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GIUSEPPE QUARANTA<br />
Raccolta commentata<br />
di detti e proverbi di <strong>Anoia</strong><br />
Prefazione e revisione a cura di<br />
CATERINA RESTUCCIA<br />
Amministrazione Comunale di <strong>Anoia</strong>
In copertina: dipinto di Pasquale D’Angeli<br />
© Copyright 2006<br />
Giuseppe Quaranta<br />
Via Madre Teresa di Calcutta, 15<br />
89020 <strong>Anoia</strong> (RC)<br />
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA<br />
Tutti i diritti, per tutte le edizioni, sono riservati all’autore.
A Giovanni e Patrizia
6<br />
Sigle ed Abbreviazioni:<br />
agg. = aggettivo op. cit. = opera citata<br />
cfr. = confronta pag. = pagina<br />
fra. = francese pronom. = pronominale<br />
gr. = greco s. f. = singolare femmin<strong>il</strong>e<br />
intr. = intransitivo s. m. = singolare masch<strong>il</strong>e<br />
lat. = latino sp. = spagnolo<br />
m. = masch<strong>il</strong>e tr. = transitivo<br />
norm. = normanno v. = vedi<br />
DCI = LARUFFA FRANCESCO, Dizionario Calabrese<br />
Italiano, Adnkronos Libri, Roma, 1986.<br />
DEDC = MARZANO GIOVAN BATTISTA, Dizionario<br />
Etimologico del Dialetto Calabrese, Arnaldo Forni<br />
Editore, ristampa anastatica dell’edizione di Laureana di<br />
Borrello, 1928.<br />
NDDC = ROHLFS GERHARD, Nuovo Dizionario Dialettale<br />
della Calabria, Longo Editore Ravenna, 1977.
Prefazione<br />
La parola è un viaggio, che porta lontano, indietro nel<br />
tempo, che sosta un momento a contemplare <strong>il</strong> presente, che<br />
punta al futuro per suggerire altre parole, altri viaggi, altre mete.<br />
Questa eloquente immagine della vitalità e della dinamicità<br />
della parola è perfettamente rappresentata nella scelta, da parte<br />
dello stesso autore, del titolo della raccolta “Dissimu e dicu”.<br />
Il titolo racchiude tutto un modo ed un’interpretazione che<br />
Giuseppe Quaranta attribuisce all’importanza della parola, e<br />
qua in senso più ristretto al proverbio.<br />
Lo stesso tempo “remoto”, quasi nostalgico e melanconico, è<br />
immediatamente seguito da un “presente” categorico, energicamente<br />
imperativo, affinché <strong>il</strong> viaggio della parola, attraverso la<br />
saggezza popolare, non si concluda e non si perda per sempre.<br />
Due tempi “remoto” e “presente” che non devono, in alcuna<br />
maniera, scindersi; un recupero, <strong>il</strong> primo, attraverso la memoria<br />
della fonte orale, un invito ed una speranza, invece, <strong>il</strong> secondo,<br />
perché si continui a conservare dinamicamente. Questa singolare<br />
nota fra passato e contemporaneità è uno dei fattori fondamentali,<br />
che hanno condotto <strong>il</strong> nostro giovane Giuseppe Quaranta alla<br />
costante e paziente operazione del setacciare e del raccogliere per<br />
porgere, generosamente, agli altri un sapere antico. “È una<br />
grande follia voler essere saggi da soli” recita una massima<br />
del grande, e qua attualissimo, La Rochefoucauld, e di questa<br />
follia <strong>il</strong> nostro Giuseppe Quaranta non vuole peccare.<br />
7
Anzi con infinita dedizione, con profondo amore, si fa strumento,<br />
penna e foglio, e riporta quanto più può e gli è trasmesso<br />
dal preziosissimo scrigno degli anziani, dei più vissuti.<br />
La sua raccolta si dipana come originalissimo spaccato di vita,<br />
ricostruisce, senza pretese e volontà, a linee semplici, prive di<br />
retorica e di superbia, le figure di un tempo, i mestieri, quasi perduti<br />
purtroppo, gli animi probi e quelli improbi, i vizi e le virtù<br />
di un tempo “remoto”.<br />
L’autore, ascoltatore attento, curioso, raccoglie, indaga, trascrive,<br />
interpreta con la genuinità del ragazzo ed infine trova le<br />
sagge risposte agli interrogativi della sua giovane vita.<br />
Sono le risposte di una fonte orale affettuosa (la nonna),<br />
che offre <strong>il</strong> suo profondo ed atavico sapere alla generazione<br />
della lingua nazionale, discosta da quella del volgo.<br />
Sono i detti del popolo, della gente più povera che ricca, sono<br />
i modi di dire che si pronunciavano davanti al parco focolare,<br />
lungo le strette traverse del paese. Sono vivi, operosi ed animati<br />
nella raccolta gli stessi personaggi, gli scorci di paese, le curiose<br />
e loquaci figurine di un piccolo centro calabrese, <strong>Anoia</strong>.<br />
Sono gli stessi arguti motti di cui già erano intrise le più<br />
arcane civ<strong>il</strong>tà, sono le garrule e colorite espressioni dall’intento<br />
didascalico, che con naturalezza ammoniscono, indicano,<br />
apostrofano e sottolineano atteggiamenti e conseguenze<br />
del vivere quotidiano della società Calabrese e Anojana.<br />
Il proverbio è la vita fatta parola, l’esperienza che diventa<br />
insegnamento al popolo, ed in questo pensiero si ritrovano l’idea<br />
e lo spirito della raccolta “Dissimu e dicu”. In essa si<br />
riscontrano i sani principi dei “boni mores”, ma si denunciano<br />
anche i difetti di una società in continuo cambiamento. Solo per<br />
citare alcuni passaggi, è <strong>il</strong> caso in cui emerge la virtù della tenacia<br />
dell’ovidiano “Gutta cavat lapidem”, in italiano “La goccia<br />
scava la pietra”, volgarizzato ed allegorizzato nel detto dialet-<br />
8
tale “Ncissi ‘u surici a’ nuci: dammi tempu ca ti perciu”.<br />
“Disse <strong>il</strong> topo alla noce: dammi tempo che ti buco”.<br />
Oppure l’ormai trita e logora espressione “Verba volant,<br />
scripta manent”, in italiano “Le parole volano, gli scritti rimangono”,<br />
sancita dal modo di dire dialettale “Carta canta<br />
‘ncannòlu” reso nell’italiano “Carta canta cannello”. Ma può<br />
anche essere <strong>il</strong> caso dell’amara constatazione del tanto noto<br />
detto popolare “‘Na mamma ‘i cuverna centu figghj, ma centu<br />
figghj no cuvernanu ‘na mamma”, che nella traslazione italiana<br />
diventa “Una mamma cresce cento figli, ma cento figli non<br />
accudiscono una mamma”.<br />
Concetti legati dal tempo, trasmessi dalle civ<strong>il</strong>tà antiche ad<br />
una società agro – pastorale, custodita solo oggi, ormai, nei musei<br />
di cultura materiale. Stringe <strong>il</strong> nostro autore un legame indissolub<strong>il</strong>e<br />
fra lingua dialettale, con <strong>il</strong> suo contenuto e le sue tradizioni,<br />
ed <strong>il</strong> mondo odierno, con le sue contraddizioni e gli incontrollab<strong>il</strong>i<br />
mutamenti. Un vincolo sorto fra la nuova generazione e la vecchia,<br />
costituito dal dialetto, lingua, a torto e troppo a lungo, considerata<br />
inferiore a quella ufficiale dell’Italiano. Il dialetto rappresenta,<br />
invece, la corposa e vibrante eredità linguistica dei nostri<br />
padri, delle culture passate, delle stratificazioni cristallizzate in<br />
quella che è “<strong>il</strong> contenitore” per eccellenza del tempo, la lingua.<br />
Dall’amore per la lingua genuina, spontanea, nascono l’interesse,<br />
lo studio ed <strong>il</strong> sempre crescente desiderio di indagare<br />
nell’oceano sterminato della sapienza del popolo, per mezzo<br />
del proverbio.<br />
Questi medesimi fattori hanno unito la mia presenza a quella<br />
dell’autore di “Dissimu e dicu”, da tutto ciò ne scaturisce <strong>il</strong> mio<br />
esame linguistico – testuale, con criterio di assoluto rispetto per<br />
una versione italiana <strong>il</strong> più aderente possib<strong>il</strong>e alle forme dialettali<br />
del proverbio, mentre <strong>il</strong> commento del nostro autore dal tono dialogato,<br />
quasi parlato, del motto popolare ne chiarisce e ne<br />
approfondisce i contenuti metaforici e letterali.<br />
9
La raccolta diviene così non solo ut<strong>il</strong>e custodia di saggezza<br />
popolare ma anche altro fondamentale tassello per completare<br />
l’immenso mosaico delle lingue dialettali.<br />
L’opera si inserisce, inoltre, nella vasta produzione letteraria,<br />
volendo auspicare sempre maggior cura ed analisi a quello che è <strong>il</strong><br />
principale specchio di ogni cultura: la lingua, con le sue evoluzioni<br />
e con le tracce di altre culture.<br />
10<br />
Rosarno, 5 febbraio 2006<br />
Caterina Restuccia
Note dell’autore<br />
L’origine del titolo “Dissimu e dicu” nasce dal patrimonio linguistico<br />
e da norme comportamentali, valide per ogni frangente<br />
della vita, testate da m<strong>il</strong>lenni di esperienza e tramandate oralmente<br />
da padre in figlio.<br />
Frasi del tipo “Dissi l’anticu…”, “l’anticu non sbagliava”,<br />
“n’ceni ‘nu dittu…” venivano puntualmente proferite dalle persone<br />
più grandi all’indirizzo dei più giovani come vere e proprie<br />
lezioni di vita. Queste scene non potevano mancare anche nella<br />
mia famiglia. Ed è così che anche la nonna non era avara di quelle<br />
massime sapienziali, che avevano quale unico fine quello di<br />
mettermi in guardia da possib<strong>il</strong>i problemi che la mia giovane età<br />
non mi faceva comprendere.<br />
Incuriosito da questo tipo di frasi, incominciai ad interessarmi<br />
all’argomento “Ditti” e notai come molti di questi proverbi, che<br />
mi venivano riferiti, erano, ormai, quasi sconosciuti alla maggioranza<br />
dei cittadini del mio paese. Era, quindi, più che mai necessario<br />
incominciare a raccoglierli e trascriverli per evitare di perdere<br />
un grande patrimonio culturale di <strong>Anoia</strong>. Incominciai, allora,<br />
quel lavoro di ricerca durato più di quindici anni 1 e che oggi ho <strong>il</strong><br />
piacere e l’onore di offrire ai miei concittadini.<br />
Iniziando questo lavoro, vennero subito i primi interrogativi:<br />
dove trovare <strong>il</strong> materiale?<br />
1 Alcuni di questi proverbi erano stati pubblicati dal sottoscritto nell’opuscolo La Voce di <strong>Anoia</strong>, n. 1, Circolo<br />
Culturale e Ricreativo di <strong>Anoia</strong>, nell’anno 1988.<br />
11
Riflettendo capii che non c’era altra strada se non quella di<br />
soffermarmi in mezzo a crocchi di anziani riuniti in piazza, i<br />
quali erano abituati a dialogare anche per mezzo di motti e precetti.<br />
Tutto ciò, però, non bastava e così incominciai a dedicare<br />
parte delle mie giornate ad interpellare i miei concittadini, invitandoli<br />
a ricordare quali erano i “modi di dire” ut<strong>il</strong>izzati in determinate<br />
circostanze.<br />
Più andavo avanti e più capivo come i proverbi ci permettevano<br />
di far rivivere <strong>il</strong> mondo dei nostri progenitori e di scoprire le<br />
loro abitudini di vita, dimostrandosi delle vere e proprie lezioni di<br />
etica e suggerimenti pratici.<br />
Dai proverbi traspariscono la povertà, la superstizione e<br />
l’ignoranza di un popolo, ma anche la sua saggezza.<br />
La povertà è una compagna inseparab<strong>il</strong>e che ha affiancato la<br />
gente calabra nel corso di tutti i secoli sotto l’avv<strong>il</strong>ente sembianza<br />
della miseria. Per dare un’idea degli stenti a cui giornalmente era<br />
sottoposta la povera gente, basta pensare che l’alimentazione era<br />
basata su quel poco che la terra, spesso coltivata “a colonia”, offriva.<br />
Non era raro potersi cibare di sola verdura selvatica, senza nessun<br />
condimento e tantomeno accompagnata da un poco di pane<br />
fresco. Quest’ultimo, quando c’era, era “pane nero” oppure di<br />
“rodindia” 2 , cotto rigorosamente in forno a legna ma dotato di una<br />
lievitazione non omogenea e compatta. L’impasto si presentava<br />
molle e per non farlo attaccare al piano del forno, sotto le “panette”<br />
3 e le “frise” 4 , venivano messe delle foglie di castagno.<br />
La superstizione trovava terreno fert<strong>il</strong>e nella povertà e nell’ignoranza<br />
ed era in continuo sv<strong>il</strong>uppo. Frequentemente si incontravano<br />
corna di bue o ferri di cavallo, appesi all’ingresso dell’abitazione<br />
e nelle stalle di greggi, con l’intento di tenere lontano la<br />
2 Granturco.<br />
3 Pane di forma circolare.<br />
4 Focacce tagliate circolarmente in due parti e cotte un’altra volta nel forno a mo di biscotto.<br />
12
“jettatura”. Tutto ciò, spesso, creava quella dipendenza che penetrava<br />
negli stati d’animo e nei comportamenti umani. Il sapere era<br />
un lusso, ed era riservato solo alle famiglie facoltose ed abbienti.<br />
L’istruzione non era per la povera gente, che pur intelligente e<br />
scaltra non conosceva altro che <strong>il</strong> lavoro dei campi.<br />
Da questa raccolta di proverbi non emergono solo aspetti<br />
negativi. Traspare l’elogio per la generosità, l’intraprendenza,<br />
l’onestà, la laboriosità, la parsimonia, la solidarietà, ed anche una<br />
ferma condanna per l’egoismo, l’ingordigia, la malvagità e la<br />
menzogna.<br />
Il materiale della presente opera è stato raccolto dalla viva<br />
voce del popolo, pertanto a priori chiedo venia, se all’occhio del<br />
lettore appariranno termini che potranno ledere <strong>il</strong> comune senso<br />
del pudore, urtando la sensib<strong>il</strong>ità di taluno, un lavoro dovuto come<br />
espressione di grande rispetto e riverenza verso la propria terra, <strong>il</strong><br />
proprio paese natio e verso la sua gente e le nostre tradizioni.<br />
“Dissimu e dicu” non ha altre pretese, se non quella di sottrarre<br />
alla voracità del tempo questo patrimonio per affidarlo<br />
alle nuove generazioni, affinché ne preservino e ne custodiscano<br />
la memoria.<br />
Se è giusto, infatti, mantenere la memoria di quel passato<br />
colmo di orrori per non ripeterli nel futuro, è altrettanto giusto<br />
ricordare, attraverso i detti della gente comune, quelle massime<br />
che possono all’occorrenza orientare l’esistenza delle nuove generazioni,<br />
abbagliate spesso da ideali effimeri e fallaci.<br />
“Quando muore un vecchio, incendia un’intera biblioteca”<br />
è stato detto, e sicuramente non a caso, visto che ciascun anziano<br />
porta con sé un inestimab<strong>il</strong>e patrimonio di esperienze, di saggezza,<br />
di virtù che sarebbe insensato lasciar “incendiare” da<br />
quel tempo che, inesorab<strong>il</strong>e e senza pietà, tutto travolge senza<br />
lasciare alcuna traccia di quanti, con semplicità e senza grandi<br />
pretese, si siano prodigati affinchè certi valori potessero attecchire<br />
e radicarsi.<br />
13
La pubblicazione del presente lavoro di ricerca va a colmare<br />
un vuoto temporale di oltre un secolo da quando vennero pubblicati<br />
quei «Quattro canti popolari e quattro proverbi di Anoja»<br />
(riportati in Appendice) che oggi ci permettono di rivivere dal<br />
punto di vista lessicale e della tradizione le parole pronunciate da<br />
due giovani anojani 6 all’epoca studenti presso <strong>il</strong> R. Liceo-Ginnasio<br />
e Convitto Nazionale “Tommaso Campanella” di Reggio Calabria.<br />
A questo punto è doveroso porgere <strong>il</strong> più sentito ringraziamento<br />
a quanti hanno contribuito alla realizzazione di questa raccolta.<br />
Innanzi tutto ai tanti cittadini di <strong>Anoia</strong> che puntualmente mi<br />
hanno segnalato detti e proverbi, alcuni molto antichi o addirittura<br />
scomparsi. Un particolare ringraziamento, per le numerose segnalazioni,<br />
va agli amici Giuseppe Zurzolo e Anna Maria Bar<strong>il</strong>laro, e<br />
ai miei fam<strong>il</strong>iari Maria Assunta Mazzone (nonna), Carmela Sarleti<br />
(mamma) e Immacolata Quaranta (zia).<br />
A Luciana Politi, Antonello D’Angeli, Pasquale D’Angeli e<br />
Piero Vaccarello per le belle <strong>il</strong>lustrazioni che completano con un<br />
tocco d’arte questa raccolta.<br />
Ringrazio per la fattiva collaborazione nella fase di stesura del<br />
<strong>libro</strong>: la Prof.ssa Carmela Lattuca; la Dott.ssa Patrizia Caterina<br />
Lattuca; Giovanni Russo, Direttore della Biblioteca Comunale di<br />
Polistena; Tommaso Pezzano e Giovanni Quaranta.<br />
Alla Dott.ssa Caterina Restuccia <strong>il</strong> mio ringraziamento per<br />
aver voluto scrivere la prefazione al presente volume e per averne<br />
curato la revisione.<br />
Si ringrazia, inoltre, l’Amministrazione Comunale di <strong>Anoia</strong><br />
per aver contribuito alla pubblicazione.<br />
5 Arcà Bruno di Francescantonio e Buda Giuseppe di Nicola.<br />
14<br />
Giuseppe Quaranta
(Dipinto di Pasquale D’Angeli)<br />
15
‘A carni vaci cu l’ossu e ‘u duci vaci c’amaru.<br />
La carne va con l’osso e <strong>il</strong> dolce va con l’amaro.<br />
La vita riserva gioie e dolori, sensazioni soavi ed amare, situazioni sgradevoli<br />
e piacevoli, momenti tristi e meravigliosi. La storia insegna che<br />
bisogna accettare le vicissitudini della vita, poiché prima o poi si compenseranno<br />
con gli eventi a favore.<br />
<br />
‘A cira s’ardi e ‘u santu no camina.<br />
La cera s’è sciolta e <strong>il</strong> santo non cammina.<br />
Può sempre capitare un intoppo, anche per eventi sacri; come in una processione<br />
in cui, per una situazione non prevista, la varetta con la statua del<br />
Santo rimane ferma e i ceri, accesi per impetrare una grazia o per ringraziare<br />
di averla ricevuta, si sciolgono.<br />
‘A cuda eni forti e dura.<br />
La coda è forte e dura.<br />
<br />
L’inizio di un lavoro porta con sè una grande carica energetica. I buoni propositi<br />
fanno superare tutte le incertezze e le ansie. E così s’inizia a lavorare con una tale<br />
frenesia che sembra, quasi, si finisca in un baleno. Ma quando si è prossimi alla<br />
fine dell’opera, le forze sono oramai scemate, e sembra non si termini mai.<br />
<br />
‘A donna chi và di fora no tessi no t<strong>il</strong>a e no lenzola.<br />
La donna che esce sempre non tesse né tela e non fa lenzuola.<br />
La donna che frequentemente sta per lunghi periodi fuori delle mura<br />
domestiche, non può certamente dedicarsi ai lavori soliti di massaia.<br />
Pertanto non tessendo, non cucendo le lenzuola, si ritroverà al momento<br />
del matrimonio con una scarna dote.<br />
‘A forza veni da morza.<br />
La forza viene dal mangiare.<br />
<br />
L’alimentazione fornisce all’organismo le varie sostanze necessarie per la<br />
sussistenza. Una giusta ed abbondante nutrizione rende l’uomo sano e di<br />
conseguenza più forte, in grado di affrontare le situazioni più faticose che<br />
comportano un maggior spreco di energia.<br />
17
A’ ‘i tempi di calenni greci.<br />
Al tempo delle calende greche.<br />
Le calende secondo gli antichi Romani erano i primi giorni di ogni mese<br />
in cui si convocava <strong>il</strong> popolo per annunziargli le feste, i giochi, i giorni<br />
fasti e nefasti del mese, ma i Greci non avevano le calende, per cui rinviare<br />
alle calende greche un fatto, significa non farne nulla, perché si tratta<br />
di un tempo che non verrà mai.<br />
<br />
A’ ‘i tempi di canonici ‘i lignu.<br />
Al tempo dei canonici di legno.<br />
Detto che indica <strong>il</strong> passato remoto, che va molto in là nel tempo.<br />
<br />
‘A lingua no ‘ndavi ossu e rruppi ‘u mastrossu 7 .<br />
La lingua non ha osso, ma rompe l’astragalo.<br />
La lingua è un organo molto importante che svolge varie funzioni, è sede<br />
del gusto, è addetto a rimuovere <strong>il</strong> cibo durante la masticazione. Serve ad<br />
articolare molti suoni della voce, peccato che spesso se ne fa un uso scorretto,<br />
parlando troppo e a sproposito e, senza timore o riguardi, si ferisce<br />
la sensib<strong>il</strong>ità altrui. Una parola o una frase detta con tono offensivo è diffic<strong>il</strong>e<br />
da dimenticare e fa più male di uno schiaffo.<br />
<br />
‘A mègghju morti eni ‘a subitània.<br />
La miglior morte è quella improvvisa.<br />
La cessazione improvvisa della vita è la migliore morte perché priva di stenti<br />
e sofferenze. Applicato come espressione figurativa particolare, usato in circostanze<br />
di attesa tra gioia e disperazione.<br />
<br />
‘A musca com’è si susca.<br />
La mosca come si vede si giudica.<br />
18<br />
Aver nei riguardi di una persona una brutta opinione, dando una frettolosa<br />
valutazione, supponendo che <strong>il</strong> proprio pensiero, sia la sola ed unica<br />
verità, è errato. Di solito si giudica una persona ritenendosi migliori, ma è<br />
davvero così? “Non guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro quando<br />
nel tuo c’è una trave”.<br />
7 Astragalo, osso del tarso di forma vagamente cubica, che si articola tra <strong>il</strong> calcagno e la tibia, con <strong>il</strong> quale gli antichi<br />
giocavano ai dadi.
‘A nivi marzulina dura da sira a matina.<br />
La neve di marzo dura dalla sera alla mattina.<br />
La neve nel mese di marzo anche se abbondante dura poco.<br />
‘A panneda t’arrobba ‘u culu.<br />
La falda 8 ti ruba <strong>il</strong> sedere.<br />
<br />
Con questa espressione si indica un uomo dall’atteggiamento diffidente, <strong>il</strong><br />
quale teme che le persone con le quali tratta o ha rapporti vogliano sempre<br />
ingannarlo.<br />
<br />
‘A parola eni strumentu.<br />
La parola è uno strumento.<br />
Negli uomini d’un tempo vigeva un codice dell’onorab<strong>il</strong>ità, <strong>il</strong> quale imponeva<br />
alla persona che avesse promesso un qualcosa di non poter più ritrarsi, anche a<br />
costo di rimetterci. Pertanto la “parola data” costituiva un importante strumento<br />
di rispettab<strong>il</strong>ità ed ottima reputazione.<br />
<br />
‘A pecura rendi cchjù viva ca morta.<br />
La pecora rende più viva che morta.<br />
La pecora è un mammifero domestico dei ruminanti, allevato soprattutto per<br />
la produzione della lana, del latte e della carne. Da questa premessa nasce la<br />
buona regola che deve osservare <strong>il</strong> pastore, cioè quella di accudire gelosamente<br />
<strong>il</strong> gregge perché solo così otterrà benefici economici.<br />
<br />
‘A petra chi no fa lippi, no fa angidi.<br />
La pietra che non fa alghe, non fa angu<strong>il</strong>le.<br />
L’angu<strong>il</strong>la è un pesce dalla pelle viscida di forma allungata come <strong>il</strong> serpente.<br />
Pred<strong>il</strong>ige vivere in acque dolci, quali stagni, canali o fiumiciattoli. Ottimo<br />
habitat è l’acqua stagnante, meglio con presenza di pietre ricoperte di alghe<br />
sugli argini, vera riserva di cibo e ottimo nascondiglio per eventuali pericoli.<br />
8 Lembo inferiore della camicia.<br />
19
‘A pratica rruppi ‘a grammatica.<br />
La pratica insegna più della grammatica.<br />
Lo studio porta sicuramente ad apprendere la teoria, ma è al momento dell’applicazione<br />
dell’argomento studiato che si riscontrano problemi. Facendo pratica si<br />
superano le difficoltà, è bene ut<strong>il</strong>izzare l’esperienza per conoscere i trucchi del<br />
mestiere. L’attività pratica diviene in tal senso opera superiore alla teoria.<br />
<br />
‘A purvari caccia ‘a padra.<br />
La polvere espelle la palla.<br />
Come la palla ha bisogno di un innesco per poter esser emessa dalla canna del<br />
fuc<strong>il</strong>e, così anche l’uomo se incentivato da una gratifica in danaro, porterà a<br />
compimento ciò che gli è stato chiesto di fare.<br />
<br />
‘A regina ‘ndeppi bisognu da vicina.<br />
La regina ha avuto bisogno della vicina.<br />
L’uomo potente sembra onnipotente, può tutto e non ha bisogno di nulla.<br />
Anch’egli, tuttavia può desiderare ciò che si trova esclusivamente nella casa degli<br />
um<strong>il</strong>i. Anche le persone potenti, quindi, hanno bisogno della gente comune.<br />
<br />
‘A ricchizza du v<strong>il</strong>lanu 9 è na gutti i vinu e nu gistuni i granu 10 .<br />
La ricchezza del v<strong>il</strong>lano è una botte di vino ed un cestone di grano 11 .<br />
Al contadino laborioso per sostentare la propria famiglia bastava avere<br />
una botte di vino e un cestone di granturco.<br />
<br />
‘A rrobba cercata eni menza pagata.<br />
La cosa cercata per metà è pagata.<br />
20<br />
Il desiderio, la bramosia, la voglia irrefrenab<strong>il</strong>e nel voler qualcosa, rende l’uomo<br />
ladro. Se la roba che non appartiene venisse cercata e concessa dal relativo<br />
proprietario, in un certo qual modo, sarebbe come se fosse stata pagata senza<br />
commettere l’ignob<strong>il</strong>e gesto di rubare.<br />
9 Chi abita in campagna e coltiva la terra, contadino.<br />
10 Granturco.<br />
11 Giuseppe Antonio Pasquale, Relazione sullo stato fisico-economico-agrario della Prima Calabria<br />
Ulteriore, Tipografia nel R. Albergo de’ Poveri, Napoli 1863, ristampa anastatica Franco Pancallo Editore,<br />
Locri 2002, pag. 94.
‘A rrobba d’avaru sa màngia ‘u sciampagnuni.<br />
La proprietà dell’avaro se la sperpera <strong>il</strong> buontempone.<br />
L’avidità dell’avaro rende la vita piena di stenti e di profonde privazioni, con<br />
<strong>il</strong> solo ed unico intento di accumulare. La tirchieria rende l’uomo cieco e schiavo<br />
delle proprie ricchezze, non rendendosi conto che la morte un giorno arriverà<br />
anche per lui e <strong>il</strong> patrimonio, frutto di anni di rinunce, andrà in eredità al<br />
buontempone che, vedendosi in mano così tanta abbondanza piovuta dal cielo,<br />
la sperpererà in un baleno.<br />
<br />
‘A rrobba vecchia mori a’ mani d’‘i pacci.<br />
Le cose vecchie muoiono in mano dei pazzi.<br />
Chi aggiusta cose vecchie finirà per perdere la pazienza, sarà assalito dal<br />
nervosismo, tanto da sfiorare la pazzia. Ciò che è vecchio rimane vecchio,<br />
anche se riparato, passerà poco tempo e si dovrà intervenire nuovamente.<br />
Quando qualcosa si deteriora, meglio comprarne una nuova: si guadagnano<br />
tempo e salute.<br />
<br />
A’ ‘stu mundu l’omu bbonu eni comu u’ lupu jàncu; u’ cristianu eni ‘nu<br />
zocculu sagrestanu.<br />
In questo mondo l’uomo buono è come <strong>il</strong> lupo bianco; <strong>il</strong> cristiano è un furbo sacrestano.<br />
Trovare un lupo albino è quasi impossib<strong>il</strong>e, come trovare un uomo buono.<br />
La maggioranza delle persone pensa a se stessa ed è divorata dall’egoismo.<br />
è veramente diffic<strong>il</strong>e trovare un uomo generoso. Anche le persone<br />
ritenute cristiane, dalle quali ci si aspetta un po’ di altruismo, lasciano<br />
intravedere un comportamento da furbi meschini.<br />
<br />
A’ ‘u malu zappaturi nuda zappa nci piaci.<br />
Allo zappatore fannullone non c’è zappa che gli piaccia.<br />
L’uomo pigro, sfaticato, abituato alla bella vita, trovandosi a dover lavorare<br />
non ne ha proprio voglia. L’assuefazione all’ozio lo porta a trovare<br />
qualsiasi pretesto per saltare <strong>il</strong> lavoro, infatti qualsiasi zappa ha un difetto,<br />
oppure fa troppo freddo o la calura è insopportab<strong>il</strong>e: ogni giustificazione<br />
va bene pur di non far niente.<br />
21
A’ ‘u povaru e a’ ‘u malatu no ‘i vonnu ‘u ‘mparentatu.<br />
Al povero e al malato non li vogliono i parenti.<br />
La società purtroppo è costituita anche da persone povere e malate. Povertà e<br />
malattia sono due fardelli diffic<strong>il</strong>i da sostenere a lungo, non solo dai diretti interessati,<br />
ma anche dai rispettivi parenti. Il parente povero o malato non è gradito<br />
perché non c’è guadagno, anzi diventa un peso da portare.<br />
<br />
A’ ‘u riccu ricchizza, a’ ‘u povaru ‘nu pàrmu ‘i pizza.<br />
Al ricco ogni bene, al povero un palmo di “pene”.<br />
La ricchezza sicuramente porta a condurre una vita più serena rispetto alla povertà<br />
ed è per questo che la disperazione porta a pensare che, chi possiede continuerà<br />
ad avere sempre più, mentre <strong>il</strong> povero rimarrà sempre a piangere miseria.<br />
<br />
‘A vecchia quand’ eni vecchia ‘u culu nci arripicchja.<br />
La vecchia, quando è vecchia <strong>il</strong> sedere le si raggrinza.<br />
L’età tarda della donna è caratterizzata dal decadimento dell’organismo, la<br />
pelle diventa piena di rughe, specialmente in prossimità del viso. I solchi<br />
e le pieghe della pelle si presentano in tutto <strong>il</strong> corpo e anche i glutei non<br />
sono risparmiati.<br />
<br />
‘A vecchia quand’eni vecchia va perdendu ‘i virtù, l’anchi nci vannu a’<br />
trincettu 12 e ‘u culu nci fa pù pù.<br />
La vecchia, quando è vecchia va perdendo le virtù, le gambe diventano storte e <strong>il</strong><br />
sedere gli fa pù pù.<br />
L’età avanzata fa perdere la virtù visiva, uditiva e quella che la donna riceve<br />
direttamente dalla grazia divina: la bellezza. La vecchiaia porta con sè gli<br />
incomodi, i malanni, i guai, rende la donna meno forte di quand’era giovane,<br />
tanto che le gambe non reggono più <strong>il</strong> peso corporeo e nei casi più estremi non<br />
si ha la forza nemmeno di alzarsi per fare i propri bisogni fisiologici.<br />
<br />
A’ cacarèda no nci voli culu strittu.<br />
Con la diarrea è inut<strong>il</strong>e stringere i glutei.<br />
La diarrea non si può certamente trattenere, infatti è davvero inut<strong>il</strong>e tentare di<br />
camminare più veloce, nel vano tentativo di stringere i glutei, sperando di<br />
poterla frenare. Allo stesso modo è inut<strong>il</strong>e cercare rimedi, quando ogni sforzo<br />
è vanificato da forze che non si possono controllare.<br />
12 Arnese consistente in una lama d’acciaio un po’ ricurva, appuntita ed aff<strong>il</strong>ata ad un’estremità; se ne servono i<br />
calzolai per tagliare ed assottigliare <strong>il</strong> cuoio. Derivato da trinciare dal fra. Trencher (-ier).<br />
22
A’ casa du bon’omu no si guarda mai ‘u focularu.<br />
In casa del buon uomo non si guarda mai <strong>il</strong> focolare.<br />
Entrando in casa di un uomo onesto e dall’animo gent<strong>il</strong>e, è buon costume non<br />
dare un’occhiata anche veloce al focolare per vedere cosa bolle in pentola. Agli<br />
occhi del padrone di casa la furtiva occhiata potrà apparire come un arbitrario<br />
invito a sedere a tavola, ma spetta a lui, qualora lo ritenesse opportuno, far<br />
sedere al proprio banchetto <strong>il</strong> potenziale ospite.<br />
<br />
A’ cu’ figghj e a’ cu’ figghjastri.<br />
A chi figli e a chi figliastri.<br />
Non è certamente buona norma usare due pesi e due misure, come far<br />
distinzione tra un figlio e un figliastro. Spesso si verifica che non tutti<br />
hanno la stessa r<strong>il</strong>evanza nell’ambito fam<strong>il</strong>iare, perché i genitori parteggiano.<br />
Questa faziosità porta a dare a taluni figli tanto, ad altri niente, calpestando<br />
così <strong>il</strong> principio dell’uguaglianza.<br />
<br />
A’ cu’ pensi: a’ f<strong>il</strong>ici ‘i Cubasina 13 ?<br />
A che pensi: alle felci di Cubasina?<br />
Cubasina è una zona pianeggiante posta alle pendici dei monti<br />
dell’Aspromonte. In detta zona, un tempo, i braccianti erano dediti al taglio<br />
delle felci per preparare i campi all’aratura. Lavoro duro con uno spreco di<br />
energie enorme. Giunta la sera, gli occhi erano per metà chiusi dalla stanchezza,<br />
tanto da far apparire i lavoratori pensierosi.<br />
<br />
A’ curti parla beni pe’ tutti e si àtru no’ poi fari, no parlari no beni<br />
e no mali.<br />
Al tribunale parla sempre bene di tutti, ma se altro non puoi fare, non parlare né<br />
bene e né male.<br />
La cultura del buon calabrese quando non interessato, porta spessissimo a non<br />
simpatizzare per i due litiganti. Regola fondamentale per una buona testimonianza<br />
in tribunale è parlar bene di tutti e, se poi <strong>il</strong> giudice costringe <strong>il</strong> teste ad un opinione<br />
personale, non bisogna parlare né bene e né male. Meglio non farsi nemici.<br />
13 Contrada del comune di Giffone (RC).<br />
23
A’ jenàru puta paru.<br />
A gennaio pota senza limiti.<br />
Il territorio collinare presentava culture di diverso tipo: prevalevano le vigne<br />
nei terreni meglio esposti al sorgere del sole, mentre nelle zone più umide o<br />
fredde, piantagioni d’agrumeto o di maestosi ulivi che si ergevano sovrani<br />
sopra ogni cosa. Nel mese di gennaio s’iniziava la potatura degli alberi da frutto<br />
e delle vigne. Gli alberi che in autunno avevano perso le foglie grazie alla<br />
potatura, in primavera avrebbero dato virgulti nuovi, pieni di vegetazione.<br />
<br />
A’ l’ortu ‘i Ddèu campanu tutti.<br />
All’orto di Dio campano tutti.<br />
In campagne coltivate da gente um<strong>il</strong>e e dedita alla fatica, gli orti prosperano di<br />
ortaggi e verdure. Tutto ciò non può che apparire all’occhio del ladro una<br />
manna caduta dal cielo ed, essendo <strong>il</strong> contadino un povero uomo, buono come<br />
<strong>il</strong> pane, restio a far inut<strong>il</strong>i litigi, ne approfitta sottraendogli i frutti della terra.<br />
<br />
A’ lignu tagghjatu tagghja cu’ voli.<br />
Dal legno tagliato può tagliare chi vuole.<br />
L’uomo debole non è servito, né riverito perché non è degno di alcun<br />
rispetto: non è temuto poiché non può far male, non sa difendersi, quindi<br />
lo si può schernire facendogli i più disparati dispetti. Dell’uomo debole,<br />
perciò, chiunque può approfittare.<br />
<br />
A’ mia cchjù stoccu ‘i sira!<br />
A me più stoccafisso di sera!<br />
Lo stoccafisso norvegese è una pietanza molto consumata nella Piana. Il<br />
pesce stocco è un cibo succulento da preparare nelle più svariate ricette,<br />
ma tanta è la bontà del suo sapore tanta è la difficoltà a digerirlo, specialmente<br />
se consumato di sera.<br />
<br />
A’ ogni sipaleda c’è ‘na sentineda.<br />
Dietro ogni piccola siepe c’è una sentinella.<br />
24<br />
Bisogna prestare la massima attenzione quando si compiono gesti o azioni, e si<br />
parla certi che non ci sia nessuno ad origliare o ad osservare ogni movimento.<br />
Quando sembra che tutto si svolga con la massima riservatezza, c’è sempre<br />
qualcuno che di nascosto vede o sente.
‘I ciucci si sciarrianu<br />
e ‘i varliri vannu po menzu<br />
(Disegno di Luciana Politi)<br />
25
‘A mala nomina a porta ‘u ventu.<br />
La brutta nomea la porta <strong>il</strong> vento.<br />
26<br />
La persona che non vive onestamente, e che si comporta in maniera errata<br />
rispetto alle regole del buon costume, si acquisterà una brutta nomea. La cattiva<br />
fama correrà velocemente, diffondendosi repentinamente fra le persone, le<br />
quali faranno di tutto a non avere contatti con lui.<br />
A’ prima è di cotrari.<br />
La prima è dei bambini.<br />
<br />
Detto del gioco delle carte, usato dal giocatore perdente all’avversario, <strong>il</strong> giocatore<br />
giustifica la propria sconfitta, attribuendo la colpa alla cattiva sorte e<br />
non all’ab<strong>il</strong>ità dell’avversario, come dire la fortuna dei principianti.<br />
<br />
A’ quarantina ‘nu morbu a’ matina.<br />
Alla quarantina un morbo ogni mattina.<br />
L’età che si aggira sui quarant’anni per molti è l’inizio di una serie di leggeri<br />
malanni, spesso a causa di una vita sregolata. L’uomo intemperante, che oltrepassa<br />
i giusti limiti mancando di equ<strong>il</strong>ibrio nell’agire e specialmente nel mangiare<br />
e nel bere, sottopone <strong>il</strong> proprio fisico a ritmi e sforzi estenuanti che, col<br />
passare degli anni, arrecano danni alla salute.<br />
<br />
A’ Santa Chiara, dopu c’arrobbaru, si fici ‘i porti ‘i ferru.<br />
Santa Chiara, dopo ch’è stata derubata, si è fatta le porte di ferro.<br />
La leggenda narra che i ladri derubarono <strong>il</strong> convento di Santa Chiara<br />
entrando dalla porta che era di legno. Alla Santa, sentitasi presa in giro per<br />
la fac<strong>il</strong>ità di accesso dei ladri, non rimase che porre rimedio facendosi<br />
costruire le porte in ferro.<br />
<br />
A’ stutata da lumera, su tutti ‘i ‘na manèra.<br />
Spento <strong>il</strong> lume, sono tutti uguali.<br />
Detto che indica una categoria di persone dall’improvviso cambiamento di<br />
opinioni, di idee e di comportamento. Questo proverbio può assumere un<br />
altro significato più profondo, a lume spento, quindi nel momento del<br />
sonno o col sopraggiungere della morte, si annulla ogni tipo di distinzione:<br />
si è davvero tutti uguali.
A’ tavula chi no si ‘mbitàtu, no jiri ca si cacciatu.<br />
Al banchetto che non sei invitato, non andare perché sarai respinto.<br />
Quando si festeggia un avvenimento, di solito s’invitano le persone gradite o di<br />
cui non si può fare a meno. Spesso a ciascun invitato viene riservato un posto,<br />
pertanto nel caso in cui si presentasse qualcuno fuori dalla lista degli ospiti, non<br />
sarebbe bene accetto e non troverebbe neanche un posto per sedersi.<br />
<br />
A’ una a’ una, amaru cu’ ‘i duna.<br />
Ad una ad una, povero chi dà carte.<br />
A Jola 14 .<br />
A Jola.<br />
Detto usato nel gioco delle carte napoletane. Il giocatore abbandonato dalla<br />
buona sorte, tenta un ulteriore mescolamento, dando le carte ai giocatori ad una<br />
a una, sperando di pescare carte migliori. Questa mossa sovente non dà i frutti<br />
sperati, infatti dal mazzo solitamente, dopo aver fatto ricorso a questa strategia,<br />
vengono estratte carte ancora più brutte di prima.<br />
<br />
Detto che indica, in senso figurativo, non possedere nessuna briscola.<br />
Accuppa cori.<br />
Copri cuore.<br />
<br />
Detto che indica i sintomi della claustrofobia, ossia <strong>il</strong> timore patologico e irrazionale<br />
dei luoghi chiusi.<br />
<br />
Acedi a’ mandra morinu ‘i fami.<br />
Uccelli in branco muoiono per la fame.<br />
Gli uccelli in soprannumero stentano a guadagnarsi <strong>il</strong> cibo, poiché le risorse dei<br />
campi devono essere condivise con i propri sim<strong>il</strong>i. Pertanto, subentra una specie<br />
di selezione naturale, chi è più forte e scaltro arriva per primo sui semi, la<br />
fonte principale di sussistenza. Il più forte sopravvive, <strong>il</strong> più debole, non potendosi<br />
alimentare, andrà incontro a duri stenti che comportano morte certa.<br />
14 Ruscello che scorre al confine tra i comune di <strong>Anoia</strong> e di Maropati.<br />
27
Acedi e fungi, pigghjàli comu ‘i jungi.<br />
Uccelli e funghi, prend<strong>il</strong>i e mett<strong>il</strong>i assieme.<br />
28<br />
Gli uccelli, un tempo, erano cacciati non per sport, ma per soddisfare l’esigenza<br />
del cibo. Più volat<strong>il</strong>i si riusciva a prendere, più cibo entrava in casa. Lo stesso<br />
discorso vale per i funghi, più se ne trovavano e più se ne potevano consumare,<br />
perché a differenza degli uccelli, i funghi si possono essiccare, costituendo<br />
così una scorta sicura per l’inverno.<br />
Acquazzina no inχj 15 puzzu.<br />
La rugiada non riempie <strong>il</strong> pozzo.<br />
<br />
La rugiada è un fenomeno atmosferico, caratteristico delle notti serene. Le goccioline<br />
precipitate dalla condensazione del vapore acqueo determinano una<br />
visione particolare della vegetazione, ma sono talmente minuscole che se raccolte<br />
non potrebbero mai riempire un pozzo. Il proverbio simbolicamente sottolinea<br />
che l’uomo con i piccoli risparmi certamente non arricchisce.<br />
Agustu ojjiu e mustu.<br />
Agosto olio e mosto.<br />
<br />
Le piante di ulivi nelle annate piene, eliminano i frutti in eccedenza, facendoli<br />
cadere a terra molto tempo prima che si compia la maturazione. Un tempo, le<br />
famiglie si recavano negl’uliveti, per raccogliere ad agosto le olive ottobrariche<br />
cadute a terra, le quali per esser macinate venivano conservate fino all’apertura<br />
dei frantoi. Ma agosto era anche <strong>il</strong> mese della maturazione dello zibibbo,<br />
una specie di uva bianca dal profumo intenso e dal sapore unico.<br />
<br />
Aliamu 16 , aliamu, cchjù pocu simu e cchjù mègghju stamu.<br />
………Più pochi siamo e meglio stiamo.<br />
Il focolare, un tempo, in casa aveva un’importanza notevole, serviva sia per la<br />
preparazione dei cibi sia per <strong>il</strong> riscaldamento domestico. La sera l’intera famiglia<br />
si riuniva davanti al focolare, troppo piccolo per tutti. I più furbi iniziavano<br />
a far scint<strong>il</strong>le con l’alare per provocare panico nei più piccoli, che, impauriti,<br />
scappavano a letto lasciando più spazio ai rimanenti.<br />
15 In DCI Inchjri, v. tr. Riempire.<br />
In DEDC Inchiri, v. tr. Riempire; dal gr. εγγεω, lat. implere.<br />
16 Alare, arnese di ferro posto ai lati del focolare per sostenere la legna che, stando così sollevata, può bruciare più<br />
fac<strong>il</strong>mente.
Alivi e agghianda ad agustu si domanda.<br />
Olive e ghianda ad agosto si domanda.<br />
Nel mese di agosto tra gli ulivi secolari, dalle foglie di color verde cupo nella<br />
superficie superiore e biancastre in quella inferiore, sono ormai presenti i frutti<br />
di questi alberi, le olive, verdi al principio e nereggianti a maturità. Sulle<br />
querce e sui lecci, alberi di alto fusto, le prime dalle foglie con margine lobato<br />
e i secondi dal colore verde e di forma ovale compaiono le ghiande frutti dalla<br />
forma ovoidale o c<strong>il</strong>indrica ut<strong>il</strong>izzato soprattutto nell’alimentazione dei suini.<br />
I contadini nel mese di agosto osservando detti alberi fanno una prima stima di<br />
quella che sarà l’annata.<br />
<br />
Ama a’ cu’ ti ama e rispundi a’ cu’ ti chiama.<br />
Ama chi ti ama e rispondi a chi ti chiama.<br />
Amare una persona vuol dire condividere un sentimento di profondo innamoramento.<br />
Amare vuol dire soprattutto rispettare la persona amata, cercando<br />
in ogni modo di non offenderla e rispettarla. Allo stesso modo un<br />
comportamento gent<strong>il</strong>e e cortese si deve adottare con colui o colei che ci<br />
cerca. La risposta è indice di buona educazione.<br />
<br />
Ama Ddèu supa ogni cosa e no partìri d’‘a casa senza spisa.<br />
Ama Dio sopra ogni cosa e non partire da casa senza spesa.<br />
Bisogna credere in Dio e credere nella sua provvidenza, ma può sempre venirci in<br />
aiuto? Pertanto chi si mette in viaggio o lavora in campagna non deve dimenticare<br />
gli alimenti giornalieri per consumarli al momento in cui avrà fame.<br />
<br />
Amara ‘a pecura ch’avi a’ dari ‘a lana.<br />
Povera la pecora che deve dare la lana.<br />
Spesso per diversi problemi si è costretti a rivolgersi a persone per ottenere<br />
un favore o un prestito, risolvendo così i propri guai; una volta risolti<br />
questi, subentrano ben altre preoccupazioni: “Come fare per disobbligarsi?<br />
Come recuperare <strong>il</strong> denaro necessario per estinguere <strong>il</strong> proprio debito?”<br />
Domande che rendono un uomo disperato ed avv<strong>il</strong>ito perché non sa<br />
come liberarsi dal proprio vincolo.<br />
<br />
Amici novi acquistatíndi, ma ‘i vecchi no ‘i dassàri.<br />
Acquista amici nuovi, ma quelli vecchi non li lasciare.<br />
L’amicizia comporta un forte legame tra due o più persone. Un vero amico ti<br />
dona tanto del proprio tempo, ti sta vicino nei momenti diffic<strong>il</strong>i e condivide<br />
29
ogni situazione di gioia; in ogni caso è sempre bene allargare le proprie conoscenze<br />
dalle quali possono scaturire nuove e belle amicizie, ma questo non<br />
deve far sì che si trascurino i vecchi legami.<br />
<br />
Ammazza, ammazza ennu tutti ‘na razza.<br />
Ammazza, ammazza sono tutti della stessa razza.<br />
Chi fa parte di una compagnia, di un’associazione, o di un qualsiasi gruppo costituito<br />
da più persone, frequenta spesso gente che gli somiglia nel carattere, nei<br />
costumi, nel linguaggio e nei modi di pensare o comunque si differenziano di<br />
poco, a tal punto che questa scarsa diversità appare in modo chiaro e lampante.<br />
Avendo le stesse caratteristiche agli occhi di tutti vengono considerati uguali.<br />
<br />
Ammuccia cumpàri, ca tuttu ti pari.<br />
Compare nascondi, che tutto verrà fuori.<br />
Sovente, al verificarsi di un evento di massima importanza, coloro i quali ne<br />
sono a conoscenza, attraverso un patto verbale, giurano di tenere <strong>il</strong> massimo<br />
riserbo. Purtroppo succede spesso che una voce esca fuori dal coro e spifferi<br />
tutto rendendo pubblica la cosa.<br />
<br />
Ammucciati erba c’aratru passa.<br />
Nasconditi erba che l’aratro passa.<br />
30<br />
Nei terreni arati in fretta e male si notano ceppaie di erba rimasti nella<br />
terra solcata. Questo è <strong>il</strong> risultato di un lavoro fatto alla rinfusa, alla meno<br />
peggio. La premura non dà quasi mai degli esiti positivi, ogni cosa vuole<br />
<strong>il</strong> suo tempo, è inut<strong>il</strong>e affrettarsi. Allegoricamente gl’uomini um<strong>il</strong>i saranno<br />
sottomessi sempre da quelli prepotenti.<br />
Anga e sdanga 17.<br />
Guancia e stanga.<br />
<br />
Detto che indica l’andare d’accordo, tra due persone con comunanza di<br />
idee, di voleri, di propositi, di decisioni, a volte con un’intesa segreta agli<br />
occhi della gente.<br />
17 Termine di non sicura traduzione.
Angra 18 ‘i χumara, vigna ‘i costera 19 e donna finestrera no fici mai ‘na<br />
bona spera.<br />
L’“angra” di fiume, la vigna di “costera” e la donna che si affaccia sempre alla<br />
finestra non ha mai fatto buona speranza.<br />
I terreni posti vicino alle sponde del fiume, le vigne poste sui pendii e le donne<br />
affacciate sempre alle finestre non godono certamente di un buon futuro. I terreni<br />
rischiano fortemente di essere inondati dallo straripare delle acque, uscite dagli<br />
argini, che trascinano via tutti gli alberi; le vigne sono soggette a distaccamenti di<br />
terreno da un pendio con conseguente slittamento verso <strong>il</strong> basso, trascinando di<br />
conseguenza tutto <strong>il</strong> vigneto; parimenti la donna impicciona ispeziona tutti i movimenti<br />
da dietro le persiane socchiuse, quasi fosse una sentinella nella garitta.<br />
Essendo impegnata a curiosare, tralascia le faccende di casa causando continui<br />
litigi col coniuge, che, all’arrivo a casa, dovrà aspettare per pranzare. Gli alterchi<br />
si estendono anche ai vicini infastiditi dall’essere spiati.<br />
<br />
Annacati ca ti mandu.<br />
Dimenati che mando a chiedere la tua mano.<br />
Per “mandare” un tempo s’intendeva delegare una persona, solitamente un compare,<br />
per chiedere la mano di una ragazza, <strong>il</strong> quale si recava a casa di quest’ultima<br />
per conto del pretendente. Non sempre c’era chi aveva pretese serie nei riguardi<br />
delle ragazze, anzi talvolta quando si vedeva una giovane pavoneggiarsi,<br />
mostrandosi fiera della propria femmin<strong>il</strong>ità da poco scoperta, <strong>il</strong> ragazzo per burlarsi<br />
di lei, la faceva <strong>il</strong>ludere, dicendole che “mandava” a chiedere la mano.<br />
<br />
Anni e biccheri ‘i vinu no si cuntanu mai.<br />
Anni e bicchieri di vino non si contano mai.<br />
Il vino e la vecchiaia sono spesso accomunati. Si dice che chi beve vino ha vita<br />
lunga e che quest’ultimo sia <strong>il</strong> latte dei vecchi, come se questa bevanda alimentasse<br />
l’uomo permettendogli una vita longeva. Cattivo auspicio è la conta<br />
dei bicchieri di vino bevuti e degli anni di vita vissuti, come se questo connubio<br />
tra uomo e vino possa finire, cessando di vivere.<br />
18 Terreno fert<strong>il</strong>e lungo <strong>il</strong> fiume che si coltiva.<br />
19 Pendio, falda di monte.<br />
31
Anoj, Sanoj, Maropatri e Tritanti, simu setti tanti cchjù di vui.<br />
<strong>Anoia</strong>, <strong>Anoia</strong> Superiore, Maropati e Tritanti, siamo sette volte più di voi.<br />
32<br />
<strong>Anoia</strong> nei secoli scorsi fu un feudo che comprendeva i casali di Susanoia<br />
(attuale <strong>Anoia</strong> Superiore), Maropati e Tritanti. La leggenda narra che una scarsa<br />
pattuglia di truppe invaditrici, presumib<strong>il</strong>mente francesi, si trovarono ad<br />
<strong>Anoia</strong> con intenzioni bellicose nei confronti del paese. Questi ultimi, vistisi<br />
perduti, convinsero i francesi al ritiro, prospettando una disfatta, poiché era<br />
vero che loro erano certamente meglio armati, ma la popolazione locale era di<br />
gran lunga superiore al numero dei soldati. I francesi, sicuri di andare incontro<br />
ad una sonora sconfitta, abbandonarono l’idea e si d<strong>il</strong>eguarono.<br />
<br />
Apr<strong>il</strong>i favi chjni a’ ‘i marini, ma Apr<strong>il</strong>i è minzognaru ca ‘i favi su di maju.<br />
Apr<strong>il</strong>e fave piene vicino al mare, ma apr<strong>il</strong>e è bugiardo, poiché le fave sono di maggio.<br />
La fava è una pianta erbacea, che fiorisce in primavera producendo grossi baccelli<br />
carnosi sim<strong>il</strong>i ai fagioli. Questi ultimi vanno normalmente in maturazione nel<br />
mese di maggio. Nei posti vicini al mare o nei terreni costieri, <strong>il</strong> clima, più caldo<br />
e mite, permette a questa leguminosa di avere una fioritura anticipata. Tutto questo<br />
mostra che la maturazione non è determinata dal mese ma dal clima.<br />
<br />
Arangi, arangi cu’ ‘ndavi ‘i guai, mu si ciangi.<br />
Arance, arance chi ha guai, che se li pianga.<br />
I guai possono rappresentare una situazione dolorosa, un momento diffic<strong>il</strong>e, una<br />
disgrazia, un malanno. Certamente si può avere la solidarietà della gente, ma<br />
ognuno si deve tenere i propri, senza tormentare gli altri che già ne hanno di loro.<br />
<br />
Ariganu e p<strong>il</strong>eju 20 unu eni tintu e natru eni pèju.<br />
Origano e puleggio uno è tinto e l’altro è peggio.<br />
L’origano e <strong>il</strong> puleggio vengono indicati come termine di paragone agli uomini.<br />
Due persone se pur somiglianti tra loro (come l’origano e <strong>il</strong> puleggio) possono<br />
presentare due diversi caratteri, tutto ciò non sta a significare che l’uno<br />
sia migliore dell’altro, anzi entrambi si superano nell’essere peggiori.<br />
20 Piccola pianta sim<strong>il</strong>e alla menta (lat. Pulejum).
Arràssu sia, no ggabbu 21 e nno maravìgghja.<br />
Che siano lontani da me <strong>il</strong> gabbo e la meraviglia.<br />
Detto che mette in evidenza lo scongiuro di una persona a non fare delle disgrazie<br />
altrui motivo di gabbo o di meraviglia, poiché ha la consapevolezza che gli<br />
si potrebbero ritorcere contro.<br />
<br />
Arrìditi sta f<strong>il</strong>era ‘i buttuna.<br />
Sorridi a questi testicoli.<br />
Detto che indica la reazione di chi subisce una derisione oltraggiosa o che è oggetto<br />
di d<strong>il</strong>eggio verso lo schernitore.<br />
<br />
Arriva a’ tavula conzata.<br />
Arriva a tavola apparecchiata.<br />
Detto che accusa l’atteggiamento di chi arriva soltanto a lavoro finito.<br />
A tagghia a gregna 22 .<br />
Lo taglia <strong>il</strong> fascio.<br />
<br />
Detto usato per indicare una persona dal grande appetito.<br />
Attia ‘i l’ovu e tu no mini?<br />
Ehi tu dell’uovo perché non ti dimeni?<br />
<br />
Si narra che un nob<strong>il</strong>e aveva a suo servizio una folta schiera di operai che zappavano<br />
la terra. Il proprietario terriero, mentre gli operai lavoravano, chiamava<br />
uno a uno gli uomini di nascosto e gli offriva un uovo da consumare subito<br />
e in fretta, con la promessa di non farsi vedere da nessuno e di mantenere <strong>il</strong><br />
segreto. Il padrone osservava di nascosto i lavoratori e quando vedeva che<br />
erano stanchi gridava: “Tu dell’uovo perché non lavori?” Poiché ognuno,<br />
all’insaputa dell’altro, aveva ricevuto un uovo, si dava da fare per riconoscenza.<br />
Con questo stratagemma <strong>il</strong> nob<strong>il</strong>e faceva lavorare di più gli operai, ciascuno<br />
dei quali gli era riconoscente per <strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio concesso.<br />
21 Burla, beffa, scherno.<br />
22 Fascio di manipoli lat. Gremia “covoni”.<br />
33
Aùndi no ‘ndannu fìgghj no jiri no pè sordi no pè cunsìgghj.<br />
Dove non hanno figli, non andare né per soldi né per consigli.<br />
Gli antichi calabresi sostenevano che in una famiglia senza figli fosse meglio<br />
non recarsi né per chiedere consigli né per ottenere un prestito. Per alcuni, la<br />
mancanza di prole costituiva per la coppia una vera e propria colpa, per altri<br />
una maledizione mandata dal Signore. I coniugi venivano ritenuti incapaci di<br />
procreare e pertanto inesperti della vita.<br />
<br />
Aùndi no pozzu jeu, mu poti Ddèu.<br />
Dove non posso io, possa Dio.<br />
Detto che indica un’imprecazione verso qualcuno più potente, capace di procurare<br />
del male facendo uso dell’autorità di cui gode e dei mezzi di cui dispone,<br />
pertanto l’uomo debole, incapace di fronteggiare con le proprie forze tale<br />
situazione, invoca Dio a mandargli una condanna all’inferno, cioè la morte,<br />
come cessazione delle proprie sofferenze.<br />
<br />
Aùndi pendi l’arrama cadi.<br />
Il ramo cadrà dal lato in cui pende.<br />
I rami degli alberi sono attaccati al tronco e gravitano verso <strong>il</strong> basso. Se <strong>il</strong> ramo,<br />
per qualsiasi motivo, si staccasse dal tronco, cadrebbe dalla parte in cui pende.<br />
Applicato alla vita, esprime un concetto di sim<strong>il</strong>itudine nell’essere inclinato,<br />
verso una persona o una cosa.<br />
<br />
Avaru da cinnari e spregheru da farina.<br />
Avaro della cenere e sprecone della farina.<br />
Esistono persone grettamente attaccate a cose frivole e restie a donarle, mentre<br />
devolvono, anche in quantità eccessive, le cose più importanti o addirittura necessarie<br />
per la sopravvivenza. Da qui nasce <strong>il</strong> paradosso di una tirchieria assurda,<br />
contraria al senso comune, tanto da serbare la cenere e sperperare la farina.<br />
<br />
Avimu u scorciamu ‘a pecura ma nommu sciancamu l’utri.<br />
Dobbiamo spellare la pecora ma non strappare l’otre.<br />
L’otre era un recipiente usato per <strong>il</strong> trasporto del vino, dell’acqua e dell’olio,<br />
che veniva ricavato dalla scuoiatura totale della pecora. Questo<br />
procedimento doveva avvenire con la massima attenzione per evitare tagli<br />
inopportuni, i quali potevano danneggiare irreparab<strong>il</strong>mente la concia. Con<br />
interpretazione metaforica <strong>il</strong> proverbio può essere applicato alle vicissitudini<br />
di vita di ogni persona, come non esser troppo esoso, non approfittare<br />
più di tanto della benevolenza altrui.<br />
34
‘A donna chi và di fora<br />
no tessi no t<strong>il</strong>a e no lenzola<br />
(Dipinto di Pasquale D’Angeli)<br />
35
Avissi e vorria eranu frati.<br />
Avessi e vorrei erano fratelli.<br />
36<br />
Quanti desideri si hanno nella vita e quante cose si potrebbero realizzare! Se<br />
soltanto ciò che si brama si potesse avere fac<strong>il</strong>mente! Ma tutto rimane solamente<br />
un’utopia, se non si riesce ad ottenere o a costruire ciò che occorre,<br />
affinché la propria fantasia diventi realtà.<br />
Barca storta ventura diritta.<br />
Barca storta ventura diritta.<br />
<br />
Iniziare malamente un lavoro mette a seri rischi <strong>il</strong> buon esito dello stesso, si<br />
incontrano m<strong>il</strong>le difficoltà tanto da avere l’impressione che non si giungerà mai<br />
alla fine dell’opera. Quando tutto sembra ormai compromesso ecco che si<br />
intravede uno spiraglio di luce, che permette di portare a compimento un risultato<br />
davvero insperato e migliore rispetto a quello prefissato. A volte s’incomincia<br />
male e si finisce bene.<br />
<br />
Bellu no sugnu, bruttu no mi tegnu, no sugnu comu a’ tia mussu ‘i lignu.<br />
Bello non sono, brutto non mi ritengo, non sono come te “muso di legno”.<br />
Il narciso guarda dall’alto in basso tutte le persone, con un senso smoderato di<br />
compiacimento per le proprie qualità fisiche. Egli si sente, a suo vedere, <strong>il</strong> più<br />
bello di tutti, burlandosi delle persone non eccessivamente carine. Il meno<br />
aggraziato, ma più um<strong>il</strong>e, si difende dicendo di non sentirsi né bello né brutto,<br />
ma di non aver <strong>il</strong> labbro di “legno” come lui.<br />
Ca no ti scordi ‘i pisci o’ focu!<br />
Non dimentichi i pesci sul fuoco!<br />
<br />
L’uomo attento, scaltro, furbo e dotato di una buona memoria, ha la facoltà<br />
della mente di ritenere e all’occorrenza richiamare le informazioni acquisite.<br />
Pertanto, quando dovrà essere presente in determinate situazioni a lui convenienti,<br />
certamente non si dimenticherà.<br />
<br />
Caccia pacci puru ‘i Santi.<br />
Fa impazzire anche i Santi.<br />
Detto che indica una persona intollerab<strong>il</strong>e, capace di far perdere la pazienza<br />
anche alle persone più calme.
Cadda 23 che fridda st’acqua!<br />
Calda che fredda quest’acqua!<br />
Detto usato in circostanze ambigue, poco chiare, che potrebbero nascondere<br />
qualcosa, di pericolo o che a priori appaiono pericolose.<br />
<br />
Cala ch'a schianchi.<br />
Scendi che la spezzi.<br />
Espressione usata per invitare qualcuno ad evitare di “spararla grossa”. Se è<br />
vero che anche le parole hanno un loro peso, si immagini che fine può fare un<br />
ramo costretto a sopportare “<strong>il</strong> peso” di una affermazione assurda o sproporzionata:<br />
non sopportandone lo sforzo si spezzarebbe (schiancari).<br />
<br />
Cani, pputtani e cavadi ‘i carrozza, ‘na bona gioventù e ‘na mala vecchjzza.<br />
Cani, prostitute e cavalli da carrozza, una buona gioventù e una brutta vecchiaia.<br />
I cani, le prostitute e i cavalli di carrozza, durante la propria giovinezza sono<br />
trattati con riguardo dai loro padroni, in quanto devono apparire belli, forti e in<br />
grado di svolgere le proprie funzioni. In giovane età, i cani appaiono più attenti<br />
nel far la guardia, le prostitute più attraenti e i cavalli più forti e vigorosi nel<br />
trainare le carrozze. Una volta raggiunta la vecchiaia, sono abbandonati al proprio<br />
destino, perché non garantiscono più le loro prestazioni.<br />
<br />
Cani scaddàtu scappa puru ‘i l’acqua fridda.<br />
Cane ustionato scappa anche dall’acqua fredda.<br />
Le esperienze brutte lasciano un segno indeleb<strong>il</strong>e, che diffic<strong>il</strong>mente si riesce a superare<br />
e di conseguenza a dimenticare. Chi non ha avuto nella propria vita delle vicissitudini<br />
che portano a vedere anche le situazioni più normali con occhio sospettoso,<br />
sfiduciato, tanto da diffidare e dubitare anche delle persone miti ed um<strong>il</strong>i?<br />
<br />
Canta orbu, ca ‘a lemosina curri.<br />
Canta cieco, così l’elemosina prospererà.<br />
Il cieco riceverà più elemosina cantando, perché i passanti incuriositi si fermeranno<br />
ad ascoltarlo e saranno più generosi.<br />
<br />
Carità p<strong>il</strong>usa.<br />
Carità pel osa.<br />
Detto che indica in senso figurativo una falsa e ipocrita verità.<br />
23 Termine che indica pericolo.<br />
37
Carta canta ‘ncannòlu 24 .<br />
Carta canta cannello.<br />
L’accordo fatto in parola può portare al pentimento di uno dei due concordatari,<br />
<strong>il</strong> quale potrà in qualsiasi momento smentire e negare <strong>il</strong> fatto verbale.<br />
L’esperienza insegna che è sempre meglio fare una scrittura, che, in caso di<br />
diverbio, varrà da testimone potendo così provare, dimostrare e confermare<br />
quale sia la realtà.<br />
<br />
Carta sula jocala sicura.<br />
Carta sola giocala sicura.<br />
Detto usato nel gioco tresette delle carte napoletane, che asserisce che<br />
quando <strong>il</strong> giocatore ha in mano una sola carta di un seme, può giocarla,<br />
perché sarà di sicuro risultato.<br />
<br />
Carta veni jocaturi s’avanta.<br />
Carta viene giocator si vanta.<br />
Detto usato dal giocatore perdente all’avversario, quest’ultimo si gloria delle proprie<br />
capacità e ab<strong>il</strong>ità tralasciando la fortuna che lo ha accompagnato al gioco.<br />
<br />
Caru cumpàri no fari ‘a grìngia 25, chista eni ‘a casa du mangia mangia.<br />
Caro compare non fare la smorfia, questa è la casa nella quale chi arriva mangia.<br />
Uno dei momenti più belli della giornata è quando ci si ritrova tutti assieme<br />
attorno alla tavola a condividere <strong>il</strong> cibo e i momenti trascorsi durante<br />
la giornata, ecco perché si rimane increduli quando s’incontrano famiglie<br />
allo sbando, dove ogni componente, appena arrivato dentro le mura domestiche,<br />
si serve da mangiare e lo consuma da solo, senza aspettare l’arrivo<br />
degli altri, considerando la casa come un albergo.<br />
<br />
Casa picciula rigistrusa fimmana.<br />
Casa piccola donna ordinata.<br />
38<br />
Essere ordinati sia nella vita lavorativa che fam<strong>il</strong>iare è certamente un dono di<br />
natura, ma quando le circostanze aiutano ad esserlo tutto è fac<strong>il</strong>itato; così per<br />
una donna la cui casa è piccola è più fac<strong>il</strong>e organizzarsi, svolgere bene le<br />
proprie faccende domestiche, tenere tutto in ordine.<br />
24 Sezione di canna tra due nodi a forma di tubetto che serve per inf<strong>il</strong>arvi <strong>il</strong> pennino.<br />
25 In DCI Gringia, s. f. Smorfia.
(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />
‘A cira s’ardi<br />
e ‘u santu no camina<br />
39
Cchjù scuru da menzanotti no po veniri.<br />
Più buio della mezzanotte non può esserci.<br />
Quando ci si trova in uno stato di profondo avv<strong>il</strong>imento, dovuto al verificarsi<br />
di un fatto doloroso, oppure all’impossib<strong>il</strong>ità di trovare una qualsiasi<br />
via di uscita ad una situazione assai grave si è portati ad agire con <strong>il</strong><br />
coraggio della disperazione. Si è disposti a compiere azioni rischiose, in<br />
quanto più buio della mezzanotte non ci può essere, nel senso che una<br />
situazione più penosa di quella in cui ci si trova, non può verificarsi.<br />
<br />
Centu pe’ tia e una pe’ mia.<br />
Cento per te e una per me.<br />
L’uomo astuto sfrutta una sola occasione per burlare, ingannare o comunque per<br />
raggiungere <strong>il</strong> fine prefissato. L’uomo sprovveduto invece, anche se avesse a<br />
disposizione cento opportunità, non raggiungerebbe mai <strong>il</strong> risultato del primo.<br />
<br />
Cerasi cchjù ndi mangi e cchjù ndi trasi.<br />
C<strong>il</strong>iegie più ne mangi e più ne entrano.<br />
A chi non piacciono le c<strong>il</strong>iegie? Sono proprio poche le persone che non<br />
mangiano questo frutto, ma la particolarità è che basta assaggiarne uno per<br />
non riuscire a fermarsi, si continua a mandarne giù senza rendersi conto<br />
della quantità ingerita. Davanti ad un bel cesto di c<strong>il</strong>iegie è proprio diffic<strong>il</strong>e<br />
dire basta.<br />
<br />
Cheledu.<br />
Michelino.<br />
Detto che indica in senso figurativo giocare <strong>il</strong> due di briscola.<br />
<br />
Chi calaminduni.<br />
Che sp<strong>il</strong>ungone.<br />
Detto che indica una persona di alta statura.<br />
<br />
Chi mangiasti cagnoledi morti?<br />
Cosa hai mangiato cagnolini morti?<br />
L’alito pesante e un peto puzzolente fanno pensare ad un’abbuffata di miscugli<br />
alimentari tali, da far fare al fegato gli straordinari. Per evidenziare <strong>il</strong> cattivo<br />
odore e schernire <strong>il</strong> mal capitato, si dice se avesse ingerito dei cagnolini morti,<br />
in evidente stato di decomposizione.<br />
40
Chi veni, veni.<br />
Quel che succede, succede.<br />
Detto che indica l’incertezza di cosa accadrà per un’azione inevitab<strong>il</strong>e in seguito<br />
a particolari circostanze.<br />
<br />
Chiamu a’ mugghjèrima pe’ testimoni.<br />
Chiamo mia moglie per testimone.<br />
Quando non si dichiara la verità, c’è sempre qualcuno che rimane dubbioso. Il<br />
menzognero si aggrappa a tutto pur di garantire <strong>il</strong> proprio racconto, tentando di<br />
chiamare in suo aiuto la moglie, la quale senz’altro confermerà in pieno la sua<br />
tesi. La testimonianza di persone legate da un vincolo di parentela non è attendib<strong>il</strong>e,<br />
perché ritenuta di parte, non può mai avere lo stesso valore di una deposizione<br />
fatta da un estraneo, in quanto si suppone che la teste possa essere sentimentalmente<br />
influenzata.<br />
<br />
Chianu chianu si f<strong>il</strong>a la stuppa e ogni gruppu a lu pettinu veni.<br />
Pia piano si f<strong>il</strong>a la canapa e ogni nodo viene al pettine.<br />
Nella vita bisogna aver pazienza e costanza per ottenere dei buoni risultati, mai<br />
affrettare i tempi, agendo in modo irragionevole o disonesto, poiché tutti i nodi<br />
vengono al pettine, pagandone le conseguenze.<br />
<br />
Chidu chi ’ndi veni ‘nd’‘u pigghjàmu.<br />
Quello che ci capita lo prenderemo.<br />
Detto che indica rassegnazione.<br />
<br />
Chidu chi eni distinatu mancari no poti.<br />
Ciò che è destinato mancare non può.<br />
Molti ritengono che sia inut<strong>il</strong>e lottare contro <strong>il</strong> destino, in quanto è predeterminato<br />
da leggi o forze al di sopra della natura umana. Nessuno sfugge alla<br />
propria sorte, tutto ciò che è destinato non può non verificarsi.<br />
Coppi non si ndi joca mai.<br />
Coppe non se ne gioca mai.<br />
<br />
Detto superstizioso secondo <strong>il</strong> quale <strong>il</strong> giocatore che inizia la giocata non deve<br />
mai giocare coppe, perché porta male.<br />
41
Coppula e cappèdu mu vota a’ manganèdu.<br />
Coppola e cappello si trasforma in manganello.<br />
42<br />
Detto che invoca una maledizione, ovvero, la decapitazione della testa.<br />
<br />
Corna e vastunati amaru cu’ ‘ndavi.<br />
Corna e bastonate povero chi li ha.<br />
L’uomo bastonato e la persona tradita hanno in comune una grande sofferenza:<br />
<strong>il</strong> primo perché è stato riempito di botte mentre <strong>il</strong> secondo perché è stato tradito.<br />
Le bastonate e le “corna” sono dei fardelli diffic<strong>il</strong>i da portare, da tutto questo<br />
nasce la commisurazione delle altre persone, le quali si augurano di non trovarsi<br />
mai in dette situazioni.<br />
<br />
Crìscinu ‘i spini e ammuccianu ‘i sambuchi.<br />
Crescono le spine e coprono i sambuchi.<br />
Il sambuco è un alberello che sovente veniva piantato sul confine dei terreni,<br />
tracciando così la linea di limite, quest’ultimo invecchiava e nessuno lo rimoveva,<br />
nemmeno quando diveniva secco. Le siepi sono arbusti con lunghi rami,<br />
spesso sdraiati a terra e rampicanti se nelle vicinanze del ceppo esiste un albero.<br />
Trasportando da un piano letterale ad un livello metaforico, <strong>il</strong> sambuco simboleggia<br />
gli uomini anziani e le siepi i giovani con più vigoria rispetto ai vecchi.<br />
I primi prevarranno sui secondi, perché i giovani difettano di esperienza.<br />
<br />
Cu na manu d’avanti e natra d’arretu.<br />
Con una mano davanti e un’altra di dietro.<br />
Detto che indica in senso figurativo <strong>il</strong> mancato guadagno, <strong>il</strong> non aver niente in mano.<br />
<br />
Cu ‘nu scornu 26 si campa ‘nu jornu.<br />
La vergogna dura un giorno.<br />
Lo scorno provoca vergogna e profonda um<strong>il</strong>iazione, cui spesso si aggiungono<br />
beffe e ridicolo, conseguenti a una figuraccia. Nel malcapitato regna l’imbarazzo<br />
<strong>il</strong> turbamento e diventa timoroso a contatto con le persone. Tutto questo<br />
si dovrà dimenticare poiché la vita continua.<br />
26 In NDDC Scuorno, scornu, m. scorno, vergogna.
Cu ‘i rugnusi mangia e ‘mbivi, ma ‘i notti no dormiri.<br />
Con chi ha la rogna mangia e bevi, ma con loro non dormire.<br />
La rogna è una malattia contagiosa della pelle. Con i portatori di rogna si può<br />
mangiare e bere, ma è bene non coricarsi assieme, perché stando a contatto col<br />
malato o con i suoi indumenti, si favorisce la trasmissione di questa malattia<br />
infettiva.<br />
<br />
Cu culu a’ cciappa.<br />
Con <strong>il</strong> sedere su una pietra piatta.<br />
Detto che indica in senso figurato una persona che per insolvenza finanziaria<br />
perde la disponib<strong>il</strong>ità dei suoi beni, pertanto, non possedendo più neanche le<br />
sedie, è costretta a sedere su una pietra.<br />
<br />
Cu patri carceratu.<br />
Col padre carcerato.<br />
Il proverbio indica una persona che pretenderebbe di ottenere qualcosa gratuitamente,<br />
furbescamente, a spese altrui.<br />
<br />
Cu patri e patruni no ‘nc’è ragiuni.<br />
Con padre e padrone non esistono ragioni.<br />
Nelle famiglie patriarcali di un tempo <strong>il</strong> padre assumeva e adempiva un ruolo<br />
di guida e protettore. Dall’aspetto severo <strong>il</strong> padre incuteva rispetto e spesso<br />
anche timore, era la persona a cui spettava l’ultima parola, fosse giusta o sbagliata,<br />
certamente non si poteva contraddire. Il padrone un tempo doveva essere<br />
servito e riverito e poiché la fame era tanta, speculava spesso del suo potere,<br />
facendo sovente degli abusi, come calpestare i già pochi diritti che avevano<br />
i lavoratori. Nessuno si poteva ribellare perché rimanere senza lavoro avrebbe<br />
significato fame. Pertanto, in passato la ragione del padre e padrone era inoppugnab<strong>il</strong>e,<br />
non soggetta né a critica né a contestazioni.<br />
<br />
Cu sei misi cu Ddèu spera, cu sei misi cu Ddèu provvidi, si ricogghj a’<br />
casa cu ‘a soladda 27 ‘ncodu.<br />
Con sei mesi con “Spera in Dio”, con sei mesi con “Dio provvede”, ritorna a casa<br />
con <strong>il</strong> sacco vuoto addosso.<br />
Le colline calabresi, un tempo, erano coltivate a vigneti e uliveti, pertanto <strong>il</strong><br />
lavoro del contadino si divideva in lavoro estivo per la vigna e invernale per gli<br />
ulivi. Capitava che <strong>il</strong> raccolto dell’uva andasse male o per causa atmosferiche,<br />
27 Contenitore di grossa e rozza tela, lungo e largo usato per mettere roba da trasportare.<br />
43
quali siccità o improvvise grandinate, o per altre cause. L’afflitto lavoratore<br />
sperava nella provvidenza divina per raccolto delle olive, purtroppo andava<br />
male pure quello e così <strong>il</strong> contadino non portava mai niente a casa.<br />
<br />
Cu settoru no si cugghjunija 28 .<br />
Con <strong>il</strong> settebello non si scherza.<br />
Il settebello ha notevole r<strong>il</strong>evanza per <strong>il</strong> conteggio dei punti nel gioco della scopa.<br />
Da solo vale un punto, serve per la primiera, è una carta avente seme di denari, vale<br />
anche per la conta delle carte prese, ed essendo un sette ha valore di carta più alta.<br />
Quando si gioca a scopa e c’è la possib<strong>il</strong>ità di prendere <strong>il</strong> settebello non bisogna mai<br />
tergiversare poiché è la chiave del gioco e poi mai sfidare la sorte!!!<br />
<br />
Cu ‘u focu si scherza pocu.<br />
Con <strong>il</strong> fuoco si scherza poco.<br />
Bisogna fare molta attenzione ad accostarsi con leggerezza ed insistenza ad un<br />
pericolo. Non sempre affrontando un periglio si esce vincitori, specialmente se<br />
<strong>il</strong> nemico è più forte. Occorre calcolare le conseguenze, anche una piccola sbadataggine,<br />
può comportare gravi danni. Quando si gioca col fuoco bisogna<br />
considerarne le ripercussioni. Si rischia seriamente di rimanere bruciati.<br />
<br />
Cu’ ‘i speranza campa, disperatu mori.<br />
Chi di speranza vive, disperato muore.<br />
Chi spera attende con desiderio e fiducia che qualcuno, da cui si è certi, possa<br />
venire in aiuto. L’uomo fannullone promette aiuto certo, facendo <strong>il</strong>ludere le<br />
persone le quali sostenute, sorrette dalla speranza credono in lui come fautore<br />
del proprio bene e delle proprie gioie, non sapendo invece che le promesse<br />
resteranno vane e la speranza si tramuterà in disperazione.<br />
<br />
Cu’ ‘mbivi ‘i notti s’acquista ‘a morti.<br />
Chi beve di notte s’acquista la morte.<br />
Succede spesso che, durante <strong>il</strong> sonno notturno, ci si svegli con una voglia<br />
matta di bere e sovente ci si disseta direttamente seduti sul letto. Questa<br />
purtroppo è una brutta abitudine perché <strong>il</strong> corpo sta continuando a dormire<br />
e la temperatura dello stesso è più alta rispetto a quella dell’acqua.<br />
Conviene alzarsi dal letto e fare anche due tre metri e poi bere, così facendo<br />
si dà l’opportunità al corpo di rimettersi in moto.<br />
28 Cugghiunïari = burlare, beffare.<br />
44
Cu’ ‘ndavi ‘a mugghjèri bella sempi penza, cu’ ‘ndavi sordi assai<br />
sempi cunta.<br />
Chi ha la moglie bella sempre pensa, chi ha molti soldi sempre conta.<br />
Il marito, che ha sposato una donna bella e attraente, s’ingelosisce talmente<br />
tanto da pensare sempre, che la consorte possa essere l’oggetto dei<br />
desideri di altri uomini. Il ricco conta spesso <strong>il</strong> denaro in suo possesso,<br />
temendo che qualcuno lo possa derubare. Il coniuge diviene schiavo della<br />
bellezza della moglie e <strong>il</strong> facoltoso è succube del denaro, ambedue temono<br />
di perdere qualcosa di strettamente personale.<br />
<br />
Cu ‘ndavi fa navi, cu’ no perdi chidu chi ‘ndavi.<br />
Chi ha fa navi, chi non ha perde tutto quello che ha.<br />
Possedere una grande quantità di ricchezza, consente al possidente di<br />
gestire <strong>il</strong> patrimonio come meglio crede, può effettuare nuovi investimenti<br />
e diventare sempre più ricco. Il povero possedendo appena lo stretto<br />
necessario per vivere, dovendo badare ai bisogni di prima necessità, lo<br />
spenderà per <strong>il</strong> sostentamento della famiglia.<br />
<br />
Cu’ ‘ndavi ligna faci astedi, cu’ ‘ndavi farina faci tagghjaredi.<br />
Chi ha legna fa piccole aste, chi ha la farina fa le tagliatelle.<br />
Dai ceppi molto grossi si ricavano, una volta spaccati, dei piccoli legnetti, che<br />
serviranno per avviare <strong>il</strong> fuoco del camino. Dalla farina impastata e lavorata si<br />
ricaveranno favolose tagliatelle. Tutto questo per sostenere che ognuno dispone<br />
di quello che ha, e ne trae vantaggi a proprio piacimento.<br />
<br />
Cu’ ‘ndeppi ‘ndeppi, cu’ no, no ‘ndavi cchjù.<br />
Chi ha avuto, ha avuto, chi non ha non ne ha più.<br />
Detto che indica circostanze di spartizione di qualcosa che non è sufficiente a<br />
soddisfare le pretese di tutti. Chi è fortunato avrà la sua parte, chi è sfortunato<br />
non avrà niente restando con un pugno di mosche in mano, poiché oramai non<br />
c’è più nulla da spartire.<br />
<br />
Cu’ ad agustu ariganu pigghja mori ‘u capu da famigghja.<br />
Chi ad agosto raccoglie l’origano muore <strong>il</strong> capo della famiglia.<br />
L’origano è una pianta aromatica che fiorisce sui monti, ma è coltivata anche<br />
negli orti. La leggenda narra di un padre di famiglia che, dopo aver raccolto<br />
l’origano nel mese di agosto, morì improvvisamente. Da questo episodio nasce<br />
la credenza popolare che invita gli uomini ad anticipare la raccolta dell’origano<br />
nel mese di luglio.<br />
45
Cu’ ama e cu’ disama e cu’ mori disijàndu.<br />
Chi ama e chi non ama e chi muore bramando.<br />
Nel mondo non esiste un giusto equ<strong>il</strong>ibrio, c’è chi è preda dell’ingordigia, la<br />
quale rende l’uomo avido di cibi; c’è la fame, che costringe a lunghe ed estenuanti<br />
sofferenze. L’ingordo, sempre sazio, farà una vita splendida, divertendosi<br />
e godendo, invece l’affamato morirà desiderando un tozzo di pane.<br />
<br />
Cu’ arma e cu’ sconza.<br />
Chi aggiusta e chi guasta.<br />
Detto che indica una situazione di gran disaccordo. Nella vita c’è chi si prodiga<br />
per apportare migliorie, chi invece si prodiga per annullarne gli effetti, o con<br />
superficialità o addirittura con malvagità.<br />
<br />
Cu’ avanza ‘u porcu a’ mitati eni cchjù porcu d’idu e no ‘u sapi.<br />
Chi alleva <strong>il</strong> maiale in società è più maiale di quello e non lo sa.<br />
La società è un’associazione di più individui, caratterizzata dalla comunanza<br />
degli interessi e dei fini tra i membri che la compongono. C’è chi suggerisce,<br />
che la società ha bisogno di un numero dispari di soci e tre sono troppi. Vale a<br />
dire che in un’attività è meglio star da soli, per evitare spiacevoli inconvenienti<br />
al momento della spartizione degli ut<strong>il</strong>i.<br />
<br />
Cu’ bussa perdi l’assu.<br />
Chi bussa perde l’asso.<br />
Detto del gioco del tresette, <strong>il</strong> giocatore che possiede <strong>il</strong> tre con l’indice<br />
batte sul tavolo da gioco, mimando l’azione del bussare, così facendo<br />
cerca al compagno <strong>il</strong> due. Sovente si verifica che trova <strong>il</strong> due ma i propri<br />
avversari si accaparrano l’asso.<br />
<br />
Cu’ camina dirittu campa affrìttu.<br />
Chi cammina onesto vive intristito.<br />
46<br />
L’onestà è una qualità che non tutti possiedono, non sempre viene apprezzata.<br />
Coloro che si comportano onestamente, diffic<strong>il</strong>mente ricevono i<br />
meriti dovuti e riescono a fare ricchezza, anzi spesso vengono infinocchiati,<br />
imbrogliati e questo li fa intristire perché, vorrebbero un mondo<br />
migliore. La verità è che in questa terra, coloro che si comportano correttamente<br />
spesso hanno solo <strong>il</strong> premio della loro buona coscienza.
(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />
Annacati ca ti mandu<br />
47
Cu’ campa ‘i speranza, tricchi tricchi 29 nci faci ‘a panza.<br />
Chi vive di speranza, sente solo <strong>il</strong> rumore della sua pancia.<br />
Lo stomaco vuoto emana dei continui rumori, sembra proprio un lamento e una<br />
bramosa ricerca di cibo. Quando si ha fame non bisogna aspettare l’elemosina<br />
della gente che non sempre arriva, meglio andare a guadagnarselo con <strong>il</strong> lavoro.<br />
Con la tasca piena non bisogna vivere con la speranza, ci si aiuta da soli<br />
senza ringraziare nessuno.<br />
<br />
Cu’ cangia ‘a vecchia pa nova sapi chjdu chi dassa e no sapi chjdu chi trova.<br />
Chi cambia <strong>il</strong> vecchio per <strong>il</strong> nuovo, sa quello che lascia e non sa quello che trova.<br />
Il desiderio di fare nuove esperienze spesso porta a cambiare le attività già<br />
intraprese. Gli amici, la famiglia, le relazioni sentimentali si possono abbandonare.<br />
Così facendo si inizia una nuova vita, dove tutto appare come un mondo<br />
interessante e tutto da scoprire, ma quando ci si rende conto della vera realtà,<br />
<strong>il</strong> raffronto tra la vecchia vita e la nuova, porta ad un amaro pentimento.<br />
<br />
Cu’ cu patruni adutta o cadi o va di sutta.<br />
Chi lotta col padrone o cade o va sotto.<br />
48<br />
Detto che indica lo strapotere del padrone nei confronti del contadino. Quest’ultimo<br />
lottando col datore di lavoro ha sempre da perdere e mai da guadagnare.<br />
Cu’ cunta menti a junta 30.<br />
Chi racconta aggiunge.<br />
<br />
I chiacchieroni non sempre riportano una notizia successa in modo originale,<br />
anzi sovente ci mettono del loro, ingigantendo <strong>il</strong> tutto.<br />
<br />
Cu’ curpa e cu’ no curpa, ‘u fattu eni fattu e ‘u ciciari eni cottu.<br />
Chi colpa e chi non colpa, <strong>il</strong> fatto è fatto e i ceci sono cotti.<br />
Quando succede un danno è davvero inut<strong>il</strong>e bisticciare, incolpandosi vicendevolmente,<br />
poiché ciò che è compiuto non può essere disfatto e bisogna subirne<br />
gli effetti, pertanto meglio passarci sopra e andare a mangiare.<br />
29 Termine per indicare <strong>il</strong> rumore dello stomaco vuoto.<br />
30 Quantità compresa nel concavo delle mani giunte.
Cu’ du ciùcciu passa o cavadu, cadi e si rruppi ‘a nuci du codu.<br />
Chi dall’asino passa al cavallo, cade e si rompe la noce del collo.<br />
La persona che ha sempre condotto un asino si troverà a disagio a condurre<br />
un cavallo, poiché <strong>il</strong> secondo è più forte e vigoroso del primo e necessita<br />
per la conduzione della giusta padronanza. In senso figurativo, l’uomo<br />
che si appresta a compiere una determinata cosa non essendone capace,<br />
incorrerà solo in cattive figure.<br />
<br />
Cu’ ddùi lepri voli m’acchiapppa una nci fuji e l’atra nci scappa.<br />
Chi due lepri vuole prendere una corre e l’altra scappa.<br />
La lepre è un mammifero dei roditori che, spostandosi a salti, è dotata di una<br />
corsa molto veloce. Preda molto ambita e ricercatissima dai cacciatori. La<br />
celerità della sua corsa la rende molto diffic<strong>il</strong>e da catturare, pertanto qualora<br />
davanti al cacciatore se ne presentassero due, senza indugiare dovrebbe sceglierne<br />
una, altrimenti finirebbe per perderle entrambe.<br />
<br />
Cu’ diuna e operi bboni no fa, ‘u pani sparagna e a’ ‘u paradisu no và.<br />
Chi digiuna e non fa opere buone, <strong>il</strong> pane risparmia ed in Paradiso non va.<br />
Il cristiano è sempre attento alle leggi Divine, come digiunare nei venerdì<br />
di quaresima, pertanto è paradossale vivere solo per se stessi e non amare<br />
<strong>il</strong> prossimo, astenendosi dall’aiutare chi è nel bisogno e dal compiere<br />
opere buone. Chi non è altruista, risparmia di sicuro, ma si può classificare<br />
come un vero e proprio bigotto.<br />
<br />
Cu’ eni riccu ‘i pecuri e crapi, eni ‘nu povaru e no sapi.<br />
Chi è ricco di pecore e capre, è povero ma non lo sa.<br />
La giornata del pecoraio comincia molto presto. Con la mungitura inizia la<br />
lavorazione del latte con tutti i suoi derivati (formaggi, ricotta), dopo di che<br />
porta le pecore al pascolo per far ritorno all’ov<strong>il</strong>e a sera tarda. Il lavoro continuo<br />
e faticoso rende <strong>il</strong> guardiano schiavo del proprio mestiere. Quest’ultimo<br />
non ha mai una giornata di riposo, anche nelle feste dovrà continuare la sua<br />
attività, i ruminanti non possono essere trascurati perché soggetti a delle malattie<br />
ovine contagiose, che sono delle vere e proprie morie, le quali farebbero<br />
svanire in pochi giorni la ricchezza del pecoraio.<br />
49
Cu’ fuji, ‘i pedi dassa.<br />
Chi corre, i piedi lascia.<br />
Chi sfugge da qualcuno può sempre lasciare qualche orma. I segni lasciati sul<br />
terreno dal suo passaggio, diventano una traccia per gli inseguitori i quali<br />
avranno indizi certi per poterlo trovare.<br />
<br />
Cu’ lordu mangia, prestu ‘ngrassa.<br />
Chi mangia sporco, ingrassa presto.<br />
Esistono uomini dalla scarsa attitudine all’igiene, l’abitudine a convivere con<br />
la sporcizia li porta a non rispettare neanche le più elementari regole come<br />
accostarsi a tavola dopo aversi lavato le mani. Questo atteggiamento provoca<br />
indignazione e un biasimo sarcastico delle persone che lo circondano, le quali<br />
paragonano la sua sporcizia al letame che si dà alle piante per farle crescere.<br />
<br />
Cu’ mangia ‘i bon’ura, cu ‘nu pugnu jetta ‘i mura.<br />
Chi mangia presto, abbatte i muri con un pugno.<br />
Una buona abitudine alimentare è quella di consumare l’ultimo pasto della<br />
giornata non ad ora tarda. Così facendo sarà più ampia la distanza tra la cena e<br />
l’andare a letto, permettendo all’organismo un’ottima digestione. Il corpo non<br />
appesantito concederà un riposo più confortevole e un ottimo risveglio.<br />
<br />
Cu’ mangia e no ‘mbita, nommu campa ‘u si marita.<br />
Chi mangia da solo senza invitare non possa aver la fortuna di vedersi sposato.<br />
La persona educata quando si appresta a consumare un pasto invita le persone<br />
vicine a favorire. A tale cortesia si risponde con l’accettare l’offerta<br />
dei cibi prendendone in piccola quantità. L’uomo che mangia da solo è<br />
considerato dagli altri scortese, i quali inveiscono contro di lui “augurandogli”<br />
di non vedere mai <strong>il</strong> giorno delle proprie nozze.<br />
<br />
Cu’ mangia e no ‘mbivi, mai saziu si vidi.<br />
Chi mangia e non beve, non è mai sazio.<br />
50<br />
La bevanda contribuisce a soddisfare interamente la fame. I liquidi riempiendo<br />
lo stomaco provocano nell’uomo uno stato di sazietà. I cibi devono essere<br />
accompagnati dalle bevande, quindi chi mangia e non beve accontenterà solo<br />
in parte lo stomaco, ma non appagherà a pieno la fame.
Cu’ mangia prima e paga poi nenti perdi du soi.<br />
Chi mangia prima e paga poi niente perde del suo.<br />
Le trattorie e i ristoranti sono dei locali pubblici nei quali si consumano i pasti.<br />
Il cliente, dopo essersi rifoc<strong>il</strong>lato, dovrà pagare per <strong>il</strong> servizio che gli è stato<br />
reso. Soddisfare un bisogno alimentare non comporta uno sperpero di denaro,<br />
poiché in cambio avrà appagato <strong>il</strong> proprio appetito.<br />
<br />
Cu’ mangia razzi caca cazzi.<br />
Chi mangia broccoletti selvatici defeca poco.<br />
I razzi sono dei piccoli broccoli selvatici. La verdura, si sa, non è pesante da<br />
digerire e a differenza di qualsiasi altro cibo più sostanzioso, appaga solo sul<br />
momento la fame. Pensiero comune è che, chi mangia detta verdura avrà un<br />
bisogno fisiologico scarso.<br />
<br />
Cu’ manìa no penìa.<br />
Chi maneggia non soffre.<br />
Chi è ricco e quindi ha la possib<strong>il</strong>ità di manneggiare danaro, diffic<strong>il</strong>mente<br />
conoscerà le sofferenze che ass<strong>il</strong>lano la gente povera.<br />
<br />
Cu’ mi voli beni ‘ncasa mi veni.<br />
Chi mi vuole bene mi viene a trovare a casa.<br />
Per <strong>il</strong> padrone di casa ricevere una visita è un onore, un segno di affetto e<br />
stima. Il visitante s’intratterrà più o meno a lungo con lui manifestandogli<br />
amicizia, cortesia e dovere.<br />
<br />
Cu’ mina ‘mprima, mina ddùi voti.<br />
Chi colpisce per primo, colpisce due volte.<br />
Un animato contrasto di parole e di epiteti ingiuriosi sovente si trasforma in liti<br />
violente e percosse. Chi perde per primo la testa e passa alle vie di fatto sferra<br />
<strong>il</strong> primo colpo, che coglierà di sorpresa l’altro litigante ancora alle prese con<br />
l’alterco verbale. Il primo colpo inferto fa doppiamente male poiché inatteso.<br />
<br />
Cu’ n’arrizzica n’arruzzica.<br />
Chi non risica non rosica.<br />
Nella vita non si può attendere sempre che la manna caschi dal cielo, bisogna essere<br />
anche un po’temerari, arditi. Solo correndo qualche rischio a volte si può dare una<br />
scossa alla propria vita, riuscendo a guadagnare, a strappare qualcosa a qualcuno.<br />
51
Cu’ nasci tundu no po moriri quatratu.<br />
Chi nasce tondo non può morir quadrato.<br />
Ogni persona sin dalla nascita porta con sé una propria indole. Il complesso<br />
delle qualità, i modi caratteriali e di comportamento, fanno intuire <strong>il</strong> tipo, <strong>il</strong><br />
genere di persona. Esistono soggetti dotati di indole buona, altri cattiva, ma per<br />
entrambi è proprio un caso raro cambiare la propria natura.<br />
<br />
Cu’ nci lava ‘a testa a’ ‘u ciùcciu d’atru perdi l’acqua e ‘u sapuni.<br />
Chi lava la testa ad un asino d’altri perde l’acqua e <strong>il</strong> sapone.<br />
Le forze sprecate per assistere la roba altrui quasi sempre porta ad avere oltre un<br />
dispendio di energie anche una perdita economica. L’<strong>Anoia</strong>no dice “No grazi e no<br />
meriti ‘i Ddèu”, tutto lascia intendere che <strong>il</strong> badante non sarà né ringraziato né tanto<br />
meno gli verrà riconosciuto <strong>il</strong> lavoro svolto, rimettendoci pure <strong>il</strong> materiale adoperato.<br />
<br />
Cu’ ndi voli mangia, cu’ no passija.<br />
Chi ne vuole mangia, chi no può andare a passeggiare.<br />
Un tempo nelle famiglie povere la pasta e la carne erano una chimera, pertanto<br />
la dieta della povera gente si basava sulla verdura come: “Amaredi 31,<br />
crisciuna 32, coschi i vecchia 33, gurràini 34, razzi 35, sculimbri 36, patatedi di<br />
‘sd<strong>il</strong>ligamoli 37, ricotteda 38, zuschi 39”. Anche le bucce dei fichidindia dopo<br />
essiccate venivano consumate. Era un mangiare modesto, non sempre<br />
appetitoso, per questo qualcuno ogni tanto si lamentava, ma non poteva<br />
fare altro che mangiare quello che “passava <strong>il</strong> convento” o gli restava solo<br />
di andare a passeggiare.<br />
<br />
Cu’ no ‘ndavi tempu, nomm’aspetta tempu.<br />
Chi non ha tempo, non aspetti tempo.<br />
52<br />
L’uomo spesso ha una naturale disposizione d’animo a non fare niente, a<br />
rinviare tutto a domani, ad un altro giorno o a data da destinarsi. Non ci si<br />
31 Specie di broccoli selvatici, dal sapore amarognolo.<br />
32 Crescione, pianta delle crocifere, con foglioline grasse dal sapore piccante, cresce nei fossi e nei luoghi umidi.<br />
(fra. Cresson).<br />
33 Specie di cicoria selvatica, dalla foglia pelosa.<br />
34 Ferrana, detta anche piccolo farro, dai fiorellini viola.<br />
35 Specie di rapa selvatica (norm. Raiz).<br />
36 Specie di cardo mengereccio.<br />
37 Radici di acetosella (‘Allega denti molari).<br />
38 Dente di leone.<br />
39 Specie di cicoria dalla foglia spinosa, dai fiori gialli.
ende conto che <strong>il</strong> tempo è prezioso e non se ne fa tesoro. Si continua a<br />
temporeggiare, fino a quando si verifica la circostanza in cui sarebbe stato<br />
necessario aver agito a suo tempo, solo allora si comprende che non bisogna<br />
rimandare a domani ciò che si può far oggi.<br />
<br />
Cu’ no cridi a’ ‘i doluri, mu guarda ‘i figùri.<br />
Chi non crede ai dolori (altrui) che possa guardare le Sante figure.<br />
Chi soffre e si lamenta in continuazione spesso non è creduto dalle persone che<br />
lo circondano, le quali ritengono di aver di fronte un malato che si erge a vittima<br />
o che simula sofferenza. Di fronte a tale incredulità l’augurio o l’imprecazione<br />
dello pseudo malato immaginario è che gli scettici possano provare una<br />
straziante sofferenza, tanto da raccomandarsi ai Santi, in tal caso indicati dalle<br />
“figure”, al fine di ottenere una veloce guarigione.<br />
<br />
Cu’ no paga ‘u mastru, paga ‘u mastru e ‘u mastrìcchju.<br />
Chi non paga <strong>il</strong> mastro, paga <strong>il</strong> mastro e l’aiutante.<br />
A volte per risparmiare ci si improvvisa artigiani, muratori, meccanici, ma non<br />
essendo a conoscenza del mestiere non si ha la giusta praticità, ed invece di<br />
rimettere a nuovo si finisce col danneggiare di più e sarà necessario l’intervento<br />
di una o più persone capaci di ripristinare <strong>il</strong> tutto.<br />
<br />
Cu’ no poti ‘mbiviri a’ gutti ammussa40 a’ ‘u cunduttu.<br />
Chi non può bere alla botte beve alla condotta.<br />
Detto che indica l’arte dell’adattarsi. Pertanto chi non può comprarsi <strong>il</strong> vino,<br />
opterà per una bevuta di acqua direttamente dalla fonte, saziandosi e dimenticando<br />
<strong>il</strong> nettare degli dei.<br />
<br />
Cu’ no senti i’ rimpacciati, no senti mancu ‘i lignati.<br />
Chi non sente i rimproveri, non sente neanche le legnate.<br />
L’uomo restio ai buoni comportamenti, sovente viene rimproverato dalle<br />
persone che lo circondano, ma egli incurante continua imperterrito per la<br />
sua strada, tanto da far pensare alla gente che nemmeno le maniere forti<br />
possono essere d’aiuto a raddrizzarlo.<br />
40 Azione delle labbra nel compiere l’atto del bere.<br />
53
Cu’ no si faci ‘i fatti soi, cu ‘a lanterna va cercandu ‘i guai.<br />
Chi non si fa gli affari suoi, con la lanterna va cercando guai.<br />
L’impiccione è una persona indiscreta che si intromette in affari che non lo<br />
riguardano. Chi si impiccia abitualmente delle faccende altrui passerà di sicuro<br />
dei grossi fastidi, perché prima o poi scatenerà l’ira di qualcuno che improvvisamente<br />
gli si rivolterà contro.<br />
<br />
Cu’ no si raspa ‘a testa cu ‘i mani soi, ‘a mangiasumi 41 no nci passa mai.<br />
Chi non si gratta la testa con le proprie mani, <strong>il</strong> prurito non gli cesserà mai<br />
La vita ci può riservare vicende tristi, eventi sfavorevoli. Non bisogna mai<br />
disperare si deve continuare a vivere, ma soprattutto non stare con la speranza<br />
che la gente possa aiutarti, solo rimboccandosi le maniche e lavorando<br />
si superano le avversità.<br />
<br />
Cu’ no ti canusci t’accatta caru.<br />
Chi non ti conosce caro ti compra.<br />
Non sempre la prima impressione che si ha conoscendo qualcuno corrisponde<br />
a verità. Soltanto dopo lunghi tempi ed esperienza si può scoprire la vera natura<br />
di un uomo, sperimentandone anche i lati negativi. Non bisogna giudicare<br />
dall’aspetto, perché spesso l’apparenza inganna.<br />
<br />
Cu’ pani mi duna ‘u chiamu patruni.<br />
Chi mi da pane lo chiamo padrone.<br />
La disoccupazione è una piaga che attanaglia <strong>il</strong> Sud, sin da tempi lontani. La mancanza<br />
di un lavoro costringe l’uomo a una vita di stenti. La completa privazione<br />
diventa giorno dopo giorno sempre più frustante tanto da rendere una persona<br />
disposta a tutto anche a divenire servo di chi gli dà la possib<strong>il</strong>ità di mangiare.<br />
<br />
Cu’ pe’ amuri pati bromputu mu nci faci.<br />
Chi soffre per amore buon pro gli faccia.<br />
L’amore è affetto vivo, desiderio ardente verso una persona piacevole e cara.<br />
Provare amore per qualcuno ed essere corrisposto rende l’uomo felice, ma lo<br />
stesso sentimento, qualora non fosse ricambiato, è capace di provocare pene e<br />
tormenti. Da qui parte l’augurio che le sofferenze si trasformino in gioia, realizzando<br />
ciò che <strong>il</strong> cuor desidera.<br />
41 In DEDC Mangiasuni, s. f. Prurito, solletico; dal fra. démangeaison per aferesi.<br />
54
(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />
Jocaturi no jocari<br />
se ‘a sorti no ti voli,<br />
ca perdi l’anima e ‘i dinari<br />
55
Cu’ presta perdi ‘a testa.<br />
Chi presta perde la testa.<br />
Quando si presta qualcosa non sempre viene restituita. Col passar del tempo ci<br />
si dimentica di averla data e al momento del bisogno la si cerca con insistenza,<br />
ma con scarsi risultati. La ricerca affannosa porta a continue riflessioni, sino<br />
alla conclusione che ciò che è stato prestato non è stato restituito. Ci si ritrova<br />
con una forte emicrania e a mani vuote.<br />
<br />
Cu’ prima no penza doppu suspira.<br />
Chi prima non pensa dopo sospira.<br />
Nella vita non bisogna mai agire d’istinto, poiché l’azione impulsiva, non supportata<br />
dalla riflessione, non permette di ponderare le circostanze. Gli esiti negativi, se<br />
non disastrosi, del nostro comportamento ci faranno emettere un respiro prolungato,<br />
provocato dal rimpianto e dall’amarezza di non aver pensato prima.<br />
<br />
Cu’ rischia o arridi o si pista.<br />
Chi rischia o ride o si picchia (batterà la testa).<br />
Nella vita bisogna essere temerari, perché solo rischiando si riesce ad ottenere<br />
qualcosa. A volte, rischiando, tutto va bene e si è contenti per <strong>il</strong> raggiungimento<br />
di un risultato, altre volte le cose non vanno per <strong>il</strong> verso sperato e si perde<br />
anche del proprio, perciò inevitab<strong>il</strong>mente subentra la disperazione.<br />
<br />
Cu’ su’ siminau mu su’ meti, cu’ nò mu su’ scippa a’ mo di linu.<br />
Chi ha seminato mieterà, chi no lo strapperà come si fa col lino.<br />
Chi inizia un lavoro deve portarlo a termine, non può vivere con la speranza<br />
che qualcuno corra in aiuto. Il contadino pertanto deve seminare <strong>il</strong> campo<br />
basandosi sulla forza che ritiene d’avere. Se <strong>il</strong> terreno è molto ampio le forze<br />
saranno incapaci a uno sforzo così grande e le braccia arrivate a metà mietitura<br />
cederanno. Questo proverbio insegna ad accontentarsi di poco, senza patemi<br />
d’animo e a non fare mai <strong>il</strong> passo più lungo della gamba.<br />
<br />
Cu’ s’ammazza pe’ ‘i figghj eni ‘nu mìnchjuni.<br />
Chi si ammazza (risparmia) per i figli è proprio uno sciocco.<br />
56<br />
Nel Meridione d’Italia i genitori usano risparmiare per garantire un futuro<br />
migliore ai propri figli, facendo una vita di privazioni e non concedendosi<br />
quasi mai dei divertimenti. I figli crescono e i genitori invecchiano. I primi<br />
andranno a formare una loro famiglia e i secondi rimarranno soli, purtroppo<br />
anche quando ci sarà bisogno di essere accuditi.
Cu’ s’avanta capidi e denti no s’avanta nenti.<br />
Chi vanta capelli e denti non si vanta niente.<br />
Capelli e denti sono simbolo della vanità umana, perché causa di apprezzamento<br />
di ciò che può far risaltare le qualità di una persona. Purtroppo sia i<br />
capelli che i denti sono soggetti a caduta, modificando l’aspetto caratteristico<br />
di un individuo, che viene reso così calvo o sdentato.<br />
<br />
Cu’ sei faci l’assu pigghia.<br />
Chi fa sei prende l’asso.<br />
Detto del gioco della briscola, usato dalla coppia che riesce a prendere da sopra<br />
<strong>il</strong> tavolo sei punti, secondo i quali la sorte gli farà pescare dal mazzo l’asso.<br />
<br />
Cu’ servi patruni mori ‘n pogghjaru.<br />
Chi serve <strong>il</strong> padrone morirà in una capanna di paglia.<br />
Il “pogghjaru” un tempo era una capanna abitata da gente povera, molto somigliante<br />
alle case costruite con la paglia tipiche delle zone aride o addirittura<br />
desertiche. L’architettura in paglia ha caratterizzato molte realtà rurali calabresi<br />
sino agli anni cinquanta. Pertanto chi prestava lavori alle dipendenze altrui,<br />
adoperandosi per lo svolgimento dei lavori domestici o coltivando un fondo<br />
per conto di un padrone, povero era e povero rimaneva, fino alla fine dei suoi<br />
giorni, non migliorando mai la propria posizione sociale.<br />
<br />
Cu’ si jetta ‘i cunti avanti si mangia ‘i pisci fetenti.<br />
Chi fa i conti avanti si mangia i pesci marci.<br />
Quando si ha in mente un obiettivo, ci si programma in conformità agli scopi da<br />
raggiungere. Si compiono vari calcoli, si stab<strong>il</strong>iscono i mezzi, i compiti e i temi<br />
per conseguire alla scadenza un determinato risultato. Si cerca di curare tutto nei<br />
minimi particolari, ma può verificarsi un evento non prevedib<strong>il</strong>e che impedisce<br />
di portare a termine <strong>il</strong> proprio fine, rendendo vani gli sforzi effettuati.<br />
<br />
Cu’ si marita staci cuntentu ‘nu jornu, cu’ ammazza ‘u porcu staci cuntentu<br />
‘n’annu.<br />
Chi si sposa sta contento un giorno, chi ammazza (alleva) <strong>il</strong> maiale sta contento un anno.<br />
Il matrimonio è l’unione di un uomo con una donna, avente come scopo la convivenza<br />
in un’unica famiglia. Dopo l’euforia dei primi giorni, subentrano i primi<br />
problemi e i primi malumori nati dalla vita comune. Il confronto giornaliero tra<br />
due diversi modi di vivere e tra due caratteri diversi sono fonte di frequenti litigi<br />
57
per questo ironicamente si dice che, chi alleva <strong>il</strong> maiale, facendolo ingrassare per<br />
poi macellarlo e ut<strong>il</strong>izzarne le carni, alcune come vivanda immediata (bistecche)<br />
altre per essere, con particolari procedimenti, conservate o insaccate (prosciutto,<br />
salame, ecc.) rimane più a lungo felice rispetto a chi si sposa.<br />
<br />
Cu’ si pungi nesci fora.<br />
Chi si punge esce fuori.<br />
Detto che si applica in tanti momenti, in tante situazioni della vita.<br />
Generalmente significa che la persona, infastidita dagli altrui motti pungenti,<br />
reagisce con durezza verbale alle provocazioni.<br />
<br />
Cu’ si virgogna no si marita.<br />
Chi è timido non si sposa.<br />
L’uomo timido davanti all’altro sesso manca di disinvoltura, si dimostra<br />
impacciato, arrossisce e a volte anche balbetta. La timidezza per le ragazze<br />
è segno di debolezza. Il ragazzo timoroso dimostra paura e mancanza di<br />
quel senso di protezione di cui ha bisogno una donna. Per <strong>il</strong> timido è diffic<strong>il</strong>e<br />
trovar moglie.<br />
<br />
Cu’ si spagna si spirda 42.<br />
Chi si spaventa ha paura.<br />
Detto che invita una persona a non essere preda delle paure, per le quali l’uomo<br />
si ritira di fronte al pericolo, e ad osare, talvolta anche rischiando.<br />
<br />
Cu’ simina spini no po jiri scazu.<br />
Chi semina spine non può andare scalzo.<br />
58<br />
I fautori di male, i seminatori di zizzanie sono persone senza scrupoli e<br />
privi di coscienza. L’uomo cattivo, ingiusto e disonesto sparge terrore<br />
suscitando <strong>il</strong> ribrezzo della gente e diffondendo rabbia tra coloro che ricevono<br />
<strong>il</strong> male. Pertanto chi semina <strong>il</strong> male deve stare attento a guardarsi le<br />
spalle dai molti nemici.<br />
42 In DCI Spirdari, v. tr. Spiritare/ v. intr. pronom. Rimanere con gli occhi spalancati come uno spiritato, per<br />
spavento o per profondo turbamento.<br />
In DEDC Spirdu, s. m. Spirito, spettro, ombra; dal lat. spiritus. Spirarsi, essere invaso dal demonio; spirdatu,<br />
spiritato, indemoniato.
Cu’ sparti pìgghja ‘a mègghju parti.<br />
Chi divide prende la parte migliore.<br />
Quando scoppia un litigio è meglio starne alla larga perché spesso, chi cerca di<br />
ripristinare la pace, finisce per ricevere suo malgrado qualche colpo. Non di<br />
rado, chi dà origine a una zuffa, ne esce indenne e chi divide un po’ malconcio.<br />
<br />
Cu’ spera, spira.<br />
Chi spera, spira.<br />
Vedi proverbio “Cu’ di speranza campa disperatu mori”.<br />
<br />
Cu’ staci a’ speranza e no cucina veni ‘a sira e canta ‘a diana.<br />
Chi spera e non cucina viene la sera soffrendo la fame.<br />
La fede cristiana insegna che la Provvidenza è un’assistenza benevola di Dio a<br />
favore delle creature. Le vie della Provvidenza sono infinite e sperare nella<br />
stessa, a volte, appaga. Tutto ciò è lecito, ma non bisogna aspettare l’aiuto di<br />
Dio o di qualcuno mandato dal Creatore per potersi nutrire, bisogna lavorare<br />
per procurarsi <strong>il</strong> cibo, altrimenti quando scenderà la sera <strong>il</strong> rumore dello stomaco<br />
vuoto farà capire che si sta soffrendo la fame.<br />
<br />
Cu’ staci fermu cunta ‘i pedati ‘i cu’ camina.<br />
Chi sta fermo conta le pedate (i passi) di chi cammina.<br />
Chi sta fermo in un posto per molto tempo, può osservare tutti i movimenti<br />
che effettuano le persone che si aggirano nei dintorni. Raccoglie informazioni<br />
sul viavai della gente e si limita a comunicarla in modo dettagliato a<br />
chi gli rivolge delle domande.<br />
<br />
Cu’ suffri fumu suffri corna.<br />
Chi soffre <strong>il</strong> fumo soffre le corna.<br />
Opinione comune era, un tempo, che a chi dava fastidio <strong>il</strong> fumo di sicuro la<br />
moglie l’aveva tradito.<br />
<br />
Cu’ sulu sulu si guarda ‘i vacchi, sulu sulu si ‘mbvi ‘u latti.<br />
Chi solo solo sorveglia le vacche, solo solo si beve <strong>il</strong> latte.<br />
Il massaro è <strong>il</strong> conduttore di un podere, presiede ai lavori e cura <strong>il</strong> bestiame.<br />
Egli sorveglia, si occupa della mandria portandola al pascolo ed è<br />
addetto alla mungitura. Svolgendo costui da solo tutti questi compiti non<br />
dovrà dividere con nessuno i profitti scaturiti dalle proprie fatiche.<br />
59
Cu’ tempu guardau ‘u culu ammostrau.<br />
Chi <strong>il</strong> tempo guardò <strong>il</strong> sedere mostrò.<br />
A volte, l’alba di un nuovo giorno si presenta piovosa e nel contadino regna<br />
l’indecisione di recarsi al lavoro o rimanere forzatamente a casa. Sovente si<br />
verifica, che dopo poco <strong>il</strong> tempo si aggiusti, tornando <strong>il</strong> sereno e <strong>il</strong> povero contadino<br />
scoraggiato dal brutto tempo avrà perso una giornata lavorativa. Meglio<br />
essere un po’ temerari, recandosi lo stesso sul posto di lavoro perché, se cesserà<br />
di piovere, si tornerà a lavoro guadagnandosi la paga giornaliera.<br />
<br />
Cu’ vaci a’ fera senza tarì 43, leva ‘na pena e ndi porta tri.<br />
Chi va alla fiera senza tarì, va con una pena e ne porta tre.<br />
La fiera è un mercato paesano, che si tiene in particolari occasioni dell’anno<br />
al quale affluiscono in gran quantità venditori e compratori.<br />
Pertanto chi si reca senza soldi parte malinconico perché consapevole di<br />
non poter comprare niente. Al ritorno è ancora più desolato e infelice, poiché<br />
soltanto l’occhio ha goduto.<br />
<br />
Cu’ vaci appressu acedi perdi ‘u tempu e ‘u ceravedu.<br />
Chi va dietro gli uccelli perde <strong>il</strong> tempo e <strong>il</strong> cervello.<br />
L’uomo fin dalle sue origini ha escogitato trucchi per appropriarsi di ciò<br />
che la natura offriva. Per cibarsi degli uccelli ha usato dapprima le reti, poi<br />
la fionda e l’arco e poi con l’evoluzione le armi da sparo. Non sempre l’astuzia<br />
dell’uomo supera l’istinto degl’animali e l’uomo spesso va incontro<br />
a grandi delusioni, perdendo solo del tempo e scervellandosi a cercare di<br />
capire cos’è che non è andato per <strong>il</strong> verso giusto.<br />
<br />
Cu’ veni appressu attroppica.<br />
Chi viene dopo inciampa.<br />
Detto che indica una situazione di egoismo assoluto, riferendosi a persone che<br />
badano alle proprie necessità non considerando i disagi altrui.<br />
<br />
Cu’ voli mali a’ mia deci anni di gonia.<br />
Chi mi vuole male, dieci anni di agonia.<br />
Detto che indica un’imprecazione nei confronti di chi spera nel male<br />
altrui, augurando una fine piena di sofferenza, tanto da rimanere agonizzante<br />
per dieci anni sul letto della morte.<br />
43 Antica moneta d’oro araba che attraverso i secoli ha avuto larga diffusione nell’Italia meridionale.<br />
60
Cu’ voli u’ gira ‘u trappitu, s’avi d’accattari ‘u ciùcciu.<br />
Chi vuol far girare <strong>il</strong> frantoio, si deve comprare l’asino.<br />
Il frantoio antico per macinare era dotato di due grandi ruote di pietra fissate<br />
ad un asse, girate da un animale, spesso un asino. In senso figurativo l’uomo<br />
non deve aspettare l’aiuto o delegare altri per sbrigarsi le proprie faccende.<br />
<br />
Cu’ voli u’ mangia cu ddùi vucchi s’affuca.<br />
Chi vuol mangiare con due bocche soffoca.<br />
L’ingordigia provoca nell’uomo una voracità insaziab<strong>il</strong>e, un bisogno smisurato<br />
di cibo per saziarsi. L’uomo vorace mangia molto e troppo e, con<br />
particolare avidità e golosità, inghiotte qualsiasi cibo, rischiando così di<br />
ingozzarsi e soffocare. Non solo per <strong>il</strong> cibo si può essere ingordi, bensì<br />
anche per <strong>il</strong> denaro, per gli onori e la gloria.<br />
<br />
Cu’ zappa ‘mbivi acqua, cu’ futti ‘mbivi a’ gutti.<br />
Chi zappa beve acqua, chi ruba beve alla botte.<br />
L’uomo avverso al lavoro, vivendo alla giornata per accumulare un po’ di<br />
risparmio, certamente non può darsi alla bella vita. Soltanto attraverso continue<br />
privazioni e grazie al sudore della sua fronte, vivrà onestamente, ma è proprio<br />
diffic<strong>il</strong>e che diventerà ricco. Il ladro, rubando, prende con violenza o di<br />
nascosto ciò che appartiene ad altri, pertanto, a differenza di chi si guadagna da<br />
vivere con <strong>il</strong> lavoro, può sperperare <strong>il</strong> danaro conducendo una vita agiata.<br />
<br />
Curta ‘i munzèdu 44 e longa ‘i ceravedu.<br />
Corta di statura e lunga di cervello.<br />
La donna di statura piccola sovente viene giudicata per l’aspetto esteriore,<br />
non sapendo che nasconde numerose virtù, una su tutte l’intelligenza. La<br />
donna minuta ha capacità d’intendere, pensare e giudicare, di padroneggiare<br />
le situazioni nuove o di risolvere problemi, più che con l’esperienza,<br />
mediante la comprensione dei rapporti esistenti fra i vari elementi della<br />
situazione. “Nella botte piccola c’è <strong>il</strong> vino buono”.<br />
44 In DCI Munzedu, s. m. Mucchio.<br />
61
Curza d’asinu pocu dura.<br />
Corsa d’asino dura poco.<br />
L’asino è impiegato dall’uomo come mezzo di locomozione, ut<strong>il</strong>izzato per<br />
lavoro, per trasportare merci o persone. Tra l’asino e <strong>il</strong> cavallo esistono sostanziali<br />
differenze, <strong>il</strong> secondo ha una corporatura più muscolosa ed ag<strong>il</strong>e e una statura<br />
più alta rispetto a quella del primo, quindi la corsa dell’asino non avrà mai<br />
la stessa durata e la stessa intensità di quello del cavallo.<br />
<br />
Cuva sutta cinnari.<br />
Cova sotto la cenere.<br />
Le persone spesso, proprio come <strong>il</strong> fuoco che sembra spento ed invece cova<br />
sotto la cenere, nascondono passioni e pericoli latenti che da un momento<br />
all’altro, inaspettatamente, possono manifestare.<br />
<br />
D’undi lampa e d’undi trona.<br />
Da dove fulmini e da dove tuoni.<br />
Detto che sta ad indicare l’essere circondati da persone ost<strong>il</strong>i.<br />
<br />
Dammi prima e dammi ossu.<br />
Dammi prima e dammi osso.<br />
Meglio un piccolo guadagno subito, ma certo, che non uno maggiore in<br />
futuro ed incerto.<br />
<br />
Dammi tri picciuli e mentimi ‘nparti.<br />
Dammi tre soldi e mettimi in parte (ed entro in società).<br />
Indica la fac<strong>il</strong>ità e la sfacciataggine con la quale alcune persone, intervenendo<br />
con scuse e domande banali o non appropriate, s’intromettono negli<br />
affari e nei discorsi altrui.<br />
<br />
Danci l’arti a’ cu’ ‘a sapi fari.<br />
Dagli <strong>il</strong> mestiere a chi lo sa fare.<br />
L’esercizio di un’attività lavorativa manuale è frutto di esperienza e pratica.<br />
Chi conosce <strong>il</strong> proprio mestiere è ab<strong>il</strong>e e capace di svolgere un determinato<br />
lavoro, ed è provvisto di arnesi e strumenti necessari. Chi non conosce <strong>il</strong><br />
mestiere, invece, manca della pratica che è indispensab<strong>il</strong>e per la realizzazione<br />
di un’opera. Pertanto la professionalità è frutto di esperienza, determinazione,<br />
e certamente non si può improvvisare.<br />
62
Dari cu dari gurza vacanti.<br />
Dare con dare borsa vuota.<br />
Dare per generosità o concedere a titolo di favore o per simpatia non può<br />
diventare un’azione sistematica, poiché si finirebbe per svuotare tutti i propri<br />
averi. La generosità mette in evidenza un enorme altruismo, una grandezza d’animo<br />
e sentimenti nob<strong>il</strong>i. È giusto correre in aiuto di chiunque si trovi in difficoltà,<br />
ma è doveroso pensare anche un po’ a se stessi, affinché non si corra <strong>il</strong><br />
rischio di diventare nullatenenti.<br />
<br />
Ddèu meu guardami ‘i l’amicu ca du nimicu mi guardu jeu.<br />
Dio guardami (proteggimi) dall’amico, perché dal nemico mi guardo (difendo) io.<br />
Il nemico serba sentimenti di avversione, odio, rancore contro qualcuno, ne desidera<br />
<strong>il</strong> male e cerca di farglielo. L’amico nutre simpatia, cordialità, benevolenza<br />
verso qualcuno. Con <strong>il</strong> nemico si sta continuamente sulla difensiva, temendo un<br />
danno o una contrarietà, dall’amico non si teme nulla, poiché non ci si può mai<br />
aspettare un’azione subdola e malvagia. Da questa differenza parte la preghiera<br />
del calabrese che si affida a Dio per essere salvaguardato dall’amico.<br />
<br />
Ddèu mu ndi scanza ‘i l’omani a’ l’anta e di fimmani o suli.<br />
Dio ci preservi dagli uomini che lavorano in squadra e dalle donne (sedute) al sole.<br />
Una squadra di operai è composta da numerose persone addette ad uno<br />
stesso lavoro. Durante le ore lavorative gli uomini riuniti dialogano tra<br />
loro a volte parlando del più e del meno, altre volte impiegano <strong>il</strong> tempo a<br />
sparlare della gente, non risparmiando nessuno e a far maldicenze, calunnie<br />
e quant’altro. Allo stesso modo le donne riunite davanti ad un tiepido<br />
sole, svolgendo lavori ai ferri o all’uncinetto, fanno discorsi malevoli sugli<br />
altri, recando offese all’altrui reputazione.<br />
<br />
Ddèu mu ndi scanza ‘i l’omani spani45 e di fimmani barvuti.<br />
Dio ci preservi dagli uomini glabri e dalle donne barbute.<br />
Gli uomini dalla barba rada hanno pochi peli che ricoprono le guance e <strong>il</strong> mento,<br />
sul viso della donna barbuta a differenza dell’uomo si nota una peluria inusuale<br />
per una femmina. L’uomo imberbe e la donna barbuta per <strong>il</strong> calabrese hanno in<br />
comune una natura o un carattere perverso, incline profondamente al male.<br />
45 Glabro agg. Detto dell’uomo che non ha peli; in particolare, che non ha barba.<br />
63
Ddèu mu ndi scanza di cosi no penzati.<br />
Dio ci preservi dalle cose non pensate.<br />
64<br />
Nella vita, prima di qualsiasi decisione o prima di compiere qualche azione,<br />
bisogna ben pensare ed usare attenzione. Seguendo l’istinto non sempre si<br />
porta a buon fine l’opera, perché si procede con leggerezza e inconsideratamente.<br />
Il non pensare porta sovente a un comportamento irrazionale e irragionevole,<br />
privo di fondamento logico.<br />
Ddèu mu ndi scanza di mali vicini.<br />
Dio ci preservi dai cattivi vicini.<br />
<br />
Un insieme di persone che abitano una stessa casa, rione o quartiere compongono<br />
<strong>il</strong> vicinato. I rapporti intercorrenti fra vicini possono essere buoni o cattivi.<br />
Nel primo caso la zona in cui abitano diventa un’isola felice e un’oasi di<br />
pace, nel secondo caso, sovente, pullulano gli screzi e i continui litigi, rendendo<br />
l’aria irrespirab<strong>il</strong>e. Per <strong>il</strong> quieto vivere bisogna che le persone abbiano reciproco<br />
rispetto, evitino di offendere e ledere.<br />
<br />
Ddèu mu ndi scanza di vasci caduti.<br />
Dio ci preservi dalle basse cadute.<br />
Le cadute dalle sedie, dal letto o da altre parti non eccessivamente alte, spesso<br />
sono le più rovinose, apportando ingenti danni al fisico di chi capitombola. A<br />
volte, invece, chi precipita cadendo dall’alto, ne viene fuori indenne. Questo è<br />
uno dei paradossi della vita, perché sarebbe più logico riportare più danni da<br />
una caduta dall’alto anziché da una dal basso.<br />
<br />
Ddèu mu ndi scanza e mu ndi libara.<br />
Dio ci preservi e ci liberi (dal male).<br />
Detto che indica l’affidarsi a Dio per essere preservati da un evento brutto.<br />
<br />
Denti cu denti, mastica ca t’agghjuttu.<br />
Dente con dente, mastica che t’inghiotto.<br />
Detto usato per schernire i bambini simulando di mangiarli, incutendo loro<br />
grande paura.
(Dipinto di Pasquale D’Angeli)<br />
Omani ‘i vinu:<br />
setti e ottu pe’ ‘nu carrinu<br />
65
Di l’ardaloru 46 cu’ no ‘ndavi carni s’impigna ‘u figghjolu.<br />
Di giovedì grasso chi non ha carne dà in pegno <strong>il</strong> proprio figlio.<br />
Giovedì grasso chi non ha carne da in pegno <strong>il</strong> figlioletto. In Calabria un<br />
tempo <strong>il</strong> giovedì grasso, ovvero l’ultimo giovedì di carnevale era <strong>il</strong> giorno<br />
della grande abbuffata. Si preparavano le polpette e si comprava la carne,<br />
vero miraggio per la gente di un tempo. Le famiglie più povere, pur di non<br />
sacrificare quest’usanza, si recavano dal macellaio, ma non avendo abbastanza<br />
soldi per garantirsi la carne di maiale, davano “in pegno” <strong>il</strong> proprio<br />
figlioletto, nel senso che <strong>il</strong> ragazzo avrebbe prestato la propria opera,<br />
scontando così <strong>il</strong> debito contratto dalla famiglia.<br />
<br />
Di patruni mancu garzuni.<br />
Da padrone neanche servo.<br />
Il detentore di potere sia esso economico, di autorità, d’influenza ed importanza,<br />
deve guardarsi spesso alle spalle, perché c’è sempre qualcuno che aspira al<br />
suo posto. Quest’ultimo, tramando a sua insaputa, cercherà di spodestarlo,<br />
facendolo divenire servo da padrone che prima era.<br />
<br />
Di San Biasi lu morzedu47 trasi.<br />
Di San Biagio <strong>il</strong> “morzedu” entra.<br />
I contadini, in passato, nei primi mesi di vero inverno non facevano colazione,<br />
poiché le giornate erano più corte. La festa di San Biagio, <strong>il</strong> tre di febbraio, era<br />
la data d’inizio del “morzedu”, perché con le giornate più lunghe aumentava la<br />
luce e di conseguenza aumentavano le ore di duro lavoro, pertanto i lavoratori<br />
avevano bisogno di mangiare qualcosa la mattina, per produrre quel poco di<br />
energia tale a soddisfare gli ulteriori sforzi fisici.<br />
<br />
Di Santa Marina zingarìa48 la rocina.<br />
Di Santa Marina l’uva si nereggia.<br />
66<br />
La solennità di Santa Marina cade <strong>il</strong> 17 Luglio, periodo in cui le uve iniziano<br />
a tinteggiarsi del caratteristico colore della maturazione.<br />
46 In NDDC // gioviddì dell’_ jovi andaloru, giovedì grasso (cfr. l’italiano lardaiuolo).<br />
47 Colazione frugale che fanno i contadini nelle prime ore del mattino.<br />
48 In DCI Zingarijari, v. intr. Iniziare a maturare. Dare qualche segno di maturazione (detto di frutti).
Di toi scappa cchjù chi poi.<br />
Dai tuoi fuggi più che puoi.<br />
Il vincolo di sangue che unisce persone discendenti l’una dall’altra o da un<br />
ascendente comune formano la parentela. I parenti entrano a far parte della<br />
propria vita, ma sovente la convivenza diventa pesante perché sono i primi<br />
a giudicare, i primi a sentenziare, dettando leggi e comportamenti. Dai<br />
parenti meglio stare lontano.<br />
<br />
Di Tutti ‘i Santi a’ ‘i migghjati si vaci a’ l’aranti.<br />
Di tutti i Santi nei campi di miglio si va a raccogliere i resti dei chicchi caduti a<br />
terra dopo la trebbiatura.<br />
Nei primi giorni di novembre le famiglie calabresi, un tempo, usavano recarsi<br />
nei campi coltivati a miglio o a granturco per raccogliere i resti della trebbiatura.<br />
Girovagando da un campo all’altro portavano a casa delle riserve di cibo,<br />
quali pannocchie rimaste attaccate, verdure selvatiche e chicchi di miglio,<br />
senza subire le ire dei padroni, che solevano essere consenzienti.<br />
<br />
Dinari ndajiu pocu e ndajiu a dari.<br />
Denari ne ho pochi e ne devo dare.<br />
Detto usato nel gioco del tresette per indicare al compagno che si posseggono<br />
poche carte, appartenenti al seme di denari e di poco valore. Nello<br />
stesso tempo è anche un’amara riflessione, cioé posseggo pochi soldi e<br />
con questi non riesco a sanare tutti i debiti.<br />
<br />
Domanda aùndi fù e no pecchì fù.<br />
Domanda dove è stato e non perché è stato.<br />
Quando ci si avvicina a delle persone conoscenti, le quali stanno raccontando un<br />
fatto avvenuto non bisogna mai domandare perché è successo, ci si deve limitare<br />
a chiedere solo dove è avvenuto. Da tutto questo si evince che <strong>il</strong> calabrese è<br />
maestro nell’arte di farsi gli affari suoi, meglio sapere poco e vivere in pace.<br />
<br />
Dormi patedu ca l’agrancu vigghja.<br />
Dormi patella che <strong>il</strong> granchio veglia.<br />
La patella è un mollusco commestib<strong>il</strong>e con conchiglia a cono molto basso che<br />
aderisce alle rocce litorali col piede a ventosa. Il granchio è un crostaceo con<br />
cinque paia di piedi, dotato di chela (appendice foggiata a pinza) usata per catturare<br />
le prede. I crostacei sono ghiotti di molluschi e per questo alla patella,<br />
per stare tranqu<strong>il</strong>la, conviene far finta di dormire.<br />
67
Dupra di maju e chiudinci lu vadu 49 .<br />
Sovescio di maggio e chiudigli la callaja.<br />
L’erba invade i campi e l’attento proprietario o agricoltore deve aspettare che<br />
venga in fiore, ed in tale stato poi col lavoro di zappa con un colpo come per<br />
sarchiare (duprare, rampare) si taglia e si sotterra. Tutto ciò deve farsi in maggio<br />
per gli oliveti e i vigneti 50 .<br />
<br />
E mo tu vudi ‘u culu ‘ntro specchiu!<br />
Ed ora te lo vedi <strong>il</strong> sedere nello specchio!<br />
Detto che indica, in senso figurato, un evento fortunoso sperato, ma diffic<strong>il</strong>e<br />
da realizzarsi.<br />
<br />
Eni ‘nu bonu lima surda.<br />
È una buona lima sorda.<br />
Detto che indica, con un’efficace metafora, una persona che agisce da sola, senza farsi notare.<br />
<br />
Eni bbonu ‘u gurpuni.<br />
È un bel volpone.<br />
Modo di dire usato per una persona molto astuta e scaltra.<br />
<br />
Eni comu a’ Scarmatu 51 , quandu no sputtinu voli sputtutu.<br />
È come Scarmato, quando non lo sfottono vuol essere sfottuto.<br />
Scarmato era un abitante di <strong>Anoia</strong>, dall’aspetto trasandato e dai modi inconsueti<br />
o comunque fuori dalle consuetudini comuni. Tali atteggiamenti ispiravano<br />
gli sfottò dei compaesani, che, sovente, lo prendevano di mira, tanto da sentirne<br />
la mancanza quando veniva lasciato in pace. Quest’ultima particolarità ha<br />
reso questo personaggio rinomato e usato come termine di paragone.<br />
<br />
Eni cumbinatu a’ tri tubi.<br />
È combinato a tre tubi (male).<br />
68<br />
Detto usato per indicare diverse espressioni: una persona che ha idee particolari,<br />
che veste in modo trasandato, oppure che è finanziariamente in cattive<br />
condizioni, anche se solo saltuariamente.<br />
49 Rottura, buco della siepe.<br />
50 Giuseppe antonio Pasquale, Relazione..., op. cit., pag. 135.<br />
51 Personaggio di <strong>Anoia</strong>.
Eni forti ‘ntr’acitu.<br />
È forte dentro l’aceto.<br />
Si riferisce a persona a suo dire forte fisicamente, invincib<strong>il</strong>e nelle liti<br />
manesche, mentre in realtà è un poco di buono.<br />
<br />
Eni megghiu cu atru spartiri, ca no sulu pèrdiri.<br />
È meglio dividere con altri, che da solo rimetterci.<br />
Svolgere un lavoro da soli, a volte, comporta un enorme dispendio energetico<br />
ed economico e non sempre porta i frutti desiderati. Pertanto meglio<br />
partecipare con un altro o con altri, alla realizzazione di un’opera o al<br />
compimento di un affare. Così facendo è vero che si divide con altri, ma è<br />
pur vero che non si scapita in denaro52. <br />
Fa beni e scordati, fa mali e ricordati.<br />
Fai bene e dimentica, fai male e ricordati.<br />
Dei benefici fatti dobbiamo cercare di dimenticarci, perché <strong>il</strong> ricordarli sarebbe<br />
come vantarsene, ma dobbiamo molto pensare a ciò che si è fatto di male,<br />
per riparare, non caderci più e anche perché si può imbattere in ritorsioni.<br />
<br />
Fa comu ti ficiaru ca non eni né peccatu e né un gran fattu.<br />
Fai come ti fecero che non è né peccato né un grande fatto.<br />
Comportandosi allo stesso modo di come gli altri hanno agito, non è un<br />
fatto che fa notizia e né tanto meno peccato. Ad una cortesia si risponde<br />
con una cortesia, all’ingratitudine si risponde con l’ingratitudine e al male<br />
si contraccambia con <strong>il</strong> male. Non bisogna avere scrupoli di coscienza,<br />
occorre sempre ripagare con la stessa moneta.<br />
<br />
Fa l’arti chi farai, si n’arricchi, camperai.<br />
Fai <strong>il</strong> mestiere che sai fare, se non diventerai ricco, (almeno) vivrai.<br />
Acquisendo una professione ci si può mettere in proprio o lavorare alle<br />
dipendenze di qualcuno. Svolgendo <strong>il</strong> proprio mestiere si avrà l’opportunità<br />
di avere un futuro, anche se non si diventerà ricchi, almeno si avrà<br />
un’occasione per condurre una vita dignitosa.<br />
52 Rimetterci invece di guadagnare.<br />
69
Faci ‘u zingaru ‘mbriacu.<br />
Fa lo zingaro ubriaco.<br />
Detto che indica un uomo che assume atteggiamenti da gnorri.<br />
<br />
Facimu comu ficiaru l’antichi, ca si pigghjàru ‘u culu a’ muzzicati.<br />
Facciamo come hanno fatto gli antenati, i quali si presero <strong>il</strong> sedere a morsi.<br />
È molto improbab<strong>il</strong>e che una persona riesca a mordersi <strong>il</strong> proprio gluteo.<br />
Questo detto, usando una figura traslata, vuole sottolineare l’impossib<strong>il</strong>ità di<br />
risolvere determinate situazioni.<br />
<br />
Falignami, serra corna e fa ferticchi.<br />
Il falegname sega corna e fa vertic<strong>il</strong>li di fusi.<br />
Il falegname esegue dei lavori in legno. Detto artigiano è capace di distinguere<br />
<strong>il</strong> legno morbido dal legno duro e classificarlo secondo del tipo di<br />
pianta da cui esso ha origine. Invece, l’artigianuncolo, che improvvisa <strong>il</strong><br />
suo mestiere, è incapace di distinguere <strong>il</strong> legno e perciò usa le corna di<br />
animali di ossa e non di legno, per costruire verticelli di fusi.<br />
<br />
Fandi quantu ndi voi, ca ccà t’aspettu.<br />
Fanne quanto ne vuoi, che qui ti aspetto.<br />
La persona che riceve in continuazione malefatte, beffe o scherni, sembra essere<br />
dotato di poca intelligenza, perché non reagisce alle offese ricevute, ma in<br />
realtà è una persona munita di una pazienza interminab<strong>il</strong>e. Come una fiera<br />
attende <strong>il</strong> momento opportuno per catturare una preda, anche l’uomo offeso<br />
aspetterà una circostanza favorevole per vendicare le offese ricevute.<br />
<br />
Fatti li fatti toi mala vicina, ca jeu li fatti mei speru mu mi fazzu, ca no<br />
su fogghia mu mi menti in cucina, nemmenu erba mu mi mpasci a<br />
mazzu, ca se la strogghiu sta lingua latina, tu dicu tuttu chidu chi sacciu.<br />
Fatti i fatti tuoi mala vicina, io i fatti miei spero di farmeli, non sono una foglia adoperata<br />
per cucinare, nemmeno erba per chiudermi in un fascio, se la sciolgo questa<br />
lingua latina, ti dico tutto quello che so.<br />
I litigi e gli scontri verbali animavano i cort<strong>il</strong>i di un tempo e poiché non<br />
esistevano segreti, nei piccoli centri urbani ognuno era a conoscenza di ciò<br />
che avveniva nelle case altrui, di comportamenti adottati e quasi sempre di<br />
fatti privati. Pertanto, non c’era chi poteva vantare una condotta immacolata,<br />
perché esisteva di sicuro qualcuno che conosceva episodi incresciosi<br />
tali da far crollare la candida reputazione.<br />
70
Figghj pe’ natura e muli pe’ figura.<br />
Figli per natura e muli per figura.<br />
I figli naturali sono <strong>il</strong> frutto di un’unione legittima, nati da matrimonio civ<strong>il</strong>e o<br />
religioso. I figli <strong>il</strong>legittimi nascono da relazioni extraconiugali, conseguenti ad<br />
un tradimento di uno dei due patners. Chi non è a conoscenza della vera paternità<br />
di un figlio <strong>il</strong>legittimo, non nota la differenza detta in precedenza, quindi<br />
considera la prole facente parte di una famiglia tutta uguale.<br />
<br />
Figghj picciuli, focu pìcciulu; figghj randi, focu randi; figghj maritati<br />
guai addupricati.<br />
Figli piccoli, fuoco piccolo; figli grandi, fuoco grande; figli sposati guai raddoppiati.<br />
La crescita dei figli è direttamente proporzionale ai grattacapi che si avranno.<br />
Un figlio piccolo darà piccoli disturbi, un figlio cresciuto è ormai maturo, sicuramente,<br />
a casa porterà dei gran problemi. Un figlio sposato raddoppierà i guai,<br />
poiché oltre ai suoi porterà quelli della consorte e dei nipotini.<br />
<br />
Fìlicia no fa umbra.<br />
La felce non fa ombra.<br />
La felce è una pianta delle pteridofite con radice e foglie larghe e lunghe dal fusto<br />
basso. Il piccolo fusto non consente refrigerio per chi avesse intenzione di ripararsi<br />
dal sole. La felce si accosta, si paragona agli uomini probi e irr<strong>il</strong>evanti. I<br />
primi essendo di coscienza e di vita onesta non sanno far male, i secondi, non<br />
avendo nessun potere e nessuna carica importante, non sono degni di rispetto.<br />
<br />
Fina a’ chì ‘nc’è ogghju a’ lumera 53 c’è sempi speranza.<br />
Finché c’è olio al lume c’è sempre speranza.<br />
Un tempo le abitazioni erano prive di energia elettrica e la luce domestica veniva<br />
prodotta da un lume alimentato ad olio, man mano che questi bruciava, la<br />
fiamma andava calando. L’olio della lampada è come la speranza nella vita: si<br />
mantiene fino all’ultimo respiro.<br />
<br />
Fina a chi ‘ndavimu mani e pedi no sapimu chi ndi veni.<br />
Fin quando abbiamo mani e piedi non sappiamo quello che avverrà.<br />
Nessuno può conoscere <strong>il</strong> futuro, quel che sarà di una persona, ciò che avverrà.<br />
Dio solo sa quello che accadrà. Egli solo conosce la nostra fine.<br />
53 In DCI Lumera, s. f. Lucerna. Caratteristico lume ad olio, di lamiera, con un uncino per poterlo appendere.<br />
71
Focu, χumara e mala signuria liberandi sdomini.<br />
Dio ci preservi dal fuoco, dal fiume e dai despoti che governano.<br />
L’incendio è un grande fuoco che si propaga largamente, provocando danni e<br />
distruzione, <strong>il</strong> fiume ingrossandosi inonda tutto ciò che sta attorno. La furia<br />
dell’acqua porta con sé i raccolti e sradica gli agrumeti e gli uliveti. Il despota<br />
governa con autorità assoluta, senza alcun rispetto dei diritti dei sottomessi,<br />
con un modo di trattare ingiusto, duro e violento in cui <strong>il</strong> sopruso, prevale sul<br />
rispetto dovuto agli altri, pertanto tutti e tre i casi arrecano profondi disagi.<br />
<br />
Fortuna u’ manda Ddèu, ca speranza pocu vali.<br />
Che Dio mi mandi fortuna, perché la speranza vale poco.<br />
Il calabrese crede poco nella speranza, mentre dà notevole r<strong>il</strong>evanza alla fortuna<br />
distributrice di gioie e dolori a caso e senza distinzione. Il destino propizio,<br />
la buona sorte sono slegate dalla volontà umana, ecco perché ci si affida a Dio,<br />
affinché ne mandi in grande quantità.<br />
<br />
Fabbricati e liti, provati ca viditi.<br />
Fabbricati e liti, provate che vedrete.<br />
Costruire o erigere un’abitazione comporta, oltre a un dispendio economico,<br />
anche un gran dispendio di energie mentali, occorrenti nei rapporti con <strong>il</strong> vicinato<br />
e con chi svolge manualmente i lavori. Allo stesso modo avere delle liti<br />
con violenti contrasti, ingiurie e offese porta come conseguenza dei veri rompicapi.<br />
Alle persone incredule di solito si dice di provare per credere.<br />
<br />
Frevaru caccia ‘i fimmani du mignanu.<br />
Febbraio toglie le donne dal terrazzino.<br />
Il freddo del mese di febbraio abitualmente è intenso, anche perché di solito<br />
è accompagnato da correnti gelide venute dal nord. L’abbassarsi delle<br />
temperature porta le donne a rimanere chiuse in casa e non spettegolare sui<br />
terrazzini con le vicine.<br />
<br />
Frevaru curtu ed amaru, scorcia ‘i vecchi o focularu e a’ ‘i giuvani ‘i faci<br />
panaru.<br />
Febbraio corto ed amaro, spella i vecchi al focolare e ai giovani li piega, come se<br />
fossero i ramoscelli che si usano per fabbricare i panieri.<br />
72
Febbraio è <strong>il</strong> mese più corto dell’anno, solo di ventotto giorni negli anni<br />
normali, ventinove in quelli bisest<strong>il</strong>i. Il secondo mese dell’anno, essendo<br />
in inverno, è gelido e tremendamente freddo. I vecchi non trovano conforto<br />
nemmeno davanti al focolare e i giovani sono talmente infreddoliti che<br />
si attorcigliano e si piegano come i rami di salice flessib<strong>il</strong>i, che servono<br />
per costruire i panieri.<br />
<br />
Frevaru faci agnedi e marzu faci ‘i pedi.<br />
Febbraio fa l’agnelli e marzo fa le pelli.<br />
Febbraio è anche <strong>il</strong> mese in cui vengono alla luce gli agnellini, i quali dopo un<br />
mese di vita, diventeranno pasto per <strong>il</strong> pranzo di Pasqua bassa 54 .<br />
<br />
Frevaru frevi mu ‘ndavi cu’ frevi nci misi, chidu eni ‘u χiuri ‘i tutti<br />
‘i misi.<br />
Febbraio che abbia la febbre chi febbre gli ha messo, quello è <strong>il</strong> fiore di tutti i mesi.<br />
Esistono due categorie di persone che giudicano <strong>il</strong> mese di febbraio in modo<br />
diverso: i primi vedono questo mese come <strong>il</strong> mese della disperazione, dove<br />
regna <strong>il</strong> freddo e <strong>il</strong> tempo è avverso, i secondi imprecano contro i primi, perché<br />
ritengono <strong>il</strong> secondo mese dell’anno, come <strong>il</strong> fiore di tutti i mesi, nel quale<br />
avviene la preparazione delle piante alla vegetazione e alla fioritura.<br />
<br />
Furca chi t’impica.<br />
Forca che t’impicca.<br />
L’abitudine inveterata 55 e pratica costante di ciò che è male, come <strong>il</strong> vizio del<br />
gioco, del rubare o qualsiasi situazione rischiosa, porta l’uomo alla rovina.<br />
L’uomo saggio sta lontano da tutto questo, mentre quello scriteriato è come se<br />
fosse già sul patibolo con <strong>il</strong> cappio al collo.<br />
<br />
Gèniu fa bellezza e no bellezza gèniu.<br />
Genio fa bellezza e non bellezza genio.<br />
Un’intelligenza vivace e br<strong>il</strong>lante rende una persona bella, anche se per aspetto<br />
esteriore non suscita impressioni gradevoli, allo stesso modo una persona dai<br />
tratti somatici affascinanti o dotata di bellezza fisica, ma che rivela stupidità,<br />
non riflette un’immagine di bellezza.<br />
54 Quando nel calendario liturgico cade nel mese di marzo.<br />
55 Abituale e diffic<strong>il</strong>e da correggere.<br />
73
Grana 56 a’ grana s’addubba ‘nu carrinu 57 .<br />
Grana a grana formano un carlino.<br />
Mettendo insieme anche a fatica piccole quantità di denaro si accumulerà pian<br />
piano una grande ricchezza.<br />
<br />
Guardati di povari arriccuti e di ricchi ‘mpovaruti.<br />
Proteggiti dai poveri arricchiti e dai ricchi impoveriti.<br />
È bene non fidarsi dalle persone che in poco tempo da poveri sono diventati<br />
ricchi, procurandosi una notevole fortuna materiale. I nuovi ricchi, spesso,<br />
fanno eccessiva mostra delle loro ricchezze, ma hanno poca signor<strong>il</strong>ità e<br />
nob<strong>il</strong>tà d’animo; allo stesso modo bisogna stare attenti a chi finisce in miseria<br />
diventando povero, perché non accettando la nuova realtà, nella quale viene a<br />
trovarsi, assume un comportamento scontroso, che lo spinge a reagire in modo<br />
aspro e sgarbato alle gent<strong>il</strong>ezze altrui.<br />
<br />
Hai mu ti mangi ‘na sarma 58 ‘i sali pemmu scandagghj ‘nu cori d’omu.<br />
Dovrai mangiare una salma di sale per indagare nel cuore di un uomo.<br />
Quando si frequenta spesso una persona è possib<strong>il</strong>e conoscerne <strong>il</strong> carattere ed<br />
arrivare ad averne confidenza, ma avere fam<strong>il</strong>iarità con una persona non significa<br />
conoscerne i segreti. L’amicizia è un legame non sufficiente per indagare<br />
e analizzare l’interiorità di un uomo.<br />
<br />
I tri da chiazza “Trigulu, Malanova e Scuntentizza”.<br />
I tre della piazza “Trigulu Malanova e Scuntentizza”.<br />
Questo detto indica in senso figurato più persone dalla frequentazione sovente,<br />
appartenenti alla stessa categoria.<br />
<br />
‘I cosi giusti i voli Ddeu e u mundu.<br />
Le cose giuste le vogliono Dio e <strong>il</strong> mondo.<br />
74<br />
La persona che adotta un comportamento equ<strong>il</strong>ibrato, da buon padre di famiglia,<br />
coscienzioso e giusto, godrà sempre di ottima stima da parte delle persone<br />
ed è molto gradito a Dio.<br />
56 Antica moneta in rame del Regno di Napoli sotto Ferdinando IV di Borbone (1770).<br />
57 Antica moneta in argento del Regno di Napoli sotto Ferdinando IV di Borbone, formata da dieci Grani (1778).<br />
58 Misura di capacità equivalente a 87 litri (lat. Sagma).
(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />
Prima u’ vidi ‘a serpi<br />
grida San Paulu<br />
75
‘I ‘n’aricchj mi trasi e ‘i natra mi nesci.<br />
Da un orecchio mi entra e dall’altro mi esce.<br />
76<br />
Detto che indica la volontà di una persona a dimenticare subito un evento o a<br />
restare del tutto indifferente a fatti che non lo riguardano o non lo coinvolgono.<br />
<br />
‘I ciucci si sciarrianu e ‘i varliri vannu po menzu.<br />
I somari litigano e i bar<strong>il</strong>i ci rimettono.<br />
I somari, un tempo, erano adibiti al trasporto sia di merci che di persone.<br />
Quando i paesi non erano forniti di acquedotti comunali, pertanto le persone si<br />
rifornivano di acqua alle fontane pubbliche o alle sorgenti di campagna. I<br />
somari erano sottoposti al trasporto dell’acqua attraverso dei recipienti di<br />
legno, detti bar<strong>il</strong>i. Nelle vecchie mulattiere strette gli animali camminavano in<br />
f<strong>il</strong>a indiana, tutto f<strong>il</strong>ava liscio fin quando qualche somaro, invidioso di star dietro,<br />
innescava zizzania, con conseguenti liti a suon di zoccoli. I numerosi calci<br />
finivano per rompere i contenitori. Spesso anche nella vita quando due persone<br />
litigano, chi li divide finisce allo stesso modo dei bar<strong>il</strong>i.<br />
<br />
‘I frati a’ batìa e ‘i monaci a’ ‘i cummenti.<br />
I frati alla badìa e i monaci nei conventi.<br />
Detto che indica <strong>il</strong> luogo assegnato a ciascuna persona in relazione al<br />
ruolo esercitato.<br />
<br />
‘I jestimi su ‘i canigghja cu’ ‘i manda si pigghja.<br />
Le imprecazioni sono di crusca chi li manda se le riprende.<br />
Detto che indica l’ammonimento a non mandare imprecazioni contro qualcuno,<br />
perché si sortisce l’effetto contrario a quello desiderato, ritorcendosi contro<br />
e ricadendo su chi ha invocato la maledizione.<br />
<br />
I parenti su comu ‘i stivali: cchjù stritti sugnu e cchjù mali ti fannu.<br />
I parenti sono come gli stivali: più sono stretti e più fanno male.<br />
Spesso si ricevono sgarbi e cattive azioni da parte di persone che assumono<br />
comportamenti che non corrispondono a quanto sarebbe logico e naturale<br />
aspettarsi, poiché si tratta di un parente stretto.
‘I previti dinnu: fai comu ti dicu jeu e no fari comu fazzu jeu.<br />
I preti dicono:“Fai quello che dico, ma non quello che faccio”.<br />
Il prete annunzia e spiega ai fedeli la parola di Dio, esortandoli all’amore reciproco,<br />
al perdono e ad essere caritatevoli. Quest’ultimo, in quanto uomo, una<br />
volta sceso dal pulpito, può sbagliare e commettere errori come qualsiasi altra<br />
persona, finendo per predicare bene e razzolare male.<br />
<br />
‘I st’aricchj no sentu.<br />
Da quest’orecchio non sento.<br />
Detto che indica in senso figurativo una persona che non è disposta a concedere<br />
qualcosa, quindi fa finta di non sentire o svia <strong>il</strong> discorso.<br />
<br />
‘I perzuni si servunu cu s<strong>il</strong>enziu.<br />
Le persone si servono col s<strong>il</strong>enzio.<br />
Ai torti subiti conviene rispondere in un secondo tempo, quando l’altra<br />
persona ha dimenticato la cattiveria commessa, che verrà quindi ripagata<br />
con la stessa moneta.<br />
<br />
In paradisu si sona e si canta ma ‘i mangiari no si ndi parla mai.<br />
In paradiso si suona e si canta ma di mangiare non se ne parla mai.<br />
Quando si sta in lieta comitiva e si è presi dall’allegria, si pensa a scherzare, a<br />
ridere, ci si dimentica del tempo che passa e si continua in piacevoli conversazioni,<br />
si trascurano molto volentieri i propri doveri, uno dei quali è quello di<br />
tornare a casa tra i fornelli.<br />
<br />
Jettari ‘a siccia.<br />
Gettar la seppia.<br />
Detto, metaforicamente, usato per gettar l’influsso negativo su qualcuno.<br />
<br />
Jia pe’ grazia e trovai giustizia.<br />
Sono andato per grazia ed ho trovato giustizia.<br />
Spesso ci si reca da qualcuno con animo mite e colmo di buone intenzioni per<br />
recare od ottenere “una grazia”, ma nel momento in cui si arriva nel luogo si<br />
ha l’impressione di essere dinanzi ad un esecutore di giustizia, e si viene trattati<br />
in modo grossolano e sgarbato.<br />
77
Jocaturi no jocari se ‘a sorti no ti voli, ca perdi l’anima e ‘i dinari.<br />
Giocatore non giocare se la sorte non ti vuole, che perdi l’anima e <strong>il</strong> denaro.<br />
La dipendenza dal gioco delle carte porta spesso all’esasperazione e alla rovina<br />
economica. Dal gioco non c’è via di uscita, se si vince piace, se si perde ci<br />
si vuol rifare. Il gioco deve restare una distrazione, uno svago. Non ci si arricchisce<br />
mai, anzi talvolta quando si trova qualcuno più capace si finisce con <strong>il</strong><br />
perdere anche quello che si è vinto.<br />
L’acqua ‘a capra a’ zumpa.<br />
La capra salta l’acqua.<br />
<br />
Detto che indica <strong>il</strong> paragone tra l’uomo ubriacone e la capra, accomunati dal<br />
fatto che entrambi non si bagnano con l’acqua. Il primo perché beve solo vino,<br />
la seconda salta l’acqua per non bagnarsi i piedi.<br />
L’acqua ‘i giugnu rovina ‘u mundu.<br />
L’acqua di giugno rovina <strong>il</strong> mondo.<br />
<br />
I temporali del mese di giugno, sovente, sono carichi di nubi trasportate da venti<br />
sciroccali africani, a volte carichi di sabbia del deserto, i quali non agevolano la<br />
vegetazione, che in detto periodo è oramai in piena fioritura e ha bisogno di un<br />
clima temperato e nello stesso tempo sereno per portare in porto i frutti.<br />
<br />
L’acqua gugghj e ‘u porcu eni a’ muntagna.<br />
L’acqua bolle e <strong>il</strong> maiale è ancora in montagna.<br />
Con <strong>il</strong> pensiero si realizzano m<strong>il</strong>le progetti, pur non avendo in mano niente di<br />
concreto. Per figurare questa situazione si dice che l’acqua in pentola bolle, ma<br />
<strong>il</strong> maiale si trova ancora in montagna, nel senso che la realizzazione dell’evento<br />
è ancora molto distante.<br />
<br />
L’amuri veni di l’amari e ‘u chiantu veni du cori.<br />
L’amore viene dall’amare e <strong>il</strong> pianto viene dal cuore.<br />
78<br />
La vita di una persona anche se lunga è solo un fugace passaggio. Alla fine si<br />
verrà ricordati per <strong>il</strong> modo di agire nei confronti delle persone. Per i caritatevoli,<br />
miti ed um<strong>il</strong>i ci sarà un pianto sincero, venuto dal profondo del cuore, per<br />
i malvagi gioia e contentezza per la loro scomparsa.
L’anima mia cu ‘a tua na’ cangiarìa.<br />
La mia anima non la cambierei con la tua.<br />
Le persone facoltose, sovente, credono di essere superiori alla povera<br />
gente, trattando gli um<strong>il</strong>i come v<strong>il</strong>lani. La gente più povera, però, mai<br />
modificherebbe la propria condotta con quella della gente più abbiente,<br />
non sempre retta e rispettab<strong>il</strong>e.<br />
<br />
L’arburu chi no frutta tagghjalu ‘i sutta.<br />
L’albero che non dà frutto taglialo da sotto.<br />
L’albero da frutto è una pianta legnosa d’alto o medio fusto, con rami<br />
frondosi, che produce frutti commestib<strong>il</strong>i. Quando l’albero non fruttifica<br />
per più anni, si dice che sia meglio abbatterlo, perché non fa altro che<br />
sfruttare inut<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> terreno. Così facendo <strong>il</strong> proprietario avrà la possib<strong>il</strong>ità<br />
di piantarne altri più produttivi.<br />
<br />
L’erba chi l’ortulanu χiedi ‘mpuppa.<br />
L’erba che <strong>il</strong> contadino estirpa cresce rigogliosa.<br />
L’erbaccia, cresce tra le colture danneggiandole, attirandosi così forte antipatia<br />
da parte dell’agricoltore. In senso figurativo, l’erbaccia viene paragonata a una<br />
persona poco gradita che si spera di non incontrare mai, ma con la quale, invece,<br />
purtroppo ci si imbatte spesso.<br />
<br />
L’occhiu du patruni cuverna ‘u cavadu.<br />
L’occhio del padrone alimenta <strong>il</strong> cavallo.<br />
Il padrone accudisce i suoi animali con cura meticolosa stab<strong>il</strong>endo quasi un<br />
rapporto umano. Poiché le bestie non possono comunicare verbalmente, <strong>il</strong> proprietario<br />
interpreta i loro gesti riuscendo a capire di cosa hanno bisogno.<br />
Pertanto nessuno sa vig<strong>il</strong>are su ciò che si possiede meglio dell’interessato.<br />
<br />
L’olivu ciciaredu 59 ojjiu a pignatedu 60 .<br />
Olivo ciciarello olio in pignatta.<br />
L’olivo ciciaredu è <strong>il</strong> più tardivo alla maturazione. La sua raccolta iniziava a<br />
febbraio e si inoltrava fino a maggio, quand’era nel pieno della maturazione.<br />
La sua drupa ovale, carnosa, essendo ricca di olio alla macinazione aveva una<br />
resa altissima, da una misura 61 venivano estratti circa cinque litri di olio.<br />
59 Qualità di olivo, di forma sferica, simmetrica, con peso mediamente inferiore al grammo.<br />
60 Recipiente usato come unità di misura dell’olio equivalente a cinque litri.<br />
61 Unità di misura delle olive equivalente a circa quindici ch<strong>il</strong>i.<br />
79
L’omu no vivi sulu ‘i pani, ca vivi puru ‘i soddisfazioni.<br />
L’uomo non vive solo di pane, ma vive anche di soddisfazione.<br />
Perché l’uomo viva bene non basta che si alimenti di pane o di qualsiasi altra<br />
cosa che contribuisca al nutrimento, ma è necessario che abbia anche la possib<strong>il</strong>ità<br />
di togliersi lo sfizio di fare o comprare qualcosa, di soddisfare le proprie<br />
abitudini, raggiungere i propri obiettivi e sentirsi in qualche modo pienamente<br />
appagato. L’essere soddisfatto contribuisce a rendere l’uomo felice.<br />
<br />
L’omu pagaturi eni patruni da bùggia d’atru.<br />
L’uomo pagatore è padrone della tasca altrui.<br />
L’uomo onesto che non ha mai truffato nessuno, troverà sempre la disponib<strong>il</strong>ità<br />
di qualcuno ad aiutarlo finanziariamente. Il creditore sarà tranqu<strong>il</strong>lo, poiché<br />
la somma prestata al momento giusto, gli verrà restituita.<br />
<br />
L’omu valenti mori a’ manu du meschinu.<br />
L’uomo valoroso muore per mano di un meschino.<br />
L’uomo valoroso, energico, che ha sempre dimostrato di aver coraggio,<br />
che ha dato prova di valore nel suo modo di agire e comportarsi diffic<strong>il</strong>mente<br />
viene sconfitto dall’avversario, ma per una beffa del destino. Lo<br />
stesso uomo ab<strong>il</strong>e, esperto e capace può esser messo in difficoltà e sottomesso<br />
da una persona meschina.<br />
<br />
Lavura sutta cinnari.<br />
Lavora sotto la cenere.<br />
Detto che sta ad indicare un uomo che commette un qualcosa di nascosto, paragonandolo<br />
al fuoco che spesso si nasconde e cova, ancora vivo, sotto la cenere.<br />
<br />
Lisciu, co jocu veni i vasciu.<br />
Liscio che <strong>il</strong> gioco viene da sotto.<br />
Detto del gioco della briscola, contenente un invito di un compagno all’altro di<br />
giocare una carta priva di punti.<br />
<br />
Longa via no spezza carru.<br />
Strada lunga non spezza <strong>il</strong> carro.<br />
Per raggiungere un posto lontano bisogna mettersi in cammino scegliendo la<br />
strada che si conosce e, allo stesso tempo, più sicura. Non bisogna mai optare<br />
80
per scorciatoie sconosciute, poiché non si sa mai cosa possono riservare. Chi<br />
sceglie la strada conosciuta arriverà sano e salvo, senza subire danni; chi usa la<br />
scorciatoia sarà insicuro del risultato finale.<br />
<br />
Luntanu ‘i l’occhi luntanu da menti.<br />
Lontano dagli occhi lontano dalla mente.<br />
Quando si è lontani da persone a cui si vuol bene, le circostanze portano a non<br />
mantenere gli stessi rapporti avuti prima del distacco, spesso gli impegni e la<br />
nuova vita intrapresa impediscono di sentirsi assiduamente, tanto da dare l’impressione<br />
di aver dimenticato <strong>il</strong> passato e gli affetti.<br />
<br />
Lupu cu lupu no si mangia.<br />
Lupo con lupo non si mangia.<br />
Detto che indica che i cattivi se la intendono tra di loro e quindi non si danneggiano<br />
a vicenda.<br />
<br />
Lupu, lapa o cacarocciulu ‘i crapa.<br />
Lupo, ape o escremento di capra.<br />
Modo di dire che indica una persona non classificab<strong>il</strong>e.<br />
<br />
Mali no fari e paura no temiri.<br />
Non fare del male e paura non temere.<br />
Chi semina male non potrà certamente raccogliere del bene, anzi dovrà stare in<br />
guardia per difendersi dal danneggiato. Chi invece agisce sempre in modo onesto<br />
e retto, non dovrà temere nessun male, potrà dormire sogni tranqu<strong>il</strong>li,<br />
perché ritenuto persona degna di stima e di profondo rispetto.<br />
<br />
Mancu ‘i cani.<br />
Neanche ai cani.<br />
La sciagura, <strong>il</strong> disastro, <strong>il</strong> dolore non si augurano neanche ai poveri cani.<br />
<br />
Mangia e scangia.<br />
Mangia e scambia.<br />
Espressione spesso ut<strong>il</strong>izzata per indicare la connivenza tra due persone spesso<br />
per accordi poco leciti.<br />
81
Mangia ostii e caca diavuli.<br />
Mangia ostie ed espelle diavoli.<br />
Detto che indica una persona bigotta, che al di fuori delle mura della chiesa,<br />
non si comporta per nulla secondo gli insegnamenti cristiani.<br />
<br />
Marituma l’amaru, pemm’eni cottu ‘ntra ‘nu panaru.<br />
Mio povero marito, che possa essere cotto dentro una cesta.<br />
Invocazione usata per chiedere maledizione, imprecazione contro <strong>il</strong> proprio<br />
marito, reo di maltrattamenti ai danni della propria consorte, succube<br />
di modi violenti e brutali.<br />
<br />
Marzu chiovi chiovi, apr<strong>il</strong>i mai mu fini, ‘a maju ‘na bon’acqua e ‘a stagioni<br />
è fatta.<br />
Marzo piove piove, ad apr<strong>il</strong>e che non finisca mai, a maggio un buon temporale e la<br />
stagione è fatta.<br />
Marzo, apr<strong>il</strong>e e maggio sono mesi cruciali per <strong>il</strong> buon andamento del raccolto.<br />
Se marzo ed apr<strong>il</strong>e saranno caratterizzati da una pioggerellina fine<br />
ed insistente e a maggio ci sarà un buon temporale, <strong>il</strong> terreno si manterrà<br />
sempre fresco ed umido, facendo sì che le piante trovino le condizioni<br />
necessarie per dare una produzione abbondante.<br />
<br />
Marzu eni pacciu ogni stroffa eni jazzu ma se pungi ti culanu l’unghj.<br />
Marzo è pazzo ogni ceppaia è giaciglio ma se punge ti cadono le unghie.<br />
Il mese di marzo può riservare temperature miti e giornate primaver<strong>il</strong>i gradevoli,<br />
tanto da favorire in campagna dei riposini pomeridiani sul fieno ammucchiato o<br />
sdraiati comodamente sull’erba fresca. Ma è cosa risaputa che <strong>il</strong> tempo nel mese<br />
di marzo è instab<strong>il</strong>e e dal sole si può passare in un baleno alla pioggia o addirittura<br />
alla neve, tanto da attribuire a questo mese la nomea di “mese pazzo”.<br />
<br />
Marzu menti ‘u χiuri e apr<strong>il</strong>i ‘ndavi l’onuri.<br />
Marzo mette <strong>il</strong> fiore ed apr<strong>il</strong>e ha l’onore.<br />
Il ventuno marzo inizia la primavera, gli alberi incominciano a vegetare e<br />
i rami si ricoprono dei primi fiori, dando così inizio al processo produttivo.<br />
Nel mese di apr<strong>il</strong>e i fiori perdono i petali trasformandosi così in piccoli<br />
frutti, pertanto del lavoro di marzo, apr<strong>il</strong>e guadagna le lodi.<br />
L’espressione traslata è usata come termine di paragone tra due soggetti, <strong>il</strong><br />
primo, realizza un qualcosa facendo un gran lavoro, <strong>il</strong> secondo, pur non<br />
contribuendo affatto, all’occhio della gente è meritevole di onore e gloria.<br />
82
Anoj, Sanoj, Maropatri e Tritanti,<br />
simu setti tanti cchjù di vui<br />
(Disegno di Antonello D’Angeli)<br />
83
Mbiata chida porta chi nesci ‘na figghjia fimmana morta.<br />
Beata quella casa in cui nasce una figlia femmina morta.<br />
La brutta prospettiva di un’eterna povertà spesso porta all’esasperazione, fino a<br />
pensare crudelmente, che la nascita di una figlia femmina possa accrescere lo stato<br />
di bisogno di una famiglia, perchè alla futura moglie toccherà una dote. Non avendo<br />
niente, è meglio augurarsi che al parto la figlia femmina nasca morta.<br />
<br />
Mbiatu aùndi posa e amaru aùndi guarda.<br />
Beato dove poggia e povero dove guarda.<br />
Si fa riferimento alla “pigula” (civetta) che, secondo la credenza popolare, può<br />
portare sia fortuna che disgrazia. L’origine di questa credenza è molto antica.<br />
Un tempo quando qualcuno era sul letto di morte veniva vegliato e poiché non<br />
esisteva energia elettrica, la luce veniva fatta da un lume, generalmente ad olio,<br />
<strong>il</strong> quale la maggior parte delle volte veniva appoggiato vicino alla finestra.<br />
L’animale incuriosito dalla luce, si poggiava sul davanzale. Si poggia sui tetti<br />
(vera fortuna del proprietario) e rimanendo immmob<strong>il</strong>e, sembra scrutare dritto<br />
(sfortuna per chi è nella direzione del suo sguardo) nell’oscurità fin quando cattura<br />
la sua preda.<br />
<br />
‘Mbudati ‘u mussu.<br />
Tappati la bocca.<br />
Detto che indica un invito o un ammonimento verbale, a mantenere un segreto<br />
e non comunicarlo a nessuno.<br />
<br />
Mègghju moriri e no santificari.<br />
Meglio morire e non santificare.<br />
Detto che indica una persona atea, la quale negando l’esistenza di Dio, anche<br />
in punto di morte preferisce non affidarsi alle preghiere dei Santi, affinché<br />
intercedano presso Dio al fine di lenire le sofferenze.<br />
<br />
Mègghju òji l’ovu ca domani ‘a gadina.<br />
Meglio oggi l’uovo che domani la gallina.<br />
84<br />
È meglio un bene piccolo, ma sicuro, che un bene maggiore incerto. È diffic<strong>il</strong>e<br />
accontentarsi di quel poco che si riceve, e <strong>il</strong> tanto che si promette,<br />
domani, potrebbe non essere dato, pertanto è meglio poco ma sicuro che<br />
molto ma da accertare.
Mègghju pani e cipuda ‘ntra casa tua ca pisci e carni ‘ntra casa strana.<br />
Meglio pane e cipolla in casa tua che pesce e carne in casa estranea.<br />
Quanto bene si può stare in casa propria pur dovendo badare a tutte le faccende<br />
e pur non mangiando cibi deliziosi! Non si può stare allo stesso modo in<br />
casa altrui, anche se si è serviti e ci si trova dinanzi ad una tavola ricca di vivande<br />
appetitose: bisogna sempre stare attenti a come ci si comporta ed a quello<br />
che si dice. Non si è mai, anche se vi è confidenza con i padroni di casa, completamente<br />
liberi di agire, come a casa propria.<br />
<br />
Mègghju u’ ‘ndavi di soi, puru pemm’ennu ‘i stuppa.<br />
Meglio averne di parenti, anche se sono di canapa.<br />
Avere una lunga parentela comporta dei benefici, come in circostanze particolari,<br />
come aver bisogno di aiuto. I vincoli tra parenti si fanno molto sentire e<br />
un naturale istinto attrae verso i propri congiunti, che accorrono a soccorso.<br />
<br />
Mègghju u servi porci, ca u servi mastri.<br />
Meglio servire maiali, che servire mastri.<br />
Il mastro è un uomo che ha grande esperienza del suo lavoro, <strong>il</strong> manovale,<br />
lavora alle dipendenze del primo ed è addetto ai lavori più pesanti.<br />
Quest’ultimo deve essere sempre pronto alle richieste del primo, <strong>il</strong> quale è<br />
sempre propenso a trovare difetti apparendo incontentab<strong>il</strong>e, urtando così<br />
la pazienza dell’operaio.<br />
<br />
Mègghju mammata mu ti ciangi, ca lu suli di marzu mu ti tingi.<br />
Meglio tua mamma che ti pianga, che <strong>il</strong> sole di marzo ti colpisca.<br />
Il primo sole primaver<strong>il</strong>e è piacevole ed invita all'aria aperta. La temperatura<br />
dei raggi solari è mitigata dalla brezza e pertanto non ci si rende conto del<br />
tempo di esposizione agli stessi. Tutto ciò può provocare <strong>il</strong> classico “colpo di<br />
sole” con gravissimi danni alla salute. Il proverbio sottolinea la gravità del<br />
rischio, tanto da far preferire la morte (con <strong>il</strong> conseguente pianto della<br />
mamma) ed una possib<strong>il</strong>e congestione cerebrale.<br />
<br />
Mentiri ‘u mbastu.<br />
Mettere <strong>il</strong> basto.<br />
Modo di dire che simboleggia <strong>il</strong> rendere un uomo schiavo, l’assoggettarlo.<br />
<br />
M’annacu.<br />
Mi dondolo.<br />
Detto che indica <strong>il</strong> possedere più di una briscola.<br />
85
Mi cattaru ‘i vrazza.<br />
Mi son cadute le braccia.<br />
In senso figurato <strong>il</strong> proverbio vuole rappresentare <strong>il</strong> venir meno delle proprie<br />
aspettative.<br />
<br />
Mi catti da bùggia.<br />
Mi è caduto dalla tasca.<br />
Proverbio che con efficace figura traslata indica la perdita di fiducia e di stima<br />
verso una persona, di cui si aveva un concetto favorevole per pregi particolari.<br />
<br />
Mi cumpessu vaju a’ casa e fazzu ‘u stessu.<br />
Mi confesso torno a casa e faccio lo stesso (come prima).<br />
La confessione è un sacramento al quale non sempre viene dato <strong>il</strong> giusto<br />
valore, molte persone si considerano perfetti cristiani, si accostano ogni<br />
mese alla confessione, pentiti e proponendosi di fuggire dalle occasioni<br />
prossime di peccato, ma nel momento in cui mettono piede fuori dalla<br />
chiesa dimenticano tutti i consigli dati dal confessore e ricascano nei loro<br />
sbagli, comportandosi come o peggio di prima.<br />
<br />
Mi jettau ‘u trigulu.<br />
Mi ha augurato una cattiva sorte.<br />
Espressione usata da chi si sente colpito da malocchio.<br />
<br />
Mi pari trim<strong>il</strong>l’anni.<br />
Mi sembrano trem<strong>il</strong>a anni (Non vedo l’ora).<br />
Detto che indica impazienza per <strong>il</strong> verificarsi di un evento.<br />
<br />
Mi rimovu 62 .<br />
Mi rimovu.<br />
Detto del gioco delle carte che indica <strong>il</strong> possedere più di una briscola.<br />
<br />
Mi sciarriju po’ ficatu du guardianu.<br />
Mi lotto per <strong>il</strong> fegato del guardiano.<br />
Detto che indica una persona che lotta per una cosa che non gli appartiene, e<br />
da cui, inoltre, non ne trarrà vantaggio.<br />
62 Termine non traducib<strong>il</strong>e.<br />
86
Mina ‘a petra e ammuccia ‘a manu.<br />
Tira la pietra e nasconde la mano.<br />
Vi sono persone dall’aspetto gent<strong>il</strong>e ed educato che nessuno mai penserebbe<br />
siano in grado di provocare danni agli altri, ma che hanno la capacità di fare<br />
del male e fingere di non esserne la causa.<br />
<br />
Miseria no ti spartiri ‘i mia ca cà trovasti ‘na bbona cumpagna.<br />
Miseria non ti dividere da me perché hai trovato una buona compagna.<br />
Detto che indica una vena sarcastica nei confronti della miseria e un invito<br />
a non essere abbandonati da quest’ultima, poiché non conviene privarsi<br />
di una buona compagnia.<br />
<br />
Morti ‘i Ddèo tavula d’oru.<br />
Morte di Dio tavola d’oro (La morte naturale è la miglior morte).<br />
Tutti sappiamo che l’uomo è un povero mortale. La morte di una persona cara<br />
comporta sempre, per i parenti e gli amici, tristezza e dolore immenso e profondo,<br />
è diffic<strong>il</strong>e da accettare. Tuttavia vi è più rassegnazione quando si muore per<br />
volontà di Dio, in stato di grazia e non per morte violenta o per disgrazia.<br />
<br />
‘Mparati l’arti e ment<strong>il</strong>a da parti.<br />
Impara un mestiere e serbalo.<br />
Imparare un mestiere, quando non se ne ha bisogno, è una delle migliori abitudini,<br />
perché si ha la possib<strong>il</strong>ità di mettere in pratica quello che si è acquisito<br />
nel momento del bisogno, senza cercare qualcuno che venga in aiuto, saper fare<br />
di tutto è un guadagno inestimab<strong>il</strong>e.<br />
<br />
Munti cu munti no s’incontranu, ma frunti cu frunti si.<br />
Monte con monte non si incontrano mai, ma fronte con fronte si.<br />
Le montagne stanno ferme, mentre le persone camminano, ecco perché si può<br />
sempre avere qualche sorpresa nell’incontrare un conoscente che non ci si<br />
aspetta mai di vedere in un certo luogo.<br />
<br />
‘Na mamma ‘i cuverna centu figghj, ma centu figghj no cuvernanu ‘na mamma.<br />
Una mamma cresce cento figli, ma cento figli non accudiscono una mamma.<br />
La mamma accudisce i propri figli con amore e spirito di sacrificio, è pronta a<br />
privarsi di qualsiasi cosa fino a togliersi <strong>il</strong> pane dalla propria bocca per sostentare<br />
la propria prole. I figli affettuosi e responsab<strong>il</strong>i non dovrebbero mai dimen-<br />
87
ticare la propria mamma, ma sovente non è così, perché questi ultimi, formatisi<br />
la loro famiglia, non hanno tempo per badare a colei, che oramai vecchia è<br />
solo un peso; si dimentica troppo in fretta tutto l’amore ricevuto.<br />
<br />
‘Na vota passa ‘u Santu.<br />
Il Santo passa una sola volta.<br />
Detto che indica un’occasione unica offerta all’uomo. Questi se non si cura di<br />
coglierla, lasciandosela sfuggire, rischierà di perderla.<br />
<br />
Nc’è merda ntro cumpiddaru 63.<br />
C’è sterco nel cervello.<br />
Il proverbio viene usato per indicare la presenza di qualcosa che da adito<br />
a sospetti.<br />
<br />
Nci a’ stai scorciandu.<br />
La stai sbucciando (Mi stai annoiando).<br />
Detto che indica una persona che annoia, che irrita col suo modo di comportarsi,<br />
di parlare, ma soprattutto col suo chiedere insistente.<br />
<br />
‘Nci cacciamu ‘a frasca.<br />
Gli togliamo la frasca.<br />
<strong>Anoia</strong> era rinomata sin dall’ottocento perchè offriva nel suo territorio vigneti<br />
di elevati livelli. Il produttore del vino assaggiava <strong>il</strong> novello e dava l’incarico<br />
al “vandiaturi” 64 <strong>il</strong> quale girando per tutte le vie del paese annunciava alla<br />
gente narrando con frasi originali (S’avverti ‘u pubblicu, si è ‘ncuminciata ‘na<br />
gutti di vinu speciali, sambuchella ‘a barraccota65, mu vannu a casa di Cheli<br />
‘u medichedu66 - Si avverte <strong>il</strong> pubblico che si è incominciata una botte di vino<br />
di andare a casa di Michele <strong>il</strong> piccolo medico) le qualità del vino e la proprietà.<br />
L’oste provvedeva all’apertura delle botti, e a mo’ d’insegna, poneva in alto<br />
all’angolo della casa un ramo, solitamente di nespolo, che veniva tolto solo<br />
quando <strong>il</strong> vino era stato del tutto venduto e le botti erano ormai vuote. Questo<br />
detto viene usato alla fine di una gran bevuta, quando mancano ormai pochi<br />
bicchieri, per svuotare <strong>il</strong> recipiente che contiene <strong>il</strong> vino.<br />
63 Cervello.<br />
64 Banditore. Chi un tempo avvisava la cittadinanza.<br />
65 Deriva dal rione “Baracche” dove abitava <strong>il</strong> produttore.<br />
66 Soprannome di Michele Sarleti abitante di <strong>Anoia</strong>.<br />
88
(Dipinto di Pasquale D’Angeli)<br />
‘U marinaru<br />
pigghja pisci e jestima<br />
89
Nci catti i destru.<br />
È caduto a destra.<br />
Modo di dire metaforico per sottolineare, un uomo accolto in maniera molto positiva<br />
da parte di un’altra persona, tanto da passar per buono tutto quello che dice o che fa.<br />
<br />
Nci mancanu vintunu sordi 67 pe’ ‘na lira.<br />
Gli mancano ventuno soldi per una lira.<br />
Detto che indica lo stato di povertà assoluta nella quale viene a trovarsi una persona.<br />
<br />
Nci raccomandasti ‘i pecuri o lupu.<br />
Hai raccomandato le pecore al lupo.<br />
Quando si raccomanda a qualcuno di fare o di dire ciò che si ha molto a cuore,<br />
spesso si rimane delusi se non si viene ascoltati e se la persona di cui ci si fida,<br />
assume comportamenti contrari a quelli richiesti. Si ha, perciò, l’impressione<br />
di aver affidato un bene prezioso a uno che ne è indegno.<br />
<br />
Nci spaccau diritta.<br />
Si è spaccato diritto (È andato tutto per <strong>il</strong> verso giusto).<br />
Detto che indica una persona baciata dalla fortuna.<br />
<br />
Nci vonnu zucchi ‘i m<strong>il</strong>li cantunera, ca ‘u focu ‘i pagghja pocu dura.<br />
Ci vogliono ceppi di m<strong>il</strong>le campagne, perché <strong>il</strong> fuoco di paglia dura poco.<br />
I ceppi di legno producono molta brace e tanto calore perché, essendo grossi<br />
hanno lunga durata, contrariamente la paglia, una volta accesa, provoca una<br />
gran fiammata, ma di breve durata. I ceppi e la paglia, usati come termini di<br />
paragone, indicano <strong>il</strong> primo un uomo resistente nel tempo e capace di saper<br />
affrontare i problemi grazie all’esperienza, <strong>il</strong> secondo un uomo che va di moda<br />
solo in un periodo limitato, per poi svanire presto perché privo di esperienza.<br />
<br />
Ncissi ‘a coddara 68 ‘a padeda, appartati ca mi tingi.<br />
Disse la caldaia alla padella, spostati che mi tingi (sporchi).<br />
90<br />
Un tempo le pietanze si preparavano al focolare, la caldaia e la padella erano<br />
perennemente accomunati dall’eterna fuliggine che le rendeva nere. La caldaia,<br />
sentendosi superiore e più importante, denigra la padella, ma in realtà ambedue<br />
alla stessa maniera sono annerite dal fumo.<br />
67 Il “Soldo” equivalente a cinque centesimi di lira.<br />
68 Recipente grande e largo di rame dentro <strong>il</strong> quale si fa bollire acqua o alimenti.
Ncissi ‘a gurpi ‘a ‘i gurpicchioli: “figghj cu’ sapi quandu ‘i pagu sti gadini?”<br />
“Ma quandu vai e no torni”.<br />
Disse la volpe ai volpacchiotti: “figli (miei) chissà quando li pagherò queste galline?”<br />
“Ma quando vai e non torni”.<br />
La volpe è uno degli animali più astuti e furbi. Scava dei cunicoli per raggirare<br />
la recinzione di rete metallica del pollaio e fa razzia di polli e galline che serviranno<br />
come cibo per la crescita della sua prole. I volpacchiotti sono ghiottissimi<br />
di volat<strong>il</strong>i. Ruba oggi e ruba domani la volpe suscita le ire del padrone dei<br />
polli, <strong>il</strong> quale vedendosi derubato farà appostamenti sistematici fin quando<br />
<strong>il</strong> ladro sarà colto con le mani nel sacco. L’attesa dei piccoli resterà vana<br />
poiché non vedranno mai più <strong>il</strong> ritorno della madre alla propria tana.<br />
<br />
Ncissi ‘u surici a’ nuci: “dammi tempu ca ti perciu”.<br />
Disse <strong>il</strong> topo alla noce: “dammi tempo che ti buco”.<br />
Il topo appartiene alla famiglia dei roditori. È dotato di denti capaci di bucare<br />
anche <strong>il</strong> duro guscio esterno delle noci per arrivare a mangiare <strong>il</strong> gustosissimo<br />
seme, detto gheriglio. Il topo è consapevole del tempo necessario ad<br />
arrivare allo scopo prefissato, ma per questo non si spazientisce, anzi continua<br />
imperterrito nella sua missione. Questo gustosissimo proverbio è<br />
un’allegoria per rappresentare la costanza.<br />
<br />
Ndi capisci ‘i ruggia.<br />
Ne capisci di ruggine.<br />
Si fa riferimento ad una persona incompetente in una determinata materia.<br />
<br />
Nesci ‘u tristu e trasi ‘u friscu.<br />
Esce <strong>il</strong> cattivo ed entra <strong>il</strong> fresco (buono).<br />
Detto che indica <strong>il</strong> passaggio da una situazione tempestosa ad una serena, come<br />
quando dopo un burrascoso temporale torna a splendere <strong>il</strong> sole.<br />
<br />
Nesci tu sarda siccata, mu trasu jeu la rifriscata, mu ricriju sti cotraredi<br />
cu cipuda e lettuchedi.<br />
Esci tu sarda secca, fai entrare me la rinfrescata, ristoro questi bambini con cipolla<br />
e piccole lattughe.<br />
La fame, gli stenti e le privazioni accomunavano tutte le famiglie di un tempo.<br />
Il padrone di casa era sovente disperato per recuperare qualcosa di commestib<strong>il</strong>e<br />
da portare nelle mura domestiche negli inverni lunghi e spesso piovosissi-<br />
91
mi. Gli uomini solevano piantare cipolle e lattughe primaticcie, così a primavera<br />
erano pronte per la consumazione. Da qui la rivalsa dell’uomo che vedeva<br />
finalmente un po’ di luce, dicendo “esci fuori da casa mia brutta carestia, fa<br />
che io possa ristorare i miei bambini con <strong>il</strong> frutto del mio lavoro”.<br />
<br />
‘Ndai ‘a ricchi a martedu, senti aundi ti veni ‘mparu.<br />
Hai l’orecchio a martello, senti dove ti conviene.<br />
Una persona scaltra, prima di accettare una qualsiasi proposta, la valuta. Se<br />
pensa di ricavarne qualcosa per <strong>il</strong> proprio tornaconto personale, da retta, altrimenti<br />
fa finta di non sentire fingendosi sordo.<br />
<br />
‘Ndài cchjù vizzi du ciùcciu ‘i Gunneda 69 .<br />
Hai più vizi del somaro di Gunneda.<br />
Il somaro di Gunneda prima di compiere qualsiasi azione era stato abituato<br />
a ricevere in cambio una ricompensa. L’animale senza <strong>il</strong> “regalino” non<br />
faceva niente: era davvero viziato.<br />
<br />
‘Ndài pruna!<br />
Ne hai prugne!<br />
Detto ingiurioso che indica, in senso figurativo, una persona tradita dal<br />
coniuge (pruna = corna).<br />
<br />
‘Ndavi panni e forbici.<br />
Ha stoffa e forbici.<br />
Detto che, metaforicamente, indica un uomo che possiede tutte le qualità per la<br />
soluzione di un problema.<br />
<br />
Nicessità fa vita leggi.<br />
Necessità fa legge (Non esistono leggi per chi nella vita è nel bisogno).<br />
92<br />
L’articolo 54 del Codice Penale, sullo stato di necessità, recita che non è<br />
punib<strong>il</strong>e chi ha commesso <strong>il</strong> fatto per esservi stato costretto dalla necessità<br />
di salvare sé od altri dal pericolo imminente di un danno grave alla persona,<br />
pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitab<strong>il</strong>e,<br />
sempre che <strong>il</strong> fatto sia proporzionato al pericolo.<br />
69 Soprannome di un personaggio di <strong>Anoia</strong>.
No ‘nc’è casa ‘i gnuri aùndi no piscia ‘u muraturi.<br />
Non c’è casa di signore dove non urina <strong>il</strong> muratore.<br />
La realizzazione di un’opera ed<strong>il</strong>e, quale può essere una casa destinata ad uso<br />
privato comporta per i muratori un certo quantitativo di ore lavorative giornaliere.<br />
Durante <strong>il</strong> giorno i lavoratori, come qualsiasi altra persona, sono soggetti<br />
a bisogni fisiologici e, non potendo abbandonare <strong>il</strong> lavoro, si vedranno<br />
costretti ad arrangiarsi nel posto dove si trovano.<br />
<br />
No ‘u tumbu.<br />
Non lo tollero.<br />
Detto che indica antipatia nei confronti di qualcuno.<br />
<br />
No guerra e no vestuni e no maritu abbattituri.<br />
Non guerra e non bastone e non marito battitore (violento).<br />
Nella famiglia dove regna la pace non esistono discussioni né tanto meno<br />
litigi maneschi; anche <strong>il</strong> marito, che un tempo assumeva un comportamento<br />
autoritario e violento, è un uomo non insistente che riesce tranqu<strong>il</strong>lamente<br />
a discutere.<br />
<br />
No mi faci né caddu e né friddu.<br />
Non provo né caldo e né freddo.<br />
Si indica una persona apatica verso una situazione o verso un qualcosa<br />
che gli viene riferito, si mostra infatti priva d’interesse e rimane in un’assoluta<br />
impassib<strong>il</strong>ità.<br />
<br />
No movi frunda se no ‘nc’è ventu.<br />
Non muove foglia se non c’è vento.<br />
Quando in paese circola qualche notizia di insicura veridicità, si formano due<br />
fazioni di pensiero: la prima ammette qualche dubbio sull’attendib<strong>il</strong>ità, per la<br />
seconda è indiscutib<strong>il</strong>e la fondatezza. Questi ultimi, ut<strong>il</strong>izzano questa frase, per<br />
giurare sull’autenticità della notizia.<br />
<br />
No prima e no doppu.<br />
Né prima e né dopo.<br />
Certi eventi, si sa, si verificano in momenti poco opportuni.<br />
93
No si lava ‘a facci nommu nc’allorda l’acqua a’ ‘u mulinaru.<br />
Non si lava <strong>il</strong> viso per non sporcare l’acqua al mugnaio.<br />
94<br />
Una persona sudicia, sporca, non è certamente dedita all’igiene. Poiché la pulizia<br />
non fa parte della propria indole, cerca di trovare un pretesto per astenersene<br />
e giustificare così la propria azione.<br />
No ti nzonnari frittuli.<br />
Non sognar cotenne.<br />
<br />
Espressione per lo più usata come avvertimento a una persona a non farsi<br />
<strong>il</strong>lusioni.<br />
No tuttu chidu chi luci eni oru.<br />
Tutto quel che luccica non è oro.<br />
<br />
La realtà non sempre corrisponde a quello che si vuol far apparire, come<br />
quando si parla esagerando delle ricchezze altrui.<br />
<br />
‘Ntra ‘a casa chi no ‘ndavi pani c’è ‘nu trìgulu abbattutu, ‘a mugghjèri<br />
eni ‘na puttana ‘u maritu eni ‘nu cornutu.<br />
Nella casa che non c’è pane c’è un piagnisteo continuo, la moglie è una prostituta<br />
e <strong>il</strong> marito è un cornuto.<br />
La fame, la mancanza del cibo quotidiano, l’assenza del pane recano in<br />
famiglia continui malumori e cant<strong>il</strong>ene lamentose fino a far diventare <strong>il</strong><br />
clima molto teso. Iniziano così le reciproche accuse tra marito e moglie<br />
fino a diventare poi dei veri e propri insulti.<br />
<br />
‘Ntra forgia no toccari, ntra farmacia no adiccari.<br />
Nella fucina del fabbro non toccare, in farmacia non leccare.<br />
Il fabbro lavora <strong>il</strong> ferro, l’acciaio o altro materiale arroventandoli per batterli<br />
all’incudine, pertanto non bisogna toccare niente nella fucina del fabbro poiché<br />
si potrebbe incorrere in qualche grossa ustione, allo stesso modo in farmacia<br />
non bisogna assaggiare le polveri che servono per la preparazione dei medicinali,<br />
perché non sempre danno <strong>il</strong> risultato sperato. Il proverbio con tali immagini,<br />
perciò, ammonisce a non far niente se proprio non si è sicuri.
Nudu ti rapi se nudu ti sapi.<br />
Nessuno ti ruba se nessuno ti conosce.<br />
Il ladro sovente osserva scrupolosamente da lontano <strong>il</strong> luogo dove agire, pertanto<br />
avrà un piano sicuro e vita fac<strong>il</strong>e. Se conosce in modo dettagliato <strong>il</strong> posto<br />
dov’è conservata la refurtiva sarà ancor più avvantaggiato.<br />
<br />
Nudu vaci a missa u perdi.<br />
Nessuno va a messa per rimetterci.<br />
Detto che indica in senso figurato una categoria di persone che non fa nulla<br />
senza aver un tornaconto.<br />
<br />
‘Nu saccu vacanti a’ dirta no staci.<br />
Un sacco vuoto non sta in piedi.<br />
Un sacco per star dritto deve essere riempito internamente, altrimenti non starà<br />
mai in piedi da solo. Allo stesso modo l’uomo con lo stomaco vuoto, non riempito<br />
di cibi, sarà come <strong>il</strong> sacco. Il cibo per l’uomo è come <strong>il</strong> materiale che riempie<br />
<strong>il</strong> sacco, esso dà la forza per sorreggersi e stare in piedi.<br />
<br />
O malu futtituri puru ‘i p<strong>il</strong>i nci fannu ‘mbarru.<br />
All’amante sfaticato dà fastidio anche la peluria.<br />
Vedi proverbio “A’ ‘u malu zzappaturi…”.<br />
<br />
O pigghjari pigghja sempi, o pagari no pagari mai, ca poi si mentinu<br />
‘i boni genti o paghi ‘na cosa o no paghi nenti.<br />
Prendi sempre e non pagare mai, perché poi si frappongono le anime buone e o<br />
paghi una cosa sola o non paghi niente.<br />
Prendi sempre e non pagare mai, perchè poi medieranno le buone persone o<br />
paghi una cosa sola o non pagherai niente. L’insolvente è una persona che non<br />
ha mezzi per pagare i suoi debiti e sovente viene tirato fuori dai guai, da una<br />
persona che si mette in mezzo tra lui e <strong>il</strong> creditore. L’amico usando discorsi<br />
convincenti verso colui che vanta <strong>il</strong> credito, cercherà una mediazione e alla fine<br />
<strong>il</strong> creditore impietosito si accontenterà di riscuotere una somma minore.<br />
<br />
O ti mangi sta minestra o ti jetti da finestra.<br />
O ti mangi la verdura o ti butti dalla finestra.<br />
È noto che nelle famiglie di un tempo non regnava l’abbondanza, pertanto<br />
sovente come pietanza compariva la verdura. Per chi era ormai stanco di mangiare<br />
<strong>il</strong> solito pasto, non restava altro che la disperazione.<br />
95
O zuccu, o lupu, o pedi i castagnaru.<br />
O ceppo, o lupo, o fusto di castagno.<br />
Detto che vuole simboleggiare una situazione non precisa, poco chiara dove<br />
regna tanta confusione.<br />
<br />
Occhi chjni e mani vacanti.<br />
Occhi pieni e mani vuote.<br />
Il proverbio viene ut<strong>il</strong>izzato per segnalare tutto ciò che è <strong>il</strong>lusorio, che sembra<br />
già a portata di mano e poi sfuma.<br />
<br />
Occhi janchi arrobba Santi.<br />
Occhi bianchi ruba Santi.<br />
Gli occhi sono una parte essenziale della persona, capaci di rivelarne l’indole,<br />
soprattutto quelli azzurri sono così sereni, soavi e furbi che sembrano mostrare<br />
uno stato d’animo appassionato e languido, tale da ingannare pure i Santi e<br />
da riuscire ad ottenere quello che si vuole con <strong>il</strong> solo sguardo.<br />
<br />
Occhiu ‘i Ddèu chi poti e vali.<br />
L’occhio di Dio può e vale.<br />
Si tratta di un’imprecazione contro qualcuno. Chi ha ricevuto offesa, secondo<br />
l’interpretazione di suddetto proverbio, si rifugia in Dio per mandare un solenne<br />
castigo a chi è causa dei mali subiti.<br />
<br />
Occhiu no vidi e cori no doli.<br />
Occhio non vede e cuore non duole.<br />
Metafora per esprimere quanto minore sia <strong>il</strong> dispiacere, quando non si assiste<br />
direttamente ad un qualcosa di sgradevole o penoso.<br />
<br />
Ogni lignu fa u so fumu.<br />
Ogni legno fa <strong>il</strong> suo fumo.<br />
Detto che indica con figura traslata che ogni uomo ha una propria personalità,<br />
che lo contraddistingue dagli altri, così come ogni tipologia di<br />
legno sprigiona fumo differente.<br />
<br />
Ogni petruzza servi ‘a maramma.<br />
Tante pietruzze formano un mucchio.<br />
Ogni piccolo contributo serve per la formazione di un mucchio. Solo mettendo<br />
96
insieme diverse pietruzze è possib<strong>il</strong>e ottenerne una gran quantità. Alla stessa<br />
maniera ogni piccolo risparmio giornaliero assommandosi, col passar del<br />
tempo, formerà un ingente patrimonio.<br />
<br />
Ogni p<strong>il</strong>u ti pari ‘na trava.<br />
Qualsiasi pelo ti sembra un trave.<br />
Si fa riferimento, in senso figurato, ad una persona che tendenzialmente<br />
ingigantisce i problemi.<br />
<br />
Ogni principiu eni forti, ogni desideriu veni in fini.<br />
Ogni principio è forte, ogni desiderio si avvera.<br />
L’apprestarsi a compiere qualsiasi cosa comporta <strong>il</strong> superamento delle difficoltà<br />
iniziali. Queste ultime dapprima appaiono come un ostacolo insormontab<strong>il</strong>e,<br />
ma poi con la volontà e la laboriosità si superano realizzando così<br />
le aspirazioni e i desideri.<br />
<br />
Ogni speragnu eni guadagnu.<br />
Ogni risparmio è guadagno.<br />
L’usare con giusta parsimonia ciò che si possiede, in modo che duri <strong>il</strong> più a<br />
lungo possib<strong>il</strong>e o che ne avanzi per altri bisogni, costituisce una forma di guadagno,<br />
un vantaggio che l’uomo trae nel fare economia nello spendere, mettendo<br />
da parte denari per fronteggiare eventuali necessità.<br />
<br />
Ogni ura Ddèu lavura, ogni vintiquattr’uri eni mundu novu.<br />
Dio lavora ogni ora, ogni ventiquattrore è un mondo nuovo.<br />
Dio opera in gran segreto, facendo un lavoro continuo che per l’occhio umano è<br />
diffic<strong>il</strong>e percepire, interviene incessantemente negli avvenimenti naturali ed<br />
umani. A Lui tutto è possib<strong>il</strong>e e, grazie all’intervento della sua mano, le cose statiche<br />
nel tempo si rivoluzionano da un giorno all’altro. Ogni dì è un mondo nuovo.<br />
<br />
Ognunu raχa 70 ‘a cruci sua.<br />
Ognuno trascina la sua croce.<br />
Quando c’è una persona che soffre perché sta attraversando un periodo diffic<strong>il</strong>e<br />
fisicamente, moralmente, economicamente o per qualsiasi altra circostanza,<br />
70 Trascinare.<br />
97
98<br />
è diffic<strong>il</strong>e che si trovi qualcuno disposto a “portare la croce altrui”. È più fac<strong>il</strong>e<br />
sentire compassione, che farsi carico delle tribolazioni degli altri.<br />
<br />
Ognunu si ciangi a’ Paulu soi.<br />
Ognuno si piange <strong>il</strong> proprio Paolo.<br />
Ognuno sopporta i propri guai e le conseguenze che ne derivano.<br />
<br />
Oji figura, domani in seportura; ‘mbiatu cu’ pe’ l’anima procura.<br />
Oggi vivo, domani sepolto; beato chi procura per la propria anima (chi ha fatto una<br />
vita santa poiché si salverà l’anima).<br />
Bisogna stare all’erta perché non si sa quando la morte arriverà. Da un<br />
giorno all’altro tutto può cambiare anche <strong>il</strong> passaggio dalla terra al cielo,<br />
per questo bisogna vivere da buoni cristiani, aiutare <strong>il</strong> prossimo e seguire<br />
un comportamento santo.<br />
<br />
Omani ‘i vinu: setti e ottu pe’ ‘nu carrinu.<br />
Uomini di vino: sette e otto per un carlino.<br />
La persona dedita all’alcool, sovente, prende delle solenni ubriacature che,<br />
spesso, si concludono con grandi litigi tra ubriachi e non solo. I fumi dell’alcool<br />
fanno perdere la credib<strong>il</strong>ità di un individuo, tanto da attribuirgli<br />
pochissimo valore.<br />
<br />
Omu a’ diunu, diavulu o culu.<br />
Uomo digiuno, diavolo al sedere.<br />
La fame provoca un forte disagio fisico dovuto alla necessità di nutrirsi, fa<br />
diventare una persona nervosa e la rende fortemente scontrosa. La lunga attesa<br />
provoca smania in un uomo che, preso dall’agitazione, non riesce a star<br />
fermo e si muove nervosamente di qua e di là.<br />
<br />
Ormai eni a’ pani jancu.<br />
Ormai è a pane bianco.<br />
Il pane un tempo era un miraggio e le poche volte che si aveva a tavola era prodotto<br />
dalla farina di granone. Alle persone sul letto di morte, come ultimo desiderio,<br />
veniva concesso qualche tozzo di pane bianco, ossia prodotto con la farina<br />
di grano, ritenuto più prelibato. Così facendo si riteneva che <strong>il</strong> moribondo<br />
lasciasse questo mondo un tantino più contento.
Di l’ardaloru cu’ no ‘ndavi carni<br />
s’impigna ‘u figghjolu<br />
(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />
99
Pagghja e luvìa tuttu a’ masseria.<br />
La paglia e i baccelli dei lupini rimangono tutti alla fattoria.<br />
Detto che indica lo spadroneggiare del padrone sul colono, <strong>il</strong> quale faceva razzia<br />
del raccolto e anche degli scarti del lupino, usati come pasto del bestiame.<br />
Pertanto al povero contadino non rimaneva niente, solo la fatica!<br />
<br />
Palora nesciuta ritornari no poti.<br />
Parola uscita ritornar non può.<br />
Quando si esprimono dei giudizi o si fanno delle affermazioni, bisogna sempre<br />
stare attenti a quello che si dice e pesare le parole, perché una volta che<br />
sono state pronunziate, non si può più tornare indietro ed è del tutto inut<strong>il</strong>e<br />
cercare di riparare al danno fatto. Una parola non pensata può ferire anche<br />
involontariamente la sensib<strong>il</strong>ità altrui.<br />
<br />
Palumbèda palumbèda du pizzu pari bèda.<br />
Palombella palombella dal becco sembri bella.<br />
Detto che indica in senso figurato una persona non conosciuta, che esteriormente<br />
appare bella, ma profondamente non si sa se riserbi un carattere burbero.<br />
<br />
Pani e curtedu no inχi gudèdu.<br />
Pane e coltello non riempie <strong>il</strong> budello.<br />
Il pane senza companatico diffic<strong>il</strong>mente soddisfa pienamente l’appetito. Per<br />
avere un senso di sazietà è necessario che <strong>il</strong> pane venga accompagnato da formaggio,<br />
carne, verdura o qualsiasi altro cibo.<br />
<br />
Pani e sacramentu si ‘ndi trova a’ ogni cummentu.<br />
Pane e sacramento se ne trova in ogni convento.<br />
Si indica la fac<strong>il</strong>ità con la quale una persona, pur essendo fuori casa, può trovare<br />
ciò che desidera. Come <strong>il</strong> pane e l’eucarestia sono fac<strong>il</strong>mente reperib<strong>il</strong>i rispettivamente<br />
nei panifici e nelle chiese o nei conventi, allo stesso modo chi cerca trova.<br />
<br />
Pani e vucata ottu jorna eni ‘a durata.<br />
Pane e bucato otto giorni è la durata.<br />
Può sempre capitare che una “fornata” di pane non venga soffice e buono come<br />
di solito, così come può succedere che <strong>il</strong> bucato non venga bianchissimo come<br />
le altre volte. In questi casi non bisogna scoraggiarsi perché la loro durata può<br />
essere al massimo di otto giorni, poi si ritorna a fare sia <strong>il</strong> pane che <strong>il</strong> bucato,<br />
magari impiegando una maggiore attenzione.<br />
100
Panza china fa cantari l’orbu e no cammisa jànca.<br />
Pancia piena fa cantare <strong>il</strong> cieco e non camicia bianca.<br />
Il cieco è contento quando avverte la sazietà, perché anche se non vede può toccare<br />
la pancia gonfia, mentre è scontento quando indossa una camicia bianca,<br />
poiché, anche toccandola, non può vedere <strong>il</strong> colore.<br />
<br />
Pari a ditta di Don Fortunatu, nu zoppu, nu ciuncu e nu malatu e chidu<br />
chi era cchiù bedu ‘ndavia ‘a guadara di ‘nu stuppedu.<br />
Sembra la ditta di Don Fortunato uno zoppo, uno storpio e uno malato e quello che<br />
era <strong>il</strong> più bello aveva una grossa ernia.<br />
Questo proverbio si riferisce a persone che non avendo nessuna qualità, anche<br />
se operano insieme, non possono dare niente di positivo alla società, perché<br />
accomunati da difetti e imperfezioni.<br />
<br />
Pari ‘nu linduni.<br />
Sembri un rondone.<br />
Si fa riferimento ad una persona che non sta mai ferma, che, come <strong>il</strong> rondone,<br />
girovaga ininterrottamente.<br />
<br />
Pari ‘nu murguni 71 .<br />
Sembri una folaga.<br />
Una persona che tiene <strong>il</strong> capo sempre chino assomiglia alla folaga, che assume<br />
questa posizione, quando si apposta per la cattura del pesce.<br />
<br />
Pari sturdutu di bumbi.<br />
Sembra intontito dalle bombe.<br />
Indica in senso figurato una persona di scarso intuito, quindi lenta nel capire.<br />
<br />
Parlari cu cu’ no senti e futtìri cu cu’ no staci eni ‘na pazzia.<br />
Parlare con chi non sente e amoreggiare con chi non è consenziente è una pazzia.<br />
È davvero inut<strong>il</strong>e colloquiare con una persona sorda, si finirebbe con scarso<br />
risultato per alzare troppo la voce, comunicando così anche alle persone vicine<br />
<strong>il</strong> contenuto del discorso, allo stesso modo comporta solamente perdita di tempo<br />
<strong>il</strong> voler intrattenere una relazione amorosa con una donna non consenziente.<br />
71 Grosso uccello dei trampolieri con piumaggio nero; ha corpo tozzo, collo e becco brevi, dita provviste di lobi d<strong>il</strong>atati.<br />
101
Parli cchjù ‘i nu pipituni.<br />
Parli di più di un’upupa.<br />
Detto che paragona un uomo chiacchierone e monotono all’upupa che emette<br />
un verso continuo e noioso.<br />
<br />
Passa l’agroi e pungi ‘u voi, torna a passari no ‘u pungiri e no ‘u toccari.<br />
Passa la gru e punge <strong>il</strong> bue, torna a passare non pungere e non toccare.<br />
Il passaggio delle gru generalmente avveniva in prossimità della solennità di<br />
San Giuseppe e segnava l’inizio dell’aratura dei terreni. Il contadino grazie<br />
all’aiuto dell’aratro trainato dai buoi, preparava <strong>il</strong> terreno per essere coltivato.<br />
Le gru ritornavano a passare verso settembre, quando nei terreni ormai non era<br />
periodo né di semine e né di piantare ortaggi.<br />
<br />
Passau ‘u puntu e ‘a misura.<br />
Ha passato <strong>il</strong> punto e la misura.<br />
Detto che indica <strong>il</strong> brutto comportamento di una persona che ha superato ogni<br />
limite del buon senso.<br />
<br />
Patri cori ‘i straci 72, mamma cori d’arma.<br />
Padre cuore di mattone, mamma cuore d’anima.<br />
Il padre un tempo veniva visto dai propri figli sotto un’ottica diversa rispetto ai<br />
tempi odierni. Sovente i piccoli chiedevano qualcosa che la famiglia non poteva<br />
soddisfare, perché in stato di bisogno e proprio in quel momento subentrava<br />
la figura del papà che si esprimeva negativamente, mostrandosi severo e<br />
autoritario agli occhi dei figli, ma in cuor suo um<strong>il</strong>mente dispiaciuto. La<br />
mamma, invece, cercava di salvare <strong>il</strong> recuperab<strong>il</strong>e, chiamando a sé i propri figli<br />
e rassicurandoli sul sicuro ripensamento del padre. I figli giudicavano <strong>il</strong> papà<br />
cuore duro e la mamma cuore generoso.<br />
<br />
Pe’ disiju ‘i lardu nc’alliccava ‘u culu ‘a troja.<br />
Per desiderio del lardo leccava <strong>il</strong> sedere alla scrofa.<br />
102<br />
La fame rende l’uomo sofferente fino a farlo diventare schiavo delle sue privazioni<br />
e, <strong>il</strong> desiderio ardente di un pezzo di lardo, lo fa fantasticare fino a fargli<br />
sognare di avvicinarsi al gluteo della strofa e darle un morso.<br />
72 In DCI Stracu, s. m. Pezzo di mattone o di tegola.<br />
In DEDC Stracu, s. m. Rottame di mattone, di tegolo, coccio; dal gr. οστρακιον oppure οστρακον.
Pecura nigra e pecura jànca cu’ mori mori e cu’ campa campa.<br />
Pecora nera e pecora bianca chi muore muore e chi vive vive.<br />
Detto riferito a due persone o a due cose considerate una buona e l’altra cattiva,<br />
ma la cui possib<strong>il</strong>ità di preferenza è completamente indifferente, poiché la<br />
scelta medesima non interessa.<br />
<br />
Pedi strittu fa servìzzu.<br />
Piede stretto fa le faccende.<br />
La donna che è impegnata in tutt’altre faccende, sovente si reca fuori dalle<br />
mura fam<strong>il</strong>iari, tralasciando così i lavori per <strong>il</strong> disbrigo delle faccende domestiche.<br />
Queste ultime comportano un grande dispendio sia di tempo che di<br />
energia fisica. Pertanto, perché una casa splenda di pulizia, è necessario che la<br />
donna passi molte ore a riordinare e a pulire.<br />
<br />
Pìcciulu e malu cavatu.<br />
Piccolo e mal fatto.<br />
Detto che si riferisce a persone brutte sia fisicamente che caratterialmente,<br />
essendo cattive e malvagie.<br />
<br />
Pigghja l’assu pe’ figura.<br />
Prende l’asso per figura.<br />
Frase diretta a segnalare un uomo incapace a far distinzione, confondendo<br />
sovente una cosa con un’altra.<br />
<br />
Pizzichi e baci no fannu pertùsa.<br />
Pizzichi e baci non fanno buchi.<br />
Non sempre i pizzicotti fanno diventare la pelle piena di lividi, infatti a volte si<br />
danno scherzosamente pizzicotti affettuosi e baci, manifestando, anche giocando,<br />
ammirazione e affetto.<br />
<br />
Po’ pani e po’ vinu si cangia ‘u vicinu.<br />
Per <strong>il</strong> pane e per <strong>il</strong> vino si cambia <strong>il</strong> vicino.<br />
Molte persone quando si accostano giornalmente alla tavola per alimentarsi<br />
non possono fare a meno di una fetta di pane e di un buon bicchiere di vino,<br />
pertanto sono disposti, pur di gustare dei prodotti graditi al palato, a cambiare<br />
<strong>il</strong> fornaio o l’oste anche se essi sono dei vicini.<br />
103
Povaru si, ma lordu pecchì?<br />
Povero sì, ma sporco perché?<br />
La povertà porta l’uomo a perenni privazioni e a vita piena di stenti, rende una<br />
persona molto trasandata nel vestire. Tutto questo non vuol dire che un individuo<br />
si debba trascurare ed apparire all’occhio della gente sporco e senza cura.<br />
Povertà non è sinonimo di mancanza d’igiene.<br />
<br />
Pratica cu chidi megghju ‘i tia e fanci ‘i spisi.<br />
Pratica gente meglio di te e all’occorrenza serv<strong>il</strong>i.<br />
“Chi pratica con lo zoppo impara a zoppicare” è quello che si dice a una<br />
persona che ha assim<strong>il</strong>ato atteggiamenti sbagliati frequentando gente poco<br />
raccomandab<strong>il</strong>e. Allo stesso modo, ma in senso positivo, chi s’intrattiene<br />
con persone di cultura, dai modi garbati ed educati diverrà sim<strong>il</strong>e alle persone<br />
frequentate, ricevendo stima e fiducia da tutti.<br />
<br />
Previti e monaci ‘i carità su privi, levanu ‘i morti e futtinu ‘i vivi.<br />
Preti e monaci di carità son privi, portano i morti e imbrogliano i vivi.<br />
I preti e i monaci erano considerati “cu ‘na mani longa e ‘n’atra curta” per indicare<br />
la poca predisposizione a fare la carità, sempre pronti a ricevere e mai a donare.<br />
<br />
Prima du dannu nci voli l’abbertenza, ca dopu du dannu nci voli pacènzia.<br />
Prima del danno ci vuole attenzione, che dopo del danno ci vuole pazienza.<br />
Prima di compiere qualsiasi gesto o di parlare bisognerebbe valutare, con molta<br />
d<strong>il</strong>igenza, le conseguenze e i danni che ne potrebbero derivare, perché una<br />
volta che <strong>il</strong> fatto è compiuto e si reca un danno a qualcuno o a qualcosa bisogna<br />
solamente sopportarne con pace e rassegnazione le conseguenze.<br />
<br />
Prima u’ culu e poi l’asssu.<br />
Prima <strong>il</strong> sedere e poi l’asso.<br />
Detto del gioco delle carte napoletane, che indica in senso figurativo, che l’asso<br />
nel gioco della scopa non va mai tirato per primo.<br />
<br />
Prima u’ vidi ‘a serpi grida San Paulu.<br />
Prima di vedere la serpe grida San Paolo.<br />
Questo proverbio trova spiegazione in un passo degli Atti degli Apostoli, nel<br />
quale viene descritto <strong>il</strong> naufragio subito dall’apostolo Paolo a Malta, mentre si<br />
dirigeva verso l’Italia. Gli abitanti del posto, visto <strong>il</strong> gran freddo, accolsero tutti<br />
i naufraghi attorno ad un gran fuoco. Paolo raccolse un fascio di sarmenti e<br />
104
mentre si accingeva a buttarli nel fuoco, fu morso da una vipera ad una mano,<br />
la quale dormiva nell’erba raccolta e si era risvegliata per <strong>il</strong> calore. Di là dalle<br />
attese dei presenti, egli non patì alcun male, anzi gettò la serpe nel fuoco,<br />
destando scalpore per <strong>il</strong> miracolo compiuto.<br />
<br />
Prima u’ vidi ‘u lampu dici Santa Barbara.<br />
Prima di vedere <strong>il</strong> lampo dici Santa Barbara.<br />
Il padre di Santa Barbara martire, Dioscuro, fece costruire una torre per rinchiudervi<br />
la bellissima figlia, richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella,<br />
però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio. Il padre pagano,<br />
venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla.<br />
I primi tentativi furono vani, perché la Santa, attraverso tanti miracoli, si<br />
salvò, ma dopo Dioscuro la fece condannare dal prefetto al taglio della testa.<br />
Fu lo stesso padre che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese dal<br />
cielo sotto forma di fulmine dal frastuono assordante, e bruciò completamente<br />
<strong>il</strong> crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri.<br />
<br />
Prima ti mangiasti ‘a pruppa e mo ti spruppi l’ossu.<br />
Prima hai mangiato la polpa e ora ti spolpi l’osso.<br />
L’uomo è portato a condurre una vita agiata, quando costui ha una condizione<br />
economica prospera, spesso fa sprechi, sperperando così <strong>il</strong> proprio<br />
patrimonio personale.<br />
<br />
Prometti ‘i sicuru e manca ‘i certu.<br />
Promette di sicuro e non mantiene di certo.<br />
Detto che indica l’abitudine di una persona a dichiarare ad altri la propria volontà<br />
o disponib<strong>il</strong>ità e, che in seguito, puntualmente, verrà disattesa.<br />
<br />
Pulicineda sta a’ ‘i provi.<br />
Pulcinella sta alle prove.<br />
Quando si è accusati ingiustamente di aver commesso un reato o qualsiasi altra<br />
cosa, solo con l’aiuto di un testimone si può essere scagionati, poiché quest’ultimo,<br />
chiarendo l’equivoco fornirà le giuste prove della sicura innocenza.<br />
<br />
Puru ‘u pulici ‘ndavi ‘a tussi.<br />
Pure la pulce ha la tosse.<br />
Figura allegorica usata per additare una persona che vuole avere voce in capitolo<br />
senza averne diritto.<br />
105
Quandu ‘a vicina ‘ndavi beni, corchi χiavuru 73 veni.<br />
Quando la vicina è abbiente ti porta qualcosa.<br />
Aver una vicina di casa abbiente, un tempo, costituiva una vera e propria grazia.<br />
Interessata e sollecitata dai bisogni altrui, sovente donava cibo alla famiglia<br />
in stato di bisogno.<br />
<br />
Quandu ‘u ciùcciu no bboli u’ ‘mbivi t’abbàca 74 u’ frischj.<br />
Quando l’asino non vuole bere è inut<strong>il</strong>e fischiare.<br />
Il proverbio si riferisce ad una persona che non dà ascolto, che non presta attenzione,<br />
che fa finta di non sentire, perciò è inut<strong>il</strong>e continuare a parlargli.<br />
<br />
Quandu ‘u perzicu χiuri o matura, ‘a notti cu jornu si misura.<br />
Quando <strong>il</strong> pesco fiorisce o matura la notte col giorno sono uguali.<br />
Il giorno è lo spazio di tempo che la terra impiega per compiere un giro intorno<br />
al proprio asse, che è pari a 23 ore, 56 minuti e 4 secondi. La durata del giorno<br />
varia un po’ nelle diverse stagioni. Durante <strong>il</strong> solstizio d’inverno, nel periodo<br />
in cui <strong>il</strong> pesco fiorisce e poi successivamente porta a maturazione i propri<br />
frutti, le ore di luce con le ore di buio quasi si equivalgono.<br />
<br />
Quandu ‘u re cadi, l’assu trema.<br />
Quando cade <strong>il</strong> re, l’asso trema.<br />
Detto del gioco del tresette, usato quando gli avversari riescono a smontare<br />
l’asso. La caduta dell’asso preannunzia che dopo poco verrà <strong>il</strong> turno del re.<br />
<br />
Quandu ‘u tempu eni di susu pigghja ‘a zappa e va pe’ jusu, quandu ‘u<br />
tempu eni di vasciu ‘mbuttati ‘ntro materazzu.<br />
Quando <strong>il</strong> tempo è da nord-est prendi la zappa e va in campagna, quando <strong>il</strong> tempo<br />
è da sud-ovest mettiti nel materasso.<br />
Un tempo <strong>il</strong> contadino prima di recarsi in campagna soleva soffermarsi sull’uscio<br />
di casa per osservare <strong>il</strong> cielo, facendo così delle previsioni meteorologiche. Se<br />
notava che era nuvoloso sulle montagne, cioè a nord-est, era sicuro che quella<br />
sarebbe stata una bella giornata, prendeva così la zappa e si recava nel luogo di<br />
lavoro; mentre se vedeva che <strong>il</strong> tempo era nuvoloso a sud-est preferiva rimanere<br />
a casa a dormire perché quella sarebbe stata certamente una giornata piovosa.<br />
73 In NDDC cauru, sciduru, cavru, caguru, carvu m. odore, lieve sentore; cauru, cavuru fiato, alito, soffio (di vento)<br />
[lat. * flagrum per *fragrum].<br />
74 In DEDC Abbacari, v. intr. Aver tempo, aver voglia, non aver che fare, stare ozioso, vacare, dal lat. vacare, usato<br />
da Cicerone in questo medesimo significato.<br />
106
(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />
‘Ndài cchjù vizzi<br />
du ciùcciu ‘i Gunneda<br />
107
Quandu a’ gatta nc’allucinu l’occhj, jamuncindi patruni ch’eni notti.<br />
Quando alla gatta br<strong>il</strong>lano gli occhi, andiamocene padrone perché è notte.<br />
Un tempo i manovali non godevano certamente di numerosi diritti, la giornata<br />
lavorativa iniziava all’alba e finiva la sera. Fatta questa premessa, si può capire<br />
perché i lavoratori invitassero <strong>il</strong> padrone a guardare gli occhi del gatto, che<br />
nell’oscurità br<strong>il</strong>lano di una piccola luce bluastra, effetto della pup<strong>il</strong>la d<strong>il</strong>atab<strong>il</strong>e,<br />
per capire che era ormai ora di tornare a casa.<br />
<br />
Quandu chiovi ‘ntro suli leuni, l’olivi dassanc<strong>il</strong>li po’ patruni.<br />
Quando piove nel sol leone, le olive lasciale al padrone.<br />
Nel periodo del sol leone gli alberi di ulivo hanno perso ormai la fioritura,<br />
tramutandola in piccolissime olive, le quali necessitano di bel tempo e non<br />
di temporali, poiché questi ultimi favoriscono la mosca olearia, vero flagello<br />
per i frutti. Le olive intaccate dalla mosca cadono, dimezzando <strong>il</strong> raccolto.<br />
Il contadino di un tempo teneva i terreni a colonìa. Si trattava di un<br />
tipo di contratto agrario in base al quale <strong>il</strong> proprietario concedeva un fondo<br />
a un contadino (colono) che s’impegnava a lavorarlo, a coltivarlo e a dividerne<br />
con <strong>il</strong> proprietario i prodotti e gli ut<strong>il</strong>i. Al contadino, di solito, spettava<br />
solo un quinto del raccolto, e così rimaneva con tanto lavoro e un guadagno<br />
quasi nullo.<br />
<br />
Quandu gridi quandu gadi quandu purvari 75 e quatredi.<br />
Quando gr<strong>il</strong>li quando galli quando polvere e quadretti (mattoni da pavimento).<br />
Pur assumendo diversi comportamenti in una stessa situazione, si avranno<br />
sempre gli stessi risultati.<br />
<br />
Quandu si martedu batti, quandu si ‘ncudini statti.<br />
Quando sei martello batti, quando sei incudine stai.<br />
I fabbri appoggiano sull’incudine i metalli da forgiare col martello. In senso figurato<br />
<strong>il</strong> martello è paragonab<strong>il</strong>e all’oppressore e l’incudine all’oppresso, pertanto<br />
chi è “martello” esercita oppressione, mentre chi è “incudine” ne è la vittima.<br />
<br />
Quandu unu ‘ndavi d’aviri beni, veni ‘a morti e su peri.<br />
Quando un uomo finalmente può star bene, viene la morte e se lo prende.<br />
Secondo la credenza popolare, ogni individuo nasce con un proprio destino,<br />
pertanto chi nasce fortunato, sarà accompagnato sempre dalla buona sorte,<br />
mentre chi nasce sfortunato sarà tartassato sempre e, anche quando sembra che<br />
possa viver bene e agiato, si presenterà la morte a portarlo via.<br />
75 Polvere da sparo.<br />
108
Quandu unu no sapi, eni comu l’orbu chi no vidi.<br />
Quando uno non sa, è come <strong>il</strong> cieco che non vede.<br />
L’uomo che non è a conoscenza di un fatto vive all’oscuro di tutto, proprio<br />
come <strong>il</strong> cieco, che al buio non può ravvisare la realtà.<br />
<br />
Quandu unu no voli, ddùi no si sciarrjànu.<br />
Quando uno non vuole, due non si bisticciano.<br />
Affinchè due persone si azzuffino, è necessario che ci sia la predisposizione di<br />
entrambe. Se uno dei due litiganti non ha volontà di venir alle mani, di sicuro<br />
cercherà una strada alternativa per raggiungere la pace. Pertanto, sorvolando è<br />
diffic<strong>il</strong>e che nascano diverbi rissosi.<br />
<br />
Quandu vidi ‘u bbonu pigghjat<strong>il</strong>lu co malu eni cosa ‘i sempi.<br />
Quando vedi <strong>il</strong> bene prend<strong>il</strong>o perché <strong>il</strong> male è cosa di sempre.<br />
Gli uomini del passato, erano abituati a vivere nella sofferenza, nel patimento,<br />
nei continui disagi e nella povertà assoluta, da tutto questo nasce l’invito a raccogliere<br />
senza esitare tutto ciò che è buono, perché con la penuria si convive.<br />
<br />
Quandu viditi nespula ciangiti, chistu eni lu primu fruttu di l’estati.<br />
Quando vedete nespole piangete, questo è <strong>il</strong> primo frutto dell’estate.<br />
Le nespole sono dei frutti formati da un piccolo pomo sferoidale, dal caratteristico<br />
color bruno-giallognolo e dalla lenta maturazione, che fiorisce per primo<br />
ed è uno dei primi frutti dell’estate. Un tempo si guardavano le nespole acerbe,<br />
attendendo la loro maturazione che avveniva in estate, la stagione dell’allegria,<br />
della gioia e della spensieratezza. Ma una volta maturate si capiva che<br />
oramai l’estate sarebbe trascorsa in un baleno. Da tutto questo si può dedurre<br />
che la gioia, <strong>il</strong> piacere consistono nel futuro, nell’attesa di un bene che verrà e<br />
non nel presente effettivo, perché quando tutto sarà finito ci sarà tristezza, noia<br />
e tanta malinconia.<br />
<br />
Rrobba ‘i guvernu cu’ no futti vaci o ‘mpernu.<br />
Roba di governo chi non ruba va all’inferno.<br />
Si ribadisce la cattiva amministrazione della “cosa pubblica” dove spesso si<br />
intascano, si sperperano e scialacquano fondi statali, aggirando la giustizia<br />
nella convinzione di rimanere impuniti.<br />
109
Rroba ‘i lìu comu vinni si ndi jiu.<br />
Roba di lìu 76 come è venuta così se ne è andata.<br />
Il detto sottolinea con amarezza che la roba che viene dal nulla, nel nulla se ne va.<br />
<br />
Rrobba fa onuri a mia, ca se fora nescerai, tu guerra porterai.<br />
Roba mia onorami, perché se fuori uscirai, porterai guerra.<br />
L’azione del prestare non sempre produce amicizia e riconoscenza, perché<br />
chi riceve una cosa prestata, non tiene la giusta cura, o nei casi peggiori,<br />
non restituisce l’oggetto di cui non è proprietario, suscitando malumore ed<br />
ira nel proprietario reale.<br />
<br />
S’attacca ‘u ciùcciu aùndi voli ‘u patruni.<br />
Si lega l’asino dove vuole <strong>il</strong> padrone.<br />
Il padrone ha sempre ragione, e all’operaio non resta che eseguire passivamente<br />
ciò che un superiore comanda.<br />
<br />
Sangu e dinari su duri a’ cacciari.<br />
Sangue e soldi sono duri da togliere (è diffic<strong>il</strong>e privarsene).<br />
Il sangue e <strong>il</strong> danaro sono accomunati dal fatto che è proprio dura privarsene.<br />
Chi dona <strong>il</strong> sangue senza una giusta causa? Chi regalerebbe soldi se non per<br />
una ragione ben fondata e motivata?<br />
<br />
Sant’Antoni faci tridici grazi o jornu pe’ ‘i vagabondi.<br />
Sant’Antonio fa tredici grazie al giorno per i vagabondi.<br />
La leggenda narra che Sant’Antonio un giorno vide bruciare <strong>il</strong> suo convento,<br />
impaurito dalle enormi fiamme divampate, corse fuori dalla cinta delle mura<br />
del convento per chiamare aiuto. A quell’ora la gente si era ormai recata nei<br />
campi a lavorare e nella piazza erano rimasti soltanto gli sfaticati. Questi ultimi,<br />
sentendo le grida di aiuto provenienti da Sant’ Antonio, accorsero al convento<br />
e aiutarono i frati a spegnere l’incendio velocemente, senza che <strong>il</strong> fuoco<br />
apportasse ingenti danni. Si narra che la benevolenza di Sant’Antonio fu talmente<br />
tanta verso i vagabondi, che promise loro tredici grazie al giorno.<br />
<br />
Santu Mangiuni nescìu prima ‘i Cristu.<br />
San “Ghiottone” nacque prima di Cristo.<br />
L’uomo che sperpera i propri averi, spendendo senza risparmio e ritegno<br />
più soldi di quelli che potrebbe guadagnare onestamente, fa pensare che<br />
gli stessi siano i profitti ricavati da lavoro <strong>il</strong>lecito.<br />
76 Termine onomatopeico usato per far rima.<br />
110
Sapi cchjù ‘u pacciu ‘ncasa sua, ca ‘u saviu ‘ncasa d’atru.<br />
Sa di più <strong>il</strong> pazzo in casa sua, che <strong>il</strong> saggio in casa d’altri.<br />
Ogni persona in casa sua sa muoversi liberamente trovandosi a proprio agio, e<br />
sapendo districarsi anche in situazioni precarie e diffic<strong>il</strong>i. Sicuramente non<br />
saprà fare altrettanto un saggio in quella stessa casa che non gli appartiene.<br />
<br />
Scarrica 77 t’abbamba e scarrica t’aduma dudici animedi 78 e tridici buttuna.<br />
Scarrica ti brucia e scarrica ti accende, dodici bottoncini e tredici bottoni.<br />
Cant<strong>il</strong>ena usata dai suonatori di tamburi.<br />
<br />
Scherza cu panti 79 e dassa stari ‘i Santi.<br />
Scherza con gli stupidi e lascia stare i Santi.<br />
Detto che invita alla discrezionalità nello scherzare con le persone stupide e<br />
all’ammonimento a non scherzare con le persone sacre.<br />
<br />
Scherzi ‘i mani e pidita ‘i culu fetinu.<br />
Scherzi di mani e peti di sedere puzzano.<br />
Lo scherzo per essere simpatico deve rimanere verbale, perchè se è di mani<br />
diventa come un peto, entrambi accomunati dal cattivo gusto.<br />
<br />
Scrusciu ‘i scupa nova pocu dura.<br />
Rumore di scopa nuova dura poco.<br />
La scopa è un arnese domestico usato per pulire <strong>il</strong> pavimento. Lo strofinìo della<br />
scopa nuova a contatto con <strong>il</strong> pavimento provoca un rumore che si affievolisce<br />
e poi successivamente scompare con <strong>il</strong> logorio subìto per l’uso continuato.<br />
Trasportando la figura traslata sul piano umano è paragonab<strong>il</strong>e ad una persona<br />
che ricopre una carica nuova: al primo approccio, detta regole e comportamenti<br />
mostrandosi innovativo, inflessib<strong>il</strong>e e severo, ma poi col passar del tempo<br />
diviene man mano più elastica.<br />
<br />
Se ‘u jetti ‘ntro mari, nesci cu culu chjnu ‘i calamari.<br />
Se lo butti in mare, ne esce col sedere pieno di calamari.<br />
Detto che indica una persona sempre baciata dalla fortuna, la cui sorte favorisce<br />
sempre la buona riuscita di ogni impresa.<br />
77 Antico gioco giovan<strong>il</strong>e.<br />
78 Piccoli bottoni di osso delle camicie.<br />
79 In DEDC Pantu, agg. Intontito, spaventato. stupido, cretino; lo sp. espanto per aferesi. Chiamasi anche pantu<br />
chi fa lo stupido senza essere tale.<br />
In DCI Pantafia, s. f. Figura di donna brutta e allocchita.<br />
111
Se bboi aviri furtuna mu si brutta e camuzzuna.<br />
Se vuoi aver fortuna devi essere brutta e pigra.<br />
Detto secondo <strong>il</strong> quale la fortuna accompagna la donna brutta e pigra, trovando<br />
marito prima di chi è bella e laboriosa.<br />
<br />
Se boi mu mbiti l’amicu carni di crapa e lignu di ficu.<br />
Se vuoi invitare un amico carne di capra e legno di fico.<br />
Per allontanare un amico inopportuno, si adotta un ottimo stratagemma,<br />
che consiste nel cucinare una carne come quella di capra che richiede<br />
molto tempo di cottura, quest’ultimo aumenta se la legna che alimenta <strong>il</strong><br />
fuoco sarà di fico, che per la durezza non produce fiamma, bensì soltanto<br />
brace. La lunga attesa stancherà l’amico.<br />
<br />
Se boi mu t’armi ‘na bona p<strong>il</strong>ucca, ‘u pedamentu fatt<strong>il</strong>lu d’acqua.<br />
Se vuoi costruirti una buona sbronza, le fondamenta devono essere d’acqua.<br />
Prima di una grossa ubriacatura conviene farsi una notevole bevuta d’acqua,<br />
perché si pensa che aumenti la capacità di sopportare l’alcool, dando così la<br />
possib<strong>il</strong>ità all’uomo ebro di bere quantità eccessive di vino o liquori.<br />
<br />
Se bboi mu ti vidi di beni va ‘a chiesia e carria fumeri.<br />
Se vuoi vivere nel bene vai in chiesa e trasporta letame.<br />
Dio ha una speciale pred<strong>il</strong>ezione per le persone dotate di un sentimento<br />
religioso autentico, che osservano scrupolosamente le pratiche del culto e<br />
che lavorano molto e volentieri. Per vivere felicemente bisogna essere<br />
onesti, devoti e laboriosi.<br />
<br />
Se bboi nommu ta passi mali, lavura a’ spada du caporali.<br />
Se non vuoi passartela male, lavora a fianco del caporale.<br />
Il caporale è un operaio che guida e sorveglia una squadra di lavoratori.<br />
Persona autoritaria dai modi spesso sgarbati e perentori. L’aspetto sicuro, deciso,<br />
che non ammette dubbi o contestazioni, rende <strong>il</strong> caporale persona di potere<br />
e per questo chi, con maniere ipocrite e adulatorie, cerca di ingraziarselo,<br />
otterrà vantaggi e favori.<br />
<br />
Se bboi stari beni, pigghja ‘u mundu comu veni.<br />
Se vuoi viver bene, prendi <strong>il</strong> mondo come viene.<br />
Il mondo presenta m<strong>il</strong>le lati oscuri e per vivere senza continui rompicapi bisogna<br />
vivere alla giornata, dando sì <strong>il</strong> peso giusto alle cose, ma senza soffermarsi<br />
in continue ed estenuanti riflessioni.<br />
112
Se bboi vidiri ‘n’omu jestimari danci tri ligna e no l’attaccari.<br />
Se vuoi vedere un uomo bestemmiare dagli tre legni e non li legare.<br />
Il legno ha un fusto tubolare di forma conica. Per trasportare più pezzi bisogna<br />
assolutamente legarli fra loro altrimenti scivolano. Se i pezzi non legati<br />
rischiano la caduta l’uomo che li deve portare perde ovviamente la pazienza.<br />
<br />
Se bboi vidiri l’amicu ‘mpurriri dassalu u’ parla e no nci rispundìri.<br />
Se vuoi vedere l’amico marcire lascialo parlare e non rispondergli.<br />
Quando si vuol vedere un amico andare in collera, la miglior cosa è lasciarlo<br />
parlare e non rispondere alle sue provocazioni, così facendo finirà per avere<br />
un’improvvisa accensione d’animo, si lascerà trasportare dall’ira manifestandola<br />
con grida, parole e gesti inconsulti.<br />
<br />
Se chiovi ‘i San Gianni s’allupanu80 ‘i castagni.<br />
Se piove <strong>il</strong> giorno di San Giovanni si rovinano le castagne.<br />
Nel mese di giugno i terreni per <strong>il</strong> forte caldo sono surriscaldati. Un<br />
improvviso temporale nel giorno di San Giovanni produce uno sbalzo termico<br />
che forma una nebbiolina fine, somigliante al vapore acqueo, che<br />
provoca una malattia al pericarpio. I ricci ammalati si staccano dalla pianta,<br />
non consentendo al frutto di venire a maturazione.<br />
<br />
Se Cola cacava no moria abbuttatu.<br />
Se Nicola defecava non moriva gonfio (cioè non scoppiava).<br />
Modo di dire per sottolineare una risposta più che ovvia.<br />
<br />
Se fabbricu barritti jeu, nescinu l’omani senza testa.<br />
Se fabbricassi cappelli io, nascerebbero uomini senza testa.<br />
Quando ad ogni iniziativa presa non si è assistiti dalla sorte, si ha l’impressione<br />
che tutto sia contro, si perde ogni speranza, ci si convince che è<br />
inut<strong>il</strong>e scervellarsi, perché qualsiasi progetto non sarà mai portato a termine<br />
e si teme che succederà qualcosa, impossib<strong>il</strong>e da prevedere, che<br />
comprometterà la buona riuscita dell’opera.<br />
80 Malattia che infradicia l’interno dei frutti tramutandoli in una massa scura divenendo inut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i.<br />
113
Se marzu no marzìa ‘u massaru no palìa 81 .<br />
Se marzo non marzeggia <strong>il</strong> contadino non palìa.<br />
114<br />
Il tempo variab<strong>il</strong>e, come lo è in marzo, è essenziale perché si abbia una buona produzione<br />
di grano, per questo si dice che se marzo non marzeggia <strong>il</strong> contadino non<br />
fa un raccolto abbondante e quindi non può sistemarlo con la pala nel granaio.<br />
Senti sulu u scrusciu du rami.<br />
Sente solo <strong>il</strong> rumore del rame.<br />
<br />
Modo di dire che indica una persona che agisce solo per denaro, dimostrandosi<br />
esclusivamente ispirato da motivi d’interesse economico.<br />
<br />
Senza sacrificiu ‘mparadisu no si va.<br />
Senza sacrificio in paradiso non si va.<br />
Secondo la religione Cattolica, <strong>il</strong> Paradiso è <strong>il</strong> luogo dove le anime dei<br />
giusti godono nella visione di Dio di una beatitudine eterna. Per guadagnare<br />
un posto in Paradiso la Chiesa insegna a rispettare le regole, ovvero<br />
i dieci comandamenti dettati da Dio a Mosè. Pertanto per riuscire ad ottenere<br />
una cosa, raggiungere uno scopo desiderato, necessitano privazioni e<br />
fatiche, ma soprattutto un impegno serio e severo.<br />
<br />
Si ‘ndi nesci da magghja rutta.<br />
Esce fuori dall’anello rotto.<br />
Espressione che si riferisce ad una persona consapevole di aver provocato un danno,<br />
che finge di non esserne la causa, trovando una scorciatoia per darsela a gambe.<br />
<br />
Si cchiù longu i na jornata senza pani.<br />
Sei più lungo di una giornata senza pane.<br />
Quando i contadini si recavano a lavorare nelle terre solevano portar con sé gli<br />
alimenti giornalieri, ma poiché erano tempi tristi non sempre i poveri lavoratori<br />
avevano <strong>il</strong> pane. Lavorando duramente e senza niente da mangiare una giornata<br />
diventava lunghissima e senza fine. In senso figurato questo proverbio<br />
indica una persona molto alta.<br />
81 Agitare con la pala <strong>il</strong> frumento nel granaio.
Passa l’agroi e pungi ‘u voi, torna a passari<br />
no ‘u pungiri e no ‘u toccari<br />
(Disegno di Luciana Politi)<br />
115
Si cchjù nigru da paramatta 82.<br />
Sei più nero di un grembiule.<br />
116<br />
La pigmentazione del contadino calabrese, lavorando sotto <strong>il</strong> sole cocente,<br />
diventa dapprima bronzea, poi col passare dei giorni assume un colore nerastro<br />
sim<strong>il</strong>e ai pigmei. Il viso scuro si raffronta col colore della paramatta per evidenziare<br />
che <strong>il</strong> volto del contadino è fortemente bruno.<br />
Si cchiù vacabundu i’ nu cani.<br />
Sei più vagabondo di un cane.<br />
<br />
Una storiella racconta che un cane, un giorno passò da una sorgente d’acqua.<br />
Il forte zamp<strong>il</strong>lo toccava la coda dell’animale <strong>il</strong> quale pensò: “Se la<br />
mia bocca fosse al posto della mia coda, di sicuro berrei”. Da questo nasce<br />
<strong>il</strong> detto “più vagabondo di un cane”.<br />
<br />
Si comu l’ovu o focu, cchjù staci e cchjù ‘nduri.<br />
Sei come l’uovo al fuoco, più sta e più indurisce.<br />
Detto che indica un uomo che non impara mai dalla vita, perseverando così<br />
negli errori. Questi viene usato come termine di paragone con l’uovo, che se<br />
lasciato sul fuoco indurisce sempre più col passare dei minuti.<br />
Si futti ‘a lira e cu’ ‘a penza.<br />
Vada al diavolo chi pensa ai soldi spesi.<br />
<br />
L’uomo ha bisogno di evadere dalla realtà, prendendosi degli svaghi, dei divertimenti.<br />
Anche se a volte economicamente non si potrebbero fare degli spropositi, per lo<br />
stare bene non bisogna pensare certamente ai soldi spesi, si recupereranno in seguito.<br />
Si na lagna.<br />
Sei una lagna.<br />
<br />
Espressione indirizzata ad una persona che infastidisce con lunghi discorsi o<br />
continui piagnistei.<br />
82 Tessuto di cotone nero usato per grembiule o per fare delle strisce da appendere obliquamente alla porta dove<br />
c’è stato un lutto.
Si scappu ‘i sti botti no nci vegnu cchjù ‘i notti.<br />
Se scappo a queste botte non vengo più di notte.<br />
Il ladro non sempre porta a termine <strong>il</strong> suo colpo, qualche volta incappa, suo<br />
malgrado, nelle grinfie del proprietario, a cui doveva sottrarre qualcosa, ed è<br />
proprio in quell’istante che nascono i problemi. Iniziano le percosse e botte da<br />
orbi, dalla sofferenza fisica ne scaturisce una promessa nel cuore del ladro di<br />
non ritornar mai più a rubare.<br />
Si sparanu pe’ lupi.<br />
Si sparano come si fa ai lupi.<br />
<br />
Detto che indica due persone acerrime nemiche.<br />
Si teni ‘i ddùi arrami.<br />
Si tiene da due rami.<br />
<br />
Detto che indica in senso figurato un uomo che mantiene due possib<strong>il</strong>ità.<br />
<br />
Spara a’ levanti e pigghja a’ ponenti.<br />
Spara a levante e colpisce a ponente.<br />
Metafora usata per segnalare una persona che attacca con violente accuse un<br />
innocente, sbagliando completamente bersaglio.<br />
<br />
Sparti ricchizza e mori ‘npovertà.<br />
(Chi) divide <strong>il</strong> patrimonio muore in povertà.<br />
Non bisogna mai rinunziare volontariamente al patrimonio per ripartirlo ai<br />
propri cari, con la speranza di essere un giorno accuditi, perché si finisce<br />
per morire da soli con le proprie sofferenze e in più senza un soldo da<br />
poter impiegare come meglio si crede.<br />
Spogghja ‘a cruci e vesti artaru.<br />
Spoglia la Croce e veste l’Altare.<br />
<br />
Detto che indica la mancata sistemazione di un qualcosa, aggiustandone una e<br />
contemporaneamente guastandone un’altra.<br />
117
Su cchjù vicini ‘i denti ca ‘i parenti.<br />
Sono più vicini i denti dei parenti.<br />
118<br />
Quando si è golosi, specie di alcuni cibi particolarmente gustosi che sollecitano la<br />
voglia di mangiarne anche oltre <strong>il</strong> bisogno, è diffic<strong>il</strong>e pensare di conservarne un<br />
po’ anche per <strong>il</strong> resto della famiglia. Si preferisce prima soddisfare <strong>il</strong> proprio piacere<br />
di mangiare, poi eventualmente farne assaggiare un pò anche agli altri.<br />
<br />
T’ammogghj ‘u biscottinu.<br />
T’inzuppi <strong>il</strong> biscottino.<br />
Detto che indica una persona che reagisce alle burle verbali di qualcuno.<br />
<br />
Ti menti comu ‘u ciciari o crivu 83 .<br />
Ti metti come i ceci nello staccio.<br />
Il frutto dei ceci è costituito da un baccello contenente uno o due semi, <strong>il</strong> quale<br />
una volta essiccatosi attaccato alla stessa pianta verrà raccolto. Un tempo, dopo<br />
<strong>il</strong> raccolto, si deponeva a terra davanti alle affollatissime aie, per essere calpestato<br />
o battutto. Dopo questa prima fase le donne mettevano <strong>il</strong> tutto nello staccio,<br />
e con un’azione rotante lanciavano i chicci rotondi e le restanti parti del<br />
baccello ormai polverizzati, che a contatto con l’aria si separavano, i chicchi<br />
cadevano nello staccio. In senso figurato indica persone che come i ceci rotano<br />
e sono sempre in giro per essere separati dai baccelli essiccati.<br />
<br />
Ti menti supa ‘a nu ciucciu jancu.<br />
Ti metti sopra un asino bianco.<br />
Metaforicamente ci si riferisce all’essere criticato ferocemente per un comportamento<br />
non uniforme al modo di pensare e di agire, l’andare contro corrente<br />
non lasciandosi trascinare dal parere dei più.<br />
<br />
Ti mini ‘i falacchi ntra facci.<br />
Ti getti fango in faccia.<br />
Detto che indica in senso figurativo, l’esortazione ad evitare un’ azione che può<br />
essere causa di perdita d’immagine, disonore e vergogna.<br />
83 Arnese formato da due sott<strong>il</strong>i cerchi di legno l’uno incastrato in una piccola parte nell’altro per tener ferma e<br />
tesa una rete di seta o di f<strong>il</strong>i metallici.
Ti porta a’ Napuli sutta o lettu.<br />
Ti porta Napoli sotto <strong>il</strong> letto.<br />
Si indica una persona dalla grande dialettica, attraverso la quale riesce a convincere<br />
gli altri, tanto da far apparire fac<strong>il</strong>e anche le cose più impossib<strong>il</strong>i.<br />
<br />
Ti russichi ‘i guvita!<br />
Ti rodi i gomiti!<br />
Frase che è ut<strong>il</strong>e per indicare la disperazione di una persona per un’opportunità<br />
lasciata sfuggire.<br />
<br />
Ti vannu tri arangi e tri limuna.<br />
Ti entrano tre arance e tre limoni.<br />
Detto usato quando una persona è assalita dalla paura per un pericolo presente,<br />
prossimo, reale o accresciuto dall’immaginazione.<br />
<br />
Trasi cu lisciu lisciu.<br />
Entra pian pianino.<br />
Detto che indica <strong>il</strong> modo di agire di una persona che entra pian piano in una società,<br />
e attraverso astuzie e inganni, tenta di convogliare tutto e tutti dalla sua parte.<br />
<br />
Tri ‘i chisti su menza canna.<br />
Tre di questi sono mezza canna.<br />
Modo di dire che accusa la mancanza degli alimenti necessari per soddisfare<br />
<strong>il</strong> bisogno di mangiare.<br />
<br />
Tri p<strong>il</strong>i ‘ndavi ‘nu porcu e ‘nu porcu ‘ndavi tri p<strong>il</strong>i.<br />
Tre peli ha un maiale e un maiale ha tre peli.<br />
Detto che indica la ripetizione sistematica di uno stesso discorso.<br />
<br />
Tri su ‘i potenti: Re, Papa e cu’ no ‘ndavi nenti.<br />
Tre sono i potenti: Re, Papa e chi non ha niente.<br />
Il Re detiene <strong>il</strong> potere sovrano negli Stati retti a monarchia, <strong>il</strong> Papa è <strong>il</strong> Pontefice<br />
romano, capo della Chiesa cattolica e chi non possiede niente ha <strong>il</strong> potere di agire<br />
come meglio crede, perché non ha nulla da perdere e niente da guadagnare.<br />
119
Trova modu e zzappa fundu.<br />
Trova tenero e zappa fondo.<br />
Figura metaforica che si riferisce a chi approfitta delle debolezze altrui, speculando<br />
senza scrupoli su una situazione a lui favorevole.<br />
<br />
Tu dugnu l’orgiu.<br />
Te lo do l’orzo.<br />
Detto, a mo’ di avviso, per minacciare una lezione a suon di legnate.<br />
<br />
‘U bonu jornu si vidi da matina.<br />
La buona giornata si vede dal mattino.<br />
Se la mattina appena alzati va tutto per <strong>il</strong> verso giusto, si intuisce immediatamente<br />
dalle prime manifestazioni che quella sarà una giornata favorevole, da<br />
poter affrontare con tranqu<strong>il</strong>lità.<br />
<br />
‘U cani muzzica sempi ‘u sciancatu.<br />
Il cane morde sempre <strong>il</strong> disgraziato.<br />
Questo proverbio indica, in senso figurativo, un uomo che più è disagiato e più<br />
viene colpito dalla cattiva sorte e da eventi negativi.<br />
<br />
‘U cavadu in cumunìa mori via via.<br />
Il cavallo in comune muore cammin facendo.<br />
Lavorare in società a volte non da guadagno a nessuno dei componenti, in<br />
quanto l’eccessiva fiducia sovente viene ricambiata con la sbadataggine.<br />
<br />
‘U ciùcciu ‘a carrija e ‘u ciùcciu sa ‘mbivi.<br />
L’asino trasporta l’acqua e lui stesso se la beve.<br />
120<br />
L’asino, un tempo, era <strong>il</strong> mezzo principale usato per <strong>il</strong> trasporto di cose e persone.<br />
Anche l’acqua necessaria alla famiglia veniva trasportata dalla fonte alle<br />
case sugli asini. Il padrone, appena giunto a casa, doveva prestare la massima<br />
attenzione nello <strong>scarica</strong>re i bar<strong>il</strong>i, perché se lasciava i recipienti a portata della<br />
bocca dell’animale, l’acqua spariva, bevuta in un baleno dal quadrupede affaticato.<br />
In senso figurativo, si paragona l’asino ad un uomo che porta un qualcosa<br />
a casa e la consuma, senza dividere con i propri fam<strong>il</strong>iari.
‘U ciucciu, chi mangia ficara, si caccia ‘u viziu quandu mori.<br />
Il somaro, che mangia foglie di fico, si toglie <strong>il</strong> vizio solo alla morte.<br />
Il somaro una volta sciolto dal basto84 è libero di riposarsi un po’ e di brucare<br />
nella fresca e tenera erba verde, ma, invece di chinare <strong>il</strong> capo, preferisce alzarlo<br />
e strappare le foglie dal fico. In chiave metaforica, l’uomo vagabondo, per vivere<br />
sovente va a rubare e tale vizio lo perderà soltanto quando cesserà di vivere.<br />
<br />
‘U ciucciu i tanti patruni camina a raghuni.<br />
Il somaro di tanti padroni cammina strisciando.<br />
Vedi proverbio «‘U cavadu in cumunia mori via via».<br />
<br />
‘U ciùcciu o senteri, ‘u dannu arriva a’ casa.<br />
Il somaro sull’orlo del dirupo, <strong>il</strong> danno arriva a casa.<br />
L’asino costituiva per <strong>il</strong> proprio padrone un patrimonio da salvaguardare, perchè<br />
serviva da mezzo di trasporto e come mezzo di lavoro. Per tutelare la sua<br />
incolumità era necessario percorrere sentieri sicuri, lontano dai dirupi. Questo<br />
proverbio è un monito a non condurre una vita sul limite del precipizio, perchè<br />
in caso di eventi negativi sarà la famiglia a patirne.<br />
<br />
‘U ciucciu si mangia ‘u frenu ca si ricorda quand’era erba.<br />
L’asino mangia <strong>il</strong> fieno, perché si ricorda quand’era erba.<br />
La vita riserva spesso cambiamenti di condizione sociale, pertanto chi ha ricevuto<br />
un favore da una persona agiata, dovrà ricambiare, quando quest’ultimo caduto<br />
in disgrazia, sarà nel bisogno. Non bisogna mai dimenticare <strong>il</strong> bene ricevuto.<br />
<br />
‘U culu chi no vitti mai panneda, quandu ‘a vitti sa cacau.<br />
Il sedere che non ha mai visto la falda, appena vista l’ha defecata.<br />
Si fa riferimento a quegli individui che cambiano <strong>il</strong> proprio stato sociale e da poveri<br />
diventano ricchi, e dimenticando <strong>il</strong> proprio passato, assumono atteggiamenti altezzosi<br />
e si comportano con alterigia85 verso chi continua a vivere nell’indigenza.<br />
84 Specie di sella grossa e rozza per bestie da soma, che serve per caricarvi i sacchi, legna ed altro.<br />
85 Comportamento di chi si ritiene superiore agli altri.<br />
121
‘U diavulu no ‘ndavi ‘i pecuri e vindi lana.<br />
Il diavolo non ha le pecore e vende lana.<br />
Il diavolo è un ottimo ingannatore, fa apparire tutto chiaro promettendo ogni<br />
cosa, ma bisogna essere consapevoli che sono solo <strong>il</strong>lusioni.<br />
<br />
‘U ferru stortu, ‘u focu l’addirizza.<br />
Il ferro storto, <strong>il</strong> fuoco l’addrizza.<br />
Il fabbro addrizza <strong>il</strong> ferro mettendolo nel fuoco e, dopo averlo reso incandescente,<br />
lo batte ripetutamente col martello sull’incudine rendendolo diritto.<br />
Simbolicamente è usato come termine di paragone ad una persona dalla testa<br />
calda, la quale tornerà al rispetto altrui solo attraverso le maniere forti.<br />
<br />
‘U figghjolu moriu e ‘u San Gianni si perdiu.<br />
Morto <strong>il</strong> bambino si perde <strong>il</strong> comparatico.<br />
“U San Gianni” in Calabria è chi fa da padrino al battesimo di un bambino o<br />
di una bambina. Questa denominazione trae le sue origini da San Giovanni<br />
Battista, <strong>il</strong> quale battezzò Gesù nel fiume Giordano. Il padrino in Calabria è<br />
considerato alla pari di un fam<strong>il</strong>iare, al quale ci si rivolge con tono confidenziale<br />
e amichevole, ma sempre con grande rispetto e stima, fino a dire che “U<br />
San Gianni” si rispetta fino alla settima generazione. Attraverso la metafora<br />
questo proverbio indica l’allontanamento di due famiglie perché è venuto a<br />
mancare l’elemento principale della loro amicizia.<br />
<br />
‘U focu si chiama ciccu 86 , ardi ‘u virdi e ardi ‘u siccu.<br />
Il fuoco si chiama ciccu arde sia <strong>il</strong> legno verde che quello secco.<br />
Il fuoco consuma e distrugge, rendendo in cenere qualsiasi tipo di legno. Esso è un<br />
fenomeno da combustione che brucia sia <strong>il</strong> legno secco e già stagionato, che quello<br />
verde, solo che nel secondo caso impiega più tempo, perché <strong>il</strong> legno verde, prima di<br />
bruciarsi, tende a friggere emettendo <strong>il</strong> caratteristico scoppiettio di ciò che crepita.<br />
<br />
‘U gabbu cogghj, ‘a jestima no.<br />
Il gabbo colpisce, l’imprecazione no.<br />
Il gabbo è un atto scherzoso e allegro fatto per divertirsi alle spalle altrui,<br />
ma senza intenzione di offendere o nuocere. L’imprecazione è una maledizione<br />
invocata alle spalle altrui con l’intenzione di far del male. Il gabbo<br />
può colpire le persone sia moralmente che fisicamente, l’imprecazione no,<br />
perchè si tratta di una stolta credenza popolare.<br />
86 Termine onomatopeico per fare la rima.<br />
122
Cu’ ddùi lepri voli m’acchiapppa<br />
una nci fuji e l’atra nci scappa<br />
(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />
123
‘U gabbu cogghj a’ u’ labbru, ‘a maravigghja cogghj ‘a figghja.<br />
Il gabbo colpisce al labbro, la meraviglia colpisce la figlia.<br />
La credenza popolare insegna che quando ci si diverte prendendo in giro qualcuno,<br />
un male nuocerà alla bocca; mentre quando ci si meraviglia per un’imperfezione<br />
fisica lo stesso difetto colpirà un componente della famiglia.<br />
<br />
‘U jimbusu, in mezzu a’ via, no guardava ‘u jimbu c’avia.<br />
Il gobbo, in mezzo alla via, non guardava la gobba che aveva.<br />
Sovente l’uomo è portato ad osservare e burlarsi dei difetti altrui, mentre lui<br />
stesso ne è possessore di più grandi. “Non guardare la pagliuzza nell’occhio di<br />
un’altro, quando nel tuo c’è una trave”.<br />
<br />
‘U jornu vaju aùndi vogghju e ‘a notti m’ardu l’ogghju.<br />
Di giorno vado dove voglio e la notte brucio l’olio della lampada.<br />
Lo scolaro menefreghista, durante le ore diurne, tralascia i normali doveri scolastici,<br />
ossia i compiti assegnatigli, perché distratto dalle cattive amicizie o<br />
dalla voglia irrefrenab<strong>il</strong>e di giocare. Con l’arrivo della sera, subentrano le<br />
angosce e si tenta di recuperare, compiendo le normali operazioni che si sarebbero<br />
dovute svolgere di giorno.<br />
<br />
‘U lavuru da festa, trasi da porta e nesci da finestra.<br />
Il lavoro nel giorno di festa, entra dalla porta ed esce dalla finestra.<br />
Chi si reca a lavorare nelle giornate di domenica e nelle feste comandate,<br />
sovente non si gode quasi mai <strong>il</strong> guadagno di dette giornate, poiché succede<br />
sempre qualcosa a mettere i bastoni fra le ruote. Pertanto è meglio rispettare <strong>il</strong><br />
comandamento che invita a santificare le feste.<br />
<br />
‘U lettu faci ddùi cosi se no dormi ti riposi.<br />
Il letto fa due cose se non dormi riposi.<br />
Il letto è <strong>il</strong> giaciglio destinato al sonno e al riposo, pertanto una volta coricati ed<br />
aver assunto una posizione comoda, se non si ha voglia di dormire si possono<br />
tranqu<strong>il</strong>lamente recuperare le forze e smaltire la fatiche giornaliere riposandosi.<br />
<br />
‘U lupu cangia ‘u p<strong>il</strong>u, ma no ‘u viziu.<br />
Il lupo cambia <strong>il</strong> pelo, ma non <strong>il</strong> vizio.<br />
Chi è pervicace in una cattiva abitudine diffic<strong>il</strong>mente riesce a togliersela, non<br />
ascolta i consigli e i rimproveri degli altri, è un pò come <strong>il</strong> lupo che non può<br />
124
sopprimere l’abitudine di assalire le greggi, pur essendo maltrattato e cacciato<br />
ogni qualvolta si avvicini.<br />
<br />
‘U mangiari e ‘u ‘mbiviri ti sana, ‘u troppu fatigari t’abbanduna.<br />
Il mangiare e <strong>il</strong> bere ti curano, <strong>il</strong> troppo lavoro ti ammala.<br />
Il mangiare e <strong>il</strong> bere fanno godere l’uomo di un’ottima salute, <strong>il</strong> troppo lavoro<br />
fa perdere le forze, rendendo una persona stanca e priva di energia.<br />
<br />
‘U mangiari eni di regiuni, cu’ no mangia ‘mpalisi mangia ammucciuni.<br />
Il mangiare è di ragione, chi non mangia palesemente mangia di nascosto.<br />
Il mangiare costituisce per la sopravvivenza dell’uomo un bisogno di<br />
prima necessità, pertanto chi cerca di persuadere gli altri, con atteggiamenti<br />
e parole, a non mangiare niente è un bugiardo, perché se non si nutre<br />
pubblicamente lo farà sicuramente di nascosto.<br />
<br />
‘U marinaru pigghja pisci e jestima.<br />
Il marinaio pesca pesci e impreca.<br />
Detto che indica una persona che guadagna bene, ma per non essere colpito dal<br />
malocchio da parte di persone invidiose, cerca di nascondere la propria condizione<br />
economica lamentandosi.<br />
‘U massaru eni patruni da ricotta.<br />
Il pastore è padrone della ricotta.<br />
<br />
Vedi proverbio “Cu’ sulu sulu si guarda ‘i vacchi, sulu sulu si ‘mbivi ‘u latti”.<br />
<br />
‘U mastru pignataru menti ‘u manicu aùndi voli.<br />
Il mastro pignattaio mette <strong>il</strong> manico dove vuole.<br />
Il pignattaio è un artigiano che costruisce recipienti di terracotta usati per cuocere<br />
vivande. Lo stesso nel costruire le pignatte, decide da quale lato attaccare<br />
<strong>il</strong> manico. Questo proverbio riconduce a quelle persone molto loquaci che con<br />
molte parole riescono ad avere sempre ragione.<br />
125
‘U medicu no ordina lavuru, ordina riposu.<br />
Il dottore non ordina lavoro, ordina riposo.<br />
L’uomo che non intende lavorare è propenso ad inventarsi, operando di pura<br />
fantasia qualsiasi scusa, anche quella di asserire che <strong>il</strong> lavoro fa male alla salute<br />
e che non si è mai visto in un precetto medico comparire <strong>il</strong> lavoro.In poche<br />
parole questo è <strong>il</strong> motto dei vagabondi.<br />
<br />
‘U medicu pietusu faci ‘a caja verminusa.<br />
Il medico pietoso fa diventare la piaga con i vermi.<br />
Il medico per la professione che esercita non può permettersi d’impietosirsi di fronte<br />
al dolore provocato dalla malattia, in alcuni casi, se occorre deve aver <strong>il</strong> coraggio<br />
di tagliar corto e di usar rimedi drastici, altrimenti rischia che <strong>il</strong> male avanzi.<br />
<br />
‘U paisi eni du paisanu.<br />
Il paese è del paesano.<br />
Ogni paese è caratteristico per le sue tradizioni e le sue abitudini, <strong>il</strong> paesano<br />
essendo del luogo spontaneamente le acquisisce, facendole proprie e comportandosi<br />
di conseguenza, per questo si dice che è compito delle persone che vi<br />
abitano salvaguardarlo e valorizzarlo.<br />
<br />
‘U pani chi no eni ‘u toi dassalu stari.<br />
Il pane che non è tuo lascialo stare.<br />
Questo proverbio è di chiaro significato, è un invito, e nello stesso tempo un<br />
ammonimento, a rispettare e soprattutto a non rubare la roba appartenente ad altri.<br />
<br />
‘U piaciri du ciùcciu eni ‘a gramigna.<br />
Il piacere dell’asino è la gramigna.<br />
La gramigna è una pianta dai fusti terminanti in sott<strong>il</strong>i spighe, si propaga largamente<br />
e per questo nuoce ai campi coltivati, ed è però un buon nutrimento<br />
per <strong>il</strong> bestiame specialmente per gli asini che ne sono ghiotti. In senso figurato<br />
l’asino è l’uomo che lavora e la gramigna rappresenta i soldi.<br />
<br />
‘U pocu ranu su mangianu l’acedi.<br />
Il poco grano se lo mangiano gli uccelli.<br />
Sovente <strong>il</strong> contadino, quando <strong>il</strong> campo di grano non cresce rigoglioso, non<br />
miete e lascia lo scarno raccolto in mano agli stormi d’uccelli. L’amara metafora<br />
è qua rivolta alle famiglie in cui regna la scarsità, e per tal ragione i figli<br />
mangeranno poco e non si vedranno mai sazi.<br />
126
‘U poveru mu nci duna o riccu ‘u diavulu si scippa.<br />
Se <strong>il</strong> povero dona al ricco <strong>il</strong> diavolo si dispera.<br />
Solitamente l’uomo povero, anche se non abbiente è dotato di un cuore<br />
grande, è una persona magnanima e assai generosa, anche nei confronti di chi vive<br />
in condizioni agiate come l’uomo ricco. Questa situazione assurda, contraria persino<br />
ai maligni principi, porta <strong>il</strong> diavolo alla disperazione.<br />
<br />
‘U primu d’Apr<strong>il</strong>i ment<strong>il</strong>u ‘n caddu e no lu diri.<br />
Il primo di Apr<strong>il</strong>e mett<strong>il</strong>o in caldo e non lo dire.<br />
Questo proverbio è legato alla coltivazione del gelso ed all’allevamento del<br />
baco da seta un tempo molto diffusi ad <strong>Anoia</strong> 87 . «Nell’entrare dell’Apr<strong>il</strong>e quando<br />
le gemme dei gelsi sono per sbocciare, le donne mettono in caldo come<br />
dicono, le uova del baco da seta. Per far ciò, queste, contenute e conservate in<br />
pezzuolina di tela di lino e poi avvolte in altra di lana, si mettono in stanza in<br />
cui è una braciera con brace, regolandone <strong>il</strong> calore con la prudenza. La notte si<br />
passa l’involto suddetto sotto le coltrici del letto dove si dorme. A capo di cinque<br />
o sei giorni incomincia a uscire <strong>il</strong> baco (norrimi, n.d.a.)» 88 .<br />
<br />
‘U previti senza sordi missa no ‘ndi canta.<br />
Il prete senza soldi non canta messa.<br />
In determinate occasioni quali matrimonio, battesimo, <strong>il</strong> prete celebra la messa<br />
rinnovando <strong>il</strong> sacrificio di Cristo, ma perché alcuni momenti della celebrazione<br />
siano allietati con canti è necessario che venga pagato anche <strong>il</strong> coro; con<br />
riferimento a questo fatto, quando non si vuole prestare un servizio gratuitamente<br />
si dice che <strong>il</strong> prete se non viene pagato non fa cantare la messa.<br />
<br />
‘U Santu prima ricivi e poi disponi.<br />
Il Santo prima riceve e poi dispone.<br />
Questo proverbio si riferisce alla categoria di persone che se non ricevono<br />
anticipatamente un compenso, non portano a compimento l’opera o <strong>il</strong><br />
favore a loro chiesto.<br />
87 Giuseppe Antonio Pasquale, Relazione..., op. cit., pag. 252. «In Mammola nei giardini, sovente vanno a morire<br />
dei grandissimi gelsi. Così nel latifondo del Marchese Avati in <strong>Anoia</strong>. Mentre osservate i gelsi impalcati della<br />
Piana, di figura globosa, carichi di foglia rigogliosa e forte: per tutti gli orti di Galatro, Maropati, Feroleto,<br />
Cittanuova, <strong>Anoia</strong>, Cinquefrondi, Polistina, i gelsi ivi non invecchiano mai, quantunque non diano mai più di<br />
uno a due cantaia».<br />
88 Giuseppe Antonio Pasquale, Relazione..., op. cit., pag. 94.<br />
127
‘U saziu no canusci ‘u diunu.<br />
Il sazio non conosce <strong>il</strong> digiuno.<br />
Detto che indica una persona che vive in condizioni agiate, <strong>il</strong> quale non crede<br />
alla realtà del povero che vive di stenti e privazioni.<br />
<br />
‘U Signuri nciuna pani a’ cu’ no ‘ndavi denti.<br />
Iddio dà pane a chi è senza denti.<br />
A chi avrebbe la possib<strong>il</strong>ità di fare, manca la voglia, mentre a chi vorrebbe fare,<br />
manca la possib<strong>il</strong>ità. Il Signore dà beni a chi è impossib<strong>il</strong>itato o incapace di<br />
goderne, oppure non ne è meritevole.<br />
<br />
‘U Signuri mu t’aiuta, cu na mani mina e cu natra ti teni.<br />
Il Signore ti possa aiutare, con una mano ti picchia e con un’altra ti sorregge.<br />
È meglio ricevere un’educazione ferrea, dura, forte e ferma. Dapprima all’occhio<br />
del ricevente risulterà diffic<strong>il</strong>e da accettare, ma poi, col tempo, vedendone<br />
i vantaggi, ciò verrà apprezzata come un ottimo insegnamento alla vita.<br />
<br />
‘U suli si ‘ndi jiu domani torna, se mi ‘ndi vajiu jeu no tornu cchjù.<br />
Il sole è tramontato domani torna, se me ne vado io non torno più.<br />
Detto che indica in maniera profonda l’intramontab<strong>il</strong>e differenza tra <strong>il</strong> sole e la<br />
vita. Il sole anche se tramonta l’indomani risorgerà, l’uomo quando cessa di<br />
vivere non può più ritornare in vita.<br />
<br />
‘U tempu passa e ‘a morti s’avvicina.<br />
Il tempo passa e la morte s’avvicina.<br />
Col passare del tempo anche gli anni avanzano rapidamente, ci si ritrova ad<br />
un’età attempata, le forze diminuiscono e si è sempre più prossimi alla morte.<br />
<br />
Va avanzi e arretu comu ‘a navetta da t<strong>il</strong>a stritta.<br />
Va avanti e indietro come la navetta della tela stretta (del telaio).<br />
128<br />
La navetta è uno strumento del telaio, che contiene la spola, quest’ultima è un<br />
piccolo arnese su cui si avvolgono i f<strong>il</strong>ati che vengono inf<strong>il</strong>ati nella navetta per<br />
formare la trama. La tessitura si realizza spostando manualmente la navetta da<br />
un margine all’altro del telaio. In senso traslato, questo movimento della navetta<br />
indica l’andare e venire più volte da un luogo ad un altro, senza sosta.
(Dipinto di Pasquale D’Angeli)<br />
Anni e biccheri ‘i vinu<br />
no si cuntanu mai<br />
129
Va cacati a’ l’urmu 89.<br />
Va a cacare a l’urmu.<br />
130<br />
Detto che indica una persona che l’ha sparata davvero grossa.<br />
<br />
Va camina ca ti caddianu i pedi.<br />
Vai a camminare che ti riscaldano i piedi.<br />
Vedi proverbio «Va zappa ca ti paganu».<br />
Va rruppiti ‘u culu a’ casa d’affittu.<br />
Vai a romperti <strong>il</strong> sedere a casa d’affitto.<br />
<br />
Detto che indica una frase detta in circostanze di nervosismo, dal significato<br />
volgare uguale al mandare a quel paese.<br />
<br />
Va trovandu l’erba du sperracavadu 90 .<br />
Va in cerca del convolvolo.<br />
L’espressione è usata a segnalare chi cerca m<strong>il</strong>le scuse per non compiere un<br />
lavoro o per chi vuol attaccare brighe ad ogni costo.<br />
Va zappa ca ti paganu.<br />
Vai a zappare che ti pagano.<br />
<br />
Detto che indica in senso figurato <strong>il</strong> mandare a quel paese una persona.<br />
<br />
Vali cchjù ‘n’amicu ‘n chiazza ca centu carrini ‘n tasca.<br />
Vale di più un amico in piazza che cento carlini in tasca.<br />
L’amicizia è un legame affettuoso tra due o più persone, nato dalla consuetudine<br />
e dall’affinità di sentimento tenuto saldo da una reciproca stima e considerazione.<br />
Un vero amico corre sempre in aiuto e all’occorrenza è sempre presente, l’amicizia<br />
ha un valore inestimab<strong>il</strong>e, meglio essere ricco di amici che ricco di soldi.<br />
89 Zona situata nei pressi della v<strong>il</strong>la comunale di <strong>Anoia</strong>, un tempo luogo di cloaca a cielo aperto.<br />
90 Pianta erbacea rampicante delle convolvulacee, con fiori a campanella leggermente profumati.
Vali cchjù ‘na brunetta sapurita ca no ‘na jànca cu rrobbi e dinari, pe’<br />
‘a brunetta azzippu ‘a vita ma pe’ ‘na jànca no passu u’ mari. Ma se ‘na<br />
jànca no ‘ndavi n’occhju eni sempi bella e sapurita.<br />
Vale di più una brunetta saporita di una chiara con vestiti e soldi, per la brunetta<br />
spendo la vita ma per una chiara non passo <strong>il</strong> mare. Ma se una chiara non ha un<br />
occhio è sempre bella e saporita.<br />
I matrimoni di un tempo rare volte non erano combinati e sovente non era <strong>il</strong><br />
sentimento a far “cadere la scelta” su una ragazza povera o ricca, ma i propri<br />
genitori. Chi godeva di massima libertà di scelta cercava di trovare delle argomentazioni<br />
logicamente strutturate, con le quali tentava di convincere se stesso<br />
della convenienza della propria preferenza. La donna bruna è una ragazza<br />
che viene imbrunita dai raggi solari poiché lavora, la donna bianca o chiara è<br />
una ragazza che, spesso, trascorre le proprie giornate chiusa in casa. La giovane<br />
bruna garantisce la passione, la giovane chiara, nob<strong>il</strong>e, garantisce un futuro<br />
prospero. La scelta, dopo approfondite valutazioni, ricadrà sulla nob<strong>il</strong><br />
donna, anche se come dote oltre a beni materiali in misura superiore al<br />
necessario porta anche qualche difetto fisico.<br />
<br />
Veni cani di munti, mu caccia cani di frunti.<br />
Viene un cane dal monte, per spodestare un cane di versante.<br />
Ospitare una persona venuta da lontano sovente comporta disguidi. Il<br />
padrone di casa accoglie in maniera benevola e cortese, con garbo e premure<br />
l’ospite, <strong>il</strong> quale dimenticando in fretta di essere in casa altrui, adotta<br />
comportamenti atti al comando suscitando sdegno nel padrone che vede<br />
altri dettare legge in casa propria.<br />
<br />
Vertula e bacchetta cu’ ‘a pigghja no la jetta.<br />
Chi prende bisaccia e bastone non li lascerà (mai).<br />
La bisaccia è un tipo di sacco, con due grosse tasche unite insieme da cinghie, per<br />
essere portato a contrappeso in spalla. Un tempo era usata dai viandanti per trasportare<br />
cose, pertanto preda molto appetib<strong>il</strong>e per i ladri. La bacchetta è una verga<br />
di legno usata da persone con problemi motori. Allegoricamente l’uomo che<br />
incarna un vizio è diffic<strong>il</strong>e che se lo tolga, pertanto chi è abituato a vivere rubando,<br />
continuerà a rubare almeno fin quando non incorrerà in cattivi incontri e chi a<br />
camminare con la bacchetta la lascerà solo al momento della pace eterna.<br />
131
Vestiti zumpuni ca pari ‘nu baruni.<br />
Vestiti v<strong>il</strong>lano e sembrerai un barone.<br />
Chi abita in campagna e coltiva la terra per sopravvivere, indossa, di solito,<br />
abiti da lavoro. Nel momento che lo s’incontra con vestiti lussuosi e di una<br />
certa finezza, si ha l’impressione d’imbattersi in un’altra persona.<br />
L’abbigliamento contribuisce a cambiare l’aspetto ed a destare buona impressione<br />
in chi guarda.<br />
<br />
Vicini mei, specchiali mei.<br />
Vicini miei, specchio mio.<br />
132<br />
I vicini sono persone affini e somiglianti nei gusti e nel carattere, nell’usanze e<br />
nell’abitudini a noi, pertanto sono degni della massima fiducia.<br />
Vizi e arti no si perdinu mai.<br />
Vizi e mestieri non si perdono mai.<br />
<br />
Il vizio è una cattiva abitudine, mentre l’arte è <strong>il</strong> mestiere che si acquisisce<br />
col tempo. L’uno e l’altra sono accomunati dal fatto che fanno parte<br />
dell’essere di una persona, pertanto non si dimenticano mai, infatti <strong>il</strong><br />
vizio, anche se tolto, in diverse circostanze si può riprendere; <strong>il</strong> mestiere<br />
anche se non esercitato, all’occorrenza può essere praticato.<br />
<br />
Zu monacu pecchì fujiti? Ognunu sapi i fatti soi.<br />
Zio monaco perché correte? Ognuno sa i fatti suoi.<br />
Ognuno sa quali sono i propri problemi e i tempi che ha a disposizione, pertanto<br />
per risolverli si assumono a volte atteggiamenti non comprensib<strong>il</strong>i agli<br />
occhi degli altri, ma giustificati da esigenze personali.<br />
χiuri e no liga.<br />
Fiorisce però non frutta.<br />
<br />
Immagine metaforica per indicare una persona all’apparenza sempre disponib<strong>il</strong>e,<br />
che promette ma non mantiene mai.
APPENDICE<br />
<br />
133
134
Proverbi e canti di <strong>Anoia</strong> di fine ottocento 91<br />
Lu gabbu cogghî e la jastima no.<br />
<br />
Matrimonj ‘ntra stritti parenti<br />
o longhi guai o curti turmenti.<br />
<br />
Cchiù Atu è lu munti, cchiù carrica di nivi.<br />
<br />
Lu ‘ranu se no lu sìmini non nasci,<br />
l’omu no ‘mpara mai se non patisci.<br />
91 Questi proverbi e questi canti sono stati raccolti nell’anno 1894 in occasione dell’onomastico del Dott. Paolo<br />
Giorgi Preside-Rettore del R. Liceo-Ginnasio e Convitto Nazionale “Tommaso Campanella” di Reggio Calabria,<br />
e sono stati pubblicati in Fiori Sevatici: Poesie popolari calabresi, Siena 1894, rist. anastatica Arnaldo Forni<br />
Editore, Sala Bolognese 1977.<br />
135
136<br />
Vinni mu cantu e no ppigghiai licenza,<br />
scusatimi la mia malacrianza;<br />
si mi diciti “SI” sta vucca canta,<br />
se mi diciti “NO” sto all’obbedenza…<br />
<br />
Guarda aqu<strong>il</strong>a chi nc’è ‘ntra stu paisi<br />
chi ‘ntra lu Regno no nc’ eni l’eguali;<br />
e si ndi jiru principi e marchisi<br />
a st’aqu<strong>il</strong>a non pottaru parlari;<br />
passa nu giuvanottu calabrisi,<br />
cu lu so’ cantu la fici calari,<br />
senza mu paga nessunu tornisi<br />
l’aqu<strong>il</strong>a nci catti ‘ntra li mani.<br />
<br />
Jeu sugnu chirh’ amanti ch’era mortu,<br />
comu Lazzaru ‘m bita ritornai;<br />
jeu sugnu chiru gigghiu ch’era all’ortu,<br />
vivu su’ sempi e non siccarò mai;<br />
jeu caminavi mari, terra e portu,<br />
lu cori di l’amici scandagghiai;<br />
‘mpundau la navi e mi voliva mortu,<br />
minau lu ventu a lu portu picchiai.
Tuttu lu beni meu l’ eppi a la fascia<br />
quand’era piccirirhu e non sapia:<br />
cu’ mi pigghiava a cui mi tenia ‘m brazza,<br />
cu’ mi dicia: Te minna, gioja mia.<br />
Mo chi su’ grandi ognunu si nd’ arrassa,<br />
pari ca levu lu focu cu mmia…<br />
O mamma, mamma, tornami a la fascia,<br />
mu nd’ àju li carizzi chi nd’ avia.<br />
<br />
Lu riccu è riccu, ca riccu fu natu,<br />
lu povaru è parenti di lu lignu;<br />
lu riccu fu a li nozzi cumbitatu,<br />
lu povaru non jiu ca non fu dignu;<br />
lu riccu se à di dar non è cercatu,<br />
lu povaru a la curti è cu lu pugnu;<br />
lu riccu sia a lu ‘mpernu cundannatu,<br />
lu povaru a lu ‘mpernu ed a lu limbu.<br />
137
138
Bibliografia<br />
ATTILIO PICCOLO, Detti e Proverbi Calabresi come espressione culturali,<br />
Barbaro Editore, Oppido Mamertina 1982.<br />
C. ASCIUTI - S. BUSCO - D. GALLO, Dizionario dei sinonimi e dei contrari,<br />
F.lli Melita Editori, La Spezia 1995.<br />
M. G. BACCI, Dizionario della lingua italiana, F.lli Melita Editori,<br />
La Spezia 1989.<br />
BIBLIOTHECA SANCTORUM, III Edizione, Vol. I, Città Nuova Ed., 1991.<br />
LUIGI CASTIGLIONI - SCEVOLA MARIOTTI, IL Vocabolario della<br />
Lingua Latina, Loescher Editore, M<strong>il</strong>ano 1990.<br />
Dizionario Sandron della lingua italiana, Istituto Geografico De Agostini,<br />
Novara 1980.<br />
ETTORE GLIOZZI, Il parlare calabrese e l’italiano, Società Editrice<br />
Internazionale, Torino 1923, ristampa anastatica a cura di Franco Pancallo<br />
Editore, Locri 2002.<br />
Fiori Selvatici : Poesie popolari calabresi, Siena 1894, rist. anastatica<br />
Arnaldo Forni Editore, Sala Bolognese 1977.<br />
FRANCESCO LARUFFA, Dizionario Calabrese Italiano, Adnkronos Libri,<br />
Roma, 1986.<br />
GIOVAN BATTISTA MARZANO, Dizionario Etimologico del Dialetto<br />
Calabrese, Arnaldo Forni Editore, ristampa anastatica dell’edizione di<br />
Laureana di Borrello, 1928.<br />
139
GIUSEPPE ANTONIO PASQUALE, Relazione sullo stato fisico-economico-agrario<br />
della Prima Calabria Ulteriore, Tipografia nel R. Albergo de’<br />
poveri, Napoli 1863, rist. anastatica Franco Pancallo Editore, Locri 2002.<br />
GERHARD ROHLFS, Dizionario toponomastico e onomastico della<br />
Calabria, Longo Editore, Ravenna 1974.<br />
GERHARD ROHLFS, Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria, Longo<br />
Editore, Ravenna 1982.<br />
La Sacra Bibbia, Edizione ufficiale della CEI, Edizioni Paoline, Roma 1980.<br />
140
Indice<br />
Sigle ed Abbreviazioni . . . . . . Pag. 6<br />
Prefazione . . . . . . . . » 7<br />
Note dell’autore . . . . . . . » 11<br />
Proverbi . . . . . . . . . » 17<br />
Appendice:<br />
Proverbi e canti di <strong>Anoia</strong> di fine Ottocento . . » 135<br />
Bibliografia . . . . . . . . » 139<br />
141
Finito di stampare<br />
nel mese di Apr<strong>il</strong>e 2006 in Polistena<br />
presso le Arti Poligrafiche Varamo s.r.l.