francesco petrarca - TABULA DEALBATA
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sollecitò e mi pregò con grande insistenza di entrare in relazione con lui. Da coloro che stanno bene<br />
non spero mai nulla; pure decisi di andare da lui e vedere un po’ a che tendeva tutto quell’insistere di<br />
un personaggio che era grande e che non conoscevo. E così, sia pure tardi, e dopo aver dimorato a lungo<br />
a Parma e a Verona, ovunque, ringraziando Iddio, accarezzato assai più di quanto meritassi, andai<br />
a Padova31 . Vi fui ricevuto da quell’uomo di illustre memoria, non come tra mortali, ma come in<br />
cielo vengono accolte le anime dei beati; e fui accolto con tanta gioia e con tanta inestimabile ed affettuosa<br />
reverenza, che sono costretto a passarla sotto silenzio, visto che non posso sperare di esprimerla<br />
a parole. Tra l’altro, saputo che fin dall’adolescenza ero chierico, mi fece eleggere canonico di<br />
Padova, per legarmi più strettamente, oltre che a se stesso, anche alla sua città. Insomma, se avesse<br />
vissuto più a lungo, avrei fatto punto con il mio vagabondare e con tutti i miei viaggi. Ma ahimè, nulla<br />
tra i mortali dura, e se ti è toccata una dolcezza, presto ti finisce nell’amaro. Iddio lo portò via, dopo<br />
averlo lasciato meno di due anni a me, alla sua patria ed al mondo, che non eravamo degni di lui.<br />
Gli succedette il figlio32 , illustre signore pieno di prudenza, che sulle orme del padre mi ha sempre<br />
avuto caro e sempre mi ha onorato: ma, io, incapace di stare fermo, me ne tornai in Francia33 , non tanto<br />
per il desiderio di rivedere ciò che avevo già veduto le mille volte quanto per cercare, come fanno i<br />
malati, di rimediare al disagio cambiando posto.<br />
Trad. it. di P. G. Ricci, in F. Petrarca, Prose, a cura di G. Martellotti, P. G. Ricci, E. Carrara, E. Bianchi, Ricciardi, Milano-Napoli 1955<br />
31. andai a Padova: dal 10 marzo al 4<br />
maggio 1349.<br />
T81 analisi del testo<br />
L’esilio<br />
«Caso» e «volontà»<br />
Avignone<br />
Il diritto e le lettere<br />
L’amore<br />
per Roma antica<br />
32. il figlio: Francesco da Carrara.<br />
33. tornai ... Francia: nel 1351. A questo<br />
punto si interrompe l’autobiografia.<br />
Primo scritto autenticamente autobiografico di un autore italiano (nella Vita nuova le vicende<br />
dell’esistenza sono subordinate a un disegno ideale, allegorico e narrativo), la Posteritati contiene<br />
un resoconto piuttosto preciso e dettagliato della vita di Petrarca, dalla nascita al 1351 (manca,<br />
per gli anni posteriori, un’analoga documentazione). L’ordine con cui vengono esposti gli avvenimenti,<br />
a partire dal ricordo dei propri genitori, è naturalmente quello cronologico, entro il quale,<br />
tuttavia, vengono ritagliati i momenti che l’autore ritiene possano dare di sé un’immagine idealmente<br />
compiuta. Alla semplice registrazione delle date e dei fatti si accompagna così una loro interpretazione,<br />
esplicita o implicita, che permette di ricondurre il discorso alla concezione del mondo<br />
propria del poeta. Ecco alcune possibili osservazioni:<br />
– il ricordo dell’esilio dei genitori, cacciati da Firenze per le lotte fra i «bianchi» e i «neri», viene<br />
presentato in un modo del tutto neutro, senza suscitare emozioni; l’ideologia petrarchesca è oramai<br />
lontana dalle passioni politiche di Dante, che erano legate ai conflitti comunali;<br />
– l’evolversi del «tempo» della vita è fatto dipendere dal «caso» e dalla «volontà», che, mentre si<br />
collegano alla tradizionale antinomia fra la fortuna e la virtù, pongono l’accento sulla dimensione<br />
psicologica ed esistenziale dell’esperienza petrarchesca: si noti, poco dopo, il riferimento all’«adolescenza»,<br />
trascorsa «sotto la guida dei vani piaceri» (è la situazione sviluppata in numerose poesie);<br />
– il soggiorno ad Avignone richiama il «vergognoso esilio» della «Chiesa di Cristo», suscitando<br />
anche in questo caso lo sdegno di Petrarca (espresso attraverso l’aggettivo);<br />
– dopo alcune osservazioni critiche sul “sistema” scolastico del tempo, viene sottolineata l’opposizione<br />
fra gli studi giuridici, voluti dal padre, e gli studi letterari, prediletti invece dal poeta; il<br />
che non esclude il riconoscimento della «maestà del diritto», espressione di «quella romana antichità»<br />
di cui Petrarca si professa «ammiratore»; ma introduce anche una distinzione di carattere<br />
morale, fra i compromessi con la propria coscienza cui costringe l’esercizio dell’avvocatura e il carattere,<br />
nobile e disinteressato, delle lettere;<br />
– l’amore per i viaggi è il segno di una irrequietezza che corrisponde a un irrinunciabile bisogno<br />
di conoscenza; il culmine di queste peregrinazioni è rappresentato da Roma, che costituisce il<br />
fulcro delle aspirazioni ideali di Petrarca (anche Stefano Colonna è definito «uomo della stessa le-<br />
Francesco Petrarca • T81 5