Due paragrafi dopo Girolamo identifica l’undicesimo<br />

corno con “l’uomo del peccato” preconizzato <strong>in</strong> 2Te 2:2,3: “è l’uomo del<br />

peccato, il figlio della perdizione, tanto che ha il coraggio di piazzarsi nel tempio<br />

di Dio proclamandosi lui stesso Dio” 258.<br />

Sull’<strong>in</strong>terpretazione della parte f<strong>in</strong>ale della visione Girolamo si fa dunque<br />

portavoce di una tradizione esegetica ben consolidata nella Chiesa antica: “...diciamo...<br />

ciò che ci hanno tramandato tutti gli scrittori ecclesiastici...”. In effetti<br />

prima di lui avevano commentato allo stesso modo Dn 7:7,8: Giust<strong>in</strong>o, Ireneo,<br />

Ippolito (eccezion fatta per il “piccolo corno”), Cipriano, Lattanzio e Cirillo.<br />

Eccettuati i primi tre, questi antichi espositori cristiani di Daniele si aspettavano<br />

nel futuro immediato la dissoluzione dell’Impero romano (già <strong>in</strong> decl<strong>in</strong>o al<br />

loro tempo) e l’<strong>in</strong>sorgere dell’Anticristo seguito a breve <strong>in</strong>tervallo di tempo dal<br />

ritorno del Signore, il giudizio dell’Anticristo e la fondazione del regno eterno di<br />

Dio. Non c’era qu<strong>in</strong>di nessuna difficoltà per loro a immag<strong>in</strong>are il “piccolo corno”<br />

come una figura umana <strong>in</strong>dividuale. Nel nostro tempo, con sedici secoli di storia<br />

alle spalle, quel punto di vista è superato. Nel potere antidiv<strong>in</strong>o che nasce dopo<br />

lo sfacelo del quarto regno è giocoforza <strong>in</strong>travedere una successione di “re”, una<br />

sorta di d<strong>in</strong>astia <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotta, un sistema di potere che doveva svilupparsi nella<br />

storia fra la caduta dell’Impero romano d’Occidente e il tempo ancora futuro del<br />

ritorno di Cristo. Nel rispetto delle op<strong>in</strong>ioni contrarie e senza volere offendere i<br />

sentimenti religiosi dei cattolici, dobbiamo ricordare che f<strong>in</strong> dal XIII secolo è<br />

stato scorto nel “piccolo corno” di Dn 7 un simbolo del papato storico. Fu Eberardo<br />

II, arcivescovo di Salisburgo (1200-1246), il primo a proporre questa identificazione<br />

nel 1240 259. In Inghilterra fece sua questa <strong>in</strong>terpretazione John Wycliff,<br />

il noto professore di Oxford e precursore della Riforma, morto nel 1384. Nel XVI<br />

secolo fu rilanciata dai padri della Riforma e <strong>in</strong> seguito fu mantenuta dai loro<br />

cont<strong>in</strong>uatori (da Cramner a Knox) e applicata praticamente da tutti gli espositori<br />

257 - Girolamo su Daniele, Roma 1966, p. 105,<br />

258 - Ibidem<br />

259 - Cfr. LE ROY EDWIN FROOM, op.cit., pp. 797, 798; S.D.A.B.C., vol. IV, pp. 50,51.<br />

174


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 175<br />

CAPIRE DANIELE<br />

protestanti conservatori nel Vecchio e nel Nuovo cont<strong>in</strong>ente 260. Un espositore<br />

evangelico contemporaneo osserva: “...le confessioni luterane hanno visto giusto<br />

nell’identificare il papa con l’anticristo, anche se il loro punto di vista è stato ridicolizzato<br />

o m<strong>in</strong>imizzato. Siffatta svalutazione dipende dal non avere tenuto<br />

conto di quanto i ri<strong>formato</strong>ri avessero compreso a fondo il papato. L’odierna<br />

comprensione superficiale di questa realtà non poteva che condurre ad una <strong>in</strong>terpretazione<br />

superficiale” 261. La chiesa romana reagì a questa presa di posizione<br />

dei protestanti sull’identità dell’Anticristo e, rifiutata l’ermeneutica profetica storica,<br />

stravolse l’esegesi antica e <strong>in</strong>trodusse due sistemi <strong>in</strong>terpretativi rivoluzionari<br />

e contraddittori tra loro: l’ermeneutica futurista e l’ermeneutica preterista (vedi<br />

Introduzione, III, 4).<br />

Gli espositori avventisti di Daniele f<strong>in</strong> dal pr<strong>in</strong>cipio si sono attestati sulle<br />

posizioni dei primi esegeti cristiani privilegiando l’ermeneutica storica applicata<br />

dai Padri della Chiesa f<strong>in</strong>o al V secolo, riprist<strong>in</strong>ata da Gioacch<strong>in</strong>o da Fiore nell’XI<br />

secolo, ripresa dai Ri<strong>formato</strong>ri nel XVI secolo e mantenuta dai cont<strong>in</strong>uatori della<br />

Riforma f<strong>in</strong>o alle soglie dei tempi moderni. L’identificazione del persecutore di<br />

Dn 7:8,21-25 deve necessariamente tenere conto di tutte le <strong>in</strong>formazioni che fornisce<br />

il testo danielico: delle implicazioni spazio-temporali come dei caratteri<br />

dist<strong>in</strong>tivi e degli aspetti differenziati della sua attività.<br />

Consideriamo ad una ad una le suddette <strong>in</strong>formazioni e confrontiamole con<br />

lo sviluppo storico del papato.<br />

1. Il potere raffigurato dal “piccolo corno” sarebbe sorto quando già avrebbero<br />

regnato i “re” simboleggiati dalle dieci corna: “e dopo di quelli ne sorgerà<br />

un altro...” (v. 24). Questa <strong>in</strong>dicazione di ord<strong>in</strong>e temporale orienta al periodo<br />

post-romanico, quando nei territori dell’Impero d’Occidente già dom<strong>in</strong>avano i<br />

regni barbarici. Il potere temporale dei pontefici romani si affermò nel secolo<br />

VIII, quando i re franchi donarono al vescovo di Roma i territori italici tolti ai<br />

Longobardi. 262 Nacque così lo Stato della Chiesa sul quale i pontefici romani re-<br />

260 - Cfr. S.D.A.B.C., ibidem.<br />

261 - H.C. LEUPOLD, op.cit., p. 323.<br />

262 - Nel 752 Astolfo re dei Longobardi occupò Ravenna ponendo f<strong>in</strong>e al dom<strong>in</strong>io bizant<strong>in</strong>o<br />

nell’Italia del Nord. Poi marciò alla volta di Roma. Papa Stefano II, dopo avere <strong>in</strong>utilmente sollecitato<br />

l’<strong>in</strong>tervento di Costant<strong>in</strong>opoli, si rivolse ai Franchi. Nel 754 Pip<strong>in</strong>o il Breve scese <strong>in</strong> Italia<br />

alla testa di un esercito franco e sconfisse Astolfo, costr<strong>in</strong>gendolo a cedergli Ravenna e le altre<br />

terre occupate. Di quelle terre Pip<strong>in</strong>o fece dono al papa “che ormai senza più esitare cercava di<br />

sostituirsi <strong>in</strong> Italia all’Impero” (P. VILLARI, Le <strong>in</strong>vasioni barbariche <strong>in</strong> Italia, Milano 1905, p. 379).<br />

Pip<strong>in</strong>o dovette tornare <strong>in</strong> Italia due anni dopo, ancora su richiesta di papa Stefano, perché<br />

Astolfo m<strong>in</strong>acciò di nuovo Roma. Sconfitto per la seconda volta il Longobardo dovette consegnare<br />

al v<strong>in</strong>citore un numero maggiore di città di cui il re dei Franchi consegnò le chiavi a Stefano<br />

II <strong>in</strong>sieme con l’atto di donazione “a San Pietro, alla santa Repubblica romana ed a tutti i<br />

successivi pontefici” (P. VILLARI, ibidem, p. 374). Nacque così lo Stato della Chiesa sul quale i<br />

pontefici regnarono da veri sovrani.<br />

175


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 176<br />

CAPITOLO 7<br />

gnarono da veri sovrani f<strong>in</strong>o al 1870. Ma la supremazia universale della sede romana<br />

sulla cristianità <strong>in</strong> realtà era stata riconosciuta ufficialmente con un editto<br />

imperiale due secoli prima. 263<br />

2. Secondo Dn 7:8 l’undicesimo corno cresce (aramaico silqath) fra le dieci<br />

corna. Girolamo traduce meglio l’aramaico beneheon: “de medio eorum”; così<br />

pure varie versioni moderne: “<strong>in</strong> mezzo a quelle” (TOB), “<strong>in</strong> mezzo ad esse”<br />

(Bern<strong>in</strong>i), “<strong>in</strong> mezzo a queste” (G.R<strong>in</strong>aldi). La locuzione avverbiale orienta <strong>in</strong><br />

senso spaziale. Il potere di cui è simbolo il “piccolo corno” doveva sorgere e<br />

crescere <strong>in</strong> un punto geografico centrale rispetto ai regni germanici sparsi nei<br />

territori dell’ex impero lat<strong>in</strong>o, ovvero nel cuore stesso di quei territori, a Roma. E<br />

<strong>in</strong> Roma si sviluppò e si affermò il papato storico. 264<br />

3. Il “piccolo corno” crescendo si fa spazio con l’abbattere tre delle corna<br />

precednti (vv. 8a e 20a). Ciò sta a significare che il potere che esso raffigura nel<br />

corso del suo sviluppo storico avrebbe fatto cadere tre dei regni preesistenti (v.<br />

24 u.p.). È noto dalla storia che le popolazioni germaniche che si <strong>in</strong>sediarono<br />

nei territori dell’Impero lat<strong>in</strong>o, a parte i Franchi, abbracciarono via via la fede<br />

ariana <strong>in</strong>visa ai cattolici. La presenza di forti regni ariani <strong>in</strong> Italia e nell’Africa del<br />

nord, dove il cattolicesimo era fiorente, era una circostanza assai sgradita per il<br />

vescovo di Roma. L’<strong>in</strong>tervento diretto o <strong>in</strong>diretto di Bisanzio, che allora si ergeva<br />

a palad<strong>in</strong>a della fede cattolica, determ<strong>in</strong>ò la caduta, uno dopo l’altro, di tre regni<br />

germanici ariani che riducevano la libertà d’azione di Roma papale: degli Eruli <strong>in</strong><br />

263 L’imperatore Giust<strong>in</strong>iano verso la Chiesa si comportò da degno successore di Costant<strong>in</strong>o.<br />

Sulle questioni religiose egli ebbe completa identità di vedute col pontefice romano. Nel 533<br />

annunciò con una lettera a papa Giovanni II (532 - 535) di avere posto sotto l’autorità del pontefice<br />

il clero e la chiesa d’Oriente f<strong>in</strong>o ad allora separati da Roma. Ecco i passi più significativi<br />

della lettera di Giust<strong>in</strong>iano a Giovanni II: “ Giust<strong>in</strong>iano, vittorioso, pio, beato, illustre trionfante,<br />

sempre augusto; a Giovanni, patriarca e santissimo arcivescovo della città di Roma:... Poiché<br />

abbiamo sempre cercato di mantenere l’unità della Vostra Sede Apostolica e di mantenere le<br />

sante chiese di Dio nello stato <strong>in</strong> cui sono oggi, ovvero nella pace, e liberarle da ogni contrarietà,<br />

abbiamo <strong>in</strong>vitato tutto il clero dell’Oriente ad unirsi e a sottomettersi alla Vostra Santità...<br />

Voi che siete il Capo della Chiesa ... Noi domandiamo dunque... che Vostra Santità approvi tutti<br />

coloro che credono a quanto abbiamo sopra esposto e condanni la perfidia di quanti giudaicamente<br />

hanno osato negare la fede legittima... Che la Div<strong>in</strong>ità, o santo e religiosissimo Padre,<br />

Vi conceda lunga vita” (da JEAN VEULLEUMIER, L’Apocalypse..., Dammarie-les-lys 1948, p. 231).<br />

Nella stessa lettera Giust<strong>in</strong>iano conferma legalmente il vescovo di Roma “capo di tutte le<br />

sante chiese” e “capo di tutti i santi m<strong>in</strong>istri”. In una seconda lettera si compiace col papa per<br />

la sua solerzia nel “correggere” (leggi “perseguitare”) gli eretici (vedi S.D.A.B.C., vol. IV, p.<br />

827). Le lettere di Giust<strong>in</strong>iano furono <strong>in</strong>corporate nel Codex del Corpus Juris Civilis, libro I, titolo<br />

I, con piena forza di editto imperiale. Per la prima volta nella storia l’autorità imperiale riconosceva<br />

ufficialmente il vescovo di Roma capo supremo della Chiesa universale e “correttore<br />

degli eretici”.<br />

264 - Vedi Appendice 7A a f<strong>in</strong>e capitolo.<br />

176


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 177<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Italia nel 493, dei Vandali nell’Africa del nord nel 534, degli Ostrogoti ancora <strong>in</strong><br />

Italia fra il 535 e il 553. 265 In questi tre avvenimenti storici gli espositori avventisti<br />

hanno ravvisato all’unanimità il compimento di ciò che raffigurava la caduta<br />

delle tre corna al crescere del “piccolo corno”.<br />

4. L’undicesimo corno, <strong>in</strong>significante al suo nascere (aramaico hfry"(ºz zê’irah,<br />

“m<strong>in</strong>uscolo”, v. 8 u.p.), cresce f<strong>in</strong>o a superare le altre corna (“appariva maggiore<br />

delle altre corna”, v. 20 u.p.). Dal tempo di Leone I (V secolo) l’<strong>in</strong>fluenza ed il<br />

prestigio del papato crebbero grandemente f<strong>in</strong>o a giungere alla massima potenza<br />

nei secoli XI e XIII con i pontificati di Gregorio VII (1073-1085) e Innocenzo<br />

III (1198-1216). Le Crociate, l’Inquisizione, le lotte sostenute contro l’Impero<br />

furono tra le espressioni più significative del potere enorme dei papi nel<br />

Medioevo. In questo periodo storico l’autorità dei pontefici romani spesso sovrastò<br />

quella dei potentati secolari.<br />

5. Il “piccolo corno” si presenta agli occhi del veggente con <strong>in</strong>soliti caratteri<br />

umani (“aveva degli occhi simili a occhi d’uomo e una bocca che proferiva<br />

grandi cose”, v. 8 u.p.). Questi particolari evidenziano una diversificazione ed<br />

una s<strong>in</strong>golarità dell’undicesimo corno rispetto alle altre che il testo sottol<strong>in</strong>ea<br />

espressamente: “ne sorgerà un altro, che sarà diverso dai precedenti” (v. 24 u.p.).<br />

Il potere dei papi si differenziò dal potere dei sovrani secolari per essere stato<br />

nel medesimo tempo spirituale e secolare, ecclesiastico e politico; i pontefici romani<br />

furono sovrani teocratici. Gli “occhi simili a occhi d’uomo” nel “piccolo<br />

corno” evocano chiaroveggenza e lungimiranza non comuni.<br />

La storia dei papi mostra come gli uom<strong>in</strong>i che hanno occupato nei secoli il<br />

trono pontificio siano stati fra i più sagaci e perspicaci che la Chiesa cattolica abbia<br />

saputo esprimere: uom<strong>in</strong>i che hanno visto chiaro nelle cose e lontano nel<br />

tempo, che hanno espresso una rara capacità di prevedere e provvedere con<br />

tempestività. La “bocca che proferisce cose grandi” (aramaico }fb:r:bar liLam:m {upU<br />

ufum memallil revrevân, vv. 8 e 20b) fa pensare a pronunciamenti che avrebbero<br />

avuto un impatto enorme nella storia ecclesiastica e politica. Tali furono <strong>in</strong><br />

effetti le bolle, <strong>in</strong> specie quelle di scomunica, e le encicliche dei papi nei secoli.<br />

Il v. 25 spiega ulteriormente: “proferirà parole contro l’Altissimo” (aramaico liLamºy<br />

f)yfLi( dac:l }yiLimU umillîn letzad ‘illay’a yemallil ). Il S.D.A.B.C. osserva: “Letzad si<br />

può tradurre ‘<strong>in</strong> alto contro’, con l’implicazione che il piccolo corno nell’opporsi<br />

all’Altissimo si esalti al punto di eguagliarsi a Dio (vedi su II Te 2:4; cfr. Is 14:12-<br />

14)” 266.<br />

Il passo parallelo di Ap 13:5 recita: “E le fu data una bocca che proferiva<br />

parole arroganti e bestemmie”. Certe rivendicazioni <strong>in</strong>audite dei pontefici romani<br />

265 - Vedi Appendice 7B a f<strong>in</strong>e capitolo.<br />

266 - Vol. IV, p. 831.<br />

177


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 178<br />

CAPITOLO 7<br />

nei secoli passati 267 rispondono <strong>in</strong> modo sorprendente a queste anticipazioni<br />

della Parola profetica. Nella nostra cultura la bestemmia è l’<strong>in</strong>sulto verbale all’<strong>in</strong>dirizzo<br />

della Div<strong>in</strong>ità, ma nell’ambiente giudaico essa si configurava come l’attribuzione<br />

<strong>in</strong>debita di prerogative div<strong>in</strong>e a creature umane o la rivendicazione di<br />

siffatte prerogative da parte di una creatura umana. Il vangelo di Giovanni ricorda<br />

un episodio <strong>in</strong> cui Gesù, essendosi eguagliato a Dio, i giudei lo accusarono<br />

di bestemmia e tentarono di lapidarlo (Gv 10:30-33).<br />

6. Il potere che s’<strong>in</strong>carna nel simbolo del “piccolo corno”, dice l’angelo al<br />

profeta, “ridurrà allo stremo i santi dell’Altissimo” (aramaico )"Labºy }yénOy:le( y"$yiDaq:lU<br />

uleqaddîshê ‘elyonîn yevalle’). Il verbo bl’, di cui yevalle’ è la terza persona s<strong>in</strong>golare<br />

dell’imperfetto, significa “distruggere”, “sterm<strong>in</strong>are” (la Bibbia TOB traduce<br />

letteralmente: “distruggerà i santi dell’Altissimo”). Nel v. 21 la stessa azione<br />

violenta del “piccolo corno” è descritta così: “faceva guerra ai santi e aveva il sopravvento”.<br />

Come non scorgere <strong>in</strong> queste parole un riferimento profetico alle<br />

guerre di religione che funestarono la Francia nel XVI secolo, come non vedervi<br />

un’anticipazione delle persecuzioni cont<strong>in</strong>ue e implacabili contro gli “eretici” ad<br />

opera dei pr<strong>in</strong>cipi e dei sovrani cattolici su istigazione della curia romana? Le<br />

crociate sangu<strong>in</strong>ose contro gli Albigesi e i Valdesi nel Medioevo e contro gli<br />

Hussiti e gli Ugonotti <strong>in</strong> tempi più recenti, figurano tra le pag<strong>in</strong>e più nere della<br />

storia dell’Europa cattolica.<br />

La Chiesa romana non nega di aver perseguitato gli “eretici” e rivendica la<br />

legittimità di siffatta violenta azione repressiva nell’ambito dell’esercizio di un’autorità<br />

che essa pretende di avere ricevuto da Gesù Cristo.<br />

7. L’angelo-rivelatore spiega a Daniele che il s<strong>in</strong>istro persecutore dei santi<br />

penserà anche “di mutare i tempi e la legge” (aramaico tfdºw }yén:méz hfyæn:$ah:l raB:séyºw<br />

weyisbar lehashnayah zimnîn wedath).<br />

Il vocabolo sevar (da cui viene l’imperfetto isbar reso dalla Riveduta “penserà”),<br />

secondo B.DAVIDSON come verbo significa “sperare” e come sostantivo<br />

“scopo”, “mira”, “<strong>in</strong>tenzione” (The Analythical Hebrew and Chaldee Lexicon). Il<br />

verbo shna’ (da cui deriva l’imperfetto hashnâyah) significa “cambiare”, “alterare”,<br />

“rendere diverso” (ibidem). In riferimento all’oggetto dell’<strong>in</strong>tenzione del<br />

“piccolo corno”, Daniele usa il vocabolo zimnîn (forma plurale di zimn’) che ha<br />

il senso di “tempi fissati, tempi stabiliti”. Con questa valenza il term<strong>in</strong>e ricorre <strong>in</strong><br />

Dn 2:16; 3:8; 4:36; 6:10,13; 7:12.<br />

Per esprimere il concetto più generico di “tempo” (anche di “anno”) Daniele<br />

usa un altro vocabolo, ‘iddan (plur. ‘iddanîn): cfr. 2:21; 4:16,23,25,32.<br />

W.Gesenius spiega <strong>in</strong> Hebrew - Chaldee Lexicon to the Old Testament, alla voce<br />

zimna’, che questo term<strong>in</strong>e “è usato <strong>in</strong> riferimento ai tempi sacri (giorni festivi)”<br />

267 - Vedi Appendice 7C a f<strong>in</strong>e capitolo.<br />

178


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 179<br />

CAPIRE DANIELE<br />

e cita come esempio Dn 7:25. L’aramaico dath significa “legge” <strong>in</strong> generale, ma<br />

<strong>in</strong> un contesto religioso acquista il senso specifico di “legge div<strong>in</strong>a”, anche di<br />

“religione”, “sistema religioso” (cfr. W.GESENIUS, ibidem, il quale rimanda a Dn<br />

7:25 ove dath ricorre con questa accezione).<br />

Dunque Daniele ha voluto dirci che il potere che si cela nel “piccolo corno”<br />

avrebbe avuto <strong>in</strong> animo (si sarebbe prefisso) non già di abolire, ma di alterare i<br />

tempi sacri fissati da Dio (i Sabati) e la legge div<strong>in</strong>a, ovverosia il Decalogo base<br />

morale dell’Antica e della Nuova Alleanza (vedi Es 24:3,8; Gr 31:31-33; Eb 10:14-<br />

17; Rm 2:13; 13:8-10).<br />

La Chiesa romana non ha abolito il riposo religioso settimanale prescritto dal<br />

IV comandamento del Decalogo, ne ha alterato il valore e il significato con<br />

l’averlo trasferito arbitrariamente dal settimo al primo giorno della settimana 268. Il<br />

cambiamento del giorno di riposo da un lato e l’<strong>in</strong>troduzione del culto delle immag<strong>in</strong>i<br />

dall’altro hanno condotto all’alterazione della legge div<strong>in</strong>a con la soppressione<br />

del secondo comandamento, il cambiamento del quarto e la divisione <strong>in</strong> due<br />

del decimo per colmare il vuoto lasciato dall’elim<strong>in</strong>azione del secondo. Quella<br />

legge Gesù Cristo l’aveva dichiarata solennemente <strong>in</strong>alterabile (Mt 5:17-18).<br />

8. La durata del sopravvento del “piccolo corno” sui santi dell’Altissimo è<br />

fissata con precisione: “i santi saranno dati nelle sue mani per un tempo, dei<br />

tempi e la metà d’un tempo” (aramaico }fDi( gal:pU }yénfDi(ºw }fDi(-da( ‘ad ‘iddan we‘iddanîn<br />

ûfelag ‘iddân, letteralmente “f<strong>in</strong>o a un tempo, tempi e la metà di un<br />

tempo”). Per largo consenso dei commentatori <strong>in</strong> questo contesto ‘iddân - ‘iddanîn<br />

si deve <strong>in</strong>tendere “anno - anni” 269.<br />

I massoreti lessero il gruppo consonantico ‘ddnn come una forma plurale e<br />

così lo vocalizzarono, ma è op<strong>in</strong>ione diffusa tra gli studiosi di Daniele che esso<br />

dovrebbe leggersi come un duale (‘iddanaîn). Sta di fatto che lo stesso periodo<br />

profetico ricorrente nell’identica forma <strong>in</strong> Ap 12:14 (“un tempo, dei tempi e la<br />

metà di un tempo”, greco ’ekei kairòn kaì kairoùs kaì ‘emisu kairou), nel v. 6<br />

dello stesso capitolo compare <strong>in</strong> una forma diversa che autorizza a leggere kairoùs<br />

“due tempi”, cioè nella forma “milleduecentosessanta giorni” (greco ‘eméras<br />

chilias diakosìas ‘exekonta). Milleduecentosessanta giorni equivalgono esattamente<br />

a tre anni e mezzo calcolando gli anni come formati da 360 giorni (non<br />

sono giorni ed anni di calendario, ma giorni ed anni profetici). In def<strong>in</strong>itiva, la<br />

durata del sopravvento del “piccolo corno” sui santi dell’Altissimo è fissata <strong>in</strong> Dn<br />

7:25 <strong>in</strong> tre anni e mezzo profetici.<br />

Espositori ebrei di Daniele equipararono ad anni solari i giorni degli anni<br />

profetici prima ancora dei commentatori cristiani. Agli <strong>in</strong>izi del IX secolo il dotto<br />

giudeo Nahawendi <strong>in</strong>terpretò come anni solari i 1290 e i 2300 giorni profetici di<br />

268 - Vedi S.BACCHIOCCHI, Un esame dei testi biblici e patristici..., tesi di laurea, 1974.<br />

269 - Cfr. S.D.A.B.C., vol. IV, p. 833.<br />

179


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 180<br />

CAPITOLO 7<br />

Dn 12:11 e 8:14. Altri studiosi ebrei nei secoli X, XI, XII e XIII applicarono lo<br />

stesso pr<strong>in</strong>cipio d’<strong>in</strong>terpretazione ai “giorni” delle profezie danieliche 270.<br />

Fra i cristiani l’abate Gioacch<strong>in</strong>o da Fiore, nel XII secolo, fu il primo espositore<br />

delle profezie apocalittiche ad eguagliare ad anni solari i giorni profetici 271.<br />

Da allora f<strong>in</strong>o ai nostri giorni sono stati numerosi, <strong>in</strong> particolare fra gli acattolici,<br />

gli espositori di Daniele e dell’Apocalisse di Giovanni che hanno seguito questo<br />

criterio esegetico 272. Gli avventisti, da William Miller <strong>in</strong> poi, lo hanno applicato<br />

senza eccezioni.<br />

Dunque per 1260 anni i santi dell’Altissimo dovevano essere alla mercé di<br />

un potere autoritario e persecutore, quel potere che abbiamo identificato nel papato<br />

storico.<br />

Come delimitare nella storia questo ampio arco di tempo? Vari espositori<br />

protestanti avevano proposto prima di Miller gli anni 538 e 1798 come term<strong>in</strong>us<br />

a quo e term<strong>in</strong>us ad quem di questo periodo temporale. Vediamo come si giustificano<br />

sul piano della storia queste date.<br />

Nel 533 l’imperatore Giust<strong>in</strong>iano <strong>in</strong>trodusse nel Corpus iuris civilis un decreto<br />

col quale poneva tutte le chiese e tutti i vescovi d’Oriente, f<strong>in</strong>o ad allora<br />

<strong>in</strong>dipendenti da Roma, sotto l’autorità del pontefice romano, e conferiva a lui<br />

l’ufficio ed il potere di “correttore degli eretici”, <strong>in</strong> pratica lo <strong>in</strong>vestiva del diritto<br />

e dell’autorità di perseguitare i cristiani dissidenti. Solo 5 anni dopo, però,<br />

quando gli Ostrogoti abbandonarono l’assedio di Roma strenuamente difesa dai<br />

Bizant<strong>in</strong>i, il papa fu <strong>in</strong> grado di esercitare i poteri che gli conferiva l’editto imperiale.<br />

Dunque dal 538 il pontefice romano fu di fatto e non soltanto di diritto il<br />

capo universale della Chiesa e il correttore degli “eretici”.<br />

Milleduecentosessanta anni dopo, nel 1798, un evento che allora parve <strong>in</strong>credibile<br />

mise f<strong>in</strong>e al potere temporale dei papi: le truppe francesi agli ord<strong>in</strong>i del<br />

generale Berthier, vittoriose nella campagna d’Italia, occuparono Roma, e il loro<br />

comandante supremo per <strong>in</strong>carico del Direttorio depose Pio VI e lo mandò <strong>in</strong><br />

esilio a Valence, nella Francia del sud, proclamando solennemente la fondazione<br />

della Repubblica Romana.<br />

“Con la morte di Pio VI a Valence il papato sembrò annientato. Tant’è vero<br />

che <strong>in</strong> Francia papa Braschi veniva chiamato Pio Sesto ed Ultimo” 273.<br />

Con la deposizione e l’esilio di Pio VI ad opera del Direttorio, f<strong>in</strong>ivano per<br />

la Chiesa romana dodici secoli e mezzo di <strong>in</strong>fluenza sui potentati secolari per re-<br />

270 - Cfr. LE ROY EDWIN FROOM, op. cit., p. 713.<br />

271 - Ibidem, pp. 712-713.<br />

272 - Cfr. LE ROY EDWIN FROOM, op.cit., voll. II, III e IV.<br />

273 - J.GELMI, I Papi da Pietro a Giovanni Paolo II, Milano 1987, pp. 214-215.<br />

180


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 181<br />

CAPIRE DANIELE<br />

primere la dissidenza religiosa, e per i cristiani dissidenti term<strong>in</strong>ava un lungo periodo<br />

di vessazioni e persecuzioni sangu<strong>in</strong>ose.<br />

La rispondenza dei fatti storici ai vatic<strong>in</strong>i della profezia avalla nello stesso<br />

tempo la profezia stessa e l’<strong>in</strong>terpretazione storica che se ne è data f<strong>in</strong> qui.<br />

26 Poi si terrà il giudizio e gli sarà tolto il dom<strong>in</strong>io, che verrà distrutto<br />

ed annientato per sempre. 27 E il regno e il dom<strong>in</strong>io e la grandezza<br />

dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei<br />

santi dell’Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutti i dom<strong>in</strong>i lo<br />

serviranno e gli ubbidiranno”.<br />

Nell’aramaico le prime due parole del v. 26 sono identiche alle prime due parole<br />

dell’ultima frase del v.10: d<strong>in</strong>â’ yittiv. La traduzione di G.R<strong>in</strong>aldi è più conforme<br />

all’orig<strong>in</strong>ale di quanto non lo sia la traduzione della Riveduta: “La corte poi s’assiderà”.<br />

Questo versetto dunque (il 26) non fa che <strong>in</strong>terpretare i vv. 10 e 11, ma<br />

avendo <strong>in</strong> più un riferimento al dom<strong>in</strong>io che verrà tolto al corno.<br />

F<strong>in</strong>almente il “piccolo corno” (e non il dom<strong>in</strong>io come sembra suggerire la<br />

Riveduta) sarà “distrutto e annientato per sempre” (è un’allusione al giudizio esecutivo<br />

che avrà luogo alla f<strong>in</strong>e dei mille anni dei quali si parla <strong>in</strong> Ap 20:7,10. La<br />

f<strong>in</strong>e del sistema anti-div<strong>in</strong>o rappresentato dal corno, decretato nel giudizio preavvento<br />

(“la corte poi s’assiderà”), sarà radicale e def<strong>in</strong>itiva.<br />

Mentre nel v. 11 è la bestia che viene distrutta, secondo il v. 26 lo è il<br />

corno. Segno evidente, come si è osservato nel commento del v.11, che la bestia<br />

e il corno formano una unità organica: essi che hanno <strong>in</strong> comune la responsabilità<br />

morale dell’opposizione contro Dio, divideranno <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e la sorte f<strong>in</strong>ale.<br />

Il v. 27 riprende e amplifica la rivelazione str<strong>in</strong>gata che era stata fatta nel<br />

v.18 circa l’attribuzione del regno ai santi dell’Altissimo: Lì si diceva laconicamente<br />

che “i santi dell’Altissimo riceveranno il regno...”, qui si annuncia che “il<br />

regno e il dom<strong>in</strong>io e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno<br />

dati al popolo dei santi dell’Altissimo”.<br />

Tre espressioni di senso aff<strong>in</strong>e: “il regno”, “il dom<strong>in</strong>io” e “la grandezza dei<br />

regni”, sottol<strong>in</strong>eano la pienezza del potere che sarà conferito ai santi; una quarta:<br />

“che sono sotto tutti i cieli”, ne evidenzia l’universalità spaziale. L’ultima frase: “è<br />

un regno eterno”, enfatizza la durata senza f<strong>in</strong>e del regno dei “santi”.<br />

Secondo il v.14 è il “figlio dell’uomo” ad essere <strong>in</strong>vestito del dom<strong>in</strong>io e del<br />

regno eterni dopo la sessione della corte celeste; i vv. 18 e 27 <strong>in</strong>vece li attribuiscono<br />

ai santi dopo la distruzione del corno, mentre l’ultima parte del v. 27 li aggiudica<br />

all’Altissimo (“il suo regno”).<br />

La triplice attribuzione non è contraddittoria. Il Nuovo Testamento cita 19<br />

volte il Sl 101:1, direttamente o implicitamente, riferendolo al Messia (Mt. 22:44;<br />

26:64;At 2:34; Rm 8:34; Ef 1:20; Cl. 3:1; Eb 1:13; 13:12; 1Pie 3:22, ecc...). Lo stare<br />

181


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 182<br />

CAPITOLO 7<br />

seduto e l’essere stato esaltato alla destra del Padre <strong>in</strong>dicano lo status regale del<br />

Figlio di Dio 274. La reggenza di Dio Padre sul mondo e la co-reggenza del Figlio<br />

furono per così dire una reggenza e una co-reggenza di diritto ma non di fatto<br />

giacché di fatto quaggiù regnarono la bestia e il suo undicesimo corno quali<br />

strumenti di potere del “pr<strong>in</strong>cipe di questo mondo” (Gv 14:30). Soltanto alla vigilia<br />

del suo ritorno <strong>in</strong> gloria, dopo il giudizio pre-avvento, quando sarà stata pronunciata<br />

la sentenza def<strong>in</strong>itiva sul “pr<strong>in</strong>cipe di questo mondo” e sui suoi emissari<br />

terreni, Gesù Cristo riceverà l’<strong>in</strong>vestitura del regno tolto al diavolo e ai suoi<br />

accoliti umani. È anche scritto che Gesù Cristo renderà partecipi i suoi eletti glorificati<br />

della sovranità universale che Egli a sua volta dividerà col Padre: “ed essi<br />

tornarono <strong>in</strong> vita e regnarono con lui mille anni” (Ap 20:4; cfr. 2Tm 2:12).<br />

182<br />

28 Qui f<strong>in</strong>irono le parole rivoltemi. Quanto a me, Daniele, i miei pensieri<br />

mi spaventarono molto, e mutai di colore; ma serbai la cosa nel<br />

cuore.<br />

Daniele chiude con un rapido cenno autobiografico il racconto della visione e<br />

della sua <strong>in</strong>terpretazione, e ancora una volta decl<strong>in</strong>a il suo nome come a voler<br />

confermare l’autenticità di quanto ha riferito.<br />

C’<strong>in</strong>forma sul forte impatto fisico ed emotivo che la visione ha avuto su lui:<br />

“i miei pensieri mi spaventarono molto, e mutai di colore”. Tutto questo è <strong>in</strong>dice<br />

di un forte stress psicofisico. Daniele vuole mantenere vive nella memoria le<br />

cose che gli sono state rivelate (“serbai la cosa nel cuore”).<br />

274 - Cfr. Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento a cura di L.COENEN - E.BEYREUTHER -<br />

H.BRETENHARD, Bologna 1980, pp. 973, 974


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 183<br />

APPENDICE 7A<br />

Nel IV secolo si giunse ad un’equiparazione<br />

delle sedi patriarcali della cristianità (Gerusalemme,<br />

Antiochia, Alessandria, Roma), poi col<br />

favore dell’Imperatore Costant<strong>in</strong>o la sede romana<br />

acquistò una posizione prem<strong>in</strong>ente. La<br />

Chiesa cercò di adeguarsi alla politica dell’Impero:<br />

ne prese a modello la riorganizzazione<br />

dell’amm<strong>in</strong>istrazione politica attuata da Costant<strong>in</strong>o,<br />

per organizzare la propria amm<strong>in</strong>istrazione<br />

e la stessa gerarchia ecclesiastica.<br />

DAMASO I (366 - 384) sostenne l’autorità<br />

prem<strong>in</strong>ente del vescovo di Roma <strong>in</strong> base<br />

alla tradizione sul soggiorno romano dell’apostolo<br />

Pietro.<br />

Nacque il concetto di Sede Apostolica<br />

ed ebbe <strong>in</strong>izio l’evoluzione dell’ufficio del vescovo<br />

di Roma verso il papato.<br />

SIRICIO I (384 - 399) pretese che tutte<br />

le chiese si uniformassero alla condotta della<br />

chiesa di Roma. Ispirandosi alla forma dei decreti<br />

imperiali, Siricio redasse le Costituzioni<br />

Pontificie (Decretalia constituta) <strong>in</strong> cui si afferma<br />

l’identità del papa e di Pietro. Sembra<br />

che Siricio sia stato il primo vescovo di Roma<br />

ad assumere il titolo di papa.<br />

LEONE I MAGNO (440 - 461) è considerato<br />

il fondatore del primato romano. Con<br />

l’appoggio dell’Impero, papa Leone si pose al<br />

di sopra dei concili e avocò a sé il diritto di<br />

def<strong>in</strong>ire i dogmi della Chiesa e dettare le decisioni<br />

importanti. Leone I si proclamò “primo<br />

fra tutti i vescovi” e pretese di esercitare “con<br />

piena potestà” la “cura della Chiesa universale”<br />

(E. MEYNIER, Storia dei papi, Torre Pellice<br />

1932, p. 62). Nel 452 papa Leone acquistò<br />

grande prestigio per avere dissuaso a Mantova<br />

il re degli Unni dal saccheggiare Roma.<br />

Sotto il pontificato di Leone I l’imperatore VA-<br />

LENTINIANO III, nel 445, confermò il primato<br />

CAPIRE DANIELE<br />

del vescovo di Roma nell’Occidente.<br />

Dal 496 il pontefice romano ebbe dalla<br />

sua parte un potente alleato con la conversione<br />

al cattolicesimo di Clodoveo re dei Franchi.<br />

Nel 533 l’Imperatore Giust<strong>in</strong>iano fece<br />

pervenire a papa Giovanni II delle lettere nelle<br />

quali riconosceva il pontefice romano capo<br />

della Chiesa universale. In risposta Giovanni<br />

II si compiacque con l’Imperatore per avere<br />

egli mantenuto la prem<strong>in</strong>enza della sede romana,<br />

riprist<strong>in</strong>ato l’unità della Chiesa e promosso<br />

la persecuzione degli “eretici”. Le lettere<br />

di Giust<strong>in</strong>iano al vescovo di Roma furono<br />

<strong>in</strong>corporate nel Corpus Juris con piena forza<br />

di decreti imperiali.<br />

GREGORIO MAGNO (590 - 604) fondò di<br />

fatto il potere temporale dei papi con l’accentrare<br />

i fondi della Chiesa e divenne <strong>in</strong> concreto<br />

sovrano temporale della città di Roma.<br />

Papa ZACCARIA (741 - 752) nel 751 approvò<br />

l’usurpazione del trono dei Franchi ad<br />

opera di Pip<strong>in</strong>o e consacrò l’usurpatore re dei<br />

Franchi dopo avere sciolto i sudditi dal giuramento<br />

di fedeltà a Childerico, ultimo legittimo<br />

sovrano merov<strong>in</strong>gio.<br />

STEFANO II (752 - 757) si distaccò da<br />

Costant<strong>in</strong>opoli e si legò al regno dei Franchi.<br />

Da Pip<strong>in</strong>o papa Stefano ricevette nel 756 i<br />

territori tolti ai Longobardi (v. nota 1); <strong>in</strong> seguito<br />

il pontefice pretese una sovranità territoriale<br />

<strong>in</strong>dipendente fondando tale rivendicazione<br />

su un presunto documento di Costant<strong>in</strong>o<br />

(Donatio Constant<strong>in</strong>i) di cui l’umanista<br />

Lorenzo Valla nel 1440 dimostrò la falsità.<br />

LEONE III (795 - 816) nell’800 <strong>in</strong>coronò<br />

il franco Carlomagno imperatore del sacro Romano<br />

Impero. I suoi successori e <strong>in</strong> seguito<br />

anche i sovrani di varie nazioni europee, attribuirono<br />

all’<strong>in</strong>coronazione papale valore di conferimento<br />

reale della dignità imperiale.<br />

Nell’875 papa GIOVANNI VIII (872 -<br />

183


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 184<br />

CAPITOLO 7<br />

881) <strong>in</strong>coronò imperatore Carlo il Calvo di<br />

Francia senza tenere conto dei diritti legittimi<br />

del fratello maggiore Ludovico il Germanico.<br />

Oramai “il papato appariva come l’autorità<br />

che poteva disporre della corona e darla a chi<br />

riteneva degno e rifiutarla all’<strong>in</strong>degno” (S.HEL-<br />

LMAN, Storia del Medioevo, Genova 1990, p.<br />

111).<br />

Nel 1054 il conflitto di potere tra il patriarca<br />

di Costant<strong>in</strong>opoli e papa LEONE IX<br />

(1049 - 1054) per il primato universale, provocò<br />

la rottura fra la Chiesa Orientale e la<br />

Chiesa Occidentale.<br />

GREGORIO VII (1073 - 1085) fu uno dei<br />

più grandi pontefici del Medioevo. Papa Gregorio<br />

concepì il progetto di porre tutta la società<br />

umana sotto la completa direzione della<br />

Chiesa.<br />

“Egli vagheggiò uno stato mondiale teocratico<br />

sotto la direzione del sommo sacerdote<br />

della chiesa cristiana” (S. HELLMAN, op.<br />

cit., p. 252).<br />

Nella lotta con l’Impero per la questione<br />

delle <strong>in</strong>vestiture ecclesiastiche, Gregorio ebbe<br />

la meglio. Nel 1075 l’energico pontefice depose<br />

e scomunicò Enrico IV sciogliendone i<br />

sudditi dal giuramento di fedeltà. Abbandonato<br />

dai pr<strong>in</strong>cipi vassalli e dai sudditi <strong>in</strong> rivolta,<br />

l’Imperatore nel 1077 si vide costretto<br />

a recarsi a Canossa <strong>in</strong> veste di penitente per<br />

chiedere al papa l’assoluzione. Gregorio lo ricevette<br />

nel castello di Matilde di Toscana<br />

dopo tre giorni di attesa a piedi nudi <strong>in</strong> pieno<br />

<strong>in</strong>verno e gli concesse la revoca della scomunica.<br />

Nel 1075 Gregorio VII promosse una<br />

riforma radicale del papato che si compendiò<br />

nelle 27 massime del Dictatus Papae fra le<br />

cui <strong>in</strong>audite rivendicazioni figurava la proclamazione<br />

del potere assoluto del papa di deporre<br />

i sovrani temporali sottoposti all’autorità<br />

della Chiesa.<br />

184<br />

Nel 1095, papa URBANO II (1088 -<br />

1099) colpì di scomunica il re di Francia Filippo<br />

I per avere ripudiato la moglie Bertha e<br />

sposato <strong>in</strong> seconde nozze Berthrada. Sotto il<br />

pontificato di PASQUALE II (1099 - 1118), nel<br />

1103, Filippo I dovette implorare il perdono<br />

del papa a piedi nudi e col saio di penitente<br />

per essere riammesso nella Chiesa.<br />

L’imperatore Enrico V di Germania nel<br />

1111 ricevette la corona imperiale dai piedi di<br />

papa PASQUALE II assiso sul trono pontificio.<br />

Federico I Barbarossa, scomunicato per<br />

avere voluto imporre al papato l’autorità imperiale,<br />

nel 1177, dopo essere stato battuto a<br />

Legnano dalla Lega Lombarda, si vide costretto<br />

a stipulare la pace con papa ALES-<br />

SANDRO III (1159 - 1181) per ricevere l’assoluzione.<br />

Enrico II Plantageneto re d’Inghilterra fu<br />

duramente avversato dall’arcivescovo di Cantenbury,<br />

Thomas Becket, per avere sottoposto<br />

il clero alla giurisdizione del tribunale regio<br />

con le Costituzioni di Clarendon del 1164.<br />

A seguito dell’assass<strong>in</strong>io di Thomas Becket,<br />

di cui la curia romana accusò il re, questi fu<br />

colpito di anatema da papa ALESSANDRO III.<br />

Per ottenere la sospensione della pena il re<br />

dovette sottoporsi pubblicamente alla fustigazione<br />

sulla tomba del suo mortale nemico.<br />

INNOCENZO III (1198 - 1216), un pontefice<br />

della statura morale di un Gregorio VII, si<br />

batté con grande energia per l’affermazione<br />

assoluta dei pontefici all’esterno come all’<strong>in</strong>terno<br />

della Chiesa. Nel 1201 papa Innocenzo<br />

scagliò l’<strong>in</strong>terdetto sul regno di Francia per costr<strong>in</strong>gerne<br />

il re Filippo Augusto a riprendere la<br />

moglie ripudiata, Ingerburge. Nel 1213, Innocenzo<br />

III mise sotto <strong>in</strong>terdetto il regno d’Inghilterra<br />

il cui sovrano, Giovanni Senza Terra,<br />

era entrato <strong>in</strong> conflitto col pontefice. Giovanni,<br />

abbandonato dai sudditi, fu costretto a de-


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 185<br />

porre la corona ai piedi del pontefice per riceverla<br />

dalle sue mani come vassallo della<br />

Chiesa. Per volere di papa Innocenzo il IV Concilio<br />

Lateranense riunitosi nel 1215 istituì i tribunali<br />

ecclesiastici per la repressione delle<br />

eresie dando orig<strong>in</strong>e a quella istituzione s<strong>in</strong>istra<br />

che prese il nome di Inquisizione. Innocenzo<br />

III fu il promotore della sangu<strong>in</strong>osa crociata<br />

contro gli Albigesi della Francia del Sud.<br />

BONIFACIO VIII (1294 - 1303) fu l’ultimo<br />

grande papa del Medioevo. Papa Bonifacio rilanciò<br />

con grande energia la politica teocratica<br />

perseguita dai suoi illustri predecessori<br />

Innocenzo III e Gregorio VII, pretendendo per<br />

la Chiesa romana la supremazia temporale.<br />

Con la bolla Unam Sancta papa Bonifacio riaffermò<br />

la supremazia dei pontefici romani su<br />

tutti i pr<strong>in</strong>cipi temporali mediante la tesi delle<br />

due chiavi e delle due spade, simboli dei poteri<br />

temporale ed ecclesiastico.<br />

Con la morte di Bonifacio VIII com<strong>in</strong>ciò<br />

un periodo di decl<strong>in</strong>o del papato. Nel 1309<br />

per l’<strong>in</strong>fluenza preponderante del clero francese,<br />

la Santa Sede fu trasferita ad Avignone,<br />

nella Francia del sud. Era l’<strong>in</strong>izio della Cattività<br />

avignonese del papato. Il diffondersi della<br />

corruzione e del nepotismo nella corte papale<br />

di Avignone determ<strong>in</strong>ò una caduta di autorità<br />

della Chiesa.<br />

Nel 1376 GREGORIO XI (1370 - 1378)<br />

riportò a Roma la sede papale. Due anni<br />

dopo i card<strong>in</strong>ali francesi elessero papa CLE-<br />

MENTE VII (1378 - 1394) che si <strong>in</strong>sediò nella<br />

riprist<strong>in</strong>ata corte di Avignone, e fu l’<strong>in</strong>izio del<br />

Grande Scisma d’Occidente. Due papi, uno a<br />

Roma ed uno ad Avignone, si contesero il<br />

pontificato legittimo anatemizzandosi a vicenda.<br />

Con la elezione di MARTINO V a Costanza<br />

nel 1417 f<strong>in</strong>ì lo Scisma d’Occidente.<br />

Riprist<strong>in</strong>ata l’unità della Chiesa, i pontefici<br />

si adoperarono per consolidare lo Stato<br />

CAPIRE DANIELE<br />

pontificio che sempre più venne assumendo il<br />

carattere di un vero e proprio pr<strong>in</strong>cipato.<br />

Sotto il pontificato di LEONE X (1513 -<br />

1521) una crisi ancora più grave scosse la<br />

Chiesa di Roma. Nel 1517 il frate agost<strong>in</strong>iano<br />

Mart<strong>in</strong> Lutero <strong>in</strong> Germania attaccò duramente<br />

il commercio delle <strong>in</strong>dulgenze con le famose<br />

95 tesi di Wittenberg. Nel 1519 Lutero rifiutò<br />

di riconoscere il primato papale e la tradizione<br />

della Chiesa romana. Nel 1520 con<br />

l’abbruciamento pubblico della bolla di scomunica<br />

Exsurge Dom<strong>in</strong>e ruppe def<strong>in</strong>itivamente<br />

con Roma. Era nata la riforma protestante.<br />

PAOLO III (1534 - 1549), per combattere<br />

il protestantesimo, nel 1542 re<strong>in</strong>trodusse<br />

l’Inquisizione e nel 1545 <strong>in</strong>disse il<br />

Concilio di Trento, massima espressione di<br />

quel vasto movimento di reazione della<br />

Chiesa di Roma alla Riforma luterana che<br />

prese il nome di Controriforma. Per merito dei<br />

Gesuiti, i veri palad<strong>in</strong>i della Controriforma,<br />

trionfò e si affermò il centralismo papale.<br />

PAOLO IV (1555 - 1559), Pio IV (1559 -<br />

1565) e Pio V (1566 - 1572) dettero grande<br />

impulso all’Inquisizione <strong>in</strong> Italia (Inquisizione<br />

Romana).<br />

GREGORIO XIII (1572- 1585) fece coniare<br />

una medaglia-ricordo e <strong>in</strong>disse un<br />

grande giubileo per celebrare il massacro degli<br />

Ugonotti <strong>in</strong> Francia del 1572.<br />

Sisto V (1585 - 1590) e Gregorio XIV<br />

(1590 - 1591) <strong>in</strong>terferirono nella politica <strong>in</strong>terna<br />

della Francia e della Spagna per stroncare<br />

la candidatura al trono di Francia di Enrico<br />

di Navarra amico degli Ugonotti.<br />

La Pace di Westfalia (1648), che mise<br />

f<strong>in</strong>e alla Guerra dei Trent’anni, segnò il fallimento<br />

della restaurazione cattolica <strong>in</strong> Europa<br />

e rappresentò un notevole passo avanti sulla<br />

via delle libertà religiosa, civile e politica <strong>in</strong><br />

185


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 186<br />

CAPITOLO 7<br />

Europa. Il potere papale, già scosso dall’affermarsi<br />

della Riforma <strong>in</strong> gran parte dell’Europa<br />

del nord e <strong>in</strong> Inghilterra, nel secolo XVIII<br />

venne ad essere ulteriormente <strong>in</strong>debolito per<br />

l’impatto che ebbero sulla cultura europea le<br />

idee <strong>in</strong>novatrici dell’Illum<strong>in</strong>ismo. Sul f<strong>in</strong>ire del<br />

secolo la Rivoluzione Francese assestò al potere<br />

papale quello che allora sembrò il colpo<br />

di grazia.<br />

Il 25 febbraio 1798 le truppe francesi agli<br />

ord<strong>in</strong>i del generale Louis Alexandre Berthier occuparono<br />

Roma per mandato del generale Bonaparte<br />

che aveva <strong>in</strong>vaso i territori dello Stato<br />

pontificio. Berthier depose Pio VI (1775 - 1798)<br />

e proclamò la Repubblica Romana. Il deposto<br />

pontefice, deportato a Valence, nel sud della<br />

Francia, vi morì l’anno seguente. “Con la morte<br />

di Pio VI a Valence il papato sembrò annientato”<br />

(I. GELMI, I Papi da Pietro a Giovanni Paolo<br />

II, Milano 1987, p. 215).<br />

La caduta def<strong>in</strong>itiva del potere temporale<br />

dei pontefici romani avvenne il 2 ottobre<br />

1870 quando un plebiscito sanzionò il fatto<br />

compiuto dell’occupazione di Roma da parte<br />

delle truppe di Vittorio Emanuele II il 20 settembre<br />

di quello stesso anno.<br />

APPENDICE 7B<br />

Dopo la morte di Valent<strong>in</strong>iano III nel 455, si<br />

verificò nell’Impero d’Occidente una crisi di<br />

potere. Ne approfittò Ricimero, un generale di<br />

orig<strong>in</strong>e svevo-gotica che era salito ai massimi<br />

onori sotto Valent<strong>in</strong>iano, per nom<strong>in</strong>are e deporre<br />

gli imperatori a suo talento: ben 5 imperatori<br />

si succedettero l’uno all’altro fra il 455<br />

e il 472.<br />

Morto Ricimero nel 473, fu messo sul<br />

trono imperiale a Ravenna Glicerio che <strong>in</strong><br />

capo a qualche mese fu deposto da Giulio<br />

186<br />

Nepote a sua volta esautorato nel 475 da<br />

Oreste, un romano della Pannonia, già m<strong>in</strong>istro<br />

di Attila, al quale l’Imperatore d’Oriente<br />

Zenone aveva conferito il titolo di “Patrizio Romano”.<br />

Non avendo osato assumere egli<br />

stesso la porpora imperiale, Oreste fece acclamare<br />

imperatore il proprio figlio Romolo<br />

che per la giovanissima età fu soprannom<strong>in</strong>ato<br />

Augustolo.<br />

I barbari (Eruli, Sciri, Tur<strong>in</strong>gi) che formavano<br />

la parte preponderante dell’esercito,<br />

non avendo ricevuto da Oreste le terre che<br />

avevano richieste, si ribellarono ed elessero<br />

loro capo Odoacre, un barbaro che era sceso<br />

<strong>in</strong> Italia qualche anno prima alla testa di una<br />

banda di avventurieri.<br />

Oreste fuggì e riparò a Pavia. Odoacre<br />

lo <strong>in</strong>seguì ma non riuscì a catturarlo sebbene<br />

avesse espugnato la città. Oreste fuggì ancora<br />

una volta e si r<strong>in</strong>chiuse <strong>in</strong> Piacenza dove<br />

lo raggiunse il suo avversario e stavolta lo uccise.<br />

Poi Odoacre corse a Ravenna e depose<br />

Romolo Augustolo. Era il 28 agosto del 476.<br />

Tramontava l’Impero d’Occidente e com<strong>in</strong>ciava<br />

la storia d’Italia; f<strong>in</strong>iva l’Età antica e si<br />

apriva il Medioevo.<br />

Odoacre non osò neppure lui assumere<br />

il governo dell’Impero. Nel 478 spedì a Costant<strong>in</strong>opoli<br />

le <strong>in</strong>segne imperiali e chiese per<br />

sé, ottenendolo, il titolo di “Patrizio Romano”.<br />

Di fatto però governò l’Italia da pr<strong>in</strong>cipe <strong>in</strong>dipendente.<br />

A causa della sua <strong>in</strong>gerenza nell’elezione<br />

del nuovo vescovo di Roma alla morte<br />

di Simplicio nel 483, Odoacre, che per giunta<br />

era di fede ariana, si attirò la profonda avversione<br />

della Chiesa.<br />

Intanto l’Imperatore, <strong>in</strong>sospettito della<br />

condotta <strong>in</strong>subord<strong>in</strong>ata del barbaro, sollecitò a<br />

scendere <strong>in</strong> Italia Teodorico che appena ventenne<br />

gli Ostrogoti della Pannonia avevano


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 187<br />

eletto loro capo. Nel 488 un popolo <strong>in</strong>tero, valutato<br />

dagli storici fra i 200 e i 300 mila <strong>in</strong>dividui,<br />

varcò le Alpi con alla sua testa Teodorico.<br />

Battuto ripetutamente dai Goti, Odoacre<br />

raggiunse Roma, ma la città gli chiuse le<br />

porte. Le popolazioni del Centro Italia gli si<br />

mostrarono ostili sia per le sue razzie che per<br />

i suoi contrasti col papa. Inf<strong>in</strong>e una vasta cospirazione<br />

organizzata dal clero lo costr<strong>in</strong>se a<br />

tornare coi suoi uom<strong>in</strong>i verso il nord.<br />

L’11 agosto del 490 sulle rive dell’Adda<br />

ci fu la battaglia decisiva. Duramente sconfitto<br />

dagli Ostrogoti, Odoacre riparò a Ravenna.<br />

La città si arrese a Teodorico il 27 febbraio<br />

del 493 dopo 3 anni di assedio. Odoacre<br />

sul momento ebbe salva la vita, ma meno<br />

di un mese dopo fu ucciso a tradimento da<br />

Teodorico e così ebbe term<strong>in</strong>e il suo regno<br />

durato 17 anni.<br />

Subito dopo la vittoria su Odoacre nel<br />

490, Teodorico chiese all’Imperatore Zenone<br />

l’<strong>in</strong>vestitura della dignità regia. Morto Zenone<br />

nel 491, il suo successore, Anastasio, lasciò<br />

senza risposta la r<strong>in</strong>novata istanza di Teodorico.<br />

F<strong>in</strong>almente nel 498, essendo divenuto<br />

assai potente, l’Ostrogoto r<strong>in</strong>novò la richiesta<br />

e stavolta ottenne da Anastasio le <strong>in</strong>segne<br />

imperiali a condizione che il suo potere fosse<br />

subord<strong>in</strong>ato a quello dell’Imperatore. In sostanza<br />

Teodorico esercitò una sorta di governo<br />

militare sotto l’egida dell’Imperatore.<br />

Romani e Ostrogoti convissero a lungo<br />

<strong>in</strong> Italia ma non si fusero mai. Tutto sommato<br />

comunque quello di Teodorico fu un buon governo.<br />

Intanto i rapporti tra il papa l’Imperatore<br />

si deteriorarono. Teodorico, con non comune<br />

abilità politica, riuscì a mantenere buoni rapporti<br />

con l’uno e con l’altro.<br />

Nel 518 salì sul trono imperiale di Costant<strong>in</strong>opoli<br />

Giust<strong>in</strong>o. Ortodosso fervente, il<br />

CONOSCERE DANIELE<br />

neo-Imperatore si mise a perseguitare i monofisiti.<br />

Il nuovo corso che s’<strong>in</strong>staurò a Costant<strong>in</strong>opoli<br />

favorì un riavvic<strong>in</strong>amento fra il papa e<br />

l’Imperatore a cui non fu estranea l’azione di<br />

Teodorico. Presto però l’accordo fra Roma e<br />

Costant<strong>in</strong>opoli si volse a danno del re ostrogoto.<br />

Essendo entrambi ortodossi, il papa e<br />

l’Imperatore si trovarono uniti contro l’ariano<br />

Teodorico.<br />

Giust<strong>in</strong>o verso il 524 com<strong>in</strong>ciò a perseguitare<br />

gli ariani <strong>in</strong> Oriente. Teodorico reagì<br />

perseguitando a sua volta i cattolici <strong>in</strong> Italia.<br />

L’urto col papa fu <strong>in</strong>evitabile. Per giunta essendo<br />

morto papa Giovanni I nel 526, Teodorico<br />

volle <strong>in</strong>gerirsi nell’elezione del suo successore<br />

e questo sollevò contro di lui grande<br />

e generale malcontento. Il re ostrogoto morì<br />

pochi mesi dopo mentre si preparava alla<br />

guerra che sembrava <strong>in</strong>evitabile. Aveva regnato<br />

<strong>in</strong> Italia per 32 anni.<br />

A Teodorico succedette <strong>in</strong> giovanissima<br />

età il nipote Atalarico con la reggenza della<br />

madre Amalasunta. Intanto, morto Giust<strong>in</strong>o a<br />

Costant<strong>in</strong>opoli nel 527, salì sul trono imperiale<br />

il nipote Giust<strong>in</strong>iano. Il nuovo Imperatore<br />

riconobbe la successione di Atalarico e la reggenza<br />

di Amalasunta.<br />

La morte prematura di Atalarico nel 534<br />

portò sul trono degli Ostrogoti un cug<strong>in</strong>o di lui<br />

di nome Teodato il quale si sbarazzò subito<br />

della zia, deciso a regnare da solo. Fu un<br />

buon pretesto per Giust<strong>in</strong>iano per attuare il<br />

proposito che meditava da tempo di cacciare<br />

i Goti dall’Italia.<br />

Restaurare l’unità dell’Impero e restituirgli<br />

l’antico splendore fu uno degli obiettivi<br />

primari della politica di Giust<strong>in</strong>iano. Prima di<br />

liberare l’Italia dal dom<strong>in</strong>io dei Goti era però<br />

necessario, per avere le spalle coperte, annientare<br />

il potere dei Vandali nell’Africa del<br />

nord. Il pretesto per un <strong>in</strong>tervento militare fu<br />

187


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 188<br />

CAPITOLO 7<br />

offerto a Giust<strong>in</strong>iano dalle lotte <strong>in</strong>terne e i disord<strong>in</strong>i<br />

che travagliavano il regno dei Vandali.<br />

Alla decisione di Giust<strong>in</strong>iano certo non<br />

fu estranea la persecuzione dei cattolici ad<br />

opera dei Vandali ariani.<br />

Nel 531 fu deposto a Cartag<strong>in</strong>e, la capitale<br />

del regno vandalo, Ilderico, nipote di Valent<strong>in</strong>iano<br />

III per parte di madre, che non nascondeva<br />

le sue simpatie romane e cattoliche.<br />

A succedergli fu chiamato Gelimero,<br />

uomo bellicoso e di tutt’altri sentimenti. Fu il<br />

casus belli che permise a Giust<strong>in</strong>iano di <strong>in</strong>tervenire<br />

legittimamente.<br />

Nel 533 una grande flotta partita da Costant<strong>in</strong>opoli<br />

sbarcò <strong>in</strong> Africa, a 9 giorni di marcia<br />

da Cartag<strong>in</strong>e, 10.000 fanti e 5.000 cavalieri<br />

agli ord<strong>in</strong>i del valoroso generale Belisario.<br />

La prima battaglia, il 13 settembre, fu v<strong>in</strong>ta<br />

dagl’Imperiali nonostante la loro <strong>in</strong>feriorità numerica.<br />

Due giorni dopo Belisario entrò da<br />

trionfatore a Cartag<strong>in</strong>e. Gelimero fuggì <strong>in</strong> Numidia<br />

e <strong>in</strong> seguito contrattaccò ma senza fortuna<br />

e uscì def<strong>in</strong>itivamente di scena. I Vandali<br />

che avevano portato tanto terrore e tante rov<strong>in</strong>e<br />

nell’Impero scomparvero dalla storia.<br />

L’assass<strong>in</strong>io di Amalasunta nel 535 offrì<br />

a Giust<strong>in</strong>iano il pretesto per <strong>in</strong>tervenire <strong>in</strong><br />

Italia. Quello stesso anno Belisario sbarcò <strong>in</strong><br />

Sicilia con 7000 uom<strong>in</strong>i e <strong>in</strong> 7 mesi l’isola fu<br />

conquistata. Gl’Imperiali avanzarono verso<br />

Roma senza quasi <strong>in</strong>contrare resistenza,<br />

tranne che a Napoli. Teodato temporeggiò e<br />

venne deposto. In sua vece fu eletto Vitige,<br />

uomo deciso ed energico. Non potendo difendere<br />

Roma Vitige si ritirò e gli Imperiali vi entrarono<br />

trionfalmente il 10 dicembre del 536.<br />

I Goti contrattaccarono a varie riprese<br />

senza successo nonostante la schiacciante<br />

superiorità numerica.<br />

Intanto - correva l’anno 537 - giunse a<br />

Roma Anton<strong>in</strong>a, l’energica moglie del gene-<br />

188<br />

rale bizant<strong>in</strong>o, per dare attuazione alla volontà<br />

dell’Imperatrice Teodora di deporre<br />

papa Silverio a lei <strong>in</strong>viso e fare eleggere <strong>in</strong><br />

sua vece il diacono Vigilio <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>e a favorire i<br />

monofisiti che l’Imperatrice aveva preso sotto<br />

la sua protezione. Belisari,o con un pretesto,<br />

depose Silverio - che morì esule nell’isola di<br />

Palmarola nel 538 - e fece eleggere al suo posto<br />

Vigilio come l’Imperatrice aveva voluto.<br />

Intanto l’assedio di Roma si protraeva;<br />

nuovi tentativi di assalto da parte di Vitige fallirono.<br />

I Goti com<strong>in</strong>ciarono a manifestare segni<br />

di stanchezza e <strong>in</strong>tanto marciava verso<br />

Roma dal sud un corpo di spedizione bizant<strong>in</strong>o<br />

per prendere i nemici alle spalle. Vitige<br />

decise di ritirarsi: era il 12 marzo del 538.<br />

Roma era salva, ma la guerra coi Goti non era<br />

f<strong>in</strong>ita.<br />

Morto Vitige, i Goti nel 541 elessero<br />

come loro capo Totila, uno dei più valorosi capitani<br />

ostrogoti. Totila dette del filo da torcere<br />

ai Bizant<strong>in</strong>i: nel 543 tolse loro Napoli e marciò<br />

alla volta di Roma. Nel 546 gli Ostrogoti ripresero<br />

la “città eterna” ma fu un successo<br />

effimero. L’anno seguente dovettero abbandonarla<br />

a seguito di un forte contrattacco bizant<strong>in</strong>o.<br />

Il dest<strong>in</strong>o dei Goti <strong>in</strong> Italia era ormai<br />

segnato. Nel 551 Giust<strong>in</strong>iano richiamò <strong>in</strong> patria<br />

Belisario e lo sostituì con Narsete per proseguire<br />

la guerra contro i Goti.<br />

Il nuovo generale impegnò <strong>in</strong> battaglia il<br />

nemico <strong>in</strong> Umbria, presso Gualdo Tad<strong>in</strong>o, e<br />

gl’<strong>in</strong>flisse una tremenda sconfitta. Totila<br />

cadde <strong>in</strong> combattimento. Il suo successore,<br />

Teja, non ebbe più fortuna di lui. Costretto da<br />

Narsete ad accettare battaglia <strong>in</strong> condizioni<br />

sfavorevoli presso Nocera nel 553, ebbe<br />

l’esercito quasi distrutto ed egli stesso cadde<br />

nella pugna.F<strong>in</strong>ì per sempre non solo il dom<strong>in</strong>io<br />

dei Goti <strong>in</strong> Italia, che durava da 60 anni,<br />

ma anche la stessa nazione gotica.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 189<br />

APPENDICE 7C<br />

Si attribuisce a Costant<strong>in</strong>o una dichiarazione<br />

che egli avrebbe fatto al concilio di Nicea nel<br />

325. L’Imperatore avrebbe detto che i vescovi<br />

sono “dèi”. Storica o leggendaria che sia la<br />

notizia, il fatto è che i papi del Medioevo ne<br />

fecero il fondamento della supremazia politica<br />

dei pontefici.<br />

Ignaz von Doell<strong>in</strong>ger dice che nella presunta<br />

dichiarazione di Costant<strong>in</strong>o Gregorio VII<br />

“vide la prova che lui, il papa, il vescovo dei<br />

vescovi, dom<strong>in</strong>ava nella sua <strong>in</strong>violabile maestà<br />

al di sopra di tutti i monarchi della terra.<br />

E’ evidente - affermava Ildebrando - che il<br />

Pontefice, chiamato dio dal pio Costant<strong>in</strong>o,<br />

non può essere legato o sciolto da nessuna<br />

potestà temporale più di quanto Dio non<br />

possa essere giudicato dagli uom<strong>in</strong>i” (La Papautè,<br />

Parigi 1904, p. 41, n. 57, cit. da J.<br />

VUILLEUMIER <strong>in</strong> Apocalypse..., p. 210).<br />

Questo papa, dice ancora Doell<strong>in</strong>ger, “il<br />

primo che depose un monarca e ne sciolse i<br />

sudditi dal giuramento di fedeltà, dichiarò al<br />

S<strong>in</strong>odo di Roma nel 1080: ‘ Noi vogliamo mostrare<br />

al mondo che abbiamo il potere di togliere<br />

a chiunque e darli a chi ci par bene i regni,<br />

i ducati, le contee, <strong>in</strong> breve i possedimenti<br />

di tutti gli uom<strong>in</strong>i, perché abbiamo il potere<br />

di legare e di sciogliere” (op. cit., p. 54,<br />

n. 154 <strong>in</strong> VUILLEUMIER, ibidem).<br />

Giovanni Miegge scrive a proposito del<br />

Dictatus Papae formulato da Gregorio VII:<br />

“Fondandosi sul De Civitate Dèi di Agost<strong>in</strong>o,<br />

sulle Decretali pseudo-isidoriane e sulle enunciazioni<br />

di Nicola I, il papa afferma la propria<br />

signoria sulla chiesa universale e sul mondo<br />

<strong>in</strong>tero. Egli è il solo uomo di cui si debba baciare<br />

il piede e che può portare le <strong>in</strong>segne imperiali.<br />

Egli solo può nom<strong>in</strong>are e deporre i vescovi,<br />

deporre gl’imperatori e sciogliere i sud-<br />

CAPIRE DANIELE<br />

diti dal giuramento di fedeltà verso sovrani <strong>in</strong>giusti.<br />

Nessun s<strong>in</strong>odo può essere chiamato<br />

generale senza il suo ord<strong>in</strong>e, nessun testo canonico<br />

esiste al di fuori della sua autorità.<br />

Non può essere giudicato da nessuno. Le<br />

cause importanti di ogni chiesa devono essere<br />

a lui sottoposte.<br />

La chiesa romana non ha mai sbagliato,<br />

e secondo le promesse della Sacra Scrittura<br />

non sbaglierà mai e il papa ord<strong>in</strong>ato canonicamente<br />

diviene <strong>in</strong>dubbiamente santo per i meriti<br />

di San Pietro” (K. HEUSSI - G. MIEGGE, Sommario<br />

di Storia del Cristianesimo, Tor<strong>in</strong>o<br />

1984, p. 95).<br />

Gregorio IX (1227-1241) affermò che “il<br />

papa... è signore del mondo, tanto delle cose<br />

quanto delle persone”.<br />

Clemente V (1305-1314) dichiarò: “<strong>in</strong><br />

nome della sua autorità apostolica che ogni<br />

imperatore doveva obbedire al papa e di conseguenza<br />

non gli era consentito di str<strong>in</strong>gere<br />

alleanza con un pr<strong>in</strong>cipe che fosse sospetto<br />

al papa. Lo stesso pontefice sostenne che<br />

“essendo vacante il trono imperiale il papa<br />

doveva succedere alla potestà regia e che<br />

ogni imperatore aveva l’obbligo di prestargli<br />

giuramento di vassallaggio” (VUILLEUMIER,<br />

op.cit., p. 211).<br />

Ecco alcuni estratti da un’opera enciclopedica<br />

compilata da un ecclesiastico cattolico<br />

del XVIII secolo:<br />

“Così alte sono la dignità e l’eccellenza<br />

del papa che egli non è semplicemente<br />

uomo, ma quasi Dio e vicario di Dio...<br />

“Il papa c<strong>in</strong>ge la triplice corona come re<br />

del cielo, della terra e degl’<strong>in</strong>feri...<br />

“Il papa è quasi Dio <strong>in</strong> terra, unico sovrano<br />

dei fedeli di Cristo, capo dei re, rivestito<br />

della pienezza del potere, <strong>in</strong>vestito dall’Iddio<br />

Onnipotente del governo non solo del regno<br />

terreno ma anche del regno celeste...<br />

189


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 190<br />

CAPITOLO 7<br />

“Così grandi sono l’autorità ed il potere<br />

del papa che egli può modificare, spiegare e<br />

<strong>in</strong>terpretare le leggi div<strong>in</strong>e...<br />

“Il papa può modificare la legge div<strong>in</strong>a<br />

perché il suo potere discende da Dio e non<br />

dall’uomo e dato che egli agisce da vicegerente<br />

di Dio sulla terra col più ampio potere di<br />

legare e di sciogliere...<br />

“Tutto ciò che il Signore Iddio e il Redentore<br />

fanno lo fa anche il suo vicario, purché non<br />

faccia alcunché che sia contrario alla fede” (LUCIO<br />

FERRARIS, art. “Papa” <strong>in</strong> Prompta Bibliotheca, vol.<br />

VI, pp. 25-29, cit. <strong>in</strong> S.D.A.B.C., vol. IV, p. 831).<br />

I card<strong>in</strong>ali del sacro collegio offrono il<br />

loro omaggio e la sottomissione al pontefice<br />

neo eletto nel corso di una cerimonia che<br />

prende il nome di “triplice adorazione del sacro<br />

collegio”.<br />

Nella cerimonia d’<strong>in</strong>coronazione del<br />

nuovo pontefice il card<strong>in</strong>ale-diacono gli dice<br />

mentre gli pone sul capo il “triregno”: “Ricevi<br />

la tiara ornata di tre corone e sappi che tu sei<br />

il padre dei pr<strong>in</strong>cipi, l’arbitro del mondo e il vicario<br />

del Salvatore nostro Gesù Cristo sulla<br />

terra” (J.VUILLEUMIER, op.cit., p. 211).<br />

Titoli quali “Sommo Pontefice”, “Santo<br />

Padre”, “Vicario di Cristo”, “Capo della<br />

Chiesa” riferiti correntemente al pontefice ro-<br />

190<br />

mano, alla luce della dottr<strong>in</strong>a del Nuovo Testamento<br />

sono <strong>in</strong>debitamente attribuiti ad un<br />

essere umano sia pure rivestito di autorità religiosa.<br />

Tali titoli evocano e presuppongono<br />

un’autorità ed una dignità sovrumane.<br />

Col titolo di Sommo Sacerdote (Sommo<br />

Pontefice) l’Epistola agli Ebrei <strong>in</strong>dica la dignità<br />

e la funzione di Cristo <strong>in</strong> cielo: Eb 4:15,16;<br />

6:20; 8:1,2; 9:11; 10:21.<br />

Padre Santo è l’appellativo col quale<br />

Gesù si rivolse a Dio nella preghiera di <strong>in</strong>tercessione<br />

per i suoi apostoli alla vigilia della<br />

crocefissione: Gv 17:11.<br />

La funzione di Vicario di Cristo secondo<br />

il Vangelo di Giovanni spetta allo Spirito<br />

Santo (“vicario” significa “facente le veci<br />

di...”, “supplente”, “sostituto”).<br />

Gesù Cristo ha <strong>in</strong>dicato lo Spirito Santo<br />

come suo supplente e sostituto fra gli uom<strong>in</strong>i:<br />

Gv 14:16; 17:26; 16:7,12,13.<br />

Inf<strong>in</strong>e il Nuovo Testamento riconosce<br />

Gesù Cristo soltanto come Capo della<br />

Chiesa: Ef 1:22; Cl 1:18.<br />

La rivendicazione dei titoli suddetti da<br />

parte di una creatura umana, o la loro attribuzione<br />

ad essa da parte di terze persone, secondo<br />

lo spirito del Nuovo Testamento si configura<br />

come una usurpazione e una “blasfemia”.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 191<br />

Capitolo 8<br />

____________________________________________________<br />

CAPIRE DANIELE<br />

In questo capitolo l’autore del libro narra la seconda visione che gli è stata rivelata.<br />

E’ una visione parallela alla precedente, ma solo <strong>in</strong> parte, giacché qui la<br />

serie dei regni dei quali la profezia anticipa l’esistenza <strong>in</strong>izia con la Persia (Babilonia,<br />

oramai prossima al tramonto, è rimasta fuori dal campo visuale della rivelazione);<br />

<strong>in</strong>oltre la nuova visione si arricchisce di dettagli <strong>in</strong>esistenti <strong>in</strong> quella che<br />

l’ha preceduta.<br />

I simboli provengono ancora dal regno animale ma, a differenza del capitolo<br />

7, qui tengono il campo bestie domestiche anziché belve selvagge.<br />

La diversa natura delle figure animalesche orienta a un oggetto diverso<br />

come tema centrale della seconda profezia. In entrambe le visioni la lotta per<br />

l’egemonia politica, raffigurata dall’attività delle bestie simboliche dalla quale si<br />

sviluppano condizioni che portano alla persecuzione del popolo santo, costituisce<br />

un motivo comune.<br />

Ma nella seconda sul tema della persecuzione s’<strong>in</strong>nesta quello della prevaricazione<br />

contro il santuario del Signore (il quale sarà tuttavia giustificato e purificato<br />

<strong>in</strong> capo a un arco di tempo determ<strong>in</strong>ato con precisione); è la novità della seconda<br />

rivelazione alla quale ha già orientato la natura s<strong>in</strong>golare degli animali<br />

simbolici: il montone e il capro, entrambi animali sacrificali, hanno <strong>in</strong>fatti evocato<br />

l’ambiente del santuario e la sua liturgia.<br />

1 Il terzo anno del regno del re Belsatsar, io, Daniele, ebbi una visione,<br />

dopo quella che avevo avuta al pr<strong>in</strong>cipio del regno.<br />

Tutte le visioni di Daniele sono datate (cfr. 7:1; 9:1; 10:1). La visione narrata nel<br />

cap. 8 è del “terzo anno del regno del re Beltsazar” ovvero della sua co-reggenza<br />

col padre Nabonide (vedi Introduzione, parte IV). Questa data corrisponde al<br />

546 a.C.<br />

“...dopo quella che avevo avuto al pr<strong>in</strong>cipio del regno”: è un’allusione alla<br />

visione delle quattro bestie avuta appunto l’anno primo di Beltsazar (7:1). Daniele<br />

decl<strong>in</strong>a il suo nome per attestare l’autenticità di quanto verrà esponendo.<br />

“...ebbi una visione”, ebr. yal") hf):rén }Ozfx chazôn nir’ah ’êlay, letteralmente<br />

“una visione apparve a me”. Chazôn è il term<strong>in</strong>e con cui i profeti (ad eccezione<br />

di Ezechiele) designano correntemente le rivelazioni ricevute <strong>in</strong> visione. (cfr. Is<br />

191


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 192<br />

CAPITOLO 8<br />

1:1, 21:2; Lam 2:9; Ad 1:1; Aba 2:23 ecc...). Dalla radice verbale chzh, “vedere”,<br />

châzôn evoca con immediatezza la modalità di questa forma di rivelazione.<br />

192<br />

2 Ero <strong>in</strong> visione; e, mentre guardavo, ero a Susan, la residenza reale,<br />

che è nella prov<strong>in</strong>cia di Elam; e, nella visione, mi trovavo presso il<br />

fiume Ulai.<br />

Daniele fu presente fisicamente <strong>in</strong> Susa o lo fu “<strong>in</strong> ispirito” ? La seconda alternativa<br />

<strong>in</strong> base al testo appare la più probabile: “ Ero <strong>in</strong> visione / e mentre guardavo<br />

/ ero a Susa...” L’essere trasportato “<strong>in</strong> ispirito” durante la visione <strong>in</strong> luogo<br />

diverso dalla residenza abituale fu un’esperienza comune ad altri veggenti (cfr.<br />

Ez 8:3; 11:1; 37:1; 40:1; 43:1; Ap 17:3; 21:10).<br />

Susa fu la capitale del forte regno elamita. Un testo cuneiforme dell’<strong>in</strong>izio<br />

dell’età persiana, il “Cil<strong>in</strong>dro di Ciro”, cita Susa fra le città alle quali questo sovrano,<br />

dopo la presa di Babilonia, restituì le statue delle div<strong>in</strong>ità che i re caldei<br />

avevano trafugato, segno che dopo la caduta dell’Elam la città era passata sotto<br />

la sovranità babilonese.<br />

La menzione di Susa come luogo dal quale il profeta contemplò la visione<br />

non è casuale. Presto Susa sarebbe divenuta la prima fra le città reali del primo<br />

regno di cui la visione avrebbe preconizzato la nascita, l’ascesa ed il tramonto: il<br />

regno di Persia.<br />

“...a Susa, la residenza reale” (ebr. hfryiBah }a$U$:B beshûshan habbîrah).<br />

È stata notata l’aff<strong>in</strong>ità dell’ebraico bîrah con l’assiro birtu che significa “fortezza”.<br />

Bîrah designa il palazzo reale che sorgeva nell’area fortificata della cittadella<br />

la quale a sua volta si trovava all’<strong>in</strong>terno delle città reali. Le versioni italiane<br />

traducono bîrah “residenza reale”, “palazzo”, “cittadella”, “castello”, “fortezza”. Il<br />

libro di Esther dist<strong>in</strong>gue la “cittadella” di Susa (shûshan habbîrah) dalla città vera<br />

e propria (‘îr shûshan): Et 3:15 e 8:14,15. Nella residenza reale, o cittadella di<br />

Susa, cento anni dopo svolse la mansione di coppiere del re Artaserse I il giudaita<br />

<strong>in</strong> esilio Nehemia (cfr. Ne. 1 e 2).<br />

Nella visione Daniele riconobbe la “cittadella” (bîrah) di Susa: probabilmente<br />

c’era stato come funzionario della corte di Babilonia. Non dalla cittadella<br />

comunque contemplò la visione ma dalla riva orientale di un fiume che scorreva<br />

non lontano: “nella visione mi trovavo presso il fiume Ulai” (ebr.<br />

yflU) labU)-la( yityéyfh yénA)áw }OzfxeB he):re)æw wa’er’eh bechazôn w’anî hayiytî ‘al-’ûval<br />

’ûlai, letteralmente “e mentre guardavo nella visione io mi trovavo presso il<br />

fiume Ulai”).<br />

Il term<strong>in</strong>e corrente per “fiume” nella l<strong>in</strong>gua ebraica è nahar (cfr. Gr 46:6; Ez<br />

1:1; Dn 10:4 ecc...). ’Uval è un term<strong>in</strong>e raro che praticamente è usato solo <strong>in</strong><br />

questo versetto <strong>in</strong> tutto l’Antico Testamento. Secondo C.BOUTFLOWER il term<strong>in</strong>e<br />

deriva da una radice verbale che significa “condurre”. Questo espositore afferma


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 193<br />

CAPIRE DANIELE<br />

che “canale” sarebbe la traduzione più appropriata di ’uval. In effetti presso le<br />

rov<strong>in</strong>e dell’antica Susa, riportate alla luce da Marcel e Jane Dieulafoy e Jacques<br />

de Morgan fra il 1884 e il 1897, sono ancora visibili le tracce di un ampio canale<br />

che nell’antichità congiungeva i fiumi Choaspes e Coprates (oggi Kerka e Abdizful)<br />

che scorrevano ai due lati dell’altura allungata sulla quale sorgeva Susa. Il<br />

Boutflower identifica quel canale con l’Ulai di Daniele (l’Eulaeus degli antichi<br />

scrittori greci).<br />

Come via di traffici fluviali l’Ulai deve essere stato per Susa una fonte di ricchezza.<br />

L’Ulai appare dunque come un simbolo dell’immensa ricchezza del futuro<br />

Impero persiano (BOUTFLOWER).<br />

3 Alzai gli occhi, guardai, ed ecco, ritto davanti al fiume, un montone<br />

che aveva due corna; e le due corna erano alte, ma una era più alta<br />

dell’altra, e la più alta veniva su l’ultima.<br />

Nell’ebraico il sostantivo ’ayil, “montone”, è seguito dall’aggettivo numerale<br />

’echad, “uno” (dfxe) léya)), come a voler sottol<strong>in</strong>eare la s<strong>in</strong>golarità della figura che<br />

per prima appare nella visione: un s<strong>in</strong>golo animale ne occupa tutto il campo. Il<br />

montone è dunque il simbolo di una potenza egemone, quale fu appunto l’Impero<br />

dei Medi e dei Persiani con cui l’animale è espressamente identificato (v. 20).<br />

A differenza delle visioni parallele dei capitoli 2 e 7, <strong>in</strong> questo capitolo la<br />

serie dei regni com<strong>in</strong>cia con la Medo-Persia. La ragione è ovvia: Babilonia è <strong>in</strong><br />

pieno decl<strong>in</strong>o, sette anni la separano dal tracollo. Essa appartiene oramai alla<br />

storia, non è più oggetto di anticipazione profetica.<br />

Mentre nel cap.7 le monarchie universali sono rappresentate da belve selvagge<br />

- simboli che evocano il carattere violento della conquista e del dom<strong>in</strong>io -<br />

nel cap. 8 le stesse entità politiche sono raffigurate con animali domestici, segno<br />

che <strong>in</strong> questa rivelazione esse sono viste da un’ottica diversa.<br />

Il montone e il capro che verrà dopo <strong>in</strong>troducono ad un contesto culturale<br />

ebraico; nell’ord<strong>in</strong>amento liturgico d’Israele <strong>in</strong>fatti questi animali figuravano fra<br />

le vittime sacrificali (cfr. Le 5:15; 16:5; Nu 28:22,27 ecc...). In effetti il centro focale<br />

della visione è l’offesa che sarà arrecata al culto di Jahvé nel suo santuario e<br />

il riprist<strong>in</strong>o di esso <strong>in</strong> capo a 2300 “sere-matt<strong>in</strong>e” (vv. 11-14). Gli altri simboli che<br />

compaiono nella visione sono figure di contorno.<br />

Il montone “aveva due corna”. Nella simbologia apocalittica le corna rappresentano<br />

regni e nazioni (confrontare il commento a 7:24). Poiché il montone<br />

è identificato con “i re di Media e di Persia” (v. 20), le due alte corna dell’animale<br />

raffigurano le due nazioni - i Medi e i Persiani - sulle quali regnarono i d<strong>in</strong>asti<br />

achemenidi dopo che Ciro II nel 549 a.C. le ebbe unificate.<br />

“...una era più alta dell’altra, e la più alta veniva su l’ultima” (ebr.<br />

hænorAxa)fB hflo(h fhob:Gahºw wehaggevohah ‘olah ba’acharonah) “il (corno) più alto sa-<br />

193


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 194<br />

CAPITOLO 8<br />

liva dopo”. Quando nel VII secolo a.C. le tribù persiane unificate da Teispe - il<br />

trisavolo di Ciro II - formarono il piccolo regno di Anshan, la Media era già da<br />

molti anni un regno forte e temuto; i Persiani ne divennero tributari. Ma con la<br />

vittoria di Ciro II su Astiage a metà del secolo VI a.C., questi ultimi prevalsero<br />

sui loro antichi dom<strong>in</strong>atori. Il corno “salito dopo” rappresenta precisamente questo<br />

evento.<br />

Il montone sta “ritto davanti al fiume”, cioè sulla sua sponda orientale, guardando<br />

davanti a sé, ovvero a occidente, <strong>in</strong> atteggiamento di sfida. Ciro volse subito<br />

la sua attenzione verso l’Anatolia giusto a occidente della Media e della Persia.<br />

194<br />

4 Vidi il montone che cozzava a occidente, a settentrione e a mezzogiorno;<br />

nessuna bestia gli poteva tener fronte, e non c’era nessuno<br />

che la potesse liberare dalla sua potenza; esso faceva quel che voleva,<br />

e diventò grande.<br />

Il montone carica con impeto irresistibile verso occidente, settentrione e mezzogiorno.<br />

Se osserviamo una cart<strong>in</strong>a della regione del Vic<strong>in</strong>o Oriente noteremo che<br />

dritto ad ovest di Susa si trovava Babilonia, a nord-ovest c’era il regno di Lydia e<br />

a sud-ovest il regno d’Egitto.<br />

Nel 546 a.C. - tre anni dopo avere unificato la Media e la Persia - Ciro attaccò<br />

e sconfisse Creso conquistando il regno di Lydia e con esso l’Asia M<strong>in</strong>ore<br />

occidentale e le isole della Ionia. Sette anni dopo (nel 539) prese Babilonia e se<br />

ne annesse i territori. Nel 525 suo figlio Cambise II <strong>in</strong>vase l’Egitto avendo sconfitto<br />

i mercenari greci di Psammetico II a Pelusio e fece di questa antica nazione<br />

un possedimento persiano.<br />

Le acquisizioni territoriali, ad est realizzate dai successori di Ciro e Cambise,<br />

non sono prese <strong>in</strong> considerazione nella visione perché erano irrilevanti <strong>in</strong> rapporto<br />

all’oggetto centrale della medesima: l’attacco del corno al santuario ed il riprist<strong>in</strong>o<br />

di quest’ultimo.<br />

“...nessuna bestia gli poteva tenere fronte, e non c’era nessuno che la potesse<br />

liberare dalla sua potenza”. L’alleanza militare <strong>in</strong> funzione anti-persiana fra<br />

Atene, l’Egitto e Babilonia all’<strong>in</strong>izio del regno di Ciro non poté contrastare<br />

l’espansione della giovane nazione iranica.<br />

Quando le città e le isole greche della Ionia si sollevarono contro il dom<strong>in</strong>io<br />

persiano <strong>in</strong>torno al 500 a.C., l’appoggio di Atene non poté impedire che la<br />

rivolta fosse domata con durezza da Dario I e che Mileto, l’istigatrice della sommossa,<br />

fosse rasa al suolo.<br />

“Il montone faceva quel che voleva e diventò grande”. In questa frase sono s<strong>in</strong>tetizzati<br />

il dispotismo dei sovrani achenemidi e le dimensioni gigantesche dell’impero<br />

sul quale essi regnarono dopo le conquiste di Ciro II, Cambise II e Dario I.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 195<br />

CAPIRE DANIELE<br />

5 E com’io stavo considerando questo, ecco venire dall’occidente un<br />

capro, che percorreva tutta la superficie della terra senza toccare il<br />

suolo; e questo capro aveva un corno cospicuo fra i suoi occhi.<br />

“E com’io stavo considerando...” Le cose che Daniele vede nella visione catturano<br />

la sua attenzione e stimolano la sua riflessione (i profeti di Yahweh non<br />

sono stati strumenti passivi dell’ispirazione profetica).<br />

“...ecco venire dall’occidente...”. Con i rovesci subiti <strong>in</strong> Grecia da Dario I<br />

negli ultimi anni di regno e da suo figlio Serse I, com<strong>in</strong>ciò il decl<strong>in</strong>o lento ma<br />

<strong>in</strong>arrestabile dell’Impero persiano. Il capro che viene dall’occidente è identificato<br />

espressamente col regno di Iawan (v. 21), cioè con la Grecia (Iawan, da Ionia,<br />

era il nome con cui i Semiti designavano i Greci).<br />

La corsa frenetica del capro verso oriente anticipa con sorprendente realismo<br />

la marcia rapida e travolgente delle falangi di Alessandro lungo le fasce costiere<br />

dell’Asia M<strong>in</strong>ore, della Siria e della Palest<strong>in</strong>a f<strong>in</strong>o all’antica terra dei faraoni<br />

fra il 334 e il 332 a.C. Il gran corno fra i due occhi del capro è il simbolo del<br />

“primo re” di Iawan (v. 21), ovvero di Alessandro Magno, il secondo ed ultimo<br />

rappresentante della d<strong>in</strong>astia macedone.<br />

6 Esso venne f<strong>in</strong>o al montone dalle due corna che avevo visto ritto<br />

davanti al fiume, e gli s’avventò contro, nel furore della sua forza. 7<br />

E lo vidi giungere vic<strong>in</strong>o al montone, pieno di rabbia contro di lui, <strong>in</strong>vestirlo,<br />

e spezzargli le due corna; il montone non ebbe la forza di tenergli<br />

fronte, e il capro lo atterrò e lo calpestò; e non ci fu nessuno<br />

che potesse liberare il montone dalla potenza d’esso.<br />

Quello che descrive il v. 6 non è un duello fra due avversari mossi dalla stessa<br />

determ<strong>in</strong>azione di abbattere l’altro, ma l’assalto impetuoso di uno degli avversari<br />

contro l’altro. Tale fu <strong>in</strong> effetti la guerra fra Alessandro e Dario III.<br />

“(Il capro) gli s’avventò contro nel furore della sua forza... il montone non<br />

ebbe la forza di tenergli fronte, e il capro lo atterrò e lo calpestò”. Con estrema<br />

s<strong>in</strong>teticità e con precisione sono anticipati la folgorante campagna militare di<br />

Alessandro <strong>in</strong> Oriente ed il crollo dell’Impero persiano.<br />

Nel 334, Alessandro sbarcò con le sue falangi e la sua cavalleria sulla costa<br />

dell’Asia M<strong>in</strong>ore; sulle rive del Granico attaccò e travolse le truppe dei satrapi<br />

persiani dell’Asia M<strong>in</strong>ore e avanzò <strong>in</strong>contrastato lungo la costa f<strong>in</strong>o alla Cilicia,<br />

accolto come liberatore dalle città della Ionia.<br />

Presso Isso, nell’autunno del 333, battè per la seconda volta l’armata persiana<br />

nell’occasione agli ord<strong>in</strong>i del re Dario <strong>in</strong> persona. Poi volse a mezzogiorno:<br />

Sidone e Biblo lungo la costa fenicia si sottomisero spontaneamente; Tiro resistette<br />

e fu distrutta. La stessa sorte toccò a Gaza, sulla costa palest<strong>in</strong>ese, per<br />

195


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 196<br />

CAPITOLO 8<br />

avere rifiutato il vassallaggio ai Macedoni. In Egitto Alessandro entrò da trionfatore<br />

nel 332 accolto dai sacerdoti come il figlio di Horus. Fondata una nuova<br />

Alessandria sulla costa del Mediterraneo, il Macedone, nella primavera del 331,<br />

riprese la marcia verso nord. Percorse la Palest<strong>in</strong>a e la Siria senza combattere e<br />

ad est dell’alto corso dell’Eufrate, fra Arbela e Gaugamela, attaccò per la terza<br />

volta e sbaragliò l’esercito avversario. Dario si dette alla fuga e non si fece più<br />

vivo; Alessandro entrò da trionfatore <strong>in</strong> Babilonia: l’Impero persiano era crollato<br />

di schianto dopo avere dom<strong>in</strong>ato per 218 anni. L’<strong>in</strong>eluttabilità dell’evento è<br />

preannunciata con sorprendente precisione nell’ultima frase del v. 7: “...e non ci<br />

fu nessuno che potesse liberare il montone dalla potenza d’esso”.<br />

196<br />

8 Il capro diventò sommamente grande; ma, quando fu potente, il<br />

suo gran corno si spezzò; e, <strong>in</strong> luogo di quello, sorsero quattro<br />

corna cospicue, verso i quattro venti del cielo.<br />

“Il capro divenne sommamente grande...” (ebr. do):m-da( lyiD:gih {yéZi(fh ryip:cU ûtzefîr<br />

ha‘izzîm higdîl ‘ad-me’od). La voce verbale higddîl, “s’<strong>in</strong>grandì”, è rafforzata<br />

dall’avverbio ‘ad me’od, “molto”.<br />

L’impero simboleggiato dal capro avrebbe superato quello raffigurato dal<br />

montone per dimensione territoriale. In effetti l’Impero macedone fu più esteso<br />

dell’Impero medo-persiano. Dopo la vittoria dei Macedoni ad Arbela nel 331,<br />

cadde <strong>in</strong> potere di Alessandro l’immenso territorio già sotto la sovranità dei re<br />

persiani. Occupate l’una dopo l’altra le città reali coi loro favolosi tesori (Babilonia,<br />

Susa, Pasargade, Persepoli, Ecbatana), Alessandro riprese la marcia verso<br />

est. Il suo obiettivo primario era la cattura del satrapo della Battriana, Besso, che<br />

teneva prigioniero il re sconfitto. In realtà Besso aveva fatto assass<strong>in</strong>are Dario e<br />

se ne era proclamato successore.<br />

Nella Battriana l’usurpatore cadde nelle mani di Alessandro e questi lo consegnò<br />

a un tribunale persiano che lo condannò a morte. Così il re dei Macedoni<br />

poté proclamarsi re dei Medi e dei Persiani come legittimo successore di Dario III.<br />

Non pago delle conquiste realizzate Alessandro, dopo la cattura di Besso, si<br />

sp<strong>in</strong>se ancora verso est. Nel 328 condusse le sue falangi oltre l’Indo e sconfisse<br />

l’esercito del re Poro schierato al di là dell’Idaspe. Anche l’India favolosa era<br />

nelle sue mani. Il capro greco-macedone era diventato “sommamente grande”.<br />

“Ma quando fu potente, il suo gran corno si spezzò...” Il gran corno del capro<br />

non s’<strong>in</strong>franse nella lotta, come le due corna del montone, ma si ruppe<br />

spontaneamente. Alessandro sarebbe morto di morte naturale, non <strong>in</strong> battaglia.<br />

Avvenne esattamente così. Sottomessa l’India, il condottiero vittorioso dovette r<strong>in</strong>unciare<br />

ai propositi di nuove conquiste oltre l’Idaspe per il rifiuto delle truppe<br />

di seguirlo. A mal<strong>in</strong>cuore dovette prendere la via del ritorno. Nel tardo <strong>in</strong>verno<br />

del 324 i reduci di tante battaglie e di tante vittorie giunsero stremati a Pasar-


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 197<br />

CAPIRE DANIELE<br />

gade. Alessandro proseguì per Susa e Babilonia. Quivi si dedicò a riorganizzare<br />

l’amm<strong>in</strong>istrazione dell’immenso impero. Ai primi di giugno del 323 cadde <strong>in</strong><br />

preda ad accessi febbrili che <strong>in</strong> pochi giorni lo condussero alla morte.<br />

“...e <strong>in</strong> luogo di quello sorsero quattro corna cospicue verso i quattro venti<br />

del cielo”. Con queste parole la profezia sentenzia la f<strong>in</strong>e dell’unità dell’Impero<br />

di Alessandro, anzi la f<strong>in</strong>e dell’Impero stesso. Questo avvenne 21 anni dopo la<br />

morte del grande sovrano. Era caduto il gran corno del capro macedone. Poiché<br />

l’erede al trono era un fanciull<strong>in</strong>o <strong>in</strong> tenera età, per disposizione del re morente<br />

la reggenza fu assunta da Perdicca, il più fidato dei suoi generali. Gli altri generali<br />

si divisero il comando dell’esercito ed il governo provvisorio delle prov<strong>in</strong>ce.<br />

Nel 321 morì il reggente e si procedette ad una nuova ripartizione delle cariche<br />

militari e politiche.<br />

Seguì una serie di vicende <strong>in</strong>tricate che videro co<strong>in</strong>volti quasi tutti gli alti<br />

funzionari dell’Impero e nel corso delle quali perirono di morte violenta alcuni<br />

di costoro e quasi tutti i familiari del defunto sovrano (la madre Olimpia, la moglie<br />

Rossane, il figlioletto Alessandro II e il fratello Filippo Arrideo). Per ultima<br />

nel 308 scomparve la sorella Tessalonica. Est<strong>in</strong>tasi così la famiglia reale, uno dei<br />

generali più anziani del defunto sovrano, Antigono Monoftalmo, si proclamò suo<br />

unico successore. Per tutta risposta quattro altri generali che governavano altrettante<br />

prov<strong>in</strong>ce, Lisimaco, Cassandro, Seleuco e Tolomeo, si dichiararono rispettivamente<br />

re di Tracia, di Macedonia, di Babilonia e dell’Egitto. Fu l’<strong>in</strong>izio della<br />

f<strong>in</strong>e dell’unità dell’Impero. Questa si consumò def<strong>in</strong>itivamente nel 301 quando<br />

l’esercito di Antigono e di suo figlio Demetrio fu sbaragliato ad Isso, nella Cilicia,<br />

dalle forze coalizzate di Tolomeo, Seleuco, Cassandro e Lisimaco. Erano sorti i<br />

regni ellenistici, le quattro corna volte verso i quattro venti del cielo.<br />

F<strong>in</strong> qui l’<strong>in</strong>terpretazione del cap. 8 di Daniele è univoca: gli espositori di<br />

ogni tendenza si trovano concordi nell’identificare la Persia degli Achemenidi nel<br />

montone, il regno di Macedonia nel capro, Alessandro nel gran corno sulla<br />

fronte del capro e i regni ellenistici eredi dell’Impero di Alessandro nelle sue<br />

quattro corna. Questa esegesi a senso unico è ciò che ci si deve aspettare dal<br />

momento che siffatta <strong>in</strong>terpretazione della prima parte della visione è data<br />

espressamente nel libro (vv. 20-22). Dal v. 9 <strong>in</strong> poi <strong>in</strong>vece l’esegesi storica e<br />

l’esegesi storico-critica divergono l’una dall’altra <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>conciliabile.<br />

9 E dall’una d’esse uscì un piccolo corno, che diventò molto grande<br />

verso mezzogiorno, verso levante, e verso il paese splendido.<br />

Il v. 9 <strong>in</strong>troduce con la parte f<strong>in</strong>ale della visione una nuova tematica che si svilupperà<br />

dalla precedente nei 5 versetti successivi. Questi versetti formano un<br />

blocco unitario e costituiscono il centro tematico dell’<strong>in</strong>tero capitolo ottavo.<br />

“E dall’una di esse uscì un piccolo corno...”. Questa traduzione modifica il<br />

197


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 198<br />

CAPITOLO 8<br />

pronome che nell’orig<strong>in</strong>ale è di genere maschile. L’ebraico <strong>in</strong>fatti recita:<br />

hfryi(:Cim taxa)-}ereq )fcæy {eh"m taxa)fh-}imUûm<strong>in</strong> ha’achath mehem yatza’ qeren ’achath<br />

mitz‘îrah, letteralmente: “e dall’una di essi uscì un corno dalla piccolezza”.<br />

Come si vede, l’aggettivo numerale ’achath, “una”, ed il pronome hem,<br />

“essi”, non concordano nel genere. I sostantivi antecedenti a cui può riferirsi il<br />

pronome hem sono, nel v. 8, qarnayîm, “corna” (femm<strong>in</strong>ile) e ruchôth, “venti”<br />

(che come un buon numero di sostantivi ebraici ha i due generi) 275. “Venti” comunque<br />

è scritto nella forma femm<strong>in</strong>ile, ruchôth, per cui il pronome hem, di genere<br />

maschile, non concorda con nessuno dei due sostantivi antecedenti del v. 8.<br />

W.H. SHEA 276, seguito da G.H. HASEL 277, ha scorto la soluzione di questa apparente<br />

confusione di generi nella particolare costruzione s<strong>in</strong>tattica dei vv. 8 e 9.<br />

La parte f<strong>in</strong>ale del v. 8 presenta una sequenza di generi secondo l’ord<strong>in</strong>e: femm<strong>in</strong>ile-maschile:<br />

(“verso i quattro venti - ruchôth, femm<strong>in</strong>ile - dei cieli - hashshamayîm,<br />

maschile - “), alla quale corrisponde una identica sequenza di generi<br />

nella parte <strong>in</strong>iziale del v. 9: “...dall’una (ûm<strong>in</strong> ha’achath, femm<strong>in</strong>ile) di essi<br />

(mehem, maschile)”. Esiste dunque un parallelismo di generi secondo lo schema<br />

A + B - A + B che Shea ha espresso graficamente nel modo seguente:<br />

275 - Vedi P.JOÜON, Grammaire de l’hebreu biblique, p. 412; L.KOHLER e W.BAUMGARTNER, Lexicon<br />

<strong>in</strong> Veteris Testamenti Libros, p. 877.<br />

276 - Daniel and the Judjement, p. 85.<br />

277 - Symposium on Daniel, p. 378.<br />

198<br />

A B<br />

Daniele 8: 8b le ’arba‘ ruchôth hashshamayim<br />

“verso i quattro venti” “dei cieli”<br />

FEMMINILE MASCHILE<br />

A B<br />

Daniele 8:9a ûm<strong>in</strong> ha’achath mehem<br />

“e da la una” “di essi”


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 199<br />

CAPIRE DANIELE<br />

G.HASEL 278 così spiega lo schema riportato sopra:<br />

“Mentre è mantenuta la sequenza dei generi femm<strong>in</strong>ile - maschile, c’è anche<br />

concordanza di numero tra le forme plurali del sostantivo maschile ‘cieli’ (shamayîm)<br />

e del suffisso pronom<strong>in</strong>ale maschile ‘essi’ (hem). L’aggettivo numerale<br />

‘una’ (’achath) nel v. 9 a sua volta fa coppia con la forma femm<strong>in</strong>ile del sostantivo<br />

‘venti’ (ruchôth) nel v. 8.<br />

“Questa costruzione s<strong>in</strong>tattica - prosegue Hasel - è del tutto corretta sotto il<br />

profilo della grammatica ebraica e autorizza a ravvisare nel passo un parallelismo<br />

fra generi accoppiati... che ha l’equivalente nel parallelismo s<strong>in</strong>onimico secondo<br />

lo schema femm<strong>in</strong>ile + maschile - femm<strong>in</strong>ile + maschile caratteristico<br />

della poesia ebraica” (<strong>in</strong> nota l’Autore cita come esempi: Is 62:1b; 28:15; 42:4;<br />

44:3b; Sl 57:6,11; 108:6; Gb 5:9; 18:10; Pr 5:5; 29:3).<br />

“In breve - osserva Hasel - abbiamo a che fare con una s<strong>in</strong>tassi basata<br />

sull’accoppiamento dei generi la quale, per quanto attiene all’orig<strong>in</strong>e del ‘piccolo<br />

corno’, orienta verso uno dei punti card<strong>in</strong>ali...”<br />

E conclude, citando Shea: “Pertanto ‘risulta evidente da questa comprensione<br />

della s<strong>in</strong>tassi di Dn 8:8,9 che nella visione il ‘piccolo corno’ entrò <strong>in</strong> scena<br />

provenendo da uno dei quattro venti del cielo’ e non dal corno seleucide o da<br />

una qualsiasi delle altre corna”. Questa comprensione di Dn 8:8,9 ha il pregio di<br />

rispettare l’<strong>in</strong>tegrità del testo, laddove l’esegesi storico-critica per adattarlo alla figura<br />

di Antioco Epifane ha dovuto alterarlo. Cambiando senza fondate ragioni il<br />

genere del pronome essa ha letto la frase <strong>in</strong>iziale del v. 8: “e dall’una di esse”, e<br />

l’ha collegata con l’espressione “quattro corna” del versetto precedente per fare<br />

uscire il qu<strong>in</strong>to corno da una di quelle quattro corna.<br />

Anche la traduzione “un piccolo corno” ha richiesto un “aggiustamento” del<br />

testo orig<strong>in</strong>ale. Come abbiamo visto l’ebraico dice letteralmente: “uscì un corno<br />

dalla piccolezza” (hfryi(:Cim taxa)-}ereq )fcæy yatza’ qeren ’achath mitztze‘îrah). Del<br />

vocabolo composto mitztze‘îrah, “dalla piccolezza”, è stato soppresso il prefisso<br />

m<strong>in</strong>, “da”, per modo che ‘îrah da sostantivo (“piccolezza”) è diventato aggettivo<br />

(“piccolo”).<br />

Con un ulteriore emendamento si è modificato anche l’aggettivo numerale<br />

’achath (“una”) <strong>in</strong>serendovi la lettera resh per trasformarlo <strong>in</strong> ’achereth (“un altro”).<br />

In def<strong>in</strong>itiva l’espressione orig<strong>in</strong>ale “un corno dalla piccolezza” si è tramutata<br />

<strong>in</strong> “un altro piccolo corno” 279, come si legge <strong>in</strong> molte versioni moderne.<br />

278 - Op. cit., pp. 380-381.<br />

279 - Cfr. G.H. HASEL, op.cit., p. 395, nota 44.<br />

199


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 200<br />

CAPITOLO 8<br />

Il raffronto fra 5 versioni italiane riportato sotto evidenzia delle variazioni<br />

nella traduzione della seconda parte del v. 9:<br />

200<br />

“...diventò molto grande verso il mezzogiorno,<br />

verso il levante e verso il paese splendido” (Luzzi)<br />

“... s’<strong>in</strong>grandì verso il sud,<br />

verso l’ovest e verso il paese dello splendore” (Bern<strong>in</strong>i)<br />

“... crebbe molto verso il mezzogiorno, l’oriente<br />

e verso la Palest<strong>in</strong>a” (TOB)<br />

“... s’<strong>in</strong>grandì assai verso mezzogiorno, verso oriente<br />

e verso lo splendore della terra” (Bibbia Concordata)<br />

L’ebraico dice: yibeCah-le)ºw xfrºziMah-le)ºw begåNah-le) retåy-laD:giTáw wattigddal-yether ’el hannegev<br />

we’el hammizrach we’el hatztzevî, letteralmente: “e s’<strong>in</strong>grandì enormemente<br />

verso il sud, verso l’est e verso lo splendore”. Prima di prendere <strong>in</strong> esame<br />

l’ultima espressione del versetto, conviene soffermarsi sull’avverbio yeter.<br />

La Riveduta (Luzzi) e la TOB lo traducono “molto”, la Bibbia Concordata<br />

“assai”, Bern<strong>in</strong>i lo omette addirittura. R<strong>in</strong>aldi, con più aderenza all’orig<strong>in</strong>ale, lo<br />

rende “enormemente”. È significativo che Daniele applichi con forza crescente il<br />

verbo gâdâl, “<strong>in</strong>grandire”, al montone, al capro e al “piccolo corno”.<br />

a) In riferimento al montone persiano il profeta usa la forma attiva-riflessiva<br />

higdîl, che significa “si <strong>in</strong>grandì”.<br />

b) Con la stessa forma verbale seguita dall’accrescitivo ’ad me’od,<br />

“molto”, “grandemente”, descrive la crescita del capro greco-macedone.<br />

c) Per rappresentare l’<strong>in</strong>grandirsi del “piccolo corno” adopera una<br />

forma diversa dello stesso verbo seguita dall’avverbio yeter, “enormemente”,<br />

“smisuratamente”, (il verbo yatar significa “eccellere”, “essere prem<strong>in</strong>ente”,<br />

GESENIUS e DAVIDSON).<br />

Se Daniele, come sostiene l’esegesi moderna, avesse <strong>in</strong>teso davvero raffigurare<br />

Antioco Epifane col simbolo del “piccolo corno”, <strong>in</strong> sostanza ci avrebbe<br />

detto che il re di Siria sarebbe stato più potente dei re di Persia e di Alessandro<br />

e avrebbe dom<strong>in</strong>ato su un territorio più vasto di quello degli imperi persiano e<br />

macedone.<br />

Questo sarebbe stato assolutamente fuori della realtà storica perché Antioco<br />

non fu affatto più potente di Ciro, di Dario o di Serse e neanche di Alessandro e<br />

il territorio sul quale regnò fu soltanto una frazione di quello dell’Impero mace-


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 201<br />

CAPIRE DANIELE<br />

done. Come vedremo <strong>in</strong> seguito, col simbolo del “piccolo corno” Daniele volle<br />

rappresentare una realtà del tutto diversa.<br />

Il nostro autore <strong>in</strong>dica con chiarezza le direzioni dello spazio nelle quali si<br />

espanse il dom<strong>in</strong>io del “piccolo corno”: verso il sud (’el hannegev), verso l’est<br />

(’el hammizrach) e verso lo splendore (we’el hatztzevî).<br />

Antioco tentò caparbiamente di estendere il suo dom<strong>in</strong>io a mezzogiorno,<br />

cioè di impadronirsi dell’Egitto, ma non vi riuscì per l’<strong>in</strong>tervento risoluto di<br />

Roma. Pertanto egli non s’<strong>in</strong>grandì enormemente verso il sud.<br />

L’Epifane <strong>in</strong>tervenne militarmente nelle prov<strong>in</strong>ce alte e orientali del regno<br />

(l’Armenia, la Persia, l’Elimaide, la Sogdiana), ma non per conquistarle, giacché<br />

esse facevano parte dello stato seleucide f<strong>in</strong> dalla sua nascita, <strong>in</strong>tervenne bensì<br />

per mantenerle dato che le popolazioni locali - e <strong>in</strong> particolare i potentissimi<br />

Parti - m<strong>in</strong>acciavano di riprendersele 280. Dunque nessuna estensione del potere<br />

di Antioco verso oriente.<br />

Veniamo all’espressione f<strong>in</strong>ale del v. 9, ’el hatztzevî.<br />

Le versioni moderne aggiungono alla f<strong>in</strong>e del versetto un vocabolo che<br />

nell’orig<strong>in</strong>ale non c’è. È il term<strong>in</strong>e “paese” (Riveduta, Bern<strong>in</strong>i, R<strong>in</strong>aldi) o “terra”<br />

(Bibbia Concordata). La TOB non traduce il vocabolo ebraico (zevi) ma lo <strong>in</strong>terpreta<br />

dando per scontato che esso si riferisca alla Palest<strong>in</strong>a.<br />

Che ’el hatztzevî “verso lo splendore” designi la Palest<strong>in</strong>a è soltanto una<br />

congettura.<br />

Nel v. 10 si dice che il corno s’<strong>in</strong>grandì “f<strong>in</strong>o all’esercito del cielo” e fece cadere<br />

<strong>in</strong> terra delle stelle. È un riferimento evidente al firmamento. Nel v. 9 Daniele<br />

dopo avere descritto un’espansione orizzontale del corno (verso il sud e<br />

verso l’est) ha voluto alludere ad una sua estensione <strong>in</strong> verticale (verso lo splendore,<br />

cioè verso il firmamento). Quale possa essere il senso di questa sua proiezione<br />

verso l’alto si vedrà subito.<br />

10 S’<strong>in</strong>grandì, f<strong>in</strong>o a giungere all’esercito del cielo; fece cader <strong>in</strong> terra<br />

parte di quell’esercito e delle stelle, e le calpestò.<br />

“S’<strong>in</strong>grandì f<strong>in</strong>o a giungere all’esercito del cielo...” HASEL 281 osserva che il term<strong>in</strong>e<br />

“esercito” (ebr.)fb:c tzeva’) nell’Antico Testamento è applicato anche al popolo di<br />

Dio (Es 7:4: “...farò uscire dal paese d’Egitto le mie schiere”, ebr. tziv’othay).<br />

Se <strong>in</strong> Dn 8:10 il term<strong>in</strong>e è applicato alla stessa maniera, esso si riferisce al<br />

popolo di Dio sulla terra sul quale si estende s<strong>in</strong>istramente il potere del corno.<br />

In effetti il v. 24 <strong>in</strong>terpreta l’azione descritta nel v. 10 come la distruzione “dei<br />

280 - Vedi F.A. ARBORIO MELLA, L’Impero Persiano, Milano 1979, p. 217.<br />

281 - Op.cit., p. 398.<br />

201


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 202<br />

CAPITOLO 8<br />

potenti e dei santi dell’Altissimo” per mano del “corno” (i “santi dell’Altissimo” <strong>in</strong><br />

7:27 sono i fedeli di Dio che ricevono il regno dopo il giudizio).<br />

“L’attacco mosso ai ‘potenti ed al popolo dei santi’ - commenta Hasel - è<br />

un’allusione alla persecuzione del popolo di Dio. In breve l’attività del ‘piccolo<br />

corno’ consiste: (1) <strong>in</strong> una espansione orizzontale (possibilmente mirata a un<br />

rafforzamento di sé stesso mediante l’adozione del culto idolatrico) e (2) nella<br />

persecuzione dei santi di Dio sulla terra” 282. Dio e Gesù Cristo s’identificano col<br />

popolo eletto perseguitato: “chi tocca voi tocca la pupilla dell’occhio suo” (Za<br />

2:8); “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (At 9:4). Combattendo il suo popolo, il<br />

corno si aderge contro Dio.<br />

202<br />

11 S’elevò anzi f<strong>in</strong>o al capo di quell’esercito, gli tolse il sacrifizio perpetuo,<br />

e il luogo del suo santuario fu abbattuto.<br />

È stato notato un significativo cambiamento del genere dei verbi tra i vv. 9-10 e<br />

il v. 11. Nei vv. 9 e 10 ricorrono quattro forme verbali che a parte la prima sono<br />

tutte di genere femm<strong>in</strong>ile come si può vedere dallo specchietto sotto:<br />

vv. 9-10<br />

)fcæy yaza’ (“uscì”) m.<br />

laD:giT thigddal (“s’<strong>in</strong>grandì”) f.<br />

laD:giT thigddal (“s’<strong>in</strong>grandì”) f.<br />

l”PaT thafal (“fece cadere”) f.<br />

{“s:m:riT thirmesem (“calpestò”) f.<br />

Nel v. 11 ci sono 3 forme verbali tutte di genere maschile come mostra lo specchietto<br />

che segue sotto:<br />

v. 11<br />

lyiD:gih higddîl (“s’<strong>in</strong>grandì”) m.<br />

{yir”h hurayîm (“tolse”) m.<br />

\al:$uh hushlak (“abbattuto”) m.<br />

Svariate op<strong>in</strong>ioni - tutte poco conv<strong>in</strong>centi - sono state formulate per spiegare<br />

questo s<strong>in</strong>golare cambiamento del genere dei verbi tra i vv. 9-10 ed il v. 11. Da<br />

ultimo si è ipotizzata - senza fondati motivi – un’<strong>in</strong>terpolazione nel testo.<br />

Gli esegeti della scuola storicista hanno ravvisato <strong>in</strong> siffatto mutamento di<br />

genere il trapasso da una prima ad una seconda fase di sviluppo dell’entità rap-<br />

282 - Ibidem.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 203<br />

CAPIRE DANIELE<br />

presentata dal simbolo unico del corno, vale a dire Roma. Qualcuno di loro -<br />

G.M. PRICE per esempio - ha visto <strong>in</strong> 8:9-12 uno svolgimento simultaneo delle<br />

fasi politico-pagana ed ecclesiastico-papale. G.H.HASEL 283 propende per uno<br />

svolgimento consecutivo: nei vv. 9-10 egli scorge Roma nella fase politico-pagana<br />

(premedievale) e nei vv. 11-12 la stessa entità storica nella fase ecclesiastico-papale<br />

(medievale e post-medievale).<br />

Il commento che segue, improntato al pensiero di questo autore, fornirà argomenti<br />

validi (filologici soprattutto) a supporto di questa visione, <strong>in</strong> particolare<br />

per quanto attiene al v. 11.<br />

“S’elevò f<strong>in</strong>o al capo di quell’esercito...”, ebr. lyiD:gih)fbfCah-ra& da(ºw we ‘ad sar<br />

hazzavâ’ higgdîl, letteralmente: “f<strong>in</strong>o al pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito s’<strong>in</strong>grandì”. Hasel<br />

facendo riferimento a R. MOSIS 284, osserva che usato <strong>in</strong> questa forma (cioè nella<br />

forma hifil) il verbo gadâl esprime l’idea che farsi grande “è un atto arrogante,<br />

presuntuoso e illegale”. Il “piccolo corno” si appropria <strong>in</strong> modo illegale, arrogante<br />

e presuntuoso le prerogative che appartengono <strong>in</strong> maniera esclusiva al<br />

“Pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito” 285.<br />

Chi è il “Pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito” (sar hazzavâ’)? I commentatori che applicano<br />

ad Antioco Epifane Dn 8:9-14 vi identificano il sommo sacerdote Onia III<br />

assass<strong>in</strong>ato nel 171 a.C. HASEL 286 osserva con ragione che sebbene il term<strong>in</strong>e sar<br />

(“pr<strong>in</strong>cipe”) nell’Antico Testamento sia talvolta riferito al sommo sacerdote (vedi<br />

1Cr 24:5; Ed 8:24,29), l’espressione sar hazzavâ (“pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito”) <strong>in</strong> nessun<br />

caso è applicata ad un sommo sacerdote.<br />

In Gs 5:14 è un Essere sovrumano che si presenta al leader delle tribù israelitiche<br />

con l’attributo di “Pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito di Yahweh” (sar zevâ’ YHWH). In<br />

Dn 10:13 Micael è chiamato “uno dei primi pr<strong>in</strong>cipi” (’achad hassârîm hari’shshonîm)<br />

e 11:1 menziona “Micael vostro pr<strong>in</strong>cipe” (mîkâ’el sarkem), pr<strong>in</strong>cipe<br />

cioè del popolo di Dio. In 12:1 si annuncia il levarsi di “Micael, il gran pr<strong>in</strong>cipe”<br />

(mika’el hassar haggâdôl), <strong>in</strong> difesa del suo popolo (qui il pr<strong>in</strong>cipe Micael appare<br />

rivestito di potere giudiziale e lo si può con fondati motivi identificare con<br />

la figura del Figlio dell’uomo che esercita lo stesso potere <strong>in</strong> 7:13,14,26).<br />

Nel Nuovo Testamento Micael riceve il titolo di “arcangelo” (archangelos)<br />

ed è identificato con Gesù Cristo (Gd 9; 1Te 4:16; Ap 12:7,8).<br />

In Daniele tutto lascia credere che Mika’el e il sar hazzavâ siano la stessa<br />

figura celeste. È dunque contro il Figlio di Dio e non contro un sacerdote giudaico<br />

che si fa grande il “piccolo corno”.<br />

283 - Op. cit., p. 401.<br />

284 - “gadhal”, TDOT, 1975, 2:404.<br />

285 - HASEL, op. cit., p. 402.<br />

286 - Idem, p. 403.<br />

203


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 204<br />

CAPITOLO 8<br />

“...gli tolse il sacrificio perpetuo...”, ebr. dyimfTah {yaruh UNeMimU umimmennû hûraym<br />

hattamîd, letteralmente: “e a lui fu tolta la perpetuità”. L’antecedente più<br />

prossimo a cui possa essere riferita l’espressione ebraica mimmennû (“a lui”) è<br />

“pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito”. È dunque a questo Essere celeste che fu tolto il tamîd.<br />

La forma verbale hûraym è difficile da tradurre.<br />

Dalla radice verbale rwm, “togliere via”, “rimuovere”, la traduzione più<br />

plausibile sembra essere “fu tolto”, “fu rimosso”.<br />

Tamîd nell’Antico Testamento ricorre <strong>in</strong>variabilmente con funzione di aggettivo<br />

(“cont<strong>in</strong>uo”, “perpetuo”) o di avverbio (“del cont<strong>in</strong>uo”, “perpetuamente”).<br />

In 8:11-13, 11:31 e 12:11 tamîd è preceduto dall’articolo (hattamîd) e di conseguenza<br />

ha valore di sostantivo (“la cont<strong>in</strong>uità”, “la perpetuità”). Dandosi per<br />

scontato senza motivi plausibili che tamîd <strong>in</strong> 8,11 e 12 si riferisca al sacrificio<br />

quotidiano (Es 29:38-42; Nu 28 e 29), tutte le versioni suppliscono <strong>in</strong> 8:11-13,<br />

11:31 e 12:11 il vocabolo “sacrificio” (R<strong>in</strong>aldi ha: “il sacrificio quotidiano”, altre<br />

versioni: “il sacrificio cont<strong>in</strong>uo” o “perpetuo”).<br />

Daniele conosce ed usa a proposito la term<strong>in</strong>ologia liturgica del santuario:<br />

<strong>in</strong> 9:21 menziona “l’oblazione della sera” (m<strong>in</strong>chath ‘erev). Se <strong>in</strong> 8:11-13, 11:31 e<br />

12:11 avesse voluto riferirsi al sacrificio cont<strong>in</strong>uo, avrebbe usato il term<strong>in</strong>e tecnico<br />

‘olath hattamîd (“olocausto cont<strong>in</strong>uo”) proprio della term<strong>in</strong>ologia del santuario<br />

(cfr. Nu 28 e 29 nell’ebraico). Sembra ovvio che con l’usare tamîd come<br />

sostantivo Daniele abbia voluto dire una cosa diversa.<br />

Tamîd nella legislazione cultuale del Pentateuco, oltre che all’olocausto<br />

quotidiano come aggettivo (‘olath hattamîd, “l’olocausto perpetuo”: vedi Es<br />

29:42; Nu 28:3,6,10 ecc.), è applicato con funzione di avverbio a svariati atti liturgici,<br />

come il mantenimento del fuoco sacro sull’altare dei sacrifici (Le 6:13 - 6:6<br />

nell’ebraico -), il mantenimento delle luci del candelabro del santuario (Le 24:2,<br />

vedi anche Es 27:20), il cambio settimanale dei pani di presentazione nel tabernacolo<br />

(Le 24:8). In 1Cr 16:37 tamîd con valore di avverbio è riferito al servizio<br />

dei sacerdoti davanti all’arca dell’Alleanza. In 8:11-13, 11:31 e 12:11 semmai sarebbe<br />

più logico supplire il term<strong>in</strong>e generico “servizio” piuttosto che quello restrittivo<br />

“sacrificio”.<br />

Ma a presc<strong>in</strong>dere da tutto questo, tenendo conto dell’uso che ne fa Daniele<br />

con funzione di sostantivo (una forma che non ricorre altrove nell’Antico Testamento),<br />

hattamîd (“la cont<strong>in</strong>uità”, “la perpetuità”) non può riferirsi ad altra cosa<br />

che ad una attività del celeste “Pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito” che si svolge senza <strong>in</strong>terruzione.<br />

L’ultima frase del v. 11 (nell’ebraico O$fD:qim }Ok:m \al:$uhºw wehushlak mekôn<br />

miqdashô) nelle versioni <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua italiana è resa con notevoli varianti:<br />

204<br />

“... e il luogo del suo santuario fu abbattuto...” (G. Luzzi).


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 205<br />

“... e fu profanato il luogo del suo santuario...” (G. R<strong>in</strong>aldi).<br />

“... e fu profanata la santa dimora...” (TOB).<br />

“... e fu rovesciato il fondamento del suo santuario...”<br />

(Bibbia Concordata).<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Hushlak è la forma hofal del verbo shalak, “gettare”, “abbattere”, “rovesciare”,<br />

“distruggere”, sia <strong>in</strong> senso letterale che <strong>in</strong> senso metaforico. “Fu abbattuto”<br />

(Luzzi) e “ fu gettata a basso” (Diodati) sono dunque traduzioni coerenti di hushlâk.<br />

Ma poiché questo verbo non consente di armonizzare il passo danielico<br />

col modello della persecuzione di Antioco, giacché il re di Siria profanò ma non<br />

distrusse il tempio giudaico di Gerusalemme 287, si è proceduto ad un’arbitraria<br />

sostituzione della forma verbale orig<strong>in</strong>ale hushlak, attestata dai manoscritti più<br />

antichi, con una forma verbale totalmente diversa: tirmos (“contam<strong>in</strong>ato”, “profanato”,<br />

“dissacrato”) la quale mette d’accordo il testo biblico col modello storico<br />

scelto dagli esegeti storico-critici 288. La RINALDI e la TOB seguono il testo ebraico<br />

così modificato.<br />

Mekôn è il complemento del verbo hushlak. Luzzi e R<strong>in</strong>aldi traducono<br />

“luogo” il sostantivo mekôn, Diodati “stanza” e Bern<strong>in</strong>i e la Concordata “fondamento”.<br />

La TOB lo omette. Dal verbo kwn, “stabilire”, “fissare”, “confermare”,<br />

mekôn significa “dimora”, “luogo”, “fondamento”.<br />

Quest’ultimo è il senso preferito da Hasel 289 il quale rileva che su 17 volte<br />

che mekôn ricorre nell’Antico Testamento, 16 volte si trova <strong>in</strong> contesti cultuali: <strong>in</strong><br />

7 casi come designazione del luogo della dimora di Dio <strong>in</strong> cielo (1Re 8:39, ecc.),<br />

cioè del suo santuario, come si vede da Es 15:17 dove l’equivalenza “dimora (di<br />

Dio)” - “santuario” è attestata dal parallelismo poetico. In 3 casi mekôn è riferito<br />

alla “dimora” terrestre di Jahvé, il santuario mosaico (Es 15:17), e il tempio salomonico<br />

(1Re 8:13; 2Cr 6:2); due volte, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, è associato metaforicamente al<br />

trono celeste di Dio: nei Sl 89:14 (15 nell’ebraico) e 97:2, dove si dice che “giustizia<br />

ed equità sono le basi (mekôn) del suo trono”. Ulteriori <strong>in</strong>dicazioni, nota<br />

ancora l’Hasel, emergono da un’analisi dei contesti cultuali di mekôn.<br />

“Dal luogo della sua celeste dimora - dice testualmente - cioè dal suo santuario<br />

nel cielo, Egli ascolta le preghiere dei suoi fedeli, israeliti e non (1Re 8:39,<br />

41, 43), e da esso elargisce il perdono e rende giustizia” 290.<br />

287 - Vedi I Maccabei capitolo 1; G. RICCIOTTI, Storia d’Israele, vol. II, pagg. 270-271.<br />

288 - Cfr. G. HASEL, op.cit., pp. 410-411.<br />

289 - Ibidem, p. 412.<br />

290 - Ibidem, pp. 412-413.<br />

205


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 206<br />

CAPITOLO 8<br />

L’azione ostile del corno è diretta precisamente contro questa attività div<strong>in</strong>a.<br />

“Ma l’atto del corno di abbattere il mekôn (‘fondamento’) del santuario celeste -<br />

osserva ancora il nostro autore - è una <strong>in</strong>terferenza nell’atto di Dio di ascoltare le<br />

preghiere dei suoi devoti e di offrire il perdono, base/fondamento del santuario<br />

di Dio nei cieli. L’atto del corno implica dunque un’<strong>in</strong>tromissione nel senso che<br />

esso rende <strong>in</strong>efficace il ‘fondamento’ o la ‘base’ (mekôn) del santuario celeste dal<br />

quale procede la giustizia div<strong>in</strong>a” 291.<br />

Secondo la cristologia del Nuovo Testamento il Figlio di Dio, esaltato alla<br />

destra del Padre dopo la risurrezione (At 5:55-56; Rm 8:34; Eb 1:3,8), svolge nel<br />

suo celeste santuario (Eb 8:1-2; 9:11-12) un m<strong>in</strong>istero cont<strong>in</strong>uo di mediazione e<br />

<strong>in</strong>tercessione a favore nostro (1Tm 2:5; Rm 8:34; Eb 7:25; 1Gv. 2:1).<br />

“Questo ‘abbattere’ è un modo di trasmettere <strong>in</strong> un l<strong>in</strong>guaggio grafico metaforico,<br />

l’idea che il potere del ‘piccolo corno’ giunge, per così dire, al centro<br />

stesso dell’attività div<strong>in</strong>a nel santuario del cielo, un’attività che comporta il perdono<br />

del peccato. Siffatta azione tocca il cuore dell’<strong>in</strong>tercessione e del m<strong>in</strong>istero<br />

cont<strong>in</strong>ui del ‘Pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito’ (il Cristo) che m<strong>in</strong>istra nel santuario celeste.<br />

In altri term<strong>in</strong>i il potere del corno anti-div<strong>in</strong>o attacca la base stessa dell’<strong>in</strong>tercessione<br />

del celeste santuario con le sue attività mediatoria e salvifica a beneficio<br />

dell’uomo fedele” 292.<br />

Mekôn miqdashô è il complemento del verbo hushlak, è ciò che il corno ha<br />

abbattuto. Miqdash, dal verbo qadâsh, “essere santo”, è il term<strong>in</strong>e col quale il<br />

Pentateuco designa il santuario mosaico (cfr. Es 25:8; Le 12:4; 21:12; Nu 10:21;<br />

18:1 ecc.) e con cui il cronista <strong>in</strong>dica il tempio di Yahweh <strong>in</strong> Gerusalemme (1Cr<br />

22:19; 2Cr 29:21).<br />

“Santuario” è dunque la traduzione corretta di miqdash e non “oblazione”<br />

come nella versione del Bern<strong>in</strong>i. La TOB traduce miqdashô “la santa dimora”,<br />

non tenendo conto del suffisso di terza persona maschile unito a miqdâsh. Daniele<br />

ha voluto dire che fu il santuario del “Pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito”, e non il santuario<br />

<strong>in</strong> senso <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ito, che il corno empio abbatté.<br />

“La dimensione cosmica del rovesciamento della base celeste del santuario -<br />

citiamo ancora Hasel - esprime la realtà del tentativo di vanificare il m<strong>in</strong>istero di<br />

Cristo <strong>in</strong> cielo mediante l’<strong>in</strong>staurazione di un rivale sistema mediatorio che distoglie<br />

l’attenzione degli uom<strong>in</strong>i dall’opera sommo-sacerdotale di Cristo, privandoli<br />

così dei benefici cont<strong>in</strong>ui del suo m<strong>in</strong>istero nelle corti celesti” 293.<br />

291 - Ibidem, p. 414.<br />

292 - Ibidem.<br />

293 - Ibidem, p. 415.<br />

206


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 207<br />

CAPIRE DANIELE<br />

12 L’esercito gli fu dato <strong>in</strong> mano col sacrifizio perpetuo a motivo<br />

della ribellione; e il corno gettò a terra la verità, e prosperò nelle sue<br />

imprese.<br />

Nei primi 7 versetti del cap. 8 s’<strong>in</strong>contrano 6 riferimenti che hanno att<strong>in</strong>enza con<br />

l’uso della facoltà visiva: 3 volte (vv. 1 e 2) si ripete la parola “visione” (chazôn),<br />

2 volte (vv. 4 e 7) ricorre la voce verbale “io vidi” (ra’îthî) e 1 volta (v. 3) si<br />

legge l’espressione “alzai gli occhi e guardai” (wa’essa’ ’enay wa’er’eh). È evidente<br />

che l’attenzione di Daniele <strong>in</strong> questa parte della visione è concentrata sulle<br />

figure simboliche che scorrono davanti ai suoi occhi.<br />

Nel v. 12, con un attacco mosso alla “cont<strong>in</strong>uità” e un oltraggio <strong>in</strong>flitto alla<br />

“verità”, si conclude l’attività del “corno” contro il “Pr<strong>in</strong>cipe”, il suo “esercito” e il<br />

suo tamîd (“cont<strong>in</strong>uità”), e con essa si chiude anche la parte “visiva” della rivelazione.<br />

Nelle versioni moderne della Bibbia la prima parte del v. 12 è resa con notevoli<br />

differenze di senso. Si confront<strong>in</strong>o le seguenti traduzioni italiane:<br />

“L’esercito gli fu dato <strong>in</strong> mano col sacrificio perpetuo a motivo della ribellione;<br />

e il corno gettò a terra la verità e prosperò nelle sue imprese” (Luzzi).<br />

“Una milizia fu <strong>in</strong>caricata del sacrificio perpetuo sacrilego e la verità fu gettata<br />

a terra. Ciò si fece e vi riuscì” (Bern<strong>in</strong>i)<br />

“E fu posto sul sacrificio quotidiano il peccato e si gettò a terra la verità; e ciò<br />

si fece e si riuscì” (R<strong>in</strong>aldi)<br />

“In luogo del sacrificio quotidiano fu posto il peccato e fu gettata a terra la<br />

verità. Ciò esso fece, e vi riuscì” (TOB)<br />

“Una stele fu collocata nel luogo del sacrificio perpetuo con empietà e fu gettata<br />

a terra la verità. Così fece ed ebbe successo” (Bibbia Concordata)<br />

Alcune osservazioni s’impongono.<br />

1. A parte le prime due traduzioni, le altre omettono il vocabolo “esercito”<br />

o “milizia” (tzava’) che si trova nell’orig<strong>in</strong>ale.<br />

2. Tutte le traduzioni riportate sopra aggiungono il term<strong>in</strong>e “sacrificio”<br />

che manca nell’ebraico (il Luzzi vi supplisce anche la parola “corno”).<br />

3. In tutte le versioni citate sopra si nota la preoccupazione dei traduttoti<br />

di armonizzare la prima parte del versetto col fatto storico della profanazione<br />

del tempio giudaico perpetrata da Antioco Epifane nel 167 a.C. (vedi 1Mac-<br />

207


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 208<br />

CAPITOLO 8<br />

208<br />

cabei 1:54; 2Maccabei 6:1-2). Le versioni moderne <strong>in</strong>terpretano il testo orig<strong>in</strong>ale<br />

più che tradurlo.<br />

Proviamo a leggere il passo nell’ebraico: ;hfxyil:cihºw hft:&f(ºw hfc:ra) temE) \"l:$atºw (a$fp:B<br />

dyimfTah-la( }"tæNiT )fbfcºw wetzava’ t<strong>in</strong>nathen ‘al hattamîd befasha‘ wetashlek ’emeth<br />

’artzâh we’ashtah wehitzlîchah.<br />

Letteralmente: Un esercito fu dato sopra la cont<strong>in</strong>uità nella trasgressione,<br />

e si gettò la verità a terra; si fece e riuscì.<br />

L’<strong>in</strong>terpretazione del passo che sarà data di seguito si attiene all’analisi che ne fa<br />

Hasel nell’opera citata alle pag<strong>in</strong>e 416-420.<br />

Il sostantivo tzava’, “esercito”, può essere tenuto come il soggetto della proposizione<br />

perché precede il verbo (t<strong>in</strong>naten, “dato”). Detto sostantivo essendo<br />

<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato (non è preceduto dall’articolo) si dovrebbe mantenerlo dist<strong>in</strong>to<br />

dallo stesso sostantivo nei vv. 10 e 11. In altre parole, “l’esercito” che agisce <strong>in</strong><br />

questo versetto non è lo stesso “esercito” contro il quale si volge l’attacco del<br />

“corno” nel v. 10.<br />

“La cont<strong>in</strong>uità” (hattamid) è la stessa entità menzionata nel v. 11 (il sostantivo<br />

è preceduto dall’articolo).<br />

“Esercito dunque nel v. 12 designa qualcosa che va contro ‘la cont<strong>in</strong>uità’ e<br />

deve essere messo <strong>in</strong> relazione col ‘corno’, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva è l’esercito del ‘corno’<br />

che si pone contro la ‘cont<strong>in</strong>uità’ del ‘Pr<strong>in</strong>cipe’. In questo contesto l’azione descritta<br />

nel v. 12 sembra suggerire l’idea che un esercito del piccolo corno nella<br />

forma di Roma ecclesiastica (questo simbolo può essere riferito al clero) sia <strong>in</strong>vestito<br />

del potere di opporsi alla cont<strong>in</strong>uità, cioè al m<strong>in</strong>istero <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotto di mediazione<br />

e <strong>in</strong>tercessione del celeste Pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito. L’<strong>in</strong>tercessione, la mediazione<br />

ed altri benefici connessi col tamîd sono completamente <strong>in</strong> potere<br />

dell’esercito del ‘piccolo corno’” 294.<br />

T<strong>in</strong>naten è la forma passiva (nifal) femm<strong>in</strong>ile del verbo natan, “dare”. La<br />

preposizione ‘al (“sopra”), che nel testo <strong>in</strong> esame segue il verbo t<strong>in</strong>naten,<br />

spesso, alla stessa stregua della preposizione be (“<strong>in</strong>”), ha il senso peggiorativo<br />

di “contro” 295. Il verbo natan, “dare”, associato alla preposizione ‘al (o alla preposizione<br />

be), acquista il senso negativo di “porre contro”, “far ricadere su” 296.<br />

294 - G. HASEL, op.cit., pp. 416-417.<br />

295 - Cfr. P.P. JOÜON, Grammaire de l’hebreu biblique, p. 407.<br />

296 - 1Re 8:32: “... facendo ricadere sul suo capo...”, ebraico: ...latheth (dal verbo nathan)<br />

darkô ber’osho (vedi anche 2Cr 6:23; Ez 7:3,4: “... ti farò ricadere addosso...”, ebraico: wenaththathi<br />

(dal verbo nathan) ‘alaîk ... (vedi anche 9:10; 11:21; 16:43; 17:19; 22:31).


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 209<br />

CAPIRE DANIELE<br />

In def<strong>in</strong>itiva, il “piccolo corno” ha posto qualcosa contro il m<strong>in</strong>istero cont<strong>in</strong>uo<br />

del “Pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito” e ciò facendo ha commesso una trasgressione<br />

(befasha‘, “con trasgressione”).<br />

Nella seconda proposizione del v. 8: wetashlek ’emet ’artzâh, “e gettò la verità<br />

a terra”, il verbo è ancora al femm<strong>in</strong>ile; esso può dunque avere come soggetto<br />

tanto il qeren (“corno”) del versetto precedente, quanto lo tzava’ (“esercito”)<br />

nom<strong>in</strong>ato <strong>in</strong> questo versetto, dal momento che entrambi i sostantivi<br />

nell’ebraico sono di genere femm<strong>in</strong>ile. Fu dunque il “corno”, o l’“esercito” del<br />

corno, che gettò a terra la verità.<br />

’Emet, “verità”, spesso nell’Antico Testamento è usato <strong>in</strong> riferimento alla<br />

vera dottr<strong>in</strong>a e al vero culto div<strong>in</strong>o (W.GESENIUS). In Sl 119:142 ’emet è associato<br />

alla Parola di Dio: ûthoratkâ ’emet, “la tua legge è verità”. Questo vocabolo <strong>in</strong> altri<br />

punti del libro di Daniele (8:26; 10:1, 21; 11:2) è riferito alla rivelazione che<br />

procede da Dio.<br />

“Sulla base di questi usi del vocabolo - spiega Hasel - ‘verità’ nel v. 12 può<br />

comprendersi come un riferimento alla rivelazione di Dio nel suo <strong>in</strong>sieme, comprese<br />

‘la legge di Mosè’ e la rivelazione apocalittica contenuta nello stesso libro<br />

di Daniele. Questo contesto danielico corrobora l’idea che ‘verità’, qui nel v. 12,<br />

si riferisca alla div<strong>in</strong>a verità della rivelazione che il corno getta a terra. Tale verità<br />

rivelatoria contiene le istruzioni relative al culto, alla salvezza e ad altri temi correlativi<br />

compreso il tema sul piano di Dio att<strong>in</strong>ente all’<strong>in</strong>staurazione dei regni<br />

della grazia e della gloria” 297.<br />

L’idea espressa dai due verbi che concludono il versetto è chiara: il potere<br />

simboleggiato dal “piccolo corno” riesce nelle sue imprese volte a contrastare<br />

l’azione di Dio. Ma solo <strong>in</strong> apparenza, giacché nella realtà Dio mantiene il controllo<br />

della situazione.<br />

13 Poi udii un santo che parlava; e un altro santo disse a quello che<br />

parlava: “F<strong>in</strong>o a quando durerà la visione del sacrifizio cont<strong>in</strong>uo e<br />

la ribellione che produce la desolazione, abbandonando il luogo<br />

santo e l’esercito ad essere calpestati?”<br />

È stata notata nel libro di Daniele una correlazione costante fra cielo e terra. Nel<br />

cap. 2 i quattro metalli che compongono la statua vista <strong>in</strong> sogno dal re di Babilonia<br />

evocano realtà “orizzontali”, terrene; mentre la pietra che cade dall’alto e<br />

frantuma la statua richiama ad una realtà “verticale”, celeste.<br />

Nel cap. 7 il giudizio e l’<strong>in</strong>staurazione del Regno eterno di Dio (realtà “verti-<br />

297 - G. HASEL, op.cit., p. 419.<br />

209


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 210<br />

CAPITOLO 8<br />

cale”) fanno seguito alle attività delle 4 bestie e del “piccolo corno” (realtà “orizzontale”).<br />

Nei capp. 11 e 12 da una successione di eventi terreni che co<strong>in</strong>volgono di<br />

volta <strong>in</strong> volta le potenze del mondo (la Medo-Persia, la Macedonia, i regni ellenistici<br />

e l’Impero romano), realtà “orizzontali”, si passa all’entrata <strong>in</strong> scena di Micael<br />

che redime i giusti alla risurrezione dei morti (realtà “verticale”).<br />

Il cap. 8 non fa eccezione: prende l’avvio dall’ambito delle cose terrene, poi<br />

si eleva <strong>in</strong> “verticale” svelandoci una violenta aggressione portata dal “corno”<br />

contro il “Pr<strong>in</strong>cipe” del cielo e culm<strong>in</strong>a con l’audizione che <strong>in</strong>troduce pienamente<br />

nella realtà celeste.<br />

Nel v. 12, come abbiamo visto, si è conclusa la fase “visiva” della rivelazione.<br />

Col v. 13 ha <strong>in</strong>izio una nuova fase nella quale il profeta deve impegnare<br />

soprattutto la facoltà auditiva. Due volte (vv. 13 e 16) egli dice: “e udii” (hf(:m:$e)æw<br />

wa’eshme‘ah), e 3 volte (vv. 14, 17 e 18) usa l’espressione “e disse” (wayy’omer).<br />

Attonito per le cose sconvolgenti che ha visto nella parte f<strong>in</strong>ale della visione,<br />

Daniele assiste adesso a un dialogo fra due esseri celesti. Il dialogo verte precisamente<br />

su quelle attività dissacratorie del “corno” che hanno scosso il profeta.<br />

La maggior parte delle versioni moderne della Bibbia traduce il passo <strong>in</strong><br />

modo da lasciar capire che la domanda dell’uno dei “santi” rivolta all’altro riguardi<br />

la durata dell’attività maligna del “corno”:<br />

“Poi udii un santo che parlava; e un altro santo disse a quello che parlava:<br />

‘F<strong>in</strong>o a quando durerà la visione del sacrificio cont<strong>in</strong>uo e la ribellione che produce<br />

la desolazione abbandonando il luogo santo e l’esercito ad esser calpestati?”<br />

(così la versione di Luzzi).<br />

Altre versioni rendono il passo sostanzialmente alla stessa maniera:<br />

210<br />

“Udii un santo parlare e un altro santo dire a quello che parlava: ‘F<strong>in</strong>o a<br />

quando durerà questa visione: il sacrificio quotidiano abolito, la desolazione<br />

dell’<strong>in</strong>iquità, il santuario e la milizia calpestati?” (TOB)<br />

“Udii parlare un santo e un altro santo disse a quel tale che parlava: ‘F<strong>in</strong>o a<br />

quando durerà la visione, vale a dire, f<strong>in</strong>o a quando il sacrificio perpetuo<br />

sarà abolito, l’<strong>in</strong>iquità devastatrice sussisterà, e il santuario con il suo esercito<br />

sarà calpestato?” (Concordata)<br />

“Allora <strong>in</strong>tesi un santo che parlava e un alto santo disse a quel tale che parlava:<br />

‘F<strong>in</strong>o a quando durerà la visione: il sacrificio perpetuo rimosso, l’empietà<br />

devastatrice che vi è stata <strong>in</strong>stallata e la milizia conculcata?” (Bern<strong>in</strong>i)<br />

In queste traduzioni sono aggiunte delle parole che nel testo orig<strong>in</strong>ale non ci


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 211<br />

CAPIRE DANIELE<br />

sono (le forme verbali durerà, abolito o rimosso, sussisterà ed il sostantivo sacrificio).<br />

S’avvic<strong>in</strong>a un po’ di più all’ebraico la traduzione di G.R<strong>in</strong>aldi:<br />

“Or io udii un santo parlare, e un altro santo disse a quel tale, che parlava:<br />

‘F<strong>in</strong>o a quando la visione: il sacrificio quotidiano abolito e il peccato devastatore<br />

posto là e il santuario e il celeste esercito oggetto di conculcazione?”<br />

Questo traduttore non aggiunge il verbo “durerà”. Si deve comunque riconoscere<br />

che il testo ebraico è alquanto oscuro:;sfm:rim )fbfcºw $edoqºw t"T {"mo$ (a$ePahºw<br />

dyimfTah }Ozfxeh yatfm-da( ‘Ad matay hachazôn hattamîd wehappesha‘ shomem teth<br />

weqodesh wetzava’ mirmas?<br />

Letteralmente: F<strong>in</strong>o a quando la visione, la cont<strong>in</strong>uità e la trasgressione<br />

desolante (cioè che produce desolazione) e il santuario e l’esercito<br />

calpestati?<br />

Si ha l’impressione che effettivamente manch<strong>in</strong>o delle parole nella frase. Ma il<br />

supplirle congetturalmente, come si è fatto, comporta - è naturale - il rischio di<br />

alterare il pensiero orig<strong>in</strong>ale. Conviene meglio procedere ad un’accurata analisi<br />

filologica e contestuale del passo. È quello che ha fatto Hasel 298, noi seguiremo<br />

la sua analisi.<br />

‘Ad è una preposizione temporale: “f<strong>in</strong>o a”, e il vocabolo che segue,<br />

mathay, è un avverbio <strong>in</strong>terrogativo di tempo: “quando...?” L’aggiunta della<br />

forma verbale “durerà” nella maggior parte delle traduzioni moderne altera il<br />

senso della domanda. La frase <strong>in</strong>terrogativa: ‘ad matay...? (“f<strong>in</strong>o a quando...?”)<br />

esprime non già durata, ma limite di tempo. Quel che si vuol sapere non è<br />

quanto durerà l’azione devastante del “corno” (l’attacco mosso al tamîd, la trasgressione<br />

che cagiona desolazione e l’oltraggio fatto al santuario e all’ “esercito”),<br />

ma quando tutto questo f<strong>in</strong>irà.<br />

Ben a proposito Hasel ricorda che l’angelo-<strong>in</strong>terprete svela a Daniele <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />

espliciti il tempo futuro a cui si riferisce la visione: “questa visione concerne<br />

il tempo della f<strong>in</strong>e”, }Ozfxeh j"q-te(:l yiK kî le‘eth qetz hechazôn (v. 17); e ancora:<br />

“poiché si tratta del tempo fissato per la f<strong>in</strong>e”, j"q d"(Om:l yiK kî lemô‘ed qetz (v.<br />

19); e di nuovo: “la visione delle sere e delle matt<strong>in</strong>e... è vera”, ma “si riferisce a<br />

un tempo lontano”, {yiBar {yimæy:l temE) reqoBahºw bere(fh h"):ramU ûmar’eh ha‘erev wehabboqer...<br />

’emeth... leyamîm rabbîm (v. 26).<br />

“Siffatta enfasi posta sul tempo della f<strong>in</strong>e nel v. 8 - sottol<strong>in</strong>ea testualmente il<br />

298 - Op. cit., pp. 439-448.<br />

211


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 212<br />

CAPITOLO 8<br />

nostro Autore - avvalora il senso di f<strong>in</strong>e di un tempo che abbiamo dato al dialogo<br />

<strong>in</strong> forma di domanda/risposta nei vv.13 e 14” 299.<br />

La comprensione del responso dell’<strong>in</strong>terpellato nel v. 14 ovviamente richiede<br />

a monte la comprensione dei term<strong>in</strong>i con i quali l’<strong>in</strong>terpellanza è stata<br />

formulata nel v. 13. I term<strong>in</strong>i su accennati, ricordiamolo ancora una volta, sono:<br />

“cont<strong>in</strong>uità” (tamîd), “trasgressione” (peshâ‘), “desolazione” (shomem) e “santuario”<br />

(qodesh) (il senso di “esercito” - tzeva‘ - è già stato chiarito).<br />

Si è già osservato come l’aggiunta del vocabolo “sacrificio” a “cont<strong>in</strong>uità”<br />

letta come aggettivo (“cont<strong>in</strong>uo”), sia un’operazione non autorizzata dal contesto<br />

né - aggiungiamo qui - dai manoscritti.<br />

Nell’ebraico non c’è alcun aggettivo che qualifichi il term<strong>in</strong>e tamîd e i numerosi<br />

manoscritti masoretici di Daniele esistenti hanno tutti l’identica forma.<br />

Thamîd nel v. 13 ha lo stesso significato che nei vv. 11 e 12: il vocabolo si riferisce<br />

al m<strong>in</strong>istero sacerdotale <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotto di Gesù Cristo nel santuario celeste.<br />

Il term<strong>in</strong>e ebraico per “trasgressione”, peshâ‘, è “la parola più profonda<br />

usata nel Antico Testamento per esprimere il concetto di ‘peccato’” 300. Fondamentalmente<br />

questa parola significa “ribellione” nel senso di azione mediante<br />

cui “uno <strong>in</strong>terrompe ogni rapporto con Dio sottraendogli ciò che è suo, derubandolo,<br />

appropriandosi fraudolentemente di ciò che gli appartiene” 301.<br />

Il nostro Autore ha studiato le connessioni term<strong>in</strong>ologiche e teologiche fra<br />

pesha‘ e vari contesti scritturali. In Dn 9:24 il vocabolo compare nella frase: “per<br />

porre f<strong>in</strong>e alla trasgressione (pesha‘)”. Dio ha fissato un tempo entro il quale<br />

Israele dovrà far cessare la “trasgressione”.<br />

In Le 16:16 e 21 pesha‘ è usato nel contesto della purificazione del santuario<br />

nel giorno dell’espiazione. Sia <strong>in</strong> Dn 9:24 che <strong>in</strong> Le 16:16,21 questo vocabolo<br />

è usato <strong>in</strong> relazione col popolo di Dio (<strong>in</strong> Le 16 l’enfasi cultico-giudiziale è <strong>in</strong>equivocabile<br />

ed un contesto cultico è evidente <strong>in</strong> Dn 8:11-14). La “trasgressione”<br />

a cui si allude <strong>in</strong> Dn 8:11-14 può essere la trasgressione alla quale il popolo di<br />

Dio è stato trasc<strong>in</strong>ato mediante l’attività del “piccolo corno”.<br />

Il participio shomem <strong>in</strong> certe versioni della Bibbia è tradotto “causante orrore”,<br />

<strong>in</strong> altre è reso “che produce la desolazione” (Luzzi) e da certi espositori è<br />

stato accostato all’espressione “abom<strong>in</strong>azione della desolazione” ricorrente <strong>in</strong> Dn<br />

9:27, 11:31 e 12:11. In realtà <strong>in</strong> questi 3 passi l’unico elemento comune è il term<strong>in</strong>e<br />

shomen; a parte questo “non ci sono due espressioni che siano identiche”<br />

302.<br />

299 - Ibidem, p. 430.<br />

300 - L. KÖHLER, Old Testament Theology, p. 170, citato da HASEL, op. cit., p. 440.<br />

301 - R. KNIERIM, “pesha‘ Verbrechen”, THAT, 2:493, citato da HASEL, op.cit., p. 440.<br />

302 - H.H.ROWLEY riportato da HASEL, op. cit., p. 441.<br />

212


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 213<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Alcuni autori hanno collegato l’espressione wehappesha‘ shomem (resa <strong>in</strong><br />

qualche versione “la ribellione che produce la desolazione”) alle parole di Gesù<br />

<strong>in</strong> Mt 24:15: “Quando dunque avrete veduta l’abom<strong>in</strong>azione della desolazione,<br />

della quale ha parlato il profeta Daniele, posta <strong>in</strong> luogo santo (chi legge<br />

pongavi mente)...”. Hasel osserva che da come ne parla Gesù risulta chiaro che<br />

la profezia nel suo tempo non si era ancora adempiuta. Poi si pone la domanda<br />

se Gesù <strong>in</strong> Mt 24:15 si riferisca davvero a Dn 8:13.<br />

La fraseologia scelta da certi traduttori per tradurre Dn 8:13 e Mt. 24:15 - osserva<br />

- parrebbe presupporlo. Ma nel testo greco che soggiace alla frase “l’abom<strong>in</strong>azione<br />

della desolazione” nella traduzione di Mt. 24:15 - puntualizza Hasel -<br />

l’espressione è to bdelygma tas eremoseos, un’espressione molto simile a quella<br />

che si trova nella traduzione di Dn 11:31 nella versione greca di Teodozione:<br />

bdelygma eremoseos è identica alla traduzione della stessa frase <strong>in</strong> Dn 12:11: to<br />

bdelygma tes eremoseos. I LXX rendono l’espressione ebraica wehappesha‘ shomen<br />

<strong>in</strong> Dn 8:13 he hamartia eremoseos. In queste traduzioni si riflette la term<strong>in</strong>ologia<br />

ebraica differenziata usata <strong>in</strong> Dn 8:13 da una parte e 11:31 e 12:11<br />

dall’altra.<br />

Il term<strong>in</strong>e bdelygma - spiega Hasel richiamandosi a W. BAUER e ad altre autori<br />

- significa “abom<strong>in</strong>azione” e traduce l’ebraico shiqqutz. Si può dunque osservare<br />

che dal punto di vista della l<strong>in</strong>guistica la frase di Mt 24:15 (“l’abom<strong>in</strong>azione<br />

della desolazione”) non deriva da Dn 8:13 (o 9:27) ma piuttosto da Dn 12:11 e<br />

possibilmente da 11:31.<br />

“In breve - ne deduce il nostro Autore - l’attività descritta <strong>in</strong> Dn 8:13 con la<br />

frase ‘la trasgressione che provoca orrore’ non è identica a quella con cui Gesù<br />

<strong>in</strong> Mt 24:15 descrive ‘l’abom<strong>in</strong>azione della desolazione’. Gesù sembra fare riferimento<br />

agli eventi descritti <strong>in</strong> 12:11 e verosimilmente anche <strong>in</strong> 11:31” 303, ma non<br />

<strong>in</strong> 8:13.<br />

Il senso di shomem <strong>in</strong> 8:13 può essere chiarito dall’uso che si fa dello stesso<br />

term<strong>in</strong>e <strong>in</strong> altri punti del libro. In 8:27 ricorre una forma della radice shmm da<br />

cui deriva shomem. Daniele dice di essere “spaventato” o “ costernato” (’eshthômem)<br />

a motivo della visione.<br />

L’uso differenziato di parole che provengono dalla stessa radice (shmm) -<br />

osserva Hasel - consente di cogliere 3 idee: (1) uno stato psicologico caratterizzato<br />

da orrore traumatizzante; (2) devastazione/desolazione quando il term<strong>in</strong>e è<br />

riferito a santuario/tempio; (3) giudizio decretato da Dio. E conclude: “Sulla base<br />

di questo background la frase: ‘la trasgressione che provoca orrore’ sembra<br />

esprimere un fortissimo raccapriccio suscitato dalla trasgressione cultico-religiosa<br />

303 - HASEL, op. cit., p. 443.<br />

213


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 214<br />

CAPITOLO 8<br />

a cui ha dato orig<strong>in</strong>e il ‘piccolo corno’ mediante un sistema contraffatto di servizio<br />

sacerdotale e di mediazione che rivaleggia col sistema celeste e <strong>in</strong>duce gli<br />

uom<strong>in</strong>i a trasgredire la verità sulle attività redentive div<strong>in</strong>e” 304.<br />

Nei vv. 11 e 13-14 due parole differenti ma aventi la stessa radice (qdsh):<br />

miqdash (v. 11) e qodesh (vv. 13 e 14), <strong>in</strong> sostanza significano la stessa cosa. Miqdash<br />

è reso “santuario” <strong>in</strong> varie versioni italiane (Luzzi, R<strong>in</strong>aldi, Concordata)<br />

mentre altre lo traducono “santa dimora” (CEI) o “oblazione” (Bern<strong>in</strong>i). Qodesh<br />

nei vv. 13 e 14 è reso concordemente “santuario” nelle versioni citate di solito <strong>in</strong><br />

questo commentario (TOB, Concordata, Bern<strong>in</strong>i, R<strong>in</strong>aldi, Luzzi; quest’ultimo nel<br />

v. 13 lo traduce “luogo santo”). La TOB francese traduce uniformemente “santuario”<br />

sia miqdash <strong>in</strong> 8:11 che qodesh <strong>in</strong> 8:13 e 14.<br />

Hasel 305 sostiene l’identità di senso dei due term<strong>in</strong>i contro quegli autori che<br />

li dist<strong>in</strong>guono semanticamente (MARTI, PLOGER, HASSLBERGER) riconoscendo al<br />

primo il significato di “santuario” e annettendo al secondo quello di “cose sante”,<br />

“disposizioni” e “istituzioni religiose” o di “sacri <strong>in</strong>segnamenti”. A questi autori il<br />

nostro teologo oppone un’argomentazione scritturale conv<strong>in</strong>cente che riproduciamo<br />

nelle righe che seguono.<br />

Nell’Antico Testamento qodesh ricorre non meno di 469 volte, 326 nella<br />

forma s<strong>in</strong>golare allo stesso modo che 8:13-14. Come nome astratto qodesh può<br />

riferirsi alla santità di Dio (Es 15:11; Is 52:10 ecc...), ma <strong>in</strong> senso concreto spesso<br />

designa il santuario terreno (Es 36:1; Le 4:6; Nu 3:28, 31-32; 1Cr 22:19; Is 43:28;<br />

Ml 2:11; Sl 68:24 ecc...), e qualche volta anche il santuario dei cieli (Sl 60:6; 68:5;<br />

102:19 ecc...). Talora qodesh designa il luogo santissimo del santuario (Le 16:2;<br />

Ez 41:21,23).<br />

Con valore di aggettivo qodesh è associato a “sacerdoti” (Le. 21:6) e a “leviti”<br />

(2Cr 23:6 ecc...); a volte qualifica il popolo di Dio (Is 62:12; Dn 12:7 ecc....).<br />

Ma nell’Antico Testamento neanche una volta sola - puntualizza Hasel - questo<br />

term<strong>in</strong>e designa “disposizioni” e “istituzioni religiose”, “sacri <strong>in</strong>segnamenti” e simili<br />

<strong>in</strong> senso collettivo.<br />

L’uso di qodesh nelle Scritture ebraiche aiuta a chiarire il senso del term<strong>in</strong>e<br />

<strong>in</strong> 8:13-14. In questo contesto danielico qodesh fa parte dei term<strong>in</strong>i e delle frasi<br />

che ricapitolano i concetti espressi nei vv. 11 e 12 dove compare il vocabolo miqdash,<br />

che qodesh ricapitola nei vv. 13-14.<br />

Entrambi questi term<strong>in</strong>i ricorrono con frequenza nell’Antico Testamento<br />

come designazioni del santuario/tempio sia terreno che celeste.<br />

Nell’audizione che com<strong>in</strong>cia <strong>in</strong> 8:13, qodesh ricompare con ulteriori implicazioni.<br />

Una è rilevabile <strong>in</strong>equivocabilmente nell’espressione “il ‘luogo’ santissimo”<br />

(qodesh qodashîm) riferita al “santuario” <strong>in</strong> 9:24.<br />

304 - Ibidem, p. 443.<br />

305 - Ibidem, pp. 445-446.<br />

214


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 215<br />

CAPIRE DANIELE<br />

“L’unzione del santuario dei cieli è il preludio dell’epilogo di quella ‘purificazione’<br />

del santuario alla quale si allude <strong>in</strong> 8:13-14”.<br />

Un’altra implicazione ha att<strong>in</strong>enza diretta col popolo di Dio o con i term<strong>in</strong>i<br />

usati <strong>in</strong> altre parti del libro per designarlo. Il cap. 7 menziona ripetutamente “i<br />

santi dell’Altissimo” (aramaico: qaddîshe ‘elyônîn), detti anche “il popolo dei<br />

santi dell’Altissimo” (‘am qaddîshe ‘elyônîn).<br />

Ai “santi dell’Altissimo” perseguitati dal “piccolo corno” è “resa giustizia”<br />

(7:22 Concordata, TOB) nel giudizio dell’Altissimo che precede l’avvento del regno<br />

eterno che i “santi” riceveranno dalle mani del Figlio dell’uomo.<br />

Anche nel cap. 8 il “corno” che nasce “dalla piccolezza” perseguita il “popolo<br />

dei santi” (‘am qedoshîm, v. 24). E f<strong>in</strong>almente avrà f<strong>in</strong>e la dissipazione delle<br />

“forze del popolo santo” (‘am qodesh) (12:7). Queste associazioni term<strong>in</strong>ologiche<br />

e concettuali di qodesh col santuario, i santi ed il giudizio nel libro di Daniele -<br />

dice Hasel - non possono essere accidentali: qodesh <strong>in</strong> 8:13 mira a stabilire delle<br />

connessioni term<strong>in</strong>ologiche e concettuali per chiarire i punti di massima tensione<br />

delle visioni dei capitoli 7, 8-9 e 11-12.<br />

Evidenziate le implicazioni di qodesh (“santuario”) <strong>in</strong> daniele, Hasel ritorna<br />

su 8:13 per rilevare che nella frase “il santuario e l’esercito dati ad essere calpestati”<br />

non si può scorgere una correlazione s<strong>in</strong>tattica fra i term<strong>in</strong>i “santuario” (qodesh)<br />

ed “esercito” (tzava’). “Esercito - egli dice - ricapitola quanto lo stesso term<strong>in</strong>e<br />

esprimeva nel v. 10, ovvero il popolo di Dio identificato come “il popolo<br />

dei santi” nel v. 24. Il “santuario” e “l’esercito” sono abbandonati ad un “calpestio”.<br />

Mirmas come sostantivo nell’Antico Testamento compare con due sole att<strong>in</strong>enze,<br />

dice Hasel:<br />

(1) il calpestio del terreno coltivato da parte degli animali da pascolo<br />

(Is 5:5; 7:25; Ez 34:19);<br />

(2) il calpestio del popolo da parte del nemico (Is 10:6; 28:18; Mic<br />

10:7). In Is 1:12 una forma verbale dalla quale deriva mirmas è usata <strong>in</strong> un<br />

contesto cultico. Si allude <strong>in</strong> questo passo agli adoratori e agli animali sacrificali<br />

che calcano i sacri cortili del tempio.<br />

Nelle forme verbali e nom<strong>in</strong>ali derivate dalla radice rms manca qualunque idea<br />

di contam<strong>in</strong>azione o dissacrazione. Mirmas <strong>in</strong> 8:13 esprime il concetto di prevaricazione<br />

a danno del “santuario” e dell’ “esercito”.<br />

“Abbiamo condotto con accuratezza la nostra <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e <strong>in</strong> merito alla domanda<br />

formulata <strong>in</strong> 8:13 - conclude Hasel - con l’<strong>in</strong>tento di farne emergere il significato<br />

dal testo stesso letto alla luce del contesto del capitolo, del libro di Daniele<br />

e della Bibbia <strong>in</strong> generale.<br />

Da questa <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e è risultato chiaro che il tenore della <strong>in</strong>terpellanza<br />

orienta alle cose che dovranno accadere al term<strong>in</strong>e della visione. L’espressione<br />

temporale <strong>in</strong> 8:13 non è <strong>in</strong>centrata su quello che avverrà durante il lasso di<br />

215


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 216<br />

CAPITOLO 8<br />

tempo contemplato nella visione, dirige bensì l’attenzione verso il punto term<strong>in</strong>ale<br />

di questo lasso di tempo ed oltre” 306.<br />

216<br />

14 Egli mi disse: “F<strong>in</strong>o a duemila trecento sere e matt<strong>in</strong>e; poi il santuario<br />

sarà purificato”.<br />

Il responso dell’essere celeste è rivolto non all’altro essere celeste che lo ha sollecitato<br />

con la sua domanda, ma al profeta che ha assistito al dialogo fra i due:<br />

“Ed egli mi disse...”, yal") rem)oYáw wayy’omer ’elay... L’angelo-rivelatore parla a Daniele<br />

come se avesse letto nel suo pensiero un <strong>in</strong>tenso desiderio di conoscere il<br />

tempo futuro <strong>in</strong> cui term<strong>in</strong>erebbe <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e la guerra accanita del “corno” contro il<br />

celeste “Pr<strong>in</strong>cipe”, il suo “santuario” ed il suo “esercito”.<br />

La rivelazione dell’angelo è diretta e concisa: “F<strong>in</strong>o a duemilatrecento serematt<strong>in</strong>e...”,<br />

tO)"m $ol:$U {éyaP:la) reqoB bere( da( ‘ad ‘erev boqer ’alpaym ûshelosh<br />

me’oth... Interpellanza e responso <strong>in</strong>iziano con la stessa parola: ‘ad, “f<strong>in</strong>o a”. Segno<br />

che <strong>in</strong>terpellante e <strong>in</strong>terpellato hanno <strong>in</strong> mente la stessa cosa: un punto di arrivo,<br />

una scadenza (non una durata come <strong>in</strong>terpretano generalmente le versioni).<br />

Questo punto d’arrivo è posto al term<strong>in</strong>e di un periodo di “2300 sere-matt<strong>in</strong>e”.<br />

Gli studiosi di Daniele - e non soltanto quelli contemporanei - che abbassano<br />

al II secolo a.C. la data di composizione del libro, sono concordi nel dire<br />

che l’espressione del testo ebraico ‘erev-boqer ’alpaym ûshelosh me’ôth, “duemila-trecento<br />

sere-matt<strong>in</strong>e” <strong>in</strong>dica il numero totale di sacrifici tamîd (“cont<strong>in</strong>ui”)<br />

che furono soppressi nel tempio di Gerusalemme durante la persecuzione di Antioco<br />

Epifane tra il 167 e il 164 a.C. Poiché ogni giorno si immolavano nel tempio<br />

gerosolimitano due olocausti - uno al matt<strong>in</strong>o e uno la sera - 2300 sacrifici si<br />

offrivano <strong>in</strong> 1150 giorni (così A.BENTZEN, K.MARTI, J.A.MONTGOMERY, N.W. POR-<br />

TEOUS, O.PLÖGGER, M.DELCOR, A.LACOCQUE ed altri seguiti quasi senza eccezioni<br />

dai commentatori e dai compilatori delle note delle versioni) 307.<br />

Contro il dimezzamento delle 2300 sere-matt<strong>in</strong>e militano però serie difficoltà<br />

che gli espositori conservatori non hanno mancato di rilevare. Hasel le ha<br />

riassunte nei punti seguenti:<br />

1. Nel l<strong>in</strong>guaggio del rituale sacrificale quotidiano il doppio sacrificio<br />

del matt<strong>in</strong>o e della sera è designato <strong>in</strong>variabilmente con l’espressione “olo-<br />

306 - Ibidem, p. 448.<br />

307 - Vedi G.RINALDI, Daniele, pp. 117-118; G.BERNINI (come <strong>in</strong>terpretazione alternativa),<br />

Daniele, p.238; Bibbia Concordata, nota a Dn 8:14; Traduzione ecumenica, TOB (col testo<br />

della CEI), nota X a p. 1640; Bibbia di Gerusalemme, testo della CEI (come opzione possibile)<br />

nella nota a Dn 8:14 a p. 1935.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 217<br />

CAPIRE DANIELE<br />

causto cont<strong>in</strong>uo” al s<strong>in</strong>golare (dyimfT talo(‘olath tamîd). Questa espressione è<br />

applicata, con un’unica eccezione (Nu 28:23), ai due olocausti quotidiani <strong>in</strong>sieme<br />

308. Ogni ‘olath tamîd comprendeva due sacrifici quotidiani, non uno<br />

solo 309. Pertanto la divisione <strong>in</strong> due del ‘olath tamîd - e conseguentemente<br />

delle 2300 sere-matt<strong>in</strong>e <strong>in</strong> 8:14 - è arbitraria.<br />

2. Nel l<strong>in</strong>guaggio della liturgia sacrificale dell’Antico Testamento, per<br />

quanto attiene al doppio sacrificio quotidiano l’ord<strong>in</strong>e di successione dei<br />

due olocausti è <strong>in</strong>variabilmente matt<strong>in</strong>a e sera, mai sera e matt<strong>in</strong>a 310. Dunque<br />

l’espressione “sere-matt<strong>in</strong>e” <strong>in</strong> 8:14 non è riferita ai sacrifici tamîd ma<br />

ad un periodo di tempo.<br />

3. La separazione delle “sere” e delle “matt<strong>in</strong>e” allo scopo di dimezzare<br />

il numero 2300 non ha alcun sostegno esegetico. L’espressione “sera e matt<strong>in</strong>a”<br />

per designare un giorno <strong>in</strong>tero compare per la prima volta nel racconto<br />

della creazione <strong>in</strong> Ge 1: “fu sera e fu matt<strong>in</strong>a, e fu il primo giorno”,<br />

dfxe) {Oy reqob-yihºyáw bere(-yihºyáw wayhî ‘erev wayhî voqer yom ’echad (l’espressione<br />

si ripete 6 volte). Daniele per <strong>in</strong>dicare i giorni profetici usa il l<strong>in</strong>guaggio<br />

lapidario del racconto della creazione (S.J. SCHWANTES).<br />

C.F. KEIL 311 osserva con ragione: “Un lettore ebreo non potrebbe capire<br />

il periodo temporale (di) 2300 sere-matt<strong>in</strong>e... (come equivalente a)<br />

2300 mezze giornate o 1150 giorni completi, poiché alla creazione sera e<br />

matt<strong>in</strong>a costituirono un giorno pieno e non due mezze giornate... Dobbiamo<br />

dunque prendere le parole così come sono, vale a dire dobbiamo<br />

comprenderle nel senso di 2300 giorni completi”.<br />

Gli ebrei quando volevano <strong>in</strong>dicare separatamente i giorni e le notti<br />

numeravano gli uni e le altre: “quaranta giorni e quaranta notti”, “tre giorni<br />

e tre notti” (cfr. Es 34:28; 1Re 19:8; Gion 2:1; Mt 12:40). “Quaranta giorni e<br />

quaranta notti” non significava 20 giorni pieni ma 40 giorni di calendario.<br />

Correttamente i LXX traducono “2300 giorni” l’espressione ebraica “2300<br />

sere-matt<strong>in</strong>e”.<br />

308 - “Questo è il sacrificio mediante il fuoco che offrirete all’Eterno: degli agnelli dell’anno,<br />

senza difetti, due al giorno come olocausto perfetto (‘olath thamîd)”. Nu 28:3. In Nu 28 e 29<br />

l’espressione ‘olath thamîd (“olocausto cont<strong>in</strong>uo”, al s<strong>in</strong>golare), è riferita 15 volte al doppio<br />

olocausto quotidiano (28:3,4,10,15,31; 29:11,16,19,22,25,28,31,34,38). L’unica eccezione<br />

<strong>in</strong> 28:23 non <strong>in</strong>valida quest’uso costante.<br />

309 - Vedi S.J. SCHWANTES, “‘Ereb Boqer of Daniel 8:14 Re-exam<strong>in</strong>ed” <strong>in</strong> Symposium on Daniel,<br />

pp. 462 e seguenti<br />

310 - Vedi Es 29:39; Le 6:12,13; Nu 28:4, II Re 16:15; 1Cr 16:40; 23:30; 2Cr 2:4; 13:11; Ed 3:3.<br />

311 - Biblical Commentary on the Book of Daniel, Grand Rapids 1949, p. 630, citato da<br />

G.HASEL, op. cit., p. 432.<br />

217


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 218<br />

CAPITOLO 8<br />

218<br />

4. Comunque, che le 2300 “sere-matt<strong>in</strong>e” si comprendano correttamente<br />

come 2300 giorni pieni o erroneamente come 2300 mezze giornate,<br />

resta il fatto <strong>in</strong>contestabile che nessun periodo di 6 anni, 4 mesi e 20 giorni<br />

(a tanto corrisponderebbero 2300 giorni di calendario considerando l’anno<br />

di 360 giorni), o di 3 anni, 2 mesi e 10 giorni, da riferire a un episodio della<br />

campagna antigiudaica di Antioco IV è deducibile dai due libri dei Maccabei<br />

o dagli scritti di Giuseppe Flavio.<br />

C.H.H. WRIGHT 312 scrive: “Tuttavia, che si consideri questo periodo<br />

come equivalente a 2300 o a 1150 giorni, i tentativi di armonizzarlo con<br />

un’epoca storica specifica menzionata nei libri dei Maccabei o <strong>in</strong> Giuseppe,<br />

sono falliti...<br />

Ha ragione il prof. Driver - conclude Wright - quando dichiara: ‘Sembra<br />

impossibile trovare due eventi separati da 2300 giorni (6 anni e 4 mesi)<br />

che corrispondano ai fatti descritti’”.<br />

La profanazione del tempio ad opera di Antioco durò esattamente 3<br />

anni e 10 giorni (vedi 1Maccabei 1:54; 4:52) , cioè 1090 giorni di calendario.<br />

C’è un divario di 60 giorni rispetto ai presunti 1150 giorni, un divario che<br />

non si spiegherebbe se il libro fosse stato davvero composto al tempo dei<br />

Maccabei! Senza contare il fatto che il dimezzamento dei 2300 giorni è comunque<br />

un’operazione arbitraria perché non sostenibile biblicamente.<br />

All’argomentazione del Dott. Hasel aggiungiamo una nostra considerazione.<br />

Le profezie di Daniele hanno di regola uno sbocco escatologico (cfr. 2:44;<br />

7:25-26; 12:1-3). Quella riportata nel cap. 8 non fa eccezione. Gli eventi predetti<br />

<strong>in</strong> questo capitolo si estendono dall’età persiana (v. 20) s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e<br />

dei tempi (v.19).<br />

I primi 8 versetti del capitolo anticipano profeticamente eventi storici<br />

che si sarebbero svolti lungo un arco di tempo di circa 240 anni (dal sorgere<br />

dell’Impero medo-persiano al tramonto dei regni ellenistici). Poi sarebbe<br />

sorto il potere raffigurato dal “piccolo corno” (vv. 9-12) che avrebbe<br />

agito a suo talento s<strong>in</strong>o alla sua f<strong>in</strong>ale distruzione “senz’opera di mano”,<br />

r"bf


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 219<br />

CAPIRE DANIELE<br />

preso a applicato f<strong>in</strong> dagl’<strong>in</strong>izi del IX secolo <strong>in</strong> ambito ebraico e a partire<br />

dalla seconda metà del XII secolo fra i cristiani. Sono stati numerosi, nei<br />

due campi, gli espositori di Daniele che nei secoli seguenti hanno equiparato<br />

ad anni storici i giorni profetici menzionati <strong>in</strong> questo libro 313.<br />

Un consenso ampio su un’<strong>in</strong>terpretazione biblica è certamente una circostanza<br />

confortante, ma non è di per sé sufficiente a garantire la correttezza<br />

dell’<strong>in</strong>terpretazione stessa. La prova del nove sta nel sostegno oggettivo<br />

che quest’ultima può ricevere da una solida documentazione biblica.<br />

Una siffatta documentazione sul pr<strong>in</strong>cipio di equivalenza giorno-anno nelle<br />

profezie danieliche e offerta dal prof. WILLIAM H. SHEA 314.<br />

313 - Agl’<strong>in</strong>izi del IX secolo il dotto giudeo Nahawendi eguagliò ad altrettanti anni i 1290 e i<br />

2300 giorni delle profezie di Daniele. Nel secolo X utilizzarono lo stesso pr<strong>in</strong>cipio per <strong>in</strong>terpretare<br />

le 70 settimane e uno o più di uno dei periodi di 1290, 1335 e 2300 giorni del libro di Daniele,<br />

i dotti giudei Saadia ben-Josef, Jeroham, Hakohen, Iefet ibn-Alì e Rashi. Nei secoli XI e XII<br />

applicarono questo criterio esegetico ai più lunghi periodi profetici di Daniele i rabbi Hanasi e<br />

Eliezer, e nel secolo XIII lo studioso giudeo Nahmanides (vedi LEROY EDWIN FROOM, The Prophetic<br />

Faith of Our Fathers, Wash<strong>in</strong>gton DC 1946,1950, vol. I, p. 713. Vedi anche ALFRED-FELIX<br />

VAUCHER, Lacunziana I, 1949, pp. 54-56). Fra i cristiani l’abate calabrese Gioacch<strong>in</strong>o da Fiore<br />

(circa 1130-1202) fu il primo espositore delle profezie apocalittiche ad utilizzare il pr<strong>in</strong>cipio<br />

giorno-anno per <strong>in</strong>terpretare i lunghi periodi profetici di Daniele (i 1260, i 1335 e i 2300 giorni).<br />

Lo seguirono il teologo laico spagnolo Arnoldo da Villanova (circa 1235- circa 1313), il francescano<br />

della L<strong>in</strong>guadoca Pierre Jean d’Olivi (1248-1298) e l’italiano Ubert<strong>in</strong>o da Casale nato nel<br />

1259 (vedi L.E.FROOM, op. cit., pp. 750-751; 772-773; 780).<br />

L’escatologo ALFRED-FELIX VAUCHER nel suo saggio Les prophécies apocalyptiques et leur <strong>in</strong>terpretation<br />

(Collonges-sous-Salève 1972, p. 9) cita lo studioso William Bell Dawson (nato nel 1854)<br />

il quale ha scritto: “Che un giorno nella profezia corrisponda ad un anno lo hanno riconosciuto i<br />

pr<strong>in</strong>cipali esegeti dalla Riforma <strong>in</strong> poi” (“Solar and Lunar Cycles implied <strong>in</strong> the prophetical Numbers<br />

<strong>in</strong> the Book of Daniel” <strong>in</strong> Transactions of the Royal Soc. of Canada, 2d Series, XI, III, Ottawa<br />

1905, p.51).<br />

A.F.Vaucher dice che “non basterebbero parecchie pag<strong>in</strong>e per menzionare tutti gli autori protestanti<br />

che si sono occupati dei 2300 giorni compresi come altrettanti anni” e ne nom<strong>in</strong>a alcuni<br />

fra i più noti: il fisico <strong>in</strong>glese Isaac Newton (1643-1727), l’astronomo valdese Jean Philippe<br />

Loys de Cheseaux (1718-1751), il vescovo anglicano Thomas Newton (1704-1782), il cronologo<br />

William Hales (1747-1831), l’espositore Edward Bishop Elliott (1793-1853) (Les prophécies<br />

apocalyptiques et leur <strong>in</strong>terpretation, p. 10).<br />

Fra gli autori cattolici che hanno <strong>in</strong>terpretato i 2300 giorni di Dn 8:14 <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di anni il Vaucher<br />

ricorda il canonico Claude Lesquev<strong>in</strong> (seconda metà del XVIII secolo), l’ebraicista Francois<br />

Houbigant (1686-1783), il canonico giansenista Pierre Jourdan, morto nel 1746, il giurista<br />

messicano José Maria Rosas-Gutierrez (1769-1848), Pierre Lacheze (1840), William Palmer<br />

(1811-1879), Salvatore Di Pietro (1830-1898) ed altri (ibidem, p. 11).<br />

314 - Vedi Appendice 8A a f<strong>in</strong>e capitolo.<br />

219


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 220<br />

CAPITOLO 8<br />

220<br />

In questo commentario l’equivalere dei “giorni” profetici delle visioni<br />

danieliche ad anni storici è fondato primariamente sull’autorità della Scrittura,<br />

come si dimostra nella nota 40, e solo secondariamente sul consenso<br />

di un buon numero di <strong>in</strong>terpreti distribuiti lungo un ampio arco di tempo.<br />

Come già detto prima, qui si resp<strong>in</strong>ge l’<strong>in</strong>terpretazione corrente delle<br />

2300 sere-matt<strong>in</strong>e di 8:14 <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di mezze giornate di calendario, e si sostiene<br />

l’equivalere di questo periodo profetico a 2300 anni storici <strong>in</strong>teri.<br />

Annunciare un evento che si produrrà <strong>in</strong> capo ad un periodo di tempo<br />

esattamente quantificato sarebbe una cosa futile se non fosse dato di poter<br />

determ<strong>in</strong>are con precisione la data di scadenza del periodo stesso. Daniele<br />

non fornisce la data di scadenza dei 2300 giorni-anni annunciati <strong>in</strong> 8:14<br />

(aspettarselo sarebbe pretendere troppo dalla profezia!), ma fa riferimento<br />

ad un evento storico futuro cronologicamente determ<strong>in</strong>abile che consente<br />

di fissare nella storia l’<strong>in</strong>izio di quel periodo, e conseguentemente il suo<br />

scadere. Prima di entrare nel merito però dovremo analizzare i term<strong>in</strong>i del<br />

v. 14, che fanno seguito all’elemento numerico allo scopo di cogliere il<br />

senso e la portata dell’evento predetto per la f<strong>in</strong>e dei 2300 giorni-anni.<br />

L’angelo rivelatore rispondendo all’angelo che lo ha <strong>in</strong>terpellato fa seguire<br />

all’elemento numerico la frase: “poi il santuario sarà purificato” (G. Luzzi) o “giustificato”<br />

(altre versioni). L’ebraico ha: $edoq qaD:cénºw wenitzdaq qodesh.<br />

Nitzdaq è la forma nifal (passivo semplice) del verbo tzadaq, “essere giusto”<br />

“essere corretto”, “giustificare”, “rivendicare”, “rendere giusto”, “addurre alla<br />

giustizia” (B. DAVIDSON).<br />

Le versioni antiche traducono unanimemente nitzdaq: “sarà purificato” i LXX<br />

e Teodozione, la Vulgata, la Siriaca e la Copta, dipendenti dai LXX, traducono<br />

allo stesso modo. Si vedrà più avanti che la nozione di “purificazione” non è<br />

estranea ai term<strong>in</strong>i derivati dalla radice tzdq, secondo l’uso che ne fa l’Antico Testamento.<br />

La maggior parte dei traduttori contemporanei si attiene però alle accezioni<br />

comuni del verbo tzadaq. La Versione della CEI, per esempio, traduce nitzdaq<br />

“sarà rivendicato”, la Concordata: “sarà resa giustizia”, la TOB francese: “sera<br />

rétabli dans ses droits”, Bern<strong>in</strong>i: “sarà fatta giustizia”, R<strong>in</strong>aldi: “sarà giustificato”.<br />

Hasel ha studiato la gamma piuttosto ampia di significati che esprime il<br />

verbo ebraico tzadaq basandosi sui term<strong>in</strong>i paralleli ricorrenti nella poesia<br />

ebraica e sulle forme verbali aff<strong>in</strong>i usate nell’Antico Testamento.<br />

1. Term<strong>in</strong>i paralleli nella poesia ebraica. Giustamente, questo studioso<br />

osserva che un procedimento importante per ricuperare i significati delle parole<br />

ebraiche consiste nel confrontare i term<strong>in</strong>i paralleli nei componimenti poetici<br />

dell’Antico Testamento. Per quanto attiene alla radice tzdq, si è notato che vari<br />

vocaboli derivanti da essa ricorrono <strong>in</strong> parallelismo coi term<strong>in</strong>i zakah, “essere


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 221<br />

CAPIRE DANIELE<br />

puro”, thaher, “essere pulito”, “netto”, e bor, “pulizia”, “nettezza” 315.<br />

In Gb 15:14 e 25:4 sono messi <strong>in</strong> parallelo zakah, “essere puro”, e tzadaq,<br />

“essere giusto” (nelle forme yizkeh e yitzdaq). Il Sl 51:6 (51:4 nella Riveduta) recita:<br />

“...perciò sei giusto (thitztzddak) quando parli, retto (tizqeh) nel tuo giudizio”<br />

(Versione. CEI).<br />

In Gb 4:17 compaiono <strong>in</strong> parallelo gli aggettivi tzaddîq, “il giusto”, e tahar<br />

yadayîm, “il puro di mani” (Hasel nota che taher è il term<strong>in</strong>e tipico dell’Antico<br />

Testamento per <strong>in</strong>dicare la purezza cultico-rituale, e cita Le 16:9, 30 dove il term<strong>in</strong>e<br />

è usato <strong>in</strong> rapporto alla purificazione del Santuario).<br />

Il Sl 18:20 pone <strong>in</strong> parallelo i sostantivi tzedeq, “giustizia”, e bor, “nettezza”:<br />

ivi la “giustizia” dell’uomo retto è eguagliata alla “purezza delle sue mani”.<br />

“Sembra ragionevole arguire sulla base di questi term<strong>in</strong>i paralleli e delle<br />

loro strette associazioni - conclude Hasel - che le nozioni di pulizia/purezza, nettare/purificare<br />

debbano considerarsi parte del contenuto semantico delle varie<br />

forme di tzadaq secondo i loro usi contestuali. Si può pensare che l’unanimità<br />

con cui le versioni antiche traducono “sarà nettato/purificato” l’ebraico nitzdaq<br />

<strong>in</strong> 8:14, rifletta le suddette sfumature semantiche di netto/puro e nettezza/purezza<br />

che si colgono <strong>in</strong> questi term<strong>in</strong>i s<strong>in</strong>onimi del parallelismo poetico<br />

ebraico” 316.<br />

2. Forme verbali aff<strong>in</strong>i nell’Antico Testamento. Si conoscono una quarant<strong>in</strong>a<br />

di forme verbali della radice zdq le quali esprimono tutta una gamma di<br />

sfumature di senso della radice stessa. Hasel menziona la forma qal (attivo semplice)<br />

che significa “essere nel giusto”, “avere ragione”, “detenere la giusta<br />

causa”, “essere giusto, retto”, “ rivendicare”; la forma piel (attivo <strong>in</strong>tensivo) che<br />

significa “dichiarare giusto”, “mostrare che qualcuno è giusto, <strong>in</strong>nocente”, “voler<br />

essere giusto”; la forma hifil (attivo causativo) che ha il senso di “rendere giustizia”,<br />

“dichiarare giusto”, “giustificare”, “rivendicare”; e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e la forma hitpael (riflessivo<br />

<strong>in</strong>tensivo) che vuol dire “giustificarsi”. Dall’uso biblico delle varie forme<br />

verbali derivate dalla radice tzdq - osserva Hasel - emergono tre idee fondamentali<br />

che sono: giustificare, rivendicare, rettificare. Anche nelle l<strong>in</strong>gue moderne<br />

questi verbi evocano la corte di giustizia ed il processo giudiziario. Il nostro autore<br />

cita vari passi di Isaia nei quali dei vocaboli derivati dalla radice tzdq appaiono<br />

<strong>in</strong> stretta relazione con l’ambiente della corte di giustizia. In Is 43:9, per<br />

esempio, il Signore rivolge ai popoli pagani una sfida <strong>in</strong> questi term<strong>in</strong>i: “Producano<br />

i loro testimoni e stabiliscano il loro diritto” (tzadaq, forma qal). È il l<strong>in</strong>guaggio<br />

della giurisprudenza. È come se il Signore sfidasse le div<strong>in</strong>ità pagane a<br />

315 - G.HASEL, op. cit., p. 450.<br />

316 - Ibidem, p. 451.<br />

221


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 222<br />

CAPITOLO 8<br />

portare la loro causa davanti a dei testimoni <strong>in</strong> una corte di giustizia. Il processo<br />

deve, per così dire, stabilire il diritto di Yahweh di assolvere <strong>in</strong> giudizio: “Io son<br />

quegli che per amor di me stesso cancello le tue trasgressioni (pesha‘) e non mi<br />

ricorderò più dei tuoi peccati (v. 25).<br />

In Is 45:25 il Signore promette: “Nell’Eterno sarà giustificata (tzadaq, forma<br />

qal) e si glorierà tutta la progenie d’Israele”. L’ambiente della corte giudiziaria<br />

appare ancora <strong>in</strong> Is 50:8, nel “terzo canto del Servo di Yahweh”, dove si dice:<br />

“Vic<strong>in</strong>o è colui che mi giustifica (tzadaq nella forma hifil); chi contenderà meco?<br />

Compariamo assieme! Chi è il mio avversario? Mi venga vic<strong>in</strong>o!”<br />

Hasel osserva che il verbo tzadaq, che appare <strong>in</strong> questi passi <strong>in</strong> un l<strong>in</strong>guaggio<br />

giudiziario, non deve sorprendere giacché l’uso di tutta una varietà di forme<br />

della radice tzdq - e <strong>in</strong> particolare delle forme nom<strong>in</strong>ali - appartiene al l<strong>in</strong>guaggio<br />

forense e alla prassi giudiziaria dell’Antico Testamento. Inf<strong>in</strong>e riassume nei<br />

punti seguenti i risultati della sua analisi:<br />

222<br />

a) L’uso che fa la Bibbia delle forme verbali e aggettivali della radice zdq<br />

le colloca nel contesto del l<strong>in</strong>guaggio della corte di giustizia e del processo giudiziario.<br />

b) Diverse forme derivate da tzdq appartengono alla term<strong>in</strong>ologia del<br />

l<strong>in</strong>guaggio forense.<br />

c) Yahweh è colui che scagiona l’accusato ristabilendo il diritto col fargli<br />

giustizia.<br />

d) La questione su chi cancellerà “le... trasgressioni” (Is 43:25) deve essere<br />

<strong>in</strong>quadrata <strong>in</strong> uno scenario che vede contrapposti Yahweh e le div<strong>in</strong>ità<br />

pagane.<br />

Da tutto questo Hasel trae la seguente deduzione:<br />

“L’associazione, all’<strong>in</strong>terno di un quadro cosmico che vede co<strong>in</strong>volti<br />

Yahweh e le div<strong>in</strong>ità pagane, dell’ambiente giudiziale e della rivendicazione di<br />

Yahweh del potere di cancellare la trasgressione (pesha‘), può essere una chiave<br />

di lettura per capire come mai <strong>in</strong> 8:14 sia usato il verbo nitzdaq. Anche 8:14 è<br />

<strong>in</strong>serito <strong>in</strong> uno scenario cosmico dove si svolge una div<strong>in</strong>a attività giudiziaria che<br />

co<strong>in</strong>volge e il santuario celeste e la trasgressione (pesha‘) del popolo di Dio.<br />

In ogni caso lo scenario da corte di giustizia che compare <strong>in</strong> Dn 8 riguarda<br />

il tempo della f<strong>in</strong>e ed è illum<strong>in</strong>ato con grande efficacia dalla parallela visione sul<br />

giudizio <strong>in</strong> 7:9-19, 13-14.<br />

“Queste considerazioni fondate su diversi elementi di prova - prosegue il<br />

nostro Autore - orientano ad una comprensione di nitzdaq come una designazione<br />

variegata che racchiude nella sua sfera semantica accezioni quali: ‘purificazione’,<br />

‘rivendicazione’, ‘giustificazione’, ‘rettificazione’, ‘restaurazione’. Comunque<br />

si traduca il term<strong>in</strong>e ebraico nelle l<strong>in</strong>gue moderne, la ‘purificazione’ del san-


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 223<br />

CAPIRE DANIELE<br />

tuario implica nello stesso tempo reale purificazione, rivendicazione, giustificazione<br />

e restaurazione.<br />

“Si direbbe che Daniele abbia scelto il term<strong>in</strong>e nitzdaq - un term<strong>in</strong>e derivante<br />

da una radice ricca di connotazioni ampiamente utilizzate <strong>in</strong> ambito giuridico<br />

e nei procedimenti giudiziari - allo scopo di trasmettere con efficacia gli<br />

aspetti <strong>in</strong>terconnessi della ‘purificazione’ del santuario celeste nel contesto cosmico<br />

del giudizio f<strong>in</strong>ale. Le accezioni ristrette e limitate di altri term<strong>in</strong>i possibili<br />

non avrebbero reso giustizia alle implicazioni di vasta portata dell’attività div<strong>in</strong>a<br />

nella corte celeste” 317.<br />

Ritornando sul tema del “santuario”, Hasel vede nel trapasso term<strong>in</strong>ologico<br />

da miqdash (“santuario”) <strong>in</strong> 8:11-12 a qodesh (“santuario”) nei vv. 13-14, un riflesso<br />

della transizione dalla visione nei vv. 3-12 all’audizione nei vv. 13-14. La<br />

ricapitolazione nel v, 13 dei misfatti del “piccolo corno” descritti nei vv. 10-12<br />

può essere un <strong>in</strong>dizio che qodesh nel v. 13 si riferisca al santuario celeste aggredito<br />

da questo potere. Il v. 13 segnerebbe perciò il trapasso dalle cose accadute<br />

nel passato a quelle che avverranno allo scadere delle 2300 sere-matt<strong>in</strong>e nel<br />

tempo della f<strong>in</strong>e.<br />

Il significato del trapasso da miqdash nella visione a qodesh nell’audizione<br />

può essere illum<strong>in</strong>ato attraverso uno studio del rituale dell’espiazione <strong>in</strong> Le 16.<br />

Qodesh rappresenta un legame term<strong>in</strong>ologico fra Dn 8:14 e Le 16. Sembra ovvio<br />

- puntualizza l’Autore al quale stiamo facendo riferimento - che un ebreo a cui<br />

era talmente familiare il rito sacrificale culm<strong>in</strong>ante ogni anno con la purificazione<br />

del santuario nel Giorno dell’Espiazione, pensasse a questo rituale (il rituale<br />

dell’Espiazione) quando udiva la frase nitzdaq qodesh (“il santuario sarà purificato”).<br />

In 1Cr 23:28 qodesh è posto <strong>in</strong> relazione diretta con taher, “purificare”: si<br />

dice <strong>in</strong> questo passo che i sacerdoti avevano l’<strong>in</strong>carico della “purificazione<br />

(thaher) di tutte le cose sante (qodesh)”, <strong>in</strong> pratica del santuario nel suo <strong>in</strong>sieme.<br />

Dn 8:14 usa un l<strong>in</strong>guaggio che evoca associazioni cultiche, <strong>in</strong> particolare<br />

con riferimento al Giorno dell’Espiazione che racchiudeva <strong>in</strong> sé nozioni come<br />

purificazione, giustificazione, rivendicazione, nozioni che co<strong>in</strong>volgevano tanto il<br />

santuario quanto il popolo.<br />

In Dn 8:8-12 manca qualunque accenno ad una contam<strong>in</strong>azione/profanazione<br />

del santuario ad opera del “piccolo corno”. In 8:11 l’attacco del “corno” è<br />

diretto contro il “fondamento” del santuario e non contro il santuario stesso<br />

(vedi commento a 8:11). Nella pericope che descrive l’attività del “corno” sono<br />

oggetto di aggressione “l’esercito del cielo” e “le stelle” (v. 10), “il Pr<strong>in</strong>cipe<br />

dell’esercito” (v. 11a), il servizio tamîd (vv. 11b-12a), “il fondamento” del santuario<br />

celeste (v. 11c) e “la verità” (v. 12b).<br />

317 - Ibidem, pp. 453-454.<br />

223


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 224<br />

CAPITOLO 8<br />

In breve il “piccolo corno” si erge contro il “Pr<strong>in</strong>cipe dell’esercito” con<br />

l’usurparne le funzioni ed oltre a ciò ne perseguita il popolo. Questo quadro desunto<br />

da 8:9-12 è avvalorato dalla <strong>in</strong>terpretazione angelica <strong>in</strong> 8:23-25.<br />

Al limite si può pensare che il “piccolo corno” contam<strong>in</strong>i <strong>in</strong>direttamente il<br />

santuario celeste. Poiché nell’antico Israele i peccati commessi per istigazione di<br />

Satana contam<strong>in</strong>avano il santuario nel quale essi venivano trasferiti con la confessione,<br />

era come se <strong>in</strong>direttamente fosse Satana stesso a provocare tale contam<strong>in</strong>azione.<br />

In questo senso si potrebbe dire che il “piccolo corno”, agente di Satana,<br />

abbia un ruolo <strong>in</strong>diretto nella contam<strong>in</strong>azione del santuario celeste 318.<br />

Ad ogni modo l’idea di una contam<strong>in</strong>azione del santuario ad opera del<br />

“piccolo corno” è totalmente assente <strong>in</strong> Dn 9:8-12.<br />

Attraverso il rituale annuale dell’Espiazione il santuario israelita veniva purificato<br />

dai peccati del popolo che vi si erano “accumulati” durante l’anno liturgico.<br />

Il Giorno dell’espiazione era un giorno di giudizio e redenzione, di purificazione<br />

e purgazione - osserva Hasel. Similmente, e <strong>in</strong> senso antitipico, nel<br />

tempo della f<strong>in</strong>e sarà “purificato” il santuario dei cieli dai peccati “accumulati”<br />

f<strong>in</strong>o allo scadere delle 2300 “sere-matt<strong>in</strong>e”.<br />

L’epistola agli Ebrei, nel Nuovo Testamento, attesta <strong>in</strong> modo esplicito questo<br />

collegamento tipologico fra il santuario terreno e quello celeste laddove dichiara:<br />

“Era dunque necessario che i simboli delle realtà celesti fossero purificate<br />

con tali mezzi; le realtà celesti poi dovevano esserlo con sacrifici superiori a questi”<br />

(Eb 9:23, versione CEI).<br />

“Le attività giudiziali e redentive a favore d’Israele che si svolgevano nel<br />

santuario terreno nel Giorno dell’Espiazione hanno un corrispettivo nell’attività<br />

giudiziale e redentiva che si svolgerà nel santuario dei cieli nel tempo della f<strong>in</strong>e.<br />

Abbiamo notato svariati collegamenti term<strong>in</strong>ologici diretti fra Dn 8 e Le 16 - dice<br />

Hasel - che accostano l’uno all’altro questi due capitoli. L’enfasi cultico-giudiziale<br />

posta sul term<strong>in</strong>e pesha‘ (‘trasgressione’) lega tra loro Le 16 e Dn 8 e 9. Il concetto<br />

che esprime la parola ebraica qodesh (‘santuario’) ha un profondo corrispettivo<br />

<strong>in</strong> Le 16. L’idea che scaturisce da nitzdaq (‘purificato’), con la sua ricca<br />

enfasi semantica, richiama alla mente con immediatezza il momento della ‘purificazione’<br />

del santuario e del popolo di Dio <strong>in</strong> Le 16:16, 19, 30” (<strong>in</strong> nota l’Autore<br />

richiama l’attenzione sul fatto che i LXX usano forme del vocabolo greco katharizô,<br />

“purificare”, sia <strong>in</strong> Dn 8:14 che <strong>in</strong> Le 16, e che una forma del medesimo term<strong>in</strong>e<br />

ricorre <strong>in</strong> Eb 9:23 dove si parla della purificazione delle “realtà celesti” 319.<br />

“Tali legami <strong>in</strong>equivocabili - conclude Hasel - sono <strong>in</strong>dici sicuri delle connessioni<br />

concettuali e teologiche tra Le 16 e Dn 8. Ciò che Le 16 descrive come<br />

318 - Ibidem, pp. 456-457.<br />

319 - Ibidem, nota 134 <strong>in</strong> calce alle pp. 457-458<br />

224


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 225<br />

CAPIRE DANIELE<br />

il grande momento culm<strong>in</strong>ante della purificazione, giustificazione e rivendicazione<br />

per l’antico Israele nel Giorno dell’Espiazione alla f<strong>in</strong>e del ciclo liturgico<br />

annuale, Dn 8 descrive come il grande momento culm<strong>in</strong>ante per tutto il popolo<br />

di Dio <strong>in</strong> una scala cosmica e universale alla f<strong>in</strong>e del tempo presente, preludio<br />

del sorgere del tempo nuovo quando soltanto il Regno di Dio sussisterà” 320. Gli<br />

elementi di ord<strong>in</strong>e storico e cronologico sulla base dei quali si stabilirà la data di<br />

decorrenza delle 2300 “sere-matt<strong>in</strong>e” saranno esam<strong>in</strong>ati nel commento di 9:25.<br />

15 E avvenne che, mentre io, Daniele, avevo questa visione e cercavo<br />

d’<strong>in</strong>tenderla, ecco starmi ritta davanti come una figura d’uomo.<br />

Col decl<strong>in</strong>are il proprio nome preceduto dal pronome personale enfatico<br />

(l)¢Yénfd yénA) ’anî Danîy’el, “io, Daniele”), il profeta sembra volere attestare l’autenticità<br />

di quanto ha riferito e verrà riferendo (cfr. 7:15,28; 8:1; 9:2; 10:2; 12:5).<br />

Della rivelazione ricevuta Daniele ha compreso soltanto ciò che l’angelo gli<br />

ha spiegato, vale a dire che allo scadere di 2300 “sere-matt<strong>in</strong>e” f<strong>in</strong>irebbero gli oltraggi<br />

<strong>in</strong>flitti dal “corno” alla “cont<strong>in</strong>uità” (tamîd), al “santuario” (qodesh) e all’<br />

“esercito” (tzaba’). Tutto il resto gli è rimasto oscuro. Il profeta ha ancora davanti<br />

agli occhi le figure simboliche della visione (hechazôn) e cerca di comprenderle<br />

(bînah, dal verbo byn, “comprendere”, del quale più avanti segnaleremo il ruolo<br />

importante nell’ambito di questa visione e della rivelazione successiva).<br />

È accaduto tante volte che rimanesse oscuro ai profeti di Jahvé il senso dei<br />

messaggi che fu loro richiesto di trasmettere alla posterità, nonostante che essi<br />

<strong>in</strong>dagassero con cura per venirne a capo (cfr. 1Pie 1:10,11).<br />

Mentre Daniele s’<strong>in</strong>terroga <strong>in</strong>torno alle cose viste nella visione, ecco comparire<br />

davanti a lui “uno <strong>in</strong> piedi dall’aspetto d’uomo” (versione CEI), ebraico rebfgh”):ram:K<br />

kemar’eh gaver. Non è un uomo, è un essere celeste mandato <strong>in</strong> sembianze<br />

umane per non turbare ulteriormente il profeta già provato a motivo<br />

della rivelazione div<strong>in</strong>a (H.C. LEUBOLD).<br />

16 E udii la voce d’un uomo <strong>in</strong> mezzo all’Ulai, che gridò, e disse: “Gabriele,<br />

spiega a colui la visione”.<br />

Come la figura angelica ha un aspetto umano, così anche la voce che risuona “<strong>in</strong><br />

mezzo all’Ulai” sembra voce umana. È certamente la voce di Dio perché Dio soltanto<br />

può impartire un ord<strong>in</strong>e a un angelo celeste.<br />

L’Altissimo si adatta, per così dire, alla condizione umana per farsi capire da<br />

320 - Ibidem, pp. 457-458.<br />

225


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 226<br />

CAPITOLO 8<br />

una creatura umana. La voce proveniente dall’Ulai chiama per nome la figura<br />

che sta di fronte a Daniele: “Gabriele...!”<br />

Il primo elemento del nome angelico è lo stesso vocabolo che usa Daniele<br />

per “uomo” quando def<strong>in</strong>isce l’aspetto dell’angelo: gaver, “eroe”. “Dio è potente”<br />

(gavri’el) sembra essere il significato del nome angelico.<br />

Questo messaggero celeste compare ancora <strong>in</strong> Dn 9:21. Nel Nuovo Testamento<br />

ritorna due volte: <strong>in</strong> Lc 1:19, dove si annuncia al sacerdote Zaccaria, il futuro<br />

padre del precursore del Messia, con le parole: “Io son Gabriele, che sto davanti<br />

a Dio; e sono stato mandato a parlarti e recarti questa buona notizia”; e ancora<br />

<strong>in</strong> Lc 1:26 dove Gabriele annuncia alla verg<strong>in</strong>e Maria la div<strong>in</strong>a maternità.<br />

ELLEN WHITE 321 dice che Gabriele occupa <strong>in</strong> cielo la posizione che fu del decaduto<br />

Lucifero. La voce che viene dall’Ulai comanda a Gabriele di fare da <strong>in</strong>terprete<br />

al profeta: “Gabriele, spiega a lui la visione !” (versione CEI), ebraico:<br />

he):raMah-te) zfLah:l }"bfh l")yir:baG gavrî’el haven lehallaz ’eth hammar’eh.<br />

Daniele qui non usa il vocabolo abituale per “visione”, chazôn, ma adopera,<br />

e per la prima volta, un term<strong>in</strong>e diverso: mar’eh. Dalla radice verbale r’h,<br />

“vedere”, mar’eh ha lo stesso significato generale di chazôn, ma con alcune specifiche<br />

sfumature di senso delle quali si dirà più avanti. Non è certo senza motivo<br />

che Daniele usa qui per “visione” mar’eh anziché chazôn. Sembra ragionevole<br />

supporre che i due term<strong>in</strong>i siano applicati a due aspetti dist<strong>in</strong>ti della rivelazione.<br />

Che sia così lo si dimostrerà nel commento del v. 26.<br />

226<br />

17 Ed esso venne presso al luogo dove io stavo; alla sua venuta io fui<br />

spaventato, e caddi sulla mia faccia; ma egli mi disse: “Intendi bene,<br />

o figliuol d’uomo! perché questa visione concerne il tempo della<br />

f<strong>in</strong>e”. 18 E com’egli mi parlava, io mi lasciai andare con la faccia a<br />

terra, profondamente assopito; ma egli mi toccò, e mi fece stare <strong>in</strong><br />

piedi.<br />

Si deve supporre che Gabriele sia apparso di fronte a Daniele a una certa distanza<br />

da lui, verosimilmente sulla riva opposta del fiume-canale, altrimenti non<br />

sarebbe comprensibile la frase: “Ed esso venne presso al luogo dove io stavo”.<br />

Per quanto <strong>in</strong> sembianze umane, Gabriele è pur sempre un essere celeste, e la<br />

presenza di un essere siffatto ha sempre suscitato grande <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e nel cuore<br />

dei mortali. Nel cap. 10 per tre volte (vv. 9,15 e 17) Daniele esterna il suo<br />

profondo malessere per la presenza vic<strong>in</strong>o a lui di un Essere div<strong>in</strong>o. La stessa<br />

sconvolgente emozione provarono i profeti Isaia ed Ezechiele <strong>in</strong> circostanze<br />

identiche (cfr. Is 6:5; Ez 1: 28).<br />

321 - The Desire of Ages, p. 99.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 227<br />

CAPIRE DANIELE<br />

In siffatti frangenti è il sentimento dell’umana peccam<strong>in</strong>osità, che per contrasto<br />

con la perfezione celeste e div<strong>in</strong>a si svela <strong>in</strong> tutta la sua negatività, che fa<br />

nascere nel cuore dell’uomo un’angoscia mortale. I profeti dell’Altissimo sanno<br />

che l’uomo nella sua condizione di essere peccatore non può reggere <strong>in</strong> presenza<br />

del Div<strong>in</strong>o (cfr. Es 33:20). È difficile dire se il cadere “con la faccia a terra”<br />

del profeta debba capirsi come un atto di cosciente riverenza o come la conseguenza<br />

di un momentaneo deliquio provocato dalla forte emozione. Sembra più<br />

probabile la seconda supposizione.<br />

Gabriele fa appello all’<strong>in</strong>telligenza del profeta: “Intendi figliol d’uomo”<br />

({fdf)-}eB }"bfh haven ben ’adam). Compare ancora il verbo byn che <strong>in</strong> questa<br />

parte del libro ha una funzione-chiave. L’appellativo “figlio d’uomo” evidenzia la<br />

fragilità e precarietà della condizione umana; essa equivale <strong>in</strong> sostanza a “essere<br />

mortale”. Girolamo commenta: “Tanto Ezechiele come Daniele e Zaccaria hanno<br />

spesso da trattare con gli angeli, e per evitare che mont<strong>in</strong>o <strong>in</strong> superbia o che si<br />

credano di avere anch’essi o natura o dignità angelica, si richiama alla loro<br />

mente la loro fragilità, e vengono chiamati figli degli uom<strong>in</strong>i perché sappiano di<br />

non essere che uom<strong>in</strong>i” 322.<br />

L’angelo-<strong>in</strong>terprete mette subito <strong>in</strong> luce un “trend” ed uno sbocco escatologici<br />

della rivelazione che sta per spiegare a Daniele: “... perché questa visione<br />

concerne il tempo della f<strong>in</strong>e” (}Ozfxeh j"q-te(:l yiK ki le‘eth qetz hechazôn).<br />

“È questo un fatto rilevante che attiene all’<strong>in</strong>tera <strong>in</strong>terpretazione, un fatto<br />

che nessun uomo avrebbe potuto scoprire da sé e che segna un approccio generale<br />

a tutto il capitolo. Un approccio che quanti si impegnano nello studio di<br />

questo capitolo dovrebbero tenere <strong>in</strong> altissima considerazione” 323. Chazôn <strong>in</strong><br />

questo versetto si riferisce all’<strong>in</strong>tera rivelazione riportata nei vv.12-14.<br />

Accasciatosi davanti all’angelo Daniele è rimasto tuttavia cosciente, ma via<br />

via che Gabriele gli parla le forze lo abbandonano f<strong>in</strong>o alla perdita completa dei<br />

sensi (yiT:maD:rén nirdamtî, “giacqui profondamente assopito”).<br />

Lo stesso accadde a Giovanni quando ebbe a Patmos la visione del Cristo<br />

glorificato (cfr. Ap 1:17).<br />

Gli angeli hanno poteri che superano quelli degli uom<strong>in</strong>i, come quello di<br />

trasfondere nelle creature umane energia vitalizzante. È bastato un tocco di Gabriele<br />

perché Daniele tornasse <strong>in</strong> sé e avesse forze sufficienti per rimettersi <strong>in</strong><br />

piedi. Così gli angeli celesti assistettero Gesù stremato dal prolungato digiuno<br />

(Mt 4:11).<br />

322 - Girolamo su Daniele, p. 120.<br />

323 - H.C. LEUPOLD, Exposition of Daniel, p. 361.<br />

227


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 228<br />

CAPITOLO 8<br />

228<br />

19 E disse: “Ecco, io ti farò conoscere quello che avverrà nell’ultimo<br />

tempo dell’<strong>in</strong>dignazione; poiché si tratta del tempo fissato per la<br />

f<strong>in</strong>e.<br />

Prima di spiegare a Daniele la visione, Gabriele ne enfatizza la parte f<strong>in</strong>ale:<br />

“Ecco, io ti rivelo ciò che avverrà al term<strong>in</strong>e dell’ira, perché la visione riguarda il<br />

tempo della f<strong>in</strong>e” (versione CEI).<br />

Evidentemente è nella parte conclusiva della rivelazione che si svela il motivo<br />

di fondo per cui essa è stata data a Daniele. La visione mira fondamentalmente<br />

a far conoscere qualcosa di estremamente significativo che avverrà<br />

quando sarà f<strong>in</strong>ita l’ira. L’ira cioè del “corno” contro il celeste “Pr<strong>in</strong>cipe”, il suo<br />

“santuario” ed il suo “esercito”, la quale f<strong>in</strong>almente verrà meno dopo lo scadere<br />

delle 2300 “sere-matt<strong>in</strong>e” quando il “corno” stesso “sarà <strong>in</strong>franto senz’opera di<br />

mano” (v. 25 u.p.; cfr. con 2Te 2:7-8). L’<strong>in</strong>terprete mandato da Dio ribadisce che<br />

il tempo a cui sta facendo riferimento è “il tempo della f<strong>in</strong>e” (j"q d&"(Om:l yiK kî<br />

lemô‘ed qetz).<br />

20 Il montone con due corna che hai veduto, rappresenta i re di Media<br />

e di Persia.<br />

Nell’<strong>in</strong>terpretazione della visione Gabriele si rifà dal pr<strong>in</strong>cipio. Il montone (léya)<br />

’ail) descritto nei vv. 3 e 4 è il simbolo dell’Impero dei Medi e dei Persiani. Per<br />

l’esattezza Gabriele identifica il montone coi “re di Media e di Persia” (sfrfpU yadfm<br />

y"k:lam malkê maday ûfaras).<br />

La Media come regno autonomo cessò di esistere quando il suo ultimo re,<br />

Astiage, soccombette nella lotta contro Ciro il Persiano nel 549 a.C. (cfr. il commento<br />

del v. 3). Da allora regnarono sui due regni iranici unificati i sovrani della<br />

d<strong>in</strong>astia degli Achemenidi (“i re di Media e di Persia”) <strong>in</strong>augurata da Ciro II.<br />

Abbiamo qui la prova che nella prospettiva danielica la Medo-Persia è il secondo<br />

dei quattro regni annunciati profeticamente nei capp. 2 e 7. Il primo, Babilonia,<br />

non è menzionato perché all’epoca di questa visione essa ormai entrava<br />

nella storia.<br />

21 Il becco peloso è il re di Grecia; e il gran corno fra i suoi due occhi<br />

è il primo re.<br />

L’angelo-<strong>in</strong>terprete spiega a Daniele che il capro (ryipfC tzafîr) rappresenta “il re<br />

di Grecia”, }æwæy yawan nell’ebraico.<br />

Yawan (da Jonia, il nome con cui si designavano nell’antichità le isole e le<br />

città costiere dell’Asia M<strong>in</strong>ore popolate da genti di stirpe greca) era il nome col<br />

quale i Semiti <strong>in</strong>dicavano la Grecia <strong>in</strong> generale. In breve il capro rappresenta


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 229<br />

CAPIRE DANIELE<br />

l’Impero di Alessandro che si affermò nella storia a seguito della vittoria def<strong>in</strong>itiva<br />

dei Macedoni sui Persiani nel 331 a.C. (vedi il commento del v. 4).<br />

Che la frase: “è il re di Grecia” (malkê - yawan) debba <strong>in</strong>tendersi “è il regno<br />

di Grecia”, si vede dalla frase seguente: “e il gran corno fra i suoi due occhi è il<br />

primo re”. Se il corno, che è una parte del capro, rappresenta un “re”, il capro<br />

stesso non può rappresentare anch’esso un re; non può raffigurare che un<br />

regno. Un regno sul quale il re rappresentato dal gran corno esercita la sua sovranità.<br />

Dn 8:21a è uno di quei casi <strong>in</strong> cui <strong>in</strong> questo libro “re” equivale a “regno”<br />

(vedi il commento di 2:38). Il “primo re” di cui è figura il gran corno fra gli occhi<br />

del capro, con tutta evidenza è Alessandro Magno, il fondatore dell’Impero Macedone<br />

(vedi commento del v. 5).<br />

22 Quanto al corno spezzato, al cui posto ne son sorti quattro, questi<br />

sono quattro regni che sorgeranno da questa nazione, ma non con<br />

la stessa sua potenza.<br />

La morte prematura e imprevedibile di Alessandro all’apice della potenza e della<br />

gloria è anticipata profeticamente con la rottura repent<strong>in</strong>a e <strong>in</strong>aspettata del gran<br />

corno che lo raffigura.<br />

Con la f<strong>in</strong>e di Alessandro è prevista anche la f<strong>in</strong>e dell’unità dell’impero da<br />

lui fondato: “Quanto al corno spezzato, al cui posto ne sono sorti quattro, questi<br />

sono quattro regni che sorgeranno da questa nazione...”.<br />

Si noti l’ambivalenza di questo elemento simbolico; nel v. 21 un corno rappresenta<br />

un re; nel versetto seguente 4 corna raffigurano 4 regni. Sono i regni ellenistici<br />

di Macedonia, Tracia, Siria ed Egitto sorti dopo la disfatta di Antigono ad<br />

Isso nel 301 a.C. e posti sotto la sovranità di Cassandro, Lisimaco, Seleuco Nicatore<br />

e Tolomeo Lago (vedi il commento del v. 8). Come era stato previsto dalla<br />

profezia (“ma non con la stessa sua potenza”) nessuno di questi regni eguagliò<br />

per grandezza e potenza l’impero di Macedonia dal quale essi derivarono.<br />

23 E alla f<strong>in</strong>e del loro regno, quando i ribelli avranno colmato la misura<br />

delle loro ribellioni, sorgerà un re dall’aspetto feroce, ed<br />

esperto <strong>in</strong> stratagemmi.<br />

Dopo avere svelato le realtà che si nascondono nelle figure delle 4 corna, Gabriele<br />

perviene alla spiegazione del simbolo seguente, il “piccolo corno”.<br />

Come già rilevato (vedi il commento del v. 9) l’identificazione del re di Siria<br />

Antioco IV Epifane <strong>in</strong> questo simbolo è quasi unanime 324.<br />

324 - Per una esposizione delle ragioni di questa identificazione valga per tutte la n. VII a p.<br />

120 del commentario del prof. Giovanni R<strong>in</strong>aldi.<br />

229


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 230<br />

CAPITOLO 8<br />

Gli espositori moderni di scuola critico-liberale - sono la maggioranza - circoscrivono<br />

alla figura storica del re di Siria la portata del passo danielico. Altri<br />

nel passato (così Girolamo nel V secolo) hanno visto nel “piccolo corno” di Dn<br />

8 un simbolo di Antioco come tipo dell’Anticristo f<strong>in</strong>ale. Oggi questa tesi è accolta<br />

<strong>in</strong> generale dai cattolici.<br />

All’identificazione del “piccolo corno” danielico col re di Siria Antioco IV si<br />

oppongono i seguenti fatti:<br />

230<br />

1) le quattro corna rappresentano 4 regni (8:22). Il qu<strong>in</strong>to, che non<br />

nasce su una delle quattro corna, ma viene da una delle quattro direzioni<br />

dello spazio (vedi il commento del v. 12) deve raffigurare anch’esso un regno.<br />

2) Antioco IV fu l’ottavo regnante della d<strong>in</strong>astia seleucide (vedi il commento<br />

di 7:25). Questo personaggio è dunque <strong>in</strong>cluso <strong>in</strong> una delle 4 corna,<br />

quella raffigurante il regno di Siria.<br />

3) L’<strong>in</strong>terprete mandato da Dio spiega a Daniele che il potere simboleggiato<br />

dal qu<strong>in</strong>to corno sorgerebbe “alla f<strong>in</strong>e del loro regno” (v.23):<br />

{ftUk:lam tyirAxa):bU ûwe’acharîth malkûtam, letteralmente “dopo il regno loro”,<br />

ovvero il regno delle 4 corna, giacché le 4 corna sono l’antecedente più<br />

prossimo del pronome “loro”. Ciò implica <strong>in</strong>discutibilmente che questa entità<br />

s<strong>in</strong>istra doveva venire all’esistenza dopo che fossero tramontati tutti i<br />

regni ellenistici.<br />

Antioco Epifane regnò dal 175 al 163 a.C. Dopo la sua morte il regno di Siria<br />

durò ancora 100 anni.<br />

Fu <strong>in</strong>fatti nel 63 a.C. che Pompeo ridusse la Siria a prov<strong>in</strong>cia romana dopo<br />

avere deposto l’ultimo seleucide. Trentatré anni dopo divenne possedimento romano<br />

l’Egitto dei Tolomei. Il regno di Macedonia era stato annesso ai possedimenti<br />

romani nel 148 a.C. Dunque fra il 148 e il 30 a.C. scomparvero l’uno dopo<br />

l’altro tutti i regni ellenistici eredi dell’Impero di Alessandro. Pertanto è <strong>in</strong>torno<br />

all’anno 30 a.C. che si deve collocare storicamente il sorgere della potenza raffigurata<br />

dal “piccolo corno”. Fu proprio <strong>in</strong> quest’epoca, con la conquista<br />

dell’Egitto, che Roma concluse la sua espansione verso Oriente proponendosi di<br />

fatto al mondo come l’ultima erede del dom<strong>in</strong>io universale di Alessandro.<br />

Gabriele <strong>in</strong>terpreta il “piccolo corno” come “un re dall’aspetto feroce ed<br />

esperto <strong>in</strong> stratagemmi” (traduzione di Luzzi). L’ebraico ha: tOdyix }yib"mU {yénfP-za(<br />

\elem melek ‘atz panîm ûmevîn chîdôth, meglio tradotto dalla Versione della CEI:<br />

“un re audace, sfacciato e <strong>in</strong>trigante”. L’espressione ebraica significa letteralmente:<br />

“un re sfrontato e abile negli enigmi” (cioè nell’ambiguità, nella dop-


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 231<br />

CAPIRE DANIELE<br />

piezza). Se questo re sfrontato non è Antioco, chi è allora? A noi sembra più<br />

conforme ai fatti della storia identificarvi l’astuto e <strong>in</strong>trigante Ottaviano come<br />

simbolo vivente e personificazione di Roma stessa che con lui abbatté l’ultimo<br />

dei regni ellenistici, si vide elevata a entità div<strong>in</strong>a e <strong>in</strong>iziò la fase imperiale della<br />

sua storia.<br />

Secoli prima Daniele aveva visto Babilonia personificata nel suo illustre sovrano<br />

quando aveva dichiarato a Nabucodonosor: “La testa d’oro sei tu”<br />

(2:38) 325.<br />

Il trapasso dal regno delle quattro corna a quello del “piccolo corno” sarebbe<br />

stato segnato dal culm<strong>in</strong>are dell’empietà: “...quando l’empietà avrà raggiunto<br />

il colmo” (v. 23, versione della CEI). I sovrani tolemaici alla stessa maniera<br />

degli antichi faraoni avevano ricevuto onori div<strong>in</strong>i dai sacerdoti egiziani.<br />

Ottaviano Augusto sulla falsariga di questa pratica egiziana istituì il culto di<br />

Roma div<strong>in</strong>izzata e consentì che si erigessero nelle prov<strong>in</strong>cie dell’impero dei<br />

templi <strong>in</strong> onore del divo imperatore. Il popolo romano gli tributò onori div<strong>in</strong>i<br />

dopo la morte, e <strong>in</strong> seguito furono fatti oggetto di culto gli imperatori viventi. La<br />

sensibilità religiosa ebraica non avrebbe potuto immag<strong>in</strong>are nulla di più empio.<br />

Si è visto nel commento del v. 11 che nel testo ebraico tra i vv. 9-10 e i vv.<br />

11-12 <strong>in</strong>terviene un cambiamento della struttura della frase. Nei vv. 9-10 le forme<br />

verbali, tranne la prima, sono di genere femm<strong>in</strong>ile, mentre nel v. 11 sono di genere<br />

maschile. Siffatto mutamento del genere dei verbi secondo Hasel 326 riflette<br />

il trapasso da una prima a una seconda fase di sviluppo dell’entità storica che il<br />

“corno” rappresenta. Questo autore vede Roma nella fase storica politico-pagana<br />

nei vv. 9 e 10 e nella fase ecclesiastico-papale nei vv. 11 e 12.<br />

In effetti Roma come centro del mondo antico occidentale non scomparve<br />

con la f<strong>in</strong>e dell’impero, soltanto assunse un volto nuovo: da centro politico ne<br />

divenne il centro religioso.<br />

“Gli elementi di romanità che i barbari e gli Ariani lasciarono sopravvivere -<br />

scrive l’illustre storico ADOLF HARNACK - ... furono... posti sotto la protezione del<br />

vescovo di Roma, la più alta personalità dopo la scomparsa dell’Imperatore... Fu<br />

così che la Chiesa Romana si sostituì all’Impero Romano universale di cui rappresentò<br />

realmente la cont<strong>in</strong>uità; l’impero non è perito, soltanto si è tras<strong>formato</strong>...<br />

Non è una mera osservazione <strong>in</strong>telligente, è il riconoscimento della realtà storica,<br />

è la maniera più idonea e feconda di rappresentare il carattere di questa Chiesa.<br />

Essa ancora governa le nazioni... Essa è una creazione politica imponente<br />

325 - La frase che segue: “e dopo di te sorgerà un altro regno” (v. 39), presuppone che <strong>in</strong> precedenza<br />

Daniele avesse già fatto allusione ad un regno. L’espressione: “La testa d’oro sei tu”,<br />

significa <strong>in</strong> effetti: “La testa d’oro è il tuo regno”.<br />

326 - Op. cit., p. 401.<br />

231


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 232<br />

CAPITOLO 8<br />

quanto un impero universale perché è la cont<strong>in</strong>uazione dell’Impero Romano. Il<br />

Papa che si fregia dei titoli di ‘Re’ e di ‘Sommo Pontefice’, è il successore di Cesare”<br />

327<br />

Se il trapasso da una prima ad una seconda fase storica dell’entità simboleggiata<br />

dal “corno” è adombrato nella visione, sembra logico che esso debba riflettersi<br />

anche nell’<strong>in</strong>terpretazione di essa. Dal nostro punto di vista il suddetto trapasso<br />

avviene fra i vv. 23 e 24.<br />

232<br />

24 La sua potenza sarà grande, ma non sarà potenza sua; egli farà<br />

prodigiose ru<strong>in</strong>e, prospererà nelle sue imprese, e distruggerà i potenti<br />

e il popolo dei santi.<br />

25 A motivo della sua astuzia farà prosperare la frode nelle sue<br />

mani; s’<strong>in</strong>orgoglirà <strong>in</strong> cuor suo, e <strong>in</strong> piena pace distruggerà molta<br />

gente; <strong>in</strong>sorgerà contro il pr<strong>in</strong>cipe de’ pr<strong>in</strong>cipi, ma sarà <strong>in</strong>franto,<br />

senz’opera di mano.<br />

Gli atti qui attribuiti al sistema di potere raffigurato dal “piccolo corno” non debbono<br />

<strong>in</strong>tendersi come azioni <strong>in</strong>dividuali isolate e occasionali, ma debbono capirsi<br />

come lo svolgimento di un disegno volto al mantenimento e al consolidamento<br />

della supremazia, giacché il “re sfrontato” non è una figura umana <strong>in</strong>dividuale,<br />

come si è visto, ma rappresenta una successione di figure <strong>in</strong>dividuali, una<br />

sorta di d<strong>in</strong>astia, un sistema di potere. Otto segni caratterizzano il “curriculum” di<br />

questo formidabile sistema di potere.<br />

1. “La sua potenza sarà grande, ma non sarà potenza sua”, ebraico:<br />

Oxok:b )olºw OxoK {acf(ºw we‘atzam kochô welo’ vekochô, alla lettera: “Grande<br />

(sarà) la sua potenza ma non per potenza sua”.<br />

Sarebbe un’assurdità affermare che Roma repubblicana e imperiale<br />

non avesse <strong>in</strong> sé stessa la potenza che le consentì di estendere su gran<br />

parte del mondo antico il suo dom<strong>in</strong>io. Come sarebbe fuori della realtà storica<br />

asserire che venisse da altri e non da sé medesimo il potere che Antioco<br />

IV esercitò con grande energia nei 12 anni del suo governo sulla Siria.<br />

È <strong>in</strong>vece esatto che il potere immenso che esercitò la Chiesa romana<br />

nel Medioevo le venne dal sostegno politico delle monarchie d’Europa. Gli<br />

eserciti dei ducati, dei pr<strong>in</strong>cipati e dei regni europei furono messi al servizio<br />

della Chiesa per difenderne non solo la dottr<strong>in</strong>a, ma anche gli <strong>in</strong>teressi politici<br />

ed economici, quando i papi lo richiesero. Bonifacio VIII nel XIII secolo<br />

327 - ADOLF HARNACK, What is Christianity? New York 1903, pp. 269 -270, cit. <strong>in</strong> S.D.A. Bible<br />

Commentary, vol. IV, p. 846. Il corsivo è dell’Autore.


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 233<br />

CAPIRE DANIELE<br />

rivendicò la supremazia assoluta della Chiesa con la famosa teoria delle due<br />

spade: la spada spirituale e la spada temporale che doveva esserle sottomessa.<br />

2. “...causerà <strong>in</strong>audite rov<strong>in</strong>e”, ebraico tyix:$áy tO)fl:pénºw wenifla’ôth yashchith.<br />

Talvolta senza necessità di esercitare pressione, talaltra valendosi<br />

dell’arma formidabile della scomunica per piegare i pr<strong>in</strong>cipi riottosi, i papi<br />

seppero comunque ottenere gl’<strong>in</strong>terventi degli eserciti d’Europa per sradicare<br />

l’“eresia” o realizzare le mire politiche del papato. Tra i secoli XIII e<br />

XVI le guerre di religione, eventi davvero <strong>in</strong>auditi che videro spesso <strong>in</strong>trecciarsi<br />

<strong>in</strong>teressi ecclesiastici e politici, sparsero per l’Europa - e non solo per<br />

l’Europa - lutti e rov<strong>in</strong>e immani. Le crociate tra i secoli XI e XIII, la guerra<br />

contro gli Albigesi nel secolo XIII, le “guerre di religione” <strong>in</strong> Francia fra il<br />

1562 e il 1598, la Guerra dei Trent’anni tra il 1618 e il 1648 sono solo alcuni<br />

di questi eventi <strong>in</strong>auditi che direttamente o <strong>in</strong>direttamente videro co<strong>in</strong>volta<br />

la Chiesa romana.<br />

3. “... prospererà nelle sue imprese”, ebraico: hf&f(ºw axyil:cihºw wehitzlîcha<br />

we‘assah, letteralmente: “prospererà e agirà”.<br />

Nel corso della lunga storia della Chiesa di Roma spiccano la preveggenza<br />

e il d<strong>in</strong>amismo dei pontefici. Sotto la guida di papi energici e lungimiranti<br />

la Chiesa prosperò, e molto, anche sul piano materiale, così da divenire<br />

una potenza economica di tutto rispetto. Fu l’opulenza della Chiesa<br />

che nel Medioevo fece nascere nelle anime più sensibili della cattolicità<br />

quello scontento che poi generò i movimenti di dissidenza. In certi momenti<br />

della storia europea il prestigio dei papi e lo splendore della corte<br />

pontificia eclissarono la fama dei sovrani ed il fasto delle corti secolari.<br />

4. “...e distruggerà i potenti ed il popolo dei santi”, ebraico: {yi$od:q-{a(ºw<br />

{yimUcA( tyix:$ihºw wehishchîth ‘atzumîm we‘am qedoshim (la traduzione che<br />

precede è quasi letterale).<br />

Nel Medioevo i potenti d’Europa che osarono sfidare l’autorità del papato<br />

dovettero pagare un prezzo molto alto per averlo fatto. Nel secolo XI<br />

Roberto II il Pio re di Francia, colpito di anatema dal papa per avere disatteso<br />

una legge canonica della Chiesa, dopo 3 anni di lotte <strong>in</strong>utili dovette<br />

piegarsi e confessare pubblicamente i suoi “errori“ per essere re<strong>in</strong>tegrato<br />

nell’autorità regia.<br />

Enrico IV imperatore di Germania, deposto e scomunicato da papa<br />

Gregorio VII nel 1077 a motivo della <strong>in</strong>vestitura regia dei vescovi <strong>in</strong> Germania,<br />

si vide costretto ad andare a Canossa col saio di penitente per ottenere<br />

dal pontefice la revoca della scomunica.<br />

233


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 234<br />

CAPITOLO 8<br />

234<br />

Enrico Plantageneto re d’Inghilterra, colpito da anatema per avere con<br />

un decreto sottoposto il clero alla giurisdizione del tribunale regio nel 1164,<br />

dovette alf<strong>in</strong>e sottoporsi pubblicamente alla fustigazione sulla tomba dell’arcivescovo<br />

Thomas Becket suo mortale nemico perché fosse revocato l’anatema<br />

papale contro di lui.<br />

Nel 1213 Giovanni Senza Terra, scomunicato e dichiarato decaduto dal<br />

trono d’Inghilterra per contrasti con la Santa Sede, si vide obbligato a porre<br />

la corona ai piedi del pontefice per riceverla dalle sue mani come vassallo<br />

della Chiesa. Si potrebbero citare altri casi analoghi.<br />

L’<strong>in</strong>tolleranza della Chiesa romana verso la dissidenza religiosa nel Medioevo<br />

generò quelle s<strong>in</strong>istre strutture ecclesiastiche che furono i tribunali<br />

per la repressione dell’“eresia”. Non si contano i malcapitati che fra il XIII e<br />

il XVII secolo furono tradotti davanti ai tribunali dell’Inquisizione con l’accusa<br />

di eresia; i molti che non abiurarono furono condannati al rogo e consegnati<br />

al Braccio secolare per essere arsi vivi.<br />

Ma prima ancora che fosse istituita l’Inquisizione, con una crociata<br />

spietata bandita da Innocenzo III fu sterm<strong>in</strong>ato il popolo albigese nella<br />

Francia del Sud. Sotto Isabella e Ferd<strong>in</strong>ando di Castiglia e Aragona l’Inquisizione<br />

Spagnola fece perire nei roghi un gran numero di ebrei e sotto Carlo<br />

V e Filippo II cancellò il Protestantesimo che com<strong>in</strong>ciava a mettere radici <strong>in</strong><br />

Spagna. Dal tardo Medioevo f<strong>in</strong>o alle soglie dei tempi moderni subirono<br />

atroci persecuzioni le comunità valdesi <strong>in</strong> Lombardia, nel Piemonte, nel<br />

Delf<strong>in</strong>ato, <strong>in</strong> Calabria, responsabili i duchi di Savoia e i re di Francia sollecitati<br />

dalla Curia Romana. Per non parlare delle stragi di Hussiti <strong>in</strong> Boemia<br />

nel XV secolo e degli Ugonotti <strong>in</strong> Francia nel XVI, e delle vittime dell’Inquisizione<br />

Romana durante la Controriforma.<br />

5. “...a motivo della sua astuzia farà prosperare la frode nelle sue<br />

mani”, ebraico: Odæy:B hfm:rim axyil:cihºw Ol:ki&-la(ºw we‘al siklô wehitzlîcha mirmah<br />

beyadô, alla lettera: “e con la sua astuzia farà prosperare l’<strong>in</strong>ganno nelle sue<br />

mani”.<br />

La storia registra non rari casi di legittimazione, ad opera di pontefici<br />

romani, di azioni illegittime perpetrate da uom<strong>in</strong>i potenti. Nel 751 papa Zaccaria<br />

approvò l’usurpazione del trono dei Franchi da parte di Pip<strong>in</strong>o il Breve<br />

e consacrò l’usurpatore re dei Franchi dopo avere sciolto dal giuramento di<br />

fedeltà i sudditi di Childerico, l’ultimo legittimo sovrano merov<strong>in</strong>gio.<br />

Papa Stefano II nell’VII secolo, dopo che Pip<strong>in</strong>o aveva fatto dono alla<br />

Chiesa dei territori tolti ai Longobardi, pretese una sovranità territoriale <strong>in</strong>dipendente<br />

fondando tale rivendicazione su un presunto documento costant<strong>in</strong>iano<br />

(Donatio Constant<strong>in</strong>i) che avrebbe fatto risalire al primo imperatore<br />

cristiano l’autonomia di Roma nei confronti dell’Impero. Che quel docu-


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 235<br />

CAPIRE DANIELE<br />

mento fosse un falso costruito ad arte lo dimostrò il filologo Lorenzo Valla<br />

nel 1440. Nel IX secolo comparve <strong>in</strong> Francia un altro documento apocrifo,<br />

le cosiddette Decretali dello Pseudo-Isidoro, al quale nella stessa epoca si<br />

appellò papa Nicolò I per accentrare <strong>in</strong> Roma tutta l’organizzazione amm<strong>in</strong>istrativa<br />

della Chiesa.<br />

Ancora nel IX secolo papa Giovanni VIII attribuì per convenienza la<br />

corona imperiale a Carlo il Calvo di Francia ignorando i diritti legittimi del<br />

fratello maggiore Ludovico il Germanico.<br />

“Da Nicola I <strong>in</strong> poi - scrive lo storico S. HELLMANN - non destò più meraviglia<br />

vedere il papa, per quanto corrotto egli potesse essere personalmente,<br />

immischiarsi autorevolmente, chiamato o non chiamato, <strong>in</strong> questioni<br />

temporali” 328<br />

Durante il grande scisma d’Occidente (1378-1431) la cristianità assistette<br />

attonita allo spettacolo deprimente offerto da due papi che si anatemizzavano<br />

a vicenda l’uno da Roma e l’altro da Avignone.<br />

Nell’ultimo scorcio del secolo XVI papa Sisto V e il suo successore<br />

Gregorio XIV brigarono l’uno presso la corte francese per stimolare la persecuzione<br />

degli Ugonotti, l’altro presso la corte di Spagna per <strong>in</strong>durla ad un<br />

<strong>in</strong>tervento militare <strong>in</strong> Francia allo scopo di bloccare la candidatura al trono<br />

di Enrico di Navarra amico degli Ugonotti.<br />

6. “...s’<strong>in</strong>orgoglirà <strong>in</strong> cuor suo”, ebraico: lyiD:gáy Obfb:libU ûvîlvavô yagdîl,<br />

alla lettera: “e nel suo cuore si magnificherà”.<br />

F<strong>in</strong> dal V secolo i pontefici romani s’<strong>in</strong>gegnarono per accrescere il prestigio<br />

e la potenza del papato. Leone I Magno nel V secolo fu il primo vescovo<br />

di Roma che affermasse la discendenza diretta del papato dall’apostolo<br />

Pietro. Con l’appoggio dell’Impero egli si pose al di sopra dei concili e<br />

avocò a sé il diritto di def<strong>in</strong>ire i dogmi della Chiesa.<br />

Nel 1075 papa Gregorio VII pubblicò le 27 massime del Dictatus Papae<br />

nelle quali riaffermò con grande energia la supremazia assoluta del<br />

papa rispetto ai sovrani temporali ed il suo potere di deporli se non sottomessi<br />

alla Chiesa.<br />

Nel XIII secolo Innocenzo III fece decadere l’autorità dei vescovi e istituì<br />

i legati pontifici diretti rappresentanti del papa. Innocenzo si proclamò<br />

“Vicario di Cristo Re dei re” dal quale i pr<strong>in</strong>cipi laici ricevono come feudi i<br />

loro dom<strong>in</strong>i. Per lungo tempo gli scandali della simonia e del nepotismo afflissero<br />

il papato.<br />

328 - S. HELLMANN, Storia del Medioevo, p. 255.<br />

235


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 236<br />

CAPITOLO 8<br />

236<br />

7. “...e <strong>in</strong> piena pace ne distruggerà molti...” (così Luzzi). Il testo<br />

ebraico ha {yiBar tyix:$áy hæw:la$:bU ûveshalwah yashchîth rabbîm, letteralmente:<br />

“e con lus<strong>in</strong>ghe corromperà molti”.<br />

Il papato alternò la scomunica e la lus<strong>in</strong>ga per guadagnare alla causa<br />

della Chiesa i potenti del mondo. Con la promessa della remissione dei<br />

peccati e del Paradiso i Crociati furono persuasi a marciare contro gl’<strong>in</strong>fedeli<br />

per liberare il Santo Sepolcro. Con la concessione dell’<strong>in</strong>dulgenza e dei<br />

beni espropriati agli “eretici” Innocenzo III ottenne che i nobili di Francia e<br />

torme di malfattori aderissero alla crociata per sterm<strong>in</strong>are gli Albigesi nella<br />

Francia del sud.<br />

8. “...<strong>in</strong>sorgerà contro il Pr<strong>in</strong>cipe dei pr<strong>in</strong>cipi”, ebraico: domA(áy {yirf&-ra&la(ºw<br />

û‘al sar sarîm ya‘amod, alla lettera: “e contro il pr<strong>in</strong>cipe dei pr<strong>in</strong>cipi si<br />

ergerà”.<br />

Gabriele ripete <strong>in</strong> sostanza quanto Daniele aveva già detto nel v. 11<br />

(vedi il commento di quel versetto). In breve il sistema di potere raffigurato<br />

dal “corno” si sarebbe elevato contro il Pr<strong>in</strong>cipe dei pr<strong>in</strong>cipi (il Pr<strong>in</strong>cipe<br />

Mika’el) col togliergli il servizio tamîd (il m<strong>in</strong>istero cont<strong>in</strong>uo) e con l’abbattere<br />

il fondamento del suo santuario (mekôn miqdashô). Secondo l’<strong>in</strong>terpretazione<br />

data nel commento del v. 11, questa azione sovvertitrice del “corno”<br />

adombra un’usurpazione del m<strong>in</strong>istero cont<strong>in</strong>uo di Cristo nel santuario dei<br />

cieli per il perdono dei peccati, sostituito con un m<strong>in</strong>istero sacerdotale terreno<br />

rivestito del potere di rimettere esso stesso i peccati.<br />

L’<strong>in</strong>terpretazione di Gabriele si chiude con l’annuncio della distruzione<br />

f<strong>in</strong>ale del s<strong>in</strong>istro sistema di potere: “ma sarà distrutto senz’opera di mano”,<br />

ebraico: r"bf


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 237<br />

CAPIRE DANIELE<br />

scorso che Daniele ha ascoltato nell’audizione. L’angelo si limita ad attestare la<br />

veracità di quanto è stato detto a Daniele, ma senza entrare nel merito: “e la visione<br />

delle sere e delle matt<strong>in</strong>e di cui è stato parlato, è vera...” (temE) ramE)ån re$A) reqoBahºw<br />

bere(fh h"):ramU ûmar’eh hâ‘erev ûhaboqer ’asher ne’emar ’emeth). Per la seconda<br />

volta ricorre <strong>in</strong> questo capitolo il vocabolo mar’eh per “visione”, e qui è riferito<br />

direttamente alle 2300 sere e matt<strong>in</strong>e: “la visione (mar’eh) delle sere e<br />

delle matt<strong>in</strong>e”. Ecco la prova che mar’eh <strong>in</strong> Dn 8 è applicato ad un aspetto della<br />

rivelazione che si vuole mantenere dist<strong>in</strong>to da un altro aspetto al quale Daniele<br />

ha applicato il term<strong>in</strong>e chazôn. In breve, mentre chazôn è riferito alle cose viste<br />

da Daniele, mar’eh è applicato alle cose udite 329.<br />

329 - Si può ammettere che <strong>in</strong> Dn 8 chazôn e mar’eh non siano usati come vocaboli s<strong>in</strong>onimi, ma come<br />

term<strong>in</strong>i tecnici specifici riferiti ad aspetti dist<strong>in</strong>ti della profezia. In 8:16 mar’eh (apparizione) deve riferirsi<br />

<strong>in</strong> modo specifico alla comparsa nella visione di due esseri personali (i “santi”) e al dialogo <strong>in</strong>tercorso<br />

tra loro. Ulteriore sostegno a questa tesi viene dal v. 26 dove ritorna il vocabolo mar’eh: “la visione<br />

(mar’eh, apparizione) delle sere e matt<strong>in</strong>e di cui è stato detto è verace, ma tu suggella la visione<br />

(chazôn), poiché essa si riferisce a giorni lontani”.<br />

La prima circostanza da sottol<strong>in</strong>eare è la menzione del mar’eh delle sere e matt<strong>in</strong>e nom<strong>in</strong>ato per la<br />

prima volta nella conversazione fra i due “santi” nella quale l’uno dice all’altro che dovranno trascorrere<br />

2300 sere e matt<strong>in</strong>e prima che il santuario sia purificato. Mar’eh nel v. 16 dovrebbe qu<strong>in</strong>di collegarsi direttamente<br />

con l’apparizione (mar’eh) dei due “santi” che avevano parlato fra loro delle sere-matt<strong>in</strong>e (v.<br />

14). Il secondo fatto da rilevare nel v. 16 è che mar’eh è qualcosa che fu detta (ne’emar, forma nifal o<br />

passiva del verbo ’amar, “dire”), e non udita. Chazôn è qualcosa che può vedersi soltanto, mar’eh è<br />

qualcosa che può sia vedersi che udirsi. Infatti Daniele vide l’essere personale che gli apparve e lo udì<br />

parlare. Così anche <strong>in</strong> 10:8-9: “E io rimasi solo, ed ebbi questa grande apparizione (mar’eh)... udii il<br />

suono delle sue parole...”<br />

In 8:16 Gabriele riceve da Dio l’ord<strong>in</strong>e di far comprendere a Daniele il mar’eh (apparizione), ma quando<br />

l’angelo conclude l’<strong>in</strong>terpretazione, Daniele non ha ancora capito il mar’eh. Perciò Gabriele fu mandato<br />

una seconda volta presso Daniele per istruirlo riguardo al mar’eh. L’angelo non fece menzione del<br />

chazôn (visione <strong>in</strong> senso generico), ma si riferì <strong>in</strong> modo specifico al mar’eh che Daniele non aveva capito.<br />

Probabilmente ciò che era rimasto oscuro a Daniele e l’aveva lasciato talmente turbato, era il fatto<br />

che fosse permesso al potere raffigurato dal “piccolo corno” di calpestare per un tempo così lungo -<br />

2300 sere-matt<strong>in</strong>e - l’esercito di Dio ed il suo santuario. Esiste dunque un rapporto diretto tra le rivelazioni<br />

di Dn 8 e 9 per quanto riguarda la term<strong>in</strong>ologia profetica, la quale nel cap. 9 è applicata ad un<br />

aspetto specifico della rivelazione del cap. 8, quello emerso nel dialogo fra i due “santi” apparsi a Daniele<br />

nella visione. Poiché <strong>in</strong> un caso mar’eh è applicato anche a Gabriele (Dn 10:18), si dovrebbe considerare<br />

la possibilità che i riferimenti a mar’eh <strong>in</strong> 8:26 e 9:23 comprendano la spiegazione data a Daniele<br />

sia <strong>in</strong> occasione dell’apparizione dei due “santi” nella visione di 8:13-14, sia <strong>in</strong> occasione dell’apparizione<br />

di Gabriele a Daniele <strong>in</strong> 8:15-25. Ad ogni modo, comunque si rapport<strong>in</strong>o tra loro le suddette<br />

due apparizioni, è chiaro che mar’eh <strong>in</strong> 8:16 può riferirsi unicamente all’apparizione dei due “santi” <strong>in</strong><br />

8:13-14, data la posizione di quel riferimento nel contesto del capitolo. La dist<strong>in</strong>zione importante da<br />

farsi è che il contenuto dei versetti 3-12, nei quali si descrivono le attività delle due bestie e del “piccolo<br />

corno”, dovrebbero def<strong>in</strong>irsi chazôn (visione), mentre l’apparizione dei due “santi” e di Gabriele (o la<br />

prima o entrambe) per contrasto dovrebbero def<strong>in</strong>irsi con la parola mar’eh. Condensato da W.H. SHEA,<br />

“The Relationship Between the Prophecies of Daniel 8 and Daniel 9” <strong>in</strong> The Sanctuary and the Atonement<br />

a cura del Comitato per la ricerca biblica della Conferenza Generale degli Avventisti del 7° Giorno,<br />

Wash<strong>in</strong>gton DC, 1981, p. 228s.<br />

237


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 238<br />

CAPITOLO 8<br />

Gabriele conclude col domandare al profeta di mantenere segreta la visione giustificando<br />

la richiesta con la circostanza che essa “si riferisce ad un tempo lontano”,<br />

ebraico: {yiBar {yimæy:l yiK }Ozfxeh {ot:s hfTa)ºw )Uhhû’ we’attah setom hechazôn kî<br />

leyamîm rabîm, letteralmente: “ora tu nascondi la visione perché (essa concerne)<br />

giorni lontani”. Ciò che Daniele dovrà mantenere segreta è la visionechazôn,<br />

vale a dire la rivelazione nella sua totalità.<br />

E dovrà farlo perché essa non riguarda il presente o il futuro immediato ma<br />

concerne un futuro remoto. I “tempi lontani” si rapportano evidentemente non<br />

alle implicazioni <strong>in</strong>iziali della rivelazione (l’avvento del regno di Persia, oramai<br />

prossimo) ma alle implicazioni f<strong>in</strong>ali.<br />

27 E io, Daniele, svenni, e fui malato vari giorni; poi m’alzai, e feci gli<br />

affari del re. Io ero stupito della visione, ma nessuno se ne avvide.<br />

La rivelazione è f<strong>in</strong>ita; Daniele chiude il racconto con un riferimento allo stato di<br />

prostrazione fisica <strong>in</strong> cui essa lo ha lasciato. Il profeta ha perso i sensi e ha dovuto<br />

trascorrere diversi giorni a letto prima di riprendere le sue mansioni pubbliche<br />

<strong>in</strong> Babilonia.<br />

È un <strong>in</strong>dice del forte stress fisico ed emotivo a cui una prolungata esperienza<br />

estatica sottopone i profeti di Jahvé. Daniele è tornato ai suoi <strong>in</strong>carichi<br />

abituali ma gli è rimasto un forte turbamento “a motivo della visione”, <strong>in</strong> ebraico:<br />

}yib"m }y")ºw he):raMah-la({"mOT:$e)æw û’eshthômem ‘al hammar’eh we’ên mevîn, “ma provavo<br />

un opprimente stupore sulla visione perché non la potevo <strong>in</strong>tendere” (R<strong>in</strong>aldi).<br />

La traduzione rende con precisione l’orig<strong>in</strong>ale.<br />

Daniele non aveva motivo di stupirsi per la visione-chazôn, ovvero per le<br />

cose viste nella rivelazione, giacché questa gli era stata <strong>in</strong>terpretata. Era la visione-mar’eh<br />

(egli lo dice), vale a dire la rivelazione sulle 2300 sere-matt<strong>in</strong>e ricevuta<br />

nell’audizione, quella che gli cagionava turbamento, giacché su di essa<br />

erano rimasti dei lati oscuri che l’angelo non aveva chiarito. Il profeta si crucciava<br />

per non capire (e’en mevîn) tutto il senso e la portata di quel dettaglio<br />

della rivelazione.<br />

Il verbo byn (“<strong>in</strong>tendere”) e il sostantivo mar’eh (“visione-apparizione”)<br />

sono importanti elementi di collegamento con la rivelazione successiva riportata<br />

nel cap. 9.<br />

238


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 239<br />

APPENDICE 8A<br />

Il prof. WILLIAM H. SHEA <strong>in</strong> Selected Studies on<br />

Prophetic Interpretation, Wash<strong>in</strong>gton DC<br />

1981, alle pp. 66-88, ha evidenziato significativi<br />

parallelismi fra i term<strong>in</strong>i “giorni” ed “anni”<br />

nella narrativa storica, nella poesia e nella legislazione<br />

levitica dell’Antico Testamento.<br />

I) Nei racconti storici i “giorni” sono<br />

equiparati ad “anni” secondo tre dist<strong>in</strong>te modalità:<br />

1. L’equivalenza giorni-anni si nota <strong>in</strong> riferimenti<br />

ad eventi che ricorrevano una volta<br />

l’anno. La solennità pasquale, per esempio,<br />

doveva essere celebrata “di anno <strong>in</strong> anno”<br />

(Esodo 13:10), letteralmente “di giorni <strong>in</strong><br />

giorni”, ebraico hfmyimæy {yimæYim miyyamîm yamîmah.<br />

“Sacrificio dei giorni”, {yimæYah xabåz zevach<br />

hayyamîm, era detto un sacrificio che si offriva<br />

annualmente (1Sm 20:6). Ogni anno, letteralmente<br />

“di giorni <strong>in</strong> giorni” (miyyamîm<br />

yamîmah), cfr. 1Sm 2:19, Anna portava una<br />

tunica nuova al piccolo Samuele (1Sm 2:19).<br />

Elkana saliva a Shiloh con la famiglia ogni<br />

anno per offrire il sacrificio annuo (1Sm<br />

1:21), letteralmente “sacrificio dei giorni” (zevach<br />

hayyamîm), cfr. 1Sm 2:19.<br />

In Gc 11:40 si dice che le fanciulle<br />

d’Israele celebravano il sacrificio della figlia di<br />

Jefte “tutti gli anni”, letteralmente “di giorni <strong>in</strong><br />

giorni” (miyyamîm yamîmah). Questo passo è<br />

particolarmente importante <strong>in</strong> rapporto<br />

all’equazione giorno = anno poiché alla f<strong>in</strong>e<br />

del versetto ricorre l’espressione “quattro<br />

giorni l’anno” (’arba‘ yamîm bashanah) nella<br />

quale yamîm ha il significato letterale di<br />

“giorni” e shânâh quello letterale di “anno”.<br />

2. A volte nell’Antico Testamento<br />

yamîm, “giorni”, designa un periodo di tempo<br />

corrispondente ad un anno.<br />

In 1Sm 27:7, per esempio, si dice lette-<br />

CONOSCERE DANIELE<br />

ralmente che Davide e i suoi uom<strong>in</strong>i dimorarono<br />

nel paese dei Filistei “giorni e quattro<br />

mesi” (yamîm we’arba‘ah chadashîm). La<br />

frase significa “un anno e quattro mesi”.<br />

Nu 9:22 dice <strong>in</strong> riferimento al soggiorno<br />

d’Israele nel deserto che f<strong>in</strong>ché la nuvola non<br />

si alzava i figli d’Israele rimanevano nel luogo<br />

dove erano accampati, fosse “per due giorni,<br />

sia un mese, sia giorni” (hû yimaîm hû chodesh<br />

yamîm). La progressione naturale delle<br />

unità di tempo non può essere che “giorni,<br />

mese e anno”; è evidente che la seconda<br />

volta che ricorre la parola “giorni” (al plurale<br />

come di regola), essa ha il significato di<br />

“anno”, come correttamente la rendono le<br />

versioni.<br />

3. Non di rado nell’Antico Testamento<br />

“giorni” equivale ad “anni” <strong>in</strong> passi nei quali<br />

si <strong>in</strong>dica la durata della vita di una persona.<br />

Per esempio 1Re 1:1 dice che il re Davide<br />

“era vecchio nei giorni” (zaqen ba bayamîm),<br />

volendo significare che questo personaggio<br />

era avanti negli anni. Nella Genesi l’uso di<br />

“giorni” per “anni” appare ancora meglio def<strong>in</strong>ito.<br />

Giacobbe, per esempio, dice al faraone<br />

(Ge 47:9): “I giorni degli anni dei miei pellegr<strong>in</strong>aggi<br />

sono stati pochi e cattivi e non hanno<br />

raggiunto i giorni degli anni dei miei padri...”<br />

Tre volte si ripete l’espressione yeme shnê, “i<br />

giorni degli anni”. Questa forma di l<strong>in</strong>guaggio<br />

sembra improntata alle genealogie dei patriarchi<br />

antidiluviani riportate nel cap. 5 della Genesi.<br />

In queste genealogie per ben 10 volte si<br />

ripete l’espressione: “E X visse tanti anni e<br />

generò Y. E X, dopo che ebbe generato Y,<br />

visse tanti anni. E tutti i giorni di X furono<br />

tanti anni, poi morì” (ebraico: qol yemê...<br />

shânâh...).<br />

Un nesso significativo fra “giorni” ed<br />

“anni” da una parte ed una predizione profetica<br />

dall’altra che si coglie nella terza frase<br />

239


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 240<br />

CAPITOLO 8<br />

della genealogia di Ge 5, si ritrova nel capitolo<br />

successivo dove, nel v. 3, Dio dice <strong>in</strong> riferimento<br />

alla malvagità degli antidiluviani: “Il mio<br />

spirito non dimorerà per sempre con l’uomo;<br />

perché nel suo traviamento egli non è che<br />

carne; e i suoi giorni saranno qu<strong>in</strong>di centoventi<br />

anni”. Questa è la prima cronoprofezia<br />

della Bibbia <strong>in</strong> cui “giorni” ed “anni” sono<br />

messi <strong>in</strong> parallelo.<br />

“Da questa breve rassegna - osserva<br />

Shea - si può vedere come dal nesso che<br />

venne stabilendosi fra le parole ‘giorno’ ed<br />

‘anno’ si sviluppassero un uso l<strong>in</strong>guistico ed<br />

un modello mentale dai quali <strong>in</strong> seguito si<br />

trassero specifici rapporti quantitativi da applicare<br />

<strong>in</strong> contesti profetici”. E conclude: “È<br />

evidente che il pr<strong>in</strong>cipio anno-giorno nella profezia<br />

sui generis non apparve repent<strong>in</strong>amente,<br />

ma vi fu <strong>in</strong>trodotto derivandolo da un<br />

modello che già faceva parte del pensiero<br />

ebraico” (op. cit. p. 67). Come la narrativa<br />

storica <strong>in</strong> prosa - dice ancora il prof. Shea - la<br />

letteratura poetica dell’Antico Testamento, se<br />

non offre un criterio metodologico da applicare<br />

nell’<strong>in</strong>terpretazione dei periodi profetici,<br />

fornisce comunque degli esempi di associazione<br />

fianco a fianco di due unità di tempo la<br />

cui stretta relazione reciproca è messa <strong>in</strong> luce<br />

dall’uso del parallelismo poetico. Ecco alcuni<br />

esempi:<br />

“I tuoi giorni son essi come i giorni del<br />

mortale, i tuoi anni son essi come gli anni degli<br />

umani...?” (Gb 10:5)<br />

“L’empio è tormentato tutti i suoi giorni,<br />

e pochi son gli anni riservati al prepotente”<br />

(Gb 15:20)<br />

“Se l’ascoltano, se si sottomettono, f<strong>in</strong>iscono<br />

i loro giorni nel benessere, e i loro<br />

anni nella gloria” (Gb 36:11)<br />

Altri esempi si possono trarre dal cap. 2<br />

del Deuteronomio:<br />

240<br />

“Ricordati dei giorni antichi, considera<br />

gli anni delle età passate, <strong>in</strong>terroga tuo padre,<br />

ed egli te lo farà conoscere,i tuoi vecchi,<br />

ed essi te lo diranno” (De 32:7)<br />

Un paio di esempi si possono cogliere<br />

nel libro dei Salmi:<br />

“Ripenso ai giorni antichi,agli anni da<br />

lungo tempo passati” (Sl 77:5)<br />

“Tutti i nostri giorni spariscono per il tuo<br />

cruccio, noi f<strong>in</strong>iamo gli anni nostri come un<br />

soffio. I giorni de’ nostri anni, arrivano a settant’anni;<br />

o, per i più forti, a ottant’anni; e<br />

quel che ne fa l’orgoglio non è che travaglio e<br />

vanità; perché passa presto, e noi ce ne voliam<br />

via” (Sl 90:9,10)<br />

“Questa lista di passi biblici nient’affatto<br />

esaustiva - precisa l’Autore - è proposta<br />

a puro titolo esemplificativo. ‘Giorni’ ed ‘anni’<br />

nei parallelismi dei testi citati non <strong>in</strong>dicano<br />

periodi di tempo brevi e lunghi, ma periodi di<br />

tempo di uguale lunghezza, calibrati però entro<br />

unità di tempo più brevi e più lunghe.<br />

L’identico processo mentale si rispecchia<br />

nelle cronoprofezie con la differenza che <strong>in</strong><br />

queste ultime l’equivalenza è specificata numericamente”.<br />

Due paragrafi più sotto conclude:<br />

“Il nesso stretto e particolare fra ‘giorni’<br />

ed ‘anni’ che si scorge nella prosa e nella poesia<br />

dell’A.T., fornisce una base per applicare <strong>in</strong><br />

modo specifico alle cronoprofezie apocalittiche<br />

questo modello di pensiero” (op. cit., p. 69).<br />

La legislazione levitica nell’ambito della<br />

più ampia legislazione mosaica - facciamo<br />

sempre riferimento all’argomentazione del<br />

prof. Shea - contemplava fra altre un’istituzione<br />

att<strong>in</strong>ente all’economia agricola dell’antico<br />

Israele la quale prendeva il nome di anno<br />

sabatico (cfr. Le 25:1-7). Per sei anni, <strong>in</strong> forza<br />

di questa istituzione, il contad<strong>in</strong>o israelita doveva<br />

sem<strong>in</strong>are il suo campo, potare la sua vi-


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 241<br />

gna, raccoglierne i frutti, ma il settimo anno<br />

doveva astenersene: i prodotti spontanei del<br />

campo e della vigna erano di tutti: dello straniero,<br />

del povero, dello schiavo e del proprietario<br />

stesso del campo e della vigna. L’anno<br />

sabatico cadeva alla f<strong>in</strong>e di ogni settennio. La<br />

legge relativa a questa istituzione esordiva<br />

con queste parole (v. 2): “ Quando sarete entrati<br />

nel paese che io vi dò, la terra dovrà<br />

avere il suo tempo di riposo consacrato<br />

all’Eterno”, letteralmente “sabatizzerà la terra<br />

un Sabato per Jahvé” (weshavthâh ha’arez<br />

shabbath leyehowa). Il “Sabato” menzionato<br />

qui ovviamente non è il Sabato settimanale, è<br />

l’ultimo anno di un settennio. Nel v. 4 la prescrizione<br />

è ripetuta <strong>in</strong> una forma lievemente<br />

variente: “il settimo anno sarà un Sabato...<br />

per la terra, un Sabato <strong>in</strong> onore dell’Eterno”<br />

(shabbath shabbathôn). Replicata ancora nel<br />

v. 5, la disposizione levitica ha la parola<br />

“anno” nell’identica posizione <strong>in</strong> cui nel v. 4<br />

c’è la parola “Sabato”:<br />

“sarà un Sabato, un completo riposo<br />

per la terra” (v. 4)<br />

Il settimo anno<br />

“sarà un anno di completo riposo per la<br />

terra” (v. 5)<br />

In questo parallelismo si coglie con naturalezza<br />

una identità tra Sabato dedicato alla<br />

terra e anno dedicato alla terra.<br />

“In Le 25:1-7 - osserva Shea - è chiaramente<br />

implicito che l’anno sabatico è modellato<br />

sul giorno sabatico vale a dire sul Sabato<br />

settimanale.<br />

Sei giorni di lavoro erano seguiti dal settimo<br />

giorno di riposo sabatico: così sei anni di<br />

lavori agricoli dovevano essere seguiti da un<br />

settimo anno di riposo per la terra. Il settimo<br />

giorno doveva essere un Sabato di ‘solenne<br />

riposo’ (Le 23:3); similmente il settimo anno,<br />

l’anno sabatico, doveva essere un Sabato di<br />

CAPIRE DANIELE<br />

‘solenne riposo’ per la terra (Le 24: 4,5).<br />

“Esiste dunque un rapporto diretto fra il<br />

‘giorno’ e l’anno’ dal momento che l’identica<br />

term<strong>in</strong>ologia è applicata all’uno e all’altro; il<br />

posteriore anno sabatico fu modellato sull’anteriore<br />

giorno sabatico. Tale rapporto appare<br />

quantitativamente più chiaro quando si consideri<br />

la parte successiva della legislazione<br />

contenuta <strong>in</strong> Le 25, ovvero quella relativa al<br />

Giubileo” (ibidem, p. 71).<br />

Anche se Le 25:8 è un testo legislativo<br />

- osserva Shea - il pr<strong>in</strong>cipio giorno-anno funziona<br />

alla stessa maniera che nel libro di Daniele,<br />

ovvero i ‘giorni’ proiettati nel futuro segnano<br />

gli anni del futuro. Il passo riguarda la<br />

celebrazione dell’anno giubilare e recita letteralmente:<br />

“Conterai per te sette Sabati d’anni (wesafartha<br />

leka sheva‘ shabthoth shanîm),<br />

sette anni sette volte (sheva‘ shanîm sheva‘<br />

pe‘amîm) e saranno per te i giorni dei sette<br />

Sabati d’anni quarantanove anni (wehayû leka<br />

yemê sheva‘ shabthoth hashshanîm thesha‘<br />

we’arba‘im shana).<br />

La spiegazione dell’espressione numerica<br />

della prima frase del passo (“sette Sabati<br />

d’anni”) che viene data nella seconda<br />

frase (“sette volte sette anni”), mostra che<br />

un ‘Sabato d’anni’ deve comprendersi come<br />

un periodo di sette anni. Il Sabato, settimo<br />

giorno della settimana, è equiparato ad un<br />

settimo anno; l’ultimo giorno della settimana,<br />

<strong>in</strong>somma, sta per l’ultimo anno di un settennio,<br />

cosicché ciascun giorno di ogni settimana<br />

term<strong>in</strong>ante col Sabato equivale ad un<br />

anno del ciclo giubilare.<br />

“Che la term<strong>in</strong>ologia ‘sabatica’ - dice testualmente<br />

il nostro Autore - fosse <strong>in</strong>oltre utilizzata<br />

per designare la ‘settimana’, risulta<br />

evidente dalla fraseologia parallela usata due<br />

capitoli più avanti. Quivi si fa riferimento alla<br />

241


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 242<br />

CAPITOLO 8<br />

festa delle Settimane, o di Pentecoste, che si<br />

celebrava <strong>in</strong> capo a sette ‘settimane <strong>in</strong>tere’,<br />

letteralmente ‘sette sabati <strong>in</strong>teri’ (shabbathôth<br />

tmîmoth, Le 23:15). Poiché bisognava<br />

contare più che dei giorni di ‘Sabato’<br />

completi per arrivare al c<strong>in</strong>quantesimo giorno<br />

fissato per la celebrazione della Pentecoste,<br />

è evidente che ‘Sabati’ qui significa ‘settimane’,<br />

come giustamente traducono il term<strong>in</strong>e<br />

le versioni. Questa fraseologia parallela<br />

att<strong>in</strong>ente alla Pentecoste mostra che i ‘Sabati’<br />

ai quali si fa riferimento <strong>in</strong> Le 25:8 <strong>in</strong> relazione<br />

al Giubileo, debbono anche significare<br />

‘settimane’.<br />

“In def<strong>in</strong>itiva il giorno del Sabato e i sei<br />

giorni che lo precedono vennero utilizzati come<br />

modello per fissare, secondo le direttive div<strong>in</strong>e,<br />

la ricorrenza dell’anno giubilare” (op. cit., p. 71).<br />

Ben a ragione Shea sostiene che<br />

nell’ambito della profezia questa utilizzazione<br />

del pr<strong>in</strong>cipio anno-giorno ha il suo corrispettivo<br />

<strong>in</strong> 9:24-27, sebbene qui ricorra un term<strong>in</strong>e<br />

un po’ diverso, shavu‘a, il quale tuttavia<br />

significa la stessa cosa che “Sabati” <strong>in</strong> Le<br />

25:8, cioè “settimane”. Che il pr<strong>in</strong>cipio annogiorno<br />

sia applicabile ai periodi temporali di<br />

9:24-27, risulta dunque particolarmente evidente<br />

dalla costruzione parallela che si trova<br />

nella legislazione levitica relativa all’anno giubilare.<br />

“Si potrebbe quasi dire che il periodo<br />

temporale contemplato <strong>in</strong> 9:24-27 sia modellato<br />

sulla legislazione giubilare” (p. 72).<br />

Concludendo - riportiamo sempre il<br />

pensiero di Shea - se è legittimo applicare il<br />

pr<strong>in</strong>cipio anno-giorno ai giorni della settimana<br />

di cui si parla <strong>in</strong> Le 25 per calcolare il tempo<br />

futuro che deve trascorrere f<strong>in</strong>o al prossimo<br />

Giubileo, lo è anche <strong>in</strong> rapporto ai giorni delle<br />

settimane di Dn 9 per calcolare il tempo futuro<br />

facendolo decorrere dall’<strong>in</strong>izio di quelle<br />

“settimane”; e per estensione lo stesso pr<strong>in</strong>-<br />

242<br />

cipio potrà ragionevolmente applicarsi ai<br />

“giorni” delle altre cronoprofezie danieliche.<br />

Il prof. Shea cita Nu 14:34 come un<br />

terzo caso <strong>in</strong> cui nella Bibbia il pr<strong>in</strong>cipio<br />

giorno-anno è applicato <strong>in</strong> modo alquanto differente<br />

da come lo è <strong>in</strong> Le 25.<br />

Nel cap. 14 dei Numeri i “giorni” come<br />

unità di misura per calcolare gli “anni” sono<br />

presi da eventi del passato storico immediato,<br />

precisamente dai 40 giorni che 12 uom<strong>in</strong>i<br />

mandati da Giosuè impiegarono per<br />

esplorare il paese di Canaan. Poiché il popolo<br />

accampato nel deserto credette al rapporto<br />

negativo presentato dalla maggior parte degli<br />

esploratori, Dio sentenziò che esso sarebbe<br />

rimasto nel deserto per 40 anni:<br />

“Come avete messo quaranta giorni a<br />

esplorare il paese, porterete la pena delle vostre<br />

<strong>in</strong>iquità quarant’anni; un anno per ogni<br />

giorno (yôm lashshanath yôm lashshanath); e<br />

saprete che cosa sia <strong>in</strong>correre nella mia disgrazia”.<br />

Il dest<strong>in</strong>o di quella generazione ribelle -<br />

errare nel deserto - “è predetto <strong>in</strong> forma di<br />

giudizio profetico calibrato sul pr<strong>in</strong>cipio annogiorno”.<br />

È evidente - arguisce il nostro Autore<br />

- che <strong>in</strong>terpretando un giorno come equivalente<br />

a un anno nelle profezie apocalittiche, il<br />

pr<strong>in</strong>cipio anno-giorno viene applicato <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e<br />

<strong>in</strong>verso rispetto a come lo è <strong>in</strong> Nu 14:34. In<br />

questo passo un giorno passato equivale a<br />

un anno futuro; nelle profezie apocalittiche un<br />

giorno futuro sta per un anno futuro.<br />

“Questo non significa - spiega il prof.<br />

Shea - che il pr<strong>in</strong>cipio anno-giorno <strong>in</strong> ciascuno<br />

dei due casi abbia un’orig<strong>in</strong>e <strong>in</strong>dipendente, significa<br />

soltanto che esso è stato adattato e<br />

tras<strong>formato</strong> per l’uso che se ne fece nel più<br />

tardivo genere di tempo profetico apocalittico.<br />

I due tipi di tempo profetico possono ancora<br />

essere considerati come essendo <strong>in</strong> rapporto


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 243<br />

l’uno con l’altro... Non è detto che l’apocalittica<br />

debba usare i giorni profetici della profezia<br />

classica alla stessa maniera di quest’ultima,<br />

e tuttavia l’utilizzo posteriore di siffatti<br />

elementi temporali è tratto dal modello-base<br />

fornito dalla profezia classica” (pp. 72-73).<br />

La considerazione fatta sopra vale anche<br />

per quanto attiene alla divergenza fra il<br />

“modus operandi” del pr<strong>in</strong>cipio giorno-anno<br />

nel Levitico e l’applicazione di esso nel libro<br />

dei Numeri. Vale altresì nel caso di Ez 4:6 -<br />

del quale si tratterà più avanti - ove lo stesso<br />

pr<strong>in</strong>cipio è applicato con una modalità ancora<br />

differente rispetto a Nu 14 e Le 25.<br />

L’uso del pr<strong>in</strong>cipio nel libro di Daniele -<br />

posteriore rispetto a quello di Ezechiele - si<br />

rifà al modello più antico, quello di Le 25. In<br />

sostanza si può parlare di un uso cont<strong>in</strong>uo<br />

del pr<strong>in</strong>cipio. “Come l’uso l<strong>in</strong>guistico di<br />

‘giorni’ accoppiati ad ‘anni’ <strong>in</strong> passi <strong>in</strong> prosa<br />

e <strong>in</strong> poesia nell’Antico Testamento forma il<br />

background dal quale si sviluppa il pr<strong>in</strong>cipio,<br />

così i testi nei quali il pr<strong>in</strong>cipio anno-giorno è<br />

utilizzato <strong>in</strong> maniera differente forniscono una<br />

base per l’applicazione specifica che se ne fa<br />

nell’apocalittica” (p. 73).<br />

W. Shea prende ancora <strong>in</strong> esame il<br />

passo di Ez 4:6.<br />

In Ez 4 si descrive un’azione simbolica<br />

con 3 elementi pr<strong>in</strong>cipali che sono: (1) il significato<br />

dell’azione mimata; (2) l’elemento<br />

crono-profetico che vi è implicato e (3) il background<br />

storico att<strong>in</strong>ente all’elemento temporale.<br />

Dal contesto - osserva l’Autore - risulta<br />

evidente che lo scopo della parabola mimata<br />

era quello di predire l’assedio e la conquista<br />

di Gerusalemme ad opera dei Babilonesi e la<br />

susseguente deportazione dei suoi abitanti.<br />

I 430 anni (390 + 40), che costituiscono<br />

la motivazione per la quale il profeta<br />

dovrà giacere prima su un fianco poi sull’al-<br />

CAPIRE DANIELE<br />

tro, rappresentano il progressivo degrado morale<br />

e spirituale della società israelitica durante<br />

il tempo della monarchia divisa. I giorni<br />

durante i quali il profeta doveva “portare” i<br />

peccati del popolo - dice W. Shea - corrispondono<br />

al tempo che Dio impiegò per giudicare<br />

il suo popolo nel tempio, come si vede dai cc.<br />

1, 9 e 10 del libro di Ezechiele. Gli elementi<br />

temporali di questa profezia giustificano il<br />

confronto con gli elementi temporali di Nu<br />

14:34. Da un siffatto confronto emergono significative<br />

analogie che si apprezzano meglio<br />

attraverso un raffronto delle traduzioni letterali<br />

dei due passi:<br />

Numeri 14:34: “Secondo il numero dei<br />

giorni (bemispar hayyamîm) nei quali avete<br />

spiato il paese, quaranta giorni (’arba‘îm yôm),<br />

giorno per anno, giorno per anno (yôm lashshanah<br />

yôm lashshanah) porterete la vostra <strong>in</strong>iquità<br />

(this’û ‘awônothêkem) quarant’anni<br />

(’arba‘îm shanah)”.<br />

Ezechiele 4:4-6: “... per il numero di<br />

giorni (mispar hayyamîm) che starai sdraiato<br />

su quel lato, tu porterai la loro <strong>in</strong>iquità (thissa’<br />

’eth ‘awonam). E io ti conterò gli anni della<br />

loro <strong>in</strong>iquità (shne ‘awônam) <strong>in</strong> numero pari a<br />

quello dei giorni (lemî spar yamîm): trecentonovanta<br />

giorni.<br />

Tu porterai così l’<strong>in</strong>iquità della casa<br />

d’Israele... e porterai l’<strong>in</strong>iquità della casa di<br />

Giuda per quaranta giorni (’arba‘îm yôm), un<br />

giorno per un anno, un giorno per un anno<br />

(yôm lashshanah yôm lashshanah) che io t’impongo”.<br />

Nella l<strong>in</strong>gua orig<strong>in</strong>ale l’uno e l’altro testo<br />

presentano aspetti l<strong>in</strong>guistici paralleli. In<br />

entrambi i passi l’atto di “portare” e l’“<strong>in</strong>iquità”<br />

portata sono espressi alla stessa maniera;<br />

tutti e due sono <strong>in</strong>trodotti con la stessa<br />

frase: “il numero dei giorni”, e tutti e due<br />

esprimono lo stesso concetto con l’identica<br />

243


Daniele/7-8 28-07-2004 9:55 Pag<strong>in</strong>a 244<br />

CAPITOLO 8<br />

frase replicata: “giorno per anno, giorno per<br />

anno”.<br />

Da questo raffronto - osserva il prof.<br />

Shea - si vede che il secondo dei due passi<br />

(Ez 4) dipende direttamente dal primo (Nu 14)<br />

per vari aspetti significativi: il pr<strong>in</strong>cipio annogiorno<br />

applicato <strong>in</strong> Ez 4:6 è dunque, l<strong>in</strong>guisticamente,<br />

lo stesso pr<strong>in</strong>cipio oprante <strong>in</strong> Nu<br />

14:34.<br />

Tuttavia si nota una differenza nella modalità<br />

di applicazione del pr<strong>in</strong>cipio. I “giorni”<br />

futuri <strong>in</strong> senso profetico <strong>in</strong> Ezechiele sono<br />

fatti derivare da un eguale numero di “anni”<br />

storici passati, <strong>in</strong>versamente di quel che avviene<br />

<strong>in</strong> Nu 14 dove gli “anni” di giudizio<br />

fanno seguito ad un egual numero di “giorni”<br />

di trasgressione (i 40 giorni ai quali si riferi-<br />

244<br />

scono i giudizi negativi degli esploratori).<br />

Nei Numeri, <strong>in</strong>somma, il pr<strong>in</strong>cipio è applicato<br />

secondo l’ord<strong>in</strong>e: un giorno per un<br />

anno, e <strong>in</strong> Ezechiele secondo il criterio <strong>in</strong>verso,<br />

un anno per un giorno. Ma il pr<strong>in</strong>cipio<br />

operante nei due casi è lo stesso, come si<br />

vede dai raffronti l<strong>in</strong>guistici.<br />

“Ezechiele - osserva Shea - non è che<br />

dica ‘anno per il giorno’ e Numeri ‘giorno per<br />

l’anno’. La fraseologia (‘un giorno per un<br />

anno un giorno per un anno’) compare nei<br />

due passi nell’identica forma. Non c’è alcuna<br />

differenza fra di essi sebbene differisca nei<br />

due casi l’applicazione storico-cronologica.<br />

Ciò significa che lo stesso pr<strong>in</strong>cipio poteva<br />

applicarsi con modalità diversificate <strong>in</strong> situazioni<br />

differenti” (op. cit., p. 74).


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 245<br />

Capitolo 9<br />

____________________________________________________<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Diversi anni sono trascorsi dal giorno <strong>in</strong> cui era stata rivelata a Daniele la visione<br />

del montone e del capro quando un evento epocale ha mutato l’assetto<br />

politico del mondo orientale e ha riacceso la speranza nel cuore dei giudei che vivono<br />

nell’esilio <strong>in</strong> Babilonia.: la nazione che ha distrutto Gerusalemme e il tempio<br />

del Dio d’Israele, la nazione che ha devastato il paese di Giuda e ne ha sradicato<br />

gli abitanti, la potente e crudele Babilonia è caduta nelle mani dei Persiani.<br />

Si è così compiuto il suo fato, annunciato sessantasei anni prima dal profeta Geremia.<br />

La Caldea, dove vivono dispersi gli esuli di Giuda, è divenuta una prov<strong>in</strong>cia<br />

della nuova potenza egemone: la governa Dario il Medo, luogotenente e revassallo<br />

di Ciro, il gran re di Persia. Che sia spuntato il giorno agognato del ritorno<br />

<strong>in</strong> patria? Che sia giunto per la città santa e per il suo santuario il tempo felice<br />

della r<strong>in</strong>ascita? - debbono aver pensato i deportati. Daniele dovrebbe esultare,<br />

<strong>in</strong>vece è <strong>in</strong>quieto.<br />

Lo turba il pensiero che l’<strong>in</strong>fedeltà degli esuli possa ritardare la loro liberazione.<br />

E allora prega. Prega il suo Dio aff<strong>in</strong>chè Egli voglia perdonare il peccato<br />

del suo popolo ed esso torni libero nella terra dei padri e Gerusalemme e il tempio<br />

del Signore risorgano dalle macerie. La risposta del Cielo giunge immediata, recata<br />

da Gabriele, l’angelo della rivelazione che sette anni prima ha spiegato al<br />

profeta la visione del montone e del capro. Si illum<strong>in</strong>a un particolare essenziale<br />

che allora era rimasto nell’oscurità e si annuncia l’avvento di una nuova èra di<br />

restaurazione e di salvezza per Israele e per tutte le nazioni della terra.<br />

1 Nell’anno primo di Dario, figliuolo d’Assuero, della stirpe dei Medi,<br />

che fu fatto re del regno dei Caldei,<br />

Com’è sua abitud<strong>in</strong>e, Daniele apre con l’<strong>in</strong>dicazione della data il racconto di una<br />

nuova esperienza rivelatoria. È l’anno primo di Dario il Medo figlio di Assuero<br />

quando riceve per la terza volta una rivelazione div<strong>in</strong>a. Il nome di Dario il Medo<br />

figlio di Assuero è sconosciuto a tutte le fonti antiche di cui si è a conoscenza.<br />

Questo però non significa necessariamente che il personaggio sia una figura leggendaria.<br />

Anche il nome del suo predecessore sul trono di Babilonia, Beltsasar, era<br />

ignoto a tutte le fonti greche e babilonesi note f<strong>in</strong>o al 1861. Poi comparve <strong>in</strong>aspettatamente<br />

<strong>in</strong> un documento e si vide che la funzione pubblica della persona<br />

che lo portava concordava con la funzione che Daniele attribuisce a Beltsasar<br />

245


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 246<br />

CAPITOLO 9<br />

nel cap. 5 del suo libro 330. Una fra le diverse proposte di identificazione del Dario<br />

danielico con un personaggio storico dell’epoca, appare più verosimile delle<br />

altre. È quella che accosta questa figura a un personaggio em<strong>in</strong>ente dell’entourage<br />

di Ciro il Grande, Gubaru, o Ugbaru, governatore del Gutium e conquistatore<br />

di Babilonia per conto del sovrano persiano 331.<br />

330 - Nel 1861 H.F.TALBOT pubblicò i testi di alcuni cil<strong>in</strong>dri di terracotta r<strong>in</strong>venuti 7 anni prima da<br />

J.E.Taylor presso la torre templare di Ur. Uno dei testi suddetti riportava una preghiera che il re<br />

Nabonide rivolgeva al dio S<strong>in</strong> <strong>in</strong> occasione del restauro della ziqqurat. In quella preghiera per la<br />

prima volta compariva il nome di Beltsasar. Nelle righe 24-28 del documento cuneiforme si poteva<br />

leggere la seguente richiesta alla div<strong>in</strong>ità:<br />

246<br />

“... e quanto a Bel-sar-usur (Beltsasar), il figlio primogenito, il rampollo del mio cuore, il timore<br />

della tua grande div<strong>in</strong>ità nel suo cuore fa’ esistere.<br />

Il nome di Beltsasar appariva così <strong>in</strong> una fonte babilonese contemporanea e questo personaggio<br />

vi compariva come il figlio primogenito di Nabonide. Poi il nome di Bel-sar-usur comparve <strong>in</strong><br />

diversi documenti venuti <strong>in</strong> luce negli anni successivi”.<br />

Nel 1944 fu ripubblicato <strong>in</strong> una versione più corretta un testo babilonese conservato nel Museo<br />

Britannico (BM 38299) dove si trova tuttora, noto col nome di Racconto <strong>in</strong> versi di Nabonide<br />

(il testo suddetto era stato pubblicato vari decenni prima da Sidney Taylor). Questo documento<br />

a un certo punto <strong>in</strong>forma:<br />

“Egli (Nabonide) affidò il campo al (figlio) più anziano, il primogenito,<br />

le truppe <strong>in</strong> (tutto) il paese pose sotto il suo (comando).Si (dis<strong>in</strong>teressò) di tutto e conferì a<br />

lui la regalità (sharrûtim),<br />

ed egli stesso partì per un lungo viaggio...<br />

si diresse verso Tema (lontano) nell’occidente”.<br />

(ANET, p. 313)<br />

La notizia è confermata direttamente da Nabonide <strong>in</strong> uno dei testi di Harran pubblicato nel 1958:<br />

“Io mi recai molto lontano dalla mia città di Babilonia <strong>in</strong> direzione di Tema... Per dieci anni<br />

io mi trattenni <strong>in</strong> mezzo a loro e non feci ritorno alla mia città di Babilonia”. (Riportato da G.<br />

PETTINATO <strong>in</strong> Babilonia, centro dell’universo, p. 231)<br />

Un quarto documento noto come la Cronaca di Nabonide, pubblicato la prima volta da F.G.PIN-<br />

CHES nel 1882 e ripubblicato da S. TAYLOR nel 1924, riferisce che la festa dell’Akitu o dell’Anno<br />

Nuovo, non fu celebrata <strong>in</strong> Babilonia dall’anno settimo di Nabonide perché il re non tornò più<br />

da Tema (il testo si trova <strong>in</strong> ANET, p. 306).<br />

Dai documenti citati si ev<strong>in</strong>ce quanto segue:<br />

1. che Nabonide nell’anno settimo del suo regno partì per Tema (nell’Arabia del nord);<br />

2. che prima di partire conferì la regalità al figlio primogenito;<br />

3. che il nome del figlio primogenito di Nabonide era Bel-sar-usur (Beltsasar);<br />

4. che a Tema Nabonide rimase 10 anni, praticamente f<strong>in</strong>o alla caduta di Babilonia nel 539 a.C.<br />

Tutto sembra concordare con le notizie che ci fornisce Daniele su questo personaggio.<br />

331 - Vedi Appendice A a f<strong>in</strong>e capitolo.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 247<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Si è sentenziato con troppa fretta che Daniele <strong>in</strong> 5:31, nel cap. 6 e <strong>in</strong> 9:1<br />

confonda il successore di Beltsasar sul trono di Babilonia con Dario I figlio<br />

d’Istaspe. L’illazione è gratuita perché:<br />

1) Daniele dist<strong>in</strong>gue il successore di Beltsasar da Dario I col precisare che<br />

quello apparteneva alla stirpe del Medi (mentre questo era persiano) e che<br />

al momento di salire sul trono di Babilonia aveva 62 anni (laddove Dario I<br />

era più giovane quando assunse la reggenza del regno persiano).<br />

2) Daniele conosce bene la serie dei primi sovrani che regnarono sulla Persia<br />

dopo la caduta di Babilonia. Infatti nell’anno terzo di Ciro un angelo gli<br />

svela che “sorgeranno ancora <strong>in</strong> Persia tre re” (dopo Ciro che regna già al<br />

momento della rivelazione), “poi il quarto diventerà molto più ricco di tutti<br />

gli altri; e quando sarà diventato forte per le sue ricchezze, solleverà tutti<br />

contro il regno di Yawan” (Dn 11:2). Nel quarto re che solleva tutti contro il<br />

regno di Yawan è trasparente la figura di Serse I, l’<strong>in</strong>vasore della Grecia e<br />

distruttore di Atene. I tre che lo precedono sono nell’ord<strong>in</strong>e: Cambise II<br />

successore di Ciro, l’usurpatore Gaumata e Dario I figlio di Istaspe e padre<br />

di Serse.<br />

3) Daniele sa <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e che Ciro regna sulla Persia (10:1) e che Dario il Medo governa<br />

soltanto la Caldea e con potere subord<strong>in</strong>ato: “fu fatto re dei Caldei” (9:1).<br />

2 il primo anno del suo regno, io, Daniele, meditando sui libri, vidi<br />

che il numero degli anni di cui l’Eterno avea parlato al profeta Geremia,<br />

e durante i quali Gerusalemme doveva essere <strong>in</strong> ru<strong>in</strong>e, era di<br />

settant’anni.<br />

Il regno di Dario il Medo (vedi nota 2) deve essere com<strong>in</strong>ciato nell’autunno del<br />

539 a.C., subito dopo la caduta di Babilonia nelle mani dei medo-persiani. Col<br />

tramonto di Babilonia un evento epocale si è consumato: la potente nazione mesopotamica<br />

che ha fatto tremare il Vic<strong>in</strong>o Oriente, la nazione pagana che ha devastato<br />

Giuda e Gerusalemme e distrutto il tempio di Yahweh, Babilonia che ha<br />

deportato e mantenuto nell’esilio il popolo di Dio è crollata di schianto.<br />

Daniele non è certo rimasto <strong>in</strong>differente di fronte al mutato quadro politico.<br />

Egli ha con sé alcuni dei venerati libri (sefarîm) della tradizione canonica<br />

d’Israele. Non possiamo sapere quanti e quali, ma certamente più d’uno e fra di<br />

essi un rotolo di Geremia. Indagando nei “libri” il profeta cerca di capire il significato<br />

di quel numero di anni - settanta - che secondo la parola rivelata da<br />

Yahweh a Geremia dovevano trascorrere sulle rov<strong>in</strong>e di Gerusalemme: hænf$<br />

{yi(:bi$ i{alf$Urºy tOb:rfx:l tw)oLam:l )yibæNah hæyim:réy-le) hæwhºy-rab:d hæyfh re$A) {yénf


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 248<br />

CAPITOLO 9<br />

shiv‘îm shânâh, alla lettera: “io, Daniele, (cercavo) di capire dai libri il numero<br />

degli anni nei quali secondo la parola di Yahweh a Geremia il profeta, (dovevano<br />

compiersi) le desolazioni di Gerusalemme: settant’anni” (l’uso del verbo<br />

bîn, “comprendere”, denota ancora una volta la tensione cont<strong>in</strong>ua di Daniele a<br />

comprendere quanto gli viene rivelato <strong>in</strong> modo sovrannaturale o quanto il corso<br />

degli eventi temporali sembra <strong>in</strong>dicare). In due punti del suo libro Geremia fissa<br />

<strong>in</strong> 70 anni la durata del castigo di Giuda: <strong>in</strong> 25:11-12 e <strong>in</strong> 29:30 332.<br />

Nel primo passo il profeta annuncia la desolazione del paese e l’asservimento<br />

dei suoi abitanti al re di Babilonia per la durata di 70 anni, nel secondo<br />

preconizza il ritorno dei deportati dopo che avranno trascorso un settantennio <strong>in</strong><br />

Babilonia. Il riferimento di Daniele a Geremia <strong>in</strong> 9:2 si rapporta piuttosto alla<br />

prima delle due predizioni di questo profeta riguardo all’esilio, sebbene entrambe<br />

<strong>in</strong>quadr<strong>in</strong>o sostanzialmente la stessa prospettiva. S’<strong>in</strong>travede un collega-<br />

332 - La cronologia del settantennio differisce secondo che questo periodo temporale si applichi<br />

alla durata dell’esilio o alla durata della desolazione del tempio. Nel primo caso i 70 anni<br />

decorrono dall’<strong>in</strong>izio della deportazione, nel secondo dalla distruzione del tempio. Secondo Dn<br />

1:1 la prima deportazione di cittad<strong>in</strong>i di Giuda <strong>in</strong> Babilonia avvenne nell’anno terzo del re Gioiachim<br />

(gli anni di regno essendo calcolati <strong>in</strong> base al criterio babilonese della post-datazione) o<br />

nell’anno quarto secondo Gr 25:1 (con gli anni di regno computati <strong>in</strong> base al criterio della predatazione<br />

<strong>in</strong> uso <strong>in</strong> Giuda).<br />

Era comunque il 605 a.C. a presc<strong>in</strong>dere dal sistema di conteggio degli anni. Se si contano 70<br />

anni a partire da questa data, si perviene al 636 a.C., tenendo conto del calcolo <strong>in</strong>clusivo del<br />

tempo <strong>in</strong> forza del quale si calcolavano come anni <strong>in</strong>teri le frazioni dell’anno <strong>in</strong>iziale e dell’anno<br />

f<strong>in</strong>ale del periodo considerato.<br />

Il decreto di Ciro che consentiva il rimpatrio degli esuli deve essere stato promulgato agl’<strong>in</strong>izi<br />

del 538 a.C., Babilonia essendo stata conquistata nell’autunno del 539.<br />

Nel 537 debbono essere stati portati a term<strong>in</strong>e i complessi preparativi <strong>in</strong> vista del rimpatrio e<br />

nell’estate del 536 debbono essere arrivati a Gerusalemme i primi cont<strong>in</strong>genti dei rimpatriandi,<br />

tenendo conto che ci volevano almeno 5 mesi (Ed 7:9) ad una schiera di gente appiedata per<br />

coprire la distanza fra Babilonia e Gerusalemme. Che non sia un’impresa semplice stabilire le<br />

date di avvenimenti dell’era pre-cristiana si comprende quando si tenga presente che i cronologi<br />

moderni calcolano gli anni avanti Cristo <strong>in</strong> base al calendario giuliano con l’<strong>in</strong>izio dell’anno<br />

il 1° gennaio, mentre gli Ebrei li contavano <strong>in</strong> base al loro calendario luni-solare con l’<strong>in</strong>izio<br />

dell’anno <strong>in</strong> settembre/ottobre (Tishri) e i Babilonesi <strong>in</strong> base allo stesso tipo di calendario ma<br />

con l’<strong>in</strong>izio dell’anno <strong>in</strong> marzo/aprile (Nisan).<br />

Riferiti alla desolazione del tempio i 70 anni debbono decorrere dall’anno undicesimo di Sedechia,<br />

il 587 a.C. quando il sacro edificio fu distrutto dai Babilonesi (cfr. 2Re 25:2,8-10, Gr<br />

52:5, 12-14). Il tempio ricostruito fu dedicato al culto l’anno sesto del regno di Dario I (Esd<br />

6:15) corrispondente al 516 a.C., esattamente 70 anni dopo la sua distruzione. Tanto l’esilio<br />

quanto la desolazione del tempio durano 70 anni, pur se i due segmenti di tempo di identica<br />

lunghezza appaiono sfalsati di una vent<strong>in</strong>a d’anni l’uno rispetto all’altro.<br />

248


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 249<br />

CAPIRE DANIELE<br />

mento fra il tempo della desolazione annunciata da Geremia e l’antica legge<br />

dell’anno sabbatico 333.<br />

Daniele sa che sono trascorsi 66 anni da quando lui e i suoi compagni furono<br />

tolti alle famiglie e deportati <strong>in</strong> Babilonia nell’anno terzo del regno di<br />

Gioiachim (il 605 a.C.). È dunque prossima la redenzione del suo popolo annunciata<br />

dal profeta Geremia?... Comunque Daniele non è sereno...<br />

3 E volsi la mia faccia verso il Signore Iddio, per dispormi alla preghiera<br />

e alle supplicazioni, col digiuno, col sacco e con la cenere.<br />

La consapevolezza che è vic<strong>in</strong>a la f<strong>in</strong>e dell’esilio non ha suscitato contentezza<br />

nell’animo di Daniele, ma <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e. Egli certo non ha dubitato che la promessa<br />

del Signore data per bocca di Geremia sia verace, ma non ignora che le<br />

promesse div<strong>in</strong>e sono condizionate, secondo la parola rivelata, sempre a Geremia,<br />

nella bottega del vasaio (Gr 18:7-10).<br />

Il vecchio profeta è anche a conoscenza della precaria condizione spirituale<br />

della sua gente deportata nella Babilonide. Lo opprime, dunque, il pensiero che<br />

per i peccati del popolo nell’esilio possa essere r<strong>in</strong>viato s<strong>in</strong>e die il suo rimpatrio<br />

e procrast<strong>in</strong>ata a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato la ricostruzione del desolato santuario del<br />

Signore e della sua santa città <strong>in</strong> rov<strong>in</strong>e. Da questa riflessione penosa Daniele è<br />

<strong>in</strong>dotto a cercare Dio nella preghiera: “Volsi la mia faccia verso il Signore...”<br />

Forse è un’allusione ad un orientamento fisico del profeta <strong>in</strong> direzione di Gerusalemme<br />

(6:10). Per Daniele Dio ({yiholE)fh ha ‘Elohîm, il Potente), è anche il Signore<br />

(yænodA) ’Adonai, il Sovrano).<br />

A Lui rivolgerà la sua preghiera (hfLip:T tefillah), cioè l’effusione dell’animo, e<br />

333 - L’estensore del libro delle Cronache nel riferire i fatti tragici dell’anno undicesimo di Sedechia<br />

(587 a.C.), coglie un nesso fra Gr 25:9-13 e Le 26:34-43. Egli puntualizza che la sciagura<br />

che si abbatté su Gerusalemme ed i suoi abitanti avvenne “aff<strong>in</strong>ché s’adempiesse la parola<br />

dell’Eterno pronunciata per bocca di Geremia, f<strong>in</strong>o a che il paese avesse goduto dei suoi Sabati,<br />

difatti esso dovette riposare per tutto il tempo della sua desolazione, f<strong>in</strong>ché furono compiuti<br />

i settant’anni” (2Cr 36:19-21).<br />

Si evidenzia <strong>in</strong> questo passo una terza conseguenza della catastrofe del 587 a.C. oltre a quelle<br />

preannunciate da Geremia (la desolazione del paese e la deportazione dei suoi abitanti), cioè il<br />

riposo della terra per tutta la durata della desolazione. Il cronista sembra voler dire che fu ridato<br />

alla terra il riposo prescritto dalla legge dell’anno sabbatico enunciata <strong>in</strong> Le 25:2-7, riposo<br />

del quale essa era stata defraudata per tanti anni (70 anni corrispondono a 10 anni sabbatici).<br />

È significativo che Gesù, secondo Lc 4:17-19, def<strong>in</strong>isse la natura e lo scopo del suo m<strong>in</strong>istero<br />

messianico col richiamarsi ad un passo di Isaia (61:1-2) ove sono tramutati profeticamente <strong>in</strong><br />

future benedizioni messianiche i benefici sociali dell’anno giubilare (Le 25:13-16, 39-41, 54), a<br />

sua volta collegato con l’anno sabbatico (Le 25:8).<br />

Letti alla luce di Lc 4:18-19, Le 25:8 e 25:10-13, 39-41 sembrano additare al futuro riscatto<br />

messianico, il tema centrale della rivelazione di Dn 9:24-27.<br />

249


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 250<br />

CAPITOLO 9<br />

le sue supplicazioni ({yénUnAxat tachanûnîm), ovvero le petizioni permeate di fervore<br />

umile e <strong>in</strong>tenso per conseguire le grazie div<strong>in</strong>e che gli stanno a cuore. Lo<br />

farà con veste di sacco, con digiuno e con cenere cosparsa sul capo come si<br />

conviene ad un peccatore penitente (erano, quelli, i segni esteriori di una<br />

profonda costernazione e contrizione del cuore; cfr. Et 4:1).<br />

4 E feci la mia preghiera e la mia confessione all’Eterno, al mio Dio,<br />

dicendo: “O Signore, Dio grande e tremendo, che mantieni il patto e<br />

cont<strong>in</strong>ui la benignità a quelli che t’amano e osservano i tuoi comandamenti!<br />

5 Noi abbiamo peccato, ci siamo condotti <strong>in</strong>iquamente, abbiamo<br />

operato malvagiamente, ci siamo ribellati, e ci siamo allontanati<br />

dai tuoi comandamenti e dalle tue prescrizioni, 6 non abbiamo<br />

dato ascolto ai profeti, tuoi servi, che hanno parlato <strong>in</strong> tuo nome ai<br />

nostri re, ai nostri capi, ai nostri padri, e a tutto il popolo del paese.<br />

A Colui che porta il nome <strong>in</strong>effabile (hæwhy Yahweh) cui lo legano forti v<strong>in</strong>coli affettivi<br />

(yaholE) ’Elohay, “il mio Dio”), Daniele presenta la sua supplicazione e la sua<br />

confessione (heDáw:te) ’ethwaddeh).<br />

Supplicazioni e confessione sono dunque i contenuti della preghiera, ma<br />

nel presentarle al Signore Daniele ne <strong>in</strong>verte l’ord<strong>in</strong>e: prima confessa, poi supplica.<br />

L’esordio: “Ah! Signore, il Dio grande e tremendo...” ()frONahºw lOdfGah l")fh<br />

yænodA) )æNf) ’anna’ ’adonay ha’el haggadol wehannôra’...) fa trasparire i sentimenti<br />

di riverente timore del peccatore penitente davanti alla grandezza e alla maestà<br />

di Dio. La sua fedeltà <strong>in</strong>defettibile (“che mantieni il patto”) e la sua <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotta<br />

benevolenza (“e cont<strong>in</strong>ui la benignità”) verso coloro che lo amano e osservano i<br />

suoi comandamenti, sono i presupposti sui quali l’implorante fonda la sua fiducia<br />

(cfr. Es 20:6).<br />

Nel confessare i peccati del suo popolo Daniele non si estranea, non<br />

prende le distanze: “Noi abbiamo peccato...” Anche nel peccato il profeta si fa<br />

solidale con la sua gente. Una confessione è s<strong>in</strong>cera quando la colpa è messa a<br />

giorno senza attenuanti e giustificazioni. Così è la confessione di Daniele: non<br />

vaga e generica, non attenuata e parziale, ma def<strong>in</strong>ita e completa.<br />

Con 5 forme verbali sono enumerate altrettante colpe specifiche: Un)f+fx<br />

chata’nû, “noi abbiamo peccato” (da chata’, “mancare lo scopo”); Unyéwf(‘awînû,<br />

“noi abbiamo agito perversamente” (da ‘awah, un verbo che implica allontanamento<br />

dalla retta via); Un:(a$:rih hirsha’nû, “noi abbiamo agito malvagiamente” (da<br />

râshâ‘, “condursi malvagiamente”); Un:dfrfm maradenû, “ci siamo ribellati” (da marad,<br />

“<strong>in</strong>sorgere”, “rivoltarsi”); rOs “deviare”, “stornarsi” (all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito). L’orante -<br />

commenta H.C.Leupold - “riconosce che tutte le forme di espressione che caratterizzano<br />

il peccato sono applicabili a Israele, e questo è un segno essenziale<br />

della genu<strong>in</strong>ità del pentimento: la colpa non è stata sm<strong>in</strong>uita” 334.<br />

334 - H.C.LEUPOLD, op. cit., p. 384.<br />

250


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 251<br />

CAPIRE DANIELE<br />

La confessione prosegue col riconoscimento di una colpevole noncuranza<br />

nella quale la comunità d’Israele a tutti i livelli è stata co<strong>in</strong>volta: “Non abbiamo<br />

dato ascolto ai profeti, tuoi servi, che hanno parlato <strong>in</strong> tuo nome ai nostri re, ai<br />

nostri capi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese” (cfr. 2Cr 36:11-16).<br />

“Daniele non cercò di giustificarsi e di giustificare il suo popolo davanti a<br />

Dio, al contrario confessò le loro trasgressioni con umiltà e contrizione, senza<br />

sm<strong>in</strong>uirne la gravità, senza tacere i demeriti. E riconobbe che era stato giusto il<br />

procedere di Dio verso una nazione che non aveva tenuto conto delle sue richieste<br />

nè aveva prestato ascolto ai suoi appelli” 335.<br />

7 A te, o Signore, la giustizia; a noi, la confusione della faccia, come<br />

avviene al dì d’oggi: agli uom<strong>in</strong>i di Giuda, agli abitanti di Gerusalemme<br />

e a tutto Israele, vic<strong>in</strong>i e lontani, <strong>in</strong> tutti i paesi dove li hai<br />

cacciati, a motivo delle <strong>in</strong>fedeltà che hanno commesse contro di te.<br />

Al Signore (yænodA) ’Adonay) Daniele ascrive la giustizia (hfqfd:Cah hatztzadaqah), a<br />

sé medesimo e alla sua gente “la vergogna sul volto” ({yénfPah te$oB bosheth happanîm)<br />

che la presente condizione di gente senza patria rende manifesta a tutti.<br />

La confessione co<strong>in</strong>volge nella loro totalità gli appartenenti al popolo di<br />

Dio, tanto i più avvantaggiati cittad<strong>in</strong>i di Giuda e Gerusalemme quanto gli abitanti<br />

del più lassista regno di Samaria, deportati e dispersi prima di loro, giacché<br />

quelli non furono meno colpevoli di questi. La vergogna dunque copre il volto<br />

di tutti i dispersi, quelli di Giuda - i vic<strong>in</strong>i - e quelli di Samaria - lontani - tutti<br />

ugualmente puniti perché tutti alla stessa maniera colpevoli di <strong>in</strong>fedeltà verso<br />

Dio. La giustizia div<strong>in</strong>a è pienamente rivendicata e la colpa del popolo è messa<br />

a nudo senza attenuanti. Il contrasto è radicale.<br />

8 O Signore, a noi la confusione della faccia, ai nostri re, ai nostri<br />

capi, e ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro te.<br />

Ancora una volta il supplicante riconosce davanti al Signore la meritata condizione<br />

di miseria del popolo colpevole dal quale egli non si dissocia: “O Signore,<br />

a noi la vergogna sul volto”.<br />

In una situazione di colpa collettiva si è generalmente propensi a chiamare<br />

<strong>in</strong> causa le responsabilità altrui prima di riconoscere le proprie. Daniele procede<br />

<strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong>verso: prima riconosce la colpevolezza sua e della sua generazione,<br />

poi chiama <strong>in</strong> causa le trascorse generazioni com<strong>in</strong>ciando dai vertici dell’organizzazione<br />

sociale e politica della sua nazione: i re e i capi. In una struttura di governo<br />

di tipo teocratico, qual era quella d’Israele, la responsabilità dei governanti<br />

per la generalizzata <strong>in</strong>fedeltà verso Dio era certo maggiore che la responsabilità<br />

dei governati. Le colpe del passato comunque non attenuano la gravità delle<br />

335 - ELLEN G. WHITE, Testimonies for the Church, vol. V, p. 636.<br />

251


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 252<br />

CAPITOLO 9<br />

colpe del presente: “Poiché (tutti) abbiamo (ugualmente) peccato conto di te”.<br />

9 Al Signore, ch’è il nostro Dio, appartengono la misericordia e il<br />

perdono; poiché noi ci siamo ribellati a lui, 10 e non abbiamo dato<br />

ascolto alla voce dell’Eterno, dell’Iddio nostro, per camm<strong>in</strong>are secondo<br />

le sue leggi, ch’egli ci aveva poste d<strong>in</strong>anzi mediante i profeti<br />

suoi servi.<br />

A questo punto dell’<strong>in</strong>vocazione s’<strong>in</strong>terrompe il riferimento diretto a Dio (“a te”,<br />

leka, nel v. 7); di lui si parla <strong>in</strong> terza persona: “Al Signore nostro Dio”, Uny"holE) yænod)al<br />

la’donay ’elohênu. È piuttosto una riflessione dell’orante sulla disponibilità<br />

di Dio a perdonare che non una <strong>in</strong>vocazione.<br />

“Al Signore nostro Dio...”. È una dichiarazione più formale e dignitosa -<br />

commenta H.C. Leupold - che riflette <strong>in</strong> modo più pieno la maestà di Dio”.<br />

“Al Signore nostro Dio (appartengono) la misericordia e il perdono”<br />

(tOxil:Sahºw {yimAxarfh harâchamîm wehasselichôth). Se addolora e opprime il cuore il<br />

sentimento della colpa, conforta e <strong>in</strong>fonde speranza la certezza che Dio è misericordioso<br />

e propenso a perdonare. Se il castigo ha reso manifesta la sua giustizia,<br />

il perdono metterà <strong>in</strong> luce la sua grazia.<br />

Il “perché” (yiK ki) nel v. 9 è esplicativo: la misericordia e il perdono di Dio<br />

sono necessari perché c’è stata una <strong>in</strong>sensata ribellione contro di Lui. Il pensiero<br />

di Daniele ritorna dunque sulla realtà angosciante del peccato, e la sua preghiera<br />

si fa di nuovo confessione, o piuttosto riconoscimento di colpevolezza, ma nella<br />

sua riflessione, come traspare dall’uso della terza persona <strong>in</strong> riferimento a Dio:<br />

“... e non abbiamo dato ascolto alla voce dell’Eterno, dell’Iddio nostro” (Uny"holE)<br />

hæwhºy lOq:B beqôl Yehowa ’elohênû). È anche trasparente nell’uso del verbo e del<br />

pronome alla prima persona plurale laddove fa riferimento ai soggetti della<br />

colpa (“non abbiamo dato ascolto... le sue leggi, che egli ci aveva poste d<strong>in</strong>anzi...”),<br />

che il supplicante si <strong>in</strong>clude nel novero dei ribelli alla voce di<br />

Yahweh.<br />

La riflessione-confessione si concentra ancora sulla specificità del peccato:<br />

non sono stati accolti gli appelli di Dio a vivere <strong>in</strong> conformità con le sue leggi<br />

(wyftorOt thôrotâyw).<br />

11 Sì, tutto Israele ha trasgredito la tua legge, s’è sviato per non ubbidire<br />

alla tua voce; e così su noi si sono riversate le maledizioni e<br />

imprecazioni che sono scritte nella legge di Mosè, servo di Dio, perché<br />

noi abbiam peccato contro di lui.<br />

La confessione è di nuovo diretta, l’orante rivolgendosi a Dio <strong>in</strong> seconda persona:<br />

“Sì, tutto Israele ha trasgredito la tua legge, s’è sviato per non ubbidire alla<br />

tua voce...” Ancora una volta è specificato il peccato d’Israele e stavolta si ha<br />

l’impressione che il profeta se ne dissoci (“...Israele ha trasgredito...”), ma non è<br />

così: “... su di noi si son riversate le maledizioni e imprecazioni che sono scritte<br />

nella legge di Mosè, servo di Dio, perché noi abbiamo peccato...” Daniele rico-<br />

252


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 253<br />

CAPIRE DANIELE<br />

nosce nella sciagura che si è abbattuta sul suo popolo l’avverarsi delle maledizioni<br />

annunciate nella legge di Mosè contro i suoi trasgressori. Probabilmente<br />

egli pensa a quei passi ammonitori del Levitico e del Deuteronomio nei quali la<br />

desolazione del paese e la deportazione <strong>in</strong> terre lontane dei suoi abitanti sono<br />

prospettate come il castigo di Dio sui trasgressori delle sue leggi (vedi Le 26:32-<br />

34, 45; De 28: 49-52; 64,65).<br />

12 Ed egli ha mandato ad effetto le parole che aveva pronunziate<br />

contro di noi e contro i nostri giudici che ci governano, facendo venir<br />

su noi una calamità così grande, che sotto tutto il cielo nulla mai<br />

è stato fatto di simile a quello ch’è stato fatto a Gerusalemme.<br />

13 Com’è scritto nella legge di Mosè, tutta questa calamità ci è venuta<br />

addosso; e, nondimeno, non abbiamo implorato il favore dell’Eterno,<br />

del nostro Dio, ritraendoci dalle nostre <strong>in</strong>iquità e rendendoci attenti<br />

alla sua verità. 14 E l’Eterno ha vegliato su questa calamità, e ce l’ha<br />

fatta venire addosso; perché l’Eterno, il nostro Dio, è giusto <strong>in</strong> tutto<br />

quello che ha fatto, ma noi non abbiamo ubbidito alla sua voce.<br />

Di nuovo la confessione si fa <strong>in</strong>diretta. Daniele torna a riferirsi a Dio <strong>in</strong> terza<br />

persona: “Ed egli ha mandato ad effetto le parole che aveva pronunciate contro<br />

di noi...” Ancora una riflessione dentro la confessione. La sciagura che ha travolto<br />

Israele non è avvenuta per caso, tutto è successo perché il Signore ha reso<br />

operante la sua parola, <strong>in</strong> questo caso una parola di maledizione contro i violatori<br />

della sua santa legge.<br />

Senza il suo consenso, mai le milizie dei re d’Assiria e di Babilonia avrebbero<br />

potuto <strong>in</strong>vadere e devastare Samaria e Giuda e deportarne gli abitanti, mai<br />

sarebbe stato permesso a Nabucodonosor di distruggere la santa città ed il santuario<br />

del Signore. Mai, <strong>in</strong>somma, si sarebbe prodotta quella catastrofe <strong>in</strong>audita:<br />

“sotto il cielo nulla mai è stata fatto di simile a quello ch’è stato fatto a Gerusalemme”.<br />

E tutto questo “era scritto nella legge di Mosè”: “Desolerò il paese... E<br />

quanto a voi, io vi disperderò fra le nazioni... il vostro paese sarà desolato, e le<br />

vostre città saranno deserte” (Le 26: 32-33). Ma la durissima lezione non è servita:<br />

“... nondimeno non abbiamo implorato il favore dell’Eterno, del nostro Dio,<br />

ritraendoci dalle nostre <strong>in</strong>iquità e rendendoci attenti alla sua verità” (temE) ’emeth,<br />

la verità rivelata nella sua santa legge).<br />

Daniele riconosce la giustizia di Dio e la responsabilità d’Israele nelle calamità<br />

che si sono abbattute sul popolo: “L’Eterno, il nostro Dio, è giusto <strong>in</strong> tutto<br />

quello che ha fatto, ma noi non abbiamo ubbidito alla sua voce”. È stata formulata<br />

qualche critica a proposito dell’aspetto formale di questa estesa e circostanziata<br />

confessione, non condivisa però da un espositore meticoloso come Leupold:<br />

“Non è esatto... che l’impeto delle emozioni che hanno fatto scaturire questa<br />

confessione abbia dato luogo, come hanno creduto alcuni, compreso Haevernick,<br />

ad una sequela di pensieri non abbastanza chiaramente articolati o logicamente<br />

coord<strong>in</strong>ati. Può bensì essere vero che la progressione dei pensieri non<br />

sia chiaramente marcata, come lo è talvolta <strong>in</strong> altri casi, ma quando un senti-<br />

253


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 254<br />

CAPITOLO 9<br />

mento <strong>in</strong>tenso pervade un discorso, come avviene con tutta evidenza <strong>in</strong> questo<br />

caso, facilmente l’emozione resp<strong>in</strong>ge dietro le qu<strong>in</strong>te la logica” 336.<br />

15 Ed ora, o Signore, Iddio nostro, che traesti il tuo popolo fuori del<br />

paese d’Egitto con mano potente, e ti facesti il nome che hai oggi, noi<br />

abbiamo peccato, abbiamo operato malvagiamente.<br />

La confessione si chiude con l’evocazione di un grandissimo evento del passato,<br />

<strong>in</strong> cui rifulse la potenza redentrice di Dio verso il suo popolo. Un’evocazione<br />

che mette <strong>in</strong> risalto l’immensa <strong>in</strong>gratitud<strong>in</strong>e d’Israele: contro il suo Dio che lo<br />

trasse fuori dall’Egitto con mano potente esso ha peccato ed ha agito malvagiamente.<br />

Per la quarta volta ritorna nella confessione di Daniele la frase: “Noi abbiamo<br />

peccato”, rivelando quanto opprimesse il suo cuore il peccato d’Israele<br />

nel quale ancora una volta egli co<strong>in</strong>volge sé stesso.<br />

16 O Signore, secondo tutte le tue opere di giustizia, fa’, ti prego, che<br />

la tua ira e il tuo furore si ritraggano dalla tua città di Gerusalemme,<br />

il tuo monte santo; poiché per i nostri peccati e per le <strong>in</strong>iquità<br />

de’ nostri padri, Gerusalemme e il tuo popolo sono esposti al<br />

vituperio di tutti quelli che ci circondano.<br />

Dopo la confessione, la petizione. Quasi volendo subito sgombrare il campo da<br />

ogni più piccola presunzione di merito, Daniele <strong>in</strong>voca la misericordia div<strong>in</strong>a<br />

prima di presentare le sue richieste: “Signore, secondo tutta la tua giustizia...”<br />

(!etoq:dic-lfk:K yænodA)’adonay kekol-tzidkoteka...).<br />

Per prima cosa il profeta supplica il Signore che ponga f<strong>in</strong>e alla sua <strong>in</strong>dignazione<br />

verso Gerusalemme: “... si plachi la tua ira e il tuo sdegno verso Gerusalemme,<br />

tua città, verso il tuo monte santo...” (versione della C.E.I.). Daniele<br />

pensa allo scadere imm<strong>in</strong>ente dei 70 anni? È possibile.<br />

Il “monte santo” è il colle di Sion caro ai salmisti (Sl 48:2; 78:68; 125:1), ora<br />

cosparso delle rov<strong>in</strong>e di Gerusalemme. Lo santificava la presenza del santuario,<br />

mistica dimora del Signore (Sl 72:2 u.p.). Mille volte profanato e dissacrato da<br />

atti crim<strong>in</strong>ali e idolatrici, il “monte santo” <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e fu abbandonato al furore devastante<br />

dei Caldei e alla desolazione.<br />

Se la rov<strong>in</strong>a della città santa e del tempio di Yahweh e se la deportazione<br />

degli abitanti del paese erano state conseguenza delle colpe di ieri, il permanere<br />

dello stato di abbandono del paese e della misera condizione dei deportati -<br />

sventure che davano adito agli scherni dei pagani - sono l’effetto delle colpe di<br />

oggi: “per i nostri peccati e per le <strong>in</strong>iquità dei nostri padri Gerusalemme e il tuo<br />

popolo sono esposti al vituperio di tutti quelli che ci circondano”. Ancora un riconoscimento<br />

della colpa, quella passata e quella presente.<br />

336 - Op. cit., p. 382.<br />

254


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 255<br />

CAPIRE DANIELE<br />

17 Ora dunque, o Dio nostro, ascolta la preghiera del tuo servo e le<br />

sue supplicazioni, e fa’ risplendere il tuo volto sul tuo desolato santuario,<br />

per amor del Signore!<br />

Dalla richiesta al Signore di porre f<strong>in</strong>e allo sdegno, Daniele passa alla domanda<br />

di volgersi propizio verso il suo santuario: “Ed ora ascolta o nostro Dio la preghiera<br />

del tuo servo e la sua supplica...” (wyænUnAxaT-le)ºw !:D:ba( taLip:T-le) Uny"holE) (am:$<br />

hfTa(ºw we‘attah shema‘ ’elohênû ’el tefillath ‘avdeka we’el tachanûnâyw...).<br />

Da questo punto la preghiera di Daniele si fa supplicazione: “... fa risplendere<br />

il tuo volto verso il tuo desolato santuario...” ({"mf


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 256<br />

CAPITOLO 9<br />

19 O Signore, ascolta! Signore, perdona! Signore, sii attento ed agisci;<br />

non <strong>in</strong>dugiare, per amor di te stesso, o mio Dio, perché il tuo nome è<br />

<strong>in</strong>vocato sulla tua città e sul tuo popolo!”<br />

L’<strong>in</strong>calzare delle richieste sembra tradire un senso di urgenza. La forza della supplicazione<br />

è comunque accresciuta dall’aggiunta della f<strong>in</strong>ale âh ai primi tre<br />

verbi: shem‘âh, selachâh, haqshivâh.<br />

Questa particella ebraica ha una funzione paragonabile a quella dell’<strong>in</strong>teriezione<br />

italiana “deh” ! Il prof. Giovanni R<strong>in</strong>aldi, molto attento al testo orig<strong>in</strong>ale, ha<br />

tradotto il v. 19: “Signore, deh, ascolta! Signore, deh, perdona ! Signore, deh,<br />

presta attenzione, agisci...!”. L’ultimo verbo, ’achar (“<strong>in</strong>dugiare”, “ritardare”) preceduto<br />

dall’avverbio di negazione ’al, “non”, sembra tradire il timore che la f<strong>in</strong>e<br />

delle angustie dei deportati e l’<strong>in</strong>izio della restaurazione nazionale allo scadere<br />

dei 70 anni predetti da Geremia (vedi il commento del v. 3) possano essere differiti<br />

a causa del persistere del peccato <strong>in</strong> seno alla comunità degli esuli. Daniele<br />

<strong>in</strong>voca il perdono confidando nella bontà del signore: “per amore di te stesso”,<br />

cioè: perché perdonare è conforme alla tua natura. “Lo spirito di questa preghiera<br />

- osserva Boutflower - è ciò che deve guidare alla retta comprensione<br />

della rivelazione da cui venne ad essa la risposta”. 337<br />

20 Mentre io parlavo ancora, pregando e confessando il mio peccato<br />

e il peccato del mio popolo d’Israele, e presentavo la mia supplicazione<br />

all’Eterno, al mio Dio, per il monte santo del mio Dio,<br />

Ancora una volta l’orante ricorda il duplice scopo della sua preghiera: confessare<br />

e supplicare. Nella confessione collettiva Daniele si è sempre co<strong>in</strong>volto nel peccato<br />

del suo popolo. Da questo versetto si capisce che non è stato un atto formale:<br />

“...confessando il mio peccato e il peccato del mio popolo”.<br />

Riferendosi al Signore il profeta usa il nome proprio della Div<strong>in</strong>ità: Yahweh,<br />

Colui che è, che ha <strong>in</strong> sé medesimo la causa della sua esistenza, che esiste fuori<br />

dal tempo. Al nome proprio aggiunge l’appellativo familiare “mio Dio” (’Elohay).<br />

E alludendo a Gerusalemme, <strong>in</strong> modo pert<strong>in</strong>ente usa l’espressione “il monte<br />

santo del mio Dio” perché effettivamente della città e del santuario non è rimasto<br />

che un monte cosparso di rov<strong>in</strong>e.<br />

21 mentre stavo ancora parlando <strong>in</strong> preghiera, quell’uomo, Gabriele,<br />

che avevo visto nella visione da pr<strong>in</strong>cipio, mandato con rapido volo,<br />

s’avvic<strong>in</strong>ò a me, verso l’ora dell’oblazione della sera.<br />

Nel versetto precedente il narratore ha <strong>in</strong>trodotto con un avverbio temporale<br />

(‘ôd, “mentre”) un riferimento all’istante <strong>in</strong> cui è avvenuto un fatto <strong>in</strong>atteso e<br />

straord<strong>in</strong>ario che ha <strong>in</strong>terrotto la sua preghiera; ma la frase si è prolungata <strong>in</strong> un<br />

337 - C. BOUTFLOWER, op. cit., p. 180.<br />

256


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 257<br />

CAPIRE DANIELE<br />

doppio <strong>in</strong>ciso per sottol<strong>in</strong>eare ancora il perché di quella preghiera, cosicché<br />

quando riprende il discorso nel v. 21 deve ripetere la frase <strong>in</strong>iziale del v. 20:<br />

“mentre stavo ancora parlando <strong>in</strong> preghiera...”.<br />

Probabilmente Daniele sta per f<strong>in</strong>ire la sua supplicazione quando scorge<br />

davanti a sé l’angelo già visto <strong>in</strong> visione vari anni prima: “... quell’uomo, Gabriele,<br />

che avevo visto nella visione (}Ozfx chazôn) prima”.<br />

Gabriele gli è apparso <strong>in</strong> sembianze umane (“quell’uomo”) così come gli si<br />

era mostrato nella visione (la visione del cap. 8, ovviamente). Ora Gabriele <strong>in</strong><br />

persona sta davanti a lui. È stato “mandato” dal Signore che ha accolto la sua<br />

supplica. La frase: “con rapido volo”, vuole forse alludere allo spazio immenso<br />

che ha dovuto superare l’<strong>in</strong>viato del Cielo per giungere f<strong>in</strong>o a Daniele mentre<br />

egli prega ancora.<br />

È “il momento dell’oblazione della sera” (berf(-taxºnim t"(:K ke‘eth m<strong>in</strong>chath<br />

‘erev), tra le 3 e le 4 pomeridiane, quando nel tempio del Signore il sacerdote offriva<br />

l’oblazione <strong>in</strong>cruenta che accompagnava il secondo olocausto quotidiano<br />

(cfr. Es 29:41; Nu 28:4,5).<br />

Era anche il momento della terza preghiera del giorno, la più importante.<br />

F<strong>in</strong> dalla giov<strong>in</strong>ezza Daniele ha osservato i tre momenti della preghiera quotidiana<br />

(vedi Dn 6:10, cfr. Sl 55:18).<br />

22 E mi ammaestrò, mi parlò, e disse: “Daniele, io son venuto ora per<br />

darti <strong>in</strong>tendimento.<br />

Alla f<strong>in</strong>e del cap. 8 abbiamo lasciato Daniele stupito a motivo della visione perché<br />

non la <strong>in</strong>tendeva. Era l’anno terzo di Beltsasar di Babilonia (8:1), il 546 a.<br />

C. Ora, nell’anno primo di Dario il Medo (9:1), il 539 a.C., Gabriele ritorna e gli<br />

annuncia che è venuto per dargli <strong>in</strong>tendimento (hænyib !:lyiK:&ah:l lehaskîlkâ<br />

vînâh). L’uso della stessa term<strong>in</strong>ologia evidenzia un collegamento fra i due momenti:<br />

l’angelo è venuto per rendere <strong>in</strong>tendente Daniele che non aveva <strong>in</strong>teso.<br />

Sette anni sono trascorsi prima che si com<strong>in</strong>ciasse a far luce su un enigma<br />

che aveva turbato lo spirito del profeta. Il perché di questo lungo <strong>in</strong>tervallo di<br />

tempo non è detto.<br />

Possiamo solo cercare di ipotizzarlo. È probabile, anzi sembra certo, che<br />

all’epoca della visione fosse prematuro sciogliere un enigma di cui gli eventi degli<br />

anni futuri avrebbero agevolato la comprensione. Nell’anno primo di Dario il<br />

Medo qualcosa è accaduto che ha fatto compiere una svolta al corso degli<br />

eventi. Babilonia che ha tenuto nell’esilio il popolo di Dio è scomparsa e una<br />

nuova potenza egemone si è affacciata alla ribalta.<br />

Com<strong>in</strong>cia ad avverarsi la visione di otto anni prima: il montone medo-persiano<br />

già dom<strong>in</strong>a lo scenario politico. Il dettaglio della visione rimasto nell’ombra<br />

riguardava qualcosa che doveva avere att<strong>in</strong>enza col regno dei Medi e dei<br />

Persiani.<br />

Nell’audizione (8: 26,27) Daniele aveva capito che allo scadere di 2300<br />

“sere e matt<strong>in</strong>e” sarebbe f<strong>in</strong>ita l’aggressione del “corno” contro la “perpetuità” e<br />

sarebbero cessati il “peccato che produce la desolazione” e l’oltraggio fatto al<br />

257


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 258<br />

CAPITOLO 9<br />

“santuario” e all’“esercito”. Ma non gli era stato rivelato né il tempo dal quale bisognava<br />

contare le “2300 sere e matt<strong>in</strong>e” né che cosa significasse la frase “poi il<br />

santuario sarà purificato”.<br />

Nella visione Daniele aveva visto il “corno” abbattere il “fondamento del<br />

suo santuario”, ma non lo aveva visto contam<strong>in</strong>are il santuario stesso. Perchè<br />

dunque esso doveva essere purificato?<br />

Quando torna Gabriele con una nuova rivelazione, già dom<strong>in</strong>a la nazione<br />

che lascerà liberi gli esuli giudei di tornare <strong>in</strong> patria e permetterà che essi ricostruiscano<br />

il santuario distrutto.<br />

In seguito questa nazione decreterà anche che Gerusalemme sia ricostruita,<br />

e questo evento fornirà un elemento cronologico di base (9:25) per calcolare il<br />

tempo profetico. Inf<strong>in</strong>e non sarà il tempio ricostruito nell’età persiana il “santuario”<br />

che sarà “purificato” <strong>in</strong> capo alle 2300 “sere e matt<strong>in</strong>e”, ma sarà un “santuario”<br />

che il Messia consacrerà alla f<strong>in</strong>e di 70 settimane di anni dopo avere compiuto<br />

l’espiazione del peccato (9:24-27). Sono dunque maturi i tempi perché Daniele<br />

possa com<strong>in</strong>ciare ad “<strong>in</strong>tendere”.<br />

23 Al pr<strong>in</strong>cipio delle tue supplicazioni, una parola è uscita; e io son<br />

venuto a comunicartela, poiché tu sei grandemente amato. Fa’ dunque<br />

attenzione alla parola, e <strong>in</strong>tendi la visione!<br />

Stavolta Gabriele si rivolge al profeta non più da <strong>in</strong>terprete ma da rivelatore. Egli<br />

è portatore di un messaggio di grande significato che riguarda Daniele, il suo<br />

popolo e la sua città. All’<strong>in</strong>izio delle sue supplicazioni (!yånUnAxaT taLix:tiB bitchillath<br />

tachanûnîm), dunque appena ha term<strong>in</strong>ato la confessione, “una parola è uscita”<br />

(rfbfd )fcæy yatza’ davar), una risoluzione è stata presa <strong>in</strong> cielo, e Gabriele è stato<br />

<strong>in</strong>viato per farla conoscere al “prediletto del Signore” (quale emozione deve aver<br />

provato Daniele nel sentirsi dire da un angelo: “poiché prediletto sei tu” (hfTf)<br />

tOdUmAx yiK ki hamudôth ’athah)!<br />

L’angelo <strong>in</strong>vita il profeta a concentrare la sua attenzione su quanto sta per<br />

rivelargli: “Ora stai attento alla parola e comprendi la visione” (he):raMaB }"bfhºw rfbfDaB<br />

}yibU ’ûvîn baddavar wehavên bammar’eh), l’orig<strong>in</strong>ale usa il verbo bîn, “comprendere”,<br />

anche <strong>in</strong> riferimento alla “parola”. Due cose dunque ha da comunicare<br />

il messo celeste al profeta.<br />

La prima riguarda una decisione (davar) che è stata presa <strong>in</strong> cielo a seguito<br />

della sua supplicazione; la seconda concerne un aspetto di questa decisione che<br />

sembra avere att<strong>in</strong>enza con la precedente rivelazione sulle 2300 “sere e matt<strong>in</strong>e”.<br />

Non certo a caso Daniele usa qui il vocabolo mar’eh per “visione”, lo stesso vocabolo<br />

con cui l’<strong>in</strong>terprete celeste si era riferito alle 2300 “sere e matt<strong>in</strong>e” <strong>in</strong> 8:26.<br />

In 9:26 mar’eh sembra un riferimento diretto a quell’aspetto della rivelazione del<br />

cap. 8 che era rimasto senza spiegazione (v. 26) ed era perciò divenuto motivo<br />

di stupore per il profeta che non aveva potuto <strong>in</strong>terderla (v. 27).<br />

258


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 259<br />

CAPIRE DANIELE<br />

24 Settanta settimane sono fissate riguardo al tuo popolo e alla tua<br />

santa città, per far cessare la trasgressione, per mettere f<strong>in</strong>e al peccato,<br />

per espiare l’<strong>in</strong>iquità e addurre una giustizia eterna, per suggellare<br />

visione e profezia, e per ungere un luogo santissimo.<br />

Ora Gabriele rivela il tenore della decisione che è stata presa <strong>in</strong> cielo: “Settanta<br />

settimane sono fissate riguardo al tuo popolo e alla tua santa città” (!e$:dfq ryi(la(ºw<br />

!:Ma(-la( \aT:xån {yi(:bi$ {yi(ubf$ shavu‘îm shiv‘îm nechttak ‘al ‘ammeka we‘al ‘îr<br />

qodsheka...).<br />

C’è una relazione tra i 70 anni della cattività (v. 2) e le 70 settimane annunciate<br />

dall’angelo per il popolo e la santa città; esiste pure un rapporto di questi<br />

due segmenti temporali con l’anno sabbatico e l’anno giubilare. Osserva<br />

Doukhan: “I settant’anni (7X10) conducono a un messia dell’anno sabbatico<br />

(Ciro), mentre le settanta settimane (7 X 7 X 10) portano a un Messia del giubileo”<br />

338. Ciro, re di Persia, il futuro liberatore del popolo di Dio tenuto nell’esilio<br />

da Babilonia, è designato come l’unto del Signore (messia) <strong>in</strong> Is 45:1.<br />

Anche Boutflower ha visto un nesso fra i 70 anni e le 70 settimane: “ Ora <strong>in</strong><br />

questa visione caratteristicamente cronologica, quei settant’anni d’un tratto si dilatano<br />

e diventano settanta settimane d’anni, e questo aff<strong>in</strong>ché dal loro espandersi<br />

e dall’uso del sacro numero sette come moltiplicatore, fosse allertata l’attenzione<br />

dei santi verso qualcosa di gran lunga più gloriosa, verso una liberazione<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente più grande dell’emancipazione dal giogo di Babilonia” 339.<br />

Daniele era nell’angustia a motivo del “vituperio” (l’esilio) cui era esposto il<br />

popolo di Dio: il Signore farà f<strong>in</strong>ire il vituperio e farà molto più di questo. Come<br />

alla f<strong>in</strong>e del settennio sabbatico si ricom<strong>in</strong>ciava a coltivare la terra lasciata <strong>in</strong>colta<br />

per un anno (Le. 25:3,4), così allo scadere di 10 anni sabbatici (70 anni) f<strong>in</strong>irà la<br />

desolazione della terra di Giuda perché i deportati ritorneranno.<br />

Come nell’anno giubilare ricorrente ogni 49 anni tornavano liberi gli schiavi<br />

(Le 25:30-41), così <strong>in</strong> capo a 10 anni giubilari (490 anni) il Signore accorderà al<br />

suo popolo la liberazione dalla schiavitù del peccato.<br />

“Daniele aveva cercato di capire i 70 anni di Geremia; la spiegazione gli fu<br />

fornita attraverso la profezia delle 70 settimane di anni. Egli aveva implorato il<br />

perdono dei peccati del suo popolo; gli fu detto che <strong>in</strong> 70 settimane sarebbe<br />

stata compiuta l’espiazione perfetta. Aveva pregato aff<strong>in</strong>ché si compisse la promessa<br />

di Geremia: <strong>in</strong> 70 settimane d’anni com<strong>in</strong>ceranno ad avverarsi tutte le<br />

profezie. Aveva <strong>in</strong>vocato il ristabilimento del santuario: <strong>in</strong> 70 settimane d’anni<br />

sarà unto il santuario dei santuari. Tutto ciò ch’egli ha domandato si compirà <strong>in</strong><br />

misura sovrabbondante. Quello che avverrà allo scadere dei 70 anni, alla f<strong>in</strong>e<br />

della cattività, ne sarà solo una pallida immag<strong>in</strong>e” 340.<br />

338- J. DOUKHAN, Le soupir de la terre, p. 201.<br />

339 - C. BOUTFLOWER, op. cit., p. 182.<br />

340 - CARL AUGUST AUBERLEN, Le Prophète Daniel et l’Apocalypse de sa<strong>in</strong>t Jean, Losanna 1880,<br />

pp. 127-128.<br />

259


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 260<br />

CAPITOLO 9<br />

Il term<strong>in</strong>e shavûa‘ sebbene <strong>in</strong>dichi genericamente un <strong>in</strong>sieme di sette cose<br />

o settenario, nell’Antico Testamento spesso vuol dire “settimana”. Per esempio <strong>in</strong><br />

Ge 29:27, dove Labano dice a Giacobbe: “F<strong>in</strong>isci la settimana di questa...”,<br />

l’ebraico ha: malle’ shevûa‘ zoth; e nel v. 28 l’espressione “f<strong>in</strong>ì la settimana...”<br />

nell’orig<strong>in</strong>ale è: wayyemalle’ shevûa‘. In Es 34:22, “festa delle settimane” nel testo<br />

ebraico è chag shavuû‘oth; lo stesso <strong>in</strong> De 16:10.<br />

Daniele <strong>in</strong> 9:24,25 e 26 e <strong>in</strong> 10:2 e 3 adopera la forma plurale maschile<br />

(shavu‘îm) anziché la più consueta forma femm<strong>in</strong>ile (shavu‘oth), forse per una<br />

semplice questione di stile.<br />

La traduzione “settanta settimane” dell’espressione ebraica shavu‘îm shiv‘îm<br />

<strong>in</strong> 9:24 che si trova <strong>in</strong> tutte le versioni della Bibbia, antiche e moderne, è una<br />

traduzione corretta 341. Le settanta settimane menzionate <strong>in</strong> questo punto del libro<br />

di Daniele sono comunque settimane profetiche equivalenti a settenni (vedi<br />

nota 6 nel commento del cap. 8).<br />

Il prof. Doukhan ha messo <strong>in</strong> evidenza un parallelismo chiastico secondo lo<br />

schema A-A1, B-B1 tra i vv. 2 e 24 di Daniele 9, un parallelismo dal quale si<br />

ev<strong>in</strong>ce con chiarezza che le settimane menzionate <strong>in</strong> questo capitolo sono settimane<br />

di anni:<br />

260<br />

Dn 9:2: settanta (A) anni (B)<br />

Dn 9:24: settimane (B1) settanta (A1)<br />

341 - “Lo studio esegetico del cap. 9 di Daniele rivela che differenti testimonianze l<strong>in</strong>guistiche<br />

convergenti <strong>in</strong>dicano che il vocabolo shavû‘a (adoperato <strong>in</strong> questa profezia come unità di<br />

tempo) dovrebbe tradursi ‘settimane’ e non ‘settenario’.<br />

Procedendo da questa considerazione, ci si può domandare che tipo di settimane siano quelle<br />

di cui si parla <strong>in</strong> questo capitolo. Il vocabolo ebraico per ‘settiman’ si può usare <strong>in</strong> due modi<br />

differenti:<br />

1) per <strong>in</strong>dicare un <strong>in</strong>sieme di sette giorni successivi <strong>in</strong>dipendentemente dal giorno <strong>in</strong>iziale;<br />

2) oppure per riferirsi specificamente a una settimana sabbatica con <strong>in</strong>izio la Domenica e f<strong>in</strong>e il<br />

Sabato. Nel primo caso si può parlare di settimana non sabbatica, nel secondo di settimana<br />

sabbatica.<br />

“La questione è se le 70 settimane simboliche di tempo profetico <strong>in</strong> Daniele debbano <strong>in</strong>terpretarsi<br />

secondo il modello della settimana sabbatica o quello della settimana non-sabbatica. Se<br />

si tratta di settimane non-sabbatiche, queste unità temporali si riferiscono semplicemente a un<br />

periodo globale di 490 giorni. Ma se si ha a che fare con settimane sabbatiche, questo periodo<br />

di 490 anni consecutivi deve essere divisibile per anni sabbatici, ovvero per cicli di sette anni<br />

(vedi Le 25:1-7).<br />

“Il testo non fornisce nessuna <strong>in</strong>dicazione esplicita a questo riguardo. L’unico modo per venirne<br />

a capo è di applicare un test pragmatico, cioè esam<strong>in</strong>are le date applicate alla profezia<br />

per verificare se esse co<strong>in</strong>cidano con anni sabbatici conosciuti.<br />

“Fonti extrabibliche ci hanno fornito negli anni recenti <strong>in</strong>formazioni che ci consentono di datare<br />

gli anni sabbatici del periodo post-esilico considerandoli come un’unità di sette ogni settimo<br />

anno (l’Autore r<strong>in</strong>via a un lavoro di B. Z. WACHOLDER, “The Calendar of Sabbatical Cycles Dur<strong>in</strong>g<br />

the Second Temple and the Early Rabb<strong>in</strong>ic Period” <strong>in</strong> HUCA 44, 1973, 153-196).


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 261<br />

CAPIRE DANIELE<br />

“Il chiasmo - spiega Doukhan - chiarisce la natura delle settimane; come ‘settanta’<br />

è <strong>in</strong> parallelo con ‘settanta’, così ‘anni’ è <strong>in</strong> parallelo con ‘settimane’ ” 342.<br />

Le settanta settimane sono un tempo di grazia che il Signore ha accordato a<br />

Israele e a Gerusalemme. La richiesta di Daniele è stata esaudita molto al di là di<br />

quanto egli potesse desiderare. Egli aveva <strong>in</strong>vocato la clemenza div<strong>in</strong>a riguardo<br />

a Gerusalemme e al popolo esposti al vituperio (v. 16): gli è stato risposto che al<br />

suo popolo e alla sua santa città sono stati concessi settanta volte sette anni di<br />

clemenza (7 anni per ciascuno dei 70 anni di sdegno) nei quali l’<strong>in</strong>iquità sarà <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />

rimossa.<br />

Le 70 settimane sono state “fissate” per il popolo e per la santa città. “Fissate”<br />

nell’orig<strong>in</strong>ale è \aT:xån nechttak, forma passiva (nifal) del verbo chatak, che<br />

oltre a “fissare”, “determ<strong>in</strong>are”, significa anche “tagliare”, “dividere”,<br />

“separare” 343.<br />

Nechttak, dunque, si può anche tradurre “tagliate”, “separate”. Questo è il<br />

“Oggi si può dimostrare che gli anni 457 a.C., 27 a.D. e 34 a.D. (le date relative ad eventi fondamentali<br />

della profezia di Dn 9), furono anni sabbatici. Possiamo dunque rispondere alla domanda<br />

formulata al pr<strong>in</strong>cipio che le ‘settimane’ della profezia di Dn 9 sono settimane sabbatiche<br />

le quali implicano a loro volta anni sabbatici.<br />

“La teologia che soggiace all’anno sabbatico può dunque arricchire di significato gli eventi predetti<br />

<strong>in</strong> Dn 9. Nell’anno sabbatico gli schiavi dovevano tornare liberi e la terra alienata doveva<br />

tornare al proprietario orig<strong>in</strong>ale. Si scorge un nesso con gli eventi del 457 a.C., all’<strong>in</strong>izio delle<br />

70 settimane, quando molti degli esiliati <strong>in</strong> Babilonia tornarono nelle terre che erano appartenute<br />

a loro e ai loro padri.<br />

“Un altro collegamento si può cogliere <strong>in</strong> quell’episodio evangelico <strong>in</strong> cui Gesù legge Is 61 nella<br />

s<strong>in</strong>agoga di Nazareth (Lc 4:16, 21). questo episodio acquista ulteriore significato se si tiene<br />

conto del fatto che Gesù lesse quel passo att<strong>in</strong>ente <strong>in</strong> senso tipologico all’anno sabbatico appunto<br />

<strong>in</strong> un anno sabbatico, il 27 a.D., e lo applicò a sé stesso al pr<strong>in</strong>cipio del suo m<strong>in</strong>istero.<br />

Così facendo Egli si annunciò come il Grande Liberatore dei Giudei e di tutto il genere umano.<br />

Non fu per caso che Egli fece questo annuncio proprio <strong>in</strong> quel tempo. Dati i collegamenti col Levitico<br />

, con Isaia e con Daniele sembra evidente che la co<strong>in</strong>cidenza tradisce un disegno div<strong>in</strong>o”.<br />

- W. H. SHEA, “ Unity of Daniel - The 70 Weeks as Sabbatical Years” <strong>in</strong> Symposium on Daniel,<br />

pp. 225 - 227.<br />

342 - J. DOUKHAN, op. cit., p. 205. Il chiasmo, dalla lettera greca “chi” (c) è una “figura grammaticale<br />

consistente <strong>in</strong> due concetti tra loro <strong>in</strong>timamente legati i cui term<strong>in</strong>i sono disposti <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e<br />

reciprocamente <strong>in</strong>vertito, cioè <strong>in</strong> posizione <strong>in</strong>crociata”. - ALDO GABRIELLI, Grande dizionario illustrato<br />

della l<strong>in</strong>gua italiana, Milano 1989, voce “chiasmo”.<br />

343 - Cfr. B. DAVIDSON, The Analytical Hebrew and Chaldee Lexicon, voce “chatak”.<br />

261


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 262<br />

CAPITOLO 9<br />

senso preferito dal prof. W. SHEA. 344.<br />

Due condizioni che dovranno realizzarsi <strong>in</strong> seno al popolo di Dio ricondotto<br />

nella sua terra dovranno anticipare e preparare i tempi messianici:<br />

262<br />

1) “... far cessare la trasgressione” ((a$ePah )"Lak:l lekalle’ happesha‘), ovvero<br />

realizzare una genu<strong>in</strong>a conversione;<br />

2) “... mettere f<strong>in</strong>e al peccato” (tO)f+ax {"tfh:lU ûlechatem chattaôth, “sigillare<br />

il peccato”), vale a dire “r<strong>in</strong>chiuderlo”, impedirgli di rifiorire e determ<strong>in</strong>are<br />

di nuovo la rottura del restaurato rapporto d’Israele con Dio.<br />

Israele, <strong>in</strong>somma, dovrà creare una società giusta, preparata a ricevere il<br />

suo Messia. A questo f<strong>in</strong>e precisamente sarà mirata l’opera del precursore<br />

anticipata profeticamente <strong>in</strong> Is 40:3-4 e Ml 3:1 (cfr. con Mt 3:3; Mr 1:3; Lc<br />

3:4; Gv 1:23).<br />

344 - “Il verbo che adopera Gabriele nella dichiarazione <strong>in</strong>iziale sulle 70 settimane è una forma<br />

passiva (nifal) della radice chatak. La radice significa chiaramente ‘tagliare’ o ‘determ<strong>in</strong>are, decretarè.<br />

Poiché questo è l’unico punto del testo biblico ebraico <strong>in</strong> cui il term<strong>in</strong>e ricorre, si è discusso<br />

circa l’esatta sfumatura di senso che gli si dovrebbe riconoscere <strong>in</strong> questo passo. Il<br />

senso di ‘decretare’ o ‘determ<strong>in</strong>are’ è stato mutuato dall’ebraico mishnaico, posteriore di un<br />

millennio rispetto al tempo di Daniele (sesto secolo a.C.). Comunque nell’ebraico mishnaico il<br />

vocabolo è stato usato correntemente col significato di ‘tagliare’.<br />

“I sensi lati delle radici verbali semitiche si sono sviluppati a partire dai loro significati concreti<br />

per una tendenza verso l’astratto (<strong>in</strong> base a queste l<strong>in</strong>ee di sviluppo essi sono elencati nei dizionari<br />

ebraici). È dunque ragionevole ritenere che il significato primitivo della radice di questa<br />

parola racchiudesse l’idea di tagliare e che da questa idea di base derivasse il concetto di tagliare<br />

un decreto, determ<strong>in</strong>are qualcosa. Conseguentemente all’epoca di Daniele questo vocabolo<br />

doveva già significare ‘tagliare’. Oggi è impossibile accertare se i sensi lati ‘decretare’ e<br />

‘determ<strong>in</strong>are’ si siano o no sviluppati <strong>in</strong> quell’epoca, mancando testimonianze idonee a stabilire<br />

dei confronti.<br />

“La pr<strong>in</strong>cipale testimonianza di questo tipo proviene dall’ugaritico del tredicesimo secolo a.C.;<br />

essa accredita questa nozione di tagliare (un figlio tagliato da un padre), ma non le idee posteriori<br />

di decretare e determ<strong>in</strong>are. Pertanto queste tre l<strong>in</strong>ee di testimonianza (il significato primitivo<br />

della radice che sovrasta il senso lato; il caso isolato di una parola appartenente alla<br />

stessa famiglia l<strong>in</strong>guistica, e il significato predom<strong>in</strong>ante <strong>in</strong> fonti più tardive), favoriscono, anche<br />

se non possono provarla <strong>in</strong> modo assoluto, la tesi che questo verbo dovrebbe tradursi ‘tagliare’<br />

nel passo <strong>in</strong> questione. Il senso primitivo del verbo <strong>in</strong>dicherebbe che le 70 settimane<br />

debbano essere ‘tagliatè dai 2300 giorni.<br />

“In s<strong>in</strong>tesi: i periodi temporali di queste due profezie possono direttamente rapportarsi fra loro<br />

<strong>in</strong> base: 1) alla loro collocazione nella struttura letteraria di Daniele, 2) al periodo storico nel<br />

quale ambedue hanno avuto il loro momento <strong>in</strong>iziale, 3) alla term<strong>in</strong>ologia profetica che li accosta<br />

l’uno all’altro e 4) al significato del verbo <strong>in</strong>iziale della seconda profezia. Sulla base di queste<br />

l<strong>in</strong>ee di testimonianze è legittimo concludere che le 70 settimane furono direttamente connesse<br />

con i 2300 giorni e furono tagliate da essi. Inoltre la specifica data <strong>in</strong>iziale del primo periodo<br />

si dovrebbe utilizzare per fissare la data dell’<strong>in</strong>izio del secondo”. WILLIAM H. SHEA, ibidem,<br />

pp. 229-230.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 263<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Alla conversione che avrà nella penitenza suggellata dal battesimo d’acqua (cfr.<br />

Mt 3:1,2,11; Mr 1:5; Lc 3:3) la sua espressione genu<strong>in</strong>a, farà seguito l’opera <strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente<br />

grande del Messia. Egli verrà:<br />

1) “... per espiare l’<strong>in</strong>iquità” (}owf( r"Pak:lU ulekapper ‘awon). Il verbo kafar,<br />

qui usato all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, significa letteralmente “coprire” (cfr. Ge 6:14). Nel l<strong>in</strong>guaggio<br />

teologico dell’Antico Testamento kafar può significare “coprire il<br />

peccato”, “perdonare”, “espiare”, “rappacificare”, secondo le forme specifiche<br />

nelle quali il verbo viene usato 345. Kafar è <strong>in</strong>somma un term<strong>in</strong>e-chiave<br />

della teologia anticotestamentaria della riconciliazione. Kapporeth era detto<br />

il coperchio dell’Arca del patto, o propiziatorio, sul quale il sommo sacerdote<br />

aspergeva il sangue del sacrificio espiatorio per la purificazione del<br />

santuario nel Giorno delle Espiazioni (Le 16: 14-16), lo yôm hakkippurîm<br />

(Le 23:27). Nella dispensazione vetero-testamentaria ad ogni peccato doveva<br />

r<strong>in</strong>novarsi il sacrificio di espiazione (Le 4:22,23). Non sarà più così<br />

nell’economia messianica perché un sacrificio unico e perfetto che sarà offerto<br />

nella settantesima settimana espierà una volta per tutte i peccati del<br />

popolo di Dio (Eb 9:28; 10:14). Il Messia si offrirà alla morte anche:<br />

2) “... per addurre una giustizia eterna” ({yimflo( qedec )yibfh:lU ulehavî’<br />

tzedeq ‘olamîm). I sacrifici espiatori offerti nel santuario giudaico, prefigurativi<br />

di un futuro sacrificio perfetto, procuravano soltanto una giustizia temporanea,<br />

perciò dovevano essere cont<strong>in</strong>uamente r<strong>in</strong>novati (Eb 7:27; 9:12;<br />

10:12). L’effetto del sacrificio perfetto consumato sulla croce sarà una giustizia<br />

perenne (Is 51:8; Rm 3:21,22; Fl 3:9).<br />

Le ultime due dichiarazioni anticipano i risultati f<strong>in</strong>ali dell’opera del Messia:<br />

1) “... suggellare visione e profezia” ()yibænºw }Ozfx {oT:xalºw welachtom chazôn<br />

wennavî’). Nell’antichità i sovrani apponevano il loro sigillo sui decreti reali<br />

al f<strong>in</strong>e di autenticarli.<br />

Il verbo châtham, “sigillare”, non ha qui il senso di “r<strong>in</strong>chiudere”, come<br />

nella frase precedente “suggellare il peccato”, ma significa precisamente<br />

“autenticare”. È l’avverarsi della profezia che ne attesta la veridicità (cfr. De<br />

18:22; Gv 13:19). Tutte le profezie messianiche della rivelazione anticotestamentaria<br />

si sono avverate <strong>in</strong> Cristo (cfr. Lc 24:27, 44-46). Con la sua <strong>in</strong>carnazione,<br />

la sua vita santa, la sua morte cruenta, la sua risurrezione gloriosa.<br />

Egli ha per così dire impresso sulla profezia il sigillo dell’autenticità. Suggellare<br />

visione e profezia vuol dire accreditarne l’autenticità. Questo avviene<br />

quando la profezia si avvera (cfr. De 18:22; Gr 28:9; Gv 13:19). Tutte le profezie<br />

messianiche si compirono nei trentatré anni circa della vita terrena di<br />

345 - Cfr. B. DAVIDSON, op. cit., voce “kâfar”.<br />

263


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 264<br />

CAPITOLO 9<br />

Gesù. La sua nascita verg<strong>in</strong>ale, gli aspetti variegati del suo m<strong>in</strong>istero salvifico,<br />

la sua morte cruenta, la sua risurrezione gloriosa erano stati predetti<br />

con stupefacente realismo dai profeti antichi. Matteo soltanto ha non meno<br />

di una qu<strong>in</strong>dic<strong>in</strong>a di riferimenti alle Scritture che collegano direttamente i<br />

vari momenti della vita di Cristo con le profezie dell’Antico Testamento 346.<br />

Sulla via di Emmaus il Risorto, dopo avere rimproverato l’<strong>in</strong>credulità dei<br />

due anonimi discepoli, “spiegò loro <strong>in</strong> tutte le Scritture le cose che lo concernevano”<br />

(Lc 24:27, 44). La serie degli atti messianici che segneranno la<br />

f<strong>in</strong>e delle 70 settimane si chiuderà con un rito di consacrazione:<br />

2) “... ungere un santo dei santi” ({yi$fdfq $edoq axo$:milºw welimshoach qodesh<br />

qodashîm). L’unzione di consacrazione si praticò <strong>in</strong> Israele f<strong>in</strong> dai primordi<br />

della sua storia. Con questo rito, dopo l’istituzione del sacerdozio Levitico,<br />

furono consacrati per il servizio sacro Aaronne e i suoi figli (Es 30:30; 40:13;<br />

Le 8:12). Con lo stesso rito fu dedicato al culto il santuario mosaico (Es<br />

40:9; Le 8:10; Nu 7:1). Col rito dell’unzione furono consacrati i re di Giuda e<br />

Israele nel periodo della monarchia (1Sm 16:13; 2Sm 2:4; 5:3; 1Re 1:39; 2Re<br />

9:6; 11:12). Non v’è dubbio che “ungere” <strong>in</strong> questo passo di Daniele abbia<br />

il senso di “consacrare”.<br />

Sull’identificazione del “Santo dei santi” che dovrà essere consacrato alla<br />

f<strong>in</strong>e delle 70 settimane non c’è accordo fra gli espositori di Daniele. La Bibbia<br />

di Gerusalemme vi ravvisa sia il tempio sia il sommo sacerdote (nota a<br />

9:24). Leupold vi identifica il Cristo fra i suoi eletti nella celeste Gerusalemme<br />

347. Boutflower vi scorge l’unzione regale di Cristo <strong>in</strong> cielo dopo aver<br />

compiuto l’espiazione 348. Bern<strong>in</strong>i vede <strong>in</strong>vece nel Santo dei santi la parte<br />

più <strong>in</strong>terna del santuario 349 e R<strong>in</strong>aldi vi identifica un luogo sacro. “Notare -<br />

dice testualmente - che nel v.26 la parola che qui traduciamo ‘santità’, qodesh,<br />

vale certamente ‘santuario’” 350. Gli ultimi due autori applicano la frase<br />

di Daniele alla ridedicazione al culto del santuario di Gerusalemme nel 164<br />

a.C. dopo la profanazione operata da Antioco Epifane. Noi concordiamo<br />

con questi esìmi autori sulla identificazione del santuario nel “Santo dei<br />

santi” menzionato <strong>in</strong> Dn 9:24, ma dissentiamo da loro, per le ragioni che diremo<br />

più avanti, sull’applicazione storica.<br />

Nell’Antico Testamento il superlativo “santissimo” ({yi$fdfq $edoq qodesh qodashîm)<br />

è applicato:<br />

346 - Mt 1:23; 2:5,17; 3:3; 4:14,16; 8:17; 11:10; 12:17-21; 13:14, 15, 35; 21:4,5,42;<br />

22:43,44; 26:31; 27:9,10.<br />

347 - H.C. LEUPOLD, op. cit., p. 416.<br />

348 - C. BOUTFLOWER, op. cit., p. 183, 184.<br />

349 - G. BERNINI, Daniele, p. 259.<br />

350 - G. RINALDI, op. cit., p. 128.<br />

264


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 265<br />

● alle vittime espiatorie: Le 6:25; 7:1;<br />

● all’altare: Es 29:37;<br />

● agli arredi e agli utensili del santuario: Es 30: 29;<br />

● al profumo sacro: Es 30:36;<br />

● ai doni e alle offerte presentati nel santuario: Nu 18:9; 2Cr 31:14;<br />

● ai pani della presentazione: Le 24: 5-9;<br />

● allo spazio dest<strong>in</strong>ato al tempio: Ez 43:12;<br />

● alla seconda stanza del santuario: Es 26:33; 1Re 6:16; 7:50; 8:6; 1Cr 6:49;<br />

2Cr 3:8; Ez 41:4; 45:3.<br />

● una volta sola il superlativo “santissimo” è riferito al sommo sacerdote:<br />

1Cr 23:13.<br />

Poiché dunque l’espressione qodesh qodashîm nell’Antico Testamento è riferita<br />

comunemente al santuario e alle cose sacre che gli erano pert<strong>in</strong>enti e una<br />

volta soltanto ad una persona, noi riteniamo che <strong>in</strong> Dn 9:24 la stessa espressione<br />

debba applicarsi al santuario piuttosto che alla figura del Messia 351. E poiché,<br />

per motivi che sono stati ampiamente esposti <strong>in</strong> questo commentario, noi rifiutiamo<br />

l’<strong>in</strong>terpretazione preterista delle profezie apocalittiche, non crediamo che il<br />

santuario menzionato <strong>in</strong> questo passo di Daniele sia da identificarsi col tempio<br />

di Gerusalemme profanato dal re di Siria nel II secolo a.C. Né risulta dai Vangeli<br />

o dagli iscritti di Giuseppe Flavio che il tempio giudaico sia stato riconsacrato al<br />

tempo del Messia, anzi 40 anni dopo la sua morte e risurrezione esso fu distrutto<br />

dai Romani e mai più venne ricostruito.<br />

In def<strong>in</strong>itiva noi riteniamo che 9:14 alluda alla consacrazione del santuario<br />

dei cieli dove il Messia risorto e assunto <strong>in</strong> cielo ha <strong>in</strong>iziato a svolgere il m<strong>in</strong>istero<br />

sacerdotale cont<strong>in</strong>uo come nostro mediatore (cfr. Eb 8:1,2; 9:11,12; 1Tm<br />

2:5). Il santuario di Dio <strong>in</strong> cielo, di cui quello terreno era solo “ombra e figura”<br />

(Eb 8:5), fu visto da Giovanni <strong>in</strong> visione (Ap 11:19; 15:5,8; 16:1,17). Il tempio di<br />

Dio <strong>in</strong> cielo fu consacrato dal Messia assunto “alla destra del Padre” dopo la risurrezione.<br />

La mirabile profezia delle 70 settimane è stata <strong>in</strong>terpretata almeno <strong>in</strong> tre<br />

modi diversi:<br />

a) <strong>in</strong> senso storico-preterista,<br />

b) <strong>in</strong> senso messianico <strong>in</strong>diretto,<br />

c) <strong>in</strong> senso messianico diretto.<br />

CAPIRE DANIELE<br />

L’<strong>in</strong>terpretazione storica preterista colloca cronologicamente i 490 anni<br />

della profezia danielica tra la distruzione di Gerusalemme ad opera dei Babilonesi<br />

nel 587 a.C. e l’epoca dei Maccabei (II secolo a.C.). Siffatta <strong>in</strong>terpretazione si<br />

riflette già nel testo greco dei LXX. L’ignoto traduttore giudeo alessandr<strong>in</strong>o, scor-<br />

351 - Cfr. S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 852.<br />

265


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 266<br />

CAPITOLO 9<br />

gendo <strong>in</strong> Dn 9 il riflesso dell’epoca dei Maccabei, non ha esitato a stravolgere il<br />

senso del testo ebraico dei vv. 24-27 per adattarlo alla figura storica di Antioco<br />

Epifane.<br />

“I primi ventitré versetti di questo capitolo - spiega Boutflower - nella Septuag<strong>in</strong>ta<br />

sono tradotti fedelmente, ma nei vv. 24-27, alla f<strong>in</strong>e del capitolo, la profezia<br />

orig<strong>in</strong>ale è irriconoscibile: il traduttore si è fatto <strong>in</strong>terprete e nel leggere la<br />

sua <strong>in</strong>terpretazione si rimane esterrefatti per il modo spietato con cui egli ha<br />

smembrato, deturpato e poi ricomposto secondo le sue idee preconcette quella<br />

che era stata una profezia stupenda e di grande significato” 352.<br />

La moderna lettura storico-critica di Daniele, anche se non ha stravolto il testo<br />

orig<strong>in</strong>ale, con qualche forzatura lo ha adattato al modello scelto dal traduttore<br />

dei LXX e adottato dopo dal pagano Porfirio.<br />

L’<strong>in</strong>terpretazione messianica <strong>in</strong>diretta accoglie <strong>in</strong>tegralmente la spiegazione<br />

storico-critica e la applica tipologicamente al Messia (è la l<strong>in</strong>ea esegetica di<br />

qualche espositore cattolico contemporaneo, come il prof. Giovanni R<strong>in</strong>aldi citato<br />

frequentemente <strong>in</strong> questo nostro lavoro).<br />

L’<strong>in</strong>terpretazione messianica diretta di 9:24-27 applica la profezia al<br />

Messia identificato con Gesù Cristo. Fu la l<strong>in</strong>ea esegetica seguita dai primi espositori<br />

della Chiesa f<strong>in</strong>o al V secolo. Per gli apologisti cristiani di quell’epoca Dn<br />

9:24-27 rappresentò il cavallo di battaglia nella polemica messianica con l’ebraismo.<br />

Oggi l’<strong>in</strong>terpretazione messianica diretta della profezia delle settimane è seguita<br />

da vari autori protestanti e da qualche commentatore cattolico, oltre che<br />

dagli Avventisti del settimo giorno (fra i primi va ricordato Boutflower e fra i secondi<br />

il canonico Vidal, meno conosciuto).<br />

25 Sappilo dunque, e <strong>in</strong>tendi! Dal momento <strong>in</strong> cui è uscito l’ord<strong>in</strong>e di<br />

restaurare e riedificare Gerusalemme f<strong>in</strong>o all’apparire di un unto,<br />

di un capo, vi sono sette settimane; e <strong>in</strong> sessantadue settimane essa<br />

sarà restaurata e ricostruita, piazze e mura, ma <strong>in</strong> tempi angosciosi.<br />

26 Dopo le sessantadue settimane, un unto sarà soppresso,<br />

nessuno sarà per lui. E il popolo d’un capo che verrà, distruggerà la<br />

città e il santuario; la sua f<strong>in</strong>e verrà come un’<strong>in</strong>ondazione; ed è decretato<br />

che vi saranno delle devastazioni s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e della guerra.<br />

27 Egli stabilirà un saldo patto con molti, durante una settimana; e <strong>in</strong><br />

mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e oblazione; e sulle ali<br />

delle abom<strong>in</strong>azioni verrà un devastatore; e questo, f<strong>in</strong>ché la completa<br />

distruzione, che è decretata, non piombi sul devastatore”.<br />

L’esegesi critico-liberale moderna applica nel modo seguente la profezia delle<br />

settimane: le prime sette sono poste fra la distruzione di Gerusalemme ad opera<br />

352 - C. BOUTFLOWER, op. cit., p. 170.<br />

266


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 267<br />

CAPIRE DANIELE<br />

di Nabucodonosor nel 587 a.C. 353 ed il decreto di Ciro a favore dei Giudei nel<br />

538 a.C. (l’<strong>in</strong>tervallo di tempo fra i due eventi è di 49 anni). Ciro, il re di Persia<br />

che permise ai Giudei nell’esilio di rimpatriare, è identificato col messia del v. 25<br />

(<strong>in</strong> Is 45:1 questo monarca orientale è effettivamente qualificato come l’unto del<br />

Signore).<br />

F<strong>in</strong> qui l’<strong>in</strong>terpretazione storico-critica fa co<strong>in</strong>cidere <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>eccepibile il<br />

dato numerico danielico con le date della storia. Ma non vi riesce quando tenta<br />

di applicare storicamente il secondo periodo temporale della profezia. Le 62 settimane<br />

successive (434 anni), <strong>in</strong> capo alle quali sarebbe stato soppresso l’unto<br />

(v. 26), sono fatte term<strong>in</strong>are nell’anno 171, quando fu assass<strong>in</strong>ato il sommo sacerdote<br />

Onia III identificato con l’“unto” del v. 26. I 7 anni dell’ultima settimana,<br />

a metà della quale sono soppressi i sacrifici (v. 27a), sono posti fra il 171 e il 165<br />

a.C. Nel 167 (non proprio a metà dei 7 anni !) Antioco IV abolì il sacrificio quotidiano.<br />

Fra il 538 a.C., l’anno dell’apparizione dell’“unto” del v. 25 secondo i critici,<br />

ed il 171 a.C., l’anno della soppressione violenta dell’ “unto” del v. 26 secondo la<br />

stessa fonte, c’è un <strong>in</strong>tervallo di 367 anni. Ma 69 settimane di anni (l’<strong>in</strong>tervallo di<br />

tempo che separa l’“unto” menzionato nel v. 25 da quello nom<strong>in</strong>ato nel v. 26)<br />

fanno 434 anni. La differenza rispetto al calcolo dei critici è di 65 anni, e non è<br />

poca ! A questo punto evidentemente i calcoli non tornano più.<br />

I fautori di questa <strong>in</strong>terpretazione cercano di cavarsela dicendo che l’autore<br />

di Daniele eseguì un calcolo sbagliato, perché un giudeo palest<strong>in</strong>ese del II secolo<br />

a.C. non poteva disporre dei dati cronologici esatti per stabilire la cronologia<br />

fra la distruzione di Gerusalemme nel 587 a.C. e la fissazione dell’era seleucidica<br />

nel 312 a.C.<br />

“In f<strong>in</strong> dei conti - contesta Boutflower - perché mai dovremmo pensare che<br />

uno scrittore palest<strong>in</strong>ese del 165 a.C. fosse talmente dis<strong>in</strong><strong>formato</strong> sulla cronologia<br />

del periodo fra il 586 e il 312 a.C. e <strong>in</strong> particolare sui due secoli di governo<br />

persiano fra il 539 e il 331 a.C.?<br />

ìSe i Giudei non ebbero sovrani nazionali <strong>in</strong> base ai quali poter calcolare gli<br />

anni, ebbero però una successione <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotta di sommi sacerdoti i cui anni di<br />

servizio dovevano certamente essere registrati” 354. Tale autore osserva poi che i<br />

Giudei del periodo persiano non furono affatto trascurati nell’uso delle date,<br />

come si ev<strong>in</strong>ce chiaramente dai libri di Aggeo, Zaccaria, Esdra e Nehemia nei<br />

353 - L’<strong>in</strong>terpretazione storico-critica di Dn 9:24-27 considera che la “parola” a partire dalla<br />

quale si devono contare le 7 e 62 settimane sia la profezia sulla durata dell’esilio <strong>in</strong> Gr 25:11<br />

e 29:10. Ma il primo vatic<strong>in</strong>io è del 605 a.C. (Gr 25:1) e il secondo del 596 (Gr 28:1). Per far<br />

partire le 70 settimane dal 587 a.C. si è supposto che il profeta avesse l’<strong>in</strong>tenzione di riferirsi<br />

all’<strong>in</strong>izio reale dell’esilio con l’ultima deportazione e la presa di Gerusalemme (cfr. G. RINALDI,<br />

op. cit., commento a Dn 9:25, p. 128).<br />

354 - C. BOUTFLOWER, op. cit., p. 177.<br />

267


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 268<br />

CAPITOLO 9<br />

quali sono riferiti eventi accaduti nel primo e secondo anno di Ciro, nel secondo,<br />

quarto e sesto anno di Dario I e nel settimo, ventesimo e trentaduesimo<br />

anno di Artaserse I, <strong>in</strong> non pochi casi riportando pers<strong>in</strong>o il giorno e il mese.<br />

I papiri di Elefant<strong>in</strong>a, poi, riferiscono fatti privati datati al quattordicesimo e<br />

ventesimo anno di Serse, al sesto, nono e ventitreesimo anno di Artaserse I e al<br />

terzo, settimo e tredicesimo anno di Dario II Noto; una lettera reca la data del 20<br />

di Marcheshvan dell’anno diciassettesimo di Dario II. Questi documenti registrano<br />

tutta una serie di eventi datati fra il 539 e il 408 a.C.<br />

“Non è verosimile - conclude Boutflower - che fosse disponibile abbastanza<br />

materiale documentario da permettere ad uno scrittore <strong>in</strong>telligente del 165 a.C.<br />

che lo avesse voluto di costruire un corretto schema cronologico sugli ultimi<br />

quattrocento anni? Se i documenti di famiglia di Elefant<strong>in</strong>a, tutti accuratamente<br />

datati, sono sopravvissuti f<strong>in</strong>o al ventesimo secolo, certamente deve esserci stata<br />

abbondanza di documenti datati, sia pubblici che privati, giunti f<strong>in</strong>o all’epoca del<br />

presunto autore del libro di Daniele, documenti che gli avrebbero consentito di<br />

calcolare con precisione l’<strong>in</strong>tervallo di tempo trascorso fra il decreto di Ciro e la<br />

morte del sommo sacerdote Onia III” 355.<br />

La comprensione del passo danielico richiede una lettura molto attenta. Intanto<br />

si deve osservare che la maggior parte delle traduzioni di Dn 9:25 separano<br />

le 7 dalle 62 settimane. Ecco un piccolo campionario di traduzioni <strong>in</strong> tre<br />

l<strong>in</strong>gue moderne diverse:<br />

268<br />

Sappilo dunque, e <strong>in</strong>tendi! dal momento <strong>in</strong> cui è uscito l’ord<strong>in</strong>e di restaurare<br />

e riedificare Gerusalemme f<strong>in</strong>o all’apparire di un unto, di un capo, vi<br />

sono sette settimane; e <strong>in</strong> sessantadue settimane essa sarà restaurata e ricostruita,<br />

piazze e mura, ma <strong>in</strong> tempi angosciosi. G. LUZZI.<br />

Sappi dunque e comprendi: Da quando è uscita la parola per far ritorno e<br />

ricostruire Gerusalemme, f<strong>in</strong>o ad un Consacrato, a un Pr<strong>in</strong>cipe, sette settimane.<br />

E per sessantadue settimane saran nuovamente riedificati piazza e<br />

fossato, ma <strong>in</strong> mezzo a tempi calamitosi. G. BERNINI<br />

Sappi e <strong>in</strong>tendi bene, da quando uscì la parola sul ritorno e la ricostruzione<br />

di Gerusalemme f<strong>in</strong>o a un pr<strong>in</strong>cipe consacrato, vi saranno sette settimane.<br />

Durante sessantadue settimane saranno restaurati, riedificati piazza e fossati,<br />

e ciò <strong>in</strong> tempi angosciosi. Versione C.E.I.<br />

Sappi e <strong>in</strong>tendi: dall’uscita della parola di tornare e di ricostruire Gerusalemme,<br />

f<strong>in</strong>o all’unzione di un capo: sette settimane. Per sessantadue settimane:<br />

piazza e fossato si ricostruiranno, ma <strong>in</strong> angustia di tempi. BIBBIA<br />

CONCORDATA.<br />

355 - Ibid., pp. 177-178.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 269<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Or sappi e <strong>in</strong>tendi: - Dall’uscita della parola di far ricostruire e riedificare<br />

Gerusalemme - f<strong>in</strong>o a un Unto-Capo - sette settimane - E per sessantadue settimane<br />

- sarà di nuovo edificata - piazza e fossa - e ciò <strong>in</strong> angustia di tempi.<br />

G. RINALDI.<br />

Sache donc et comprends. Depuis le surgissement d’une parole en vue de la<br />

reconstruction de Jérusalem, jusqu’à un messie-chef, il y aura sept septéneires.<br />

Pendant soixante-deux septénaires, places et fossés seront rebâtis, mais<br />

dans ladétresse des temps. TOB.<br />

Sache donc et comprends: depuis qu’est parti le comandement de rebâtir Jérusalem<br />

jusqu’à un o<strong>in</strong>t, un chef, il y a sept sema<strong>in</strong>es; et pendant soixantedeux<br />

sema<strong>in</strong>es elle sera rebâtie, place et fossé, et cela dans la detresse des<br />

temps. CRAMPON.<br />

Sache donc et comprends ceci: depuis la parole ordonnant de retablir et<br />

rebâtir Jérusalem, jusqu’à la venu de l’O<strong>in</strong>t, du Conducteur, il y a sept sema<strong>in</strong>es.<br />

Puis pendant soixante-deux sema<strong>in</strong>es, les places et les remparts de<br />

Jérusalem seront rebâtis, mais en des temps difficiles. VERSION SYNODALE.<br />

Know therefore and discern, that from the go<strong>in</strong>g forth of the commandment<br />

to restore and to build Jerusalem unto the ano<strong>in</strong>ted one, the pr<strong>in</strong>ce, shall be<br />

seven weeks; and threescore and two weeks, it shall be built aga<strong>in</strong>, with<br />

street, and moat, even <strong>in</strong> troublous time. REVISED VERSION.<br />

Learn, therefore, and understand: “From the go<strong>in</strong>g forth of the word to restore<br />

and rebuilt Jerusalem, till there comes a pr<strong>in</strong>ce, an ano<strong>in</strong>ted one, there<br />

shall be seven weeks; then for sixty-two weeks it shall be rebuilt with its squares<br />

and streets. AMERICAN TRANSLATION.<br />

Alcune versioni, contrariamente a quelle citate sopra, congiungono le sette e le<br />

sessantadue settimane. Anche di queste presentiamo un ridotto campionario <strong>in</strong><br />

tre l<strong>in</strong>gue:<br />

Sappi adunque, e <strong>in</strong>tendi, che da che sarà uscita la parola che Gerusalemme<br />

sia riedificata, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>o al Messia, Capo dell’esercito, vi saranno sette<br />

settimane, e altre sessantadue settimane, nelle quali saranno di nuovo edificate<br />

le piazze, e le mura, e i fossi; e ciò <strong>in</strong> tempi angosciosi. G. DIODATI.<br />

Sappi, adunque, e nota attentamente: Da quando uscirà l’editto per la riedificazione<br />

di Gerusalemme, f<strong>in</strong>o al Cristo pr<strong>in</strong>cipe, vi saranno sette settimane,<br />

e sessantadue settimane; e saran di nuovo edificate le piazze e le muraglie<br />

<strong>in</strong> tempi di angustia. MARTINI.<br />

Sappi dunque e considera bene; dall’emanazione della parola aff<strong>in</strong>ché sia<br />

269


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 270<br />

CAPITOLO 9<br />

edificata di nuovo Gerusalemme, f<strong>in</strong>o a un Unto, un pr<strong>in</strong>cipe, ci saranno<br />

settimane sette e settimane sessantadue; e di nuovo saranno riedificate le<br />

piazze e le mura <strong>in</strong> tempi di angustia. G. RICCIOTTI.<br />

Ecco quel che tu devi sapere e comprendere: dal momento <strong>in</strong> cui è stato pronunziato<br />

il messaggio che riguarda il ritorno dall’esilio e la ricostruzione di<br />

Gerusalemme f<strong>in</strong>o all’apparizione di un condottiero consacrato devono passare<br />

sette periodi di sette anni e sessantadue periodi di sette anni; e questo ritorno<br />

dall’esilio e questa ricostruzione della città e delle fortificazioni si faranno<br />

<strong>in</strong> tempi difficili. TILC.<br />

Prends-en conaissance et <strong>in</strong>telligence: Depuis l’<strong>in</strong>stant que sortit cette parole:<br />

‘Qu’on revienne et qu’on rebâtisse Jérusalem jusqu’à un Pr<strong>in</strong>ce-Messie, sept<br />

sema<strong>in</strong>es et soixante-deux sema<strong>in</strong>es, restorés, rebâtis places et remparts mais<br />

dans l’angoisse des temps. BIBLE DE JÉRUSALEM.<br />

Tu saurais donc, et tu l’entendrais, que depuis que la parole sera sortie pour<br />

s’en retourner et pour rebâtir Jérusalem, jusqu’au CHRIST le Conducteur, il y<br />

a sept sema<strong>in</strong>es et soixante-deux sema<strong>in</strong>es; et les places et la brèche seront<br />

rebâties dans un temps facheux. OSTERVALD.<br />

Know therefore and understand, that from the go<strong>in</strong>g forth of the commandment<br />

to restore and built Jerusalem, unto the Pr<strong>in</strong>ce, shall be seven and threescore<br />

and two weeks: the street shall be built, and the wall, even <strong>in</strong> troublous<br />

time. KING’S JAMES VERSION.<br />

Il congiungimento o la separazione dei due segmenti temporali non è il risultato<br />

di una scelta arbitraria da parte dei traduttori, dipende dall’avere dato credito a<br />

un modello testuale piuttosto che a un altro. Le versioni che disgiungono le sette<br />

e le sessantadue settimane seguono il testo ebraico masoretico (TM), quelle che<br />

le uniscono si appoggiano alle versioni antiche (la versione greca di Teodozione<br />

o la versione lat<strong>in</strong>a di Girolamo, la Vulgata). Sotto trascriviamo il testo ebraico<br />

(masoretico) e la sua traslitterazione:<br />

270<br />

hf(:bi$ {yi(ubf$ dyigæn axyi$fm-da( i{alf$Urºy tOn:bilºw byi$fh:l rfbfd )fcom-}im l"K:&atºw (ad"tºw<br />

;{yiTi(fh qOc:bU jUrfxºw bOx:r hftºn:bénºw bU$fT {éyán:$U {yi


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 271<br />

Sotto la parola shiv‘ah (“sette”) i masoreti hanno posto un accento disgiuntivo<br />

(atnach) la cui funzione può essere paragonata a quella del nostro punto e virgola<br />

o punto fermo.<br />

Questo segno dovrebbe dividere <strong>in</strong> due la frase tra le parole “sette” e “sessantadue”,<br />

donde la separazione dei due numerali nella maggior parte delle versioni.<br />

Il prof. Doukhan, docente di Antico Testamento e letteratura ebraica, rileva che<br />

nelle enumerazioni di unità di misura (talenti, sicli, settimane, giorni ecc...) o nei<br />

numeri alti, l’atnach spesso assume la funzione di accento congiuntivo anziché<br />

disgiuntivo, e cita tre esempi 356:<br />

“E l’argento di quelli della raunanza dei quali si fece il censimento, fu cento<br />

talenti (atnach) e mille settecento settantac<strong>in</strong>que sicli, secondo il siclo di santuario”<br />

(Es. 38:25).<br />

“Il rame delle offerte ammontava a settanta talenti (atnach) e duemila quattrocento<br />

sicli” (Es. 38:29).<br />

“Tutti quelli dei quali fu fatto il censimento furono seicentotremila (atnach)<br />

c<strong>in</strong>quecento c<strong>in</strong>quanta” (Nu 1:46).<br />

Ai passi riportati sopra si può aggiungere Nu 26:51:<br />

CAPIRE DANIELE<br />

“Tali sono le famiglie di Neftali secondo le loro famiglie. Le persone censite<br />

furono seicentomila (atnach) settecentotrenta”.<br />

Esattamente come nei passi citati sopra, <strong>in</strong> Dn 9:25 l’atnach è posto tra due parti<br />

di un numero:<br />

Sappi e considera, dall’uscita di una parola per restaurare e riedificare Gerusalemme<br />

f<strong>in</strong>o a un unto-capo settimane sette (atnach) e settimane sessantadue.<br />

Il testo masoretico risale al IX secolo; anteriori ad esso sono le antiche versioni<br />

già ricordate della Bibbia ebraica: la greca di Teodozione, del II secolo, la lat<strong>in</strong>a<br />

detta Vulgata, del V secolo, alle quali bisogna aggiungere la Siriaca, del II secolo.<br />

Ecco come hanno reso Dn 9:25 Teodozione e Girolamo:<br />

356 - JACQUES DOUKHAN, op. cit., p. 209.<br />

271


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 272<br />

CAPITOLO 9<br />

kaiìì gnw¯sv kaiìì sunh/seij a)po\ e)co/dou lo/gou tou= a)pokriqh=nai kaiìì<br />

tou= oi )kodomh=sai Ierousalhm eÀwj xristou= h(goume/nou e(bdoma/dej<br />

e(pta\ kaiìì e(bdoma/dej e(ch/konta du/o kaiìì e)pistre/yei kaiìì oi )kodomhqh/setai<br />

plateiÍa kaiìì teiÍxoj kaiìì e)kkenwqh/sontai oi ( kairoi¿<br />

Kaì gnose kaì sunéseis ’apò ’exòdou lògou tou ’apokrithenai, kaì tou oikodomèsai<br />

‘Ierousalèm ’eos Christou ‘egouménou ’ebdomades ‘eptà kai ‘ebdomades<br />

‘exekountadùo kaì ’epistréfei kaì oikodomethésetai plateìa, kaì teichos,<br />

kaì ekkenothésontai oi kairoì.<br />

E sappi e comprendi: dall’uscita di una parola per tornare ed edificare Gerusalemme<br />

f<strong>in</strong>o a un Unto, un capo, settimane sette e settimane sessantadue, e si ritornerà<br />

e sarà ricostruita piazza e mura e angosciosi (saranno) i tempi.<br />

Scito ergo et animadverte: Ab exitus sermonis ut iterum aedificetur Ierusalem<br />

usque ad Christum ducem, hebdomades septem et hebdomades sexag<strong>in</strong>ta<br />

duae erunt, et sursum aedificabitur platea et muri <strong>in</strong> angustia temporum.<br />

Sappi dunque e comprendi: Dall’uscita della parola perché sia riedificata<br />

Gerusalemme f<strong>in</strong>o a un Cristo condottiero, vi saranno settimane sette e settimane<br />

sessantadue e sarà riedificata piazza e mura <strong>in</strong> tempi di angustia.<br />

Boutflower sottol<strong>in</strong>ea l’importanza degli accenti nel sistema di puntazione masoretica<br />

per <strong>in</strong>dicare la cont<strong>in</strong>uità o la separazione fra una parola e le parole che la<br />

precedono e la seguono, ma aggiunge che essi sono più che semplici segni di<br />

punteggiatura, sono accenti veri e propri e come tali si prestano a evidenziare<br />

pause e accentuazioni enfatiche.<br />

Secondo questo autore Dn 9:25 è un esempio di accentuazione enfatica. I puntatori<br />

masoretici vollero richiamare l’attenzione sul fatto che le 69 settimane che<br />

precedono la venuta del Messia, per qualche buona ragione sono divise <strong>in</strong> due<br />

tronconi di 7 e 62 settimane. Boutflower cita tre esempi di accentuazione enfatica<br />

segnata con l’atnach tolti dal libro di Daniele:<br />

272<br />

“Allora quegli uom<strong>in</strong>i accorsero tumultuosamente e trovarono Daniele (atnach)<br />

che faceva richieste e supplicazioni al suo Dio” (6:11).<br />

“Il primo anno del suo regno io, Daniele, meditando sui libri (atnach) vidi<br />

che il numero degli anni ecc...” (9:2).<br />

“Or questo Daniele si dist<strong>in</strong>gueva più dei capi e dei satrapi (atnach) perché<br />

c’era <strong>in</strong> lui uno spirito straord<strong>in</strong>ario ecc...” (6:3).<br />

Il testo ebraico dei tre versetti citati ha questo segno sotto la parola preceduta<br />

dall’<strong>in</strong>dicazione “atnach” tra parentesi:


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 273<br />

CAPIRE DANIELE<br />

“Sarebbe davvero strano - osserva Boutflower - <strong>in</strong>dicare sessantanove settimane<br />

con l’espressione ‘sette settimane e sessantadue settimane se non ci fosse una ragione<br />

per farlo, se non ci fosse cioè un motivo per dividere <strong>in</strong> due il periodo e<br />

anteporre il numero m<strong>in</strong>ore al numero maggiore.<br />

Ma una ragione c’è, ed è che le prime sette settimane dovevano testimoniare<br />

la restaurazione e ricostruzione di Gerusalemme ‘<strong>in</strong> tempi di angustia’, poiché<br />

questo era per il veggente un motivo di ansia per via dell’enormità del peccato<br />

nazionale ... le prime sette settimane sono comprese come un periodo di ricostruzione<br />

mentre le successive sessantadue sono lasciate <strong>in</strong> bianco non essendovi<br />

alcun evento particolare da associare ad esse” 357.<br />

L’unico scopo di questo secondo periodo somMto al primo è di fissare il<br />

tempo della morte violenta del Messia: “dopo le sessantadue settimane un unto<br />

sarà soppresso”.<br />

Contrariamente all’<strong>in</strong>terpretazione storico-critica, l’esegesi ortodossa di 9:24-<br />

27 identifica l’unto soppresso dopo le sessantadue settimane con l’unto-pr<strong>in</strong>cipe<br />

che deve apparire <strong>in</strong> capo alle sette e sessantadue settimane (v. 25). In entrambi<br />

i casi “unto” compare senza l’articolo, ma lo stato <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato del nome non è<br />

motivo per mettere <strong>in</strong> discussione il senso messianico della profezia. Osserva<br />

giustamente Boutflower che i term<strong>in</strong>i mâshiach (“unto”) e nagîd (“pr<strong>in</strong>cipe”) essendo<br />

titoli, sono trattati come nomi propri e come tali nell’ebraico non richiedono<br />

l’articolo.<br />

Lo confermano casi paralleli citati da questo medesimo autore. In Gr 20:1<br />

compare il nome composto pâqid-nagîd, “sovra<strong>in</strong>tendente-capo”, titolo ufficiale<br />

di un funzionario del tempio; <strong>in</strong> Is 9:5 uno dei titoli del messia futuro è ’Elgibbôr,<br />

“Dio potente”; <strong>in</strong> Is 26:4 Dio è chiamato Yah-Yehowa. Inf<strong>in</strong>e <strong>in</strong> Dn 2:45<br />

appare il titolo div<strong>in</strong>o ’Elâh-rav, “Dio grande”. In tutti questi casi i titoli composti<br />

di due parole sono privi dell’articolo.<br />

Nel secolo ventesimo l’<strong>in</strong>terpretazione messianica diretta di Dn 9:24-27 -<br />

della quale Charles Boutflower è un esponente autorevole - nella forma più accurata<br />

è stata formulata da Honteim nel 1906 e più vic<strong>in</strong>o a noi da Closen nel<br />

1938 358. Prima dell’Honteim comunque diversi espositori di estrazione cattolica e<br />

protestante sostennero con buoni argomenti l’<strong>in</strong>terpretazione messianica diretta<br />

della profezia delle settimane. Fra i cattolici ricorderemo l’abate Jules Fabre d’Envieu<br />

e fra i protestanti il teologo Carl August Auberlen.<br />

Il commentario di J. Fabre d’Envieu fu pubblicato a Parigi fra il 1888 e il<br />

1891 <strong>in</strong> 4 volumi di cui due d’<strong>in</strong>troduzione. Su Dn 9:25 questo autore si esprime<br />

nei term<strong>in</strong>i seguenti:<br />

“Le sette settimane sono collegate con le ‘piazze e le mura che saranno ricostruite,<br />

onde <strong>in</strong> capo a quarantanove anni Gerusalemme sarà di nuovo<br />

una città. Le sessantadue settimane sono <strong>in</strong> rapporto con gli avvenimenti <strong>in</strong>-<br />

357 - C. BOUTFLOWER, op. cit., pp. 185-186.<br />

358 - Vedi G. RINALDI, op. cit., p. 131.<br />

273


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 274<br />

CAPITOLO 9<br />

dicati nei vv. 26 e 27. Ogni <strong>in</strong>ciso ha così il suo <strong>in</strong>izio preciso e il suo term<strong>in</strong>e<br />

sicuro. Abbiamo tre drammi, ciascuno col suo punto <strong>in</strong>iziale ed il suo<br />

punto f<strong>in</strong>ale nettamente <strong>in</strong>dicati.<br />

L’<strong>in</strong>tero periodo conduce f<strong>in</strong>o ad un’ultima settimana, all’ultimo dramma<br />

che comprende il m<strong>in</strong>istero e la morte del Messia” 359.<br />

L’opera di C.A. Auberlen apparve <strong>in</strong> Germania nel 1854. Nel 1880 ne fu pubblicata<br />

a Losanna un’edizione <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua francese a cura di H.De Rougemont. Da<br />

essa traiamo il commento che segue su 9:25:<br />

“La prima spiegazione aggiunta a questa profezia del tutto generica contenuta<br />

nel v. 24 è che l’apparizione del Messia (stavolta designato espressamente)<br />

non avrà luogo - come certamente Daniele aveva sperato - subito<br />

dopo la cattività, e non co<strong>in</strong>ciderà con la restaurazione del popolo e la ricostruzione<br />

della città, ma al contrario fra questi avvenimenti e l’affermazione<br />

del Messia dovrà esserci un <strong>in</strong>tervallo di sette e sessantadue settimane di<br />

anni (69 <strong>in</strong> tutto). Nelle prime sette Gerusalemme sarà, sì, ricostruita, ma non<br />

ancora con quella gloria messianica e div<strong>in</strong>a promessa da Geremia (31:38-40)<br />

o da Isaia (54:11 e ss; 40-62)...<br />

“Così l’angelo distoglie lo sguardo di Daniele dalla f<strong>in</strong>e della cattività e lo fa<br />

volgere verso la f<strong>in</strong>e della sessantanovesima settimana, quando il Messia<br />

dovrà comparire” 360.<br />

Più vic<strong>in</strong>o a noi altri espositori cattolici e protestanti hanno compreso e spiegato<br />

Dn 9:24-27 <strong>in</strong> chiave messianica diretta. Tra i cattolici citiamo E. Philippe:<br />

274<br />

“Alle date e ai fatti del testo rispondono le date e i fatti della vita di Gesù ed<br />

essi soltanto. Le settanta settimane (490 anni) term<strong>in</strong>ano con l’apparizione<br />

dei beni messianici...<br />

“La città è riedificata nelle prime sette settimane (49 anni), e fra quali angustie<br />

come sappiamo da Esdra ! Sessantadue settimane dopo (434 anni) il<br />

Cristo è messo a morte. Poi il popolo che lo ha r<strong>in</strong>negato è reietto a sua<br />

volta. Inf<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> un tempo successivo, la città e il Tempio vengono distrutti<br />

dall’esercito di Tito e la rov<strong>in</strong>a e le devastazioni cont<strong>in</strong>uano. Nella settantesima<br />

settimana Gesù <strong>in</strong>augura la sua alleanza con gli Apostoli, prima di<br />

tutto, poi i sacrifici antichi sono aboliti e poco tempo appresso nel Tempio<br />

sono perpetrati misfatti orrendi dagli idolatri e dagli stessi Zeloti, e una<br />

guerra devastante provoca una desolazione irreparabile” 361.<br />

359- J. FABRE D’ENVIEU, Le livre du Prophète Daniel, tomo II, parte seconda, p. 942.<br />

360 - C.A. AUBERLEN, Le prophète Daniel et l’Apocalypse de Sa<strong>in</strong>t Jean, a cura di H.DE ROUGEMONT<br />

1880, pp. 128-129.<br />

361 - E. PHILIPPE, “Daniel” <strong>in</strong> Dictionnaire de la Bible a cura di F. VIGOUROUX, Parigi 1926, tomo II,<br />

colonna 1281.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 275<br />

Il pensiero del protestante Charles Boutflower sulla profezia delle settimane è<br />

stato riportato nelle pag<strong>in</strong>e precedenti (l’opera dalla quale è stato att<strong>in</strong>to, In and<br />

Around the Book of Daniel, è del 1923).<br />

Ancora un pensiero di fonte protestante sull’<strong>in</strong>terpretazione di Dn 9:24-27:<br />

CAPIRE DANIELE<br />

“L’<strong>in</strong>terpretazione messianica tradizionale - scrive il prof. Edward J. Young -<br />

comporta difficoltà m<strong>in</strong>ori rispetto alle altre <strong>in</strong>terpretazioni e nel medesimo<br />

tempo rende giustizia al testo. Secondo questa <strong>in</strong>terpretazione ‘settanta settimaneí<br />

è un’espressione simbolica per <strong>in</strong>dicare il periodo nel quale dovrà<br />

compiersi la salvezza messianica che è stata decretata (v. 24). Nel v. 25 si<br />

dice che due segmenti di tempo dovranno trascorrere tra l’uscita di una parola<br />

da parte di Dio riguardo la ricostruzione di Gerusalemme e l’apparizione<br />

del Cristo. Dopo che saranno trascorsi questi due segmenti di tempo,<br />

il Messia sarà messo a morte e Gerusalemme e il tempio saranno distrutti<br />

dalle milizie romane di Tito. Il Messia farà cessare con la sua morte i sacrifici<br />

giudaici e questo avverrà a metà della settantesima settimana” 362.<br />

Un’esposizione dettagliata dell’<strong>in</strong>terpretazione messianica diretta di Dn 9:24-27<br />

confermerà il giudizio del prof. Young sulla maggiore aderenza di questa spiegazione<br />

al l<strong>in</strong>guaggio del testo danielico.<br />

La “parola” (davar), dalla uscita della quale dovrà <strong>in</strong>iziare il conteggio delle<br />

7 e 62 settimane, è il primo elemento di cui è essenziale cogliere il significato<br />

per una retta <strong>in</strong>telligenza della profezia.<br />

Se “parola” si riferisse ad una dichiarazione già nota 363 - dunque al passato<br />

- davâr dovrebbe avere l’articolo. Invece questo vocabolo non è preceduto<br />

dall’articolo: m<strong>in</strong> motzah davar... (“dall’uscita di ‘una’ parola...”). “Parola” <strong>in</strong> 9:25<br />

essendo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato deve perciò riferirsi ad una dichiarazione non ancora conosciuta,<br />

una dichiarazione futura. Dovrà essere una risposta umana a quella<br />

“parola” div<strong>in</strong>a “uscita” <strong>in</strong> cielo a seguito della preghiera di Daniele, quella “parola”<br />

che Gabriele è venuto a comunicargli: “Al pr<strong>in</strong>cipio delle tue supplicazioni<br />

una parola è uscita; ed io son venuto a comunicartela” (9:23) 364.<br />

La profezia anticipa gli eventi, non li determ<strong>in</strong>a, come le previsioni meteorologiche<br />

annunciano i cambiamenti del tempo ma non ne sono la causa. Per<br />

fare risorgere dalle rov<strong>in</strong>e una città ribelle come Gerusalemme (Ed 4:12; Ne 6:5-<br />

6) <strong>in</strong> un paese come Giuda tuttora sottoposto a sudditanza verso uno Stato straniero<br />

(Ne 9:36-37), ci voleva impresc<strong>in</strong>dibilmente un editto reale. I Giudei rimpatriati<br />

da Babilonia dopo il decreto di Ciro formavano una comunità religiosa<br />

362 - E.J. YOUNG, The New Bible Commentary, Londra 1970. commento a Dn 9:27, p. 700.<br />

363 - Vedi Appendice B a f<strong>in</strong>e capitolo.<br />

364 - Cfr. C.BOUTFLOWER, op. cit., p. 187.<br />

275


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 276<br />

CAPITOLO 9<br />

raccolta <strong>in</strong>torno al suo ricostruito santuario, non una nazione <strong>in</strong>dipendente. La<br />

ricostruzione della città senza l’espresso consenso del sovrano di Persia avrebbe<br />

costituito praticamente un’implicita dichiarazione di <strong>in</strong>dipendenza che il Gran Re<br />

non avrebbe certo tollerato. Siamo a conoscenza di almeno tre decreti imperiali<br />

persiani <strong>in</strong> favore dei Giudei deportati <strong>in</strong> Babilonia o rimpatriati da essa.<br />

I. IL DECRETO DI CIRO II. Fu il primo editto reale favorevole ai Giudei;<br />

esso verosimilmente fu emanato un anno dopo la conquista persiana di Babilonia,<br />

cioè nel 538 a.C. Di questo editto abbiamo nell’Antico Testamento due versioni,<br />

una abbreviata <strong>in</strong> 2Cr 36:23 ed una più estesa <strong>in</strong> Ed 1:2-4, ambedue <strong>in</strong>trodotte<br />

da una nota redazionale quasi identica contenente la data del documento<br />

ed una notazione teologica.<br />

L’estensore (probabilmente lo stesso per le due versioni) vede nel decreto<br />

reale il compimento della profezia di Gr 29:10. Il documento persiano, redatto <strong>in</strong><br />

term<strong>in</strong>i molto rispettosi verso la fede ebraica, autorizza: 1) il rimpatrio da Babilonia<br />

degli esuli giudei; 2) la ricostruzione del tempio di “Yahweh, l’Iddio dei cieli”<br />

<strong>in</strong> Gerusalemme; 3) l’assistenza materiale ai rimpatriandi da parte delle popolazioni<br />

di cui essi percorreranno i territori. Nell’editto di Ciro manca qualsiasi accenno<br />

ad una ricostruzione di Gerusalemme.<br />

II. IL DECRETO DI DARIO I. I reduci da Babilonia <strong>in</strong> seguito al decreto di<br />

Ciro ricostruirono subito l’altare e riprist<strong>in</strong>arono i sacrifici, compreso l’olocausto<br />

quotidiano (Ed 3:3).<br />

Poi gettarono le fondamenta del tempio (Ed 3:10-11), ma l’opposizione tenace<br />

dei nemici li costr<strong>in</strong>se a sospendere i lavori (Ed 4:4). La ricostruzione del<br />

sacro edificio fu ripresa una qu<strong>in</strong>dic<strong>in</strong>a di anni dopo - l’anno secondo di Dario I,<br />

il 520 a.C. - per l’<strong>in</strong>coraggiamento dei profeti Aggeo e Zaccaria (Ed 4:5, 24; 5:1-<br />

2). L’<strong>in</strong>tervento dell’autorità persiana, probabilmente sollecitato dai nemici dei<br />

Giudei, non comportò un’<strong>in</strong>terruzione immediata dei lavori (Ed 5:3-5). Dietro<br />

una relazione obiettiva dei funzionari reali (Ed 5:7-17), il re Dario promosse<br />

un’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e negli archivi reali di Babilonia e di Ecbatana e <strong>in</strong> quest’ultima località<br />

fu r<strong>in</strong>tracciata la copia del decreto di Ciro (Ed 6:1-5).<br />

Con un suo editto Dario ratificò il decreto di Ciro ord<strong>in</strong>ando perentoriamente:<br />

1) che si lasciassero proseguire i lavori per la ricostruzione del tempio<br />

dei Giudei <strong>in</strong> Gerusalemme; 2) che le spese necessarie si detraessero dalle imposte<br />

reali riscosse nella satrapia transeufratica; 3) che si fornisse ai sacerdoti giudei<br />

di Gerusalemme tutto il necessario per lo svolgimento regolare delle pratiche<br />

cultuali.<br />

L’editto term<strong>in</strong>a con m<strong>in</strong>acce di sanzioni molto severe per gli <strong>in</strong>adempienti<br />

e con l’ord<strong>in</strong>e di esecuzione immediata delle disposizioni reali (Ed 6:6-12). Anche<br />

questo documento ufficiale della cancelleria reale persiana omette ogni riferimento<br />

alla ricostruzione di Gerusalemme.<br />

Il tempio fu riscotruito <strong>in</strong> 4 anni. L’anno sesto di Dario, il 515 a.C., fu solennemente<br />

dedicato al culto (Ed 6:15-16). Ma le mura della città rimasero demolite<br />

per il resto del regno di Dario, per tutto il tempo del regno di Serse I (486-465) e<br />

276


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 277<br />

CAPIRE DANIELE<br />

f<strong>in</strong>o all’anno ventesimo del regno di Artaserse I, il 444 a.C. (Ne 5:14; 6:15),<br />

quando erano trascorsi 94 anni dal primo decreto e 76 dal secondo.<br />

III. IL DECRETO DI ARTASERSE I. L’identificazione dell’Artaserse nom<strong>in</strong>ato<br />

<strong>in</strong> Esdra 7 è controversa: gli studiosi sono divisi tra Artaserse I Longimane<br />

(465-423 a.C.) e Artaserse II Mnemone (405/04-359/58 a.C.). Quelli che optano<br />

per la seconda alternativa <strong>in</strong>vertono l’ord<strong>in</strong>e biblico Esdra-Nehemia anticipando<br />

la missione di Nehemia a Gerusalemme rispetto a quella di Esdra. Questa opzione<br />

non è però esente da serie difficoltà e non possono nasconderlo quanti la<br />

difendono; d’altra parte i problemi che presenta l’altra alternativa non sono affatto<br />

<strong>in</strong>solubili (vedi la nota 365).<br />

“Non ci sono motivi per dubitare dell’esattezza del racconto biblico”, scrive<br />

Stafford Wright a proposito della successione cronologica Esdra-Nehemia<br />

nell’Antico Testamento 365.<br />

L’esegesi ortodossa di Daniele, rispettosa dell’ord<strong>in</strong>e cronologico biblico riguardo<br />

agli <strong>in</strong>terventi di Esdra e Nehemia nella madrepatria, identifica Artaserse I<br />

Longimane nel personaggio con questo nome che compare nel cap. 7 del libro<br />

di Esdra. Noi diamo qui per scontato che questo sia esatto e che per conseguenza<br />

Esdra anticipasse Nehemia (gli argomenti a giustificazione di questa opzione<br />

sono esposti nella nota 365).<br />

Esdra, sacerdote e scriba versato nella legge di Mosè (Ed 7:6), rimpatriò da<br />

Babilonia col permesso del re Artaserse I l’anno settimo del regno di questo sovrano,<br />

e con lui rimpatriò un gruppo di alcune migliaia di connazionali fra i<br />

quali figuravano sacerdoti, leviti e altri appartenenti al personale del tempio (Ed<br />

7:7). La partenza da Babilonia avvenne nella primavera del 457 a.C. e l’arrivo a<br />

Gerusalemme 4 mesi dopo, nell’estate dello stesso anno. Esdra aveva con sè un<br />

decreto del re Artaserse che concedeva notevoli privilegi alla comunità dei reduci<br />

dall’esilio. Questo è il più esteso e il più completo degli editti reali persiani<br />

<strong>in</strong> favore dei Giudei.<br />

In generale gli espositori ortodossi di Daniele considerano che sia questo<br />

decreto la “parola” per riedificare e restaurare Gerusalemme (9:25) e di conseguenza<br />

fanno decorrere le 70 settimane dall’anno 457 a.C. 366. Noi riteniamo del<br />

tutto corretta questa data e da essa <strong>in</strong>iziamo il conteggio delle 7 e 62 settimane<br />

che debbono condurre f<strong>in</strong>o al Messia.<br />

Quattro dei c<strong>in</strong>que espositori citati nelle pag<strong>in</strong>e precedenti (C. Boutflower,<br />

J. Fabre d’Envieu, C.A.Auberlen ed E.Philippe) sono concordi nel dire che durante<br />

le prime sette settimane doveva compiersi la ricostruzione di Gerusalemme<br />

e <strong>in</strong> capo alle successive sessantadue doveva comparire il Messia.<br />

365 - J.STAFFORD WRIGHT, The Date of Ezra’s com<strong>in</strong>g to Jerusalem, 1958, XI c.<br />

366 - Vedi C.BOUTFLOWER, op. cit, p. 185; CANONICO G. VIDAL, La prophécie des Sema<strong>in</strong>es, Algeri<br />

1947, pp. 79-83; C.A.AUBERLEN, op. cit., pp. 154, 161; J.DOUKHAN, op. cit., pp. 203-204 ecc...).<br />

277


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 278<br />

CAPITOLO 9<br />

Che sia così lo si vede se si tiene conto della struttura letteraria del v. 25,<br />

una struttura rispondente allo schema A1 - B1, A2 - B2 :<br />

A1 - “... f<strong>in</strong>o a un Unto-Pr<strong>in</strong>cipe B1 - settimane sette<br />

A2 - e settimane sessantadue B2 - essa sarà restaurata<br />

e ricostruita...”<br />

Se colleghiamo A1 e A2 notiamo che il Messia dovrà comparire alla f<strong>in</strong>e<br />

delle sessantadue settimane.<br />

Parimenti se colleghiamo B1 e B2 ci rendiamo conto che la restaurazione e<br />

ricostruzione di Gerusalemme dovranno compiersi <strong>in</strong> capo a sette settimane.<br />

L’ultima frase del v. 25 preannuncia tempi calamitosi (bezoq ha‘iththîm) <strong>in</strong><br />

concomitanza con la ricostruzione materiale della città santa. In effetti la riedificazione<br />

di Gerusalemme avvenne tra enormi difficoltà per l’opposizione ost<strong>in</strong>ata<br />

e talvolta violenta dei Samaritani, irritati dal rifiuto opposto da Zorobabele alla<br />

loro offerta di collaborazione nell’opera di ricostruzione (Ed 4:1-4). Furono ostacolate<br />

<strong>in</strong> ogni maniera possibile - e <strong>in</strong> certi momenti impedite - la riedificazione<br />

del tempio (Ed 4:4-5, 24) e della città col suo muro di c<strong>in</strong>ta (Ed 4:7-23). Poi, durante<br />

la missione di Nehemia a Gerusalemme 13 anni dopo Esdra, i costruttori<br />

giudei dovettero fare i conti con un <strong>in</strong>dividuo potente che fu l’anima nera<br />

dell’opposizione antigiudaica, il samaritano Sanballat, spalleggiato da due altri<br />

nemici dei Giudei, l’ammonita Tobia e l’arabo Gheshem (Ne 2:10; 4:7-8; 6:1-7).<br />

Tanto seria fu la m<strong>in</strong>accia di Sanballat e dei suoi alleati che durante i lavori sul<br />

muro cittad<strong>in</strong>o Nehemia dovette disporre delle sent<strong>in</strong>elle armate e dovette pers<strong>in</strong>o<br />

armare i lavoratori (Ne 4:7-18, 21).<br />

All’<strong>in</strong>izio di questo secolo il nome di Sanballat è comparso <strong>in</strong> un papiro<br />

aramaico del V secolo a.C. scoperto da poco. Si trattava della copia di una lettera<br />

che il capo della comunità giudaica di Elefant<strong>in</strong>a - un’isola <strong>in</strong> mezzo al Nilo di<br />

fronte ad Assuan - scrisse al governatore persiano di Giuda <strong>in</strong> Samaria, Bagoa,<br />

per sollecitare l’autorizzazione a ricostruire il tempio della comunità che i nemici<br />

egiziani avevano distrutto. L’autore della missiva dice di avere scritto anche a<br />

“Delaya e Shelemyah, i figli di S<strong>in</strong>uballit governatore di Samaria” (S<strong>in</strong>uballit è la<br />

forma babilonese del nome di Sanballat). Dato l’alto <strong>in</strong>carico pubblico ricoperto<br />

da Sanballat messo <strong>in</strong> luce da questo documento, si capisce perché fosse tanto<br />

temibile la sua opposizione contro i Giudei.<br />

All’epoca di questa lettera (il papiro n. 30 della collezione Cowley) Sanballat,<br />

se era ancora <strong>in</strong> vita, aveva un’età molto avanzata e non era più <strong>in</strong> carica, visto<br />

che ai figli di lui si rivolsero i coloni giudei di Elefant<strong>in</strong>a. In quel tempo dunque<br />

Sanballat, non avendo più voce <strong>in</strong> capitolo <strong>in</strong> Samaria, non poteva oramai<br />

nuocere ai Giudei e i rapporti di questi ultimi con le autorità di Samaria non<br />

erano più così tesi come lo erano stati al tempo di Nehemia. Il documento è datato<br />

all’anno 16° del Dario (Dario II), il 408 a.C. Vedremo più avanti perché questa<br />

data sia importante.<br />

Ai tempi di Nehemia la ricostruzione di Gerusalemme non era f<strong>in</strong>ita con<br />

278


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 279<br />

CAPIRE DANIELE<br />

l’erezione del muro di c<strong>in</strong>ta nel 444. All’<strong>in</strong>terno del muro bisognava ancora ricostruire<br />

le case tuttora <strong>in</strong> rov<strong>in</strong>a (Ne 7:4). Su questa seconda fase del riassetto<br />

della città non abbiamo notizie. È comunque difficile ammettere che Sanballat si<br />

fosse dato per v<strong>in</strong>to dopo l’erezione del muro, è anzi verosimile che questa circostanza<br />

avesse accresciuto il suo livore verso i Giudei. I tempi di angustia per<br />

costoro dunque non erano f<strong>in</strong>iti con la ricostruzione del muro di Gerusalemme e<br />

non potevano f<strong>in</strong>ire f<strong>in</strong>ché Sanballat fosse <strong>in</strong> vita o comunque contasse <strong>in</strong> Samaria.<br />

Ma nel 408 a.C., esattamente 49 anni dopo l’editto di Artaserse I Longimane<br />

(408 + 49 = 457), Sanballat non era più governatore di Samaria.<br />

Le 7 settimane della tormentata ricostruzione della santa città erano f<strong>in</strong>ite ed<br />

erano f<strong>in</strong>iti per i Giudei i tempi di angustia. Restavano le 62 settimane (434 anni)<br />

che dovevano trascorrere f<strong>in</strong>o alla venuta dell’Unto-Pr<strong>in</strong>cipe. L’editto sulla restaurazione<br />

di Gerusalemme era stato emanato nella primavera del settimo anno<br />

di Artaserse I (Ed 7:8-9), vale a dire nel mese di marzo quando il 457 a.C. calcolato<br />

sul calendario giuliano era com<strong>in</strong>ciato da 3 mesi. Poiché nel computo cronologico<br />

storico non esiste l’anno zero (il 31 dicembre dell’1 a.C. fu seguito dal<br />

1° gennaio dell’1 d.C.), 457 anni pieni dalla emanazione del decreto di Artaserse<br />

scaddero nel mese di marzo dell’anno 1 dopo Cristo. Aggiungendo i 26 anni<br />

completi avanzati dopo avere sottratto 434 anni da 457, si arriva al mese di<br />

marzo dell’anno 27 d.C. Con molta verosimiglianza nell’autunno di questo<br />

anno 367 Gesù di Nazareth fu battezzato nel Giordano da Giovanni Battista.<br />

Tutti e quattro gli evangelisti testimoniano il prodigio della discesa visibile<br />

dello Spirito Santo sulla persona di Gesù nel momento del battesimo (Mt 3:16;<br />

Mr 1:10; Lc 3:20-21; Gv 1:32). Luca soltanto aggiunge al racconto del battesimo e<br />

della tentazione del Signore nel deserto l’episodio dell’<strong>in</strong>augurazione del suo m<strong>in</strong>istero<br />

pubblico nella s<strong>in</strong>agoga di Nazareth quando Egli annunciò la sua missione<br />

applicando a sé la profezia di Is 61:1-2: “Lo Spirito del Signore è sopra me;<br />

per questo egli mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato a bandir<br />

liberazione ai prigionieri, ed ai ciechi ricupero della vita; a rimettere <strong>in</strong> libertà gli<br />

oppressi, e a predicare l’anno accettevole del Signore” (Lc 4:18-19).<br />

Nel libro degli Atti, Luca ricorda la missione di Pietro a Cesarea quando<br />

l’apostolo annunciò al centurione Cornelio e ai suoi familiari la salvezza <strong>in</strong> Cristo<br />

col volgere la loro attenzione al m<strong>in</strong>istero messianico di Gesù: “Voi sapete<br />

quello che è avvenuto per tutta la Giudea: vale a dire la storia di Gesù di Nazareth;<br />

come Iddio lo ha unto di Spirito Santo e di potenza; e com’egli è andato attorno<br />

facendo del bene...” (At 10:37-38). Dalle notizie di Luca sull’<strong>in</strong>izio del m<strong>in</strong>istero<br />

messianico di Gesù a Nazareth e sull’evangelizzazione dell’ufficiale romano<br />

a Cesarea, si ev<strong>in</strong>ce che il Signore ricevette la consacrazione messianica con<br />

l’unzione dello Spirito Santo, e dai quattro evangeli citati prima sappiamo che<br />

ciò avvenne durante il suo battesimo nel Giordano.<br />

I s<strong>in</strong>ottici associano un prodigio audibile alla discesa visibile dello Spirito<br />

Santo: “Ed ecco una voce dai cieli che disse: -Questo è il mio diletto Figliolo nel<br />

367 - Vedi Appendice C a f<strong>in</strong>e capitolo.<br />

279


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 280<br />

CAPITOLO 9<br />

quale mi sono compiaciuto -” (Mt 3:17; cfr. con Mr 1:11 e Lc 3: 22b). Così Giovanni<br />

e tutti i Giudei che si trovavano lì quando Gesù ricevette il battesimo, furono<br />

testimoni oculari e auricolari della consacrazione messianica di Gesù di Nazareth.<br />

“Pr<strong>in</strong>cipe della pace” (sar shalôm) era stato uno dei titoli con cui Isaia<br />

aveva caratterizzato il Messia venturo (Is 9:5 u.p.).<br />

Nell’anno 27 E.V. - 483 anni dopo l’editto di Artaserse I Longimane su Gerusalemme<br />

- comparve <strong>in</strong> Israele l’Unto-Pr<strong>in</strong>cipe che Daniele aveva preannunciato.<br />

Nei vv. 26 e 27 di Dn 9 culm<strong>in</strong>a e si conclude la mirabile profezia delle<br />

settanta settimane. Sono qui anticipati profeticamente gli eventi verso i quali dovevano<br />

convergere i dettagli prelim<strong>in</strong>ari della profezia, ovvero la morte violenta<br />

del Messia, la sua alleanza “con molti” e la f<strong>in</strong>e del sistema tipico dei sacrifici. Inf<strong>in</strong>e,<br />

dopo le 70 settimane, sarebbero sopravvenute la f<strong>in</strong>e tragica di Gerusalemme<br />

e del santuario e la desolazione del paese. A leggere l’uno dopo l’altro i<br />

vv. 25-27 si ha l’impressione che la successione degli eventi ivi predetti sia confusa,<br />

specie nei vv. 26 e 27. Ciò dipende dalla particolare struttura letteraria che<br />

ha dato Daniele a questo brano.<br />

Il professor JACQUES DOUKHAN ha evidenziato nei tre versetti un parallelismo<br />

<strong>in</strong>crociato o chiastico che si può illustrare mediante il diagramma sottostante.<br />

280<br />

A1 (v. 25a) costruzione<br />

della città<br />

Dalla uscita di una parola perché<br />

sia restaurata e ricostruita<br />

Gerusalemme f<strong>in</strong>o “al” Messia<br />

Pr<strong>in</strong>cipe vi saranno 7 settimane<br />

e 62 settimane<br />

A2 (v. 26a) distruzione<br />

del Messia - Pr<strong>in</strong>cipe<br />

Dopo le 62 settimane il Messia<br />

sarà soppresso senza alcun aiuto<br />

STRUTTURA CHIASTICA IN DANIELE 9:25-27<br />

A3 (v. 27a) cessazione<br />

del sacrificio<br />

e delle oblazioni<br />

E riuscirà nell’alleanza con molti<br />

<strong>in</strong> una settimana; e a metà della<br />

settimana farà cessare per sempre<br />

sacrificio e oblazione<br />

B1 (v. 25b) costruzione<br />

della città<br />

essa sarà restaurata e ricostruita<br />

piazze e fossato (chrtz) ma <strong>in</strong><br />

tempi angosciosi<br />

B2 (v. 26b) distruzione<br />

del santuario<br />

e il popolo di un pr<strong>in</strong>cipe aggressore<br />

distruggerà la città e il santuario. La sua<br />

f<strong>in</strong>e verrà <strong>in</strong> un’<strong>in</strong>ondazione, e f<strong>in</strong>o alla<br />

f<strong>in</strong>e di un decreto (chrtz) vi sarà guerra;<br />

sarà una desolazione.<br />

B3 (v. 27b) distruzione<br />

del popolo del Pr<strong>in</strong>cipe<br />

e dal lato dell’abom<strong>in</strong>azione vi sarà<br />

desolazione f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e,<br />

(f<strong>in</strong>o) a che quello che è decretato<br />

(chrtz) sia versato sulla desolazione


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 281<br />

Il prof. Doukhan spiega: “La distribuzione (delle frasi) qui illustrata non è<br />

artificiosa, la richiede la doppia corrente di pensiero che attraversa tutto il capitolo:<br />

1) popolo - peccato e 2) Gerusalemme - santuario. Essa si giustifica altresì<br />

dall’appello che mediante un’espressione comune ogni emistichio rivolge<br />

all’emistichio corrispondente, così che i tre emistichi che riguardano Gerusalemme<br />

(B1, B2, B3) hanno <strong>in</strong> comune la radice chrtz, mentre i tre che concernono<br />

il Messia (A1, A2, A3) si riferiscono sistematicamente a un tempo espresso<br />

<strong>in</strong> settimane”.<br />

“I due temi Messia e Gerusalemme - spiega ancora Doukhan - sono utilizzati<br />

alternativamente <strong>in</strong> modo da conferire al versetto la sua struttura <strong>in</strong>tercrociata:<br />

A1 Messia<br />

B1 Gerusalemme<br />

A2 Messia<br />

B2 Gerusalemme<br />

A3 Messia<br />

B3 Gerusalemme<br />

CAPIRE DANIELE<br />

“Si può anche notare - prosegue il nostro autore - lo stupendo parallelismo<br />

chiastico tematico fra i due membri. Questa struttura suggerisce una dialettica<br />

particolare articolata sulle idee di costruzione - distruzione come <strong>in</strong>dica la figura<br />

seguente:<br />

LA DIALETTICA “COSTRUZIONE - DISTRUZIONE” IN DANIELE 9:25-27<br />

Primo chiasmo<br />

A1 Costruzione B1 Costruzione<br />

mashiach - nagîd<br />

(Messia - Pr<strong>in</strong>cipe)<br />

A2 Distruzione B2 Distruzione<br />

‘am nagîd<br />

(popolo del pr<strong>in</strong>cipe)<br />

Secondo chiasmo<br />

A2 Distruzione B2 Distruzione<br />

mashiach nagîd<br />

A3 Distruzione B3 Distruzione<br />

(‘am nagîd)<br />

281


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 282<br />

CAPITOLO 9<br />

“Il profeta - commenta J. Doukhan - ha voluto comunicare il suo messaggio<br />

attraverso la bellezza della struttura poetica. Ha ragione Mart<strong>in</strong> Buber quando<br />

osserva che qui il Wie (“Come”) e il Was (“Cosa”), si confondono” 368.<br />

Un modo più semplice di evidenziare la struttura letteraria di Dn 9:25-27 è<br />

il seguente, proposto ancora da J. DOUKHAN 369:<br />

A1 Venuta del Messia, v. 25a<br />

Dalla uscita di una parola che sia restaurata e riedificata Gerusalemme<br />

f<strong>in</strong>o a (l’)Unto Pr<strong>in</strong>cipe, settimane sette e settimane sessantadue<br />

B1 Costruzione della città, v. 25b<br />

saranno restaurate e riedificate piazza e tr<strong>in</strong>cea (charuz), ma <strong>in</strong> tempi<br />

angosciosi<br />

A2 Morte del Messia, v. 26a<br />

E dopo sessantadue settimane sarà soppresso (letteralmente “tagliato”)<br />

(l’)Unto e nessuno (sarà) per lui<br />

B2 Distruzione della città, v. 27b<br />

e sull’ala delle abom<strong>in</strong>azioni: desolazione f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e, f<strong>in</strong>chè ciò che<br />

è decretato (necheretzeth) venga sulla desolazione (o sul desolatore).<br />

A3 Alleanza del Messia, v. 27a<br />

e stabilirà una salda allenza con molti <strong>in</strong> una settimana, e a metà<br />

della settimana farà cessare sacrificio e oblazione<br />

B3 Distruzione della città, v. 27b<br />

e sull’ala delle abom<strong>in</strong>azioni: desolazione f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e, f<strong>in</strong>chè ciò<br />

è decretato (necheratzah) venga sulla desolazione (o sul desolatore).<br />

Lo schema strutturale dei vv. 25-27 è il seguente: A1 + A2 + A3 - B1 + B2 +<br />

B3. Tenendo conto della struttura letteraria di questi 3 versetti, gli eventi ivi predetti<br />

si susseguono nell’ord<strong>in</strong>e sotto<strong>in</strong>dicato:<br />

282<br />

1. Venuta e morte del Messia<br />

v. 25a. - Il Messia verrà alla f<strong>in</strong>e di 7 e 62 settimane di anni (contati dal momento<br />

<strong>in</strong> cui sarà stato emanato un editto che autorizzerà la ricostruzione di<br />

Gerusalemme).<br />

368 - Da “The Seven Weeks of Daniel 9” <strong>in</strong> The Sanctuary and the Atonement, Wash<strong>in</strong>gton D.C.<br />

1981, pp. 260-263.<br />

369 - Le Soupir de la Terre, p. 268


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 283<br />

v. 26a. - In capo alle 7 e 62 settimane (483 anni) il Messia sarà messo a<br />

morte dopo che tutti lo avranno abbandonato.<br />

v. 27a. - Nel corso degli ultimi 7 anni (prima di essere soppresso) il Messia<br />

stabilirà una salda alleanza con molti e a metà del settennio porrà f<strong>in</strong>e ai sacrifici<br />

e alle oblazioni che si offrono nel santuario.<br />

2. Ricostruzione e distruzione di Gerusalemme<br />

CAPIRE DANIELE<br />

v. 25b. - Gerusalemme sarà riedificata <strong>in</strong> tempi di angustia durante 7 settimane<br />

di anni.<br />

v. 26b. - La santa città e il suo santuario rimarranno distrutti nel corso di<br />

una guerra devastante della quale sarà responsabile il popolo di un pr<strong>in</strong>cipe<br />

(nagîd) venturo.<br />

v. 27b. - Vi sarà desolazione a motivo delle abom<strong>in</strong>azioni (che si perpetreranno)<br />

nel santuario f<strong>in</strong>ché la rov<strong>in</strong>a decretata si abbatterà sui responsabili<br />

della desolazione.<br />

Sulla ricostruzione di Gerusalemme e la venuta del Messia di cui parla il v.<br />

25 si è già detto. Vediamo come si sono svolti nella storia del Giudaismo i fatti<br />

predetti nei vv. 26a e 27a <strong>in</strong> rapporto alla morte del Messia, alla sua alleanza<br />

“con molti” e all’abolizione del rituale sacrificale.<br />

Sulla durata del m<strong>in</strong>istero messianico di Cristo non c’è unanimità di consensi<br />

fra gli studiosi. Si può comunque ritenere come assai probabile, se non assolutamente<br />

certa, una durata di 3 anni e mezzo.<br />

Questo <strong>in</strong> base alla menzione nel vangelo di Giovanni di 3 Pasque (Gv.<br />

2:13; 6:4 e 12:1) e di una festività non specificata (Gv. 5:1), ragionevolmente<br />

identificabile con una Pasqua, durante il m<strong>in</strong>istero di Gesù. Se Cristo <strong>in</strong>iziò,<br />

come si è detto, il suo m<strong>in</strong>istero nell’autunno dell’anno 27, tre anni e mezzo a<br />

decorrere da questa data scaddero nella primavera dell’anno 31 370. Nella Pasqua<br />

di quest’anno Gesù dovette subire il martirio della crocifissione. Alla vigilia di<br />

questo evento cruciale Gesù effettivamente str<strong>in</strong>se con i Dodici un’alleanza dest<strong>in</strong>ata<br />

ad estendersi a tutti credenti. Tutti e tre i S<strong>in</strong>ottici ricordano l’istituzione del<br />

rito eucaristico: cfr. Mt 26:26-29; Mr 14:22-25; Lc 22: 14-20) e tutti e tre riportano<br />

370 - Se è impresa ardua datare i fatti della narrazione evangelica non lo è di meno assegnare<br />

date certe agli avvenimenti del racconto lucano nel libro degli Atti. La ragione sta ancora nel<br />

prevalere dell’<strong>in</strong>teresse per i fatti e le idee sull’<strong>in</strong>teresse per i dati cronologici <strong>in</strong> colui che ha<br />

steso il racconto. Questo dato di fatto è comprensibile, ciò non toglie però che il cronologo sia<br />

privato della possibilità di fissare con sicurezza nel tempo le tappe più significative della storia<br />

della chiesa primitiva. Sulla scorta degli scarsi e vaghi dati cronologici reperibili nel libro degli<br />

Atti, si è tentato di costruire una cronologia approssimativa del periodo fra la Pentecoste e l’ar-<br />

283


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 284<br />

CAPITOLO 9<br />

la formula di consacrazione del calice con cui Gesù ne accompagnò la distribuzione<br />

agli apostoli: “... questo è il mio sangue, il sangue del patto , il quale è<br />

sparso per molti per la remissione dei peccati” (Mt 26:28; Mc 14:24). In Lc 22:20<br />

la formula compare con una lieve variante: “Questo calice è il nuovo patto nel<br />

mio sangue che è sparso per voi” (cfr. 1Co 11: 25). Nella Pasqua dell’anno 31,<br />

dunque, il Messia istituì la Nuova Alleanza col nuovo popolo di Dio, l’Alleanza<br />

che Geremia aveva annunciato 600 anni prima (Gr 31:31; cfr. con Eb 8:6 e seguenti).<br />

La crocifissione, il giorno dopo l’<strong>in</strong>augurazione della Nuova Alleanza,<br />

segnò la f<strong>in</strong>e del m<strong>in</strong>istero messianico di Gesù. In quella circostanza tragica il<br />

Redentore fu solo; lo abbandonarono pers<strong>in</strong>o i suoi amati apostoli (vedi Mt<br />

26:56; Mc 14: 50-52). Gabriele lo aveva predetto 570 anni prima al profeta Daniele:<br />

“... nessuno sarà per lui”.<br />

La morte cruenta del Messia segnò la f<strong>in</strong>e del sistema sacrificale, fondamento<br />

liturgico dell’Antica Alleanza. Il sacrificio espiatorio prefigurava “l’Agnello<br />

di Dio che toglie il peccato del mondo” (Gv 1:29). Ora che l’Agnello di Dio è<br />

stato immolato il sacrificio prefigurativo è divenuto <strong>in</strong>utile. Ne è stato un segno<br />

<strong>in</strong>equivocabile lo spontaneo “lacerarsi <strong>in</strong> due da cima a fondo” della “cort<strong>in</strong>a del<br />

tempio” tra il “santo” ed il “santissimo” nell’istante <strong>in</strong> cui Gesù Cristo “rese lo spirito”<br />

(Mt 27: 50-51) 371.<br />

Il Luogo santissimo, da sempre celato agli sguardi umani <strong>in</strong>discreti, non<br />

aveva più misteri. L’espiazione che lo Yom Kippur prefigurava era ormai una<br />

realtà storica. Si cont<strong>in</strong>uò ancora per 39 anni a immolare il sacrificio sul grande<br />

altare del tempio, ma come un rito vuoto di significato agli occhi di Dio. La<br />

morte del Messia cambiò diverse cose. Al pr<strong>in</strong>cipio della sua missione <strong>in</strong> terra<br />

Gesù aveva vietato ai Dodici di portare l’annuncio evangelico ai Gentili ed ai Sa-<br />

rivo di Paolo a Roma <strong>in</strong>tegrando con <strong>in</strong>formazioni tratte dalle epistole quelle att<strong>in</strong>te dagli Atti. In<br />

questa nota <strong>in</strong>teressano soltanto i tempi del martirio di Stefano e della conversione di Saulo. Il<br />

fariseo Saulo da Tarso, dopo avere abbracciato la fede cristiana, dovette fuggire da Damasco<br />

perché il governatore del re Areta vi aveva messo delle guardie per farlo arrestare (cfr. 2Co<br />

11:32 e seguenti). Questa circostanza lascia credere che <strong>in</strong> quest’epoca Damasco, già possedimento<br />

romano, fosse sotto la sovranità del tetrarca dei Nebatei Areta IV e che il funzionario<br />

menzionato da Paolo fosse il suo viceré. Si è potuto stabilire <strong>in</strong> base a delle monete dell’epoca<br />

che nell’anno 33 E.V. Damasco era ancora sotto la sovranità di Roma. Nel 37, quando Vitellio,<br />

governatore della Siria, mosse contro Areta, il funzionario romano si diresse a sud, verso Petra,<br />

senza sostare a Damasco; ciò farebbe pensare che <strong>in</strong> quest’epoca Damasco non fosse più<br />

sotto il controllo dei Romani. Areta IV, che morì nell’anno 40, deve avere preso possesso di<br />

Damasco fra il 37 e il 40. Di conseguenza Saulo, che fuggì da Damasco controllata da Areta 3<br />

anni dopo la conversione (Gal 1:18), deve avere abbracciato la fede di Cristo fra il 34 e il 37,<br />

verosimilmente nel 35. Stefano subì il martirio <strong>in</strong> Gerusalemme prima della conversione di<br />

Saulo (At 8:1), qu<strong>in</strong>di non dopo il 34 e probabilmente non prima.<br />

371 - Cfr. E.G.WHITE, Desire of Ages, pp. 165, 757, nell’edizione italiana - La Speranza<br />

dell’uomo, pp. 108 e 541; S.D.A. Bible Commentary, vol. V, p. 550; G.STEWART, Commentario<br />

esegetico pratico del Nuovo Testamento, Matteo, p. 298.<br />

284


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 285<br />

CAPIRE DANIELE<br />

maritani, la loro missione era di andare dalle “pecore perdute della casa<br />

d’Israele” (Mt 10: 5-6). Ma prima di tornare <strong>in</strong> cielo, Egli conferì ai suoi apostoli<br />

un mandato universale (Mt 28: 18-20) cfr. con At 1:8). Rifiutando il suo Messia<br />

Israele aveva segnato il proprio dest<strong>in</strong>o. Gesù lo aveva previsto: “Gerusalemme,<br />

Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quante<br />

volte ho voluto raccogliere i tuoi figlioli come la gall<strong>in</strong>a raccoglie i suoi pulc<strong>in</strong>i<br />

sotto le ali; e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata<br />

deserta”.<br />

“Perciò io vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a una gente<br />

che ne faccia i frutti” (Lc 13: 34-35; cfr. con 21: 20-24 e Mt 21: 43).<br />

Tre anni e mezzo dopo la crocifissione di Gesù, nell’anno 34 morì martire a<br />

Gerusalemme per mano dei Giudei il diacono Stefano (At 6:5). Il discorso che<br />

aveva pronunciato davanti al S<strong>in</strong>edrio prima di essere lapidato ricorda i discorsi<br />

dei profeti antichi. Come quei fedeli portavoce di Dio Stefano aveva ricordato ai<br />

connazionali dal cuore <strong>in</strong>durito i benefici che i padri avevano ricevuto dal Signore<br />

e l’<strong>in</strong>gratitud<strong>in</strong>e con cui lo avevano ripagato (At 7: 2-50); e come i veggenti<br />

antichi ebbero delle visioni, anche lui ebbe una visione: prima di spirare<br />

vide aprirsi il cielo e lassù vide il Signore Gesù glorificato alla destra del Padre<br />

(At 7: 55-56). Quella di Stefano fu l’ultima voce profetica che si fece udire <strong>in</strong><br />

Israele, e Israele la fece tacere per sempre. Scaddero le 70 settimane di anni accordati<br />

a Israele per convertirsi e Israele mancò la sua ultima occasione !<br />

Non passò molto tempo che il fariseo Saulo da Tarso, che di quel delitto<br />

era stato testimone consenziente (At 7:58; 8:1; 22:20), fu fermato da Gesù Cristo<br />

alle porte di Damasco dove si recava per devastare la comunità cristiana (At 9: 1-<br />

6; 22: 3-8; 26: 9-15). Al discepolo damasceno riluttante ad andargli <strong>in</strong>contro<br />

come gli era stato comandato da Gesù - credendolo egli ancora un persecutore<br />

implacabile (At 9: 13-14) - il Signore rivelò che <strong>in</strong>vece quell’uomo era uno strumento<br />

ch’Egli aveva eletto per portare il suo nome davanti ai Gentili (At 9:15;<br />

cfr. con Ga 1:15-16; 2:2, 7-8).<br />

In Antiochia di Pisidia, durante il primo viaggio missionario, Paolo, il persecutore<br />

di un tempo divenuto ardente testimone di Cristo, comprese che era<br />

giunto per lui il momento di votarsi all’evangelizzazione dei Gentili.<br />

Ciò avvenne dopo la reazione ostile dei Giudei ad una sua predicazione<br />

nella s<strong>in</strong>agoga locale - una predicazione che nella prima parte tanto era somigliata<br />

al discorso di Stefano ai s<strong>in</strong>edriti (At 13: 15-22). Fu <strong>in</strong> quella circostanza<br />

che Paolo e Barnaba decisero di volgersi al mondo pagano: “Era necessario che<br />

a voi per i primi si annunziasse la Parola di Dio; ma poiché la resp<strong>in</strong>gete e non<br />

vi giudicate degni della vita eterna, ecco, noi ci volgiamo ai Gentili” (At 13:46).<br />

Era il crepuscolo d’Israele cui stava per seguire l’aurora di un tempo nuovo per<br />

il mondo dei Gentili.<br />

Considerate le circostanze che condussero alla reiezione d’Israele come popolo<br />

eletto di Dio, rimane da vedere come si realizzarono nella storia giudaica<br />

gli eventi tragici predetti <strong>in</strong> 9: 26b e 27b riguardo a Gerusalemme e al santuario.<br />

Il “popolo di un pr<strong>in</strong>cipe” (‘am nagîd) che avrebbe distrutto la città e il santuario<br />

non può essere identificato coi Romani, perché 1) non il popolo romano fu co<strong>in</strong>-<br />

285


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 286<br />

CAPITOLO 9<br />

volto nella tragedia giudaica dell’anno 70, ma un esercito di Roma, e 2) perché<br />

nagîd <strong>in</strong> Daniele è designazione di una dignità sacra, non profana 372. “Popolo”<br />

va dunque riferito ai Giudei e “pr<strong>in</strong>cipe” al sommo sacerdote che <strong>in</strong> quel tempo<br />

rappresentò per loro la massima autorità riconosciuta.<br />

L’attribuzione ai Giudei della responsabilità della distruzione di Gerusalemme<br />

e del tempio a tutta prima può sembrare un falso storico, ma se si analizzano<br />

i fatti che portarono alla guerra giudaica del 66-70, si capisce che proprio i<br />

372 - Nell’Antico Testamento nagîd <strong>in</strong>dica ora la dignità regale (2Cr 11:22), ora il comando militare<br />

(1Cr 13:1), ora la sovra<strong>in</strong>tendenza <strong>in</strong> ambito amm<strong>in</strong>istrativo (1Cr 26:24; 2Cr 28:7).<br />

Ma al di là di questi usi profani, il term<strong>in</strong>e è adoperato con una connotazione religiosa per designare<br />

l’eletto di Yahweh per condurre il suo popolo (1Sm 9:16), e con un senso più strettamente<br />

religioso per <strong>in</strong>dicare il sacerdote (1Cr 9: 11). In questi casi nagîd è posto <strong>in</strong> relazione<br />

con un ufficio particolare di cui Dio <strong>in</strong>veste un uomo da lui scelto, mediante il rito dell’unzione.<br />

Con l’unzione Samuele consacrò Saul nagîd dell’eredità di Yahweh (1Sm 10:1; cfr. con 9:16).<br />

E <strong>in</strong> seguito gli annunciò che il Signore lo aveva riprovato per la sua <strong>in</strong>degnità e si era scelto un<br />

uomo “secondo il suo cuore” per farlo nagîd del suo popolo (1Sm 13: 14). Vari anni dopo, gli<br />

anziani delle tribù convenuti a Hebron per riconoscere Davide re di tutto Israele, rammentarono<br />

che a lui il Signore aveva promesso di farlo pastore del suo popolo, nagîd d’Israele (2Sm 5:2).<br />

Il profeta Natan pure ricordò a Davide che Yahweh lo aveva preso dall’ovile per fare di lui il<br />

nagîd d’Israele (2Sm 7:8). Molti anni dopo, Ahija, un profeta del nord, r<strong>in</strong>facciò all’<strong>in</strong>degno Geroboamo<br />

che governava le tribù secessioniste che dal Signore egli era stato fatto nagîd del suo<br />

popolo (1Re 14:7); lo stesso peccato di apostasia rimproverò più tardi al re di Samaria Baasa<br />

un altro profeta del nord, Jehu, ricordandogli che Dio lo aveva stabilito come nagîd del suo popolo<br />

(2Re 20:5). 1Cr 29:22 dice, alludendo all’accessione al trono di Salomone, che egli era<br />

stato unto e consacrato a Yahweh come nagîd del popolo.<br />

I passi citati attestano l’uso cont<strong>in</strong>uo del term<strong>in</strong>e nagîd durante il periodo della monarchia<br />

israelitica per <strong>in</strong>dicare i re davidici, e talvolta i re di Samaria, come gli eletti di Dio per condurre<br />

il suo popolo. Rileva giustamente Claus Schedl che, dall’elezione di Saul <strong>in</strong> poi, il titolo di nagîd<br />

sarebbe aureolato di una luce religiosa mentre melek <strong>in</strong>dicherebbe l’aspetto profano del regno.<br />

“ Così - scrive testualmente - Saul sarà il nagîd, il pastore consacrato, designato e proclamato<br />

da Jahvè, e solo dal riconoscimento del popolo gli verrà il titolo regio di melek”. - Storia del Vecchio<br />

Testamento, Roma 1961, vol. II, p. 68 (vedi anche R. DE VAUX, Le Istituzioni dell’Antico Testamento,<br />

Tor<strong>in</strong>o 1964, p. 101). Una pag<strong>in</strong>a prima C. Schedl collega la parola ebraica nagîd<br />

alla radice ugaritica noked, “pastore”, e aggiunge che con questo senso il term<strong>in</strong>e si ritrova anche<br />

nell’accadico nakid. In modo significativo l’accostamento alla pastorizia del term<strong>in</strong>e nagîd<br />

è fatto anche <strong>in</strong> due dei passi citati prima: 2Sm 5:2 e 7:8. Tale accostamento suggerisce che<br />

il re d’Israele fosse considerato il pastore scelto da Dio per custodire il suo gregge. In due libri<br />

post-esilici il titolo di nagîd con un’implicazione particolare è applicato all’ufficio sacerdotale.<br />

In 1Cr 9:11 e Ne 11:11 è riferito al sacerdote Ahitub il titolo di “nagîd della casa di Dio”; <strong>in</strong> 2Cr<br />

31:13 lo stesso titolo è attribuito al sacerdote Azaria. Quest’uso particolare del term<strong>in</strong>e nagîd<br />

nell’Antico Testamento ne attesta un senso speciale che si discosta dalle accezioni comuni di<br />

“pr<strong>in</strong>cipe”, “capo”, “conduttore”, “sovr<strong>in</strong>tendente” che il term<strong>in</strong>e ha <strong>in</strong> altri casi. Questo senso<br />

particolare mette <strong>in</strong> luce l’idea di una <strong>in</strong>vestitura sacra conferita da Dio a uom<strong>in</strong>i scelti per svolgere<br />

un compito che al di là degli aspetti secolari e profani, aveva un alto significato religioso<br />

sottol<strong>in</strong>eato dalla consacrazione mediante l’unzione (cfr. R. DE VAUX, op. cit. p. 389). Is 55:4 applica<br />

il titolo di nagîd al re Davide come tipo del Messia.<br />

286


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 287<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Giudei furono la causa della catastrofe che spazzò via la loro nazione. Dice lo<br />

storico giudeo Giuseppe Flavio riferendosi a Gerusalemme assediata dai Romani:<br />

“una città che non meritava simili sofferenze se non per avere dato vita a una<br />

generazione come quella che ne causò la rov<strong>in</strong>a” (Guerra Giudaica, VI 8,5).<br />

I Romani non avrebbero <strong>in</strong>trapreso di loro <strong>in</strong>iziativa <strong>in</strong> Giudea una guerra<br />

talmente dispendiosa per loro e rov<strong>in</strong>osa per il paese se i Giudei non li avessero<br />

costretti a farlo. Furono gli Zeloti fanatici e truculenti e i molti connazionali che<br />

li assecondarono la causa vera della rov<strong>in</strong>a immane che si abbatté su Giuda, su<br />

Gerusalemme e sul tempio <strong>in</strong> quell’<strong>in</strong>fausto anno 70 dell’Era Volgare.<br />

La guerra giudaica, di cui Giuseppe Flavio ci ha lasciato una documentazione<br />

impressionante nei sette libri dell’opera omonima, com<strong>in</strong>ciò con l’<strong>in</strong>surrezione<br />

antiromana di Gerusalemme a maggio dell’anno 66, e non f<strong>in</strong>ì prima che<br />

tutto il paese fosse ridotto <strong>in</strong> uno stato di completa desolazione. Proprio come<br />

l’angelo rivelatore aveva predetto a Daniele. Simile a un’<strong>in</strong>ondazione che tutto<br />

travolge, le legioni e le truppe ausiliarie di Roma condotte da Vespasiano prima<br />

e da suo figlio Tito poi, si riversarono nella Galilea, la Samaria e la Giudea e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />

espugnarono Gerusalemme e rasero al suolo la città e il tempio 373.<br />

Dn 9:27b ha un’espressione che a prima vista sembra <strong>in</strong>comprensibile: “... e<br />

sull’ala delle abom<strong>in</strong>azioni (vi sarà) desolazione...” ({"mo$:m {yicUQi$ ván:K la(ºw we ‘al<br />

kenaf shiqqûtzîm meshômem...).<br />

I LXX traducono questa espressione: kaì ’epì tò ’ieron bdelígma, “e sopra il<br />

tempio (vi sarà) un’abom<strong>in</strong>azione di desolazione” (C. Boutflower). Questa antica<br />

versione greca del Vecchio Testamento traduce dunque “tempio” il vocabolo<br />

ebraico kanaf che ord<strong>in</strong>ariamente significa “ala”. Come prima accezione secondaria<br />

di kanaf W.Genesius dà: “marg<strong>in</strong>e”, “estremità”. Con questo preciso significato<br />

il term<strong>in</strong>e compare <strong>in</strong> diversi passi dell’Antico Testamento. In 1Sam 24:5, 12<br />

esso è tradotto “il lembo (del mantello)”, <strong>in</strong> Nu 15:38 “angoli (delle vesti)”, <strong>in</strong> De<br />

22:12 “canti (del mantello)”. Za 8:23 ha l’espressione kenaf ’ish yehûde, “il lembo<br />

(del mantello) di un uomo di Giuda” (vedi anche Ez 5:3 e Ag 2:12). In De 23:1,<br />

27:20; Ez 16:8 e Ruth 3:9 kanaf <strong>in</strong>dica il lembo di una coperta.<br />

L’autorevole lessicografo tedesco dà come ulteriore significato secondario di<br />

kanaf, “estremità”. Con questa accezione il vocabolo è presente nell’espressione<br />

“l’estremità o le estremità della terra” (miknaf ha’arez) <strong>in</strong> Is 24:16, Gb 37:3,<br />

38:13, Is 11:12.<br />

Inf<strong>in</strong>e come terza accezione secondaria di kanaf Gesenius segnala: “la sommità<br />

più alta del tempio, Dn 9:27” e raffronta questa espressione con quella<br />

greca pterìgion tou ‘ierouí, “il p<strong>in</strong>nacolo (letteralmente ‘la piccola ala’) del tempio”,<br />

<strong>in</strong> Mt 4:5 374.<br />

373 - Nel mese di maggio dell’anno 66 E.V., a Gerusalemm,e si manifestò <strong>in</strong> aperta rivolta l’<strong>in</strong>sofferenza<br />

dei Giudei verso il governo romano esasperata negli ultimi tempi dai soprusi del prepotente<br />

e corrotto procuratore Gessio Floro.<br />

374 - Gesenius’ Hebrew - Chaldee Lexicon to the Old Testament, voce “kanaf”; cfr. B. DAVIDSON,<br />

The analytical Hebrew and Chaldee Lexicon, stessa voce; C. BOUTFLOWER, In and Around the<br />

Book of Daniel, pp. 202, 203.<br />

287


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 288<br />

CAPITOLO 9<br />

È evidente che questo vocabolo ebraico nell’Antico Testamento è anche<br />

adoperato per <strong>in</strong>dicare l’estremità di un oggetto qualunque; <strong>in</strong> architettura può<br />

denotare la parte sommitale di una struttura edilizia, appunto il p<strong>in</strong>nacolo. Prima<br />

che fosse distrutto, il tempio si ergeva sulla sommità del colle di Sion quasi fosse<br />

il suo p<strong>in</strong>nacolo. Tradurre: “sopra il tempio” l’espressione ebraica ‘al kanaf,<br />

come fanno i LXX, ci sembra dunque del tutto ragionevole.<br />

È stato osservato con ragione che il Salvatore stesso avallò la correttezza di<br />

questa traduzione di kanaf allorchè avvertì i suoi discepoli: “Quando dunque<br />

avrete vedute l’abom<strong>in</strong>azione della desolazione (tò bdéligma tes ’eremoseos),<br />

della quale ha parlato il profeta Daniele, posta <strong>in</strong> luogo santo (‘estòs ’en topo<br />

‘agio) ... allora quelli che sono <strong>in</strong> Giudea fuggano ai monti” (Mt 24:15). Il “luogo<br />

santo” nom<strong>in</strong>ato da Gesù <strong>in</strong> questo passo è senza dubbio il santuario.<br />

“Il segno che misericordiosamente Cristo aveva <strong>in</strong>dicato - commenta Boutflower<br />

- non solo si avverò <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>equivocabile, ma lasciò a tutti quelli che<br />

gli credettero, ampio marg<strong>in</strong>e di tempo per fuggire come Lot dalla città condannata,<br />

poiché il tempio fu occupato dagli Zeloti e tras<strong>formato</strong> <strong>in</strong> fortezza circa tre<br />

anni prima che la città fosse per la prima volta <strong>in</strong>vestita dai Romani e circondata<br />

di un muro di circonvallazione” 375.<br />

Per la coscienza di ogni pio giudeo la presenza permanente nei sacri cortili<br />

del tempio di una masnada di briganti senza scrupoli non poté non rappresentare<br />

un’<strong>in</strong>tollerabile abom<strong>in</strong>azione.<br />

Giuseppe Flavio ricorda il dolore del vecchio sacerdote Anano alla vista<br />

dell’empia profanazione del tempio occupato dagli Zeloti. Dice lo storico giudeo:<br />

“Una volta che il popolo era raccolto <strong>in</strong> assemblea e tutti erano <strong>in</strong>dignati<br />

per l’occupazione del santuario, per le ruberie per le uccisioni, ma non avevano<br />

ancora <strong>in</strong>trapreso alcuna azione di resistenza perché ritenevano, e a ragione, che<br />

non sarebbe stato facile mettere a posto gli Zeloti, si levò a parlare alla folla<br />

Anano e, rivolgendo ripetutamente lo sguardo al tempio con gli occhi pieni di<br />

lacrime, così disse: ‘Come sarebbe stato bello per me morire prima di vedere la<br />

casa di Dio ricolma di tanti empi misfatti e i luoghi <strong>in</strong>accessibili e sacri violati da<br />

piedi tanto scellerati !” 376.<br />

Si consumava <strong>in</strong> quei giorni tristissimi, tra lo sgomento dei pii giudei come<br />

Anano, l’abom<strong>in</strong>azione della quale aveva parlato Daniele e a cui Gesù aveva<br />

fatto riferimento (Mt 24:15), l’abom<strong>in</strong>azione che era al tempo stesso preludio e<br />

causa della desolazione che <strong>in</strong>combeva sul sacro luogo e sulla santa città (“l’abom<strong>in</strong>azione<br />

della desolazione”). Circa tre anni dopo, il 5 agosto dell’anno 70, i legionari<br />

di Tito occuparono la spianata del tempio; il giorno seguente il sacro edificio<br />

andò <strong>in</strong> fiamme nonostante che il generale romano avesse deciso col suo<br />

consiglio di guerra di risparmiarlo. Successivamente le milizie romane occuparono<br />

e <strong>in</strong>cendiarono prima la città bassa, poi la città alta. Inf<strong>in</strong>e, spentesi le<br />

375 - C. BOUTFLOWER, op. cit., p. 203<br />

376 - GIUSEPPE FLAVIO, Guerra Giudaica, IV. 3, 10.<br />

288


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 289<br />

CAPIRE DANIELE<br />

fiamme, per ord<strong>in</strong>e di Tito i soldati spianarono i ruderi della città e del tempio. I<br />

capi della rivolta scontarono duramente le sofferenze che fecero patire al popolo.<br />

Giovanni di Ghiscala, arresosi per fame, fu dai Romani condannato al carcere<br />

a vita. Simone Bar-Ghiora si consegnò al v<strong>in</strong>citore dopo avere <strong>in</strong>vano tentato<br />

la fuga; portato a Roma, subì l’esecuzione capitale durante la celebrazione<br />

del trionfo di Tito 377. Dice di lui lo storico giudeo: “Così Dio, per punirlo della<br />

sua crudeltà contro i concittad<strong>in</strong>i, che aveva tiranneggiato senza compassione, lo<br />

diede <strong>in</strong> balia dei nemici che più l’odiavano...” 378. Fu così che il giudizio div<strong>in</strong>o<br />

si abbatté sui responsabili della catastrofe che cancellò la città santa col santuario<br />

del Signore e provocò un’ecatombe fra il popolo e sofferenze <strong>in</strong>enarrabili ai sopravvissuti.Come<br />

era stato predetto, quel che era decretato si riversò <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e sul<br />

desolatore (shomem).Con questa immag<strong>in</strong>e cupa di desolazione e di castigo si<br />

chiude la rivelazione delle settanta settimane che ho avuto al centro la figura eccelsa<br />

del Messia-Redentore.<br />

377 - Ibide, VII. 9,4<br />

378 - Ibidem, VII. 2,2.<br />

289


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 290<br />

CAPITOLO 9<br />

APPENDICE 9A<br />

Dall’antichità f<strong>in</strong>o ad oggi vari personaggi<br />

storici sono stati sovrapposti alla figura<br />

del danielico Dario il Medo. Già nel I secolo<br />

Giuseppe Flavio (Antichità Giudaiche, X. 11,4)<br />

lo identificò con Ciassàre II figlio di Astiage ultimo<br />

re dei Medi. Tentativi di dare un’identità<br />

a questo personaggio ignoto alla storia, <strong>in</strong><br />

tempi recenti sono stati compiuti da diversi<br />

studiosi. I.B. Alfr<strong>in</strong>k, seguito da altri, ha proposto<br />

di identificare Dario il Medo nom<strong>in</strong>ato<br />

da Daniele con Astiage ultimo re dei Medi.<br />

L’identificazione però sembra improbabile per<br />

le seguenti ragioni:<br />

a) il padre di Astiage fu Ciassàre I e non<br />

Serse (Assuero).<br />

b) Dario il Medo aveva 62 anni quando<br />

divenne re dei Caldei (Dn 5:31), Astiage, se<br />

era ancora <strong>in</strong> vita all’epoca della caduta di<br />

Babilonia, doveva essere molto più anziano<br />

avendo com<strong>in</strong>ciato a regnare 50 anni prima.<br />

c) Astiage cercò di sopprimere Ciro f<strong>in</strong><br />

dalla nascita (vedi Erodoto, I, 108); Ciro da<br />

adulto lo v<strong>in</strong>se e lo relegò <strong>in</strong> Ircania secondo<br />

alcune fonti, secondo altre lo uccise. È estremamente<br />

improbabile che lo avesse nom<strong>in</strong>ato<br />

re-vassallo di Babilonia.<br />

II. Vari autori moderni, fra i quali ricorderemo<br />

Hengstenberg, Rosenmuller, Hävernick,<br />

Kliefoth e Knabenbauer, propendono per<br />

l’identificazione di Dario il Medo con Ciassàre<br />

II figlio di Astiage, identificazione già proposta<br />

nel I secolo da Giuseppe Flavio <strong>in</strong> Antichità<br />

Giudaiche, come si è visto, e condivisa nel V<br />

secolo da Girolamo (Girolamo su Daniele, p.<br />

89). In ambito avventista questa tesi ha raccolto<br />

i consensi del S.D.A. Bible Commentary<br />

(vol. IV, pp. 816-817) e più recentemente del<br />

compianto GERARD HASEL (Daniel, questions<br />

débattues, p. 33).<br />

Fra i cattolici di l<strong>in</strong>gua italiana è stata<br />

caldeggiata da E. TESTA (Il Messaggio della<br />

salvezza, vol. III, p. 140). Sebbene vi siano<br />

convergenze significative fra il personaggio<br />

290<br />

danielico e la figura storica di Ciassàre II, difficoltà<br />

non lievi ne rendono problematica<br />

l’identificazione. Il nome del padre di Ciassàre<br />

era Astiage, non Assuero, e una presenza<br />

di Ciassàre II <strong>in</strong> Babilonia come successore<br />

di Nabonide non è documentata <strong>in</strong><br />

nessuna delle fonti babilonesi o greche conosciute.<br />

III. Il prof. D.J. Wiseman ha proposto<br />

d’identificare il Dario di Daniele con Ciro II re<br />

di Persia supponendo che Dario fosse un altro<br />

nome di Ciro e ipotizzando che la congiunzione<br />

aramaica “u” <strong>in</strong> Dn 6:28 abbia funzione<br />

esplicativa e non congiuntiva (“e”), cosa possibile<br />

secondo i grammatici. Wiseman ha<br />

letto così il passo <strong>in</strong> questione: “E questo Daniele<br />

prosperò sotto il regno di Dario, cioè di<br />

Ciro il Persiano”.<br />

Vari studiosi - fra i quali J.G. Baldw<strong>in</strong>,<br />

A.R. Millard e G. Wenham - hanno appoggiato<br />

questa tesi; essa ha tuttavia contro di sé difficoltà<br />

non m<strong>in</strong>ori che le tesi precedenti. Ciro<br />

aveva meno di 62 anni all’epoca della conquista<br />

di Babilonia. Daniele dist<strong>in</strong>gue i due personaggi<br />

notando che l’uno è persiano (6:28)<br />

e l’altro meda (5:30; 9:1; 11:1). Ciro regnò<br />

nella Persia (10:1), Dario sui Caldei (9:1). Il<br />

padre di Ciro fu Cambise I, Dario fu figlio di<br />

Assuero (9:1).<br />

IV. P.Riessler, H.W<strong>in</strong>kler, C.Boutflower<br />

ed altri hanno accostato Dario il Medo a Cambise<br />

II figlio di Ciro sulla base di una trent<strong>in</strong>a<br />

di testi cuneiformi dai quali si ev<strong>in</strong>ce che Ciro<br />

nom<strong>in</strong>ò suo figlio Cambise re-vassallo di Babilonia<br />

per un anno mentre lui cont<strong>in</strong>uò a regnare<br />

sulla Persia. Anche questo tentativo<br />

però <strong>in</strong>contra gravi difficoltà. In primo luogo<br />

non si sa <strong>in</strong> quale dei 10 anni del regno di<br />

Ciro dopo la conquista di Babilonia Cambise<br />

abbia regnato sulla città come vassallo. Secondariamente<br />

Cambise fu di stirpe persiana,<br />

non meda. Terzo Cambise fu figlio di Ciro,<br />

non di Assuero. Inf<strong>in</strong>e Cambise aveva meno<br />

di 62 anni nel 539 a.C.<br />

V. E.Babelon nel 1882 propose di identi-


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 291<br />

ficare il Dario danielico con un personaggio di<br />

nome Gubaru che secondo la Cronaca di Nabonide<br />

fu governatore di Babilonia. La tesi di Babelon<br />

fu <strong>in</strong> seguito condivisa da studiosi quali<br />

F. Delitzsch, F.W. Albright, G. P<strong>in</strong>ches e R.D.<br />

Wilson. H.H. Rowley però l’avversò perché le<br />

notizie di fonte babilonese e greca su questo<br />

personaggio sembravano contraddittorie.<br />

J.C. Whitcomb, a seguito di uno studio<br />

comparato di tutti i documenti antichi che<br />

fanno riferimento a Gubaru, dimostrò nel<br />

1959 che dalla caduta di Babilonia (539 a.C.)<br />

f<strong>in</strong>o all’anno V di Cambise II (526 a.C.) ci furono<br />

<strong>in</strong> Persia due personaggi che portarono<br />

questo nome: il governatore di Babilonia di<br />

cui si è detto sopra e il generale di Ciro e governatore<br />

del Gutium che conquistò Babilonia<br />

ricordato nella Cronaca di Nabonide anche col<br />

nome di Ugbaru e da Senofonte col nome di<br />

Gobryas (per non confonderli chiameremo da<br />

qui <strong>in</strong> avanti Gubaru il primo e Ugbaru-Gobryas<br />

o solo Ugbaru il secondo). Whitcomb<br />

mantenne l’identificazione di Dario il Medo<br />

con Gubaru governatore di Babilonia poiché<br />

sembrava che Ugbaru-Gobryas fosse vissuto<br />

troppo poco dopo la presa di Babilonia perché<br />

avesse potuto svolgere il ruolo attribuitogli da<br />

Daniele. Due circostanze rendevano però problematica<br />

questa identificazione. La prima<br />

era che Gubaru fu governatore di Babilonia,<br />

mentre Dario il Medo occupò secondo Daniele<br />

una posizione più elevata (“fu fatto re”,<br />

9:1). La seconda era che Gubaru com<strong>in</strong>ciò a<br />

governare Babilonia nell’anno IV di Ciro e rimase<br />

<strong>in</strong> carica f<strong>in</strong>o all’anno V di Cambise,<br />

mentre Dario il Medo fu posto sul trono di Babilonia<br />

subito dopo la morte di Beltsasar<br />

(5:30-31) e il suo regno f<strong>in</strong>ì prima dell’anno III<br />

di Ciro (cfr. 9:1 e 10:1).<br />

William H. Shea, dopo uno studio accurato<br />

dei testi babilonesi, è giunto alla conclusione<br />

che Ugbaru-Gobryas governatore del Gutium<br />

e generale di Ciro risponde meglio di Gubaru<br />

governatore di Babilonia alle attribuzioni<br />

del Dario danielico. La sua argomentazione si<br />

CAPIRE DANIELE<br />

può così s<strong>in</strong>tetizzare:<br />

1) “Re di Babilonia” è il titolo reale dei<br />

sovrani babilonesi <strong>in</strong> tutti i documenti datati;<br />

2) Nel periodo persiano a questo titolo<br />

venne aggiunto quello di “Re dei Paesi”;<br />

3) Serse I abolì il titolo di “Re di Babilonia”<br />

e mantenne solo quello di “Re dei Paesi”<br />

dopo la rivolta di Babilonia repressa nel 482<br />

a.C.; questo titolo rimase <strong>in</strong> uso f<strong>in</strong>o ad Alessandro<br />

il Macedone.<br />

4) I testi economici e amm<strong>in</strong>istrativi di<br />

Babilonia rivelano che Ciro, contrariamente ai<br />

suoi predecessori neo-babilonesi, non assunse<br />

il titolo di “Re di Babilonia” che 14<br />

mesi dopo avere preso possesso della città.<br />

Nei primi 4 mesi dell’anno di accessione e per<br />

10 mesi nell’anno seguente il titolo che gli<br />

danno questi documenti è quello di “Re dei<br />

Paesi”. Ciò può significare soltanto che Ciro,<br />

dopo la conquista della città, non assunse il titolo<br />

nè l’ufficio di re di Babilonia. La spiegazione<br />

più verosimile è che durante questi 14<br />

mesi un re vassallo di Ciro svolgesse <strong>in</strong> Babilonia<br />

la funzione di re, o meglio di viceré.<br />

5) Questo periodo di tempo co<strong>in</strong>cide abbastanza<br />

bene con la durata del regno di Dario<br />

il Medo deducibile dalle <strong>in</strong>formazioni di Daniele.<br />

Infatti il profeta menziona nel suo libro<br />

soltanto il primo anno di regno di Dario (9:1 e<br />

11:1) e ci lascia supporre che nell’anno terzo<br />

di Ciro egli fosse scomparso dalla scena<br />

(10:1).<br />

Questa tesi tuttavia è resa problematica<br />

dalla circostanza segnalata sopra che Ugbaru<br />

non sarebbe vissuto abbastanza da poter gestire<br />

gli affari di governo <strong>in</strong> Babilonia come<br />

presuppone il racconto di Daniele. La Cronaca<br />

di Nabonide <strong>in</strong>forma che Babilonia cadde <strong>in</strong><br />

potere dei Persiani il 16 di Tishratu e che Ciro<br />

vi entrò da trionfatore 17 giorni dopo, il 3 di<br />

Arashamnu. Poi riferisce che fra i mesi di Kislimu<br />

e Addaru furono riportate nelle loro sedi<br />

le immag<strong>in</strong>i degli dèi.<br />

Subito dopo segnala la morte di Gubaru<br />

(Ugbaru) l’11 di Arashamnu. Per facilitare la<br />

291


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 292<br />

CAPITOLO 9<br />

comprensione della sequenza degli avvenimenti<br />

<strong>in</strong> questa parte della Cronaca (III colonna),<br />

riportiamo sotto la successione consecutiva<br />

dei mesi dell’anno secondo il calendario<br />

babilonese con l’<strong>in</strong>dicazione degli eventi<br />

ai quali si è accennato sopra.<br />

Se le notizie della Cronaca si susseguono<br />

nell’ord<strong>in</strong>e cronologico consecutivo, la<br />

292<br />

morte di Ugbaru avvenne dopo i fatti menzionati<br />

a monte, vale a dire la conquista di Babilonia<br />

il 16 di Tishratu, l’entrata di Ciro nella<br />

città il 3 di Arashamnu e il trasferimento degli<br />

déi nelle sedi loro pert<strong>in</strong>enti fra i mesi di Kislimu<br />

e Addaru. Se <strong>in</strong>vece si dà un’<strong>in</strong>terpretazione<br />

retrospettiva alla menzione dell’ottavo<br />

mese dopo il dodicesimo (cosa che appare<br />

anni a.C. mesi calendario mesi calendario Notizie della Cronaca di Nabonide<br />

GIULIANO BABILONESE<br />

1 (marzo/aprile) NISANU<br />

2 (aprile/maggio) AIRARU<br />

3 (maggio/giugno) SIMANU<br />

4 (giugno/luglio) DUMUZU<br />

5 (luglio/agosto) ABU<br />

6 (agosto/settembre) ULULU<br />

7 (settembre/ottobre) TISHRATU 16° giorno: Babilonia cade<br />

nelle mani dei Persiani<br />

8 (ottobre/novembre) ARASHAMNU 3° giorno: Ciro entra <strong>in</strong> Babilonia<br />

9 (novembre/dicembre) KISLIMU<br />

10 (dicembre/gennaio) TEBBETU le immag<strong>in</strong>i delle div<strong>in</strong>ità<br />

sono riportate nelle<br />

loro sedi abituali<br />

11 (gennaio/febbraio) SHABBATU<br />

12 (febbraio/marzo) ADDARU<br />

1 (marzo/aprile) NISANU 11° giorno di ARASHAMNU<br />

(verosimilmente dell’anno<br />

successivo): muore Ugbaru.<br />

2 (aprile/maggio) AIRARU<br />

3 (maggio/giugno) SIMANU<br />

4 (giugno/luglio) DUMUZU<br />

5 (luglio/agosto) ABU<br />

6 (agosto/settembre) ULULU<br />

7 (settembre/ottobre) TISHRATU<br />

8 (ottobre/novembre) ARASHAMNU<br />

9 (novembre/dicembre) KISLIMU<br />

10 (dicembre/gennaio) TEBBETU Ciro assume il titolo reale<br />

di “Re di Babilonia” accanto<br />

a quello di “Re dei Paesi”<br />

(testi amm<strong>in</strong>istrativi)


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 293<br />

poco verosimile), allora Ugbaru sarebbe<br />

morto tre settimane dopo la conquista persiana<br />

di Babilonia.<br />

William H. Shea, autore dello studio al<br />

quale facciamo riferimento <strong>in</strong> queste pag<strong>in</strong>e,<br />

sostiene l’ord<strong>in</strong>e consecutivo delle notizie riportate<br />

nella III colonna della Cronaca di Nabonide,<br />

avendo dimostrato, come diremo subito,<br />

che questo fu il criterio seguito abitualmente<br />

dai cronisti babilonesi f<strong>in</strong> dall’VIII secolo<br />

a.C.<br />

Il prof. Shea ha proceduto ad un esame<br />

accurato di tutti gli avvenimenti datati<br />

dall’epoca di Nabonassar (VIII secolo a.C.)<br />

f<strong>in</strong>o al tempo della Cronaca. In questo modo<br />

ha scoperto che su 318 avvenimenti datati riportati<br />

nei testi presi <strong>in</strong> esame, 313 si susseguono<br />

nell’ord<strong>in</strong>e cronologico consecutivo. Lo<br />

studioso ha giustamente concluso che i 313<br />

casi di datazione consecutiva degli avvenimenti<br />

debbono riflettere la regola, mentre i 5<br />

casi anomali debbono rappresentare una deroga<br />

della regola (<strong>in</strong> un altro studio Shea ha<br />

fornito la spiegazione di tale deroga). È parso<br />

legittimo a questo ricercatore applicare la regola<br />

alla successione dei fatti riportati nella III<br />

colonna della Cronaca di Nabonide.<br />

Altre circostanze aggiungono peso alla<br />

tesi della identificazione del Dario di Daniele<br />

con Ugbaru generale di Ciro e conquistatore<br />

di Babilonia. Per esempio il fatto stesso che il<br />

suo nome figura nella Cronaca; questo fatto<br />

lo fa annoverare fra i personaggi di rango regale.<br />

In 10 testi amm<strong>in</strong>istrativi - osserva Shea<br />

- 58 re sono nom<strong>in</strong>ati 177 volte, mentre le<br />

cronache registrano 7 nomi di personaggi non<br />

di rango reale, oltre ai nomi dei sovrani. Un’altra<br />

circostanza significativa è la menzione<br />

della data del decesso di Ugbaru. Nelle cronache,<br />

su 22 personaggi di cui si dà la data<br />

della morte, 20 erano re o reg<strong>in</strong>e e 2 soltanto<br />

non rivestivano dignità regale.<br />

La deduzione più significativa che ha<br />

tratto Shea dal confronto dei testi amm<strong>in</strong>istrativi<br />

con la Cronaca di Nabonide è che il cam-<br />

CAPIRE DANIELE<br />

biamento del titolo reale di Ciro dal 14° mese<br />

dopo la caduta di Babilonia debba porsi <strong>in</strong> relazione<br />

con un avvenimento importante riportato<br />

nella Cronaca stessa, cioè con la morte<br />

di Ugbaru. Se gli avvenimenti registrati <strong>in</strong> questo<br />

documento lo sono nell’ord<strong>in</strong>e cronologico<br />

consecutivo, il titolo reale di “Re di Babilonia”<br />

fu aggiunto al titolo corrente di Ciro, “Re dei<br />

Paesi”, circa 6 settimane dopo la morte del<br />

conquistatore di Babilonia. Sembra logico dedurne<br />

che Ugbaru debba avere svolto la funzione<br />

di “re” o vicerè di Babilonia f<strong>in</strong>o al momento<br />

della sua scomparsa.<br />

Concludendo il suo studio il prof. Shea<br />

segnala 6 maggiori l<strong>in</strong>ee di convergenze fra il<br />

personaggio danielico e l’ex governatore del<br />

Gutium.<br />

1) Ugbaru comandò le truppe medo-persiane<br />

che si impadronirono di Babilonia; Dn<br />

5:31 sembra presupporre lo stesso ruolo per<br />

Dario il Medo.<br />

2) Secondo la Cronaca di Nabonide Ugbaru<br />

costituì dei governatori sulla prov<strong>in</strong>cia di<br />

Babilonia. Dario il Medo fece la stessa cosa<br />

secondo 6:1-2.<br />

3) Ugbaru scomparve poco più di un<br />

anno dopo la conquista persiana di Babilonia,<br />

il che può far supporre che egli non fosse giovane.<br />

Dario il Medo, secondo 5:31 aveva 62<br />

anni quando “fu fatto” re di Babilonia.<br />

4) Comb<strong>in</strong>ando la cronologia della Cronaca<br />

di Nabonide con quella dell’assunzione<br />

dei titoli reali nei testi amm<strong>in</strong>istrativi, si deduce<br />

che Ugbaru morì 14 mesi circa dopo la<br />

caduta di Babilonia. Daniele, come già ricordato,<br />

cita solo il primo anno di regno di Dario<br />

il Medo (9:1; 11:1) e <strong>in</strong> 10:1 menziona l’anno<br />

terzo di Ciro. La spiegazione più naturale è<br />

che Dario fosse scomparso prima dell’anno<br />

terzo di Ciro.<br />

5) La dist<strong>in</strong>zione che fa Daniele fra i regni<br />

di Ciro e di Dario il Medo corrisponde<br />

bene alla situazione che descrivono i testi cuneiformi<br />

babilonesi. Il titolo di “Re di Persia”<br />

che Daniele dà a Ciro <strong>in</strong> 10:1 concorda col ti-<br />

293


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 294<br />

CAPITOLO 9<br />

tolo di “Re dei Paesi” che gli attribuiscono i<br />

testi amm<strong>in</strong>istrativi, e la notizia che Dario il<br />

Medo regnò sul “regno dei Caldei” riportata <strong>in</strong><br />

9:1, co<strong>in</strong>cide con la notizia della Cronaca secondo<br />

la quale Ciro com<strong>in</strong>ciò a portare il titolo<br />

di “Re di Babilonia” dopo la morte di Ugbaru.<br />

6) La condizione di vassallo di Ugbaru<br />

concorda bene con l’<strong>in</strong>formazione di 9:1 secondo<br />

la quale Dario “fu fatto re”.<br />

Le fonti cuneiformi e classiche tacciono<br />

sulla famiglia di Ugbaru, cosicchè non abbiamo<br />

modo di sapere se il padre di costui si<br />

chiamasse Assuero o altro. Ugbaru, secondo<br />

la Cronaca, prima di conquistare Babilonia fu<br />

governatore del Gutium. Era, questa, una prov<strong>in</strong>cia<br />

del regno di Ciro che conf<strong>in</strong>ava con la<br />

Media.<br />

Secondo il prof. R.D.Wilson, citato da<br />

H.C.Leupold, il Gutium “era una contrada di<br />

estensione <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ita che probabilmente abbracciava<br />

tutto il territorio tra Babilonia da<br />

una parte e le montagne dell’Armenia a nordest<br />

dall’altra, e forse anche il paese al di là<br />

dei monti Zagros che aveva Ecbatana per capitale”.<br />

L’identificazione di Dario il Medo con<br />

Ugbaru ha un aspetto problematico nella diversità<br />

del nome. Non è però questa una difficoltà<br />

<strong>in</strong>sormontabile.<br />

Giuseppe Flavio <strong>in</strong> Antichità Giudaiche,<br />

X. 11,4 asserisce che il Dario di Daniele “era<br />

chiamato dai Greci con un altro nome”. Abbiamo<br />

notizie su regnanti dell’Antico Oriente<br />

che adottarono un secondo nome all’atto di<br />

assumere le prerogative reali, il cosiddetto<br />

“nome del trono”.<br />

Il re assiro Tiglat-Pileser III (745-727<br />

a.C.), per esempio, assunse il nuovo nome di<br />

Pulu quando c<strong>in</strong>se la corona di Babilonia (vedi<br />

E.CASSIN - J. BOTTERO - J. VERCOUTTER, Gl’imperi<br />

dell’Antico Oriente, Storia Universale Feltr<strong>in</strong>elli,<br />

vol. 4, p. 54). Anche la Bibbia conosce il<br />

doppio nome di questo sovrano (cfr. 1Re<br />

15:19, 29; 1Cr 5:26).<br />

Suo figlio Salmanassar V (727-722<br />

a.C.) pure adottò un secondo nome, Ululaya,<br />

294<br />

come re di Babilonia (op. cit., p. 47). I testi<br />

amm<strong>in</strong>istrativi di Borsippa del periodo persiano<br />

menzionano un re di nome Akshimaksu<br />

sconosciuto alle altre fonti storiche. Si è scoperto<br />

che questo nome era una variante del<br />

nome del noto re persiano Serse I (Xsayarsan<br />

nel persiano antico).<br />

Dario potrebbe essere il “nome del<br />

trono” del personaggio che assunse il trono<br />

di Babilonia dopo la morte di Beltsasar. Per<br />

<strong>in</strong>formazioni più ampie <strong>in</strong>torno alla problematicità<br />

della figura di Dario il Medo vedi WILLIAM<br />

H. SHEA, “Darius le Mède et Daniel son Gouverneur”<br />

<strong>in</strong> Daniel question dèbattues a cura<br />

di P. WINANDY, Sèm<strong>in</strong>aire Adventiste Collonges-sous-Salève<br />

1980, p. 91ss.<br />

APPENDICE 9B<br />

Oggi un buon numero di studiosi<br />

dell’Antico Testamento, aderendo ad un’ipotesi<br />

proposta dal belga ALBIN VAN HOONACKER<br />

nel 1890, antepone cronologicamente Nehemia<br />

a Esdra, contrariamente all’ord<strong>in</strong>e biblico.<br />

Tale <strong>in</strong>versione è stata giustificata <strong>in</strong> base ad<br />

una serie di illazioni tratte dai libri di Esdra e<br />

Nehemia, alle quali sono state opposte parallele<br />

controdeduzioni. Vediamo.<br />

1) Si è osservato che Nehemia sembra<br />

avere una scarsa conoscenza di Esdra. In effetti<br />

Esdra è assente nel libro di Nehemia f<strong>in</strong>o<br />

a tutto il cap. 7. Ciò però si spiega se si ammette<br />

che vi sia stato un calo di popolarità<br />

del sacerdote-scriba dopo la riforma sui matrimoni<br />

misti (Ed c. 10) la quale, se riscosse<br />

ampia adesione fra il popolo, ebbe anche degli<br />

oppositori (Ed 10:15). Il r<strong>in</strong>vio delle donne<br />

straniere (Ed 10:10-12) sicuramente scomb<strong>in</strong>ò<br />

parecchi nuclei familiari (v. 44) ed è anche<br />

verosimile che provocasse attriti e tensioni<br />

con le popolazioni circostanti.<br />

Con l’arrivo di Nehemia Esdra può avere<br />

pensato che fosse saggio mettersi <strong>in</strong> disparte<br />

per lasciare al nuovo arrivato il compito di pro-


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 295<br />

seguire le riforme. Una volta portata a term<strong>in</strong>e<br />

la ricostruzione del muro di c<strong>in</strong>ta (Ne<br />

6:15), Nehemia deve aver pensato che fosse<br />

giunto per Esdra il momento di uscire dall’ombra<br />

e riprendere la posizione che gli competeva<br />

nella vita nazionale. Sta di fatto che alla<br />

solenne dedicazione del muro appena ricostruito,<br />

Esdra condusse una delle due processioni<br />

corali che presero parte alla cerimonia<br />

(l’altra era condotta da Nehemia: Ne<br />

12:36,38). Esdra comparve ancora come leader<br />

religioso di punta poco tempo dopo<br />

quando fu celebrata la Festa delle Capanne<br />

(Ne 8:1-6).<br />

2) Si è dedotto che Nehemia non fosse<br />

al corrente del rimpatrio avvenuto con Esdra,<br />

perché nel promuovere il censimento della popolazione<br />

si valse delle liste genealogiche del<br />

primo rimpatrio. I reduci da Babilonia al<br />

tempo di Esdra furono molto meno numerosi<br />

di quelli che erano tornati 80 anni prima con<br />

Giosuè e Zorobabele (5 o 6.000 contro<br />

50.000: cfr. Ed 8:3-20 con 2:64-65). Dovendosi<br />

procedere ad un nuovo censimento sembra<br />

naturale che si prendesse per base un registro<br />

demografico con un numero cospicuo<br />

di famiglie censite a preferenza di uno con un<br />

numero esiguo. Del resto l’espressione<br />

“quelli ch’eran tornati dall’esilio la prima<br />

volta” <strong>in</strong> Ne 7:5 presuppone che vi sia stato<br />

un secondo rimpatrio dopo quello di Zorobabele,<br />

e questo non poteva essere che quello<br />

di Esdra (Ed 7 e 8), visto che né Esdra né<br />

Nehemia accennano ad altri rimpatri oltre a<br />

questi due. Il rimpatrio di Nehemia nel 444<br />

a.C. fu solitario (Ne 2:9-11). Dunque l’arrivo<br />

di Nehemia a Gerusalemme nel 444 a.C. fu<br />

preceduto e non seguito da quello di Esdra.<br />

3) Si è voluto dedurre da Ed 8:33 che<br />

questo personaggio, arrivato a Gerusalemme,<br />

trovasse quivi una commissione di tesorieri<br />

del tempio che sarebbe stata istituita da<br />

Nehemia. Ed 8:33 documenta un fatto cont<strong>in</strong>gente.<br />

Dopo che la carovana condotta da<br />

Esdra fu giunta a Gerusalemme, i sacerdoti e<br />

CAPIRE DANIELE<br />

i leviti che prima della partenza avevano ricevuto<br />

<strong>in</strong> consegna i preziosi offerti per il tempio<br />

dal re di Persia, dai suoi m<strong>in</strong>istri e dai giudei<br />

rimasti <strong>in</strong> Babilonia (Ed 8:24-29), consegnarono<br />

i detti preziosi al sacerdote Meremoth<br />

che li ricevette dalle loro mani <strong>in</strong> presenza<br />

di un secondo sacerdote e di due leviti<br />

(Ed 8:33). In questo passo non si dice che i<br />

sacerdoti e i leviti che ricevettero <strong>in</strong> custodia<br />

l’oro e l’argento per il tempio costituissero<br />

una commissione preesistente né, tanto<br />

meno, che essa fosse stata <strong>in</strong>sediata da<br />

Nehemia. Fra il primo e il secondo governatorato<br />

di Nehemia (Ne 13:6) era accaduto che il<br />

personale del culto aveva abbandonato il tempio<br />

per procacciarsi i mezzi di sostentamento,<br />

giacché le decime non erano più state portate<br />

(Ne 13:6-7, 10). Nehemia riprist<strong>in</strong>ò i servizi<br />

del tempio e il pr<strong>in</strong>cipio sacro della decima, e<br />

affidò a un sacerdote e a uno scriba coadiuvati<br />

da altre due persone l’<strong>in</strong>carico di sovr<strong>in</strong>tendere<br />

all’ammasso nei magazz<strong>in</strong>i del tempio<br />

delle derrate portate come decime e alla<br />

loro distribuzione al personale sacro (Ne 13:<br />

11-13). Non si dice però se questa commissione<br />

di amm<strong>in</strong>istratori delle decime fosse<br />

permanente né se essa avesse anche l’<strong>in</strong>carico<br />

di custodire il tesoro del tempio.<br />

4) Si è creduto di cogliere <strong>in</strong> Ed 9:9 la<br />

prova che il muro di c<strong>in</strong>ta di Gerusalemme<br />

fosse già stato costruito quando il sacerdote<br />

Esdra arrivò a Gerusalemme. Sappiamo che<br />

appena giunto da Babilonia, Esdra dovette<br />

confrontarsi con un problema religioso dai<br />

complessi risvolti sociali, il problema dei matrimoni<br />

misti (Ed 9:1-2). Egli pensò di risolverlo<br />

<strong>in</strong> modo radicale. Prima però volle avere<br />

un convegno penitenziale coi notabili (Ed 9: 3-<br />

4). Confessando <strong>in</strong> preghiera la colpa del popolo<br />

il pio uomo di Dio riconobbe che nonostante<br />

tutte le <strong>in</strong>fedeltà remote e recenti Dio<br />

non aveva abbandonato i deportati, anzi<br />

aveva fatto volgere <strong>in</strong> loro favore la benevolenza<br />

dei re di Persia per tornare <strong>in</strong> vita come<br />

popolo, per riedificare il tempio del loro Dio,<br />

295


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 296<br />

CAPITOLO 9<br />

per concedere ad essi un muro sicuro “<strong>in</strong> Giudea<br />

e <strong>in</strong> Gerusalemme” (Ed 9:9). Non si può<br />

concludere perentoriamente da questo passo<br />

che il “muro” per il quale Esdra fu riconoscente<br />

a Dio fosse già ricostruito; egli aveva<br />

<strong>in</strong> mano un decreto del re che lo autorizzava a<br />

ricostruire la città, come si vedrà più avanti, e<br />

può essere stato per questo che il sacerdotescriba<br />

espresse gratitud<strong>in</strong>e verso Dio.<br />

Ad ogni modo l’ebraico gader, “muro”,<br />

nelle versioni è generalmente tradotto “ricovero”,<br />

“riparo”, “rifugio”, “asilo sicuro”, il chè<br />

sembra essere legittimato dalla menzione di<br />

Giuda accanto a Gerusalemme <strong>in</strong> rapporto al<br />

gader: non è immag<strong>in</strong>abile un territorio di<br />

Giuda circondato da un muro di c<strong>in</strong>ta ! Come<br />

hanno <strong>in</strong>teso molti traduttori, gader può avere<br />

qui un senso figurato e non letterale.<br />

5) I fautori dell’<strong>in</strong>versione cronologica<br />

tra Esdra e Nehemia fanno notare: a) che il<br />

sacerdote Johanan, figlio di Eliashib, aveva<br />

una stanza nel tempio quando Esdra giunse a<br />

Gerusalemme (Ed 10:6); b) che suo padre<br />

Eliashib fu sommo sacerdote 13 anni dopo,<br />

al tempo di Nehemia (Ne 3:1, 20; 13:4,7); c)<br />

che Johanan è ricordato come sommo sacerdote<br />

<strong>in</strong> una lettera di Elefant<strong>in</strong>a del 410 a.C.<br />

Da tutto questo si è dedotto che Johanan<br />

menzionato <strong>in</strong> Ed 10:6, e lo stesso<br />

Esdra, debbono collocarsi cronologicamente<br />

fra il tempo del sommo sacerdozio di Eliashib<br />

padre di Johanan, sotto Nehemia, e l’epoca<br />

<strong>in</strong> cui lo stesso Johanan esercitò il sommo<br />

sacerdozio attestato nel documento di Elefant<strong>in</strong>a.<br />

Posto che non ci sono motivi per dubitare<br />

che i due Johanan menzionati <strong>in</strong> Esdra e<br />

nel papiro di Elefant<strong>in</strong>a siano la stessa persona,<br />

c’è da aggiungere che questa circostanza<br />

non obbliga a ritardare l’arrivo di Esdra<br />

a Gerusalemme rispetto alla data tradizionale.<br />

Se Johanan era un giovane sacerdote<br />

sui trent’anni quando Esdra giunse a Gerusalemme<br />

nel 457 a.C. e divenne sommo sacerdote<br />

alla morte del padre Eliashib <strong>in</strong> un anno<br />

imprecisato della seconda metà del V secolo<br />

296<br />

a.C., poté essere ancora <strong>in</strong> vita e <strong>in</strong> carica 47<br />

anni dopo il 457 a.C., avendo un’età fra i 70<br />

e gli 80 anni.<br />

Non c’è motivo per ritenere che <strong>in</strong><br />

quest’epoca il sommo sacerdozio non fosse<br />

più un <strong>in</strong>carico a vita (vedi Nu 20:28; De<br />

20:6). I sommi sacerdoti, se vivevano a<br />

lungo, arrivavano alla f<strong>in</strong>e del loro <strong>in</strong>carico<br />

con un’età molto avanzata. Aaronne fu<br />

sommo sacerdote f<strong>in</strong>o ai 123 anni (Nu<br />

33:39), Eli f<strong>in</strong>o ai 98 (1Sm 4:15) e Jehoiada<br />

f<strong>in</strong>o ai 130 (2Cr 24:14-15).<br />

È curioso, ma gli studiosi che antepongono<br />

Nehemia ad Esdra <strong>in</strong>cappano nella<br />

stessa difficoltà che tentano di risolvere con<br />

questa <strong>in</strong>versione cronologica. Ed 8:33 dice<br />

che il personaggio con questo nome rimise<br />

nelle mani del sacerdote Meremoth figlio di<br />

Uria i preziosi per il tempio portati da Babilonia.<br />

Questo Meremoth figlio di Uria è ricordato<br />

<strong>in</strong> Ne 3:4 e 21 fra i costruttori del muro<br />

di c<strong>in</strong>ta di Gerusalemme.<br />

Ora, se Esdra fosse giunto a Gerusalemme<br />

nell’anno 7° di Artaserse II, cioè nel<br />

397 a.C., posto che nel tempo della ricostruzione<br />

del muro della città Meremoth avesse<br />

avuto una trent<strong>in</strong>a di anni, ne avrebbe avuti<br />

più di 70 quando ricevette dai reduci di Babilonia<br />

l’oro e l’argento per il tempio. Cosa non<br />

impossibile, solo che a questo personaggio<br />

sarebbe giocoforza assegnare un’età che è ritenuta<br />

<strong>in</strong>ammissibile per Johanan! Ma c’è<br />

una contraddizione ancora più grave.<br />

Se si ammette che il sacerdote e scriba<br />

Esdra rimpatriasse da Babilonia l’anno 7° di<br />

Artaserse II (397 a.C.), allora resta un enigma<br />

senza soluzione la sua presenza <strong>in</strong> Gerusalemme<br />

47 anni prima per la dedicazione del<br />

muro di c<strong>in</strong>ta (Ne 12:13) e la Festa delle Capanne<br />

(Ne 8:1-6).<br />

Di fronte a queste difficoltà <strong>in</strong>sormontabili<br />

alcuni studiosi hanno creduto di dover<br />

cancellare il nome di Esdra dal libro di Nehemia<br />

(qualcuno ha pensato addirittura di doverlo<br />

cancellare dalla storia !). Altri meno radi-


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 297<br />

cali hanno ritenuto di dovere trasformare <strong>in</strong><br />

37° l’anno 7° di Artaserse I per fare comunque<br />

arrivare Esdra a Gerusalemme dopo<br />

Nehemia, nel 427 a.C. anziché nel 457 a.C.<br />

(una critica sensata sulla cronologia <strong>in</strong>vertita<br />

di Esdra-Nehemia - alla quale <strong>in</strong> parte si richiamano<br />

le note che precedono - si trova nel<br />

III volume del S.D.A. Bible Commentary, pp.<br />

370-374).<br />

Vari studiosi moderni si sono mostrati<br />

propensi a riconoscere come più verosimile<br />

l’ord<strong>in</strong>e cronologico Esdra-Nehemia che<br />

quello contrario, o quanto meno ad ammettere<br />

come più probabile l’identificazione<br />

dell’Artaserse di Esdra 7 con Artaserse I Longimane.<br />

Mart<strong>in</strong> Noth, per esempio, ritiene<br />

probabile che l’Artaserse di Esdra sia Artaserse<br />

I Longimane e non Artaserse II Mnemone,<br />

e stima molto verosimile, anche se<br />

non del tutto sicura, l’attribuzione di Esdra a<br />

questo Artaserse I (Storia d’Israele, Brescia<br />

1975, p. 390).<br />

SIEGFRIED HERRMANN scrive che “considerato<br />

lo stato globale di questi testi (Esdra e<br />

Nehemia) si può anche dire... che il corso degli<br />

eventi nella forma attuale <strong>in</strong> cui si presentano<br />

è <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea di pr<strong>in</strong>cipio giusta, che cioè l’attività<br />

di Esdra e Nehemia non sono state un<br />

puro e chiaro succedersi dell’una all’altra, ma<br />

che molto probabilmente si sono <strong>in</strong>crociate. In<br />

questo senso già Alt ammise che Esdra con<br />

tutta probabilità non ha raggiunto i suoi scopi<br />

subito con i suoi primi provvedimenti”. - Storia<br />

d’Israele, Brescia 1977, p. 409.<br />

Anche MARTIN METZGER è del parere che<br />

non sia necessario far precedere Esdra da<br />

Nehemia. Egli scrive: “Il fatto che Nehemia<br />

abbia dovuto prendere provvedimenti anche <strong>in</strong><br />

campo cultuale ha fatto supporre che la sua<br />

missione sia avvenuta anteriormente a quella<br />

di Esdra (...). Questa argomentazione non è<br />

tuttavia del tutto conv<strong>in</strong>cente; si può pensare,<br />

<strong>in</strong>fatti, che anche dopo la riorganizzazione del<br />

culto da parte di Esdra non tutti gli <strong>in</strong>convenienti<br />

<strong>in</strong> questo campo fossero stati elimi-<br />

CAPIRE DANIELE<br />

nati”. - Breve storia d’Israele, Brescia 1985,<br />

p. 176.<br />

Sulla scorta delle <strong>in</strong>formazioni sia pure<br />

frammentarie reperibili nei libri di Esdra e<br />

Nehemia è possibile ricostruire il corso degli<br />

eventi di quest’epoca secondo l’ord<strong>in</strong>e cronologico<br />

biblico (Esdra prima di Nehemia)<br />

nell’assoluto rispetto dell’<strong>in</strong>tegrità del testo.<br />

Ed 6:14 dice che i Giudei f<strong>in</strong>irono i loro<br />

lavori di ricostruzione (<strong>in</strong> Gerusalemme) “secondo<br />

il comandamento dell’Iddio d’Israele e<br />

secondo gli ord<strong>in</strong>i di Ciro, di Dario e di Artaserse<br />

re di Persia”. I lavori condotti a term<strong>in</strong>e<br />

<strong>in</strong> Gerusalemme col consenso di Ciro e di Dario<br />

si riferiscono senza dubbio alla ricostruzione<br />

del tempio autorizzata da Ciro (Ed 1:2-<br />

4) e conclusa nell’anno sesto di Dario (Ed<br />

6:15). Ma quali furono i lavori <strong>in</strong>trapresi col<br />

consenso di Artaserse? I libri di Esdra e di<br />

Nehemia hanno due soli riferimenti a lavori di<br />

ricostruzione condotti <strong>in</strong> Gerusalemme durante<br />

il regno di Artaserse: 1) la ricostruzione<br />

del muro cittad<strong>in</strong>o nell’anno ventesimo (444<br />

a.C.) sotto la direzione di Nehemia (Ne 2:1;<br />

5:15); 2) un pr<strong>in</strong>cipio di ricostruzione della<br />

città e del muro (Ed 4:12) <strong>in</strong> un anno imprecisato<br />

del regno di Artaserse (sicuramente l’Artaserse<br />

primo, giacchè quando com<strong>in</strong>ciò a regnare<br />

il secondo nel 405/04 a.C. il muro era<br />

ricostruito da 40 anni).<br />

Secondo Ed 4:7-12 i Samaritani <strong>in</strong>formarono<br />

il re Artaserse che i Giudei riedificavano<br />

la “città ribelle”, ne rialzavano le mura e<br />

ne restauravano le fondamenta. Tutto questo,<br />

come si è notato <strong>in</strong> altro luogo, non poteva<br />

essere fatto senza un ord<strong>in</strong>e espresso del re.<br />

“Quando a Gerusalemme si doveva fare qualcosa<br />

- scrive Siegfried Herrmann - allora evidentemente<br />

i circoli locali non erano <strong>in</strong> grado<br />

di fare: la sp<strong>in</strong>ta doveva venire dall’esterno,<br />

c’era bisogno di autorizzazioni; c’era bisogno<br />

di <strong>in</strong>terposte persone, personalità energiche<br />

che sapessero <strong>in</strong>trodurre conoscenze e relazioni<br />

per persuadere le autorità e ricevere documenti,<br />

senza i quali non si faceva nulla an-<br />

297


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 298<br />

CAPITOLO 9<br />

che allora” (op. cit., p. 413).<br />

L’ord<strong>in</strong>e di riedificare la città e rialzarne<br />

il muro di c<strong>in</strong>ta fu concesso a Esdra da Artaserse<br />

I Longimane l’anno settimo del suo regno.<br />

In quell’anno il sacerdote Esdra ricevette<br />

dal re il permesso di rimpatriare con “alcuni<br />

figli d’Israele, dei sacerdoti, dei Leviti, dei<br />

cantori, dei port<strong>in</strong>ai e dei Net<strong>in</strong>ei” (Ed 7:7). La<br />

carovana lasciò Babilonia il 1° giorno del 1°<br />

mese (Nisan) e arrivò a Gerusalemme il 1°<br />

giorno del 5° mese (Elul): Ed 4:9.<br />

Lungo il tragitto attraverso la vasta satrapia<br />

transeufratica i conduttori della carovana<br />

esibirono alle autorità persiane locali “i<br />

decreti del re” (Ed 8: 36). Il testo del decreto<br />

di Artaserse I, che Esdra aveva con sè, ci è<br />

stato conservato nella orig<strong>in</strong>ale l<strong>in</strong>gua aramaica<br />

<strong>in</strong> Ed 7:12-26 (è comprovato che l’aramaico<br />

fu la l<strong>in</strong>gua ufficiale della cancelleria<br />

reale persiana).<br />

Questo editto <strong>in</strong> primo luogo autorizzava<br />

il capo-carovana a raccogliere tra i connazionali<br />

rimasti <strong>in</strong> Babilonia dei donativi per il<br />

tempio di Gerusalemme (Ed 4:16), oltre a<br />

quelli offerti dal re e dai suoi m<strong>in</strong>istri (v. 15).<br />

Inoltre ord<strong>in</strong>ava ai tesorieri delle prov<strong>in</strong>ce percorse<br />

dai reduci di fornire loro tutto il necessario<br />

per proseguire il viaggio verso Gerusalemme<br />

(Ed 4:21).<br />

Inf<strong>in</strong>e decretava l’esenzione dalle imposte<br />

per tutto il personale del tempio (v. 24).<br />

Ma la concessione più sorprendente riguardava<br />

l’istituzione di un ord<strong>in</strong>amento giudiziario<br />

autonomo per l’amm<strong>in</strong>istrazione della giustizia<br />

secondo il diritto nazionale, cioè secondo<br />

la legge di Mosè.<br />

Con questi privilegi <strong>in</strong> ambito amm<strong>in</strong>istrativo<br />

e giudiziario Giuda poteva considerarsi<br />

ormai quasi un piccolo stato dentro l’impero<br />

persiano.<br />

Non è azzardato postulare che come coronamento<br />

di siffatte larghe concessioni, mai<br />

fatte prima d’allora dai re di Persia alla comunità<br />

dei rimpatriati, Artaserse autorizzasse la<br />

ricostruzione materiale della città. Sta di<br />

298<br />

fatto, come già accennato, che la riedificazione<br />

della città e delle sue mura fu <strong>in</strong>trapresa<br />

dai reduci dall’esilio <strong>in</strong> un momento<br />

non specificato del regno di Artaserse I, ma<br />

dovette essere <strong>in</strong>terrotta dietro ord<strong>in</strong>e<br />

espresso del re (Ed 4:23) allarmato per le<br />

gravi accuse mosse ai costruttori dal governatore<br />

di Samaria e dai suoi colleghi (Ed 4:12-<br />

16). Con una lettera ai funzionari governativi<br />

di Samaria Artaserse ord<strong>in</strong>ò l’<strong>in</strong>terruzione dei<br />

lavori lasciando tuttavia aperta la possibilità<br />

di una ripresa (Ed 4:21).<br />

Una crisi politica a metà del secolo V<br />

a.C. suggerisce un motivo plausibile per spiegare<br />

la revoca da parte di Artaserse dell’autorizzazione<br />

di ricostruire Gerusalemme.<br />

Intorno al 450 a.C. la stabilità dell’impero<br />

fu messa <strong>in</strong> pericolo dalla rivolta di Megabizo,<br />

il potente satrapo della prov<strong>in</strong>cia transeufratica<br />

di cui faceva parte la Giudea. In<br />

questo clima politico s’<strong>in</strong>quadra bene la misura<br />

adottata dal sovrano persiano nei confronti<br />

di Gerusalemme, questa città che nel<br />

passato si era fatta notare per la sua <strong>in</strong>docilità<br />

(Ed 4:19).<br />

Gli zelanti funzionari samaritani, <strong>in</strong>terpretando<br />

a modo loro il decreto reale, probabilmente<br />

distrussero quanto era stato ricostruito.<br />

Sta di fatto che alcuni anni dopo<br />

Nehemia trovò Gerusalemme distrutta, le sue<br />

porte bruciate e le mura tutte da ricostruire<br />

(Ne 2:17).<br />

Gli anni di regno di Artaserse I sono<br />

stati fissati <strong>in</strong> modo sicuro grazie ai testi amm<strong>in</strong>istrativi<br />

di Babilonia e a 14 papiri di Elefant<strong>in</strong>a<br />

datati secondo il calendario civile giudaico<br />

post-esilico (con l’<strong>in</strong>izio dell’anno <strong>in</strong> autunno)<br />

e <strong>in</strong> base al calendario solare egiziano.<br />

L’anno settimo di Artaserse I Longimane si è<br />

così potuto calcolare con precisione scientifica<br />

(vedi SIEGFRIED H.HORN E LYNN H. WOOD,<br />

The Chronology of Ezra 7, Wash<strong>in</strong>gton D.C.,<br />

1953).<br />

Si deve considerare che gli anni storici<br />

avanti Cristo si calcolano <strong>in</strong> base al calenda-


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 299<br />

CALENDARIO<br />

GIULIANO<br />

COMPUTO<br />

PERSIANO<br />

COMPUTO<br />

GIUDAICO<br />

rio solare giuliano con l’<strong>in</strong>izio dell’anno il 1°<br />

gennaio, e che i calendari lunari persiano e<br />

giudaico post-esilici facevano decorrere l’anno<br />

rispettivamente dalla primavera e dall’autunno.<br />

Il regno di Artaserse I com<strong>in</strong>ciò il 17 dicembre<br />

del 465 a.C. L’anno settimo cadde<br />

tra il 458 e il 457. Il 1° di Nisan, data della<br />

partenza di Esdra da Babilonia, co<strong>in</strong>cise con<br />

la f<strong>in</strong>e di marzo del 457, e il 1° di ’Ab, data<br />

dell’arrivo della carovana a Gerusalemme,<br />

con la f<strong>in</strong>e di luglio (vedi diagramma sopra).<br />

Che il calendario <strong>in</strong> uso tra i Giudei del<br />

dopo-Esilio fosse un calendario con l’<strong>in</strong>izio<br />

dell’anno <strong>in</strong> autunno, si ricava dai primi due<br />

capitoli del libro di Nehemia. Al servizio del re<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Gennaio Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen.<br />

465 a.C. 464 463 462 461 460 459 458 457 456<br />

Nisan Nisan Nisan Nisan Nisan Nisan Nisan Nisan Nisan Nisan<br />

acc. 1° anno 2° anno 3° anno 4° anno 5° anno 6° anno 7° anno 8° anno<br />

acc. 1° anno 2° anno 3° anno 4° anno 5° anno 6° anno 7° anno<br />

Tishri Tishri Tishri Tishri Tishri Tishri Tishri Tishri Tishri<br />

Accessione al trono<br />

di Artaserse I<br />

Dicembre 465 a.C.<br />

Da S.D.A. Bible Commentary, vol. III, p. 104.<br />

Partenza di Esdra<br />

da Babilonia<br />

Arrivo di Esdra<br />

Luglio 457 a.C.<br />

a Gerusalemme<br />

Marzo 457 a.C.<br />

Artaserse I a Susa, Nehemia, nel mese di Kisleu<br />

dell’anno ventesimo del re, fu <strong>in</strong><strong>formato</strong><br />

da alcuni giudei giunti da Gerusalemme sullo<br />

stato miserevole dei reduci dall’esilio (Ne 1:1-<br />

4). Nel mese di Nisan dello stesso anno<br />

Nehemia domandò e ottenne dal re Artaserse<br />

il permesso di recarsi a Gerusalemme e, con<br />

un’autorizzazione scritta, di rialzarne le mura<br />

e ricostruirne le porte (Ne 2:1-8). Considerato<br />

che le cattive notizie dalla madrepatria giunsero<br />

il nono mese (Kisleu) e che Nehemia<br />

partì da Susa il primo mese (Nisan) dello<br />

stesso anno, si deve concludere che <strong>in</strong> questi<br />

due capitoli del libro le date sono riferite ad<br />

un calendario con l’<strong>in</strong>izio dell’anno <strong>in</strong> autunno<br />

(vedi grafico nella pag<strong>in</strong>a seguente).<br />

299


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 300<br />

CAPITOLO 9<br />

CALENDARIO RELIGIOSO GIUDAICO<br />

IN USO PRIMA DELL’ESILIO<br />

1. NISAN (marzo - aprile)<br />

2. IYYAR<br />

3. SIVAN<br />

4. TAMMUZ<br />

5. ’AB<br />

6. ELUL<br />

7. TISHRI<br />

8. MARCHESHVAN<br />

9. KISLEU<br />

10. TEBET<br />

11. SHEBAT<br />

12. ADAR<br />

APPENDICE 9C<br />

Si conoscono date avanti Cristo certe<br />

f<strong>in</strong>o al mese e al giorno, ma <strong>in</strong>credibilmente<br />

si ignora l’anno della natività di Gesù. Ciò dipende<br />

dal fatto che gli scrittori del Nuovo Testamento,<br />

e <strong>in</strong> particolare gli autori dei vangeli,<br />

si <strong>in</strong>teressarono assai meno della cronologia<br />

che delle vicende della vita di Gesù Cristo<br />

e dei contenuti della sua predicazione.<br />

Così, paradossalmente, l’Evento che divide <strong>in</strong><br />

due la Storia non ha un <strong>in</strong>izio storico accertato.<br />

L’idea di numerare gli anni dalla nascita<br />

di Cristo venne a un monaco nella prima<br />

metà del VI secolo. F<strong>in</strong>o a quest’epoca la<br />

mancanza di un criterio uniforme di datazione<br />

300<br />

CALENDARIO CIVILE GIUDAICO<br />

IN USO DOPO L’ESILIO (è mantenuta<br />

la numerazione dei mesi Calendario Religioso)<br />

Anno 20° di Artaserse I <strong>in</strong> Ne 1:1-4 e 2:1-8<br />

7. TISHRI<br />

8. MARCHESHVAN (Nehemia riceve<br />

cattive notizie)<br />

9. KISLEU<br />

10. TEBET (Ne 1:1-4)<br />

11. SHEBAT<br />

12. ADAR (Nehemia parte<br />

da Susa - Ne 2:1-8)<br />

1. NISAN<br />

2. IYYAR<br />

3. SIVAN<br />

4. TAMMUZ<br />

5. ’AB<br />

6. ELUL<br />

per fissare le ricorrenze religiose aveva creato<br />

problemi alla Chiesa. Il monaco scita Dionigi<br />

il Piccolo ideò una tabella per fissare le date<br />

della Pasqua contando gli anni dalla natività<br />

di Gesù Cristo. Valendosi delle <strong>in</strong>formazioni<br />

disponibili al suo tempo, il religioso orientale<br />

calcolò che questo evento aveva avuto luogo<br />

nell’anno 754 ab Urbe condita, cioè dalla fondazione<br />

di Roma.<br />

Presso i Romani la data più accreditata<br />

della fondazione della loro città, calcolata<br />

dall’erudito lat<strong>in</strong>o Marco Terenzio Varrone nel<br />

I secolo a.C., corrispondeva appunto a quello<br />

che oggi è per noi il 753 a.C. Dionigi fece decorrere<br />

la sua nuova scala cronologica<br />

dall’Anno Dom<strong>in</strong>i Nostri 532, ovverosia dal<br />

532° anno dalla natività del Signore. Soltanto


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 301<br />

dopo vari secoli l’Era Cristiana come scala<br />

cronologica per datare gli eventi storici divenne<br />

di uso generale nel mondo cristiano.<br />

Oggi sappiamo che l’anno da cui com<strong>in</strong>cia<br />

l’Era Cristiana (o Era Volgare) ha soltanto un<br />

valore convenzionale come data della natività<br />

di Cristo, giacché questo evento accadde<br />

prima dell’anno 754 di Roma.<br />

Dionigi il Piccolo aveva <strong>in</strong>avvertitamente<br />

calcolato con un errore di alcuni anni la data<br />

della Natività. Il marg<strong>in</strong>e approssimativo è<br />

stato valutato <strong>in</strong> tempi relativamente recenti<br />

grazie al calcolo astronomico. Lo storico giudeo<br />

Giuseppe Flavio <strong>in</strong>forma <strong>in</strong> Antichità Giudaiche<br />

(XVII. 6.4,5) che un’eclisse di luna si<br />

produsse pochi giorni prima della morte di<br />

erode il Grande. Gli astronomi moderni hanno<br />

calcolato che quell’eclisse ebbe luogo la<br />

notte del 13 marzo dell’anno 750 di Roma<br />

corrispondente al 4 a.C. (cfr. G. RICCIOTTI, Storia<br />

d’Israele, vol. II, p. 415). E poiché Erode<br />

era ancora <strong>in</strong> vita quando Gesù nacque a Betlemme<br />

(Vedi Mt 2:3, 13-16), è evidente che<br />

la Natività avvenne prima del 4 a.C., probabilmente<br />

nell’anno 5 o nell’anno 6 (qualche cronologo<br />

ha proposto l’anno 7 o l’anno 8).<br />

Alcuni eventi concomitanti con la nascita<br />

di Gesù Cristo ricordati nei vangeli sono<br />

di scarsa utilità per fissare la data della nascita<br />

di Cristo. Uno di tali eventi è il censimento<br />

ord<strong>in</strong>ato da Quir<strong>in</strong>io, governatore della<br />

Siria, di cui dà notizia Luca (Lc 2:2). Due iscrizioni<br />

che nom<strong>in</strong>ano Quir<strong>in</strong>io sembrano alludere<br />

ad un censimento sotto il suo governatorato<br />

avvenuto il 4 o il 6 a.C., ma l’<strong>in</strong>terpretazione<br />

di dette iscrizioni è <strong>in</strong>certa (cfr. S.D.A.<br />

Bible Commentary, vol. V, p. 241). Né si può<br />

prendere <strong>in</strong> considerazione la “stella” dei<br />

magi come un reale fenomeno astronomico.<br />

L’astro misterioso guidò i sapienti orientali<br />

f<strong>in</strong>o a Gerusalemme, poi si mosse nel cielo <strong>in</strong><br />

direzione sud e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e si fermò sopra “il luogo<br />

dov’era il fanciull<strong>in</strong>o” (Mt 2:1-2, 9). Gli strani<br />

spostamenti della “stella dei Magi” nella<br />

volta celeste non corrispondono a quelli di un<br />

CAPIRE DANIELE<br />

corpo celeste reale. L’unica spiegazione plausibile<br />

del fenomeno rimane quella che esso<br />

sia stato un evento soprannaturale (cfr. E.G.<br />

WHITE, The Desire of Ages, p. 60, nell’edizione<br />

italiana - La speranza dell’uomo – p. 33).<br />

Come per la natività del Signore, così per altri<br />

eventi della sua vita è impossibile fissare una<br />

data certa sulla base di circostanze concomitanti<br />

ricordate nei Vangeli. I riferimenti di Luca<br />

al mandato di un funzionario pubblico romano<br />

ed ai tetrarcati di tre piccoli sovrani palest<strong>in</strong>esi,<br />

e più ancora il riferimento all’anno 15°<br />

di Tiberio (Lc 3:1-3), parrebbero elementi validi<br />

per fissare l’<strong>in</strong>izio del m<strong>in</strong>istero di Giovanni<br />

Battista e qu<strong>in</strong>di della missione pubblica<br />

di Gesù. Purtroppo non è così. Il mandato<br />

pubblico ed i tetrarcati su accennati si<br />

possono porre fra il 26 e il 34 (vedi articolo<br />

“Chronology” <strong>in</strong> S.D.A. Bible Dictionary, vol.V,<br />

p. 202), un arco di tempo troppo esteso perché<br />

si possa fissare al suo <strong>in</strong>terno una data<br />

con marg<strong>in</strong>e di <strong>in</strong>certezza accettabile.<br />

La menzione dell’anno 15° di Tiberio è<br />

anch’essa di relativa utilità perché non è noto<br />

<strong>in</strong> base a quale criterio Luca calcolasse gli<br />

anni del pr<strong>in</strong>cipato di questo imperatore, né si<br />

conoscono fonti giudaiche sugli anni dei pr<strong>in</strong>cipati<br />

romani per fare un confronto. Nelle prov<strong>in</strong>ce<br />

orientali dell’Impero gli eventi si datavano<br />

abitualmente <strong>in</strong> base ad anni di regno,<br />

ma <strong>in</strong> modo diverso da prov<strong>in</strong>cia a prov<strong>in</strong>cia<br />

secondo che nel computo si calcolasse oppure<br />

no l’anno di accssione; <strong>in</strong> più l’<strong>in</strong>izio<br />

dell’anno cadeva <strong>in</strong> primavera <strong>in</strong> alcune regioni<br />

e <strong>in</strong> autunno <strong>in</strong> altre.<br />

A Roma gli eventi si datavano <strong>in</strong> base<br />

agli anni di consolato o di tribunato, perciò la<br />

cronologia romana, di solito accurata, non<br />

serve per datare <strong>in</strong> anni dell’Era Volgare<br />

l’anno 15° di Tiberio secondo Luca.<br />

In ogni modo se Luca, come sembra assai<br />

probabile, adottò il computo degli anni di<br />

regno che <strong>in</strong> quel tempo era d’uso corrente<br />

nel Vic<strong>in</strong>o Oriente, egli dovette contare come<br />

anno primo l’anno di calendario nel quale Ti-<br />

301


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 302<br />

CAPITOLO 9<br />

berio com<strong>in</strong>ciò a regnare. In tal caso l’anno<br />

15° del pr<strong>in</strong>cipato di Tiberio, calibrato sul calendario<br />

civile giudaico, fu il 27/28 E.V. com<strong>in</strong>ciato<br />

nell’autunno. È l’ipotesi che oggi<br />

gode di maggior credito fra gli studiosi (vedi<br />

GIULIO FIRPO, Il problema cronologico della nascita<br />

di Gesù, Brescia 1983, p. 84).<br />

Si deve convenire che “la data del battesimo<br />

che meglio conviene ai dati cronologici<br />

della narrazione biblica sulla vita di Cristo, e<br />

<strong>in</strong> particolare sulla durata del suo m<strong>in</strong>isterio e<br />

sulla sua crocifissione (...) è l’autunno del 27<br />

A.D.”. (S.D.A. Bible Dictionary, art. cit.). Le<br />

stesse <strong>in</strong>certezze che regnano riguardo alle<br />

date della nascita e del battesimo di Cristo,<br />

sussistono sulla data della sua crocifissione.<br />

La scelta di un anno <strong>in</strong> cui la Pasqua cadde di<br />

Venerdì è alquanto aleatoria.<br />

L’<strong>in</strong>izio del mese nella Giudea veniva<br />

fissato di volta <strong>in</strong> volta <strong>in</strong> base alla comparsa<br />

della sottile falce lunare a ponente dopo il tramonto<br />

del sole, e questo evento astronomico<br />

apprezzabile a vista se le condizioni atmosferiche<br />

sono favorevoli, si produce regolarmente<br />

24 ore dopo la luna nuova. In condizioni<br />

di osservazione non ottimali, per esempio<br />

col cielo offuscato a ponente, la “falce”<br />

302<br />

poteva essere scorta due o anche tre giorni<br />

dopo la luna nuova. Se poi l’osservazione era<br />

impedita per vari giorni di seguito dalla copertura<br />

del cielo, allora l’<strong>in</strong>izio del mese doveva<br />

essere stabilito su base congetturale.<br />

Ora chi può dire quali fossero le condizioni<br />

del cielo sopra la Palest<strong>in</strong>a quando fu<br />

fissato il 1° di Nisan dell’anno <strong>in</strong> cui Gesù fu<br />

crocifisso? Se dette condizioni fossero state<br />

sfavorevoli allora ci sarebbe uno scarto di 1,<br />

2 o 3 giorni fra il 15 di Nisan giudaico<br />

dell’anno della crocifissione e il 15 di Nisan<br />

dello stesso anno calcolato oggi astronomicamente.<br />

Uno scarto da scalare, ovviamente,<br />

nell’arco della settimana di Passione.<br />

Si capisce qu<strong>in</strong>di come non sia possibile<br />

determ<strong>in</strong>are con sicurezza mediante il<br />

calcolo astronomico l’anno della crocifissione<br />

di Cristo. Altri capitoli, basati su criteri che<br />

non possiamo discutere qui, permettono di<br />

stabilire che ci sono due anni possibili nei<br />

quali la crocifissione può avere avuto luogo <strong>in</strong><br />

giorno di Venerdì: sono gli anni 30 e 31<br />

dell’Era Volgare. La scelta dovrebbe cadere<br />

sull’alternativa che meglio s’accorda con le<br />

<strong>in</strong>dicazioni bibliche, e questa alternativa è<br />

l’anno 31.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 303<br />

APPENDICI GENERALI<br />

AL COMMENTO<br />

DEI CAPITOLI 8 E 9<br />

1. Rapporti vicendevoli significativi<br />

fra Daniele 8 e 9<br />

Le profezie di Daniele, se si differenziano<br />

per la diversità dei simboli utilizzati, <strong>in</strong><br />

rapporto ai contenuti non ci appaiono tuttavia<br />

rivelazioni <strong>in</strong>dipendenti e nettamente differenziate.<br />

Al contrario, dettagli paralleli e richiami<br />

vicendevoli le collegano le una alle altre.<br />

L’esistenza concreta di elementi di collegamento<br />

tra la profezia del cap. 9 e quelle<br />

antecedenti è stata riconosciuta da vari espositori.<br />

Il prof. R<strong>in</strong>aldi, per esempio, scrive <strong>in</strong> riferimento<br />

al cap. 9: “La rivelazione di questo<br />

capitolo si collega a quelle precedenti, che <strong>in</strong>tende<br />

completare...” 379 .<br />

Rapporti significativi si scorgono <strong>in</strong> particolare<br />

tra le rivelazioni dei capitoli 8 e 9. Identità<br />

di modalità rivelatoria, <strong>in</strong>terconnessioni logiche,<br />

aff<strong>in</strong>ità tematiche e l<strong>in</strong>guistiche fanno<br />

sì che la seconda si presenti come cont<strong>in</strong>uazione<br />

e completamento della prima. Si consider<strong>in</strong>o<br />

i fatti seguenti:<br />

1. In entrambi i capitoli l’angelo Gabriele<br />

appare come mediatore della rivelazione.<br />

2. Nel cap. 8 Daniele usa 4 volte il term<strong>in</strong>e<br />

chazôn <strong>in</strong> riferimento alle cose viste nella<br />

rivelazione (vv. 1, 2 e 15). Lo stesso vocabolo è<br />

adoperato una volta, con identico riferimento,<br />

nel dialogo fra due angeli (v. 13), e due volte<br />

dall’angelo Gabriele (vv. 17 e 26b).<br />

Nel v. 16, dove la voce che viene<br />

dall’Ulai comanda a Gabriele di spiegare al<br />

profeta la visione, compare per la prima volta<br />

il vocabolo mar’eh (“visione”). Nel v. 26a,<br />

dove ritorna per la seconda volta, questo vo-<br />

379 - G. RINALDI, op. cit., p. 123.<br />

CAPIRE DANIELE<br />

cabolo è da Gabriele direttamente riferito al<br />

dettaglio delle 2300 sere-matt<strong>in</strong>e che Daniele<br />

ha colto nel dialogo fra due angeli (“la visione,<br />

mar’eh, delle sere e delle matt<strong>in</strong>e”). In<br />

questo contesto sembra evidente che il term<strong>in</strong>e<br />

venga usato per <strong>in</strong>dicare specificamente<br />

una rivelazione fatta a voce (“la visione<br />

mar’eh, delle sere e delle matt<strong>in</strong>e di cui ti è<br />

stato parlato...”).<br />

Il vocabolo compare per la terza volta<br />

nel v. 27 dove Daniele dice di essere rimasto<br />

stupito a motivo della visione (mar’eh) per<br />

non averla compresa. Poiché Gabriele ha<br />

spiegato per <strong>in</strong>tero la visione simbolica<br />

(chazôn) nei vv. 20-25, è chiaro che nel v. 27<br />

il profeta con la parola mar’eh <strong>in</strong>tende riferirsi<br />

al dettaglio delle 2300 sere-matt<strong>in</strong>e che l’angelo<br />

non ha spiegato (v. 26).<br />

3. Mentre il cap. 8 f<strong>in</strong>isce con Daniele<br />

stupito per non avere capito (’en mevîn), nel<br />

v. 22 del cap. 9 Gabriele ritorna e gli dice di<br />

essere venuto per fargli capire (lehavîn). Poi<br />

(v. 23) lo sollecita a capire la visione (haven<br />

bammar’eh). La term<strong>in</strong>ologia è identica nei<br />

due luoghi. Da ciò si ev<strong>in</strong>ce che l’angelo è tornato<br />

per riprendere il discorso <strong>in</strong>terrotto sette<br />

anni prima.<br />

Ci si potrebbe <strong>in</strong>terrogare sul perché di<br />

questo lungo <strong>in</strong>tervallo di tempo. Una risposta<br />

potrebbe essere questa: quando Gabriele<br />

spiegò a Daniele la visione (era l’anno terzo<br />

della coreggenza di Beltsasar, 8:1) Babilonia,<br />

per quanto <strong>in</strong> decl<strong>in</strong>o, dom<strong>in</strong>ava ancora lo<br />

scenario della politica <strong>in</strong>ternazionale, e f<strong>in</strong>ché<br />

Babilonia imperava, la f<strong>in</strong>e dell’esilio e la restaurazione<br />

di Gerusalemme e del santuario<br />

erano un sogno. Adesso però la storia ha voltato<br />

pag<strong>in</strong>a: è l’anno primo della reggenza di<br />

Dario il Medo (9:1) - verosimilmente l’Ugbaru<br />

luogotenente di Ciro (vedi commento a 9:1-2<br />

e nota relativa). L’astro di Babilonia è tramontato<br />

per sempre ed è sorto sull’orizzonte della<br />

303


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 304<br />

CAPITOLO 9<br />

storia il nuovo astro persiano (8:20 si è avverato).<br />

La f<strong>in</strong>e di Babilonia ed il sorgere dell’impero<br />

persiano erano stati <strong>in</strong>dicati dalla profezia<br />

come il preludio della r<strong>in</strong>ascita d’Israele<br />

(cfr. Gr 25:12-14; 29:10; Is 44:28; 45:1, 4,<br />

13). È dunque giunto il tempo di rivelare a Daniele<br />

cose che sarebbe stato prematuro annunciare<br />

sette anni prima.<br />

4. L’espressione “sere-matt<strong>in</strong>e” (‘erevboqer)<br />

<strong>in</strong> 8:14 è improntata al l<strong>in</strong>guaggio del<br />

racconto della Creazione del capitolo primo<br />

della Genesi, dove 6 volte la frase “fu sera e<br />

fu matt<strong>in</strong>a” (wayehî ‘erev wayehî voqer) designa<br />

un giorno pieno. Come è stato ricordato<br />

nel commento di questo passo (8:14),<br />

l’espressione “sere-matt<strong>in</strong>e” non va, comunque,<br />

presa alla lettera, poichè essa compare<br />

<strong>in</strong> un contesto simbolico. “Sere - matt<strong>in</strong>e”<br />

non significa dunque “giorni di calendario”<br />

ma “giorni profetici” che sono equivalenti ad<br />

anni storici (cfr. il commento a 8:14 e la nota<br />

relativa). Questo elemento temporale <strong>in</strong>serito<br />

nella visione-audizione del cap. 8 ha un riscontro<br />

nella rivelazione-audizione del cap. 9<br />

la quale esordisce precisamente con un riferimento<br />

ad un elemento temporale: settanta<br />

settimane (di anni) “sono tagliate” (nechthak)<br />

per il popolo e per la santa città (cfr. il commento<br />

a 9:24). Il passivo nechthak associato<br />

alle settanta settimane fa pensare ad una<br />

estrapolazione dei 490 anni da un periodo di<br />

tempo più esteso. E quale potrebbe essere<br />

questo periodo se non quello dei 2300 anni a<br />

cui si allude <strong>in</strong> 8:14 ? Rafforza questa tesi la<br />

designazione di entrambi i periodi, <strong>in</strong> 8:26a e<br />

<strong>in</strong> 9:23 u.p., con lo stesso vocabolo: mar’eh.<br />

È <strong>in</strong>oltre significativo che eventi di<br />

grande portata <strong>in</strong> rapporto con la redenzione<br />

304<br />

siano posti alla f<strong>in</strong>e dei 490 come dei 2300<br />

anni. Allo scadere del periodo più breve<br />

(9:26a e 27a) sarà offerto il vero sacrificio<br />

espiatorio il quale porrà f<strong>in</strong>e ai sacrifici che lo<br />

prefiguravano nel santuario di Gerusalemme.<br />

Allo scadere dei 2300 anni sarà posta f<strong>in</strong>e<br />

alla prevaricazione contro il m<strong>in</strong>istero cont<strong>in</strong>uo<br />

di Cristo (thamîd) nel santuario dei cieli<br />

per il perdono dei peccati e sarà rimossa l’offesa<br />

recata al santuario (il santuario “sarà purificato”).<br />

È pure significativo il parallelismo<br />

tra il santuario che sarà purificato <strong>in</strong> 8:14<br />

u.p. ed il santuario che sarà consacrato<br />

(“unto”) <strong>in</strong> 9:24 u.p. Così, allo scadere dei<br />

490 anni <strong>in</strong>iziati con la promulgazione di un<br />

decreto autorizzante la restaurazione di Gerusalemme,<br />

si concluderà <strong>in</strong> Gerusalemme restaurata,<br />

con la morte cruenta del Messia, un<br />

rituale ciclico che era “ombra e figura delle<br />

cose celesti” (Eb 8:5), ovvero di eventi ultraterreni;<br />

e lassù nel cielo quegli eventi com<strong>in</strong>ceranno<br />

ad aver corso con l’<strong>in</strong>izio del m<strong>in</strong>istero<br />

sacerdotale del Messia risorto e glorificato<br />

(Eb 8:1-2), un m<strong>in</strong>istero cont<strong>in</strong>uo di mediazione<br />

per il perdono dei peccati (1Tm 2:5;<br />

Eb 8:6; 9:15; 12:24; 1Gv 2:1) che si concluderà<br />

<strong>in</strong> capo a 2300 anni con un solenne<br />

“kippur” celeste (“il santuario sarà purificato”)<br />

di cui era figura il “kippur” che il<br />

sommo sacerdote d’Israele celebrava nel<br />

santuario di Gerusalemme alla f<strong>in</strong>e di ogni ciclo<br />

liturgico annuale. Dunque i due periodi<br />

profetici annunciati <strong>in</strong> 8:14 e 9:24 si giustappongono,<br />

così che il più breve viene a formare<br />

la prima “tranche” del più esteso ed entrambi<br />

hanno <strong>in</strong> comune la data d’<strong>in</strong>izio 380 . Questa<br />

data è l’anno 457 a.C. (vedi il commento a<br />

9:25 e la nota relativa).<br />

380 - Esemplificando: supponiamo di volere misurare due lunghezze: una di 30, l’altra di 100<br />

centimetri. Per delimitare la prima useremo i primi 30 centimetri del nostro metro, e per determ<strong>in</strong>are<br />

la seconda utilizzeremo il metro <strong>in</strong>tero; ma nell’uno e nell’altro caso <strong>in</strong>izieremo la misurazione<br />

dal primo centimetro. Così, poiché i 490 anni costituiscono il primo segmento dei<br />

2300, è chiaro che l’uno e l’altro arco di tempo hanno <strong>in</strong> comune la data <strong>in</strong>iziale.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 305<br />

2. Il Giorno dell’Espiazione e<br />

il suo significato tipologico<br />

Nell’ambito del calendario liturgico<br />

d’Israele il Giorno dell’Espiazione (Yom<br />

hakkippurîm nella Bibbia, familiarmente Yom<br />

kippur) rappresentava la più grande solennità<br />

religiosa dell’anno.<br />

La Mishnah 381 gli consacra un <strong>in</strong>tero<br />

trattato che porta il titolo di yoma, “il Giorno”.<br />

Il Giorno dell’Espiazione si celebrava il<br />

decimo giorno del settimo mese, il mese di di<br />

Tishri (Le 16:29; 23:27; Nu 29:7), cioè tra<br />

settembre e ottobre secondo il calendario giuliano.<br />

Il cerimoniale della festa è descritto nel<br />

cap. 16 del Levitico; <strong>in</strong> queste pag<strong>in</strong>e lo rievocheremo<br />

<strong>in</strong>tegrando la Bibbia col Talmud.<br />

Il primo giorno del settimo mese il<br />

suono del corno sacerdotale annunciava una<br />

solenne convocazione del popolo: Le 23:24;<br />

Nu 29:1 (nella tarda storia giudaica vi si celebrava<br />

il Rosh hashshanah, il Capodanno). I<br />

nove giorni successivi erano giorni di preparazione<br />

spirituale <strong>in</strong> vista del gran Giorno<br />

dell’Espiazione. Al tramonto del nono giorno<br />

CAPIRE DANIELE<br />

com<strong>in</strong>ciava lo yom hakkippurîm con la cessazione<br />

di ogni attività lavorativa e il digiuno rigoroso<br />

(Le 23:32) 382 . Tutto il decimo giorno,<br />

f<strong>in</strong>o al tramonto del sole, era osservato come<br />

un Sabato solenne (ebr. shabath shabathôn,<br />

letteralmente “un Sabato dei Sabati”) con la<br />

congregazione raccolta <strong>in</strong>torno al santuario.<br />

In questa ricorrenza straord<strong>in</strong>aria il rituale<br />

era celebrato dal sommo sacerdote con<br />

l’assistenza dei sacerdoti ord<strong>in</strong>ari al pr<strong>in</strong>cipio<br />

e alla f<strong>in</strong>e, da solo nella parte centrale. Di<br />

buon matt<strong>in</strong>o, <strong>in</strong>dossati i paramenti<br />

splendidi 383 dopo un completo lavaggio del<br />

corpo, egli offriva l’olocausto del matt<strong>in</strong>o.<br />

Così vestito, il sommo sacerdote era una figura<br />

del Cristo nella sua gloria come Figlio di<br />

Dio e rappresentante del Padre davanti al suo<br />

popolo 384 .<br />

Compiuto il rito dell’olocausto mattut<strong>in</strong>o,<br />

il sommo sacerdote svestiva i paramenti<br />

splendidi, si lavava di nuovo tutto il corpo e<br />

<strong>in</strong>dossava la candida tunica di l<strong>in</strong>o (Le 16:4).<br />

Con questo semplice abbigliamento sacerdotale<br />

celebrava i riti centrali del giorno, rappresentando<br />

tipologicamente Gesù Cristo come<br />

mediatore del popolo davanti a Dio 385 .<br />

381 - La Mishnah (letteralmente “Ripetizione”) - la prima e più corposa porzione del Talmud - è<br />

un’ampia collezione di norme e regolamenti formulati durante vari secoli dal S<strong>in</strong>edrio e dai più<br />

autorevoli rabb<strong>in</strong>i. Codificata e messa per iscritto sul f<strong>in</strong>ire del II secolo d. C., si compone di 6<br />

“ord<strong>in</strong>i” (sedarîm), ciascuno suddiviso a sua volta <strong>in</strong> un numero variabile di “trattati” per un totale<br />

di 63. “Yoma” è il titolo di uno dei 12 trattati dell’ord<strong>in</strong>e Mo‘ed, “Feste stabilite”.<br />

382 - Sebbene il digiuno (ebr. tzôm) non sia menzionato <strong>in</strong> modo esplicito nelle prescrizioni relative<br />

alle osservanze del giorno dell’Espiazione (Le 16:29, 31; 23: 27, 32; Nu 29:7), esso è presupposto<br />

nell’espressione “affliggerete le anime vostre” (ebr. ‘<strong>in</strong>niten ’eth nafshotêkem) che si<br />

ripete c<strong>in</strong>que volte nei passi <strong>in</strong>dicati sopra (cfr. S.D.A. Bible Commentary, vol. II, p. 779; The<br />

New Bible Dictionary, voce “Fast”). Secondo il lessicografo B. Davidson il verbo ‘ânâh, “affliggersi”,<br />

“umiliarsi”, seguito dal sostantivo nefesh, “anima”, prende il senso di “digiunare” (The<br />

Analytical Hebr. and Chald. Lex., voce “‘anah”). Il “Digiuno” che Luca menziona <strong>in</strong> Atti 27:9 è<br />

senza dubbio un riferimento al Giorno dell’Espiazione (cfr. S.D.A. Bible Commentary, vol. VI,<br />

pag. 445; G. LUZZI, Fatti degli Apostoli, pag. 257; C.M. MARTINI, Atti degli Apostoli, pag. 316; A.<br />

WIKENHAUSER, Atti degli Apostoli, p. 357).<br />

383 - Descritti <strong>in</strong> Es 28:4-39.<br />

384 - Cfr. S.D.A. Commentary, vol. I, p. 774.<br />

385 - Cfr. The Great Controversy, pp. 421- 422; Ed. italiana, Il Gran Conflitto, pp. 308-309.<br />

305


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 306<br />

CAPITOLO 9<br />

Nell’atrio del Santuario il sommo sacerdote<br />

riceveva dalla congregazione due capri<br />

per il sacrificio di espiazione, oltre a un montone<br />

da offrire <strong>in</strong> olocausto (Le 16:5). Era una<br />

prassi <strong>in</strong>usuale, giacchè nel servizio giornaliero<br />

come vittima sacrificale d’espiazione per<br />

il popolo si richiedeva un giovenco (Le 4:14) e<br />

non un capro; ma quello era un rituale speciale,<br />

diverso da quelli ord<strong>in</strong>ari. I due capri<br />

erano dest<strong>in</strong>ati a due dist<strong>in</strong>ti rituali ai quali<br />

erano assegnati mediante la sorte (Le<br />

16:10). Il sommo sacerdote <strong>in</strong> mezzo fra i<br />

due animali estraeva da un’urna d’oro due tavolette<br />

di bosso (d’oro <strong>in</strong> epoca tardiva) sulle<br />

quali erano <strong>in</strong>cise le diciture: “per Yahweh” e<br />

“per Azazel”. La tavoletta estratta con la<br />

mano s<strong>in</strong>istra la deponeva sul capro che<br />

stava alla sua s<strong>in</strong>istra e viceversa. Poi, per dist<strong>in</strong>guere<br />

i due animali, annodava un filo di<br />

lana rossa sulle corna di quello dest<strong>in</strong>ato ad<br />

Azazel.<br />

Il capro sorteggiato “per il Signore” doveva<br />

essere immolato come sacrificio espiatorio<br />

per la purificazione del Santuario e del<br />

popolo (Le 16:9, 33), l’altro doveva essere<br />

abbandonato vivo nel deserto (v. 10). Qualche<br />

teologo ha op<strong>in</strong>ato che entrambi i capri fossero<br />

figure di Cristo, rappresentando l’uno e<br />

l’altro fasi differenti della sua opera espiatoria.<br />

Ma la maggioranza degli studiosi del rituale<br />

Levitico riconosce nei due animali i simboli<br />

di due enti sovrannaturali dist<strong>in</strong>ti e contrapposti,<br />

ovvero Dio e Satana. Questo punto<br />

di vista si basa pr<strong>in</strong>cipalmente sulla comprensione<br />

della parola ebraica ‘aza’zel che gran<br />

parte delle versioni non traduce ma si limita a<br />

traslitterare.<br />

306<br />

Si è supposto che ‘aza’zel fosse un<br />

nome composto risultante da ‘ez, “capro”, e<br />

’azal, “partire”, “andar via”; donde la traduzione<br />

<strong>in</strong>glese “scapegoat”, letteralmente “capro<br />

<strong>in</strong> fuga”, cui corrisponde l’italiano “capro<br />

emissario”, cioè capro <strong>in</strong>viato, mandato via.<br />

Gesenius fa derivare ‘aza’zel dalla radice<br />

‘azal, “rimuovere”, “separare”. Secondo questa<br />

<strong>in</strong>terpretazione Azazel sarebbe stato il capro<br />

dest<strong>in</strong>ato a separare, a rimuovere il peccato<br />

da Israele. Queste ipotesi filologiche, per<br />

quanto concord<strong>in</strong>o col dest<strong>in</strong>o e la funzione<br />

dell’animale, mal s’accordano con la struttura<br />

grammaticale del passo. I due capri erano<br />

l’uno “per Yahweh” l’altro “per ‘Aza’zel”: il parallelismo<br />

richiede che come Yahweh è designazione<br />

di un Ente personale, così lo sia<br />

‘Aza’zel. Nella versione siriaca e nel Targum<br />

386 ‘Aza’zel è il nome di un essere sovrannaturale,<br />

un demone; il libro di Enoc fa di<br />

‘Aza’zel il pr<strong>in</strong>cipe dei demoni relegato nel deserto,<br />

luogo improduttivo dove non si esercita<br />

l’azione vitalizzante di Yahweh 387 . Osserva<br />

Hasel richiamandosi a un pensiero di<br />

C.F.Keil: “... non già un’entità maligna subord<strong>in</strong>ata<br />

poteva essere posta <strong>in</strong> antitesi a<br />

Yahweh, bensì il diavolo stesso, il capo degli<br />

angeli caduti, <strong>in</strong> seguito chiamato Satana”<br />

388 .<br />

Fondandoci sul parallelismo dei nomi <strong>in</strong><br />

Le 16:8-10 e sull’antica tradizione che si rispecchia<br />

nel libro di Enoch, nella versione siriaca<br />

e nel Targum, concludiamo che il secondo<br />

capro, come abbiamo anticipato qualche<br />

paragrafo addietro, era dest<strong>in</strong>ato all’avversario<br />

di Dio, a Satana 389 . Si aggiunga che<br />

le funzioni cui erano dest<strong>in</strong>ati i due capri<br />

386 - Versione aramaica parafrastica dell’Antico Testamento sorta nella s<strong>in</strong>agoga e messa per<br />

iscritto <strong>in</strong>torno al II secolo a.D.<br />

387 - Cfr. R.DE VAUX, Le istituzioni dell’Antico Testamento, p. 488.<br />

388 - “Studies <strong>in</strong> Biblical Atonement II: The Day of Atonement”, <strong>in</strong> The Sanctuary and the Atonement,<br />

p. 122.<br />

389 - Cfr. C. SCHEDL, Storia del Vecchio Testamento, vol. I, p. 406.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 307<br />

erano <strong>in</strong> completa antitesi, e si avrà una dimostrazione<br />

ulteriore che essi non potevano raffigurare<br />

un’unica e medesima realtà. L’uno dei<br />

due animali era immolato, l’altro no; dell’uno<br />

si aspergeva il sangue, dell’altro no; il sangue<br />

del capro espiatorio purificava (Le 16:15-16),<br />

il capro emissario contam<strong>in</strong>ava (v. 26).<br />

Il sommo sacerdote doveva prima fare<br />

l’espiazione per sé stesso onde essere idoneo<br />

a fare l’espiazione per il popolo. Perciò,<br />

concluso il sorteggio e la presentazione al Signore<br />

dei due capri nell’atrio del Santuario<br />

(vv. 7 e 8), egli faceva accostare presso l’altare<br />

dell’olocausto il giovenco e lo immolava<br />

come vittima espiatoria per sé e per “la sua<br />

casa” (v.. 6). Poi con l’<strong>in</strong>censiere d’oro <strong>in</strong> una<br />

mano e nell’altra un vaso pure d’oro con due<br />

manciate di res<strong>in</strong>e odorose polverizzate, entrava<br />

tutto solo nel Luogo Santo (Le 16:17)<br />

giacché egli era l’unica persona del popolo<br />

idonea a presentarsi alla presenza di Dio nel<br />

Santo dei Santi. Davanti al velo che lo separava<br />

dall’Arca santa col suo propiziatorio 390 ,<br />

egli spargeva le res<strong>in</strong>e odorose sulle braci<br />

dell’<strong>in</strong>censiere prelevate <strong>in</strong> precedenza dall’altare<br />

dell’olocausto (Le 16:12) sì che il fumo,<br />

penetrando dall’alto, <strong>in</strong>vadeva il Luogo Santissimo<br />

(vv. 12 e 13).<br />

Spostato da un lato il velo e deposto<br />

l’<strong>in</strong>censiere fumante davanti all’Arca già offuscata<br />

dalla nuvola d’<strong>in</strong>censo, il sommo sacerdote<br />

tornava nell’atrio camm<strong>in</strong>ando a ritroso<br />

(Talmud), vi prelevava una bac<strong>in</strong>ella d’oro col<br />

sangue del giovenco immolato ed entrava per<br />

la seconda volta nel Santo dei Santi. Quivi<br />

aspergeva col dito di quel sangue una volta il<br />

propiziatorio e sette volte il suolo davanti ad<br />

CAPIRE DANIELE<br />

esso (Le 16:14). Con questo rito egli aveva<br />

fatto l’espiazione per la sua persona e “per la<br />

sua casa” (v. 17) ovvero per corpo sacerdotale<br />

(v. 33).<br />

“Esente da peccato, egli adesso rappresentava<br />

adeguatamente Gesù Cristo, Colui<br />

che è senza peccato, ed era perciò <strong>in</strong> grado<br />

di mediare a beneficio degli altri” 391 .<br />

Pronunciata una breve preghiera mentre<br />

la congregazione attendeva con ansia la sua<br />

ricomparsa, il sommo sacerdote tornava<br />

nell’atrio del Santuario, faceva accostare il<br />

capro “del sacrificio per il peccato che è per il<br />

popolo” (Le 16:15a) e lo immolava senza imporre<br />

le mani sul suo capo. Qu<strong>in</strong>di, recando<br />

una bac<strong>in</strong>ella col sangue dell’animale, entrava<br />

per terza volta nel Santo dei Santi e con<br />

quel sangue ripeteva esattamente, per la congregazione,<br />

le aspersioni già fatte per sé e<br />

per il corpo sacerdotale col sangue del giovenco<br />

(v. 15b). Con questo rito era fatta<br />

“l’espiazione per il santuario a motivo delle<br />

impurità dei figli d’Israele, delle loro trasgressioni<br />

e di tutti i loro peccati” (Le 16:16a). “Il<br />

Santo dei Santi ha ormai ricuperato il suo<br />

splendore: né i peccati del sacerdozio né<br />

quelli dei fedeli offuscano più gli sguardi di<br />

Yahweh. Il ‘propiziatorio’ ha svolto il suo<br />

ruolo, ha concretizzato il suo nome procurando<br />

la propiziazione agli adoratori di<br />

Yahweh” 392 .<br />

Riportato il velo nella posizione abituale<br />

<strong>in</strong> modo da occultare di nuovo l’Arca col suo<br />

propiziatorio, il celebrante ungeva col sangue<br />

del capro e del giovenco i corni dell’altare che<br />

stava davanti al velo e ne aspergeva sette<br />

volte il disopra (Le 16:18-19).<br />

390 - Il propiziatorio (ebr. kapporeth) era una lastra d’oro massiccio sormontata da due figure di<br />

cherub<strong>in</strong>i, anche essi d’oro, la quale fungeva da coperchio dell’Arca (Es 37: 6-9).<br />

391 - S.D.A. Bible Commentary, vol. I, p. 776.<br />

392 - ALÉXIS MÉDEBIELLE, L’Expiation dans l’Ancien et le Nouveau Testament, vol. I, pp. 97-98.<br />

307


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 308<br />

CAPITOLO 9<br />

Col rituale precedente sul propiziatorio<br />

e quello susseguente sull’altare del profumo<br />

era compiuta “l’espiazione per il santuario<br />

(ovvero per il Santo dei Santi) 393 , per la<br />

tenda di convegno (vale a dire per il Luogo<br />

Santo) e per l’altare” (v. 20). Inf<strong>in</strong>e il Sommo<br />

Sacerdote usciva nell’atrio e versava tutto il<br />

sangue residuo alla base dell’altare dell’olocausto<br />

(un canale sotterraneo, secondo la Mishnah,<br />

lo faceva scorrere f<strong>in</strong> nella sottostante<br />

Valle del Cedron). “Il Santo dei Santi, il Santo<br />

e l’altare risplendono di nuovo della loro purezza<br />

primitiva, sacerdoti e laici hanno ricevuto<br />

il perdono di tutti i loro peccati: l’espiazione<br />

è perfetta” 394 .<br />

La purificazione del Santuario mediante<br />

il rituale annuale dell’Espiazione era resa necessaria<br />

dalla contam<strong>in</strong>azione che vi avevano<br />

prodotto i peccati d’Israele - laici e sacerdoticonfessati<br />

ed espiati mediante i prescritti sacrifici<br />

durante l’anno liturgico.<br />

Le diverse modalità del rituale espiatorio<br />

giornaliero sono descritte nel cap. 4 del<br />

Levitico. In tutti i casi si richiedeva l’immolazione<br />

di una vittima preceduta dall’imposizione<br />

della mano sulla sua testa da parte del<br />

penitente che con questo atto trasferiva su di<br />

essa il suo peccato. Qu<strong>in</strong>di egli stesso sgozzava<br />

l’animale (Le 4:4, 24, 29, 33).<br />

Se il peccato che si doveva espiare era<br />

stato consumato dall’<strong>in</strong>tera congregazione, allora<br />

erano gli anziani che la rappresentavano<br />

che imponevano le mani sul capo della vittima<br />

sacrificale (Le 4:15) trasferendo simbolicamente<br />

su di essa il peccato della comunità.<br />

In questo caso, come nel caso <strong>in</strong> cui un<br />

sacerdote avesse peccato co<strong>in</strong>volgendo,<br />

come suo rappresentante davanti a Dio, tutta<br />

la congregazione, l’animale prescritto per<br />

308<br />

l’espiazione era un giovenco (vv. 3 e 14) e il<br />

rito espiatorio si svolgeva all’<strong>in</strong>terno del Santuario,<br />

davanti al velo al di là del quale si trovava<br />

l’Arca dell’Alleanza contenente le tavole<br />

del Decalogo (cfr. Es 25:16; 40:20; De 10: 2,<br />

5; 1Re 8:9; 2Cr 5:10; Eb 9:4). Il sacerdote officiante<br />

portava il sangue della vittima nel<br />

Luogo Santo e ne aspergeva sette volte il<br />

suolo davanti al velo (Le 4: 5, 6, 16, 17), poi<br />

ne ungeva i corni dell’altare del profumo (vv.<br />

16a e 17a); il resto lo spargeva alla base<br />

dell’altare dell’olocausto nell’atrio del Santuario.<br />

Con questo rito era espiato e perdonato il<br />

peccato collettivo della comunità d’Israele (Le<br />

4:20, 35 u.p.); simbolicamente esso era<br />

stato trasferito dal popolo sul giovenco, e dal<br />

giovenco nel santuario, davanti al propiziatorio,<br />

per mezzo del suo sangue. Una riparazione<br />

era stata offerta alla santa legge di Dio<br />

- espressione del carattere e della santità di<br />

Dio stesso - che era stata violata.<br />

L’espiazione del peccato <strong>in</strong>dividuale,<br />

che ne fosse responsabile un leader o una<br />

persona comune del popolo (Le 4:22, 27), avveniva<br />

nell’atrio del santuario (vv. 25 e 30).<br />

L’animale sacrificale prescritto era un capro<br />

se l’espiazione si faceva per un leader (v. 23,<br />

era una capra o un’agnella se si faceva per<br />

una persona comune del popolo (vv. 28 e<br />

32). La differenza probabilmente teneva<br />

conto della diversa posizione dei penitenti<br />

nella comunità e qu<strong>in</strong>di del diverso grado di<br />

responsabilità sociale. In entrambi i casi, comunque,<br />

il confessante era tenuto ad imporre<br />

una mano sul capo della vittima prima di<br />

sgozzarla (vv. 24, 29, 33), dichiarando la sua<br />

colpa e trasferendola sull’animale. Poi il sacerdote<br />

compiva il rito espiatorio ricoprendo<br />

del sangue della vittima i corni dell’altare<br />

393 - Santuario (ebr. qodesh) nell’Antico Testamento designa la struttura sacra adibita al culto<br />

nel suo <strong>in</strong>sieme, ma a volte il term<strong>in</strong>e è usato con un’accezione ristretta per <strong>in</strong>dicare il Luogo<br />

Santissimo.<br />

394 - A. MÉDEBIELLE, op. cit., vol. I, p. 98.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 309<br />

dell’olocausto. Il resto lo spandeva alla base<br />

di esso (vv. 25, 30, 34).<br />

Il grasso e le <strong>in</strong>teriora delle vittime <strong>in</strong><br />

tutti i tipi di sacrifici espiatori venivano bruciati<br />

sull’altare dell’olocausto (Le 4: 8-10, 19,<br />

26, 31, 35), ma le carni erano trattate <strong>in</strong><br />

modo diverso secondo che l’espiazione avvenisse<br />

nell’atrio del Santuario (per la colpa <strong>in</strong>dividuale)<br />

o nel Luogo Santo (per la colpa collettiva).<br />

Nel primo caso le carni erano consumate<br />

dai sacerdoti (Le 4:26) i quali <strong>in</strong> questo<br />

modo assumevano su di sé i peccati dei figli<br />

d’Israele per espiarli “davanti al Signore” (Le<br />

10:17); nel secondo caso le carcasse erano<br />

bruciate fuori del campo (Le 4:12; 6:30) giacché<br />

l’elim<strong>in</strong>azione def<strong>in</strong>itiva dei peccati della<br />

comunità aveva luogo il 10 di Tishri. Questo<br />

particolare trattamento dei resti delle vittime<br />

offerte per il peccato collettivo nel servizio<br />

giornaliero e nel Giorno del Kippur, secondo<br />

Eb 13:11-12, prefigurava l’immolazione di Cristo<br />

“fuori della porta” (della città santa) “per<br />

santificare il popolo col proprio sangue”.<br />

Ogni cosa sacra raggiunta dal sangue<br />

dei sacrifici espiatori quotidiani era divenuta<br />

impura perché quel sangue era carico di peccato.<br />

Tutte le colpe d’Israele per le quali era<br />

stata fatta l’espiazione col sangue delle vittime<br />

erano simbolicamente passate nel santuario<br />

ed erano venute “accumulandosi” durante<br />

dodici mesi. Bisognava perciò rimuoverle<br />

onde riprist<strong>in</strong>are l’orig<strong>in</strong>ale stato di purezza<br />

del propiziatorio e dell’altare per renderli<br />

degni della santità del Signore.<br />

A ciò appunto mirava e provvedeva il rituale<br />

dello Yom Kippur che abbiamo descritto.<br />

Dovunque si era posato il sangue contam<strong>in</strong>ante<br />

dei molti sacrifici quotidiani, doveva<br />

passare il sangue purificatore dell’unico<br />

CAPIRE DANIELE<br />

sacrificio annuale. Compiuto dunque il rito di<br />

purificazione del Luogo Santissimo e del<br />

Luogo Santo (Le 16:16, 17), il sommo sacerdote<br />

si portava di nuovo nell’atrio del Tabernacolo<br />

(<strong>in</strong> seguito del Tempio) e faceva accostare<br />

a sé il capro che la sorte aveva assegnato<br />

ad Azazel. Imposte le mani sulla testa<br />

dell’animale confessava sopra di esso le<br />

colpe del popolo.<br />

Con questo atto simbolico erano deposti<br />

sul capro emissario “tutte le <strong>in</strong>iquità dei figli<br />

d’Israele, tutte le loro trasgressioni, tutti i<br />

loro peccati” (Le 16:21) 395 rimossi dal Santuario;<br />

non per espiarli, giacché a ciò si era<br />

provveduto <strong>in</strong> precedenza, ma per<br />

allontanarli: “l’espulsione del capro ‘per Azazel’<br />

- scrive Médebielle - non produce l’espiazione,<br />

soltanto ne raffigura gli effetti” 396 .<br />

Descrivendo il rito centrale del Giorno<br />

dell’Espiazione, abbiamo notato che la mano<br />

del celebrante non si posava sul capo del capro<br />

espiatorio. L’imposizione della mano sulla<br />

vittima - quest’atto, ricordiamolo ancora una<br />

volta, che implicava trasferimento di colpa -<br />

era stata compiuta ad ogni sacrificio espiatorio<br />

giornaliero. Non occorreva ripeterla nel<br />

Giorno dell’Espiazione, perché i peccati della<br />

comunità erano già stati “rimossi” dai penitenti<br />

e “posti” nel santuario, come abbiamo<br />

detto. L’aspersione del sangue del capro “per<br />

il Signore” non mirava dunque ad espiare di<br />

nuovo peccati <strong>in</strong>dividuali e collettivi già<br />

espiati, ma era <strong>in</strong>tesa precisamente a fare<br />

“l’espiazione per il Santuario a motivo delle<br />

impurità dei figli d’Israele...” (Le 16:16),<br />

come spiega il v. 19, sia pure limitatamente<br />

all’altare: “E farà (il sommo sacerdote) sette<br />

volte l’aspersione del sangue col dito, sopra<br />

l’altare, e così lo purificherà e lo santificherà<br />

395 - Secondo il Talmud il primo dei tre term<strong>in</strong>i <strong>in</strong>dica i delitti volontari, il secondo il delitto di ribellione<br />

e l’ultimo i peccati <strong>in</strong>volontari.<br />

396 - A. MÉDEBIELLE, op. cit., p. 111.<br />

309


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 310<br />

CAPITOLO 9<br />

a motivo delle impurità dei figli d’Israele...”.<br />

Il versetto seguente allarga la portata<br />

del rito: “... l’espiazione per il santuario (il<br />

Luogo Santissimo), per la tenda di convegno<br />

(il Luogo santo) e per l’altare (l’atrio).”.<br />

Il capro col “carico” dei peccati<br />

d’Israele (Le 16:22) era condotto nel deserto<br />

da un uomo a cui era stato affidato questo <strong>in</strong>carico<br />

(v. 21 u.p.). Col bastone che aveva <strong>in</strong><br />

mano l’uomo punzecchiava l’animale per farlo<br />

correre. Alcune fonti riferiscono che i più fac<strong>in</strong>orosi<br />

fra il popolo gli correvano dietro urlando<br />

e strappandogli il pelame per impaurirlo:<br />

si voleva impedire <strong>in</strong> ogni maniera che<br />

l’animale potesse tornare <strong>in</strong>dietro: se fosse<br />

accaduto, i peccati già espiati sarebbero tornati<br />

addosso al popolo e sarebbe stata una<br />

sciagura!<br />

Secondo la tradizione rabb<strong>in</strong>ica il capro<br />

emissario veniva abbandonato dall’uomo che<br />

lo conduceva <strong>in</strong> un luogo desolato presso l’attuale<br />

Khirbet Khareidan a circa 6 chilometri<br />

da Gerusalemme 397 dove probabilmente diveniva<br />

preda degli sciacalli ancor prima di morire<br />

di fame e di sete. In altri momenti si preferì<br />

precipitare l’animale <strong>in</strong> un burrone, e per<br />

un certo numero di anni addirittura lo si fece<br />

a pezzi prima che fosse giunto al luogo di dest<strong>in</strong>azione.<br />

Partito il capro emissario, il sommo sacerdote<br />

svestiva la semplice tunica di l<strong>in</strong>o e,<br />

<strong>in</strong>dossati di nuovo i paramenti splendidi dopo<br />

un ennesimo lavaggio del corpo, offriva per sé<br />

e per il popolo l’olocausto della sera (Le<br />

16:23-24). Con questo rito term<strong>in</strong>ava la<br />

grande festa.<br />

310<br />

Il popolo aveva vissuto il Giorno<br />

dell’Espiazione nella consapevolezza di essere<br />

sottoposto al giudizio di Dio.<br />

Secondo la tradizione tardo-giudaica<br />

398 , tutti passano al vaglio del giudizio div<strong>in</strong>o<br />

nel giorno dell’Anno Nuovo, tuttavia<br />

chiunque si renda conto di non essere <strong>in</strong> regola<br />

con Dio, ha ancora nove giorni di tempo<br />

per rimediare, prima che la sua sorte sia segnata<br />

<strong>in</strong> modo irrevocabile nello Yom hakkippurîm.<br />

I nove giorni tra la festa del Capodanno<br />

e il Giorno dell’Espiazione erano per i<br />

Giudei giorni di revisione <strong>in</strong>trospettiva della<br />

propria vita e di penitenza: chi nel Gran<br />

Giorno si fosse trovato impreparato, cioè non<br />

afflitto per i propri peccati e non penitente,<br />

sarebbe stato elim<strong>in</strong>ato dalla congregazione<br />

d’Israele, come è scritto nella Thorah (Le<br />

23:28). Era conv<strong>in</strong>zione dei Giudei che nello<br />

Yom hakkippurîm era “deciso il dest<strong>in</strong>o di chi<br />

deve vivere e di chi deve morire” 399 .<br />

Tramontato il sole, come il luccichio<br />

delle prime stelle annunciava la f<strong>in</strong>e del digiuno<br />

e dell’afflizione, ci si abbandonava a<br />

gioiosi festeggiamenti. “Tutto il popolo - dice<br />

Médebielle - nella gioia di sentirsi riconciliato<br />

col suo Dio e di nuovo l’oggetto dei suoi favori,<br />

dava libero sfogo al suo entusiasmo con<br />

banchetti e con danze” 400 . C<strong>in</strong>que giorni<br />

dopo com<strong>in</strong>ciava la Festa dei Tabernacoli (Le<br />

23:34; Nu 29:12). Non conosceva la gioia,<br />

secondo i rabb<strong>in</strong>i, chi non avesse assistito al<br />

trasporto del popolo durante gli otto giorni<br />

della Festa dei Tabernacoli.<br />

Il Nuovo Testamento riconosce l’esistenza<br />

di un nesso tipologico fra il servizio li-<br />

397- Cfr. R. DE VAUX, Le istituzioni dell’Antico Testamento, p. 487<br />

398 - Talmud, “Rosh Hashshanah” 16a.<br />

399 - Jewish Encyclopedia, vol. 2, p. 268, articolo “Atonement, Day of”, citato <strong>in</strong> S.D.A. Bible<br />

Commentary, vol. I, p. 776.<br />

400 - A. MÉDEBIELLE, op. cit., p. 101.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 311<br />

turgico nel santuario d’Israele e l’opera redentiva<br />

del Messia, tra l’ufficio del sommo sacerdote<br />

terreno e il m<strong>in</strong>istero di Gesù Cristo <strong>in</strong><br />

cielo dopo il sacrificio della croce. La Lettera<br />

agli Ebrei fa di siffatto rapporto il card<strong>in</strong>e della<br />

sua teologia: “Ora, il punto capitale delle<br />

cose che stiamo dicendo è questo: che abbiamo<br />

un tal Sommo Sacerdote, che si è posto<br />

a sedere alla destra del trono della Maestà<br />

nei cieli, m<strong>in</strong>istro del santuario e del vero<br />

tabernacolo che il Signore e non un uomo, ha<br />

eretto” (Eb 8:1-2). Il v. 5, poi, col caratterizzare<br />

come “ombra e figura delle cose celesti”<br />

il santuario giudaico, ne esplicita ulteriormente<br />

la funzione prefigurativa.<br />

Il nesso esistente fra l’ombra terrena e<br />

la realtà celeste è ulteriormente sviluppato e<br />

chiarito nel cap. 9 della Lettera agli Ebrei.<br />

Ad una descrizione sommaria del santuario<br />

dell’Antica Alleanza e dei suoi arredi<br />

(vv. 1-5) e ad un accenno al servizio liturgico<br />

giornaliero (v. 6) e a quello annuale (v. 7) che<br />

<strong>in</strong> esso si svolgevano, Eb 9 fa seguire un’applicazione<br />

del suddetto servizio liturgico<br />

all’opera sacerdotale di Gesù Cristo nel Santuario<br />

del cielo. Spiega il v. 8 che “Lo Spirito<br />

Santo voleva con questo significare che la via<br />

al santuario non era ancora manifestata f<strong>in</strong>ché<br />

sussisteva ancora il primo tabernacolo”.<br />

Come nel tempio giudaico il Luogo Santissimo<br />

restava coperto dal velo per tutto il<br />

tempo <strong>in</strong> cui nel Santo si svolgeva il servizio<br />

sacro diuturno, così il Tempio di Dio <strong>in</strong> cielo<br />

doveva rimanere <strong>in</strong>accessibile f<strong>in</strong>tantoché<br />

fosse <strong>in</strong> funzione la sua controfigura terrena.<br />

È questo, secondo Eb 9:8, il senso che lo<br />

Spirito Santo <strong>in</strong>tese dare al servizio cultuale<br />

giornaliero e annuale nel santuario giudaico<br />

(le parole “santuario”, greco ‘aghion, e<br />

“primo tabernacolo, greco pròtes skenes, <strong>in</strong><br />

questo versetto non sono s<strong>in</strong>onimi, sono due<br />

CAPIRE DANIELE<br />

term<strong>in</strong>i dist<strong>in</strong>ti che sembrano voler designare<br />

l’una il Luogo Santissimo, l’altra il Luogo<br />

Santo del tempio israelitico come raffigurazioni<br />

rispettivamente del santuario celeste e<br />

della sua controfigura terrena). In def<strong>in</strong>itiva il<br />

Tempio di Dio <strong>in</strong> cielo non avrebbe assunto la<br />

sua funzione prima che il sacrificio della croce<br />

avesse realizzato ciò che la liturgia sacrificale<br />

nel Santuario dell’Antica Alleanza prefigurava<br />

e preannunciava.<br />

Come sappiamo, questo evento cosmico<br />

- l’<strong>in</strong>augurazione <strong>in</strong> cielo del Santuario<br />

della Nuova Alleanza - fu anticipato profeticamente<br />

a Daniele dall’angelo Gabriele nel contesto<br />

della rivelazione delle settanta settimane.<br />

In 9:24, la consacrazione di un “luogo<br />

santissimo” (ebr. qodesh qodashîm) appare<br />

come il coronamento dell’opera espiatoria<br />

che il Messia avrebbe compiuto 401 .<br />

Proseguendo, nel cap. 9, il suo ragionamento<br />

fondato sul parallelismo fra il vecchio<br />

e il nuovo, l’autore della Lettera agli Ebrei<br />

dice nel v. 12 che Cristo - def<strong>in</strong>ito “Sommo<br />

Sacerdote di futuri beni” nel v. 11 - “mediante<br />

il proprio sangue, è entrato una volta per<br />

sempre nel santuario, avendo acquistato una<br />

redenzione eterna”. Gesù Cristo dunque<br />

svolge ad un tempo il ruolo di sacerdote e<br />

quello di vittima sacrificale, e <strong>in</strong> questa duplice<br />

funzione realizza quanto il m<strong>in</strong>istero del<br />

sacerdozio aronnico prefigurava, ovverosia la<br />

nostra riconciliazione con Dio e l’affrancamento<br />

dal peccato. Come sacerdote, Egli media<br />

fra noi e il Padre (1Tm 2:5), come vittima<br />

sacrificiale compie il nostro riscatto (v. 6).<br />

Il sacrificio di Cristo non solo procura a<br />

noi il perdono dei peccati (come per anticipazione<br />

lo procurava agli israeliti il sacrificio<br />

espiatorio), ma ne realizza la totale e def<strong>in</strong>itiva<br />

rimozione dalla presenza di Dio, come avveniva<br />

simbolicamente sotto l’Antica Alleanza<br />

401 - Vedi il commento di Dn 9:24; cfr. con S.D.A. Bble Commentary, vol. IV, p. 852.<br />

311


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 312<br />

CAPITOLO 9<br />

con l’immolazione del capro espiatorio nel<br />

giorno del Kippur. Come il sangue di quel capro<br />

fatto cadere sul propiziatorio, davanti ad<br />

esso e sopra l’altare del profumo rimuoveva<br />

simbolicamente i peccati d’Israele avendo<br />

come effetto immediato la purificazione del<br />

sacro luogo, così il sacrificio di Gesù Cristo<br />

da Lui stesso, <strong>in</strong> veste di Sommo Sacerdote<br />

immortale, offerto nel Santo dei Santi del<br />

cielo, allontanerà per sempre da esso la memoria<br />

dei peccati confessati del nuovo<br />

Israele, restituendo così al Tempio di Dio il<br />

suo stato di perfetta purezza 402 .<br />

Dice ancora la Lettera agli Ebrei (9:22-<br />

23): “E secondo la legge, quasi ogni cosa è<br />

purificata con sangue; e senza spargimento di<br />

sangue non c’è remissione. Era dunque necessario<br />

che le cose raffiguranti quelle nei<br />

cieli (cioè il santuario giudaico e i suoi sacri<br />

arredi) fossero purificati con questi mezzi (ovvero<br />

con sangue di giovenchi e di capri), ma<br />

le cose celesti stesse dovevano esserlo con<br />

sacrifici più perfetti di questi” (vale a dire col<br />

sacrificio perfetto del Figlio di Dio). Se le<br />

“cose celesti” debbono essere purificate,<br />

vuol dire che qualcosa deve averne prodotto<br />

una contam<strong>in</strong>azione. Ap 20:12 descrivendo il<br />

giudizio f<strong>in</strong>ale dice che “i morti furono giudicati<br />

dalle cose scritte nei libri, secondo le<br />

opere loro”. Sono stati i peccati dei fedeli registrati<br />

<strong>in</strong> cielo, dove li ha trasferiti la confessione<br />

<strong>in</strong> virtù del sacrificio della croce, che<br />

hanno prodotto la contam<strong>in</strong>azione delle “cose<br />

celesti”, e sarà la loro rimozione nel tempo<br />

312<br />

del giudizio pre-avvento che determ<strong>in</strong>erà la<br />

purificazione di quelle “cose”.<br />

I peccati confessati della comunità della<br />

Nuova Alleanza saranno “cancellati” dai registri<br />

celesti perché Gesù li ha espiati col suo<br />

sangue (è evidente il nesso col rituale ebraico<br />

dell’Espiazione).<br />

Si è visto che la congregazione d’Israele<br />

visse il giorno del Kippur con la consapevolezza<br />

di essere sottoposta al giudizio div<strong>in</strong>o. Il<br />

Kippur celeste sarà anch’esso un tempo nel<br />

quale il popolo della Nuova Alleanza sarà passato<br />

al vaglio del giudizio di Dio (quel giudizio<br />

che il profeta Daniele descrive <strong>in</strong> 7:10). Sarà,<br />

come si è accennato sopra, il giudizio che<br />

precederà la venuta del Signore (vedi il commento<br />

di Dn 7:10), il giudizio nel quale avverrà<br />

la rimozione dai “libri” celesti dei peccati<br />

espiati da Gesù Cristo e conseguentemente<br />

sarà purificato il tempio di Dio <strong>in</strong> cielo<br />

come fu annunciato a Daniele (Dn 8:14) 403 .<br />

Come gli <strong>in</strong>degni figli d’Israele che il<br />

gran Giorno dell’Espiazione avesse colto impenitenti<br />

sarebbero stati “sterm<strong>in</strong>ati” dalla<br />

comunità purificata (Le 23:29), così saranno<br />

“cancellati” dal “libro della vita” nel tempo<br />

del giudizio prelim<strong>in</strong>are (Ap 3:5; 20:15) i<br />

membri della nuova comunità d’Israele i cui<br />

peccati, per il perseverare nella trasgressione,<br />

non saranno stati espiati da Gesù Cristo.<br />

E.G.White ha colto assai bene il nesso tipologico<br />

fra il rituale sacrificale quotidiano e<br />

annuale nel Santuario terreno e l’opera sacerdotale<br />

di Cristo nel Tempio celeste. Ella<br />

402 - Scrive S. Paolo nella Lettera ai Romani (3:25) che Dio ha prestabilito Gesù Cristo “come<br />

propiziazione mediante la fede nel sangue di lui”. Il term<strong>in</strong>e greco tradotto “propiziazione”, ‘ilasterion,<br />

è lo stesso vocabolo che nei LXX traduce l’ebraico kapporet, “propiziatorio”, usato<br />

nell’Esodo e nel Levitico (con identico significato ‘ilasterion è adoperato <strong>in</strong> Eb 9:5). Nondimeno<br />

<strong>in</strong> Rm 3:25 ‘ilasterion non ha il senso di “propiziatorio”, come pensarono gli esegeti più antichi,<br />

ma piuttosto quello di “sacrificio di espiazione”, con implicito riferimento al sacrificio dello<br />

Yom Kippur (vedi Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento a cura di L. KOENEN, E.<br />

BEYREUTHER E H. BIETENHARD, pp. 1150-1151).


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 313<br />

scrive: “Come anticamente i peccati del popolo<br />

venivano deposti per fede sulla vittima<br />

espiatoria, e per mezzo del sangue trasferiti<br />

simbolicamente nel santuario terrestre, così<br />

nel nuovo patto i peccati della persona pentita<br />

sono posti per fede su Cristo e trasferiti<br />

nel santuario celeste.<br />

Come nella purificazione tipica del santuario<br />

terrestre avveniva la rimozione dei peccati<br />

che lo avevano contam<strong>in</strong>ato, così la purificazione<br />

tipica del santuario celeste avviene<br />

con la rimozione o cancellazione dei peccati<br />

che vi sono stati registrati. Ma prima che questo<br />

possa essere fatto deve esserci un<br />

esame dei libri del cielo per stabilire chi, mediante<br />

il pentimento e la fede <strong>in</strong> Cristo, può<br />

beneficiare della sua espiazione. La purificazione<br />

del santuario <strong>in</strong>clude, perciò, un’opera<br />

di <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e o giudizio. Essa deve avvenire<br />

prima della venuta di Cristo per redimere il<br />

suo popolo, perché quando egli viene avrà<br />

CAPIRE DANIELE<br />

seco la sua ricompensa per dare a ciascuno<br />

secondo che sarà stata l’opera sua (Ap<br />

22:12)” 404 .<br />

Come l’annuale purificazione del Santuario<br />

d’Israele si concludeva con la partenza<br />

del capro emissario carico dei peccati del popolo,<br />

così la f<strong>in</strong>ale purificazione del celeste<br />

tempio di Dio sarà completa quando i peccati<br />

del popolo del Nuovo Patto, di cui Satana fu<br />

l’istigatore, saranno posti su di lui ed egli li<br />

sconterà con l’essere distrutto per sempre<br />

dopo un millennio di forzato esilio <strong>in</strong> un<br />

mondo ridotto <strong>in</strong> un desolato deserto (Ap<br />

20:1-3; 20:10) 405 .<br />

Il tripudio con cui l’antico Israele celebrava<br />

la Festa dei Tabernacoli a c<strong>in</strong>que giorni<br />

dalla solennità severa del kippur, sembra anticipare<br />

il gaudio dei redenti nel Regno eterno<br />

di Dio dopo il giudizio purificatore del kippur<br />

celeste e la distruzione def<strong>in</strong>itiva del peccato<br />

e del suo istigatore.<br />

403 - Il giudizio discrim<strong>in</strong>atorio che precederà il giudizio retributivo è descritto da Giovanni <strong>in</strong><br />

Ap 11:1-2 con una figura appropriata che ha il Tempio di Dio come elemento di base. Dice<br />

Giovanni: “Poi mi fu data una canna... e mi fu detto: Lèvati e misura il tempio di Dio e l’altare<br />

e novera quelli che vi adorano; ma tralascia il cortile che è fuori del tempio, e non lo misurare<br />

perché esso è stato dato ai Gentili...”. È certamente significativo che nelle visioni di Giovanni<br />

il tempio di Dio <strong>in</strong> cielo compare ripetutamente nel contesto del giudizio f<strong>in</strong>ale: <strong>in</strong> Ap 14:15<br />

dal Tempio esce l’angelo che annunzia la mietitura (ovvero la raccolta degli eletti di Dio al ritorno<br />

di Gesù Cristo); <strong>in</strong> 15:6 dal Tempio escono gli angeli con le coppe delle 7 ultime piaghe;<br />

<strong>in</strong> 16:1 dal Tempio procede la voce di Dio che comanda ai 7 angeli di versare le piaghe<br />

sulla terra; e ancora dal Tempio, <strong>in</strong> 16:17, proviene la voce che decreta il giudizio di Babilonia<br />

mistica. In 11:19, nel contesto della settima tromba annunciatrice del giudizio, appare il<br />

Santo dei Santi del “tempio di Dio che è nel cielo” (Giovanni vede “l’arca del suo patto”), e<br />

nel cap. 15 la stessa immag<strong>in</strong>e ricompare <strong>in</strong> un contesto drammatico che richiama alla<br />

mente il gran Giorno dell’Espiazione: “... e il tempio del tabernacolo della testimonianza (ovvero<br />

il Santo dei Santi) fu aperto nel cielo” (v. 5). “E il tempio fu ripieno di fumo a cagione<br />

della gloria di Dio e della sua potenza; e nessuno poteva entrare nel tempio f<strong>in</strong>ché fossero<br />

compiute le sette piaghe...” (v. 8).<br />

404 - Il Gran Conflitto, p. 309.<br />

405 - Per ulteriori approfondimenti sul tema del giudizio pre-avvento, vedi E.G.WHITE, Il Gran<br />

Conflitto, cap. 23: “Rivelato il mistero del Santuario”; autori vari, The Sanctuary and the Atonement,<br />

specie i capitoli XV, XVI e XXIII<br />

313


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 314<br />

Capitolo 10<br />

___________________________________________________<br />

Col cap. 10 <strong>in</strong>izia la parte f<strong>in</strong>ale del libro di Daniele. Il racconto che si svolge<br />

<strong>in</strong> questo capitolo precede e <strong>in</strong>troduce l’ultima delle quattro rivelazioni che<br />

Daniele ha raccolto nella seconda sezione del suo libro. È una profezia proiettata<br />

nel futuro prossimo e lontano, una profezia che attraverso complessi sviluppi <strong>in</strong>termedi<br />

congiunge l’epoca del profeta e il remoto tempo della f<strong>in</strong>e. La grande profezia<br />

com<strong>in</strong>cia al v. 2 del cap. 11 e term<strong>in</strong>a al v. 3 del capitolo seguente. Gli ultimi<br />

versetti hanno tutta l’apparenza di un post-scriptum.<br />

Poiché la narrazione si svolge senza soluzione di cont<strong>in</strong>uità dal pr<strong>in</strong>cipio<br />

del cap. 10 f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e del libro, gli ultimi tre capitoli formano di fatto un corpus<br />

unico.<br />

Una circostanza avversa non specificata, ma che non è difficile <strong>in</strong>tuire, ha<br />

fatto nascere una gran pena nel cuore del vecchio profeta. Dopo tre settimane di<br />

duolo e di parziale digiuno, egli ha assistito ad una sfolgorante teofania dalla<br />

sponda del Tigri. La straord<strong>in</strong>aria manifestazione lo ha lasciato <strong>in</strong> uno stato di<br />

grande prostrazione fisica. Poi gli è apparso un angelo celeste e gli ha preannunciato<br />

un gran conflitto nel quale il suo popolo sarà co<strong>in</strong>volto.<br />

1 Il terzo anno di Ciro, re di Persia, una parola fu rivelata a Daniele,<br />

che si chiamava Beltsasar; e la parola è verace, e predice una gran<br />

lotta. Egli capì la parola, ed ebbe l’<strong>in</strong>telligenza della visione.<br />

Come è sua consuetud<strong>in</strong>e (7:1; 8:1; 9:1), Daniele <strong>in</strong>dica la data della nuova rivelazione:<br />

“l’anno terzo di Ciro re di Persia”. Gli anni di regno di Ciro sono qui fatti<br />

decorrere dalla data della conquista di Babilonia, il 539 a.C. L’anno terzo cadde<br />

dunque nel 536 o nel 535, secondo che gli anni di regno siano computati sul calendario<br />

con l’<strong>in</strong>izio dell’anno <strong>in</strong> primavera o <strong>in</strong> autunno 406.<br />

Posto che all’epoca della deportazione nel 605 a.C. Daniele avesse <strong>in</strong>torno<br />

ai 18 anni, adesso doveva essere un vegliardo quasi novantenne, essendo trascorsi<br />

da allora 69 anni.<br />

Per la terza ed ultima volta Daniele fa riferimento al regno di Ciro. Alla f<strong>in</strong>e<br />

del cap. 1 ha menzionato il suo primo anno di regno come il term<strong>in</strong>e ultimo del<br />

406 - Cfr. S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 586.<br />

314


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 315<br />

CAPIRE DANIELE<br />

suo <strong>in</strong>carico ufficiale, e <strong>in</strong> 6:28 ha <strong>in</strong>cluso <strong>in</strong> modo generico “il regno di Ciro il<br />

Persiano” nell’arco di tempo della sua lunga e onorata attività pubblica. In 10:1<br />

per la prima e unica volta riferisce al regno di questo monarca un episodio importante<br />

dell’esperienza di profeta.<br />

È stato osservato che il titolo di “re di Persia” che Daniele attribuisce a Ciro<br />

non è conforme all’uso antico, giacché su 1560 contratti babilonesi datati agli<br />

anni di regno dei re persiani soltanto uno reca l’espressione “re di Persia”. Risponde<br />

con ragione H.C.Leupold: “Quando l’eccezione compare nelle tavolette<br />

amm<strong>in</strong>istrative babilonesi non la si giudica immediatamente anacronistica. Perché<br />

mai non dovrebbe essere consentito a uno scrittore biblico di usare tale costruzione<br />

eccezionale, tanto più se egli scrive <strong>in</strong> un’altra l<strong>in</strong>gua...?” 407.<br />

Anche se il titolo “re di Persia” non era d’uso comune ai suoi giorni, Daniele<br />

col riferirlo a Ciro ne riconosce, d’accordo con la Storia, la sovranità su<br />

tutto l’impero persiano (si confronti il titolo subalterno di “re del regno dei Caldei”<br />

che egli dà a Dario il Medo <strong>in</strong> 9:1).<br />

“Emerso da una relativa oscurità quale pr<strong>in</strong>cipe del m<strong>in</strong>uscolo stato di Anshan,<br />

sull’altopiano iranico, <strong>in</strong> pochi anni Ciro rovesciò l’uno dopo l’altro i regni<br />

di Media, di Lidia e di Babilonia e li riunì sotto la sua sovranità fondando l’impero<br />

più vasto che si fosse mai visto. Con un monarca di siffatta levatura dovranno<br />

adesso confrontarsi Daniele e il suo popolo...” 408 .<br />

Ancora una volta Daniele parla di sé <strong>in</strong> terza persona 409 (“una parola fu rivelata<br />

a Daniele”) e fa seguire al suo nome d’orig<strong>in</strong>e il nome babilonese (Beltsasar),<br />

quasi a voler rilevare ancora una volta il persistere della sua condizione di<br />

esule <strong>in</strong> terra straniera. Con un’espressione <strong>in</strong>consueta, davar, “una parola” (davar<br />

può anche tradursi “una cosa”), il profeta ha voluto designare l’ampia rivelazione<br />

che verrà esponendo nel capitolo seguente e nei primi 3 versetti del cap.<br />

12. Egli ha anche voluto testimoniare la sua conv<strong>in</strong>zione riguardo alla veracità<br />

della profezia che gli è stata rivelata (“la parola è verace”, rfbfDah temE)åw we’emeth<br />

haddavar) e della quale ha compreso la tematica centrale: “essa predice una<br />

gran lotta” (lOdfg )fbfcºw wetzava’ gâdôl). Tzava’, il term<strong>in</strong>e corrente per “esercito”<br />

(vedi 8:10-12), può anche significare “guerra”, “lotta”, e con tale accezione il vocabolo<br />

è usato <strong>in</strong> questo contesto.<br />

A differenza delle profezie che sono state rivelate a Daniele con i simboli<br />

enigmatici delle visioni (vedi i cc. 7 e 8), la rivelazione riportata <strong>in</strong> questa parte<br />

f<strong>in</strong>ale del libro, come quella del cap. 9, gli è stata recata da un angelo con l<strong>in</strong>guaggio<br />

piano e letterale, ond’egli può dire di avere capito la “parola” (rfbfDah-te)<br />

}yibU ûvîn ’eth haddavar) ed avere avuto <strong>in</strong>telligenza della visione (he):raMaB Ol<br />

407 - Exposition of Daniel, pp. 442- 443.<br />

408 - S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 857.<br />

409 - Per una delucidazione su questa particolarità letteraria , vedi il commento a 7:1-2.<br />

315


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 316<br />

CAPITOLO 10<br />

hænyibU ûvîna lô bammar’eh), <strong>in</strong> altre parole di non avere avuto bisogno d’una <strong>in</strong>terpretazione.<br />

Allo stesso modo che <strong>in</strong> 9:26 è qui adoperato il term<strong>in</strong>e mar’eh<br />

per <strong>in</strong>dicare l’apparizione di un angelo che viene a recare a viva voce una rivelazione<br />

div<strong>in</strong>a.<br />

2 In quel tempo, io, Daniele, feci cordoglio per tre settimane <strong>in</strong>tere.<br />

“In quel tempo”: letteralmente “<strong>in</strong> quei giorni” ({"hfh {yimæYaB bayyamîm hâhem),<br />

cioè nei giorni che precedettero la rivelazione che sta per narrare. In quei giorni<br />

l’anziano profeta è stato colto da una gran pena della quale non spiega il motivo.<br />

Ma avendoci egli <strong>in</strong>dicato con precisione l’epoca dei fatti che verrà esponendo,<br />

non è difficile <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>arlo.<br />

Correva dunque l’anno terzo di Ciro - il 536/35 a.C. - quando il primo e più<br />

cospicuo scaglione dei rimpatriati da Babilonia da pochissimo tempo era giunto<br />

nella desolata terra di Giuda col sommo sacerdote Giosuè e con Zorobabele. Il<br />

libro di Esdra ci ragguaglia su un aspro conflitto fra i giudei rimpatriati e i vic<strong>in</strong>i<br />

samaritani sorto dal rifiuto dell’offerta di collaborazione fatta da questi ultimi ai<br />

capi dei Giudei mentre ponevano mano alla ricostruzione del Tempio 410.<br />

Le vicissitud<strong>in</strong>i dei reduci erano seguite con viva partecipazione dai connazionali<br />

che avevano scelto di rimanere nei luoghi dell’esilio (vedi Ne 1:1-4).<br />

La notizia dei momenti difficili che stavano vivendo i rimpatriati nella lontana<br />

Gerusalemme certamente giunse alle orecchie di Daniele <strong>in</strong> Babilonia e non<br />

poté non suscitare ansia nell’animo del vecchio profeta. Non tanto il conflitto <strong>in</strong><br />

sé stesso, tuttavia, deve avere provocato la pena di Daniele, quanto piuttosto i riflessi<br />

negativi che tale conflitto poteva avere sui rapporti dei reduci dall’esilio<br />

con le autorità centrali persiane. Poteva accadere - come di fatto avvenne 411 -<br />

che la situazione agitata <strong>in</strong> quella prov<strong>in</strong>cia periferica dell’impero <strong>in</strong>ducesse il<br />

sovrano di Persia a revocare o quanto meno a sospendere l’editto favorevole ai<br />

Giudei (vedi Ed 1: 1-4). Era messa a repentaglio più che la ripresa della vita sociale<br />

ed economica della comunità dei rimpatriati; era esposto a serio pericolo il<br />

riprist<strong>in</strong>o della vita religiosa <strong>in</strong>torno al tempio ricostruito. Questa fosca prospettiva<br />

deve avere cagionato l’afflizione di Daniele 412 che si è protratta per tre settimane<br />

(letteralmente “tre settimane di giorni”, {yimæy {yi(ubf$ hf$ol:$ sheloshah<br />

shavu‘îm yâmîm).<br />

Il term<strong>in</strong>e “settimane” è comparso 4 volte nel cap. 9 (ai vv. 24, 25 e 26)<br />

nella usuale forma femm<strong>in</strong>ile (shavu‘oth). In questo versetto (10:2) compare<br />

nella <strong>in</strong>consueta forma maschile (shavu‘îm) e per di più seguito dalla specificazione<br />

“di giorni”. “Giorni” <strong>in</strong> apposizione rispetto a “settimane” conferisce alla<br />

410 - Vedi Esdra 4:1-5; cfr. col commento di Dn 9:25 e con le note relative.<br />

411 - Vedi Esdra 4: 24.<br />

412 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, pp. 857-858; J. DOUKHAN, Le Soupîr de la terre, p.<br />

225; H.C.LEUPOLD, Exposition of Daniel, p. 445.<br />

316


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 317<br />

CAPIRE DANIELE<br />

frase il senso di “settimane complete”. Ma shavu‘îm non potrebbe anche sott<strong>in</strong>dere<br />

un valore diverso del term<strong>in</strong>e rispetto al senso che esso riveste al femm<strong>in</strong>ile<br />

nel cap. 9?<br />

3 Non mangiai alcun cibo prelibato, né carne né v<strong>in</strong>o entrarono nella<br />

mia bocca, e non mi unsi affatto, s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e delle tre settimane.<br />

Si <strong>in</strong>tuisce che nei ventun giorni di duolo e di digiuno Daniele si dedicasse ad<br />

una ricerca <strong>in</strong>tensa di Dio per <strong>in</strong>tercedere ancora, come nel cap. 9, a pro del suo<br />

popolo, ora contrastato dai nemici, e del santuario di cui sembra compromessa<br />

la riedificazione.<br />

L’espressione “non mangiai alcun cibo prelibato” - letteralmente “pane di<br />

delizie” (tOdumAx {exel lechem chamudôth) - lascia <strong>in</strong>tendere che per tre settimane<br />

Daniele si attenesse ad una dieta estremamente frugale, forse poco più che una<br />

dieta di sopravvivenza. Il suo fu dunque un digiuno parziale. Carne e v<strong>in</strong>o (}éyáyæw<br />

rf&fb vasar wayay<strong>in</strong>) anche presso gli ebrei facevano parte del “menu” dei giorni<br />

di festa e di letizia (vedi Am 6:4-6; Lc 15: 23-24; Gv 2:2-3). Daniele durante i<br />

giorni di cordoglio si astenne dunque da cibi e bevande che allietavano la<br />

mensa nelle occasioni gioiose. Presso gli Ebrei, popolo di allevatori e coltivatori,<br />

carne e v<strong>in</strong>o non scarseggiavano, e non c’è motivo di ritenere che se ne astenessero<br />

per motivi religiosi; ne era comunque biasimato l’uso smodato 413.<br />

Nelle regioni calde dell’Antico Oriente era comune ungersi con oli e unguenti<br />

odorosi per ammorbidire l’epidermide e attenuare gli effetti della traspirazione.<br />

Durante i giorni del duolo Daniele trascurò anche questa pratica per così<br />

dire igienica.<br />

4 E il ventiquattresimo giorno del primo mese, come io mi trovavo <strong>in</strong><br />

riva al gran fiume, che è lo Hiddekel,<br />

È l’unica volta <strong>in</strong> cui Daniele riporta una data <strong>in</strong>dicando con precisione il giorno<br />

e il mese. Purtroppo non c’è modo di sapere se egli facesse riferimento al calendario<br />

babilonese-persiano con l’<strong>in</strong>izio dell’anno <strong>in</strong> primavera (Nisan) o al calendario<br />

<strong>in</strong> uso <strong>in</strong> Giudea col capodanno <strong>in</strong> autunno (Tishri). Nel primo caso il<br />

primo mese dell’anno terzo di Ciro sarebbe corrisposto al periodo marzo-aprile<br />

del 536 a.C., nel secondo allo stesso periodo dell’anno seguente, il 535 a.C.<br />

Poiché i 21 giorni di digiuno di Daniele f<strong>in</strong>irono con la visione sul bordo<br />

dell’Hiddekel il 24° giorno del primo mese, quel periodo di 3 settimane era com<strong>in</strong>ciato<br />

il quarto giorno dello stesso mese.<br />

413 - Piantare la vigna ed usarne il prodotto erano parte dei beni promessi nella prospettiva<br />

della restaurazione dopo il castigo dell’esilio (Am 9:14). Non sono <strong>in</strong>frequenti tuttavia, specie<br />

nei testi profetici e sapienziali, le rampogne all’<strong>in</strong>dirizzo dei bevitori (cfr. Is 5:11, 22; Abac 2:5,<br />

15; Pv 20:1) e la messa <strong>in</strong> guardia contro le bevande alcoliche (Pv 23: 29-35). E’ sempre riprovato<br />

l’uso smodato del v<strong>in</strong>o e della carne (Pv 23: 20-21).<br />

317


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 318<br />

CAPITOLO 10<br />

E dato che nel dopo-esilio i giudei numeravano i mesi allo stesso modo a<br />

presc<strong>in</strong>dere dal tipo di calendario utilizzato (vedi il diagramma <strong>in</strong> fondo alla nota<br />

365), nel periodo del duolo di Daniele cadde la festività pasquale (il 14 di Nisan<br />

si celebrava la Pasqua e i 7 giorni seguenti erano i giorni degli Azzimi). Questa<br />

co<strong>in</strong>cidenza, per quanto fortuita, era certamente significativa.<br />

Mentre fra i Giudei rimpatriati o rimasti nell’esilio si celebrava il ricordo<br />

della liberazione dalla schiavitù d’Egitto, Daniele è stato <strong>in</strong> pena per le angustie<br />

del suo popolo nella madrepatria e ha pregato perché ne fosse liberato. Allo<br />

stesso modo che nel capitolo ottavo, sarà sul bordo di un fiume che Daniele riceverà<br />

una visione, con la differenza, tuttavia, che stavolta la sua presenza sulla<br />

sponda dello Hiddekel sarà una presenza fisica e non “<strong>in</strong> ispirito”. Gli ebrei chiamavano<br />

Hiddekel il gran fiume che scorreva a oriente dell’Eufrate e che gli assiro-babilonesi<br />

nom<strong>in</strong>avano Idiglat e i persiani Tigra (dal nome persiano deriva il<br />

nome odierno, Tigri).<br />

5 alzai gli occhi, guardai, ed ecco un uomo, vestito di l<strong>in</strong>o, con attorno<br />

ai fianchi una c<strong>in</strong>tura d’oro d’Ufaz.<br />

“Alzai gli occhi e guardai” (o più semplicemente “io guardavo”) è la formula con<br />

cui Daniele <strong>in</strong>troduce di solito la descrizione di una visione (cfr. 8:3; 7:2) o di un<br />

suo dettaglio importante (7:4,6,9,11,13). Daniele vede, ritta sul fiume, una figura<br />

dall’apparenza umana (“guardai, ed ecco un uomo”).<br />

Dalla descrizione che segue è chiaro che si tratta di un Essere sovrannaturale.<br />

La tunica di l<strong>in</strong>o di cui è rivestita la maestosa figura e la c<strong>in</strong>tura d’oro che<br />

gliela str<strong>in</strong>ge alla vita caratterizzano la dignità sacerdotale (cfr. Es 28:4,8,39).<br />

L’immag<strong>in</strong>e richiama alla mente la figura del Sommo Sacerdote nel Gran Giorno<br />

dell’Espiazione, un’immag<strong>in</strong>e perfettamente idonea a <strong>in</strong>trodurre la rivelazione<br />

che seguirà, giacché essa culm<strong>in</strong>erà con una scena di giudizio-salvezza per i<br />

membri del suo popolo “che saran trovati iscritti nel libro”, e di giudizio-perdizione<br />

per il resto degli uom<strong>in</strong>i (Dn 12:1-2). Ufaz, ricordata anche <strong>in</strong> Gr 10:9, era<br />

il nome di una regione oggi ignota dalla quale proveniva dell’oro sopraff<strong>in</strong>o. Da<br />

alcuni viene identificata con Ofir, r<strong>in</strong>omata nell’antichità per l’oro di gran pregio<br />

che vi si esportava (cfr. 1Re 9:28). È da notare che le parole Ufaz e Ofir scritte <strong>in</strong><br />

caratteri ebraici si somigliano alquanto.<br />

6 Il suo corpo era come un crisolito, la sua faccia aveva l’aspetto<br />

della folgore, i suoi occhi eran come fiamme di fuoco, le sue braccia<br />

e i suoi piedi parevano terso rame, e il suono della sua voce era<br />

come un rumore d’una moltitud<strong>in</strong>e.<br />

Con paragoni tratti dall’esperienza dei sensi il profeta tenta di descrivere l’aspetto<br />

della figura che gli è apparsa sullo Hiddekel. C<strong>in</strong>que volte usa il prefisso ke,<br />

“come”, “simile a” (la seconda volta unito a mar’eh: qfrfb h"):ram:K kemar’eh varaq,<br />

letteralmente “come l’aspetto del fulm<strong>in</strong>e”).<br />

Una luce chiara come la luce riflessa da una gemma purissima irradia dal corpo<br />

318


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 319<br />

CAPIRE DANIELE<br />

dell’augusto Personaggio (l’ebraico ha $yi$:rat:k OtæYéw:gU ûgewiyyatô ketharshish, letteralmente<br />

“il suo corpo [era] come tarshish”).<br />

Tarshish, una regione del Mediterraneo occidentale - verosimilmente la<br />

Spagna - era il luogo di provenienza della pietra preziosa nom<strong>in</strong>ata <strong>in</strong> questo<br />

punto del testo danielico, una pietra che alcuni hanno identificato col crisolito,<br />

altri col topazio, altri ancora col berillio. Leupold traduce l’espressione ebraica<br />

semplicemente “pietra di Tarshish”. Il volto della figura riluce di uno splendore<br />

accecante, come quello del lampo, gli occhi mandano bagliori di fuoco, le parti<br />

nude del corpo - le mani e i piedi - brillano come rame tirato a lucido.<br />

Chi è lo straord<strong>in</strong>ario Personaggio? Alcuni (G.Bern<strong>in</strong>i, C.H. Leupold ed altri)<br />

vi hanno visto un angelo, forse lo stesso Gabriele. J. Doukhan, dopo avere rilevato<br />

che “Tutto è superlativo per esprimere il carattere straord<strong>in</strong>ario e sovrannaturale<br />

di questo personaggio”, osserva che una descrizione siffatta “non si limita<br />

al solo libro di Daniele, la si ritrova con gli stessi elementi nel libro di Ezechiele<br />

(cap. 1°): la folgore (vv. 14, 28), il crisolito (v. 26), il rame forbito (vv. 7, 27), il<br />

fuoco (vv. 13, 28), la voce di una moltitud<strong>in</strong>e (v. 24). Ezechiele - nota Doukhan<br />

- spiega nel concludere: ‘era un’apparizione dell’immag<strong>in</strong>e della gloria<br />

dell’Eterno’ (v. 28).<br />

La si ritrova altresì nel libro dell’Apocalisse (cap. 1); anche qui il personaggio<br />

veste l’abito sacerdotale, il poderes, con una c<strong>in</strong>tura d’oro (v. 13); anche qui<br />

gli occhi splendono come fuoco e le membra brillano come il rame; anche qui<br />

la voce tuona come quella di una moltitud<strong>in</strong>e (v.15). In questo luogo il personaggio<br />

identifica sé stesso con un essere div<strong>in</strong>o. ‘Io sono il primo e l’ultimo, e il<br />

Vivente; e fui morto, ma ecco son vivente per i secoli dei secoli, e tengo le<br />

chiavi della morte e dell’Ades, (v. 18). Il l<strong>in</strong>guaggio usato evoca chiaramente<br />

Gesù Cristo così come è descritto più <strong>in</strong> alto nel medesimo capitolo: ‘il primogenito<br />

dei morti’ (v. 5), ‘l’Alfa e l’Omega’ (v.7). Inf<strong>in</strong>e la reazione di Daniele davanti<br />

a questa visione è stata la stessa di Ezechiele e Giovanni: tutti e tre si sono<br />

accasciati al suolo come schiacciati e sono caduti <strong>in</strong> deliquio (Dn 10:9; Ez 1:28;<br />

Ap 1:17)” 414. Il Personaggio descritto da Daniele deve identificarsi con l’Angelo<br />

dell’Eterno (Ge 22:11, 12, 15, 16; Za 3: 1-5; Ml 3:1), col Pr<strong>in</strong>cipe Mika’el (Dn 10:13;<br />

11:1; 12:1; Ap 12:7-8); <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva con Gesù Cristo, l’eterno Figlio di Dio 415.<br />

7 Io solo, Daniele, vidi la visione; gli uom<strong>in</strong>i ch’erano meco non la videro,<br />

ma un gran terrore piombò su loro, e fuggirono a nascondersi.<br />

Si noti ancora una volta la cura dell’autore di attestare la propria identità: “Io...,<br />

Daniele, vidi la visione” (hf):raMah-te) ... l)¢Yénfd yénA) yityi)frºw wera’itî ’anî dani’el... ’eth<br />

hammar’ah).<br />

Sulla riva dello Hiddekel Daniele non era solo quando gli apparve il div<strong>in</strong>o<br />

414 - J. DOUKHAN, op. cit., p. 226.<br />

415 - Cfr. E.G.WHITE, The Great Controversy, pp. 470, 471, <strong>in</strong> Italiano Il Gran Conflitto, p. 344.<br />

319


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 320<br />

CAPITOLO 10<br />

Personaggio. Dei comuni mortali erano con lui (sul loro numero, la loro identità<br />

e il motivo della loro presenza <strong>in</strong> quel tempo, il testo tace). Quegli uom<strong>in</strong>i - dice<br />

Daniele - “non videro la visione”. Non si può percepire il div<strong>in</strong>o con le comuni<br />

facoltà naturali. Occorre una facoltà sovrannaturale, un carisma, per vivere<br />

un’esperienza così alta, un’esperienza che trascende ogni e qualsiasi umana<br />

esperienza.<br />

L’uomo di Dio soltanto ne è dotato, i comuni mortali no. Daniele è un<br />

uomo di Dio. Gli uom<strong>in</strong>i che erano <strong>in</strong> compagnia di Daniele non videro dunque<br />

quello che Daniele vide, e tuttavia avvertirono una presenza impalpabile, ebbero<br />

la sensazione che una manifestazione misteriosa e m<strong>in</strong>acciosa stava avendo<br />

luogo. Ne furono terrorizzati e d’ist<strong>in</strong>to corsero a nascondersi come per proteggersi<br />

da un pericolo <strong>in</strong>combente.<br />

Un fenomeno analogo avverrà secoli dopo e sarà l’occasione della conversione<br />

a Cristo del persecutore Saulo da Tarso (At 9:3-7; 22: 6-9).<br />

8 E io rimasi solo, ed ebbi questa grande visione. In me non rimase<br />

più forza; il mio viso mutò colore f<strong>in</strong>o a rimanere sfigurato, e non<br />

mi restò alcun vigore.<br />

Daniele è solo davanti alla grandiosa manifestazione (hflod:Gah hf):raMah hammar’ah<br />

haggedolah). Un uomo, pur se eccelle per dirittura morale e sensibilità spirituale,<br />

è sempre e soltanto un uomo, cioè una creatura fragile e imperfetta. I limiti della<br />

natura umana si sono palesati drammaticamente nei santi uom<strong>in</strong>i di Dio quando<br />

è stato loro dato di assistere a una manifestazione personale della Div<strong>in</strong>ità, pur<br />

se velata dall’apparenza umana.<br />

Daniele è stato uno dei rari esemplari della specie umana che Dio ha gratificato<br />

di una sua manifestazione personale, ma la sua umanità non ha potuto sostenere<br />

il confronto con la maestà div<strong>in</strong>a. Il volto gli si è scolorito e le forze lo<br />

hanno abbandonato. Effetti simili aveva prodotto sul profeta la prima apparizione<br />

dell’angelo Gabriele (cfr. 8:18).<br />

9 Udii il suono delle sue parole; e, all’udire il suono delle sue parole,<br />

caddi profondamente assopito, con la faccia a terra.<br />

Tale è l’impatto della potenza emanante dalla maestà div<strong>in</strong>a sul fisico del vecchio<br />

profeta che egli perde totalmente le forze e si accascia al suolo privo di<br />

sensi ({fD:rén yityéyfh hayiytî nirdam, dal verbo radam, “cadere <strong>in</strong> un sonno<br />

profondo”: cfr. con Giud 4:21; Sl 76:6; Gion 1:5,6.<br />

In Dn 10:9, come <strong>in</strong> 8:18, tale voce verbale esprime perdita totale della coscienza,<br />

cfr. con Ez 1:28 u.p.; 3:23). L’Essere div<strong>in</strong>o che è apparso a Daniele<br />

parla, ma il profeta non dist<strong>in</strong>gue le parole che proferisce, soltanto ode “il suono<br />

delle sue parole” (wyfrfb:D lOq qôl devaraiw, letteralmente “la voce delle sue parole”).<br />

Egli è ancora <strong>in</strong> sé, ma la sua percezione sensoriale si è affievolita, come<br />

quando uno è <strong>in</strong> stato di dormiveglia. È <strong>in</strong> quegli istanti che perde conoscenza e<br />

si accascia al suolo.<br />

320


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 321<br />

CAPIRE DANIELE<br />

10 Ed ecco, una mano mi toccò, e mi fece stare sulle g<strong>in</strong>occhia e sulle<br />

palme delle mani.<br />

Tornato <strong>in</strong> sé, Daniele sente che una mano è posata sul suo corpo e capisce che<br />

è stato grazie al contatto di quella mano che egli ha ripreso conoscenza, come<br />

se quel contatto gli avesse trasfuso una carica di energia vitale (si confront<strong>in</strong>o le<br />

esperienze parallele di Ezechiele e di Giovanni: Ez 2:1,2; 3:24; Ap 1:17). Steso<br />

bocconi, il profeta non può ancora scorgere il corpo a cui appartiene la mano<br />

che lo ha toccato, ma si rende conto che un essere sovrumano gli sta accanto.<br />

Le forze ritornano gradualmente come gradualmente erano svanite. Ora egli<br />

è <strong>in</strong> grado di sollevarsi dalla posizione prona, ma non ancora di rizzarsi sulle<br />

gambe. Per alcuni istanti deve rimanere appoggiato sulle palme delle mani e<br />

sulle g<strong>in</strong>occhia, gattoni, come i bamb<strong>in</strong>i che non camm<strong>in</strong>ano ancora.<br />

Adesso può scorgere davanti a sé la figura che lo ha toccato con la mano. È<br />

proprio un essere sovrannaturale, ma non è la Figura sfolgorante che gli ha fatto<br />

perdere i sensi. È un angelo; è l’angelo Gabriele? 416<br />

11 E mi disse: “Daniele, uomo grandemente amato, cerca d’<strong>in</strong>tendere<br />

le parole che ti dirò, e rizzati <strong>in</strong> piedi nel luogo dove sei; perché ora<br />

io sono mandato da te”. E quand’egli m’ebbe detta questa parola, io<br />

mi rizzai <strong>in</strong> piedi, tutto tremante.<br />

Una voce familiare saluta Daniele con parole affettuose e rassicuranti: “uomo<br />

grandemente amato...”, letteralmente “uomo di delizie”, tOdumAx-$yi) ’îsh chamudôth<br />

(chamudôth è lo stesso vocabolo che nel v. 3 è tradotto “desiderabili” o<br />

“deliziosi”). È l’identica espressione con cui Gabriele ha salutato il profeta 3 anni<br />

prima (cfr. 9:23).<br />

Come nell’episodio del cap. 9, la ricerca <strong>in</strong>tensa e perseverante di Dio<br />

nell’umiltà e nella preghiera è stata premiata. Ma <strong>in</strong> più rispetto a quell’episodio,<br />

stavolta la venuta dell’angelo con un messaggio speciale da parte di Dio è stata<br />

preceduta da una manifestazione personale della Div<strong>in</strong>ità.<br />

Nella prima manifestazione Daniele ha udito il suono di una voce possente<br />

come il rumoreggiare di una moltitud<strong>in</strong>e, ma non ha potuto dist<strong>in</strong>guere le parole<br />

che quella voce ha proferite. Ora è essenziale che egli <strong>in</strong>tenda quanto il messo<br />

celeste sta per rivelargli, perché si tratta di un messaggio di estrema importanza:<br />

“presta attenzione alle parole che io ti dirò” (!yel") r"bod yikonf) re$A) {yirfb:DaB }"bfhhâven<br />

baddevarîm ’asher ’anokî dover ’eleyka).<br />

Il comando: “rizzati <strong>in</strong> piedi”, sembra trasfondere nel profeta ulteriori energie:<br />

“ E quando m’ebbe detta questa parola, io mi rizzai <strong>in</strong> piedi...” Il vegliardo riassume<br />

la posizione eretta davanti all’angelo, ma è ancora malfermo sulle gambe.<br />

Quanto è spossante per un essere umano il confronto con la Maestà div<strong>in</strong>a!<br />

416 - Cfr. E.G.WHITE, Prophets and K<strong>in</strong>gs, pp. 571-572.<br />

321


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 322<br />

CAPITOLO 10<br />

Colui che ha rimesso <strong>in</strong> piedi il profeta e lo sollecita a concentrarsi per<br />

ascoltarlo, non è venuto di sua <strong>in</strong>iziativa, egli sta semplicemente eseguendo un<br />

mandato: “ora io sono stato mandato da te...” La Div<strong>in</strong>ità non riceve mandati, li<br />

conferisce. Ecco la prova che chi ha toccato Daniele e lo ha fatto tornare <strong>in</strong> sé<br />

non è stato l’Essere maestoso che lo ha fatto andare <strong>in</strong> deliquio, ma soltanto un<br />

suo messaggero. Per dirlo con un’espressione tolta dal l<strong>in</strong>guaggio tecnologico<br />

moderno, egli è stato una c<strong>in</strong>ghia di trasmissione, non un motore.<br />

12 Ed egli mi disse: “Non temere, Daniele; poiché dal primo giorno che<br />

ti mettesti <strong>in</strong> cuore d’<strong>in</strong>tendere e d’umiliarti nel cospetto del tuo Dio,<br />

le tue parole furono udite, e io son venuto a motivo delle tue parole.<br />

Un uomo di Dio quanto più sia cosciente della propria imperfezione e <strong>in</strong>degnità<br />

tanto più prova sgomento e confusione nel confrontarsi con la perfezione div<strong>in</strong>a<br />

(vedi Is 6:5). L’angelo deve avere notato il grande disagio del vecchio profeta nel<br />

trovarsi <strong>in</strong> sua presenza, perciò lo r<strong>in</strong>cuora e lo rassicura chiamandolo per<br />

nome: “Non temere, Daniele...!”.<br />

“Dal primo giorno...”. È di certo un riferimento all’<strong>in</strong>izio dei 21 giorni di<br />

duolo e di umiliazione (vedi il v. 2). Come abbiamo detto nel commento del v.<br />

2, eventi <strong>in</strong>quietanti stavano accadendo <strong>in</strong> quei giorni nella patria lontana dove<br />

da poco erano giunti i primi reduci dall’esilio. Daniele ne era rimasto scosso e<br />

aveva cercato di capire perché succedevano quelle cose. Come già tre anni<br />

prima (cfr. 9:3), si era umiliato davanti al suo Dio - forse confessando ancora<br />

una volta i peccati del suo popolo dei quali si sentiva <strong>in</strong> qualche modo corresponsabile<br />

- e aveva rivolto al Signore fervide suppliche per la sua gente.<br />

Ora egli è messo al corrente dal messaggero di Dio che le sue suppliche<br />

sono state accolte <strong>in</strong> cielo f<strong>in</strong> dalle prime battute: “dal primo giorno... le tue parole<br />

furono udite...”. “Dio - osserva J.Doukhan - esaudisce anche la preghiera<br />

<strong>in</strong>espressa, o piuttosto non ancora espressa. Perché non è la preghiera <strong>in</strong> sé<br />

stessa che è vana, ma è l’illusione che l’<strong>in</strong>tervento dall’alto sia stato provocato<br />

dal peso magico delle parole con le quali la preghiera è stata espressa” 417 (La<br />

supplica di Daniele era dunque stata esaudita f<strong>in</strong> dalle prime parole, ma per tre<br />

settimane <strong>in</strong>tere non era successo nulla che lo facesse supporre. Solo dopo 21<br />

lunghi giorni l’angelo del Signore è venuto per portargli la risposta. Perché questo<br />

prolungato <strong>in</strong>dugio?<br />

La risposta è data nel versetto seguente.<br />

322<br />

13 Ma il capo del regno di Persia m’ha resistito ventun giorni; però<br />

ecco, Micael, uno dei primi capi, è venuto <strong>in</strong> mio soccorso, e io son<br />

rimasto là presso i re di Persia.<br />

417 - Op. cit., p. 228.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 323<br />

CAPIRE DANIELE<br />

L’<strong>in</strong>viato del cielo prima di visitare Daniele aveva dovuto svolgere una missione<br />

di grande importanza presso la suprema autorità del regno di Persia le cui decisioni<br />

o mancate decisioni avevano <strong>in</strong>ciso negativamente sulle vicende dei Giudei<br />

rimpatriati con Zorobabele determ<strong>in</strong>ando quello stato di cose che aveva suscitato<br />

la perplessità di Daniele.<br />

La spiegazione del ritardo fornita dall’angelo (“Ma il capo del regno di Persia<br />

m’ha resistito ventun giorni”) fa supporre che la sua missione si rivelasse più<br />

ardua del previsto. Chi è “il capo del regno di Persia” che si è opposto con tanta<br />

tenacia al messaggero celeste? È da scartare subito la supposizione che sia uno<br />

dei re di Persia ai quali si fa riferimento alla f<strong>in</strong>e del versetto (sfrfp y"k:lam malkê<br />

paras). L’angelo dà una qualifica diversa al personaggio misterioso che gli ha resistito:<br />

sarfP tUk:lam ra& sar malkûth paras, “capo”, o meglio “pr<strong>in</strong>cipe del regno di<br />

Persia”. È pure da resp<strong>in</strong>gere l’op<strong>in</strong>ione che il sar malkûth paras fosse un personaggio<br />

persiano di sangue reale sconosciuto alla storia. Un essere umano, sia<br />

pure rivestito di autorità, non poteva opporsi con successo a un angelo di Dio,<br />

se si pensa ai poteri sovrumani di cui sono dotati questi agenti celesti (cfr. Is<br />

37:36; At 12:6-10). Solo un essere sovrannaturale può opporre resistenza a un essere<br />

sovrannaturale.<br />

Posto che lo stesso term<strong>in</strong>e (sar) qualifica tanto il personaggio celeste che<br />

venne <strong>in</strong> aiuto dell’angelo ({yéno$)irfh {yirf>ah daxa) l")fkyim mîka’el ’achad hassarîm<br />

harishonîm..., “Micael, uno dei primi pr<strong>in</strong>cipi...”) quanto il personaggio che gli<br />

ha resistito 21 giorni, quest’ultimo deve essere stato anch’egli un essere sovrannaturale.<br />

Alcuni commentatori vi hanno visto un angelo celeste protettore del regno<br />

di Persia 418 e, anche <strong>in</strong> base a quanto si dice <strong>in</strong> seguito (v. 20), hanno concluso<br />

che i regni della terra sono posti sotto la tutela di angeli buoni. Se fosse<br />

così, bisognerebbe dedurre da questo passo di Daniele che c’è rivalità e contrapposizione<br />

fra gli angeli di Dio, un’idea che non è suffragata dalla Scrittura e che,<br />

anzi, contrasta con la visione biblica sugli angeli celesti. Si deve perciò concludere<br />

che il sar del regno di Persia che ha contrastato per tre settimane l’angelo<br />

di Dio, fosse un emissario di Satana, un angelo decaduto.<br />

Sar - spiega il S.D.A: Bible Commentary (vol. IV, p. 589) è un “term<strong>in</strong>e che<br />

si ripete 420 volte nell’A.T., mai però col significato di ‘re’. Esso viene riferito ora<br />

a un funzionario reale (Ge 40:2, tradotto ‘capo’), ora a un’autorità locale (1Re<br />

22:20, tradotto ‘governatori’), anche ai capi subalterni di Mosè (Es 18:21, tradotto<br />

appunto ‘capi’). Con quest’ultimo significato il term<strong>in</strong>e compare nell’espressione<br />

sar hassaba’, ‘comandante dell’esercito’ (la stessa espressione tradotta ‘pr<strong>in</strong>cipe<br />

dell’esercito’ <strong>in</strong> 8:11) <strong>in</strong> uno degli ostraca di Lakis, una lettera scritta da un ufficiale<br />

dell’esercito giudaico al suo superiore, probabilmente all’epoca della conquista<br />

di Giuda ad opera di Nabucodonosor nel 588-586 a.C., quando Daniele si<br />

trovava <strong>in</strong> Babilonia...”.<br />

418 - Cfr. G.R<strong>in</strong>aldi, op. cit., p. 137<br />

323


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 324<br />

CAPITOLO 10<br />

“L’essere celeste che apparve a Giosuè presso Gerico è chiamato ‘il capo<br />

(ebr. sar) dell’esercito del Signore’ (Gs 5:14, 15).<br />

ìDaniele usa spesso questo vocabolo con riferimento ad esseri sovrannaturali<br />

(Dn 8:11, 25; 10:13, 21; 12:1).<br />

ìSi è supposto, sulla base di queste considerazioni, che sar denoti un essere<br />

sovrannaturale che <strong>in</strong> quel tempo si contrappose agli angeli di Dio e tentò di<br />

volgere la politica del regno di Persia contro gli <strong>in</strong>teressi superiori del popolo di<br />

Dio. La questione fondamentale era il benessere di questo popolo contrastato<br />

dai vic<strong>in</strong>i pagani. Poiché si dice <strong>in</strong> appresso che Micael è il ‘pr<strong>in</strong>cipe (sar) che<br />

sta per i figli del tuo popolo’ (12:1), non sembra irragionevole concludere che ‘il<br />

pr<strong>in</strong>cipe del regno di Persia’ fosse un sedicente angelo guardiano di questo popolo<br />

appartenente <strong>in</strong> realtà alle milizie dell’avversario” (ibidem, p. 859).<br />

Il punto di vista di H.C.Leupold sull’identità del ‘pr<strong>in</strong>cipe del regno di Persia’<br />

<strong>in</strong> 10:13, concorda sostanzialmente col commento del S.D.A. Bible Commentary.<br />

Scrive questo espositore che <strong>in</strong> quel punto del libro di Daniele “il riferimento<br />

è senza dubbio agli angeli malvagi detti dèmoni nel Nuovo Testamento.<br />

Tali potenze demoniache - aggiunge - nel corso del tempo hanno sviluppato<br />

una forte <strong>in</strong>fluenza su certe nazioni e i loro governi f<strong>in</strong>o ad averne il controllo.<br />

Esse hanno messo <strong>in</strong> atto tutte le risorse possibili allo scopo di ostacolare l’opera<br />

e frustrare i piani di Dio” 419. Il conflitto ultraterreno descritto <strong>in</strong> 10:13 apre una<br />

f<strong>in</strong>estra su un universo spirituale <strong>in</strong> gran parte sconosciuto che sovrasta il<br />

mondo sensibile e <strong>in</strong> una certa misura ne <strong>in</strong>fluenza gli eventi. Un conflitto titanico<br />

che oppone le forze del Bene e del Male <strong>in</strong> una dimensione cosmica si<br />

svolge al di là e al disopra dei contrasti umani condizionandone <strong>in</strong> parte gli esiti<br />

specie laddove questi abbiano ripercussioni sull’opera e sul popolo di Dio 420.<br />

Nel caso <strong>in</strong> esame è assai verosimile che l’angelo di Satana, arbitrario “pr<strong>in</strong>cipe”<br />

spirituale del regno di Persia, esercitasse la sua nefasta <strong>in</strong>fluenza sul sovrano<br />

di questa nazione - Ciro II - allo scopo di impedire la realizzazione del disegno<br />

div<strong>in</strong>o riguardo alla nazione santa, ovvero il riprist<strong>in</strong>o della vita religiosa<br />

<strong>in</strong> seno ad essa. La lotta fra l’angelo di Dio e l’emissario di Satana si protrasse<br />

per tutto il tempo del duolo di Daniele, del tutto all’oscuro su questo conflitto fra<br />

angeli: “il capo (sar) del regno di Persia- dice al profeta l’<strong>in</strong>viato del cielo - m’ha<br />

resistito ventun giorni”. Solo l’<strong>in</strong>tervento di una potestà superiore al fianco<br />

dell’angelo buono ha potuto v<strong>in</strong>cere l’opposizione caparbia dell’angelo malvagio:<br />

“però, ecco, Micael, uno dei primi capi (o pr<strong>in</strong>cipi), è venuto <strong>in</strong> mio soccorso...”<br />

(yén"rºzf(:l)fB {yéno$)irfh {yirf&ah daxa) l")fkyim h¢Nihºwweh<strong>in</strong>neh mîka’el ’achad hassarîm<br />

hari’shonîm ba’le‘azrenî...).<br />

J.Doukhan segnala una possibile traduzione alternativa di questo passo la<br />

quale pone Mika’el al vertice della dignità celeste. Egli dice testualmente: “Il v.<br />

419 - Op. cit., p. 457.<br />

420 - Il tema del conflitto tra Cristo e Satana, tra il Bene e il Male, è trattato magistralmente<br />

nel volume di Ellen G.White The Great Controversy (<strong>in</strong> traduzione italiana Il gran conflitto, Ed.<br />

AdV, Firenze, 1977).<br />

324


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 325<br />

CAPIRE DANIELE<br />

10 lascia anche capire attraverso l’uso di un superlativo che egli (Micael) è ‘il<br />

primo dei primi capi’ (traduzione letterale), e non ‘uno dei primi capi’ (versione<br />

Ségond). La parola ’achad che si traduce comunemente col numero card<strong>in</strong>ale<br />

‘uno’ è usata ugualmente col significato del numero ord<strong>in</strong>ale ‘primo’. Quest’ultimo<br />

senso conviene assai meglio al contesto di questa frase <strong>in</strong> particolare e del<br />

libro di Daniele <strong>in</strong> generale” 421. -<br />

È la prima volta che compare nel libro di Daniele, e nella Bibbia <strong>in</strong>tera, il<br />

nome proprio Mika’el. Chi è questo personaggio potente che ha piegato la resistenza<br />

di un emissario del diavolo?<br />

Per prima cosa si deve volgere l’attenzione al titolo con cui lo di designa<br />

(sar, “capo” o “pr<strong>in</strong>cipe”) non solo <strong>in</strong> questo punto ma anche <strong>in</strong> 11:1 (“Micael<br />

vostro capo”) e <strong>in</strong> 12:1 (“Micael il gran capo”).<br />

Sar, lo abbiamo visto prima, nell’Antico Testamento il più delle volte è adoperato<br />

per <strong>in</strong>dicare una dignità politica (“pr<strong>in</strong>cipe”) o una carica militare (“capo”,<br />

“comandante”) o un’autorità locale (“governatore”). Ma talvolta è riferito a entità<br />

personali sovrannaturali, come <strong>in</strong> questo punto del libro di Daniele. Sempre <strong>in</strong><br />

Daniele tre volte, come si è appena detto, il titolo “sar” è dato al personaggio<br />

Micael.<br />

In Is 9:5 sar shalom, “pr<strong>in</strong>cipe della pace”, è uno dei titoli riconosciuti al<br />

Messia venturo. Inf<strong>in</strong>e <strong>in</strong> Ap 12:7 si riconosce <strong>in</strong> Micael che combatte e v<strong>in</strong>ce il<br />

gran dragone, il Cristo risorto vittorioso su Satana. I rabb<strong>in</strong>i antichi identificarono<br />

Micael col Messia venturo e col sommo sacerdote officiante nella Sion celeste. 422<br />

(Ribadiamo qu<strong>in</strong>di che il pr<strong>in</strong>cipe Micael che ha <strong>in</strong>franto la resistenza del “pr<strong>in</strong>cipe<br />

del regno di Persia” altri non è che il Cristo, l’eterno Figlio di Dio 423. Mi-ka-<br />

’el nella l<strong>in</strong>gua ebraica è una proposizione <strong>in</strong>terrogativa: “chi è come Dio?” Si coglie<br />

una sfida <strong>in</strong> questa <strong>in</strong>terrogazione. Una sfida che nessuno nell’universo è <strong>in</strong><br />

grado di raccogliere .<br />

Il senso sembra essere questo: Nessuno è come Dio se non Colui che porta<br />

questo nome, appunto Mika’el. V<strong>in</strong>to grazie all’<strong>in</strong>tervento di Micael, l’angelo-avversario<br />

ha dovuto battere <strong>in</strong> ritirata. Adesso la corte persiana è sotto il controllo<br />

dell’<strong>in</strong>viato del cielo: “e io sono rimasto là presso i re di Persia”. Così il <strong>Testo</strong><br />

Masoretico. I LXX, seguiti da Teodozione, hanno: “e io l’ho lasciato là (Micael)...”.<br />

Questa espressione è più coerente col contesto immediato.<br />

Infatti dopo l’<strong>in</strong>tervento efficace di Micael, l’angelo ha lasciato la corte persiana<br />

ed è andato da Daniele il ventunesimo giorno del suo cordoglio. Per questo<br />

motivo varie versioni moderne hanno preferito seguire il testo greco. Così,<br />

fra altre, le anglosassoni Revised Standard Version, Moffatt e Goodspeed, e fra le<br />

italiane le versioni della C.E.I., della Bibbia Concordata e di G.Bern<strong>in</strong>i.<br />

Ellen G.White accredita <strong>in</strong> un manoscritto <strong>in</strong>edito questa versione del parti-<br />

421 - Op. cit., p. 232.<br />

422 - J. DOUKHAN, op. cit., p. 332.<br />

423 - Per ulteriori approfondimenti su questa identificazione vedi il commento a 8:7.<br />

325


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 326<br />

CAPITOLO 10<br />

colare del racconto. Ella dice testualmente: “... Michael venne <strong>in</strong> suo aiuto, poi<br />

rimase presso il re di Persia per tenere <strong>in</strong> scacco le forze del male opponendo<br />

buoni consigli ai cattivi” 424<br />

H.C.Leupold, sulla scorta del testo ebraico che recita alla f<strong>in</strong>e del v. 13: “e<br />

io sono rimasto là presso i re di Persia (malkê parâs)”, osserva che è implicitamente<br />

assicurata per gli anni a venire la presenza attiva degli agenti celesti<br />

presso la corte persiana onde il popolo di Dio goda anche <strong>in</strong> futuro il favore dei<br />

sovrani di quella nazione 425.<br />

14 E ora sono venuto a farti comprendere ciò che avverrà al tuo popolo<br />

negli ultimi giorni; perché è ancora una visione che concerne<br />

l’avvenire”.<br />

L’emissario del cielo (con tutta probabilità l’angelo Gabriele) rivela adesso a<br />

Daniele lo scopo della sua venuta. Egli ha l’<strong>in</strong>carico di fargli capire (!ºnyibAhal<br />

lehavîneka) quel che avverrà al suo popolo “negli ultimi giorni” ({yimæYah tyirAxa):B<br />

be’acharith hayyamîm, la frase può anche tradursi “alla f<strong>in</strong>e dei giorni” o “nella<br />

parte estrema dei giorni”). Frequente negli oracoli dei profeti, e presente anche<br />

negli scritti neotestamentari, l’espressione <strong>in</strong>dica ora la parte f<strong>in</strong>ale di un periodo<br />

di tempo o di un’epoca (cfr. Is 2:2; Gr 30:24; 48: 47; 49: 39; Os 3:5; At 2:17; Eb<br />

1:2), ora il tempo del secondo avvento di Cristo e del giudizio (cfr. Os 2:28;<br />

2Tm. 3:1; 2Pie 3:3, e al s<strong>in</strong>golare Gv 6:40; 11:24; 12:48). In Dn 10:14 l’espressione<br />

“gli ultimi giorni” si riferisce all’ultimo periodo della storia umana prima<br />

del giudizio.<br />

Per “farti comprendere ciò che avverrà al tuo popolo...”: con questa precisazione<br />

è fissato il contenuto della rivelazione che Daniele sta per ricevere (“tuo<br />

popolo” sulla bocca dell’angelo si riferisce all’Israele storico nell’immediato, e al<br />

popolo di Dio della Nuova Alleanza nella prospettiva escatologica). La vicenda<br />

storica del popolo di Dio presente e futuro sarà il centro focale della profezia,<br />

una profezia proiettata molto <strong>in</strong> avanti nel tempo: “è ancora una visione che<br />

concerne l’avvenire”, letteralmente “è ancora una visione per i giorni” ({yimæYal }Ozfx<br />

dO( ‘od chazôn layyamîm) o, come traducono varie versioni (C.E.I., T.O.B., Concordata)<br />

“per quei giorni”, cioè per “gli ultimi giorni”. L’enfasi è posta sulla parte<br />

f<strong>in</strong>ale del tempo futuro che sarà oggetto di rivelazione.<br />

15 E mentr’egli mi rivolgeva queste parole, io abbassai gli occhi al<br />

suolo, e rimasi muto.<br />

Più conforme all’ebraico: “abbassai il volto al suolo” (hfc:ra) yánfp yiTatæn natattî panaî<br />

’artzah).<br />

424 - Lettera 201, 1899, <strong>in</strong> S.D.A. Bible Commentary, p. 1173.<br />

425 - Op. cit., p. 459.<br />

326


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 327<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Il piegarsi del capo verso il basso e la perdita della favella sono i segni di<br />

un forte malessere fisico: un nuovo deliquio sta per cogliere il vecchio profeta.<br />

La forte emozione che le parole dell’angelo gli hanno procurato (“mentr’egli mi<br />

rivolgeva queste parole”) sta fiaccando la sua già provata resistenza fisica.<br />

16 Ed ecco uno che aveva sembianza d’un figliuol d’uomo, mi toccò le<br />

labbra. Allora io aprii la bocca, parlai, e dissi a colui che mi stava<br />

davanti: “Signor mio, a motivo di questa visione m’ha colto lo spasimo,<br />

e non m’è più rimasto alcun vigore.<br />

L’aspetto sfolgorante dell’angelo sembra avere avuto anch’esso un effetto debilitante<br />

sul fisico di Daniele: “Signor mio, a motivo di questa visione... non m’è più<br />

rimasto alcun vigore”, yaryic Uk:pehån h):raMaB yénodA) ’adonî bamar’âh nehefku tzirai. È<br />

improbabile che il profeta si riferisca a una delle visioni avute <strong>in</strong> precedenza,<br />

come ha congetturato qualche commentatore. Quelle visioni sono troppo lontane<br />

nel tempo perché possano ancora <strong>in</strong>fluire sulle emozioni di Daniele. La parola<br />

mar’eh ha anche il senso di “aspetto”, “apparizione” (vedi il versetto seguente),<br />

e questa è l’accezione che conviene meglio al testo <strong>in</strong> esame. E’ perciò<br />

preferibile la traduzione di G.R<strong>in</strong>aldi: “Signor mio, nell’apparizione mi <strong>in</strong>colsero<br />

questi miei dolori...” (la T.O.B. traduce <strong>in</strong> modo simile: “Monseigneur, à cause<br />

de l’apparition, des angoisses m’ont saisi...”).<br />

Solo ora Daniele può scorgere davanti a sé il suo eccezionale <strong>in</strong>terlocutore.<br />

L’angelo ha dunque velato il suo splendore straord<strong>in</strong>ario, come spiega<br />

E.G.White, 426 sì che il profeta può contemplare la sua figura simile a quella di<br />

un comune essere umano ({fdf) y¢n:B tUm:diK kidmûth benê ’adam, letteralmente:<br />

“somigliante a figli d’uomo”).<br />

Il tocco dell’angelo ha disserrato le labbra contratte di Daniele. L’uomo di<br />

Dio, quasi sul punto di svenire (“non mi è rimasto più alcun vigore”), forse balbettando<br />

si lamenta per il grande malessere che lo ha colto.<br />

17 E come potrebbe questo servo del mio signore parlare a cotesto<br />

signor mio? Poiché oramai nessun vigore mi resta, e mi manca f<strong>in</strong>o<br />

il respiro”.<br />

Con tipico stile orientale, Daniele parla all’<strong>in</strong>viato del cielo con la deferenza<br />

dovuta al suo rango, e gli spiega la ragione per la quale non aveva potuto articolare<br />

parola: le forze lo hanno quasi del tutto abbandonato al punto che egli<br />

non è stato più <strong>in</strong> grado di far funzionare con regolarità i muscoli toracici per <strong>in</strong>trodurre<br />

aria nei polmoni ed espellerla (i s<strong>in</strong>tomi del grave malessere sono descritti<br />

con precisione).<br />

426 - The Sanctified Life, Ediz. 1955, p. 52.<br />

327


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 328<br />

CAPITOLO 10<br />

“Questo servo” sulla bocca di Daniele è un riferimento a se stesso <strong>in</strong> terza<br />

persona; “mio signore” e “cotesto signor mio” sono espressioni riverenziali rivolte<br />

all’<strong>in</strong>terlocutore. L’uomo di Dio ha la lucida coscienza del grande divario di natura<br />

che esiste tra sé e l’angelo: altra è la dignità umana, altra la dignità angelica.<br />

18 Allora colui che aveva la sembianza d’uomo mi toccò di nuovo, e<br />

mi fortificò.<br />

Col precedente tocco delle labbra l’<strong>in</strong>viato di Dio aveva reso al profeta la<br />

capacità di articolare di nuovo le parole, ma la sofferenza e la grande debolezza<br />

fisica permangono. Adesso l’angelo posa ancora una volta la mano su di lui ed<br />

egli sente che le forze ritornano (“mi toccò di nuovo e mi fortificò”), come se da<br />

quel contatto egli ricevesse una carica di energia vitale. Daniele vede tuttora l’angelo<br />

nell’aspetto umano: “colui che aveva la sembianza d’uomo”, nell’orig<strong>in</strong>ale<br />

{fdf) h"):ram:K yiB bî kemar’eh ’adam, “colui che aveva apparenza d’uomo” (mar’eh<br />

appare chiaramente nell’accezione di “aspetto”, “apparenza”).<br />

19 E disse: “O uomo grandemente amato, non temere! La pace sia<br />

teco! Sii forte, sii forte”. E quand’egli ebbe parlato meco, io ripresi<br />

forza, e dissi: “Il mio signore, parli pure poiché tu m’hai fortificato”.<br />

Per la seconda volta l’<strong>in</strong>viato del Signore rivolge all’uomo Daniele il saluto affettuoso<br />

e rassicurante: “O uomo grandemente amato, non temere!” (tOdumAx $yi)<br />

)fryiT-la) ’al tîra’ ’îsh chamudôth, “non temere o uomo prediletto”, letteralmente<br />

“di predilezione”); e aggiunge l’augurio di pace: |fl {Olf$ shalôm lake, e un <strong>in</strong>coraggiamento<br />

ripetuto due volte: qæzAxáw qázAx chazaq wachazaq, che alcune versioni<br />

traducono con due verbi dist<strong>in</strong>ti “fortificati e r<strong>in</strong>francati !”.<br />

Nelle parole dell’angelo - osserva H.C.Leupold - c’è una triplice enfasi:<br />

“Non temere”, “Pace a te”, “Sii forte”, rafforzata dal saluto affettuoso già rivolto <strong>in</strong><br />

precedenza: “O uomo prediletto”. “In aggiunta al tocco fisico che fortificò il<br />

corpo - commenta questo autore - ci fu la parola confortante che fortificò il<br />

cuore e la mente” 427.<br />

L’effetto delle parole <strong>in</strong>coraggianti dell’angelo è stato immediato: il ricupero<br />

delle forze è stato rapido e completo: “E quand’egli ebbe parlato meco, io ripresi<br />

forza”. Ora Daniele è pienamente <strong>in</strong> grado di ascoltare la rivelazione che il<br />

messo celeste ha da fargli: “Il mio signore parli, perché tu mi hai fortificato”.<br />

“Animato da un forte <strong>in</strong>teresse per la rivelazione, Daniele era tanto ansioso<br />

di ascoltare quanto l’angelo di istruire” (Leupold).<br />

Il racconto particolareggiato del malessere di Daniele tra l’<strong>in</strong>terruzione e la<br />

ripresa delle spiegazioni dell’angelo, così come i ripetuti riferimenti agli <strong>in</strong>terventi<br />

di costui per mettere il profeta <strong>in</strong> condizione di ascoltare, sono <strong>in</strong>dici della<br />

estrema importanza di ciò che sta per essere rivelato al profeta.<br />

427 - H.C. LEUPOLD, op. cit., p. 463.<br />

328


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 329<br />

CAPIRE DANIELE<br />

20 Ed egli disse: “Sai tu perché io sono venuto da te? Ora me ne torno<br />

a combattere col capo della Persia; e quand’io uscirò a combattere<br />

ecco che verrà il capo di Javan.<br />

La domanda può sembrare fuori luogo, giacché il soggetto parlante aveva già<br />

dato due motivazioni alla sua venuta: una prima nel v. 12: “sono venuto a motivo<br />

delle tue parole”, e una seconda nel v. 14: “sono venuto per farti comprendere<br />

ciò che avverrà al tuo popolo”. Può anche sembrare strano che alla domanda<br />

non segua né una risposta dalla parte di chi ascolta, né una spiegazione<br />

dalla parte di chi parla. In realtà non c’è niente di strano <strong>in</strong> tutto questo.<br />

Data la condizione di crescente sofferenza e debolezza fisica dell’ascoltante,<br />

era del tutto possibile che questi non avesse potuto seguire f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo quanto<br />

gli era stato detto. Una domanda <strong>in</strong>tesa a s<strong>in</strong>cerarsene, da parte di chi ha parlato,<br />

era perciò assolutamente logica e appropriata, tanto più che a quel discorso<br />

<strong>in</strong>terrotto quasi appena <strong>in</strong>iziato doveva adesso collegarsi la rivelazione vera e<br />

propria. Un cenno di assenso dell’ascoltante può avere rassicurato l’<strong>in</strong>terrogante<br />

che adesso può riprendere tranquillamente il discorso <strong>in</strong>terrotto. L’angelo (v. 14)<br />

stava parlando della sua missione presso la corte di Persia per contrastare l’<strong>in</strong>fluenza<br />

su quella corte dell’angelo di Satana, un’<strong>in</strong>fluenza nefasta per il popolo<br />

di Daniele; e stava accennando all’<strong>in</strong>tervento risolutivo di Micael <strong>in</strong> questo conflitto<br />

ultraterreno quando ha dovuto <strong>in</strong>terrompersi per il malore che ha colto il<br />

suo <strong>in</strong>terlocutore. Ora che Daniele è <strong>in</strong> condizione di ascoltare, riprende il discorso<br />

da questo punto.<br />

Col sostegno del Pr<strong>in</strong>cipe Micael, dunque, l’estenuante confronto con l’angelo<br />

del male si era risolto felicemente, ma l’avversario, temporaneamente battuto,<br />

di certo non si darà per v<strong>in</strong>to. Urge pertanto che colui che parla a Daniele<br />

ritorni presso il re di Persia per riprendere la lotta: “Ora torno a combattere col<br />

pr<strong>in</strong>cipe di Persia”, sfrfP ra&-{i( {"xfLih:l bU$f) hfTa(ºwwe‘attah ’ashûv lehillachem ‘im<br />

sar paras 428. Chiaramente si prospetta un nuovo conflitto con l’emissario di Satana,<br />

un conflitto dest<strong>in</strong>ato a prolungarsi molto al di là del tempo nel quale Daniele<br />

riceve questa rivelazione (sui riflessi di siffatto conflitto nella storia posteriore<br />

d’Israele, vedi Ed 4: 4-5, 24; 6-23).<br />

In sostanza l’angelo rivelatore fa capire a Daniele che la lotta durerà f<strong>in</strong>ché<br />

la Persia non sarà soppiantata dalla Grecia: “e quando uscirò a combattere ecco<br />

che verrà il capo di Javan” (ossia il pr<strong>in</strong>cipe di Grecia).<br />

428 - Il testo ebraico può sembrare ambiguo, giacché la preposizione ‘im (“con”) può essere<br />

compresa sia nel senso di un’alleanza (“al fianco di”) sia nel senso di una contrapposizione<br />

(“contro”). Alla stessa <strong>in</strong>certezza può dar luogo la preposizione meta nella versione greca del<br />

passo (su meta nel senso di “<strong>in</strong>sieme con”, “accanto a” vedi Gv 1:3 e Ap 2:16). Il verbo<br />

ebraico lâchâm, “combattere”, seguito dalla preposizione ‘im, come <strong>in</strong> questo passo di Daniele,<br />

ritorna 28 volte nell’Antico Testamento col senso evidente di “combattere contro” che<br />

emerge dal contesto (cfr. De 20:4; 2Re 13:12; Gr 41:12; Dn 11:11). In Dn 10:20 lehillachem<br />

‘im ha sicuramente questo senso (vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 861).<br />

329


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 330<br />

CAPITOLO 10<br />

L’ebraico recita: )fB }æwæy-ra& h¢Nihºw )"cOy yénA)áwwa’anî yotze’ weh<strong>in</strong>neh sar yawan<br />

ba’, letteralmente: “quando uscirò, il pr<strong>in</strong>cipe di Yavan verrà” (è sott<strong>in</strong>teso<br />

“quando uscirò dal conflitto”, cioè “quando avrò abbandonato la lotta”).<br />

La Concordata rende bene il senso dell’orig<strong>in</strong>ale: “... e quando sarò uscito<br />

da questa lotta, ecco che verrà il pr<strong>in</strong>cipe di Grecia”. In sostanza l’angelo sta dicendo<br />

a Daniele che quando egli avrà abbandonato la lotta col “pr<strong>in</strong>cipe di Persia”,<br />

allora si farà avanti un altro avversario, un nuovo angelo di Satana, un sedicente<br />

protettore del regno di Grecia. È implicito che anche questi agirà sui nuovi<br />

egemoni del mondo per ostacolare il camm<strong>in</strong>o del popolo di Dio.<br />

“L’angelo - commenta il S.D.A. Bible Commentary - aveva notificato a Daniele<br />

che sarebbe tornato a riprendere la lotta contro le forze tenebrose che agivano<br />

con l’<strong>in</strong>tento di dom<strong>in</strong>are la mente del re di Persia. Poi sp<strong>in</strong>se lo sguardo<br />

nel futuro e anticipò che quando <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e egli abbandonerebbe la lotta, ne seguirebbe<br />

uno sconvolgimento nelle vicende politiche del mondo. In effetti f<strong>in</strong>ché<br />

l’angelo di Dio trattenne le forze del male <strong>in</strong>tenzionate ad esercitare il loro dom<strong>in</strong>io<br />

sul governo persiano, questo impero sussistette. Ma non appena si ritrasse<br />

l’<strong>in</strong>flusso div<strong>in</strong>o e le forze delle tenebre esercitarono il loro dom<strong>in</strong>io <strong>in</strong>contrastato<br />

su questa nazione, <strong>in</strong> breve ne seguì la rov<strong>in</strong>a. Le milizie greche condotte<br />

da Alessandro scorsero la terra e <strong>in</strong> breve volgere di tempo est<strong>in</strong>sero l’Impero<br />

Persiano.<br />

“La verità che l’angelo ha dichiarato <strong>in</strong> questo versetto illum<strong>in</strong>a la rivelazione<br />

che seguirà. La profezia successiva, la quale prospetta un susseguirsi di<br />

guerre, assume grande significato quando la si comprende alla luce di quello<br />

che l’angelo ha detto <strong>in</strong> questo punto. Mentre gli uom<strong>in</strong>i si battono tra loro per<br />

la conquista del potere terreno, al di là di siffatto scenario e nascosto agli sguardi<br />

umani, si svolge un conflitto ancora più gigantesco di cui sono un riflesso il<br />

fluire e rifluire degli eventi umani 429. Come il popolo di Dio, stando a quel che è<br />

rivelato, è protetto nel corso della sua storia travagliata descritta profeticamente<br />

da Daniele, così è certo che <strong>in</strong> questo conflitto più gigantesco, le legioni della<br />

luce prevarranno sulle forze delle tenebre” 430.<br />

21 Ma io ti voglio far conoscere ciò che è scritto nel libro della verità;<br />

e non v’è nessuno che mi sostenga contro quelli là tranne Micael vostro<br />

capo.<br />

Capitolo 11 1 E io, il primo anno di Dario, il Medo, mi tenni presso di lui<br />

per sostenerlo e difenderlo.<br />

Il passo è reso alquanto oscuro da un’<strong>in</strong>attesa <strong>in</strong>terruzione di senso fra la<br />

prima e la seconda frase. Si è supposta una lacuna testuale per tentare di dare<br />

una spiegazione al fenomeno, ma la congettura non è necessaria. Si deve anche<br />

429 - Vedi Education, p. 173.<br />

430 - S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, pp. 861-862.<br />

330


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 331<br />

CAPIRE DANIELE<br />

lamentare che una <strong>in</strong>felice divisione del testo viene a complicare ulteriormente<br />

la difficoltà. In conseguenza di questo taglio malaccorto del testo metà di un discorso<br />

cont<strong>in</strong>uativo è andata a concludere il cap. 10 e l’altra metà è andata a <strong>in</strong>trodurre<br />

il capitolo seguente.<br />

Avendo f<strong>in</strong>ora parlato del conflitto <strong>in</strong>visibile che lo ha opposto al “pr<strong>in</strong>cipe<br />

del regno di Persia”, l’angelo sembra volere adesso lasciare da parte questo discorso,<br />

che è secondario rispetto alla rivelazione capitale che ha da fargli: “Ma io<br />

ti voglio far conoscere ciò che è scritto nel libro della verità...” La straord<strong>in</strong>aria rivelazione<br />

sarà tratta dal libro di Dio che è assolutamente attendibile (“nel libro<br />

della verità”, temE) bft:kiB biktav ’emeth).<br />

H.C.Leupold osserva che l’avversativo ’aval (“nondimeno”) che apre il versetto<br />

è più forte del semplice “ma”, e aggiunge che l’uso di esso va notato <strong>in</strong><br />

quanto l’ebraico adopera di rado gli avversativi, valendosi correntemente della<br />

congiunzione waw (“e”) con funzione avversativa. Quell’’aval, <strong>in</strong>somma, sottol<strong>in</strong>eerebbe<br />

la maggiore importanza di ciò che resta da dire rispetto a ciò che è<br />

stato detto. E tuttavia è necessario aggiungere un pensiero supplementare a quel<br />

che è stato detto <strong>in</strong> merito al conflitto tra angeli, allo scopo di prevenire fra<strong>in</strong>tendimenti<br />

possibili sulla partecipazione di questi esseri celesti a siffatti conflitti. E’<br />

necessario aggiungere che un solo essere celeste, Micael, lo ha sostenuto e lo<br />

sosterrà ancora nel conflitto che <strong>in</strong>combe. Non perché il cielo se ne dis<strong>in</strong>teressi -<br />

aggiungiamo noi - ma perché le risorse congiunte di Gabriele e Micael sono più<br />

che sufficienti.<br />

Riassumendo: prima dell’annunciata rivelazione (“ti mostrerò ciò che è<br />

scritto nel libro della verità”), l’angelo torna per un momento sul discorso precedente<br />

per fare una puntualizzazione necessaria sugli angeli buoni che prendono<br />

parte al conflitto spirituale contro gli angeli cattivi.<br />

“Vostro pr<strong>in</strong>cipe”, {ek:ra& sarkem: così l’angelo caratterizza Micael parlando<br />

con Daniele. Se i regni pagani di Persia e di Grecia hanno (e avranno) un protettore<br />

fraudolento nella persona di un angelo <strong>in</strong>fernale, Israele è posto sotto la tutela<br />

dell’augusto Pr<strong>in</strong>cipe del cielo.<br />

Alludendo alla lotta tuttora <strong>in</strong> corso, l’angelo identifica l’avversario con un<br />

pronome al plurale: heL") ’elleh, “costoro”. Egli aveva detto a Daniele che f<strong>in</strong>ita la<br />

lotta contro il “pr<strong>in</strong>cipe di Persia”, subentrerebbe nel conflitto il “pr<strong>in</strong>cipe di Grecia”.<br />

L’avere Gabriele usato il pronome plurale <strong>in</strong> riferimento alla parte avversa<br />

<strong>in</strong> un conflitto che non è f<strong>in</strong>ito, implica che egli combatterà anche contro il venturo<br />

“pr<strong>in</strong>cipe di Grecia” ed avrà ancora il sostegno di Micael.<br />

A questo punto l’emissario del cielo volge verso il passato l’attenzione del<br />

suo attento <strong>in</strong>terlocutore, gli rivela che egli ha già svolto un’azione di sostegno<br />

verso un leader terreno, presumibilmente anche <strong>in</strong> quell’occasione per proteggere<br />

i santi del Signore: “il primo anno di Dario il Medo, mi tenni presso di lui per sostenerlo<br />

e per difenderlo”; difenderlo da chi se non da uno spirito malvagio?<br />

Era anche il primo anno di Ciro, il fatto risale dunque a due anni prima.<br />

Grammaticalmente l’espressione “presso di lui”, yid:mf(‘amdî, come pure le<br />

voci verbali “per sostenerlo e per difenderlo”, zO(fm:lU qyézAxam:l lemachazîq<br />

ulema‘ôz”, possono riferirsi tanto a Dario il Medo quanto a Micael menzionato<br />

331


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 332<br />

CAPITOLO 10<br />

prima di Dario. Ma la logica richiede che il riferimento sia al primo <strong>in</strong> quantochè<br />

il Pr<strong>in</strong>cipe Micael non può avere avuto bisogno del sostegno e della protezione<br />

di un angelo.<br />

Nel cap. 6 del suo libro Daniele ci ragguaglia su un pericolo mortale che ha<br />

corso sotto il regno di Dario il Medo.<br />

Se questo personaggio, come è assai verosimile, si identifica con Ugbaru, il<br />

generale di Ciro e conquistatore di Babilonia (vedi il commento di 6:1), la sua<br />

reggenza come re-vassallo di Babilonia non durò più di 14 mesi. L’episodio<br />

drammatico che ha avuto per protagonista Daniele (6:11-17), si svolse nel corso<br />

di quei 14 mesi, vale a dire nello stesso periodo di tempo <strong>in</strong> cui l’angelo celeste<br />

si tenne presso Dario il Medo “per sostenerlo e difenderlo” (11:1).<br />

Non pare azzardata l’ipotesi che dietro l’emozionante vicenda di Daniele ci<br />

sia stato un angelo di satana, vero istigatore del complotto contro il profeta; e<br />

che all’orig<strong>in</strong>e del ribaltamento della situazione ci sia stato il prevalere dell’angelo<br />

di luce sull’angelo delle tenebre. Forse non fu a caso che <strong>in</strong> quel medesimo<br />

scorcio di tempo (9:1) Daniele ricevette la splendida rivelazione delle settanta<br />

settimane.<br />

332


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 333<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Capitolo 11<br />

_________________________________________________________________<br />

In questo capitolo è esposta la rivelazione annunciata all’<strong>in</strong>izio del capitolo precedente<br />

(una “parola verace” che “predice una gran lotta”, 1:1). La rivelazione<br />

comunque mira a far conoscere a Daniele “ciò che avverrà” al suo popolo “negli<br />

ultimi giorni” (v. 14). Nel corso di essa apparirà chiaro che nella “gran lotta” il<br />

popolo di Dio sarà co<strong>in</strong>volto suo malgrado.<br />

La profezia prospetta un <strong>in</strong>cessante seguito di conflitti che vedranno contrapposti<br />

due forti avversari denom<strong>in</strong>ati <strong>in</strong> modo generico e univoco “il re del<br />

Sud” e “il re del Nord”. Poiché i contrasti violenti cui darà luogo la loro rivalità si<br />

prolungheranno “s<strong>in</strong>o al tempo della f<strong>in</strong>e” (vv. 35 e 40), è naturale che le parti<br />

che vi svolgeranno un ruolo di primo piano avranno un’identità sempre diversa<br />

nel decorrere del tempo, pur se l’angelo le designa <strong>in</strong>variabilmente alla stessa maniera<br />

(“il re del Sud” e “il re del Nord”).<br />

Con gli <strong>in</strong>fausti avvenimenti predetti s’<strong>in</strong>trecceranno le vicende del popolo di<br />

dio <strong>in</strong> certi momenti della sua storia futura e grave pregiudizio ne verrà alle sue<br />

sacre istituzioni: sarà vilipeso “il patto santo” (vv. 28 e 30) e sarà profanato “il<br />

santuario” e il suo tamîd (v. 31). Prospettive funeste che sembrano echeggiare le<br />

attività devastanti del “piccolo corno” descritte nei capitoli 7 e 8. E non fa meraviglia,<br />

giacché questa rivelazione ricalca <strong>in</strong> generale gli schemi delle visioni narrate<br />

<strong>in</strong> quei due capitoli.<br />

Il percorso storico del<strong>in</strong>eato <strong>in</strong> questa proiezione profetica si apre con un rapido<br />

colpo d’occhio sulla <strong>in</strong>iziale successione d<strong>in</strong>astica nel regno di Persia e prosegue,<br />

dopo un salto di parecchi decenni, con uno sguardo alla Grecia <strong>in</strong>vitta di<br />

Alessandro Magno e al suo dividersi <strong>in</strong> quattro regni m<strong>in</strong>ori dopo la scomparsa<br />

del Macedone. La rassegna profetica entra qu<strong>in</strong>di nel cuore della futura vicenda<br />

storica descrivendo le guerre <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abili fra i Làgidi d’Egitto e i Seleucidi di Siria,<br />

e <strong>in</strong> questo susseguirsi convulso di vicende violente emerge a un certo punto e<br />

dom<strong>in</strong>a la scena profetica un personaggio spregevole che i più identificano col re<br />

di Siria Antioco Epifane e pochi altri con l’Anticristo f<strong>in</strong>ale o con una figura di<br />

anticristo storico. F<strong>in</strong>almente la lunga sequela di conflitti sbocca e si conclude <strong>in</strong><br />

una scena tumultuosa <strong>in</strong> cui non pochi commentatori hanno scorto gli eventi del<br />

tempo della f<strong>in</strong>e.<br />

La rivelazione ha il suo epilogo <strong>in</strong> un annuncio confortante e liberatorio per<br />

il popolo santo -l’annuncio della sua salvezza escatologica (12:1-3) - agognato<br />

compenso alle dolorose peripezie che ne avranno segnato il camm<strong>in</strong>o storico.<br />

Sul cap. 11 di Daniele, se f<strong>in</strong>o al v. 20 regna fra gli espositori una sostanziale<br />

convergenza, riguardo al resto c’è una notevole disparità di vedute. I libe-<br />

333


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 334<br />

CAPITOLO 11<br />

rali vi identificano, s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e del capitolo, la figura storica di Antioco Epifane<br />

(è un punto di vista non recente e non orig<strong>in</strong>ale giacché, come si è detto altrove<br />

<strong>in</strong> questo commentario, esso ricalca - e non solo qui - un’op<strong>in</strong>ione (quella del<br />

neoplatonico Porfirio) vecchia di quasi diciotto secoli. Sia pure con qualche variante,<br />

questa è <strong>in</strong> generale la scelta <strong>in</strong>terpretativa della maggioranza dei commentatori<br />

contemporanei di Daniele.<br />

Gli antichi <strong>in</strong>terpreti della Chiesa - dei quali si fece portavoce Girolamo nel<br />

suo commentario - videro nella parte centrale di questo cap. 11 “l’Anticristo che<br />

verrà alla f<strong>in</strong>e del tempo”, seppure adombrato tipologicamente nella figura peraltro<br />

secondaria di Antioco IV.<br />

Nel tempo attuale gli espositori conservatori di Daniele ammettono <strong>in</strong> generale<br />

la presenza di Antioco nel cap. 11, ma gli assegnano un ruolo limitato.<br />

Alcuni soltanto come personaggio storico, altri come figura storica e nel contempo<br />

tipo dell’Anticristo f<strong>in</strong>ale. Altri <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e - e fra questi i nostri - scorgono nella<br />

figura dom<strong>in</strong>ante della seconda metà del capitolo un anticristo storico, come si è<br />

accennato sopra. Si deve comunque dire che fra gli <strong>in</strong>terpreti avventisti di Daniele<br />

non c’è stata e tuttora non c’è una completa identità di vedute riguardo al<br />

punto del cap. 11 a partire dal quale si dovrebbe identificare l’Anticristo storico<br />

(ne riparleremo nel corso del commento). Intanto, a titolo di esemplificazione, riportiamo<br />

di seguito, <strong>in</strong> una s<strong>in</strong>tesi schematica, i pareri di 4 autori contemporanei<br />

sull’identità dei personaggi storici ai quali alluderebbe Daniele <strong>in</strong> questo capitolo<br />

undicesimo del suo libro.<br />

GIOVANNI RINALDI (cattolico):<br />

v. 2: i re di Persia<br />

vv. 3 e 4: Alessandro Magno e i Diadochi<br />

v. 5: Tolomeo I Sotere e Seleuco I Nicatore<br />

v. 6: Tolomeo II Filadelfo, Antioco I Sotere e Antioco II Theo<br />

v. 7: Tolomeo III Evergete, Seleuco II Call<strong>in</strong>ico, Seleuco III Cerauno<br />

v. 10: Antioco III il Grande e Tolomeo IV Filopatore<br />

v. 14: Tolomeo IV Epifane<br />

v. 20: Seleuco IV Filopatore, Tolomeo VI Filometore<br />

vv. 21-39: Antioco IV Epifane<br />

vv. 40-45: tempo della f<strong>in</strong>e (sulla l<strong>in</strong>ea di alcuni Padri)<br />

GIUSEPPE BERNINI (cattolico):<br />

334<br />

v. 2: i re persiani<br />

vv. 3 e 4: Alessandro il Grande<br />

v. 5: Tolomeo I Sotere e Seleuco I Nicatore<br />

v. 6: Tolomeo II Filadelfo, Berenice sua figlia e Antioco II Theo<br />

v. 7: Tolomeo III Evergete e Seleuco II Call<strong>in</strong>ico<br />

v. 8: Seleuco II Call<strong>in</strong>ico<br />

v. 9: <strong>in</strong>certo


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 335<br />

v. 10: Antioco III il Grande<br />

v. 11: Antioco III il Grande e Tolomeo IV Filopatore<br />

v. 12: Tolomeo IV Filopatore e Antioco III il Grande<br />

v. 14: Antioco III il Grande<br />

vv. 15 e 16: ancora Antioco III il Grande<br />

v. 17: Antioco III il Grande, sua figlia Cleopatra e Tolomeo V Epifane<br />

v. 18: Antioco III e il romano Cornelio Scipione<br />

vers. 19: f<strong>in</strong>e di Antioco III<br />

v. 20: Seleuco IV Filopatore ed il suo tesoriere Eliodoro<br />

vv. 21-45: Antioco IV Epifane<br />

vv. 36-45: eventi della f<strong>in</strong>e<br />

HERBERT C. LEUPOLD (evangelico):<br />

CAPIRE DANIELE<br />

FUTURO PROSSIMO: ALLEANZE E CONFLITTI FRA EGITTO E SIRIA (vv. 2-35)<br />

vv. 2-4: preambolo storico<br />

vv. 5-6: Tolomeo Lago, Tolomeo Filadelfo, Antioco Theo<br />

vv. 7-9: Tolomeo Evergete, Seleuco Call<strong>in</strong>ico<br />

vv. 10-19: Seleuco III Cerauno, Antioco III il Grande<br />

v. 20: Seleuco IV Filopatore<br />

vv. 31-35: Antioco IV Epifane<br />

FUTURO PIU’ REMOTO: L’ANTICRISTO E SUA DISFATTA E DISTRUZIONE<br />

(11:36 - 12:3)<br />

vv. 36-39: politica e successi apparenti dell’Anticristo<br />

vv. 40-45: ultime fortune e f<strong>in</strong>e dell’Anticristo<br />

2 E ora ti farò conoscere la verità. Ecco, sorgeranno ancora <strong>in</strong> Persia<br />

tre re; poi il quarto diventerà molto più ricco di tutti gli altri; e<br />

quando sarà diventato forte per le sue ricchezze, solleverà tutti contro<br />

il regno di Javan.<br />

Ora che Daniele ha ricuperato le sue forze ed è <strong>in</strong> grado di tenersi <strong>in</strong> piedi davanti<br />

all’angelo e di ascoltarlo, questi gli farà conoscere “la verità” (ebr. íemeth)<br />

o, come aveva detto prima (10:21), “ciò che è scritto nel libro della verità”, vale a<br />

dire gli eventi non ancora accaduti che sono registrati nel libro di Dio e che con<br />

<strong>in</strong>fallibile certezza si realizzeranno (è <strong>in</strong> questo senso, cioè nel senso di qualcosa<br />

che avverrà con assoluta sicurezza, che devesi <strong>in</strong>tendere la “verità” che il messaggero<br />

di Dio si appresta a svelare al profeta).<br />

La rivelazione esordisce con un accenno alla successione d<strong>in</strong>astica nel regno<br />

di Persia per i prossimi decenni: “Ecco, sorgeranno ancora <strong>in</strong> Persia tre re;<br />

poi il quarto diventerà molto più ricco di tutti gli altri...”. Sulla identità di questi<br />

regnanti i pareri dei commentatori non sono concordi, ma i più vi ravvisano gli<br />

335


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 336<br />

CAPITOLO 11<br />

immediati successori di Ciro 431 e noi siamo su questa l<strong>in</strong>ea. Quando Daniele ricevette<br />

questa rivelazione, da un paio d’anni regnava sulla Persia Ciro il Grande.<br />

I tre primi successori furono suo figlio Cambise II (529-522 a.C.), l’usurpatore<br />

Gaumata, o pseudo Smerdis (522) e Dario I figlio di Istaspe, restauratore della<br />

d<strong>in</strong>astia (522-585). Il quarto fu Serse I il Grande, figlio di Dario I (485-465). Noi<br />

propendiamo per questo ord<strong>in</strong>e di successione pr<strong>in</strong>cipalmente per il fatto che<br />

nessuno dei re persiani risponde quanto Serse I alla descrizione del quarto re<br />

fatta dall’angelo: “poi il quarto diventerà molto più ricco di tutti gli altri; e<br />

quando sarà diventato forte per le sue ricchezze, solleverà tutti contro il regno di<br />

Javan”.<br />

Sullo splendore della corte imperiale di Serse <strong>in</strong> Susa ha un accenno il libro<br />

di Ether <strong>in</strong> 1:1-7 dove questo personaggio eccentrico compare col nome ebraicizzato<br />

di Assuero. D’altronde è nota alla storia l’opulenza eccezionale dei re di<br />

Persia. Secondo la tradizione greca Alessandro s’impadronì dei 40.000 talenti<br />

d’oro (pari a 1200 tonnellate!) del tesoro dei re di Persia quando conquistò Susa.<br />

E ancora quantità <strong>in</strong>genti di oro portò via dalle altre città reali persiane 432.<br />

Erano tali le ricchezze di Serse che quand’egli condusse la poderosa e dispendiosissima<br />

spedizione militare del 480 a.C. contro la Grecia, secondo quanto<br />

narra Erodoto (VII. 29, 30), non solo rofiutò l’offerta che gli fece un uomo di Lidia<br />

- un cero Pitio - del suo tesoro privato per concorrere alle <strong>in</strong>genti spese di<br />

guerra, ma egli stesso fece dono al generoso ospite lidio di 7000 statèri d’oro per<br />

accrescere quel suo patrimonio.<br />

Ancor più il riferimento dell’angelo rivelatore a una grande campagna militare<br />

contro la Grecia ci sembra avvalorare l’identificazione con Serse il Grande<br />

del quarto re che “solleverà tutti contro il regno di Javan”.<br />

Riguardo alla dimensione dell’esercito mobilitato da Serse per conquistare<br />

la Grecia, lo storico di Alicarnasso dice: “A qual numero ascendesse il cont<strong>in</strong>gente<br />

di soldati che formavano i s<strong>in</strong>goli popoli, non posso dire con esattezza<br />

(...) ma nel suo <strong>in</strong>sieme l’esercito di terra risultò di 1.700.000 unità” (VII. 60). Anche<br />

se la cifra appare esagerata, è comunque certo che quella di Serse fu un’armata<br />

di tutto rispetto 433.<br />

I soldati provenivano dalle contrade più disparate dell’Asia e del Bac<strong>in</strong>o<br />

orientale del Mediterraneo: Erodoto (VII. 72-80) annovera ben 43 etnie, senza<br />

contare i persiani e le popolazioni isolane. Verso le sponde della Grecia veleggiò<br />

nel contempo una flotta di 1207 triremi che avevano fornito al Gran Re i fe-<br />

431 - Così già Girolamo nel suo commentario (vedi su 11:2). Quanto ai contemporanei, cfr.<br />

S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 864; G. RINALDI, Daniele, p. 141; H.C.LEUPOLD, Exposition of<br />

Daniel, pp. 476-477; A.C.GAEBELEIN, Il profeta Daniele, p. 181.<br />

432 - Cfr. ALAN MILLARD, Archeologia e Bibbia, p. 142.<br />

433 - Gli storici moderni valutano a circa 200.000 il numero dei combattenti dell’esercito di<br />

Serse il Grande <strong>in</strong> questa circostanza<br />

336


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 337<br />

CAPIRE DANIELE<br />

nici, i siri, gli egiziani, i ciprioti, i cilici, i dori asiatici, i carii, gli ionii, gli eoli e gli<br />

abitanti delle isole e dell’Ellesponto. Al seguito della flotta da battaglia navigarono<br />

3000 imbarcazioni da carico fra grandi e piccole per trasportare i cavalli e<br />

le vettovaglie” (ibidem, VII. 89-97).<br />

Come non scorgere la realizzazione storica della profezia - “solleverà tutti<br />

contro il regno di Javan”- <strong>in</strong> questa forza poderosa e multietnica lanciata contro<br />

le città libere della Grecia ? L’esito della spedizione fu disastroso per i Persiani,<br />

come ci hanno tramandato gli storici antichi, ma questo andava al di là degli<br />

scopi della profezia, perciò essa non vi accenna. Il riferimento <strong>in</strong>iziale ai re di<br />

Persia era un elemento marg<strong>in</strong>ale della rivelazione; esso serviva solo da preambolo<br />

agli sviluppi successivi.<br />

3 Allora sorgerà un re potente, che eserciterà un gran dom<strong>in</strong>io e<br />

farà quel che vorrà.<br />

In questo re potente (ebr. rOBiG \elem melek gibbor, “re guerriero”), <strong>in</strong> questo conquistatore<br />

e dom<strong>in</strong>atore universale (“eserciterà un gran dom<strong>in</strong>io”) e autocratico<br />

(“farà quel che vorrà”) non è difficile scorgere <strong>in</strong> trasparenza la figura di Alessandro<br />

Magno. Lasciati dunque da parte i re di Persia, il rivelatore passa al regno di<br />

Grecia che ha già <strong>in</strong>trodotto alla f<strong>in</strong>e del versetto precedente.<br />

Può suscitare perplessità questa transizione repent<strong>in</strong>a dal tempo di Serse I<br />

all’epoca di Alessandro il Macedone, sorvolandosi su 135 anni di storia persiana<br />

nei quali 8 d<strong>in</strong>asti si succedettero sul trono degli Achenemidi: Artaserse I Longimane<br />

(465-423 a.C.), Serse II (423), Sogdiano (423), Dario II Noto (423-405), Artaserse<br />

II Memnone (405-359), Artaserse III Ocho (359-338), Arsete (438-436),<br />

Dario III Codomano (336-330).<br />

Ma a ben riflettere sulla condizione della Persia dopo Serse I, la circostanza<br />

appare meno sorprendente di quanto non sembri a prima vista. Dopo le disastrose<br />

sconfitte di Salam<strong>in</strong>a e di Platea nel 480 a.C. e nell’anno seguente, la Persia<br />

non fu più quella di prima. Iniziò per essa un decl<strong>in</strong>o che venne accentuandosi<br />

sotto i sovrani sempre più deboli e <strong>in</strong>etti che la governarono, f<strong>in</strong>o al collasso<br />

def<strong>in</strong>itivo nel 330 a.C.<br />

Può ben essere questa la ragione per la quale dopo Serse il Grande la Persia<br />

esce dalla visuale profetica e ad essa subentra la Grecia che l’ha umiliata ed<br />

ha spezzato per sempre ogni sua velleità di espansione territoriale.<br />

4 Ma quando sarà sorto, il suo regno sarà <strong>in</strong>franto, e sarà diviso<br />

verso i quattro venti del cielo; esso non apparterrà alla progenie di<br />

lui, né avrà una potenza pari a quella che aveva lui; giacché il suo<br />

regno sarà sradicato e passerà ad altri; non ai suoi eredi.<br />

Sembra di poter cogliere nella laconicità di questa sentenza profetica una premonizione<br />

sulla durata effimera dell’impero di Alessandro. In effetti questo si disgregò<br />

una vent<strong>in</strong>a d’anni dopo la morte prematura del suo fondatore, quando<br />

quattro generali del Macedone se ne spartirono l’immenso territorio.<br />

337


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 338<br />

CAPITOLO 11<br />

Nel cap. 7 questa circostanza è stata anticipata con la figura di 4 teste sul<br />

corpo di un leopardo che rappresentava appunto la Grecia, e nel cap. 8 col simbolo<br />

di 4 corna spuntate sulla fronte di un capro (immag<strong>in</strong>e dell’Impero macedone)<br />

dopo che era caduto un s<strong>in</strong>golo grande corno (figura di Alessandro).<br />

Nel cap. 11 tale evento è preannunciato per la terza volta e stavolta non più<br />

<strong>in</strong> simboli ma con l<strong>in</strong>guaggio chiaro: “il suo regno (il regno di Alessandro) sarà<br />

<strong>in</strong>franto, e sarà diviso verso i quattro venti del cielo” (ritorna l’espressione “verso<br />

i quattro venti del cielo” già apparsa <strong>in</strong> 8:8, cfr. il commento di 7:6 e di 8:20-22).<br />

In 11:4 si sentenzia, come già era stato detto <strong>in</strong> 8:22 u.p., che i regni sorti dalla<br />

disgregazione dell’impero non avrebbero avuto la forza di quello. In effetti nessuno<br />

dei regni ellenistici eguagliò mai l’impero unito sotto la guida di Alessandro<br />

per la forza travolgente delle sue armate.<br />

In questo versetto del cap. 11 compare un dettaglio riguardo al trapasso<br />

della sovranità nell’impero greco che manca nella profezia parallela del capitolo<br />

ottavo: si dice che il dom<strong>in</strong>io passerebbe <strong>in</strong> altre mani e non <strong>in</strong> quelle dei diretti<br />

discendenti del re potente mentovato nel versetto che precede. Fu esattamente<br />

quello che avvenne nella Storia. Non il figlio di Alessandro, non il fratello raccolsero<br />

l’eredità del Macedone, ma i suoi generali.<br />

5 E il re del mezzogiorno diventerà forte; ma uno dei suoi capi diventerà<br />

più forte di lui, e dom<strong>in</strong>erà; e il suo dom<strong>in</strong>io sarà potente.<br />

Un ulteriore repent<strong>in</strong>o cambio di scena si verifica nel panorama profetico. Si affacciano<br />

ora per la prima volta, alla ribalta della Storia, due nuove figure denom<strong>in</strong>ate<br />

<strong>in</strong> modo generico “il re del mezzogiorno” l’una, e “il re del settentrione”<br />

l’altra (nel versetto seguente): sono designazioni stereotipe di personaggi realmente<br />

comparsi nella storia.<br />

Secondo un’<strong>in</strong>terpretazione condivisa da un gran numero di commentatori,<br />

sotto la prima designazione si nascondono i regnanti tolemaici che si succedettero<br />

sul trono dell’Egitto (il “mezzogiorno”) f<strong>in</strong>o a Tolomeo VII Fiscone, e sotto<br />

la seconda i re seleucidi che regnarono sul trono di Siria (il “settentrione”) f<strong>in</strong>o<br />

ad Antioco IV Epifane. Tale <strong>in</strong>terpretazione è stata rifiutata <strong>in</strong> tutto o <strong>in</strong> parte da<br />

altri espositori.<br />

Questo commentario da qui s<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e del capitolo si atterrà <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea di<br />

massima all’esposizione del Seventh-day Adventist Bible Commentary e ad essa<br />

farà seguire un’<strong>in</strong>terpretazione alternativa <strong>in</strong> parte divergente.<br />

“Il re del mezzogiorno”: questo riferimento spaziale (il mezzogiorno) e l’altro<br />

contrapposto nel versetto seguente (il settentrione) sono determ<strong>in</strong>ati <strong>in</strong> rapporto<br />

alla posizione geografica della Palest<strong>in</strong>a. Un testo sud-arabico (Glaser<br />

1155) che <strong>in</strong>forma su un conflitto tra la Persia e l’Egitto chiama rispettivamente<br />

“signore del nord” e “signore del sud” i sovrani dei due paesi.<br />

Il “re del mezzogiorno” a cui si fa riferimento <strong>in</strong> questo versetto è Tolomeo<br />

I Lago soprannom<strong>in</strong>ato Soter (“salvatore”). Già generale di Alessandro poi satrapo<br />

d’Egitto dalla morte del Macedone, Tolomeo assunse <strong>in</strong> proprio la reggenza<br />

di questo paese nel 306 a.C. e la tenne f<strong>in</strong>o alla morte avvenuta nel 283.<br />

338


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 339<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Egli fu il capostipite della d<strong>in</strong>astia dei Lagidi o tolemaica che governò l’Egitto<br />

f<strong>in</strong>o alla conquista romana nel 30 a.C.<br />

“Uno dei suoi capi”, ebr. sarîm, “capi militari”: è Seleuco I Nicatore,<br />

anch’egli generale di Alessandro. Costretto nel 316 da Antigono Monoftalmo (altro<br />

comandante militare del gran re scomparso) a lasciare Babilonia dove si era<br />

<strong>in</strong>stallato f<strong>in</strong> dal 321, Seleuco trovò amichevole accoglienza presso Tolomeo di<br />

cui divenne un ufficiale subalterno. Nel 312, con l’appoggio di Tolomeo, Seleuco<br />

sconfisse a Gaza Demetrio, figlio di Antigono. Poco tempo dopo riprese possesso<br />

della Babilonide e nel 305 si autoproclamò re di gran parte del settore<br />

asiatico di quello che era stato lo sterm<strong>in</strong>ato impero di Alessandro.<br />

“... ma uno dei suoi capi diventerà più forte di lui”. Il riferimento è ancora a<br />

Seleuco Nicatore. Dopo avere consolidato il suo dom<strong>in</strong>io sui territori dell’Est, effettivamente<br />

Seleuco divenne più forte di Tolomeo. Secondo lo storico Arriano,<br />

Seleuco Nicatore fu “il più grande dei re che succedettero ad Alessandro, fu la<br />

mente più sagace e regnò sul territorio più vasto dopo quello di Alessandro” 434.<br />

Alla sua morte avvenuta nel 280 a.C., i domìni sui quali egli aveva regnato si<br />

estendevano dall’Ellesponto f<strong>in</strong>o al nord dell’India.<br />

6 E alla f<strong>in</strong>e di vari anni, essi faranno lega assieme; e la figliuola del<br />

re del mezzogiorno verrà al re del settentrione per fare un accordo;<br />

ma essa non potrà conservare la forza del proprio braccio, né quegli<br />

e il suo braccio potranno resistere; e lei e quelli che l’hanno condotta,<br />

e colui che l’ha generata, e colui che l’ha sostenuta per un<br />

tempo, saran dati alla morte.<br />

“E alla f<strong>in</strong>e di vari anni...”, ebraico: {yénf$ j"q:lU ûlqetz shanîm, letteralmente: “e al<br />

term<strong>in</strong>e di anni”. Dopo la scomparsa di Seleuco I Nicatore nel 281 a.C., Egitto e<br />

Siria vennero a conflitto per il controllo della Celesiria, una regione fra il Libano<br />

e l’Antilibano (l’odierna Valle della Beqa). La guerra fra Tolomeo II Filadelfo e<br />

Antioco I Sotere com<strong>in</strong>ciò nel 275 e f<strong>in</strong>ì nel 272 con la vittoria delle forze egiziane.<br />

Così la Celesiria e le coste mediterranee della penisola anatolica passarono<br />

sotto la sovranità dell’Egitto. Qualche tempo dopo però Antioco II Theo, figlio<br />

e successore di Antioco I, occupò le città e i porti mediterranei dell’Anatolia.<br />

“... e la figliola del re del mezzogiorno verrà al re del settentrione per fare<br />

una lega...” Per la prima volta compare <strong>in</strong> Dn 11 l’espressione “il re del settentrione”,<br />

qui riferita, secondo il nostro parere, ad Antioco II Theo. Tolomeo II,<br />

oramai avanti negli anni, per prevenire un ulteriore colpo di mano del suo avversario<br />

sulla Celesiria, pensò bene di accordarsi con lui. La pace fra i due sovrani<br />

fu suggellata da un matrimonio di Stato. Berenice, figlia di Tolomeo Filadelfo<br />

(“il re del mezzogiorno”) andò <strong>in</strong> sposa ad Antioco Theo dopo che questi<br />

ebbe ripudiato la prima moglie (e sorella) Laodice ed escluso dalla successione<br />

al trono il primogenito di lei Seleuco.<br />

434 - Anabasi di Alessandro, VII. 22, da S.D.A. Bible Commentary, vol. VII, p. 866.<br />

339


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 340<br />

CAPITOLO 11<br />

“... ma essa non potrà conservare la forza del proprio braccio...” (ebr.: a(OrºZah<br />

axOK roc:(at-)olºw welo’ ta‘tzor kôach hazzerôa‘, “ma ella non riterrà la forza del suo<br />

braccio...”). Dopo che nacque un figlio alla nuova coppia ci fu una riconciliazione<br />

fra Antioco e Laodice. In seguito Antioco morì repent<strong>in</strong>amente, sembra avvelenato<br />

da Laodice.<br />

“... né quegli né il suo braccio potranno resistere...” (ebr.: O(orºzU domA(áy )olºw<br />

welo’ ya’amod uzro‘ô, letteralmente: “e non resisterà il suo braccio...”. Varie versioni<br />

antiche (Teodozione, Simmaco, Vulgata) con un semplice cambio di vocali<br />

hanno letto: “e non sussisterà il suo seme”, ovvero la sua discendenza 435. Sta di<br />

fatto che Laodice, dopo la morte di Antioco, fece assass<strong>in</strong>are il figlio nato da<br />

quest’ultimo e da Berenice.<br />

“... e lei, e quelli che l’hanno condotta, e colui che l’ha generata; e colui<br />

che l’ha sostenuta per un tempo saran dati alla morte” (ebr.: {yiTi(fB HfqézAxamU Hfd:loYahºw<br />

fhye)yib:mU )yih }"tæNitºw weth<strong>in</strong>nathen hi’ umvî’eyhâ wehayyoldah umachaziqâh<br />

ba‘iththîm, lett.: “e sarà data (a morte) lei e il suo seguito e il suo genitore e colui<br />

che l’avrà sostenuta <strong>in</strong> quel tempo”). Laodice fece mettere a morte la rivale<br />

Berenice e con lei il figlio e le ancelle che l’avevano seguita <strong>in</strong> Siria. La parola<br />

ebraica yoldah secondo la tradizione masoretica significa “colui che l’ha generata”.<br />

Tolomeo II morì <strong>in</strong> Egitto dopo gli eventi funesti accaduti <strong>in</strong> Siria. Non si<br />

capisce perché la sua f<strong>in</strong>e sia fatta risalire a Laodice. Un semplice cambio di vocali<br />

consentirebbe di leggere il term<strong>in</strong>e ebraico: “colui che ella ha generato”.<br />

Così traducono varie versioni moderne. Per esempio la TOB: “son enfant”, la<br />

Concordata: “suo figlio”, la CEI: “il figlio”.<br />

La frase f<strong>in</strong>ale: “colui che l’ha sostenuta <strong>in</strong> quel tempo”, si riferisce probabilmente<br />

ad Antioco Theo.<br />

La seconda parte del versetto nel testo della CEI ci sembra più chiara che <strong>in</strong><br />

altre versioni: “... e non resisterà né lei né la sua discendenza e sarà condannata<br />

a morte <strong>in</strong>sieme coi suoi seguaci, il figlio e il marito”. In def<strong>in</strong>itiva il passo dice<br />

che per volere di Laodice sarebbero periti Berenice, il suo seguito egiziano, suo<br />

figlio e suo marito.<br />

7 E uno de’ rampolli delle sue radici sorgerà a prendere il posto di<br />

quello; esso verrà all’esercito, entrerà nelle fortezze del re di settentrione,<br />

verrà alle prese con quelli, e rimarrà vittorioso;<br />

L’ebraico dice lett.: “Sorgerà un germoglio dalle sue radici al posto suo...” (ONaK<br />

fhye$frf$ rec¢Nim damf(ºwwe‘amad m<strong>in</strong>netzer sharasheyah kannô...).<br />

Il “germoglio” è Tolomeo III Evergete figlio di Tolomeo II Filadelfo (“dalle<br />

sue radici”) e fratello della assass<strong>in</strong>ata Berenice.<br />

“...verrà all’esercito (cioè marcerà contro l’esercito), entrerà nelle fortezze<br />

del re del settentrione...” Salito al trono d’Egitto alla morte del padre nel 246<br />

435 - Cfr. G.RINALDI, op. cit., apparato critico a p. 142.<br />

340


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 341<br />

CAPIRE DANIELE<br />

a.C., Tolomeo III si precipitò con le sue truppe <strong>in</strong> Siria per salvare la sorella, ma<br />

vi giunse troppo tardi. Per vendicarla scorrazzò attraverso i vasti territori del regno<br />

seleucida, si sp<strong>in</strong>se f<strong>in</strong>o a Babilonia e nella Battriana, occupò la Cilicia e la<br />

città di Seleucia (la “fortezza del re del settentrione”, identificato col giovane Seleuco<br />

II Call<strong>in</strong>ico figlio di Laodice e di Antioco II Theo).<br />

8 e menerà anche <strong>in</strong> cattività <strong>in</strong> Egitto i loro dèi, con le loro immag<strong>in</strong>i<br />

fuse e coi loro preziosi arredi d’argento e d’oro; e per vari anni si<br />

terrà lungi dal re del settentrione.<br />

La menzione dell’Egitto chiarisce al di là di ogni dubbio quale sia il paese dove<br />

regna il re del mezzogiorno. Tolomeo Evergete rientrò <strong>in</strong> Egitto con un vistoso<br />

bott<strong>in</strong>o: vi figuravano anche le statue dei faraoni ricuperate <strong>in</strong> Babilonia dove le<br />

avevano portate i Persiani.<br />

Il Decreto di Canopo (239/238 a.C.) così loda Tolomeo III. “E le sacre immag<strong>in</strong>i<br />

che i persiani avevano portato via dal paese il re ricuperò, avendo egli<br />

condotto una spedizione <strong>in</strong> terra straniera, e le riportò <strong>in</strong> Egitto e le rimise nei<br />

templi dai quali ognuna di esse era stata trafugata” 436.<br />

Scrive Girolamo nel suo commentario che Tolomeo III “saccheggiò il regno<br />

di Seleuco e ne asportò quarantamila talenti d’argento oltre a duemilac<strong>in</strong>quecento<br />

vasi preziosi e statue di dèi, fra cui si trovavano anche quei pezzi che<br />

Cambise dopo la conquista dell’Egitto aveva portato <strong>in</strong> Persia” (su Dn 11:7).<br />

“...e per vari anni si terrà lungi dal re del settentrione”, più chiara la versione<br />

della C.E.I.:”... per qualche anno si asterrà dal contendere col re del settentrione”.<br />

Negli ultimi anni di regno (morì nel 221 a.C.) Tolomeo III non fu impegnato<br />

<strong>in</strong> attività belliche di una qualche importanza.<br />

9 E questi marcerà contro il re del mezzogiorno, ma tornerà nel proprio<br />

paese.<br />

“Questi” è il re del settentrione, Seleuco II Call<strong>in</strong>ico. Ristabilita la propria autorità<br />

sulle terre del suo vasto regno che si erano sottomesse a Tolomeo Evergete, il<br />

Call<strong>in</strong>ico <strong>in</strong>torno al 242 marciò contro l’Egitto puntando su una riv<strong>in</strong>cita per ricuperare<br />

i tesori perduti ed il prestigio compromesso, ma sconfitto da Tolomeo III<br />

dovette tornarsene <strong>in</strong> Siria a mani vuote.<br />

10 E i suoi figliuoli entreranno <strong>in</strong> guerra, e raduneranno una moltitud<strong>in</strong>e<br />

di grandi forze; l’un d’essi si farà avanti, si spanderà come un<br />

torrente, e passerà oltre; poi tornerà e sp<strong>in</strong>gerà le ostilità s<strong>in</strong>o alla<br />

fortezza del re del mezzogiorno.<br />

436 - J.P.MAHAFFY, A History of Egypt Under the Ptolemaic Dynasty, New York, 1899, p. 13, cit.<br />

<strong>in</strong> S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 867).<br />

341


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 342<br />

CAPITOLO 11<br />

“... i suoi figlioli”, vale a dire i due figli di Seleuco II Call<strong>in</strong>ico, Seleuco III Cerauno<br />

e Antioco III il Grande. Alla morte di Seleuco II nel 226, gli succedette il<br />

figlio maggiore Seleuco III il quale però non regnò che per pochi anni, essendo<br />

stato ucciso nel 229 mentre accorreva <strong>in</strong> Asia M<strong>in</strong>ore per difendere i suoi possedimenti<br />

m<strong>in</strong>acciati da Attalo re di Pergamo.<br />

“... l’un d’essi si farà avanti, si spanderà come un torrente e passerà oltre...”.<br />

Costui è Antioco III succeduto al fratello Seleuco III. Nel 219 Antioco III <strong>in</strong>iziò le<br />

ostilità a sud della Siria. Occupò la Celesiria, assediò Sidone e <strong>in</strong>vase la Palest<strong>in</strong>a<br />

passando successivamente <strong>in</strong> Transgiordania.<br />

“... e sp<strong>in</strong>gerà le ostilità s<strong>in</strong>o alla fortezza del re del mezzogiorno. Nel 217<br />

Antioco il Grande alla testa di un esercito di 60.000 fanti, 6.000 cavalieri e 102<br />

elefanti secondo lo storico Polibio marciò su Rafia, a sud-ovest di Gaza (“la fortezza<br />

del re del mezzogiorno”).<br />

11 Il re del mezzogiorno s’<strong>in</strong>asprirà, si farà <strong>in</strong>nanzi e muoverà<br />

guerra a lui, al re del settentrione, il quale arruolerà una gran moltitud<strong>in</strong>e;<br />

ma quella moltitud<strong>in</strong>e sarà data <strong>in</strong> mano del re del mezzogiorno.<br />

12 La moltitud<strong>in</strong>e sarà portata via, e il cuore di lui s’<strong>in</strong>orgoglirà;<br />

ma, per quanto ne abbia abbattuto delle dec<strong>in</strong>e di migliaia,<br />

non sarà per questo più forte.<br />

Presso Rafia Tolomeo IV Filopatore (“il re del mezzogiorno”), succeduto al padre<br />

Tolomeo III nel 221, attendeva Antioco con un esercito forte di 70.000 fanti,<br />

5.000 cavalieri e 73 elefanti. La battaglia fu aspra e term<strong>in</strong>ò con una vittoria strepitosa<br />

delle forze egiziane. Antioco si ritirò lasciando sul terreno, al dire di Polibio,<br />

10.000 fanti, 300 cavalieri e 5 elefanti, e nelle mani degli egizi 400 prigionieri<br />

(“la moltitud<strong>in</strong>e portata via”).<br />

“... il cuore di lui s’<strong>in</strong>orgoglirà, ma per quanto ne abbia abbattuti delle diec<strong>in</strong>e<br />

di migliaia, non sarà per questo più forte”. Il dissoluto e <strong>in</strong>dolente Tolomeo<br />

Filopatore mancò di cogliere s<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo i frutti della vittoria di Rafia, come<br />

avrebbe potuto e dovuto fare. Se avesse <strong>in</strong>seguito i nemici <strong>in</strong> fuga molto probabilmente<br />

li avrebbe sgom<strong>in</strong>ati e avrebbe anche potuto catturare Antioco. Ma si<br />

ritenne pago del risultato conseguito sul campo di battaglia e se ne tornò <strong>in</strong><br />

Egitto gonfio d’orgoglio.<br />

13 E il re del settentrione arruolerà di nuovo una moltitud<strong>in</strong>e più numerosa<br />

della prima; e <strong>in</strong> capo ad un certo numero d’anni egli si farà<br />

avanti con un grosso esercito e con molto materiale.<br />

Fra gli anni 212 e 204 Antioco III dedicò le sue energie al ricupero dei territori<br />

orientali che a seguito della fortunata campagna militare di Tolomeo III (vedi v.<br />

8), erano passati sotto la sovranità dell’Egitto. Antioco portò le sue truppe f<strong>in</strong>o ai<br />

conf<strong>in</strong>i dell’India (gli storici antichi hanno chiamato “Anabasi” questa spedizione<br />

del Seleucide nell’Oriente durata 6 o 7 anni).<br />

Conclusa con successo questa campagna nell’est, Antioco III preparò con<br />

342


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 343<br />

CAPIRE DANIELE<br />

gran cura una nuova spedizione contro l’Egitto. Intorno al 203 a.C. il re Tolomeo<br />

IV e la reg<strong>in</strong>a perirono misteriosamente e sul trono dei Làgidi fu posto il loro figlioletto<br />

di 5 o 6 anni, Tolomeo V Epifane. Antioco stimò che fosse il momento<br />

giusto per una nuova offensiva al sud.<br />

“... <strong>in</strong> capo a un certo numero d’anni...”: probabilmente è un riferimento ai<br />

16 anni circa (217-201) che trascorsero tra la disastrosa battaglia di Rafia e la seconda<br />

spedizione contro l’Egitto.<br />

14 E <strong>in</strong> quel tempo molti <strong>in</strong>sorgeranno contro il re del mezzogiorno; e<br />

degli uom<strong>in</strong>i violenti di fra il tuo popolo <strong>in</strong>sorgeranno per dar compimento<br />

alla visione, ma cadranno.<br />

Da questo punto le <strong>in</strong>terpretazioni sul cap. 11 di Daniele, f<strong>in</strong> qui convergenti,<br />

com<strong>in</strong>ciano a divergere, anche notevolmente. Un certo numero di commentatori<br />

stima che nei vv. 14-45 si riflettano ancora le vicende dei re seleucidi e làgidi, altri<br />

pensano che dal v. 14 f<strong>in</strong>o al 35 siano di scena Roma imperiale e la Chiesa<br />

cristiana.<br />

“Numerosi commentatori qui o più avanti <strong>in</strong> questo capitolo vedono riferimenti<br />

ad Antioco IV, che regnò fra il 176 e il 164 a.C., e alla crisi nazionale giudaica<br />

che la sua politica di ellenizzazione forzata fece esplodere. È di certo un<br />

fatto storico <strong>in</strong>negabile che il tentativo di Antioco di costr<strong>in</strong>gere i Giudei a r<strong>in</strong>negare<br />

la religione e la cultura nazionali per adottare la religione, la cultura e la l<strong>in</strong>gua<br />

dei Greci, costituì l’evento più significativo della storia giudaica del periodo<br />

<strong>in</strong>tertestamentale.<br />

“La m<strong>in</strong>accia rappresentata dalla politica di Antioco Epifane pose i Giudei<br />

di fronte ad una crisi paragonabile a quelle causate dal faraone, da Sennacherib,<br />

da Nabucodonosor, da Haman e da Tito. Durante il suo breve regno di 12 anni,<br />

poco mancò che Antioco est<strong>in</strong>guesse la religione e la cultura giudaiche. Spogliò<br />

il santuario dei suoi tesori, saccheggiò Gerusalemme, lasciò <strong>in</strong> rov<strong>in</strong>e la città e le<br />

sue mura, massacrò migliaia di giudei e altri ne condusse <strong>in</strong> esilio come schiavi.<br />

Un editto reale impose ad essi l’abbandono di tutti i riti della loro religione per<br />

vivere da pagani. Furono costretti ad accogliere altari pagani nelle loro città e ad<br />

offrire su di essi carne di porco, nonché a consegnare tutte le copie delle loro<br />

scritture sacre per essere fatte a pezzi e bruciate. Antioco pose anche un idolo<br />

sull’altare del tempio <strong>in</strong> Gerusalemme e offrì sopra di esso carne di maiale.<br />

“Parve farsi labile, negli anni <strong>in</strong> cui fu promossa questa politica, la prospettiva<br />

di una sopravvivenza della religione giudaica e degli stessi Giudei come popolo<br />

con una sua propria identità nazionale.<br />

“F<strong>in</strong>almente i Giudei <strong>in</strong>sorsero e cacciarono dalla Giudea le forze di Antioco.<br />

Riuscirono pers<strong>in</strong>o a resp<strong>in</strong>gere un esercito che Antioco aveva spedito <strong>in</strong><br />

Palest<strong>in</strong>a col compito specifico di sterm<strong>in</strong>arli.<br />

Di nuovo liberi dalla sua mano oppressiva, essi restaurarono il tempio, vi<br />

misero un nuovo altare e ricom<strong>in</strong>ciarono ad offrire il sacrificio. Avendo stretto alleanza<br />

con Roma alcuni anni dopo (161 a.C.), i Giudei godettero per circa un secolo<br />

un’<strong>in</strong>dipendenza e una prosperità relative sotto la protezione romana, f<strong>in</strong>-<br />

343


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 344<br />

CAPITOLO 11<br />

ché la Giudea non divenne prov<strong>in</strong>cia di Roma nel 63 a.C.<br />

Coloro che sostengono che Antioco Epifane sia menzionato nei vv. 14 e 15,<br />

identificano negli ‘uom<strong>in</strong>i violenti’ quei giudei che tradirono i loro connazionali<br />

e collaborarono con Antioco per attuare la sua politica ed eseguire i suoi decreti<br />

crudeli e blasfemi 437. “E’ possibile che nel cap. 11 ci siano riferimenti alla crisi<br />

provocata dalla politica di Antioco Epifane, per quanto le op<strong>in</strong>ioni divergano<br />

considerevolmente riguardo alla parte della profezia <strong>in</strong> cui si dà notizia di lui. Riconoscere<br />

che nel cap. 11 ci siano riferimenti ad Antioco Epifane non implica<br />

comunque che si consideri questo personaggio protagonista dei fatti anticipati<br />

nelle profezie dei capitoli 7 e 8, più di quanto non lo richieda la menzione di altri<br />

re seleucidi” 438.<br />

Sugli “uom<strong>in</strong>i violenti di fra il tuo popolo” (letteralmente “i figli dei demolitori<br />

del tuo popolo”) l’opera citata osserva: “L’espressione può comprendersi <strong>in</strong><br />

senso soggettivo, ‘i figli dei violenti fra il tuo popolo’ (...). Così <strong>in</strong>tesa essa si riferirebbe<br />

a quei giudei che presero occasione dai conflitti <strong>in</strong>ternazionali per promuovere<br />

i loro <strong>in</strong>teressi nazionali, anche travalicando i limiti della legalità pur di<br />

raggiungere i loro f<strong>in</strong>i.<br />

Se <strong>in</strong>vece si prende la frase <strong>in</strong> senso oggettivo, il passo può significare: ‘coloro<br />

che agiscono con violenza contro il tuo popolo’. Nell’espressione <strong>in</strong>tesa <strong>in</strong><br />

questo modo si è visto un riferimento ai Romani i quali nel 63 a.C. privarono i<br />

Giudei dell’<strong>in</strong>dipendenza, e <strong>in</strong> seguito (nel 70 e nel 135 d.C.) distrussero il Tempio<br />

e la città di Gerusalemme. In effetti fu durante il regno di Antioco III (vedi<br />

su 10-13) che i Romani, <strong>in</strong>tervenuti <strong>in</strong> Oriente per tutelare gli <strong>in</strong>teressi dei loro<br />

alleati (Pergamo, Rodi, Atene ed Egitto), fecero sentire il loro peso sulle politiche<br />

della Siria e dell’Egitto”.<br />

15 E il re del settentrione verrà; <strong>in</strong>nalzerà de’ bastioni, e s’impadronirà<br />

di una città fortificata; e né le forze del mezzogiorno, né le<br />

truppe scelte avran la forza di resistere.<br />

Prosegue la descrizione - <strong>in</strong>iziata nel v. 13 - della seconda campagna di Antioco<br />

III <strong>in</strong> Palest<strong>in</strong>a. La “città fortificata” (tOrfc:bim ryi( ‘îr mivtzarôth, lett.: “una città di<br />

fortificazioni”) è probabilmente Gaza.<br />

Occupata la Celesiria nel 202, Antioco espugnò questa città fortificata nel<br />

201 dopo un prolungato assedio.<br />

Secondo altri espositori la “città fortificata” sarebbe Sidon, che nel corso di<br />

questa stessa campagna Antioco III assediò mettendo alla strette l’esercito egizio<br />

che vi si era asserragliato, costr<strong>in</strong>gendolo alla resa.<br />

437 - Per <strong>in</strong>formazioni più particolareggiate sulle esperienze dolorose dei giudei <strong>in</strong> quegli anni<br />

<strong>in</strong>fausti, vedi I Maccabei 1 e 2 e GIUSEPPE FLAVIO, Antichità, XII, 6,7; Guerre, I, 1.<br />

438 - S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 868-869.<br />

344


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 345<br />

CAPIRE DANIELE<br />

16 E quegli che sarà venuto contro di lui farà ciò che gli piacerà, non<br />

essendovi chi possa stargli a fronte; e si fermerà nel paese splendido,<br />

il quale sarà <strong>in</strong>teramente <strong>in</strong> suo potere.<br />

Da questo punto <strong>in</strong> avanti, si farà seguire all’<strong>in</strong>terpretazione esposta nel commentario<br />

avventista (S.D.A. Bible Commentary) la spiegazione condivisa dalla<br />

maggior parte degli autori moderati e conservatori.<br />

I commentatori che scorgono Roma già nel v. 14, ritengono che la conquista<br />

della Palest<strong>in</strong>a a cui fa riferimento questo versetto sia l’occupazione romana<br />

ad opera di Pompeo nel 63 a.C. Intromettendosi nella lite tra i fratelli asmonei Ircano<br />

e Aristobulo per la successione al trono di Giudea, il generale romano<br />

scese a Gerusalemme dalla Siria e dopo 3 mesi di assedio costr<strong>in</strong>se alla resa i difensori<br />

giudei che si erano asserragliati entro le fortificazioni del Tempio. Fu <strong>in</strong><br />

quell’occasione, secondo Giuseppe Flavio (Antichità XIV. 4,4), che Pompeo sollevò<br />

il velo tra il Santo e il Santissimo per scoprire quale segreto si nascondesse<br />

dietro di esso.<br />

Interpretazione corrente. “Quegli che sarà venuto contro di lui” sarebbe<br />

sempre Antioco III. Passato <strong>in</strong> Asia m<strong>in</strong>ore nel 201, dopo avere conquistato<br />

Gaza, per combattere contro Attalo III re di Pergamo, Antioco dovette tornare<br />

verso la Celesiria m<strong>in</strong>acciata da un esercito egiziano agli ord<strong>in</strong>i del generale Scopas.<br />

Lo scontro fra Siri ed Egiziani avvenne al Panion presso le sorgenti del Giordano,<br />

e fu disastroso per le forze di Scopas che furono sbaragliate. Così la Palest<strong>in</strong>a,<br />

“il paese splendido”, passò sotto la sovranità di Antioco III.<br />

17 Egli si proporrà di venire con le forze di tutto il suo regno, ma<br />

farà un accomodamento col re del mezzogiorno; e gli darà la figliuola<br />

per distruggergli il regno; ma il piano non riuscirà, e il paese<br />

non gli apparterrà.<br />

Il term<strong>in</strong>e ebr. {yirf$yiw wîsharîm, tradotto “farà un accomodamento” (Luzzi), “stipulerà<br />

un’alleanza” (CEI), “farà accordi” (Concordata) rende alquanto oscura la<br />

frase (ebr. hf&f(ºw OMi( {yirf$yéw wîsharîm ‘immô we‘âsâh, lett.: “ma equi con lui<br />

farà”). Le versioni considerano wîsharîm equivalente a mêsharîm, “equità”, “<strong>in</strong>tegrità”,<br />

“rettitud<strong>in</strong>e”.<br />

Nel v. 6 mêsharîm <strong>in</strong>dica un accordo equo fra il re del nord e il re del sud. Se<br />

nel v. 17 mêsharîm è la lettura corretta, potrebbe esservi un riferimento alla richiesta<br />

fatta da Tolomeo XI Aulete <strong>in</strong> punto di morte, nel 51 a.C., di porre i suoi<br />

due figli, Cleopatra e Tolomeo XII, sotto la tutela di Roma.<br />

L’espressione <strong>in</strong>consueta {yi$æNah tab bath hannashîm, “figlia di donne”, secondo<br />

il S.D.A. Bible Commentary, enfatizza probabilmente la femm<strong>in</strong>ilità della<br />

donna di cui si sta parlando. Vari commentatori hanno applicato questa espressione<br />

alla figlia dell’Aulete. Tre anni dopo la morte del padre, Cleopatra divenne<br />

amante di Giulio Cesare che nel frattempo aveva <strong>in</strong>vaso l’Egitto.<br />

Dopo l’assass<strong>in</strong>io di Cesare, Cleopatra si legò a Marcantonio, il rivale di Ot-<br />

345


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 346<br />

CAPITOLO 11<br />

taviano ed erede di Giulio Cesare. Nel 31 a.C. Ottaviano sconfisse ad Azio le<br />

forze navali congiunte di Marcantonio e Cleopatra. Dopo la morte di Marcantonio,<br />

Cleopatra, avendo <strong>in</strong>vano tentato di sedurre Ottaviano, si tolse la vita.<br />

Con la sua scomparsa nel 30 a.C. si est<strong>in</strong>se la d<strong>in</strong>astia tolemaica e l’Egitto<br />

divenne prov<strong>in</strong>cia romana. Il S.D.A. Bible Commentary osserva che la condotta<br />

stravagante di Cleopatra collima con la descrizione fatta nell’ultima parte di questo<br />

versetto. A Cleopatra <strong>in</strong>teressavano di più le sue f<strong>in</strong>alità politiche che non<br />

Giulio Cesare o Marcantonio.<br />

Interpretazione corrente. Il protagonista della vicenda narrata nel v. 17 -<br />

il re del nord - sarebbe ancora Antioco III. Roma esercitava oramai la sua <strong>in</strong>fluenza<br />

sulla politica degli stati orientali. Antioco, allo scopo di sistemare def<strong>in</strong>itivamente<br />

l’annosa questione della Celesiria senza offrire a Roma un pretesto per<br />

<strong>in</strong>tervenire <strong>in</strong> difesa dell’alleato egiziano, pensò di comb<strong>in</strong>are un matrimonio di<br />

stato fra sua figlia Cleopatra, detta la Sira, e il giovane Tolomeo V Epifane, certo<br />

anche con l’<strong>in</strong>tenzione di spadroneggiare <strong>in</strong> Egitto. Il fastoso matrimonio si celebrò<br />

a Rafia nel 194 a.C.<br />

Ma il piano di Antioco rimase frustrato poiché Cleopatra svolse <strong>in</strong> pieno il<br />

suo ruolo di reg<strong>in</strong>a d’Egitto. Inoltre, avendo ella ricevuto <strong>in</strong> dote la Celesiria, Tolomeo<br />

ebbe un motivo <strong>in</strong>eccepibile per rivendicarne il possesso.<br />

18 Poi si dirigerà verso le isole, e ne prenderà molte; ma un generale<br />

farà cessare l’obbrobrio ch’ei voleva <strong>in</strong>fliggergli, e lo farà ricadere<br />

addosso a lui.<br />

Le “isole” (ebr. {yéYi) ’iyyîm, “terre marittime”, “litorali”), verso le quali si volgerà il<br />

re del nord, sono identificabili con le coste mediterranee dell’Africa lungo le<br />

quali fu sconfitto il partito di Pompeo.<br />

Frattanto Giulio Cesare, che eventi turbolenti nei possedimenti orientali di<br />

Roma avevano richiamato dall’Egitto, combatté vittoriosamente contro Farnace re<br />

dei Cimmèri. In lui si identifica il }yicfq qatzîn (“comandante militare”, come <strong>in</strong> Gs<br />

10:24), che fa cessare “l’obbrobrio”, o meglio “l’arroganza” come traducono versioni<br />

più recenti.<br />

Interpretazione corrente. Antioco III, dopo che i Romani ebbero sconfitto<br />

la Macedonia nel 197 a.C., occupò alcune città costiere dell’Asia M<strong>in</strong>ore (le<br />

isole), già possedimenti macedoni, e passò <strong>in</strong> Grecia per tentare di arrestare<br />

l’avanzata romana. Battuto da Marco Porcio Catone si ritirò <strong>in</strong> Asia M<strong>in</strong>ore. Quivi<br />

nel 190 lo raggiunse il console Lucio Cornelio Scipione, detto l’Asiatico (il “generale”,<br />

ebr. qas–n), e gli <strong>in</strong>flisse una disastrosa sconfitta.<br />

19 Poi il re si dirigerà verso le fortezze del proprio paese; ma <strong>in</strong>ciamperà,<br />

cadrà, e non lo si troverà più.<br />

Nella caduta e scomparsa del re del nord si ravvisa la morte violenta di Giulio<br />

Cesare avvenuta nel marzo del 44 a.C.<br />

346


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 347<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Interpretazione corrente. Come avveniva quasi sempre quando una forte<br />

nazione subiva una dura sconfitta, le prov<strong>in</strong>ce tributarie dell’Est si ribellavano<br />

contro la sovranità della Siria. “Antioco non si perse d’animo. Partito contro le<br />

prov<strong>in</strong>ce ribelli, con la speranza anche di raccogliere denaro per far fronte all’<strong>in</strong>dennità<br />

da pagare, volle impadronirsi delle ricchezze custodite <strong>in</strong> un tempio di<br />

Bel <strong>in</strong> Elimaide, ma ivi fu ucciso dagli abitanti <strong>in</strong>sorti a difesa del luogo<br />

sacro” 439. Tale fu la f<strong>in</strong>e <strong>in</strong>gloriosa di Antioco III, che pure era stato un monarca<br />

energico e risoluto.<br />

20 Poi, <strong>in</strong> luogo di lui, sorgerà uno che farà passare un esattore di<br />

tributi attraverso il paese che è la gloria del regno; ma <strong>in</strong> pochi<br />

giorni sarà distrutto, non nell’ira, né <strong>in</strong> battaglia.<br />

“...un esattore di tributi...” Il S.D.A. Bible Commentary spiega: “ebr. &"gOn ryibA(am<br />

ma‘avîr noges, lett. ‘uno che fa circolare un oppressore’. Il participio noges, dal<br />

verbo nagas, ‘opprimere’, ‘riscuotere’, è usato <strong>in</strong> Es 3:7 a proposito degli ‘angariatori’<br />

egiziani, e <strong>in</strong> Is 9:4 è riferito ad oppressori stranieri.<br />

Il passo allude pertanto a un re che avrebbe mandato degli oppressori o<br />

esattori attraverso i suoi domìni. Molti espositori hanno scorto qui un riferimento<br />

a un esattore di tributi, una figura che all’uomo medio antico appariva come l’<strong>in</strong>carnazione<br />

dell’oppressione regia. In Lc 2:1 si dice che ‘<strong>in</strong> quei dì avvenne che<br />

un decreto uscì da parte di Cesare Augusto, che si facesse un censimento di<br />

tutto l’impero...’ Ad Augusto, successore di Giulio Cesare, si attribuisce la fondazione<br />

dell’Impero romano; egli morì <strong>in</strong> pace nel proprio letto nel 14 a.D. dopo<br />

più di 40 anni di regno” 440.<br />

Interpretazione corrente. Il successore di Antioco III, suo figlio, Seleuco<br />

IV Filopatore (187-175) ereditò col trono l’<strong>in</strong>cubo del pagamento a Roma delle<br />

annualità di quell’<strong>in</strong>dennità di guerra che suo padre aveva dovuto sottoscrivere<br />

ad Apamea nel 188.<br />

Assillato dalla necessità di raccogliere danaro, Seleuco spedì a Gerusalemme<br />

il suo m<strong>in</strong>istro delle f<strong>in</strong>anze Eliodoro, con l’<strong>in</strong>carico di prelevare il tesoro<br />

del Tempio. Dice il II libro dei Maccabei (3:24-27) che una straord<strong>in</strong>aria manifestazione<br />

div<strong>in</strong>a impedì a Eliodoro e agli uom<strong>in</strong>i del suo seguito di eseguire gli<br />

ord<strong>in</strong>i del re. Tornato <strong>in</strong> Siria Eliodoro complottò contro Seleuco e lo assass<strong>in</strong>ò<br />

col proposito di impadronirsi del trono.<br />

21 Poi, <strong>in</strong> luogo suo, sorgerà un uomo spregevole, a cui non sarà<br />

stata conferita la maestà reale; ma verrà senza rumore, e s’impadronirà<br />

del regno a forza di lus<strong>in</strong>ghe.<br />

439 - G.RICCIOTTI, Storia d’Israele, vol. II, par. 40.<br />

440 - Vol. IV, p. 870.<br />

347


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 348<br />

CAPITOLO 11<br />

“... un uomo spregevole...”, cioè un <strong>in</strong>dividuo che sarà oggetto di disprezzo…<br />

Ad Augusto succedette Tiberio (14-37) sul trono imperiale. Alcuni storici<br />

sostengono che ci fu da parte di Svetonio, Seneca e Tacito un deliberato tentativo<br />

di appannare l’immag<strong>in</strong>e di Tiberio. Non ci sono dubbi che questi scrittori<br />

lat<strong>in</strong>i calcarono la mano parlando di Tiberio, nondimeno esistono sufficienti <strong>in</strong>dizi<br />

per affermare che Tiberio fu un <strong>in</strong>dividuo eccentrico e poco amato.<br />

“... a cui non sarà stata conferita la maestà...” L’ebraico è reso meglio se si<br />

traduce il tempo verbale al passato. Probabilmente c’è qui un riferimento al non<br />

diritto alla successione sul trono imperiale da parte di Tiberio, essendo costui divenuto<br />

figlio di Augusto per adozione ed essendo stato nom<strong>in</strong>ato erede al trono<br />

imperiale a mezza età.<br />

“... senza rumore ...”, ossia pacificamente. Tiberio assunse il trono pacificamente<br />

alla morte di Augusto. Figliastro del suo predecessore, la sua elevazione<br />

alla dignità imperiale fu dovuta <strong>in</strong> gran parte agli <strong>in</strong>trighi di sua madre Livia.<br />

Interpretazione corrente. Antioco III, <strong>in</strong> ottemperanza alle clausole della<br />

pace di Apamea, dovette consegnare ai Romani 20 ostaggi fra i quali figurava il<br />

suo secondogenito Antioco IV. Il successore di Antioco III, Seleuco IV, poco<br />

tempo prima di perire per mano del suo m<strong>in</strong>istro delle f<strong>in</strong>anze, procedette ad un<br />

cambio degli ostaggi secondo i patti che erano stati concordati coi Romani da<br />

suo padre: richiamò <strong>in</strong> Siria il fratello e ottenne di mandare a Roma <strong>in</strong> sua vece<br />

il proprio figlioletto Demetrio. Sulla nave che lo riportava <strong>in</strong> patria, Antioco ebbe<br />

sentore dell’assass<strong>in</strong>io di suo fratello. Rientrato <strong>in</strong> Siria, si mise subito all’opera<br />

per sbarrare a Eliodoro la strada verso il trono. Con l’appoggio di Roma e di Pergamo,<br />

ebbe rapidamente ragione dell’avversario e assunse il potere regio senza<br />

curarsi dei diritti legittimi dei nipoti Demetrio e Antioco.<br />

22 E le forze che <strong>in</strong>onderanno il paese saranno sommerse davanti a<br />

lui, saranno <strong>in</strong>frante, come pure un capo dell’alleanza.<br />

“...le forze che <strong>in</strong>onderanno...”, ebr. ve+e


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 349<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Egitto la questione della Celesiria. Per prevenire un attacco egiziano, Antioco IV<br />

scese <strong>in</strong> Palest<strong>in</strong>a con l’esercito, ma non proseguì oltre. Nel 169 però le truppe<br />

egiziane varcarono m<strong>in</strong>acciosamente il conf<strong>in</strong>e. Antioco, che si era garantita la<br />

neutralità di Roma - allora impegnata nella guerra contro Perseo <strong>in</strong> Macedonia -<br />

mosse contro l’esercito egizio, lo impegnò <strong>in</strong> battaglia alla frontiera e lo sconfisse<br />

occupando poi Pelusio e il Delta e facendo prigioniero lo stesso Tolomeo<br />

VI 441. Il “pr<strong>in</strong>cipe dell’alleanza” è identificato col sommo sacerdote Onia III deposto<br />

dall’Epifane nel 175 e mandato <strong>in</strong> esilio <strong>in</strong> Antiochia, poi a Dafne, sobborgo<br />

di questa città, dove <strong>in</strong> seguito venne assass<strong>in</strong>ato.<br />

23 E, nonostante la lega fatta con quest’ultimo, agirà con frode, salirà,<br />

e diverrà vittorioso con poca gente.<br />

Qualche commentatore ha avanzato l’ipotesi che <strong>in</strong> questo punto Daniele retroceda<br />

nel tempo e si riferisca alla lega di mutua amicizia e assistenza stipulata nel<br />

161 a.C. tra Romani e Giudei 442.<br />

Si è presunto che l’espressione ebraica del v. 24 tradotta “per un tempo” <strong>in</strong>dichi<br />

un “tempo” profetico di 360 anni. Altri espositori che si sono attenuti alla<br />

cont<strong>in</strong>uità cronologica della profezia di Dn 11, hanno ravvisato qui un riferimento<br />

alla politica romana di str<strong>in</strong>gere patti di mutua assistenza (come si direbbe<br />

oggi), come la lega stipulata nel 161 a.C. coi Giudei.<br />

In forza di simili patti i Romani riconoscevano ai partners lo status di “alleati”<br />

e presumibilmente le clausole comprendevano la protezione reciproca e la<br />

promozione dei mutui <strong>in</strong>teressi. Roma si mostrava così nel ruolo di amica e protettrice,<br />

<strong>in</strong> realtà però dietro questa facciata si nascondeva la sua vera <strong>in</strong>tenzione,<br />

che era quella di agire “con frode” per volgere a proprio vantaggio gli accordi<br />

del patto. Spesso essa faceva pesare sugli alleati il costo delle conquiste e di regola<br />

ne riserbava per sé i benefici. E come atto f<strong>in</strong>ale, gli alleati venivano assorbiti<br />

nell’Impero.<br />

Interpretazione corrente. Sarebbero qui descritti gli <strong>in</strong>trighi di Antioco<br />

Epifane per consolidare il suo dom<strong>in</strong>io sui Giudei. Con lus<strong>in</strong>ghe e promesse<br />

quest’uomo astuto e c<strong>in</strong>ico trasse dalla sua parte gruppi di giudei filo-ellenisti e persone<br />

che contavano <strong>in</strong> Gerusalemme, <strong>in</strong> particolare un certo Giasone che ottenne il<br />

suo appoggio per impadronirsi del sommo sacerdozio (cfr. 1Maccabei 4:7).<br />

24 E, senza rumore, <strong>in</strong>vaderà le parti più grasse della prov<strong>in</strong>cia, e<br />

farà quello che non fecero mai né i suoi padri, né i padri dei suoi<br />

padri: distribuirà bott<strong>in</strong>o, spoglie e beni e mediterà progetti contro<br />

le fortezze; questo, per un certo tempo.<br />

441 - Cfr. G.RICCIOTTI, Storia d’Israele, vol. II, par. 43.<br />

442 - Cfr. GIUSEPPE FLAVIO, Antichità, X. 10,6.<br />

349


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 350<br />

CAPITOLO 11<br />

“...per un certo tempo...”, ebr. t"(-da( ‘ad ‘eth, “f<strong>in</strong>o ad un tempo...”. L’espressione<br />

denota un limite di tempo al di là del quale cesserebbero gli espedienti messi <strong>in</strong><br />

atto dal potere qui descritto. Il vocabolo ‘eth non sembra riferirsi ad un periodo<br />

temporale specifico o a un arco di tempo profetico. In 4:16 e <strong>in</strong> 7:25 il term<strong>in</strong>e<br />

tradotto “tempi” è l’aramaico ‘iddan<strong>in</strong>, e <strong>in</strong> 12:7 “tempi” traduce l’ebraico<br />

mo‘adîm. La frase ‘ad ‘eth sembra designare un momento <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato del futuro<br />

rispetto a chi scrive. Il potere malvagio, <strong>in</strong>somma, avrebbe agito f<strong>in</strong>ché non<br />

fosse pervenuto al limite stabilito da Dio (vedi 11:27; cfr. 12:1).<br />

Gli autori che attribuiscono valore profetico al term<strong>in</strong>e “tempo” (‘eth) <strong>in</strong><br />

questo versetto, ravvisano nelle vicende <strong>in</strong> esso narrate un riferimento al periodo<br />

storico durante il quale Roma fu il centro politico e amm<strong>in</strong>istrativo dell’Impero.<br />

Essi ritengono che alla vittoria di Ottaviano su Marcantonio e Cleopatra ad Azio<br />

nell’anno 31 seguì l’<strong>in</strong>izio dell’ascesa di Roma verso l’età imperiale.<br />

Procedendo <strong>in</strong> avanti di 360 anni (l’equivalente del “tempo” profetico) a decorrere<br />

da questa data, si perviene all’anno 330 a.D. quando la capitale dell’Impero<br />

fu spostata da Roma a Bisanzio, chiamata poi Costant<strong>in</strong>opoli. Altri espositori<br />

scorgono <strong>in</strong> questo versetto un riferimento alla politica di Roma verso le<br />

terre conquistate e annesse all’Impero. È noto dalla storia che i conquistatori romani<br />

solevano distribuire con prodigalità il bott<strong>in</strong>o di guerra ai nobili e agli ufficiali<br />

dell’esercito, e che ai combattenti vittoriosi assegnavano terreni nelle regioni<br />

conquistate.<br />

“F<strong>in</strong>o ad un tempo” - un tempo considerevolmente lungo - non ci fu “fortezza”<br />

che poté resistere alla pressione delle <strong>in</strong>v<strong>in</strong>cibili legioni di Roma.<br />

Interpretazione corrente. La “prov<strong>in</strong>cia” delle cui parti “più grasse” (più<br />

fertili) il re del nord s’impadronirebbe, secondo alcuni autori sarebbe la Giudea,<br />

secondo altri, che si appellano a 1Maccabei 3:30, sarebbe la Perside, a oriente<br />

della Mesopotamia. Alla stregua di tutti i conquistatori, Antioco spogliò i territori<br />

dei quali si impadronì, ma a differenza dei suoi predecessori (“i padri e i padri<br />

dei suoi padri”) egli non usò le ricchezze saccheggiate per circondarsi di fasto,<br />

come era comune fra i monarchi orientali dopo ogni guerra vittoriosa. L’Epifane,<br />

<strong>in</strong>vece, distribuì generosamente il bott<strong>in</strong>o di guerra ai suoi amici e sostenitori e<br />

anche ai templi e alle città per comprarsene l’appoggio e l’adulazione.<br />

Tra le “fortezze” contro le quali il re del settentrione medita progetti - osserva<br />

H.C.Leupold - si può annoverare Pelusio nella quale Antioco <strong>in</strong>sediò una<br />

guarnigione militare per mantenere aperte le frontiere d’Egitto ond’egli avesse libertà<br />

di tornarvi <strong>in</strong> qualsivoglia momento. Ma solo “f<strong>in</strong>o ad un tempo”, cioè f<strong>in</strong>ché<br />

Dio lo avrebbe permesso.<br />

350<br />

25 Poi raccoglierà le sue forze e il suo coraggio contro il re del mezzogiorno,<br />

mediante un grande esercito. E il re del mezzogiorno s’impegnerà<br />

<strong>in</strong> guerra con un grande e potentissimo esercito; ma non potrà<br />

tenere fronte, perché si faranno delle macch<strong>in</strong>azioni contro di lui.<br />

26 Quelli che mangeranno alla sua mensa saranno la sua rov<strong>in</strong>a, il<br />

suo esercito si dileguerà come un torrente, e molti cadranno uccisi.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 351<br />

CAPIRE DANIELE<br />

I commentatori che annettono valore profetico all’espressione “un tempo” del v.<br />

24 (“un tempo” = 360 anni solari), vedono ancora nei vv. 25 e 26 la guerra fra<br />

Ottaviano e Marcantonio culm<strong>in</strong>ata nella battaglia di Azio con la disfatta di<br />

quest’ultimo.<br />

“Quelli che mangeranno alla sua mensa...” In questa frase alcuni autori<br />

scorgono i favoriti della corte imperiale romana. F<strong>in</strong> dagli <strong>in</strong>izi dell’età imperiale,<br />

gli <strong>in</strong>trighi di palazzo determ<strong>in</strong>arono l’ascesa e la caduta degli imperatori. Successivamente,<br />

e particolarmente negli anni <strong>in</strong> cui un generale dopo l’altro si succedettero<br />

sul trono dei Cesari - spesso al costo della testa del predecessore - si<br />

realizzò <strong>in</strong> modo significativo la predizione che i favoriti della corte sarebbero<br />

<strong>in</strong>sorti e avrebbero “distrutto” quelli che li avrebbero trattati amichevolmente, e<br />

che di conseguenza molti sarebbero caduti uccisi.<br />

“... come un torrente...” La Siriaca e la Vulgata leggono: “dilavati” o “spazzati<br />

via”. Coloro che vedono riflessa nel v. 24 la lotta fra Ottaviano e Marcantonio,<br />

scorgono nel v. 26 la f<strong>in</strong>e di quest’ultimo. Quando Cleopatra, spaventata dal<br />

clamore della battaglia, si ritirò dalle acque di Azio con le 60 navi egizie, Marcantonio<br />

la seguì concedendo la vittoria all’avversario; poi si suicidò.<br />

Dal punto di vista di chi sostiene che vi sia una cont<strong>in</strong>uità cronologica nel<br />

cap. 11 di Daniele, nel v. 26 si rifletterebbe l’<strong>in</strong>stabilità politica che afflisse l’Impero<br />

tra Nerone e Diocleziano.<br />

Interpretazione corrente. Antioco IV organizzò e condusse la prima campagna<br />

contro l’Egitto nel 170-169 a.C. Tolomeo VI si batté con valore, ma a<br />

causa di un tradimento rimase sconfitto, Antioco <strong>in</strong>vase il Delta e fece prigioniero<br />

il giovane re.<br />

I due <strong>in</strong>etti m<strong>in</strong>istri di Tolomeo, Leneo ed Euleo (“quelli che mangeranno<br />

alla sua mensa”), <strong>in</strong> parte responsabili della disfatta, erano propensi ad accettare<br />

disonorevoli condizioni di pace (“saranno la sua rov<strong>in</strong>a”), ma il popolo di Alessandria<br />

<strong>in</strong>sorse e mise sul trono dei Làgidi il fratello m<strong>in</strong>ore del Filometore, Tolomeo<br />

VII Evergete.<br />

27 E quei due re cercheranno <strong>in</strong> cuor loro di farsi del male; e, alla<br />

stessa mensa, si diranno delle menzogne; ma ciò non riuscirà, perché<br />

la f<strong>in</strong>e non verrà che al tempo fissato.<br />

“... si faranno del male...”. Alcuni autori applicano questa frase agli <strong>in</strong>trighi di Ottaviano<br />

contro Marcantonio e di questi ai danni di Ottaviano, l’uno e l’altro aspiranti<br />

al governo dell’Impero. Altri vi scorgono un riferimento alla lotta per il potere<br />

negli ultimi anni del regno di Diocleziano (284 - 305) e nell’arco di tempo<br />

fra la morte di questo imperatore e l’avvento di Costant<strong>in</strong>o il Grande (306 - 337)<br />

quando l’Impero fu riunificato (323 o 324).<br />

“...la f<strong>in</strong>e non verrà che al tempo fissato” o, come traduce la versione della<br />

CEI, “...li attende la f<strong>in</strong>e, a tempo stabilito”. Gli uom<strong>in</strong>i malvagi e le loro macch<strong>in</strong>azioni<br />

dureranno f<strong>in</strong>ché lo consentirà la pazienza div<strong>in</strong>a. Nel libro di Daniele è<br />

annunciata la vera filosofia della storia: Dio “agisce come vuole con l’esercito del<br />

351


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 352<br />

CAPITOLO 11<br />

cielo e con gli abitanti della terra; e non v’è alcuno che possa fermare la sua<br />

mano” (4:35).<br />

Interpretazione corrente. Antioco Epifane cambiò tattica quando, nel 169<br />

a.C., sull’onda dell’<strong>in</strong>surrezione popolare ascese al trono d’Egitto Tolomeo VII<br />

Evergete. R<strong>in</strong>unciò per il momento a c<strong>in</strong>gere lui stesso la corona dei Làgidi e si<br />

atteggiò a tutore dei diritti d<strong>in</strong>astici del suo prigioniero, rimesso subito <strong>in</strong> libertà.<br />

Fra i due <strong>in</strong>tercorsero trattative bilaterali <strong>in</strong> uno spirito di reciproca <strong>in</strong>s<strong>in</strong>cerità<br />

(“si diranno delle menzogne”).<br />

Antioco f<strong>in</strong>se di voler far valere il diritto del primogenito a succedere al padre<br />

sul trono d’Egitto; Tolomeo VI, al quale non erano sfuggite le vere <strong>in</strong>tenzioni<br />

dello zio, f<strong>in</strong>se a sua volta di stare al gioco. L’Epifane aveva probabilmente puntato<br />

sulla rivalità tra i due fratelli per attuare il suo piano senza offrire a Roma<br />

un’occasione per <strong>in</strong>tervenire. Sennonché com’egli ebbe lasciato l’Egitto, i due<br />

Tolomei si accordarono per governare <strong>in</strong>sieme il paese <strong>in</strong>staurando una sorta di<br />

diarchia, una forma di governo che <strong>in</strong> seguito si ripeté altre volte <strong>in</strong> Egitto.<br />

28 E quegli tornerà al suo paese con grandi ricchezze; il suo cuore<br />

formerà dei disegni contro al patto santo, ed egli li eseguirà, poi tornerà<br />

al suo paese.<br />

Dai fautori della spiegazione romana-antica si è colta, <strong>in</strong> questo versetto, un’allusione<br />

all’assedio e alla distruzione di Gerusalemme nell’anno 70 a.D. ad opera di Tito.<br />

Gli autori che sostengono la cont<strong>in</strong>uità cronologica della narrazione profetica<br />

vi scorgono <strong>in</strong>vece una ulteriore descrizione dell’opera di Costant<strong>in</strong>o il<br />

Grande. “... formerà disegni contro il patto santo...”. Sarà il Messia, che nel v. 22<br />

è comparso come “pr<strong>in</strong>cipe del patto” (negîd berîth), che “stabilirà” (o confermerà)<br />

un saldo patto con molti” (higbîr berîth larabîm) <strong>in</strong> 9:27. Tale patto è il<br />

piano di salvezza stabilito da Dio f<strong>in</strong> dall’eternità e confermato mediante l’evento<br />

storico della morte di Cristo.<br />

Sembra dunque ragionevole identificare nel soggetto che agisce <strong>in</strong> questo<br />

passo un potere che si opporrà al piano div<strong>in</strong>o della redenzione ed alla sua azione<br />

nel cuore degli uom<strong>in</strong>i. Si fa notare che Costant<strong>in</strong>o, sebbene facesse professione di<br />

conversione alla fede cristiana, <strong>in</strong> realtà agì “contro il patto santo”, avendo avuto<br />

come vero obiettivo l’uso strumentale del cristianesimo per unificare l’impero e<br />

consolidare il suo potere personale. Costant<strong>in</strong>o concesse grandi favori alla Chiesa<br />

ma pretese <strong>in</strong> cambio il suo sostegno per attuare la propria politica.<br />

Interpretazione corrente. Di ritorno verso Antiochia dopo la campagna<br />

egiziana, Antioco Epifane sostò nella Giudea per imporre la propria autorità. In<br />

Gerusalemme asportò i tesori custoditi nel Tempio e lasciò una guarnigione militare<br />

siriaca (cfr. 1Maccabei 1:20-25 e 2Maccabei 5:11-21). L’espressione “il patto<br />

santo” designerebbe la comunità dei fedeli della vera alleanza di Yahweh. Col<br />

profanare e saccheggiare il Tempio durante la sosta <strong>in</strong> Gerusalemme, Antioco<br />

manifestò le sue vere <strong>in</strong>tenzioni verso il popolo eletto.<br />

352


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 353<br />

CAPIRE DANIELE<br />

29 Al tempo stabilito egli marcerà di nuovo contro il mezzogiorno;<br />

ma quest’ultima volta la cosa non riuscirà come la prima; 30 poiché<br />

delle navi di Kittim muoveranno contro di lui; ed egli si perderà<br />

d’animo; poi di nuovo s’<strong>in</strong>dignerà contro il patto santo, ed eseguirà i<br />

suoi disegni, e tornerà ad <strong>in</strong>tendersi con quelli che avranno abbandonato<br />

il patto santo.<br />

“...quest’ultima volta la cosa non riuscirà come la prima...” Quegli autori che<br />

identificano la figura di Costant<strong>in</strong>o il Grande nel protagonista dell’azione militare<br />

qui descritta, pensano che questo particolare della narrazione profetica evochi la<br />

realizzazione solo parziale del sogno di Costant<strong>in</strong>o di r<strong>in</strong>verdire l’antica gloria e<br />

potenza dell’Impero.<br />

La seconda impresa non riuscita come la prima, <strong>in</strong> quest’ottica, è vista quale<br />

allusione al trasferimento della capitale dell’Impero da Roma a Bisanzio voluto<br />

da Costant<strong>in</strong>o, un evento che, sempre <strong>in</strong> quest’ottica, avrebbe segnato l’<strong>in</strong>izio<br />

del decl<strong>in</strong>o dell’Impero stesso.<br />

“...delle navi di Kittim...”. Il nome Kittim compare ripetutamente nell’Antico<br />

Testamento, come pure nella letteratura tardo-giudaica, rivestendo una varietà di<br />

sensi. In Ge 10:4 Kittim è il nome del figlio di Yawan e nipote di Jafet (cfr. 1Cr<br />

1:7). L’area geografica nella quale si stanziarono i discendenti di Kittim fu probabilmente<br />

l’isola di Cipro, la cui città più importante è nom<strong>in</strong>ata Kt nei testi fenici<br />

(Kition dai Greci e Citium dai lat<strong>in</strong>i). Balaam <strong>in</strong> uno dei suoi famosi oracoli (Nu<br />

24:24) annunciò che “delle navi verranno dalle parti di Kittim e umilieranno Assur”<br />

(l’Assiria).<br />

Si è creduto che questa profezia del mago mesopotamico preannunciasse<br />

l’abbattimento dell’Impero persiano per mano di Alessandro il Macedone giunto<br />

<strong>in</strong> Asia appunto dai lidi mediterranei.<br />

Un riferimento ai litorali mediterranei si è colto anche nell’espressione geografica<br />

“isole di Kittim” che si trova <strong>in</strong> Gr 2:10 e <strong>in</strong> Ez 27:6.<br />

Nella letteratura tardo-giudaica Kittim compare <strong>in</strong> 1Maccabei 1:1 riferito alla<br />

Macedonia.<br />

Questo nome appare ancora <strong>in</strong> due dei Manoscritti del Mar Morto. Nelle<br />

forme ktyy ’ashwr, “Kittim di Assur”, e hktyym bmzrym, “il Kittim <strong>in</strong> Egitto”, si<br />

trova nella Guerra dei figli della luce contro i figli delle tenebre, verosimilmente<br />

riferito ai re seleucidi e tolemaici. In questo documento sembra essere assente<br />

l’associazione del vocabolo con le coste del Mediterraneo: Kittim compare qui<br />

come designazione generalizzata dei nemici dei Giudei. Il Commentario di Abacuc<br />

pure menziona il Kittim.<br />

L’autore di questo scritto crede che le profezie di Abacuc si stiano avverando<br />

ai suoi giorni (probabilmente egli visse verso la metà del I secolo a.C.)<br />

nelle angustie vissute dai Giudei: Ac 1:6-11, dove si descrive un’<strong>in</strong>vasione caldea,<br />

dall’ignoto autore del Commentario è applicato ai Kittim che nel suo tempo<br />

spogliavano il popolo giudaico.<br />

Se si tiene conto del contesto storico nel quale vide la luce questo scritto, si<br />

deve pensare che il term<strong>in</strong>e con tutta probabilità designi i Romani.<br />

353


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 354<br />

CAPITOLO 11<br />

I LXX <strong>in</strong> Dn 11:30 traducono “i Romani” l’espressione orig<strong>in</strong>ale “le navi di<br />

Kittim”. Sembra dunque chiaro che il vocabolo kittim, riferito <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e all’isola<br />

di Cipro e ai suoi abitanti, <strong>in</strong> seguito fosse esteso al litorale mediterraneo e più<br />

tardi ancora agli oppressori stranieri, che venissero dal sud (Egitto), dal nord (Siria)<br />

o dall’ovest (Macedonia e Roma).<br />

Per la sua orig<strong>in</strong>e il libro di Daniele è più vic<strong>in</strong>o ai riferimenti di Geremia e<br />

di Ezechiele che non a quelli degli scritti tardo-giudaici ove il term<strong>in</strong>e potrebbe<br />

essere stato adoperato come un’estensione dell’uso biblico. Comunque la fraseologia<br />

di Dn 11:30 chiaramente ricorda Nu 24:24, dove “kittim” è riferito a conquistatori<br />

provenienti da occidente. Sebbene non ci sia accordo fra gli studiosi della<br />

Bibbia sul significato storico di “kittim” <strong>in</strong> questo passo di Daniele, sembra nondimeno<br />

evidente che nel cercare di capirlo si debba tenere conto di due circostanze.<br />

La prima è che al tempo di Daniele questo nome era riferito alle regioni ed<br />

ai popoli occidentali; la seconda è che già allora poteva essere <strong>in</strong> atto uno spostamento<br />

dell’accento dal senso specificamente geografico del vocabolo verso<br />

un’accezione più ampia per designare con esso <strong>in</strong>vasori stranieri provenienti da<br />

qualsivoglia direzione dello spazio. C’è chi vede, nelle “navi di Kittim”, un’allusione<br />

alle orde dei Barbari che <strong>in</strong>vasero i territori occidentali dell’Impero romano<br />

determ<strong>in</strong>andone <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e il collasso 443.<br />

“...s’<strong>in</strong>dignerà contro il patto santo...” Alcuni <strong>in</strong>terpreti hanno scorto <strong>in</strong> questa<br />

“<strong>in</strong>dignazione” un’allusione all’azione di Roma ecclesiastica contro il patto<br />

santo attraverso la soppressione delle Scritture e la persecuzione dei dissidenti<br />

che ad esse si appellavano.<br />

Interpretazione corrente. Nel 168 a.C. Antioco Epifane, irritato per l’accordo<br />

raggiunto dai due fratelli per governare l’Egitto, <strong>in</strong>vase il paese per la seconda<br />

volta ben determ<strong>in</strong>ato a mettere f<strong>in</strong>e alla d<strong>in</strong>astia dei Làgidi e ad annettersene<br />

i territori. Intanto Roma, che <strong>in</strong> quei giorni concludeva vittoriosamente la<br />

guerra <strong>in</strong> Macedonia, allarmata per le <strong>in</strong>iziative provocatorie dell’Epifane, spedì<br />

una legazione ad Alessandria.<br />

Cosicché Antioco, giunto alla testa delle sue truppe a poche miglia dalla<br />

città, trovò la strada sbarrata dalla legazione romana presieduta dal console Caio<br />

Popilio Lenate, che era stato suo amico durante il soggiorno romano. Il legato di<br />

Roma era latore di un messaggio perentorio del Senato con cui gli si <strong>in</strong>timava di<br />

sgombrare sollecitamente l’Egitto o considerarsi nemico di Roma.<br />

L’Epifane chiese tempo per riflettere, ma il romano, tracciato sul suolo con<br />

un bastone un cerchio <strong>in</strong>torno alla persona dell’<strong>in</strong>terlocutore tergiversante, replicò<br />

che di lì non si sarebbe mosso prima di avere dichiarato la sua <strong>in</strong>tenzione.<br />

Antioco, che ben conosceva la potenza di Roma, non ebbe altra scelta che<br />

sgombrare subito il campo.<br />

443 - Vedi S.D.A. Bible Commentary, vol.IV, pp. 872-873.<br />

354


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 355<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Di ritorno da questa spedizione fallimentare, il re di Siria prese d’assalto Gerusalemme,<br />

dove serpeggiava la rivolta contro le pratiche e i costumi ellenistici<br />

<strong>in</strong>trodotti anni prima, e <strong>in</strong>fierì sulla popolazione perpetrando crudeli massacri, devastando<br />

alcuni quartieri della città e saccheggiando ancora una volta il tempio.<br />

31 Delle forze mandate da lui si presenteranno e profaneranno il<br />

santuario, la fortezza, sopprimeranno il sacrifizio cont<strong>in</strong>uo, e vi collocheranno<br />

l’abom<strong>in</strong>azione, che cagiona la desolazione.<br />

Letteralmente: “Braccia (forze) da lui si ergeranno”, cioè delle forze appartenenti<br />

a questo potere sorgeranno per compiere la profanazione qui descritta. Alcune<br />

versioni traducono: “contam<strong>in</strong>eranno il santuario”; <strong>in</strong> realtà il verbo ebraico<br />

chalâl significa propriamente “profanare” (Gesenius). “Contam<strong>in</strong>are” qualcosa significa<br />

renderla impura, <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>arla; chalal esprime <strong>in</strong>vece l’idea di rendere comune,<br />

banale qualcosa che è sacro. Questo verbo è adoperato <strong>in</strong> Es 20:25 per<br />

<strong>in</strong>dicare che le pietre da utilizzare per la costruzione di un altare sarebbero “profanate”<br />

se le si lavorasse con lo scalpello. In Es 31:14 chalâl è usato <strong>in</strong> relazione<br />

alla dissacrazione del sabato.<br />

“...il santuario, la fortezza...”, ebr. zO(fMah $fD:qiMah hammiqdash hammâ‘oz,<br />

lett.: “il luogo santo, il rifugio” (la seconda parola è <strong>in</strong> apposizione rispetto alla<br />

prima: “il luogo santo, cioè il rifugio”). Qualche commentatore ha applicato alla<br />

città di Roma l’espressione “il santuario, la fortezza o rifugio”. Secondo questa<br />

comprensione del passo sarebbe qui adombrato l’attacco distruttivo dei Barbari<br />

alla “città eterna”.<br />

Altri autori pensano che l’oggetto della profanazione <strong>in</strong> questo versetto sia<br />

il santuario celeste. L’ebraico ma‘oz, tradotto “forza” o “fortezza” (dal verbo<br />

‘azaz, “essere forte”), ritorna ripetutamente <strong>in</strong> questo capitolo (vv 7, 10, 19, 38,<br />

39), per quanto le versioni non lo rendano <strong>in</strong> modo uniforme.<br />

Il santuario di Gerusalemme era circondato da fortificazioni, ma il luogo di<br />

rifugio per eccellenza è il santuario del cielo dove Gesù offre il suo sangue a beneficio<br />

dei peccatori (Eb 9:11-14). Secondo questa comprensione dell’espressione:<br />

“profaneranno il santuario, il rifugio”, essa si riferirebbe alla sostituzione<br />

del sacrificio e del sacerdozio autentici di Cristo nel santuario celeste con un<br />

falso sacrificio e un falso sacerdozio terreni (su tamîd - “cont<strong>in</strong>uità”, vedi il commento<br />

di 8: 12).<br />

“L’abom<strong>in</strong>azione che cagiona la desolazione” (ebr. {"mO$:m jUQi


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 356<br />

CAPITOLO 11<br />

salemme, che avvenne nel 70 a.D., Gesù identificò con “l’abom<strong>in</strong>azione della<br />

desolazione di cui ha parlato il profeta Daniele” gli eserciti romani che avrebbero<br />

circondato la città (Mt 24:15; Lc 21:20) 445.<br />

Considerando che 9:27 è parte della spiegazione di 8:11-13, la conclusione<br />

a cui si arriva <strong>in</strong> modo naturale è che 8:11-13 sia una profezia nella quale sono<br />

fuse <strong>in</strong>sieme due prospettive (un po’ come nel discorso profetico di Gesù <strong>in</strong> Mt<br />

24) 446. La prima prospettiva è quella della distruzione di Gerusalemme e del<br />

Tempio ad opera dei Romani; la seconda concerne l’attività del papato nei secoli<br />

dell’era cristiana. Si noti <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e che l’esplicito riferimento di Gesù all’”abom<strong>in</strong>azione<br />

della desolazione” come a un evento futuro, esclude Antioco Epifane dalla<br />

visuale della profezia.<br />

Interpretazione corrente. Questa l<strong>in</strong>ea esegetica applica il v. 31 alla feroce<br />

repressione perpetrata da Antioco Epifane <strong>in</strong> Gerusalemme di ritorno dalla<br />

seconda campagna <strong>in</strong> Egitto nel 168. Furono numerosi i pii Giudei che caddero<br />

sotto la spada dei soldati di Antioco <strong>in</strong> quell’occasione.<br />

L’anno seguente il re di Siria <strong>in</strong>viò a Gerusalemme un corpo di spedizione<br />

con l’<strong>in</strong>carico di <strong>in</strong>trodurre l’ellenizzazione forzata nella città. Furono proibiti<br />

sotto pena di morte i riti della fede giudaica: l’offerta del sacrificio e la circoncisione;<br />

fu proscritta la celebrazione del sabato e delle feste religiose; fu <strong>in</strong>timato,<br />

ancora sotto pena di morte, di consegnare i sacri rotoli della legge per essere lacerati<br />

e bruciati. Fu abbattuto un tratto del muro cittad<strong>in</strong>o che Nehemia aveva ricostruito,<br />

e col materiale di ricupero si eresse una fortezza pagana nel cuore<br />

della città santa, la fortezza dell’Akra. Inf<strong>in</strong>e sull’altare dei sacrifici fu eretta<br />

un’ara dedicata a Zeus e su di essa si immolò un maiale. Era il 15 dicembre 167<br />

a.C. (cfr. 1Maccabei 1:54-64). Fu l’occasione della rivolta dei Maccabei.<br />

32 E per via di lus<strong>in</strong>ghe corromperà quelli che agiscono empiamente<br />

contro il patto; ma il popolo di quelli che conoscono il loro Dio mostrerà<br />

fermezza, e agirà.<br />

“...quelli che agiscono contro il patto...”, vedi il commento del v. 28 <strong>in</strong> alto. Nel<br />

soggetto della proposizione <strong>in</strong>iziale si identifica ancora il papato.<br />

“...per via di lus<strong>in</strong>ghe...”, ebr. tOQalAxaB bachalaqqôth, “blandizie”. Fare apparire<br />

le sue vie più praticabili delle vie di Dio è stata sempre la strategia di Satana,<br />

ma il popolo del Signore ha sempre calcato il sentiero <strong>in</strong>dicato da Gesù <strong>in</strong> Mt<br />

7:14: “angusta (è) la via che mena alla vita”.<br />

445 - A questa spiegazione del S.D.A. Bible Commentary preferiamo quella che ravvisa “l’abom<strong>in</strong>azione”<br />

nell’occupazione e profanazione dei sacri rec<strong>in</strong>ti del Tempio, e del Tempio stesso,<br />

ad opera degli Zeloti di Eleazaro della primavera-estate del 70 a.D., di cui Giuseppe Flavio ci ha<br />

lasciato ampia relazione <strong>in</strong> Guerre Giudaiche (vedi il commento di 9:27).<br />

446 - Cfr. Desire of ages, p. 628, <strong>in</strong> italiano La speranza dell’uomo, pp. 449-450).<br />

356


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 357<br />

CAPIRE DANIELE<br />

“...mostrerà fermezza e agirà”. La frase è applicata ai cristiani dissidenti vissuti<br />

nell’Europa controllata dalla Chiesa romana i quali mantennero <strong>in</strong>alterate la<br />

loro fede e le loro conv<strong>in</strong>zioni a dispetto della persecuzione (Albigesi, Valdesi,<br />

Hussiti...).<br />

Interpretazione corrente. “Quelli che agiscono empiamente contro il<br />

patto” sarebbero i giudei r<strong>in</strong>negati che avendo ceduto alle lus<strong>in</strong>ghe di Antioco<br />

tradirono la fede avita. Nel “popolo di quelli che conoscono il loro Dio” si rispecchierebbero<br />

i giudei fedeli che non vacillarono di fronte alla persecuzione e<br />

alla morte. Rifulsero <strong>in</strong> particolare il coraggio e la fede eroica del sacerdote Mattatia<br />

e dei suoi 5 figli, i Maccabei.<br />

33 E i savi fra il popolo ne istruiranno molti; ma saranno abbattuti<br />

dalla spada e dal fuoco, dalla cattività e dal saccheggio, per un<br />

certo tempo. 34 E quando saranno così abbattuti, sarano soccorsi<br />

con qualche piccolo aiuto; ma molti s’uniranno a loro con f<strong>in</strong>ti sembianti.<br />

“E i savi fra il popolo ne istruiranno molti...” I discepoli di Cristo accolsero il<br />

mandato: “Andate... ammaestrate tutti i popoli” (Mt 28:19) come un imperativo<br />

impresc<strong>in</strong>dibile sia <strong>in</strong> tempi di pace che <strong>in</strong> tempi di persecuzione, e non di rado<br />

<strong>in</strong> tale drammatica circostanza la loro testimonianza si rivelò più efficace che <strong>in</strong><br />

tempi normali.<br />

“...saranno abbattuti...” Nessuno può dire quanti furono i condannati per<br />

eresia che perirono sul rogo o furono trafitti dalla soldataglia dei pr<strong>in</strong>cipi e dei<br />

duchi fedeli a Roma durante i lunghi secoli dell’<strong>in</strong>tolleranza papale.<br />

“...per un certo tempo...”. Il testo masoretico, i Settanta e Teodozione hanno<br />

semplicemente “per giorni”. Alcuni manoscritti ebraici tuttavia aggiungono l’aggettivo<br />

rabbîm, “molti”. Il periodo al quale si allude con questa espressione è<br />

quello dei 1260 “giorni” di Dn 7:25, 12:7 e Ap 12:6, 14 e 13:5. È il tempo durante<br />

il quale il potere apostata esercitò più pesantemente l’autorità usurpata perseguitando<br />

a morte quanti rifiutarono di riconoscergliela.<br />

“...saranno soccorsi con qualche piccolo aiuto...”. I martiri della fede ebbero<br />

sempre coscienza del fatto che la loro vita era “nascosta con Cristo <strong>in</strong> Dio” (Cl 3:3).<br />

Nei secoli bui ai quali si riferisci Dn 11:33 Dio <strong>in</strong>viò ripetutamente al suo<br />

popolo oppresso “un piccolo aiuto” attraverso dei leaders che <strong>in</strong>vocarono con<br />

grande coraggio un ritorno alle Scritture. Basterà ricordare i predicatori valdesi<br />

dal XII secolo <strong>in</strong> poi, John Wycliff <strong>in</strong> Inghilterra nel XIV secolo, Jan Huss e Girolamo<br />

da Praga <strong>in</strong> Boemia nel XV secolo. Nel XVI secolo i rivolgimenti che si<br />

produssero nella vita politica, economica, sociale e religiosa d’Europa, e che sul<br />

piano religioso resero possibile la Riforma protestante, aprirono la via a molte<br />

voci nuove che si unirono a quelle delle generazioni precedenti.<br />

Interpretazione corrente. Circa i “savi” le op<strong>in</strong>ioni non sono concordi.<br />

Alcuni vi identificano <strong>in</strong> modo generico dei fedeli giudei i quali con la parola e<br />

357


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 358<br />

CAPITOLO 11<br />

con l’esempio ammaestrarono il popolo (G.R<strong>in</strong>aldi), altri richiamano l’attenzione<br />

sul partito degli Hassidei i cui aderenti si unirono a Mattatia e ai suoi figli per<br />

opporsi con le armi all’ellenizzazione forzata. Molti di loro caddero nella sangu<strong>in</strong>osa<br />

repressione scatenata da Antioco. Non si trova però una giustificazione storica<br />

soddisfacente riguardo al “piccolo aiuto”. Si pensa generalmente agli effetti<br />

della rivolta dei Maccabei, ma quegli effetti furono tutt’altro che “piccoli”.<br />

35 E di que’ savi ne saranno abbattuti alcuni, per aff<strong>in</strong>arli, per purificarli<br />

e per imbiancarli s<strong>in</strong>o al tempo della f<strong>in</strong>e, perché questa non<br />

avverrà che al tempo stabilito.<br />

“...per imbiancarli...”. A volte Dio permette che i suoi fedeli siano messi al cimento,<br />

e consente pers<strong>in</strong>o che sia loro tolta la vita. Lo consente perché nel crogiolo<br />

della prova il loro carattere si purifica ed essi sono così resi idonei per il<br />

regno dei cieli. Anche il Figlio di Dio fatto uomo “imparò l’ubbidienza dalle cose<br />

che soffrì” (Eb 5:8; cfr. Ap 6:11).<br />

“...s<strong>in</strong>o al tempo della f<strong>in</strong>e...”, ebraico ‘eth qetz. Questa espressione compare<br />

altrove <strong>in</strong> Daniele (<strong>in</strong> 8:17; 11:40; 12:4,9). Nel contesto di 11:35 ‘eth qetz è<br />

<strong>in</strong> rapporto con i 1260 anni dei quali segna la scadenza. Se confrontiamo questi<br />

passi con alcune dichiarazioni di E.G.White 447, ci rendiamo conto che l’anno<br />

1798 segna l’<strong>in</strong>izio del “tempo della f<strong>in</strong>e”.<br />

“...al tempo stabilito”, ebr. mo‘ed, dal verbo ya‘âd, “fissare”, “stabilire”.<br />

Nell’Antico Testamento è un vocabolo abbastanza comune; lo si applica ai tempi<br />

fissati per le assemblee religiose (Es 23:15) sia <strong>in</strong> rapporto al tempo (Os 12:9)<br />

che <strong>in</strong> rapporto al luogo (Sl 74:8). In Dn 11:35 mo‘ed è adoperato <strong>in</strong> relazione al<br />

tempo: un tempo fissato, determ<strong>in</strong>ato. Il “tempo della f<strong>in</strong>e” è un tempo fissato<br />

da Dio nell’ambito del suo programma riguardo agli eventi umani.<br />

Interpretazione corrente. Da alcuni autori i “savi” sono identificati con gli<br />

Assidei, come si è detto prima. In effetti non pochi di loro perirono durante la<br />

persecuzione implacabile di Antioco IV. Mediante la sofferenza e la morte Dio<br />

ha saggiato la loro fede. La prova non doveva però durare <strong>in</strong>def<strong>in</strong>itamente: essa<br />

sarebbe cessata nel tempo che Dio avrebbe fissato.<br />

358<br />

36 E il re agirà a suo talento, si estollerà, si magnificherà al disopra<br />

d’ogni dio, e proferirà cose <strong>in</strong>audite contro l’Iddio degli dèi; prospererà<br />

f<strong>in</strong>ché l’<strong>in</strong>dignazione sia esaurita; poiché quello ch’è decretato<br />

si compirà.<br />

447 - Vedi The Desire of Ages, p. 234 (<strong>in</strong> italiano La Speranza dell’uomo, p. 157), The Great Controversy,<br />

p. 356 (<strong>in</strong> italiano Il Gran Conflitto, pp. 261-262) e <strong>in</strong> Testimonies, vol. V, pp. 9 e 10.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 359<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Sui vv. 36-39 gli espositori avventisti hanno applicato generalmente due <strong>in</strong>terpretazioni<br />

differenti. Gli uni hanno identificato <strong>in</strong> questi versetti la Francia rivoluzionaria<br />

nel 1789 ed anni seguenti, gli altri vi hanno scorto ancora il potere apostata<br />

e persecutore descritto nei versetti precedenti.<br />

Coloro che vedono nel “re” la Francia all’epoca della Rivoluzione, sottol<strong>in</strong>eano<br />

che questa figura deve rappresentare una nuova entità politica, poiché<br />

essa appare subito dopo la menzione del “tempo della f<strong>in</strong>e” e risponde a caratteristiche<br />

che non sono quelle riferite all’entità descritta nei versetti precedenti;<br />

deve rappresentare un potere orientato verso l’ateismo. È un fatto noto che la filosofia<br />

che ha dato impulso alla Rivoluzione francese fu, non solo anticlericale,<br />

ma anche ateistica e che essa <strong>in</strong>fluenzò successivamente il pensiero del XIX e<br />

del XX secolo. Inoltre la Rivoluzione ed i suoi riflessi postumi segnarono la f<strong>in</strong>e<br />

del periodo profetico dei 1260 anni.<br />

Quanti fra i nostri espositori identificano il “re” menzionato <strong>in</strong> questo versetto<br />

con l’entità politico-ecclesiastica descritta nel v. 32, citano il fatto che nel testo<br />

ebraico la parola “re” è preceduta dall’articolo, la qual cosa sembra implicare<br />

che il dom<strong>in</strong>atore di cui si sta parlando sia una figura già nota. Essi obiettano<br />

che il riferimento al “tempo della f<strong>in</strong>e” nel v. 35 sembra orientare piuttosto al futuro<br />

e non implica necessariamente che i vv. 36-39 debbano collocarsi esclusivamente<br />

dopo l’<strong>in</strong>izio del tempo della f<strong>in</strong>e nel 1798 (vedi il commento del v. 35 <strong>in</strong><br />

alto), tanto più che non prima del v. 40 si allude <strong>in</strong> modo specifico a un evento<br />

che deve aver luogo “nel tempo della f<strong>in</strong>e”. Dal punto di vista di questi nostri<br />

autori, il quadro descritto nei vv. 36-39 del<strong>in</strong>ea non già un orientamento ateistico<br />

ma piuttosto un tentativo di sopprimere ogni altra entità religiosa. I suddetti autori<br />

richiamano anche l’attenzione sul parallelismo tra i capitoli 2, 7 e 8-9 e concludono<br />

che nel cap. 11 deve essere presente lo stesso parallelismo centrato<br />

sull’ascesa e il culm<strong>in</strong>e del medesimo potere descritto nelle altre profezie del libro<br />

di Daniele.<br />

“...si magnificherà...” Secondo l’op<strong>in</strong>ione degli <strong>in</strong>terpreti che ravvisano <strong>in</strong><br />

questo versetto la presenza della Francia rivoluzionaria, questa espressione descriverebbe<br />

l’ateismo sp<strong>in</strong>to a cui si lasciarono andare i capi più radicali della Rivoluzione.<br />

Si cita a questo proposito una legge emanata dal governo di Parigi il<br />

26 novembre 1793 la quale decretava l’abolizione di tutte le religioni nella capitale<br />

della Francia. Anche se quella legge venne revocata pochi giorni dopo<br />

dall’Assemblea Nazionale, il fatto dimostra comunque f<strong>in</strong>o a che punto l’ateismo<br />

<strong>in</strong>fluenzò la politica della Francia <strong>in</strong> quel periodo.<br />

Gli espositori che applicano questi passi del cap. 11 di Daniele alla grande<br />

potenza apostata della storia del Cristianesimo, considerano il v. 36 parallelo a<br />

Dn 8:11, 25; 2Te 2:4; Ap 13:2, 6; 18:7. Costoro vedono la realizzazione di quanto<br />

è predetto <strong>in</strong> questo passo di Daniele nella pretesa che il papa sia il vicereggente<br />

di Cristo <strong>in</strong> terra, nella rivendicazione del potere del sacerdozio, nella dottr<strong>in</strong>a<br />

sul “potere delle chiavi”, ossia sull’autorità di aprire e chiudere il cielo agli<br />

uom<strong>in</strong>i.<br />

“...proferirà cose <strong>in</strong>audite...”. Secondo il parere che sia la Francia il soggetto<br />

che agisce <strong>in</strong> questa parte della profezia, la frase su riportata si riferirebbe alle<br />

359


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 360<br />

CAPITOLO 11<br />

dichiarazioni vanagloriose dei rivoluzionari nell’abolire la religione e istituire il<br />

culto della Ragione. Quando <strong>in</strong> seguito fu <strong>in</strong>trodotto il culto dell’Ente Supremo, i<br />

reazionari ci tennero a mettere <strong>in</strong> chiaro che questo Ente non aveva niente a che<br />

vedere col Dio dei cristiani.<br />

L’altra l<strong>in</strong>ea esegetica ravvisa nella frase su riferita (“proferirà cose <strong>in</strong>audite”)<br />

l’attribuzione al pontefice romano, o la rivendicazione da parte sua, di titoli, poteri<br />

e prerogative che appartengono <strong>in</strong> esclusiva alla Div<strong>in</strong>ità.<br />

Interpretazione corrente. Si scorge ancora nel v. 36 il tiranno che “si è<br />

eretto contro Dio, anzi, ha voluto sostituirglisi” (R<strong>in</strong>aldi), cioè Antioco Epifane.<br />

H.C.Leupold da questo punto diverge dall’<strong>in</strong>terpretazione comune del cap.<br />

11 di Daniele. Nel “re” orgoglioso e <strong>in</strong>solente egli non riconosce più l’Epifane, di<br />

cui ha ammesso la presenza f<strong>in</strong>o al versetto precedente, ma scorge la figura<br />

dell’Anticristo f<strong>in</strong>ale e il suo successo apparente nell’agire contro Dio ed il suo<br />

popolo, e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e la sua def<strong>in</strong>itiva disfatta e distruzione 448.<br />

37 Egli non avrà riguardo agli dèi de’ suoi padri; non avrà riguardo<br />

né alla div<strong>in</strong>ità favorita delle donne, né ad alcun dio, perché si magnificherà<br />

al disopra di tutti.<br />

“Non avrà riguardo... alla div<strong>in</strong>ità favorita delle donne...” I commentatori che<br />

identificano nella Francia rivoluzionaria il “re” <strong>in</strong>solente, riferiscono la frase riportata<br />

sopra alla presa di posizione dei capi della Rivoluzione verso il matrimonio.<br />

Essi dichiararono che l’unione matrimoniale non era più che un contratto civile<br />

che si poteva sciogliere senza particolari formalità quando uno dei contraenti<br />

lo avesse voluto.<br />

I fautori dell’<strong>in</strong>terpretazione “papale” applicano al celibato ecclesiastico il riferimento<br />

alla “div<strong>in</strong>ità favorita delle donne”.<br />

Interpretazione corrente. È nota alla storia la prodigalità di Antioco Epifane<br />

verso i santuari ellenistici e <strong>in</strong> particolare verso Zeus Olimpico assimilato a<br />

Giove Capitol<strong>in</strong>o. A questa div<strong>in</strong>ità romana l’Epifane secondo Livio eresse un<br />

tempio presso Antiochia, mentre trascurò Apollo, una div<strong>in</strong>ità assai venerata dai<br />

Greci, come pure l’impudico Tammuz (“la div<strong>in</strong>ità preferita dalle donne”).<br />

38 Ma onorerà l’iddio delle fortezze nel suo luogo di culto; onorerà<br />

con oro, con argento, con pietre preziose e con oggetti di valore un<br />

dio che i suoi padri non conobbero.<br />

“Ma onorerà il Dio delle fortezze nel suo luogo...”, ebr. ONaK-la( ‘al kannô, “<strong>in</strong> sua<br />

vece”, “al posto di quello”, cioè al posto del dio vero. “...l’Iddio delle fortezze”,<br />

448 - H.C.LEUPOLD, op. cit., pp. 510 e ss.<br />

360


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 361<br />

CAPIRE DANIELE<br />

ebr. {yéZu(fm aHolE) ’eloah ma‘ûzzîm.<br />

Dai fautori dell’applicazione alla Francia di questi versetti, la frase è riferita<br />

al culto della Ragione istituito a Parigi nel 1793. Alcuni capi della Rivoluzione,<br />

avendo riconosciuto che per estendere <strong>in</strong> Europa la rivoluzione stessa era necessario<br />

mantenere <strong>in</strong> Francia una parvenza di religione, favorirono l’<strong>in</strong>staurazione<br />

di una nuova forma di religione imperniata sulla deificazione della ragione.<br />

Essa più tardi fu seguita dal culto dell’Ente Supremo, praticamente il culto<br />

della natura div<strong>in</strong>izzata la quale può ben considerarsi “un dio delle forze”.<br />

Gli <strong>in</strong>terpreti che applicano <strong>in</strong>vece al papato questa parte della rivelazione,<br />

hanno colto nel v. 38 un riferimento al culto dei santi e di Maria. Altri ancora applicano<br />

questo passo all’alleanza tra il potere religioso e il potere civile e ai tentativi<br />

di Roma ecclesiastica di porre le nazioni sotto la sua autorità.<br />

“...con oggetti di valore...”, ebr. tOdumAx chamudôth, “cose dilettevoli”, oggetti<br />

preziosi”. Un term<strong>in</strong>e derivato dalla stessa radice si trova <strong>in</strong> Is 44:9 <strong>in</strong> riferimento<br />

agli ornamenti preziosi coi quali i pagani rivestivano le immag<strong>in</strong>i delle loro div<strong>in</strong>ità.<br />

Si è vista la realizzazione di questa predizione nei doni preziosissimi offerti<br />

alle immag<strong>in</strong>i di Maria e dei santi (cfr. Ap 17:4; 18:16).<br />

Interpretazione corrente. Il dio sconosciuto ai padri che il “re” onora con<br />

oro, con argento e con oggetti di valore sarebbe Giove Capitol<strong>in</strong>o, la div<strong>in</strong>ità romana<br />

che Antioco IV avrebbe collocato nelle “fortezze” di Dura-Europos e di<br />

Beisan con copiose offerte di oggetti preziosi.<br />

39 E agirà contro le fortezze ben munite, aiutato da un dio straniero;<br />

quelli che lo riconosceranno egli ricolmerà di gloria, li farà dom<strong>in</strong>are<br />

su molti, e spartirà fra loro delle terre come ricompense.<br />

“E agirà contro le fortezze ben munite...”. Il passo è alquanto oscuro ed è stato<br />

tradotto <strong>in</strong> vari modi. Il verbo ‘asah, “fare”, “agire”, “operare”, non ha un complemento<br />

diretto, ma è seguito da due preposizioni, le (“a”, “per”) e ‘im (“con”).<br />

In Ge 30:30, 1Sm 14:6 ed Ez 29:20, ‘asah senza complemento oggetto e seguito<br />

dalla preposizione le ha il senso di “agire per (qualcuno)”.<br />

Seguito da ‘im, ‘asah si trova <strong>in</strong> 1Sm 14:45 col significato di “operare”. Tenendo<br />

conto di questi usi del verbo, la frase <strong>in</strong>iziale di Dn 11:39 potrebbe tradursi:<br />

“Ed egli agirà per i più forti rifugi (ma‘ûzzîm) con un dio straniero”. Poiché<br />

l’’eloah ma‘ûzzîm del v. 38 sembra essere parallelo a “un dio che i suoi padri<br />

non conobbero” menzionato nel v. 39, si può ritenere che l’uno e l’altro<br />

siano una sola e medesima cosa.<br />

Gli autori che ritengono sia la Francia la protagonista delle vicende descritte<br />

<strong>in</strong> questi versetti, scorgono nel “dio straniero” la posizione prem<strong>in</strong>ente che ebbero<br />

nel pensiero dei leaders della Rivoluzione l’ateismo ed il razionalismo. Gli<br />

altri ci vedono il sostegno assicurato dalla Chiesa romana al culto dei “protettori”<br />

(i santi) e alle feste <strong>in</strong> onore della messa e della Verg<strong>in</strong>e.<br />

“...spartirà fra loro delle terre...”. Gli uni colgono <strong>in</strong> questa frase la f<strong>in</strong>e della<br />

grande proprietà terriera <strong>in</strong> Francia al tempo della Rivoluzione, quando le terre<br />

361


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 362<br />

CAPITOLO 11<br />

dei nobili furono dallo Stato vendute a piccoli proprietari; si è calcolato che i due<br />

terzi della proprietà terriera <strong>in</strong> Francia furono espropriati dal governo durante la<br />

Rivoluzione. Gli altri scorgono nell’espressione “spartirà fra loro delle terre” un’allusione<br />

al dom<strong>in</strong>io papale sui pr<strong>in</strong>cipi temporali ed ai tributi da questi corrisposti<br />

alla curia romana. Si è anche pensato alla spartizione delle terre del Nuovo<br />

Mondo tra Spagna e Portogallo con l’arbitrato di papa Alessandro VI nel 1493.<br />

Interpretazione corrente. Alcuni dei fautori della spiegazione “siriana”<br />

ravvisano, nella frase <strong>in</strong>iziale del versetto, la fiducia riposta da Antioco nella protezione<br />

di Giove (“il dio straniero”) della quale i Romani pretendevano di fruire,<br />

e nelle frasi seguenti scorgono la propaganda fatta dai dom<strong>in</strong>atori pagani per <strong>in</strong>durre<br />

i Giudei ad accogliere il culto di questa div<strong>in</strong>ità. Altri nella prima parte del<br />

versetto colgono un’allusione allo scandalo suscitato nei Giudei il vedere crescere<br />

nella città di Davide le fortificazioni nelle quali Antioco avrebbe <strong>in</strong>sediato i<br />

soldati <strong>in</strong>caricati di presidiarla. Nella seconda parte del passo si ravvisa il mandato<br />

conferito da Antioco a Lisia di <strong>in</strong>sediare degli stranieri <strong>in</strong> tutto il territorio e<br />

di spartire tra loro il paese.<br />

40 E al tempo della f<strong>in</strong>e, il re del mezzogiorno verrà a cozzo con lui;<br />

e il re del settentrione gli piomberà addosso come la tempesta, con<br />

carri e cavalieri, e con molte navi; penetrerà ne’ paesi e, tutto <strong>in</strong>ondando,<br />

passerà oltre. 41 Entrerà pure nel paese splendido, e molte<br />

popolazioni saranno abbattute; ma queste scamperanno dalle sue<br />

mani: Edom, Moab e la parte pr<strong>in</strong>cipale de’ figliuoli di Ammon.<br />

42 Egli stenderà la mano anche su diversi paesi, e il paese d’Egitto<br />

non scamperà. 43 E s’impadronirà de’ tesori d’oro e d’argento, e di<br />

tutte le cose preziose dell’Egitto; e i Libi e gli Etiopi saranno al suo<br />

séguito. 44 Ma notizie dall’oriente e dal settentrione lo spaventeranno;<br />

ed egli partirà con gran furore, per distruggere e votare allo<br />

sterm<strong>in</strong>o molti. 45 E pianterà le tende del suo palazzo fra i mari e il<br />

bel monte santo; poi giungerà alla sua f<strong>in</strong>e, e nessuno gli darà aiuto.<br />

Dopo i vv. 14 e 15 ritorna per l’ultima volta la menzione dei re del mezzogiorno<br />

e del settentrione. Il riferimento al “tempo della f<strong>in</strong>e” esclude che possa trattarsi<br />

ancora dei re tolemaici e seleucidi. Gli espositori avventisti che hanno visto la<br />

Francia all’epoca della Rivoluzione nei vv. 30-39, hanno ritenuto che “il re del<br />

settentrione” nei vv. 40-45 debba identificarsi con la Turchia; gli altri vi hanno<br />

scorto un quadro profetico del papato al culm<strong>in</strong>e della sua ascesa.<br />

“... poi verrà la sua f<strong>in</strong>e” (v. 45 u.p.). Predizioni simili a questa si trovano<br />

nelle profezie parallele dei capitoli 2 (vv. 34, 35, 44, 45), 7 (vv. 11 e 26), 8 (vv.<br />

19 e 25) e 9 (v. 27), ma anche altrove nella Scrittura (per esempio <strong>in</strong> Is 14:6;<br />

47:11-15; <strong>in</strong> Gr 50:32; <strong>in</strong> 1Te 5:3; <strong>in</strong> Ap 18:6-8, 19, 21). Gli espositori avventisti <strong>in</strong><br />

generale hanno sostenuto che quanto predetto <strong>in</strong> Dn 11:40 si adempirà nell’ultimo<br />

tratto del tempo della f<strong>in</strong>e.<br />

James White - uno dei pionieri dell’avventismo del settimo giorno - esortò<br />

362


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 363<br />

CAPIRE DANIELE<br />

alla prudenza gli uom<strong>in</strong>i della chiesa che tendevano a commentare le profezie di<br />

Daniele sulla scorta degli avvenimenti contemporanei. Egli scrisse nel 1877:<br />

“Lo studioso deve evitare di esprimersi <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i decisamente affermativi<br />

quando espone le profezie che debbono ancora avverarsi e che non hanno<br />

qu<strong>in</strong>di il supporto della storia, e questo per non correre il rischio di perdersi<br />

nella giungla della fantasia.<br />

“Alcuni rivolgono il pensiero più alla verità futura che a quella presente: vedono<br />

poca luce sulla via che stanno percorrendo e credono che ve ne sia molta<br />

davanti a loro.<br />

“Certe prese di posizione sulla questione d’Oriente si basano su profezie<br />

che non si sono ancora avverate. Su questo terreno dobbiamo muoverci con<br />

prudenza e prendere posizione con cautela per non rischiare di rimuovere posizioni<br />

oramai acquisite <strong>in</strong> seno al movimento dell’avvento. Si deve dire che su<br />

questa <strong>in</strong>terpretazione c’è stato un consenso generale, e che gli sguardi di tutti<br />

sono puntati sul conflitto <strong>in</strong> atto tra Turchia e Russia nel quale si crede di scorgere<br />

l’avverarsi di quella parte della profezia che confermerà la fede nell’imm<strong>in</strong>ente<br />

proclamazione del grido di mezzanotte e nella rapida conclusione del nostro<br />

messaggio. Quali conseguenze potranno derivare da tanta fiducia riposta su<br />

profezie non ancora adempiute se il corso degli eventi sarà diverso da quello<br />

previsto, è una domanda che suscita <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e” 449. Il tempo ha dato ampia<br />

conferma della saggezza di questa osservazione critica.<br />

In tempi più recenti, specie <strong>in</strong> certi ambienti evangelici anglosassoni, si è<br />

dato molto peso alla m<strong>in</strong>acciosa potenza militare dell’Unione Sovietica vista<br />

come la controfigura storica del profetico “re del nord” descritto <strong>in</strong> Dn 11: 40-45.<br />

Al presente la fallacia di quella <strong>in</strong>terpretazione è sotto gli occhi di tutti.<br />

È tuttora valido il saggio richiamo di J.White agli espositori avventisti della<br />

parola profetica.<br />

È sempre <strong>in</strong>cauto azzardare <strong>in</strong>terpretazioni appoggiate al panorama <strong>in</strong>ternazionale<br />

del momento.<br />

La conferma della profezia viene dalla storia, non dalla cronaca, a meno<br />

che l’esegeta non sia egli stesso <strong>in</strong> possesso del carisma profetico.<br />

Per quanto attiene a Dn 11:40-45, ci pare che l’espositore non disponga ancora<br />

di elementi certi per capire e spiegare gli eventi ivi predetti.<br />

Interpretazione corrente. I commentatori che vedono ancora la figura di<br />

Antioco IV nel “re del nord” menzionato nel v. 40, non possono dare una giustificazione<br />

storica di siffatta <strong>in</strong>terpretazione perché la storia non conosce una terza<br />

campagna dell’Epifane contro l’Egitto dopo le due già ricordate. Il Prof. G.R<strong>in</strong>aldi<br />

osserva a proposito di questi versetti f<strong>in</strong>ali di Dn 11, che “Il vero significato,<br />

come <strong>in</strong>dicarono alcuni Padri, va cercato nella f<strong>in</strong>e del mondo, a cui con parole<br />

449 - JAMES WHITE <strong>in</strong> Review and Herald del 29 novembre 1877. Da S.D.A. Bible Commentary,<br />

vol. IV, p. 877<br />

363


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 364<br />

CAPITOLO 11<br />

esplicite il profeta sta per trasferire il discorso (cap.12)” 450. Concordiamo con<br />

questo giudizio, sebbene riteniamo che con identica espressione, “il tempo della<br />

f<strong>in</strong>e” (‘eth qetz), Daniele abbia già <strong>in</strong>trodotto nel v. 35 il concetto della f<strong>in</strong>e del<br />

mondo.<br />

Sul v. 40 H.C.Leupold fa notare che “non c’è nulla nel contesto che sm<strong>in</strong>uisca<br />

la forza della parola ‘f<strong>in</strong>e’, onde è la f<strong>in</strong>e di tutte le cose ciò a cui si fa qui riferimento”<br />

451. Questo autore op<strong>in</strong>a che alla f<strong>in</strong>e dei tempi delle forze nuove<br />

muoveranno simultaneamente dal nord e dal sud contro l’Anticristo, così come<br />

nell’antichità mossero l’uno contro l’altro i personaggi storici designati come “il<br />

re del nord” e “il re del sud”, ma l’Anticristo, che disporrà di forze formidabili,<br />

contrattaccherà <strong>in</strong>vadendo e devastando le terre di quelli che lo avranno assalito.<br />

La rivelazione non term<strong>in</strong>a con la f<strong>in</strong>e del cap. 11, ma prosegue e si conclude<br />

nei primi 3 versetti del capitolo seguente.<br />

Sul cap. 11 di Daniele il prof. Jacques Doukhan presenta una visione orig<strong>in</strong>ale<br />

<strong>in</strong> Le soupîr de la terre. Egli non riconosce i re seleucidi nella figura predom<strong>in</strong>ante<br />

di questo capitolo (il “re del nord”), come fanno quasi tutti i commentatori<br />

moderni, ma vi scorge lo stesso potere che i capp. 7 e 8 descrivono col simbolo<br />

del “piccolo corno”. A siffatta conclusione il Doukhan perviene attraverso<br />

un confronto tra le due figure, confronto dal quale emergono effettivamente parallelismi<br />

significativi.<br />

In def<strong>in</strong>itiva l’Autore sostiene che non è un conflitto politico quello che si<br />

descrive <strong>in</strong> Dn 11, ma un conflitto spirituale, e trae sostegno alla sua tesi dalla<br />

struttura letteraria del testo e dal simbolismo connesso col riferimento spaziale<br />

nord-sud.<br />

La tesi del Prof. Doukhan, esposta nel capitolo undicesimo dell’opera citata,<br />

merita ponderata considerazione.<br />

450 - G.RINALDI, Daniele, p. 49.<br />

451 - H.C.LEUPOLD, op. cit., p. 520.<br />

364


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 365<br />

Capitolo 12<br />

___________________________________________________<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Il percorso delle grandi profezie danieliche lungo le vie maestre della storia - con<br />

l’unica eccezione della rivelazione del capitolo nono - conduce <strong>in</strong>variabilmente<br />

al medesimo punto d’arrivo: il giudizio f<strong>in</strong>ale ed il regno eterno di Dio. Così il sogno<br />

di Nabucodonosor nel cap. 2, così la visione delle quattro fiere nel cap. 7 e<br />

quella del montone e del capro nel cap. 8.<br />

L’ultima rivelazione <strong>in</strong> 11:2 - 12:3 non ha un epilogo diverso: anch’essa si<br />

arresta sulla soglia dell’eternità.<br />

Il cap. 12 non <strong>in</strong>troduce una nuova rivelazione; esso conclude, nei primi<br />

versetti, quella <strong>in</strong>iziata nel capitolo precedente. Si assiste <strong>in</strong> questi primi tre versetti<br />

al felice epilogo delle dolorose peripezie dei santi, che parevano <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abili.<br />

Il sorgere <strong>in</strong> loro difesa del gran Pr<strong>in</strong>cipe Micael, mentre una tribolazione di una<br />

dimensione <strong>in</strong>audita flagella la terra, li mette per sempre <strong>in</strong> salvo.<br />

Il resto del capitolo (vv. 4-13) - con l’ord<strong>in</strong>e dato al profeta di mantenere segreta<br />

la visione, con un fugace riferimento ai tempi profetici rivelati <strong>in</strong> precedenza,<br />

con un accenno all’eredità eterna che è tenuta <strong>in</strong> serbo per Daniele -<br />

chiude nel medesimo tempo il libro e la vicenda terrena del suo autore.<br />

1 E <strong>in</strong> quel tempo sorgerà Micael, il gran capo, il difensore de’ figliuoli<br />

del tuo popolo; e sarà un tempo d’angoscia, quale non se<br />

n’ebbe mai da quando esistono nazioni f<strong>in</strong>o a quell’epoca; e <strong>in</strong> quel<br />

tempo, il tuo popolo sarà salvato; tutti quelli, cioè, che saranon trovati<br />

iscritti nel libro.<br />

Cont<strong>in</strong>ua e s’avvia alla conclusione l’ampia rivelazione che è venuta sviluppandosi<br />

nel cap. 11.<br />

Il cap. 12 si apre con un ultimo riferimento al Pr<strong>in</strong>cipe Micael, il cui levarsi<br />

<strong>in</strong> difesa del popolo santo nel tempo della f<strong>in</strong>e è messo <strong>in</strong> relazione con due<br />

condizioni umane <strong>in</strong> radicale contrasto tra loro: da un lato uno stato generalizzato<br />

di angustia estrema, dall’altro una decisiva liberazione e salvezza.<br />

Giovanni <strong>in</strong> due punti dell’Apocalisse allude a questo tempo di angustia<br />

universale: nel cap. 7, attraverso la figura di un uragano che sta per devastare<br />

mare e terra dalle quattro direzioni dello spazio (vv. 1-3), e nel cap. 16, dove le<br />

ultime “piaghe” flagellano la terra, il mare e i fiumi e tormentano gli uom<strong>in</strong>i che<br />

hanno ricevuto il “marchio della bestia” (vv. 2 e 9).<br />

Per un certo verso la grande distretta f<strong>in</strong>ale non risparmierà i figlioli di Dio,<br />

giacché se il “sigillo dell’Iddio vivente” che essi avranno ricevuto sulla fronte li<br />

365


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 366<br />

CAPITOLO 12<br />

metterà al riparo dalle piaghe, non li sottrarrà tuttavia alla collera della “Bestia”<br />

(Ap 13:15).<br />

In 12:1, la locuzione avverbiale con cui <strong>in</strong>izia il versetto, “<strong>in</strong> quel tempo”<br />

()yihah t"(fb ba‘eth hahî’) va riferita all’epoca nella quale si svolgeranno gli avvenimenti<br />

convulsi predetti negli ultimi 6 versetti del capitolo precedente, vale a dire<br />

l’assalto furioso “come una tempesta” del “re del nord” contro il “re del sud” ed<br />

il suo dilagare verso il “paese splendido” ed oltre. Non pochi espositori identificano<br />

il metaforico “re del nord” <strong>in</strong> questi versetti con l’Anticristo f<strong>in</strong>ale 452, e la<br />

sua violenta aggressione con la guerra che l’Anticristo scatenerà contro il popolo<br />

santo nel tempo della f<strong>in</strong>e 453. È <strong>in</strong> questo tempo (cfr. il v. 40) che Micael sorgerà<br />

<strong>in</strong> difesa del popolo santo. Questo Personaggio eccelso <strong>in</strong> 10:13 è stato presentato<br />

come “uno dei primi pr<strong>in</strong>cipi” 454 e <strong>in</strong> 11:1 l’angelo portatore della rivelazione<br />

div<strong>in</strong>a lo aveva caratterizzato come “vostro pr<strong>in</strong>cipe” (pr<strong>in</strong>cipe di Daniele<br />

e del suo popolo <strong>in</strong> contrasto con gli emissari <strong>in</strong>fernali nel ruolo improprio di<br />

pr<strong>in</strong>cipi-protettori dei regni di Persia e di Jawan).<br />

Se la grande tribolazione “quale non se n’ebbe mai.... f<strong>in</strong>o a quell’epoca” è<br />

da rapportarsi anche all’attività f<strong>in</strong>ale del gran persecutore, come sembra naturale,<br />

sarà <strong>in</strong> quel tempo che Micael esplicherà il ruolo di difensore o protettore<br />

del suo popolo 455.<br />

L’ultima frase (“tutti quelli cioè che saran trovati iscritti nel suo libro”), <strong>in</strong><br />

apposizione alla precedente, spiega e precisa il senso di quella: i salvati nel<br />

tempo della grande tribolazione saranno quelli i cui nomi saranno scritti nel “libro”,<br />

di certo il “libro della vita” dove sono registrati i fedeli discepoli di Gesù<br />

Cristo (Lc 10:20; Fl 4:3). Il Signore dichiara <strong>in</strong> Ap 3:5 che non cancellerà dal libro<br />

della vita il nome dei suoi seguaci che avranno v<strong>in</strong>to. Si presume che il tempo<br />

della grande tribolazione sarà preceduto da un esame <strong>in</strong> cielo del “libro della<br />

vita” dovendosene “cancellare” i nomi dei cristiani che non avranno perseverato<br />

s<strong>in</strong>o alla vittoria f<strong>in</strong>ale. Questo giudizio discrim<strong>in</strong>atorio è quello al quale sia Daniele<br />

(Dn 7:9-10) che Giovanni (Ap 20:11-12) assistettero <strong>in</strong> visione; esso co<strong>in</strong>cide<br />

con la giustificazione del santuario del cielo <strong>in</strong> capo a 2300 sere-matt<strong>in</strong>e<br />

(vedi su Dn 8:14).<br />

366<br />

2 E molti di coloro che dormono nella polvere della terra si risveglieranno:<br />

gli uni per la vita eterna, gli altri per l’obbrobrio, per una<br />

eterna <strong>in</strong>famia.<br />

452 - Cfr. H.C.LEUPOLD, Exposition of Daniel, p. 524.<br />

453 - Questo assalto f<strong>in</strong>ale del “re del nord” è da identificarsi con la fase f<strong>in</strong>ale della guerra del<br />

“piccolo corno” contro i santi dell’Altissimo (Dn 7:25; 8:23-24) e con la persecuzione dell’apocalittica<br />

bestia mar<strong>in</strong>a rediviva contro chi rifiuta il suo marchio (Ap 13: 15-17).<br />

454 - L’espressione ebraica ’achad hassarîm harishonîm può tradursi “il primo dei primi pr<strong>in</strong>cipi”<br />

(vedi il commento di 10:13).<br />

455 - Cfr. E.G.WHITE, Il Gran Conflitto, p. 459.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 367<br />

CAPIRE DANIELE<br />

I dormienti nella polvere della terra sono evidentemente i defunti. La metafora<br />

del dormire, applicata ord<strong>in</strong>ariamente ai giacenti nei sepolcri 456, suggerisce uno<br />

stato di <strong>in</strong>coscienza dei trapassati (durante il sonno s’<strong>in</strong>terrompe la percezione<br />

della realtà oggettiva).<br />

È enunciata <strong>in</strong> questo passo danielico, per quanto <strong>in</strong> modo laconico, la dottr<strong>in</strong>a<br />

della risurrezione che gli scritti del Nuovo Testamento riprendono ed elaborano<br />

457.<br />

La risurrezione della quale sta parlando l’angelo a Daniele è una risurrezione<br />

parziale di giusti e di reprobi: “molti di quelli che dormono si risveglieranno:<br />

gli uni per la vita eterna, gli altri... per un’eterna <strong>in</strong>famia”.<br />

Commenta E.G.White: “Tutti coloro che sono morti nella fede del messaggio<br />

del terzo angelo escono dai sepolcri glorificati e odono il patto di pace di<br />

Dio concluso con chi ha osservato la sua legge. ‘Anche quelli che lo trafissero’,<br />

Ap 1:7, coloro che disprezzarono e derisero l’agonia mortale di Cristo e i più<br />

violenti oppositori della sua verità e del suo popolo, risusciteranno per contemplare<br />

la sua gloria e l’onore conferito ai fedeli e agli ubbidienti” 458.<br />

“...per la vita eterna ({flO( y¢Yax:l lechayyê ‘ôlam) ...per una eterna <strong>in</strong>famia<br />

({flO( }O):rid:l ledir’ôn ‘olam)”, con queste <strong>in</strong>dicazioni antitetiche sono precisati i<br />

dest<strong>in</strong>i ultimi dei fedeli e dei ribelli.<br />

L’ebraico dir’on, spiega il S.D.A. Bible Commentary, è “un vocabolo che<br />

non compare <strong>in</strong> nessun altro punto della Bibbia tranne che <strong>in</strong> Is 66:24. Esso è<br />

correlato con l’arabico dara’, ‘ripugnare’, ed ha il senso di ‘orrore’. Gli abitanti<br />

dell’universo che per millenni furono testimoni del gran conflitto, proveranno un<br />

senso di forte ripugnanza verso il peccato. Quando sarà f<strong>in</strong>ito il conflitto e il<br />

nome di Dio sarà pienamente giustificato, un profondo senso di orrore per il<br />

peccato e per tutto ciò che esso ha contam<strong>in</strong>ato percorrerà l’universo. E’ questo<br />

orrore che dà concretezza alla prospettiva che mai più il peccato turberà l’armonia<br />

dell’universo” 459.<br />

3 E i savi risplenderanno come lo splendore della distesa, e quelli<br />

che ne avranno condotti molti alla giustizia, risplenderanno come le<br />

stelle, <strong>in</strong> sempiterno.<br />

Il passo è strutturato nella forma del parallelismo s<strong>in</strong>onimico caratteristico della<br />

poesia ebraica.<br />

È data dei savi un’immag<strong>in</strong>e d<strong>in</strong>amica: essi sono “quelli che avranno condotto<br />

molti alla giustizia”.<br />

456 - Cfr. 2Re 2:10; Sl 10:3; Mt 27:52; Gv 11:11; 1Co 15:20; 1Te 4:14; 2Pie 3:4.<br />

457 - Cfr. Mt 22:30; Lc 14:14; Gv 5:29; 6:40; At 24:15; 1Co 6:14; 15:42-44, 51-52; 1Te 4:16-<br />

17; Ap 20:5-6.<br />

458 - The Great Controversy, p. 637; nell’edizione italiana Il Gran Conflitto, p. 463.<br />

459 - Vol. IV, p. 878<br />

367


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 368<br />

CAPITOLO 12<br />

L’ebr. {yiliK:&aMah hammaskilîm, “i saggi”, viene dal verbo sakal, “essere prudente”,<br />

“agire con circospezione” (Gesenius). Maskilîm, participio hifil del verbo<br />

sakal, può essere preso nel senso causativo: “coloro che <strong>in</strong>segnano la prudenza,<br />

che fanno essere prudenti”. È precisamente nell’esercizio di questa funzione che<br />

i “saggi” sono visti <strong>in</strong> 11:33 (“i savi fra il popolo ne istruiranno molti”). “L’uomo<br />

che ha conoscenza delle cose di Dio, da questa conoscenza è reso edotto che<br />

quelle cose egli deve condividerle. La sapienza div<strong>in</strong>a lo <strong>in</strong>duce a farsi maestro<br />

di saggezza per gli altri” 460.<br />

Quali mutamenti radicali apporterà nell’ord<strong>in</strong>e storico l’irruzione del tempo<br />

f<strong>in</strong>ale! I “saggi”, già perseguitati a morte (11:33-35): saranno allora resi partecipi<br />

della gloria eterna degli esseri immortali: “risplenderanno come le stelle <strong>in</strong> sempiterno”<br />

(cfr. 1Gv 3:2), e i loro persecutori, già trionfanti, saranno precipitati<br />

nell’<strong>in</strong>famia.<br />

Con questa visione esaltante dei santi risorti e glorificati nel regno eterno di<br />

Dio si chiude l’ultima rivelazione che fu data al santo profeta Daniele.<br />

4 E tu, Daniele, tieni nascoste queste parole, e sigilla il libro s<strong>in</strong>o al<br />

tempo della f<strong>in</strong>e; molti lo studieranno con cura, e la conoscenza aumenterà”.<br />

A complemento della rivelazione, una precisa istruzione riguardo ad essa viene<br />

data a Daniele.<br />

Il profeta dovrà mantenere segrete le cose che gli sono state rivelate:<br />

{yirfb:Dah {ot:s l)¢Yénfd hfTa)ºw we’athah dâni’el sethom haddevarîm..., “e tu, Daniele,<br />

nascondi le parole...” (da satham, “fermare”, “r<strong>in</strong>chiudere”, “nascondere”). Dovrà<br />

anche sigillare il libro nel quale raccoglierà per iscritto quanto gli è stato rivelato:<br />

rep"Sah {otAxáw wachathom hassefer..., “e sigilla il libro...” (da châtham, “sigillare”).<br />

“Parole” e “libro” si riferiscono sostanzialmente alla stessa cosa, cioè alla profezia<br />

che ha avuto <strong>in</strong>izio <strong>in</strong> 11:2.<br />

“Tale piccolo documento - osserva H.C. Leupold - nell’ebraico può significare<br />

qualunque documento, sia esso esteso o breve” 461.<br />

Non l’<strong>in</strong>tero libro di Daniele doveva dunque essere mantenuto segreto, ma<br />

soltanto una sua porzione. Un’istruzione analoga Daniele aveva ricevuto riguardo<br />

alla profezia delle “sere e matt<strong>in</strong>e” <strong>in</strong> 8:26: “Tu tieni segreta la visione”,<br />

sethom hachazôn. La motivazione è sostanzialmente la stessa che <strong>in</strong> 8:26, anche<br />

se è espressa con parole differenti: “perchè si riferisce a un tempo lontano”, lett.<br />

“a molti giorni”, leyamîm rabîm (<strong>in</strong> 12:4: “s<strong>in</strong>o al tempo della f<strong>in</strong>e”, j"q t"(-da( ‘ad<br />

‘eth qetz). Il silenzio imposto a Daniele dall’angelo riguardava chiaramente porzioni<br />

di profezia riferentisi agli ultimi tempi. “È naturale - scrive E.G.White - che<br />

un messaggio att<strong>in</strong>ente al giudizio potesse essere proclamato solo quando fosse<br />

460 - S.D.A. Bible Commentary, vol. cit., p. 879.<br />

461 - H.C.LEUPOLD, op. cit., p. 534.<br />

368


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 369<br />

CAPIRE DANIELE<br />

giunto il tempo della f<strong>in</strong>e” 462. Secondo la stessa fonte 463 il “libretto aperto” nella<br />

mano dell’angelo potente descritto <strong>in</strong> Ap 10:1,2, non è altro che la porzione del<br />

libro di Daniele che dovette essere mantenuta segreta e sigillata s<strong>in</strong>o al tempo<br />

della f<strong>in</strong>e.<br />

“Molti - evidentemente nel tempo della f<strong>in</strong>e - lo studieranno con cura e la<br />

conoscenza aumenterà”, ebr. ta(fDah heB:ritºw {yiBar U+:+o$ºy yeshottû rabîm wethirbeh<br />

hadda‘ath, lett. “lo esam<strong>in</strong>eranno con diligenza <strong>in</strong> molti e si accrescerà la conoscenza”<br />

464. Osserva H.C.Leupold: “quando l’articolo è adoperato con la parola<br />

‘f<strong>in</strong>e’, questa parola denota palesemente la f<strong>in</strong>e di tutte le cose (...). Allora ‘molti<br />

lo esam<strong>in</strong>eranno con attenzione’. Il verbo shut significa <strong>in</strong> primo luogo ‘andare<br />

avanti e <strong>in</strong>dietro’, ma con riferimento a un libro ciò significherebbe fare scorrere<br />

lo sguardo avanti e <strong>in</strong>dietro, cioè ‘esam<strong>in</strong>are’. E poiché il verbo è nella forma <strong>in</strong>tensiva<br />

(yeshotetu), abbiamo cercato di rendere questa sfumatura di senso col<br />

tradurlo ‘esam<strong>in</strong>eranno con diligenza’: leggeranno e rileggeranno e controlleranno<br />

quello che avranno letto... E a mano a mano che procederanno <strong>in</strong> questa<br />

seria disam<strong>in</strong>a, ‘la conoscenza si accrescerà’. Alla luce degli accadimenti degli ultimi<br />

tempi, lo scopo a cui mira il libro ed il suo significato diverranno sempre<br />

più palesi” 465.<br />

Il S.D.A. Bible Commentary (vol. IV, p. 879) sottol<strong>in</strong>ea che la frase: “e la conoscenza<br />

sarà accresciuta” deve considerarsi il seguito logico della precedente. E<br />

commenta testualmente: “Quando il libro sigillato sarà dischiuso nel tempo della<br />

f<strong>in</strong>e, la conoscenza att<strong>in</strong>ente alle verità contenute <strong>in</strong> queste profezie aumenterà<br />

(...). Sul f<strong>in</strong>ire del secolo XVIII e agli <strong>in</strong>izi del XIX, un <strong>in</strong>solito <strong>in</strong>teresse verso le<br />

profezie di Daniele e dell’Apocalisse si manifestò <strong>in</strong> aree geografiche distanti<br />

l’una dall’altra. Lo studio delle suddette profezie condusse alla conv<strong>in</strong>zione diffusa<br />

che il secondo avvento di Cristo fosse vic<strong>in</strong>o. Numerosi espositori <strong>in</strong> Inghilterra,<br />

Joseph Wolff nel Medio Oriente, Manuel Lacunza nel Sud America e William<br />

Miller negli Stati Uniti, <strong>in</strong>sieme con una schiera di altri studiosi delle profezie,<br />

dichiararono, sulla base del loro studio delle profezie di Daniele, che era imm<strong>in</strong>ente<br />

il secondo avvento” 466.<br />

462 - The Great Controversy, p. 356: (nell’ediz. italiana Il Gran Conflitto, p. 261); vedi anche<br />

Acts of the Apostles, p. 585 (nell’ediz. italiana Gli uom<strong>in</strong>i che v<strong>in</strong>sero un impero, p. 367) e The<br />

Desire of Ages (nell’ediz. italiana La speranza dell’uomo, p. 157).<br />

463 - Vedi Testimonies to M<strong>in</strong>isters, p. 115.<br />

464 - Yeshotetu è la forma <strong>in</strong>tensiva (piel) del verbo shut, “andare o correre avanti e <strong>in</strong>dietro”,<br />

e metaforicamente “scorrere un libro”, “esam<strong>in</strong>are m<strong>in</strong>uziosamente uno scritto”, secondo la<br />

maggioranza dei moderni (B. DAVIDSON). Nell’Antico Testamento shut ritorna 13 volte (Nu 11:8;<br />

2Sm 24:2,8; 2Cr 16:9; Gb 1:7; 2:2; Gr 5:1; 49:3; Ez 27:8, 26; Dn 12:4; Am 8: 12; Za 4:10),<br />

per lo più col senso di “andare attorno”, “girovagare”. In Dn 12:4 i più lo leggono nel senso<br />

metaforico di “<strong>in</strong>dagare con cura nel libro” con un conseguente accrescimento della conoscenza<br />

delle sue profezie.<br />

465 - H.C.LEUPOLD, op. cit., pp. 534-535.<br />

466 - Per ulteriori approfondimenti sul tema degli studi profetici fra l’ultimo settecento e il primo<br />

ottocento, vedi LE ROY EDWIN FROOM, The Prophetic Faith of our Fathers, vol. III; R.GERBER, Le<br />

Mouvement Adventiste, p. 16-53.<br />

369


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 370<br />

CAPITOLO 12<br />

5 Poi, io, Daniele, guardai, ed ecco due altri uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> piedi: l’uno di<br />

qua sulla sponda del fiume, 6 e l’altro di là, sull’altra sponda del<br />

fiume. E l’un d’essi disse all’uomo vestito di l<strong>in</strong>o che stava sopra le<br />

acque del fiume: “Quando sarà la f<strong>in</strong>e di queste maraviglie?”<br />

Il messaggio profetico recato a Daniele da un angelo (presumibilmente Gabriele),<br />

<strong>in</strong>trodotto <strong>in</strong> 11:2, si è concluso nel v. 4 del cap. 12. Daniele non dice se<br />

il latore del messaggio celeste una volta conclusa la sua missione se ne sia andato<br />

o gli sia rimasto ancora vic<strong>in</strong>o. Comunque volgendo lo sguardo <strong>in</strong>torno o<br />

davanti a sé, il profeta scorge due figure dall’aspetto umano che si tengono <strong>in</strong><br />

piedi sulle rive opposte del fiume (ye’or), certamente l’Hiddekel (il Tigri) <strong>in</strong> prossimità<br />

del quale egli si trovava all’<strong>in</strong>izio della rivelazione (10:4). Sono due angeli<br />

ed è probabile che siano comparsi alla f<strong>in</strong>e della rivelazione stessa. Non è spiegato<br />

perché siano <strong>in</strong> due e perché si tengano sulle opposte sponde del fiume.<br />

Anche <strong>in</strong> 8:13 due angeli stanno davanti a Daniele, e dialogano fra loro; qui<br />

<strong>in</strong>vece è uno solo che parla. Un terzo personaggio, certamente di rango superiore<br />

(è vestito di l<strong>in</strong>o), si tiene <strong>in</strong> piedi sulle acque del fiume e a lui si rivolge<br />

l’uno degli angeli che parla. Daniele ha già visto una figura simile a questa al<br />

pr<strong>in</strong>cipio della visione (10:5). Ivi il personaggio è <strong>in</strong>dicato <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato:<br />

“un uomo vestito di l<strong>in</strong>o”, ’ish ’echad levûsh habbaddîm, come se lo avesse<br />

visto per la prima volta. Qui <strong>in</strong>vece è <strong>in</strong>dicato con l’articolo: “all’uomo <strong>in</strong> abiti di<br />

l<strong>in</strong>o”, {yiDaBah $Ub:l $yi)fl la’îsh levush habbaddîm, come riferendosi a un personaggio<br />

già noto. Parrebbe che alla f<strong>in</strong>e della rivelazione il profeta vedesse di<br />

nuovo l’Essere celeste che gli era apparso all’<strong>in</strong>izio, pur se stavolta non si dilunga<br />

a descriverne l’aspetto.<br />

“E l’un d’essi disse...” I LXX, Teodozione e la Vulgata traducono: “E dissi...”;<br />

così pure G.R<strong>in</strong>aldi. Questo sarebbe con certezza il senso della frase se<br />

nell’ebraico il verbo fosse seguito dal pronome di prima persona. Ma non è così,<br />

wayo’mer non ha alcun pronome ed è seguito immediatamente dalla menzione<br />

dell’ “uomo vestito di l<strong>in</strong>o”, onde la traduzione quasi univoca delle versioni: “e<br />

uno (di loro) disse...” sembra del tutto corretta.<br />

La domanda, che l’uno degli angeli rivolge al personaggio che sta sulle acque,<br />

pare rivelare un vivo <strong>in</strong>teresse delle creature celesti per gli eventi umani. In<br />

8:13 una domanda sulle 2300 sere e matt<strong>in</strong>e formulata <strong>in</strong>izialmente negli stessi<br />

term<strong>in</strong>i (‘ad mathay..., “f<strong>in</strong>o a quando...?”) fu rivolta dall’uno dei due angeli dialoganti<br />

tra loro all’angelo <strong>in</strong>terprete della profezia. Ivi pure si scorge l’<strong>in</strong>teresse<br />

dell’universo angelico per le vicende terrene che attengono alla salvezza degli<br />

uom<strong>in</strong>i (cfr. 1Pie 1:12).<br />

Nell’orig<strong>in</strong>ale l’<strong>in</strong>terrogazione è così formulata: tO)fl:Pah j"q yatfm-da( ‘ad<br />

mathay qetz happela’ôth. Letteralmente: “f<strong>in</strong>o a quando la f<strong>in</strong>e delle meraviglie?”<br />

L’<strong>in</strong>serzione dell’aggettivo dimostrativo “queste” tra “f<strong>in</strong>e” e “meraviglie”, sebbene<br />

non ci sia nell’orig<strong>in</strong>ale, si impone, giacché pela’ôth (“meraviglie”) si riferisce<br />

con tutta evidenza agli eventi preannunciati nella rivelazione.<br />

Il S.D.A. Bible Commentary, ibidem, p. 880, osserva: “L’angelo formula la domanda<br />

<strong>in</strong>espressa che deve avere predom<strong>in</strong>ato nei pensieri di Daniele. La rapida<br />

370


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 371<br />

CAPIRE DANIELE<br />

e completa restaurazione dei Giudei gravava come un macigno sul cuore del profeta<br />

(vedi su Dn 10:2). Invero il decreto di Ciro era già stato promulgato (Ed 1:1;<br />

cfr. Dn 10:1), ma restava ancora molto da fare. Dopo la narrazione lunga ed <strong>in</strong>tricata<br />

sugli avvenimenti futuri nel corso dei quali il popolo di Dio avrebbe sofferto,<br />

il profeta era naturalmente ansioso di sapere per quanto tempo ancora si sarebbero<br />

svolte ‘queste meraviglie’ e quando si sarebbe avverata la promessa ‘il tuo<br />

popolo sarà salvato’ (12:1). Daniele non aveva colto appieno la relazione fra ciò<br />

che gli era stato mostrato ed il futuro. Peraltro una parte della profezia era stata<br />

sigillata e sarebbe stata compresa soltanto ‘nel tempo della f<strong>in</strong>e’”.<br />

7 E io udii l’uomo vestito di l<strong>in</strong>o, che stava sopra le acque del fiume,<br />

il quale, alzata la man destra e la man s<strong>in</strong>istra al cielo, giurò per colui<br />

che vive <strong>in</strong> eterno, che ciò sarà per un tempo, per dei tempi e la<br />

metà d’un tempo; e quando la forza del popolo santo sarà <strong>in</strong>teramente<br />

<strong>in</strong>franta, allora tutte queste cose si compiranno.<br />

Colui al quale è stata rivolta la domanda è il solo che sia pienamente qualificato<br />

per dare risposte certe su ciò che è <strong>in</strong>cognito agli uom<strong>in</strong>i, perché possiede una<br />

conoscenza del futuro che nessun altro possiede; pertanto “l’uomo vestito di<br />

l<strong>in</strong>o” è <strong>in</strong>terprete autorevole e <strong>in</strong>fallibile della rivelazione.<br />

F<strong>in</strong> dall’antichità l’alzare la mano era un gesto che rafforzava il giuramento.<br />

Abramo dice al re di Sodoma: “Ho alzato la mano all’Eterno, l’Iddio Altissimo,<br />

padrone dei cieli e della terra, giurando che non prenderei neppure un filo né<br />

un laccio di sandalo, di tutto ciò che ti appartiene...” (Ge 14: 22-23). Con lo<br />

stesso gesto è espresso metaforicamente l’impegno solenne di Dio di mandare<br />

ad effetto le sue promesse e le sue m<strong>in</strong>acce (cfr. De 32: 40; Sl 106: 26; Ez 20: 5-<br />

6). Alzare entrambe le mani nel giuramento è un gesto che conferisce la più alta<br />

solennità possibile al giuramento stesso. “L’uomo vestito di l<strong>in</strong>o”, alzando al<br />

cielo la mano destra e la mano s<strong>in</strong>istra, riveste di una solennità <strong>in</strong>comparabile il<br />

giuramento, già di per sé solenne (“giurò per colui che vive nei secoli dei secoli”),<br />

sulla veracità della risposta che sta per dare all’<strong>in</strong>terpellante.<br />

La domanda era stata chiara e precisa: “A quando la f<strong>in</strong>e di queste meraviglie?”<br />

(Concordata).<br />

Si voleva sapere, <strong>in</strong>somma, entro quanto tempo si sarebbero realizzate le<br />

cose straord<strong>in</strong>arie anticipate nella rivelazione del cap.11. La risposta è concisa e<br />

diretta ma alquanto ermetica (“ciò sarà per un tempo, per dei tempi e la metà<br />

d’un tempo”) 467. L’<strong>in</strong>dicazione cronologica è identica a quella che fissa la durata<br />

della persecuzione del “piccolo corno” contro i “santi dell’Altissimo” <strong>in</strong> 7:25, ivi<br />

enunciata <strong>in</strong> aramaico. La co<strong>in</strong>cidenza dell’attività persecutoria contro il popolo<br />

santo ad opera del “re del nord” nel cap. 11 e del “piccolo corno” nel cap. 7,<br />

nonché l’identità della durata della persecuzione, porta a concludere che le due<br />

467 - Ebraico lemo‘ed mo‘adîm wachezi, lett. “per un tempo, tempi e metà tempo”.<br />

371


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 372<br />

CAPITOLO 12<br />

figure simboliche debbano riferirsi alla stessa entità storica 468 . E’ da rilevare che il<br />

term<strong>in</strong>e mo‘ed esprime il concetto di tempo fissato, determ<strong>in</strong>ato.<br />

Per generale consenso dei traduttori e degli espositori di Daniele (vedi il<br />

commento di 7:25) le forme plurali aramaica ‘iddanîn ed ebraica mo‘adîm dovrebbero<br />

leggersi nella forma duale (‘iddanay<strong>in</strong> e mo‘adayim). Pertanto l’<strong>in</strong>dicazione<br />

temporale <strong>in</strong> entrambi i casi corrisponde a 3 anni e mezzo o 1260 giorni<br />

(giorni simbolico-profetici, come si è spiegato altrove, eguagliabili ad altrettanti<br />

anni storici).<br />

In def<strong>in</strong>itiva la dichiarazione dell’ “uomo vestito di l<strong>in</strong>o” fatta con solenne<br />

giuramento rivela che le cose straord<strong>in</strong>arie annunciate nella rivelazione si compiranno<br />

nell’arco temporale di 1260 anni.<br />

Tutto sarà compiuto “quando la forza del popolo santo sarà <strong>in</strong>teramente <strong>in</strong>franta”<br />

(così la Versione Riveduta). L’ebraico recita: heL")-lfk hænyel:kiT $edoq-{a(-dáy<br />

j"Pán tOLak:kU ûkekallôth napez yad ‘am qodesh tikleyna kol ’elleh, tradotto alla lettera:<br />

“e quando sarà completa (o f<strong>in</strong>ita) la dissipazione della forza del popolo<br />

santo, saranno compiute tutte queste cose” 469 (yad, lett. “mano”, è usato col<br />

senso traslato di “forza”).<br />

H.C. Leupold opta per la seconda accezione della voce kekalloth, “quando<br />

sarà f<strong>in</strong>ita”, e traduce: “e quando sarà posto f<strong>in</strong>e alla dispersione della forza del<br />

popolo santo, allora tutte queste cose saranno f<strong>in</strong>ite”. Questa è la traduzione che<br />

preferiamo.<br />

Il periodo storico dei 1260 anni durante i quali furono sottoposti a persecuzione<br />

i cristiani non cattolici fedeli all’Evangelo, com<strong>in</strong>ciò, come si è detto altrove,<br />

nel 538 e f<strong>in</strong>ì nel 1798 (vedi ancora il commento di 7:25).<br />

Gesù Cristo nella parte del sermone profetico <strong>in</strong> cui predice il suo ritorno<br />

avverte: “Or subito dopo l’afflizione di quei giorni il sole si oscurerà, e la luna<br />

non darà il suo splendore, e le potenze dei cieli saranno scrollate; e allora apparirà<br />

nel cielo il segno del Figliol dell’uomo...” (Mt 24: 29-30; cfr. con Ap 6:12-13).<br />

I segni cosmici <strong>in</strong>dicati dal Signore si realizzarono fra il 1780 e il 1833 470.<br />

Le nuove correnti di pensiero e i profondi mutamenti politici che furono <strong>in</strong>nescati<br />

dall’Illum<strong>in</strong>ismo e dalla Rivoluzione Francese tra la metà e la f<strong>in</strong>e del settecento,<br />

posero f<strong>in</strong>e alle persecuzioni papali contro i cristiani evangelici. Fu <strong>in</strong><br />

questo momento della storia moderna che f<strong>in</strong>ì “la dissipazione della forza del<br />

popolo santo”, compiendosi quanto fu annunciato dall’“uomo vestito di l<strong>in</strong>o”<br />

che stava sulle acque del fiume.<br />

372<br />

8 E io udii, ma non compresi; e dissi: “Signor mio, quale sarà la f<strong>in</strong>e<br />

di queste cose?” 9 Ed egli rispose: “Va’, Daniele; poiché queste parole<br />

son nascoste e sigillate s<strong>in</strong>o al tempo della f<strong>in</strong>e.<br />

468 - Cfr. H.C.LEUPOLD, op. cit., p. 540<br />

469 - G.R<strong>in</strong>aldi traduce: “e quando sarà compiuta la dispersione della potenza del popolo<br />

santo, si compiranno tutte queste cose”.<br />

470 - Vedi E.G.WHITE, Il Gran Conflitto, pp. 223 - 226.


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 373<br />

CAPIRE DANIELE<br />

La formula cronologica “un tempo, tempi e metà tempo”, che Daniele non ha<br />

udito enunciare per la prima volta (cfr. 7:25), gli rimane tuttora oscura.<br />

L’uso del pronome personale (“ed io”, we’anî), non sempre necessario nella<br />

l<strong>in</strong>gua ebraica, può far pensare che il profeta si sia accorto che i due angeli abbiano<br />

capito la dichiarazione dell’ “uomo vestito di l<strong>in</strong>o”, mentre per lui è rimasta<br />

enigmatica.<br />

Ed egli è ansioso di capire, perché sono co<strong>in</strong>volti i dest<strong>in</strong>i del suo popolo.<br />

Due anni prima Daniele aveva <strong>in</strong>vocato la sollecita restaurazione del santuario e<br />

della santa città <strong>in</strong> rov<strong>in</strong>a (9:17-19) e tuttora <strong>in</strong> stato di desolazione; non riesce<br />

qu<strong>in</strong>di a conciliare la risposta immediata di Dio alla sua supplica (9:23-25) con<br />

questo oscuro periodo di tempo che sembra essere piuttosto lungo. Donde la<br />

sua domanda: “A quando la f<strong>in</strong>e di queste cose?”<br />

L’<strong>in</strong>terrogativo è formulato <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i diversi rispetto all’<strong>in</strong>terpellanza<br />

dell’angelo. Questi aveva detto: “A quando la f<strong>in</strong>e (di queste) meraviglie ?” (‘ad<br />

mathay qetz happela’ôth); Daniele dice <strong>in</strong> sostanza: “Quale sarà l’esito f<strong>in</strong>ale di<br />

queste cose?” (heL") tyirAxa) hfm mâh ’acharîth ’elleh). “Esito f<strong>in</strong>ale” è il senso di<br />

’acharith, <strong>in</strong> questo contesto danielico, preferito da diversi studiosi 471. Sembra,<br />

<strong>in</strong>somma, che il profeta sia ansioso di sapere che cosa accadrà dopo che si saranno<br />

compiute le cose straord<strong>in</strong>arie (pela’ôth) annunciate nella rivelazione. Ma<br />

stavolta non ci sarà una risposta per la sua domanda. L’<strong>in</strong>terpellato gli rammenta<br />

che quelle “parole sono nascoste e sigillate s<strong>in</strong>o al tempo della f<strong>in</strong>e” (j"q t"(-da(<br />

{yirfb:Dah {yimutAxáw {yimut:s situmîm wachatumîm haddevarîm ‘ad ‘eth qetz). Non gli<br />

aveva comandato l’angelo della rivelazione di tenere nascoste quelle parole e di<br />

sigillare il libro s<strong>in</strong>o al tempo della f<strong>in</strong>e ? E’ una disposizione div<strong>in</strong>a, non può essere<br />

disattesa.<br />

10 Molti saranno purificati, imbiancati, aff<strong>in</strong>ati; ma gli empi agiranno<br />

empiamente, e nessuno degli empi capirà, ma capiranno i<br />

savi.<br />

“L’uomo vestito di l<strong>in</strong>o” che sta “sopra le acque del fiume” predice, per il tempo<br />

della f<strong>in</strong>e (menzionato nell’ultima parte del versetto precedente), un radicalizzarsi<br />

delle <strong>in</strong>verse condizioni morali degli uom<strong>in</strong>i. Sul versante opposto rispetto<br />

ai “molti” che saranno purificati, resi candidi e raff<strong>in</strong>ati, si troveranno gli empi<br />

che agiranno con empietà ({yi(f$:r U(yi$:rihºw hirshî‘û resha‘îm).<br />

Gesù pure previde per il tempo della f<strong>in</strong>e un moltiplicarsi dell’<strong>in</strong>iquità (Mt<br />

24:12). Nella grande tribolazione dell’ultimo tempo (12:1), mentre si purificheranno<br />

e si santificheranno ancora di più i puri ed i santi (Ap 22:11b), gli <strong>in</strong>giusti<br />

agiranno sempre più da <strong>in</strong>giusti e gli impuri da impuri (Ap 22:11a).<br />

In 12:10 le due prime voci verbali (UrArfB:téy yitbararû e Un:Bal:téy weyitlabbenu)<br />

471 - Vedi H.C.LEUPOLD, op. cit., p. 542; cfr. B.DAVIDSON, The Analytical Hebrew and Chaldee Lexicon,<br />

voce ’acharith.<br />

373


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 374<br />

CAPITOLO 12<br />

sono nella forma hitpael (riflessiva-<strong>in</strong>tensiva) e potrebbero pertanto tradursi “si<br />

purificheranno” e “si renderanno candidi”.<br />

Il perfezionamento del carattere è frutto della grazia div<strong>in</strong>a, ma è l’adesione<br />

della volontà umana che rende possibile l’azione efficace della grazia di Gesù<br />

Cristo nel cuore umano (Rm 6:17-19).<br />

Le porzioni sigillate delle profezie danieliche che si sveleranno ai “saggi”<br />

nel tempo della f<strong>in</strong>e, resteranno per gli empi di un’oscurità impenetrabile: “nessuno<br />

degli empi capirà” (lett. “e non capiranno tutti gli empi”, welo’ yavînû qol<br />

resha‘îm). Gesù disse ai suoi discepoli che a loro era dato di conoscere il mistero<br />

del regno dei cieli, ma agli altri no (Mt 13:11).<br />

I “saggi” dell’ultimo tempo comprenderanno le profezie svelate (Unyibæy<br />

{yiliK:&aMahºw wehammaskilîm yavînû) e ne trarranno ispirazione per rimanere fedeli<br />

al loro Signore nella grande tribolazione f<strong>in</strong>ale.<br />

11 E dal tempo che sarà soppresso il sacrifizio cont<strong>in</strong>uo e sarà rizzata<br />

l’abom<strong>in</strong>azione che cagiona la desolazione, vi saranno milleduecentonovanta<br />

giorni. 12 Beato chi aspetta e giunge a milletrecentotrentac<strong>in</strong>que<br />

giorni!<br />

Come si è detto altrove nel presente volume a proposito delle 2300 sere e matt<strong>in</strong>e<br />

(vedi il commento di 7:25 e 8:14), i “giorni a cui si fa riferimento nel v. 12<br />

vanno compresi <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di anni storici (sono “giorni simbolico-profetici, non<br />

giorni di calendario).<br />

Il prof. J.Doukhan spiega che il modo <strong>in</strong> cui sono rapportati l’uno con l’altro<br />

i due periodi di 1290 e 1335 giorni suggerisce che entrambi questi periodi<br />

sono orientati nella stessa prospettiva, il secondo rappresentando un prolungamento<br />

del primo 472.<br />

L’<strong>in</strong>izio dei due periodi è s<strong>in</strong>crono ed è segnato dalla soppressione della<br />

“perpetuità” (dyimfTah hattamîd) e dalla collocazione dell’ “abom<strong>in</strong>azione della desolazione”<br />

(o “del desolatore”), {"mo$ jUQi$ shiqqûtz shomen.<br />

Il senso di questa espressione è stato spiegato nel commento di 9:27, dove<br />

si trova un’espressione molto simile (we‘al kanaf shiqqûtzîm meshômem, lett. “e<br />

sull’ala delle abom<strong>in</strong>azioni, desolazione”).<br />

Come si è osservato nel commento di 9:27, Gesù Cristo nel Vangelo di Matteo<br />

(24:15) cita queste parole di Daniele e le riferisce alla profanazione e desolazione<br />

del Tempio di Gerusalemme che avvennero al tempo dell’<strong>in</strong>surrezione<br />

giudaica contro la dom<strong>in</strong>azione romana.<br />

Il tema della desolazione del santuario è presente anche <strong>in</strong> 8:11-13. Come<br />

nel discorso profetico di Gesù <strong>in</strong> Mt 24 sono accostati fra loro due eventi futuri<br />

distanti l’uno dall’altro nel tempo – cioè: 1) la profanazione e desolazione del<br />

tempio ad opera degli zeloti e dei Romani e 2) l’avvento di Cristo e la f<strong>in</strong>e<br />

472 - J.DOUKHAN, op. cit., p. 264.<br />

374


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 375<br />

CAPIRE DANIELE<br />

dell’“età presente” - così <strong>in</strong> questo passo di Daniele l’attacco mosso dal “piccolo<br />

corno” al tamîd (la “perpetuità”) del Pr<strong>in</strong>cipe celeste e al suo santuario - questa<br />

aggressione che costituisce il “peccato che produce la desolazione” (happesha‘<br />

shomen) - può essere visto su due piani prospettici, e cioè: 1) nella prospettiva<br />

della storia del popolo giudaico, come una predizione della profanazione e distruzione<br />

del Tempio gerosolimitano nell’anno ’70 (<strong>in</strong> modo simile che <strong>in</strong> 9:27) e<br />

2) nella prospettiva della storia del cristianesimo come un’allusione profetica alla<br />

sostituzione del m<strong>in</strong>istero sacerdotale cont<strong>in</strong>uo (tamîd) di Cristo nel santuario<br />

del cielo con un m<strong>in</strong>istero sacerdotale terreno ad opera della Chiesa romana 473.<br />

Abbiamo visto che l’<strong>in</strong>izio dei 1290 e dei 1335 giorni è s<strong>in</strong>crono, cioè contemporaneo;<br />

ne segue che il secondo periodo term<strong>in</strong>a 45 giorni-anni dopo che è f<strong>in</strong>ito<br />

il primo (1335-1290 = 45), (non si deve dimenticare che “giorni” nelle profezie<br />

apocalittiche equivalgono ad anni).<br />

Il commento di J.Doukhan sui due versetti <strong>in</strong> esame <strong>in</strong> queste pag<strong>in</strong>e è illum<strong>in</strong>ante.<br />

Scrive questo studioso nel suo lavoro più volte citato nel presente commentario:<br />

“Con i 1335 giorni si arriva a dest<strong>in</strong>azione. È l’ultimo periodo menzionato<br />

ed è anche il solo che sia segnato dal senso dell’arrivo alla meta dopo la<br />

tensione dell’attesa impaziente. Pertanto è questo il periodo che risponde veramente<br />

alla domanda: ‘f<strong>in</strong>o a quando?’ (v. 7; cfr. il v. 8). Ora questa domanda, si<br />

badi bene, è identica a quella del cap. 8. Non solo è composta dalle stesse parole<br />

ebraiche ‘ad mathay (f<strong>in</strong>o a quando?), ma è ugualmente associata allo<br />

stesso motivo dei ‘prodigi’ (pela‘ôth, 8:13, 24) ed è <strong>in</strong>serita nel medesimo contesto<br />

di dialogo fra due esseri celesti (8:13, cfr. 12:6).<br />

Inf<strong>in</strong>e il personaggio a cui è rivolta la domanda si presenta con l’abito del<br />

sommo sacerdote nell’esercizio delle funzioni che gli competono nel giorno del<br />

Kippur, un tema dom<strong>in</strong>ante nel cap. 8. Tutto concorre a suggerire che le due visioni<br />

traducono la stessa preoccupazione e si applicano al medesimo evento. I<br />

1335 giorni, come le 2300 sere e matt<strong>in</strong>e, rispondono alla stessa domanda, una<br />

domanda che esprime un’identica preoccupazione, e per conseguenza conducono<br />

al medesimo tempo della f<strong>in</strong>e, il 1844. “Nella visione delle 2300 sere e matt<strong>in</strong>e,<br />

Daniele vede il tempo che <strong>in</strong>izia nel 1844 come un tempo di Kippur celeste<br />

nel corso del quale Dio procede a giudicare gli uom<strong>in</strong>i e così prepara il regno<br />

che viene.<br />

“Nella visione dei 1335 giorni, Daniele vede lo stesso tempo, ma stavolta il<br />

suo sguardo si volge verso la terra. Il periodo profetico è messo <strong>in</strong> rapporto con<br />

l’uomo di quaggiù che ‘arriva’ f<strong>in</strong> lì e la cui felicità si scopre nell’attesa.<br />

“‘Beato chi aspetta e arriva f<strong>in</strong> lì...’ (v. 12). Il tempo che <strong>in</strong>izia nel 1844 è<br />

dunque vissuto non solo come un tempo di arrivo a dest<strong>in</strong>azione, ma altresì<br />

come un tempo di attesa e di speranza. È precisamente lo spirito che caratterizza<br />

la psicologia dell’israelita nel giorno del Kippur.<br />

Gli stessi sentimenti di attesa e di speranza animano il Salmo della Festa<br />

473 - Cfr. S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, pp. 873-874.<br />

375


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 376<br />

CAPITOLO 12<br />

delle Espiazioni, il famoso De profundis: 474.<br />

‘Io aspetto l’Eterno, l’anima mia l’aspetta,<br />

E io spero nella sua parola.<br />

L’anima mia anela al Signore<br />

Più che le guardie non anel<strong>in</strong>o al matt<strong>in</strong>o.<br />

Israele, spera nell’Eterno’ (Sl 130: 5-7)<br />

“A partire da quest’ultimo dato oggi è possibile decifrare i periodi precedenti<br />

e nello stesso tempo verificare il valore del risultato ‘1844’. Il ragionamento<br />

è semplice e si formula <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i matematici. Il 1844 essendo l’anno di scadenza<br />

dei 1335 giorni-anni, basta sottrarre 1335 anni da 1843 (e non da 1844, giacché si<br />

<strong>in</strong>cluderebbe nel computo tutto l’anno <strong>in</strong> corso) per determ<strong>in</strong>are il punto d’<strong>in</strong>izio<br />

dei 1335 giorni-anni. La data che si ottiene è l’anno 508 della nostra era; con<br />

ciò viene ad essere confermata la data del 1798 come term<strong>in</strong>e di scadenza dei<br />

1290 giorni (508 + 1290 = 1798). Secondo il passo <strong>in</strong> esame, questo tempo segna<br />

il momento <strong>in</strong> cui è tolto il sacrificio perpetuo allo scopo di stabilire <strong>in</strong> sua vece<br />

‘l’abom<strong>in</strong>azione del devastatore’ (12:11). I due eventi non co<strong>in</strong>cidono. Il primo<br />

prepara il secondo. Il testo dice letteralmente che il perpetuo è tolto ‘al f<strong>in</strong>e di<br />

dare (rizzare) l’abom<strong>in</strong>azione del devastatore’ (12:11; cfr. 11:31). L’espressione<br />

tecnica ‘abom<strong>in</strong>azione del devastatore’ nel libro di Daniele designa il potere oppressore<br />

(8:11, 13; 9:27; cfr. Mt 24:15; Mr 13:14). Secondo la profezia questa oppressione<br />

dovrà durare ‘un tempo, dei tempi e la metà di un tempo’, vale a dire<br />

1260 giorni-anni. Poiché questi 1260 anni scadono nel 1798, se ne deduce che la<br />

data d’<strong>in</strong>izio di questo periodo è l’anno 538 (1798-1260 = 538). Queste date, 508,<br />

538, 1798, si sono già <strong>in</strong>contrate nel corso dello stadio profetico (...).<br />

“Nel 508 la Chiesa rafforza le sue basi politiche con l’aiuto del re dei Franchi<br />

Clodoveo (481-511) 475. Nel mondo ariano che si oppone alla Chiesa e ne<br />

474 - Questo salmo viene recitato nel corso della liturgia del Kippur (vedi “Le preghiere del<br />

Rosh Hashanah” <strong>in</strong> Shulchan Aruch, c. CIC, 582). Sembra anche che il salmo abbia tratto ispirazione<br />

da questa festa, come <strong>in</strong>dica la frase tecnica che lo conclude: “tutte le sue <strong>in</strong>iquità”<br />

(cfr. Le 16:21, 22) - (Nota dell’Autore)<br />

475 - Il franco Clodoveo ebbe un ruolo di primo piano nelle vicende che modificarono <strong>in</strong> modo<br />

significativo l’assetto politico dei territori nord occidentali del defunto Impero romano tra l’ultimo<br />

qu<strong>in</strong>dicennio del V e i primi anni del VI secolo. Unificate le tribù dei Salii e dei Ripuari, Clodoveo<br />

estese gradatamente il dom<strong>in</strong>io dei Franchi dalla regione renana verso sud-ovest. Nel<br />

486 v<strong>in</strong>se a Soissons il capo gallo-romano Siagrio, ultimo rappresentante dell’autorità romana<br />

<strong>in</strong> Gallia, e si annesse la regione fra la Somme e la Loira. Nel 496 il futuro fondatore del regno<br />

dei Franchi sconfisse gli Alamanni a Tolbiac conquistandone i territori. Nello stesso anno si<br />

convertì al cattolicesimo per l’<strong>in</strong>flusso della moglie cattolica, la burgunda Clotilde, e si fece battezzare<br />

a Reims dal vescovo Remigio. Fu questo un evento di notevole significato, sia per il regno<br />

franco che per la Chiesa romana.<br />

“La conversione (di Clodoveo) al cattolicesimo - osserva lo storico Pasquale Villari - ... <strong>in</strong>iziò la<br />

conversione del suo popolo. E la monarchia ne ebbe subito il favore della Chiesa romana che,<br />

376


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 377<br />

CAPIRE DANIELE<br />

frena lo sviluppo si apre una breccia e da quel momento ‘il papato può attuare<br />

<strong>in</strong> tutta sicurezza i propri progetti di governo’ 476.<br />

“Ma si deve attendere f<strong>in</strong>o al 538 perché l’ultimo regno ariano che m<strong>in</strong>accia<br />

ancora la Chiesa sia f<strong>in</strong>almente resp<strong>in</strong>to dall’imperatore Giust<strong>in</strong>iano (527-565).<br />

Come aveva predetto il profeta Daniele (7:27), la comparsa del piccolo corno<br />

avrebbe comportato la caduta di un certo numero di regni già dipendenti dalla<br />

dom<strong>in</strong>azione romana.<br />

“Nel 1798 <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, la potenza politica della Chiesa è spezzata a seguito di una<br />

serie di avvenimenti che condurranno all’arresto e alla deportazione del papa<br />

stesso.<br />

per mezzo dei suoi vescovi, era organizzata ben più fortemente dell’ariana. I Franchi divennero<br />

così il popolo eletto da Dio a difesa del papa e dalla religione”. -Le <strong>in</strong>vasioni barbariche <strong>in</strong><br />

Italia, p. 357.<br />

Fu una scelta politicamente oculata quella di Clodoveo. “E fu - scrive lo storico S.Hellmann <strong>in</strong> riferimento<br />

alla conversione del re franco alla fede cattolica - un avvenimento d’importanza storica:<br />

il contrasto religioso che alcuni decenni dopo doveva essere fatale per i regni ostrogoto e<br />

vandalico e il cui pericolo fu solo scongiurato dai Visigoti e dai Longobardi con una tardiva conversione<br />

al cattolicesimo, fu subito da lui evitato mediante una politica saggia e lungimirante”.<br />

Storia del Medioevo, pp. 34-35.<br />

La conversione di Clodoveo segnò l’<strong>in</strong>izio di un processo storico che opportunisticamente assecondato<br />

dai papi, avrebbe condotto la Chiesa all’acquisizione del potere temporale.<br />

“Meravigliosa addirittura - dice il Villari - è la persistenza con la quale i papi cont<strong>in</strong>uarono attraverso<br />

i secoli, l’opera loro, quasi imponendo ai Franchi la missione voluta, preveduta dalla<br />

Chiesa; e non smisero mai f<strong>in</strong>o a che essa non ebbe il suo adempimento con la coronazione di<br />

Carlo Magno e la formazione del potere temporale”. - Op. cit, p. 358.<br />

Nel 507 Clodoveo con l’aiuto dei Burgundi, sconfisse i Visigoti a Vouillé, nelle pianure del Poitou,<br />

e tolse ad essi tutta l’Aquitania f<strong>in</strong>o ai Pirenei. La vittoria di Vouillé spazzò via dalla Gallia i<br />

Visigoti liberando dall’<strong>in</strong>fluenza ariana quella vasta regione. Dal 508, un regno franco forte e<br />

unito che si estendeva dalla regione ad est del Reno f<strong>in</strong>o alle coste della Manica ad ovest e ai<br />

Pirenei a sud, avrebbe garantito alla Chiesa protezione e libertà d’azione <strong>in</strong> quelle terre ove il<br />

cattolicesimo era stato f<strong>in</strong>ora avversato, consentendole di <strong>in</strong>tensificare la sua <strong>in</strong>fluenza.<br />

Nel corso della sua visita pastorale <strong>in</strong> Francia nel settembre del 1996, papa Wojtyla non ha<br />

mancato di riproporre ai francesi la figura di Clodoveo di cui ricorreva il millec<strong>in</strong>quecentesimo<br />

anniversario della conversione al cattolicesimo, “uno degli eventi che hanno <strong>formato</strong> la Francia”,<br />

ha sottol<strong>in</strong>eato il Pontefice romano durante l’<strong>in</strong>contro col Presidente Chirac a Tours. In effetti,<br />

come si è visto, la conversione alla fede cattolica valse a Clodoveo l’appoggio della<br />

Chiesa, una circostanza che contribuì <strong>in</strong> maniera determ<strong>in</strong>ante alla sua affermazione politica. E<br />

valse alla Chiesa il sostegno di una nazione dest<strong>in</strong>ata a dom<strong>in</strong>are nei prossimi secoli la politica<br />

dell’Europa germanica e lat<strong>in</strong>a.<br />

476 - W. ULLMANN, A Short History of the Papacy <strong>in</strong> the Middle Ages, New York, 1972, p. 37.<br />

“Verso il ‘500, scrive Marcel Pacaut, si libera un’istituzione la cui autorità (...) è <strong>in</strong>contestabile<br />

(...) Il papa, sommo pontefice (summu pontifex), sommo sacerdote (summus sacerdos), talora<br />

pers<strong>in</strong>o chiamato (...) ‘Vicario di Cristo’ (...) gode nella sede apostolica di un prestigio particolare”.<br />

- Histoire de la Papautè de l’Orig<strong>in</strong>e au Concile di Trente, Parigi 1976, p. 44. (Nota<br />

dell’Autore)<br />

377


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 378<br />

CAPITOLO 12<br />

“Quanto al 1844, si deve riconoscere che anche su questa data la profezia<br />

ha visto giusto. Certo il 1844, al contrario delle altre date a cui si è fatto riferimento<br />

prima, non è una data che la storia abbia conservato. Ad essa non è associata<br />

una rivoluzione né una conquista e nemmeno un decreto reale. Quella<br />

data non figura nei manuali di storia; essa non evoca nulla nelle nostre memorie<br />

scolastiche. Eppure, se si crede al libro di Daniele, il 1844 è una data che conta.<br />

Quell’anno precisamente è segnato dal montare di un movimento di attesa e di<br />

speranza, un movimento nel contempo <strong>in</strong>terconfessionale e <strong>in</strong>ternazionale che<br />

def<strong>in</strong>isce sé stesso precisamente <strong>in</strong> rapporto alla venuta, ‘all’avvento’ di Dio 477.<br />

Quell’anno è anche segnato da un <strong>in</strong>tensificarsi degli studi sul libro di Daniele, e<br />

specificamente su quella profezia che annunciava il tempo della f<strong>in</strong>e. C’è da stupirsene<br />

? Nel 1844 è f<strong>in</strong>almente decodificata la profezia che annuncia il 1844.<br />

“A partire da questa data <strong>in</strong> effetti la profezia si chiarisce, la si comprende.<br />

Daniele lo aveva previsto. L’angelo lo aveva prevenuto. Solo nel tempo della<br />

f<strong>in</strong>e la parola sarebbe stata desigillata e la si sarebbe capita (vv. 4, 9, 10).<br />

Quando la profezia si adempie, allora si può riconoscerla, si può comprenderla<br />

e vi si può credere:<br />

‘... ve l’ho detto prima che avvenga, aff<strong>in</strong>ché, quando<br />

sarà avvenuto, crediate’ (Gv 14. 29)<br />

“Questa è la ragione d’essere di tutte quelle date che segnano il percorso<br />

della storia: servire da punti di riferimento nel tempo, per risvegliare e rafforzare<br />

l’attesa” 478.<br />

13 Ma tu avviati verso la f<strong>in</strong>e; tu ti riposerai, e poi sorgerai per ricevere<br />

la tua parte di eredità, alla f<strong>in</strong>e de’ giorni.<br />

Secoli e secoli sarebbero trascorsi prima che si fossero compiute le ultime profezie<br />

rivelate a Daniele; esse non potevano dunque riguardare lui e la sua generazione.<br />

La vita terrena dell’anziano profeta - una vita <strong>in</strong>tensa, tutta dedita alla missione<br />

alla quale è stato chiamato molti anni prima - volge oramai alla f<strong>in</strong>e.<br />

Essere profeta per le età e per le genti a venire, essere profeta universale,<br />

<strong>in</strong>somma: fu questa la missione della quale Daniele fu <strong>in</strong>vestito ed egli l’ha<br />

svolta con <strong>in</strong>defettibile fedeltà raccogliendo <strong>in</strong> forma scritta per consegnarle ai<br />

posteri tutte le straord<strong>in</strong>arie rivelazioni che gli sono state date.<br />

Adesso Daniele deve prepararsi al trapasso. Nell’immediato lo attende il riposo<br />

nel sepolcro, non la gloria del paradiso! L’eredità eterna la riceverà quando<br />

risorgerà “alla f<strong>in</strong>e dei giorni”.<br />

477 - Su questo soggetto vedi H. DESROCHE, Sociologie de l’Esperance, Parigi 1973. (Nota<br />

dell’Autore)<br />

478 - Le soupir de la terre, pp. 264-267.<br />

378


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 379<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Come somiglia a quella che <strong>in</strong>travide Paolo alla vigilia del martirio la prospettiva<br />

che fu posta davanti a Daniele prossimo a lasciare la vita presente.<br />

L’apostolo di Gesù si aspettò anch’egli per l’ultimo giorno la ricompensa riservata<br />

ai fedeli del Signore: “... il tempo della mia dipartenza è giunto... del rimanente<br />

mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà<br />

<strong>in</strong> quel giorno” (2Tm 4: 6, 8). D’ora f<strong>in</strong>o a “quel giorno” egli riposerà nel<br />

seno della terra, come il santo profeta Daniele.<br />

379


Daniele/9-12 28-07-2004 9:57 Pag<strong>in</strong>a 380<br />

380


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 379<br />

Note storiche<br />

_________________________________________________________________<br />

1. BABILONIA<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Babilonia sorse <strong>in</strong> epoca remota (v. Ge 11: 1-9) nella pianura alluvionale percorsa<br />

dal Tigri e dall’Eufrate. Nella seconda metà del III millennio a.C. essa<br />

divenne, per merito del grande re Sargon di Akkad, il centro di un vasto impero<br />

che si estendeva dal golfo Persico al centro dell’Anatolia. La città decadde circa<br />

cento anni più tardi quando fu occupata dai barbari Gutei scesi dalle montagne<br />

a est del Tigri. Poco più di un secolo dopo, Babilonia entrò nell’orbita politica di<br />

Ur avendo i prìncipi del risorto impero sumerico cacciato dal paese i rudi montanari.<br />

Nel XIX sec. A.C., dissoltosi l’impero sumerico, Babilonia fu per breve<br />

tempo sotto il controllo degli Elamiti; <strong>in</strong> seguito fu occupata dai semiti Amorrei<br />

venuti dal deserto della Siria. Sotto la d<strong>in</strong>astia amorrea, che ebbe <strong>in</strong> Hammurabi<br />

(c.ca 1728-1686 a.C.) il più illustre dei suoi rappresentanti, la città acquistò<br />

nuovo lustro divenendo ancora una volta la capitale di un grande impero. Est<strong>in</strong>tasi<br />

la d<strong>in</strong>astia amorrea a metà del II millennio, Babilonia decadde di nuovo;<br />

presa e saccheggiata dagli Hittiti dell’Anatolia, fu poi occupata dai Kassiti che la<br />

tennero per vari secoli.<br />

Nel XIII sec. a.C. ai Kassiti subentrarono gli Assiri, e Babilonia rimase per<br />

seicento anni una dipendenza di N<strong>in</strong>ive, governata per lo più da pr<strong>in</strong>cipi vassalli.<br />

Tiglat-Pileser III (745-727 a.C.) e Sargon II (722-705), il distruttore di Samaria,<br />

vollero c<strong>in</strong>gere essi stessi la corona di Babilonia. Invece Sennacherib (705-<br />

685), stanco di domare rivolte, distrusse la città nel 689 a.C.<br />

Risorta dalle sue macerie <strong>in</strong> breve tempo, Babilonia fu governata da locali<br />

pr<strong>in</strong>cipi caldei sottomessi alla sovranità di N<strong>in</strong>ive, ma anelanti all’<strong>in</strong>dipendenza.<br />

Colui che conseguì questo ambìto risultato fu un capo caldeo di nome Nabopolassar,<br />

il quale nel 626 a.C. proclamò la secessione da N<strong>in</strong>ive. Esausta e decadente,<br />

l’Assiria non fu più <strong>in</strong> grado di riprist<strong>in</strong>are la sua sovranità sulla città ribelle.<br />

Fu anzi Nabopolassar che prese l’<strong>in</strong>iziativa contro i dom<strong>in</strong>atori secolari di<br />

Babilonia. Il pr<strong>in</strong>cipe caldeo combatté gli Assiri con alterna fortuna e f<strong>in</strong>almente,<br />

alleatosi col re dei Medi Ciassàre, nel 612 a.C., espugnò N<strong>in</strong>ive e la rase al suolo<br />

ponendo f<strong>in</strong>e per sempre all’egemonia assira nel Vic<strong>in</strong>o Oriente. Babilonia si avviò<br />

a riprist<strong>in</strong>are l’antica grandezza e ad assurgere ancora una volta al ruolo di<br />

centro del mondo. Spettò al figlio e successore di Nabopolassar, il grande Nabucodonosor<br />

II (605-562 a.C.), conseguire questo brillante risultato. È questo il periodo<br />

storico che la profezia danielica anticipa con l’immag<strong>in</strong>e della testa d’oro<br />

nel cap. 2 e descrive con la figura del leone alato emergente dal mare nel cap. 7.<br />

La prima fase del regno di Nabucodonosor fu caratterizzata pr<strong>in</strong>cipalmente<br />

da una <strong>in</strong>tensa attività militare che permise all’energico sovrano di estendere f<strong>in</strong>o<br />

379


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 380<br />

NOTE STORICHE<br />

alla costa mediterranea e alla frontiera egiziana l’egemonia di Babilonia. Fu la<br />

fase della formazione dell’impero che la profezia rappresenta realisticamente con<br />

la figura del leone nel suo ruolo naturale di <strong>in</strong>domito predatore. Le ali sul dorso<br />

evocano la rapidità con cui si mossero le milizie caldee nelle guerre di conquista<br />

e negli <strong>in</strong>terventi per domare le rivolte (cfr. Gr 4: 13; 6: 23 u.p.).<br />

Tre volte gli abitanti di Giuda e i loro re dovettero sperimentare sulla loro<br />

pelle quanto fosse illusorio sperare di sv<strong>in</strong>colarsi dal giogo di Babilonia: nel 605<br />

a.C., sotto Gioiachim, nel 598, all’<strong>in</strong>izio del regno di Gioiach<strong>in</strong>, e nel 587, alla<br />

f<strong>in</strong>e del regno di Sedechia. Stavolta non solo fu saccheggiato il Tempio di Gerusalemme,<br />

ma il sacro edificio e la città stessa furono distrutti e la popolazione<br />

superstite fu deportata.<br />

A un primo periodo del regno di Nabucodonosor segnato <strong>in</strong> modo predom<strong>in</strong>ante<br />

dall’attività militare, ne seguì un secondo nel quale prevalsero l’attività<br />

edilizia e la promozione della cultura. E’ questa seconda fase della storia della<br />

nuova Babilonia che la profezia descrive con la metamorfosi del leone. La belva<br />

che si umanizza (perde le ali, si alza sulle zampe posteriori come un uomo e riceve<br />

un cuore umano) evoca <strong>in</strong> modo concreto la transizione di Babilonia dalla<br />

fase di “martello” che frantuma le nazioni (Gr 51: 20) alla fase di “splendore dei<br />

regni... superba bellezza dei Caldei” (Is 13: 19).<br />

Nella storia delle nazioni il culm<strong>in</strong>e della grandezza e della potenza spesso<br />

co<strong>in</strong>cide con l’<strong>in</strong>izio del decl<strong>in</strong>o. Così nella visione di Daniele il cambiamento di<br />

<strong>in</strong>dole del leone, nel medesimo tempo che rispecchia il momento di massimo<br />

splendore di Babilonia, annuncia l’<strong>in</strong>izio della decadenza che prelude alla f<strong>in</strong>e.<br />

In effetti dopo la morte di Nabucodonosor, avvenuta nel 562 a.C., com<strong>in</strong>ciò<br />

per Babilonia un periodo di <strong>in</strong>stabilità politica e progressiva erosione del potere<br />

centrale. Il successore del grande sovrano, suo figlio Evil-Merodac, perì per<br />

mano dei congiurati dopo due soli anni di regno. L’usurpatore Neriglissar regnò<br />

quattro anni (560-556 a.C.) e morì di morte naturale. Suo figlio Labashi-Marduk<br />

fu elim<strong>in</strong>ato da una congiura dopo pochi mesi di regno. Il nuovo usurpatore,<br />

Nabonide (556-539 a.C.) che sembra avesse sposato una figlia di Nabucodonosor<br />

per legittimare la presa del potere, esercitò le funzioni di governo <strong>in</strong> Babilonia<br />

nei primi sei dei suoi sedici anni di regno, avendo trascorso gli altri dieci (549-<br />

539 a. C.) a Tema, nell’Arabia, mentre suo figlio Belsazar tenne la reggenza a Babilonia<br />

f<strong>in</strong>o all’arrivo dei Persiani nell’autunno del 539 a.C. Con la caduta di Babilonia<br />

nelle mani di Ciro, la f<strong>in</strong>e tragica di Belsazar (cfr. Dn 5: 30) e l’esilio di<br />

Nabonide <strong>in</strong> Carmania, tramontò la breve stagione della nuova Babilonia dopo<br />

un predom<strong>in</strong>io di 66 anni nel vic<strong>in</strong>o Oriente.<br />

2. MEDIA E PERSIA FINO<br />

ALL’AVVENTO DELL’ELLENISMO<br />

Sul f<strong>in</strong>ire del II millennio a.C., numerose tribù <strong>in</strong>do-ariane appartenenti a<br />

varie etnie (Cimmeri, Sciti, Medi, Parsi), emigrarono dalle steppe della Russia<br />

meridionale verso l’Armenia e l’Iran e si <strong>in</strong>sediarono nella regione montuosa fra<br />

380


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 381<br />

CAPIRE DANIELE<br />

il Mar Nero e il Mar Caspio. Più tardi le tribù mede e parse si stabilirono più a<br />

sud, fra il Lago Urmia e la pianura di Ecbatana. Quivi gli Assiri le sottomisero e<br />

le resero tributarie per un periodo di tempo.<br />

Nel corso dell’VIII secolo a.C., un capo energico di nome Deioce unificò le<br />

tribù mede e fondò Ecbatana, la città dalla quale governò il regno da lui stesso<br />

creato. Suo figlio Fraorte assoggettò le tribù dei Parsi. In seguito i Medi stessi furono<br />

v<strong>in</strong>ti e dom<strong>in</strong>ati per una trent<strong>in</strong>a d’anni dagli Sciti.<br />

Ciassàre (653-585 a.C.), il successore di Fraorte, sconfisse gli Sciti e restituì<br />

l’<strong>in</strong>dipendenza al suo popolo, poi str<strong>in</strong>se alleanza con Nabopolassar di Babilonia.<br />

Un matrimonio di stato suggellò il patto fra le due nazioni: Amytis, primogenita<br />

di Ciassàre, andò <strong>in</strong> sposa a Nabucodonosor II figlio di Nabopolassar. Per<br />

lei Nabucodonosor creò <strong>in</strong> Babilonia i celebrati “giard<strong>in</strong>i pensili”.<br />

Nel 612 a.C. Medi e Babilonesi presero e distrussero N<strong>in</strong>ive, abbatterono<br />

l’impero assiro e se ne spartirono le spoglie.<br />

Le tribù parse <strong>in</strong>torno al sec. VIII a.C. mossero dalla regione del Lago Urmia<br />

verso l’altopiano iranico e si <strong>in</strong>sediarono ad est e a sud-est dell’Elam, di là della<br />

costa nord-orientale del Golfo Persico. Verso il 700 a.C. un capo autorevole di<br />

nome Achemène ne riunì <strong>in</strong>sieme una parte dando orig<strong>in</strong>e al piccolo regno dei<br />

Parsi e alla d<strong>in</strong>astia degli Achemènidi con Pasargade come residenza reale. Poi si<br />

unificarono anche le tribù del sud-est e nacque il m<strong>in</strong>uscolo regno di Anshan.<br />

Teispe, succeduto al padre Achemène, riunì <strong>in</strong>sieme e governò i due piccoli<br />

regni, ma prima di morire spartì il potere fra i due figli Ariaramne (c.ca 640-<br />

590 a.C.) che regnò sui Parsi e Ciro I (c.ca 640-600 a.C.) su Anshan, entrambi<br />

come vassalli dei Medi.<br />

Ariaramne venne a diverbio con Ciassàre, il re dei Medi, e perse la corona<br />

che andò al fratello, cosicchè il doppio regno ebbe di nuovo un solo re.<br />

Morto Ciro I, salì al trono suo figlio Cambise I (c.ca 600-553 a.C.) col titolo<br />

di “re di Anshan”. Dalla sua unione matrimoniale con la pr<strong>in</strong>cipessa meda Mandane,<br />

figlia di Astiage (il successore di Ciassàre), nacque Ciro II, il futuro fondatore<br />

dell’impero persiano.<br />

A Cambise I succedette nel 553 a.C. Ciro II. Vassallo dei Medi, Ciro regnò<br />

da Pasargade col titolo di “re di Anshan”, ma presto si ribellò alla signoria dei<br />

Medi e con l’appoggio della sua gente tenne testa all’esercito di Astiage. Nel 549<br />

a.C., grazie soprattutto alla defezione di Arpago, il capo dell’esercito medo che<br />

passò dalla sua parte, Ciro rimase vittorioso e occupò Ecbatana dopo avere ucciso<br />

il nonno Astiage. Così divenne il nuovo signore della Media e dei suoi possedimenti:<br />

l’Assiria, l’Armenia, la Cappadocia e la Siria. Venne <strong>in</strong> tal modo a ribaltarsi<br />

l’antico rapporto politico fra i due popoli <strong>in</strong>do-ariani: i Medi, già dom<strong>in</strong>atori<br />

dei Persiani, ne divennero sudditi. È questo importante momento storico che<br />

la profezia danielica <strong>in</strong>quadra con la figura del grande orso emergente dal mare<br />

che si solleva appoggiandosi su un fianco (cioè sulla forza preponderante dei<br />

Persiani, se i due fianchi del bestione, come hanno creduto non a torto vari<br />

espositori, rappresentano le due etnie, la persiana e la meda). Da politico saggio<br />

e lungimirante, Ciro trattò i Medi alla stessa stregua dei Persiani e non da vassalli,<br />

e fu magnanimo verso le popolazioni sottomesse.<br />

381


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 382<br />

NOTE STORICHE<br />

Consolidato il potere nei territori acquisiti con la vittoria sui Medi - territori<br />

che si estendevano dalle regioni ad est del Tigri f<strong>in</strong>o al corso dell’Halys nell’Anatolia<br />

centrale - Ciro mirò ad espandersi ancora verso ovest. Nel 547 a.C. tolse ai<br />

Babilonesi una prov<strong>in</strong>cia che Nabonide aveva sottratto ai Medi e affrontò Creso,<br />

il re dei Lidi, che aveva oltrepassato l’Halys per prevenire un attacco persiano.<br />

Resp<strong>in</strong>ti i Lidi, Ciro attaccò di sorpresa Sardi, la loro capitale, e la espugnò dopo<br />

14 giorni di assedio nell’<strong>in</strong>verno di quello stesso anno, il 547 a.C. Nei tre anni<br />

seguenti il medo Arpago, divenuto uno dei generali più abili di Ciro, sottomise<br />

tutte le città greche della Ionia, sicché l’<strong>in</strong>tera Anatolia, dal Mar Nero all’Egeo,<br />

entrò nell’orbita persiana.<br />

Nell’autunno del 539 a.C., Ciro mosse guerra a Nabonide di Babilonia. Travolte<br />

le truppe avversarie presso Opis, sul Tigri, occupò Sippar senza combattere.<br />

Il 13 ottobre di quello stesso anno Ugbaru, governatore del Gutium e valoroso<br />

generale del gran re, occupò Babilonia con uno stratagemma (v.comm. a 5:<br />

29). Con la città passò nelle mani di Ciro quanto era rimasto dei territori dell’impero<br />

caldeo. Anche gli esuli di Giuda (v. 2Cr 36: 22, 23 e Ed 1: 1-4) trassero vantaggio<br />

dalla politica magnanima di Ciro verso le popolazioni alienigene deportate<br />

nella Babilonide (cfr. Ed 1: 1-4). Otto anni dopo la vittoria sui Babilonesi,<br />

Ciro morì combattendo contro i Massageti nell’Iran orientale.<br />

Cambise II (530-522 a.C.), che aveva già tenuto la reggenza di Babilonia,<br />

salì sul trono di Persia alla morte del padre. Conscio della sua impopolarità,<br />

prima di mettersi <strong>in</strong> marcia per l’Egitto alla testa delle truppe nel 525 a.C., fece<br />

assass<strong>in</strong>are <strong>in</strong> segreto il fratello Bardya (lo Smerdis di Erodoto).<br />

A Pelusio i Persiani batterono le milizie mercenarie di Psammetico III appena<br />

salito al trono come successore di Amasi. Dilagate nel Delta, le truppe di<br />

Cambise, occuparono Menfi, poi, essendosi sottomesse spontaneamente la Libia<br />

e la Cirenaica, volsero a sud verso nuove conquiste. In breve tutta la Valle del<br />

Nilo, f<strong>in</strong>o al conf<strong>in</strong>e con la Nubia, fu <strong>in</strong> saldo possesso dei Persiani. Cadeva così<br />

l’ultimo baluardo della “triplice alleanza” Creso-Nabonide-Amasi che <strong>in</strong>vano<br />

aveva tentato di opporsi all’espansione persiana.<br />

I tre regni importanti v<strong>in</strong>ti e sottomessi da Ciro e da Cambise (la Lidia nel<br />

547 a.C., Babilonia nel 539 a.C. e l’Egitto nel 525 a.C.) da vari espositori sono<br />

stati accostati alle tre costole che nella visione di Daniele l’orso vorace str<strong>in</strong>geva<br />

fra i denti.<br />

L’ord<strong>in</strong>e dato alla belva di levarsi e mangiare molta carne trova riscontro<br />

nelle estese conquiste territoriali dei Persiani, dopo il loro sopravvento sui Medi.<br />

Nel 522 a.C. Cambise, avuta notizia che un mago della Media - un certo<br />

Gaumata - aveva usurpato il trono spacciandosi per il fratello Bardyia che lui<br />

aveva elim<strong>in</strong>ato <strong>in</strong> segreto, prese frettolosamente la via del ritorno, ma a Susa<br />

non giunse mai essendo perito <strong>in</strong> circostanze poco chiare lungo il tragitto.<br />

Intanto nella Persia agitata dalla rivolta un pr<strong>in</strong>cipe discendente dagli Achemenidi<br />

attraverso un ramo cadetto, Dario figlio di Istaspe, smascherò l’impostore<br />

che regnava da circa 6 mesi, lo combatté e lo uccise.<br />

Dario I (522-486 a.C.) dovette combattere per quasi tre anni prima di avere<br />

ragione dei numerosi pretendenti al trono che avevano alzato la testa dopo la<br />

382


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 383<br />

CAPIRE DANIELE<br />

morte di Cambise, ma, una volta vittorioso, regnò <strong>in</strong>contrastato su un impero<br />

che si estendeva dall’Indo all’Ellesponto lungo l’asse est-ovest, e dall’Armenia<br />

alla Nubia lungo la direttrice nord-sud.<br />

L’impero degli Achemenidi raggiunse la massima estensione territoriale con<br />

la conquista della pianura dell’Indo nel 513 a.C. e la sottomissione della Tracia e<br />

della Macedonia nel 514 ad opera di questo grande monarca, non a torto considerato<br />

dagli storici il vero fondatore dell’impero persiano.<br />

Sovrano energico e illum<strong>in</strong>ato, Dario governò con fermezza e saggezza i<br />

suoi immensi domìni. Creò un’efficiente burocrazia amm<strong>in</strong>istrativa, promosse<br />

grandi opere di pace per il benessere dei suoi sudditi, concentrò nei sontuosi<br />

palazzi di Persepoli e di Susa la ricchezza dello stato. Su una roccia presso Behishtun<br />

il gran re ci ha tramandato le vicende del suo regno <strong>in</strong> un lungo testo tril<strong>in</strong>gue<br />

(<strong>in</strong> persiano, <strong>in</strong> babilonese e <strong>in</strong> elamita).<br />

Ai Giudei nel 520 a.C. consentì di ricostruire il tempio del loro Dio <strong>in</strong> Gerusalemme<br />

(vedi Ed 5: 5,6; 6: 6-12).<br />

Gli ultimi anni di regno di Dario furono funestati da gravi rovesci militari:<br />

nel 492 a.C., alla prima spedizione contro i Greci, la flotta fu decimata da una<br />

tempesta davanti al Monte Athos, e la seconda spedizione nel 490 f<strong>in</strong>ì <strong>in</strong> un disastro<br />

a Maratona. Per giunta nel 487 si ribellò e si rese <strong>in</strong>dipendente la grande<br />

satrapia egiziana.<br />

Nel 486 a.C. Dario morì deluso e amareggiato.<br />

Gli successe il figlio Serse I (486-465 a.C.), identificato correntemente con<br />

l’Assuero del libro di Esther. Serse non fu all’altezza del padre né come capo militare<br />

né come leader politico. Le avventure amorose e gli <strong>in</strong>trighi dell’harem lo<br />

assorbirono più della politica e degli affari di stato. Nondimeno nel 485 a.C. egli<br />

marciò contro l’Egitto e lo riconquistò, e due anni dopo <strong>in</strong>tervenne energicamente<br />

<strong>in</strong> Babilonia per domare una rivolta. Nella brutale repressione rimasero<br />

distrutte le fortificazioni, i palazzi e i templi della splendida città.<br />

Indeciso se riprendere la lotta contro Atene o r<strong>in</strong>unciarvi, alla f<strong>in</strong>e Serse cedette<br />

alle suggestioni dei fautori della guerra. Nel 480 a.C. attraversò l’Ellesponto<br />

(rifulse il valore dei Greci alle Termopili), prese Atene e la dette alle fiamme, ma<br />

dovette ritirarsi <strong>in</strong> fretta dopo che la sua flotta era stata distrutta dai Greci a Salam<strong>in</strong>a.<br />

L’anno seguente subì due pesanti sconfitte <strong>in</strong> un solo giorno, a Platea e a<br />

Micale. Nel 466 perse la flotta e l’esercito <strong>in</strong> Panfilia <strong>in</strong> uno scontro sfortunato<br />

con i Greci. L’anno dopo perì per mano dei congiurati <strong>in</strong> una rivolta di palazzo<br />

capeggiata dal potente visir Artabano.<br />

Artaserse I Longimano (465-423 a.C.) salì al trono <strong>in</strong> vece del fratello maggiore<br />

Dario da lui fatto assass<strong>in</strong>are su istigazione di Artabano. Scoperti i raggiri<br />

dell’<strong>in</strong>trigante visir, Artaserse lo fece elim<strong>in</strong>are, e fu così che poté reggersi sul<br />

trono. Di carattere debole e <strong>in</strong>deciso, scarsamente dotato come leader politico e<br />

capo militare, e <strong>in</strong>fluenzato dalla madre e dalla moglie, Artarserse non avrebbe<br />

potuto regnare a lungo senza l’appoggio del cognato Megabise.<br />

Verso il 463 a.C. il libico Inaro tenne <strong>in</strong> scacco le truppe persiane nel delta<br />

del Nilo e nel 460 le resp<strong>in</strong>se con l’aiuto dei Greci. Intanto rivolte e disord<strong>in</strong>i<br />

scoppiarono <strong>in</strong> varie parti dell’impero e Artaserse cercò almeno di mantenersi<br />

383


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 384<br />

NOTE STORICHE<br />

amici gli staterelli vassalli di Siria e Palest<strong>in</strong>a meno <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>i alla ribellione. Favori<br />

particolari elargì ai Giudei nel 457 a.C. (vedi Ed 7: 11-26; Ne 2: 1-8).<br />

L’<strong>in</strong>tervento di Megabise <strong>in</strong> Egitto con l’appoggio della flotta fenicia nel 456<br />

a.C. riportò l’ord<strong>in</strong>e.<br />

I Greci e gli Egiziani furono battuti, Inaro si arrese e fu spedito <strong>in</strong> Persia<br />

dove Artaserse, venendo meno ai patti, lo fece uccidere attirandosi il disprezzo<br />

di Megabise.<br />

La guerra lunga e <strong>in</strong>concludente con Atene f<strong>in</strong>ì nel 448 a.C. con la pace di<br />

Cimone voluta dal re persiano. Poco si sa sugli ultimi vent’anni di regno di questo<br />

discusso regnante achemenide. Artaserse I morì nel 423 a.C. dopo 41 anni di<br />

regno lasciando l’impero <strong>in</strong> uno stato caotico.<br />

Alla morte di Artaserse I, dopo un breve <strong>in</strong>terregno di Serse II e forse di<br />

Sogdiano, il trono di Persia fu occupato da Dario II Noto (423-405/4 a.C.), una<br />

figura piuttosto scialba di regnante.<br />

Negli ultimi 75 anni, con l’impero oramai <strong>in</strong> decl<strong>in</strong>o, si succedettero sul<br />

trono degli Achenemidi Artaserse II Memnone (405/4 - 359/58 a.C.), Artaserse III<br />

Ocho (359/58 - 338/37), Arsete (338/37 - 336/35) e Dario III Codomano (336/35<br />

- 331).<br />

Sconfitto da Alessandro il Macedone sul Granico, a Isso e ad Arbela, Dario<br />

III fu <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e assass<strong>in</strong>ato dal satrapo Besso nel 331 a.C. e con lui f<strong>in</strong>ì l’impero persiano<br />

dopo 208 anni di predom<strong>in</strong>io <strong>in</strong> Asia e nel bac<strong>in</strong>o orientale del Mediterraneo.<br />

3. GRECIA, MACEDONIA E REGNI ELLENISTICI<br />

FINO ALL’AVVENTO DI ROMA<br />

Tra la f<strong>in</strong>e del III e gli <strong>in</strong>izi del II millennio a.C., varie popolazioni <strong>in</strong>do-europee<br />

giunte probabilmente dalla regione danubiana nella penisola balcanica si<br />

sovrapposero ai più antichi abitatori egei. Col tempo si imposero i Micenei (gli<br />

Achei dei poemi omerici), gli Eoli e gli Ioni. Da queste popolazioni, e dai Dori<br />

sopraggiunti più tardi, ebbe orig<strong>in</strong>e la stirpe greca. Gli Achei svolsero un ruolo<br />

prem<strong>in</strong>ente nell’età più antica. Furono loro che, sotto l’<strong>in</strong>fluenza della civiltà m<strong>in</strong>oica<br />

fiorita nell’isola di Creta secoli prima, svilupparono la splendida civiltà micenea<br />

(dal nome della città di Micene) nel sud del Pelopponeso, una civiltà che<br />

pervenne alla sua più alta espressione a metà del II millennio a.C.<br />

Nuove ondate migratorie dal nord tra la f<strong>in</strong>e del XIII e gli <strong>in</strong>izi del XII secolo<br />

a.C., riversarono nella penisola greca altre popolazioni <strong>in</strong>doeuropee di cui i<br />

Dori rappresentarono il gruppo più consistente. Insediatisi nel sud del Peloponneso,<br />

i Dori travolsero il potere e la civiltà dei Micenei e imposero il loro predom<strong>in</strong>io.<br />

Le popolazioni <strong>in</strong>digene che non si sottomisero ai nuovi arrivati emigrarono<br />

verso l’est: gli Eoli della Tessaglia e della Beozia ripararono nella Tracia e nella<br />

costa nord-occidentale dell’Asia M<strong>in</strong>ore, gli Ioni si portarono nell’Acaia e nell’Attica,<br />

e dall’<strong>in</strong>izio del I millennio a.C. <strong>in</strong> gran numero attraversarono l’Egeo e oc-<br />

384


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 385<br />

CAPIRE DANIELE<br />

cuparono la costa sud-occidentale dell’Asia M<strong>in</strong>ore e le isole adiacenti, ove crearono<br />

numerosi <strong>in</strong>sediamenti. Fu così che nacque la Ionia, una espansione della<br />

Grecia e della sua cultura e civiltà nell’Asia M<strong>in</strong>ore. Fra le 12 città della Ionia<br />

emerse Mileto che ne divenne la capitale.<br />

I Greci della Ionia vennero <strong>in</strong> contatto con le emergenti culture semitiche<br />

del Vic<strong>in</strong>o Oriente e da esse, già nel IX secolo a.C., impararono l’alfabeto. Gli<br />

Ebrei, dal nome della regione - Ionia - derivarono il sostantivo Jawan che l’Antico<br />

Testamento applica ai Greci <strong>in</strong> generale.<br />

Dopo un lungo periodo di vita libera e prospera, la città della Ionia nel 560<br />

a.C. furono sottomesse da Creso, Re dei Lidi, e 14 anni più tardi passarono sotto<br />

la sovranità persiana a seguito della vittoria di Ciro su Creso. Nel 500 a.C., con<br />

l’appoggio di Atene, gli ioni si ribellarono al dom<strong>in</strong>io persiano, ma la rivolta fu<br />

domata con durezza: Mileto fu presa e distrutta nel 494 a.C. L’espansione greca<br />

oltremare si rivolse anche a occidente. Fra l’VIII e il VI secolo a.C. necessità prem<strong>in</strong>entemente<br />

di ord<strong>in</strong>e economico furono all’orig<strong>in</strong>e di notevoli flussi migratori<br />

dalle coste greche verso i lidi dell’Italia meridionale e della Sicilia orientale. A<br />

questi immigrati - pr<strong>in</strong>cipalmente Dori ed Eoli - si deve la fondazione delle colonie<br />

greche della Magna Grecia.<br />

Per quanto riguarda le forme di governo praticamente fra i Greci, dapprima<br />

si adottò il regime monarchico, ma <strong>in</strong>debolendosi nel corso del tempo l’istituzione<br />

monarchica, avvenne che i villaggi contigui com<strong>in</strong>ciarono a raggrupparsi,<br />

dappr<strong>in</strong>cipio formando unioni cooperative, poi sviluppandosi <strong>in</strong> agglomerati urbani<br />

con annesso il territorio adiacente. Fu così che nacque la pòlis, la città<br />

greca. Le pòleis divennero vere e proprie città-stato, spesso <strong>in</strong> concorrenza fra<br />

loro. Nell’Attica emerse Atene, nel Peloponneso Sparta, nella Beozia Tebe. Col<br />

tempo la struttura politica delle pòleis evolse verso forme diverse da quella monarchica:<br />

verso una forma democratica <strong>in</strong> alcune città-stato, come Atene, verso<br />

una forma aristocratica <strong>in</strong> altre come Sparta e Tebe, verso una forma oligarchica<br />

<strong>in</strong> altre ancora.<br />

Agl’<strong>in</strong>izi del V secolo a.C., quando si profilò la m<strong>in</strong>accia persiana, le città<br />

greche maggiori accantonarono i dissidi e unirono le loro forze.<br />

Nel 490 a.C. Dario I organizzò una spedizione punitiva contro Atene per<br />

avere essa appoggiato le città ioniche durante la rivolta, ma l’esercito persiano fu<br />

battuto dai Greci a Maratona e dovette ritirarsi. Dieci anni dopo, Serse I condusse<br />

una seconda spedizione contro i Greci con un esercito di oltre 100.000<br />

uom<strong>in</strong>i e una grande flotta.<br />

La Beozia e l’Attica furono devastate, Atene fu saccheggiata e l’Acropoli <strong>in</strong>cendiata,<br />

ma i Greci <strong>in</strong>flissero una dura sconfitta alla flotta persiana davanti a Salam<strong>in</strong>a,<br />

e Serse dovette sospendere l’offensiva. L’anno seguente i Persiani furono<br />

ancora battuti, sulla terraferma a Platea e sul mare presso Micale, vic<strong>in</strong>o a Mileto.<br />

Dopo le vittoriose “guerre persiane”, Atene divenne il centro morale, politico<br />

e culturale della Grecia e per oltre un settantennio mantenne tale posizione<br />

di prem<strong>in</strong>enza; ma avendo perso la guerra del Peloponneso contro Sparta nel<br />

404 a.C., dovette cedere l’egemonia alla rivale. La supremazia di Sparta durò<br />

poco più di un trentennio, cioè f<strong>in</strong>o al 371 a.C. quando gli Spartani furono bat-<br />

385


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 386<br />

NOTE STORICHE<br />

tuti <strong>in</strong> guerra dai Tebani. Per la seconda volta, nel 362 a.C., Tebe sconfisse<br />

Sparta che aveva fatto lega con Atene. Intanto cresceva a nord-est il potere della<br />

Macedonia e per le città greche <strong>in</strong> lotta fra loro si profilava una nuova m<strong>in</strong>accia<br />

dopo quella persiana.<br />

Nel 359 a.C. divenne re dei Macedoni Filippo II. Dotato di non comuni capacità<br />

politiche e militari, il nuovo sovrano unificò la Macedonia, fondò una monarchia<br />

militare e <strong>in</strong>augurò una nuova tattica di guerra che ebbe il suo punto di<br />

forza nella famosa falange da lui stesso creata. Filippo batté la Lega Ellenica nel<br />

343/42 a.C., sottomise Atene ed estese l’egemonia della Macedonia sulla Tessaglia.<br />

Progettò una spedizione militare contro la Persia, ma la morte per mano dei<br />

congiurati nel 336 lo colse prima che avesse potuto attuarla.<br />

Il figlio di Filippo, Alessandro, salito al trono appena ventenne, dovette subito<br />

far fronte a una <strong>in</strong>surrezione delle città greche. La rivolta fu domata con un<br />

duro <strong>in</strong>tervento che mise <strong>in</strong> luce le straord<strong>in</strong>arie capacità militari del giovane sovrano.<br />

Tebe, artefice pr<strong>in</strong>cipale dell’<strong>in</strong>surrezione, fu presa e rasa al suolo.<br />

Consolidato il potere <strong>in</strong> Macedonia e <strong>in</strong> Grecia e ricostituita la Lega Panellenica<br />

nel 335 dopo la distruzione della ribelle Tebe, Alessandro pensò che fosse<br />

giunto il momento di saldare il conto con la Persia, colpevole di avere calpestato<br />

il sacro suolo ellenico, oppresso i Greci della Ionia e, da ultimo, tentato di sollevargli<br />

contro le città della Tessaglia.<br />

In nome di tutta la stirpe ellenica Alessandro mosse contro Dario III Codomano<br />

alla testa di 6 falangi e un reparto di cavalleria, <strong>in</strong> tutto 40.000 fanti e 5.000<br />

cavalieri. Nella primavera del 334, lasciato a Pella come reggente il generale Antipatro,<br />

attraversò l’Ellesponto e sbarcò nella Troade. Dario, allarmato, gli mandò<br />

contro i satrapi dell’Asia M<strong>in</strong>ore con le loro forze. Con un’abile manovra notturna<br />

il Macedone accerchiò gli avversari presso il fiume Granico e all’alba gettò<br />

lo scompiglio tra le loro file e li costr<strong>in</strong>se alla fuga. Con una rapida avanzata<br />

lungo la fascia costiera dell’Anatolia le falangi macedoni vittoriose liberarono dal<br />

dom<strong>in</strong>io persiano le città e le isole greche della Ionia e si portarono nella Cilicia.<br />

Dario <strong>in</strong> persona mosse contro i Macedoni alla testa di un esercito assai più<br />

numeroso di quello avversario. I due schieramenti si fronteggiarono nella stretta<br />

valle del P<strong>in</strong>aros, presso Isso. Con un’ampia manovra Dario riuscì ad aggirare i<br />

Macedoni e prenderli alle spalle bloccando loro ogni possibile ritirata: la loro<br />

sorte sembrava segnata. Ma Alessandro con un’azione fulm<strong>in</strong>ea scagliò la cavalleria<br />

e due falangi contro l’ala s<strong>in</strong>istra dello schieramento avversario. Questa cedette<br />

e trasc<strong>in</strong>ò nella rotta il settore centrale dove si trovava il Gran Re (una tradizione<br />

raccolta da Plutarco vuole che i due sovrani si trovassero fugacemente<br />

l’uno di fronte all’altro: l’episodio è raffigurato <strong>in</strong> un famoso mosaico pompeiano<br />

che si trova nel Museo Nazionale di Napoli).<br />

Fra il panico generale Dario si dette alla fuga; Alessandro però dovette tornare<br />

<strong>in</strong>dietro con la cavalleria per soccorrere l’ala s<strong>in</strong>istra del suo schieramento<br />

contro cui si era lanciato un forte reparto dell’esercito persiano. Il nemico, stretto<br />

tra due fuochi, fuggì lasciando nelle mani dei Macedoni copioso bott<strong>in</strong>o, e la<br />

battaglia di Isso si concluse con una nuova, folgorante vittoria dei Macedoni. Era<br />

il mese di novembre del 333 a.C. Alessandro s’impadronì della tenda abbando-<br />

386


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 387<br />

CAPIRE DANIELE<br />

nata del Gran Re dove si trovavano, <strong>in</strong>sieme a un cospicuo tesoro, le sue donne:<br />

la madre, la moglie e le figlie con le dame di corte.<br />

Dopo avere messo <strong>in</strong> rotta l’esercito persiano Alessandro, anziché proseguire<br />

verso Oriente, marciò <strong>in</strong> direzione Sud. Damasco, nella Siria, fu conquistata<br />

da un suo generale. Cipro, Sidone, Biblo e altre città fenicie si sottomisero<br />

spontaneamente ai Macedoni. Tiro, amica dei Persiani, non oppose resistenza,<br />

ma rifiutò il vassallaggio. La città commerciale sulla costa fu presa <strong>in</strong> breve<br />

tempo e rasa al suolo. Non fu altrettanto facile per i macedoni prendere l’Acropoli,<br />

arroccata su un isolotto fortificato a mezzo miglio dalla costa. Fu necessario<br />

costruire un terrapieno con le macerie della città costiera. Dopo 7 mesi di assedio<br />

la roccaforte fu espugnata e i difensori furono trattati con <strong>in</strong>audita ferocia:<br />

dopo che la fortezza fu saccheggiata e data alle fiamme, i superstiti del massacro<br />

furono venduti come schiavi. Era il mese di luglio del 332 a.C.<br />

Gaza, roccaforte persiana della Filistia , sulla via dell’Egitto, rifiutò la resa.<br />

Dopo due mesi di vano assedio Alessandro ne abbatté le mura a colpi d’ariete e<br />

fece scempio dei difensori. Il generale persiano che aveva resistito con grande<br />

valore, venne ucciso e il suo cadavere, legato al cavallo del v<strong>in</strong>citore, fu trasc<strong>in</strong>ato<br />

nella polvere <strong>in</strong>torno alle rov<strong>in</strong>e della fortezza.<br />

Il satrapo d’Egitto non fu <strong>in</strong> grado di opporsi agli <strong>in</strong>vasori avendo perso le<br />

sue truppe nella battaglia di Isso. Il Conquistatore entrò trionfalmente nel Paese<br />

dei faraoni salutato dai sacerdoti come il figlio di Horus, e vi rimase per tutto<br />

l’<strong>in</strong>verno 332-331, il tempo necessario per farsi proclamare faraone e figlio di<br />

Zeus-Ammon e fondare una nuova Alessandria.<br />

Nella primavera del 331 Alessandro si rimise <strong>in</strong> marcia. Percorsa la Palest<strong>in</strong>a<br />

e la Siria senza combattere, attraversò l’Eufrate e il Tigri, a nord dell’Antica N<strong>in</strong>ive,<br />

e dilagò nella pianura assira. Lì, fra Arbela e Gaugamela, lo attendeva Dario<br />

III con un esercito forte di 250.000 combattenti, 200 micidiali carri falcati e un<br />

reparto di elefanti da combattimento. Alessandro disponeva soltanto di 40.000<br />

fanti e 7.000 cavalieri. Il divario delle forze <strong>in</strong> campo era dunque enorme. Al<br />

centro del suo schieramento, Dario scagliò contro l’avversario l’ala s<strong>in</strong>istra al comando<br />

del satrapo Besso. Alessandro f<strong>in</strong>se di non accorgersene, e al momento<br />

opportuno si avventò sul nemico con la cavalleria e alcune falangi e lo travolse.<br />

Il Gran Re non ebbe altra scelta che la fuga per salvarsi dalla cattura, ma il Macedone<br />

dovette ancora una volta <strong>in</strong>terrompere l’<strong>in</strong>seguimento per venire <strong>in</strong> aiuto<br />

di un’ala del suo schieramento che stava per cedere sotto la pressione dell’ala s<strong>in</strong>istra<br />

dell’esercito persiano. Nel frattempo però Mazeo, il satrapo di Babilonia,<br />

ed i suoi uom<strong>in</strong>i che stavano per travolgere i Greco-macedoni, avendo saputo<br />

che il loro re era fuggito, abbandonarono il campo e si dettero alla fuga<br />

anch’essi. Anche stavolta, malgrado la loro notevole <strong>in</strong>feriorità numerica, i<br />

Greco-macedoni colsero una grande vittoria, anzi la vittoria def<strong>in</strong>itiva.<br />

Dopo lo strepitoso successo di Arbela, Alessandro, su consiglio del satrapo<br />

Mazeo passato dalla sua parte, entrò trionfalmente <strong>in</strong> Babilonia accoltovi come<br />

liberatore, e prese possesso della città e del favoloso tesoro che vi era custodito.<br />

Durante il breve soggiorno nella superba città caldea, <strong>in</strong> verità oramai decadente,<br />

Alessandro concepì il disegno di conquistare il resto dell’impero persiano<br />

387


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 388<br />

NOTE STORICHE<br />

- il mondo favoloso che si apriva davanti a lui a Oriente dell’Eufrate - e di fare di<br />

Babilonia il centro del suo sterm<strong>in</strong>ato impero.<br />

Nell’autunno del 331 ord<strong>in</strong>ò l’adunata generale e marciò alla volta di Susa.<br />

In novembre entrò pacificamente nella città nella cui reggia sistemò la famiglia<br />

di Dario. Incamerato il cospicuo tesoro che vi avevano accumulato i re achemenidi,<br />

<strong>in</strong> buona parte lo distribuì alle sue truppe. Poi, <strong>in</strong> pieno <strong>in</strong>verno, riprese la<br />

marcia alla volta di Pasargade. La città fu occupata senza combattere e fu lasciata<br />

<strong>in</strong>tatta <strong>in</strong> onore del grande predecessore, l’achemenide Ciro.<br />

Dopo una brevissima sosta a Pasargade, Alessandro marciò su Persepoli e<br />

qui fu necessario usare di nuovo le armi giacché il satrapo Ariobarzane era determ<strong>in</strong>ato<br />

a difendere la città e la sua satrapia. Non poté comunque impedirne<br />

l’occupazione e il saccheggio. Nella reggia favolosa il Macedone scoprì il più<br />

grande dei tesori f<strong>in</strong>ora predati (120.000 talenti!) e lo fece suo. In seguito i conquistatori<br />

dettero alle fiamme i palazzi e la splendida reggia di Persepoli. Alessandro<br />

si premurò di far sapere agli Ateniesi che aveva f<strong>in</strong>almente vendicato l’<strong>in</strong>cendio<br />

dell’Acropoli da parte di Serse.<br />

Nella primavera del 330, deciso a costr<strong>in</strong>gere Dario ad abdicare, il Macedone<br />

marciò alla volta di Echatana, l’ultima capitale degli Achemenidi, dove si<br />

diceva che il Gran Re si fosse rifugiato. La città fu occupata ma di Dario non si<br />

trovò traccia. Si trovò <strong>in</strong>vece un tesoro ancora più cospicuo di quello confiscato<br />

a Persepoli e naturalmente Alessandro se ne impadronì. Non poté tuttavia occupare<br />

legalmente il trono di Persia perché il legittimo sovrano era ancora <strong>in</strong> vita.<br />

Rispediti <strong>in</strong> patria i combattenti di nazionalità greca e tenuti presso di sé i<br />

fidi Macedoni, Alessandro lasciò metà dell’esercito a Ecbatana e con l’altra metà<br />

ripartì alla ricerca di Dario. Costeggiò il Caspio e sottomise l’Ircania dove apprese<br />

che Besso, l’<strong>in</strong>fido satrapo della Battriana, aveva deposto e fatto prigioniero<br />

Dario proclamandosi re <strong>in</strong> sua vece col nome di Artarserse IV.<br />

Nel territorio dei Parti Alessandro venne a contatto con l’avanguardia<br />

dell’esercito di Besso. Gli uom<strong>in</strong>i del satrapo, pensando di <strong>in</strong>graziarsi Alessandro<br />

o di conv<strong>in</strong>cerlo a non <strong>in</strong>seguirli più, gettarono il cadavere del Gran re e si dettero<br />

alla fuga. Morto Dario, il Macedone poteva diventarne il legittimo successore<br />

sul trono di Persia, ma la guerra non sarebbe f<strong>in</strong>ita f<strong>in</strong>ché Besso non avesse<br />

scontato il suo vile misfatto. Alessandro gli dette la caccia nella Margiana, nella<br />

Drangiana e nell’Aracosia senza riuscire a catturarlo. Nella primavera del 329 i<br />

Macedoni scesero nella Battriana, ma Besso non si fece sorprendere. Alessandro<br />

lo <strong>in</strong>seguì nella Sogd<strong>in</strong>a, ma quivi dovette fare i conti con l’ostilità della popolazione:<br />

occorsero due anni (329-327) per neutralizzare gli <strong>in</strong>domiti cavalieri sciti.<br />

Nella Sogdiana due satrapi già alleati di Besso, mal sopportando gli atteggiamenti<br />

dispotici di costui, lo fecero prigioniero e lo consegnarono ad Alessandro.<br />

Questi a sua volta lo consegnò ad un tribunale persiano che lo condannò a<br />

morte e lo fece giustiziare a Ecbatana.<br />

Adesso Alessandro poteva legittimamente sedere sul trono di Persia, ma bisognava<br />

ancora sottomettere le estreme prov<strong>in</strong>ce orientali poco disposte a riconoscere<br />

la sua sovranità. La Sogdiana stessa, già sottomessa, era <strong>in</strong> rivolta. Assoldato<br />

un gran numero di guerrieri sciti, con un esercito adatto a quell’ambiente<br />

388


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 389<br />

CAPIRE DANIELE<br />

aspro, nel 328 il Macedone irruppe nella regione e <strong>in</strong> 7 o 8 mesi la riconquistò.<br />

Tornato a Battra, sposò la bellissima Rossane, figlia del satrapo Ossiarte di<br />

cui aveva espugnato le ultime roccaforti.<br />

Ora Alessandro guardava più ad Est: l’India coi suoi affasc<strong>in</strong>anti misteri lo<br />

attraeva irresistibilmente. Del resto sotto Dario I la Valle dell’Indo era stata resa<br />

tributaria della Persia: quel favoloso paese spettava dunque di diritto al v<strong>in</strong>citore<br />

dei Persiani.<br />

Nella tarda primavera del 327, l’esercito macedone varcò l’H<strong>in</strong>dukush e dilagò<br />

nella pianura dell’Indo. Qui si dette ad aggredire, depredare e massacrare le<br />

popolazioni <strong>in</strong>ermi. Nell’estate dello stesso anno Alessandro fece attraversare<br />

l’Indo al suo esercito su un ponte di barche. Accolti amichevolmente di là del<br />

fiume dal re di Taxila, i Macedoni soggiornarono nel Paese f<strong>in</strong>o alla primavera<br />

successiva. All’<strong>in</strong>izio dell’estate del 326 ripresero la marcia verso Est e giunsero<br />

all’Idaspe. Guadato il fiume, affrontarono l’esercito del re Poro. Con la tattica già<br />

sperimentata al Granico, Alessandro sopraffece e batté le pur valorose truppe del<br />

re <strong>in</strong>diano. Non ancora pago delle conquiste realizzate e sp<strong>in</strong>to da una irrefrenabile<br />

bramosia di conquiste, il Macedone avrebbe voluto proseguire la marcia<br />

verso le misteriose regioni dell’Oriente estremo dove nessun occidentale aveva<br />

ancora messo piede. Ma le truppe esauste dopo 8 anni di marce e combattimenti<br />

cont<strong>in</strong>ui rifiutarono di seguirlo. Il Condottiero non ebbe altra alternativa che ricondurle<br />

verso casa.<br />

Su una flotta di imbarcazioni costruite sul posto i Macedoni discesero l’Indo<br />

f<strong>in</strong>o alla foce. Da lì marciarono via terra verso Persepoli attraverso la Gedrosia e<br />

la Carmania, condotti da Alessandro e da Cratèro, mentre la flotta, agli ord<strong>in</strong>i di<br />

Nearco, navigò verso la foce del Tigri e dell’Eufrate costeggiando la Gedrosia e<br />

la Perside.<br />

La marcia dei veterani lungo le distese aspre e <strong>in</strong>ospitali della Gedrosia e<br />

della Carmania fu lunga e costellata da mille difficoltà. L’ostilità degli <strong>in</strong>domiti<br />

abitanti della steppa e del deserto, la fame, la sete, gli strapazzi decimarono i<br />

combattenti macedoni.<br />

Alessandro, con un reparto di cavalieri, arrivò a Pasargade sul f<strong>in</strong>ire dell’<strong>in</strong>verno<br />

del 324. Dopo una breve sosta proseguì alla volta di Persepoli e da lì si diresse<br />

a Susa.<br />

Tornato f<strong>in</strong>almente a Babilonia, il Gran Re procedette alla riorganizzazione<br />

del vastissimo impero: ne riunì sotto la sua sovranità i tre territori dell’Asia, della<br />

Grecia e della Macedonia, riconobbe parità di diritti ai Macedoni e ai Persiani,<br />

separò i poteri militare e civile nelle satrapie, <strong>in</strong>trodusse una moneta unica <strong>in</strong> sostituzione<br />

del darico d’argento (il titolo attico), mantenne l’amm<strong>in</strong>istrazione f<strong>in</strong>anziaria<br />

centralizzata <strong>in</strong> tutto l’impero.<br />

Durante i festeggiamenti per celebrare la vittoria nella fastosa Babilonia,<br />

Alessandro più volte <strong>in</strong>dulse ad eccessi smodati che <strong>in</strong>debolirono il suo fisico già<br />

provato da <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti strapazzi.<br />

Mentre preparava <strong>in</strong> Babilonia nuove spedizioni militari contro Cartag<strong>in</strong>e e<br />

nel Mediterraneo occidentale, il dom<strong>in</strong>atore del mondo fu assalito da accessi<br />

febbrili ribelli alle cure dei medici, che <strong>in</strong> 12 giorni lo condussero alla morte.<br />

389


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 390<br />

NOTE STORICHE<br />

Spirò il 13 giugno del 323 a soli 33 anni, dopo 13 anni di regno. E con la sua<br />

morte prematura, si avviò verso il tramonto anche l’unità dell’immenso impero<br />

che aveva costruito.<br />

Alla morte di Alessandro i suoi generali si divisero gli alti <strong>in</strong>carichi di governo<br />

e di comando militare. Perdicca, a cui il sovrano morente aveva consegnato<br />

l’anello imperiale, assunse la reggenza dell’impero per il figlio appena<br />

nato del defunto sovrano e per il fratellastro Filippo Arrideo sem<strong>in</strong>fermo di<br />

mente; Antipatro prese il comando supremo delle armate d’Europa, Seleuco<br />

quello della cavalleria; Cratéro divenne governatore della Grecia e della Macedonia,<br />

Antigono della Frigia, della Licia e della Panfilia, Pitone della Media, Eumene<br />

della Cappadocia. Tolomeo fu satrapo dell’Egitto e Lisimaco della Tracia.<br />

Nel 322 Antigono, Antipatro, Cratero, Lisimaco e Tolomeo <strong>in</strong>sorsero contro<br />

Perdicca. Il reggente dell’impero l’anno seguente perì <strong>in</strong> Babilonia per mano dei<br />

suoi stessi uom<strong>in</strong>i.<br />

Una nuova ripartizione delle cariche fu decisa nel 321 <strong>in</strong> una conferenza<br />

che si svolse a Triparadiso, nella Siria. Antipatro assunse la reggenza dell’impero;<br />

Antigono e Cassandro, figlio di Antipatro, ebbero rispettivamente il comando<br />

dell’esercito <strong>in</strong> Asia e quello della cavalleria al posto di Seleuco; Seleuco si <strong>in</strong>sediò<br />

nella Babilonia; Tolomeo mantenne il suo potere <strong>in</strong> Egitto; Filippo Arrideo,<br />

Antigene e Laomedonte ebbero rispettivamente il governo della Frigia M<strong>in</strong>ore,<br />

della Susiana e della Siria.<br />

Nel 320 a.C. Tolomeo occupò la Celesiria (la regione tra la Fenicia e la Siria).<br />

L’anno seguente morì Antipatro lasciando la carica a Poliperconte anziché al<br />

figlio Cassandro. Eumene ebbe da Poliperconte il comando delle truppe <strong>in</strong> Asia.<br />

Nel 318 Antigono attaccò e sconfisse la flotta di Poliperconte davanti a Bisanzio.<br />

Eumene riparò nella Susiana da dove per due volte impegnò <strong>in</strong> battaglia<br />

e sconfisse le truppe di Antigono.<br />

Intanto Cassandro <strong>in</strong>dusse Filippo Arrideo a destituire Poliperconte, l’erede<br />

di Antipatro. Costui trovò rifugio e protezione presso Olimpia, la madre di Alessandro.<br />

Olimpia marciò sulla Macedonia alla testa di un esercito che non fu contrastato<br />

dalle truppe dell’Arrideo, rifiutatosi di combattere contro la madre del<br />

grande sovrano scomparso. Olimpia fece catturare e uccidere Filippo Arrideo, la<br />

reg<strong>in</strong>a Euridice e i seguaci di Cassandro, qu<strong>in</strong>di mise sul trono il nipot<strong>in</strong>o Alessandro<br />

IV e restituì le cariche a Poliperconte.<br />

Nel 316 a.C. Cassandro imprigionò il re-fanciullo e sua madre, Rossane, e<br />

catturata Olimpia a Pidna la fece giustiziare. Nello stesso anno sposò Tessalonica,<br />

sorellastra di Alessandro, e fondò <strong>in</strong> suo onore la città omonima. Sempre<br />

nel 316, Eumene, tradito dai suoi <strong>in</strong> Asia, fu consegnato ad Antigono che lo fece<br />

assass<strong>in</strong>are.<br />

Oramai dom<strong>in</strong>atore assoluto dell’Asia, Antigono si impadronì di Babilonia<br />

costr<strong>in</strong>gendo alla fuga Seleuco che trovò accoglienza presso Tolomeo <strong>in</strong> Egitto.<br />

Lisimaco, Cassandro e Tolomeo si coalizzarono contro Antigono e gli <strong>in</strong>timarono<br />

di restituire la Babilonide a Seleuco e la Celesiria a Tolomeo nonché di cedere a<br />

Cassandro la ex satrapia di Eumene e di spartire <strong>in</strong> 4 il tesoro di Susa e di Ecbatana.<br />

Antigono fece orecchio da mercante e fu la guerra, una guerra generale<br />

390


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 391<br />

CAPIRE DANIELE<br />

che si combatté dalla Tracia a Cirene, dalla Grecia a Cipro, dalla Macedonia alla<br />

Fenicia.<br />

Nel 312 a.C. Tolomeo sconfisse a Gaza l’esercito di Demetrio, il figlio di Antigono<br />

Monoftalmo, e rioccupò la Celesiria.<br />

Intanto Seleuco, con un piccolo esercito donatogli da Tolomeo, sconfisse<br />

un paio di generali di Antigono ed entrò fortunosamente <strong>in</strong> Babilonia. In<br />

quell’anno (312 a.C.) ebbe <strong>in</strong>izio ufficialmente l’èra seleucidica. Nella Celesiria<br />

un esercito egiziano mandato da Tolomeo per cacciare Demetrio da tutta la regione<br />

fu sconfitto dalle truppe di quest’ultimo; Tolomeo dovette sgombrare la<br />

Celesiria per riavere i suoi soldati fatti prigionieri da Demetrio.<br />

Nel 310 a.C. Cassandro fece assass<strong>in</strong>are Alessandro IV e sua madre Rossane.<br />

L’anno seguente Poliperconte si offrì di riconquistare il trono di Macedonia<br />

per Eracle, il primo figlio di Alessandro, nato da Bars<strong>in</strong>e di Rodi, ma avendo ricevuto<br />

100 talenti d’oro da Cassandro tradì il figlio del gran re e sua madre e li<br />

fece uccidere. Poliperconte ricevette ancora dall’ex nemico il governatorato della<br />

Grecia.<br />

Nel 308 a.C., con l’assass<strong>in</strong>io di Cleopatra, sorella di Alessandro, si est<strong>in</strong>se la<br />

famiglia del Macedone. Antigono, credendosi <strong>in</strong>vestito del compito di tenere<br />

unito l’impero, volle co<strong>in</strong>volgervi il figlio Demetrio. Costui nel 307 prese Atene e<br />

Cipro. Nel 304 occupò tutta la Grecia cacciandone Cassandro e il suo governatore<br />

Poliperconte. A questo punto Antigono si proclamò re di tutto l’impero ed<br />

esigette obbedienza dai suoi colleghi. Per tutta risposta Seleuco si proclamò re di<br />

Babilonia e Siria, Lisimaco re di Tracia, Cassandro re di Macedonia e Tolomeo<br />

faraone d’Egitto.<br />

Antigono attaccò l’Egitto ma non riuscì a varcarne le frontiere; suo figlio<br />

Demetrio assediò Rodi alleata dell’Egitto (di qui l’appellativo di poliorcete, “l’assediatore”).<br />

Tolomeo accorse <strong>in</strong> soccorso dell’isola costr<strong>in</strong>gendo Demetrio ad abbandonare<br />

l’assedio (donde l’appellativo di sotère, “salvatore”, attribuito al re egiziano).<br />

Con gli scudi e le armi bronzei abbandonati dai soldati di Demetrio, gli<br />

isolani eressero il famoso Colosso (vedi comm. a 3: 1).<br />

Tolomeo, Lisimaco, Cassandro e Seleuco si unirono per farla f<strong>in</strong>ita con Antigono<br />

Monoftalmo. Lisimaco passò <strong>in</strong> Asia M<strong>in</strong>ore, Tolomeo rioccupò la Celesiria,<br />

Seleuco <strong>in</strong>vase la Cappadocia. L’ultraottantenne Antigono richiamò il figlio<br />

Demetrio dalla Grecia e andò ad attendere i nemici a Isso, nella Cilicia. Intanto<br />

Demetrio, giunto sul posto con la cavalleria, attaccò e mise <strong>in</strong> fuga le truppe di<br />

Antioco, figlio di Seleuco, ma non riuscì a congiungersi con la fanteria frapponendosi<br />

fra lui e quest’ultima gli elefanti di Seleuco. Gran parte dei soldati di Antigono<br />

passarono dalla parte di Seleuco, il resto fu sbaragliato. Antigono cadde<br />

trafitto dai giavellotti dei nemici, Demetrio si dette alla fuga.<br />

Era l’anno 301 a.C. Con la f<strong>in</strong>e dell’ultimo rappresentante del potere centrale,<br />

l’impero di Alessandro restava def<strong>in</strong>itivamente smembrato. I quattro alleati<br />

vittoriosi si spartirono fra loro i resti del regno di Antigono e fondarono 4 nuove<br />

monarchie: la Tracia e l’Asia M<strong>in</strong>ore occidentale f<strong>in</strong>o all’Alys, sotto Lisimaco; la<br />

Babilonide, la Siria e l’Asia M<strong>in</strong>ore orientale, sotto Seleuco; la Grecia e la Macedonia<br />

sotto Cassandro; l’Egitto, con la Palest<strong>in</strong>a e la Celesiria, sotto Tolomeo.<br />

391


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 392<br />

NOTE STORICHE<br />

Con l’esito della battaglia di Isso nel 301 a.C. si realizzava la divisione <strong>in</strong> 4<br />

dell’impero macedone che la profezia aveva preconizzato 248 anni prima con la<br />

figura simbolica delle 4 teste sul corpo del leopardo (Dn 7: 6).<br />

Questo assetto politico del mondo antico non durò a lungo, ma l’unità<br />

dell’impero macedone f<strong>in</strong>ì per sempre: era durata soltanto una trent<strong>in</strong>a d’anni.<br />

Demetrio Poliorcete, sconfitto a Isso, riparò a Efeso e già l’anno seguente<br />

attaccò con qualche successo i possedimenti di Lisimaco.<br />

Nel 297 a.C. morirono a distanza di 4 mesi l’uno dall’altro Cassandro e suo<br />

figlio Filippo IV che gli era succeduto. Il regno di Macedonia fu diviso tra i due<br />

fratelli m<strong>in</strong>ori di Filippo: Antipatro e Alessandro.<br />

La reg<strong>in</strong>a-madre Tessalonica assunse la reggenza.<br />

Nel 295 a.C. Demetrio tolse Atene agli eredi di Cassandro e si espanse nella<br />

Grecia. Nel 293 uccise a tradimento Alessandro, il quale aveva a sua volta elim<strong>in</strong>ato<br />

il fratello Antipatro e la madre Tessalonica per regnare da solo. Soppresso<br />

l’ultimo discendente di Cassandro, Demetrio si fece proclamare re di Macedonia.<br />

Nel 285 a.C. Tolomeo e Lisimaco, <strong>in</strong>fastiditi per le provocazioni di Demetrio,<br />

lo attaccarono <strong>in</strong> Asia M<strong>in</strong>ore e lo sconfissero. Il Poliorcete si consegnò a<br />

Seleuco che lo relegò sull’Oronte dove morì due anni dopo. In quello stesso<br />

anno - il 283 a.C. - morì <strong>in</strong> Egitto Tolomeo I Sotere, e due anni dopo fu la volta<br />

di Lisimaco, sconfitto e ucciso da Seleuco a Corupedio (281 a.C.). Seleuco a sua<br />

volta perì assass<strong>in</strong>ato l’anno seguente.<br />

Con la scomparsa di questi personaggi f<strong>in</strong>irono anche le lotte fra i Diadochi<br />

e si formarono tre grandi monarchie: la Macedonia sotto la signoria degli Antigonidi<br />

fondata nel 279 da Antigono Gònata figlio di Demetrio Poliorcete; la Siria<br />

sotto i discendenti di Seleuco; l’Egitto sotto gli eredi di Tolomeo.<br />

La Macedonia nel 202 a.C. si alleò con Antioco III di Siria contro l’Egitto.<br />

L’<strong>in</strong>tervento di Roma, sollecitato da Pergamo, Atene e Rodi, diede luogo alla II<br />

guerra macedonica che si concluse con la sconfitta della Macedonia a C<strong>in</strong>ocefale<br />

nel 197 a.C. L’anno seguente il console romano Tito Qu<strong>in</strong>zio Flam<strong>in</strong>io proclamò<br />

l’autonomia di tutte le città greche.<br />

Le mire revansciste di Perseo <strong>in</strong>dussero Roma a un nuovo <strong>in</strong>tervento militare<br />

contro la Macedonia, e fu la III guerra macedonica. Nel 168 a.C. il console<br />

romano Paolo Emilio sconfisse Perseo a Pidna e con lui f<strong>in</strong>ì il regno degli Antigonidi.<br />

La Macedonia fu divisa <strong>in</strong> 4 territori autonomi. Gli stati macedoni cessarono<br />

di esistere nel 148 a.C. quando, a seguito di una rivolta domata dai Romani,<br />

la Macedonia divenne prov<strong>in</strong>cia romana.<br />

Quanto ai regni di Egitto e di Siria, <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abili conflitti per questioni territoriali<br />

ne determ<strong>in</strong>arono un progressivo logoramento f<strong>in</strong>ché Roma pose f<strong>in</strong>e<br />

prima al regno seleucidico nel 64 a.C., quando Cneo Pompeo occupò la Siria,<br />

poi al regno tolemaico nel 30 a.C. allorché le legioni di Ottaviano sottomisero<br />

l’Egitto. Col tramonto dei regni ellenistici eredi dell’impero di Alessandro, si affacciava<br />

alla ribalta della storia la quarta monarchia universale.<br />

392


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 393<br />

4. ROMA DALLA REPUBBLICA ALL’IMPERO<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Le tribù lat<strong>in</strong>e di pastori e agricoltori che occuparono i colli laziali presso la<br />

foce del Tevere <strong>in</strong>torno al 1000 a.C., erano discese <strong>in</strong> Italia dai territori a nord<br />

delle alpi al seguito di una vasta ondata migratoria. Nell’VIII secolo a.C. i Lat<strong>in</strong>i si<br />

unirono ai Sab<strong>in</strong>i e <strong>in</strong>sieme fondarono una comunità urbana (molto tempo dopo<br />

si considerò il 753 a.C. la data di fondazione della città).<br />

Per circa due secoli e mezzo dopo la sua fondazione Roma fu governata da<br />

una monarchia elettiva (fu il periodo dei leggendari sette re). Il re era assistito da<br />

un consiglio di anziani e da un’assemblea popolare rappresentativa. Nella seconda<br />

metà del periodo monarchico Roma sottostette al predom<strong>in</strong>io etrusco: gli<br />

ultimi tre re furono orig<strong>in</strong>ari dell’etrusca Tarqu<strong>in</strong>ia.<br />

Verso il 510 a.C., con la cacciata di Tarqu<strong>in</strong>io il Superbo, i Romani si liberarono<br />

del dom<strong>in</strong>io etrusco e del regime monarchico e <strong>in</strong>staurarono un governo<br />

repubblicano retto da due consoli eletti annualmente. Durante il V secolo a.C.<br />

codificarono le loro leggi e com<strong>in</strong>ciarono ad eleggere i tribuni del popolo con<br />

diritto di veto nei confronti dei magistrati <strong>in</strong> difesa dei proletari, e fu un passo<br />

importante verso l’emancipazione di questi ultimi.<br />

Nel IV secolo a.C. Roma <strong>in</strong>traprese e condusse con determ<strong>in</strong>azione una politica<br />

di espansione territoriale che <strong>in</strong> alcuni decenni le consentì di estendere il<br />

suo controllo a buona parte della penisola.<br />

Intanto gli Etruschi, già forti e dom<strong>in</strong>anti, <strong>in</strong>deboliti da lotte <strong>in</strong>test<strong>in</strong>e e da<br />

un’<strong>in</strong>vasione di popoli celtici che si <strong>in</strong>sediarono nella Pianura Padana, non furono<br />

più <strong>in</strong> grado di tenere testa ai Romani i quali nel 396 a.C. tolsero loro Veio<br />

e la distrussero. Nel 387 però i Romani stessi furono sconfitti dai Celti scesi dal<br />

nord e subirono la distruzione della loro città.<br />

Presto Roma fu ricostruita e circondata da una possente c<strong>in</strong>ta di mura attorno<br />

ai sette colli.<br />

Nel corso del III secolo a.C., avendo oramai il controllo della maggior parte<br />

dell’Italia centrale e meridionale, Roma sviluppò una politica di supremazia che<br />

la portò <strong>in</strong>evitabilmente a confrontarsi con le città greche dell’Italia del sud e con<br />

le colonie Cartag<strong>in</strong>esi nella Sicilia occidentale. Pirro, re dell’Epiro, venne <strong>in</strong> soccorso<br />

dei Greci, ma le vittorie conseguite <strong>in</strong> una guerra decennale (280-271 a.C.)<br />

rimasero <strong>in</strong>fruttuose.<br />

In quest’epoca la fiorente colonia fenicia di Cartag<strong>in</strong>e, nel nord Africa, era<br />

la più forte rivale di Roma. Da lungo tempo i Cartag<strong>in</strong>esi avevano creato <strong>in</strong>sediamenti<br />

nella Sicilia occidentale, nella Corsica e nella Sardegna. In Sicilia lo scontro<br />

coi Romani fu <strong>in</strong>evitabile e fu la Prima Guerra Punica (264 a.C.). Il conflitto f<strong>in</strong>ì<br />

23 anni dopo (241 a.C.) con la vittoria di Roma che rimase padrona di tutta la Sicilia,<br />

divenuta la sua prima prov<strong>in</strong>cia. Tre anni più tardi i Romani tolsero ai Cartag<strong>in</strong>esi<br />

anche la Corsica e la Sardegna.<br />

Riavutasi dalla sconfitta subita <strong>in</strong> Sicilia, Cartag<strong>in</strong>e mirò a espandersi verso<br />

occidente, e nel 237 a.C. occupò parte della Spagna mediterranea. Fu l’occasione<br />

della Seconda Guerra Punica. Mentre i Romani si apprestavano a <strong>in</strong>vadere la<br />

Spagna, il cartag<strong>in</strong>ese Annibale, alla testa di un forte esercito dotato di elefanti,<br />

393


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 394<br />

NOTE STORICHE<br />

varcò i Pirenei e le Alpi e discese <strong>in</strong> Italia sorprendendo il nemico e <strong>in</strong>fliggendogli<br />

durissime sconfitte presso il Lago Trasimeno (217 a.C.) e a Canne, <strong>in</strong> Puglia<br />

(216 a.C.). mancò poco che Roma stessa cadesse nelle sue mani. Nel frattempo<br />

un esercito romano mise piede nella Spagna e nei <strong>in</strong>iziò la conquista. Intanto,<br />

mentre Annibale spadroneggiava nel sud dell’Italia, nel 204 a.C. Scipione sbarcò<br />

sulla costa africana, non lontano da Cartag<strong>in</strong>e, alla testa di un esercito romano.<br />

Annibale fu richiamato dall’Italia per resp<strong>in</strong>gere i Romani. Lo scontro decisivo<br />

avvenne a Zama nel 202 a.C. e fu fatale per i Cartag<strong>in</strong>esi che ebbero l’esercito<br />

distrutto e dovettero cedere a Roma la Spagna, consegnare gran parte della<br />

flotta, pagare un forte <strong>in</strong>dennizzo e impegnarsi a non <strong>in</strong>traprendere azioni di<br />

guerra senza il consenso dei v<strong>in</strong>citori. Roma era praticamente padrona del Mediterraneo<br />

occidentale.<br />

In quest’epoca la nazione lat<strong>in</strong>a non aveva mire territoriali verso l’Oriente,<br />

ma durante la seconda Guerra Punica era avvenuto che Filippo V di Macedonia<br />

aveva cercato di venire <strong>in</strong> aiuto di Cartag<strong>in</strong>e. Roma dapprima aveva stretto alleanze<br />

con alcuni stati greci e col regno di Pergamo, nell’Asia M<strong>in</strong>ore, contro Filippo,<br />

poi <strong>in</strong>tervenne direttamente, e fu la Prima Guerra Macedonica (215-205<br />

a.C.) che si concluse con la sconfitta di Filippo e il riconoscimento da parte della<br />

Macedonia dei possedimenti romani sulla costa illirica.<br />

Le mire espansionistiche di Filippo V a danno degli alleati di Roma <strong>in</strong> Grecia<br />

provocarono un nuovo <strong>in</strong>tervento dei Romani nel 200 a.C. La Seconda<br />

Guerra Macedonica f<strong>in</strong>ì con la vittoria decisiva dei romani a C<strong>in</strong>ocefale, nella<br />

Tessaglia, nel 197 a.C. La Macedonia fu lasciata <strong>in</strong>tatta; Roma si accontentò della<br />

r<strong>in</strong>uncia da parte di Filippo alle conquiste fatte (le città greche furono dichiarate<br />

libere), della consegna della flotta e del pagamento di una <strong>in</strong>dennità.<br />

Mentre Roma era impegnata militarmente nella Macedonia, Antioco III di Siria<br />

<strong>in</strong>vase la Celesiria e la Palest<strong>in</strong>a sottraendole all’Egitto (200-198 a.C.). Fatta la<br />

pace con l’Egitto, Antioco mandò un corpo di spedizione <strong>in</strong> Grecia per estromettervi<br />

i Romani, ma questi lo batterono alle Termopili nel 191 a.C. L’anno seguente<br />

le legioni di Scipione Asiatico sconfissero duramente l’esercito siriaco a<br />

Magnesia, vic<strong>in</strong>o a Smirne nell’Asia M<strong>in</strong>ore, e Antioco dovette accettare le onerose<br />

condizioni di pace imposte dal v<strong>in</strong>citore: cessione dei possedimenti a ovest<br />

e a nord del Tauro, consegna di gran parte della flotta e di alcuni ostaggi (fra cui<br />

il figlio omonimo di Antioco) e pagamento di una forte <strong>in</strong>dennità. Roma comunque<br />

non si annesse i territori tolti alla Siria ma li assegnò ai suoi alleati <strong>in</strong> Asia,<br />

pr<strong>in</strong>cipalmente a Pergamo e a Rodi.<br />

Dopo questi eventi, <strong>in</strong> Macedonia Perseo, succeduto al padre Filippo V nel<br />

179 a.C., cercò alleanze <strong>in</strong> Asia M<strong>in</strong>ore e <strong>in</strong> Grecia mettendo <strong>in</strong> allarme il regno<br />

di Pergamo che sollecitò l’<strong>in</strong>tervento di Roma. Roma rispose all’appello del suo<br />

alleato asiatico, e fu la Terza Guerra Macedonica (171-168 a.C.). Perseo fu sconfitto<br />

e fatto prigioniero a Pidna nel 168 e la Macedonia fu divisa <strong>in</strong> quattro repubbliche<br />

<strong>in</strong>dipendenti poste sotto la protezione di Roma.<br />

Nel 175 a.C., mentre i Romani erano impegnati nella Terza Guerra Macedonica,<br />

Antioco Epifane era tornato <strong>in</strong> Siria da Roma, dov’era trattenuto <strong>in</strong> ostaggio,<br />

e si era impadronito del trono. Nel 170 <strong>in</strong>vase l’Egitto col proposito di annetter-<br />

394


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 395<br />

CAPIRE DANIELE<br />

selo. Due anni dopo - lo stesso anno della vittoria dei Romani a Pidna, il 168<br />

a.C. - giunse <strong>in</strong> Egitto un legato di Roma con un ultimatum per Antioco IV: l’Epifane,<br />

che ben conosceva la potenza militare di Roma, non osò sfidarla e sgombrò<br />

il paese.<br />

Nel 149 a.C. Roma dovette ancora <strong>in</strong>tervenire nella penisola balcanica per<br />

stroncare un tentativo di ricostituzione del regno di Macedonia. L’aspirante successore<br />

di Perseo fu battuto ancora a Pidna nel 148 a.C. Due anni dopo Roma ridusse<br />

a sua prov<strong>in</strong>cia la Macedonia.<br />

Cosicché f<strong>in</strong>o al 146 a.C. i Romani si erano annessi uno dei tre regni ellenistici<br />

superstiti (appunto quello di Macedonia), avevano messo sotto la loro protezione<br />

il secondo (l’Egitto) e avevano r<strong>in</strong>tuzzato le velleità di conquiste del<br />

terzo (la Siria).<br />

Intanto la r<strong>in</strong>ascita di Cartag<strong>in</strong>e dopo la disfatta disastrosa del 202 a.C., metteva<br />

<strong>in</strong> allarme Roma. Provocata dal conf<strong>in</strong>ante regno di Numidia alleato di<br />

Roma, Cartag<strong>in</strong>e aveva reagito senza tenere conto dell’impegno di non riprendere<br />

le armi senza il consenso di Roma. Roma rispose prontamente alla sfida, e<br />

fu la Terza Guerra Punica. Cartag<strong>in</strong>e fu presa e distrutta nel 146 a.C. dopo tre<br />

anni di assedio. Roma non ebbe più rivali nel Mediterraneo.<br />

In politica estera i romani, quando fu possibile, preferirono la diplomazia<br />

alla guerra, comunque sempre cercando di trarre per se stessi i massimi vantaggi,<br />

ora rafforzando gli alleati, ora <strong>in</strong>debolendo gli avversari. Perseguendo questa<br />

politica nell’Oriente essi sostennero gli stati m<strong>in</strong>ori (come il regno di Pergamo,<br />

che grazie all’alleanza con Roma pervenne alla leadership nell’Asia M<strong>in</strong>ore)<br />

e contrastarono l’espansionismo degli stati più forti, come il regno di Macedonia<br />

cui opposero l’alleanza con gli stati greci, o il regno di Siria che imbrigliarono<br />

alleandosi con l’Egitto. Ma quando la diplomazia non bastò, non esitarono<br />

a prendere le armi.<br />

Nel 133 a.C., essendo morto senza eredi Attalo III, ultimo re di Pergamo,<br />

questo territorio, che comprendeva buona parte dell’Asia M<strong>in</strong>ore, passò ai cittad<strong>in</strong>i<br />

di Roma per lascito testamentario, e nel 129 a.C. divenne prov<strong>in</strong>cia romana.<br />

Le legioni di Roma <strong>in</strong>tervennero ancora <strong>in</strong> Africa nel 105 a.C. <strong>in</strong> risposta alla<br />

sfida di Giugurta re di Numidia.<br />

La vittoria fruttò a Roma il possesso di una parte di questo territorio. In seguito<br />

le armi romane tornarono <strong>in</strong> Oriente, stavolta per impedire a Mitridate re<br />

del Ponto di impadronirsi dei possedimenti romani <strong>in</strong> Asia. Nell’84 a.C. Mitridate<br />

dovette deporre le armi sconfitto.<br />

In parallelo con la crescita territoriale all’esterno, era venuta sviluppandosi<br />

già dal II secolo a.C. all’<strong>in</strong>terno dello Stato romano una rivoluzione politica e sociale<br />

che avrebbe alterato <strong>in</strong> un senso o nell’altro i rapporti di forza all’<strong>in</strong>terno<br />

degli organi di governo e fra le classi sociali. Il potere dell’assemblea popolare<br />

venne restr<strong>in</strong>gendosi e <strong>in</strong> pari tempo si accrebbe il potere del Senato. Notevoli<br />

mutamenti economici e sociali si produssero a seguito dei contatti col mondo<br />

esterno. Il commercio con l’estero da una parte e i tributi delle prov<strong>in</strong>ce dall’altra<br />

avevano fatto affluire <strong>in</strong> Roma notevoli ricchezze, dando luogo al nascere di<br />

nuovi modelli di vita.<br />

395


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 396<br />

NOTE STORICHE<br />

Gli schiavi, che crescevano di numero ad ogni guerra, soppiantarono gradualmente<br />

la manodopera bracciantile locale nelle aziende agricole (gli schiavi<br />

erano manodopera a bassissimo costo), con un conseguente aumento della disoccupazione.<br />

Importanti <strong>in</strong>novazioni furono <strong>in</strong>trodotte nell’ambito della religione,<br />

della politica, della filosofia, della letteratura e dell’arte a seguito dei contatti<br />

con le prov<strong>in</strong>ce, massimamente con la Grecia e l’Oriente. Vizi nuovi che<br />

contribuirono a un aumento della crim<strong>in</strong>alità, della corruzione e degli <strong>in</strong>trighi si<br />

<strong>in</strong>s<strong>in</strong>uarono nella società romana e tutto questo a sua volta concorse al decl<strong>in</strong>o e<br />

f<strong>in</strong>almente al collasso della repubblica e al nascere dell’assolutismo.<br />

Durante le guerre lunghe e frequenti, le piccole proprietà agricole <strong>in</strong> cui era<br />

frazionato il territorio italico rimasero <strong>in</strong>colte essendo i loro proprietari arruolati<br />

nell’esercito. Lo Stato <strong>in</strong>camerò gradualmente i terreni <strong>in</strong>colti e li dest<strong>in</strong>ò a pascolo.<br />

Tiberio Gracco quando fu eletto tribuno del popolo nel 133 a.C., chiese che<br />

si assegnassero ai braccianti disoccupati i terreni pubblici, ma la reazione violenta<br />

dei grandi proprietari terrieri lo impedì e Tiberio ci rimise la vita. Nel 123<br />

a.C., eletto tribuno del popolo, Caio Gracco, fratello dell’assass<strong>in</strong>ato Tiberio, ottenne<br />

che il grano pubblico fosse venduto ai poveri a metà prezzo e <strong>in</strong>coraggiò i<br />

braccianti disoccupati a <strong>in</strong>sediarsi nelle terre delle prov<strong>in</strong>ce. Il Senato però si oppose<br />

alla sua proposta di estendere la cittad<strong>in</strong>anza romana a tutti gli Italici. Anche<br />

Caio Gracco pagò con la vita l’impegno teso a sollevare la sorte dei poveri.<br />

Comunque la reazione dei conservatori non riuscì a distruggere completamente<br />

l’opera dei Gracchi.<br />

Nel 107 a.C. fu eletto console Caio Mario, un figlio del popolo, e gli fu subito<br />

affidata la condotta della guerra contro Giugurta <strong>in</strong> Africa. Prima di <strong>in</strong>traprendere<br />

le operazioni militari, Mario riformò l’esercito trasformandolo attraverso<br />

l’arruolamento volontario da un corpo di richiamati <strong>in</strong> una milizia di soldati di<br />

professione.<br />

V<strong>in</strong>ta la guerra <strong>in</strong> Numidia e tornato <strong>in</strong> patria nel 105 a.C., il nuovo console<br />

resp<strong>in</strong>se i Cimbri e i Teutoni che avevano <strong>in</strong>vaso il nord Italia. Mario seppe <strong>in</strong>culcare<br />

nei suoi soldati l’idea che il potere dell’esercito era superiore a quello del<br />

Senato.<br />

Frattanto sfociava <strong>in</strong> aperta rivolta il malcontento diffuso tra gli alleati italici<br />

di Roma per il rifiuto del Senato di riconoscere ad essi la cittad<strong>in</strong>anza romana. La<br />

guerra civile ebbe come figure di riferimento da un lato Caio Mario, leader del<br />

partito popolare, e dall’altro il generale Lucio Cornelio Silla, un “parvenu”, un<br />

palad<strong>in</strong>o della causa del partito aristocratico senatoriale. La guerra civile term<strong>in</strong>ò<br />

col trionfo della causa degli Italici ai quali fu dunque riconosciuta la cittad<strong>in</strong>anza<br />

romana. Silla comunque conseguì una vittoria politica sul rivale e ottenne la dittatura.<br />

Mario, dichiarato nemico pubblico, si salvò con la fuga. Silla si ritirò a vita<br />

privata dopo aver fatto approvare un programma legislativo mirante a rafforzare<br />

il potere del Senato.<br />

Nel 70 a.C. furono eletti consoli Cneo Pompeo, già ufficiale subalterno di<br />

Silla, e Lic<strong>in</strong>io Crasso. Pompeo, che si era dist<strong>in</strong>to <strong>in</strong> patria e all’estero dopo la<br />

morte di Silla nel 78 a.C., <strong>in</strong>trodusse alcune buone riforme; fu comunque asser-<br />

396


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 397<br />

CAPIRE DANIELE<br />

tore della superiorità del potere dell’esercito e dell’Assemblea Popolare su quello<br />

del Senato, <strong>in</strong> particolare sulle decisioni che riguardavano lo Stato.<br />

Nel 67 a.C. il partito popolare conferì a Pompeo il comando di una forza da<br />

<strong>in</strong>viare <strong>in</strong> Oriente per ripulire il mare dai pirati. Pompeo svolse questo compito<br />

<strong>in</strong> soli tre mesi. Nel 66 lo si autorizzò a condurre la guerra contro Mitridate re<br />

del Ponto e Tigrane re d’Armenia ostili a Roma. Vittorioso, sp<strong>in</strong>se le sue legioni<br />

f<strong>in</strong>o al Caspio. Riportata l’Asia M<strong>in</strong>ore sotto controllo di Roma, nel 64 a.C. Pompeo<br />

<strong>in</strong>tervenne <strong>in</strong> Siria dove depose l’ultimo seleucida, e l’anno seguente occupò<br />

la Palest<strong>in</strong>a ponendo f<strong>in</strong>e al potere degli Asmonei. Sempre nel 63 a.C., la<br />

Siria fu ridotta a prov<strong>in</strong>cia romana e la Palest<strong>in</strong>a a stato vassallo.<br />

Tornato a Roma, nel 60 a.C. Pompeo formò un’alleanza con Crasso, un alto<br />

esponente della f<strong>in</strong>anza, e Giulio Cesare, nipote di Caio Mario e partigiano del<br />

partito popolare. Cesare si era allontanato da Roma dopo che Silla lo aveva<br />

espropriato dei suoi beni, e vi era tornato alla morte dell’ex dittatore. L’alleanza<br />

di Pompeo, Cesare e Crasso, dette luogo alla formazione del primo Triumvirato.<br />

Dopo un anno di governo della Spagna, Cesare fu eletto console per l’anno<br />

59 a.C. I triumviri controllarono l’attività legislativa dello Stato senza trascurare gli<br />

<strong>in</strong>teressi personali nelle prov<strong>in</strong>cie di cui avevano assunto il governo: Cesare<br />

nelle Gallie, Pompeo nella Spagna e Crasso nell’Oriente. Crasso perse la vita<br />

combattendo contro i Parti nel 53. Pompeo fu eletto console unico nel 52.<br />

Nel 49 a.C., il Senato chiese a Cesare di r<strong>in</strong>unciare al comando delle legioni<br />

nelle Gallie per presentarsi da privato cittad<strong>in</strong>o come candidato al consolato. Cesare<br />

rifiutò sdegnosamente e alla testa delle sue legioni attraversò il Rubicone <strong>in</strong>tenzionato<br />

a occupare l’Italia. Pompeo e la maggioranza dei senatori abbandonarono<br />

Roma e ripararono <strong>in</strong> Grecia. L’anno dopo Cesare sbarcò <strong>in</strong> Grecia, combatté<br />

Pompeo e i suoi sostenitori e li sconfisse a Farsalo, nella Tessaglia. Pompeo<br />

fuggì <strong>in</strong> Egitto dove fu ucciso a tradimento.<br />

Cesare <strong>in</strong>timò a Tolomeo XIV di re<strong>in</strong>tegrare nei suoi diritti d<strong>in</strong>astici la spodestata<br />

moglie e sorella Cleopatra VII. Al rifiuto del sovrano, <strong>in</strong>tervenne personalmente<br />

<strong>in</strong> Egitto, sconfisse i rivoltosi e lo stesso Tolomeo presso il Nilo e mise<br />

sul trono Cleopatra.<br />

Rientrato a Roma e stroncata la resistenza dei seguaci di Pompeo, Cesare<br />

assunse la dittatura a vita e si fece conferire altri <strong>in</strong>carichi importanti concentrando<br />

praticamente il potere nelle sue mani. La repubblica era tramontata ed<br />

era nato lo stato totalitario. Cesare si dedicò comunque alla riorganizzazione<br />

dello Stato promuovendo importanti riforme, fra cui quella del calendario.<br />

Sospettato di mirare a costituire una monarchia assoluta, il dittatore fu soppresso<br />

il 15 marzo del 44 a.C. a seguito di una vasta congiura capeggiata da<br />

Bruto e Cassio.<br />

L’attenzione dei Romani si volse a Marc’Antonio, console per quell’anno,<br />

nella speranza che egli potesse restaurare l’antico ord<strong>in</strong>e repubblicano. Ma subito<br />

si fece avanti per affermare i suoi diritti il diciottenne Ottaviano, nipote, figlio<br />

adottivo ed erede di Giulio Cesare.<br />

Nel 43 a.C. fu costituito un secondo triumvirato con Ottaviano, Marc’Antonio<br />

e Lepido. Intanto Cassio e Bruto furono sconfitti <strong>in</strong> Grecia, dove avevano<br />

397


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 398<br />

NOTE STORICHE<br />

cercato riparo, e furono costretti a suicidarsi. Ottaviano, Antonio e Lepido nel 40<br />

a.C. si divisero il governo dell’Impero. Ottaviano ebbe l’Occidente, Antonio<br />

l’Oriente e Lepido l’Africa. L’Italia fu governata <strong>in</strong> comune. Nel 36 Ottaviano costr<strong>in</strong>se<br />

Lepido a cedergli l’Africa e a ritirarsi a vita privata, rimanendo praticamente<br />

padrone di tutto l’Occidente.<br />

In Egitto Antonio, <strong>in</strong>vaghitosi della reg<strong>in</strong>a Cleopatra, venne meno alla sua<br />

lealtà verso Roma. Ripudiata la moglie Ottavia, sorella di Ottaviano, sposò Cleopatra<br />

VII e tentò di costituire per lei un regno di tipo ellenistico con l’annessione<br />

di territori sottratti a Roma. Nel 32 a.C. Ottaviano dichiarò guerra all’Egitto;<br />

l’anno seguente una flotta romana al comando del console Agrippa sconfisse davanti<br />

ad Azio, lungo la costa occidentale greca, la flotta della reg<strong>in</strong>a Cleopatra,<br />

Antonio e la reg<strong>in</strong>a ripararono <strong>in</strong> Egitto abbandonando la flotta al suo dest<strong>in</strong>o.<br />

Gli alleati di Antonio e i pr<strong>in</strong>cipi vassalli dell’Oriente abbandonarono l’Egitto e si<br />

sottomisero a Roma.<br />

Nel 30 a.C. Ottaviano sbarcò ad Alessandria; Antonio e Cleopatra si tolsero<br />

la vita e l’Egitto fu proclamato dom<strong>in</strong>io romano. Cessava così di esistere l’ultimo<br />

dei regni ellenistici eredi dell’impero di Alessandro. Padrona del mondo e<br />

all’apice della sua potenza, Roma realizzava la profezia che l’aveva rappresentata<br />

con la figura del mostro <strong>in</strong>v<strong>in</strong>cibile che calpestava tutta la terra (Dn 7: 7).<br />

Oramai signore <strong>in</strong>contrastato dell’Impero, Ottaviano si guardò bene comunque<br />

dall’assumere il titolo di re, tanto aborrito dai Romani. Ma pur mantenendo<br />

le forme esterne del governo repubblicano, concentrò di fatto il potere nelle sue<br />

mani con l’assumere simultaneamente diverse magistrature. Nel 27 a.C. il Senato<br />

gli conferì il titolo di Augustus (“Maestà”) e <strong>in</strong> seguito lo riconobbe pr<strong>in</strong>ceps<br />

(“primo cittad<strong>in</strong>o”). Sebbene i Romani considerassero il governo di Ottaviano<br />

Augusto come un pr<strong>in</strong>cipato, di fatto egli regnò da monarca. Più tardi il potere<br />

imperiale gli derivò dal titolo di imperator che gli conferì il Senato. Nel 12 a.C.<br />

gli venne ancora assegnata la carica di pontifex maximus.<br />

In ogni caso l’età augustea fu segnata dall’<strong>in</strong>izio di un lungo periodo di<br />

pace (la “pax romana”), da una straord<strong>in</strong>aria fioritura letteraria e soprattutto<br />

dall’evento più grande della storia universale - pur se allora passato <strong>in</strong>osservato -<br />

cioè la nascita di Gesù <strong>in</strong> una prov<strong>in</strong>cia periferica dell’Impero.<br />

Morto Augusto senza eredi nel 14 d.C., gli succedette il figliastro Tiberio<br />

che <strong>in</strong>augurò la d<strong>in</strong>astia Giulio-Claudia. Durante il regno di Tiberio si svolsero le<br />

vicende della vita terrena di Gesù: il battesimo, il m<strong>in</strong>istero pubblico, la crocifissione,<br />

la resurrezione, l’ascensione.<br />

Alla morte di Tiberio nel 37, salì al trono imperiale lo squilibrato Caligola<br />

che morì assass<strong>in</strong>ato quattro anni dopo. Gli succedette Claudio (41-54) sotto il<br />

cui buon governo Roma tornò alla tradizione augustea. Durante il regno di Claudio<br />

i Romani riconquistarono la Britannia meridionale e costituirono la prov<strong>in</strong>cia<br />

di Tracia.<br />

A Claudio, morto avvelenato nel 54, succedette il dispotico e crudele Nerone.<br />

Sotto il suo pr<strong>in</strong>cipato avvennero l’<strong>in</strong>cendio di Roma nel 64 e la prima persecuzione<br />

dei cristiani nell’Urbe.<br />

Morto Nerone nel 68 (com’è noto si tolse la vita), seguì un breve periodo di<br />

398


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 399<br />

CAPIRE DANIELE<br />

<strong>in</strong>stabilità politica <strong>in</strong> cui il trono dei Cesari parve vacillare: ben 4 imperatori si<br />

succedettero fra il 68 e il 69: Galba, Vitellio, Ottone e Vespasiano, l’<strong>in</strong>iziatore<br />

della d<strong>in</strong>astia flavia. Vespasiano era impegnato <strong>in</strong> Giudea da 3 anni nella guerra<br />

di repressione di un’<strong>in</strong>surrezione quando le sue legioni lo proclamarono imperatore<br />

nel 69. Suo figlio Tito assunse il comando delle legioni <strong>in</strong> Giudea e portò a<br />

term<strong>in</strong>e la guerra di repressione con la conquista e la distruzione di Gerusalemme<br />

nel 70. Quello di Vespasiano fu un buon governo; fra le sue realizzazioni<br />

va ricordata la costruzione <strong>in</strong> Roma dell’Anfiteatro Flavio (il Colosseo).<br />

Morto Vespasiano nel 79, divenne imperatore suo figlio Tito. L’<strong>in</strong>izio del<br />

suo regno fu segnato dalla catastrofica eruzione del Vesuvio che distrusse Ercolano,<br />

Stabia e Pompei.<br />

Il regno di Tito fu breve. Nell’81 gli succedette il fratello Domiziano, il cui<br />

governo degenerò <strong>in</strong> dispotismo. Domiziano pretese per sé il titolo di “Dom<strong>in</strong>us<br />

et Deus” (“Signore e Dio”), e sul f<strong>in</strong>ire del suo regno scatenò una persecuzione<br />

contro i cristiani (la seconda dopo quella di Nerone), che <strong>in</strong>fierì particolarmente<br />

<strong>in</strong> Asia M<strong>in</strong>ore. In questo tempo ebbero luogo l’esilio di S.Giovanni a Patmos e<br />

la composizione dell’Apocalisse.<br />

Domiziano perì nel 96 <strong>in</strong> una congiura di palazzo, e con lui si est<strong>in</strong>se la<br />

casa dei Flavi.<br />

Seguì una serie di imperatori detti “adottivi”, perché elevati al trono <strong>in</strong> base<br />

al pr<strong>in</strong>cipio dell’ “adozione del più degno”, sostituito al pr<strong>in</strong>cipio d<strong>in</strong>astico. Il<br />

primo imperatore “adottivo” fu Cocceio Nerva. Al suo breve regno seguì nel 98<br />

l’elevazione al trono imperiale dello spagnolo Ulpio Traiano. Traiano fu un<br />

grande imperatore: combatté e sottomise i Daci <strong>in</strong> Europa e i Nebatei <strong>in</strong> Arabia,<br />

e costituì le nuove prov<strong>in</strong>ce di Dacia e di Arabia; <strong>in</strong> Oriente v<strong>in</strong>se i Parti e conquistò<br />

l’Armenia, cosicché due altre prov<strong>in</strong>ce si aggiunsero all’Impero che raggiunse<br />

la massima estensione.<br />

Morto Traiano nel 117, divenne imperatore “adottivo” Adriano (117-138), ricordato<br />

per avere concluso la pace coi Parti r<strong>in</strong>unciando alle conquiste del suo<br />

predecessore, e soprattutto per avere realizzato importanti opere fortificate <strong>in</strong><br />

Asia (lungo l’Eufrate) e <strong>in</strong> Europa (sul Reno, sul Danubio e <strong>in</strong> Inghilterra).<br />

Adriano viaggiò molto per ispezionare l’amm<strong>in</strong>istrazione dell’Impero. La sua decisione<br />

di ricostruire Gerusalemme come città romana fu la causa della seconda<br />

rivolta giudaica, capeggiata da Bar Kocheba (132-135). L’<strong>in</strong>surrezione fu soffocata<br />

nel sangue e Gerusalemme fu ricostruita come colonia romana col nome di<br />

Aelia Capitol<strong>in</strong>a secondo gli <strong>in</strong>tendimenti dell’imperatore.<br />

Dopo Adriano si succedettero sul trono dei Cesari Anton<strong>in</strong>o Pio (138-161),<br />

Marco Aurelio (161-180), l’imperatore-filosofo sotto il cui regno i romani combatterono<br />

contro i Parti e i Marcomanni, e Commodo (180-192), che si credette <strong>in</strong>carnazione<br />

di Ercole e di Mitra. In quegli anni i cristiani soffrirono severe persecuzioni.<br />

Dopo la morte violenta di Commodo nel 192, l’Impero cadde <strong>in</strong> potere dei<br />

Pretoriani e l’unità sembrò venirne meno. Nel 193 ci furono 4 imperatori: Didio<br />

Giuliano a Roma, Pescennio Nigro <strong>in</strong> Siria, Clodio Alb<strong>in</strong>o <strong>in</strong> Britannia e Settimio<br />

Severo <strong>in</strong> Pannonia.<br />

399


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 400<br />

NOTE STORICHE<br />

Settimio Severo, <strong>in</strong>iziatore della d<strong>in</strong>astia dei severi, sconfitti i rivali e legittimato<br />

il potere, ricostituì l’unità imperiale. Gli succedette nel 211 il figlio Caracalla<br />

che regnò f<strong>in</strong>o al 218. Dopo un breve regno di Macr<strong>in</strong>o nel 218, l’esercito, divenuto<br />

ancora una volta arbitro della situazione, elevò al trono imperiale Eliogabalo<br />

di Emesa, <strong>in</strong> Siria (218-222), nipote di Caracalla e sacerdote di Baal <strong>in</strong> Siria.<br />

Eliogabalo <strong>in</strong>trodusse <strong>in</strong> Roma il culto di questa div<strong>in</strong>ità orientale.<br />

Caduto Eliogabalo per mano dei suoi soldati, salì al trono imperiale nel 222<br />

Alessandro Severo, morto anche lui assass<strong>in</strong>ato, dopo 3 anni di regno, a seguito<br />

di una rivolta militare.<br />

Seguì una serie di imperatori di nom<strong>in</strong>a militare, quasi tutti periti di morte<br />

violenta dopo un breve periodo di regno. Furono: Massim<strong>in</strong>o Trace (235-238),<br />

Gordiano III (238-244), Filippo Arabo (244-249), Decio (249-251), Trebonio<br />

Gallo (251-253), Valeriano (253-260), Gallieno (260-268), Claudio II (268-270) e<br />

Aureliano (270-275) che nel 274 adottò il titolo di “Dom<strong>in</strong>us et Deus” e <strong>in</strong>trodusse<br />

il culto del sole e dell’imperatore come religione di Stato. Ad Aureliano<br />

succedettero l’uno dopo l’altro Claudio Tacito (275-276), Probo (276-282), Caro<br />

(283-284) e Diocleziano (294-305), che nel 303 promosse <strong>in</strong> tutto l’impero una<br />

severa persecuzione dei cristiani.<br />

Nel 293 Diocleziano <strong>in</strong>trodusse un’importante riforma amm<strong>in</strong>istrativa statale:<br />

fu istituito un governo a 4 a term<strong>in</strong>e (Tetrarchia). Diocleziano ottenne l’Oriente<br />

con Nicomedia come capitale, Massimiano l’Italia e l’Africa con Milano come capitale,<br />

Costanzo la Spagna, la Gallia e la Britannia con capitale Treviri e Galerio<br />

l’Illirico e la Macedonia con capitale Sirmio. Gli Augusti - ovvero i reggenti delle<br />

4 parti dell’Impero - si impegnarono a cedere dopo 20 anni il potere ai Cesari -<br />

cioè ai successori da loro stessi nom<strong>in</strong>ati - e questi a loro volta a nom<strong>in</strong>are altri 2<br />

Cesari come coadiutori.<br />

Nel 297 il territorio dell’Impero fu diviso <strong>in</strong> 12 circoscrizioni amm<strong>in</strong>istrative<br />

(diocesi) e queste <strong>in</strong> 101 prov<strong>in</strong>ce. Nel 305 abdicarono Diocleziano e Massimiano.<br />

Gli altri due Augusti, Galerio e Costanzo, nom<strong>in</strong>arono Cesari Severo e<br />

Massim<strong>in</strong>o Daia. Nel 308 un congresso imperiale nom<strong>in</strong>ò Lic<strong>in</strong>io Augusto d’Occidente;<br />

Diocleziano rifiutò la dignità imperiale.<br />

L’<strong>in</strong>staurazione di una politica d<strong>in</strong>astica da parte dei s<strong>in</strong>goli Augusti fece fallire<br />

il sistema della Tetrarchia. Costant<strong>in</strong>o, il figlio di Costanzo, fu <strong>in</strong>sediato a<br />

York, Massenzio, il figlio di Massimiano, a Milano. I due vennero a conflitto e<br />

nel 312 Costant<strong>in</strong>o sconfisse e uccise Massenzio al Ponte Milvio, <strong>in</strong> Roma, restando<br />

unico padrone delle prov<strong>in</strong>ce occidentali. L’anno seguente Lic<strong>in</strong>io v<strong>in</strong>se<br />

Massim<strong>in</strong>o Daia presso Adrianopoli. In quello stesso anno (313) Costant<strong>in</strong>o<br />

emanò da Milano l’editto di tolleranza favorevole ai cristiani.<br />

Nel 324, avendo battuto Lic<strong>in</strong>io presso Adrianopoli, Costant<strong>in</strong>o divenne<br />

l’unico sovrano di tutto l’impero. Nel 330, <strong>in</strong> contrasto con Roma pagana, trasferì<br />

a Bisanzio la sede imperiale mutandone il nome <strong>in</strong> quello di Costant<strong>in</strong>opoli. Costant<strong>in</strong>o<br />

ricevette il battesimo cristiano sul letto di morte nel 337.<br />

Nelle lotte di successione tra i figli di Costant<strong>in</strong>o prevalse Costanzo II, il<br />

quale rimase unico sovrano dell’Impero dopo la morte dei fratelli Costante e Costant<strong>in</strong>o<br />

II.<br />

400


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 401<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Nel 361 succedette a Costanzo il nipote Giuliano il quale favorì il riprist<strong>in</strong>o<br />

dei culti pagani e fu per questo soprannom<strong>in</strong>ato “l’Apostata”. Con lui, morto nel<br />

363, si est<strong>in</strong>se la d<strong>in</strong>astia costant<strong>in</strong>iana.<br />

Al breve regno di Gioviano (363-364) seguì il regno di Valent<strong>in</strong>iano I, eletto<br />

imperatore dalla corte. Morto Valent<strong>in</strong>iano nel 375 divenne imperatore il fratello<br />

di lui Valente il quale fu sconfitto e ucciso 3 anni dopo nella battaglia di Adrianopoli.<br />

Nel 379 Teodosio I fu nom<strong>in</strong>ato Augusto <strong>in</strong> Oriente da Graziano, morto poi<br />

<strong>in</strong> Occidente nel 383 lottando contro l’usurpatore Magno Massimo. Massimo fu a<br />

sua volta v<strong>in</strong>to e ucciso da Teodosio presso Aquileia 5 anni dopo.<br />

Nel 391 Teodosio elevò il Cristianesimo a religione di Stato e proscrisse i<br />

culti pagani, ma con l’elevazione di Eugenio a imperatore d’Occidente i culti pagani<br />

furono restaurati <strong>in</strong> questa parte dell’Impero. Due anni dopo Eugenio fu<br />

sconfitto e ucciso presso Aquileia e Teodosio rimase unico arbitro dell’Impero<br />

nuovamente unificato.<br />

Morto Teodosio nel 395, l’Impero fu diviso tra i suoi due figli Arcadio, che<br />

resse l’Oriente, e Onorio, che regnò nell’Occidente. Da questo momento vi furono<br />

<strong>in</strong> permanenza un Impero Romano d’Oriente e un Impero Romano d’Occidente<br />

ciascuno con le proprie vicende politiche.<br />

Dal 404 l’Impero d’Occidente ebbe per capitale Ravenna.<br />

Retto da imperatori deboli e sempre più scosso dalle <strong>in</strong>vasioni dei Barbari,<br />

l’impero lat<strong>in</strong>o sopravvisse ancora per un’ottant<strong>in</strong>a d’anni.<br />

A Onorio succedette sul trono dell’Impero d’Occidente, a Ravenna, Giovanni<br />

(423-425) e a Giovanni Valent<strong>in</strong>iano III (425-455) che dal 450 risiedette a<br />

Roma. Nel 451 gli Unni di Attila devastarono la Pianura Padana e distrussero<br />

Aquileia. Nel 454 Valent<strong>in</strong>iano III uccise il valoroso generale Ezio che nel 451<br />

aveva resp<strong>in</strong>to gli Unni nella Gallia; l’anno seguente egli stesso morì assass<strong>in</strong>ato.<br />

Il suo successore, Petronio Massimo, rimase ucciso lo stesso anno (455) durante<br />

il sacco di Roma ad opera dei Vandali.<br />

Si aprì una crisi di potere e Ricimero, un generale d’orig<strong>in</strong>e svevo-gotica salito<br />

ai massimi onori durante il regno di Valent<strong>in</strong>iano III, dopo la morte di costui<br />

nel 455 nom<strong>in</strong>ò e depose imperatori a suo arbitrio. Così si succedettero l’uno<br />

all’altro dopo brevi periodi di regno: Avito (455-456), Maggiorano (457-461), Libio<br />

Severo (461-465), Antemio (467-472) dopo 2 anni di <strong>in</strong>terregno, e Olibio<br />

(472). Morto Ricimero, fu fatto imperatore a Ravenna Glicerio (473), il quale fu<br />

v<strong>in</strong>to e deposto dopo pochi mesi di regno da Giulio Nepote che regnò <strong>in</strong> luogo<br />

suo (474-475). Giulio Nepote fu a sua volta deposto dal suo magister militum<br />

(capo dell’esercito) Oreste, un romano della Pannonia che era stato aiutante di<br />

Attila e capo di un esercito di Germani e al quale l’imperatore d’Oriente, Zenone,<br />

aveva conferito il titolo di “Patrizio Romano”. Oreste fece acclamare imperatore<br />

il suo figlio adolescente Romolo (475-476) che fu soprannom<strong>in</strong>ato “Augustolo”.<br />

I Barbari al servizio di Oreste chiesero per sé come compenso un terzo<br />

delle terre. Avendo rifiutato quella richiesta, il patrizio fu travolto da una ribellione<br />

capeggiata da Odoacre, capo di un forte cont<strong>in</strong>gente di Eruli, e ucciso a<br />

401


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 402<br />

NOTE STORICHE<br />

Pavia nel 476. Odoacre depose Romolo Augustolo e, non osando rivendicare<br />

per sé la dignità imperiale, r<strong>in</strong>viò all’imperatore Zenone le <strong>in</strong>segne relative domandando<br />

e ottenendo il titolo di Patrizio. Si est<strong>in</strong>se così l’Impero Romano d’Occidente,<br />

i cui territori erano oramai sotto il completo controllo dei Barbari.<br />

Questo momento storico segnava il trapasso dalla fase imperiale di Roma<br />

alla fase dei regni barbarici.<br />

5. I POPOLI GERMANICI CHE OCCUPARONO I TERRITORI<br />

OCCIDENTALI DELL’IMPERO ROMANO<br />

Gli Svevi, un gruppo di popolazioni germaniche costituito da Alamanni,<br />

Sennoni, Quadi, Marcomanni ed altre, nel II secolo a.C. si stanziarono nella regione<br />

del Brandeburgo. Nel 58 a.C. Giulio Cesare resp<strong>in</strong>se un loro attacco alla<br />

prov<strong>in</strong>cia gallica dell’Impero. Verso il 400 d.C. gli Svevi si <strong>in</strong>sediarono nella Spagna<br />

e vi fondarono un regno che nel VI secolo si fuse con quello dei Visigoti.<br />

I Gepidi, altra popolazione di stirpe germanica, occuparono la Dacia<br />

(l’odierna Romania) nel III secolo d.C. e vi fondarono un regno che i Longobardi<br />

distrussero nel 567.<br />

Gli Alamanni, un gruppo eterogeneo di popolazioni germaniche, a partire<br />

dal III secolo d.C. si stanziarono lungo il corso dell’Elba. Premettero ripetutamente<br />

alle frontiere settentrionali dell’Impero, sempre resp<strong>in</strong>ti dai Romani nei<br />

loro territori. Nel IV e V secolo gli Alamanni raggiunsero una relativa unità. Clodoveo<br />

re dei Franchi li sconfisse nel 496 e ne annesse il territorio al suo regno.<br />

Gli Angli, stanziati <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e a nord dell’Elba, nel V secolo d.C. emigrarono<br />

nella Britannia e quivi fondarono un regno che durò f<strong>in</strong>o al VI secolo.<br />

I Sassoni, un conglomerato di varie popolazioni germaniche, vissero <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e<br />

nella regione fra la Scand<strong>in</strong>avia e la Danimarca. Nel V secolo d.C. alcune<br />

tribù emigrarono <strong>in</strong>sieme con gli Angli nella Britannia e vi fondarono i regni di<br />

Wessex, Essex e Sussex. I gruppi rimasti nel cont<strong>in</strong>ente si trasferirono nella regione<br />

fra l’Oder, il Reno <strong>in</strong>feriore e l’Elba e nel secolo VIII furono sottomessi e<br />

cristianizzati da Carlomagno.<br />

I Visigoti, ramo occidentale della più vasta popolazione germanica dei<br />

Goti, costretti dagli Unni ad abbandonare il loro territorio, la Dacia Inferiore, si<br />

stanziarono nella Mesia lungo il corso <strong>in</strong>feriore del Danubio. Nel 378, presso<br />

Adrianopoli, <strong>in</strong>flissero ai Romani la prima sconfitta sul loro territorio. Teodosio li<br />

accolse nella Mesia e nella Pannonia; sfruttati dai Romani, sul f<strong>in</strong>ire del V secolo<br />

si ribellarono e, sotto la guida di Alarico, <strong>in</strong>vasero e devastarono i Balcani e l’Illirico.<br />

Nel 410, dopo avere percorso l’Italia del nord e del centro, occuparono e<br />

saccheggiarono Roma. Sosp<strong>in</strong>ti poi dai Romani verso il nord-ovest, <strong>in</strong>vasero la<br />

Gallia e fondarono un regno nella regione fra il Rodano, la Loira e la Provenza<br />

(regno di Tolosa, 419-507), comprendente anche parte della penisola iberica.<br />

Sconfitti dai Franchi nel 507, si ridussero nella Spagna dove dom<strong>in</strong>arono f<strong>in</strong>o alla<br />

conquista araba (711).<br />

I Vandali nel V secolo d.C. occuparono le coste meridionali del Baltico.<br />

402


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 403<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Pressati da est dagli Unni e dai Sarmati, nel 406 oltrepassarono il Reno , attraversarono<br />

la Gallia saccheggiando e devastando, e si fermarono nella Spagna (409).<br />

Nel 429, condotti da Genserico (428-477), <strong>in</strong>vasero l’Africa dallo stretto di Gibilterra,<br />

devastarono le floride prov<strong>in</strong>ce romane e a Cartag<strong>in</strong>e fondarono un regno.<br />

Divenuti abili navigatori, con la flotta percorsero il Mediterraneo orientale assalendo<br />

e saccheggiando i litorali italici e balcanici. Nel 455 giunsero a Roma dalla<br />

foce del Tevere e la saccheggiarono. Convertitisi all’arianesimo, osteggiarono e<br />

perseguitarono i cattolici. Nel 534 un esercito bizant<strong>in</strong>o agli ord<strong>in</strong>i di Belisario,<br />

l’abile generale di Giust<strong>in</strong>iano, prese Cartag<strong>in</strong>e e distrusse il regno dei Vandali.<br />

I Burgundi, orig<strong>in</strong>ari della Scand<strong>in</strong>avia, <strong>in</strong>torno al 400 d.C. si stabilirono<br />

nella regione tra Metz e Magonza. Nella prima metà del V secolo <strong>in</strong>vasero la<br />

prov<strong>in</strong>cia belgica dell’Impero e nel 437 furono sconfitti dal generale romano<br />

Ezio. Nel 443 si trasferirono nella regione del lago di G<strong>in</strong>evra dove fondarono<br />

un regno autonomo. Nel 490 scesero <strong>in</strong> Italia <strong>in</strong> appoggio a Odoacre, capo degli<br />

Eruli, contro Teodorico re degli Ostrogoti, e devastarono la pianura padana. Nel<br />

500 Clodoveo, re dei Franchi, li sconfisse e li rese tributari.<br />

Gli Eruli ebbero la Scand<strong>in</strong>avia come terra di orig<strong>in</strong>e. Verso il 260 d.C. un<br />

gruppo si unì ai Visigoti che <strong>in</strong>vasero le regioni greche dell’Impero. Sulle rive<br />

del Danubio, a nord della Tracia, fondarono un regno. Nel V secolo, sotto la<br />

guida di Odoacre, <strong>in</strong>vasero l’Italia e vi si stabilirono. Nel 476 ebbero un ruolo<br />

determ<strong>in</strong>ante nella caduta dell’Impero d’Occidente. V<strong>in</strong>ti dagli Ostrogoti, <strong>in</strong> seguito<br />

furono sterm<strong>in</strong>ati dai Longobardi.<br />

Gli Ostrogoti, ramo orientale della popolazione germanica dei Goti, <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e<br />

erano stanziati nell’odierna Ucra<strong>in</strong>a. Nella seconda metà del III secolo d.C.<br />

<strong>in</strong>vasero i territori orientali dell’Impero romano. Sconfitti e sottomessi dagli Unni,<br />

nel 370 si trasferirono nella Pannonia e da lì nella Mesia. Nel 488, sotto la guida<br />

di Teodorico, <strong>in</strong>vasero l’Italia. Sconfitto Odoacre re degli Eruli, fondarono un regno<br />

con Ravenna come capitale. Il regno ostrogoto fu distrutto, alla f<strong>in</strong>e della<br />

lunga “guerra gotica” (535-553) dalle truppe bizant<strong>in</strong>e mandate <strong>in</strong> Italia da Giust<strong>in</strong>iano<br />

sotto il comando di Belisario prima e di Narsete poi.<br />

I Longobardi, <strong>in</strong>sediati lungo il corso <strong>in</strong>feriore dell’Elba f<strong>in</strong> dal I secolo<br />

d.C., nella seconda metà del VI secolo emigrarono verso il sud. Nel 568, sotto la<br />

guida di Albo<strong>in</strong>o, dilagarono nella pianura padana e occuparono l’Italia del<br />

nord estromettendo i Bizant<strong>in</strong>i da gran parte del territorio e fondando un loro<br />

regno. Il regno longobardo raggiunse il massimo splendore sotto Liutprando<br />

(712-744), il quale donò al papa il castello di Sutri. Carlomagno pose f<strong>in</strong>e al regno<br />

longobardo quando <strong>in</strong>vase l’Italia nel 774.<br />

I Franchi, una confederazione di tribù germaniche divisa <strong>in</strong> due gruppi (i<br />

Salii e i Ripuari), erano stanziati lungo il corso basso e medio del Reno. Dopo la<br />

caduta dell’Impero romano d’Occidente nel 476, i Salii costituirono un regno romano-barbarico<br />

che sotto Clodoveo (481-511), della d<strong>in</strong>astia dei Merov<strong>in</strong>gi, sottomise<br />

i Ripuari, gli Alamanni e i Burgundi e controllò tutta la Gallia. Clodoveo<br />

fu il primo sovrano barbarico che si convertì alla fede cattolica. Alla sua morte,<br />

mentre i successori (i re “fannulloni”) si consumavano <strong>in</strong> lotte d<strong>in</strong>astiche, emersero<br />

i maestri di palazzo con Pip<strong>in</strong>o Di Heristal. Suo figlio Carlo Martello re-<br />

403


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 404<br />

NOTE STORICHE<br />

sp<strong>in</strong>se gli Arabi a Poitiers (733) bloccando la loro avanzata verso il cuore<br />

dell’Europa. Il figlio di Carlo Martello, Pip<strong>in</strong>o il Breve (751-768), col consenso di<br />

papa Zaccaria depose nel 751 Childerico, ultimo sovrano merov<strong>in</strong>gio, e si fece<br />

eleggere re dei Franchi, <strong>in</strong>coronato nel 754 dallo stesso papa Zaccaria. Su richiesta<br />

di papa Stefano II, Pip<strong>in</strong>o venne <strong>in</strong> Italia, sconfisse Astolfo III re dei Longobardi<br />

e donò al papa l’Esarcato e la Pentapoli tolti ai Longobardi (Donazioni di<br />

Pip<strong>in</strong>o), territori che divennero il nucleo orig<strong>in</strong>ale dello Stato Pontificio.<br />

Carlomagno, figlio di Pip<strong>in</strong>o il Breve, sconfisse e sottomise def<strong>in</strong>itivamente i<br />

Longobardi nel 774, riconfermando le “donazioni di Pip<strong>in</strong>o” al papa. Sconfitti i<br />

Sassoni fra il Reno e l’Elba nel 772-804, nell’800 fondò il Sacro Romano Impero.<br />

6. FINE DELL’IMPERO D’OCCIDENTE -<br />

L’ITALIA SOTTO IL DOMINIO DI ODOACRE<br />

a) Nel 472 combatteva nell’esercito di Ricimero schierato sotto le mura di<br />

Roma un barbaro di nome Odoacre di cui si ignora la tribù germanica di appartenenza.<br />

Costui al tempo di Attila aveva militato nell’esercito degli Unni, ma<br />

dopo la morte del re barbaro se ne era separato.<br />

Prima del 470 Odoacre venne <strong>in</strong> Italia alla testa di una banda di barbari germanici<br />

<strong>in</strong> cerca di nuove avventure.<br />

In quel tempo era a capo dell’esercito romano il patrizio Oreste, orig<strong>in</strong>ario<br />

della Pannonia, già m<strong>in</strong>istro di Attila.<br />

Oreste fu l’ultimo dei generali romani che nom<strong>in</strong>arono e deposero gli imperatori<br />

e loro talento. Avrebbe forse voluto assumere lui stesso la porpora imperiale,<br />

ma non osò farlo per la sua orig<strong>in</strong>e barbarica. Fece comunque eleggere<br />

imperatore il figlio adolescente Romolo che per la giovane età fu soprannom<strong>in</strong>ato<br />

Augustolo (475).<br />

L’esercito romano <strong>in</strong> Italia era <strong>formato</strong> prevalentemente da elementi barbarici<br />

di varia orig<strong>in</strong>e: Eruli, Sciri, Tur<strong>in</strong>gi.<br />

Decisi a <strong>in</strong>sediarsi stabilmente <strong>in</strong> Italia, i rudi soldati di Oreste pretesero <strong>in</strong>sistentemente<br />

un terzo delle terre. Al rifiuto del generale si ribellarono e nom<strong>in</strong>arono<br />

loro capo Odoacre che promise ad essi quanto era stato loro negato. Oreste<br />

fuggì a Pavia <strong>in</strong>seguito da Odoacre; la città fu presa e messa al sacco, ma il<br />

generale romano riuscì temporaneamente a scampare. Due giorni dopo però fu<br />

catturato ed ucciso a Piacenza da Odoacre. Il barbaro vittorioso corse a Ravenna,<br />

depose l’Augustolo (era il 28 agosto 476) e lo conf<strong>in</strong>ò <strong>in</strong> una villa presso Napoli<br />

con un appannaggio perpetuo.<br />

Tramontava l’Impero d’Occidente e com<strong>in</strong>ciava la storia d’Italia; f<strong>in</strong>iva l’antichità<br />

e si apriva il Medio Evo.<br />

Come Oreste prima di lui, il barbaro Odoacre non osò assumere il titolo di<br />

imperatore e neanche quello di re; fu soltanto un re di barbari, osserva lo storico<br />

Pasquale Villari.<br />

Un’ambasceria mandata da Odoacre a Costant<strong>in</strong>opoli nel 478 portò all’Imperatore<br />

Zenone, con le <strong>in</strong>segne imperiali, un messaggio perentorio: un solo im-<br />

404


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 405<br />

CAPIRE DANIELE<br />

peratore bastava per l’Oriente e l’Occidente. Quanto a lui, Odoacre, egli poteva<br />

governare l’Italia <strong>in</strong> nome dell’Imperatore col titolo di patrizio romano. La richiesta<br />

del barbaro fu accolta; <strong>in</strong> realtà, però, la sua dipendenza da Costant<strong>in</strong>opoli fu<br />

nom<strong>in</strong>ale; di fatto Odoacre governò l’Italia da pr<strong>in</strong>cipe <strong>in</strong>dipendente. Intanto i<br />

barbari, <strong>in</strong> ottemperanza a quanto era stato loro promesso dal capo, si <strong>in</strong>sediarono<br />

come ospiti imposti nelle case dei Romani e coltivarono per sé e le loro famiglie<br />

un terzo delle terre espropriato ai latifondisti romani.<br />

b) Alla morte di papa Simplicio nel 483, Odoacre compì un passo falso. Mirando<br />

alla elezione di un papa che gli fosse amico, fece <strong>in</strong>tervenire presso l’assemblea<br />

elettiva il Prefetto del Pretorio aff<strong>in</strong>ché fosse sanzionato un suo decreto<br />

<strong>in</strong> forza del quale l’elezione sarebbe stata nulla senza la rappresentanza del Re.<br />

Questa <strong>in</strong>gerenza favorì l’elezione del raccomandato, Felice II (483-492). Osserva<br />

il Villari: “Se non che egli (Odoacre) non era un Imperatore, ma un re barbaro<br />

ed un ariano. Non era qu<strong>in</strong>di sperabile che la Chiesa romana, sempre gelosa<br />

delle sue prerogative, avesse mai potuto approvare il suo procedere, che fu <strong>in</strong>fatti<br />

pr<strong>in</strong>cipio di gravi scissure”. Le <strong>in</strong>vasioni barbariche <strong>in</strong> Italia, Milano 1905,<br />

pp. 136, 137. L’<strong>in</strong>gerenza di Odoacre nell’elezione del papa, com’era <strong>in</strong>evitabile,<br />

fece nascere <strong>in</strong> seno alla Chiesa romana profonda diffidenza e avversione verso<br />

di lui. Per di più l’Imperatore Zenone, <strong>in</strong>sospettito dal suo agire da pr<strong>in</strong>cipe <strong>in</strong>dipendente,<br />

pensò di sbarazzarsene e con questo f<strong>in</strong>e mise contro di lui altri barbari.<br />

Sp<strong>in</strong>se i Rugi, che abitavano al di là del Danubio, a muovere verso le Alpi.<br />

Odoacre fu costretto ad affrontarli col suo esercito e li v<strong>in</strong>se nel Norico (487)<br />

catturando il loro re. Ma il figlio di costui sfuggì alla cattura e trovò accoglienza<br />

<strong>in</strong> Pannonia presso gli Ostrogoti che avevano per capo Teodorico degli Amali.<br />

c) Nel passato recente la massima parte degli Ostrogoti era rimasta unita<br />

agli Unni nella Dacia, ma alla morte di Attila si erano separati e si erano stanziati<br />

appunto nella Pannonia. Venuti a patti con l’Imperatore, avevano mandato a Costant<strong>in</strong>opoli<br />

come ostaggio Teodorico, il giovanissimo figlio del loro capo Teodomiro.<br />

In Grecia Teodorico ricevette un’educazione militare romana. Nel 472, oramai<br />

diciottenne, il giovane ostrogoto tornò nella Pannonia e <strong>in</strong> un’azione militare<br />

contro i Sàrmati dette prova di grande valore. Due anni dopo, morto Teodomiro,<br />

gli Ostrogoti lo nom<strong>in</strong>arono loro capo.<br />

Più tardi Teodorico prese le parti dell’Imperatore Zenone quando il rivale di<br />

costui, Basilisco, tentò di spodestarlo. Avendo v<strong>in</strong>to grazie all’aiuto del capo<br />

ostrogoto, Zenone per riconoscenza lo colmò di onori e lo nom<strong>in</strong>ò Patrizio.<br />

Il comportamento di Teodorico verso l’Impero fu tuttavia ambiguo: ora rendeva<br />

ad esso importanti servigi - ricevendone adeguato compenso - ora si dava<br />

a saccheggiare per ottenere di più. Onde Zenone si vide nella necessità di liberarsi<br />

<strong>in</strong> qualche modo di lui. Poiché l’Imperatore non era punto soddisfatto di<br />

come andavano le cose <strong>in</strong> Italia per via della prepotenza di Odoacre, pensò di<br />

mandargli contro Teodorico coi suoi Ostrogoti. Teodorico non desiderava altro.<br />

Intanto la posizione di Odoacre <strong>in</strong> Italia si era <strong>in</strong>debolita a motivo dei contrasti<br />

col Papa: il momento per <strong>in</strong>tervenire sembrava propizio.<br />

Nell’autunno del 488 gli Ostrogoti ed altre genti germaniche unite a loro,<br />

405


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 406<br />

NOTE STORICHE<br />

con Teodorico alla testa, scesero <strong>in</strong> Italia. Non erano un esercito, ma un popolo<br />

<strong>in</strong>tero con i carri e le masserizie, la cui consistenza numerica è valutata dagli storici<br />

fra i 200 e i 300 mila <strong>in</strong>dividui.<br />

Il primo scontro con l’esercito di Odoacre avvenne nell’estate del 489<br />

sull’Isonzo, non lontano da Aquileia. Odoacre, battuto, dovette ritirarsi. Un mese<br />

dopo ci fu un’altra battaglia sull’Adige, presso Verona, e Odoacre fu v<strong>in</strong>to ancora<br />

una volta ma il suo avversario dovette subire perdite pesanti dal momento che<br />

<strong>in</strong>vece di proseguire verso Roma o Ravenna si r<strong>in</strong>chiuse <strong>in</strong> Pavia.<br />

Odoacre coi suoi soldati raggiunse Roma, ma la città gli chiuse le porte, e<br />

anche le popolazioni italiche gli si mostrarono ostili, <strong>in</strong> parte a motivo dei suoi<br />

contrasti col Papa, <strong>in</strong> parte a causa delle sue razzie. “E di tutto ciò - dice P.Villari<br />

- la Chiesa aveva saputo profittare per eccitare contro di lui le popolazioni, tanto<br />

che poco dopo si parlò addirittura d’una generale cospirazione, di una specie di<br />

Vespro siciliano organizzato dal clero” (op. cit., pp. 143, 144).<br />

Riorganizzate le proprie forze, Odoacre tornò verso il nord per affrontare il<br />

rivale. Gli vennero <strong>in</strong> aiuto i Burgundi, che si misero subito a saccheggiare il<br />

paese. In appoggio di Teodorico scesero i Visigoti. Nella battaglia, che si combatté<br />

sull’Adda l’11 agosto 490, questi si batterono a fianco degli Ostrogoti e <strong>in</strong>sieme<br />

<strong>in</strong>flissero all’avversario una completa disfatta. Odoacre si r<strong>in</strong>chiuse <strong>in</strong> Ravenna.<br />

La città resistette tre anni all’assedio degli Ostrogoti. Alla f<strong>in</strong>e dovette cedere.<br />

Le trattative per la resa furono concluse il 27 febbraio 493 con l’<strong>in</strong>termediazione<br />

dell’Arcivescovo di Ravenna. “Altra prova anche questa - nota il Villari -<br />

della straord<strong>in</strong>aria importanza assunta allora dalla Chiesa, e qu<strong>in</strong>di dal clero <strong>in</strong><br />

tutti affari di maggiore gravità” (op. cit., pp. 145, 146).<br />

Odoacre si arrese ed ebbe salva la vita. Sei giorni dopo Teodorico entrò<br />

trionfalmente <strong>in</strong> Ravenna accolto dall’Arcivescovo e dal clero. Il 15 marzo di<br />

quello stesso anno (il 493), Teodorico trafisse a tradimento Odoacre che si era fidato<br />

di lui accettando il suo <strong>in</strong>vito ad un banchetto solenne. Così f<strong>in</strong>ì il regno di<br />

Odoacre che durava da 17 anni. A questo evento concorsero <strong>in</strong> misura non trascurabile,<br />

come si è visto, la Chiesa ed il suo clero.<br />

7. IL DOMINIO OSTROGOTO IN ITALIA -<br />

L’EPOCA DI GIUSTINIANO -<br />

FINE DEI REGNI VANDALO E OSTROGOTO<br />

a) In Italia, dopo il 493, al predom<strong>in</strong>io di Odoacre subentrò quello di Teodorico,<br />

che ebbe tuttavia, almeno dappr<strong>in</strong>cipio, un carattere affatto diverso. Teodorico<br />

era venuto <strong>in</strong> Italia non come re dei Goti, ma come un Patrizio mandato<br />

dall’Imperatore quale suo rappresentante. Lo dist<strong>in</strong>guevano da Odoacre il superiore<br />

<strong>in</strong>gegno politico e militare e l’educazione romana ricevuta <strong>in</strong> Costant<strong>in</strong>opoli.<br />

Ciò non toglie che, come Odoacre, egli ambisse di diventare il vero padrone<br />

d’Italia. Subito dopo avere sconfitto Odoacre sull’Adda nel 490, Teodorico<br />

406


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 407<br />

CAPIRE DANIELE<br />

aveva chiesto all’Imperatore di assumere la dignità regia, ma essendo morto Zenone<br />

nel 491, Anastasio che gli era succeduto aveva fatto orecchio da mercante.<br />

Nel 498, essendo divenuto assai potente, l’Ostrogoto r<strong>in</strong>novò la richiesta all’Imperatore<br />

e stavolta ottenne le <strong>in</strong>segne imperiali che Odoacre nel 476 aveva mandato<br />

a Costant<strong>in</strong>opoli, ma non senza limitazioni, la più importante delle quali era<br />

che il suo potere non doveva essere affatto <strong>in</strong>dipendente dall’Imperatore. Quello<br />

di Teodorico fu <strong>in</strong> sostanza una sorta di governo militare sotto l’ègida dell’Imperatore:<br />

se le armi rimanevano ai Goti, l’amm<strong>in</strong>istrazione pubblica cont<strong>in</strong>uò ad essere<br />

gestita dai Romani. I due popoli, se vissero a lungo l’uno accanto all’altro,<br />

non si fusero mai l’uno con l’altro. Tutto sommato, comunque, quello di Teodorico<br />

fu un buon governo e buoni furono pure i rapporti con l’Impero e col papa,<br />

almeno f<strong>in</strong>o a quando l’<strong>in</strong>tolleranza religiosa dell’Imperatore non venne a turbarli<br />

profondamente come si vedrà più avanti.<br />

b) In Oriente non si placava la controversia fra Ortodossi e Monofisiti. I<br />

primi sostenevano che Maria era madre di Gesù Cristo <strong>in</strong> quanto uomo soltanto,<br />

i secondi affermavano che le nature div<strong>in</strong>a e umana di Gesù erano una sola e<br />

medesima cosa. Zenone, dopo che fu rimesso sul trono imperiale dagli Ortodossi<br />

nel 477, volle evitare che si riaccendesse la disputa, e con questo <strong>in</strong>tento<br />

pubblicò una lettera, nota col nome di Henoticon, con la quale cercò di conciliare<br />

le posizioni degli Ortodossi e dei Monofisiti. Papa Simplicio (468-483) condannò<br />

senza mezzi term<strong>in</strong>i l’Henoticon e il Patriarca Acacio che pare l’avesse<br />

ispirata. Roma non ammise mai simili vie di mezzo, né tollerò l’<strong>in</strong>gerenza degli<br />

imperatori nelle dispute teologiche.<br />

F<strong>in</strong>ché durava il dissidio fra il Papa e l’Imperatore, Teodorico poteva governare<br />

con relativa tranquillità. Ma una volta composto tale dissidio, le cose si sarebbero<br />

messe male anche per lui: egli era pur sempre un ariano e capo di barbari<br />

ariani <strong>in</strong> un paese romano e cattolico.<br />

Conscio di questo, Teodorico pensò bene di rafforzare la sua posizione,<br />

mantenendo i migliori rapporti possibili col Papa e con l’Imperatore, ma anche<br />

str<strong>in</strong>gendo alleanze e v<strong>in</strong>coli di parentela con i barbari dell’Africa, della Spagna e<br />

della Gallia (i Vandali, i Burgundi e i Franchi).<br />

Papa Gelasio I (492-496), succeduto a Felice II (483-492) a sua volta successore<br />

di Simplicio, condannò l’Henoticon e dichiarò eretico Acacio, m<strong>in</strong>acciando<br />

di colpire con la stessa sanzione l’Imperatore se ne avesse diviso le idee. Gelasio<br />

scrisse all’Imperatore che la tolleranza degli eretici era “più pericolosa delle devastazioni<br />

dei barbari”.<br />

Al breve pontificato di Anastasio II (496-498), succeduto a Gelasio, seguì<br />

un’elezione assai contrastata del nuovo pontefice. L’assemblea degli elettori era<br />

divisa fra Lorenzo, di tendenze moderate, e Simmaco, assai <strong>in</strong>transigente sull’ortodossia.<br />

Fu eletto Simmaco (498-514) ma i contrasti fra le opposte fazioni non si<br />

placarono. In questo frangente Teodorico tenne una condotta assai prudente e la<br />

pace religiosa <strong>in</strong> Occidente fu ristabilita. Riguardo all’Henoticon Simmaco scrisse<br />

all’Imperatore: “Invano tu credi di poterti elevare contro la potenza di S.Pietro...”<br />

(leggi: contro la potenza del Papa). - cfr. P.Villari, op. cit., p. 164. Papa Ormisda<br />

407


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 408<br />

NOTE STORICHE<br />

(514-523), succeduto a Simmaco, con altrettanta energia proseguì la lotta contro<br />

l’Imperatore.<br />

c) Intanto a Costant<strong>in</strong>opoli ci fu una svolta foriera di grandi mutamenti<br />

nell’ambito dei rapporti fra politica e religione dopo che, morto l’Imperatore<br />

Anastasio nel 518, salì al trono Giust<strong>in</strong>o. Uomo <strong>in</strong>colto ma fervente ortodosso,<br />

Giust<strong>in</strong>o si fece guidare dal nipote Giust<strong>in</strong>iano uomo di grande <strong>in</strong>gegno e ortodosso<br />

quanto lui. I monofisiti vennero a trovarsi a mal partito. Scrive il Villari: “Il<br />

popolo a Costant<strong>in</strong>opoli esaltava con grande ardore le dottr<strong>in</strong>e cattoliche, e gli<br />

eretici erano perseguitati.<br />

Il papa naturalmente ne gioiva” (op. cit., pp. 164, 165). Teodorico, conscio<br />

del pericolo che il nuovo corso <strong>in</strong> Oriente poteva rappresentare per il suo governo<br />

<strong>in</strong> Italia, pensò di farsi promotore di un accordo fra il Papa e l’Imperatore<br />

sperando di guadagnarsi il favore dell’uno e dell’altro. L’impresa riuscì ed egli ne<br />

trasse un vantaggio immediato: suo genero Eutarico (Teodorico non ebbe figli<br />

maschi) fu nom<strong>in</strong>ato Console e figlio adottivo dell’Imperatore.<br />

“Se non che - nota il Villari - ben presto tutto si volse a danno di Teodorico,<br />

il quale, non solo aveva <strong>in</strong>teressi politici assai diversi, ma era ariano, e non poteva<br />

andare a lungo d’accordo con un Papa e con un Imperatore che, essendo<br />

ambedue ortodossi, dovevano trovarsi, come ben presto si trovarono, uniti contro<br />

di lui” (op. cit., p. 165).<br />

L’Imperatore Giust<strong>in</strong>o - certo con grande soddisfazione del Papa - com<strong>in</strong>ciò<br />

a perseguitare gli Ariani verso il 524. Teodorico dovette reagire perseguitando a<br />

sua volta i Cattolici <strong>in</strong> Italia, anche perché Eutarico era un ariano fanatico e <strong>in</strong>tollerante.<br />

L’urto col Papa fu <strong>in</strong>evitabile e ne seguì lo scontento delle popolazioni<br />

italiche. “Tutto questo - dice il Villari - f<strong>in</strong>ì coll’irritare assai Teodorico, il quale<br />

vedeva a un tratto m<strong>in</strong>acciato di rov<strong>in</strong>a l’edificio con sì gran cura <strong>in</strong>nalzato... A<br />

poco a poco parve che andasse <strong>in</strong> lui scomparendo ogni traccia di romanità; egli<br />

tornò a essere il feroce barbaro d’una volta...” (op. cit., pp. 166, 167).<br />

Papa Giovanni I, succeduto a Ormisda nel 523, non nascose la sua soddisfazione<br />

per la persecuzione degli Ariani <strong>in</strong> Oriente, e questo eccitò al massimo<br />

la collera di Teodorico. Il Re goto costr<strong>in</strong>se il papa a <strong>in</strong>tercedere presso l’Imperatore<br />

<strong>in</strong> favore degli Ariani. E quando Giovanni I tornò da Costant<strong>in</strong>opoli senza<br />

avere ottenuto quanto il re ostrogoto aveva domandato (era, del resto, quello<br />

che Giovanni si era augurato), questi lo imprigionò. Giovanni I morì <strong>in</strong> prigione<br />

nel 526; Teodorico volle <strong>in</strong>gerirsi nell’elezione del suo successore (Felice III) e<br />

questo sollevò contro di lui grande e generale malcontento. Consapevole della<br />

gravità della situazione il Re ostrogoto si preparò febbrilmente per la guerra, ma<br />

la morte lo colse all’età di 72 anni il 30 agosto 526. Aveva regnato sull’Italia esattamente<br />

33 anni.<br />

d) Alla morte di Teodorico, la figlia Amalasunta era già vedova per la morte<br />

prematura del marito Eutarico. Il figlio di lei, Atalarico, aveva <strong>in</strong>torno a 10 anni.<br />

Intanto, a Costant<strong>in</strong>opoli, l’anno seguente (il 527) l’Imperatore Giust<strong>in</strong>o associava<br />

al trono il nipote Giust<strong>in</strong>iano che quattro mesi dopo rimase il solo impera-<br />

408


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 409<br />

CAPIRE DANIELE<br />

tore per la morte dello zio. Giust<strong>in</strong>iano riconobbe la successione di Atalarico e la<br />

reggenza di sua madre. Amalasunta, <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>e a una politica mite e conciliatrice,<br />

volle che suo figlio ricevesse un’educazione romana, ma di fronte alla fiera opposizione<br />

della sua gente si vide costretta ad affidarlo ai capi militari ostrogoti.<br />

Atalarico morì prematuramente nel 534. Secondo le consuetud<strong>in</strong>i dei Goti,<br />

la successione spettava a Teodato, un nipote del defunto Teodorico per parte di<br />

sorella. A lui si rivolse dunque Amalasunta. Ma Teodato non tollerò di essere il<br />

secondo nel governo, perciò l’anno seguente conf<strong>in</strong>ò la zia presso il lago di Bolsena<br />

dove poi venne assass<strong>in</strong>ata. Come vedremo più avanti, fu un buon pretesto<br />

per Giust<strong>in</strong>iano per mettere <strong>in</strong> atto il proposito che meditava da tempo di cacciare<br />

i Goti dall’Italia.<br />

e) Giust<strong>in</strong>iano fu tra i più illustri e fortunati imperatori d’Oriente. Oltretutto<br />

ebbe la ventura di avere al suo fianco una donna <strong>in</strong>telligente e accorta come<br />

l’imperatrice Teodora. Seppe anche scegliere gli uom<strong>in</strong>i più adatti a realizzare i<br />

suoi ambiziosi progetti. Lo si vide quando pose alla testa dell’esercito imperiale<br />

capi abilissimi come Belisario e Narsete, o quando scelse come architetti Isidoro<br />

di Mileto e Antemio di Tralles per la costruzione dello splendido tempio di Santa<br />

Sofia, o ancora quando affidò a Triboniano il compito di compilare il Corpus Juris<br />

Civilis, la grandiosa raccolta di leggi che tanto lustro dette al suo nome.<br />

Il Corpus Juris, compilato da varie commissioni di giuristi che lavorarono<br />

sotto la presidenza di Triboniano, riuniva <strong>in</strong> diverse raccolte tutte le fonti del diritto<br />

romano e comprendeva anche un manuale pratico, le Institutiones. Fra le<br />

suddette raccolte il Codice (Codex Constitutionum) riuniva <strong>in</strong> 12 libri tutti gli<br />

editti imperiali; il Digesto, o Pandette, riassumeva tutti gli scritti classici dei giureconsulti.<br />

In 50 libri il Corpus Juris compendiava ben 1000 volumi. L’opera immane,<br />

com<strong>in</strong>ciata nel 530, fu portata a term<strong>in</strong>e nel 533.<br />

In materia di fede Giust<strong>in</strong>iano fu ortodosso <strong>in</strong>transigente. Discuteva volentieri<br />

su questioni religiose e ci teneva a essere considerato un teologo. Aborriva<br />

l’eresia sotto qualsiasi forma (si <strong>in</strong>tenda per “eresia” ogni deviazione dalla dottr<strong>in</strong>a<br />

tradizionale cattolica) e provava repulsione fisica verso gli “eretici”. “Il solo<br />

tocco di uno di quei maledetti - soleva dire - è già sozzura”. “Verso la Chiesa -<br />

osserva lo storico Carl Gr<strong>in</strong>berg - Giust<strong>in</strong>iano si comportò da degno erede di Costant<strong>in</strong>o”.<br />

E ancora: “Il legame <strong>in</strong>dissolubile che a suo tempo era stato teso da<br />

Costant<strong>in</strong>o fra il trono e l’altare si era mutato ormai <strong>in</strong> un dispotismo temporale<br />

e spirituale nel contempo, che venne poi def<strong>in</strong>ito cesaropapismo. ‘Un solo Stato,<br />

una sola legge, una sola Chiesa’, era l’<strong>in</strong>flessibile canone di governo di Giust<strong>in</strong>iano”<br />

(Storia Universale, vol. 3, pp. 552, 553).<br />

f) Non desta affatto meraviglia che <strong>in</strong> un’epoca <strong>in</strong> cui sulle questioni religiose<br />

regnava ormai una completa identità di vedute fra l’Imperatore e il papa,<br />

Giust<strong>in</strong>iano, nel 533, scrivesse a Papa Giovanni II (532-535) la famosa lettera di<br />

cui riportiamo di seguito i passi più significativi:<br />

“Giust<strong>in</strong>iano, vittorioso, pio, beato, illustre, trionfante, sempre augusto; a<br />

Giovanni, patriarca e santissimo Arcivescovo della città di Roma: ‘Poiché ab-<br />

409


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 410<br />

NOTE STORICHE<br />

biamo sempre cercato di mantenere le sante chiese di Dio nello stato <strong>in</strong> cui sono<br />

oggi, ovvero nella pace e libere da ogni contrarietà, abbiamo <strong>in</strong>vitato tutto il<br />

clero dell’Oriente ad unirsi e a sottomettersi alla Vostra Santità... Voi che siete il<br />

Capo della Chiesa... Noi domandiamo dunque... che Vostra Santità approvi tutti<br />

coloro che credono a quanto abbiamo sopra esposto e condanni la perfidia di<br />

quanti giudaicamente hanno osato negare la fede legittima... Che la Div<strong>in</strong>ità, o<br />

santo e religiosissimo Padre, Vi conceda lunga vita” (da Jean Vuilleumier, L’Apocalypse...,<br />

p. 231).<br />

Nella stessa lettera Giust<strong>in</strong>iano conferma legalmente il vescovo di Roma<br />

“capo di tutte le sante chiese” e “capo di tutti i santi m<strong>in</strong>istri di Dio”. In una seconda<br />

lettera si complimenta col Papa per la sua solerzia nel “correggere” gli<br />

“eretici” (vedi S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 827). Le due lettere furono<br />

<strong>in</strong>corporate nel Codex del Corpus Juris (libro I, titolo primo) con piena forza di<br />

editti imperiali.<br />

Ed ecco i brani salienti della lettera con cui Giovanni I rispose all’Imperatore<br />

l’anno seguente (534):<br />

“Giovanni, vescovo di Roma, al nostro illustrissimo e clementissimo figlio<br />

Augusto Giust<strong>in</strong>iano: al di là degli elogi meritati che si possono rivolgere alla vostra<br />

saggezza e alla vostra dolcezza, voi, il più cristiano fra i pr<strong>in</strong>cipi, vi siete ancora<br />

dist<strong>in</strong>to come un astro lum<strong>in</strong>oso per l’amore della fede e della carità.<br />

Istruito nella discipl<strong>in</strong>a ecclesiastica, voi avete mantenuto la prem<strong>in</strong>enza della<br />

sede romana; le avete sottoposto ogni cosa e avete riprist<strong>in</strong>ato l’unità della<br />

Chiesa... la pace della Chiesa, l’unità della religione si lev<strong>in</strong>o e mantengano la<br />

pace di colui che ne è l’artefice... Abbiamo saputo da costoro (Hippazio e Demetrio)<br />

che avete pubblicato un editto rivolto ai vostri popoli fedeli, dettato<br />

dall’amore e dalla fede e mirato a distruggere gli eretici conforme alla dottr<strong>in</strong>a<br />

apostolica, e confermato dai nostri colleghi e i nostri fratelli i vescovi. Noi lo<br />

confermiamo con la nostra autorità essendo conforme alla dottr<strong>in</strong>a apostolica”<br />

(da J.Vuilleumier, ibidem).<br />

g) Fra gli obiettivi politici di Giust<strong>in</strong>iano primeggiò il proposito di restaurare<br />

l’unità dell’Impero e restituirgli l’antico splendore. Per prima cosa bisognava riconquistare<br />

l’Italia liberandola dal dom<strong>in</strong>io dei barbari. E per avere le spalle coperte<br />

era necessario com<strong>in</strong>ciare dall’Africa.<br />

Le lotte <strong>in</strong>terne e i disord<strong>in</strong>i che travagliavano il regno dei Vandali offrirono<br />

a Giust<strong>in</strong>iano il pretesto per <strong>in</strong>tervenire militarmente. Nel 523 era succeduto a<br />

Trasamondo sul trono dei vandali il cug<strong>in</strong>o Ilderico, nipote per parte di madre<br />

dell’Imperatore Valent<strong>in</strong>iano III. Ilderico non nascondeva le sue simpatie romane<br />

e cattoliche, e questo suscitò fra i barbari ariani un forte risentimento contro di<br />

lui che presto sfociò <strong>in</strong> rivolta aperta. La sollevazione fu domata e Amalafrida, la<br />

vedova di Trasamondo e sorella di Teodorico che l’aveva fomentata venne imprigionata<br />

e poi assass<strong>in</strong>ata. Questo fatto suscitò negli Ostrogoti d’Italia grandissimo<br />

sdegno verso i Vandali, cosa che tornò a tutto vantaggio di Giust<strong>in</strong>iano.<br />

Nel 531 i Vandali deposero Ilderico e misero sul trono Gelimero, uomo bellicoso<br />

e di tutt’altri sentimenti. Giust<strong>in</strong>iano <strong>in</strong>tervenne col pretesto di difendere il<br />

410


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 411<br />

CAPIRE DANIELE<br />

diritto legittimo e i sentimenti romani e cattolici del deposto Ilderico. Una grande<br />

flotta salpò da Costant<strong>in</strong>opoli nel 533 e dopo una sosta a Catania sbarcò <strong>in</strong><br />

Africa, a 9 giorni di marcia da Cartag<strong>in</strong>e, un esercito di 10.000 fanti e 5.000 cavalieri,<br />

tutti agli ord<strong>in</strong>i del valoroso generale Belisario.<br />

“Belisario - dice P.Villari - si presentò <strong>in</strong> Africa non come un conquistatore,<br />

ma come un liberatore dei cattolici, dei Romani, del clero e dei proprietari, tutti<br />

ugualmente oppressi dai Vandali, eretici, stranieri e barbari” (op. cit., p. 184).<br />

La prima battaglia, il 13 settembre 533, fu v<strong>in</strong>ta dagli imperiali nonostante la<br />

loro <strong>in</strong>feriorità numerica. Due giorni dopo Belisario entrava trionfalmente a Cartag<strong>in</strong>e.<br />

Ritiratosi <strong>in</strong> Numidia, Gelimero contrattaccò poco tempo dopo ma perse<br />

anche stavolta. L’anno seguente si arrese e fu trattato da Belisario con umanità.<br />

“Il risultato più notevole di questa guerra - osserva il Villari - fu che i vandali,<br />

dopo avere portato tanto terrore, tante rov<strong>in</strong>e nell’Impero, scomparvero affatto<br />

dalla storia, senza che più se ne sentisse parlare” (op. cit., p. 185).<br />

Molti vandali furono deportati, altri <strong>in</strong>corporati nell’esercito bizant<strong>in</strong>o; quelli<br />

che rimasero <strong>in</strong> Africa ebbero confiscati i beni, furono cacciati dalle loro chiese,<br />

imprigionati o resi schiavi. Quando Belisario fece ritorno a Costant<strong>in</strong>opoli fra le<br />

spoglie che furono fatte sfilare dietro i prigionieri figuravano gli arredi del tempio<br />

di Gerusalemme che Tito aveva portato a Roma nel 70 e Genserico da Roma<br />

aveva portato Cartag<strong>in</strong>e nel 455.<br />

h) L’assass<strong>in</strong>io di Amalasunta nel 535 offrì a Giust<strong>in</strong>iano l’occasione per <strong>in</strong>tervenire<br />

<strong>in</strong> Italia dato che egli aveva preso sotto la sua protezione la reg<strong>in</strong>a<br />

ostrogota. Nel 535 Belisario sbarcò <strong>in</strong> Sicilia con un esercito di 7.500 uom<strong>in</strong>i e <strong>in</strong><br />

7 mesi l’isola fu riconquistata all’Impero. Come <strong>in</strong> Africa, il generale bizant<strong>in</strong>o si<br />

presentò anche alle genti italiche quale liberatore dalla tirannia dei barbari e<br />

dalla persecuzione ariana, sicché ebbe subito il favore e la cooperazione dei Romani.<br />

Un suo imprevisto e rapido ritorno <strong>in</strong> Africa per sedare una rivolta non<br />

compromise l’esito della guerra <strong>in</strong> Italia.<br />

Gli imperiali avanzarono <strong>in</strong> Italia senza quasi <strong>in</strong>contrare resistenza: Napoli<br />

soltanto tenne duro, ma essendo alcuni uom<strong>in</strong>i di Belisario penetrati nella città<br />

attraverso gli acquedotti e avendone aperte le porte, essa fu presa senza colpo<br />

ferire. In tutto questo tempo Teodato non si mosse. La sua gente, al colmo<br />

dell’<strong>in</strong>dignazione, lo depose ed elesse <strong>in</strong> sua vece Vitige, uomo di tutt’altra tempra.<br />

Lasciata <strong>in</strong> Roma una modesta guarnigione, Vitige si ritirò <strong>in</strong> Ravenna per<br />

radunare le sue forze. Venne a patti coi Franchi, che Giust<strong>in</strong>iano aveva cercato<br />

di muovergli contro, cedendo ad essi la Gallia Narbonese.<br />

Fra il 9 e il 10 dicembre 536 Belisario entrava <strong>in</strong> Roma per una delle sue<br />

porte mentre da un’altra usciva la piccola guarnigione dei goti. Roma tornava<br />

all’Impero dopo un sessantennio di dom<strong>in</strong>io barbarico.<br />

Nel 537 Vitige mosse da Ravenna alla volta di Roma con un esercito di<br />

150.000 uom<strong>in</strong>i. Belisario, che vi aveva lasciato una piccola guarnigione, corse <strong>in</strong><br />

aiuto della città. Con un assalto veemente gli imperiali fecero retrocedere i goti,<br />

ma poi essi stessi dovettero retrocedere f<strong>in</strong> sotto le mura di Roma. Era già buio e<br />

le porte restarono chiuse per timore che con gli amici entrassero anche i nemici.<br />

411


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 412<br />

NOTE STORICHE<br />

Belisario allora, raccolti <strong>in</strong>torno a sé i suoi, sferrò un assalto talmente impetuoso<br />

che i goti, credendo che gli imperiali avessero ricevuto r<strong>in</strong>forzi, si ritirarono. Così<br />

Belisario poté entrare nella città alla testa dei suoi.<br />

I goti tornarono e circondarono Roma (erano i primi di maggio 537). Reiterati<br />

assalti di Vitige furono resp<strong>in</strong>ti dai difensori. In uno di questi attacchi gli imperiali<br />

gettarono sui goti che si erano ammassati sotto il mausoleo di Adriano<br />

(oggi Castel Sant’Angelo) f<strong>in</strong>anche le statue che divelsero dal monumento, facendo<br />

strage di nemici sì che i goti dovettero desistere dal proseguire l’assalto.<br />

Nella città assediata <strong>in</strong>tanto la situazione si faceva sempre più drammatica per la<br />

mancanza di cibo. Belisario vi rimediò <strong>in</strong> qualche modo: distogliendo gli assedianti<br />

da un settore delle mura con f<strong>in</strong>ti attacchi <strong>in</strong> altri settori, poté fare entrare<br />

nella città r<strong>in</strong>forzi e vettovaglie, e questo a diverse riprese. In una di queste occasioni<br />

entrò <strong>in</strong> Roma Anton<strong>in</strong>a, l’energica moglie del generale bizant<strong>in</strong>o. Pare<br />

che fosse venuta anche per dare attuazione alla volontà dell’Imperatrice Teodora<br />

di deporre papa Silverio a lei <strong>in</strong>viso e fare leggere <strong>in</strong> sua vece il diacono Vigilio,<br />

<strong>in</strong>cl<strong>in</strong>e a favorire i Monofisiti che l’Imperatrice aveva preso sotto la sua protezione.<br />

Belisario depose Silverio con l’accusa di volere consegnare la città ai goti<br />

e fece eleggere Vigilio (537).<br />

Silverio morì esule nell’isola di Palmarola, presso Ponza il 21 giugno 538.<br />

Frattanto fra i goti schierati sotto le mura di Roma si manifestavano segni di stanchezza<br />

per il lungo e vano assedio. Vitige avanzò proposte di pace, ma Belisario<br />

le resp<strong>in</strong>se. Allora chiese e ottenne una tregua di tre mesi, che gli imperiali sfruttarono<br />

a loro vantaggio. Vitige tentò un colpo di mano per entrare nella città, ma<br />

venne resp<strong>in</strong>to. Inoltre un corpo di spedizione bizant<strong>in</strong>o agli ord<strong>in</strong>i del capitano<br />

Giovanni si dette a devastare il Piceno abitato dai goti e prese Rim<strong>in</strong>i costr<strong>in</strong>gendo<br />

la guarnigione ostrogota a r<strong>in</strong>chiudersi <strong>in</strong> Ravenna. Giovanni poi si avviò<br />

verso Roma per prendere alle spalle gli assedianti. Sgomenti per i rovesci subiti<br />

e per l’avanzare degli imperiali dal nord, i goti <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e tolsero l’assedio e si ritirarono.<br />

Era il 12 marzo 538. I barbari erano stati sconfitti e i romani poterono celebrare<br />

la vittoria. “Belisario scriveva a Costant<strong>in</strong>opoli che era veramente un miracolo<br />

l’aver potuto con un esercito di 5.000 uom<strong>in</strong>i resistere vittoriosamente a<br />

150.000” (Villari).<br />

I bizant<strong>in</strong>i non dettero tregua ai goti <strong>in</strong> ritirata. Li assalirono mentre attraversavano<br />

il Tevere creando grande scompiglio tra le loro file sì che molti morirono<br />

affogati. Al Passo del Furlo, sugli Appenn<strong>in</strong>i, li impegnarono ancora <strong>in</strong> combattimento<br />

e li v<strong>in</strong>sero. I superstiti disertarono e si unirono ai v<strong>in</strong>citori. L’esercito di<br />

Vitige si assottigliò del cont<strong>in</strong>uo, e sebbene i goti occupassero ancora numerose<br />

città nell’Italia centrale, il loro potere andò decl<strong>in</strong>ando. Ridotti a doversi difendere<br />

dagli attacchi cont<strong>in</strong>ui dei bizant<strong>in</strong>i, non furono più <strong>in</strong> grado di spadroneggiare<br />

quasi <strong>in</strong>contrastati <strong>in</strong> Italia come ai tempi di Teodorico, per quanto <strong>in</strong> seguito<br />

riuscissero ancora a cogliere qualche sporadico successo militare. La fase<br />

più <strong>in</strong>cisiva del loro dom<strong>in</strong>io <strong>in</strong> Italia era f<strong>in</strong>ita con la sconfitta sotto le mura di<br />

Roma il 12 marzo 538.<br />

i) Le operazioni militari dei Bizant<strong>in</strong>i nell’Italia centrale sarebbero proseguite<br />

con più celerità se l’Imperatore non avesse tolto a Belisario l’unità di co-<br />

412


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 413<br />

CAPIRE DANIELE<br />

mando. Geloso per i successi del generale, Giust<strong>in</strong>iano nel 539 spedì <strong>in</strong> Italia<br />

Narsete con l’<strong>in</strong>carico di dividere il comando con Belisario. Vitige approfittò<br />

della discordia fra i due generali per rialzare la testa. Rafforzò le sue posizioni <strong>in</strong><br />

Liguria e fece occupare e radere al suolo Milano i cui 300.000 abitanti furono trucidati.<br />

Intanto Teudiberto re dei Franchi faceva scendere <strong>in</strong> Italia <strong>in</strong> aiuto degli<br />

Ostrogoti 10.000 Burgundi che si dettero a razziare il paese. Giust<strong>in</strong>iano, conscio<br />

delle conseguenze disastrose della sua decisione, richiamò a Costant<strong>in</strong>opoli<br />

Narsete e l’unità di comandò <strong>in</strong> Italia fu riprist<strong>in</strong>ata.<br />

Ma i guai non erano f<strong>in</strong>iti per i romani. Centomila franchi scesero dalle Alpi<br />

con alla testa il loro re Teudiberto, con l’apparente <strong>in</strong>tenzione di venire <strong>in</strong> aiuto<br />

dei goti. In realtà gli <strong>in</strong>vasori si dettero a saccheggiare Pavia, qu<strong>in</strong>di si gettarono<br />

addosso ai goti stessi che si videro obbligati a ritirarsi <strong>in</strong> Ravenna. Anche gli imperiali<br />

si ritirarono verso le Marche dove Belisario assediava Osimo. Per buona<br />

ventura dei romani una tremenda epidemia diffusasi tra i franchi fece tale strage<br />

di barbari che i superstiti si ritirarono al di là delle Alpi (539). Gli imperiali allora<br />

posero l’assedio alla capitale dei goti mentre da ogni parte aumentavano le loro<br />

diserzioni. Nella primavera del 540 Belisario alla testa dei suoi soldati entrò <strong>in</strong><br />

Ravenna che da quel momento divenne bizant<strong>in</strong>a e tale rimase per 212 anni,<br />

cioè f<strong>in</strong>chè i Longobardi non la tolsero ai Bizant<strong>in</strong>i nel 752.<br />

Se il 538 vide la liberazione di Roma dalla morsa <strong>in</strong> cui l’avevano stretta gli<br />

ostrogoti, <strong>in</strong> quell’anno si videro pure le conseguenze catastrofiche della lunga<br />

guerra tra i bizant<strong>in</strong>i e i goti. Quattro anni di lotte cont<strong>in</strong>ue avevavno ridotto<br />

l’Italia <strong>in</strong> uno stato di desolazione al di là di ogni immag<strong>in</strong>azione. Da due anni i<br />

campi erano <strong>in</strong> uno stato di completo abbandono. In Toscana gli abitanti fuggirono<br />

ai monti e si nutrirono di ghiande. Nel Piceno 50.000 contad<strong>in</strong>i morirono di<br />

stenti. I corpi di quegli sventurati erano ridotti <strong>in</strong> tale stato che dopo la morte gli<br />

uccelli predatori rifiutarono di cibarsene.<br />

Gli anni che seguirono il 538 furono segnati non solo da <strong>in</strong>dicibili calamità,<br />

ma anche da un risveglio del sentimento religioso. In quegli anni nell’Occidente<br />

si diffuse straord<strong>in</strong>ariamente il monachesimo. Nel 539 Cassiodoro fondò a Vivarium,<br />

presso Squillace (<strong>in</strong> Calabria) un monastero che divenne un centro di cultura<br />

oltre che di vita mistica, sul modello del monastero di Montecass<strong>in</strong>o fondato<br />

da Bendetto Da Norcia dieci anni prima.<br />

l) Nel 540 Belisario tornò a Costant<strong>in</strong>opoli alla testa dei suoi soldati: portava<br />

con sé il tesoro dei Goti e lo stesso Vitige fra altri prigionieri. La gelosia di Giust<strong>in</strong>iano<br />

però lo relegò sempre di più nell’ombra.<br />

Partito Belisario, le sorti dei goti <strong>in</strong> Italia com<strong>in</strong>ciarono a risollevarsi. Ildibaldo<br />

riuscì a impadronirsi di buona parte dell’Italia del nord, ma nel 541 venne<br />

ucciso. I goti allora elessero a loro capo Totila, uno dei più valorosi capitani<br />

ostrogoti, dotato anche di non comune capacità strategica e politica.<br />

Mentre i bizant<strong>in</strong>i per sostentarsi spogliavano le popolazioni e favorivano i<br />

latifondisti, suscitando sdegno fra il popolo, Totila al contrario lasciava <strong>in</strong> pace il<br />

popolo e appesantiva la mano sui latifondisti: “s’impadroniva delle loro rendite -<br />

dice il Villari - e anche di quelle della Chiesa, che era già f<strong>in</strong> da allora uno dei<br />

413


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 414<br />

NOTE STORICHE<br />

pr<strong>in</strong>cipali latifondisti, e che perciò fu a lui doppiamente avversa, essendo i goti<br />

di religione ariana” (op. cit., p. 219).<br />

Con soli 5.000 uom<strong>in</strong>i Totila battè al di là del Po l’esercito bizant<strong>in</strong>o forte di<br />

12.000 uom<strong>in</strong>i e marciò verso l’Italia centrale e meridionale. Nel 543 occupò Napoli<br />

e si affrettò ad assediare Roma. L’anno seguente Giust<strong>in</strong>iano rimandò <strong>in</strong> Italia<br />

Belisario che però non aveva più né l’energia né gli uom<strong>in</strong>i di una volta. Il<br />

generale andò a Ravenna con la vana speranza di raccogliere uom<strong>in</strong>i per rafforzare<br />

il suo esercito. Frattanto Totila occupò diverse città nell’Italia centrale tagliando<br />

le comunicazioni fra città nell’Italia centrale tagliando le comunicazioni<br />

fra Roma e Ravenna; qu<strong>in</strong>di pose l’assedio alla “Città eterna”.<br />

Giovanni assalì i goti sparsi nell’Italia meridionale occupando la regione,<br />

mentre Belisario, <strong>in</strong> marcia verso Roma, avendo avuto sentore di una grave disfatta<br />

dei Bizant<strong>in</strong>i presso Ostia, si perse d’animo e desistette dal proseguire.<br />

Così i goti il 17 dicembre 546 entrarono <strong>in</strong> Roma mentre la guarnigione bizant<strong>in</strong>a<br />

e una gran parte dei cittad<strong>in</strong>i l’abbandonavano <strong>in</strong> preda al panico. Totila poteva<br />

dire ai suoi che se all’<strong>in</strong>izio della guerra 200.000 goti erano stati battuti da 7.000<br />

bizant<strong>in</strong>i, adesso 20.000 Bizant<strong>in</strong>i erano stati v<strong>in</strong>ti “dai deboli e disprezzati avanzi<br />

dei goti”.<br />

L’Ostrogoto vittorioso fece pervenire a Costant<strong>in</strong>opoli proposte di pace m<strong>in</strong>acciando<br />

la distruzione di Roma se fossero state resp<strong>in</strong>te. Giust<strong>in</strong>iano non rispose<br />

lasciando che decidessero le armi. Totila, costretto a marciare verso il sud<br />

per togliere ai bizant<strong>in</strong>i le terre che essi occupavano, e non avendo abbastanza<br />

uom<strong>in</strong>i per lasciare <strong>in</strong> Roma una guarnigione sufficiente, decise di radere al<br />

suolo la città. I goti già demolivano le mura quando giunse una lettera di Belisario<br />

che impressionò profondamente il barbaro. “Non sai tu - gli scriveva il generale<br />

bizant<strong>in</strong>o - che le <strong>in</strong>giustizie fatte a Roma sono <strong>in</strong>giustizie ai trapassati, ai<br />

posteri, sono una vera profanazione ? Vuoi tu rimanere nella storia come il distruttore<br />

piuttosto che come il preservarore della più grande e magnifica città del<br />

mondo ?” Era ancora tale il fasc<strong>in</strong>o che la “Città eterna” esercitava sui barbari che<br />

il distruggerla dovette apparire agli occhi dei goti un delitto imperdonabile.<br />

Totila smise di demolire e partì per il sud, non senza avere prima ord<strong>in</strong>ato<br />

a tutti gli abitanti di abbandonare la città. Roma rimase deserta e desolata per<br />

qualche tempo, f<strong>in</strong>chè Belisario non la ebbe rioccupata. Avutane notizia Totila<br />

fece dietro front e marciò <strong>in</strong> fretta verso Roma: tre volte sferrò l’assalto, sempre<br />

resp<strong>in</strong>to dagli imperiali; <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e si ritirò a Tivoli. Era l’anno 547. Ora i bizant<strong>in</strong>i<br />

erano <strong>in</strong> possesso delle due capitali, Roma e Ravenna.<br />

Due anni dopo Belisario, abbandonato dall’Imperatore, dovette far ritorno a<br />

Costant<strong>in</strong>opoli e quivi, dopo essersi ancora dist<strong>in</strong>to combattendo contro gli<br />

Unni, morì nel 565.<br />

Nel 551 Giust<strong>in</strong>iano affidò a Narsete l’<strong>in</strong>carico di proseguire la guerra contro<br />

gli Ostrogoti <strong>in</strong> Italia. Con un esercito <strong>formato</strong> da bizant<strong>in</strong>i, traci, illirici e pers<strong>in</strong>o<br />

barbari (longobardi, eruli, gepidi e unni) Narsete percorse la Dalmazia, entrò<br />

<strong>in</strong> Italia da est e giunse senza difficoltà a Ravenna. Da lì, varcato l’Appenn<strong>in</strong>o,<br />

penetrò nell’Umbria e presso Tod<strong>in</strong>o (oggi Gualdo Tad<strong>in</strong>o) impegnò <strong>in</strong><br />

battaglia i goti e <strong>in</strong>flisse loro una severa sconfitta. Totila, che accorse da presso<br />

414


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 415<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Roma, rimase ucciso <strong>in</strong> combattimento (552). I goti sconfitti si raccolsero a Pavia<br />

e ivi elessero loro re Teja che si era dist<strong>in</strong>to combattendo valorosamente contro i<br />

bizant<strong>in</strong>i.<br />

Intanto Narsete, giunto sotto le mura di Roma occupata dai goti, con uno<br />

stratagemma si impadronì rapidamente della città costr<strong>in</strong>gendo i barbari alla fuga<br />

o alla resa. Teja attraversò l’Appenn<strong>in</strong>o per congiungersi con i goti del Sud, ma<br />

Narsete lo raggiunse a Nocera, presso Napoli, e lo costr<strong>in</strong>se ad accettare battaglia.<br />

I goti combatterono disperatamente ma furono sopraffatti dai bizant<strong>in</strong>i. Teja<br />

rimase ucciso con molti dei suoi, i superstiti si arresero. Era l’anno 553.<br />

Molti Ostrogoti riattraversarono le Alpi e tornarono ai luoghi d’orig<strong>in</strong>e, altri<br />

si sparsero per l’Italia e si confusero con le popolazioni <strong>in</strong>digene, altri ancora si<br />

r<strong>in</strong>chiusero <strong>in</strong> varie città fortificate e alla f<strong>in</strong>e si arresero.<br />

“Così - scrive il Villari - ebbe f<strong>in</strong>e la guerra greco-gota, durata vent’anni, che<br />

ridusse l’Italia all’estrema rov<strong>in</strong>a. Il regno degli Ostrogoti , durato sessantaquattro<br />

anni, fu distrutto per sempre, ed essi, come popolo, scomparvero affatto al pari<br />

dei Vandali, quasi un esercito di ventura che si fosse disciolto” (op. cit., p. 246).<br />

m) Giust<strong>in</strong>iano <strong>in</strong> vecchiaia si dedicò più ai problemi religiosi che alla conduzione<br />

dello Stato. L’<strong>in</strong>teresse per le questioni teologiche che lo aveva sempre<br />

contraddist<strong>in</strong>to divenne quasi una mania religiosa che lo distolse dalle cure temporali.<br />

“Aveva l’ambizione di essere il sostenitore della vera fede, il restauratore<br />

dell’unità non solo dell’Impero, ma anche della Chiesa” (P.Villari).<br />

Avvenne che nelle dottr<strong>in</strong>e di tre vescovi orientali che il IV Concilio di Caledonia<br />

nel 451 aveva approvato, furono scoperte tracce di eresia. I tre punti<br />

controversi (i Tre Capitoli) attrassero l’attenzione di Giust<strong>in</strong>iano che volle avere<br />

la gloria di correggerli. Così anatemizzò i Tre Capitoli e <strong>in</strong>vitò i Monofisiti, ancora<br />

numerosi <strong>in</strong> Oriente, ad aderire alla vera dottr<strong>in</strong>a da lui esposta. La sua <strong>in</strong>iziativa<br />

non ebbe favorevole accoglienza presso i Monofisiti e suscitò fiera opposizione<br />

contro di lui <strong>in</strong> Occidente, dove il suo decreto fu visto come un’offesa<br />

all’autorità del Concilio e del Pontefice stesso. Vigilio, fatto venire a Costant<strong>in</strong>opoli,<br />

cedette alle pressioni di Giust<strong>in</strong>iano e condannò i Tre Capitoli (548) suscitando<br />

un vespaio <strong>in</strong> Occidente. Impressionato, mutò atteggiamento e si mise<br />

contro l’Imperatore, ma alla f<strong>in</strong>e, nel 554, stanco e malato, cedette ancora e r<strong>in</strong>novò<br />

la condanna dei Tre Capitoli.<br />

“Pur tali erano allora la potenza della Chiesa e l’autorità dei Papi - osserva il<br />

Villari - che anche <strong>in</strong> questi anni di debolezza e di patite violenze, si ottennero<br />

per essa dall’Impero nuove e notevoli concessioni” (op. cit., p. 234).<br />

Nel 554 Giust<strong>in</strong>iano, su istanza di Papa Vigilio, pubblicò la Prammatica<br />

Sanzione che estendeva all’Italia la legislazione imperiale (Corpus Juris Civilis).<br />

La Prammatica Sanzione “accrebbe il potere temporale dei Vescovi concedendo<br />

loro il protettorato sul popolo, la giurisdizione civile ord<strong>in</strong>aria sul clero e la vigilanza<br />

sui magistrati” (Enciclopedia Universale De Agost<strong>in</strong>i, p. 963).<br />

Nota ancora il Villari: “Di certo tutte queste concessioni erano fatte ai Vescovi<br />

come ufficiali dipendenti dall’Impero. Ma la Chiesa le accettava senza discutere,<br />

e quando l’autorità dell’Impero com<strong>in</strong>ciò a decadere, ed essa poté sem-<br />

415


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 416<br />

NOTE STORICHE<br />

pre più affermare la propria <strong>in</strong>dipendenza spirituale, una eguale <strong>in</strong>dipendenza si<br />

estese naturalmente anche all’esercizio di quelle temporali che, senza riflettere<br />

alle <strong>in</strong>evitabili conseguenze, le erano state concesse. L’Impero aveva dato alla<br />

Chiesa le armi con le quali essa doveva poi combatterlo” (op. cit., pp. 234, 235).<br />

Giust<strong>in</strong>iano, l’artefice di grandi realizzazioni, ma anche il responsabile di<br />

scelte e decisioni che, specie <strong>in</strong> Italia, ebbero gravi conseguenze, morì ottantatreenne<br />

nel 565.<br />

8. I REGNI DEI LONGOBARDI E DEI FRANCHI -<br />

IL PAPATO TRA L’IMPERO E<br />

I LONGOBARDI E TRA I LONGOBARDI E I FRANCHI<br />

a) Nel 568 - tre anni dopo la morte di Giust<strong>in</strong>iano - i Longobardi, dopo varie<br />

migrazioni, dalla Pannonia varcarono le Alpi sotto la guida del re Albo<strong>in</strong>o e<br />

dilagarono nella pianura padana. Conquistata Milano nel 569, assediarono Pavia<br />

che cadde nelle loro mani tre anni dopo (la città divenne poi capitale del regno<br />

longobardo). Nel 572 Albo<strong>in</strong>o perì per mano della moglie Rosmunda e l’anno<br />

seguente i Longobardi elessero loro re Clefi, duca di Bergamo.<br />

Intanto l’esercito, forte di 35.000 uom<strong>in</strong>i, proseguì la conquista progressiva<br />

della penisola, term<strong>in</strong>ata la quale rimasero ai Bizant<strong>in</strong>i soltanto la Liguria, la Pentapoli<br />

(Rim<strong>in</strong>i, Pesaro, Fano, Senigallia, Ancona), l’Esarcato (che comprendeva,<br />

oltre a Ravenna, Ferrara, Bologna e Adria), i ducati di Roma e di Napoli, la Puglia<br />

e la Calabria.<br />

Nei territori conquistati i Longobardi crearono numerosi ducati che di più <strong>in</strong><br />

più tesero all’autonomia (dopo il 650 erano quasi <strong>in</strong>dipendenti i ducati di<br />

Trento, Tuscia, Spoleto e Benevento).<br />

Alla morte di Clefi avvenuta nel 575 seguì un decennio di eclisse del potere<br />

centrale, avendo i duchi evitato di eleggere un successore per rafforzare la loro<br />

autonomia. La m<strong>in</strong>accia dei Bizant<strong>in</strong>i, che si erano frattanto alleati coi Franchi, li<br />

<strong>in</strong>dusse nel 585 a riprist<strong>in</strong>are il potere centrale con l’elevazione al trono di Autari,<br />

figlio di Clefi.<br />

Autari aveva sposato la cattolica Teodol<strong>in</strong>da, figlia del duca di Baviera legato<br />

ai Franchi. Autari è riconosciuto dagli storici come uno dei pr<strong>in</strong>cipali fondatori<br />

del regno dei Longobardi.<br />

Ad Autari, morto nel 590, succedette Agigulfo, duca di Tor<strong>in</strong>o, che sposò la<br />

sua vedova. Sovrano valoroso e prudente, Agigulfo subì la volontà del Pontefice<br />

esercitata per mezzo della moglie Teodol<strong>in</strong>da. Col concorso di papa Gregorio I<br />

Magno (590-604) Teodol<strong>in</strong>da ottenne la conversione al cattolicesimo della corte<br />

e di gran parte dei Longobardi.<br />

Ad Autari, morto nel 590, succedette Agigulfo, duca di Tor<strong>in</strong>o, che sposò la<br />

sua vedova. Sovrano valoroso e prudente, Agigulfo subì la volontà del Pontefice<br />

esercitata per mezzo della moglie Teodol<strong>in</strong>da. Col concorso di papa Gregorio I<br />

Magno (590-604) Teodol<strong>in</strong>da ottenne la conversione al cattolicesimo della corte<br />

e di gran parte dei longobardi.<br />

416


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 417<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Alla morte di Agilulfo nel 616, seguì una lunga reggenza della reg<strong>in</strong>a Teodol<strong>in</strong>da,<br />

data la giovane età del figlio Adaloaldo. La diffusione del cattolicesimo<br />

tra le loro file aveva fatto nascere la discordia fra i Longobardi, e una sollevazione<br />

popolare costr<strong>in</strong>se Adaloaldo, di fede cattolica, a fuggire a Ravenna.<br />

Nel 628 morì Teodol<strong>in</strong>da e il genero di lei, Ariovaldo, assunse la regalità e<br />

la mantenne f<strong>in</strong>o alla morte avvenuta 8 anni dopo. La vedova di Ariovaldo, Gundeberga,<br />

figlia di Teodol<strong>in</strong>da, divenne sposa di Rotari, il successore del re defunto.<br />

Salito al trono nel 636, Rotari regnò con prudenza e si segnalò per avere<br />

dato al suo popolo una legislazione basata fondamentalmente sulle antiche consuetud<strong>in</strong>i<br />

giuridiche germaniche (Rotari fu il primo legislatore dei Longobardi).<br />

Alla morte di Rotari, avvenuta nel 652, seguì un periodo di disord<strong>in</strong>i e quasi<br />

anarchia durante il quale i duchi tentarono di sottrarsi all’autorità regia. In questo<br />

sessantennio si succedettero sul trono dei Longobardi undici re, tutti di scarso rilievo.<br />

Nel 712 fu elevato al trono Liutprando, figlio di Ansprando, l’ultimo dei re<br />

longobardi <strong>in</strong>significanti. Con Liutprando il regno longobardo pervenne al massimo<br />

splendore. Approfittando della vivace reazione provocata <strong>in</strong> Italia da un<br />

editto dell’Imperatore Leone III Isaurico (717-741) contro il culto delle immag<strong>in</strong>i<br />

(lotta iconoclastica), Liutprando nel 726 occupò l’Esarcato e la Pentapoli, sconfisse<br />

i duchi di Spoleto e di Benevento che parteggiavano per i Bizant<strong>in</strong>i e si<br />

sp<strong>in</strong>se f<strong>in</strong>o al ducato di Roma. Papa Gregorio III (715-731), di fatto signore di<br />

Roma, lo conv<strong>in</strong>se a sospendere il conflitto con l’Imperatore e a ritirarsi dal ducato.<br />

Venuto a patti col Pontefice, Liutprando nel 728 fece dono al “beato Apostolo<br />

San Pietro” (cioè al Papa) del Castello di Sutri che gli storici considerano il<br />

primo nucleo del futuro Stato della Chiesa. Alleato del franco Carlo Martello,<br />

Liutprando nel 737-738 combatté al suo fianco contro gli Arabi.<br />

b) L’unità dei Franchi era stata realizzata da Clodoveo fra il 486 e il 507; con<br />

lui era com<strong>in</strong>ciata la d<strong>in</strong>astia dei Merov<strong>in</strong>gi. La conversione alla fede cattolica<br />

aveva procurato a Clodoveo l’appoggio dell’episcopato, allora già assai <strong>in</strong>fluente<br />

nella Gallia, e questo gli era valso almeno quanto il valore delle armi, se non<br />

più, per conseguire i successi politici e militari che dettero lustro al suo nome.<br />

Alla conversione di Clodoveo fece seguito quella dei Franchi, la prima nazione<br />

germanica che avesse abbracciato la fede cattolica (gli altri gruppi germanici<br />

divennero <strong>in</strong>vece ariani via via che si <strong>in</strong>sediarono nei territori dell’ex Impero<br />

lat<strong>in</strong>o). Morto Clodoveo nel 511, il regno fu spartito fra i suoi quattro figli, l’ultimo<br />

dei quali, Clotario, sopravvissuto ai fratelli e ai nipoti, riunì nelle sue mani<br />

tutti i domìni paterni. Alla morte di Clotario nel 514, il regno fu di nuovo diviso<br />

fra i quattro figli del re defunto. Seguì un periodo di lotte fratricide per la conquista<br />

dell’<strong>in</strong>tera eredità di Clodoveo, lotte che term<strong>in</strong>arono con l’affermazione<br />

di un nipote di Clotario, Clotario II (617-629).<br />

Il figlio di Clotario II, Dagoberto I (629-639), fu l’ultimo degno successore di<br />

Clodoveo sul trono dei Merov<strong>in</strong>gi. Durante il suo governo la d<strong>in</strong>astia conobbe i<br />

tempi più floridi.<br />

Con la morte di Dagoberto nel 639 com<strong>in</strong>ciò per la d<strong>in</strong>astia franca un pe-<br />

417


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 418<br />

NOTE STORICHE<br />

riodo di decl<strong>in</strong>o dovuto all’<strong>in</strong>ettitud<strong>in</strong>e dei regnanti che gli succedettero. La storia<br />

ha bollato col titolo poco lus<strong>in</strong>ghiero di “re fannulloni” (rois fénéants) gli ultimi<br />

d<strong>in</strong>asti merov<strong>in</strong>gi. Il vuoto di potere <strong>in</strong> questo periodo sempre più fu occupato<br />

dai capi dell’aristocrazia franca che ricoprirono nelle maggiori prov<strong>in</strong>ce del<br />

regno l’ufficio di maestri di palazzo o maggiordomi.<br />

Dopo il 683 emerse Pip<strong>in</strong>o di Heristal, maestro di palazzo di Neustria, una<br />

delle grandi prov<strong>in</strong>ce del regno franco. Sebbene Pip<strong>in</strong>o riconoscesse <strong>in</strong> teoria il<br />

diritto d<strong>in</strong>astico dei re merov<strong>in</strong>gi, di fatto si fece padrone di tutto il regno.<br />

Alla morte di Pip<strong>in</strong>o di Heristal, avvenuta nel 714, dopo un periodo di disord<strong>in</strong>i<br />

e lotte per la successione, l’eredità fu raccolta dal figlio naturale di lui,<br />

Carlo Martello.<br />

Noto alla storia per avere favorito il nascere del Feudalesimo <strong>in</strong> seno all’aristocrazia<br />

franca, Carlo Martello fu soprattutto un valoroso uomo d’armi. Condusse<br />

una serie di fortunate operazioni militari, fra le quali rimase celebre nella<br />

storia la vittoriosa battaglia di Poitiers nel 732 che arrestò l’avanzata degli Arabi<br />

verso il cuore dell’Europa.<br />

A Carlo Martello si appellò papa Gregorio III nel 739 sollecitandone l’aiuto<br />

per far fronte alle m<strong>in</strong>acce del longobardo Liutprando. Ma l’appello del Pontefice<br />

<strong>in</strong> quel frangente non fu raccolto dal re franco che aveva bisogno dell’alleato<br />

longobardo nella lotta contro gli Arabi (vedi sopra).<br />

Alla morte di Carlo Martello nel 741 i due figli di lui, Carlomanno e Pip<strong>in</strong>o<br />

detto il Breve, ereditarono ambedue il titolo e i poteri di maggiordomo d’Austrasia,<br />

un’altra grande prov<strong>in</strong>cia del regno franco. Nel 747 Carlomanno lasciò il potere<br />

e abbracciò la vita monastica, sì che Pip<strong>in</strong>o rimase il solo maestro di palazzo<br />

dell’Austrasia. Nel 751 Pip<strong>in</strong>o il Breve chiese e ottenne da papa Zaccaria (741-<br />

752) prima l’assenso alla deposizione di Childerico III, ultimo rappresentante<br />

della d<strong>in</strong>astia merov<strong>in</strong>gia, poi l’<strong>in</strong>coronazione come re dei Franchi. Il Pontefice<br />

nel 754 <strong>in</strong>coronò Pip<strong>in</strong>o e consacrò lui e la sua famiglia facendo <strong>in</strong> pratica dei<br />

suoi discendenti gli eredi al trono dei Franchi e sanzionando di fatto una flagrante<br />

usurpazione.<br />

c) Intanto <strong>in</strong> Italia Liutprando era venuto di nuovo a diverbio col papa e nel<br />

742 aveva occupato Roma. Morì poi a Pavia due anni dopo. Gli succedette il figlio<br />

Ildebrando, subito deposto per <strong>in</strong>ettitud<strong>in</strong>e e sostituito con Rachis, duca del<br />

Friuli. Dopo 5 anni di regno, sopraffatto nella contesa col Papa, Rachis si ritirò<br />

nel monastero di Montecass<strong>in</strong>o e <strong>in</strong> sua vece fu elevato al trono il fratello di lui,<br />

Astolfo (749-756). Astolfo riprese la lotta col papato per il possesso del ducato e<br />

della città di Roma. Nel 752, dopo avere occupato Ravenna ponendo f<strong>in</strong>e<br />

all’Esarcato, Astolfo marciò alla volta di Roma. Papa Stefano II, succeduto a papa<br />

Zaccaria <strong>in</strong> quello stesso anno, ottenne dal Longobardo una pace che questi <strong>in</strong>franse<br />

pochi mesi dopo. Astolfo m<strong>in</strong>acciò di nuovo Roma e il Papa sollecitò<br />

l’Imperatore a <strong>in</strong>tervenire <strong>in</strong> difesa della città e dell’Italia, ma da Costant<strong>in</strong>opoli<br />

non venne alcuna risposta. Stefano II si rivolse allora a Pip<strong>in</strong>o, tanto più che a<br />

lui il re franco doveva la sua <strong>in</strong>coronazione e consacrazione.<br />

Il Pontefice, comunque, tentò ancora di <strong>in</strong>durre Astolfo a restituire all’Im-<br />

418


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 419<br />

CAPIRE DANIELE<br />

pero le terre che aveva <strong>in</strong>debitamente occupato, senza però ottenere alcun risultato.<br />

In realtà Stefano II mirava a ottenere per la Chiesa quelle terre: “... nei suoi<br />

discorsi, nelle sue lettere - dice il Villari - <strong>in</strong>vece di restituzione all’Impero, com<strong>in</strong>ciò<br />

a parlare di restituzione a Roma, a S.Pietro, alla Chiesa” (op. cit., p. 374).<br />

d) Nell’estate del 754, <strong>in</strong> risposta all’appello del Papa, Pip<strong>in</strong>o scese <strong>in</strong> Italia<br />

alla testa di un esercito franco, affrontò i Longobardi e <strong>in</strong>flisse loro una severa<br />

sconfitta; Astolfo, da Pavia dove si era r<strong>in</strong>chiuso, fu costretto a venire a patti col<br />

Re dei Franchi. Il Longobardo s’impegnò a cedere Ravenna e le altre terre occupate.<br />

“Le terre così ottenute vennero da Pip<strong>in</strong>o cedute al Papa, che ormai senza<br />

più esitare cercava di sostituirsi <strong>in</strong> Italia all’Impero” (P.Villari, op. cit., p. 379).<br />

Partito Pip<strong>in</strong>o col suo esercito però Astolfo non mantenne gli impegni assunti,<br />

anzi, alla f<strong>in</strong>e del 755, marciò ancora alla volta di Roma. Papa Stefano si<br />

appellò di nuovo a Pip<strong>in</strong>o e questi nella primavera del 756 venne per la seconda<br />

volta <strong>in</strong> Italia alla testa dell’esercito franco: Astolfo abbandonò subito l’assedio di<br />

Roma e si r<strong>in</strong>chiuse ancora a Pavia.<br />

I Franchi batterono l’esercito longobardo che Astolfo aveva mandato contro<br />

di loro e assediarono Pavia che <strong>in</strong> breve si arrese. Stavolta le condizioni imposte<br />

dal v<strong>in</strong>citore furono assai più dure: pagamento di un’<strong>in</strong>dennità di guerra e di un<br />

tributo annuo, consegna di un maggior numero di città e di nuovi ostaggi. I<br />

Franchi presero <strong>in</strong> consegna le città le cui chiavi “furono <strong>in</strong> Roma consegnate al<br />

Papa <strong>in</strong>sieme con l’atto di donazione a S.Pietro, alla Santa Repubblica romana, e<br />

a tutti i successivi pontefici” (P.Villari, op. cit., p. 380).<br />

e) Pochi mesi dopo Astolfo morì. Suo fratello Rachis uscì dal monastero per<br />

rioccupare il trono, ma Desiderio, duca di Toscana, con generose promesse fatte<br />

al Papa ebbe la meglio. Il Pontefice scrisse a Pip<strong>in</strong>o esaltando i meriti di Desiderio<br />

e le promesse da lui fatte alla Chiesa. “Si trattava adesso, diceva il Papa, di<br />

condurre a compimento la bene <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciata impresa, facendo restituire a S.Pietro<br />

e alla Chiesa anche le terre che prima di Astolfo avevano fatto parte dell’Esarcato<br />

e della Pentapoli...” (ibidem, p. 381).<br />

“È chiaro - osserva ancora il Villari - che ora non si tratta più della pura e<br />

semplice attuazione delle antiche promesse, più o meno generiche, fatte da Pip<strong>in</strong>o,<br />

ma di nuove domande e sempre meglio determ<strong>in</strong>ate. Il Papa chiedeva<br />

l’Esarcato e la Pentapoli nella loro primitiva e assai più vasta estensione; chiedeva<br />

<strong>in</strong>oltre le terre, le proprietà della Chiesa, sparse altrove, che erano state <strong>in</strong>debitamente<br />

occupate dai Longobardi o dai Bizant<strong>in</strong>i” (op. cit., p. 382).<br />

Desiderio però non mantenne tutte le promesse; doveva ancora trascorrere<br />

del tempo prima che le aspirazioni territoriali dei papi si attuassero pienamente.<br />

Intanto “la donazione di Pip<strong>in</strong>o rendeva il capo della Chiesa sovrano temporale”<br />

(op. cit., p. 382).<br />

Pip<strong>in</strong>o il Breve morì nel 768; quanto a Desiderio, egli fu v<strong>in</strong>to e destituito<br />

nel 774 da Carlomagno, figlio e successore unico di Pip<strong>in</strong>o il Breve dopo la<br />

morte del fratello Carlomanno. Con Desiderio tramontò il regno dei Longobardi<br />

<strong>in</strong> Italia. Era durato 202 anni.<br />

419


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 420<br />

NOTE STORICHE<br />

9. ASCESA E DECLINO DEL PAPATO<br />

a) Fu attraverso un processo graduale, avviatosi assai presto nella storia<br />

della Chiesa, che si affermò la supremazia di Roma rispetto alle altre sedi della<br />

cristianità. I primi segni della tendenza di Roma a imporsi quale centro del<br />

mondo cristiano sono r<strong>in</strong>tracciabili già nel II secolo.<br />

Ireneo (c.ca 140-200) e Tertulliano (c.ca 155-225) sostennero l’autorità di<br />

Roma come città apostolica.<br />

Nel III secolo Cipriano (205-258) attribuì all’apostolo Pietro la fondazione<br />

della chiesa di Roma ed espresse l’op<strong>in</strong>ione che pertanto il vescovo di questa<br />

chiesa dovesse essere onorato al di sopra di tutti gli altri vescovi e che i suoi<br />

punti di vista e le sue decisioni dovessero prevalere su quelle degli altri dignitari<br />

della Chiesa.<br />

Nel IV secolo dapprima si pervenne a un’equiparazione delle sedi patriarcali<br />

(Gerusalemme, Antiochia, Alessandria e Roma [Concilio di Nicea, 325]); poi<br />

la sede romana col favore dell’Imperatore Costant<strong>in</strong>o acquistò una posizione<br />

prem<strong>in</strong>ente fra le altre sedi primarie della cristianità.<br />

Da questo momento la Chiesa, se da un lato fu liberata dalle persecuzioni,<br />

dall’altro venne a trovarsi sotto la pesante tutela dello Stato. Scrive lo storico Carl<br />

Gr<strong>in</strong>berg: “Lo Stato mantenne l’unità della Chiesa e la protesse contro le persecuzioni,<br />

ma per contro l’autorità temporale si permise di alienare la primitiva libertà<br />

della Chiesa. Costant<strong>in</strong>o faceva pesare la sua autorità nelle questioni religiose<br />

non meno che negli affari temporali” (Storia Universale, vol. 3, p. 282).<br />

Dal canto suo, la Chiesa cercò di adeguarsi per certi versi alla politica<br />

dell’Impero; per esempio prese a modello la riorganizzazione dell’amm<strong>in</strong>istrazione<br />

politica dell’Impero attuata da Costant<strong>in</strong>o per organizzare la propria amm<strong>in</strong>istrazione<br />

e la stessa gerarchia ecclesiastica.<br />

Intorno al 343 il S<strong>in</strong>odo di Sardica pose sotto la giurisdizione di Roma i vescovi<br />

metropolitani o arcivescovi.<br />

Damaso I (366-384) propugnò l’autorità del vescovo di Roma sulla base<br />

della tradizione riguardo all’apostolo Pietro; nacque il concetto di Sede apostolica<br />

ed ebbe <strong>in</strong>izio l’evoluzione dell’ufficio del vescovo di Roma verso il papato.<br />

L’Imperatore Teodosio I (347-395) riconobbe il vescovo di Roma custode<br />

della vera fede e massima autorità religiosa.<br />

Siricio I (vescovo di Roma dal 384 al 399) fece sentire a tutte le chiese il dovere<br />

di uniformarsi alla condotta della chiesa di Roma e proibì l’ord<strong>in</strong>azione dei<br />

vescovi senza l’autorizzazione della “Sede apostolica”.<br />

Ispirandosi nella forma ai decreti imperiali, Siricio redasse le Costituzioni<br />

pontificie (Decretalia constituta) <strong>in</strong> cui è attestata l’identità del papa e di Pietro<br />

(pare che sia stato il primo vescovo di Roma ad assumere il titolo di papa).<br />

Innocenzo I (402-417) rivendicò, senza riuscire a ottenerla, la giurisdizione<br />

sull’<strong>in</strong>tera cristianità.<br />

b) Leone I Magno (440-461) è considerato il fondatore del primato romano.<br />

Nel 451 papa Leone protestò contro la dichiarazione del Concilio di Calcedonia<br />

420


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 421<br />

CAPIRE DANIELE<br />

sulla parità dei vescovi d’Oriente e d’Occidente (il Patriarca di Costant<strong>in</strong>opoli<br />

mantenne per un certo tempo la supremazia sui vescovi dell’Oriente). Leone I fu<br />

il primo vescovo di Roma ad affermare che il papato discende direttamente<br />

dall’apostolo Pietro. Con l’appoggio dell’Impero si pose al di sopra dei concili e<br />

avocò a sè il diritto di def<strong>in</strong>ire i dogmi della Chiesa e dettare decisioni importanti.<br />

Nel 452 papa Leone acquistò grande prestigio per avere dissuaso a Mantova<br />

il re degli Unni - il terribile Attila - dal saccheggiare Roma. Leone I si proclamò<br />

“primo fra tutti i vescovi” e pretese di esercitare “con piena potestà” la<br />

“cura della Chiesa universale” (vedi E.Meynier, Storia dei Papi, Torre Pellice<br />

1932, p. 62).<br />

Nel 445, sotto il pontificato di questo papa, l’Imperatore Valent<strong>in</strong>iano III<br />

confermò il primato del Vescovo di Roma sull’Occidente. I vescovi romani furono<br />

riconosciuti “vicari di Cristo”.<br />

Gelasio I (498-514) sostenne, <strong>in</strong> una lettera all’Imperatore Anastasio, la subord<strong>in</strong>azione<br />

al Papa dei vescovi e dei sovrani <strong>in</strong> quanto membri della Chiesa<br />

soggetti alla discipl<strong>in</strong>a ecclesiastica.<br />

c) La conversione al cattolicesimo di Clodoveo re dei Franchi <strong>in</strong>torno al 496<br />

(vedi nota 8b), procurò al Pontefice romano un potente alleato. La Francia sarebbe<br />

stata d’ora <strong>in</strong> poi la “figlia primogenita della Chiesa”, una forza secolare<br />

sempre pronta a difendere e mantenere l’autorità papale.<br />

Papa Simmaco (498-514) stabilì che il Pontefice non può essere giudicato<br />

da nessun uomo.<br />

L’Imperatore Giust<strong>in</strong>iano nel 533 scrisse a papa Giovanni II una lettera, <strong>in</strong>corporata<br />

poi nel codice del Corpus Juris Civilis con piena forza di decreto imperiale,<br />

nella quale il papa veniva riconosciuto capo della Chiesa universale. In risposta<br />

Giovanni II si compiacque con l’Imperatore per avere egli mantenuto la<br />

prem<strong>in</strong>enza della Sede romana, riprist<strong>in</strong>ato l’unità della Chiesa, promosso la persecuzione<br />

degli “eretici” (vedi nota 7f).<br />

Papa Gregorio I Magno (590-604) si def<strong>in</strong>ì “Servus servorum Dèi”, da allora<br />

<strong>in</strong> poi titolo ufficiale dei pontefici romani. Gregorio I adattò la dottr<strong>in</strong>a di Agost<strong>in</strong>o<br />

alla concreta azione politica del papato. Fondò di fatto il potere temporale<br />

dei Papi con l’accentrare i fondi della Chiesa romana e gradualmente divenne <strong>in</strong><br />

concreto sovrano temporale della città di Roma. Gregorio I si staccò dall’ambiente<br />

culturale bizant<strong>in</strong>o e si volse ai popoli barbarici dei quali riconobbe l’importanza<br />

(divennero cattolici gli Svevi, i Visigoti e i Longobardi).<br />

Papa Vitaliano (657-672) nel 664 r<strong>in</strong>novò la rivendicazione di supremazia<br />

della sede romana nei confronti della chiesa orientale, supremazia che l’imperatore<br />

Giust<strong>in</strong>iano aveva riconosciuto nel 533 (vedi nota 7e).<br />

Nel 751 papa Zaccaria approvò l’usurpazione del trono dei Franchi ad<br />

opera di Pip<strong>in</strong>o il Breve e consacrò l’usurpatore re dei Franchi a Soissons dopo<br />

avere sciolto i sudditi dal giuramento di fedeltà a Childerico ultimo sovrano merov<strong>in</strong>gio<br />

(vedi nota 8d).<br />

Stefano II (752-757) si staccò da Costant<strong>in</strong>opoli e si legò al regno dei Franchi<br />

(vedi nota 8c). A seguito delle Donazioni di Pip<strong>in</strong>o nel 756 (vedi nota 8d)<br />

421


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 422<br />

NOTE STORICHE<br />

nacque lo Stato della Chiesa. Papa Stefano pretese una sovranità territoriale <strong>in</strong>dipendente,<br />

fondando tale rivendicazione su un presunto documento costant<strong>in</strong>iano<br />

(Donatio Constant<strong>in</strong>i) che avrebbe fatto risalire al primo imperatore cristiano<br />

l’autonomia di Roma nei confronti dell’Impero con la consegna al Papa di<br />

Roma stessa e della parte occidentale dell’Impero. L’umanista e filologo Lorenzo<br />

Valla nel 1440 dimostrò con <strong>in</strong>oppugnabili argomenti filologici la falsità delle cosiddette<br />

Donazioni di Costant<strong>in</strong>o.<br />

Il giorno di Natale dell’anno 800 papa Leone III pose la corona imperiale<br />

sul capo di Carlomagno dichiarandolo “piissimo Augusto, imperatore dei Romani,<br />

<strong>in</strong>coronato da Dio”. I successori di Carlomagno e i sovrani di varie nazioni<br />

europee attribuirono alla consacrazione papale valore di conferimento reale<br />

della dignità imperiale.<br />

d) Fra l’847 e l’852, pontificando Leone IV (847-855), comparvero nella<br />

prov<strong>in</strong>cia ecclesiastica di Reims, <strong>in</strong> Francia, le cosiddette Decretali dello pseudo<br />

Isidoro, documenti apocrifi miranti a consolidare la posizione prem<strong>in</strong>ente dei vescovi<br />

rispetto ai s<strong>in</strong>odi della Chiesa e al potere laico. Sulla base delle Decretali <strong>in</strong><br />

quel tempo fu anche proclamata la supremazia temporale del Pontefice romano<br />

(“Papa caput totius orbis”).<br />

Nella seconda metà del secolo IX, decl<strong>in</strong>ando la potenza dei Carol<strong>in</strong>gi,<br />

papa Nicolò I (858-867), che propugnò il potere temporale della Chiesa, si richiamò<br />

alle Decretali dello pseudo Isidoro (vedi sopra) per accentrare <strong>in</strong> Roma<br />

tutta l’organizzazione amm<strong>in</strong>istrativa della Chiesa.<br />

Nell’875 Carlo il Calvo di Francia ricevette la corona imperiale dalle mani di<br />

papa Giovanni VIII (872-881), senza che si fosse tenuto conto dei diritti del fratello<br />

maggiore Ludovico il Germanico. Oramai “il papato appariva come l’autorità<br />

che poteva disporre della corona e darla a chi riteneva degno e rifiutarla<br />

all’<strong>in</strong>degno” (S.Hellmann, Storia del Medioevo, p. 111).<br />

Fra il IX e il X secolo il papato attraversò un periodo di crisi come riflesso<br />

dell’<strong>in</strong>debolirsi dell’autorità regia. Per un ottantennio (882-963) esso fu alla<br />

mercé dell’aristocrazia romana le cui potenti famiglie si contesero il soglio pontificio.<br />

“Roma dal pr<strong>in</strong>cipio dell’XI secolo si andò sempre più affermando come la<br />

suprema istanza d’appello per tutta la Chiesa e vane furono le opposizioni sollevate<br />

da Attone (Hatto) e da Aribone di Magonza e contemporaneamente dai vescovi<br />

francesi. Da Nicola I <strong>in</strong> poi, non destò più meraviglia vedere il papa, per<br />

quanto corrotto egli potesse essere personalmente, immischiarsi autorevolmente,<br />

chiamato o non chiamato, <strong>in</strong> questioni temporali”. S.Hellmann, op. cit., p. 255.<br />

Nell’XI secolo il papato si sv<strong>in</strong>colò dalle <strong>in</strong>fluenze della nobiltà romana.<br />

Leone IX (1049-1054) promosse una riforma <strong>in</strong> seno alla Chiesa romana. Venne<br />

istituito il Collegio dei Card<strong>in</strong>ali come autorità ecclesiastica universale. Il conflitto<br />

di potere fra il Patriarca di Costant<strong>in</strong>opoli e papa Leone IX per il primato universale<br />

provocò la rottura fra la Chiesa Orientale e la Chiesa Occidentale (1054).<br />

Roberto II il Pio, re di Francia (996-1031), figlio di Ugo Capeto, fu dal Papa<br />

colpito di anatema per avere contratto un matrimonio non conforme alla legge<br />

422


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 423<br />

CAPIRE DANIELE<br />

canonica. “Il popolo costernato si sottomise con tanta umiltà agli ord<strong>in</strong>i del<br />

papa, che il re si vide generalmente abbandonato dai cortigiani e dai domestici...<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e dovette cedere... Si vide il re... confessare pubblicamente i suoi errori,<br />

dopo avere lottato per tre anni contro gli anatemi”. Baquol-Schnitzler, Atlas historique,<br />

vol. II, tav. 65, citato da J.Vuilleumier, ibidem, p. 216.<br />

e) Nel 1073 salì sul trono pontificio Gregorio VII, uno dei più grandi pontefici<br />

del Medioevo. Già nei primi mesi del suo pontificato si trovò <strong>in</strong> conflitto col<br />

re Filippo I di Francia per l’<strong>in</strong>tervento di costui nell’elezione dei vescovi, e lo m<strong>in</strong>acciò<br />

di anatema e di deposizione.<br />

Gregorio concepì un progetto che mise <strong>in</strong> luce le mire del papato <strong>in</strong> questo<br />

scorcio dell’XI secolo: “affidare alla Chiesa la completa direzione della società<br />

umana”. Scrive lo storico S.Hellmann: “Poiché la politica papale mirava a un dom<strong>in</strong>io<br />

universale, Gregorio VII non si è contentato di liberare la Chiesa dallo<br />

stato e di subord<strong>in</strong>arlo più strettamente al papato; egli vagheggiò uno stato mondiale<br />

teocratico sotto la direzione del sommo sacerdote della chiesa cristiana”<br />

(op. cit., pp. 261-262).<br />

Nel 1074 l’energico pontefice progettò di muovere <strong>in</strong> aiuto dei cristiani<br />

orientali alla testa di un esercito di cavalieri come Pontifex e Dux. Nel 1075 promosse<br />

una riforma radicale che si compendiò nelle 27 massime del Dictatus Papae<br />

(vedi nota 10) nelle quali , fra altre rivendicazioni, era proclamato il potere<br />

assoluto del Papa <strong>in</strong> quanto capo della Chiesa universale di deporre i sovrani<br />

temporali, sottoposti all’autorità della Chiesa. In quello stesso anno (1075) papa<br />

Gregorio <strong>in</strong>disse un concilio che vietò l’<strong>in</strong>vestitura degli ecclesiastici da parte dei<br />

sovrani temporali. Si aprì un conflitto assai teso fra il papa e l’imperatore di Germania<br />

Enrico IV, per nulla disposto a r<strong>in</strong>unciare alla nom<strong>in</strong>a dei vescovi nei suoi<br />

domìni (Lotta per le Investiture). Un s<strong>in</strong>odo di vescovi tedeschi convocati a<br />

Worms per volontà dell’imperatore depose il Papa. Per tutta risposta Gregorio<br />

VII, <strong>in</strong> un concilio che si riunì nel Laterano quello stesso anno, depose e scomunicò<br />

Enrico IV sciogliendone i sudditi dal giuramento di fedeltà. “Nella potente<br />

sentenza che egli pronunciava - osserva S.Hellmann - era tutta compendiata la<br />

pretesa della Chiesa al dom<strong>in</strong>io del mondo...” (op. cit., p. 264).<br />

“Chi era stato scomunicato dal papa - scrive E.Chastel - veniva abbandonato<br />

dai parenti, dagli amici, dalla servitù, giacchè chiunque avesse relazioni con uno<br />

scomunicato ne condivideva la pena... Nei territori sotto la giurisdizione di un<br />

pr<strong>in</strong>cipe ribelle le chiese dovevano rimanere chiuse, non si doveva più celebrare<br />

il culto: non più benedizione, non più sacramenti, non più riti nuziali, non più<br />

sepolture <strong>in</strong> terra consacrata; digiuni rigorosi, tristezza, terrore al massimo grado<br />

<strong>in</strong> luogo di feste, f<strong>in</strong>o a quando i sudditi, vedendo compromessi i loro <strong>in</strong>teressi<br />

eterni e temporali, i loro piaceri e la loro salvazione per colpa di un pr<strong>in</strong>cipe<br />

ost<strong>in</strong>ato, non lo avessero costretto con la ribellione a piegarsi sotto la legge del<br />

capo della Chiesa” (Histoire di Christianisme, vol. III, pp. 229, 231, citato da<br />

J.Vuilleumier, ibidem, pp. 215-216).<br />

Enrico IV, abbandonato dai pr<strong>in</strong>cipi vassalli e dai sudditi <strong>in</strong> rivolta, nel gennaio<br />

del 1077 si vide costretto a recarsi a Canossa <strong>in</strong> veste di penitente per chie-<br />

423


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 424<br />

NOTE STORICHE<br />

dere al papa l’assoluzione. Gregorio lo ricevette nel castello di Matilde di Toscana<br />

dopo tre giorni di attesa a piedi nudi e gli concesse la revoca della scomunica.<br />

Nel 1084 Enrico fece eleggere dai vescovi tedeschi l’antipapa Clemente III e<br />

da lui si fece <strong>in</strong>coronare imperatore Gregorio lo scomunicò per la seconda volta<br />

ed egli discese <strong>in</strong> Italia e occupò Roma; il papa liberato dai Normanni, si rifugiò<br />

<strong>in</strong> Salerno e lì morì nel 1085. La lotta per le <strong>in</strong>vestiture aveva comunque messo<br />

<strong>in</strong> luce il grado di potenza a cui era pervenuto il Papato nella seconda metà<br />

dell’XI secolo.<br />

Nel 1095 papa Urbano II (1088-1099), <strong>in</strong> un s<strong>in</strong>odo che si tenne a Clérmont,<br />

colpì di scomunica il re di Francia Filippo I reo di avere ripudiato la moglie<br />

Bertha e sposato <strong>in</strong> seconde nozze Berthrada. Sotto il pontificato di Pasquale<br />

II (1099-1118) il re Filippo si vide costretto a sottomettersi al pontefice romano.<br />

Durante un concilio che si tenne a Parigi nel 1103 Filippo I, come Enrico<br />

IV di Germania 26 anni prima di lui, a piedi nudi e col saio di penitente implorò<br />

il perdono del papa e fu riammesso nel seno della Chiesa romana.<br />

Nel 1111 Enrico V di Germania - il figlio dell’imperatore che dovette andare<br />

a Canossa - prostrato davanti a papa Pasquale II (1099-1118) assiso sul seggio<br />

pontificio ricevette la corona imperiale dai piedi del pontefice il quale subito la<br />

fece rotolare a terra con un calcio per significare che avrebbe potuto togliergliela<br />

<strong>in</strong> qualsiasi momento se se ne fosse mostrato <strong>in</strong>degno. I card<strong>in</strong>ali poi la raccolsero<br />

e ne c<strong>in</strong>sero il capo dell’imperatore.<br />

Nel 1140 papa Innocenzo II (1130-1143) scagliò l’<strong>in</strong>terdetto sul regno di<br />

Francia perché Luigi VII si era rifiutato di riconoscere il nuovo arcivescovo di<br />

Bourges.<br />

Papa Alessandro III (1159-1181) tenne testa con grande energia all’imperatore<br />

di Germania Federico I Barbarossa nella lotta per la guida della cristianità<br />

occidentale. Incoronato nel 1155 re d’Italia a Pavia e imperatore del sacro Romano<br />

Impero a Roma da papa Adriano IV (1154-1159), Federico I era sceso più<br />

volte <strong>in</strong> Italia per imporre ai Comuni e al Papato l’autorità imperiale: poiché<br />

l’avevano rifiutata, distrusse Crema nel 1160 e Milano nel 1162; nel 1166 aveva<br />

occupato per breve tempo Roma.<br />

Battuto a Legnano nel 1176 dalla Lega Lombarda, l’anno seguente si vide<br />

costretto a stipulare la pace con papa Alessandro III a Venezia per ricevere l’assoluzione.<br />

Enrico II Plantageneto re d’Inghilterra (1154-1189) fu tenacemente avversato<br />

da Thomas Becket arcivescovo di Cantenbury e rigido difensore dei diritti papali,<br />

perché con le Costituzioni di Clarendon del 1164 il re aveva sottoposto il clero<br />

alla giurisdizione del tribunale regio. Accusato dell’assass<strong>in</strong>io dell’arcivescovo,<br />

Enrico II fu colpito di anatema da papa Alessandro III. Per ottenere la sospensione<br />

della pena, il re dovette sottoporsi pubblicamente alla fustigazione sulla<br />

tomba del suo mortale nemico Thomas Becket.<br />

f) Innocenzo III (1198-1216), un pontefice della statura morale di Gregorio<br />

VII, come Gregorio si batté per l’affermazione dell’autorità assoluta dei pontefici<br />

424


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 425<br />

CAPIRE DANIELE<br />

all’esterno come all’<strong>in</strong>terno della Chiesa. Con questo <strong>in</strong>tento fece decadere la potestà<br />

dei vescovi e istituì i legati, diretti rappresentanti dei papi. Innocenzo si<br />

proclamò “Vicario di Cristo Re dei re” dal quale i pr<strong>in</strong>cipi laici ricevono come<br />

feudi i loro regni.<br />

Nel 1201 papa Innocenzo III mise l’<strong>in</strong>terdetto sul regno di Francia per costr<strong>in</strong>gere<br />

il re Filippo-Augusto a riprendere la moglie Ingeburge che aveva ripudiato.<br />

Sotto il suo pontificato il papato pervenne al culm<strong>in</strong>e della potenza politica,<br />

e quanto fosse illusorio sfidarla si vide allorché Giovanni Senza Terra, fratello<br />

e successore di Riccardo Cuor di Leone sul trono d’Inghilterra, protestò per<br />

avere Innocenzo III assegnato all’arcivescovo Stephen Langton, senza consultarlo,<br />

la sede episcopale di Canterbury rimasta vacante. Il papa scagliò l’<strong>in</strong>terdetto<br />

sul regno, scomunicò e dichiarò decaduto il re sciogliendone i sudditi dal<br />

giuramento di fedeltà. Nel 1213 Giovanni si vide costretto a cedere: mise la corona<br />

a disposizione del pontefice per riceverla da lui come vassallo della Chiesa.<br />

Il IV Concilio lateranense riunito da Innocenzo III nel 1215 istituì presso le<br />

diocesi i tribunali ecclesiastici per la repressione delle eresie: nasceva quella istituzione<br />

s<strong>in</strong>istra che prese il nome di Inquisizione.<br />

Bonifacio VIII (1294-1303) fu l’ultimo grande papa del medioevo. Egli rilanciò<br />

la politica teocratica perseguita da Gregorio VII e Innocenzo III, pretendendo<br />

per la Chiesa romana la supremazia temporale. Il primo Giubileo bandito da Bonifacio<br />

VIII nel 1300, segnò il culm<strong>in</strong>e del prestigio papale. Nel 1302 si riaprì il<br />

conflitto fra la Santa Sede e Luigi IV re di Francia sul diritto regio di imporre tributi<br />

al clero. Con la bolla Unam Sanctam papa Bonifacio riaffermò, mediante la<br />

tesi delle due chiavi e delle due spade (simboli dei poteri temporale ed ecclesiastico)<br />

la supremazia dei pontefici romani su tutti i pr<strong>in</strong>cipi terreni.<br />

g) Con la morte di Bonifacio VIII com<strong>in</strong>ciò un periodo di decl<strong>in</strong>o del papato.<br />

Benedetto XI (1303-1304) che gli succedette fu l’ultimo papa di nazionalità<br />

italiana. Clemente V (1305-1314) fu il primo di una serie di pontefici di nazionalità<br />

francese. Nel 1309 la Santa Sede fu trasferita ad Avignone, nella Francia del<br />

sud, e con questo evento com<strong>in</strong>ciava quella fase decadente della storia del papato<br />

che prese il nome di Cattività Avignonese. Il diffondersi della corruzione e<br />

del nepotismo nella corte papale di Avignone determ<strong>in</strong>ò una caduta di autorità<br />

della Chiesa. Per mantenere il fasto della corte pontificia, fu messa <strong>in</strong> atto una<br />

politica f<strong>in</strong>anziaria vessatoria a danno dei fedeli: le <strong>in</strong>dulgenze divennero per i<br />

papi avignonesi una fonte di lauti proventi (sono note le <strong>in</strong>vettive del Petrarca<br />

all’<strong>in</strong>dirizzo della corte papale di quel periodo <strong>in</strong>fausto).<br />

Urbano V (1362-1370) nel 1367 riportò temporaneamente a Roma la sede<br />

del Papato, nonostante l’opposizione della corte e dell’alto clero francesi. Alla<br />

sua morte venne eletto <strong>in</strong> Avignone Gregorio XI (1370-1378) che 6 anni dopo<br />

trasferì def<strong>in</strong>itivamente a Roma la Santa Sede.<br />

Morto Gregorio XI nel 1378, a Roma fu eletto a furor di popolo Urbano VI<br />

(1378-1389); i card<strong>in</strong>ali francesi riunitisi a Fondi, gli contrapposero Clemente VII<br />

(1378-1394) che si trasferì <strong>in</strong> Avignone essendo la sede romana occupata dal rivale<br />

Urbano VI. Si aprì così il Grande Scisma d’Occidente. Due papi, uno <strong>in</strong><br />

425


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 426<br />

NOTE STORICHE<br />

Roma e uno <strong>in</strong> Avignone, si contesero il pontificato legittimo e si anatemizzarono<br />

a vicenda (<strong>in</strong>tanto a Roma nel 1389 a Urbano VI era succeduto Bonifacio<br />

IX, morto nel 1404, e <strong>in</strong> Avignone nel 1394 era stato eletto Benedetto XIII come<br />

successore di Clemente VII).<br />

Mentre pontificavano <strong>in</strong> Avignone Clemente VII e <strong>in</strong> Roma Gregorio XII,<br />

successore di Bonifacio IX, un concilio di card<strong>in</strong>ali e vescovi riunitosi a Pisa nel<br />

1409 depose i due papi rivali ed elesse quale pontefice legittimo Alessandro V<br />

(1409-1410), ma i papi deposti non si sottomisero, avendo ciascuno l’appoggio<br />

di una parte del clero e del popolo, cosicché <strong>in</strong> quegli anni vi furono 3 papi<br />

contemporaneamente.<br />

Morto Alessandro V nel 1410, fu eletto a Bologna Giovanni XXIII che 5 anni<br />

dopo venne deposto con 72 capi d’accusa per la sua condotta <strong>in</strong>degna. Nel 1415<br />

r<strong>in</strong>unciò alla dignità pontificia <strong>in</strong> Francia il deposto Benedetto XIII. Due anni<br />

dopo venne eletto a Costanza Mart<strong>in</strong>o V (1417-1431), e con questo evento si<br />

chiuse lo Scisma d’Occidente.<br />

h) Eugenio IV (1431-1447), per risollevare il prestigio del Papato, che gli<br />

eventi dei decenni precedenti avevano non poco scosso, tentò una riforma <strong>in</strong>terna<br />

della Chiesa romana. La riforma fallì e ne uscì rafforzata la secolarizzazione<br />

del Papato. Per ristabilire l’assolutismo papale, i pontefici ripresero a contrastare<br />

i fautori della prem<strong>in</strong>enza dei concili. Riprist<strong>in</strong>ata l’unità della Chiesa, essi si adoperarono<br />

per consolidare lo Stato pontificio, che sempre più venne assumendo il<br />

carattere di un vero e proprio pr<strong>in</strong>cipato.<br />

I pontefici emularono il fasto delle corti europee, <strong>in</strong>tervennero nelle lotte<br />

fra i signori, favorirono i propri parenti: Callisto III (1455-1458) elevò alla porpora<br />

card<strong>in</strong>alizia due nipoti e a un terzo assegnò il ducato di Spoleto; Sisto IV<br />

(1471-1484) creò per un nipote lo stato di Imola.<br />

Nel 1492 fu eletto papa lo spagnolo Rodrigo Borgia, che assunse il nome di<br />

Alessandro VI, noto alla storia per le sue dissolutezze. E’ anche ricordato per essere<br />

<strong>in</strong>tervenuto nel 1493 nella contesa fra Spagna e Portogallo per la spartizione<br />

delle terre scoperte e conquistate di là dell’Atlantico.<br />

i) Nel 1514 Leone X (1513-1521) r<strong>in</strong>novò le <strong>in</strong>dulgenze per f<strong>in</strong>anziare la<br />

fabbrica di S.Pietro. In Germania la propaganda martellante del monaco Tetzel,<br />

emissario dell’Arcivescovo di Magonza, suscitò l’<strong>in</strong>dignazione del frate agost<strong>in</strong>iano<br />

Mart<strong>in</strong> Lutero (1483-1546), dottore <strong>in</strong> teologia e professore nell’Università<br />

di Wittenberg. Il 31 ottobre 1517, Lutero affisse sulla porta del duomo di Wittenberg<br />

95 tesi con le quali denunciava l’abuso del commercio delle <strong>in</strong>dulgenze e<br />

proponeva una discussione sull’argomento. Fu la sc<strong>in</strong>tilla che accese il grande<br />

fuoco della Riforma. Accusato di eresia, il frate di Wittenberg fruì della protezione<br />

del pr<strong>in</strong>cipe elettore Federico il Saggio. Nel 1519 Lutero rifiutò di riconoscere<br />

il primato papale e la tradizione della Chiesa romana. L’anno dopo, l’abbruciamento<br />

pubblico a Wittenberg della bolla papale di scomunica “Exsurge<br />

Dom<strong>in</strong>e” segnò la rottura def<strong>in</strong>itiva con Roma. Nel 1521, fatto comparire davanti<br />

alla Dieta di Worms, Lutero rifiutò di ritrattare le affermazioni dottr<strong>in</strong>ali che gli si<br />

426


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 427<br />

CAPIRE DANIELE<br />

rimproveravano come “errori” e affermò la sua fede <strong>in</strong>crollabile nell’autorità<br />

della Scrittura. Molti umanisti nel nord Europa aderirono alla Riforma luterana.<br />

Nel 1534 lo spagnolo Ignazio di Loyola fondò la Compagnia di Gesù, un<br />

ord<strong>in</strong>e religioso con un’organizzazione e discipl<strong>in</strong>a di tipo militare che fu retto<br />

da un “generale” (“papa nero”). Posta <strong>in</strong>condizionatamente a disposizione del<br />

Pontefice e a lui sottomessa, la Compagnia di Gesù, di cui il fondatore fu il<br />

primo generale, divenne lo strumento più attivo del Papa per la repressione<br />

dell’“eresia”. Papa Paolo III (1534-1549) confermò l’ord<strong>in</strong>e nel 1540. Nel 1542 fu<br />

re<strong>in</strong>trodotta l’Inquisizione.<br />

Per combattere la Riforma, la Chiesa romana promosse la Controriforma, un<br />

movimento di conservazione sul piano dogmatico e di r<strong>in</strong>novamento su quello<br />

dei costumi, che ebbe come massima espressione il concilio di Trento <strong>in</strong>detto da<br />

papa Paolo III nel 1545. Fu affermata, fra altri pr<strong>in</strong>cipi, la supremazia del Papa<br />

sui concili. Trionfò e si affermò <strong>in</strong> seno alla Chiesa romana, per merito dei Gesuiti,<br />

il centralismo papale. Il Concilio di Trento si chiuse nel 1563.<br />

Paolo IV (1555-1559) nel 1559 <strong>in</strong>trodusse l’Indice (Index librorum proibitorum),<br />

un elenco ufficiale di libri ritenuti contrari alla fede cattolica (fra le opere<br />

condannate figurava la Bibbia tradotta <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gue volgari). L’Indice fu abolito da<br />

Paolo VI nel 1965.<br />

l) Nel periodo della Controriforma la persecuzione dei Protestanti <strong>in</strong> Italia e<br />

<strong>in</strong> Francia si <strong>in</strong>tensificò. Paolo IV si adoperò molto per stimolare l’Inquisizione.<br />

Pio IV (1559-1565) non fu da meno. Sotto il suo pontificato furono sterm<strong>in</strong>ate le<br />

fiorenti colonie valdesi <strong>in</strong> Calabria. Pio V (1566-1572) rese ancora più dura con<br />

un editto la sorte dei perseguitati. Gregorio XIII (1572-1585) fece coniare una<br />

medaglia ricordo e <strong>in</strong>disse un grande giubileo per r<strong>in</strong>graziare Dio a motivo del<br />

massacro degli ugonotti <strong>in</strong> Francia nel 1572. Sisto V (1585-1590) <strong>in</strong>tervenne nelle<br />

questioni <strong>in</strong>terne della Francia allo scopo di stimolare la persecuzione degli ugonotti.<br />

Gregorio XIV (1590-1591) brigò per <strong>in</strong>durre la Spagna a <strong>in</strong>tervenire militarmente<br />

<strong>in</strong> Francia al f<strong>in</strong>e di impedire la candidatura al trono di Enrico di Navarra<br />

amico degli ugonotti. Clemente VIII (1592-1605) dedicò molta attenzione all’attività<br />

dell’Inquisizione.<br />

Nel 1595 ci fu <strong>in</strong> Italia un’esecuzione capitale di “eretici”. Nel 1600 fu arso<br />

vivo a Roma il filosofo Giordano Bruno.<br />

Durante il pontificato di Paolo V (1605-1621), la sorte degli ugonotti <strong>in</strong><br />

Francia si fece più dura dopo che fu assass<strong>in</strong>ato Enrico IV il quale con l’Editto di<br />

Nantes (1598) aveva dato respiro ai Protestanti. Sotto Urbano VIII (1623-1644) si<br />

riaprì drammaticamente il conflitto fra Galileo e la Santa Inquisizione romana.<br />

La zelante azione repressiva svolta dall’Inquisizione <strong>in</strong> Italia fra la seconda<br />

metà del ‘500 e la prima metà del ‘600, stimolata <strong>in</strong>stancabilmente dai papi,<br />

spense il Protestantesimo nel nostro paese.<br />

La Pace di Vesfalia (1648), che pose f<strong>in</strong>e alla Guerra dei Trent’Anni fra Cattolici<br />

e Protestanti, segnò il fallimento della restaurazione cattolica <strong>in</strong> Europa e<br />

costituì un notevole passo avanti sulla via della libertà religiosa, civile e politica<br />

<strong>in</strong> Europa. Il potere papale, già scosso dall’affermarsi della Riforma <strong>in</strong> gran parte<br />

427


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 428<br />

NOTE STORICHE<br />

dell’Europa del nord e <strong>in</strong> Inghilterra tra la seconda metà del ‘500 e il ‘600, nel<br />

XVIII secolo venne ulteriormente decl<strong>in</strong>ando <strong>in</strong> conseguenza dell’impatto che<br />

ebbe sulla cultura europea quel vasto movimento di pensiero che prese il nome<br />

di Illum<strong>in</strong>ismo. Sul f<strong>in</strong>ire del secolo, poi, ricevette un colpo durissimo dalla Rivoluzione<br />

Francese.<br />

m) Nel 1790 l’Assemblea Nazionale a Parigi deliberò la confisca del patrimonio<br />

ecclesiastico per far fronte al forte disavanzo statale e decretò anche che<br />

il clero giurasse fedeltà alla nazione, al Re, alla legge e alla Costituzione. Nel<br />

1791 Pio VI (1775-1799) condannò con due Brevi i decreti dell’Assemblea francese.<br />

Il nunzio (rappresentante del Papa) dovette abbandonare Parigi.<br />

Nel 1796 il Generale Bonaparte scese <strong>in</strong> Italia alla testa di un esercito repubblicano<br />

e <strong>in</strong>vase le Romagne e le Marche. Il Papa non poté esimersi dal sottoscrivere<br />

un documento (trattato di Tolent<strong>in</strong>o, 19 febbraio 1797) <strong>in</strong> forza del<br />

quale erano ceduti alla Repubblica il Contado Venass<strong>in</strong>o e le Legazioni di Bologna,<br />

Ferrara e Romagna. In quello stesso anno, durante un <strong>in</strong>tervento delle<br />

truppe pontifice per sciogliere un assembramento di patrioti <strong>in</strong> Roma, rimase ucciso<br />

il generale francese Duphot.<br />

All’<strong>in</strong>izio del 1798, Napoleone Bonaparte ord<strong>in</strong>ò al generale Louis Alexandre<br />

Berthier, capo di stato maggiore dell’Armata d’Italia, di marciare su Roma.<br />

Nel mese di febbraio le truppe francesi entrarono nella “Città eterna” e la occuparono;<br />

subito dopo fu proclamata la Repubblica Romana. I Francesi <strong>in</strong>timarono<br />

a Pio VI di r<strong>in</strong>unciare al potere temporale e riconoscere la Repubblica. A seguito<br />

delle sue proteste, il Papa fu deposto e deportato prima <strong>in</strong> Toscana poi <strong>in</strong> Francia,<br />

a Valence, dove morì nell’esilio l’anno seguente. Era un evento storico di<br />

portata <strong>in</strong>audita. Per la prima volta nella storia plurisecolare del Papato un pontefice<br />

veniva deposto e condotto <strong>in</strong> esilio dal potere secolare.<br />

La sede pontificia rimase vacante per due anni. Nel settembre del 1799 le<br />

truppe napoletane di Ferd<strong>in</strong>ando IV, con l’appoggio di cont<strong>in</strong>genti militari toscani,<br />

russi, <strong>in</strong>glesi e austriaci, occuparono Roma, abbatterono la Repubblica e ristabilirono<br />

l’autorità papale. Il 14 marzo 1800 un conclave svoltosi a Venezia<br />

elesse papa Pio VII (1800-1823). Il tracollo def<strong>in</strong>itivo del potere temporale dei<br />

papi era rimandato di 70 anni.<br />

Il 18 maggio 1804 il senato proclamò Napoleone Imperatore dei Francesi.<br />

Come Carlomagno mille anni prima, Napoleone volle essere consacrato dal Papa<br />

ma a differenza di Carlomagno, che si era recato a Roma per farsi <strong>in</strong>coronare dal<br />

Pontefice, il Bonaparte volle che Pio VII andasse a Parigi e la corona la c<strong>in</strong>se<br />

con le proprie mani prendendola da quelle del Papa, per significare probabilmente<br />

che erano f<strong>in</strong>iti i tempi dei quali lo Stato riconosceva la supremazia della<br />

Chiesa.<br />

I movimenti liberali sorti <strong>in</strong> Italia dopo la Restaurazione del potere regio<br />

sancito dal Congresso di Vienna nel 1815, operarono anche negli Stati pontifici,<br />

dove la repressione non fu meno dura che nei riprist<strong>in</strong>ati stati dell’Italia del centro<br />

e del sud. Nel 1846 salì sul trono pontificio Pio IX. I moti rivoluzionari del<br />

1848 lo <strong>in</strong>dussero a concedere ai popoli degli Stati della Chiesa una costituzione<br />

428


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 429<br />

CAPIRE DANIELE<br />

sull’esempio di quelle promulgate nei loro stati da Re Carlo Alberto e dal Granduca<br />

di Toscana Leopoldo II. In seguito però Pio IX revocò la costituzione e divenne<br />

reazionario quanto i sovrani temporali se non più.<br />

L’8 dicembre 1864 il Pontefice pubblicò l’enciclica “Quanta Cura” con la<br />

quale condannava gli “errori” del liberalismo. A breve term<strong>in</strong>e di tempo la<br />

“Quanta Cura” fu seguita dal Sillabo, un elenco di 80 proposizioni <strong>in</strong>accettabili<br />

dalla Chiesa cattolica e da essa condannate. Nel Sillabo erano negate tutte le libertà<br />

che formano il fondamento della moderna democrazia.<br />

Il 18 luglio 1870 Pio IX proclamò il dogma dell’Infallibilità Papale, non<br />

senza suscitare il dissenso di vari dignitari della Chiesa.<br />

Agli <strong>in</strong>izi di settembre di quel medesimo anno, essendo crollata nella guerra<br />

con la Prussia la Francia di Napoleone III, protettrice della Santa Sede, si presentò<br />

per il giovane Regno d’Italia l’occasione favorevole per risolvere l’annosa<br />

“questione romana”. Le trattative di Vittorio Emanuele II con Pio IX per un’occupazione<br />

pacifica di Roma da parte delle truppe regie fallirono per l’<strong>in</strong>transigenza<br />

del Papa, e il 20 settembre i soldati di Vittorio Emanuele II entrarono <strong>in</strong> Roma e<br />

la occuparono. Un plebiscito il 2 ottobre di quello stesso anno sanzionò il fatto<br />

compiuto. Questo evento storico segnò la caduta def<strong>in</strong>itiva del potere temporale<br />

dei papi che durava da 1142 anni.<br />

APPENDICE ALLA NOTA 9. Fattori che contribuirono all’ascesa del Papato.<br />

(1) “I seguenti fattori concorsero all’ascesa di Roma e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e all’affermarsi<br />

della sua supremazia: Roma, <strong>in</strong> quanto capitale dell’Impero e metropoli del<br />

mondo civile, era la sede naturale per divenire il centro di una chiesa universale.<br />

(2) Nell’Occidente la chiesa di Roma era l’unica che poteva vantare un’orig<strong>in</strong>e<br />

apostolica, una circostanza questa che <strong>in</strong> quei tempi faceva apparire ovvio che il<br />

suo vescovo avesse la priorità sugli altri vescovi. Già prima dell’anno 100 Roma<br />

occupava una posizione di alto prestigio. (3) Il trasferimento da Roma a Costant<strong>in</strong>opoli<br />

della capitale dell’Impero a opera di Costant<strong>in</strong>o nel 330 lasciò il vescovo<br />

di Roma relativamente libero dal controllo imperiale; per di più da allora l’imperatore<br />

sostenne con una certa costanza le pretese del vescovo romano contro<br />

quelle degli altri vescovi. (4) L’imperatore Giust<strong>in</strong>iano sostenne con forza il vescovo<br />

di Roma e ne promosse gli <strong>in</strong>teressi mediante un editto imperiale che ne<br />

riconosceva la supremazia su tutte le chiese d’Oriente e d’Occidente, un editto<br />

che tuttavia non divenne pienamente operante che dopo il tramonto del dom<strong>in</strong>io<br />

ostrogoto su Roma nel 538. (5) L’essere riuscita la chiesa di Roma a contrastare<br />

con successo vari movimenti cosiddetti ereticali, <strong>in</strong> particolare lo gnosticismo<br />

e il Montanismo, le conferì fama di ortodossia, per cui fazioni <strong>in</strong> lotta fra<br />

loro <strong>in</strong> altri settori dell’Impero sollecitarono l’arbitrato del suo vescovo per comporre<br />

le loro dissidenze. (6) Le controversie teologiche che divisero e <strong>in</strong>debolirono<br />

la Chiesa orientale non toccarono quella di Roma che poté dedicarsi a problemi<br />

d’ord<strong>in</strong>e pratico e trarre vantaggio dalle occasioni che le si offrirono per<br />

estendere la sua autorità. (7) Il fatto che i vescovi di Roma riuscissero ripetuta-<br />

429


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 430<br />

NOTE STORICHE<br />

mente a evitare o quanto meno a mitigare le <strong>in</strong>cursioni di barbari sulla città accrebbe<br />

il prestigio politico del papato. Inoltre non di rado, <strong>in</strong> assenza di un governo<br />

civile nella città, i papi ne svolsero le funzioni essenziali. (8) Le <strong>in</strong>vasioni<br />

arabe posero ostacoli alla Chiesa orientale, elim<strong>in</strong>ando così l’unica rivale<br />

importante di Roma. (9) Nell’Occidente i barbari <strong>in</strong>vasori erano per la massima<br />

parte già cristianizzati, anche se più nom<strong>in</strong>almente che sostanzialmente; le <strong>in</strong>vasioni<br />

liberarono il papa dal controllo imperiale. (10) Con la conversione di Clodoveo<br />

re dei Franchi nel 496, il papato poté usufruire dell’appoggio di un potente<br />

esercito per proteggere i propri <strong>in</strong>teressi e di un aiuto efficace per convertire<br />

altre tribù germaniche”. S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, pp. 835-836.<br />

10. RIVENDICAZIONI DEI PAPI E<br />

DICHIARAZIONI INAUDITE SUI PAPI<br />

Sembra che al Concilio di Nicea nel 325 l’imperatore Costant<strong>in</strong>o dichiarasse<br />

che i vescovi erano dèi. Vero o falso che fosse, i papi dell’VIII e IX secolo sfruttarono<br />

l’episodio per accrescere la loro autorità. Nel secolo XI Gregorio VII “ne<br />

fece il fondamento della supremazia politica dei pontefici romani” (J.Vuilleumier).<br />

Nella dichiarazione di Costant<strong>in</strong>o, dice il celebre teologo Ignaz von Doell<strong>in</strong>ger,<br />

Gregorio VII “vide la prova lampante che lui, il papa, il vescovo dei vescovi,<br />

dom<strong>in</strong>ava al di sopra di tutti i monarchi della terra nella sua <strong>in</strong>violabile<br />

maestà. “E’ evidente - affermava Ildebrando - che il Pontefice, chiamato Dio dal<br />

pio Costant<strong>in</strong>o, non può essere legato o sciolto da alcuna potestà temporale più<br />

di quanto Dio non possa essere giudicato dagli uom<strong>in</strong>i” (La Papauté, Parigi<br />

1904, p. 41, nota 57, cit. da J.Vuilleumier <strong>in</strong> Apocalypse..., p. 210).<br />

Questo stesso papa - dice ancora il Doell<strong>in</strong>ger - “il primo che imprese a deporre<br />

un monarca e a scioglierne i sudditi dal giuramento di fedeltà, dichiarò al<br />

s<strong>in</strong>odo di Roma nel 1080: ‘Noi vogliamo mostrare al mondo che abbiamo il potere<br />

di togliere a chiunque e darli a chi ci par bene i regni, i ducati, le contee, <strong>in</strong><br />

breve i possedimenti di tutti gli uom<strong>in</strong>i, perché abbiamo il potere di legare e<br />

sciogliere’ ” (op. cit., p. 54, nota 154, <strong>in</strong> J.Vuilleumier, op. cit., p. 210).<br />

“Le ventisette proposizioni del Dictatus - aggiunge il teologo tedesco - nelle<br />

quali egli aveva condensato tutto il sistema dell’onnipotenza e della maestà papali,<br />

erano <strong>in</strong> parte ripetizioni o conseguenze logiche delle [apocrife] Decretali<br />

dello pseudo Isidoro, <strong>in</strong> parte nuove formulazioni volte a conferire alle proposizioni<br />

stesse un’apparenza di valore di antichità e di tradizione” (op. cit., pp. 39 e<br />

40, <strong>in</strong> J.Vuilleumier, ibidem, p. 211).<br />

Giovanni Miegge scrive a: “ proposito del Dictatus Fondandosi sul De Civitate<br />

Dei di Agost<strong>in</strong>o, sulle Decretali pseudo-isidoriane e sulle enunciazioni di Nicola<br />

I, il papa afferma la propria signoria sulla chiesa universale e sul mondo <strong>in</strong>tero.<br />

Egli è il solo uomo di cui si debba baciare il piede e che può portare <strong>in</strong>segne<br />

imperiali. Egli solo può nom<strong>in</strong>are e deporre i vescovi, deporre gli imperatori<br />

e sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà verso sovrani <strong>in</strong>giusti. Nessun s<strong>in</strong>odo<br />

può essere chiamato generale senza il suo ord<strong>in</strong>e, nessun testo canonico<br />

430


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 431<br />

CAPIRE DANIELE<br />

esiste al di fuori della sua autorità. Non può essere giudicato da nessuno.<br />

Le cause importanti di ogni chiesa debbono essere sottoposte a lui. La<br />

chiesa romana non ha mai sbagliato, e secondo le promesse della Sacra Scrittura<br />

non sbaglierà mai, e il papa ord<strong>in</strong>ato canonicamente diviene <strong>in</strong>dubbiamente<br />

santo per i meriti di San Pietro”. K.Heussi - G.Miegge, Sommario di storia del<br />

cristianesimo, p. 95.<br />

Col Dictatus è affermato il potere assoluto dei pontefici e la loro superiorità<br />

su ogni autorità terrena.<br />

Gregorio IX (1227-1241) affermò che “il papa... è signore del mondo, tanto<br />

delle cose quanto delle persone”.<br />

Clemente V (1305-1314) dichiarò “<strong>in</strong> nome della sua autorità apostolica che<br />

ogni imperatore doveva obbedienza al papa e per conseguenza non gli era consentito<br />

di str<strong>in</strong>gere alleanza con un pr<strong>in</strong>cipe che fosse sospetto al papa”. Lo<br />

stesso pontefice sostenne ancora che “essendo vacante il trono imperiale, il papa<br />

doveva succedere alla potestà imperiale e che ogni imperatore aveva l’obbligo di<br />

prestargli giuramento di vassallaggio” (vedi Vuilleumier, op. cit., p. 211).<br />

Bonifacio VIII (1294-1303) affermò che spetta al papa conferire il potere<br />

della spada temporale ai re e agli imperatori.<br />

Ecco alcuni estratti da un’opera enciclopedica compilata da un ecclesiastico<br />

cattolico del XVIII secolo: “Così alte sono la dignità e l’eccellenza del Papa che<br />

egli non è semplicemente uomo, ma quasi Dio e vicario di Dio...<br />

“Il Papa c<strong>in</strong>ge la triplice corona <strong>in</strong> quanto re del cielo, della terra e degli <strong>in</strong>feri...<br />

“Il Papa è quasi Dio <strong>in</strong> terra, unico sovrano dei fedeli di Cristo, capo dei re,<br />

rivestito della pienezza del potere, <strong>in</strong>vestito dall’Iddio Onnipotente del governo<br />

non solo del regno terreno ma anche del regno celeste...<br />

“Così grandi sono l’autorità e il potere del Papa che egli può modificare,<br />

spiegare e <strong>in</strong>terpretare anche le leggi div<strong>in</strong>e...<br />

“Il Papa può modificare la legge div<strong>in</strong>a poiché il suo potere discende da<br />

Dio e non dall’uomo, e dato che egli agisce da viceregente di Dio sulla terra col<br />

più ampio potere di legare e sciogliere le sue pecore...<br />

“Tutto ciò che il Signore Iddio e il Redentore fanno, lo fa anche il suo vicario,<br />

purché non faccia alcunché che sia contrario alla fede” (Lucio Ferraris,<br />

“Papa, II”, <strong>in</strong> Prompta Bibliotheca, vol. VI, pp. 25-29, cit. <strong>in</strong> S.D.A. Bible Commentary,<br />

vol. IV, p. 831).<br />

Jean Vuilleumier, <strong>in</strong> Apocalypse... (a p. 217) riporta da Fleury, Histoire Ecclesiastique<br />

(vol. XIV, p. 130), il seguente episodio che si svolse a Roma nel XII<br />

secolo ed ebbe per protagonisti papa Pasquale II ed Enrico V (il figlio dell’imperatore<br />

di Germania che andò a Canossa):<br />

“Nostro Signore il papa... condusse Enrico V e la sua consorte nella chiesa e<br />

consacrò lui imperatore e lei imperatrice. Ma nostro Signore il papa assiso sulla<br />

cattedra pontificia, teneva la corona imperiale fra i piedi e l’imperatore e l’imperatrice,<br />

curvata la testa, la ricevettero dai piedi di nostro Signore il papa. Nostro<br />

Signore il papa, però, <strong>in</strong> quello stesso istante colpì col piede la corona dell’imperatore<br />

e la fece cadere al suolo, volendo con ciò significare che egli aveva il po-<br />

431


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 432<br />

NOTE STORICHE<br />

tere di deporlo dal trono imperiale se se ne fosse mostrato <strong>in</strong>degno. I card<strong>in</strong>ali<br />

raccolsero la corona e la posero sul capo dell’imperatore”.<br />

I card<strong>in</strong>ali del sacro collegio offrono il loro omaggio e la loro sottomissione<br />

al pontefice neo eletto, nel corso di una cerimonia che prende il nome di “triplice<br />

adorazione del sacro collegio”. Il corrispondente romano di un quotidiano<br />

estero, nel XX secolo ha così descritto la cerimonia:<br />

“Il pontefice si è assiso sulla sedia gestatoria e ha ricevuto la prima adorazione,<br />

cioè il primo atto di obbedienza del Sacro Collegio... Nella cappella Sist<strong>in</strong>a<br />

il papa ha <strong>in</strong>dossato i paramenti pontificali e la tiara d’oro e si è assiso sul<br />

grande altare dove gli è stata tributata la seconda adorazione del Sacro Collegio.<br />

Mercoledì matt<strong>in</strong>a alle dieci ha avuto luogo nella Cappella Sist<strong>in</strong>a la terza adorazione<br />

del sacro Collegio” (da J.Vuilleumier, op. cit., p. 225).<br />

Nella cerimonia d’<strong>in</strong>coronazione del nuovo pontefice il card<strong>in</strong>ale-diacono<br />

gli dice mentre gli c<strong>in</strong>ge il capo del “triregno”: “Ricevi la tiara ornata di tre corone,<br />

e sappi che tu sei il padre dei pr<strong>in</strong>cipi e dei re, l’arbitro del mondo e il vicario<br />

del Salvatore nostro Gesù Cristo sulla terra” (ibidem, p. 211).<br />

Nel manuale canonico De Curia Romana, stampato nella tipografia vaticana<br />

con l’approvazione di Pio X, si legge: “I pr<strong>in</strong>cipi, i re, i sacerdoti, i metropolitani, i<br />

patriarchi, i card<strong>in</strong>ali, <strong>in</strong> breve tutti sono tenuti per obbligo div<strong>in</strong>o a ubbidire al<br />

Pontefice romano” (art. II, “De Romano Pontifice”, da J.Vuilleumier, op. cit., p. 212).<br />

Titoli quali Sommo Pontefice, Santo Padre, Vicario di Cristo, Capo della<br />

Chiesa riferiti correntemente al papa, alla luce della dottr<strong>in</strong>a del Nuovo Testamento<br />

appaiono <strong>in</strong>debitamente attribuiti a una creatura umana sia pure rivestita<br />

di autorità religiosa. Tali titoli <strong>in</strong>fatti presuppongono una dignità e una autorità<br />

decisamente sovrumane.<br />

Col titolo di sommo sacerdote (Sommo Pontefice) l’epistola agli Ebrei designa<br />

la dignità e la funzione del Cristo <strong>in</strong> cielo: Eb 4: 14, 15; 6: 20; 8: 1,2; 9: 11;<br />

10: 21.<br />

Padre Santo è il titolo col quale Gesù si rivolse a Dio nella preghiera di <strong>in</strong>tercessione<br />

per i suoi apostoli alla vigilia della crocifissione: Gv 17: 11.<br />

La funzione di Vicario di Cristo, secondo il Vangelo di Giovanni, spetta allo<br />

Spirito santo. Aldo Gabrielli, nel Grande Dizionario illustrato della l<strong>in</strong>gua italiana<br />

(Mondadori, 1989), def<strong>in</strong>isce così il vocabolo “vicario”: “Che o chi <strong>in</strong> una<br />

funzione determ<strong>in</strong>ata, <strong>in</strong> un ufficio fa le veci di un’altra persona di grado superiore;<br />

supplente, sostituto”. Ora Gesù Cristo ha designato lo Spirito santo, terza<br />

Persona della Div<strong>in</strong>ità, quale suo supplente e sostituto sulla terra (vedi Gv 14:<br />

16, 17, 26; 15: 26; 16: 7, 12, 13).<br />

Inf<strong>in</strong>e il Nuovo Testamento riconosce Gesù Cristo soltanto come Capo della<br />

Chiesa (vedi Ef 1: 22; Col 1: 18). La rivendicazione da parte di una creatura<br />

umana, o l’attribuzione a essa dei titoli suddetti si configura dunque come<br />

un’usurpazione e una bestemmia.<br />

432


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 433<br />

CAPIRE DANIELE<br />

11. LA PERSECUZIONE RELIGIOSA DALL’ETÀ ROMANA<br />

FINO AI TEMPI MODERNI<br />

a) Le persecuzioni giudaiche e imperiali contro i primi cristiani<br />

F<strong>in</strong> dagli albori della sua storia la Chiesa dovette far fronte all’ostilità<br />

dell’ambiente religioso circostante. Non si era ancora spenta <strong>in</strong> Gerusalemme<br />

l’eco degli eventi culm<strong>in</strong>ati con la crocifissione di Gesù che i suoi apostoli furono<br />

arrestati e gettati <strong>in</strong> prigione dalle autorità religiose giudaiche (vedi At 5:<br />

17,18). Il diacono Stefano fu lapidato a furor di popolo e la comunità dei credenti<br />

fu dispersa dalla persecuzione (vedi At 7: 57-59; 8: 1). Poi il re Erode<br />

Agrippa mise le mani sugli apostoli Giacomo e Pietro: il primo subì il martirio<br />

(vedi At 12: 1, 2), il secondo fu liberato miracolosamente (vedi At 12: 3-10).<br />

Nell’anno 64 a Roma, sotto il regno di Nerone, i cristiani, per la prima volta<br />

subirono le violenze dei pagani. La tradizione vuole che durante quella sangu<strong>in</strong>osa<br />

persecuzione perissero gli apostoli Paolo e Pietro.<br />

Una nuova persecuzione a opera dei pagani <strong>in</strong>fierì sui cristiani - specie<br />

nell’Asia M<strong>in</strong>ore - verso l’anno 96, alla f<strong>in</strong>e del regno di Domiziano (<strong>in</strong> quel frangente<br />

l’apostolo Giovanni fu relegato nell’isola di Patmos dove gli fu rivelata<br />

l’Apocalisse (vedi Ap 1: 6).<br />

Tra l’<strong>in</strong>izio del II secolo e il primo decennio del IV, non meno di 11 volte la<br />

Chiesa patì persecuzioni di maggiore o m<strong>in</strong>ore durata e <strong>in</strong>tensità. Violenze brutali<br />

subirono i cristiani sotto gli imperatori Traiano (98-117), Marco Aurelio (161-<br />

180), Settimio Severo (193-211), Massim<strong>in</strong>o Trace (235-238), Decio (249-251),<br />

Gallo (251-253), Valeriano (253-260), Diocleziano (284-305) e Galerio (305-311).<br />

L’ultima persecuzione, sotto Diocleziano e Galerio, fu la più lunga e la più<br />

grave. Entrata nella fase cruciale nel 303, essa term<strong>in</strong>ò def<strong>in</strong>itivamente nel 313<br />

con la promulgazione da parte di Costant<strong>in</strong>o e Lic<strong>in</strong>io dell’Editto di Milano.<br />

b) La svolta costant<strong>in</strong>iana e le prime persecuzioni<br />

contro i cristiani dissidenti<br />

Dapprima tollerati dall’autorità imperiale (già dalla f<strong>in</strong>e del regno di Galerio),<br />

i cristiani ne furono <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e favoriti. Costant<strong>in</strong>o elargì ad essi importanti privilegi<br />

gettando le basi della futura Chiesa di Stato (cesaropapsimo). In pari tempo<br />

però fece pesare sulla Chiesa la tutela del potere secolare.<br />

Teodosio I il Grande (379-395) conferì alla religione cristiana lo status di religione<br />

ufficiale dello Stato romano. Onde a buon diritto può considerarsi il vero<br />

fondatore della Chiesa di Stato (vedi K.Bihlmeyer-H.Tuechle, Storia della Chiesa,<br />

vol. I, p. 259). I dest<strong>in</strong>i dei due grandi gruppi religiosi dell’Impero s’<strong>in</strong>vertirono: i<br />

cristiani già perseguitati dai pagani si fecero persecutori di questi ultimi attraverso<br />

il potere secolare. Introno alla metà del IV secolo un retore e apologista<br />

cristiano, certo Giulio Firmico Materno, sollecitava l’imperatore a sterm<strong>in</strong>are<br />

completamente il paganesimo con la forza (vedi op. cit., p. 255). Sta di fatto che<br />

nel 391 gli imperatori d’Oriente e d’Occidente Teodosio I e Valent<strong>in</strong>iano II con<br />

un editto congiunto vietarono il culto pagano. In Alessandria <strong>in</strong> quest’epoca furono<br />

distrutti tutti i templi dedicati alle antiche div<strong>in</strong>ità egizie e nel 415 venne as-<br />

433


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 434<br />

NOTE STORICHE<br />

sass<strong>in</strong>ata dalla plebe cristiana la filosofessa pagana Ipatia.<br />

Nel 529 Giust<strong>in</strong>iano chiuse d’autorità la prestigiosa scuola filosofica di<br />

Atene e poco appresso ord<strong>in</strong>ò che tutti i sudditi pagani dei suoi domìni si facessero<br />

battezzare. Sembra che nella sola Asia M<strong>in</strong>ore 70.000 pagani si facessero cristiani<br />

a seguito di questa disposizione imperiale.<br />

Nell’Occidente le cose non andavano meglio per i pagani.<br />

In forza di leggi emanate nel 407-408, si requisirono e si adibirono a servizi<br />

statali i loro templi previa rimozione degli altari e delle statue degli dèi.<br />

Le misure coercitive applicate dallo Stato cristianizzato nei confronti dei pagani<br />

contribuirono a ridurne del cont<strong>in</strong>uo la consistenza numerica f<strong>in</strong>o alla loro<br />

completa est<strong>in</strong>zione, e parallelamente favorirono l’espansione del cristianesimo<br />

cattolico, non però senza riflessi negativi sulla qualità delle conversioni. “Un po’<br />

alla volta - osservano K.Bihlmeyer e H.Tuechle - il paganesimo venne elim<strong>in</strong>ato,<br />

<strong>in</strong> parte sotto la pressione dello Stato e con gli svantaggi delle precipitate conversioni<br />

<strong>in</strong> massa” (op. cit., p. 247).<br />

Un problema ancora più grave della persecuzione fu per la Chiesa, f<strong>in</strong> dai<br />

tempi apostolici, la m<strong>in</strong>accia di <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento della fede. Nella seconda metà del<br />

I secolo le comunità cristiane sparse nel mondo greco-romano furono turbate e<br />

talora disorientate dall’<strong>in</strong>s<strong>in</strong>uarsi e propagarsi <strong>in</strong> seno ad esse di elementi dottr<strong>in</strong>ali<br />

estranei, come gli <strong>in</strong>segnamenti dei giudaizzanti (detti più tardi ebioniti) e le<br />

teorie pre-gnostiche. Le guide spirituali della Chiesa affrontarono il problema<br />

con la necessaria tempestività ed energia, ma solo sul piano dialettico, ora denunciando<br />

e confutando l’errore, ora esortando alla vigilanza le comunità e i<br />

loro conduttori (cfr. 2Co 11: 13-15; Ga 1: 6-9; 3: 1-29; 4: 21-31, 5: 1-12; Cl 2: 4-22;<br />

1Tm 1: 3-11; 6: 3-5; 2Tm 4: 3-5; Ti 1: 10, 11; 2Pie 2: 1-3, 12-19; 1Gv 4: 1-3; 2Gv<br />

7-11; Ap 2: 14, 15, 20). Solo di rado e nei casi estremi raccomandarono l’allontanamento<br />

degli erranti (vedi Ti 3: 10).<br />

Sfide ancora più gravi dovette affrontare la Chiesa dopo il tramonto dell’età<br />

apostolica. Nel II secolo la m<strong>in</strong>accia più seria all’<strong>in</strong>tegrità della fede cristiana<br />

venne dalla dottr<strong>in</strong>a gnostica - una mescolanza di <strong>in</strong>terpretazioni allegoriche<br />

della Scrittura, concetti filosofici platonico-pitagorici ed elementi delle religioni<br />

orientali - che si propose come conoscenza (gnosis) profonda del verbo cristiano.<br />

Lo Gnosticismo, nato <strong>in</strong> Oriente nel II secolo - ma nei suoi elementi costitutivi<br />

essenziali già presente nel secolo anteriore - si diffuse nel mondo grecoromano,<br />

ancorché frazionato <strong>in</strong> una varietà di sistemi, mettendo seriamente <strong>in</strong><br />

crisi il cristianesimo ortodosso. Le sette gnostiche ebbero come centri pr<strong>in</strong>cipali<br />

Alessandria e Antiochia <strong>in</strong> Oriente e Roma <strong>in</strong> Occidente.<br />

Di tutt’altra natura e ben meno pericoloso per la fede cristiana fu il Montanismo,<br />

un movimento caratterizzato da forte entusiasmo religioso, vive aspettative<br />

escatologiche (millenarismo) ed estremo rigorismo etico, che si formò nella<br />

Frigia durante il II secolo e si propagò nell’Occidente dove trovò <strong>in</strong> Tertulliano<br />

un fervente assertore.<br />

Tra il II ed il III secolo la controversia tr<strong>in</strong>itaria lacerò la cristianità orientale.<br />

Da questa contesa teologica scaturirono diversi orientamenti dottr<strong>in</strong>ali <strong>in</strong> conflitto<br />

con l’<strong>in</strong>segnamento tradizionale della Chiesa. A Bisanzio sul f<strong>in</strong>ire del se-<br />

434


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 435<br />

CAPIRE DANIELE<br />

colo II vide la luce l’Adozionismo, un’eresia che considerava Gesù Cristo “figlio<br />

adottivo” di Dio. Nella stessa Roma fiorì nel III secolo una nuova eresia, il Sabellianismo<br />

o Modalismo, che ravvisava nelle tre Persone della Tr<strong>in</strong>ità altrettante<br />

modalità dist<strong>in</strong>te di manifestazione della Div<strong>in</strong>ità e che suscitò la viva opposizione<br />

della Chiesa.<br />

Di gran lunga più seria fu per il cristianesimo ortodosso la sfida dell’Arianesimo,<br />

un’eresia cristologico-tr<strong>in</strong>itaria che sorse <strong>in</strong> Egitto nella prima metà del IV<br />

secolo. Il fautore di questa dottr<strong>in</strong>a, il presbitero alessandr<strong>in</strong>o Ario, resp<strong>in</strong>se il<br />

dogma tr<strong>in</strong>itario e negò la natura div<strong>in</strong>a di Gesù Cristo. Le sue idee, da quando<br />

egli com<strong>in</strong>ciò a divulgarle nel 315 da Alessandria, si propagarono verso l’Egeo,<br />

l’Africa nordoccidentale e la stessa Roma. L’enorme diffusione di questa eresia<br />

(basti pensare che divennero ariane quasi tutte le tribù germaniche che <strong>in</strong>vasero<br />

i territori occidentali dell’Impero) mise seriamente <strong>in</strong> crisi la Chiesa romana. Essa<br />

sostenne una lotta durissima con l’arianesimo e alla f<strong>in</strong>e v<strong>in</strong>se, ma non senza<br />

avere patito dolorose lacerazioni.<br />

Ancora nel IV secolo una controversia nell’Africa del nord sul battesimo degli<br />

eretici fu l’occasione per la nascita di un movimento dissidente, il Donatismo,<br />

che creò nuovi problemi alla Chiesa. Nella stessa epoca <strong>in</strong> Spagna si sviluppò il<br />

Priscillianismo, un movimento scismatico caratterizzato da un acceso fanatismo e<br />

da un’etica rigorista d’ispirazione montanista.<br />

Mentre <strong>in</strong> Oriente si cont<strong>in</strong>uava a discutere sulle questioni tr<strong>in</strong>itarie e cristologiche,<br />

a Roma, agl’<strong>in</strong>izi del V secolo, si accendeva la controversia pelagiana<br />

sulla grazia. Pelagio privilegiava il libero arbitrio umano nel processo della redenzione.<br />

Gli fu fiero avversario Agost<strong>in</strong>o, che accentuava la priorità della sovranità<br />

div<strong>in</strong>a.<br />

Dalle dispute tr<strong>in</strong>itarie del II e III secolo si svilupparono le controversie cristologiche<br />

dest<strong>in</strong>ate a provocare nuovi scismi nel corpo della Chiesa. Nella seconda<br />

metà del IV secolo Apoll<strong>in</strong>are, vescovo di Laodicea e avversario dell’arianesimo,<br />

formulò una dottr<strong>in</strong>a sulla natura di Cristo che fu paradossalmente vic<strong>in</strong>a<br />

all’eresia ariana. Un’altra dottr<strong>in</strong>a giudicata di ispirazione ariana fu divulgata<br />

nel V secolo da Nestorio vescovo di Costant<strong>in</strong>opoli. I Nestoriani rifiutarono a<br />

Maria il titolo di teotokos (“madre di Dio”) universalmente riconosciutole nella<br />

Chiesa orientale, sostenendo giustamente che Maria fu “madre di Cristo”, non<br />

“madre di Dio”.<br />

Nel V secolo scosse e divise la cristianità orientale la dottr<strong>in</strong>a Monofisita che<br />

riconosceva a Gesù Cristo la sola natura div<strong>in</strong>a. Secondo alcuni storici del cristianesimo<br />

il Monofisismo fu la più potente e più popolare eresia dell’antichità cristiana.<br />

Dal monofisismo si sviluppò nel VII secolo il Monotelismo, una dottr<strong>in</strong>a<br />

condannata come ereticale la quale ammetteva <strong>in</strong> Gesù Cristo una sola energia e<br />

una sola volontà div<strong>in</strong>o-umana. La dottr<strong>in</strong>a monotelista fu formulata da Sergio<br />

patriarca di Costant<strong>in</strong>opoli nel 619.<br />

Nelle controversie teologiche che travagliarono e divisero soprattutto la cristianità<br />

orientale fra il II e il VII secolo - ma che non risparmiarono del tutto la<br />

Chiesa occidentale - <strong>in</strong>tervennero <strong>in</strong> difesa della dottr<strong>in</strong>a ortodossa i dottori della<br />

Chiesa con eruditi scritti apologetici, mentre la Chiesa stessa di fronte agli <strong>in</strong>se-<br />

435


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 436<br />

NOTE STORICHE<br />

gnamenti eterodossi reagì decretandone la condanna attraverso i s<strong>in</strong>odi e i concili<br />

o direttamente per bocca del vescovo di Roma. Ma dal tempo della svolta costant<strong>in</strong>iana<br />

della politica dell’Impero, essa sempre più <strong>in</strong>vocò l’<strong>in</strong>tervento del potere<br />

secolare per reprimere l’eresia.<br />

Gli imperatori cristiani peraltro <strong>in</strong>tervennero volentieri nelle dispute teologiche<br />

favorendo ora l’uno ora l’altro dei contendenti, spesso contribuendo a <strong>in</strong>asprire<br />

le contese anziché placarle, e non di rado ricorrendo alle maniere forti per<br />

piegare i dissenzienti.<br />

Costant<strong>in</strong>o il Grande (306-337) verso il 316 requisì le chiese dei Donatisti<br />

nell’Africa del nord e fece andare <strong>in</strong> esilio i loro capi. Suo figlio Costante (337-<br />

350) pure proscrisse il loro culto e mandò <strong>in</strong> esilio i loro conduttori.<br />

Da Costant<strong>in</strong>o <strong>in</strong> poi severi decreti imperiali furono emanati anche contro i<br />

Montanisti.<br />

L’<strong>in</strong>tesa fra l’altare e il trono com<strong>in</strong>ciò a produrre i suoi frutti esecrabili. Nel<br />

380 un s<strong>in</strong>odo riunitosi a Saragozza scomunicò Priscilliano vescovo di Avila accusato<br />

di magia. Per la prima volta la Chiesa consegnò al potere secolare un<br />

“eretico” perché fosse messo a morte: nel 385 Priscilliano e sei suoi compagni<br />

furono fatti giustiziare a Treviri dall’usurpatore gallico del potere imperiale <strong>in</strong><br />

Occidente Magno Massimo. Sul f<strong>in</strong>ire del secolo IV papa Siricio (384-398) si appellò<br />

all’imperatore Teodosio I (379-395) aff<strong>in</strong>ché reprimesse un movimento ereticale<br />

<strong>in</strong> Occidente.<br />

Teodosio nel 388 condannò all’esilio e seguaci di Apoll<strong>in</strong>are di Laodicea, e<br />

il suo successore, l’imperatore Onorio (395-423), sollecitato dai vescovi cattolici<br />

radunati nel s<strong>in</strong>odo di Cartag<strong>in</strong>e del 404, applicò nei confronti dei Donatisti le<br />

leggi severe di Teodosio contro gli eretici. Agost<strong>in</strong>o, fautore dell’obbligo dello<br />

Stato di proteggere la Chiesa, approvò l’adozione di misure coercitive verso i seguaci<br />

di Donato. Nel 414-415 le leggi restrittive contro questi cristiani dissidenti<br />

furono ulteriormente <strong>in</strong>asprite: i membri della setta furono privati dei diritti civili<br />

e le loro adunanze furono proibite sotto pena di morte.<br />

Nel 419 l’imperatore Onorio condannò all’esilio 18 vescovi italiani che avevano<br />

rifiutato di sottoscrivere l’enciclica di papa Zosimo contro il Pelagianismo.<br />

Nel 429 o 430 Teodosio II (408-450) espulse da Costant<strong>in</strong>opoli i pelagiani e nel<br />

435 mandò <strong>in</strong> esilio il patriarca Nestorio, già deposto 2 anni prima per “eresia”, e<br />

ne perseguitò i seguaci, molti dei quali ripararono <strong>in</strong> Persia.<br />

Poi l’autorità imperiale si volse contro i Monofisiti. L’imperatore Marciano<br />

emanò severi editti a loro riguardo e nel 452 fece andare <strong>in</strong> esilio i loro capi<br />

Dioscuro ed Eutiche.<br />

L’imperatore Giust<strong>in</strong>o (518-527) appesantì la mano sugli Ariani d’Oriente.<br />

Giust<strong>in</strong>iano I (527-565) suo successore perseguitò i cristiani orientali che professavano<br />

certe dottr<strong>in</strong>e origeniane giudicate “ereticali”.<br />

In qualche occasione gli imperatori si volsero anche contro i cattolici. Nel<br />

653 Costante II (641-668) fece arrestare, malmenare e condurre <strong>in</strong> esilio papa<br />

Mart<strong>in</strong>o I (649-653) per avere colpito di scomunica i patriarchi orientali che avevano<br />

approvato un suo editto dogmatico. Nell’Oriente i cattolici furono ancora<br />

perseguitati nell’VIII secolo durante la lotta iconoclasta <strong>in</strong>iziata da Leone III Isau-<br />

436


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 437<br />

CAPIRE DANIELE<br />

rico. Nei territori occidentali dell’Impero la Chiesa ebbe <strong>in</strong> generale una vita più<br />

tranquilla nonostante una forte presenza ariana <strong>in</strong> Italia f<strong>in</strong>o a metà del VI secolo.<br />

Solo sul f<strong>in</strong>ire del regno di Teodorico i Goti sottoposero a persecuzione i<br />

cattolici e più che altro come ritorsione verso l’Impero avendo Giust<strong>in</strong>o, come si<br />

è visto sopra, com<strong>in</strong>ciato a perseguitare gli ariani <strong>in</strong> Oriente. Bisogna aggiungere<br />

che <strong>in</strong> Occidente il dissenso dottr<strong>in</strong>ale fu un fenomeno sporadico, e quando si<br />

manifestò si trovò di fronte alla pronta ed energica reazione di una Chiesa forte<br />

e libera dal controllo imperiale.<br />

Placandosi <strong>in</strong> seno alla Chiesa orientale le dispute teologiche dopo l’VIII secolo,<br />

e di conseguenza riducendosi f<strong>in</strong> quasi a scomparire il fenomeno dell’eresia,<br />

cessarono pure le persecuzioni imperiali.<br />

c) Lo sterm<strong>in</strong>io degli Albigesi nel Medioevo<br />

Il dissenso <strong>in</strong> seno alla Chiesa rifiorì <strong>in</strong> Occidente nel secolo XI, provocato<br />

e alimentato dalla sempre più accentuata mondanizzazione della Chiesa stessa e<br />

del suo clero. “La veste sacerdotale - scrive lo storico S.Hellmann - non era<br />

spesso se non un mantello per coprire aspirazioni mondane che si potevano più<br />

facilmente soddisfare sotto la protezione della Chiesa e col godimento dei suoi<br />

privilegi” (Storia del Medioevo, p. 374).<br />

Il prevalere nel seno della Chiesa delle preoccupazioni d’ord<strong>in</strong>e materiale<br />

sui compiti specificamente religiosi, fece nascere nei ceti popolari forti sentimenti<br />

di malcontento da cui ebbero orig<strong>in</strong>e dei movimenti di dissenso e di protesta.<br />

I cristiani dissidenti <strong>in</strong>vitarono la Chiesa a r<strong>in</strong>unciare ai beni terreni e a tornare<br />

alla povertà e alla purezza dei tempi apostolici. In coerenza con la loro<br />

condanna della mondanità e dell’opulenza i membri dei movimenti di protesta<br />

praticarono uno stile di vita contraddist<strong>in</strong>to dalla povertà e dalla semplicità. Si<br />

dettero il nome di Catari (“puri”) e crescendo di numero si concentrarono particolarmente<br />

nel mezzogiorno della Francia (presso Tolosa e <strong>in</strong> Albi da cui presero<br />

il nome di Albigesi) ma anche nelle Fiandre e <strong>in</strong> Lombardia, dove li si conobbe<br />

col nome di Patar<strong>in</strong>i. I Catari ebbero una concezione etico-religiosa radicalmente<br />

dualistica fondata sull’esistenza del Bene e del Male quali pr<strong>in</strong>cipi contrapposti<br />

e ugualmente potenti. Disdegnarono la carne identificata col peccato<br />

(per questo negarono l’umanità di Cristo riallacciandosi all’antico monofisismo) e<br />

praticarono un ascetismo rigoroso. Le loro comunità si dettero un’organizzazione<br />

sociale basata sull’eguaglianza e l’abolizione della proprietà privata.<br />

Un altro movimento di r<strong>in</strong>novamento religioso sorse nella Francia del sud<br />

nel XII secolo, quello Valdese. Il fondatore, un mercante lionese di nome Pietro<br />

Valdo (c.ca 1140-1217), conquistato dall’ideale evangelico di semplicità e povertà,<br />

aveva distribuito ai poveri i propri beni e si era dato alla predicazione propugnando<br />

quegli ideali. Valdo raccolse <strong>in</strong>torno a sé un numero crescente di seguaci.<br />

Costoro sostennero l’uguaglianza dei credenti nella Chiesa, il sacerdozio<br />

fondato sul merito e non sulla consacrazione esteriore, il diritto dei laici alla predicazione.<br />

Il s<strong>in</strong>odo di Verona nel 1184 li colpì di scomunica.<br />

Perseguitati <strong>in</strong>sieme con gli Albigesi durante la crociata bandita da Innocenzo<br />

III nel 1209, i Valdesi trovarono rifugio nelle valli alp<strong>in</strong>e del Piemonte; al-<br />

437


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 438<br />

NOTE STORICHE<br />

tri gruppi emigrarono verso la Spagna e la Germania. La chiesa romana non tollerò<br />

il dissenso religioso. Dapprima lo punì con la scomunica e il carcere, trovando<br />

consenzienti i sovrani temporali nei loro dom<strong>in</strong>i. Al s<strong>in</strong>odo di Verona del<br />

1184 papa Lucio III e l’imperatore di Germania Federico I Barbarossa stabilirono<br />

di comune accordo di combattere l’eresia con l’esilio e la confisca dei beni. Nel<br />

1197 Pietro d’Aragona decretò il bando degli eretici dalle sue terre e la pena di<br />

morte per quanti vi fossero rimasti a dispetto dell’editto. La stessa sanzione deliberò<br />

Luigi IX <strong>in</strong> Francia nel 1270.<br />

Ma non avendo queste misure prodotto effetti apprezzabili, si addivenne<br />

alla decisione di <strong>in</strong>asprirle. Il papa <strong>in</strong>vocò per i casi più gravi di eresia la pena di<br />

morte e ancora una volta i pr<strong>in</strong>cipi temporali accolsero l’<strong>in</strong>vito della Chiesa. Nel<br />

1224 l’imperatore Federico II ord<strong>in</strong>ò il taglio della l<strong>in</strong>gua o la morte sul rogo per<br />

gli eretici nei suoi dom<strong>in</strong>i europei e nel 1238 estese alla Germania queste crudeli<br />

misure repressive. In Inghilterra divenne legge di stato nel 1401 la morte sul<br />

rogo per lo stesso tipo di reato.<br />

Al pr<strong>in</strong>cipio del XII, secolo i catari erano talmente numerosi nel sud della<br />

Francia che l’energico e battagliero papa Innocenzo III (1198-1216) decise di <strong>in</strong>traprendere<br />

un’azione vigorosa per sradicarli. Dopo avere <strong>in</strong>viato una lettera circolare<br />

a tutti gli arcivescovi, i conti e i baroni di Francia, spedì nella regione una<br />

delegazione con a capo due monaci cistercensi, ma i legati pontifici tornarono a<br />

Roma senza essere riusciti a conv<strong>in</strong>cere gli eretici e rientrare nel grembo della<br />

Chiesa romana. Più clamoroso ancora fu l’<strong>in</strong>successo di una seconda delegazione<br />

guidata dal card<strong>in</strong>ale Giovanni di santa Prisca nel 1200. Una terza delegazione<br />

non ebbe migliore successo delle due precedenti.<br />

Ci voleva un pretesto, un “casus belli”, per giustificare un <strong>in</strong>tervento drastico<br />

da parte della Santa Sede. Il pretesto si offrì nel 1208, allorché il legato<br />

pontificio Pierre de Castelnau fu assass<strong>in</strong>ato a quanto si crede da un valletto del<br />

conte di Tolosa <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>e agli Albigesi. Senza alcuna prova il delitto fu imputato ai<br />

catari. Innocenzo III ruppe gli <strong>in</strong>dugi e decise di scatenare contro di loro una<br />

violenta offensiva. Il pontefice <strong>in</strong>vitò “conti, baroni, cavalieri e fedeli di Cristo” a<br />

una “santa” crociata per sradicare con la spada l’eresia nella Francia del sud, promettendo<br />

a quanti vi avessero preso parte speciali <strong>in</strong>dulgenze e, prospettiva<br />

certo più allettante, i beni e le terre degli “eretici”.<br />

Signori e signorotti di Francia e molta gente del comun popolo risposero<br />

all’appello del pontefice: si formò un esercito di cavalieri e rozzi soldati feudali a<br />

capo dei quali fu posto il conte Simon de Montfort. L’anima nera della crociata<br />

fu comunque il legato papale Arnaud Amaury.<br />

Il territorio dove gli Albigesi avevano messo salde radici fu devastato. Béziers,<br />

la roccaforte del catarismo, fu presa, saccheggiata e distrutta; i suoi abitanti<br />

furono massacrati senza alcun riguardo per l’età e il sesso. “Di Béziers - ha<br />

scritto un autore cattolico - non doveva rimanere che il nome: un nome <strong>in</strong>sozzato<br />

di sangue e di vergogna”.<br />

Lo stesso autore, dopo avere alluso alle cifre discordanti riguardo alle vittime<br />

di questa carnefic<strong>in</strong>a, osserva con onestà e obiettività: “Ma ha veramente<br />

importanza discutere sulle cifre ? Ciò che conta è il massacro e i suoi motivi. Ciò<br />

438


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 439<br />

CAPIRE DANIELE<br />

che scandalizza e rattrista è il fatto che esso sia stato compiuto da soldati benedetti<br />

dal papa e certi di avere per i loro orrendi delitti la ricompensa di un’eterna<br />

salvezza. Sembra assurdo che il nome di Cristo possa essere stato usato e offeso<br />

<strong>in</strong> modo così sconvolgente”. Anthony Keller, Gli scismi della cristianità, p. 145.<br />

La guerra contro gli Albigesi nella Francia meridionale fu proseguita con<br />

estrema crudeltà. A nulla valsero gli <strong>in</strong>terventi di Raimondo Conte di Tolosa e di<br />

re Pietro d’Aragona <strong>in</strong> difesa dei perseguitati. Il primo, fallito il tentativo di soccorrerli,<br />

si sottomise alla Chiesa romana nel 1209; il secondo fu v<strong>in</strong>to e ucciso<br />

presso Muret, a sud-ovest di Tolosa.<br />

Quando la crociata term<strong>in</strong>ò nel 1229 col patto di Parigi fra Raimondo junior<br />

conte di Tolosa e Luigi IX di Francia, gli Albigesi erano stati <strong>in</strong> gran parte sterm<strong>in</strong>ati.<br />

Dice A.Keller: “Quei pochi (superstiti) che riuscirono a sfuggire alle lame<br />

dei crociati si affrettarono ad abbandonare l’<strong>in</strong>ospitale terra di Francia e a cercare<br />

altrove una nuova patria. Ma la Chiesa romana era ormai diventata, per tutti loro,<br />

come una piovra terribile dai lunghissimi tentacoli che potevano raggiungerli<br />

ovunque si fossero rifugiati. E questi tentacoli furono rappresentati dai tribunali<br />

della Santa Inquisizione” (op. cit., p. 172).<br />

Nel 1215 il IV concilio lateranense aveva dettato la procedura da seguirsi<br />

nei riguardi di uom<strong>in</strong>i e donne conv<strong>in</strong>ti di eresia. Il III canone stabiliva: “Gli eretici<br />

condannati saranno consegnati al potere temporale perché sia loro <strong>in</strong>flitto il<br />

castigo conveniente. I beni dei laici saranno confiscati... Il signore temporale<br />

che, sufficientemente avvertito, trascurerà di purgare le sue terre dagli eretici<br />

sarà scomunicato... e se non darà soddisfazione entro l’anno, il papa dichiarerà i<br />

suoi vassalli sciolti dal giuramento di fedeltà e le sue terre devolute al primo occupante<br />

cattolico. Ciascun vescovo sceglierà tre uom<strong>in</strong>i di buona fama o di più,<br />

e li farà giurare di denunciare gli eretici” (da E.Meynier, Storia dei papi, p.158).<br />

Innocenzo III, nella sua guerra implacabile contro gli “eretici”, volle dunque valersi<br />

come arma di persuasione verso i pr<strong>in</strong>cipi temporali esitanti, della stessa<br />

arma che si era rivelata tanto efficace nelle mani di Gregorio VII 140 anni prima.<br />

Il concilio lateranense del 1215 aveva affidato ai vescovi il compito di scoprire<br />

e punire gli “eretici” nelle loro diocesi, ma quell’<strong>in</strong>carico si era rivelato oltremodo<br />

gravoso per loro. Scrive lo storico A.S.Turberville: “... una lettera molto importante<br />

di papa Gregorio IX, dell’aprile 1233, dice che i vescovi sono oppressi<br />

da ‘un turb<strong>in</strong>e di preoccupazioni’ e da ‘schiaccianti ansietà’; e, pertanto, il papa<br />

annuncia di avere, <strong>in</strong> seguito a ciò, deciso di mandare i Domenicani o Frati Predicatori<br />

a dar battaglia agli eretici di Francia. Nella misura <strong>in</strong> cui è legittimo attribuire<br />

l’orig<strong>in</strong>e di una tale istituzione a un solo uomo e a una data precisa - ne deduce<br />

lo scrittore <strong>in</strong>glese - l’orig<strong>in</strong>e dell’Inquisizione può essere attribuita appunto<br />

a Gregorio IX e fissata <strong>in</strong> quest’anno, 1233” (L’<strong>in</strong>quisizione spagnola, p. 5).<br />

The Catholic Encyclopedia, all’articolo “Inquisition” (vol. VIII, p. 34), citando<br />

una bolla di Innocenzo IV (1243-1254), dice quanto segue riguardo al ruolo assegnato<br />

dal papa all’autorità secolare nei processi <strong>in</strong>quisitoriali:<br />

“Innocenzo IV dichiara nella bolla ‘Ad extirpanda’: ‘Quanti siano stati giudicati<br />

colpevoli di eresia, consegnati che siano dal vescovo o dal suo rappresentante<br />

o dall’<strong>in</strong>quisitore al potere civile, il potestà o il magistrato-capo della città li<br />

439


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 440<br />

NOTE STORICHE<br />

prenderanno subito <strong>in</strong> consegna ed entro c<strong>in</strong>que giorni al massimo eseguiranno<br />

la sentenza che sarà stata pronunciata a loro carico...’ Non potevano sussistere<br />

dubbi - spiega l’estensore dell’articolo - su ciò che significavano le disposizioni<br />

legislative civili, giacché gli articoli delle decretali papali che stabilivano l’abbruciamento<br />

degli eretici impenitenti provenivano dalle costituzioni imperiali ‘Commissis<br />

Nobis’ e ‘Inconsutibilem tunicam’. La suddetta bolla ‘Ad Extirpanda’, - prosegue<br />

l’articolo - da allora <strong>in</strong> poi documento fondamentale dell’Inquisizione, fu<br />

r<strong>in</strong>novata e r<strong>in</strong>forzata da vari papi fra i quali Alessandro IV (1254-61), Clemente<br />

IV (1265-68), Nicolò IV (1288-92), Bonifacio VIII (1294-1303) e altri. Pertanto le<br />

autorità civili erano tenute dai papi, sotto pena di scomunica, nell’obbligo di eseguire<br />

le sentenze legali che condannavano alla pena del rogo gli eretici impenitenti”<br />

(cit. da S.D.A. Bible Commentary, vol. IV, p. 381).<br />

Il tribunale dell’Inquisizione o sant’Uffizio, come è stato accennato sopra, fu<br />

da papa Gregorio IX affidato ai domenicani nel 1233. Quest’ord<strong>in</strong>e religioso era<br />

stato fondato nel 1215 da Domenico di Guzman con lo scopo di combattere<br />

l’eresia attraverso l’<strong>in</strong>segnamento e la predicazione. La vita di povertà dei frati<br />

dell’ord<strong>in</strong>e voleva essere una risposta all’accusa di amore per la ricchezza materiale<br />

rivolta alla Chiesa dai movimenti cosiddetti “ereticali”. Dopo la morte del<br />

fondatore, la lotta dei domenicani contro il dissenso religioso fu però proseguita<br />

con ben altri metodi. La procedura segreta adottata dal tribunale dell’Inquisizione<br />

prevedeva che la prova del “delitto” si fondasse su denunce anonime<br />

senza necessità di deposizioni testimoniali, come pure sulle confessioni estorte<br />

con la tortura. I domenicani gestirono con “professionalità” e grande zelo il tribunale<br />

della “Santa Inquisizione”.<br />

Numerosi “eretici” furono arsi vivi a Roma nel 1231 sotto il pontificato di<br />

Gregorio IX (v. E.Meynier, op. cit., p. 161). L’anno seguente il pontefice <strong>in</strong>giunse<br />

all’arcivescovo di Tarragona con la bolla “Decl<strong>in</strong>ante” di stanare e far condannare<br />

gli “eretici” nella sua diocesi. Agli <strong>in</strong>izi del XIV secolo l’Inquisizione <strong>in</strong> Spagna<br />

agiva con grande vigore: si parla di un numero <strong>in</strong>gente di “eretici” fatti perire<br />

sui roghi <strong>in</strong> questo periodo. Nei dom<strong>in</strong>i spagnoli il domenicano Nicola Eymeric<br />

fu avversario irriducibile di Raimondo Lullo, un terziario francescano che<br />

si era dist<strong>in</strong>to per lo zelo con cui aveva cercato di riguadagnare gli eretici e convertire<br />

gli <strong>in</strong>fedeli mediante la persuasione. “Il crim<strong>in</strong>e più odioso di Lullo agli<br />

occhi di Eymeric - dice lo storico A.S.Turberville - era la sua fiducia nell’efficacia<br />

degli argomenti, dell’appello alla ragione, quali mezzi di conversione, come pure<br />

la sua tesi che fosse <strong>in</strong>giusto uccidere gli eretici...” (op. cit., p. 15).<br />

Mentre nell’Europa del nord l’Inquisizione ebbe scarsa rilevanza (<strong>in</strong> Inghilterra<br />

sembra che il sant’Uffizio agisse una volta sola, <strong>in</strong> Boemia, Ungheria e Polonia<br />

fece ben poco e nella Scand<strong>in</strong>avia non agì affatto), nel centro e sud Europa<br />

fu <strong>in</strong>vece assai vigorosa: oltre che <strong>in</strong> Spagna, i roghi si moltiplicarono <strong>in</strong><br />

Francia, <strong>in</strong> Italia e nella Germania.<br />

A uno spirito moderno riesce difficile capire come la Chiesa medievale potesse<br />

giustificare una repressione violenta della dissidenza quale nei tempi moderni<br />

si riscontra soltanto nell’ambito dei regimi politici totalitari (nazismo, stal<strong>in</strong>ismo).<br />

Lo storico <strong>in</strong>glese che abbiamo citato sopra (op. cit., pp. 1-2) ricorda che<br />

440


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 441<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Tommaso D’Aqu<strong>in</strong>o paragonò l’eretico al falsario e argomentò che come il falsario<br />

nuoceva alla vita temporale corrompendo il corso della circolazione monetaria,<br />

così l’eretico m<strong>in</strong>ava la vita spirituale corrompendo la fede. E concluse che<br />

come la morte era la pena che il pr<strong>in</strong>cipe temporale <strong>in</strong>fliggeva al falsario, così la<br />

morte doveva essere la giusta punizione da applicare all’eretico la cui colpa era<br />

tanto più grave <strong>in</strong> quanto la vita dell’anima valeva più di quella del corpo.<br />

“Se si vuole comprendere che cosa fu l’Inquisizione - spiega A.S.Turberville -<br />

è d’importanza decisiva afferrare i due assunti fondamentali su cui è basato un simile<br />

ragionamento (il ragionamento cioè di Tommaso d’Aqu<strong>in</strong>o). Primo: esiste una<br />

Repubblica Christiana, un’unica società cristiana proprio come esiste una sola<br />

Chiesa cattolica; e tanto la Chiesa quanto lo Stato si fondano essenzialmente sulle<br />

verità della religione cristiana. Secondo: la sicurezza del corpo politico ed ecclesiastico<br />

richiede discipl<strong>in</strong>a tanto nella Chiesa quanto nello Stato, cioè obbedienza del<br />

suddito verso i suoi legittimi governanti, civili e religiosi. Perciò l’eretico è un ribelle<br />

e un essere spregevole, proprio come il del<strong>in</strong>quente” (op. cit., p. 2).<br />

È evidente che l’<strong>in</strong>tolleranza religiosa medievale e la sua espressione più<br />

truce, l’Inquisizione con i suoi orrori, trovarono nella concezione teocratica dello<br />

Stato, e qu<strong>in</strong>di nell’<strong>in</strong>treccio e nella confusione dello spirituale col temporale,<br />

una delle motivazioni più forti a loro giustificazione.<br />

Apologisti antichi e moderni hanno tentato di legittimare l’Inquisizione <strong>in</strong>vocando<br />

il diritto-dovere della Chiesa di difendersi dall’eresia. A una coscienza<br />

civile moderna, però, l’<strong>in</strong>fliggere sofferenze e il togliere la vita appaiono abusi<br />

che assolutamente nulla può giustificare. Autori contemporanei cattolici onesti e<br />

imparziali lo hanno riconosciuto. Scrive Anthony Keller: “Qualche scrittore cattolico<br />

tenta ancora una pallida difesa dello spietato tribunale ecclesiastico, affermando<br />

che <strong>in</strong> sostanza la Chiesa aveva il diritto di difendersi dall’eresia e che,<br />

nel caso degli Albigesi, Gregorio IX - come già il suo predecessore Innocenzo III<br />

- si era trovato di fronte a un problema <strong>in</strong>sanabile coi soli metodi persuasivi. Ma<br />

evidentemente nessuna giustificazione può essere <strong>in</strong>vocata di fronte alle migliaia<br />

e migliaia di vittime sulle quali la Chiesa ha costruito la sua vittoria, fatto trionfare<br />

il suo ‘diritto’ e impostato la soluzione del ‘problema’. Le macchie di sangue<br />

non si cancellano più” (op. cit., p. 181).<br />

d) L’<strong>in</strong>quisizione spagnola<br />

Per la ferrea organizzazione e per la severità con cui operò per più di trecento<br />

anni, l’Inquisizione spagnola merita di essere ricordata a parte.<br />

Nel primo medioevo i mori e gli ebrei formavano una parte considerevole<br />

della popolazione iberica. F<strong>in</strong>o a tutto il XIII secolo cattolici, musulmani ed ebrei<br />

convissero nella penisola <strong>in</strong> condizione di quasi normalità; ma dall’<strong>in</strong>izio del XIV<br />

secolo i rapporti fra cristiani e non cristiani si deteriorarono per il mutato atteggiamento<br />

dei primi verso questi ultimi.<br />

“Il popolo - scrive A.S.Turberville - venne eccitato contro gli Ebrei, specialmente<br />

dall’eloquenza di predicatori il cui zelo era dovuto a motivi del tutto s<strong>in</strong>ceri<br />

giacché erano conv<strong>in</strong>ti che le relazioni fra i Cristiani e gli Ebrei avrebbero<br />

condotto alla contam<strong>in</strong>azione della fede cristiana” (op. cit., p. 20). Ci furono<br />

441


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 442<br />

NOTE STORICHE<br />

massacri di Ebrei <strong>in</strong> varie prov<strong>in</strong>ce spagnole; “il più grave fu quello accaduto a<br />

Siviglia nel 1391, come diretto risultato del fervidissimo zelo antiebraico di un arcidiacono<br />

di nome Mart<strong>in</strong>ez, ed esteso a Cordova e Toledo, a Burgos e ad altre<br />

città castigliane. Nello stesso anno, vi furono violenze consimili nelle città<br />

dell’Aragona e a Maiorca” (ibidem).<br />

I massacri del 1391 <strong>in</strong>dussero molti ebrei a farsi cattolici prima della f<strong>in</strong>e di<br />

quell’anno. Si formò così una nuova classe di ebrei cristianizzati che <strong>in</strong> seguito<br />

furono chiamati conversos e talvolta marranos. Si com<strong>in</strong>ciò a sospettare che le<br />

conversioni ispirate dalla paura delle persecuzioni fossero superficiali, e non c’è<br />

da dubitare che lo fossero, almeno <strong>in</strong> buona parte.<br />

Alla conversione forzata degli ebrei tenne dietro quella dei mori, che fu <strong>in</strong>trapresa<br />

per ispirazione dell’arcivescovo di Toledo Francisco Ximenes De Cisneros.<br />

Ben presto ci si rese conto che i neoconvertiti, sia ebrei che musulmani, <strong>in</strong><br />

segreto mantenevano <strong>in</strong> tutto o <strong>in</strong> parte le credenze e le pratiche delle religioni<br />

d’orig<strong>in</strong>e. Ciò fu visto come un affronto alla fede cattolica e come un pericolo di<br />

anarchia religiosa.<br />

D’altronde i tribunali ecclesiastici episcopali si erano mostrati <strong>in</strong>capaci di<br />

preservare l’unità della fede cattolica.<br />

La determ<strong>in</strong>azione di mantenere l’ord<strong>in</strong>e, l’uniformità e l’ubbidienza alle autorità<br />

sia nella Chiesa che nello Stato, ma anche la cupidigia della corona (i beni<br />

degli ebrei facevano gola), e, non ultime, le pressioni di ecclesiastici em<strong>in</strong>enti<br />

quali il Mendoza, arcivescovo di Toledo, e il domenicano Torquemada, sp<strong>in</strong>sero<br />

i reali di Castiglia e Aragona a <strong>in</strong>traprendere un’azione decisiva contro gli Ebrei e<br />

i Mori residenti nei loro dom<strong>in</strong>i. Con questo <strong>in</strong>tento nel 1478 Ferd<strong>in</strong>ando e Isabella<br />

chiesero a papa Sisto IV di <strong>in</strong>trodurre l’Inquisizione nella Castiglia. Il pontefice<br />

concesse l’autorizzazione con una bolla ad hoc e nel 1480 due domenicani<br />

furono nom<strong>in</strong>ati <strong>in</strong>quisitori a Siviglia. Si aprì così quella pag<strong>in</strong>a nefasta dell’<strong>in</strong>izio<br />

dell’età moderna che la Storia conosce col nome di “Inquisizione Spagnola”.<br />

Le prime vittime dell’Inquisizione spagnola furono gli Ebrei. Il 6 febbraio<br />

1481 si celebrò il primo auto de fe della nuova <strong>in</strong>quisizione voluta dai reali di<br />

Castiglia: furono bruciati vivi sul rogo 6 conversos ebrei.<br />

Era il “braccio secolare” che bruciava vivi gli “eretici”, ma era la Chiesa, attraverso<br />

il tribunale dell’Inquisizione, che li consegnava al braccio secolare perché<br />

fossero puniti con quell’atroce supplizio. Dice A.S.Turberville “Per i più la<br />

maggiore <strong>in</strong>famia collegata all’Inquisizione è il rogo. E’ vero che il Sant’Uffizio ripudiava<br />

ogni responsabilità per la morte dell’eretico che consegnava al braccio<br />

secolare; ma si trattava di un ripudio meramente formale; gli autori di manuali e<br />

trattati <strong>in</strong>quisitoriali non esitano <strong>in</strong>fatti a dichiarare che la morte sul rogo è<br />

l’unica pena giusta e adeguata per l’eretico ost<strong>in</strong>ato e recidivo” (op. cit., p. 168).<br />

Al primo tribunale dell’Inquisizione istituito nella città di Siviglia seguirono<br />

ben presto quelli di Cordova, Jaen e Toledo. Sisto IV acconsentì che Torquemada,<br />

già <strong>in</strong>quisitore generale per la Castiglia, lo divenisse anche per l’Aragona.<br />

In certi momenti lo zelo fanatico degli <strong>in</strong>quisitori determ<strong>in</strong>ò nelle prov<strong>in</strong>ce<br />

spagnole sotto il controllo dei tribunali <strong>in</strong>quisitoriali, specie nell’Andalusia, un<br />

vero e proprio regime del terrore. Complotti immag<strong>in</strong>ari e <strong>in</strong>fondati sospetti di<br />

442


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 443<br />

CAPIRE DANIELE<br />

“ebraismo” portarono davanti agli <strong>in</strong>quisitori <strong>in</strong>numerevoli persone che non avevano<br />

a che fare con i “delitti” di cui li si sospettava.<br />

“Mediante i suoi Editti di Fede, l’Inquisizione dichiarò sistematicamente che<br />

la delazione era cosa degna di lode; con la soppressione dei nomi dei testimoni,<br />

la rese facile e sicura. Mise l’animo nobile alla mercé del volgare, il coraggioso<br />

alla mercé del vile, il generoso alla mercé del malvagio. Le virtù della fiducia reciproca,<br />

della comprensione e della simpatia furono scoraggiate. Per di più, era<br />

un aspetto essenziale del sistema che l’<strong>in</strong>correre <strong>in</strong> sospetto diveniva virtualmente<br />

un crim<strong>in</strong>e. Era quasi impossibile lasciare il tribunale davanti al quale si<br />

fosse stati calunniati, senza un marchio sul proprio onore. Gli Inquisitori non discutevano<br />

neppure se l’accusato fosse colpevole o <strong>in</strong>nocente, ma cercavano di<br />

stabilire <strong>in</strong> quale misura fosse colpevole”. A.S.Turberville, op. cit., p. 167.<br />

Durante i tre secoli e più di storia dell’Inquisizione spagnola migliaia di<br />

ebrei perirono sui roghi. Meno numerose furono le vittime tra i musulmani.<br />

Carlo I d’Aragona, nipote di Ferd<strong>in</strong>ando e Isabella (divenuto Carlo V come<br />

sovrano del Sacro Romano Impero nel 1519), non fece nulla per mitigare la severità<br />

dell’Inquisizione; anzi il suo spirito religioso f<strong>in</strong>o al fanatismo lo portò a<br />

renderla più salda che mai e a estenderla a tutta la Spagna.<br />

Nei primi decenni del ‘500, Erasmo da Rotterdam aveva numerosi ammiratori<br />

fra gli uom<strong>in</strong>i di cultura della nazione iberica. A Partire dal 1531 anche i devoti<br />

spagnoli del grande umanista fiamm<strong>in</strong>go si trovarono <strong>in</strong> pericolo, perché<br />

certe sue dottr<strong>in</strong>e furono sospettate di eresia. Vari <strong>in</strong>tellettuali, e pers<strong>in</strong>o un<br />

abate benedett<strong>in</strong>o, furono condotti davanti all’Inquisizione e processati; l’abiura<br />

de vehementi li salvò dal patibolo ma non dal pubblico disprezzo.<br />

La presenza del protestantesimo <strong>in</strong> Spagna fu un fatto episodico. Il primo<br />

importante ri<strong>formato</strong>re spagnolo, Francisco De San Roman, fu arrestato a Ratisbona<br />

per ord<strong>in</strong>e di Carlo V; tradotto <strong>in</strong> Spagna, venne l<strong>in</strong>ciato dalla folla mentre<br />

lo si conduceva al patibolo. Juan Jil, un dotto spagnolo che aveva abbracciato le<br />

idee riformate e fondato una comunità luterana <strong>in</strong> Siviglia, fu arrestato e si salvò<br />

con l’abiura; fu trattato con grande moderazione forse per la stima di cui godeva<br />

presso Carlo V. Quattro anni dopo la morte però le sue ossa furono riesumate e<br />

bruciate. I capi della comunità sivigliana Ponce De La Fuente e Juan Ponce de<br />

Leòn, scoperti furono arrestati e condotti davanti al tribunale <strong>in</strong>quisitoriale. Juan<br />

Pone de Leòn, benché avesse ritrattato, fu arso vivo <strong>in</strong>sieme con altri 17 luterani<br />

<strong>in</strong> un auto de fe del 24 settembre 1559, quando sul trono di Spagna sedeva da 3<br />

anni Filippo II, figlio e successore di Carlo V. In quella circostanza 21 persone<br />

accusate di protestantesimo abiurarono e scamparono al rogo. In un successivo<br />

auto de fe del 22 dicembre 1560, 14 riformati furono consegnati al braccio secolare<br />

per essere arsi vivi; uno di loro, un certo Hernàndez, rifiutò di tradire i compagni<br />

nonostante le più atroci torture <strong>in</strong>flittegli da quella gestapo antilitteram.<br />

Due altri autos si celebrarono <strong>in</strong> Siviglia nel 1562 <strong>in</strong> ciascuno dei quali furono<br />

consegnati al braccio secolare e arsi vivi 9 luterani. Un numero esiguo di<br />

riformati spagnoli furono condannati al rogo <strong>in</strong> vari autos celebrati nel 1564 e<br />

1565; più numerosi furono <strong>in</strong>vece i prigionieri stranieri di fede luterana catturati<br />

<strong>in</strong> Spagna, segno che la m<strong>in</strong>uscola comunità di protestanti spagnoli <strong>in</strong> Siviglia<br />

443


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 444<br />

NOTE STORICHE<br />

era stata praticamente sterm<strong>in</strong>ata. Un secondo gruppo di luterani <strong>in</strong>digeni era<br />

sorto nella Spagna settentrionale, a Valladolid. Anch’esso fu cancellato <strong>in</strong> breve<br />

volgere di tempo dall’Inquisizione. Un primo auto de fe si svolse a Valladolid il<br />

21 maggio 1559: furono condotti al supplizio due em<strong>in</strong>enti rappresentanti della<br />

locale comunità luterana, August<strong>in</strong> De Cazallas e Antonio De Herrazuelo. Il<br />

primo ritrattò ed ebbe la grazia di essere strangolato prima che il suo corpo<br />

fosse dato alle fiamme. La moglie di Herrazuelo ritrattò e fu punita col carcere a<br />

vita; dopo 7 anni ritirò la ritrattazione e fu condotta al rogo.<br />

I resti della madre di Cazallas, colpevole di avere ospitato a casa sua dei<br />

riformati per i servizi religiosi, vennero riesumati e bruciati e la casa stessa fu<br />

rasa al suolo. Gli ultimi protestanti di Valladolid comparvero l’8 ottobre 1559 <strong>in</strong><br />

un auto de fe celebrato con grande solennità davanti a una folla di almeno<br />

200.000 spettatori e alla presenza del re Filippo II. Dei 26 condannati, 2 furono<br />

arsi vivi (uno di loro, di nome De Seso, che era stato il fondatore della comunità,<br />

aveva subito tali torture che a malapena poté reggersi <strong>in</strong> piedi per ascoltare la<br />

sua sentenza). Altri fecero atto di contrizione davanti al rogo e furono strangolati<br />

prima di essere bruciati.<br />

Dopo il 1565 il protestantesimo spagnolo era praticamente est<strong>in</strong>to. L’Inquisizione<br />

celebrò ancora i suoi atroci autos de fe, ma le vittime furono mar<strong>in</strong>ai e<br />

commercianti stranieri di fede luterana che commisero l’imprudenza di rivelare<br />

la loro identità religiosa <strong>in</strong> territorio spagnolo.<br />

Nel 1570 l’Inquisizione fu esportata nelle colonie sudamericane della Spagna:<br />

un tribunale fu istituito a Lima, nell’attuale Perù, e commissari <strong>in</strong>quisitoriali<br />

vennero <strong>in</strong>sediati <strong>in</strong> varie località del cont<strong>in</strong>ente. Quegli spietati persecutori ebbero<br />

il loro da fare quando nel sud-America sbarcarono numerosi ebrei portoghesi.<br />

Con l’avvento della d<strong>in</strong>astia dei Borboni <strong>in</strong> Spagna all’<strong>in</strong>izio del secolo XVIII,<br />

l’Inquisizione dovette mitigare i suoi metodi brutali: gli <strong>in</strong>quisitori spagnoli di<br />

quest’epoca furono “dei veri modelli di dolce ragionevolezza e clemenza. Lo spirito<br />

dell’età... era più forte dell’Inquisizione” (A.S.Turberville, op. cit., pp. 150-151).<br />

Tra la f<strong>in</strong>e del secolo XVIII e l’<strong>in</strong>izio del XIX, lo spirito liberale e repubblicano<br />

della Rivoluzione Francese <strong>in</strong>vestì anche la Spagna. Nel 1798 il vescovo repubblicano<br />

francese di Blois chiese agli spagnoli di abolire l’Inquisizione, rovesciare<br />

il dispotismo regio e <strong>in</strong>staurare la tolleranza religiosa, ma non fu ascoltato.<br />

Nel dicembre del 1808, Napoleone Bonaparte <strong>in</strong> persona giunse a Madrid - dove<br />

quello stesso anno le armate di Murat e Junot avevano messo sul trono di Spagna<br />

Giuseppe Bonaparte - e dispose con un decreto l’abolizione dell’Inquisizione<br />

e il sequestro delle sue proprietà a beneficio della Corona. Nel 1813 le<br />

Cortes di Cadice - un organismo giuridico che rappresentava i territori non conquistati<br />

dalla Spagna - sebbene ostili ai Francesi, decretarono che l’Inquisizione<br />

era <strong>in</strong>compatibile con la nuova costituzione repubblicana da esse adottata l’anno<br />

precedente.<br />

Nel 1814 il liberismo spagnolo ricevette un duro colpo con la restaurazione<br />

di Ferd<strong>in</strong>ando VII, e l’Inquisizione fu riprist<strong>in</strong>ata, ma fu un episodio di breve durata.<br />

Nel 1820 la rivolta ispirata dal malgoverno di Ferd<strong>in</strong>ando costr<strong>in</strong>se il re a<br />

444


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 445<br />

CAPIRE DANIELE<br />

giurare fedeltà alla Costituzione del 1812 e ad abolire l’Inquisizione. Nel 1823<br />

un’armata francese entrò nel territorio spagnolo per restituire a Ferd<strong>in</strong>ando il<br />

pieno esercizio del potere regio, ma grazie all’atteggiamento fermo dei Francesi<br />

l’Inquisizione non fu più riprist<strong>in</strong>ata. Nel 1868 il pr<strong>in</strong>cipio della tolleranza religiosa<br />

fu <strong>in</strong>trodotto nella Costituzione spagnola e la persecuzione religiosa istituzionalizzata<br />

- figlia mostruosa dell’ibrido connubio fra il trono e l’altare - cessava<br />

def<strong>in</strong>itivamente dopo secoli di orrori <strong>in</strong>descrivibili.<br />

e) La persecuzione dei Valdesi<br />

Mezzo secolo dopo la conversione di Pietro Valdo, fiorenti colonie valdesi<br />

erano stanziate nelle valli alp<strong>in</strong>e del Piemonte, nella pianura lombarda e a nord<br />

delle alpi. Nel corso del XIII secolo nuove colonie fiorirono <strong>in</strong> Calabria, Puglia,<br />

Marche e Umbria.<br />

Verso la metà del ‘200 una prima ondata repressiva si abbatté sulle comunità<br />

lombarde costr<strong>in</strong>gendole ad abbandonare le città e cercare rifugio nelle<br />

campagne. Agl’<strong>in</strong>izi del ‘300, la persecuzione flagellò le comunità che si erano<br />

<strong>in</strong>sediate nella valle del Danubio e quelle stanziate nella zona delle Alpi occidentali.<br />

Nel Delf<strong>in</strong>ato la repressione fu particolarmente dura. A P<strong>in</strong>erolo nel 1312<br />

si accese il primo rogo di cui si ha notizia. La corte papale di Avignone non tollerava<br />

che l’eresia valdese prosperasse <strong>in</strong> quella parte della Francia così vic<strong>in</strong>a<br />

ad essa. Giovanni XXII e Benedetto XII <strong>in</strong> particolare esercitarono forti pressioni<br />

sui pr<strong>in</strong>cipi temporali, i vescovi e gli <strong>in</strong>quisitori aff<strong>in</strong>ché la “valdesia” fosse estirpata<br />

nella Francia del sud; e le prigioni non bastarono più per contenere gli arrestati.<br />

Dopo alcuni anni di calma relativa la repressione si scatenò di nuovo, negli<br />

ultimi decenni del secolo XIV, nelle regioni a nord e ad est delle Alpi occidentali.<br />

Due zelanti <strong>in</strong>quisitori, certi Mart<strong>in</strong>o Da Praga e Pietro Zwicker, fra il 1380 e<br />

il 1404 istruirono cent<strong>in</strong>aia di processi per “eresia” a carico di credenti valdesi<br />

nella Baviera, nel Brandeburgo, nella Stiria, nell’Ungheria, nella Slovacchia e<br />

nella Svizzera. Si riaccesero i roghi e si riempirono di nuovo le prigioni.<br />

La stretta dell’Inquisizione non s’allentò neppure durante il periodo critico<br />

dello Scisma d’Occidente, allorché per quasi 40 anni due papi (e talora tre) si<br />

anatemizzarono a vicenda da Roma e da Avignone.<br />

Alla f<strong>in</strong>e del ‘300, stremato da quasi due secoli di persecuzioni, il popolo<br />

valdese sembrava prossimo all’est<strong>in</strong>zione; <strong>in</strong>vece riprese vigore, specie dopo<br />

che, nel secolo successivo, str<strong>in</strong>se alleanza coi Taboriti, l’ala <strong>in</strong>transigente del<br />

movimento boemo degli Hussiti.<br />

Verso il 1450 furono riattivate le misure repressive contro i gruppi valdesi<br />

delle Alpi occidentali; esse furono più dure sul versante francese dove la persecuzione,<br />

organizzata dal legato papale e condotta dal duca Filippo di Savoia con<br />

l’assenso del re di Francia Carlo VIII, assunse i caratteri di una vera e propria<br />

crociata con una caccia spietata all’eretico.<br />

Nel 1488 la soldataglia del duca di Savoia devastò il Pragelato nel Piemonte,<br />

costr<strong>in</strong>gendo i valdesi a cercare scampo sui monti. Poi le milizie sabaude <strong>in</strong>vasero<br />

le vallate del versante francese distruggendone i villaggi. Le popolazioni<br />

445


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 446<br />

NOTE STORICHE<br />

fuggite sui monti furono raggiunte e massacrate senza pietà; dec<strong>in</strong>e di donne e<br />

bamb<strong>in</strong>i furono bruciati vivi nella caverna <strong>in</strong> cui avevano cercato rifugio.<br />

Nel 1532 si compì una svolta significativa nella storia del movimento valdese:<br />

a Chanforan, nella Val d’Angrogna, si tenne un s<strong>in</strong>odo storico nel quale i<br />

valdesi decisero di <strong>in</strong>serirsi nel grande movimento della Riforma. Tre anni dopo<br />

fu loro consegnata una traduzione <strong>in</strong> francese della Bibbia eseguita da Pietro Robert<br />

detto Olivetano e fatta stampare a loro spese a Neuchâtel.<br />

Nel 1536, crollato il ducato di Savoia i cui territori erano stati <strong>in</strong>vasi dalle<br />

truppe francesi, il movimento valdese si consolidò e la Riforma si propagò nel<br />

Piemonte, ma la prospettiva del carcere e del rogo non si allontanò del tutto.<br />

Uom<strong>in</strong>i di azione e di fede furono imprigionati e messi a morte. Nel 1536 fu annegato<br />

nell’Isère Mart<strong>in</strong>o Gon<strong>in</strong>, l’anno seguente vennero strangolati e arsi sul<br />

rogo Bartolomeo Hector e Nicolò Sartoris; nel 1538 fu martirizzato Goffredo Varaglia.<br />

Il r<strong>in</strong>novamento religioso che aveva percorso la Francia nel primo scorcio<br />

del XVI secolo aveva favorito l’affermarsi della fede evangelica nella parte meridionale<br />

del paese. Le comunità valdesi del Lubéron, nella Provenza, divennero il<br />

nucleo centrale di una vasta zona a prevalenza evangelica. Ma i parlamenti locali<br />

non tollerarono questo stato di cose e <strong>in</strong>trapresero una decisa azione repressiva.<br />

Quello di Aix-en-Provence <strong>in</strong> particolare decretò nel 1540 la condanna a morte<br />

di 19 valdesi provenzali e la distruzione della loro roccaforte, il borgo di Lubéron<br />

sui monti omonimi.<br />

L’esecuzione dell’editto fu sospesa per l’<strong>in</strong>tervento di Francesco I sollecitato<br />

dai pr<strong>in</strong>cipi tedeschi a seguito di un memoriale di Melantone; ma 5 anni dopo il<br />

re di Francia mutò atteggiamento e subito le bande mercenarie dell’armata del<br />

papa agli ord<strong>in</strong>i del barone Giovanni Meynier mossero da Avignone e percorsero<br />

la Provenza devastando le campagne e distruggendo i villaggi. Pochi valdesi<br />

riuscirono a riparare <strong>in</strong> Svizzera o <strong>in</strong> Piemonte, i più furono <strong>in</strong> parte massacrati,<br />

<strong>in</strong> parte catturati e condannati a remare nelle galere reali.<br />

Nell’Italia del sud la repressione non fu meno spietata. Il 22 febbraio 1560<br />

fu arrestato <strong>in</strong> Sicilia Giacomo Bonello, un predicatore piemontese che dalla Calabria<br />

si era recato nell’isola <strong>in</strong> missione esplorativa.<br />

Condannato a morte dall’Inquisizione, fu arso vivo a Palermo. Sette mesi<br />

dopo fu impiccato a Roma un altro predicatore piemontese, Gian Luigi Paschale,<br />

arrestato <strong>in</strong> Calabria dove si era recato <strong>in</strong> missione. Nello stesso anno giunsero a<br />

Cosenza, mandati dal card<strong>in</strong>ale Alessandr<strong>in</strong>o (il futuro Pio V), gli <strong>in</strong>quisitori<br />

Alfonso Urb<strong>in</strong>o e Valerio Malvic<strong>in</strong>i. Per l’enclave valdese <strong>in</strong> Calabria, che da più<br />

di un secolo viveva quasi nell’ombra nelle campagne del cosent<strong>in</strong>o, era giunta<br />

l’ora della f<strong>in</strong>e. Gli <strong>in</strong>quisitori si misero subito all’opera coadiuvati dai soliti delatori<br />

anonimi e com<strong>in</strong>ciarono gli arresti e le torture. I frati ebbero l’appoggio <strong>in</strong>condizionato<br />

del governatore della regione e nelle campagne popolate da contad<strong>in</strong>i<br />

valdesi si sparse il terrore. Chi poté fuggì ai monti o nei boschi. Nella zona<br />

di S.Sisto i perseguitati, braccati, reagirono con la forza della disperazione e gli<br />

assalitori furono resp<strong>in</strong>ti con perdite. Gli <strong>in</strong>quisitori bandirono allora una “santa”<br />

crociata e la repressione fu feroce. Tra maggio e giugno 1561 i fanti di Filippo II<br />

446


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 447<br />

CAPIRE DANIELE<br />

giunti espressamente dalla Spagna e i galeotti del vicereame liberati per l’occasione<br />

<strong>in</strong>vasero il territorio dell’enclave valdese e fu la carnefic<strong>in</strong>a. S.Sisto e Guardia<br />

Piemontese furono rasi al suolo. Gli scampati al massacro, fatti prigionieri, <strong>in</strong><br />

parte furono bruciati vivi, <strong>in</strong> parte furono venduti schiavi ai mori e <strong>in</strong> parte furono<br />

gettati nelle fosse e lasciati morire d’<strong>in</strong>edia. L’11 giugno a Montalto Uffugo<br />

88 valdesi furono sgozzati a uno a uno come bestie da macello sulla scal<strong>in</strong>ata<br />

della chiesa parrocchiale. Così <strong>in</strong> quella tragica primavera del 1561 la colonia<br />

valdese <strong>in</strong> terra calabra fu cancellata per sempre.<br />

In quegli anni la caccia all’eretico riprese anche nel Piemonte, dove il duca<br />

Emanuele Filiberto (1553-1580), rientrato <strong>in</strong> possesso delle sue terre dopo la vittoria<br />

degli Spagnoli sui Francesi, aveva <strong>in</strong>trapreso un’azione repressiva contro i<br />

valdesi. Il 21 gennaio 1561 le comunità contad<strong>in</strong>e delle valli, raccolte <strong>in</strong> assemblea<br />

sui monti di Bobbio, approvarono un documento - il “patto dell’Unione”col<br />

quale si impegnavano a opporsi con le armi al potere assoluto del sovrano<br />

<strong>in</strong> difesa del loro diritto alla dissidenza.<br />

I ducali contrattaccarono ripetutamente, sempre resp<strong>in</strong>ti dai valdesi che<br />

avevano <strong>in</strong>cendiato alcuni forti sabaudi. Emanuele Filiberto, dopo due mesi e<br />

mezzo di <strong>in</strong>utili tentativi di piegare i valdesi, decise di venire a patti con loro. Il<br />

5 giugno 1561 - il giorno <strong>in</strong> cui <strong>in</strong> Calabria venivano distrutti S.Sisto e Guardia<br />

Piemontese - una deputazione valdese s’<strong>in</strong>contrò a Cavour coi plenipotenziari<br />

del duca. Dalle due parti fu firmato un accordo <strong>in</strong> base al quale veniva condonata<br />

ai valdesi l’<strong>in</strong>dennità di guerra, erano loro riconosciuti alcuni diritti e si autorizzava<br />

la celebrazione pubblica del culto <strong>in</strong> alcune località scelte. Era la prima<br />

volta <strong>in</strong> Europa che un pr<strong>in</strong>cipe cattolico non solo r<strong>in</strong>unciava a distruggere l’eresia<br />

nei suoi possedimenti, ma ne riconosceva legalmente l’esistenza, anzi addirittura<br />

concedeva agli eretici garanzie giuridiche riguardo al loro culto. La curia romana<br />

naturalmente fece sentire la sua vivace protesta.<br />

Per i riformati del Piemonte seguì un periodo di stabilità e calma relative,<br />

anche grazie all’estendersi dell’<strong>in</strong>fluenza francese nelle terre sabaude. Entro la<br />

f<strong>in</strong>e del secolo, però, quando il duca di Savoia ebbe conquistato l’area del marchesato<br />

di Saluzzo, la repressione antiprotestante riprese vigore e <strong>in</strong> gran numero<br />

i valdesi della regione si videro costretti a prendere la via dell’esilio verso il<br />

Delf<strong>in</strong>ato o verso G<strong>in</strong>evra.<br />

Agli albori del XVII secolo il cattolicesimo r<strong>in</strong>novato uscito dalla Controriforma<br />

si avviò a riconquistare l’Europa: la Guerra dei trent’anni (1618-1648) riportò<br />

<strong>in</strong> effetti buona parte dell’area centrale del cont<strong>in</strong>ente sotto il controllo di<br />

Roma. La ricattolicizzazione forzata delle terre già sotto l’<strong>in</strong>fluenza della Riforma<br />

non risparmiò le valli del Piemonte. Sotto il duca Vittorio Amedeo I (1630-1637)<br />

il culto cattolico fu imposto nella Val Pragelato. Nella seconda metà del secolo,<br />

sotto la reggenza di Maria Crist<strong>in</strong>a, vedova di Vittorio Amedeo, e sotto i duchi<br />

Carlo Emanuele II (1638-1675) e Vittorio Amedeo II (1675-1730), le comunità<br />

valdesi del Piemonte vissero momenti tragici. Ai sudditi di un signore cattolico<br />

non era riconosciuto il diritto di professare una fede diversa dalla cattolica; per<br />

tutti gli acattolici dei suoi dom<strong>in</strong>i la corte sabauda fu dunque un nemico mortale.<br />

Nei primi mesi del 1655, quando a Tor<strong>in</strong>o reggeva il ducato per i figli m<strong>in</strong>ori<br />

447


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 448<br />

NOTE STORICHE<br />

Maria Crist<strong>in</strong>a, un esercito ducale forte di 4.000 armati agli ord<strong>in</strong>i del marchese<br />

di Pianezza <strong>in</strong>vase le valli e si dette al saccheggio. Le popolazioni subirono con<br />

una sorta di fatalistica rassegnazione la violenta aggressione delle bande armate<br />

sabaude. Invano i valdesi fecero conoscere ripetutamente alla corte di Tor<strong>in</strong>o la<br />

loro <strong>in</strong>tenzione di accettare le richieste dell’autorità ducale. Per imposizione del<br />

marchese di Pianezza, i soldati furono alloggiati nei comuni valdesi e una volta<br />

<strong>in</strong>sediatisi si dettero a massacrare proditoriamente le popolazioni <strong>in</strong>ermi (il fatto<br />

disgustoso passò alla storia col nome di “Pasque piemontesi”). Gli scampati alla<br />

strage fuggirono sulle alture dove la resistenza armata improvvisata da Giosuè<br />

Gianavello tenne a bada per alcuni giorni le bande ducali. Entro il 24 aprile 1655<br />

tutta la Val Germanasca era sotto il controllo dell’autorità ducale e i capi delle<br />

comunità furono messi al bando.<br />

La notizia della brutale repressione suscitò orrore e <strong>in</strong>dignazione <strong>in</strong> tutta<br />

l’Europa protestante. Il 17 maggio il Consiglio di Stato <strong>in</strong>glese giudicò il massacro<br />

dei valdesi <strong>in</strong> Piemonte un evento apocalittico, una manifestazione del potere<br />

dell’Anticristo. L’Inghilterra puritana manifestò il suo dolore per il martirio<br />

dei fratelli delle Alpi con un digiuno nazionale: il poeta John Milton evocò l’<strong>in</strong>fausto<br />

evento <strong>in</strong> un sonetto famoso (vedere G.Tourn, I Valdesi, pp. 144, 145). Il<br />

25 maggio l’Inghilterra <strong>in</strong>viò alla corte di Tor<strong>in</strong>o una nota di protesta e sollecitò<br />

l’<strong>in</strong>tervento degli stati europei. Un mese dopo mandò a Tor<strong>in</strong>o un ambasciatore<br />

straord<strong>in</strong>ario. Intanto nelle valli devastate i superstiti che erano stati piegati con<br />

la forza si ribellarono e sotto la guida di uom<strong>in</strong>i abili e coraggiosi come Gianavello<br />

e Jahier (e <strong>in</strong> seguito anche di ufficiali ugonotti) <strong>in</strong>trapresero una guerriglia<br />

senza quartiere.<br />

Sotto la pressione della diplomazia <strong>in</strong>ternazionale e della guerra partigiana,<br />

la corte sabauda dovette cedere. Il 18 agosto 1655 i delegati valdesi, assistiti da<br />

diplomatici <strong>in</strong>glesi e svizzeri, si <strong>in</strong>contrarono a P<strong>in</strong>erolo coi rappresentanti della<br />

corte, e dalle due parti fu firmato un accordo che riconosceva formalmente ai<br />

valdesi il diritto di esistere, ma <strong>in</strong> concreto lo negava, giacché le “Patenti di grazia”,<br />

come fu denom<strong>in</strong>ato il documento, presupponevano che a essi era concesso<br />

di esistere per la grazia del sovrano.<br />

Angherie di ogni genere, <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>ua violazione delle clausole dell’accordo,<br />

costr<strong>in</strong>sero i valdesi a riprendere la guerriglia e la corte sabauda ebbe buon<br />

gioco per farli passare come ribelli e banditi.<br />

La revoca dell’Editto di Nantes nel 1685, voluta da Luigi XIV di Francia,<br />

ebbe effetti immediati anche nel ducato di Savoia. Il culto ri<strong>formato</strong> fu proibito<br />

<strong>in</strong> tutta la valle e furono demoliti i templi valdesi, tranne pochi che vennero requisiti<br />

e adibiti al culto cattolico. Nel gennaio del 1686 il duca Vittorio Amedeo II<br />

(1675-1730), cedendo alle pressioni dello zio, Luigi XIV, impose con un editto la<br />

cessazione del culto valdese, l’allontanamento dei pastori e il battesimo cattolico<br />

dei bamb<strong>in</strong>i. Parve ancora una volta che ai valdesi non rimanesse altra via che<br />

quella dell’esilio. Ma <strong>in</strong>fervorati da un pastore orig<strong>in</strong>ario del Delf<strong>in</strong>ato, che sarebbe<br />

divenuto una figura di spicco nella storia del valdismo, Enrico Arnaud,<br />

scelsero ancora una volta la via della resistenza armata.<br />

All’<strong>in</strong>izio di maggio del 1686 le truppe sabaude di Gabriele di Savoia e<br />

448


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 449<br />

CAPIRE DANIELE<br />

quelle francesi agli ord<strong>in</strong>i del maresciallo Cat<strong>in</strong>at, accerchiarono le posizioni dei<br />

valdesi sulle alture impedendo la ritirata dei difensori. Ci fu una nuova carnefic<strong>in</strong>a<br />

dopo quella del 1655; i sopravvissuti che si arresero furono condotti nel<br />

fondovalle per essere avviati alle carceri; gli ultimi resistenti, catturati, furono<br />

precipitati nei burroni o impiccati agli alberi.<br />

Dei 14.000 valdesi che si stima vivessero nella valle prima della guerra,<br />

2.000 perirono, 8.500 vennero r<strong>in</strong>chiusi nelle carceri del ducato <strong>in</strong> condizioni disumane<br />

e furono decimati dalla fame e dal freddo; circa 3.500 - i più fragili -<br />

scamparono grazie all’abiura. Di 1.400 prigionieri avviati a Carmagnola ne sopravvissero<br />

400; un migliaio r<strong>in</strong>chiusi a Tr<strong>in</strong>o si ridussero presto a soli 46. Duemila<br />

prigionieri furono venduti a Venezia e f<strong>in</strong>irono come rematori nelle galere.<br />

A gennaio del 1687 il Duca concesse ai prigionieri sopravvissuti la facoltà di<br />

espatriare. In pieno <strong>in</strong>verno cent<strong>in</strong>aia di donne, vecchi e bamb<strong>in</strong>i uscirono dalle<br />

orribili carceri sabaude - veri “lager” antilitteram - e <strong>in</strong>trapresero una lunga marcia<br />

verso la libertà. Tra la metà di gennaio e i primi di marzo partirono <strong>in</strong> 2.700;<br />

arrivarono a G<strong>in</strong>evra <strong>in</strong> 2.490.<br />

La Controriforma aveva v<strong>in</strong>to ancora una volta lasciandosi dietro una scia di<br />

sangue, di rov<strong>in</strong>e e di <strong>in</strong>dicibili sofferenze. La comunità valdese delle Alpi uscì<br />

ridotta e stremata dalla terribile prova, ma non doma nella sua volontà di cont<strong>in</strong>uare<br />

a esistere.<br />

Tornare alle loro valli era l’aspirazione costante degli esuli. Un aiuto <strong>in</strong>sperato<br />

venne ad essi ancora una volta dall’Inghilterra. Nel 1688 il parlamento, a<br />

maggioranza protestante, depose il cattolico Giacomo II Stuart (l’evento passò<br />

alla storia come la “Gloriosa rivoluzione”) e offrì la corona alla figlia del deposto<br />

sovrano, Maria, e al di lei marito, il protestante Guglielmo D’Orange, statolder<br />

d’Olanda.<br />

Stimolati e assistiti dagli emissari del nuovo re d’Inghilterra <strong>in</strong>viati <strong>in</strong> Svizzera,<br />

gli esuli progettarono una nuova spedizione militare per riprendere la guerriglia<br />

alle spalle delle truppe franco-sabaude- La notte del 27 agosto 1689 un<br />

corpo di spedizione forte di 900 uom<strong>in</strong>i sbarcò sulla riva meridionale del Lago<br />

Lemano e si avviò a marce forzate verso le Alpi piemontesi (l’evento memoriale<br />

è ricordato dai Valdesi come il “glorioso rimpatrio”).<br />

All’avvic<strong>in</strong>arsi della piccola armata, le popolazioni cattoliche che si erano<br />

<strong>in</strong>sediate nelle terre valdesi fuggirono al piano: tutta la Val germanasca fu liberata<br />

senza combattere. Cat<strong>in</strong>at reagì immediatamente, ma la sua offensiva <strong>in</strong> gran<br />

parte fallì. Seguì una lunga pausa <strong>in</strong>vernale durante la quale il corpo di spedizione<br />

valdese venne del cont<strong>in</strong>uo assottigliandosi, sì che a primavera rimanevano<br />

sulle alture soltanto 300 uom<strong>in</strong>i. Enrico Arnaud, che aveva avuto un ruolo<br />

determ<strong>in</strong>ante nell’organizzazione del rimpatrio, assunse il comando militare e la<br />

condotta religiosa della m<strong>in</strong>uscola schiera.<br />

Ai primi di maggio Cat<strong>in</strong>at dispose <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e di battaglia i suoi 4.000 uom<strong>in</strong>i.<br />

E per i 300 disperati arroccati sui monti parve che non ci fosse scampo. Un<br />

evento naturale imprevedibile - una fitta nebbia scesa durante la notte - venne <strong>in</strong><br />

soccorso degli accerchiati permettendo loro di ritirarsi e attestarsi su posizioni<br />

più sicure. Pochi giorni dopo un evento politico ancora più imprevedibile li<br />

449


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 450<br />

NOTE STORICHE<br />

salvò def<strong>in</strong>itivamente: il duca di Savoia ruppe l’alleanza coi Francesi e str<strong>in</strong>se alleanza<br />

con l’Inghilterra e l’Austria.<br />

Nel 1694 Vittorio Amedeo II, per compiacere ai nuovi alleati, dovette emanare<br />

un editto di tolleranza che riconosceva ai valdesi il diritto di esistenza nelle<br />

loro terre. Due anni dopo però il duca, verosimilmente sotto la pressione del<br />

clero, trovò ancora il modo di colpire <strong>in</strong>direttamente i riformati dei suoi dom<strong>in</strong>i<br />

senza violare l’editto di tolleranza. Rientrato, con la pace di Ryswick, <strong>in</strong> possesso<br />

di territori già sotto la sovranità della Francia, espulse dai suddetti territori tutti i<br />

sudditi francesi che vi si erano <strong>in</strong>sediati. Di conseguenza dovettero prendere la<br />

via dell’esilio circa 3.000 riformati di nazionalità francese (valdesi e ugon,otti che<br />

si erano rifugiati <strong>in</strong> quelle terre dopo la revoca dell’Editto di Nantes). Lo stesso<br />

Arnaud dovette andarsene.<br />

Vittorio Amedeo II restr<strong>in</strong>se di nuovo la libertà di culto nei suoi domìni<br />

dopo la pace di Utrecht del 1715 che gli aveva permesso di recuperare la Savoia.<br />

Nel 1716 il duca proibì le assemblee non cattoliche con più di 10 partecipanti e<br />

nel 1721 impose il battesimo cattolico di tutti i neonati.<br />

Frattanto nella vecchia Francia borbonica e clericale, sotto l’<strong>in</strong>fluenza delle<br />

idee <strong>in</strong>novatrici dell’Illum<strong>in</strong>ismo, maturavano eventi che avrebbero <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e spazzato<br />

via l’ “Ancien Régime” e <strong>in</strong>staurato un clima liberale. Il piccolo popolo valdese<br />

delle Alpi salutò con entusiasmo i tempi nuovi che si annunciavano. I Valdesi<br />

aderirono all’ideale di “libertà”, eguaglianza e fraternità della Rivoluzione e<br />

divennero giacob<strong>in</strong>i moderati.<br />

Dopo la Rivoluzione, con l’estendersi al di qua delle Alpi dell’impero napoleonico,<br />

f<strong>in</strong>irono le persecuzioni e le angherie della corte ducale contro i valdesi,<br />

ma f<strong>in</strong>ì anche il popolo valdese come realtà giuridica e sociale. La libertà di<br />

culto fu garantita, ma furono liquidate le strutture ecclesiastiche realizzate dai<br />

valdesi nei secoli, furono soppressi il S<strong>in</strong>odo e la Tavola, furono annullati i regolamenti.<br />

Le chiese del Piemonte furono aggregate al Protestantesimo francese e i<br />

loro m<strong>in</strong>istri vennero stipendiati dallo Stato.<br />

La restaurazione post-napoleonica riportò nel Piemonte i Savoia. Nel 1815 il<br />

Congresso di Vienna restituì a Vittorio Emanuele I re di Sardegna (1802-1821)<br />

tutti i possedimenti sabaudi con l’aggiunta della Liguria. Col ritorno dei Savoia<br />

tornarono <strong>in</strong> vigore i divieti e le restrizioni, non però ai livelli dell’epoca pre-rivoluzionaria;<br />

i tempi comunque erano cambiati! Lo stato sabaudo, gretto e cattolico,<br />

dovette aprirsi alla politica <strong>in</strong>ternazionale: gli stati europei a regime monarchico<br />

che avevano contribuito a restaurarlo con l’abbattere l’impero napoleonico,<br />

aprirono a Tor<strong>in</strong>o le loro sedi diplomatiche.<br />

Fra questi stati figuravano l’Inghilterra, l’Olanda e la Prussia, potenze notoriamente<br />

protestanti . Ora i valdesi delle valli avevano degli <strong>in</strong>terlocutori <strong>in</strong>fluenti<br />

a cui rivolgersi <strong>in</strong> caso di necessità.<br />

Nel 1848 - l’anno fatidico delle rivoluzioni liberali <strong>in</strong> Europa - i valdesi rivolsero<br />

a re Carlo Alberto una supplica con la quale domandavano che fossero<br />

aboliti i Decreti che restr<strong>in</strong>gevano le loro libertà. L’8 febbraio di quell’anno il sovrano<br />

rese pubblica la sua <strong>in</strong>tenzione di concedere alla Nazione lo Statuto, e 9<br />

giorni dopo annunciò le “Lettere Patenti” con cui <strong>in</strong>tendeva restituire ai valdesi i<br />

450


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 451<br />

CAPIRE DANIELE<br />

diritti civili e politici, ma non i diritti religiosi. Le “Lettere Patenti” stabilivano testualmente:<br />

“Nulla però è <strong>in</strong>novato quanto all’esercizio del loro culto e alle<br />

scuole da essi dirette” (da G.Tourn, I Valdesi, p. 203).<br />

Nel 1852 divenne primo m<strong>in</strong>istro del regno sabaudo Camillo Benso Conte<br />

Di Cavour. Attraverso la madre g<strong>in</strong>evr<strong>in</strong>a e gli ambienti protestanti <strong>in</strong>glesi e svizzeri<br />

coi quali ebbe stretti contatti, lo statista piemontese subì fortemente l’<strong>in</strong>fluenza<br />

del protestantesimo. Liberale conv<strong>in</strong>to, Cavour contribuì alla laicizzazione<br />

dello Stato, nonostante l’opposizione del clero e di re Vittorio Emanuele II,<br />

applicando nel 1855 la famosa formula “Libera Chiesa <strong>in</strong> libero Stato”.<br />

La politica liberale cavouriana giovò alla causa della libertà religiosa dei<br />

Valdesi e <strong>in</strong> generale dei protestanti <strong>in</strong> Italia. Dopo 3 secoli di persecuzione e<br />

150 anni di segregazione, i valdesi poterono <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e vivere da liberi cittad<strong>in</strong>i <strong>in</strong><br />

uno stato non più stretto nella morsa del clericalismo !<br />

(Le notizie di questa sezione della nota 11a sono state att<strong>in</strong>te <strong>in</strong> massima<br />

parte nell’opera di Giorgio Tourn, I Valdesi).<br />

f) Wycliff e Huss. Persecuzioni dei Lollardi <strong>in</strong> Inghilterra<br />

e degli Hussiti <strong>in</strong> Boemia<br />

Negli anni della “cattività babilonese” (1309-1376), la corte papale di Avignone<br />

cercò di emulare le corti secolari nella ricchezza e nello sfarzo. “La vita<br />

che i papi conducevano <strong>in</strong> Avignone - dice lo storico Carl Grimberg - suscitava<br />

scandalo a motivo del lusso che regnava nel palazzo e delle numerose feste con<br />

le quali cercavano di eclissare tutti gli altri potenti d’Europa” (Storia Universale,<br />

vol. IV, p. 338).<br />

Per mantenere un tenore di vita così dispendioso, i pontefici si videro nella<br />

necessità di creare un esoso sistema fiscale. “La curia - osserva A.Agnoletto - diventa<br />

un governo non molto diverso nella sua prassi degli altri cosiddetti civili o<br />

temporali. Le nom<strong>in</strong>e ecclesiastiche, le concessioni di <strong>in</strong>dulgenze, il bando di<br />

crociate, lo scioglimento di voti: tutto è pretesto per <strong>in</strong>camerare proventi” (Storia<br />

del Cristianesimo, p. 200).<br />

In Inghilterra un uomo di notevole statura <strong>in</strong>tellettuale e morale, John Wycliff,<br />

<strong>in</strong>sorse contro siffatto stato di cose e stigmatizzò il malcostume del clero,<br />

triste corollario di un seguito di mali che segnarono la vita della Chiesa <strong>in</strong> questo<br />

periodo del Medioevo. Scrive ancora C.Grimberg riguardo alle prese di posizione<br />

di Wycliff nei confronti del clero del suo tempo: “Davanti allo spettacolo<br />

della corruzione che regnava fra preti e monaci, egli si sentì l’animo di un Geremia:<br />

confrontava la vita dissoluta dei chierici del suo tempo ai costumi di<br />

estrema purezza dei primi cristiani; portava questi ad esempio di tutti i servi<br />

della Chiesa, dal papa f<strong>in</strong>o all’ultimo curato; scagliava fulm<strong>in</strong>i contro le orde di<br />

monaci fannulloni ‘dalle gote rosse e tonde e dallo stomaco capace di digerire il<br />

cibo di un’<strong>in</strong>tera famiglia’ ” (op. cit., pp. 341-342).<br />

John Wycliff era un uomo di cultura. Nato <strong>in</strong>torno al 1320 <strong>in</strong> una famiglia<br />

dello Yorkshire appartenente alla piccola nobiltà, da adulto studiò diritto, filosofia<br />

e teologia nell’Università di Oxford dalla quale ottenne al term<strong>in</strong>e degli studi<br />

il dottorato <strong>in</strong> queste discipl<strong>in</strong>e.<br />

451


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 452<br />

NOTE STORICHE<br />

Nel 1367 nacque una controversia fra la curia avignonese e la corona britannica,<br />

avendo il Parlamento lond<strong>in</strong>ese resp<strong>in</strong>to la richiesta avanzata da Urbano<br />

V riguardo al pagamento di un tributo non riscosso da vari decenni.<br />

Si trattava di un tributo che la Chiesa esigeva dallo Stato <strong>in</strong>glese <strong>in</strong> segno di<br />

sudditanza feudale da quando Innocenzo III aveva tolto l’<strong>in</strong>terdetto a Giovanni<br />

Senza Terra e gli aveva restituito la corona.<br />

Wycliff <strong>in</strong>tervenne <strong>in</strong> veste di giurista nel conflitto che oppose Urbano V ed<br />

Edoardo III, sostenendo l’<strong>in</strong>dipendenza del potere civile dalla Santa Sede.<br />

La corona lo ricompensò con la nom<strong>in</strong>a a professore di filosofia e teologia<br />

nella prestigiosa Università di Oxford; nel 1375 gli venne anche assegnata la parrocchia<br />

di Lutterworth. Palad<strong>in</strong>o dei diritti nazionali contro le pretese del papato,<br />

Wycliff riscosse ampi consensi fra i connazionali.<br />

Nel 1376 il professore di Oxford, con la parola e con la penna attaccò duramente<br />

la mondanità della Chiesa. Richiamandosi al pr<strong>in</strong>cipio della povertà evangelica<br />

a cui la Chiesa deve ispirarsi, sostenne che i beni ecclesiastici dovevano<br />

essere <strong>in</strong>camerati dallo Stato e che questo doveva provvedere al sostentamento<br />

del clero. Wycliff si sp<strong>in</strong>se tanto <strong>in</strong>nanzi nella sua polemica antipapale da contestare<br />

l’autorità spirituale del pontefice.<br />

Gli avversari lo accusarono di eresia presso la curia e il papa si affrettò a<br />

condannare le sue idee. Il “delitto” più grave di Wycliff era stato l’attacco mosso<br />

al capo e ai pr<strong>in</strong>cipi della Chiesa.<br />

Il vescovo di Londra ricevette l’ord<strong>in</strong>e di fare arrestare l’eretico: Wycliff fu<br />

tradotto davanti ai giudici lond<strong>in</strong>esi, ma i nobili ve lo sottrassero a mano armata<br />

e l’op<strong>in</strong>ione pubblica si schierò dalla sua parte.<br />

Lo scisma della Chiesa com<strong>in</strong>ciato nel 1379, a tre anni dal ritorno del pontefice<br />

nella sede romana, precipitò la Chiesa stessa <strong>in</strong> una crisi ancora più<br />

profonda della precedente, con due pontefici che si davano reciprocamente<br />

dell’Anticristo, due curie e due esponenti separati, un ulteriore abbassamento del<br />

livello morale del clero e una cattolicità demoralizzata e disorientata. Lo storico<br />

C.Grimberg cita alcuni fatti che danno la misura del degrado morale del clero<br />

<strong>in</strong>glese <strong>in</strong> quegli anni <strong>in</strong>fausti: “... fra il 1378 e il 1408 tre preti lond<strong>in</strong>esi si erano<br />

resi colpevoli di assass<strong>in</strong>io, altri si davano al brigantaggio e ad altre violenze.<br />

Che i servi della Chiesa vivessero <strong>in</strong> concub<strong>in</strong>aggio <strong>in</strong>vece che attenersi alle regole<br />

di ast<strong>in</strong>enza sembrava a tutti tanto normale da non trovarsi nulla da ridire:<br />

certi vescovi, anzi, <strong>in</strong>coraggiavano tali pratiche <strong>in</strong> quanto vi trovavano ottima<br />

fonte di reddito a causa delle dispense che vendevano ai chierici” (op. cit., p.<br />

343). Non meraviglia che Wycliff nei suoi scritti attaccasse con veemenza il celibato<br />

ecclesiastico.<br />

Il ri<strong>formato</strong>re <strong>in</strong>glese rifiutò le dottr<strong>in</strong>e della Chiesa che non avevano fondamento<br />

nella Scrittura, come le messe per i defunti, la teoria delle <strong>in</strong>dulgenze, la<br />

venerazione dei santi e delle reliquie, la confessione auricolare. Sul dogma della<br />

transustanziazione espresse seri dubbi.<br />

In vari scritti sostenne la necessità di una riforma della Chiesa per attuare la<br />

quale l’unica guida doveva essere la Scrittura. Coerente con tale sua conv<strong>in</strong>zione,<br />

nel 1380 <strong>in</strong>traprese quella che doveva essere l’opera più importante della<br />

452


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 453<br />

CAPIRE DANIELE<br />

sua vita, la traduzione della Bibbia nella l<strong>in</strong>gua del popolo dal testo lat<strong>in</strong>o della<br />

Vulgata.<br />

L’avere istruito e <strong>in</strong>viato <strong>in</strong> missione per tutto il Paese un numero cospicuo<br />

di predicatori col compito di far conoscere agli <strong>in</strong>glesi le verità rivelate nella<br />

Scrittura fu un altro grande merito di Wycliff. Gli avversari chiamarono sprezzantemente<br />

“lollards”, “sem<strong>in</strong>atori di zizzanie” (lat<strong>in</strong>o “lolium”) questi predicatori it<strong>in</strong>eranti<br />

che il popolo accolse comunque con favore.<br />

La rivolta dei contad<strong>in</strong>i nel 1381, della quale <strong>in</strong>giustamente gli avversari addossarono<br />

la responsabilità a Wycliff, alienò al ri<strong>formato</strong>re le simpatie di una<br />

parte della nobiltà e rafforzò la posizione dei suoi oppositori.<br />

Nel 1382 l’arcivescovo di Canterbury, l’avversario più accanito di Wycliff,<br />

convocò a Londra un s<strong>in</strong>odo che condannò come ereticali molte dichiarazioni<br />

del ri<strong>formato</strong>re; gli amici che avevano condiviso e sostenuto le sue idee furono<br />

espulsi dall’Università e mandati <strong>in</strong> esilio.<br />

Wycliff comunque godette ancora del favore popolare e della protezione di<br />

uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong>fluenti e poté vivere e lavorare tranquillo f<strong>in</strong>o al giorno della sua<br />

morte, sopravvenuta nel 1384.<br />

Per una di quelle svolte imprevedibili della storia che mutano il corso degli<br />

eventi, con l’ascesa al trono d’Inghilterra di Enrico IV Lancaster alla morte di Riccardo<br />

II Plantageneta nel 1399, la sorte dei seguaci di Wycliff com<strong>in</strong>ciò a mutare.<br />

Forse più per ragioni politiche che religiose, il nuovo sovrano d’Inghilterra attuò<br />

una politica <strong>in</strong>tollerante e persecutoria verso i lollardi. Il figlio e successore di<br />

Enrico IV, Enrico V, con l’appoggio della Chiesa, appesantì ancora di più la<br />

mano contro di loro. Numerosi seguaci di Wycliff furono imprigionati, torturati,<br />

arsi sul rogo. L’Inghilterra conobbe anch’essa gli orrori dell’Inquisizione che f<strong>in</strong>ora<br />

le erano stati risparmiati.<br />

Gli scritti di Wycliff giunsero <strong>in</strong> Boemia grazie agli stretti contatti che si stabilirono<br />

fra le università di Oxford e di Praga nei primi anni del ‘400. A Praga le<br />

tesi wycliffite suscitarono discussioni appassionate e raccolsero molti consensi<br />

tra i docenti e gli studenti. Si formò un partito di Wycliff a capo del quale venne<br />

a trovarsi Giovanni Huss, professore nell’Università di Praga e predicatore eloquente.<br />

Giovanni Huss era nato nel 1369 a Huss<strong>in</strong>etz, nella Boemia meridionale, da<br />

umile famiglia contad<strong>in</strong>a. Nel 1390 era entrato nell’Università di Praga e sei anni<br />

dopo ne era uscito con un dottorato. Nel 1401 era stato nom<strong>in</strong>ato preside della<br />

facoltà di filosofia e nel 1409 rettore dell’Università. Attratto anche dalla vita ecclesiastica,<br />

nel 1400 era stato ord<strong>in</strong>ato sacerdote e 3 anni dopo l’arcivescovo di<br />

Praga Sbynko lo aveva nom<strong>in</strong>ato predicatore del s<strong>in</strong>odo.<br />

Conquistato dalle dottr<strong>in</strong>e di Wycliff, di cui tradusse <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua boema il<br />

Trialogus, Giovanni Huss se ne fece entusiasta propagatore favorito dal suo ufficio<br />

di predicatore s<strong>in</strong>odale. Non era dotato di un <strong>in</strong>gegno personale (le sue prediche<br />

e i suoi scritti erano per la massima parte un riflesso degli scritti di Wycliff),<br />

ma la sua dialettica appassionata affasc<strong>in</strong>ava gli uditori. “Wycliff - scrive<br />

C.Grimberg - era un pensatore dalla schematicità di un sapiente; Huss, col suo<br />

entusiasmo passionale, divenne un profeta” (op. cit., vol. IV, p. 346).<br />

453


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 454<br />

NOTE STORICHE<br />

Le prediche di Huss suscitarono <strong>in</strong>teresse e consensi crescenti fra il popolo<br />

e contribuirono a far sorgere <strong>in</strong> Boemia un movimento che assunse ben presto il<br />

carattere di una protesta nazionale contro la predom<strong>in</strong>ante <strong>in</strong>fluenza politica e<br />

culturale tedesca e contro l’<strong>in</strong>vadenza del clero. Era <strong>in</strong>evitabile che l’ardente predicatore<br />

attirasse contro di sé l’ostilità degli ambienti ecclesiastici, specie dopo<br />

che ebbe denunciato con veemenza il lassismo scandaloso dei prelati.<br />

Nel 1410 l’arcivescovo Sbynko ottenne dal papa l’autorizzazione a proibire<br />

la diffusione delle dottr<strong>in</strong>e di Wycliff e la lettura delle sue opere. Tutti gli scritti<br />

del ri<strong>formato</strong>re <strong>in</strong>glese che si riuscì a raccogliere furono bruciati <strong>in</strong> un solenne<br />

autodafé. Per nulla <strong>in</strong>timorito da quelle misure repressive, e sorretto dalla fedeltà<br />

<strong>in</strong>defettibile dei suoi amici, Huss cont<strong>in</strong>uò a esporre e sostenere nelle sue prediche<br />

le idee <strong>in</strong>novative che erano giunte dall’Inghilterra.<br />

Neanche la scomunica vescovile che si abbatté su lui e sui suoi sostenitori<br />

valse a far desistere l’<strong>in</strong>trepido predicatore dal denunciare gli abusi di una<br />

Chiesa corrotta; quando venne <strong>in</strong> Boemia un legato di papa Giovanni XIII per<br />

offrire ai fedeli le <strong>in</strong>dulgenze dietro compenso di denaro sonante (il denaro serviva<br />

al pontefice per <strong>in</strong>traprendere la guerra contro Ladislao re di Napoli partigiano<br />

del suo avversario Gregorio XII), Huss stigmatizzò duramente quel modo<br />

<strong>in</strong>degno di estorcere denaro alla povera gente. Tutta Praga si ribellò con lui e la<br />

pace della Chiesa fu turbata.<br />

Gli avversari dell’eretico ottennero da papa Giovanni XIII una nuova bolla<br />

di scomunica con la quale si proibiva ai buoni cattolici di dare cibo e bevanda al<br />

“ribelle” e pers<strong>in</strong>o di rivolgergli la parola. Con una bolla successiva il papa ord<strong>in</strong>ava<br />

ai fedeli di impadronirsi della persona di Giovanni Huss e consegnarla al<br />

vescovo perché egli fosse giudicato e arso vivo sul rogo. E poiché le <strong>in</strong>giunzioni<br />

delle due bolle non ebbero alcun effetto, il pontefice colpì di <strong>in</strong>terdetto tutta la<br />

città. Huss, per liberare i concittad<strong>in</strong>i dalla tremenda situazione, si allontanò volontariamente<br />

da Praga, non senza domandare al re che si convocasse un concilio.<br />

Nell’attesa proseguì nelle campagne la sua coraggiosa denuncia dei mali che<br />

avvelenavano la vita della Chiesa <strong>in</strong> Boemia, mali tutt’altro che immag<strong>in</strong>ari.<br />

“Nel compulsare i processi verbali d’ispezione e altri documenti - scrive<br />

C.Grimberg - si ha realmente l’impressione che la decadenza morale dei preti<br />

boemi non avesse limiti. Alcuni storici ecclesiastici dell’epoca poterono assodare<br />

che una vita scandalosa era pressappoco di regola fra loro” (op. cit., pp. 348-<br />

349).<br />

Con l’<strong>in</strong>tento di risanare la crisi profonda <strong>in</strong> cui si dibatteva una chiesa divisa<br />

tra i partigiani di due papi deposti e ribelli e i sostenitori del papa riconosciuto<br />

come legittimo (Giovanni XIII), re Sigismondo d’Ungheria (<strong>in</strong> seguito anche<br />

re di Boemia e imperatore di Germania) sollecitò e ottenne dal pontefice la<br />

convocazione di un concilio che si aprì solennemente nella città di Costanza<br />

nell’autunno del 1414.<br />

Oltre che tentare di sciogliere il nodo della divisione della Chiesa, il concilio<br />

doveva anche affrontare la questione dell’eresia ussita.<br />

Fu <strong>in</strong>timato a Giovanni Huss di comparire davanti al concilio, ed egli fu<br />

lieto di recarsi a Costanza, credendo <strong>in</strong>genuamente di poter conv<strong>in</strong>cere i padri<br />

454


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 455<br />

CAPIRE DANIELE<br />

conciliari di non essere un eretico; così, sordo agli appelli degli amici che cercarono<br />

<strong>in</strong> ogni maniera di dissuaderlo, egli partì per Costanza con un salvacondotto<br />

del re Sigismondo. Ma appena giunto <strong>in</strong> città fu arrestato dalle guardie del<br />

re e r<strong>in</strong>chiuso <strong>in</strong> prigione: Sigismondo aveva dovuto cedere al ricatto dei prelati<br />

che avevano m<strong>in</strong>acciato di sciogliere il concilio.<br />

Condotto davanti al collegio dei card<strong>in</strong>ali con l’imputazione di avere sostenuto<br />

e propagato non meno di 43 “eresie”, il prigioniero, nonostante che avesse<br />

umilmente manifestato la sua disponibilità a ritrattare qualora lo si fosse conv<strong>in</strong>to<br />

di eresia, fu gettato <strong>in</strong> una piccola cella buia malsana di un monastero sul lago<br />

di Costanza. Dopo più di 6 mesi di durissima prigionia e di sfibranti <strong>in</strong>terrogatori<br />

che avevano irrimediabilmente m<strong>in</strong>ato la sua salute, Giovanni Huss il 6 luglio<br />

1415 venne condannato alla pena del rogo. Udita la sentenza (si dice che il re<br />

fosse arrossito mentre la leggeva), l’eretico si genuflesse e <strong>in</strong>vocò dal Signore il<br />

perdono per i suoi persecutori. Quello stesso giorno Huss sopportò con grande<br />

dignità il supplizio atroce che gli venne <strong>in</strong>flitto. La notizia del suo martirio suscitò<br />

grande dolore e <strong>in</strong>dignazione <strong>in</strong> tutta la Boemia.<br />

L’anno seguente fu tradotto davanti agli <strong>in</strong>quisitori il discepolo di Huss, Girolamo<br />

da Praga. Avendo mantenuto con fermezza le sue conv<strong>in</strong>zioni, come il<br />

suo maestro fu condannato per eresia e arso vivo sul rogo il 30 maggio 1416.<br />

“Se i prelati del concilio avevano sperato che bastasse far salire sul rogo Huss e<br />

Gerolamo per estirpare def<strong>in</strong>itivamente l’eresia dalla Boemia - osserva C.Grimberg<br />

- si erano grandemente sbagliati; <strong>in</strong>fatti il movimento ussita divenne veramente<br />

pericoloso proprio quando ebbe i suoi martiri” (op. cit.. p. 357).<br />

Gli ussiti e tutto il popolo boemo <strong>in</strong>sorsero unanimi contro il re Sigismondo<br />

a cui non perdonarono di avere tratto <strong>in</strong> <strong>in</strong>ganno Giovanni Huss con un falso<br />

salvacondotto. I contad<strong>in</strong>i cechi trovarono un capo abile e valoroso <strong>in</strong> Giovanni<br />

Zizka. Quando la cavalleria tedesca per sollecitazione del papa <strong>in</strong>traprese una<br />

crociata per soffocare l’eresia <strong>in</strong> Boemia, dovette fare i conti coi patrioti di Zizka.<br />

Fortemente motivati essi affrontarono gli aggressori con grande determ<strong>in</strong>azione e<br />

li sconfissero. In una successiva battaglia che ebbe luogo nel 1421 gli <strong>in</strong>sorti<br />

boemi abilmente guidati dal loro condottiero, sebbene tre volte <strong>in</strong>feriori di numero<br />

rispetto ai nemici, conseguirono una vittoria ancora più eclatante sulle<br />

truppe di Sigismondo; il re stesso si salvò con la fuga.<br />

Purtroppo gli ussiti f<strong>in</strong>irono per dividersi <strong>in</strong> due partiti <strong>in</strong> lotta fra loro: i<br />

moderati calist<strong>in</strong>i che sostenevano l’op<strong>in</strong>ione di Huss secondo cui tutto ciò che<br />

nel culto non era <strong>in</strong> aperto contrasto con la legge di Dio poteva essere mantenuto,<br />

e gli <strong>in</strong>transigenti taboriti, partigiani di una riforma radicale. Nelle lotte che<br />

seguirono alla spaccatura del movimento i taboriti ebbero la peggio e molti di<br />

loro perirono. I superstiti s’unirono ai valdesi boemi e <strong>in</strong>sieme con loro formarono<br />

la comunità dei Fratelli boemi e moravi. I calist<strong>in</strong>i, ai quali nel 1433 il concilio<br />

di Basilea aveva concesso il calice per i laici, si organizzarono come chiesa<br />

autonoma separata da Roma.<br />

La memoria di Giovanni Huss è ancora viva tra i Cechi, i quali considerano<br />

il ri<strong>formato</strong>re-martire “il maggiore dei loro eroi nazionali, il loro primo campione<br />

della libertà religiosa e politica”.<br />

455


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 456<br />

NOTE STORICHE<br />

g) La Controriforma e il riprist<strong>in</strong>o dell’Inquisizione<br />

Nella prima metà del ‘200 la Chiesa romana aveva istituito l’Inquisizione per<br />

prevenire la r<strong>in</strong>ascita del catarismo, pressoché distrutto con la crociata di Innocenzo<br />

III (vedi sez. c di questa nota), e reprimere il valdismo che andava propagandosi<br />

nell’Italia del nord e nell’Europa centrale (vedi sez. e). Nei secoli XIII e<br />

XIV l’Inquisizione aveva agito <strong>in</strong> Germania, Francia e Italia, non sempre con<br />

eguale rigore ed efficacia, al punto da non riuscire a spegnere del tutto la dissidenza<br />

dottr<strong>in</strong>ale. Nella Spagna <strong>in</strong>vece l’aveva annientata sul nascere (vedi sez. d).<br />

Dal XV secolo la lotta contro la “valdesia” nella regione alp<strong>in</strong>a era stata<br />

condotta dai duchi di Savoia (vedi sez. e), cosicché l’Inquisizione non era stata<br />

particolarmente impegnata <strong>in</strong> Italia. Nella Spagna al contrario era stata molto attiva<br />

da quando nel 1480 era divenuta un’impresa di Stato, e aveva agito con<br />

estrema durezza pr<strong>in</strong>cipalmente contro gli ebrei e i musulmani (vedi sez. d).<br />

Nel ‘500 la Chiesa romana si trovò a dover fronteggiare una situazione ben<br />

più seria di quella rappresentata dall’eresia valdese, vale a dire la propagazione<br />

<strong>in</strong> Europa della Riforma protestante. Per combatterla i papi <strong>in</strong>trapresero<br />

un’azione risoluta e vigorosa che gli storici tedeschi hanno denom<strong>in</strong>ato la Controriforma.<br />

Il Concilio di Trento (1545-1563) ne fu l’espressione più significativa.<br />

Prima di considerare la reazione cattolica alla Riforma luterana e gli effetti<br />

che essa ebbe sul nascente protestantesimo italiano, gioverà accennare a un avvenimento<br />

che precedette di mezzo secolo la Controriforma, e che mostra da un<br />

lato quanto fosse sentita anche <strong>in</strong> Italia la necessità di un r<strong>in</strong>novamento <strong>in</strong>terno<br />

della Chiesa e dall’altro quanto la Chiesa stessa fosse poco <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>e a r<strong>in</strong>novarsi.<br />

La vicenda alla quale ci riferiamo si svolse nella Firenze dei Medici e della<br />

Repubblica post-medicea nell’ultimo scorcio del ‘400 ed ebbe a protagonista il<br />

domenicano Girolamo Savonarola.<br />

Nato a Ferrara nel 1452, Savonarola era entrato nel convento di S.Domenico<br />

a Bologna nel 1475 e sette anni dopo era stato <strong>in</strong>viato come predicatore a Firenze,<br />

nel convento di S.Marco. Avverso a quel r<strong>in</strong>ascimento paganeggiante che<br />

<strong>in</strong> Firenze aveva avuto la sua culla, e disgustato dalla corruzione imperante nella<br />

società laica e nel clero, Savonarola vagheggiò il sogno di una città purgata da<br />

ogni forma di lassismo e tramutata <strong>in</strong> una sorta di stato teocratico, una novella<br />

Gerusalemme che stimolasse e guidasse il r<strong>in</strong>novamento del mondo cristiano a<br />

com<strong>in</strong>ciare da Roma papale.<br />

Mosso da un’ardente passione mistica, il frate-profeta perseguì con coraggio<br />

e tenacia il suo grande sogno. La sua figura di asceta e le sue prediche <strong>in</strong>fiammate<br />

pervase di spirito biblico fecero grande impressione sui fiorent<strong>in</strong>i. “Alla decadenza<br />

del clero e del papato, alla frivolezza della civiltà r<strong>in</strong>ascimentale - scrive<br />

Attilio Agnoletto - fra’ Girolamo oppose la sua fede cementata dalla meditazione<br />

dell’Antico e del Nuovo Testamento, la sua irreprensibile purezza, il suo spirito<br />

d’ascetismo di sapore medievale” (Storia del Cristianesimo, p. 252).<br />

Con la venuta <strong>in</strong> Italia del re di Francia Carlo VIII e dopo la morte di Lorenzo<br />

Dei Medici avvenuta 2 anni prima, il frate <strong>in</strong>novatore accentuò la sua predicazione<br />

profetica e parve che il suo sogno di una Firenze r<strong>in</strong>novata moralmente<br />

e politicamente si avverasse. Cacciati che furono i Medici e <strong>in</strong>stauratasi la<br />

456


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 457<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Repubblica fiorent<strong>in</strong>a nel 1494, Savonarola ne divenne il capo effettivo. Il popolo<br />

fiorent<strong>in</strong>o appoggiò la sua legislazione democratica che contemplava fra altre<br />

<strong>in</strong>novazioni la riforma delle imposte e l’abolizione dell’usura.<br />

Il frate <strong>in</strong>sorse con veemenza contro la vita scandalosa che si conduceva<br />

nella corte papale a Roma e <strong>in</strong> modo particolare contro la condotta immorale di<br />

papa Borgia. Alessandro VI gli proibì di predicare, ma il frate non si sottomise.<br />

Scomunicato, rispose con parole assai dure al severo provvedimento del papa.<br />

“Come era da prevedere - dice lo storico del cristianesimo Enrico Meynier - <strong>in</strong><br />

questa lotta tra Alessandro VI e l’ardente domenicano, questi doveva avere la<br />

peggio. Firenze lasciò che il Savonarola, che già era stato suo idolo, venisse giudicato<br />

e condannato a morte...” (Storia dei papi, p. 219).<br />

Accusato di essere un falso profeta e un eretico, Savonarola venne arrestato<br />

dopo che il popol<strong>in</strong>o ebbe assalito il suo convento. Il partito reazionario <strong>in</strong> Firenze<br />

e la curia romana non gli perdonarono di avere voluto e promosso il r<strong>in</strong>novamento<br />

della vita pubblica ed ecclesiastica nella città medicea. Tradotto davanti<br />

a una commissione pontificia per essere giudicato, il frate “ribelle” fu condannato<br />

a morte e consegnato al braccio secolare per essere giustiziato. Al vescovo<br />

che gli disse: “Io ti separo dalla Chiesa militante e trionfante”, rispose:<br />

“Trionfante no!” Il 23 maggio 1498 fra’ Girolamo e i suoi fedeli discepoli fra’ Domenico<br />

e fra’ Silverio furono impiccati <strong>in</strong> Piazza della Signoria; poi i loro corpi<br />

furono arsi e le ceneri furono sparse nell’Arno.<br />

Il r<strong>in</strong>novamento morale che produsse l’opera di Girolamo Savonarola fu un<br />

fatto notevole ma episodico ed effimero, e circoscritto alla sola città di Firenze.<br />

La grande illusione del frate-profeta era stata quella di poter riformare la vita<br />

della Chiesa rimanendo nella Chiesa.<br />

Mezzo secolo dopo, la Controriforma agì all’<strong>in</strong>terno della Chiesa romana<br />

come un movimento di r<strong>in</strong>novamento e di conservazione nel medesimo tempo,<br />

e verso l’esterno assunse il carattere di una poderosa controffensiva all’<strong>in</strong>dirizzo<br />

del protestantesimo. Per condurre questa azione i papi della Controriforma, da<br />

Paolo III e Giulio III a Paolo IV e Pio IV..., si valsero molto dell’opera degli ord<strong>in</strong>i<br />

religiosi, massimamente della Compagnia di Gesù che lo spagnolo Ignazio<br />

Di Loyola aveva fondato con l’approvazione di papa Paolo III 5 anni prima<br />

dell’apertura del Concilio trident<strong>in</strong>o. La Compagnia di Gesù, “dono della Spagna<br />

alla chiesa” (K.Heussi), divenne di fatto la colonna portante della Controriforma.<br />

Nel quadro della lotta al protestantesimo Paolo III nel 1542 - dunque prima<br />

ancora dell’apertura del concilio - aveva riprist<strong>in</strong>ato l’Inquisizione su sollecitazione<br />

del card<strong>in</strong>ale Gian Pietro Carafa (il futuro Paolo IV). Era nata così l’Inquisizione<br />

romana, della quale i Gesuiti divennero funzionari zelanti e <strong>in</strong>stancabili.<br />

Improntata al modello spagnolo (vedi sez. d di questa nota) l’Inquisizione<br />

romana agì <strong>in</strong> Italia con estremo rigore al punto da cancellare il protestantesimo<br />

che, com<strong>in</strong>ciava a mettere radici.<br />

Nella prima metà del ‘500 i pr<strong>in</strong>cipi della Riforma si erano propagati <strong>in</strong> varie<br />

parti d’Italia: al nord a Ferrara, a Modena e specialmente a Venezia; al centro a<br />

Lucca; al sud a Napoli. Fra i primi autorevoli aderenti alla Riforma <strong>in</strong> Italia sono<br />

da annoverare al nord il senese Bernard<strong>in</strong>o Och<strong>in</strong>o, capo dell’ord<strong>in</strong>e dei Cap-<br />

457


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 458<br />

NOTE STORICHE<br />

pucc<strong>in</strong>i, e al sud lo spagnolo Giovanni Valdès. La persecuzione antiprotestante<br />

<strong>in</strong>augurata da Paolo III s’<strong>in</strong>asprì ulteriormente sotto il pontificato di Giulio III<br />

(1550-1555). In questo periodo fra altri riformati italiani perirono sul rogo il Fannio<br />

a Ferrara e Giovanni Buzio a Roma. Il marchese di Vico Galeazzo Caracciolo,<br />

pronipote del card<strong>in</strong>ale Carafa, si salvò con la fuga a G<strong>in</strong>evra. Molti riformati<br />

italiani <strong>in</strong> quegli anni dovettero riparare all’estero.<br />

La repressione del movimento protestante <strong>in</strong> Italia si <strong>in</strong>tensificò sotto il pontificato<br />

di Paolo IV (1555-1559), che i suoi biografi descrivono come uomo “<strong>in</strong>transigente,<br />

ost<strong>in</strong>ato, collerico e crudele”. Nel 1558 subirono il supplizio del<br />

fuoco a Roma Baldo Lupet<strong>in</strong>o e a Venezia Pomponio Algeri. A Roma le carceri<br />

dell’Inquisizione si riempirono di sventurati sospetti di “eresia”. Paolo IV <strong>in</strong>fierì<br />

anche sugli Ebrei.<br />

Pio IV (1559-1565) proseguì l’azione repressiva antiprotestante con eguale<br />

rigore. Sotto il suo pontificato perirono sul rogo fra altri martiri del Vangelo il<br />

cappucc<strong>in</strong>o Bartolomeo Fozio e il pastore valdese Luigi Paschale (1560), e si<br />

consumò lo sterm<strong>in</strong>io spietato delle colonie valdesi <strong>in</strong> Calabria (vedi sez. e).<br />

Pio V (1566-1572), promotore <strong>in</strong>stancabile della lotta contro il protestantesimo,<br />

nel 1569 promulgò un editto che <strong>in</strong>troduceva la pratica della tortura verso<br />

i “rei” conv<strong>in</strong>ti di eresia per costr<strong>in</strong>gerli a ulteriori confessioni.<br />

Martiri illustri del protestantesimo italiano sotto il pontificato di Pio V furono<br />

il gentiluomo fiorent<strong>in</strong>o Pietro Carnesecchi, decapitato e arso a Roma nel<br />

1567, e il letterato e umanista Aonio Paleario bruciato vivo a Roma nel 1570. Nel<br />

1568 si era registrato il maggior numero di processi contro i protestanti nel Veneto.<br />

Al card<strong>in</strong>ale Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, il papa affidò l’<strong>in</strong>carico<br />

di reprimere il protestantesimo nella città di Mantova. Il Borromeo si era già<br />

dist<strong>in</strong>to come persecutore dei protestanti (nel 1556 aveva distrutto la fiorente<br />

chiesa evangelica di Locarno).<br />

Pio V premette ripetutamente su Emanuele Filiberto duca di Savoia aff<strong>in</strong>ché<br />

reprimesse l’eresia nei suoi stati. E <strong>in</strong>tervenne energicamente nei Paesi Bassi e <strong>in</strong><br />

Francia per la stessa ragione.<br />

Gregorio XIII (1572-1585) stimolò l’Inquisizione e vigilò aff<strong>in</strong>ché da Padova<br />

e Venezia non si propagassero per l’Italia le dottr<strong>in</strong>e riformate. Sotto il suo pontificato<br />

si moltiplicarono i processi e le condanne per eresia. Come il suo predecessore,<br />

Gregorio XIII s’<strong>in</strong>tromise nelle questioni <strong>in</strong>terne della Francia per combattere<br />

gli Ugonotti.<br />

Sisto V (1585-1589) combatté il protestantesimo francese con la stessa tenacia<br />

del suo predecessore, <strong>in</strong>gerendosi pesantemente nelle questioni <strong>in</strong>terne di<br />

quella nazione. Sisto V si <strong>in</strong>tromise pure nella politica <strong>in</strong>terna del regno d’Inghilterra<br />

appoggiando Maria Stuart, sostenitrice del partito cattolico, e osteggiando<br />

Elisabetta, protettrice dei protestanti. Comunque <strong>in</strong> Italia i processi e le condanne<br />

del tribunale dell’Inquisizione per eresia dim<strong>in</strong>uirono.,<br />

Urbano VII, Gregorio XIV e Innocenzo IX pontificarono per troppo breve<br />

tempo (rispettivamente 13 giorni, 10 mesi e 2 mesi) per potere agire <strong>in</strong> modo significativo<br />

contro la Riforma protestante <strong>in</strong> Italia. Clemente VIII (1592-1605), successore<br />

di Innocenzo IX, ebbe tutto il tempo di dedicarvisi e vi si dedicò con <strong>in</strong>-<br />

458


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 459<br />

CAPIRE DANIELE<br />

stancabile impegno. Tre anni dopo la sua elezione ebbe luogo <strong>in</strong> Italia la prima<br />

esecuzione di “eretici” del suo pontificato; altre seguirono negli anni successivi.<br />

Fra le vittime illustri dell’Inquisizione sotto Clemente VIII ci fu il filosofo Giordano<br />

Bruno che fu arso vivo a Roma nel 1600. Sedici anni dopo, regnando<br />

paolo V (1605-1621), fu convocato a Roma presso il Sant’Uffizio Galileo Galilei<br />

per assistere alla condanna e ricevere una solenne ammonizione. Nel 1633, sotto<br />

Urbano VIII (1623-1644), l’<strong>in</strong>signe scienziato, oramai settantenne, fu tradotto davanti<br />

al tribunale dell’Inquisizione e sotto m<strong>in</strong>accia di tortura fu costretto a ritrattare<br />

le tesi scientifiche che aveva sostenuto nell’ultima sua opera; dovette comunque<br />

scontare la condanna all’esilio. La Chiesa della Controriforma reputò legittimo<br />

combattere col massimo rigore non solo le dottr<strong>in</strong>e religiose, ma anche<br />

le tesi filosofiche e scientifiche che giudicava contrarie alla sua dottr<strong>in</strong>a.<br />

Urbano VIII procedette severamente contro l’eresia luterana <strong>in</strong> Italia, non<br />

ancora del tutto sradicata per l’atteggiamento benevolo verso di essa tenuto dalle<br />

autorità civili <strong>in</strong> varie città della penisola. Il pontefice ebbe forti attriti con Lucca,<br />

tollerante verso i protestanti tedeschi che vi risiedevano (nel 1640 scagliò l’<strong>in</strong>terdetto<br />

sulla coraggiosa città toscana), e più ancora con Venezia, “colpevole” di<br />

avere stretto alleanza coi riformati di Germania, di tollerare il culto luterano e di<br />

porre ostacoli all’attività dell’Inquisizione.<br />

Durante il ‘700 i processi e le condanne per “eresia” <strong>in</strong> Italia furono assai<br />

meno numerosi che nei due secoli precedenti, sia perché la Controriforma praticamente<br />

aveva v<strong>in</strong>to la sua battaglia contro il protestantesimo, sia perché il<br />

diffondersi fra gli uom<strong>in</strong>i di cultura delle idee <strong>in</strong>novative dell’Illum<strong>in</strong>ismo fecero<br />

apparire <strong>in</strong>tollerabili le misure repressive adottate dall’Inquisizione per sopprimere<br />

la dissidenza dottr<strong>in</strong>ale. Ma fu solo alla f<strong>in</strong>e del ‘700, quando la tempesta<br />

della Rivoluzione Francese si estese all’Italia con l’irruzione delle truppe napoleoniche<br />

e il potere del papato crollò di schianto (vedi nota 9 sez. l), che l’Inquisizione<br />

romana fu abolita, dopo avere prodotto durante più di due secoli <strong>in</strong>numerevoli<br />

martiri illustri e sconosciuti.<br />

h) La persecuzione degli Ugonotti <strong>in</strong> Francia<br />

Il calv<strong>in</strong>ismo, da G<strong>in</strong>evra che ne era stata la culla, si diffuse rapidamente<br />

nella Francia, terra d’orig<strong>in</strong>e del suo fondatore. I calv<strong>in</strong>isti francesi - o ugonotti,<br />

come furono chiamati con un nome di <strong>in</strong>certa orig<strong>in</strong>e - pur rappresentando una<br />

m<strong>in</strong>oranza, ebbero un certo peso nella vita socio-politica ed economica della nazione.<br />

Particolarmente numerosi <strong>in</strong> alcune regioni del regno, come la Normandia,<br />

la Piccardia, il Poitou, il Delf<strong>in</strong>ato e la L<strong>in</strong>guadoca, grazie allo spirito di <strong>in</strong>traprendenza<br />

che traevano dall’etica calv<strong>in</strong>ista tesa a sp<strong>in</strong>gere l’uomo a impegnare<br />

tutte le sue forze nella vita civile oltre che nell’organizzazione religiosa, gli ugonotti<br />

si affermarono fra la borghesia mercantile delle città marittime e commerciali<br />

della corte atlantica; ma si diffusero anche tra i ceti contad<strong>in</strong>i delle zone <strong>in</strong>terne<br />

e tra le prestigiose famiglie della nobiltà di Francia.<br />

Organizzatisi <strong>in</strong> comunità <strong>in</strong>dipendenti, che nel 1559 si riunirono <strong>in</strong> un s<strong>in</strong>odo<br />

nazionale con un apparato amm<strong>in</strong>istrativo autonomo, i calv<strong>in</strong>isti francesi<br />

presto vennero <strong>in</strong> conflitto col potere monarchico. Già prima del 1559 avevano<br />

459


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 460<br />

NOTE STORICHE<br />

subito la persecuzione ad opera del re Francesco I e dopo la morte di questi, del<br />

figlio e successore di lui Enrico II, marito di Cater<strong>in</strong>a dei Medici.<br />

Nel 1561 si costituirono i partiti nobiliari cattolici <strong>in</strong> funzione antiugonotta<br />

sotto la guida dei duchi di Guisa. Il borbone Enrico di Navarra, il pr<strong>in</strong>cipe Luigi<br />

di Condé e l’ammiraglio Gaspard De Coligny, tutti di professione calv<strong>in</strong>ista, organizzarono<br />

a loro volta gli Ugonotti <strong>in</strong> partito politico e ne divennero i capi. Il<br />

Condé e il Coligny (f<strong>in</strong>o al 1572) assunsero la guida militare degli Ugonotti durante<br />

le guerre di religione che li opposero alla corona e al partito cattolico<br />

(1562-1598).<br />

Cater<strong>in</strong>a dei Medici, vedova del re Enrico II di Valois - morto nel 1559 - e<br />

reggente del trono per il figlio m<strong>in</strong>ore Carlo IX divenuto re di Francia appena<br />

decenne, perseguì una politica di conciliazione con gli Ugonotti, conscia del<br />

fatto che il prevalere dell’uno dei partiti sull’altro avrebbe comunque recato pregiudizio<br />

alla monarchia. Nel 1562, con l’editto di St.Germa<strong>in</strong>, concesse ai protestanti<br />

di tenere assemblee fuori delle mura cittad<strong>in</strong>e e celebrare servizi religiosi<br />

nelle case private. Il pr<strong>in</strong>cipe di Condé, <strong>in</strong>soddisfatto per le mezze concessioni<br />

della reg<strong>in</strong>a, chiamò a raccolta gli ugonotti; il parlamento di Parigi mise fuori<br />

legge i protestanti. Fu l’occasione che scatenò <strong>in</strong> Francia la prima guerra di religione<br />

tra cattolici e protestanti. Altre sette ne sarebbero seguite nel corso degli<br />

anni f<strong>in</strong>o alla proclamazione dell’Editto di Nantes nel 1598. Cater<strong>in</strong>a dei Medici<br />

nel 1563, con la pace di Amboise, concesse libertà di coscienza a tutti i protestanti,<br />

ma libertà di culto solo ai nobili.<br />

Nel 1567 i capi degli ugonotti riaprirono le ostilità contro il papato cattolico<br />

e ci fu la seconda guerra di religione, conclusa l’anno seguente con la pace di<br />

Longjumeau. Fu confermato l’Editto di Amboise e i Guisa promossero la costituzione<br />

di una Lega cattolica (la “Lega santa”) per combattere gli Ugonotti, ciò che<br />

fece scatenare la terza guerra di religione <strong>in</strong> Francia.<br />

Nel 1570, Cater<strong>in</strong>a dei Medici, col secondo Editto di St.Germa<strong>in</strong>, concesse ai<br />

protestanti quattro piazzeforti <strong>in</strong>dipendenti dal controllo della corona.<br />

Temendo però l’eccessivo potere dell’ammiraglio di Coligny, si riavvic<strong>in</strong>ò ai<br />

capi <strong>in</strong>transigenti della potente fazione cattolica. Su istigazione dei duchi di Angiò<br />

e di Guisa la reg<strong>in</strong>a si persuase, e persuase il giovane re Carlo IX, della necessità<br />

di prevenire un presunto complotto protestante contro la monarchia mediante<br />

la soppressione violenta dei loro capi. Fu così organizzato <strong>in</strong> tutta segretezza<br />

quell’eccidio che passò alla storia come la strage di S.Bartolomeo. Acconsentendo<br />

al massacro degli Ugonotti il giovane re avrebbe detto: “Uccideteli, ma<br />

uccideteli tutti, che non ne resti nemmeno uno per rimproverarmelo”.<br />

Così, alle prime luci del 24 agosto 1572, giorno di S.Bartolomeo, un gruppo<br />

di soldati del re aggredirono e trafissero l’ammiraglio Gaspard de Coligny nel<br />

suo appartamento e lo precipitarono agonizzante da una f<strong>in</strong>estra.<br />

“Chiamati a raccolta dalla campana a martello della parrocchia di Sa<strong>in</strong>t-Germa<strong>in</strong>-Auxerrois,<br />

i sicari della reg<strong>in</strong>a e la plebaglia di Parigi si lanciarono <strong>in</strong> una<br />

furiosa caccia all’uomo. I protestanti vennero presi a fucilate o sgozzati nei loro<br />

letti, o braccati nel Louvre e perf<strong>in</strong>o nelle camere di Margherita di Navarra. Per<br />

tre giorni i soldati del re trafissero, annegarono, impiccarono, trasc<strong>in</strong>arono cada-<br />

460


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 461<br />

CAPIRE DANIELE<br />

veri per le strade. Identici massacri si verificarono a Orléans, a Lione, Rouen, a<br />

Bordeaux, a Tolosa” (Autori vari, Storia Universale Rizzoli-Larousse, volume II, p.<br />

400). Quando la mattanza f<strong>in</strong>ì, rimasero stese al suolo, appesi alle forche o galleggianti<br />

sulle acque della Senna i cadaveri di almeno 20.000 ugonotti, di cui<br />

3.000 soltanto a Parigi.<br />

Secondo certi storici, alla determ<strong>in</strong>azione della corona francese di perpetrare<br />

quell’orribile bagno di sangue non furono estranee le pressioni della curia<br />

romana, per la quale la forte presenza protestante nella Francia -“la figlia primogenita<br />

della Chiesa” - rappresentava un motivo di grande preoccupazione.<br />

Scrive lo storico del cristianesimo Enrico Meynier: “Pio V <strong>in</strong>tervenne pure<br />

energicamente nei paesi stranieri per <strong>in</strong>coraggiare i regnanti a combattere e a reprimere,<br />

con qualsiasi mezzo, il movimento ri<strong>formato</strong>re, come nei Paesi Bassi, e<br />

specialmente <strong>in</strong> Francia contro gli Ugonotti. Così diede ord<strong>in</strong>e al comandante<br />

delle truppe papali mandate <strong>in</strong> Francia di sostenere quel governo contro gli ugonotti,<br />

di non fare prigionieri, ma di uccidere sul posto tutti quelli che cadrebbero<br />

nelle loro mani... 1<br />

“Riguardo alle cose di Francia - prosegue il Meynier - si hanno lettere di Pio<br />

V (pubblicate <strong>in</strong> Anversa nel 1640) a Cater<strong>in</strong>a dei Medici e a Carlo IX per <strong>in</strong>citarli<br />

allo sterm<strong>in</strong>io dei protestanti. Vi si leggono frasi come queste: ‘Ad <strong>in</strong>ternecionenem<br />

usque: Nullo modo de causis hostibus Dei parcendum: Delendi<br />

omnibus haereticis’. Ora molti storici, fra i quali il Ranke, il Michelet, lord Acton,<br />

Giovanni Huber e altri, pongono la strage di S.Bartolomeo <strong>in</strong> relazione con<br />

tutta l’azione spiegata da Pio V nelle cose di Francia, e vi vedono una tal quale<br />

preparazione, <strong>in</strong> quanto servì a far maturare il pensiero di sbarazzarsi una buona<br />

volta degli Ugonotti e per sempre. È da notarsi ancora che, secondo i primi storici<br />

cattolici Papirio, Masson, Capilupì, la premeditazione (della strage completa<br />

degli Ugonotti quale si ebbe nella notte di S.Bartolomeo) fu lunga, costante,<br />

profondamente celata. Lo stesso Cesare Cantù, uno storico non sospetto, scrive:<br />

‘La corte di Roma s’impadronì della corte di Francia, e Pio V scriveva a tutti i<br />

pr<strong>in</strong>cipi d’Europa per impegnarli a sostenere Carlo IX. Paragonate le parole del<br />

capo della religione cattolica, con quelle del duca d’Alba, di Filippo II e di Cater<strong>in</strong>a<br />

dei Medici, e riconoscerete che la strage di S.Bartolomeo non fu se non l’ultimo<br />

scoppio di una catastrofe da lungo tempo preparata dalla necessità stessa<br />

delle cose e dalla posizione delle parti avverse’ ”. 2<br />

Il successore di Pio V, Gregorio XIII, eletto alla carica pontificia il 13 maggio<br />

1572, proseguì con altrettanta energia l’azione volta a conv<strong>in</strong>cere la corte di<br />

Francia a cancellare il protestantesimo nel regno. “Come già Paolo V - scrive ancora<br />

il Meynier - il papa spiegò una grande attività nelle cose <strong>in</strong>terne della Francia<br />

per combattere gli Ugonotti. Possiamo però anche essere d’accordo col Pastor<br />

- ammette lo storico - che s’affanna a dimostrare che Gregorio XIII non<br />

prese parte né alla preparazione né all’esecuzione della notte di S.Bartolomeo.<br />

1 Su questo assunto il Meynier fa riferimento allo storico del papato L.Ranke.<br />

2 E. Meynier, Storia dei Papi, pp. 263-264 (la citazione di Cesare Cantù è tolta da Storia Universale,<br />

libro XV, p. 834).<br />

461


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 462<br />

NOTE STORICHE<br />

Ma ciò non toglie che il papa ha festeggiato l’atto orrendo che fu, dice il Ricotti,<br />

‘il maggiore assass<strong>in</strong>io che mai si compiesse nel nome della religione’. Difatti<br />

Gregorio si recò <strong>in</strong> processione, accompagnato da 33 card<strong>in</strong>ali, alla chiesa di<br />

S.Luigi. L’iscrizione nel Tempio, fatta dal card<strong>in</strong>ale di Lorena, benediceva Dio<br />

perché ‘Carlo, re cristianissimo dei Francesi, animato da un santo zelo, aveva<br />

fatto sparire d’un sol colpo tutti gli eretici del regno’. Il Castel Sant’Angelo fu illum<strong>in</strong>ato<br />

per la circostanza e il papa fece pur coniare una medaglia col motto :<br />

Ugonottorum Strages, 1572. Una bolla dell’11 settembre 1572 prescriveva un<br />

grande giubileo nel quale i fedeli dovevano r<strong>in</strong>graziare Iddio per la distruzione<br />

degli Ugonotti, e fu dato <strong>in</strong>carico al Vasari di eternare con un affresco nella Sala<br />

Regia, l’avvenimento”. 3<br />

E’ possibile, anzi molto probabile, che il papa fosse all’oscuro del complotto<br />

contro gli Ugonotti <strong>in</strong> Francia; ma, come osserva giustamente il Meynier, è<br />

difficile credere che potessero esserlo gli altri dignitari della Chiesa. Non lo fu di<br />

certo il card<strong>in</strong>ale nunzio Salviati, “il quale - dice il nostro storico - sarebbe stato<br />

avvertito dalla stessa Cater<strong>in</strong>a dei Medici del suo progetto, ma sotto condizione<br />

di tenere celata la cosa anche col papa”.<br />

Il nunzio papale Salviati tenne fede alla promessa, “limitandosi a comunicare<br />

l’11 agosto (dunque c’era già il disegno di trucidare <strong>in</strong> massa gli Ugonotti)<br />

che egli sperava ‘fra pochi giorni potere annunziare cosa che a Sua Santità recherebbe<br />

sicura gioia e tranquillità’ ” (quest’ultima frase virgolettata è dello storico<br />

cattolico L.Pastor).<br />

“E appena giunse a Roma la notizia della strage - riferisce ancora il Meynier<br />

- il card<strong>in</strong>ale di Lorena, recatosi con altri colleghi presso il papa, gli domandò:<br />

‘Quale novità desidererebbe Vostra Santità più che ogni altra?’ Gregorio rispose:<br />

‘Per l’esaltazione della fede cattolica noi non desidereremmo altro che lo sterm<strong>in</strong>io<br />

degli Ugonotti’. ‘Questo sterm<strong>in</strong>io, soggiunse il card<strong>in</strong>ale, possiamo comunicare<br />

a Vostra Santità a gloria di Dio e per la grandezza della Santa Chiesa’ ”. 4<br />

Il massacro della notte di S.Bartolomeo però non cancellò il calv<strong>in</strong>ismo<br />

nella Francia, come si erano prefissi il partito dei Guisa e la corona e come avevano<br />

sperato Pio V e Gregorio XIII. Anzi gli ugonotti scampati alla strage, sotto<br />

la guida dei loro capi - nel massacro era perito soltanto il Coligny - si riorganizzarono<br />

ancor più saldamente e ripresero la lotta per affermare il loro diritto<br />

all’esistenza.<br />

Intanto, morto il re Carlo IX solo due ani dopo l’eccidio di S.Bartolomeo,<br />

salì al trono di Francia il fratello di lui Enrico III di Valois. L’ostilità tra le fazioni<br />

estremiste dei cattolici e degli ugonotti, capitanati rispettivamente da Enrico di<br />

Guisa ed Enrico di Borbone signore di Navarra, m<strong>in</strong>acciava di riacutizzarsi. Nel<br />

1584 morì il duca di Angiò, fratello del re Enrico III, e poiché quest’ultimo non<br />

aveva eredi diretti, la successione al trono si apriva automaticamente al capo<br />

della fazione ugonotta Enrico di Navarra.<br />

3 Ibidem, pp. 264-265.<br />

4 E.Meynier, op. cit., p. 265 (il dialogo tra il card<strong>in</strong>ale e il papa è tolto dal volume IX dell’opera<br />

del Pastor Storia dei Papi, p. 359).<br />

462


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 463<br />

CAPIRE DANIELE<br />

Di fronte a siffatta situazione, il duca di Guisa reagì e la popolazione parig<strong>in</strong>a<br />

si sollevò costr<strong>in</strong>gendo il re a sottomettersi alla lega cattolica e ad accettare<br />

umilianti limitazioni della sua autorità. Enrico III fece allora elim<strong>in</strong>are il duca di<br />

Guisa e str<strong>in</strong>se alleanza con Enrico di Navarra capo degli ugonotti. Completamente<br />

esautorato dal governo rivoluzionario di Parigi, il re si unì allora alle<br />

truppe del capo ugonotto e <strong>in</strong>sieme i due alleati posero l’assedio alla capitale. Il<br />

1° agosto 1589 il sovrano deposto fu pugnalato da un fanatico monaco domenicano,<br />

un certo Jacques Clément, che con quel gesto estremo volle punire il tradimento<br />

della causa cattolica compiuto dal re; prima di spirare Enrico III designò<br />

come suo successore l’alleato Enrico di Navarra.<br />

Il Borbone salì sul trono di Francia col nome di Enrico IV, ma il regno dovette<br />

conquistarselo con le armi e con la straord<strong>in</strong>aria abilità politica di cui era<br />

dotato. In c<strong>in</strong>que anni di lotte contro nemici <strong>in</strong>terni ed esterni, batté le forze<br />

della lega cattolica e assediò di nuovo Parigi, ma al sopraggiungere delle truppe<br />

spagnole <strong>in</strong>viate da Filippo II a sostegno del partito cattolico, dovette abbandonare<br />

temporaneamente il campo. Giocarono tuttavia <strong>in</strong> suo favore lo scontento<br />

popolare per la presenza delle truppe straniere, nella quale presenza si potevano<br />

scorgere le mire espansionistiche di Filippo II; nonché la rov<strong>in</strong>a <strong>in</strong> cui m<strong>in</strong>acciava<br />

di precipitare il regno e il desiderio di pace di gran parte della popolazione.<br />

Il solo ostacolo che rimaneva al momento dei negoziati era la religione<br />

calv<strong>in</strong>ista del sovrano, ostacolo che fu presto sormontato con l’abiura formale di<br />

Enrico IV a Sa<strong>in</strong>t Denis il 23 luglio 1593 (è rimasta celebre la frase: “Parigi val<br />

bene una messa” che secondo la tradizione il re avrebbe pronunciato <strong>in</strong> quella<br />

occasione).<br />

Enrico di Navarra fu <strong>in</strong>coronato re di Francia a Chartres il 27 febbraio 1594<br />

ed entrò a Parigi il 22 marzo accolto da una folla festante mentre le milizie spagnole<br />

si ritiravano.<br />

Conclusa con Filippo II la pace di Verv<strong>in</strong>s nel 1598, Enrico IV poté rientrare<br />

<strong>in</strong> possesso di tutti i suoi territori, e con abili negoziati ottenne la resa delle ultime<br />

roccaforti degli irriducibili seguaci della lega cattolica. Rimaneva da attuare<br />

la pacificazione religiosa del Paese, e questo obiettivo importante fu raggiunto il<br />

13 aprile 1598 con la promulgazione del famoso Editto di Nantes che, riconoscendo<br />

il cattolicesimo religione ufficiale della Francia, concedeva <strong>in</strong> pari tempo<br />

ai Calv<strong>in</strong>isti una relativa libertà di culto, completa libertà di coscienza e garanzie<br />

politiche e civili, nonché alcuni seggi nei parlamenti ed il possesso di alcune<br />

piazzeforti - fra le quali quelle di La Rochelle, Cognac, La Charitè e Montauban -<br />

come pegno delle libertà riconosciute.<br />

L’Editto di Nantes, se mise f<strong>in</strong>e alle guerre di religione, non costituì tuttavia<br />

per gli Ugonotti una garanzia permanente di tutela dei diritti acquisiti.<br />

Sotto il governo del card<strong>in</strong>ale Richelieu (1624-1642), m<strong>in</strong>istro del re Luigi<br />

XIII (1610-1643), successore di Enrico IV, si riaprì il conflitto tra il potere costituito<br />

e i calv<strong>in</strong>isti. Divenuto di fatto l’arbitro della politica del regno, Richelieu,<br />

dopo avere preso la piazzaforte di La Rochelle nel 1628, procedette allo smantellamento<br />

della potenza militare degli ugonotti.<br />

Sotto il regno di Luigi XIV (1643-1715) la persecuzione contro gli ugonotti<br />

463


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 464<br />

NOTE STORICHE<br />

<strong>in</strong> Francia s’<strong>in</strong>asprì a partire dal 1681. Era la conseguenza della logica assolutista<br />

del potere perseguita dal “re Sole”: tutti i fattori considerati potenzialmente pericolosi<br />

per la compattezza politico-amm<strong>in</strong>istrativa e religiosa dello Stato dovevano<br />

essere elim<strong>in</strong>ati. In realtà gli ugonotti, dopo che Richelieu li aveva privati<br />

delle loro fortezze, non rappresentavano affatto un pericolo per la monarchia. Al<br />

contrario il loro impegno nella vita civile, soprattutto nella f<strong>in</strong>anza e nel commercio,<br />

costituiva un fattore che contribuiva non poco alla prosperità economica<br />

del Paese. Durante il regno di Luigi XIV il numero degli ugonotti <strong>in</strong> Francia si<br />

aggirava <strong>in</strong>torno al milione. Raccolti <strong>in</strong> comunità compatte, con le proprie scuole<br />

, i propri templi e i propri m<strong>in</strong>istri, conducevano una vita pacifica e laboriosa,<br />

conforme ai pr<strong>in</strong>cipi della rigida etica calv<strong>in</strong>ista. Ma cont<strong>in</strong>uavano a essere oggetto<br />

di rancore e di <strong>in</strong>vidia.<br />

Quando si scatenò la persecuzione, furono soprattutto le comunità rurali e i<br />

ceti popolari (artigiani e piccoli commercianti) le vittime delle crudeltà dei dragoni<br />

del re (le “dragonnades”), mentre gli appartenenti ai ceti nobiliari e agli ambienti<br />

f<strong>in</strong>anziari poterono <strong>in</strong> qualche modo sottrarsi alla repressione.<br />

Nel 1685 Luigi XIV proclamò da Fonta<strong>in</strong>ebleau la revoca dell’Editto di Nantes<br />

con cui 87 anni prima Enrico IV aveva riconosciuto libertà religiosa e civile<br />

agli ugonotti. In forza del provvedimento reale tutti i templi protestanti <strong>in</strong> Francia<br />

furono abbattuti, il culto calv<strong>in</strong>ista, anche nelle case private, fu proibito, a<br />

tutti i m<strong>in</strong>istri delle chiese riformate fu fatto obbligo di convertirsi al cattolicesimo<br />

o lasciare il Paese, i genitori di fede protestante furono costretti a far battezzare<br />

i neonati secondo il rito cattolico, e ai fedeli fu vietato di espatriare, pena<br />

l’arresto e la confisca dei beni. Dopo il 1685 anche i funzionari delle f<strong>in</strong>anze e i<br />

membri del parlamento di fede calv<strong>in</strong>ista furono obbligati a dimettersi, e la Francia,<br />

per consenso unanime degli storici, fu privata di elementi di prim’ord<strong>in</strong>e.<br />

Per costr<strong>in</strong>gere all’abiura il maggior numero di fedeli, furono <strong>in</strong>asprite le<br />

pene e fu accentuato il ricorso alla violenza. Non pochi ugonotti, <strong>in</strong>timoriti dalla<br />

durezza della repressione, accettarono l’abiura e la conversione forzata al cattolicesimo;<br />

ma nelle regioni centrali della Francia gruppi non molto numerosi rimasero<br />

tenacemente legati alla fede dei padri; sfidando i rigori del decreto reale, si<br />

raccolsero <strong>in</strong> luoghi appartati per pregare. “Dopo la revoca dell’Editto di Nantes,<br />

nel 1685 - si legge nel Dictionnaire Larousse Illustré alla voce “Le Désert” - un<br />

certo numero di Protestanti cont<strong>in</strong>uarono a celebrare il loro culto <strong>in</strong> segreto<br />

nelle foreste, nelle caverne, nelle montagne, <strong>in</strong> luoghi disabitati e difficilmente<br />

accessibili. Siffatte riunioni ricevettero il nome di chiese o assemblee del deserto.<br />

Attraverso mille vicissitud<strong>in</strong>i durarono dal 1685 f<strong>in</strong>o al 1792” (citato da Jean Vuilleumier<br />

<strong>in</strong> Apocalypse hier, au jour d’hui, dema<strong>in</strong>, p. 202).<br />

Furono molti gli ugonotti francesi che ripararono all’estero dopo la revoca<br />

dell’Editto di Nantes.<br />

“Il grande flusso migratorio - si legge <strong>in</strong> Storia Universale Rizzoli-Larousse -<br />

trovò un appoggio nelle potenze protestanti del nord: l’Inghilterra e l’Olanda tenevano<br />

costantemente navi <strong>in</strong> crociera nella Manica (dette ‘navi di carità’) per<br />

raccogliere le barche dei fuggiaschi, e si adoperavano per permettere il trasferimento<br />

nei paesi vic<strong>in</strong>i dei beni degli ugonotti esuli dalla Francia. Gli ugonotti<br />

464


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 465<br />

CAPIRE DANIELE<br />

francesi si diffusero così <strong>in</strong> tutta l’Europa: a G<strong>in</strong>evra, <strong>in</strong> Inghilterra, <strong>in</strong> Olanda,<br />

nei territori tedeschi (soprattutto <strong>in</strong> quelli dell’elettore del Brandeburgo), <strong>in</strong> Danimarca<br />

e pers<strong>in</strong>o <strong>in</strong> Russia.<br />

“Il regno di Francia subì qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> pochi anni un duplice salasso; di capitali,<br />

fatti passare illegalmente con ogni mezzo oltre le frontiere, e degli uom<strong>in</strong>i, nella<br />

maggioranza abili artigiani, conoscitori di particolari tecniche e procedimenti di<br />

lavorazione, e <strong>in</strong>traprendenti commercianti” (vol. III, pp. 88-89).<br />

Almeno 200.000 ugonotti abbandonarono la Francia dopo la revoca<br />

dell’Editto di Nantes; le nazioni protestanti che li accolsero si arricchirono di<br />

quanto la Francia aveva perso.<br />

Come era avvenuto 113 anni prima <strong>in</strong> occasione della strage di S.Bartolomeo,<br />

a Roma ci fu gran festa quando giunse da Parigi la notizia che il re aveva<br />

revocato l’editto di tolleranza dei protestanti. Il 29 aprile 1586, papa Innocenzo<br />

XI <strong>in</strong>tonò il Te Deum e per le vie della città si festeggiò e si accesero fuochi di<br />

gioia. Gioia e sollazzo per un atto legislativo che implicava sofferenze fisiche e<br />

morali per cent<strong>in</strong>aia di migliaia di uom<strong>in</strong>i e donne la cui sola colpa era di non<br />

condividere la professione religiosa della maggioranza dei loro concittad<strong>in</strong>i.<br />

465


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 466<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

G.C. AELDERS - Het Bock Daniel, Kampen 1975.<br />

G.L. ARCHER - “Daniele” <strong>in</strong> La Parola del Signore, Introduzione all’Antico Testamento,<br />

Modena 1972.<br />

C.A. AUBERLEN - Le Propète Daniel et l’Apocalypse de Sa<strong>in</strong>t Jean, Losanna 1880.<br />

Autori vari - “ History of the <strong>in</strong>terpretation of Daniel” e “The Book of Daniel”, <strong>in</strong>troduzione<br />

e commento, <strong>in</strong> Seventh-day Adventist Bible Commentary vol.4, Wash<strong>in</strong>gton D.C.<br />

1955.<br />

J.G. BALDWIN - “The Book of Daniel” <strong>in</strong> Tyndale Old Testament Commentary, Londra 1978.<br />

A.BARTON “The Composition of the Book of Daniel” <strong>in</strong> Journal of Biblical Literature 18,<br />

1898.<br />

W.BAUMGARTNER - Das Buch Daniel, Giessen 1926.<br />

M.A. BEEK - Das Danielbuch, Leida 1935.<br />

G.BEHRMAN - Das Buch Daniel, Gott<strong>in</strong>ga 1894.<br />

A. BENTZEN - Daniel, Tub<strong>in</strong>ga 1952.<br />

C.BOUTFLOWER - In and around the Book of Daniel, Londra 1923.<br />

G.BERNINI - “Daniele” <strong>in</strong> Nuovissima Versione della Bibbia, Roma 1976.<br />

A.BEVAN - A Short Commentary on the Book of Daniel, Cambridg 1892.<br />

E.BICKERSTETH - A Practical Guide to the Prophecy, Londra 1836.<br />

T.BIRKS - First elements of Sacred Prophecy, Londra 1843.<br />

C.BOUTFLOWER - In and around the Book of Daniel, Londra 1923.<br />

F.F. BRUCE - “Josephus and Daniel” <strong>in</strong> Annual of the Swedish Theological Institute 4, 1965.<br />

F.F. BRUCE “ The Book of Daniel and the Qumran Cammunity” <strong>in</strong> Neotestamentaria<br />

et Semitica. Studies <strong>in</strong> Honor of Mr. Black<br />

H.CAZELLES - “Daniel” <strong>in</strong> Catholicism, III, Parigi 1952.<br />

R.H. CHARLES - A Critical and Exegetical Commentary on the Book of Daniel Londra 1929.<br />

J.J. COLLINS - Daniel with an Introduction to Apocalyptic Literature, Grand Rapids 1984.<br />

R.D. CULVER - Daniel and the Latter Days, 1954.<br />

J.DANIELOU - “Daniel” <strong>in</strong> Reallexikon fÚr antike und Christentum, Stoccarda 1941.<br />

P.R. DAVIE - “Eschatology <strong>in</strong> the Book of Daniel” <strong>in</strong> Journal of the Study of the Old<br />

Testament, 17, 1980.<br />

P.R. DAVIE Daniel, Sheffield 1985.<br />

H. DEANE - Daniel his life and times, Londra 1988.<br />

M. DELCOR - Le Livre de Daniel, Parigi 1971.<br />

L. DENNEFELD - Daniel. Parigi 1947.<br />

J.DEXINGER - Das Buch Daniel und se<strong>in</strong>e Probleme, Stoccarda 1964.<br />

R.P. DOUGHERTY - Nabonidus und Belshazzar, 1935<br />

J. DOUKHAN - Le Soupir de la terre, Dammarie-les-lys, 1993<br />

J. DOUKHAN - “The Seventy Weeks of Daniel 9: An Exegetical Study” <strong>in</strong> Sanctuary and<br />

the Atonement, Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1981.<br />

S.R. DRIVER - The Book of Daniel, Cambridge 1900.<br />

DUSTERWALD - Die Welfreich und das Gottesreich nach de Weissangugen des Propheten<br />

Daniel, Friburgo 1890.<br />

466


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 467<br />

CAPIRE DANIELE<br />

O.EISSFELDT - “Daniele” <strong>in</strong> Introduzione all’Antico Testamento, vol. III, Brescia 1982.<br />

J.FABRE D’ENVIEU - Le Livre du prophète Daniel, 2 voll. , Parigi 1888 - 1890<br />

F.W. FARRAR - The Book of Daniel , 1895.<br />

A.J. FERCH - Daniel on Sound Ground, Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1988.<br />

A.J. FERCH - “ Commencement Date for the Seventy Week Prophecy “ <strong>in</strong> Seventy week,<br />

Leviticus, Nature of Prophecy a cura di Holbrook KF. , Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1986.<br />

A.J. FERCH - “The Judjement Scene <strong>in</strong> Daniel 7” <strong>in</strong> The Sanctuary and the Atonement,<br />

Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1981.<br />

A.J. FERCH - “The Book of Daniel and the Maccabean Thesis” <strong>in</strong> Andrews University<br />

Sem<strong>in</strong>ary Studies, 21, 1983.<br />

A.FEUILLET - “Le Fils de l’homme de Daniel et la tradition biblique” <strong>in</strong> Revue Biblique 60,<br />

1953.<br />

G.FORTI - Le profezie di Daniele nei capitoli 7-12 <strong>in</strong>terpretate mercè il rigore della c<br />

ronologia e l’autorità della storia, Capolago 1845.<br />

D.FORD - Daniel, Mounta<strong>in</strong> View, Calif. , 1978.<br />

E.L.R. FROOM - “2. The Book of Daniel and the Old Testament Canon”, “3.<br />

The Relationship of Daniel to the Apocripha”, “7. Pre Christian Interpretations of Daniel”<br />

<strong>in</strong> The Prophetic Faith of Our Fathers, vol, I. Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1950.<br />

S.B. FROST - “Daniel” <strong>in</strong> Interpreter’s Dictonary of the Bible, Nashville 1962.<br />

J.M. FULLER - “Daniel” <strong>in</strong> Holy Bible with Commentary, vol IV, Londra 1882.<br />

A.GAEBALEIN - Il Profeta Daniele, Valenza 1989.<br />

L.GAUSSEN - Daniel le prophète, Parigi 1849.<br />

H.L.GINSBERG - Studies <strong>in</strong> Daniel, New York 1948.<br />

GIROLAMO - Commento a Daniele, Roma 1966.<br />

J.GOTTSBERGER - Daniel, Bonn 1928.<br />

A.K. GRAYSON , Babylonian Historical-Literary Texts. Toronto-Buffalo 1975.<br />

H.HAAG - “Daniele, il libro di”, <strong>in</strong> Dizionario Biblico, Tor<strong>in</strong>o 1978.<br />

L.F. HARTMAN e A. DELELLA - The Book of Daniel, 1978.<br />

G.HASEL - “Interpretation of the Cronology of the Seventy Weeks”, <strong>in</strong> Seventy Weeks,<br />

Leviticus, Nature of Prophecy, Wash<strong>in</strong>gton D.C 1986.<br />

G.HASEL -“The ‘Little Horn’, the Sa<strong>in</strong>ts and the Sanctuary <strong>in</strong> Daniel 8”, <strong>in</strong> The Sanctuary<br />

and the Atonement, Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1981.<br />

G.HASEL - “The Identity of the ‘Sa<strong>in</strong>ts of the Most High’ <strong>in</strong> Daniel 7”, <strong>in</strong> Biblica, 56/2, 1975.<br />

S.N. HASKELL - The Story of Daniel the Prophet, S.Lancaster, Mass., 1908.<br />

R.K. HARRISON - “Daniel, Book of ”, <strong>in</strong> The International Standard Bible Encyclopedia,<br />

vol I, Grand Rapids, Mich. 1979.<br />

K.HARTENSTEIN - Der Prophet Daniel, IV ediz. , Stoccarda 1940<br />

W.HEATON - The Book of Daniel, Londra 1956.<br />

W.HEATON - “ The Book of Daniel”, <strong>in</strong> Torch Bible Commentaries.<br />

A HEBBELYNCK - De Autoritate Historica libri Danielis hec non de Interpretatione<br />

LXX hebdomadum, Dissertation, Lovanio 1887.<br />

HENGSTENBERG - Die Authentic des Daniel, Berl<strong>in</strong>o 1831.<br />

HITZIG - Das Buch Daniel, Lipsia 1850.<br />

F.HOLBROOK (a cura di) - Symposium on Daniel, Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1986<br />

467


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 468<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

S.H.HORN - “Daniel (Book of)”, <strong>in</strong> Seventh-day Andventist Bible Dictionary, Wash<strong>in</strong>gton<br />

D.C. 1960.<br />

A.KAMPHAUSEN - Das Buch Daniel und die neueste Geschichtsforschung, Lipsia 1892.<br />

C.F.J. KEIL - The Book 0f the Prophet Daniel, Edimburgo 1884.<br />

C.F.J. KEIL - Biblical Commentary on the Book of Daniel, Grand Rapids, Mich; 1949.<br />

A.KEITH - Les prophecies et leur accomplissement literal, 1838.<br />

J.G. KERKERDERE - De monarchia Romae paganae secundum concordiam <strong>in</strong>ter Danielem<br />

et Johannem, Lovanio 1727.<br />

T.KLIEFOTH - Das Buch Daniel, Lipsia 1868.<br />

J.KNABENBAUER - Commentarius <strong>in</strong> Danielem prophetam, Lamentatione et Baruch,<br />

Parigi 1890.<br />

KOCH - Das Buch Daniel, Darmstadt 1980.<br />

R.KRANICHFELD - Das Buch Daniel, 1868.<br />

A.LACOCQUE - The Book of Daniel, Atlanta 1979.<br />

C.LATTEY - The Book of Daniel , Dubl<strong>in</strong>o 1948.<br />

H.C. LEUPOLD - Exposition of Daniel, Grand Rapids, Michigan 1978.<br />

J. LINDER - Commentarius <strong>in</strong> librum Daniel, Parigi 1939.<br />

J. LITCH - Prophetical Expositions, Boston 1842.<br />

G. MAIER - Der Prophet Daniel, Wuppertal 1982.<br />

K. MARTI - Das Buch Daniel, Tub<strong>in</strong>ga e Lipsia 1901.<br />

W.J. MARTIN - “ The Hebrew of Daniel” <strong>in</strong> Notes on Some Problems <strong>in</strong> the Book of Daniel,<br />

a cura di D.J. Wiseman, Londra 1965.<br />

J.MEINHOLD - Das Buch Daniel, Nordl<strong>in</strong>gen 1889.<br />

T.C. MITCHELL and R.JOYCE - “ The Musical Instruments <strong>in</strong> Nebuchadnezzar’s Orchestra”<br />

<strong>in</strong> Notes on Some Problems <strong>in</strong> the Book of Daniel, Londra 1965.<br />

G.MONTAGNE - The Times of Daniel, 1845.<br />

J.A. MONTGOMERY - “The Book of Daniel” <strong>in</strong> The International Critical Commentary,<br />

Edimburgo 1927.<br />

F.NOTSCHER “Daniel”, <strong>in</strong> Echter Bibel, Wurzburg 1948.<br />

A.J. JEFFERY - “ The Book of Daniel” <strong>in</strong> Interpreter’s Bible, Nashville-New York 1956.<br />

R.H. PFEIFFER - Introduction to the Old Testament, New York 1948.<br />

E.PHILIPPE - “Livre de Daniel”, <strong>in</strong> Dictionnaire de la Bible a cura di F Vigouroux, tomo II,<br />

Parigi 1996.<br />

O.PLÖGER - Das Buch Daniel, Guttersoloh 1965.<br />

N.W. PORTEOUS - “Daniel “ <strong>in</strong> Old Testament Library, 1965.<br />

J.PRADO - Caràcter historico del libro de Daniel, 1943.<br />

E.B. PUSEY - Daniel the Prophet, New York, 1864.<br />

G.M. PRICE - The Greatest of the Prophets. A New Commentary on the Book of Daniel,<br />

Monta<strong>in</strong> View, Calif. , 1959.<br />

P.RIESSLER - Das Buch Daniel, Vienna 1901.<br />

G.RINALDI - “Daniele”, <strong>in</strong> La Sacra Bibbia a cura di Mons. S.Garofalo, Tor<strong>in</strong>o 1962.<br />

A.ROHLING - Das Buch des Propheten Daniel, Magonza 1876.<br />

H.H.ROWLEY - “The Unity of the Book of Daniel”, <strong>in</strong> The Servant of the Lord and Other<br />

Essays on the Old Testament, Londra 1952.<br />

468


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 469<br />

CAPIRE DANIELE<br />

H.H.ROWLEY - “Daniel, the historicity of the Fifth Chapter”, <strong>in</strong> The Journal of Theological<br />

Studies, Londra 1930-1931.<br />

H.H.ROWLEY - Darius the Mede and the Four World Empires <strong>in</strong> the Book of Daniel,<br />

2a ediz., Cardiff 1959.<br />

H.H.ROWLEY - The Aramaic of the Old Testament, Londra 1929.<br />

C.SCHEDL - “Daniele”, <strong>in</strong> Storia del Vecchio Testamento, vol.IV, Roma 1965.<br />

J.R. SCHEIFLER - “Daniele (libro di)”, <strong>in</strong> Enciclopedia della Bibbia, Tor<strong>in</strong>o Leumann 1969.<br />

W.H. SHEA - “The Prophecy of Daniel 9:24”, <strong>in</strong> Seventy Weeks, Leviticus, Nature of<br />

Prophecy, Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1986.<br />

W.H. SHEA - “The relationship Between the Prophecies of Daniel 8 and Daniel 9”,<br />

<strong>in</strong> The Sanctuary and the Atonement, Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1981.<br />

W.H. SHEA - “Poetic Relation of the time Periods <strong>in</strong> Daniel 9:25” <strong>in</strong> The Sanctuary and<br />

the Atonement , Wash<strong>in</strong>gton D.C.1981.<br />

W.H. SHEA - Daniel and the Judjement, Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1980.<br />

W.H. SHEA - Selected Studies on Prophetic Interpretation, Wash<strong>in</strong>gton D.C. 1982.<br />

U.SMITH - The Prophecies of Daniel and the Revelation, Nashville, Tenn. 1907,1944.<br />

J.A.SOGGIN - “Daniele” <strong>in</strong> Introduzione all’Antico Testamento, voll.II, Brescia 1969.<br />

J. STEINNMAN – Daniel, Parigi 1950.<br />

E.TESTA - “Daniele”, <strong>in</strong> Il messaggio della salvezza, vol. III, lib. 8°, sez. III, Tor<strong>in</strong>o<br />

Leumann 1971.<br />

C.C. TORREY - “Notes on the Aramaic Part of Daniel”, <strong>in</strong> Transaction of the Conecticut<br />

Academy of Art and Sciecens, 15, 1909.<br />

C. TROCHON - Daniel, Parigi 1882.<br />

S.P. TREGELLES - Defence of the Authenticity of the Book of Daniel, 1852.<br />

A.F. VAUCHER - “Daniel”, <strong>in</strong> Lacunziana, 2° serie, Collonges-souns-Salève 1952.<br />

A.F. VAUCHER - “Daniel”, <strong>in</strong> Les prophècies apocalyptiques et leur <strong>in</strong>terpretation,<br />

Collonges-sous-Salève 1972.<br />

G.VIDAL - La prophècie des Sema<strong>in</strong>es, Algeri 1947.<br />

A.VITTI - Il libro di Daniele nella recente critica, 1931.<br />

A.VON GALL - Die E<strong>in</strong>heitlichkeit des Buches Daniel, Giessen 1895.<br />

G.VON RAD - “Daniele e l’Apocalittica” <strong>in</strong> Teologia dell’Antico Testamento, vol. II,<br />

Brescia 1974<br />

J. VUILLEUMIER - Les prophècies de Daniel, G<strong>in</strong>evra 1906.<br />

B.K. WALTKE - “The Date of the Book of Daniel” <strong>in</strong> Bibliotheca Sacra, 1976.<br />

J.F. WALVOORD - Daniel the Key to Prophetic Revelation, Chicago 1971.<br />

G.WENHAM - “Daniel: The Basic Issues”, Phenelios 1977.<br />

J.M.WHITCOMB - “Daniel, Book of”, <strong>in</strong> The New Bible Dictionary, Londra 1962.<br />

J.M. JR. WHITCOMB - Darius the Mede, 1959.<br />

R.D. WILSON - Studies <strong>in</strong> the Book of Daniel, New York 1938<br />

R.D. WILSON - “The Aramaic of Daniel”, <strong>in</strong> Biblical and Theological Studies, Pr<strong>in</strong>ceton<br />

1912.<br />

P. WINANDY - ìThe mean<strong>in</strong>g of Kipper <strong>in</strong> Daniel 9:24”, <strong>in</strong> Seventy Weeks, Leviticus,<br />

Nature of Prophecy, Washigton D.C. 1986.<br />

P. WINANDY - (a cura di) Daniel, questions dèbattues, Collonges-sous-Salève 1980.<br />

D.J. WISEMAN - “Some Historical Problems <strong>in</strong> the Book of Daniel”, <strong>in</strong> Notes <strong>in</strong> Some<br />

469


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 470<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Problems <strong>in</strong> the Book of Daniel, Londra 1965.<br />

L.WOOD - A Commentary on Daniel, Grand Rapids, Mich, 1973.<br />

C.H.H.WRIGHT - Daniel and His Prophecies, Londra 1906.<br />

E. YAMAUCHI - “Archaeological Background of Daniel, <strong>in</strong> Grece and Babylon,<br />

Grand Rapids, Michigan 1967.<br />

E.J. YOUNG - The Prophecy of Daniel: A Commentary, Grand Rapids, Michigan 1949.<br />

E.J. YOUNG - “Daniel”, Introduzione e commento <strong>in</strong> The New Bible Commentary Revised,<br />

Londra.1970.<br />

S. ZEDDA - “L’Escatologia dell’Antico Testamento”, <strong>in</strong> Escatologia Biblica, vol. I,<br />

Brescia 1972.<br />

O.ZIMMERMAN - “The Aramaic Orig<strong>in</strong> of Daniel 8:12”, <strong>in</strong> Journal of Biblical Literature 57,<br />

1938.<br />

O.ZOECKLER - The Book of Daniel, New York 1915.<br />

ZUNDEL - Kritische Untersuchungen uber die Abfassuungszeit des Buches Daniel,<br />

Basilea 1861.<br />

Testi di storia e Cronologia Antica<br />

F.A. ARBORIO MELLA - Dai Sumeri a Babele, Milano 1978.<br />

F.A. ARBORIO MELLA - L’impero persiano, Milano 1979.<br />

AUTORI VARI - Storia Universale Rizzoli Larousse (4voll.), Milano 1973.<br />

AUTORI VARI - Storia universale Feltr<strong>in</strong>elli; Milano 1968.<br />

J.BOTTERO - Mesopotamia, la scrittura, la mentalità, gli dèi, Tor<strong>in</strong>o 1991.<br />

G.CONTENAU - La Mesopotamia prima di Alessandro, Milano 1961.<br />

ERODOTO, Le Storie (<strong>in</strong> IX libri), Milano 1956.<br />

E.GIBBON - Decadenza e caduta dell’Impero Romano (5 voll.), Roma 1968.<br />

C. GRIMBERG - Storia Universale (12 voll.), Milano, senza data.<br />

S.HELLMANN - Storia del Medioevo, Genova 1990.<br />

L.W. KING - A History of Babylon, Londra 1919.<br />

G.PETTINATO - Babilonia, centro dell’Universo, Milano 1988.<br />

G.TOURN - I Valdesi, Tor<strong>in</strong>o 1981.<br />

A.S. TURBERVILLE - L’<strong>in</strong>quisizione spagnola, Milano 1957.<br />

P.VILLARI - Le <strong>in</strong>vasioni barbariche <strong>in</strong> Italia, Milano 1905<br />

E.J. BICKERMANN - Chronology of the Ancient World, Londra 1968.<br />

J.FINEGAN - Handbook of the Bible Chronology, Pr<strong>in</strong>ceton 1964.<br />

A.PARKER e W.H. DUBBERSTEIN - Babylonian Chronology 626 B.C. - A.D.45 Pr<strong>in</strong>ceton 1956.<br />

E.THIELE - The Misterious Numbers of the Hebrew K<strong>in</strong>g, Chicago 1951.<br />

D.J. WISEMAN - Chronocles of the Chaldean K<strong>in</strong>gs 626-556 B.C. <strong>in</strong> the British Museum,<br />

Londra, 1956.<br />

Grammatiche e Lessici delle L<strong>in</strong>gue Ebraica e Aramaica<br />

BROCKELMANN - Hebraische Syntax, Neuekirchen 1956<br />

A.CARROZZINI - Grammatica della l<strong>in</strong>gua ebraica, 2° ediz. , Tor<strong>in</strong>o 1953.<br />

B.CHIESA, (a cura di) - Corso di Ebraico Biblico, Brescia 1986<br />

470


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 471<br />

P.JOUON - Grammaire de l’hebreu biblique, Roma 1923.<br />

E.KAUTZSCH e A.E.COWLEY - Gesenius Hebrew Gram. 2° ediz. , Oxford 1970.<br />

R.MEYER - Hebraische Grammatik (2 voll.), Berl<strong>in</strong>o 1969.<br />

B. DAVIDSON - The Analytical Hebrew and Chaldean Lexicon, Londra 1974<br />

W. GESENIUS - Hebrew and Chaldee Lexicon to the Old Testament, Grand Rapids,<br />

Michigan 1971.<br />

W.L. HOLLADAY - A Concise Hebrew and Aramaic Lexicon of the Old Testament,<br />

Grand Rapids, Michigan 1971.<br />

L. KOHLER e W. BAUMGARTNER - Lexicon <strong>in</strong> Veteris Testamenti Libros, Leida 1958.<br />

CAPIRE DANIELE<br />

471


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 472<br />

Note


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 473<br />

Note


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 474<br />

Note


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 475<br />

Note


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 476<br />

Note


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 477<br />

Note


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 478<br />

Note


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 479<br />

Note


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 480<br />

Note


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 481<br />

Note


Daniele/note storiche 28-07-2004 9:59 Pag<strong>in</strong>a 482<br />

F<strong>in</strong>ito di stampare nel mese di ottobre 1998<br />

da Legopr<strong>in</strong>t-Trento

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!