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GIUSEPPE QUARANTA<br />

Raccolta commentata<br />

di detti e proverbi di <strong>Anoia</strong><br />

Prefazione e revisione a cura di<br />

CATERINA RESTUCCIA<br />

Amministrazione Comunale di <strong>Anoia</strong>


In copertina: dipinto di Pasquale D’Angeli<br />

© Copyright 2006<br />

Giuseppe Quaranta<br />

Via Madre Teresa di Calcutta, 15<br />

89020 <strong>Anoia</strong> (RC)<br />

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA<br />

Tutti i diritti, per tutte le edizioni, sono riservati all’autore.


A Giovanni e Patrizia


6<br />

Sigle ed Abbreviazioni:<br />

agg. = aggettivo op. cit. = opera citata<br />

cfr. = confronta pag. = pagina<br />

fra. = francese pronom. = pronominale<br />

gr. = greco s. f. = singolare femmin<strong>il</strong>e<br />

intr. = intransitivo s. m. = singolare masch<strong>il</strong>e<br />

lat. = latino sp. = spagnolo<br />

m. = masch<strong>il</strong>e tr. = transitivo<br />

norm. = normanno v. = vedi<br />

DCI = LARUFFA FRANCESCO, Dizionario Calabrese<br />

Italiano, Adnkronos Libri, Roma, 1986.<br />

DEDC = MARZANO GIOVAN BATTISTA, Dizionario<br />

Etimologico del Dialetto Calabrese, Arnaldo Forni<br />

Editore, ristampa anastatica dell’edizione di Laureana di<br />

Borrello, 1928.<br />

NDDC = ROHLFS GERHARD, Nuovo Dizionario Dialettale<br />

della Calabria, Longo Editore Ravenna, 1977.


Prefazione<br />

La parola è un viaggio, che porta lontano, indietro nel<br />

tempo, che sosta un momento a contemplare <strong>il</strong> presente, che<br />

punta al futuro per suggerire altre parole, altri viaggi, altre mete.<br />

Questa eloquente immagine della vitalità e della dinamicità<br />

della parola è perfettamente rappresentata nella scelta, da parte<br />

dello stesso autore, del titolo della raccolta “Dissimu e dicu”.<br />

Il titolo racchiude tutto un modo ed un’interpretazione che<br />

Giuseppe Quaranta attribuisce all’importanza della parola, e<br />

qua in senso più ristretto al proverbio.<br />

Lo stesso tempo “remoto”, quasi nostalgico e melanconico, è<br />

immediatamente seguito da un “presente” categorico, energicamente<br />

imperativo, affinché <strong>il</strong> viaggio della parola, attraverso la<br />

saggezza popolare, non si concluda e non si perda per sempre.<br />

Due tempi “remoto” e “presente” che non devono, in alcuna<br />

maniera, scindersi; un recupero, <strong>il</strong> primo, attraverso la memoria<br />

della fonte orale, un invito ed una speranza, invece, <strong>il</strong> secondo,<br />

perché si continui a conservare dinamicamente. Questa singolare<br />

nota fra passato e contemporaneità è uno dei fattori fondamentali,<br />

che hanno condotto <strong>il</strong> nostro giovane Giuseppe Quaranta alla<br />

costante e paziente operazione del setacciare e del raccogliere per<br />

porgere, generosamente, agli altri un sapere antico. “È una<br />

grande follia voler essere saggi da soli” recita una massima<br />

del grande, e qua attualissimo, La Rochefoucauld, e di questa<br />

follia <strong>il</strong> nostro Giuseppe Quaranta non vuole peccare.<br />

7


Anzi con infinita dedizione, con profondo amore, si fa strumento,<br />

penna e foglio, e riporta quanto più può e gli è trasmesso<br />

dal preziosissimo scrigno degli anziani, dei più vissuti.<br />

La sua raccolta si dipana come originalissimo spaccato di vita,<br />

ricostruisce, senza pretese e volontà, a linee semplici, prive di<br />

retorica e di superbia, le figure di un tempo, i mestieri, quasi perduti<br />

purtroppo, gli animi probi e quelli improbi, i vizi e le virtù<br />

di un tempo “remoto”.<br />

L’autore, ascoltatore attento, curioso, raccoglie, indaga, trascrive,<br />

interpreta con la genuinità del ragazzo ed infine trova le<br />

sagge risposte agli interrogativi della sua giovane vita.<br />

Sono le risposte di una fonte orale affettuosa (la nonna),<br />

che offre <strong>il</strong> suo profondo ed atavico sapere alla generazione<br />

della lingua nazionale, discosta da quella del volgo.<br />

Sono i detti del popolo, della gente più povera che ricca, sono<br />

i modi di dire che si pronunciavano davanti al parco focolare,<br />

lungo le strette traverse del paese. Sono vivi, operosi ed animati<br />

nella raccolta gli stessi personaggi, gli scorci di paese, le curiose<br />

e loquaci figurine di un piccolo centro calabrese, <strong>Anoia</strong>.<br />

Sono gli stessi arguti motti di cui già erano intrise le più<br />

arcane civ<strong>il</strong>tà, sono le garrule e colorite espressioni dall’intento<br />

didascalico, che con naturalezza ammoniscono, indicano,<br />

apostrofano e sottolineano atteggiamenti e conseguenze<br />

del vivere quotidiano della società Calabrese e Anojana.<br />

Il proverbio è la vita fatta parola, l’esperienza che diventa<br />

insegnamento al popolo, ed in questo pensiero si ritrovano l’idea<br />

e lo spirito della raccolta “Dissimu e dicu”. In essa si<br />

riscontrano i sani principi dei “boni mores”, ma si denunciano<br />

anche i difetti di una società in continuo cambiamento. Solo per<br />

citare alcuni passaggi, è <strong>il</strong> caso in cui emerge la virtù della tenacia<br />

dell’ovidiano “Gutta cavat lapidem”, in italiano “La goccia<br />

scava la pietra”, volgarizzato ed allegorizzato nel detto dialet-<br />

8


tale “Ncissi ‘u surici a’ nuci: dammi tempu ca ti perciu”.<br />

“Disse <strong>il</strong> topo alla noce: dammi tempo che ti buco”.<br />

Oppure l’ormai trita e logora espressione “Verba volant,<br />

scripta manent”, in italiano “Le parole volano, gli scritti rimangono”,<br />

sancita dal modo di dire dialettale “Carta canta<br />

‘ncannòlu” reso nell’italiano “Carta canta cannello”. Ma può<br />

anche essere <strong>il</strong> caso dell’amara constatazione del tanto noto<br />

detto popolare “‘Na mamma ‘i cuverna centu figghj, ma centu<br />

figghj no cuvernanu ‘na mamma”, che nella traslazione italiana<br />

diventa “Una mamma cresce cento figli, ma cento figli non<br />

accudiscono una mamma”.<br />

Concetti legati dal tempo, trasmessi dalle civ<strong>il</strong>tà antiche ad<br />

una società agro – pastorale, custodita solo oggi, ormai, nei musei<br />

di cultura materiale. Stringe <strong>il</strong> nostro autore un legame indissolub<strong>il</strong>e<br />

fra lingua dialettale, con <strong>il</strong> suo contenuto e le sue tradizioni,<br />

ed <strong>il</strong> mondo odierno, con le sue contraddizioni e gli incontrollab<strong>il</strong>i<br />

mutamenti. Un vincolo sorto fra la nuova generazione e la vecchia,<br />

costituito dal dialetto, lingua, a torto e troppo a lungo, considerata<br />

inferiore a quella ufficiale dell’Italiano. Il dialetto rappresenta,<br />

invece, la corposa e vibrante eredità linguistica dei nostri<br />

padri, delle culture passate, delle stratificazioni cristallizzate in<br />

quella che è “<strong>il</strong> contenitore” per eccellenza del tempo, la lingua.<br />

Dall’amore per la lingua genuina, spontanea, nascono l’interesse,<br />

lo studio ed <strong>il</strong> sempre crescente desiderio di indagare<br />

nell’oceano sterminato della sapienza del popolo, per mezzo<br />

del proverbio.<br />

Questi medesimi fattori hanno unito la mia presenza a quella<br />

dell’autore di “Dissimu e dicu”, da tutto ciò ne scaturisce <strong>il</strong> mio<br />

esame linguistico – testuale, con criterio di assoluto rispetto per<br />

una versione italiana <strong>il</strong> più aderente possib<strong>il</strong>e alle forme dialettali<br />

del proverbio, mentre <strong>il</strong> commento del nostro autore dal tono dialogato,<br />

quasi parlato, del motto popolare ne chiarisce e ne<br />

approfondisce i contenuti metaforici e letterali.<br />

9


La raccolta diviene così non solo ut<strong>il</strong>e custodia di saggezza<br />

popolare ma anche altro fondamentale tassello per completare<br />

l’immenso mosaico delle lingue dialettali.<br />

L’opera si inserisce, inoltre, nella vasta produzione letteraria,<br />

volendo auspicare sempre maggior cura ed analisi a quello che è <strong>il</strong><br />

principale specchio di ogni cultura: la lingua, con le sue evoluzioni<br />

e con le tracce di altre culture.<br />

10<br />

Rosarno, 5 febbraio 2006<br />

Caterina Restuccia


Note dell’autore<br />

L’origine del titolo “Dissimu e dicu” nasce dal patrimonio linguistico<br />

e da norme comportamentali, valide per ogni frangente<br />

della vita, testate da m<strong>il</strong>lenni di esperienza e tramandate oralmente<br />

da padre in figlio.<br />

Frasi del tipo “Dissi l’anticu…”, “l’anticu non sbagliava”,<br />

“n’ceni ‘nu dittu…” venivano puntualmente proferite dalle persone<br />

più grandi all’indirizzo dei più giovani come vere e proprie<br />

lezioni di vita. Queste scene non potevano mancare anche nella<br />

mia famiglia. Ed è così che anche la nonna non era avara di quelle<br />

massime sapienziali, che avevano quale unico fine quello di<br />

mettermi in guardia da possib<strong>il</strong>i problemi che la mia giovane età<br />

non mi faceva comprendere.<br />

Incuriosito da questo tipo di frasi, incominciai ad interessarmi<br />

all’argomento “Ditti” e notai come molti di questi proverbi, che<br />

mi venivano riferiti, erano, ormai, quasi sconosciuti alla maggioranza<br />

dei cittadini del mio paese. Era, quindi, più che mai necessario<br />

incominciare a raccoglierli e trascriverli per evitare di perdere<br />

un grande patrimonio culturale di <strong>Anoia</strong>. Incominciai, allora,<br />

quel lavoro di ricerca durato più di quindici anni 1 e che oggi ho <strong>il</strong><br />

piacere e l’onore di offrire ai miei concittadini.<br />

Iniziando questo lavoro, vennero subito i primi interrogativi:<br />

dove trovare <strong>il</strong> materiale?<br />

1 Alcuni di questi proverbi erano stati pubblicati dal sottoscritto nell’opuscolo La Voce di <strong>Anoia</strong>, n. 1, Circolo<br />

Culturale e Ricreativo di <strong>Anoia</strong>, nell’anno 1988.<br />

11


Riflettendo capii che non c’era altra strada se non quella di<br />

soffermarmi in mezzo a crocchi di anziani riuniti in piazza, i<br />

quali erano abituati a dialogare anche per mezzo di motti e precetti.<br />

Tutto ciò, però, non bastava e così incominciai a dedicare<br />

parte delle mie giornate ad interpellare i miei concittadini, invitandoli<br />

a ricordare quali erano i “modi di dire” ut<strong>il</strong>izzati in determinate<br />

circostanze.<br />

Più andavo avanti e più capivo come i proverbi ci permettevano<br />

di far rivivere <strong>il</strong> mondo dei nostri progenitori e di scoprire le<br />

loro abitudini di vita, dimostrandosi delle vere e proprie lezioni di<br />

etica e suggerimenti pratici.<br />

Dai proverbi traspariscono la povertà, la superstizione e<br />

l’ignoranza di un popolo, ma anche la sua saggezza.<br />

La povertà è una compagna inseparab<strong>il</strong>e che ha affiancato la<br />

gente calabra nel corso di tutti i secoli sotto l’avv<strong>il</strong>ente sembianza<br />

della miseria. Per dare un’idea degli stenti a cui giornalmente era<br />

sottoposta la povera gente, basta pensare che l’alimentazione era<br />

basata su quel poco che la terra, spesso coltivata “a colonia”, offriva.<br />

Non era raro potersi cibare di sola verdura selvatica, senza nessun<br />

condimento e tantomeno accompagnata da un poco di pane<br />

fresco. Quest’ultimo, quando c’era, era “pane nero” oppure di<br />

“rodindia” 2 , cotto rigorosamente in forno a legna ma dotato di una<br />

lievitazione non omogenea e compatta. L’impasto si presentava<br />

molle e per non farlo attaccare al piano del forno, sotto le “panette”<br />

3 e le “frise” 4 , venivano messe delle foglie di castagno.<br />

La superstizione trovava terreno fert<strong>il</strong>e nella povertà e nell’ignoranza<br />

ed era in continuo sv<strong>il</strong>uppo. Frequentemente si incontravano<br />

corna di bue o ferri di cavallo, appesi all’ingresso dell’abitazione<br />

e nelle stalle di greggi, con l’intento di tenere lontano la<br />

2 Granturco.<br />

3 Pane di forma circolare.<br />

4 Focacce tagliate circolarmente in due parti e cotte un’altra volta nel forno a mo di biscotto.<br />

12


“jettatura”. Tutto ciò, spesso, creava quella dipendenza che penetrava<br />

negli stati d’animo e nei comportamenti umani. Il sapere era<br />

un lusso, ed era riservato solo alle famiglie facoltose ed abbienti.<br />

L’istruzione non era per la povera gente, che pur intelligente e<br />

scaltra non conosceva altro che <strong>il</strong> lavoro dei campi.<br />

Da questa raccolta di proverbi non emergono solo aspetti<br />

negativi. Traspare l’elogio per la generosità, l’intraprendenza,<br />

l’onestà, la laboriosità, la parsimonia, la solidarietà, ed anche una<br />

ferma condanna per l’egoismo, l’ingordigia, la malvagità e la<br />

menzogna.<br />

Il materiale della presente opera è stato raccolto dalla viva<br />

voce del popolo, pertanto a priori chiedo venia, se all’occhio del<br />

lettore appariranno termini che potranno ledere <strong>il</strong> comune senso<br />

del pudore, urtando la sensib<strong>il</strong>ità di taluno, un lavoro dovuto come<br />

espressione di grande rispetto e riverenza verso la propria terra, <strong>il</strong><br />

proprio paese natio e verso la sua gente e le nostre tradizioni.<br />

“Dissimu e dicu” non ha altre pretese, se non quella di sottrarre<br />

alla voracità del tempo questo patrimonio per affidarlo<br />

alle nuove generazioni, affinché ne preservino e ne custodiscano<br />

la memoria.<br />

Se è giusto, infatti, mantenere la memoria di quel passato<br />

colmo di orrori per non ripeterli nel futuro, è altrettanto giusto<br />

ricordare, attraverso i detti della gente comune, quelle massime<br />

che possono all’occorrenza orientare l’esistenza delle nuove generazioni,<br />

abbagliate spesso da ideali effimeri e fallaci.<br />

“Quando muore un vecchio, incendia un’intera biblioteca”<br />

è stato detto, e sicuramente non a caso, visto che ciascun anziano<br />

porta con sé un inestimab<strong>il</strong>e patrimonio di esperienze, di saggezza,<br />

di virtù che sarebbe insensato lasciar “incendiare” da<br />

quel tempo che, inesorab<strong>il</strong>e e senza pietà, tutto travolge senza<br />

lasciare alcuna traccia di quanti, con semplicità e senza grandi<br />

pretese, si siano prodigati affinchè certi valori potessero attecchire<br />

e radicarsi.<br />

13


La pubblicazione del presente lavoro di ricerca va a colmare<br />

un vuoto temporale di oltre un secolo da quando vennero pubblicati<br />

quei «Quattro canti popolari e quattro proverbi di Anoja»<br />

(riportati in Appendice) che oggi ci permettono di rivivere dal<br />

punto di vista lessicale e della tradizione le parole pronunciate da<br />

due giovani anojani 6 all’epoca studenti presso <strong>il</strong> R. Liceo-Ginnasio<br />

e Convitto Nazionale “Tommaso Campanella” di Reggio Calabria.<br />

A questo punto è doveroso porgere <strong>il</strong> più sentito ringraziamento<br />

a quanti hanno contribuito alla realizzazione di questa raccolta.<br />

Innanzi tutto ai tanti cittadini di <strong>Anoia</strong> che puntualmente mi<br />

hanno segnalato detti e proverbi, alcuni molto antichi o addirittura<br />

scomparsi. Un particolare ringraziamento, per le numerose segnalazioni,<br />

va agli amici Giuseppe Zurzolo e Anna Maria Bar<strong>il</strong>laro, e<br />

ai miei fam<strong>il</strong>iari Maria Assunta Mazzone (nonna), Carmela Sarleti<br />

(mamma) e Immacolata Quaranta (zia).<br />

A Luciana Politi, Antonello D’Angeli, Pasquale D’Angeli e<br />

Piero Vaccarello per le belle <strong>il</strong>lustrazioni che completano con un<br />

tocco d’arte questa raccolta.<br />

Ringrazio per la fattiva collaborazione nella fase di stesura del<br />

<strong>libro</strong>: la Prof.ssa Carmela Lattuca; la Dott.ssa Patrizia Caterina<br />

Lattuca; Giovanni Russo, Direttore della Biblioteca Comunale di<br />

Polistena; Tommaso Pezzano e Giovanni Quaranta.<br />

Alla Dott.ssa Caterina Restuccia <strong>il</strong> mio ringraziamento per<br />

aver voluto scrivere la prefazione al presente volume e per averne<br />

curato la revisione.<br />

Si ringrazia, inoltre, l’Amministrazione Comunale di <strong>Anoia</strong><br />

per aver contribuito alla pubblicazione.<br />

5 Arcà Bruno di Francescantonio e Buda Giuseppe di Nicola.<br />

14<br />

Giuseppe Quaranta


(Dipinto di Pasquale D’Angeli)<br />

15


‘A carni vaci cu l’ossu e ‘u duci vaci c’amaru.<br />

La carne va con l’osso e <strong>il</strong> dolce va con l’amaro.<br />

La vita riserva gioie e dolori, sensazioni soavi ed amare, situazioni sgradevoli<br />

e piacevoli, momenti tristi e meravigliosi. La storia insegna che<br />

bisogna accettare le vicissitudini della vita, poiché prima o poi si compenseranno<br />

con gli eventi a favore.<br />

<br />

‘A cira s’ardi e ‘u santu no camina.<br />

La cera s’è sciolta e <strong>il</strong> santo non cammina.<br />

Può sempre capitare un intoppo, anche per eventi sacri; come in una processione<br />

in cui, per una situazione non prevista, la varetta con la statua del<br />

Santo rimane ferma e i ceri, accesi per impetrare una grazia o per ringraziare<br />

di averla ricevuta, si sciolgono.<br />

‘A cuda eni forti e dura.<br />

La coda è forte e dura.<br />

<br />

L’inizio di un lavoro porta con sè una grande carica energetica. I buoni propositi<br />

fanno superare tutte le incertezze e le ansie. E così s’inizia a lavorare con una tale<br />

frenesia che sembra, quasi, si finisca in un baleno. Ma quando si è prossimi alla<br />

fine dell’opera, le forze sono oramai scemate, e sembra non si termini mai.<br />

<br />

‘A donna chi và di fora no tessi no t<strong>il</strong>a e no lenzola.<br />

La donna che esce sempre non tesse né tela e non fa lenzuola.<br />

La donna che frequentemente sta per lunghi periodi fuori delle mura<br />

domestiche, non può certamente dedicarsi ai lavori soliti di massaia.<br />

Pertanto non tessendo, non cucendo le lenzuola, si ritroverà al momento<br />

del matrimonio con una scarna dote.<br />

‘A forza veni da morza.<br />

La forza viene dal mangiare.<br />

<br />

L’alimentazione fornisce all’organismo le varie sostanze necessarie per la<br />

sussistenza. Una giusta ed abbondante nutrizione rende l’uomo sano e di<br />

conseguenza più forte, in grado di affrontare le situazioni più faticose che<br />

comportano un maggior spreco di energia.<br />

17


A’ ‘i tempi di calenni greci.<br />

Al tempo delle calende greche.<br />

Le calende secondo gli antichi Romani erano i primi giorni di ogni mese<br />

in cui si convocava <strong>il</strong> popolo per annunziargli le feste, i giochi, i giorni<br />

fasti e nefasti del mese, ma i Greci non avevano le calende, per cui rinviare<br />

alle calende greche un fatto, significa non farne nulla, perché si tratta<br />

di un tempo che non verrà mai.<br />

<br />

A’ ‘i tempi di canonici ‘i lignu.<br />

Al tempo dei canonici di legno.<br />

Detto che indica <strong>il</strong> passato remoto, che va molto in là nel tempo.<br />

<br />

‘A lingua no ‘ndavi ossu e rruppi ‘u mastrossu 7 .<br />

La lingua non ha osso, ma rompe l’astragalo.<br />

La lingua è un organo molto importante che svolge varie funzioni, è sede<br />

del gusto, è addetto a rimuovere <strong>il</strong> cibo durante la masticazione. Serve ad<br />

articolare molti suoni della voce, peccato che spesso se ne fa un uso scorretto,<br />

parlando troppo e a sproposito e, senza timore o riguardi, si ferisce<br />

la sensib<strong>il</strong>ità altrui. Una parola o una frase detta con tono offensivo è diffic<strong>il</strong>e<br />

da dimenticare e fa più male di uno schiaffo.<br />

<br />

‘A mègghju morti eni ‘a subitània.<br />

La miglior morte è quella improvvisa.<br />

La cessazione improvvisa della vita è la migliore morte perché priva di stenti<br />

e sofferenze. Applicato come espressione figurativa particolare, usato in circostanze<br />

di attesa tra gioia e disperazione.<br />

<br />

‘A musca com’è si susca.<br />

La mosca come si vede si giudica.<br />

18<br />

Aver nei riguardi di una persona una brutta opinione, dando una frettolosa<br />

valutazione, supponendo che <strong>il</strong> proprio pensiero, sia la sola ed unica<br />

verità, è errato. Di solito si giudica una persona ritenendosi migliori, ma è<br />

davvero così? “Non guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro quando<br />

nel tuo c’è una trave”.<br />

7 Astragalo, osso del tarso di forma vagamente cubica, che si articola tra <strong>il</strong> calcagno e la tibia, con <strong>il</strong> quale gli antichi<br />

giocavano ai dadi.


‘A nivi marzulina dura da sira a matina.<br />

La neve di marzo dura dalla sera alla mattina.<br />

La neve nel mese di marzo anche se abbondante dura poco.<br />

‘A panneda t’arrobba ‘u culu.<br />

La falda 8 ti ruba <strong>il</strong> sedere.<br />

<br />

Con questa espressione si indica un uomo dall’atteggiamento diffidente, <strong>il</strong><br />

quale teme che le persone con le quali tratta o ha rapporti vogliano sempre<br />

ingannarlo.<br />

<br />

‘A parola eni strumentu.<br />

La parola è uno strumento.<br />

Negli uomini d’un tempo vigeva un codice dell’onorab<strong>il</strong>ità, <strong>il</strong> quale imponeva<br />

alla persona che avesse promesso un qualcosa di non poter più ritrarsi, anche a<br />

costo di rimetterci. Pertanto la “parola data” costituiva un importante strumento<br />

di rispettab<strong>il</strong>ità ed ottima reputazione.<br />

<br />

‘A pecura rendi cchjù viva ca morta.<br />

La pecora rende più viva che morta.<br />

La pecora è un mammifero domestico dei ruminanti, allevato soprattutto per<br />

la produzione della lana, del latte e della carne. Da questa premessa nasce la<br />

buona regola che deve osservare <strong>il</strong> pastore, cioè quella di accudire gelosamente<br />

<strong>il</strong> gregge perché solo così otterrà benefici economici.<br />

<br />

‘A petra chi no fa lippi, no fa angidi.<br />

La pietra che non fa alghe, non fa angu<strong>il</strong>le.<br />

L’angu<strong>il</strong>la è un pesce dalla pelle viscida di forma allungata come <strong>il</strong> serpente.<br />

Pred<strong>il</strong>ige vivere in acque dolci, quali stagni, canali o fiumiciattoli. Ottimo<br />

habitat è l’acqua stagnante, meglio con presenza di pietre ricoperte di alghe<br />

sugli argini, vera riserva di cibo e ottimo nascondiglio per eventuali pericoli.<br />

8 Lembo inferiore della camicia.<br />

19


‘A pratica rruppi ‘a grammatica.<br />

La pratica insegna più della grammatica.<br />

Lo studio porta sicuramente ad apprendere la teoria, ma è al momento dell’applicazione<br />

dell’argomento studiato che si riscontrano problemi. Facendo pratica si<br />

superano le difficoltà, è bene ut<strong>il</strong>izzare l’esperienza per conoscere i trucchi del<br />

mestiere. L’attività pratica diviene in tal senso opera superiore alla teoria.<br />

<br />

‘A purvari caccia ‘a padra.<br />

La polvere espelle la palla.<br />

Come la palla ha bisogno di un innesco per poter esser emessa dalla canna del<br />

fuc<strong>il</strong>e, così anche l’uomo se incentivato da una gratifica in danaro, porterà a<br />

compimento ciò che gli è stato chiesto di fare.<br />

<br />

‘A regina ‘ndeppi bisognu da vicina.<br />

La regina ha avuto bisogno della vicina.<br />

L’uomo potente sembra onnipotente, può tutto e non ha bisogno di nulla.<br />

Anch’egli, tuttavia può desiderare ciò che si trova esclusivamente nella casa degli<br />

um<strong>il</strong>i. Anche le persone potenti, quindi, hanno bisogno della gente comune.<br />

<br />

‘A ricchizza du v<strong>il</strong>lanu 9 è na gutti i vinu e nu gistuni i granu 10 .<br />

La ricchezza del v<strong>il</strong>lano è una botte di vino ed un cestone di grano 11 .<br />

Al contadino laborioso per sostentare la propria famiglia bastava avere<br />

una botte di vino e un cestone di granturco.<br />

<br />

‘A rrobba cercata eni menza pagata.<br />

La cosa cercata per metà è pagata.<br />

20<br />

Il desiderio, la bramosia, la voglia irrefrenab<strong>il</strong>e nel voler qualcosa, rende l’uomo<br />

ladro. Se la roba che non appartiene venisse cercata e concessa dal relativo<br />

proprietario, in un certo qual modo, sarebbe come se fosse stata pagata senza<br />

commettere l’ignob<strong>il</strong>e gesto di rubare.<br />

9 Chi abita in campagna e coltiva la terra, contadino.<br />

10 Granturco.<br />

11 Giuseppe Antonio Pasquale, Relazione sullo stato fisico-economico-agrario della Prima Calabria<br />

Ulteriore, Tipografia nel R. Albergo de’ Poveri, Napoli 1863, ristampa anastatica Franco Pancallo Editore,<br />

Locri 2002, pag. 94.


‘A rrobba d’avaru sa màngia ‘u sciampagnuni.<br />

La proprietà dell’avaro se la sperpera <strong>il</strong> buontempone.<br />

L’avidità dell’avaro rende la vita piena di stenti e di profonde privazioni, con<br />

<strong>il</strong> solo ed unico intento di accumulare. La tirchieria rende l’uomo cieco e schiavo<br />

delle proprie ricchezze, non rendendosi conto che la morte un giorno arriverà<br />

anche per lui e <strong>il</strong> patrimonio, frutto di anni di rinunce, andrà in eredità al<br />

buontempone che, vedendosi in mano così tanta abbondanza piovuta dal cielo,<br />

la sperpererà in un baleno.<br />

<br />

‘A rrobba vecchia mori a’ mani d’‘i pacci.<br />

Le cose vecchie muoiono in mano dei pazzi.<br />

Chi aggiusta cose vecchie finirà per perdere la pazienza, sarà assalito dal<br />

nervosismo, tanto da sfiorare la pazzia. Ciò che è vecchio rimane vecchio,<br />

anche se riparato, passerà poco tempo e si dovrà intervenire nuovamente.<br />

Quando qualcosa si deteriora, meglio comprarne una nuova: si guadagnano<br />

tempo e salute.<br />

<br />

A’ ‘stu mundu l’omu bbonu eni comu u’ lupu jàncu; u’ cristianu eni ‘nu<br />

zocculu sagrestanu.<br />

In questo mondo l’uomo buono è come <strong>il</strong> lupo bianco; <strong>il</strong> cristiano è un furbo sacrestano.<br />

Trovare un lupo albino è quasi impossib<strong>il</strong>e, come trovare un uomo buono.<br />

La maggioranza delle persone pensa a se stessa ed è divorata dall’egoismo.<br />

è veramente diffic<strong>il</strong>e trovare un uomo generoso. Anche le persone<br />

ritenute cristiane, dalle quali ci si aspetta un po’ di altruismo, lasciano<br />

intravedere un comportamento da furbi meschini.<br />

<br />

A’ ‘u malu zappaturi nuda zappa nci piaci.<br />

Allo zappatore fannullone non c’è zappa che gli piaccia.<br />

L’uomo pigro, sfaticato, abituato alla bella vita, trovandosi a dover lavorare<br />

non ne ha proprio voglia. L’assuefazione all’ozio lo porta a trovare<br />

qualsiasi pretesto per saltare <strong>il</strong> lavoro, infatti qualsiasi zappa ha un difetto,<br />

oppure fa troppo freddo o la calura è insopportab<strong>il</strong>e: ogni giustificazione<br />

va bene pur di non far niente.<br />

21


A’ ‘u povaru e a’ ‘u malatu no ‘i vonnu ‘u ‘mparentatu.<br />

Al povero e al malato non li vogliono i parenti.<br />

La società purtroppo è costituita anche da persone povere e malate. Povertà e<br />

malattia sono due fardelli diffic<strong>il</strong>i da sostenere a lungo, non solo dai diretti interessati,<br />

ma anche dai rispettivi parenti. Il parente povero o malato non è gradito<br />

perché non c’è guadagno, anzi diventa un peso da portare.<br />

<br />

A’ ‘u riccu ricchizza, a’ ‘u povaru ‘nu pàrmu ‘i pizza.<br />

Al ricco ogni bene, al povero un palmo di “pene”.<br />

La ricchezza sicuramente porta a condurre una vita più serena rispetto alla povertà<br />

ed è per questo che la disperazione porta a pensare che, chi possiede continuerà<br />

ad avere sempre più, mentre <strong>il</strong> povero rimarrà sempre a piangere miseria.<br />

<br />

‘A vecchia quand’ eni vecchia ‘u culu nci arripicchja.<br />

La vecchia, quando è vecchia <strong>il</strong> sedere le si raggrinza.<br />

L’età tarda della donna è caratterizzata dal decadimento dell’organismo, la<br />

pelle diventa piena di rughe, specialmente in prossimità del viso. I solchi<br />

e le pieghe della pelle si presentano in tutto <strong>il</strong> corpo e anche i glutei non<br />

sono risparmiati.<br />

<br />

‘A vecchia quand’eni vecchia va perdendu ‘i virtù, l’anchi nci vannu a’<br />

trincettu 12 e ‘u culu nci fa pù pù.<br />

La vecchia, quando è vecchia va perdendo le virtù, le gambe diventano storte e <strong>il</strong><br />

sedere gli fa pù pù.<br />

L’età avanzata fa perdere la virtù visiva, uditiva e quella che la donna riceve<br />

direttamente dalla grazia divina: la bellezza. La vecchiaia porta con sè gli<br />

incomodi, i malanni, i guai, rende la donna meno forte di quand’era giovane,<br />

tanto che le gambe non reggono più <strong>il</strong> peso corporeo e nei casi più estremi non<br />

si ha la forza nemmeno di alzarsi per fare i propri bisogni fisiologici.<br />

<br />

A’ cacarèda no nci voli culu strittu.<br />

Con la diarrea è inut<strong>il</strong>e stringere i glutei.<br />

La diarrea non si può certamente trattenere, infatti è davvero inut<strong>il</strong>e tentare di<br />

camminare più veloce, nel vano tentativo di stringere i glutei, sperando di<br />

poterla frenare. Allo stesso modo è inut<strong>il</strong>e cercare rimedi, quando ogni sforzo<br />

è vanificato da forze che non si possono controllare.<br />

12 Arnese consistente in una lama d’acciaio un po’ ricurva, appuntita ed aff<strong>il</strong>ata ad un’estremità; se ne servono i<br />

calzolai per tagliare ed assottigliare <strong>il</strong> cuoio. Derivato da trinciare dal fra. Trencher (-ier).<br />

22


A’ casa du bon’omu no si guarda mai ‘u focularu.<br />

In casa del buon uomo non si guarda mai <strong>il</strong> focolare.<br />

Entrando in casa di un uomo onesto e dall’animo gent<strong>il</strong>e, è buon costume non<br />

dare un’occhiata anche veloce al focolare per vedere cosa bolle in pentola. Agli<br />

occhi del padrone di casa la furtiva occhiata potrà apparire come un arbitrario<br />

invito a sedere a tavola, ma spetta a lui, qualora lo ritenesse opportuno, far<br />

sedere al proprio banchetto <strong>il</strong> potenziale ospite.<br />

<br />

A’ cu’ figghj e a’ cu’ figghjastri.<br />

A chi figli e a chi figliastri.<br />

Non è certamente buona norma usare due pesi e due misure, come far<br />

distinzione tra un figlio e un figliastro. Spesso si verifica che non tutti<br />

hanno la stessa r<strong>il</strong>evanza nell’ambito fam<strong>il</strong>iare, perché i genitori parteggiano.<br />

Questa faziosità porta a dare a taluni figli tanto, ad altri niente, calpestando<br />

così <strong>il</strong> principio dell’uguaglianza.<br />

<br />

A’ cu’ pensi: a’ f<strong>il</strong>ici ‘i Cubasina 13 ?<br />

A che pensi: alle felci di Cubasina?<br />

Cubasina è una zona pianeggiante posta alle pendici dei monti<br />

dell’Aspromonte. In detta zona, un tempo, i braccianti erano dediti al taglio<br />

delle felci per preparare i campi all’aratura. Lavoro duro con uno spreco di<br />

energie enorme. Giunta la sera, gli occhi erano per metà chiusi dalla stanchezza,<br />

tanto da far apparire i lavoratori pensierosi.<br />

<br />

A’ curti parla beni pe’ tutti e si àtru no’ poi fari, no parlari no beni<br />

e no mali.<br />

Al tribunale parla sempre bene di tutti, ma se altro non puoi fare, non parlare né<br />

bene e né male.<br />

La cultura del buon calabrese quando non interessato, porta spessissimo a non<br />

simpatizzare per i due litiganti. Regola fondamentale per una buona testimonianza<br />

in tribunale è parlar bene di tutti e, se poi <strong>il</strong> giudice costringe <strong>il</strong> teste ad un opinione<br />

personale, non bisogna parlare né bene e né male. Meglio non farsi nemici.<br />

13 Contrada del comune di Giffone (RC).<br />

23


A’ jenàru puta paru.<br />

A gennaio pota senza limiti.<br />

Il territorio collinare presentava culture di diverso tipo: prevalevano le vigne<br />

nei terreni meglio esposti al sorgere del sole, mentre nelle zone più umide o<br />

fredde, piantagioni d’agrumeto o di maestosi ulivi che si ergevano sovrani<br />

sopra ogni cosa. Nel mese di gennaio s’iniziava la potatura degli alberi da frutto<br />

e delle vigne. Gli alberi che in autunno avevano perso le foglie grazie alla<br />

potatura, in primavera avrebbero dato virgulti nuovi, pieni di vegetazione.<br />

<br />

A’ l’ortu ‘i Ddèu campanu tutti.<br />

All’orto di Dio campano tutti.<br />

In campagne coltivate da gente um<strong>il</strong>e e dedita alla fatica, gli orti prosperano di<br />

ortaggi e verdure. Tutto ciò non può che apparire all’occhio del ladro una<br />

manna caduta dal cielo ed, essendo <strong>il</strong> contadino un povero uomo, buono come<br />

<strong>il</strong> pane, restio a far inut<strong>il</strong>i litigi, ne approfitta sottraendogli i frutti della terra.<br />

<br />

A’ lignu tagghjatu tagghja cu’ voli.<br />

Dal legno tagliato può tagliare chi vuole.<br />

L’uomo debole non è servito, né riverito perché non è degno di alcun<br />

rispetto: non è temuto poiché non può far male, non sa difendersi, quindi<br />

lo si può schernire facendogli i più disparati dispetti. Dell’uomo debole,<br />

perciò, chiunque può approfittare.<br />

<br />

A’ mia cchjù stoccu ‘i sira!<br />

A me più stoccafisso di sera!<br />

Lo stoccafisso norvegese è una pietanza molto consumata nella Piana. Il<br />

pesce stocco è un cibo succulento da preparare nelle più svariate ricette,<br />

ma tanta è la bontà del suo sapore tanta è la difficoltà a digerirlo, specialmente<br />

se consumato di sera.<br />

<br />

A’ ogni sipaleda c’è ‘na sentineda.<br />

Dietro ogni piccola siepe c’è una sentinella.<br />

24<br />

Bisogna prestare la massima attenzione quando si compiono gesti o azioni, e si<br />

parla certi che non ci sia nessuno ad origliare o ad osservare ogni movimento.<br />

Quando sembra che tutto si svolga con la massima riservatezza, c’è sempre<br />

qualcuno che di nascosto vede o sente.


‘I ciucci si sciarrianu<br />

e ‘i varliri vannu po menzu<br />

(Disegno di Luciana Politi)<br />

25


‘A mala nomina a porta ‘u ventu.<br />

La brutta nomea la porta <strong>il</strong> vento.<br />

26<br />

La persona che non vive onestamente, e che si comporta in maniera errata<br />

rispetto alle regole del buon costume, si acquisterà una brutta nomea. La cattiva<br />

fama correrà velocemente, diffondendosi repentinamente fra le persone, le<br />

quali faranno di tutto a non avere contatti con lui.<br />

A’ prima è di cotrari.<br />

La prima è dei bambini.<br />

<br />

Detto del gioco delle carte, usato dal giocatore perdente all’avversario, <strong>il</strong> giocatore<br />

giustifica la propria sconfitta, attribuendo la colpa alla cattiva sorte e<br />

non all’ab<strong>il</strong>ità dell’avversario, come dire la fortuna dei principianti.<br />

<br />

A’ quarantina ‘nu morbu a’ matina.<br />

Alla quarantina un morbo ogni mattina.<br />

L’età che si aggira sui quarant’anni per molti è l’inizio di una serie di leggeri<br />

malanni, spesso a causa di una vita sregolata. L’uomo intemperante, che oltrepassa<br />

i giusti limiti mancando di equ<strong>il</strong>ibrio nell’agire e specialmente nel mangiare<br />

e nel bere, sottopone <strong>il</strong> proprio fisico a ritmi e sforzi estenuanti che, col<br />

passare degli anni, arrecano danni alla salute.<br />

<br />

A’ Santa Chiara, dopu c’arrobbaru, si fici ‘i porti ‘i ferru.<br />

Santa Chiara, dopo ch’è stata derubata, si è fatta le porte di ferro.<br />

La leggenda narra che i ladri derubarono <strong>il</strong> convento di Santa Chiara<br />

entrando dalla porta che era di legno. Alla Santa, sentitasi presa in giro per<br />

la fac<strong>il</strong>ità di accesso dei ladri, non rimase che porre rimedio facendosi<br />

costruire le porte in ferro.<br />

<br />

A’ stutata da lumera, su tutti ‘i ‘na manèra.<br />

Spento <strong>il</strong> lume, sono tutti uguali.<br />

Detto che indica una categoria di persone dall’improvviso cambiamento di<br />

opinioni, di idee e di comportamento. Questo proverbio può assumere un<br />

altro significato più profondo, a lume spento, quindi nel momento del<br />

sonno o col sopraggiungere della morte, si annulla ogni tipo di distinzione:<br />

si è davvero tutti uguali.


A’ tavula chi no si ‘mbitàtu, no jiri ca si cacciatu.<br />

Al banchetto che non sei invitato, non andare perché sarai respinto.<br />

Quando si festeggia un avvenimento, di solito s’invitano le persone gradite o di<br />

cui non si può fare a meno. Spesso a ciascun invitato viene riservato un posto,<br />

pertanto nel caso in cui si presentasse qualcuno fuori dalla lista degli ospiti, non<br />

sarebbe bene accetto e non troverebbe neanche un posto per sedersi.<br />

<br />

A’ una a’ una, amaru cu’ ‘i duna.<br />

Ad una ad una, povero chi dà carte.<br />

A Jola 14 .<br />

A Jola.<br />

Detto usato nel gioco delle carte napoletane. Il giocatore abbandonato dalla<br />

buona sorte, tenta un ulteriore mescolamento, dando le carte ai giocatori ad una<br />

a una, sperando di pescare carte migliori. Questa mossa sovente non dà i frutti<br />

sperati, infatti dal mazzo solitamente, dopo aver fatto ricorso a questa strategia,<br />

vengono estratte carte ancora più brutte di prima.<br />

<br />

Detto che indica, in senso figurativo, non possedere nessuna briscola.<br />

Accuppa cori.<br />

Copri cuore.<br />

<br />

Detto che indica i sintomi della claustrofobia, ossia <strong>il</strong> timore patologico e irrazionale<br />

dei luoghi chiusi.<br />

<br />

Acedi a’ mandra morinu ‘i fami.<br />

Uccelli in branco muoiono per la fame.<br />

Gli uccelli in soprannumero stentano a guadagnarsi <strong>il</strong> cibo, poiché le risorse dei<br />

campi devono essere condivise con i propri sim<strong>il</strong>i. Pertanto, subentra una specie<br />

di selezione naturale, chi è più forte e scaltro arriva per primo sui semi, la<br />

fonte principale di sussistenza. Il più forte sopravvive, <strong>il</strong> più debole, non potendosi<br />

alimentare, andrà incontro a duri stenti che comportano morte certa.<br />

14 Ruscello che scorre al confine tra i comune di <strong>Anoia</strong> e di Maropati.<br />

27


Acedi e fungi, pigghjàli comu ‘i jungi.<br />

Uccelli e funghi, prend<strong>il</strong>i e mett<strong>il</strong>i assieme.<br />

28<br />

Gli uccelli, un tempo, erano cacciati non per sport, ma per soddisfare l’esigenza<br />

del cibo. Più volat<strong>il</strong>i si riusciva a prendere, più cibo entrava in casa. Lo stesso<br />

discorso vale per i funghi, più se ne trovavano e più se ne potevano consumare,<br />

perché a differenza degli uccelli, i funghi si possono essiccare, costituendo<br />

così una scorta sicura per l’inverno.<br />

Acquazzina no inχj 15 puzzu.<br />

La rugiada non riempie <strong>il</strong> pozzo.<br />

<br />

La rugiada è un fenomeno atmosferico, caratteristico delle notti serene. Le goccioline<br />

precipitate dalla condensazione del vapore acqueo determinano una<br />

visione particolare della vegetazione, ma sono talmente minuscole che se raccolte<br />

non potrebbero mai riempire un pozzo. Il proverbio simbolicamente sottolinea<br />

che l’uomo con i piccoli risparmi certamente non arricchisce.<br />

Agustu ojjiu e mustu.<br />

Agosto olio e mosto.<br />

<br />

Le piante di ulivi nelle annate piene, eliminano i frutti in eccedenza, facendoli<br />

cadere a terra molto tempo prima che si compia la maturazione. Un tempo, le<br />

famiglie si recavano negl’uliveti, per raccogliere ad agosto le olive ottobrariche<br />

cadute a terra, le quali per esser macinate venivano conservate fino all’apertura<br />

dei frantoi. Ma agosto era anche <strong>il</strong> mese della maturazione dello zibibbo,<br />

una specie di uva bianca dal profumo intenso e dal sapore unico.<br />

<br />

Aliamu 16 , aliamu, cchjù pocu simu e cchjù mègghju stamu.<br />

………Più pochi siamo e meglio stiamo.<br />

Il focolare, un tempo, in casa aveva un’importanza notevole, serviva sia per la<br />

preparazione dei cibi sia per <strong>il</strong> riscaldamento domestico. La sera l’intera famiglia<br />

si riuniva davanti al focolare, troppo piccolo per tutti. I più furbi iniziavano<br />

a far scint<strong>il</strong>le con l’alare per provocare panico nei più piccoli, che, impauriti,<br />

scappavano a letto lasciando più spazio ai rimanenti.<br />

15 In DCI Inchjri, v. tr. Riempire.<br />

In DEDC Inchiri, v. tr. Riempire; dal gr. εγγεω, lat. implere.<br />

16 Alare, arnese di ferro posto ai lati del focolare per sostenere la legna che, stando così sollevata, può bruciare più<br />

fac<strong>il</strong>mente.


Alivi e agghianda ad agustu si domanda.<br />

Olive e ghianda ad agosto si domanda.<br />

Nel mese di agosto tra gli ulivi secolari, dalle foglie di color verde cupo nella<br />

superficie superiore e biancastre in quella inferiore, sono ormai presenti i frutti<br />

di questi alberi, le olive, verdi al principio e nereggianti a maturità. Sulle<br />

querce e sui lecci, alberi di alto fusto, le prime dalle foglie con margine lobato<br />

e i secondi dal colore verde e di forma ovale compaiono le ghiande frutti dalla<br />

forma ovoidale o c<strong>il</strong>indrica ut<strong>il</strong>izzato soprattutto nell’alimentazione dei suini.<br />

I contadini nel mese di agosto osservando detti alberi fanno una prima stima di<br />

quella che sarà l’annata.<br />

<br />

Ama a’ cu’ ti ama e rispundi a’ cu’ ti chiama.<br />

Ama chi ti ama e rispondi a chi ti chiama.<br />

Amare una persona vuol dire condividere un sentimento di profondo innamoramento.<br />

Amare vuol dire soprattutto rispettare la persona amata, cercando<br />

in ogni modo di non offenderla e rispettarla. Allo stesso modo un<br />

comportamento gent<strong>il</strong>e e cortese si deve adottare con colui o colei che ci<br />

cerca. La risposta è indice di buona educazione.<br />

<br />

Ama Ddèu supa ogni cosa e no partìri d’‘a casa senza spisa.<br />

Ama Dio sopra ogni cosa e non partire da casa senza spesa.<br />

Bisogna credere in Dio e credere nella sua provvidenza, ma può sempre venirci in<br />

aiuto? Pertanto chi si mette in viaggio o lavora in campagna non deve dimenticare<br />

gli alimenti giornalieri per consumarli al momento in cui avrà fame.<br />

<br />

Amara ‘a pecura ch’avi a’ dari ‘a lana.<br />

Povera la pecora che deve dare la lana.<br />

Spesso per diversi problemi si è costretti a rivolgersi a persone per ottenere<br />

un favore o un prestito, risolvendo così i propri guai; una volta risolti<br />

questi, subentrano ben altre preoccupazioni: “Come fare per disobbligarsi?<br />

Come recuperare <strong>il</strong> denaro necessario per estinguere <strong>il</strong> proprio debito?”<br />

Domande che rendono un uomo disperato ed avv<strong>il</strong>ito perché non sa<br />

come liberarsi dal proprio vincolo.<br />

<br />

Amici novi acquistatíndi, ma ‘i vecchi no ‘i dassàri.<br />

Acquista amici nuovi, ma quelli vecchi non li lasciare.<br />

L’amicizia comporta un forte legame tra due o più persone. Un vero amico ti<br />

dona tanto del proprio tempo, ti sta vicino nei momenti diffic<strong>il</strong>i e condivide<br />

29


ogni situazione di gioia; in ogni caso è sempre bene allargare le proprie conoscenze<br />

dalle quali possono scaturire nuove e belle amicizie, ma questo non<br />

deve far sì che si trascurino i vecchi legami.<br />

<br />

Ammazza, ammazza ennu tutti ‘na razza.<br />

Ammazza, ammazza sono tutti della stessa razza.<br />

Chi fa parte di una compagnia, di un’associazione, o di un qualsiasi gruppo costituito<br />

da più persone, frequenta spesso gente che gli somiglia nel carattere, nei<br />

costumi, nel linguaggio e nei modi di pensare o comunque si differenziano di<br />

poco, a tal punto che questa scarsa diversità appare in modo chiaro e lampante.<br />

Avendo le stesse caratteristiche agli occhi di tutti vengono considerati uguali.<br />

<br />

Ammuccia cumpàri, ca tuttu ti pari.<br />

Compare nascondi, che tutto verrà fuori.<br />

Sovente, al verificarsi di un evento di massima importanza, coloro i quali ne<br />

sono a conoscenza, attraverso un patto verbale, giurano di tenere <strong>il</strong> massimo<br />

riserbo. Purtroppo succede spesso che una voce esca fuori dal coro e spifferi<br />

tutto rendendo pubblica la cosa.<br />

<br />

Ammucciati erba c’aratru passa.<br />

Nasconditi erba che l’aratro passa.<br />

30<br />

Nei terreni arati in fretta e male si notano ceppaie di erba rimasti nella<br />

terra solcata. Questo è <strong>il</strong> risultato di un lavoro fatto alla rinfusa, alla meno<br />

peggio. La premura non dà quasi mai degli esiti positivi, ogni cosa vuole<br />

<strong>il</strong> suo tempo, è inut<strong>il</strong>e affrettarsi. Allegoricamente gl’uomini um<strong>il</strong>i saranno<br />

sottomessi sempre da quelli prepotenti.<br />

Anga e sdanga 17.<br />

Guancia e stanga.<br />

<br />

Detto che indica l’andare d’accordo, tra due persone con comunanza di<br />

idee, di voleri, di propositi, di decisioni, a volte con un’intesa segreta agli<br />

occhi della gente.<br />

17 Termine di non sicura traduzione.


Angra 18 ‘i χumara, vigna ‘i costera 19 e donna finestrera no fici mai ‘na<br />

bona spera.<br />

L’“angra” di fiume, la vigna di “costera” e la donna che si affaccia sempre alla<br />

finestra non ha mai fatto buona speranza.<br />

I terreni posti vicino alle sponde del fiume, le vigne poste sui pendii e le donne<br />

affacciate sempre alle finestre non godono certamente di un buon futuro. I terreni<br />

rischiano fortemente di essere inondati dallo straripare delle acque, uscite dagli<br />

argini, che trascinano via tutti gli alberi; le vigne sono soggette a distaccamenti di<br />

terreno da un pendio con conseguente slittamento verso <strong>il</strong> basso, trascinando di<br />

conseguenza tutto <strong>il</strong> vigneto; parimenti la donna impicciona ispeziona tutti i movimenti<br />

da dietro le persiane socchiuse, quasi fosse una sentinella nella garitta.<br />

Essendo impegnata a curiosare, tralascia le faccende di casa causando continui<br />

litigi col coniuge, che, all’arrivo a casa, dovrà aspettare per pranzare. Gli alterchi<br />

si estendono anche ai vicini infastiditi dall’essere spiati.<br />

<br />

Annacati ca ti mandu.<br />

Dimenati che mando a chiedere la tua mano.<br />

Per “mandare” un tempo s’intendeva delegare una persona, solitamente un compare,<br />

per chiedere la mano di una ragazza, <strong>il</strong> quale si recava a casa di quest’ultima<br />

per conto del pretendente. Non sempre c’era chi aveva pretese serie nei riguardi<br />

delle ragazze, anzi talvolta quando si vedeva una giovane pavoneggiarsi,<br />

mostrandosi fiera della propria femmin<strong>il</strong>ità da poco scoperta, <strong>il</strong> ragazzo per burlarsi<br />

di lei, la faceva <strong>il</strong>ludere, dicendole che “mandava” a chiedere la mano.<br />

<br />

Anni e biccheri ‘i vinu no si cuntanu mai.<br />

Anni e bicchieri di vino non si contano mai.<br />

Il vino e la vecchiaia sono spesso accomunati. Si dice che chi beve vino ha vita<br />

lunga e che quest’ultimo sia <strong>il</strong> latte dei vecchi, come se questa bevanda alimentasse<br />

l’uomo permettendogli una vita longeva. Cattivo auspicio è la conta<br />

dei bicchieri di vino bevuti e degli anni di vita vissuti, come se questo connubio<br />

tra uomo e vino possa finire, cessando di vivere.<br />

18 Terreno fert<strong>il</strong>e lungo <strong>il</strong> fiume che si coltiva.<br />

19 Pendio, falda di monte.<br />

31


Anoj, Sanoj, Maropatri e Tritanti, simu setti tanti cchjù di vui.<br />

<strong>Anoia</strong>, <strong>Anoia</strong> Superiore, Maropati e Tritanti, siamo sette volte più di voi.<br />

32<br />

<strong>Anoia</strong> nei secoli scorsi fu un feudo che comprendeva i casali di Susanoia<br />

(attuale <strong>Anoia</strong> Superiore), Maropati e Tritanti. La leggenda narra che una scarsa<br />

pattuglia di truppe invaditrici, presumib<strong>il</strong>mente francesi, si trovarono ad<br />

<strong>Anoia</strong> con intenzioni bellicose nei confronti del paese. Questi ultimi, vistisi<br />

perduti, convinsero i francesi al ritiro, prospettando una disfatta, poiché era<br />

vero che loro erano certamente meglio armati, ma la popolazione locale era di<br />

gran lunga superiore al numero dei soldati. I francesi, sicuri di andare incontro<br />

ad una sonora sconfitta, abbandonarono l’idea e si d<strong>il</strong>eguarono.<br />

<br />

Apr<strong>il</strong>i favi chjni a’ ‘i marini, ma Apr<strong>il</strong>i è minzognaru ca ‘i favi su di maju.<br />

Apr<strong>il</strong>e fave piene vicino al mare, ma apr<strong>il</strong>e è bugiardo, poiché le fave sono di maggio.<br />

La fava è una pianta erbacea, che fiorisce in primavera producendo grossi baccelli<br />

carnosi sim<strong>il</strong>i ai fagioli. Questi ultimi vanno normalmente in maturazione nel<br />

mese di maggio. Nei posti vicini al mare o nei terreni costieri, <strong>il</strong> clima, più caldo<br />

e mite, permette a questa leguminosa di avere una fioritura anticipata. Tutto questo<br />

mostra che la maturazione non è determinata dal mese ma dal clima.<br />

<br />

Arangi, arangi cu’ ‘ndavi ‘i guai, mu si ciangi.<br />

Arance, arance chi ha guai, che se li pianga.<br />

I guai possono rappresentare una situazione dolorosa, un momento diffic<strong>il</strong>e, una<br />

disgrazia, un malanno. Certamente si può avere la solidarietà della gente, ma<br />

ognuno si deve tenere i propri, senza tormentare gli altri che già ne hanno di loro.<br />

<br />

Ariganu e p<strong>il</strong>eju 20 unu eni tintu e natru eni pèju.<br />

Origano e puleggio uno è tinto e l’altro è peggio.<br />

L’origano e <strong>il</strong> puleggio vengono indicati come termine di paragone agli uomini.<br />

Due persone se pur somiglianti tra loro (come l’origano e <strong>il</strong> puleggio) possono<br />

presentare due diversi caratteri, tutto ciò non sta a significare che l’uno<br />

sia migliore dell’altro, anzi entrambi si superano nell’essere peggiori.<br />

20 Piccola pianta sim<strong>il</strong>e alla menta (lat. Pulejum).


Arràssu sia, no ggabbu 21 e nno maravìgghja.<br />

Che siano lontani da me <strong>il</strong> gabbo e la meraviglia.<br />

Detto che mette in evidenza lo scongiuro di una persona a non fare delle disgrazie<br />

altrui motivo di gabbo o di meraviglia, poiché ha la consapevolezza che gli<br />

si potrebbero ritorcere contro.<br />

<br />

Arrìditi sta f<strong>il</strong>era ‘i buttuna.<br />

Sorridi a questi testicoli.<br />

Detto che indica la reazione di chi subisce una derisione oltraggiosa o che è oggetto<br />

di d<strong>il</strong>eggio verso lo schernitore.<br />

<br />

Arriva a’ tavula conzata.<br />

Arriva a tavola apparecchiata.<br />

Detto che accusa l’atteggiamento di chi arriva soltanto a lavoro finito.<br />

A tagghia a gregna 22 .<br />

Lo taglia <strong>il</strong> fascio.<br />

<br />

Detto usato per indicare una persona dal grande appetito.<br />

Attia ‘i l’ovu e tu no mini?<br />

Ehi tu dell’uovo perché non ti dimeni?<br />

<br />

Si narra che un nob<strong>il</strong>e aveva a suo servizio una folta schiera di operai che zappavano<br />

la terra. Il proprietario terriero, mentre gli operai lavoravano, chiamava<br />

uno a uno gli uomini di nascosto e gli offriva un uovo da consumare subito<br />

e in fretta, con la promessa di non farsi vedere da nessuno e di mantenere <strong>il</strong><br />

segreto. Il padrone osservava di nascosto i lavoratori e quando vedeva che<br />

erano stanchi gridava: “Tu dell’uovo perché non lavori?” Poiché ognuno,<br />

all’insaputa dell’altro, aveva ricevuto un uovo, si dava da fare per riconoscenza.<br />

Con questo stratagemma <strong>il</strong> nob<strong>il</strong>e faceva lavorare di più gli operai, ciascuno<br />

dei quali gli era riconoscente per <strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio concesso.<br />

21 Burla, beffa, scherno.<br />

22 Fascio di manipoli lat. Gremia “covoni”.<br />

33


Aùndi no ‘ndannu fìgghj no jiri no pè sordi no pè cunsìgghj.<br />

Dove non hanno figli, non andare né per soldi né per consigli.<br />

Gli antichi calabresi sostenevano che in una famiglia senza figli fosse meglio<br />

non recarsi né per chiedere consigli né per ottenere un prestito. Per alcuni, la<br />

mancanza di prole costituiva per la coppia una vera e propria colpa, per altri<br />

una maledizione mandata dal Signore. I coniugi venivano ritenuti incapaci di<br />

procreare e pertanto inesperti della vita.<br />

<br />

Aùndi no pozzu jeu, mu poti Ddèu.<br />

Dove non posso io, possa Dio.<br />

Detto che indica un’imprecazione verso qualcuno più potente, capace di procurare<br />

del male facendo uso dell’autorità di cui gode e dei mezzi di cui dispone,<br />

pertanto l’uomo debole, incapace di fronteggiare con le proprie forze tale<br />

situazione, invoca Dio a mandargli una condanna all’inferno, cioè la morte,<br />

come cessazione delle proprie sofferenze.<br />

<br />

Aùndi pendi l’arrama cadi.<br />

Il ramo cadrà dal lato in cui pende.<br />

I rami degli alberi sono attaccati al tronco e gravitano verso <strong>il</strong> basso. Se <strong>il</strong> ramo,<br />

per qualsiasi motivo, si staccasse dal tronco, cadrebbe dalla parte in cui pende.<br />

Applicato alla vita, esprime un concetto di sim<strong>il</strong>itudine nell’essere inclinato,<br />

verso una persona o una cosa.<br />

<br />

Avaru da cinnari e spregheru da farina.<br />

Avaro della cenere e sprecone della farina.<br />

Esistono persone grettamente attaccate a cose frivole e restie a donarle, mentre<br />

devolvono, anche in quantità eccessive, le cose più importanti o addirittura necessarie<br />

per la sopravvivenza. Da qui nasce <strong>il</strong> paradosso di una tirchieria assurda,<br />

contraria al senso comune, tanto da serbare la cenere e sperperare la farina.<br />

<br />

Avimu u scorciamu ‘a pecura ma nommu sciancamu l’utri.<br />

Dobbiamo spellare la pecora ma non strappare l’otre.<br />

L’otre era un recipiente usato per <strong>il</strong> trasporto del vino, dell’acqua e dell’olio,<br />

che veniva ricavato dalla scuoiatura totale della pecora. Questo<br />

procedimento doveva avvenire con la massima attenzione per evitare tagli<br />

inopportuni, i quali potevano danneggiare irreparab<strong>il</strong>mente la concia. Con<br />

interpretazione metaforica <strong>il</strong> proverbio può essere applicato alle vicissitudini<br />

di vita di ogni persona, come non esser troppo esoso, non approfittare<br />

più di tanto della benevolenza altrui.<br />

34


‘A donna chi và di fora<br />

no tessi no t<strong>il</strong>a e no lenzola<br />

(Dipinto di Pasquale D’Angeli)<br />

35


Avissi e vorria eranu frati.<br />

Avessi e vorrei erano fratelli.<br />

36<br />

Quanti desideri si hanno nella vita e quante cose si potrebbero realizzare! Se<br />

soltanto ciò che si brama si potesse avere fac<strong>il</strong>mente! Ma tutto rimane solamente<br />

un’utopia, se non si riesce ad ottenere o a costruire ciò che occorre,<br />

affinché la propria fantasia diventi realtà.<br />

Barca storta ventura diritta.<br />

Barca storta ventura diritta.<br />

<br />

Iniziare malamente un lavoro mette a seri rischi <strong>il</strong> buon esito dello stesso, si<br />

incontrano m<strong>il</strong>le difficoltà tanto da avere l’impressione che non si giungerà mai<br />

alla fine dell’opera. Quando tutto sembra ormai compromesso ecco che si<br />

intravede uno spiraglio di luce, che permette di portare a compimento un risultato<br />

davvero insperato e migliore rispetto a quello prefissato. A volte s’incomincia<br />

male e si finisce bene.<br />

<br />

Bellu no sugnu, bruttu no mi tegnu, no sugnu comu a’ tia mussu ‘i lignu.<br />

Bello non sono, brutto non mi ritengo, non sono come te “muso di legno”.<br />

Il narciso guarda dall’alto in basso tutte le persone, con un senso smoderato di<br />

compiacimento per le proprie qualità fisiche. Egli si sente, a suo vedere, <strong>il</strong> più<br />

bello di tutti, burlandosi delle persone non eccessivamente carine. Il meno<br />

aggraziato, ma più um<strong>il</strong>e, si difende dicendo di non sentirsi né bello né brutto,<br />

ma di non aver <strong>il</strong> labbro di “legno” come lui.<br />

Ca no ti scordi ‘i pisci o’ focu!<br />

Non dimentichi i pesci sul fuoco!<br />

<br />

L’uomo attento, scaltro, furbo e dotato di una buona memoria, ha la facoltà<br />

della mente di ritenere e all’occorrenza richiamare le informazioni acquisite.<br />

Pertanto, quando dovrà essere presente in determinate situazioni a lui convenienti,<br />

certamente non si dimenticherà.<br />

<br />

Caccia pacci puru ‘i Santi.<br />

Fa impazzire anche i Santi.<br />

Detto che indica una persona intollerab<strong>il</strong>e, capace di far perdere la pazienza<br />

anche alle persone più calme.


Cadda 23 che fridda st’acqua!<br />

Calda che fredda quest’acqua!<br />

Detto usato in circostanze ambigue, poco chiare, che potrebbero nascondere<br />

qualcosa, di pericolo o che a priori appaiono pericolose.<br />

<br />

Cala ch'a schianchi.<br />

Scendi che la spezzi.<br />

Espressione usata per invitare qualcuno ad evitare di “spararla grossa”. Se è<br />

vero che anche le parole hanno un loro peso, si immagini che fine può fare un<br />

ramo costretto a sopportare “<strong>il</strong> peso” di una affermazione assurda o sproporzionata:<br />

non sopportandone lo sforzo si spezzarebbe (schiancari).<br />

<br />

Cani, pputtani e cavadi ‘i carrozza, ‘na bona gioventù e ‘na mala vecchjzza.<br />

Cani, prostitute e cavalli da carrozza, una buona gioventù e una brutta vecchiaia.<br />

I cani, le prostitute e i cavalli di carrozza, durante la propria giovinezza sono<br />

trattati con riguardo dai loro padroni, in quanto devono apparire belli, forti e in<br />

grado di svolgere le proprie funzioni. In giovane età, i cani appaiono più attenti<br />

nel far la guardia, le prostitute più attraenti e i cavalli più forti e vigorosi nel<br />

trainare le carrozze. Una volta raggiunta la vecchiaia, sono abbandonati al proprio<br />

destino, perché non garantiscono più le loro prestazioni.<br />

<br />

Cani scaddàtu scappa puru ‘i l’acqua fridda.<br />

Cane ustionato scappa anche dall’acqua fredda.<br />

Le esperienze brutte lasciano un segno indeleb<strong>il</strong>e, che diffic<strong>il</strong>mente si riesce a superare<br />

e di conseguenza a dimenticare. Chi non ha avuto nella propria vita delle vicissitudini<br />

che portano a vedere anche le situazioni più normali con occhio sospettoso,<br />

sfiduciato, tanto da diffidare e dubitare anche delle persone miti ed um<strong>il</strong>i?<br />

<br />

Canta orbu, ca ‘a lemosina curri.<br />

Canta cieco, così l’elemosina prospererà.<br />

Il cieco riceverà più elemosina cantando, perché i passanti incuriositi si fermeranno<br />

ad ascoltarlo e saranno più generosi.<br />

<br />

Carità p<strong>il</strong>usa.<br />

Carità pel osa.<br />

Detto che indica in senso figurativo una falsa e ipocrita verità.<br />

23 Termine che indica pericolo.<br />

37


Carta canta ‘ncannòlu 24 .<br />

Carta canta cannello.<br />

L’accordo fatto in parola può portare al pentimento di uno dei due concordatari,<br />

<strong>il</strong> quale potrà in qualsiasi momento smentire e negare <strong>il</strong> fatto verbale.<br />

L’esperienza insegna che è sempre meglio fare una scrittura, che, in caso di<br />

diverbio, varrà da testimone potendo così provare, dimostrare e confermare<br />

quale sia la realtà.<br />

<br />

Carta sula jocala sicura.<br />

Carta sola giocala sicura.<br />

Detto usato nel gioco tresette delle carte napoletane, che asserisce che<br />

quando <strong>il</strong> giocatore ha in mano una sola carta di un seme, può giocarla,<br />

perché sarà di sicuro risultato.<br />

<br />

Carta veni jocaturi s’avanta.<br />

Carta viene giocator si vanta.<br />

Detto usato dal giocatore perdente all’avversario, quest’ultimo si gloria delle proprie<br />

capacità e ab<strong>il</strong>ità tralasciando la fortuna che lo ha accompagnato al gioco.<br />

<br />

Caru cumpàri no fari ‘a grìngia 25, chista eni ‘a casa du mangia mangia.<br />

Caro compare non fare la smorfia, questa è la casa nella quale chi arriva mangia.<br />

Uno dei momenti più belli della giornata è quando ci si ritrova tutti assieme<br />

attorno alla tavola a condividere <strong>il</strong> cibo e i momenti trascorsi durante<br />

la giornata, ecco perché si rimane increduli quando s’incontrano famiglie<br />

allo sbando, dove ogni componente, appena arrivato dentro le mura domestiche,<br />

si serve da mangiare e lo consuma da solo, senza aspettare l’arrivo<br />

degli altri, considerando la casa come un albergo.<br />

<br />

Casa picciula rigistrusa fimmana.<br />

Casa piccola donna ordinata.<br />

38<br />

Essere ordinati sia nella vita lavorativa che fam<strong>il</strong>iare è certamente un dono di<br />

natura, ma quando le circostanze aiutano ad esserlo tutto è fac<strong>il</strong>itato; così per<br />

una donna la cui casa è piccola è più fac<strong>il</strong>e organizzarsi, svolgere bene le<br />

proprie faccende domestiche, tenere tutto in ordine.<br />

24 Sezione di canna tra due nodi a forma di tubetto che serve per inf<strong>il</strong>arvi <strong>il</strong> pennino.<br />

25 In DCI Gringia, s. f. Smorfia.


(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />

‘A cira s’ardi<br />

e ‘u santu no camina<br />

39


Cchjù scuru da menzanotti no po veniri.<br />

Più buio della mezzanotte non può esserci.<br />

Quando ci si trova in uno stato di profondo avv<strong>il</strong>imento, dovuto al verificarsi<br />

di un fatto doloroso, oppure all’impossib<strong>il</strong>ità di trovare una qualsiasi<br />

via di uscita ad una situazione assai grave si è portati ad agire con <strong>il</strong><br />

coraggio della disperazione. Si è disposti a compiere azioni rischiose, in<br />

quanto più buio della mezzanotte non ci può essere, nel senso che una<br />

situazione più penosa di quella in cui ci si trova, non può verificarsi.<br />

<br />

Centu pe’ tia e una pe’ mia.<br />

Cento per te e una per me.<br />

L’uomo astuto sfrutta una sola occasione per burlare, ingannare o comunque per<br />

raggiungere <strong>il</strong> fine prefissato. L’uomo sprovveduto invece, anche se avesse a<br />

disposizione cento opportunità, non raggiungerebbe mai <strong>il</strong> risultato del primo.<br />

<br />

Cerasi cchjù ndi mangi e cchjù ndi trasi.<br />

C<strong>il</strong>iegie più ne mangi e più ne entrano.<br />

A chi non piacciono le c<strong>il</strong>iegie? Sono proprio poche le persone che non<br />

mangiano questo frutto, ma la particolarità è che basta assaggiarne uno per<br />

non riuscire a fermarsi, si continua a mandarne giù senza rendersi conto<br />

della quantità ingerita. Davanti ad un bel cesto di c<strong>il</strong>iegie è proprio diffic<strong>il</strong>e<br />

dire basta.<br />

<br />

Cheledu.<br />

Michelino.<br />

Detto che indica in senso figurativo giocare <strong>il</strong> due di briscola.<br />

<br />

Chi calaminduni.<br />

Che sp<strong>il</strong>ungone.<br />

Detto che indica una persona di alta statura.<br />

<br />

Chi mangiasti cagnoledi morti?<br />

Cosa hai mangiato cagnolini morti?<br />

L’alito pesante e un peto puzzolente fanno pensare ad un’abbuffata di miscugli<br />

alimentari tali, da far fare al fegato gli straordinari. Per evidenziare <strong>il</strong> cattivo<br />

odore e schernire <strong>il</strong> mal capitato, si dice se avesse ingerito dei cagnolini morti,<br />

in evidente stato di decomposizione.<br />

40


Chi veni, veni.<br />

Quel che succede, succede.<br />

Detto che indica l’incertezza di cosa accadrà per un’azione inevitab<strong>il</strong>e in seguito<br />

a particolari circostanze.<br />

<br />

Chiamu a’ mugghjèrima pe’ testimoni.<br />

Chiamo mia moglie per testimone.<br />

Quando non si dichiara la verità, c’è sempre qualcuno che rimane dubbioso. Il<br />

menzognero si aggrappa a tutto pur di garantire <strong>il</strong> proprio racconto, tentando di<br />

chiamare in suo aiuto la moglie, la quale senz’altro confermerà in pieno la sua<br />

tesi. La testimonianza di persone legate da un vincolo di parentela non è attendib<strong>il</strong>e,<br />

perché ritenuta di parte, non può mai avere lo stesso valore di una deposizione<br />

fatta da un estraneo, in quanto si suppone che la teste possa essere sentimentalmente<br />

influenzata.<br />

<br />

Chianu chianu si f<strong>il</strong>a la stuppa e ogni gruppu a lu pettinu veni.<br />

Pia piano si f<strong>il</strong>a la canapa e ogni nodo viene al pettine.<br />

Nella vita bisogna aver pazienza e costanza per ottenere dei buoni risultati, mai<br />

affrettare i tempi, agendo in modo irragionevole o disonesto, poiché tutti i nodi<br />

vengono al pettine, pagandone le conseguenze.<br />

<br />

Chidu chi ’ndi veni ‘nd’‘u pigghjàmu.<br />

Quello che ci capita lo prenderemo.<br />

Detto che indica rassegnazione.<br />

<br />

Chidu chi eni distinatu mancari no poti.<br />

Ciò che è destinato mancare non può.<br />

Molti ritengono che sia inut<strong>il</strong>e lottare contro <strong>il</strong> destino, in quanto è predeterminato<br />

da leggi o forze al di sopra della natura umana. Nessuno sfugge alla<br />

propria sorte, tutto ciò che è destinato non può non verificarsi.<br />

Coppi non si ndi joca mai.<br />

Coppe non se ne gioca mai.<br />

<br />

Detto superstizioso secondo <strong>il</strong> quale <strong>il</strong> giocatore che inizia la giocata non deve<br />

mai giocare coppe, perché porta male.<br />

41


Coppula e cappèdu mu vota a’ manganèdu.<br />

Coppola e cappello si trasforma in manganello.<br />

42<br />

Detto che invoca una maledizione, ovvero, la decapitazione della testa.<br />

<br />

Corna e vastunati amaru cu’ ‘ndavi.<br />

Corna e bastonate povero chi li ha.<br />

L’uomo bastonato e la persona tradita hanno in comune una grande sofferenza:<br />

<strong>il</strong> primo perché è stato riempito di botte mentre <strong>il</strong> secondo perché è stato tradito.<br />

Le bastonate e le “corna” sono dei fardelli diffic<strong>il</strong>i da portare, da tutto questo<br />

nasce la commisurazione delle altre persone, le quali si augurano di non trovarsi<br />

mai in dette situazioni.<br />

<br />

Crìscinu ‘i spini e ammuccianu ‘i sambuchi.<br />

Crescono le spine e coprono i sambuchi.<br />

Il sambuco è un alberello che sovente veniva piantato sul confine dei terreni,<br />

tracciando così la linea di limite, quest’ultimo invecchiava e nessuno lo rimoveva,<br />

nemmeno quando diveniva secco. Le siepi sono arbusti con lunghi rami,<br />

spesso sdraiati a terra e rampicanti se nelle vicinanze del ceppo esiste un albero.<br />

Trasportando da un piano letterale ad un livello metaforico, <strong>il</strong> sambuco simboleggia<br />

gli uomini anziani e le siepi i giovani con più vigoria rispetto ai vecchi.<br />

I primi prevarranno sui secondi, perché i giovani difettano di esperienza.<br />

<br />

Cu na manu d’avanti e natra d’arretu.<br />

Con una mano davanti e un’altra di dietro.<br />

Detto che indica in senso figurativo <strong>il</strong> mancato guadagno, <strong>il</strong> non aver niente in mano.<br />

<br />

Cu ‘nu scornu 26 si campa ‘nu jornu.<br />

La vergogna dura un giorno.<br />

Lo scorno provoca vergogna e profonda um<strong>il</strong>iazione, cui spesso si aggiungono<br />

beffe e ridicolo, conseguenti a una figuraccia. Nel malcapitato regna l’imbarazzo<br />

<strong>il</strong> turbamento e diventa timoroso a contatto con le persone. Tutto questo<br />

si dovrà dimenticare poiché la vita continua.<br />

26 In NDDC Scuorno, scornu, m. scorno, vergogna.


Cu ‘i rugnusi mangia e ‘mbivi, ma ‘i notti no dormiri.<br />

Con chi ha la rogna mangia e bevi, ma con loro non dormire.<br />

La rogna è una malattia contagiosa della pelle. Con i portatori di rogna si può<br />

mangiare e bere, ma è bene non coricarsi assieme, perché stando a contatto col<br />

malato o con i suoi indumenti, si favorisce la trasmissione di questa malattia<br />

infettiva.<br />

<br />

Cu culu a’ cciappa.<br />

Con <strong>il</strong> sedere su una pietra piatta.<br />

Detto che indica in senso figurato una persona che per insolvenza finanziaria<br />

perde la disponib<strong>il</strong>ità dei suoi beni, pertanto, non possedendo più neanche le<br />

sedie, è costretta a sedere su una pietra.<br />

<br />

Cu patri carceratu.<br />

Col padre carcerato.<br />

Il proverbio indica una persona che pretenderebbe di ottenere qualcosa gratuitamente,<br />

furbescamente, a spese altrui.<br />

<br />

Cu patri e patruni no ‘nc’è ragiuni.<br />

Con padre e padrone non esistono ragioni.<br />

Nelle famiglie patriarcali di un tempo <strong>il</strong> padre assumeva e adempiva un ruolo<br />

di guida e protettore. Dall’aspetto severo <strong>il</strong> padre incuteva rispetto e spesso<br />

anche timore, era la persona a cui spettava l’ultima parola, fosse giusta o sbagliata,<br />

certamente non si poteva contraddire. Il padrone un tempo doveva essere<br />

servito e riverito e poiché la fame era tanta, speculava spesso del suo potere,<br />

facendo sovente degli abusi, come calpestare i già pochi diritti che avevano<br />

i lavoratori. Nessuno si poteva ribellare perché rimanere senza lavoro avrebbe<br />

significato fame. Pertanto, in passato la ragione del padre e padrone era inoppugnab<strong>il</strong>e,<br />

non soggetta né a critica né a contestazioni.<br />

<br />

Cu sei misi cu Ddèu spera, cu sei misi cu Ddèu provvidi, si ricogghj a’<br />

casa cu ‘a soladda 27 ‘ncodu.<br />

Con sei mesi con “Spera in Dio”, con sei mesi con “Dio provvede”, ritorna a casa<br />

con <strong>il</strong> sacco vuoto addosso.<br />

Le colline calabresi, un tempo, erano coltivate a vigneti e uliveti, pertanto <strong>il</strong><br />

lavoro del contadino si divideva in lavoro estivo per la vigna e invernale per gli<br />

ulivi. Capitava che <strong>il</strong> raccolto dell’uva andasse male o per causa atmosferiche,<br />

27 Contenitore di grossa e rozza tela, lungo e largo usato per mettere roba da trasportare.<br />

43


quali siccità o improvvise grandinate, o per altre cause. L’afflitto lavoratore<br />

sperava nella provvidenza divina per raccolto delle olive, purtroppo andava<br />

male pure quello e così <strong>il</strong> contadino non portava mai niente a casa.<br />

<br />

Cu settoru no si cugghjunija 28 .<br />

Con <strong>il</strong> settebello non si scherza.<br />

Il settebello ha notevole r<strong>il</strong>evanza per <strong>il</strong> conteggio dei punti nel gioco della scopa.<br />

Da solo vale un punto, serve per la primiera, è una carta avente seme di denari, vale<br />

anche per la conta delle carte prese, ed essendo un sette ha valore di carta più alta.<br />

Quando si gioca a scopa e c’è la possib<strong>il</strong>ità di prendere <strong>il</strong> settebello non bisogna mai<br />

tergiversare poiché è la chiave del gioco e poi mai sfidare la sorte!!!<br />

<br />

Cu ‘u focu si scherza pocu.<br />

Con <strong>il</strong> fuoco si scherza poco.<br />

Bisogna fare molta attenzione ad accostarsi con leggerezza ed insistenza ad un<br />

pericolo. Non sempre affrontando un periglio si esce vincitori, specialmente se<br />

<strong>il</strong> nemico è più forte. Occorre calcolare le conseguenze, anche una piccola sbadataggine,<br />

può comportare gravi danni. Quando si gioca col fuoco bisogna<br />

considerarne le ripercussioni. Si rischia seriamente di rimanere bruciati.<br />

<br />

Cu’ ‘i speranza campa, disperatu mori.<br />

Chi di speranza vive, disperato muore.<br />

Chi spera attende con desiderio e fiducia che qualcuno, da cui si è certi, possa<br />

venire in aiuto. L’uomo fannullone promette aiuto certo, facendo <strong>il</strong>ludere le<br />

persone le quali sostenute, sorrette dalla speranza credono in lui come fautore<br />

del proprio bene e delle proprie gioie, non sapendo invece che le promesse<br />

resteranno vane e la speranza si tramuterà in disperazione.<br />

<br />

Cu’ ‘mbivi ‘i notti s’acquista ‘a morti.<br />

Chi beve di notte s’acquista la morte.<br />

Succede spesso che, durante <strong>il</strong> sonno notturno, ci si svegli con una voglia<br />

matta di bere e sovente ci si disseta direttamente seduti sul letto. Questa<br />

purtroppo è una brutta abitudine perché <strong>il</strong> corpo sta continuando a dormire<br />

e la temperatura dello stesso è più alta rispetto a quella dell’acqua.<br />

Conviene alzarsi dal letto e fare anche due tre metri e poi bere, così facendo<br />

si dà l’opportunità al corpo di rimettersi in moto.<br />

28 Cugghiunïari = burlare, beffare.<br />

44


Cu’ ‘ndavi ‘a mugghjèri bella sempi penza, cu’ ‘ndavi sordi assai<br />

sempi cunta.<br />

Chi ha la moglie bella sempre pensa, chi ha molti soldi sempre conta.<br />

Il marito, che ha sposato una donna bella e attraente, s’ingelosisce talmente<br />

tanto da pensare sempre, che la consorte possa essere l’oggetto dei<br />

desideri di altri uomini. Il ricco conta spesso <strong>il</strong> denaro in suo possesso,<br />

temendo che qualcuno lo possa derubare. Il coniuge diviene schiavo della<br />

bellezza della moglie e <strong>il</strong> facoltoso è succube del denaro, ambedue temono<br />

di perdere qualcosa di strettamente personale.<br />

<br />

Cu ‘ndavi fa navi, cu’ no perdi chidu chi ‘ndavi.<br />

Chi ha fa navi, chi non ha perde tutto quello che ha.<br />

Possedere una grande quantità di ricchezza, consente al possidente di<br />

gestire <strong>il</strong> patrimonio come meglio crede, può effettuare nuovi investimenti<br />

e diventare sempre più ricco. Il povero possedendo appena lo stretto<br />

necessario per vivere, dovendo badare ai bisogni di prima necessità, lo<br />

spenderà per <strong>il</strong> sostentamento della famiglia.<br />

<br />

Cu’ ‘ndavi ligna faci astedi, cu’ ‘ndavi farina faci tagghjaredi.<br />

Chi ha legna fa piccole aste, chi ha la farina fa le tagliatelle.<br />

Dai ceppi molto grossi si ricavano, una volta spaccati, dei piccoli legnetti, che<br />

serviranno per avviare <strong>il</strong> fuoco del camino. Dalla farina impastata e lavorata si<br />

ricaveranno favolose tagliatelle. Tutto questo per sostenere che ognuno dispone<br />

di quello che ha, e ne trae vantaggi a proprio piacimento.<br />

<br />

Cu’ ‘ndeppi ‘ndeppi, cu’ no, no ‘ndavi cchjù.<br />

Chi ha avuto, ha avuto, chi non ha non ne ha più.<br />

Detto che indica circostanze di spartizione di qualcosa che non è sufficiente a<br />

soddisfare le pretese di tutti. Chi è fortunato avrà la sua parte, chi è sfortunato<br />

non avrà niente restando con un pugno di mosche in mano, poiché oramai non<br />

c’è più nulla da spartire.<br />

<br />

Cu’ ad agustu ariganu pigghja mori ‘u capu da famigghja.<br />

Chi ad agosto raccoglie l’origano muore <strong>il</strong> capo della famiglia.<br />

L’origano è una pianta aromatica che fiorisce sui monti, ma è coltivata anche<br />

negli orti. La leggenda narra di un padre di famiglia che, dopo aver raccolto<br />

l’origano nel mese di agosto, morì improvvisamente. Da questo episodio nasce<br />

la credenza popolare che invita gli uomini ad anticipare la raccolta dell’origano<br />

nel mese di luglio.<br />

45


Cu’ ama e cu’ disama e cu’ mori disijàndu.<br />

Chi ama e chi non ama e chi muore bramando.<br />

Nel mondo non esiste un giusto equ<strong>il</strong>ibrio, c’è chi è preda dell’ingordigia, la<br />

quale rende l’uomo avido di cibi; c’è la fame, che costringe a lunghe ed estenuanti<br />

sofferenze. L’ingordo, sempre sazio, farà una vita splendida, divertendosi<br />

e godendo, invece l’affamato morirà desiderando un tozzo di pane.<br />

<br />

Cu’ arma e cu’ sconza.<br />

Chi aggiusta e chi guasta.<br />

Detto che indica una situazione di gran disaccordo. Nella vita c’è chi si prodiga<br />

per apportare migliorie, chi invece si prodiga per annullarne gli effetti, o con<br />

superficialità o addirittura con malvagità.<br />

<br />

Cu’ avanza ‘u porcu a’ mitati eni cchjù porcu d’idu e no ‘u sapi.<br />

Chi alleva <strong>il</strong> maiale in società è più maiale di quello e non lo sa.<br />

La società è un’associazione di più individui, caratterizzata dalla comunanza<br />

degli interessi e dei fini tra i membri che la compongono. C’è chi suggerisce,<br />

che la società ha bisogno di un numero dispari di soci e tre sono troppi. Vale a<br />

dire che in un’attività è meglio star da soli, per evitare spiacevoli inconvenienti<br />

al momento della spartizione degli ut<strong>il</strong>i.<br />

<br />

Cu’ bussa perdi l’assu.<br />

Chi bussa perde l’asso.<br />

Detto del gioco del tresette, <strong>il</strong> giocatore che possiede <strong>il</strong> tre con l’indice<br />

batte sul tavolo da gioco, mimando l’azione del bussare, così facendo<br />

cerca al compagno <strong>il</strong> due. Sovente si verifica che trova <strong>il</strong> due ma i propri<br />

avversari si accaparrano l’asso.<br />

<br />

Cu’ camina dirittu campa affrìttu.<br />

Chi cammina onesto vive intristito.<br />

46<br />

L’onestà è una qualità che non tutti possiedono, non sempre viene apprezzata.<br />

Coloro che si comportano onestamente, diffic<strong>il</strong>mente ricevono i<br />

meriti dovuti e riescono a fare ricchezza, anzi spesso vengono infinocchiati,<br />

imbrogliati e questo li fa intristire perché, vorrebbero un mondo<br />

migliore. La verità è che in questa terra, coloro che si comportano correttamente<br />

spesso hanno solo <strong>il</strong> premio della loro buona coscienza.


(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />

Annacati ca ti mandu<br />

47


Cu’ campa ‘i speranza, tricchi tricchi 29 nci faci ‘a panza.<br />

Chi vive di speranza, sente solo <strong>il</strong> rumore della sua pancia.<br />

Lo stomaco vuoto emana dei continui rumori, sembra proprio un lamento e una<br />

bramosa ricerca di cibo. Quando si ha fame non bisogna aspettare l’elemosina<br />

della gente che non sempre arriva, meglio andare a guadagnarselo con <strong>il</strong> lavoro.<br />

Con la tasca piena non bisogna vivere con la speranza, ci si aiuta da soli<br />

senza ringraziare nessuno.<br />

<br />

Cu’ cangia ‘a vecchia pa nova sapi chjdu chi dassa e no sapi chjdu chi trova.<br />

Chi cambia <strong>il</strong> vecchio per <strong>il</strong> nuovo, sa quello che lascia e non sa quello che trova.<br />

Il desiderio di fare nuove esperienze spesso porta a cambiare le attività già<br />

intraprese. Gli amici, la famiglia, le relazioni sentimentali si possono abbandonare.<br />

Così facendo si inizia una nuova vita, dove tutto appare come un mondo<br />

interessante e tutto da scoprire, ma quando ci si rende conto della vera realtà,<br />

<strong>il</strong> raffronto tra la vecchia vita e la nuova, porta ad un amaro pentimento.<br />

<br />

Cu’ cu patruni adutta o cadi o va di sutta.<br />

Chi lotta col padrone o cade o va sotto.<br />

48<br />

Detto che indica lo strapotere del padrone nei confronti del contadino. Quest’ultimo<br />

lottando col datore di lavoro ha sempre da perdere e mai da guadagnare.<br />

Cu’ cunta menti a junta 30.<br />

Chi racconta aggiunge.<br />

<br />

I chiacchieroni non sempre riportano una notizia successa in modo originale,<br />

anzi sovente ci mettono del loro, ingigantendo <strong>il</strong> tutto.<br />

<br />

Cu’ curpa e cu’ no curpa, ‘u fattu eni fattu e ‘u ciciari eni cottu.<br />

Chi colpa e chi non colpa, <strong>il</strong> fatto è fatto e i ceci sono cotti.<br />

Quando succede un danno è davvero inut<strong>il</strong>e bisticciare, incolpandosi vicendevolmente,<br />

poiché ciò che è compiuto non può essere disfatto e bisogna subirne<br />

gli effetti, pertanto meglio passarci sopra e andare a mangiare.<br />

29 Termine per indicare <strong>il</strong> rumore dello stomaco vuoto.<br />

30 Quantità compresa nel concavo delle mani giunte.


Cu’ du ciùcciu passa o cavadu, cadi e si rruppi ‘a nuci du codu.<br />

Chi dall’asino passa al cavallo, cade e si rompe la noce del collo.<br />

La persona che ha sempre condotto un asino si troverà a disagio a condurre<br />

un cavallo, poiché <strong>il</strong> secondo è più forte e vigoroso del primo e necessita<br />

per la conduzione della giusta padronanza. In senso figurativo, l’uomo<br />

che si appresta a compiere una determinata cosa non essendone capace,<br />

incorrerà solo in cattive figure.<br />

<br />

Cu’ ddùi lepri voli m’acchiapppa una nci fuji e l’atra nci scappa.<br />

Chi due lepri vuole prendere una corre e l’altra scappa.<br />

La lepre è un mammifero dei roditori che, spostandosi a salti, è dotata di una<br />

corsa molto veloce. Preda molto ambita e ricercatissima dai cacciatori. La<br />

celerità della sua corsa la rende molto diffic<strong>il</strong>e da catturare, pertanto qualora<br />

davanti al cacciatore se ne presentassero due, senza indugiare dovrebbe sceglierne<br />

una, altrimenti finirebbe per perderle entrambe.<br />

<br />

Cu’ diuna e operi bboni no fa, ‘u pani sparagna e a’ ‘u paradisu no và.<br />

Chi digiuna e non fa opere buone, <strong>il</strong> pane risparmia ed in Paradiso non va.<br />

Il cristiano è sempre attento alle leggi Divine, come digiunare nei venerdì<br />

di quaresima, pertanto è paradossale vivere solo per se stessi e non amare<br />

<strong>il</strong> prossimo, astenendosi dall’aiutare chi è nel bisogno e dal compiere<br />

opere buone. Chi non è altruista, risparmia di sicuro, ma si può classificare<br />

come un vero e proprio bigotto.<br />

<br />

Cu’ eni riccu ‘i pecuri e crapi, eni ‘nu povaru e no sapi.<br />

Chi è ricco di pecore e capre, è povero ma non lo sa.<br />

La giornata del pecoraio comincia molto presto. Con la mungitura inizia la<br />

lavorazione del latte con tutti i suoi derivati (formaggi, ricotta), dopo di che<br />

porta le pecore al pascolo per far ritorno all’ov<strong>il</strong>e a sera tarda. Il lavoro continuo<br />

e faticoso rende <strong>il</strong> guardiano schiavo del proprio mestiere. Quest’ultimo<br />

non ha mai una giornata di riposo, anche nelle feste dovrà continuare la sua<br />

attività, i ruminanti non possono essere trascurati perché soggetti a delle malattie<br />

ovine contagiose, che sono delle vere e proprie morie, le quali farebbero<br />

svanire in pochi giorni la ricchezza del pecoraio.<br />

49


Cu’ fuji, ‘i pedi dassa.<br />

Chi corre, i piedi lascia.<br />

Chi sfugge da qualcuno può sempre lasciare qualche orma. I segni lasciati sul<br />

terreno dal suo passaggio, diventano una traccia per gli inseguitori i quali<br />

avranno indizi certi per poterlo trovare.<br />

<br />

Cu’ lordu mangia, prestu ‘ngrassa.<br />

Chi mangia sporco, ingrassa presto.<br />

Esistono uomini dalla scarsa attitudine all’igiene, l’abitudine a convivere con<br />

la sporcizia li porta a non rispettare neanche le più elementari regole come<br />

accostarsi a tavola dopo aversi lavato le mani. Questo atteggiamento provoca<br />

indignazione e un biasimo sarcastico delle persone che lo circondano, le quali<br />

paragonano la sua sporcizia al letame che si dà alle piante per farle crescere.<br />

<br />

Cu’ mangia ‘i bon’ura, cu ‘nu pugnu jetta ‘i mura.<br />

Chi mangia presto, abbatte i muri con un pugno.<br />

Una buona abitudine alimentare è quella di consumare l’ultimo pasto della<br />

giornata non ad ora tarda. Così facendo sarà più ampia la distanza tra la cena e<br />

l’andare a letto, permettendo all’organismo un’ottima digestione. Il corpo non<br />

appesantito concederà un riposo più confortevole e un ottimo risveglio.<br />

<br />

Cu’ mangia e no ‘mbita, nommu campa ‘u si marita.<br />

Chi mangia da solo senza invitare non possa aver la fortuna di vedersi sposato.<br />

La persona educata quando si appresta a consumare un pasto invita le persone<br />

vicine a favorire. A tale cortesia si risponde con l’accettare l’offerta<br />

dei cibi prendendone in piccola quantità. L’uomo che mangia da solo è<br />

considerato dagli altri scortese, i quali inveiscono contro di lui “augurandogli”<br />

di non vedere mai <strong>il</strong> giorno delle proprie nozze.<br />

<br />

Cu’ mangia e no ‘mbivi, mai saziu si vidi.<br />

Chi mangia e non beve, non è mai sazio.<br />

50<br />

La bevanda contribuisce a soddisfare interamente la fame. I liquidi riempiendo<br />

lo stomaco provocano nell’uomo uno stato di sazietà. I cibi devono essere<br />

accompagnati dalle bevande, quindi chi mangia e non beve accontenterà solo<br />

in parte lo stomaco, ma non appagherà a pieno la fame.


Cu’ mangia prima e paga poi nenti perdi du soi.<br />

Chi mangia prima e paga poi niente perde del suo.<br />

Le trattorie e i ristoranti sono dei locali pubblici nei quali si consumano i pasti.<br />

Il cliente, dopo essersi rifoc<strong>il</strong>lato, dovrà pagare per <strong>il</strong> servizio che gli è stato<br />

reso. Soddisfare un bisogno alimentare non comporta uno sperpero di denaro,<br />

poiché in cambio avrà appagato <strong>il</strong> proprio appetito.<br />

<br />

Cu’ mangia razzi caca cazzi.<br />

Chi mangia broccoletti selvatici defeca poco.<br />

I razzi sono dei piccoli broccoli selvatici. La verdura, si sa, non è pesante da<br />

digerire e a differenza di qualsiasi altro cibo più sostanzioso, appaga solo sul<br />

momento la fame. Pensiero comune è che, chi mangia detta verdura avrà un<br />

bisogno fisiologico scarso.<br />

<br />

Cu’ manìa no penìa.<br />

Chi maneggia non soffre.<br />

Chi è ricco e quindi ha la possib<strong>il</strong>ità di manneggiare danaro, diffic<strong>il</strong>mente<br />

conoscerà le sofferenze che ass<strong>il</strong>lano la gente povera.<br />

<br />

Cu’ mi voli beni ‘ncasa mi veni.<br />

Chi mi vuole bene mi viene a trovare a casa.<br />

Per <strong>il</strong> padrone di casa ricevere una visita è un onore, un segno di affetto e<br />

stima. Il visitante s’intratterrà più o meno a lungo con lui manifestandogli<br />

amicizia, cortesia e dovere.<br />

<br />

Cu’ mina ‘mprima, mina ddùi voti.<br />

Chi colpisce per primo, colpisce due volte.<br />

Un animato contrasto di parole e di epiteti ingiuriosi sovente si trasforma in liti<br />

violente e percosse. Chi perde per primo la testa e passa alle vie di fatto sferra<br />

<strong>il</strong> primo colpo, che coglierà di sorpresa l’altro litigante ancora alle prese con<br />

l’alterco verbale. Il primo colpo inferto fa doppiamente male poiché inatteso.<br />

<br />

Cu’ n’arrizzica n’arruzzica.<br />

Chi non risica non rosica.<br />

Nella vita non si può attendere sempre che la manna caschi dal cielo, bisogna essere<br />

anche un po’temerari, arditi. Solo correndo qualche rischio a volte si può dare una<br />

scossa alla propria vita, riuscendo a guadagnare, a strappare qualcosa a qualcuno.<br />

51


Cu’ nasci tundu no po moriri quatratu.<br />

Chi nasce tondo non può morir quadrato.<br />

Ogni persona sin dalla nascita porta con sé una propria indole. Il complesso<br />

delle qualità, i modi caratteriali e di comportamento, fanno intuire <strong>il</strong> tipo, <strong>il</strong><br />

genere di persona. Esistono soggetti dotati di indole buona, altri cattiva, ma per<br />

entrambi è proprio un caso raro cambiare la propria natura.<br />

<br />

Cu’ nci lava ‘a testa a’ ‘u ciùcciu d’atru perdi l’acqua e ‘u sapuni.<br />

Chi lava la testa ad un asino d’altri perde l’acqua e <strong>il</strong> sapone.<br />

Le forze sprecate per assistere la roba altrui quasi sempre porta ad avere oltre un<br />

dispendio di energie anche una perdita economica. L’<strong>Anoia</strong>no dice “No grazi e no<br />

meriti ‘i Ddèu”, tutto lascia intendere che <strong>il</strong> badante non sarà né ringraziato né tanto<br />

meno gli verrà riconosciuto <strong>il</strong> lavoro svolto, rimettendoci pure <strong>il</strong> materiale adoperato.<br />

<br />

Cu’ ndi voli mangia, cu’ no passija.<br />

Chi ne vuole mangia, chi no può andare a passeggiare.<br />

Un tempo nelle famiglie povere la pasta e la carne erano una chimera, pertanto<br />

la dieta della povera gente si basava sulla verdura come: “Amaredi 31,<br />

crisciuna 32, coschi i vecchia 33, gurràini 34, razzi 35, sculimbri 36, patatedi di<br />

‘sd<strong>il</strong>ligamoli 37, ricotteda 38, zuschi 39”. Anche le bucce dei fichidindia dopo<br />

essiccate venivano consumate. Era un mangiare modesto, non sempre<br />

appetitoso, per questo qualcuno ogni tanto si lamentava, ma non poteva<br />

fare altro che mangiare quello che “passava <strong>il</strong> convento” o gli restava solo<br />

di andare a passeggiare.<br />

<br />

Cu’ no ‘ndavi tempu, nomm’aspetta tempu.<br />

Chi non ha tempo, non aspetti tempo.<br />

52<br />

L’uomo spesso ha una naturale disposizione d’animo a non fare niente, a<br />

rinviare tutto a domani, ad un altro giorno o a data da destinarsi. Non ci si<br />

31 Specie di broccoli selvatici, dal sapore amarognolo.<br />

32 Crescione, pianta delle crocifere, con foglioline grasse dal sapore piccante, cresce nei fossi e nei luoghi umidi.<br />

(fra. Cresson).<br />

33 Specie di cicoria selvatica, dalla foglia pelosa.<br />

34 Ferrana, detta anche piccolo farro, dai fiorellini viola.<br />

35 Specie di rapa selvatica (norm. Raiz).<br />

36 Specie di cardo mengereccio.<br />

37 Radici di acetosella (‘Allega denti molari).<br />

38 Dente di leone.<br />

39 Specie di cicoria dalla foglia spinosa, dai fiori gialli.


ende conto che <strong>il</strong> tempo è prezioso e non se ne fa tesoro. Si continua a<br />

temporeggiare, fino a quando si verifica la circostanza in cui sarebbe stato<br />

necessario aver agito a suo tempo, solo allora si comprende che non bisogna<br />

rimandare a domani ciò che si può far oggi.<br />

<br />

Cu’ no cridi a’ ‘i doluri, mu guarda ‘i figùri.<br />

Chi non crede ai dolori (altrui) che possa guardare le Sante figure.<br />

Chi soffre e si lamenta in continuazione spesso non è creduto dalle persone che<br />

lo circondano, le quali ritengono di aver di fronte un malato che si erge a vittima<br />

o che simula sofferenza. Di fronte a tale incredulità l’augurio o l’imprecazione<br />

dello pseudo malato immaginario è che gli scettici possano provare una<br />

straziante sofferenza, tanto da raccomandarsi ai Santi, in tal caso indicati dalle<br />

“figure”, al fine di ottenere una veloce guarigione.<br />

<br />

Cu’ no paga ‘u mastru, paga ‘u mastru e ‘u mastrìcchju.<br />

Chi non paga <strong>il</strong> mastro, paga <strong>il</strong> mastro e l’aiutante.<br />

A volte per risparmiare ci si improvvisa artigiani, muratori, meccanici, ma non<br />

essendo a conoscenza del mestiere non si ha la giusta praticità, ed invece di<br />

rimettere a nuovo si finisce col danneggiare di più e sarà necessario l’intervento<br />

di una o più persone capaci di ripristinare <strong>il</strong> tutto.<br />

<br />

Cu’ no poti ‘mbiviri a’ gutti ammussa40 a’ ‘u cunduttu.<br />

Chi non può bere alla botte beve alla condotta.<br />

Detto che indica l’arte dell’adattarsi. Pertanto chi non può comprarsi <strong>il</strong> vino,<br />

opterà per una bevuta di acqua direttamente dalla fonte, saziandosi e dimenticando<br />

<strong>il</strong> nettare degli dei.<br />

<br />

Cu’ no senti i’ rimpacciati, no senti mancu ‘i lignati.<br />

Chi non sente i rimproveri, non sente neanche le legnate.<br />

L’uomo restio ai buoni comportamenti, sovente viene rimproverato dalle<br />

persone che lo circondano, ma egli incurante continua imperterrito per la<br />

sua strada, tanto da far pensare alla gente che nemmeno le maniere forti<br />

possono essere d’aiuto a raddrizzarlo.<br />

40 Azione delle labbra nel compiere l’atto del bere.<br />

53


Cu’ no si faci ‘i fatti soi, cu ‘a lanterna va cercandu ‘i guai.<br />

Chi non si fa gli affari suoi, con la lanterna va cercando guai.<br />

L’impiccione è una persona indiscreta che si intromette in affari che non lo<br />

riguardano. Chi si impiccia abitualmente delle faccende altrui passerà di sicuro<br />

dei grossi fastidi, perché prima o poi scatenerà l’ira di qualcuno che improvvisamente<br />

gli si rivolterà contro.<br />

<br />

Cu’ no si raspa ‘a testa cu ‘i mani soi, ‘a mangiasumi 41 no nci passa mai.<br />

Chi non si gratta la testa con le proprie mani, <strong>il</strong> prurito non gli cesserà mai<br />

La vita ci può riservare vicende tristi, eventi sfavorevoli. Non bisogna mai<br />

disperare si deve continuare a vivere, ma soprattutto non stare con la speranza<br />

che la gente possa aiutarti, solo rimboccandosi le maniche e lavorando<br />

si superano le avversità.<br />

<br />

Cu’ no ti canusci t’accatta caru.<br />

Chi non ti conosce caro ti compra.<br />

Non sempre la prima impressione che si ha conoscendo qualcuno corrisponde<br />

a verità. Soltanto dopo lunghi tempi ed esperienza si può scoprire la vera natura<br />

di un uomo, sperimentandone anche i lati negativi. Non bisogna giudicare<br />

dall’aspetto, perché spesso l’apparenza inganna.<br />

<br />

Cu’ pani mi duna ‘u chiamu patruni.<br />

Chi mi da pane lo chiamo padrone.<br />

La disoccupazione è una piaga che attanaglia <strong>il</strong> Sud, sin da tempi lontani. La mancanza<br />

di un lavoro costringe l’uomo a una vita di stenti. La completa privazione<br />

diventa giorno dopo giorno sempre più frustante tanto da rendere una persona<br />

disposta a tutto anche a divenire servo di chi gli dà la possib<strong>il</strong>ità di mangiare.<br />

<br />

Cu’ pe’ amuri pati bromputu mu nci faci.<br />

Chi soffre per amore buon pro gli faccia.<br />

L’amore è affetto vivo, desiderio ardente verso una persona piacevole e cara.<br />

Provare amore per qualcuno ed essere corrisposto rende l’uomo felice, ma lo<br />

stesso sentimento, qualora non fosse ricambiato, è capace di provocare pene e<br />

tormenti. Da qui parte l’augurio che le sofferenze si trasformino in gioia, realizzando<br />

ciò che <strong>il</strong> cuor desidera.<br />

41 In DEDC Mangiasuni, s. f. Prurito, solletico; dal fra. démangeaison per aferesi.<br />

54


(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />

Jocaturi no jocari<br />

se ‘a sorti no ti voli,<br />

ca perdi l’anima e ‘i dinari<br />

55


Cu’ presta perdi ‘a testa.<br />

Chi presta perde la testa.<br />

Quando si presta qualcosa non sempre viene restituita. Col passar del tempo ci<br />

si dimentica di averla data e al momento del bisogno la si cerca con insistenza,<br />

ma con scarsi risultati. La ricerca affannosa porta a continue riflessioni, sino<br />

alla conclusione che ciò che è stato prestato non è stato restituito. Ci si ritrova<br />

con una forte emicrania e a mani vuote.<br />

<br />

Cu’ prima no penza doppu suspira.<br />

Chi prima non pensa dopo sospira.<br />

Nella vita non bisogna mai agire d’istinto, poiché l’azione impulsiva, non supportata<br />

dalla riflessione, non permette di ponderare le circostanze. Gli esiti negativi, se<br />

non disastrosi, del nostro comportamento ci faranno emettere un respiro prolungato,<br />

provocato dal rimpianto e dall’amarezza di non aver pensato prima.<br />

<br />

Cu’ rischia o arridi o si pista.<br />

Chi rischia o ride o si picchia (batterà la testa).<br />

Nella vita bisogna essere temerari, perché solo rischiando si riesce ad ottenere<br />

qualcosa. A volte, rischiando, tutto va bene e si è contenti per <strong>il</strong> raggiungimento<br />

di un risultato, altre volte le cose non vanno per <strong>il</strong> verso sperato e si perde<br />

anche del proprio, perciò inevitab<strong>il</strong>mente subentra la disperazione.<br />

<br />

Cu’ su’ siminau mu su’ meti, cu’ nò mu su’ scippa a’ mo di linu.<br />

Chi ha seminato mieterà, chi no lo strapperà come si fa col lino.<br />

Chi inizia un lavoro deve portarlo a termine, non può vivere con la speranza<br />

che qualcuno corra in aiuto. Il contadino pertanto deve seminare <strong>il</strong> campo<br />

basandosi sulla forza che ritiene d’avere. Se <strong>il</strong> terreno è molto ampio le forze<br />

saranno incapaci a uno sforzo così grande e le braccia arrivate a metà mietitura<br />

cederanno. Questo proverbio insegna ad accontentarsi di poco, senza patemi<br />

d’animo e a non fare mai <strong>il</strong> passo più lungo della gamba.<br />

<br />

Cu’ s’ammazza pe’ ‘i figghj eni ‘nu mìnchjuni.<br />

Chi si ammazza (risparmia) per i figli è proprio uno sciocco.<br />

56<br />

Nel Meridione d’Italia i genitori usano risparmiare per garantire un futuro<br />

migliore ai propri figli, facendo una vita di privazioni e non concedendosi<br />

quasi mai dei divertimenti. I figli crescono e i genitori invecchiano. I primi<br />

andranno a formare una loro famiglia e i secondi rimarranno soli, purtroppo<br />

anche quando ci sarà bisogno di essere accuditi.


Cu’ s’avanta capidi e denti no s’avanta nenti.<br />

Chi vanta capelli e denti non si vanta niente.<br />

Capelli e denti sono simbolo della vanità umana, perché causa di apprezzamento<br />

di ciò che può far risaltare le qualità di una persona. Purtroppo sia i<br />

capelli che i denti sono soggetti a caduta, modificando l’aspetto caratteristico<br />

di un individuo, che viene reso così calvo o sdentato.<br />

<br />

Cu’ sei faci l’assu pigghia.<br />

Chi fa sei prende l’asso.<br />

Detto del gioco della briscola, usato dalla coppia che riesce a prendere da sopra<br />

<strong>il</strong> tavolo sei punti, secondo i quali la sorte gli farà pescare dal mazzo l’asso.<br />

<br />

Cu’ servi patruni mori ‘n pogghjaru.<br />

Chi serve <strong>il</strong> padrone morirà in una capanna di paglia.<br />

Il “pogghjaru” un tempo era una capanna abitata da gente povera, molto somigliante<br />

alle case costruite con la paglia tipiche delle zone aride o addirittura<br />

desertiche. L’architettura in paglia ha caratterizzato molte realtà rurali calabresi<br />

sino agli anni cinquanta. Pertanto chi prestava lavori alle dipendenze altrui,<br />

adoperandosi per lo svolgimento dei lavori domestici o coltivando un fondo<br />

per conto di un padrone, povero era e povero rimaneva, fino alla fine dei suoi<br />

giorni, non migliorando mai la propria posizione sociale.<br />

<br />

Cu’ si jetta ‘i cunti avanti si mangia ‘i pisci fetenti.<br />

Chi fa i conti avanti si mangia i pesci marci.<br />

Quando si ha in mente un obiettivo, ci si programma in conformità agli scopi da<br />

raggiungere. Si compiono vari calcoli, si stab<strong>il</strong>iscono i mezzi, i compiti e i temi<br />

per conseguire alla scadenza un determinato risultato. Si cerca di curare tutto nei<br />

minimi particolari, ma può verificarsi un evento non prevedib<strong>il</strong>e che impedisce<br />

di portare a termine <strong>il</strong> proprio fine, rendendo vani gli sforzi effettuati.<br />

<br />

Cu’ si marita staci cuntentu ‘nu jornu, cu’ ammazza ‘u porcu staci cuntentu<br />

‘n’annu.<br />

Chi si sposa sta contento un giorno, chi ammazza (alleva) <strong>il</strong> maiale sta contento un anno.<br />

Il matrimonio è l’unione di un uomo con una donna, avente come scopo la convivenza<br />

in un’unica famiglia. Dopo l’euforia dei primi giorni, subentrano i primi<br />

problemi e i primi malumori nati dalla vita comune. Il confronto giornaliero tra<br />

due diversi modi di vivere e tra due caratteri diversi sono fonte di frequenti litigi<br />

57


per questo ironicamente si dice che, chi alleva <strong>il</strong> maiale, facendolo ingrassare per<br />

poi macellarlo e ut<strong>il</strong>izzarne le carni, alcune come vivanda immediata (bistecche)<br />

altre per essere, con particolari procedimenti, conservate o insaccate (prosciutto,<br />

salame, ecc.) rimane più a lungo felice rispetto a chi si sposa.<br />

<br />

Cu’ si pungi nesci fora.<br />

Chi si punge esce fuori.<br />

Detto che si applica in tanti momenti, in tante situazioni della vita.<br />

Generalmente significa che la persona, infastidita dagli altrui motti pungenti,<br />

reagisce con durezza verbale alle provocazioni.<br />

<br />

Cu’ si virgogna no si marita.<br />

Chi è timido non si sposa.<br />

L’uomo timido davanti all’altro sesso manca di disinvoltura, si dimostra<br />

impacciato, arrossisce e a volte anche balbetta. La timidezza per le ragazze<br />

è segno di debolezza. Il ragazzo timoroso dimostra paura e mancanza di<br />

quel senso di protezione di cui ha bisogno una donna. Per <strong>il</strong> timido è diffic<strong>il</strong>e<br />

trovar moglie.<br />

<br />

Cu’ si spagna si spirda 42.<br />

Chi si spaventa ha paura.<br />

Detto che invita una persona a non essere preda delle paure, per le quali l’uomo<br />

si ritira di fronte al pericolo, e ad osare, talvolta anche rischiando.<br />

<br />

Cu’ simina spini no po jiri scazu.<br />

Chi semina spine non può andare scalzo.<br />

58<br />

I fautori di male, i seminatori di zizzanie sono persone senza scrupoli e<br />

privi di coscienza. L’uomo cattivo, ingiusto e disonesto sparge terrore<br />

suscitando <strong>il</strong> ribrezzo della gente e diffondendo rabbia tra coloro che ricevono<br />

<strong>il</strong> male. Pertanto chi semina <strong>il</strong> male deve stare attento a guardarsi le<br />

spalle dai molti nemici.<br />

42 In DCI Spirdari, v. tr. Spiritare/ v. intr. pronom. Rimanere con gli occhi spalancati come uno spiritato, per<br />

spavento o per profondo turbamento.<br />

In DEDC Spirdu, s. m. Spirito, spettro, ombra; dal lat. spiritus. Spirarsi, essere invaso dal demonio; spirdatu,<br />

spiritato, indemoniato.


Cu’ sparti pìgghja ‘a mègghju parti.<br />

Chi divide prende la parte migliore.<br />

Quando scoppia un litigio è meglio starne alla larga perché spesso, chi cerca di<br />

ripristinare la pace, finisce per ricevere suo malgrado qualche colpo. Non di<br />

rado, chi dà origine a una zuffa, ne esce indenne e chi divide un po’ malconcio.<br />

<br />

Cu’ spera, spira.<br />

Chi spera, spira.<br />

Vedi proverbio “Cu’ di speranza campa disperatu mori”.<br />

<br />

Cu’ staci a’ speranza e no cucina veni ‘a sira e canta ‘a diana.<br />

Chi spera e non cucina viene la sera soffrendo la fame.<br />

La fede cristiana insegna che la Provvidenza è un’assistenza benevola di Dio a<br />

favore delle creature. Le vie della Provvidenza sono infinite e sperare nella<br />

stessa, a volte, appaga. Tutto ciò è lecito, ma non bisogna aspettare l’aiuto di<br />

Dio o di qualcuno mandato dal Creatore per potersi nutrire, bisogna lavorare<br />

per procurarsi <strong>il</strong> cibo, altrimenti quando scenderà la sera <strong>il</strong> rumore dello stomaco<br />

vuoto farà capire che si sta soffrendo la fame.<br />

<br />

Cu’ staci fermu cunta ‘i pedati ‘i cu’ camina.<br />

Chi sta fermo conta le pedate (i passi) di chi cammina.<br />

Chi sta fermo in un posto per molto tempo, può osservare tutti i movimenti<br />

che effettuano le persone che si aggirano nei dintorni. Raccoglie informazioni<br />

sul viavai della gente e si limita a comunicarla in modo dettagliato a<br />

chi gli rivolge delle domande.<br />

<br />

Cu’ suffri fumu suffri corna.<br />

Chi soffre <strong>il</strong> fumo soffre le corna.<br />

Opinione comune era, un tempo, che a chi dava fastidio <strong>il</strong> fumo di sicuro la<br />

moglie l’aveva tradito.<br />

<br />

Cu’ sulu sulu si guarda ‘i vacchi, sulu sulu si ‘mbvi ‘u latti.<br />

Chi solo solo sorveglia le vacche, solo solo si beve <strong>il</strong> latte.<br />

Il massaro è <strong>il</strong> conduttore di un podere, presiede ai lavori e cura <strong>il</strong> bestiame.<br />

Egli sorveglia, si occupa della mandria portandola al pascolo ed è<br />

addetto alla mungitura. Svolgendo costui da solo tutti questi compiti non<br />

dovrà dividere con nessuno i profitti scaturiti dalle proprie fatiche.<br />

59


Cu’ tempu guardau ‘u culu ammostrau.<br />

Chi <strong>il</strong> tempo guardò <strong>il</strong> sedere mostrò.<br />

A volte, l’alba di un nuovo giorno si presenta piovosa e nel contadino regna<br />

l’indecisione di recarsi al lavoro o rimanere forzatamente a casa. Sovente si<br />

verifica, che dopo poco <strong>il</strong> tempo si aggiusti, tornando <strong>il</strong> sereno e <strong>il</strong> povero contadino<br />

scoraggiato dal brutto tempo avrà perso una giornata lavorativa. Meglio<br />

essere un po’ temerari, recandosi lo stesso sul posto di lavoro perché, se cesserà<br />

di piovere, si tornerà a lavoro guadagnandosi la paga giornaliera.<br />

<br />

Cu’ vaci a’ fera senza tarì 43, leva ‘na pena e ndi porta tri.<br />

Chi va alla fiera senza tarì, va con una pena e ne porta tre.<br />

La fiera è un mercato paesano, che si tiene in particolari occasioni dell’anno<br />

al quale affluiscono in gran quantità venditori e compratori.<br />

Pertanto chi si reca senza soldi parte malinconico perché consapevole di<br />

non poter comprare niente. Al ritorno è ancora più desolato e infelice, poiché<br />

soltanto l’occhio ha goduto.<br />

<br />

Cu’ vaci appressu acedi perdi ‘u tempu e ‘u ceravedu.<br />

Chi va dietro gli uccelli perde <strong>il</strong> tempo e <strong>il</strong> cervello.<br />

L’uomo fin dalle sue origini ha escogitato trucchi per appropriarsi di ciò<br />

che la natura offriva. Per cibarsi degli uccelli ha usato dapprima le reti, poi<br />

la fionda e l’arco e poi con l’evoluzione le armi da sparo. Non sempre l’astuzia<br />

dell’uomo supera l’istinto degl’animali e l’uomo spesso va incontro<br />

a grandi delusioni, perdendo solo del tempo e scervellandosi a cercare di<br />

capire cos’è che non è andato per <strong>il</strong> verso giusto.<br />

<br />

Cu’ veni appressu attroppica.<br />

Chi viene dopo inciampa.<br />

Detto che indica una situazione di egoismo assoluto, riferendosi a persone che<br />

badano alle proprie necessità non considerando i disagi altrui.<br />

<br />

Cu’ voli mali a’ mia deci anni di gonia.<br />

Chi mi vuole male, dieci anni di agonia.<br />

Detto che indica un’imprecazione nei confronti di chi spera nel male<br />

altrui, augurando una fine piena di sofferenza, tanto da rimanere agonizzante<br />

per dieci anni sul letto della morte.<br />

43 Antica moneta d’oro araba che attraverso i secoli ha avuto larga diffusione nell’Italia meridionale.<br />

60


Cu’ voli u’ gira ‘u trappitu, s’avi d’accattari ‘u ciùcciu.<br />

Chi vuol far girare <strong>il</strong> frantoio, si deve comprare l’asino.<br />

Il frantoio antico per macinare era dotato di due grandi ruote di pietra fissate<br />

ad un asse, girate da un animale, spesso un asino. In senso figurativo l’uomo<br />

non deve aspettare l’aiuto o delegare altri per sbrigarsi le proprie faccende.<br />

<br />

Cu’ voli u’ mangia cu ddùi vucchi s’affuca.<br />

Chi vuol mangiare con due bocche soffoca.<br />

L’ingordigia provoca nell’uomo una voracità insaziab<strong>il</strong>e, un bisogno smisurato<br />

di cibo per saziarsi. L’uomo vorace mangia molto e troppo e, con<br />

particolare avidità e golosità, inghiotte qualsiasi cibo, rischiando così di<br />

ingozzarsi e soffocare. Non solo per <strong>il</strong> cibo si può essere ingordi, bensì<br />

anche per <strong>il</strong> denaro, per gli onori e la gloria.<br />

<br />

Cu’ zappa ‘mbivi acqua, cu’ futti ‘mbivi a’ gutti.<br />

Chi zappa beve acqua, chi ruba beve alla botte.<br />

L’uomo avverso al lavoro, vivendo alla giornata per accumulare un po’ di<br />

risparmio, certamente non può darsi alla bella vita. Soltanto attraverso continue<br />

privazioni e grazie al sudore della sua fronte, vivrà onestamente, ma è proprio<br />

diffic<strong>il</strong>e che diventerà ricco. Il ladro, rubando, prende con violenza o di<br />

nascosto ciò che appartiene ad altri, pertanto, a differenza di chi si guadagna da<br />

vivere con <strong>il</strong> lavoro, può sperperare <strong>il</strong> danaro conducendo una vita agiata.<br />

<br />

Curta ‘i munzèdu 44 e longa ‘i ceravedu.<br />

Corta di statura e lunga di cervello.<br />

La donna di statura piccola sovente viene giudicata per l’aspetto esteriore,<br />

non sapendo che nasconde numerose virtù, una su tutte l’intelligenza. La<br />

donna minuta ha capacità d’intendere, pensare e giudicare, di padroneggiare<br />

le situazioni nuove o di risolvere problemi, più che con l’esperienza,<br />

mediante la comprensione dei rapporti esistenti fra i vari elementi della<br />

situazione. “Nella botte piccola c’è <strong>il</strong> vino buono”.<br />

44 In DCI Munzedu, s. m. Mucchio.<br />

61


Curza d’asinu pocu dura.<br />

Corsa d’asino dura poco.<br />

L’asino è impiegato dall’uomo come mezzo di locomozione, ut<strong>il</strong>izzato per<br />

lavoro, per trasportare merci o persone. Tra l’asino e <strong>il</strong> cavallo esistono sostanziali<br />

differenze, <strong>il</strong> secondo ha una corporatura più muscolosa ed ag<strong>il</strong>e e una statura<br />

più alta rispetto a quella del primo, quindi la corsa dell’asino non avrà mai<br />

la stessa durata e la stessa intensità di quello del cavallo.<br />

<br />

Cuva sutta cinnari.<br />

Cova sotto la cenere.<br />

Le persone spesso, proprio come <strong>il</strong> fuoco che sembra spento ed invece cova<br />

sotto la cenere, nascondono passioni e pericoli latenti che da un momento<br />

all’altro, inaspettatamente, possono manifestare.<br />

<br />

D’undi lampa e d’undi trona.<br />

Da dove fulmini e da dove tuoni.<br />

Detto che sta ad indicare l’essere circondati da persone ost<strong>il</strong>i.<br />

<br />

Dammi prima e dammi ossu.<br />

Dammi prima e dammi osso.<br />

Meglio un piccolo guadagno subito, ma certo, che non uno maggiore in<br />

futuro ed incerto.<br />

<br />

Dammi tri picciuli e mentimi ‘nparti.<br />

Dammi tre soldi e mettimi in parte (ed entro in società).<br />

Indica la fac<strong>il</strong>ità e la sfacciataggine con la quale alcune persone, intervenendo<br />

con scuse e domande banali o non appropriate, s’intromettono negli<br />

affari e nei discorsi altrui.<br />

<br />

Danci l’arti a’ cu’ ‘a sapi fari.<br />

Dagli <strong>il</strong> mestiere a chi lo sa fare.<br />

L’esercizio di un’attività lavorativa manuale è frutto di esperienza e pratica.<br />

Chi conosce <strong>il</strong> proprio mestiere è ab<strong>il</strong>e e capace di svolgere un determinato<br />

lavoro, ed è provvisto di arnesi e strumenti necessari. Chi non conosce <strong>il</strong><br />

mestiere, invece, manca della pratica che è indispensab<strong>il</strong>e per la realizzazione<br />

di un’opera. Pertanto la professionalità è frutto di esperienza, determinazione,<br />

e certamente non si può improvvisare.<br />

62


Dari cu dari gurza vacanti.<br />

Dare con dare borsa vuota.<br />

Dare per generosità o concedere a titolo di favore o per simpatia non può<br />

diventare un’azione sistematica, poiché si finirebbe per svuotare tutti i propri<br />

averi. La generosità mette in evidenza un enorme altruismo, una grandezza d’animo<br />

e sentimenti nob<strong>il</strong>i. È giusto correre in aiuto di chiunque si trovi in difficoltà,<br />

ma è doveroso pensare anche un po’ a se stessi, affinché non si corra <strong>il</strong><br />

rischio di diventare nullatenenti.<br />

<br />

Ddèu meu guardami ‘i l’amicu ca du nimicu mi guardu jeu.<br />

Dio guardami (proteggimi) dall’amico, perché dal nemico mi guardo (difendo) io.<br />

Il nemico serba sentimenti di avversione, odio, rancore contro qualcuno, ne desidera<br />

<strong>il</strong> male e cerca di farglielo. L’amico nutre simpatia, cordialità, benevolenza<br />

verso qualcuno. Con <strong>il</strong> nemico si sta continuamente sulla difensiva, temendo un<br />

danno o una contrarietà, dall’amico non si teme nulla, poiché non ci si può mai<br />

aspettare un’azione subdola e malvagia. Da questa differenza parte la preghiera<br />

del calabrese che si affida a Dio per essere salvaguardato dall’amico.<br />

<br />

Ddèu mu ndi scanza ‘i l’omani a’ l’anta e di fimmani o suli.<br />

Dio ci preservi dagli uomini che lavorano in squadra e dalle donne (sedute) al sole.<br />

Una squadra di operai è composta da numerose persone addette ad uno<br />

stesso lavoro. Durante le ore lavorative gli uomini riuniti dialogano tra<br />

loro a volte parlando del più e del meno, altre volte impiegano <strong>il</strong> tempo a<br />

sparlare della gente, non risparmiando nessuno e a far maldicenze, calunnie<br />

e quant’altro. Allo stesso modo le donne riunite davanti ad un tiepido<br />

sole, svolgendo lavori ai ferri o all’uncinetto, fanno discorsi malevoli sugli<br />

altri, recando offese all’altrui reputazione.<br />

<br />

Ddèu mu ndi scanza ‘i l’omani spani45 e di fimmani barvuti.<br />

Dio ci preservi dagli uomini glabri e dalle donne barbute.<br />

Gli uomini dalla barba rada hanno pochi peli che ricoprono le guance e <strong>il</strong> mento,<br />

sul viso della donna barbuta a differenza dell’uomo si nota una peluria inusuale<br />

per una femmina. L’uomo imberbe e la donna barbuta per <strong>il</strong> calabrese hanno in<br />

comune una natura o un carattere perverso, incline profondamente al male.<br />

45 Glabro agg. Detto dell’uomo che non ha peli; in particolare, che non ha barba.<br />

63


Ddèu mu ndi scanza di cosi no penzati.<br />

Dio ci preservi dalle cose non pensate.<br />

64<br />

Nella vita, prima di qualsiasi decisione o prima di compiere qualche azione,<br />

bisogna ben pensare ed usare attenzione. Seguendo l’istinto non sempre si<br />

porta a buon fine l’opera, perché si procede con leggerezza e inconsideratamente.<br />

Il non pensare porta sovente a un comportamento irrazionale e irragionevole,<br />

privo di fondamento logico.<br />

Ddèu mu ndi scanza di mali vicini.<br />

Dio ci preservi dai cattivi vicini.<br />

<br />

Un insieme di persone che abitano una stessa casa, rione o quartiere compongono<br />

<strong>il</strong> vicinato. I rapporti intercorrenti fra vicini possono essere buoni o cattivi.<br />

Nel primo caso la zona in cui abitano diventa un’isola felice e un’oasi di<br />

pace, nel secondo caso, sovente, pullulano gli screzi e i continui litigi, rendendo<br />

l’aria irrespirab<strong>il</strong>e. Per <strong>il</strong> quieto vivere bisogna che le persone abbiano reciproco<br />

rispetto, evitino di offendere e ledere.<br />

<br />

Ddèu mu ndi scanza di vasci caduti.<br />

Dio ci preservi dalle basse cadute.<br />

Le cadute dalle sedie, dal letto o da altre parti non eccessivamente alte, spesso<br />

sono le più rovinose, apportando ingenti danni al fisico di chi capitombola. A<br />

volte, invece, chi precipita cadendo dall’alto, ne viene fuori indenne. Questo è<br />

uno dei paradossi della vita, perché sarebbe più logico riportare più danni da<br />

una caduta dall’alto anziché da una dal basso.<br />

<br />

Ddèu mu ndi scanza e mu ndi libara.<br />

Dio ci preservi e ci liberi (dal male).<br />

Detto che indica l’affidarsi a Dio per essere preservati da un evento brutto.<br />

<br />

Denti cu denti, mastica ca t’agghjuttu.<br />

Dente con dente, mastica che t’inghiotto.<br />

Detto usato per schernire i bambini simulando di mangiarli, incutendo loro<br />

grande paura.


(Dipinto di Pasquale D’Angeli)<br />

Omani ‘i vinu:<br />

setti e ottu pe’ ‘nu carrinu<br />

65


Di l’ardaloru 46 cu’ no ‘ndavi carni s’impigna ‘u figghjolu.<br />

Di giovedì grasso chi non ha carne dà in pegno <strong>il</strong> proprio figlio.<br />

Giovedì grasso chi non ha carne da in pegno <strong>il</strong> figlioletto. In Calabria un<br />

tempo <strong>il</strong> giovedì grasso, ovvero l’ultimo giovedì di carnevale era <strong>il</strong> giorno<br />

della grande abbuffata. Si preparavano le polpette e si comprava la carne,<br />

vero miraggio per la gente di un tempo. Le famiglie più povere, pur di non<br />

sacrificare quest’usanza, si recavano dal macellaio, ma non avendo abbastanza<br />

soldi per garantirsi la carne di maiale, davano “in pegno” <strong>il</strong> proprio<br />

figlioletto, nel senso che <strong>il</strong> ragazzo avrebbe prestato la propria opera,<br />

scontando così <strong>il</strong> debito contratto dalla famiglia.<br />

<br />

Di patruni mancu garzuni.<br />

Da padrone neanche servo.<br />

Il detentore di potere sia esso economico, di autorità, d’influenza ed importanza,<br />

deve guardarsi spesso alle spalle, perché c’è sempre qualcuno che aspira al<br />

suo posto. Quest’ultimo, tramando a sua insaputa, cercherà di spodestarlo,<br />

facendolo divenire servo da padrone che prima era.<br />

<br />

Di San Biasi lu morzedu47 trasi.<br />

Di San Biagio <strong>il</strong> “morzedu” entra.<br />

I contadini, in passato, nei primi mesi di vero inverno non facevano colazione,<br />

poiché le giornate erano più corte. La festa di San Biagio, <strong>il</strong> tre di febbraio, era<br />

la data d’inizio del “morzedu”, perché con le giornate più lunghe aumentava la<br />

luce e di conseguenza aumentavano le ore di duro lavoro, pertanto i lavoratori<br />

avevano bisogno di mangiare qualcosa la mattina, per produrre quel poco di<br />

energia tale a soddisfare gli ulteriori sforzi fisici.<br />

<br />

Di Santa Marina zingarìa48 la rocina.<br />

Di Santa Marina l’uva si nereggia.<br />

66<br />

La solennità di Santa Marina cade <strong>il</strong> 17 Luglio, periodo in cui le uve iniziano<br />

a tinteggiarsi del caratteristico colore della maturazione.<br />

46 In NDDC // gioviddì dell’_ jovi andaloru, giovedì grasso (cfr. l’italiano lardaiuolo).<br />

47 Colazione frugale che fanno i contadini nelle prime ore del mattino.<br />

48 In DCI Zingarijari, v. intr. Iniziare a maturare. Dare qualche segno di maturazione (detto di frutti).


Di toi scappa cchjù chi poi.<br />

Dai tuoi fuggi più che puoi.<br />

Il vincolo di sangue che unisce persone discendenti l’una dall’altra o da un<br />

ascendente comune formano la parentela. I parenti entrano a far parte della<br />

propria vita, ma sovente la convivenza diventa pesante perché sono i primi<br />

a giudicare, i primi a sentenziare, dettando leggi e comportamenti. Dai<br />

parenti meglio stare lontano.<br />

<br />

Di Tutti ‘i Santi a’ ‘i migghjati si vaci a’ l’aranti.<br />

Di tutti i Santi nei campi di miglio si va a raccogliere i resti dei chicchi caduti a<br />

terra dopo la trebbiatura.<br />

Nei primi giorni di novembre le famiglie calabresi, un tempo, usavano recarsi<br />

nei campi coltivati a miglio o a granturco per raccogliere i resti della trebbiatura.<br />

Girovagando da un campo all’altro portavano a casa delle riserve di cibo,<br />

quali pannocchie rimaste attaccate, verdure selvatiche e chicchi di miglio,<br />

senza subire le ire dei padroni, che solevano essere consenzienti.<br />

<br />

Dinari ndajiu pocu e ndajiu a dari.<br />

Denari ne ho pochi e ne devo dare.<br />

Detto usato nel gioco del tresette per indicare al compagno che si posseggono<br />

poche carte, appartenenti al seme di denari e di poco valore. Nello<br />

stesso tempo è anche un’amara riflessione, cioé posseggo pochi soldi e<br />

con questi non riesco a sanare tutti i debiti.<br />

<br />

Domanda aùndi fù e no pecchì fù.<br />

Domanda dove è stato e non perché è stato.<br />

Quando ci si avvicina a delle persone conoscenti, le quali stanno raccontando un<br />

fatto avvenuto non bisogna mai domandare perché è successo, ci si deve limitare<br />

a chiedere solo dove è avvenuto. Da tutto questo si evince che <strong>il</strong> calabrese è<br />

maestro nell’arte di farsi gli affari suoi, meglio sapere poco e vivere in pace.<br />

<br />

Dormi patedu ca l’agrancu vigghja.<br />

Dormi patella che <strong>il</strong> granchio veglia.<br />

La patella è un mollusco commestib<strong>il</strong>e con conchiglia a cono molto basso che<br />

aderisce alle rocce litorali col piede a ventosa. Il granchio è un crostaceo con<br />

cinque paia di piedi, dotato di chela (appendice foggiata a pinza) usata per catturare<br />

le prede. I crostacei sono ghiotti di molluschi e per questo alla patella,<br />

per stare tranqu<strong>il</strong>la, conviene far finta di dormire.<br />

67


Dupra di maju e chiudinci lu vadu 49 .<br />

Sovescio di maggio e chiudigli la callaja.<br />

L’erba invade i campi e l’attento proprietario o agricoltore deve aspettare che<br />

venga in fiore, ed in tale stato poi col lavoro di zappa con un colpo come per<br />

sarchiare (duprare, rampare) si taglia e si sotterra. Tutto ciò deve farsi in maggio<br />

per gli oliveti e i vigneti 50 .<br />

<br />

E mo tu vudi ‘u culu ‘ntro specchiu!<br />

Ed ora te lo vedi <strong>il</strong> sedere nello specchio!<br />

Detto che indica, in senso figurato, un evento fortunoso sperato, ma diffic<strong>il</strong>e<br />

da realizzarsi.<br />

<br />

Eni ‘nu bonu lima surda.<br />

È una buona lima sorda.<br />

Detto che indica, con un’efficace metafora, una persona che agisce da sola, senza farsi notare.<br />

<br />

Eni bbonu ‘u gurpuni.<br />

È un bel volpone.<br />

Modo di dire usato per una persona molto astuta e scaltra.<br />

<br />

Eni comu a’ Scarmatu 51 , quandu no sputtinu voli sputtutu.<br />

È come Scarmato, quando non lo sfottono vuol essere sfottuto.<br />

Scarmato era un abitante di <strong>Anoia</strong>, dall’aspetto trasandato e dai modi inconsueti<br />

o comunque fuori dalle consuetudini comuni. Tali atteggiamenti ispiravano<br />

gli sfottò dei compaesani, che, sovente, lo prendevano di mira, tanto da sentirne<br />

la mancanza quando veniva lasciato in pace. Quest’ultima particolarità ha<br />

reso questo personaggio rinomato e usato come termine di paragone.<br />

<br />

Eni cumbinatu a’ tri tubi.<br />

È combinato a tre tubi (male).<br />

68<br />

Detto usato per indicare diverse espressioni: una persona che ha idee particolari,<br />

che veste in modo trasandato, oppure che è finanziariamente in cattive<br />

condizioni, anche se solo saltuariamente.<br />

49 Rottura, buco della siepe.<br />

50 Giuseppe antonio Pasquale, Relazione..., op. cit., pag. 135.<br />

51 Personaggio di <strong>Anoia</strong>.


Eni forti ‘ntr’acitu.<br />

È forte dentro l’aceto.<br />

Si riferisce a persona a suo dire forte fisicamente, invincib<strong>il</strong>e nelle liti<br />

manesche, mentre in realtà è un poco di buono.<br />

<br />

Eni megghiu cu atru spartiri, ca no sulu pèrdiri.<br />

È meglio dividere con altri, che da solo rimetterci.<br />

Svolgere un lavoro da soli, a volte, comporta un enorme dispendio energetico<br />

ed economico e non sempre porta i frutti desiderati. Pertanto meglio<br />

partecipare con un altro o con altri, alla realizzazione di un’opera o al<br />

compimento di un affare. Così facendo è vero che si divide con altri, ma è<br />

pur vero che non si scapita in denaro52. <br />

Fa beni e scordati, fa mali e ricordati.<br />

Fai bene e dimentica, fai male e ricordati.<br />

Dei benefici fatti dobbiamo cercare di dimenticarci, perché <strong>il</strong> ricordarli sarebbe<br />

come vantarsene, ma dobbiamo molto pensare a ciò che si è fatto di male,<br />

per riparare, non caderci più e anche perché si può imbattere in ritorsioni.<br />

<br />

Fa comu ti ficiaru ca non eni né peccatu e né un gran fattu.<br />

Fai come ti fecero che non è né peccato né un grande fatto.<br />

Comportandosi allo stesso modo di come gli altri hanno agito, non è un<br />

fatto che fa notizia e né tanto meno peccato. Ad una cortesia si risponde<br />

con una cortesia, all’ingratitudine si risponde con l’ingratitudine e al male<br />

si contraccambia con <strong>il</strong> male. Non bisogna avere scrupoli di coscienza,<br />

occorre sempre ripagare con la stessa moneta.<br />

<br />

Fa l’arti chi farai, si n’arricchi, camperai.<br />

Fai <strong>il</strong> mestiere che sai fare, se non diventerai ricco, (almeno) vivrai.<br />

Acquisendo una professione ci si può mettere in proprio o lavorare alle<br />

dipendenze di qualcuno. Svolgendo <strong>il</strong> proprio mestiere si avrà l’opportunità<br />

di avere un futuro, anche se non si diventerà ricchi, almeno si avrà<br />

un’occasione per condurre una vita dignitosa.<br />

52 Rimetterci invece di guadagnare.<br />

69


Faci ‘u zingaru ‘mbriacu.<br />

Fa lo zingaro ubriaco.<br />

Detto che indica un uomo che assume atteggiamenti da gnorri.<br />

<br />

Facimu comu ficiaru l’antichi, ca si pigghjàru ‘u culu a’ muzzicati.<br />

Facciamo come hanno fatto gli antenati, i quali si presero <strong>il</strong> sedere a morsi.<br />

È molto improbab<strong>il</strong>e che una persona riesca a mordersi <strong>il</strong> proprio gluteo.<br />

Questo detto, usando una figura traslata, vuole sottolineare l’impossib<strong>il</strong>ità di<br />

risolvere determinate situazioni.<br />

<br />

Falignami, serra corna e fa ferticchi.<br />

Il falegname sega corna e fa vertic<strong>il</strong>li di fusi.<br />

Il falegname esegue dei lavori in legno. Detto artigiano è capace di distinguere<br />

<strong>il</strong> legno morbido dal legno duro e classificarlo secondo del tipo di<br />

pianta da cui esso ha origine. Invece, l’artigianuncolo, che improvvisa <strong>il</strong><br />

suo mestiere, è incapace di distinguere <strong>il</strong> legno e perciò usa le corna di<br />

animali di ossa e non di legno, per costruire verticelli di fusi.<br />

<br />

Fandi quantu ndi voi, ca ccà t’aspettu.<br />

Fanne quanto ne vuoi, che qui ti aspetto.<br />

La persona che riceve in continuazione malefatte, beffe o scherni, sembra essere<br />

dotato di poca intelligenza, perché non reagisce alle offese ricevute, ma in<br />

realtà è una persona munita di una pazienza interminab<strong>il</strong>e. Come una fiera<br />

attende <strong>il</strong> momento opportuno per catturare una preda, anche l’uomo offeso<br />

aspetterà una circostanza favorevole per vendicare le offese ricevute.<br />

<br />

Fatti li fatti toi mala vicina, ca jeu li fatti mei speru mu mi fazzu, ca no<br />

su fogghia mu mi menti in cucina, nemmenu erba mu mi mpasci a<br />

mazzu, ca se la strogghiu sta lingua latina, tu dicu tuttu chidu chi sacciu.<br />

Fatti i fatti tuoi mala vicina, io i fatti miei spero di farmeli, non sono una foglia adoperata<br />

per cucinare, nemmeno erba per chiudermi in un fascio, se la sciolgo questa<br />

lingua latina, ti dico tutto quello che so.<br />

I litigi e gli scontri verbali animavano i cort<strong>il</strong>i di un tempo e poiché non<br />

esistevano segreti, nei piccoli centri urbani ognuno era a conoscenza di ciò<br />

che avveniva nelle case altrui, di comportamenti adottati e quasi sempre di<br />

fatti privati. Pertanto, non c’era chi poteva vantare una condotta immacolata,<br />

perché esisteva di sicuro qualcuno che conosceva episodi incresciosi<br />

tali da far crollare la candida reputazione.<br />

70


Figghj pe’ natura e muli pe’ figura.<br />

Figli per natura e muli per figura.<br />

I figli naturali sono <strong>il</strong> frutto di un’unione legittima, nati da matrimonio civ<strong>il</strong>e o<br />

religioso. I figli <strong>il</strong>legittimi nascono da relazioni extraconiugali, conseguenti ad<br />

un tradimento di uno dei due patners. Chi non è a conoscenza della vera paternità<br />

di un figlio <strong>il</strong>legittimo, non nota la differenza detta in precedenza, quindi<br />

considera la prole facente parte di una famiglia tutta uguale.<br />

<br />

Figghj picciuli, focu pìcciulu; figghj randi, focu randi; figghj maritati<br />

guai addupricati.<br />

Figli piccoli, fuoco piccolo; figli grandi, fuoco grande; figli sposati guai raddoppiati.<br />

La crescita dei figli è direttamente proporzionale ai grattacapi che si avranno.<br />

Un figlio piccolo darà piccoli disturbi, un figlio cresciuto è ormai maturo, sicuramente,<br />

a casa porterà dei gran problemi. Un figlio sposato raddoppierà i guai,<br />

poiché oltre ai suoi porterà quelli della consorte e dei nipotini.<br />

<br />

Fìlicia no fa umbra.<br />

La felce non fa ombra.<br />

La felce è una pianta delle pteridofite con radice e foglie larghe e lunghe dal fusto<br />

basso. Il piccolo fusto non consente refrigerio per chi avesse intenzione di ripararsi<br />

dal sole. La felce si accosta, si paragona agli uomini probi e irr<strong>il</strong>evanti. I<br />

primi essendo di coscienza e di vita onesta non sanno far male, i secondi, non<br />

avendo nessun potere e nessuna carica importante, non sono degni di rispetto.<br />

<br />

Fina a’ chì ‘nc’è ogghju a’ lumera 53 c’è sempi speranza.<br />

Finché c’è olio al lume c’è sempre speranza.<br />

Un tempo le abitazioni erano prive di energia elettrica e la luce domestica veniva<br />

prodotta da un lume alimentato ad olio, man mano che questi bruciava, la<br />

fiamma andava calando. L’olio della lampada è come la speranza nella vita: si<br />

mantiene fino all’ultimo respiro.<br />

<br />

Fina a chi ‘ndavimu mani e pedi no sapimu chi ndi veni.<br />

Fin quando abbiamo mani e piedi non sappiamo quello che avverrà.<br />

Nessuno può conoscere <strong>il</strong> futuro, quel che sarà di una persona, ciò che avverrà.<br />

Dio solo sa quello che accadrà. Egli solo conosce la nostra fine.<br />

53 In DCI Lumera, s. f. Lucerna. Caratteristico lume ad olio, di lamiera, con un uncino per poterlo appendere.<br />

71


Focu, χumara e mala signuria liberandi sdomini.<br />

Dio ci preservi dal fuoco, dal fiume e dai despoti che governano.<br />

L’incendio è un grande fuoco che si propaga largamente, provocando danni e<br />

distruzione, <strong>il</strong> fiume ingrossandosi inonda tutto ciò che sta attorno. La furia<br />

dell’acqua porta con sé i raccolti e sradica gli agrumeti e gli uliveti. Il despota<br />

governa con autorità assoluta, senza alcun rispetto dei diritti dei sottomessi,<br />

con un modo di trattare ingiusto, duro e violento in cui <strong>il</strong> sopruso, prevale sul<br />

rispetto dovuto agli altri, pertanto tutti e tre i casi arrecano profondi disagi.<br />

<br />

Fortuna u’ manda Ddèu, ca speranza pocu vali.<br />

Che Dio mi mandi fortuna, perché la speranza vale poco.<br />

Il calabrese crede poco nella speranza, mentre dà notevole r<strong>il</strong>evanza alla fortuna<br />

distributrice di gioie e dolori a caso e senza distinzione. Il destino propizio,<br />

la buona sorte sono slegate dalla volontà umana, ecco perché ci si affida a Dio,<br />

affinché ne mandi in grande quantità.<br />

<br />

Fabbricati e liti, provati ca viditi.<br />

Fabbricati e liti, provate che vedrete.<br />

Costruire o erigere un’abitazione comporta, oltre a un dispendio economico,<br />

anche un gran dispendio di energie mentali, occorrenti nei rapporti con <strong>il</strong> vicinato<br />

e con chi svolge manualmente i lavori. Allo stesso modo avere delle liti<br />

con violenti contrasti, ingiurie e offese porta come conseguenza dei veri rompicapi.<br />

Alle persone incredule di solito si dice di provare per credere.<br />

<br />

Frevaru caccia ‘i fimmani du mignanu.<br />

Febbraio toglie le donne dal terrazzino.<br />

Il freddo del mese di febbraio abitualmente è intenso, anche perché di solito<br />

è accompagnato da correnti gelide venute dal nord. L’abbassarsi delle<br />

temperature porta le donne a rimanere chiuse in casa e non spettegolare sui<br />

terrazzini con le vicine.<br />

<br />

Frevaru curtu ed amaru, scorcia ‘i vecchi o focularu e a’ ‘i giuvani ‘i faci<br />

panaru.<br />

Febbraio corto ed amaro, spella i vecchi al focolare e ai giovani li piega, come se<br />

fossero i ramoscelli che si usano per fabbricare i panieri.<br />

72


Febbraio è <strong>il</strong> mese più corto dell’anno, solo di ventotto giorni negli anni<br />

normali, ventinove in quelli bisest<strong>il</strong>i. Il secondo mese dell’anno, essendo<br />

in inverno, è gelido e tremendamente freddo. I vecchi non trovano conforto<br />

nemmeno davanti al focolare e i giovani sono talmente infreddoliti che<br />

si attorcigliano e si piegano come i rami di salice flessib<strong>il</strong>i, che servono<br />

per costruire i panieri.<br />

<br />

Frevaru faci agnedi e marzu faci ‘i pedi.<br />

Febbraio fa l’agnelli e marzo fa le pelli.<br />

Febbraio è anche <strong>il</strong> mese in cui vengono alla luce gli agnellini, i quali dopo un<br />

mese di vita, diventeranno pasto per <strong>il</strong> pranzo di Pasqua bassa 54 .<br />

<br />

Frevaru frevi mu ‘ndavi cu’ frevi nci misi, chidu eni ‘u χiuri ‘i tutti<br />

‘i misi.<br />

Febbraio che abbia la febbre chi febbre gli ha messo, quello è <strong>il</strong> fiore di tutti i mesi.<br />

Esistono due categorie di persone che giudicano <strong>il</strong> mese di febbraio in modo<br />

diverso: i primi vedono questo mese come <strong>il</strong> mese della disperazione, dove<br />

regna <strong>il</strong> freddo e <strong>il</strong> tempo è avverso, i secondi imprecano contro i primi, perché<br />

ritengono <strong>il</strong> secondo mese dell’anno, come <strong>il</strong> fiore di tutti i mesi, nel quale<br />

avviene la preparazione delle piante alla vegetazione e alla fioritura.<br />

<br />

Furca chi t’impica.<br />

Forca che t’impicca.<br />

L’abitudine inveterata 55 e pratica costante di ciò che è male, come <strong>il</strong> vizio del<br />

gioco, del rubare o qualsiasi situazione rischiosa, porta l’uomo alla rovina.<br />

L’uomo saggio sta lontano da tutto questo, mentre quello scriteriato è come se<br />

fosse già sul patibolo con <strong>il</strong> cappio al collo.<br />

<br />

Gèniu fa bellezza e no bellezza gèniu.<br />

Genio fa bellezza e non bellezza genio.<br />

Un’intelligenza vivace e br<strong>il</strong>lante rende una persona bella, anche se per aspetto<br />

esteriore non suscita impressioni gradevoli, allo stesso modo una persona dai<br />

tratti somatici affascinanti o dotata di bellezza fisica, ma che rivela stupidità,<br />

non riflette un’immagine di bellezza.<br />

54 Quando nel calendario liturgico cade nel mese di marzo.<br />

55 Abituale e diffic<strong>il</strong>e da correggere.<br />

73


Grana 56 a’ grana s’addubba ‘nu carrinu 57 .<br />

Grana a grana formano un carlino.<br />

Mettendo insieme anche a fatica piccole quantità di denaro si accumulerà pian<br />

piano una grande ricchezza.<br />

<br />

Guardati di povari arriccuti e di ricchi ‘mpovaruti.<br />

Proteggiti dai poveri arricchiti e dai ricchi impoveriti.<br />

È bene non fidarsi dalle persone che in poco tempo da poveri sono diventati<br />

ricchi, procurandosi una notevole fortuna materiale. I nuovi ricchi, spesso,<br />

fanno eccessiva mostra delle loro ricchezze, ma hanno poca signor<strong>il</strong>ità e<br />

nob<strong>il</strong>tà d’animo; allo stesso modo bisogna stare attenti a chi finisce in miseria<br />

diventando povero, perché non accettando la nuova realtà, nella quale viene a<br />

trovarsi, assume un comportamento scontroso, che lo spinge a reagire in modo<br />

aspro e sgarbato alle gent<strong>il</strong>ezze altrui.<br />

<br />

Hai mu ti mangi ‘na sarma 58 ‘i sali pemmu scandagghj ‘nu cori d’omu.<br />

Dovrai mangiare una salma di sale per indagare nel cuore di un uomo.<br />

Quando si frequenta spesso una persona è possib<strong>il</strong>e conoscerne <strong>il</strong> carattere ed<br />

arrivare ad averne confidenza, ma avere fam<strong>il</strong>iarità con una persona non significa<br />

conoscerne i segreti. L’amicizia è un legame non sufficiente per indagare<br />

e analizzare l’interiorità di un uomo.<br />

<br />

I tri da chiazza “Trigulu, Malanova e Scuntentizza”.<br />

I tre della piazza “Trigulu Malanova e Scuntentizza”.<br />

Questo detto indica in senso figurato più persone dalla frequentazione sovente,<br />

appartenenti alla stessa categoria.<br />

<br />

‘I cosi giusti i voli Ddeu e u mundu.<br />

Le cose giuste le vogliono Dio e <strong>il</strong> mondo.<br />

74<br />

La persona che adotta un comportamento equ<strong>il</strong>ibrato, da buon padre di famiglia,<br />

coscienzioso e giusto, godrà sempre di ottima stima da parte delle persone<br />

ed è molto gradito a Dio.<br />

56 Antica moneta in rame del Regno di Napoli sotto Ferdinando IV di Borbone (1770).<br />

57 Antica moneta in argento del Regno di Napoli sotto Ferdinando IV di Borbone, formata da dieci Grani (1778).<br />

58 Misura di capacità equivalente a 87 litri (lat. Sagma).


(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />

Prima u’ vidi ‘a serpi<br />

grida San Paulu<br />

75


‘I ‘n’aricchj mi trasi e ‘i natra mi nesci.<br />

Da un orecchio mi entra e dall’altro mi esce.<br />

76<br />

Detto che indica la volontà di una persona a dimenticare subito un evento o a<br />

restare del tutto indifferente a fatti che non lo riguardano o non lo coinvolgono.<br />

<br />

‘I ciucci si sciarrianu e ‘i varliri vannu po menzu.<br />

I somari litigano e i bar<strong>il</strong>i ci rimettono.<br />

I somari, un tempo, erano adibiti al trasporto sia di merci che di persone.<br />

Quando i paesi non erano forniti di acquedotti comunali, pertanto le persone si<br />

rifornivano di acqua alle fontane pubbliche o alle sorgenti di campagna. I<br />

somari erano sottoposti al trasporto dell’acqua attraverso dei recipienti di<br />

legno, detti bar<strong>il</strong>i. Nelle vecchie mulattiere strette gli animali camminavano in<br />

f<strong>il</strong>a indiana, tutto f<strong>il</strong>ava liscio fin quando qualche somaro, invidioso di star dietro,<br />

innescava zizzania, con conseguenti liti a suon di zoccoli. I numerosi calci<br />

finivano per rompere i contenitori. Spesso anche nella vita quando due persone<br />

litigano, chi li divide finisce allo stesso modo dei bar<strong>il</strong>i.<br />

<br />

‘I frati a’ batìa e ‘i monaci a’ ‘i cummenti.<br />

I frati alla badìa e i monaci nei conventi.<br />

Detto che indica <strong>il</strong> luogo assegnato a ciascuna persona in relazione al<br />

ruolo esercitato.<br />

<br />

‘I jestimi su ‘i canigghja cu’ ‘i manda si pigghja.<br />

Le imprecazioni sono di crusca chi li manda se le riprende.<br />

Detto che indica l’ammonimento a non mandare imprecazioni contro qualcuno,<br />

perché si sortisce l’effetto contrario a quello desiderato, ritorcendosi contro<br />

e ricadendo su chi ha invocato la maledizione.<br />

<br />

I parenti su comu ‘i stivali: cchjù stritti sugnu e cchjù mali ti fannu.<br />

I parenti sono come gli stivali: più sono stretti e più fanno male.<br />

Spesso si ricevono sgarbi e cattive azioni da parte di persone che assumono<br />

comportamenti che non corrispondono a quanto sarebbe logico e naturale<br />

aspettarsi, poiché si tratta di un parente stretto.


‘I previti dinnu: fai comu ti dicu jeu e no fari comu fazzu jeu.<br />

I preti dicono:“Fai quello che dico, ma non quello che faccio”.<br />

Il prete annunzia e spiega ai fedeli la parola di Dio, esortandoli all’amore reciproco,<br />

al perdono e ad essere caritatevoli. Quest’ultimo, in quanto uomo, una<br />

volta sceso dal pulpito, può sbagliare e commettere errori come qualsiasi altra<br />

persona, finendo per predicare bene e razzolare male.<br />

<br />

‘I st’aricchj no sentu.<br />

Da quest’orecchio non sento.<br />

Detto che indica in senso figurativo una persona che non è disposta a concedere<br />

qualcosa, quindi fa finta di non sentire o svia <strong>il</strong> discorso.<br />

<br />

‘I perzuni si servunu cu s<strong>il</strong>enziu.<br />

Le persone si servono col s<strong>il</strong>enzio.<br />

Ai torti subiti conviene rispondere in un secondo tempo, quando l’altra<br />

persona ha dimenticato la cattiveria commessa, che verrà quindi ripagata<br />

con la stessa moneta.<br />

<br />

In paradisu si sona e si canta ma ‘i mangiari no si ndi parla mai.<br />

In paradiso si suona e si canta ma di mangiare non se ne parla mai.<br />

Quando si sta in lieta comitiva e si è presi dall’allegria, si pensa a scherzare, a<br />

ridere, ci si dimentica del tempo che passa e si continua in piacevoli conversazioni,<br />

si trascurano molto volentieri i propri doveri, uno dei quali è quello di<br />

tornare a casa tra i fornelli.<br />

<br />

Jettari ‘a siccia.<br />

Gettar la seppia.<br />

Detto, metaforicamente, usato per gettar l’influsso negativo su qualcuno.<br />

<br />

Jia pe’ grazia e trovai giustizia.<br />

Sono andato per grazia ed ho trovato giustizia.<br />

Spesso ci si reca da qualcuno con animo mite e colmo di buone intenzioni per<br />

recare od ottenere “una grazia”, ma nel momento in cui si arriva nel luogo si<br />

ha l’impressione di essere dinanzi ad un esecutore di giustizia, e si viene trattati<br />

in modo grossolano e sgarbato.<br />

77


Jocaturi no jocari se ‘a sorti no ti voli, ca perdi l’anima e ‘i dinari.<br />

Giocatore non giocare se la sorte non ti vuole, che perdi l’anima e <strong>il</strong> denaro.<br />

La dipendenza dal gioco delle carte porta spesso all’esasperazione e alla rovina<br />

economica. Dal gioco non c’è via di uscita, se si vince piace, se si perde ci<br />

si vuol rifare. Il gioco deve restare una distrazione, uno svago. Non ci si arricchisce<br />

mai, anzi talvolta quando si trova qualcuno più capace si finisce con <strong>il</strong><br />

perdere anche quello che si è vinto.<br />

L’acqua ‘a capra a’ zumpa.<br />

La capra salta l’acqua.<br />

<br />

Detto che indica <strong>il</strong> paragone tra l’uomo ubriacone e la capra, accomunati dal<br />

fatto che entrambi non si bagnano con l’acqua. Il primo perché beve solo vino,<br />

la seconda salta l’acqua per non bagnarsi i piedi.<br />

L’acqua ‘i giugnu rovina ‘u mundu.<br />

L’acqua di giugno rovina <strong>il</strong> mondo.<br />

<br />

I temporali del mese di giugno, sovente, sono carichi di nubi trasportate da venti<br />

sciroccali africani, a volte carichi di sabbia del deserto, i quali non agevolano la<br />

vegetazione, che in detto periodo è oramai in piena fioritura e ha bisogno di un<br />

clima temperato e nello stesso tempo sereno per portare in porto i frutti.<br />

<br />

L’acqua gugghj e ‘u porcu eni a’ muntagna.<br />

L’acqua bolle e <strong>il</strong> maiale è ancora in montagna.<br />

Con <strong>il</strong> pensiero si realizzano m<strong>il</strong>le progetti, pur non avendo in mano niente di<br />

concreto. Per figurare questa situazione si dice che l’acqua in pentola bolle, ma<br />

<strong>il</strong> maiale si trova ancora in montagna, nel senso che la realizzazione dell’evento<br />

è ancora molto distante.<br />

<br />

L’amuri veni di l’amari e ‘u chiantu veni du cori.<br />

L’amore viene dall’amare e <strong>il</strong> pianto viene dal cuore.<br />

78<br />

La vita di una persona anche se lunga è solo un fugace passaggio. Alla fine si<br />

verrà ricordati per <strong>il</strong> modo di agire nei confronti delle persone. Per i caritatevoli,<br />

miti ed um<strong>il</strong>i ci sarà un pianto sincero, venuto dal profondo del cuore, per<br />

i malvagi gioia e contentezza per la loro scomparsa.


L’anima mia cu ‘a tua na’ cangiarìa.<br />

La mia anima non la cambierei con la tua.<br />

Le persone facoltose, sovente, credono di essere superiori alla povera<br />

gente, trattando gli um<strong>il</strong>i come v<strong>il</strong>lani. La gente più povera, però, mai<br />

modificherebbe la propria condotta con quella della gente più abbiente,<br />

non sempre retta e rispettab<strong>il</strong>e.<br />

<br />

L’arburu chi no frutta tagghjalu ‘i sutta.<br />

L’albero che non dà frutto taglialo da sotto.<br />

L’albero da frutto è una pianta legnosa d’alto o medio fusto, con rami<br />

frondosi, che produce frutti commestib<strong>il</strong>i. Quando l’albero non fruttifica<br />

per più anni, si dice che sia meglio abbatterlo, perché non fa altro che<br />

sfruttare inut<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> terreno. Così facendo <strong>il</strong> proprietario avrà la possib<strong>il</strong>ità<br />

di piantarne altri più produttivi.<br />

<br />

L’erba chi l’ortulanu χiedi ‘mpuppa.<br />

L’erba che <strong>il</strong> contadino estirpa cresce rigogliosa.<br />

L’erbaccia, cresce tra le colture danneggiandole, attirandosi così forte antipatia<br />

da parte dell’agricoltore. In senso figurativo, l’erbaccia viene paragonata a una<br />

persona poco gradita che si spera di non incontrare mai, ma con la quale, invece,<br />

purtroppo ci si imbatte spesso.<br />

<br />

L’occhiu du patruni cuverna ‘u cavadu.<br />

L’occhio del padrone alimenta <strong>il</strong> cavallo.<br />

Il padrone accudisce i suoi animali con cura meticolosa stab<strong>il</strong>endo quasi un<br />

rapporto umano. Poiché le bestie non possono comunicare verbalmente, <strong>il</strong> proprietario<br />

interpreta i loro gesti riuscendo a capire di cosa hanno bisogno.<br />

Pertanto nessuno sa vig<strong>il</strong>are su ciò che si possiede meglio dell’interessato.<br />

<br />

L’olivu ciciaredu 59 ojjiu a pignatedu 60 .<br />

Olivo ciciarello olio in pignatta.<br />

L’olivo ciciaredu è <strong>il</strong> più tardivo alla maturazione. La sua raccolta iniziava a<br />

febbraio e si inoltrava fino a maggio, quand’era nel pieno della maturazione.<br />

La sua drupa ovale, carnosa, essendo ricca di olio alla macinazione aveva una<br />

resa altissima, da una misura 61 venivano estratti circa cinque litri di olio.<br />

59 Qualità di olivo, di forma sferica, simmetrica, con peso mediamente inferiore al grammo.<br />

60 Recipiente usato come unità di misura dell’olio equivalente a cinque litri.<br />

61 Unità di misura delle olive equivalente a circa quindici ch<strong>il</strong>i.<br />

79


L’omu no vivi sulu ‘i pani, ca vivi puru ‘i soddisfazioni.<br />

L’uomo non vive solo di pane, ma vive anche di soddisfazione.<br />

Perché l’uomo viva bene non basta che si alimenti di pane o di qualsiasi altra<br />

cosa che contribuisca al nutrimento, ma è necessario che abbia anche la possib<strong>il</strong>ità<br />

di togliersi lo sfizio di fare o comprare qualcosa, di soddisfare le proprie<br />

abitudini, raggiungere i propri obiettivi e sentirsi in qualche modo pienamente<br />

appagato. L’essere soddisfatto contribuisce a rendere l’uomo felice.<br />

<br />

L’omu pagaturi eni patruni da bùggia d’atru.<br />

L’uomo pagatore è padrone della tasca altrui.<br />

L’uomo onesto che non ha mai truffato nessuno, troverà sempre la disponib<strong>il</strong>ità<br />

di qualcuno ad aiutarlo finanziariamente. Il creditore sarà tranqu<strong>il</strong>lo, poiché<br />

la somma prestata al momento giusto, gli verrà restituita.<br />

<br />

L’omu valenti mori a’ manu du meschinu.<br />

L’uomo valoroso muore per mano di un meschino.<br />

L’uomo valoroso, energico, che ha sempre dimostrato di aver coraggio,<br />

che ha dato prova di valore nel suo modo di agire e comportarsi diffic<strong>il</strong>mente<br />

viene sconfitto dall’avversario, ma per una beffa del destino. Lo<br />

stesso uomo ab<strong>il</strong>e, esperto e capace può esser messo in difficoltà e sottomesso<br />

da una persona meschina.<br />

<br />

Lavura sutta cinnari.<br />

Lavora sotto la cenere.<br />

Detto che sta ad indicare un uomo che commette un qualcosa di nascosto, paragonandolo<br />

al fuoco che spesso si nasconde e cova, ancora vivo, sotto la cenere.<br />

<br />

Lisciu, co jocu veni i vasciu.<br />

Liscio che <strong>il</strong> gioco viene da sotto.<br />

Detto del gioco della briscola, contenente un invito di un compagno all’altro di<br />

giocare una carta priva di punti.<br />

<br />

Longa via no spezza carru.<br />

Strada lunga non spezza <strong>il</strong> carro.<br />

Per raggiungere un posto lontano bisogna mettersi in cammino scegliendo la<br />

strada che si conosce e, allo stesso tempo, più sicura. Non bisogna mai optare<br />

80


per scorciatoie sconosciute, poiché non si sa mai cosa possono riservare. Chi<br />

sceglie la strada conosciuta arriverà sano e salvo, senza subire danni; chi usa la<br />

scorciatoia sarà insicuro del risultato finale.<br />

<br />

Luntanu ‘i l’occhi luntanu da menti.<br />

Lontano dagli occhi lontano dalla mente.<br />

Quando si è lontani da persone a cui si vuol bene, le circostanze portano a non<br />

mantenere gli stessi rapporti avuti prima del distacco, spesso gli impegni e la<br />

nuova vita intrapresa impediscono di sentirsi assiduamente, tanto da dare l’impressione<br />

di aver dimenticato <strong>il</strong> passato e gli affetti.<br />

<br />

Lupu cu lupu no si mangia.<br />

Lupo con lupo non si mangia.<br />

Detto che indica che i cattivi se la intendono tra di loro e quindi non si danneggiano<br />

a vicenda.<br />

<br />

Lupu, lapa o cacarocciulu ‘i crapa.<br />

Lupo, ape o escremento di capra.<br />

Modo di dire che indica una persona non classificab<strong>il</strong>e.<br />

<br />

Mali no fari e paura no temiri.<br />

Non fare del male e paura non temere.<br />

Chi semina male non potrà certamente raccogliere del bene, anzi dovrà stare in<br />

guardia per difendersi dal danneggiato. Chi invece agisce sempre in modo onesto<br />

e retto, non dovrà temere nessun male, potrà dormire sogni tranqu<strong>il</strong>li,<br />

perché ritenuto persona degna di stima e di profondo rispetto.<br />

<br />

Mancu ‘i cani.<br />

Neanche ai cani.<br />

La sciagura, <strong>il</strong> disastro, <strong>il</strong> dolore non si augurano neanche ai poveri cani.<br />

<br />

Mangia e scangia.<br />

Mangia e scambia.<br />

Espressione spesso ut<strong>il</strong>izzata per indicare la connivenza tra due persone spesso<br />

per accordi poco leciti.<br />

81


Mangia ostii e caca diavuli.<br />

Mangia ostie ed espelle diavoli.<br />

Detto che indica una persona bigotta, che al di fuori delle mura della chiesa,<br />

non si comporta per nulla secondo gli insegnamenti cristiani.<br />

<br />

Marituma l’amaru, pemm’eni cottu ‘ntra ‘nu panaru.<br />

Mio povero marito, che possa essere cotto dentro una cesta.<br />

Invocazione usata per chiedere maledizione, imprecazione contro <strong>il</strong> proprio<br />

marito, reo di maltrattamenti ai danni della propria consorte, succube<br />

di modi violenti e brutali.<br />

<br />

Marzu chiovi chiovi, apr<strong>il</strong>i mai mu fini, ‘a maju ‘na bon’acqua e ‘a stagioni<br />

è fatta.<br />

Marzo piove piove, ad apr<strong>il</strong>e che non finisca mai, a maggio un buon temporale e la<br />

stagione è fatta.<br />

Marzo, apr<strong>il</strong>e e maggio sono mesi cruciali per <strong>il</strong> buon andamento del raccolto.<br />

Se marzo ed apr<strong>il</strong>e saranno caratterizzati da una pioggerellina fine<br />

ed insistente e a maggio ci sarà un buon temporale, <strong>il</strong> terreno si manterrà<br />

sempre fresco ed umido, facendo sì che le piante trovino le condizioni<br />

necessarie per dare una produzione abbondante.<br />

<br />

Marzu eni pacciu ogni stroffa eni jazzu ma se pungi ti culanu l’unghj.<br />

Marzo è pazzo ogni ceppaia è giaciglio ma se punge ti cadono le unghie.<br />

Il mese di marzo può riservare temperature miti e giornate primaver<strong>il</strong>i gradevoli,<br />

tanto da favorire in campagna dei riposini pomeridiani sul fieno ammucchiato o<br />

sdraiati comodamente sull’erba fresca. Ma è cosa risaputa che <strong>il</strong> tempo nel mese<br />

di marzo è instab<strong>il</strong>e e dal sole si può passare in un baleno alla pioggia o addirittura<br />

alla neve, tanto da attribuire a questo mese la nomea di “mese pazzo”.<br />

<br />

Marzu menti ‘u χiuri e apr<strong>il</strong>i ‘ndavi l’onuri.<br />

Marzo mette <strong>il</strong> fiore ed apr<strong>il</strong>e ha l’onore.<br />

Il ventuno marzo inizia la primavera, gli alberi incominciano a vegetare e<br />

i rami si ricoprono dei primi fiori, dando così inizio al processo produttivo.<br />

Nel mese di apr<strong>il</strong>e i fiori perdono i petali trasformandosi così in piccoli<br />

frutti, pertanto del lavoro di marzo, apr<strong>il</strong>e guadagna le lodi.<br />

L’espressione traslata è usata come termine di paragone tra due soggetti, <strong>il</strong><br />

primo, realizza un qualcosa facendo un gran lavoro, <strong>il</strong> secondo, pur non<br />

contribuendo affatto, all’occhio della gente è meritevole di onore e gloria.<br />

82


Anoj, Sanoj, Maropatri e Tritanti,<br />

simu setti tanti cchjù di vui<br />

(Disegno di Antonello D’Angeli)<br />

83


Mbiata chida porta chi nesci ‘na figghjia fimmana morta.<br />

Beata quella casa in cui nasce una figlia femmina morta.<br />

La brutta prospettiva di un’eterna povertà spesso porta all’esasperazione, fino a<br />

pensare crudelmente, che la nascita di una figlia femmina possa accrescere lo stato<br />

di bisogno di una famiglia, perchè alla futura moglie toccherà una dote. Non avendo<br />

niente, è meglio augurarsi che al parto la figlia femmina nasca morta.<br />

<br />

Mbiatu aùndi posa e amaru aùndi guarda.<br />

Beato dove poggia e povero dove guarda.<br />

Si fa riferimento alla “pigula” (civetta) che, secondo la credenza popolare, può<br />

portare sia fortuna che disgrazia. L’origine di questa credenza è molto antica.<br />

Un tempo quando qualcuno era sul letto di morte veniva vegliato e poiché non<br />

esisteva energia elettrica, la luce veniva fatta da un lume, generalmente ad olio,<br />

<strong>il</strong> quale la maggior parte delle volte veniva appoggiato vicino alla finestra.<br />

L’animale incuriosito dalla luce, si poggiava sul davanzale. Si poggia sui tetti<br />

(vera fortuna del proprietario) e rimanendo immmob<strong>il</strong>e, sembra scrutare dritto<br />

(sfortuna per chi è nella direzione del suo sguardo) nell’oscurità fin quando cattura<br />

la sua preda.<br />

<br />

‘Mbudati ‘u mussu.<br />

Tappati la bocca.<br />

Detto che indica un invito o un ammonimento verbale, a mantenere un segreto<br />

e non comunicarlo a nessuno.<br />

<br />

Mègghju moriri e no santificari.<br />

Meglio morire e non santificare.<br />

Detto che indica una persona atea, la quale negando l’esistenza di Dio, anche<br />

in punto di morte preferisce non affidarsi alle preghiere dei Santi, affinché<br />

intercedano presso Dio al fine di lenire le sofferenze.<br />

<br />

Mègghju òji l’ovu ca domani ‘a gadina.<br />

Meglio oggi l’uovo che domani la gallina.<br />

84<br />

È meglio un bene piccolo, ma sicuro, che un bene maggiore incerto. È diffic<strong>il</strong>e<br />

accontentarsi di quel poco che si riceve, e <strong>il</strong> tanto che si promette,<br />

domani, potrebbe non essere dato, pertanto è meglio poco ma sicuro che<br />

molto ma da accertare.


Mègghju pani e cipuda ‘ntra casa tua ca pisci e carni ‘ntra casa strana.<br />

Meglio pane e cipolla in casa tua che pesce e carne in casa estranea.<br />

Quanto bene si può stare in casa propria pur dovendo badare a tutte le faccende<br />

e pur non mangiando cibi deliziosi! Non si può stare allo stesso modo in<br />

casa altrui, anche se si è serviti e ci si trova dinanzi ad una tavola ricca di vivande<br />

appetitose: bisogna sempre stare attenti a come ci si comporta ed a quello<br />

che si dice. Non si è mai, anche se vi è confidenza con i padroni di casa, completamente<br />

liberi di agire, come a casa propria.<br />

<br />

Mègghju u’ ‘ndavi di soi, puru pemm’ennu ‘i stuppa.<br />

Meglio averne di parenti, anche se sono di canapa.<br />

Avere una lunga parentela comporta dei benefici, come in circostanze particolari,<br />

come aver bisogno di aiuto. I vincoli tra parenti si fanno molto sentire e<br />

un naturale istinto attrae verso i propri congiunti, che accorrono a soccorso.<br />

<br />

Mègghju u servi porci, ca u servi mastri.<br />

Meglio servire maiali, che servire mastri.<br />

Il mastro è un uomo che ha grande esperienza del suo lavoro, <strong>il</strong> manovale,<br />

lavora alle dipendenze del primo ed è addetto ai lavori più pesanti.<br />

Quest’ultimo deve essere sempre pronto alle richieste del primo, <strong>il</strong> quale è<br />

sempre propenso a trovare difetti apparendo incontentab<strong>il</strong>e, urtando così<br />

la pazienza dell’operaio.<br />

<br />

Mègghju mammata mu ti ciangi, ca lu suli di marzu mu ti tingi.<br />

Meglio tua mamma che ti pianga, che <strong>il</strong> sole di marzo ti colpisca.<br />

Il primo sole primaver<strong>il</strong>e è piacevole ed invita all'aria aperta. La temperatura<br />

dei raggi solari è mitigata dalla brezza e pertanto non ci si rende conto del<br />

tempo di esposizione agli stessi. Tutto ciò può provocare <strong>il</strong> classico “colpo di<br />

sole” con gravissimi danni alla salute. Il proverbio sottolinea la gravità del<br />

rischio, tanto da far preferire la morte (con <strong>il</strong> conseguente pianto della<br />

mamma) ed una possib<strong>il</strong>e congestione cerebrale.<br />

<br />

Mentiri ‘u mbastu.<br />

Mettere <strong>il</strong> basto.<br />

Modo di dire che simboleggia <strong>il</strong> rendere un uomo schiavo, l’assoggettarlo.<br />

<br />

M’annacu.<br />

Mi dondolo.<br />

Detto che indica <strong>il</strong> possedere più di una briscola.<br />

85


Mi cattaru ‘i vrazza.<br />

Mi son cadute le braccia.<br />

In senso figurato <strong>il</strong> proverbio vuole rappresentare <strong>il</strong> venir meno delle proprie<br />

aspettative.<br />

<br />

Mi catti da bùggia.<br />

Mi è caduto dalla tasca.<br />

Proverbio che con efficace figura traslata indica la perdita di fiducia e di stima<br />

verso una persona, di cui si aveva un concetto favorevole per pregi particolari.<br />

<br />

Mi cumpessu vaju a’ casa e fazzu ‘u stessu.<br />

Mi confesso torno a casa e faccio lo stesso (come prima).<br />

La confessione è un sacramento al quale non sempre viene dato <strong>il</strong> giusto<br />

valore, molte persone si considerano perfetti cristiani, si accostano ogni<br />

mese alla confessione, pentiti e proponendosi di fuggire dalle occasioni<br />

prossime di peccato, ma nel momento in cui mettono piede fuori dalla<br />

chiesa dimenticano tutti i consigli dati dal confessore e ricascano nei loro<br />

sbagli, comportandosi come o peggio di prima.<br />

<br />

Mi jettau ‘u trigulu.<br />

Mi ha augurato una cattiva sorte.<br />

Espressione usata da chi si sente colpito da malocchio.<br />

<br />

Mi pari trim<strong>il</strong>l’anni.<br />

Mi sembrano trem<strong>il</strong>a anni (Non vedo l’ora).<br />

Detto che indica impazienza per <strong>il</strong> verificarsi di un evento.<br />

<br />

Mi rimovu 62 .<br />

Mi rimovu.<br />

Detto del gioco delle carte che indica <strong>il</strong> possedere più di una briscola.<br />

<br />

Mi sciarriju po’ ficatu du guardianu.<br />

Mi lotto per <strong>il</strong> fegato del guardiano.<br />

Detto che indica una persona che lotta per una cosa che non gli appartiene, e<br />

da cui, inoltre, non ne trarrà vantaggio.<br />

62 Termine non traducib<strong>il</strong>e.<br />

86


Mina ‘a petra e ammuccia ‘a manu.<br />

Tira la pietra e nasconde la mano.<br />

Vi sono persone dall’aspetto gent<strong>il</strong>e ed educato che nessuno mai penserebbe<br />

siano in grado di provocare danni agli altri, ma che hanno la capacità di fare<br />

del male e fingere di non esserne la causa.<br />

<br />

Miseria no ti spartiri ‘i mia ca cà trovasti ‘na bbona cumpagna.<br />

Miseria non ti dividere da me perché hai trovato una buona compagna.<br />

Detto che indica una vena sarcastica nei confronti della miseria e un invito<br />

a non essere abbandonati da quest’ultima, poiché non conviene privarsi<br />

di una buona compagnia.<br />

<br />

Morti ‘i Ddèo tavula d’oru.<br />

Morte di Dio tavola d’oro (La morte naturale è la miglior morte).<br />

Tutti sappiamo che l’uomo è un povero mortale. La morte di una persona cara<br />

comporta sempre, per i parenti e gli amici, tristezza e dolore immenso e profondo,<br />

è diffic<strong>il</strong>e da accettare. Tuttavia vi è più rassegnazione quando si muore per<br />

volontà di Dio, in stato di grazia e non per morte violenta o per disgrazia.<br />

<br />

‘Mparati l’arti e ment<strong>il</strong>a da parti.<br />

Impara un mestiere e serbalo.<br />

Imparare un mestiere, quando non se ne ha bisogno, è una delle migliori abitudini,<br />

perché si ha la possib<strong>il</strong>ità di mettere in pratica quello che si è acquisito<br />

nel momento del bisogno, senza cercare qualcuno che venga in aiuto, saper fare<br />

di tutto è un guadagno inestimab<strong>il</strong>e.<br />

<br />

Munti cu munti no s’incontranu, ma frunti cu frunti si.<br />

Monte con monte non si incontrano mai, ma fronte con fronte si.<br />

Le montagne stanno ferme, mentre le persone camminano, ecco perché si può<br />

sempre avere qualche sorpresa nell’incontrare un conoscente che non ci si<br />

aspetta mai di vedere in un certo luogo.<br />

<br />

‘Na mamma ‘i cuverna centu figghj, ma centu figghj no cuvernanu ‘na mamma.<br />

Una mamma cresce cento figli, ma cento figli non accudiscono una mamma.<br />

La mamma accudisce i propri figli con amore e spirito di sacrificio, è pronta a<br />

privarsi di qualsiasi cosa fino a togliersi <strong>il</strong> pane dalla propria bocca per sostentare<br />

la propria prole. I figli affettuosi e responsab<strong>il</strong>i non dovrebbero mai dimen-<br />

87


ticare la propria mamma, ma sovente non è così, perché questi ultimi, formatisi<br />

la loro famiglia, non hanno tempo per badare a colei, che oramai vecchia è<br />

solo un peso; si dimentica troppo in fretta tutto l’amore ricevuto.<br />

<br />

‘Na vota passa ‘u Santu.<br />

Il Santo passa una sola volta.<br />

Detto che indica un’occasione unica offerta all’uomo. Questi se non si cura di<br />

coglierla, lasciandosela sfuggire, rischierà di perderla.<br />

<br />

Nc’è merda ntro cumpiddaru 63.<br />

C’è sterco nel cervello.<br />

Il proverbio viene usato per indicare la presenza di qualcosa che da adito<br />

a sospetti.<br />

<br />

Nci a’ stai scorciandu.<br />

La stai sbucciando (Mi stai annoiando).<br />

Detto che indica una persona che annoia, che irrita col suo modo di comportarsi,<br />

di parlare, ma soprattutto col suo chiedere insistente.<br />

<br />

‘Nci cacciamu ‘a frasca.<br />

Gli togliamo la frasca.<br />

<strong>Anoia</strong> era rinomata sin dall’ottocento perchè offriva nel suo territorio vigneti<br />

di elevati livelli. Il produttore del vino assaggiava <strong>il</strong> novello e dava l’incarico<br />

al “vandiaturi” 64 <strong>il</strong> quale girando per tutte le vie del paese annunciava alla<br />

gente narrando con frasi originali (S’avverti ‘u pubblicu, si è ‘ncuminciata ‘na<br />

gutti di vinu speciali, sambuchella ‘a barraccota65, mu vannu a casa di Cheli<br />

‘u medichedu66 - Si avverte <strong>il</strong> pubblico che si è incominciata una botte di vino<br />

di andare a casa di Michele <strong>il</strong> piccolo medico) le qualità del vino e la proprietà.<br />

L’oste provvedeva all’apertura delle botti, e a mo’ d’insegna, poneva in alto<br />

all’angolo della casa un ramo, solitamente di nespolo, che veniva tolto solo<br />

quando <strong>il</strong> vino era stato del tutto venduto e le botti erano ormai vuote. Questo<br />

detto viene usato alla fine di una gran bevuta, quando mancano ormai pochi<br />

bicchieri, per svuotare <strong>il</strong> recipiente che contiene <strong>il</strong> vino.<br />

63 Cervello.<br />

64 Banditore. Chi un tempo avvisava la cittadinanza.<br />

65 Deriva dal rione “Baracche” dove abitava <strong>il</strong> produttore.<br />

66 Soprannome di Michele Sarleti abitante di <strong>Anoia</strong>.<br />

88


(Dipinto di Pasquale D’Angeli)<br />

‘U marinaru<br />

pigghja pisci e jestima<br />

89


Nci catti i destru.<br />

È caduto a destra.<br />

Modo di dire metaforico per sottolineare, un uomo accolto in maniera molto positiva<br />

da parte di un’altra persona, tanto da passar per buono tutto quello che dice o che fa.<br />

<br />

Nci mancanu vintunu sordi 67 pe’ ‘na lira.<br />

Gli mancano ventuno soldi per una lira.<br />

Detto che indica lo stato di povertà assoluta nella quale viene a trovarsi una persona.<br />

<br />

Nci raccomandasti ‘i pecuri o lupu.<br />

Hai raccomandato le pecore al lupo.<br />

Quando si raccomanda a qualcuno di fare o di dire ciò che si ha molto a cuore,<br />

spesso si rimane delusi se non si viene ascoltati e se la persona di cui ci si fida,<br />

assume comportamenti contrari a quelli richiesti. Si ha, perciò, l’impressione<br />

di aver affidato un bene prezioso a uno che ne è indegno.<br />

<br />

Nci spaccau diritta.<br />

Si è spaccato diritto (È andato tutto per <strong>il</strong> verso giusto).<br />

Detto che indica una persona baciata dalla fortuna.<br />

<br />

Nci vonnu zucchi ‘i m<strong>il</strong>li cantunera, ca ‘u focu ‘i pagghja pocu dura.<br />

Ci vogliono ceppi di m<strong>il</strong>le campagne, perché <strong>il</strong> fuoco di paglia dura poco.<br />

I ceppi di legno producono molta brace e tanto calore perché, essendo grossi<br />

hanno lunga durata, contrariamente la paglia, una volta accesa, provoca una<br />

gran fiammata, ma di breve durata. I ceppi e la paglia, usati come termini di<br />

paragone, indicano <strong>il</strong> primo un uomo resistente nel tempo e capace di saper<br />

affrontare i problemi grazie all’esperienza, <strong>il</strong> secondo un uomo che va di moda<br />

solo in un periodo limitato, per poi svanire presto perché privo di esperienza.<br />

<br />

Ncissi ‘a coddara 68 ‘a padeda, appartati ca mi tingi.<br />

Disse la caldaia alla padella, spostati che mi tingi (sporchi).<br />

90<br />

Un tempo le pietanze si preparavano al focolare, la caldaia e la padella erano<br />

perennemente accomunati dall’eterna fuliggine che le rendeva nere. La caldaia,<br />

sentendosi superiore e più importante, denigra la padella, ma in realtà ambedue<br />

alla stessa maniera sono annerite dal fumo.<br />

67 Il “Soldo” equivalente a cinque centesimi di lira.<br />

68 Recipente grande e largo di rame dentro <strong>il</strong> quale si fa bollire acqua o alimenti.


Ncissi ‘a gurpi ‘a ‘i gurpicchioli: “figghj cu’ sapi quandu ‘i pagu sti gadini?”<br />

“Ma quandu vai e no torni”.<br />

Disse la volpe ai volpacchiotti: “figli (miei) chissà quando li pagherò queste galline?”<br />

“Ma quando vai e non torni”.<br />

La volpe è uno degli animali più astuti e furbi. Scava dei cunicoli per raggirare<br />

la recinzione di rete metallica del pollaio e fa razzia di polli e galline che serviranno<br />

come cibo per la crescita della sua prole. I volpacchiotti sono ghiottissimi<br />

di volat<strong>il</strong>i. Ruba oggi e ruba domani la volpe suscita le ire del padrone dei<br />

polli, <strong>il</strong> quale vedendosi derubato farà appostamenti sistematici fin quando<br />

<strong>il</strong> ladro sarà colto con le mani nel sacco. L’attesa dei piccoli resterà vana<br />

poiché non vedranno mai più <strong>il</strong> ritorno della madre alla propria tana.<br />

<br />

Ncissi ‘u surici a’ nuci: “dammi tempu ca ti perciu”.<br />

Disse <strong>il</strong> topo alla noce: “dammi tempo che ti buco”.<br />

Il topo appartiene alla famiglia dei roditori. È dotato di denti capaci di bucare<br />

anche <strong>il</strong> duro guscio esterno delle noci per arrivare a mangiare <strong>il</strong> gustosissimo<br />

seme, detto gheriglio. Il topo è consapevole del tempo necessario ad<br />

arrivare allo scopo prefissato, ma per questo non si spazientisce, anzi continua<br />

imperterrito nella sua missione. Questo gustosissimo proverbio è<br />

un’allegoria per rappresentare la costanza.<br />

<br />

Ndi capisci ‘i ruggia.<br />

Ne capisci di ruggine.<br />

Si fa riferimento ad una persona incompetente in una determinata materia.<br />

<br />

Nesci ‘u tristu e trasi ‘u friscu.<br />

Esce <strong>il</strong> cattivo ed entra <strong>il</strong> fresco (buono).<br />

Detto che indica <strong>il</strong> passaggio da una situazione tempestosa ad una serena, come<br />

quando dopo un burrascoso temporale torna a splendere <strong>il</strong> sole.<br />

<br />

Nesci tu sarda siccata, mu trasu jeu la rifriscata, mu ricriju sti cotraredi<br />

cu cipuda e lettuchedi.<br />

Esci tu sarda secca, fai entrare me la rinfrescata, ristoro questi bambini con cipolla<br />

e piccole lattughe.<br />

La fame, gli stenti e le privazioni accomunavano tutte le famiglie di un tempo.<br />

Il padrone di casa era sovente disperato per recuperare qualcosa di commestib<strong>il</strong>e<br />

da portare nelle mura domestiche negli inverni lunghi e spesso piovosissi-<br />

91


mi. Gli uomini solevano piantare cipolle e lattughe primaticcie, così a primavera<br />

erano pronte per la consumazione. Da qui la rivalsa dell’uomo che vedeva<br />

finalmente un po’ di luce, dicendo “esci fuori da casa mia brutta carestia, fa<br />

che io possa ristorare i miei bambini con <strong>il</strong> frutto del mio lavoro”.<br />

<br />

‘Ndai ‘a ricchi a martedu, senti aundi ti veni ‘mparu.<br />

Hai l’orecchio a martello, senti dove ti conviene.<br />

Una persona scaltra, prima di accettare una qualsiasi proposta, la valuta. Se<br />

pensa di ricavarne qualcosa per <strong>il</strong> proprio tornaconto personale, da retta, altrimenti<br />

fa finta di non sentire fingendosi sordo.<br />

<br />

‘Ndài cchjù vizzi du ciùcciu ‘i Gunneda 69 .<br />

Hai più vizi del somaro di Gunneda.<br />

Il somaro di Gunneda prima di compiere qualsiasi azione era stato abituato<br />

a ricevere in cambio una ricompensa. L’animale senza <strong>il</strong> “regalino” non<br />

faceva niente: era davvero viziato.<br />

<br />

‘Ndài pruna!<br />

Ne hai prugne!<br />

Detto ingiurioso che indica, in senso figurativo, una persona tradita dal<br />

coniuge (pruna = corna).<br />

<br />

‘Ndavi panni e forbici.<br />

Ha stoffa e forbici.<br />

Detto che, metaforicamente, indica un uomo che possiede tutte le qualità per la<br />

soluzione di un problema.<br />

<br />

Nicessità fa vita leggi.<br />

Necessità fa legge (Non esistono leggi per chi nella vita è nel bisogno).<br />

92<br />

L’articolo 54 del Codice Penale, sullo stato di necessità, recita che non è<br />

punib<strong>il</strong>e chi ha commesso <strong>il</strong> fatto per esservi stato costretto dalla necessità<br />

di salvare sé od altri dal pericolo imminente di un danno grave alla persona,<br />

pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitab<strong>il</strong>e,<br />

sempre che <strong>il</strong> fatto sia proporzionato al pericolo.<br />

69 Soprannome di un personaggio di <strong>Anoia</strong>.


No ‘nc’è casa ‘i gnuri aùndi no piscia ‘u muraturi.<br />

Non c’è casa di signore dove non urina <strong>il</strong> muratore.<br />

La realizzazione di un’opera ed<strong>il</strong>e, quale può essere una casa destinata ad uso<br />

privato comporta per i muratori un certo quantitativo di ore lavorative giornaliere.<br />

Durante <strong>il</strong> giorno i lavoratori, come qualsiasi altra persona, sono soggetti<br />

a bisogni fisiologici e, non potendo abbandonare <strong>il</strong> lavoro, si vedranno<br />

costretti ad arrangiarsi nel posto dove si trovano.<br />

<br />

No ‘u tumbu.<br />

Non lo tollero.<br />

Detto che indica antipatia nei confronti di qualcuno.<br />

<br />

No guerra e no vestuni e no maritu abbattituri.<br />

Non guerra e non bastone e non marito battitore (violento).<br />

Nella famiglia dove regna la pace non esistono discussioni né tanto meno<br />

litigi maneschi; anche <strong>il</strong> marito, che un tempo assumeva un comportamento<br />

autoritario e violento, è un uomo non insistente che riesce tranqu<strong>il</strong>lamente<br />

a discutere.<br />

<br />

No mi faci né caddu e né friddu.<br />

Non provo né caldo e né freddo.<br />

Si indica una persona apatica verso una situazione o verso un qualcosa<br />

che gli viene riferito, si mostra infatti priva d’interesse e rimane in un’assoluta<br />

impassib<strong>il</strong>ità.<br />

<br />

No movi frunda se no ‘nc’è ventu.<br />

Non muove foglia se non c’è vento.<br />

Quando in paese circola qualche notizia di insicura veridicità, si formano due<br />

fazioni di pensiero: la prima ammette qualche dubbio sull’attendib<strong>il</strong>ità, per la<br />

seconda è indiscutib<strong>il</strong>e la fondatezza. Questi ultimi, ut<strong>il</strong>izzano questa frase, per<br />

giurare sull’autenticità della notizia.<br />

<br />

No prima e no doppu.<br />

Né prima e né dopo.<br />

Certi eventi, si sa, si verificano in momenti poco opportuni.<br />

93


No si lava ‘a facci nommu nc’allorda l’acqua a’ ‘u mulinaru.<br />

Non si lava <strong>il</strong> viso per non sporcare l’acqua al mugnaio.<br />

94<br />

Una persona sudicia, sporca, non è certamente dedita all’igiene. Poiché la pulizia<br />

non fa parte della propria indole, cerca di trovare un pretesto per astenersene<br />

e giustificare così la propria azione.<br />

No ti nzonnari frittuli.<br />

Non sognar cotenne.<br />

<br />

Espressione per lo più usata come avvertimento a una persona a non farsi<br />

<strong>il</strong>lusioni.<br />

No tuttu chidu chi luci eni oru.<br />

Tutto quel che luccica non è oro.<br />

<br />

La realtà non sempre corrisponde a quello che si vuol far apparire, come<br />

quando si parla esagerando delle ricchezze altrui.<br />

<br />

‘Ntra ‘a casa chi no ‘ndavi pani c’è ‘nu trìgulu abbattutu, ‘a mugghjèri<br />

eni ‘na puttana ‘u maritu eni ‘nu cornutu.<br />

Nella casa che non c’è pane c’è un piagnisteo continuo, la moglie è una prostituta<br />

e <strong>il</strong> marito è un cornuto.<br />

La fame, la mancanza del cibo quotidiano, l’assenza del pane recano in<br />

famiglia continui malumori e cant<strong>il</strong>ene lamentose fino a far diventare <strong>il</strong><br />

clima molto teso. Iniziano così le reciproche accuse tra marito e moglie<br />

fino a diventare poi dei veri e propri insulti.<br />

<br />

‘Ntra forgia no toccari, ntra farmacia no adiccari.<br />

Nella fucina del fabbro non toccare, in farmacia non leccare.<br />

Il fabbro lavora <strong>il</strong> ferro, l’acciaio o altro materiale arroventandoli per batterli<br />

all’incudine, pertanto non bisogna toccare niente nella fucina del fabbro poiché<br />

si potrebbe incorrere in qualche grossa ustione, allo stesso modo in farmacia<br />

non bisogna assaggiare le polveri che servono per la preparazione dei medicinali,<br />

perché non sempre danno <strong>il</strong> risultato sperato. Il proverbio con tali immagini,<br />

perciò, ammonisce a non far niente se proprio non si è sicuri.


Nudu ti rapi se nudu ti sapi.<br />

Nessuno ti ruba se nessuno ti conosce.<br />

Il ladro sovente osserva scrupolosamente da lontano <strong>il</strong> luogo dove agire, pertanto<br />

avrà un piano sicuro e vita fac<strong>il</strong>e. Se conosce in modo dettagliato <strong>il</strong> posto<br />

dov’è conservata la refurtiva sarà ancor più avvantaggiato.<br />

<br />

Nudu vaci a missa u perdi.<br />

Nessuno va a messa per rimetterci.<br />

Detto che indica in senso figurato una categoria di persone che non fa nulla<br />

senza aver un tornaconto.<br />

<br />

‘Nu saccu vacanti a’ dirta no staci.<br />

Un sacco vuoto non sta in piedi.<br />

Un sacco per star dritto deve essere riempito internamente, altrimenti non starà<br />

mai in piedi da solo. Allo stesso modo l’uomo con lo stomaco vuoto, non riempito<br />

di cibi, sarà come <strong>il</strong> sacco. Il cibo per l’uomo è come <strong>il</strong> materiale che riempie<br />

<strong>il</strong> sacco, esso dà la forza per sorreggersi e stare in piedi.<br />

<br />

O malu futtituri puru ‘i p<strong>il</strong>i nci fannu ‘mbarru.<br />

All’amante sfaticato dà fastidio anche la peluria.<br />

Vedi proverbio “A’ ‘u malu zzappaturi…”.<br />

<br />

O pigghjari pigghja sempi, o pagari no pagari mai, ca poi si mentinu<br />

‘i boni genti o paghi ‘na cosa o no paghi nenti.<br />

Prendi sempre e non pagare mai, perché poi si frappongono le anime buone e o<br />

paghi una cosa sola o non paghi niente.<br />

Prendi sempre e non pagare mai, perchè poi medieranno le buone persone o<br />

paghi una cosa sola o non pagherai niente. L’insolvente è una persona che non<br />

ha mezzi per pagare i suoi debiti e sovente viene tirato fuori dai guai, da una<br />

persona che si mette in mezzo tra lui e <strong>il</strong> creditore. L’amico usando discorsi<br />

convincenti verso colui che vanta <strong>il</strong> credito, cercherà una mediazione e alla fine<br />

<strong>il</strong> creditore impietosito si accontenterà di riscuotere una somma minore.<br />

<br />

O ti mangi sta minestra o ti jetti da finestra.<br />

O ti mangi la verdura o ti butti dalla finestra.<br />

È noto che nelle famiglie di un tempo non regnava l’abbondanza, pertanto<br />

sovente come pietanza compariva la verdura. Per chi era ormai stanco di mangiare<br />

<strong>il</strong> solito pasto, non restava altro che la disperazione.<br />

95


O zuccu, o lupu, o pedi i castagnaru.<br />

O ceppo, o lupo, o fusto di castagno.<br />

Detto che vuole simboleggiare una situazione non precisa, poco chiara dove<br />

regna tanta confusione.<br />

<br />

Occhi chjni e mani vacanti.<br />

Occhi pieni e mani vuote.<br />

Il proverbio viene ut<strong>il</strong>izzato per segnalare tutto ciò che è <strong>il</strong>lusorio, che sembra<br />

già a portata di mano e poi sfuma.<br />

<br />

Occhi janchi arrobba Santi.<br />

Occhi bianchi ruba Santi.<br />

Gli occhi sono una parte essenziale della persona, capaci di rivelarne l’indole,<br />

soprattutto quelli azzurri sono così sereni, soavi e furbi che sembrano mostrare<br />

uno stato d’animo appassionato e languido, tale da ingannare pure i Santi e<br />

da riuscire ad ottenere quello che si vuole con <strong>il</strong> solo sguardo.<br />

<br />

Occhiu ‘i Ddèu chi poti e vali.<br />

L’occhio di Dio può e vale.<br />

Si tratta di un’imprecazione contro qualcuno. Chi ha ricevuto offesa, secondo<br />

l’interpretazione di suddetto proverbio, si rifugia in Dio per mandare un solenne<br />

castigo a chi è causa dei mali subiti.<br />

<br />

Occhiu no vidi e cori no doli.<br />

Occhio non vede e cuore non duole.<br />

Metafora per esprimere quanto minore sia <strong>il</strong> dispiacere, quando non si assiste<br />

direttamente ad un qualcosa di sgradevole o penoso.<br />

<br />

Ogni lignu fa u so fumu.<br />

Ogni legno fa <strong>il</strong> suo fumo.<br />

Detto che indica con figura traslata che ogni uomo ha una propria personalità,<br />

che lo contraddistingue dagli altri, così come ogni tipologia di<br />

legno sprigiona fumo differente.<br />

<br />

Ogni petruzza servi ‘a maramma.<br />

Tante pietruzze formano un mucchio.<br />

Ogni piccolo contributo serve per la formazione di un mucchio. Solo mettendo<br />

96


insieme diverse pietruzze è possib<strong>il</strong>e ottenerne una gran quantità. Alla stessa<br />

maniera ogni piccolo risparmio giornaliero assommandosi, col passar del<br />

tempo, formerà un ingente patrimonio.<br />

<br />

Ogni p<strong>il</strong>u ti pari ‘na trava.<br />

Qualsiasi pelo ti sembra un trave.<br />

Si fa riferimento, in senso figurato, ad una persona che tendenzialmente<br />

ingigantisce i problemi.<br />

<br />

Ogni principiu eni forti, ogni desideriu veni in fini.<br />

Ogni principio è forte, ogni desiderio si avvera.<br />

L’apprestarsi a compiere qualsiasi cosa comporta <strong>il</strong> superamento delle difficoltà<br />

iniziali. Queste ultime dapprima appaiono come un ostacolo insormontab<strong>il</strong>e,<br />

ma poi con la volontà e la laboriosità si superano realizzando così<br />

le aspirazioni e i desideri.<br />

<br />

Ogni speragnu eni guadagnu.<br />

Ogni risparmio è guadagno.<br />

L’usare con giusta parsimonia ciò che si possiede, in modo che duri <strong>il</strong> più a<br />

lungo possib<strong>il</strong>e o che ne avanzi per altri bisogni, costituisce una forma di guadagno,<br />

un vantaggio che l’uomo trae nel fare economia nello spendere, mettendo<br />

da parte denari per fronteggiare eventuali necessità.<br />

<br />

Ogni ura Ddèu lavura, ogni vintiquattr’uri eni mundu novu.<br />

Dio lavora ogni ora, ogni ventiquattrore è un mondo nuovo.<br />

Dio opera in gran segreto, facendo un lavoro continuo che per l’occhio umano è<br />

diffic<strong>il</strong>e percepire, interviene incessantemente negli avvenimenti naturali ed<br />

umani. A Lui tutto è possib<strong>il</strong>e e, grazie all’intervento della sua mano, le cose statiche<br />

nel tempo si rivoluzionano da un giorno all’altro. Ogni dì è un mondo nuovo.<br />

<br />

Ognunu raχa 70 ‘a cruci sua.<br />

Ognuno trascina la sua croce.<br />

Quando c’è una persona che soffre perché sta attraversando un periodo diffic<strong>il</strong>e<br />

fisicamente, moralmente, economicamente o per qualsiasi altra circostanza,<br />

70 Trascinare.<br />

97


98<br />

è diffic<strong>il</strong>e che si trovi qualcuno disposto a “portare la croce altrui”. È più fac<strong>il</strong>e<br />

sentire compassione, che farsi carico delle tribolazioni degli altri.<br />

<br />

Ognunu si ciangi a’ Paulu soi.<br />

Ognuno si piange <strong>il</strong> proprio Paolo.<br />

Ognuno sopporta i propri guai e le conseguenze che ne derivano.<br />

<br />

Oji figura, domani in seportura; ‘mbiatu cu’ pe’ l’anima procura.<br />

Oggi vivo, domani sepolto; beato chi procura per la propria anima (chi ha fatto una<br />

vita santa poiché si salverà l’anima).<br />

Bisogna stare all’erta perché non si sa quando la morte arriverà. Da un<br />

giorno all’altro tutto può cambiare anche <strong>il</strong> passaggio dalla terra al cielo,<br />

per questo bisogna vivere da buoni cristiani, aiutare <strong>il</strong> prossimo e seguire<br />

un comportamento santo.<br />

<br />

Omani ‘i vinu: setti e ottu pe’ ‘nu carrinu.<br />

Uomini di vino: sette e otto per un carlino.<br />

La persona dedita all’alcool, sovente, prende delle solenni ubriacature che,<br />

spesso, si concludono con grandi litigi tra ubriachi e non solo. I fumi dell’alcool<br />

fanno perdere la credib<strong>il</strong>ità di un individuo, tanto da attribuirgli<br />

pochissimo valore.<br />

<br />

Omu a’ diunu, diavulu o culu.<br />

Uomo digiuno, diavolo al sedere.<br />

La fame provoca un forte disagio fisico dovuto alla necessità di nutrirsi, fa<br />

diventare una persona nervosa e la rende fortemente scontrosa. La lunga attesa<br />

provoca smania in un uomo che, preso dall’agitazione, non riesce a star<br />

fermo e si muove nervosamente di qua e di là.<br />

<br />

Ormai eni a’ pani jancu.<br />

Ormai è a pane bianco.<br />

Il pane un tempo era un miraggio e le poche volte che si aveva a tavola era prodotto<br />

dalla farina di granone. Alle persone sul letto di morte, come ultimo desiderio,<br />

veniva concesso qualche tozzo di pane bianco, ossia prodotto con la farina<br />

di grano, ritenuto più prelibato. Così facendo si riteneva che <strong>il</strong> moribondo<br />

lasciasse questo mondo un tantino più contento.


Di l’ardaloru cu’ no ‘ndavi carni<br />

s’impigna ‘u figghjolu<br />

(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />

99


Pagghja e luvìa tuttu a’ masseria.<br />

La paglia e i baccelli dei lupini rimangono tutti alla fattoria.<br />

Detto che indica lo spadroneggiare del padrone sul colono, <strong>il</strong> quale faceva razzia<br />

del raccolto e anche degli scarti del lupino, usati come pasto del bestiame.<br />

Pertanto al povero contadino non rimaneva niente, solo la fatica!<br />

<br />

Palora nesciuta ritornari no poti.<br />

Parola uscita ritornar non può.<br />

Quando si esprimono dei giudizi o si fanno delle affermazioni, bisogna sempre<br />

stare attenti a quello che si dice e pesare le parole, perché una volta che<br />

sono state pronunziate, non si può più tornare indietro ed è del tutto inut<strong>il</strong>e<br />

cercare di riparare al danno fatto. Una parola non pensata può ferire anche<br />

involontariamente la sensib<strong>il</strong>ità altrui.<br />

<br />

Palumbèda palumbèda du pizzu pari bèda.<br />

Palombella palombella dal becco sembri bella.<br />

Detto che indica in senso figurato una persona non conosciuta, che esteriormente<br />

appare bella, ma profondamente non si sa se riserbi un carattere burbero.<br />

<br />

Pani e curtedu no inχi gudèdu.<br />

Pane e coltello non riempie <strong>il</strong> budello.<br />

Il pane senza companatico diffic<strong>il</strong>mente soddisfa pienamente l’appetito. Per<br />

avere un senso di sazietà è necessario che <strong>il</strong> pane venga accompagnato da formaggio,<br />

carne, verdura o qualsiasi altro cibo.<br />

<br />

Pani e sacramentu si ‘ndi trova a’ ogni cummentu.<br />

Pane e sacramento se ne trova in ogni convento.<br />

Si indica la fac<strong>il</strong>ità con la quale una persona, pur essendo fuori casa, può trovare<br />

ciò che desidera. Come <strong>il</strong> pane e l’eucarestia sono fac<strong>il</strong>mente reperib<strong>il</strong>i rispettivamente<br />

nei panifici e nelle chiese o nei conventi, allo stesso modo chi cerca trova.<br />

<br />

Pani e vucata ottu jorna eni ‘a durata.<br />

Pane e bucato otto giorni è la durata.<br />

Può sempre capitare che una “fornata” di pane non venga soffice e buono come<br />

di solito, così come può succedere che <strong>il</strong> bucato non venga bianchissimo come<br />

le altre volte. In questi casi non bisogna scoraggiarsi perché la loro durata può<br />

essere al massimo di otto giorni, poi si ritorna a fare sia <strong>il</strong> pane che <strong>il</strong> bucato,<br />

magari impiegando una maggiore attenzione.<br />

100


Panza china fa cantari l’orbu e no cammisa jànca.<br />

Pancia piena fa cantare <strong>il</strong> cieco e non camicia bianca.<br />

Il cieco è contento quando avverte la sazietà, perché anche se non vede può toccare<br />

la pancia gonfia, mentre è scontento quando indossa una camicia bianca,<br />

poiché, anche toccandola, non può vedere <strong>il</strong> colore.<br />

<br />

Pari a ditta di Don Fortunatu, nu zoppu, nu ciuncu e nu malatu e chidu<br />

chi era cchiù bedu ‘ndavia ‘a guadara di ‘nu stuppedu.<br />

Sembra la ditta di Don Fortunato uno zoppo, uno storpio e uno malato e quello che<br />

era <strong>il</strong> più bello aveva una grossa ernia.<br />

Questo proverbio si riferisce a persone che non avendo nessuna qualità, anche<br />

se operano insieme, non possono dare niente di positivo alla società, perché<br />

accomunati da difetti e imperfezioni.<br />

<br />

Pari ‘nu linduni.<br />

Sembri un rondone.<br />

Si fa riferimento ad una persona che non sta mai ferma, che, come <strong>il</strong> rondone,<br />

girovaga ininterrottamente.<br />

<br />

Pari ‘nu murguni 71 .<br />

Sembri una folaga.<br />

Una persona che tiene <strong>il</strong> capo sempre chino assomiglia alla folaga, che assume<br />

questa posizione, quando si apposta per la cattura del pesce.<br />

<br />

Pari sturdutu di bumbi.<br />

Sembra intontito dalle bombe.<br />

Indica in senso figurato una persona di scarso intuito, quindi lenta nel capire.<br />

<br />

Parlari cu cu’ no senti e futtìri cu cu’ no staci eni ‘na pazzia.<br />

Parlare con chi non sente e amoreggiare con chi non è consenziente è una pazzia.<br />

È davvero inut<strong>il</strong>e colloquiare con una persona sorda, si finirebbe con scarso<br />

risultato per alzare troppo la voce, comunicando così anche alle persone vicine<br />

<strong>il</strong> contenuto del discorso, allo stesso modo comporta solamente perdita di tempo<br />

<strong>il</strong> voler intrattenere una relazione amorosa con una donna non consenziente.<br />

71 Grosso uccello dei trampolieri con piumaggio nero; ha corpo tozzo, collo e becco brevi, dita provviste di lobi d<strong>il</strong>atati.<br />

101


Parli cchjù ‘i nu pipituni.<br />

Parli di più di un’upupa.<br />

Detto che paragona un uomo chiacchierone e monotono all’upupa che emette<br />

un verso continuo e noioso.<br />

<br />

Passa l’agroi e pungi ‘u voi, torna a passari no ‘u pungiri e no ‘u toccari.<br />

Passa la gru e punge <strong>il</strong> bue, torna a passare non pungere e non toccare.<br />

Il passaggio delle gru generalmente avveniva in prossimità della solennità di<br />

San Giuseppe e segnava l’inizio dell’aratura dei terreni. Il contadino grazie<br />

all’aiuto dell’aratro trainato dai buoi, preparava <strong>il</strong> terreno per essere coltivato.<br />

Le gru ritornavano a passare verso settembre, quando nei terreni ormai non era<br />

periodo né di semine e né di piantare ortaggi.<br />

<br />

Passau ‘u puntu e ‘a misura.<br />

Ha passato <strong>il</strong> punto e la misura.<br />

Detto che indica <strong>il</strong> brutto comportamento di una persona che ha superato ogni<br />

limite del buon senso.<br />

<br />

Patri cori ‘i straci 72, mamma cori d’arma.<br />

Padre cuore di mattone, mamma cuore d’anima.<br />

Il padre un tempo veniva visto dai propri figli sotto un’ottica diversa rispetto ai<br />

tempi odierni. Sovente i piccoli chiedevano qualcosa che la famiglia non poteva<br />

soddisfare, perché in stato di bisogno e proprio in quel momento subentrava<br />

la figura del papà che si esprimeva negativamente, mostrandosi severo e<br />

autoritario agli occhi dei figli, ma in cuor suo um<strong>il</strong>mente dispiaciuto. La<br />

mamma, invece, cercava di salvare <strong>il</strong> recuperab<strong>il</strong>e, chiamando a sé i propri figli<br />

e rassicurandoli sul sicuro ripensamento del padre. I figli giudicavano <strong>il</strong> papà<br />

cuore duro e la mamma cuore generoso.<br />

<br />

Pe’ disiju ‘i lardu nc’alliccava ‘u culu ‘a troja.<br />

Per desiderio del lardo leccava <strong>il</strong> sedere alla scrofa.<br />

102<br />

La fame rende l’uomo sofferente fino a farlo diventare schiavo delle sue privazioni<br />

e, <strong>il</strong> desiderio ardente di un pezzo di lardo, lo fa fantasticare fino a fargli<br />

sognare di avvicinarsi al gluteo della strofa e darle un morso.<br />

72 In DCI Stracu, s. m. Pezzo di mattone o di tegola.<br />

In DEDC Stracu, s. m. Rottame di mattone, di tegolo, coccio; dal gr. οστρακιον oppure οστρακον.


Pecura nigra e pecura jànca cu’ mori mori e cu’ campa campa.<br />

Pecora nera e pecora bianca chi muore muore e chi vive vive.<br />

Detto riferito a due persone o a due cose considerate una buona e l’altra cattiva,<br />

ma la cui possib<strong>il</strong>ità di preferenza è completamente indifferente, poiché la<br />

scelta medesima non interessa.<br />

<br />

Pedi strittu fa servìzzu.<br />

Piede stretto fa le faccende.<br />

La donna che è impegnata in tutt’altre faccende, sovente si reca fuori dalle<br />

mura fam<strong>il</strong>iari, tralasciando così i lavori per <strong>il</strong> disbrigo delle faccende domestiche.<br />

Queste ultime comportano un grande dispendio sia di tempo che di<br />

energia fisica. Pertanto, perché una casa splenda di pulizia, è necessario che la<br />

donna passi molte ore a riordinare e a pulire.<br />

<br />

Pìcciulu e malu cavatu.<br />

Piccolo e mal fatto.<br />

Detto che si riferisce a persone brutte sia fisicamente che caratterialmente,<br />

essendo cattive e malvagie.<br />

<br />

Pigghja l’assu pe’ figura.<br />

Prende l’asso per figura.<br />

Frase diretta a segnalare un uomo incapace a far distinzione, confondendo<br />

sovente una cosa con un’altra.<br />

<br />

Pizzichi e baci no fannu pertùsa.<br />

Pizzichi e baci non fanno buchi.<br />

Non sempre i pizzicotti fanno diventare la pelle piena di lividi, infatti a volte si<br />

danno scherzosamente pizzicotti affettuosi e baci, manifestando, anche giocando,<br />

ammirazione e affetto.<br />

<br />

Po’ pani e po’ vinu si cangia ‘u vicinu.<br />

Per <strong>il</strong> pane e per <strong>il</strong> vino si cambia <strong>il</strong> vicino.<br />

Molte persone quando si accostano giornalmente alla tavola per alimentarsi<br />

non possono fare a meno di una fetta di pane e di un buon bicchiere di vino,<br />

pertanto sono disposti, pur di gustare dei prodotti graditi al palato, a cambiare<br />

<strong>il</strong> fornaio o l’oste anche se essi sono dei vicini.<br />

103


Povaru si, ma lordu pecchì?<br />

Povero sì, ma sporco perché?<br />

La povertà porta l’uomo a perenni privazioni e a vita piena di stenti, rende una<br />

persona molto trasandata nel vestire. Tutto questo non vuol dire che un individuo<br />

si debba trascurare ed apparire all’occhio della gente sporco e senza cura.<br />

Povertà non è sinonimo di mancanza d’igiene.<br />

<br />

Pratica cu chidi megghju ‘i tia e fanci ‘i spisi.<br />

Pratica gente meglio di te e all’occorrenza serv<strong>il</strong>i.<br />

“Chi pratica con lo zoppo impara a zoppicare” è quello che si dice a una<br />

persona che ha assim<strong>il</strong>ato atteggiamenti sbagliati frequentando gente poco<br />

raccomandab<strong>il</strong>e. Allo stesso modo, ma in senso positivo, chi s’intrattiene<br />

con persone di cultura, dai modi garbati ed educati diverrà sim<strong>il</strong>e alle persone<br />

frequentate, ricevendo stima e fiducia da tutti.<br />

<br />

Previti e monaci ‘i carità su privi, levanu ‘i morti e futtinu ‘i vivi.<br />

Preti e monaci di carità son privi, portano i morti e imbrogliano i vivi.<br />

I preti e i monaci erano considerati “cu ‘na mani longa e ‘n’atra curta” per indicare<br />

la poca predisposizione a fare la carità, sempre pronti a ricevere e mai a donare.<br />

<br />

Prima du dannu nci voli l’abbertenza, ca dopu du dannu nci voli pacènzia.<br />

Prima del danno ci vuole attenzione, che dopo del danno ci vuole pazienza.<br />

Prima di compiere qualsiasi gesto o di parlare bisognerebbe valutare, con molta<br />

d<strong>il</strong>igenza, le conseguenze e i danni che ne potrebbero derivare, perché una<br />

volta che <strong>il</strong> fatto è compiuto e si reca un danno a qualcuno o a qualcosa bisogna<br />

solamente sopportarne con pace e rassegnazione le conseguenze.<br />

<br />

Prima u’ culu e poi l’asssu.<br />

Prima <strong>il</strong> sedere e poi l’asso.<br />

Detto del gioco delle carte napoletane, che indica in senso figurativo, che l’asso<br />

nel gioco della scopa non va mai tirato per primo.<br />

<br />

Prima u’ vidi ‘a serpi grida San Paulu.<br />

Prima di vedere la serpe grida San Paolo.<br />

Questo proverbio trova spiegazione in un passo degli Atti degli Apostoli, nel<br />

quale viene descritto <strong>il</strong> naufragio subito dall’apostolo Paolo a Malta, mentre si<br />

dirigeva verso l’Italia. Gli abitanti del posto, visto <strong>il</strong> gran freddo, accolsero tutti<br />

i naufraghi attorno ad un gran fuoco. Paolo raccolse un fascio di sarmenti e<br />

104


mentre si accingeva a buttarli nel fuoco, fu morso da una vipera ad una mano,<br />

la quale dormiva nell’erba raccolta e si era risvegliata per <strong>il</strong> calore. Di là dalle<br />

attese dei presenti, egli non patì alcun male, anzi gettò la serpe nel fuoco,<br />

destando scalpore per <strong>il</strong> miracolo compiuto.<br />

<br />

Prima u’ vidi ‘u lampu dici Santa Barbara.<br />

Prima di vedere <strong>il</strong> lampo dici Santa Barbara.<br />

Il padre di Santa Barbara martire, Dioscuro, fece costruire una torre per rinchiudervi<br />

la bellissima figlia, richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella,<br />

però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio. Il padre pagano,<br />

venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla.<br />

I primi tentativi furono vani, perché la Santa, attraverso tanti miracoli, si<br />

salvò, ma dopo Dioscuro la fece condannare dal prefetto al taglio della testa.<br />

Fu lo stesso padre che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese dal<br />

cielo sotto forma di fulmine dal frastuono assordante, e bruciò completamente<br />

<strong>il</strong> crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri.<br />

<br />

Prima ti mangiasti ‘a pruppa e mo ti spruppi l’ossu.<br />

Prima hai mangiato la polpa e ora ti spolpi l’osso.<br />

L’uomo è portato a condurre una vita agiata, quando costui ha una condizione<br />

economica prospera, spesso fa sprechi, sperperando così <strong>il</strong> proprio<br />

patrimonio personale.<br />

<br />

Prometti ‘i sicuru e manca ‘i certu.<br />

Promette di sicuro e non mantiene di certo.<br />

Detto che indica l’abitudine di una persona a dichiarare ad altri la propria volontà<br />

o disponib<strong>il</strong>ità e, che in seguito, puntualmente, verrà disattesa.<br />

<br />

Pulicineda sta a’ ‘i provi.<br />

Pulcinella sta alle prove.<br />

Quando si è accusati ingiustamente di aver commesso un reato o qualsiasi altra<br />

cosa, solo con l’aiuto di un testimone si può essere scagionati, poiché quest’ultimo,<br />

chiarendo l’equivoco fornirà le giuste prove della sicura innocenza.<br />

<br />

Puru ‘u pulici ‘ndavi ‘a tussi.<br />

Pure la pulce ha la tosse.<br />

Figura allegorica usata per additare una persona che vuole avere voce in capitolo<br />

senza averne diritto.<br />

105


Quandu ‘a vicina ‘ndavi beni, corchi χiavuru 73 veni.<br />

Quando la vicina è abbiente ti porta qualcosa.<br />

Aver una vicina di casa abbiente, un tempo, costituiva una vera e propria grazia.<br />

Interessata e sollecitata dai bisogni altrui, sovente donava cibo alla famiglia<br />

in stato di bisogno.<br />

<br />

Quandu ‘u ciùcciu no bboli u’ ‘mbivi t’abbàca 74 u’ frischj.<br />

Quando l’asino non vuole bere è inut<strong>il</strong>e fischiare.<br />

Il proverbio si riferisce ad una persona che non dà ascolto, che non presta attenzione,<br />

che fa finta di non sentire, perciò è inut<strong>il</strong>e continuare a parlargli.<br />

<br />

Quandu ‘u perzicu χiuri o matura, ‘a notti cu jornu si misura.<br />

Quando <strong>il</strong> pesco fiorisce o matura la notte col giorno sono uguali.<br />

Il giorno è lo spazio di tempo che la terra impiega per compiere un giro intorno<br />

al proprio asse, che è pari a 23 ore, 56 minuti e 4 secondi. La durata del giorno<br />

varia un po’ nelle diverse stagioni. Durante <strong>il</strong> solstizio d’inverno, nel periodo<br />

in cui <strong>il</strong> pesco fiorisce e poi successivamente porta a maturazione i propri<br />

frutti, le ore di luce con le ore di buio quasi si equivalgono.<br />

<br />

Quandu ‘u re cadi, l’assu trema.<br />

Quando cade <strong>il</strong> re, l’asso trema.<br />

Detto del gioco del tresette, usato quando gli avversari riescono a smontare<br />

l’asso. La caduta dell’asso preannunzia che dopo poco verrà <strong>il</strong> turno del re.<br />

<br />

Quandu ‘u tempu eni di susu pigghja ‘a zappa e va pe’ jusu, quandu ‘u<br />

tempu eni di vasciu ‘mbuttati ‘ntro materazzu.<br />

Quando <strong>il</strong> tempo è da nord-est prendi la zappa e va in campagna, quando <strong>il</strong> tempo<br />

è da sud-ovest mettiti nel materasso.<br />

Un tempo <strong>il</strong> contadino prima di recarsi in campagna soleva soffermarsi sull’uscio<br />

di casa per osservare <strong>il</strong> cielo, facendo così delle previsioni meteorologiche. Se<br />

notava che era nuvoloso sulle montagne, cioè a nord-est, era sicuro che quella<br />

sarebbe stata una bella giornata, prendeva così la zappa e si recava nel luogo di<br />

lavoro; mentre se vedeva che <strong>il</strong> tempo era nuvoloso a sud-est preferiva rimanere<br />

a casa a dormire perché quella sarebbe stata certamente una giornata piovosa.<br />

73 In NDDC cauru, sciduru, cavru, caguru, carvu m. odore, lieve sentore; cauru, cavuru fiato, alito, soffio (di vento)<br />

[lat. * flagrum per *fragrum].<br />

74 In DEDC Abbacari, v. intr. Aver tempo, aver voglia, non aver che fare, stare ozioso, vacare, dal lat. vacare, usato<br />

da Cicerone in questo medesimo significato.<br />

106


(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />

‘Ndài cchjù vizzi<br />

du ciùcciu ‘i Gunneda<br />

107


Quandu a’ gatta nc’allucinu l’occhj, jamuncindi patruni ch’eni notti.<br />

Quando alla gatta br<strong>il</strong>lano gli occhi, andiamocene padrone perché è notte.<br />

Un tempo i manovali non godevano certamente di numerosi diritti, la giornata<br />

lavorativa iniziava all’alba e finiva la sera. Fatta questa premessa, si può capire<br />

perché i lavoratori invitassero <strong>il</strong> padrone a guardare gli occhi del gatto, che<br />

nell’oscurità br<strong>il</strong>lano di una piccola luce bluastra, effetto della pup<strong>il</strong>la d<strong>il</strong>atab<strong>il</strong>e,<br />

per capire che era ormai ora di tornare a casa.<br />

<br />

Quandu chiovi ‘ntro suli leuni, l’olivi dassanc<strong>il</strong>li po’ patruni.<br />

Quando piove nel sol leone, le olive lasciale al padrone.<br />

Nel periodo del sol leone gli alberi di ulivo hanno perso ormai la fioritura,<br />

tramutandola in piccolissime olive, le quali necessitano di bel tempo e non<br />

di temporali, poiché questi ultimi favoriscono la mosca olearia, vero flagello<br />

per i frutti. Le olive intaccate dalla mosca cadono, dimezzando <strong>il</strong> raccolto.<br />

Il contadino di un tempo teneva i terreni a colonìa. Si trattava di un<br />

tipo di contratto agrario in base al quale <strong>il</strong> proprietario concedeva un fondo<br />

a un contadino (colono) che s’impegnava a lavorarlo, a coltivarlo e a dividerne<br />

con <strong>il</strong> proprietario i prodotti e gli ut<strong>il</strong>i. Al contadino, di solito, spettava<br />

solo un quinto del raccolto, e così rimaneva con tanto lavoro e un guadagno<br />

quasi nullo.<br />

<br />

Quandu gridi quandu gadi quandu purvari 75 e quatredi.<br />

Quando gr<strong>il</strong>li quando galli quando polvere e quadretti (mattoni da pavimento).<br />

Pur assumendo diversi comportamenti in una stessa situazione, si avranno<br />

sempre gli stessi risultati.<br />

<br />

Quandu si martedu batti, quandu si ‘ncudini statti.<br />

Quando sei martello batti, quando sei incudine stai.<br />

I fabbri appoggiano sull’incudine i metalli da forgiare col martello. In senso figurato<br />

<strong>il</strong> martello è paragonab<strong>il</strong>e all’oppressore e l’incudine all’oppresso, pertanto<br />

chi è “martello” esercita oppressione, mentre chi è “incudine” ne è la vittima.<br />

<br />

Quandu unu ‘ndavi d’aviri beni, veni ‘a morti e su peri.<br />

Quando un uomo finalmente può star bene, viene la morte e se lo prende.<br />

Secondo la credenza popolare, ogni individuo nasce con un proprio destino,<br />

pertanto chi nasce fortunato, sarà accompagnato sempre dalla buona sorte,<br />

mentre chi nasce sfortunato sarà tartassato sempre e, anche quando sembra che<br />

possa viver bene e agiato, si presenterà la morte a portarlo via.<br />

75 Polvere da sparo.<br />

108


Quandu unu no sapi, eni comu l’orbu chi no vidi.<br />

Quando uno non sa, è come <strong>il</strong> cieco che non vede.<br />

L’uomo che non è a conoscenza di un fatto vive all’oscuro di tutto, proprio<br />

come <strong>il</strong> cieco, che al buio non può ravvisare la realtà.<br />

<br />

Quandu unu no voli, ddùi no si sciarrjànu.<br />

Quando uno non vuole, due non si bisticciano.<br />

Affinchè due persone si azzuffino, è necessario che ci sia la predisposizione di<br />

entrambe. Se uno dei due litiganti non ha volontà di venir alle mani, di sicuro<br />

cercherà una strada alternativa per raggiungere la pace. Pertanto, sorvolando è<br />

diffic<strong>il</strong>e che nascano diverbi rissosi.<br />

<br />

Quandu vidi ‘u bbonu pigghjat<strong>il</strong>lu co malu eni cosa ‘i sempi.<br />

Quando vedi <strong>il</strong> bene prend<strong>il</strong>o perché <strong>il</strong> male è cosa di sempre.<br />

Gli uomini del passato, erano abituati a vivere nella sofferenza, nel patimento,<br />

nei continui disagi e nella povertà assoluta, da tutto questo nasce l’invito a raccogliere<br />

senza esitare tutto ciò che è buono, perché con la penuria si convive.<br />

<br />

Quandu viditi nespula ciangiti, chistu eni lu primu fruttu di l’estati.<br />

Quando vedete nespole piangete, questo è <strong>il</strong> primo frutto dell’estate.<br />

Le nespole sono dei frutti formati da un piccolo pomo sferoidale, dal caratteristico<br />

color bruno-giallognolo e dalla lenta maturazione, che fiorisce per primo<br />

ed è uno dei primi frutti dell’estate. Un tempo si guardavano le nespole acerbe,<br />

attendendo la loro maturazione che avveniva in estate, la stagione dell’allegria,<br />

della gioia e della spensieratezza. Ma una volta maturate si capiva che<br />

oramai l’estate sarebbe trascorsa in un baleno. Da tutto questo si può dedurre<br />

che la gioia, <strong>il</strong> piacere consistono nel futuro, nell’attesa di un bene che verrà e<br />

non nel presente effettivo, perché quando tutto sarà finito ci sarà tristezza, noia<br />

e tanta malinconia.<br />

<br />

Rrobba ‘i guvernu cu’ no futti vaci o ‘mpernu.<br />

Roba di governo chi non ruba va all’inferno.<br />

Si ribadisce la cattiva amministrazione della “cosa pubblica” dove spesso si<br />

intascano, si sperperano e scialacquano fondi statali, aggirando la giustizia<br />

nella convinzione di rimanere impuniti.<br />

109


Rroba ‘i lìu comu vinni si ndi jiu.<br />

Roba di lìu 76 come è venuta così se ne è andata.<br />

Il detto sottolinea con amarezza che la roba che viene dal nulla, nel nulla se ne va.<br />

<br />

Rrobba fa onuri a mia, ca se fora nescerai, tu guerra porterai.<br />

Roba mia onorami, perché se fuori uscirai, porterai guerra.<br />

L’azione del prestare non sempre produce amicizia e riconoscenza, perché<br />

chi riceve una cosa prestata, non tiene la giusta cura, o nei casi peggiori,<br />

non restituisce l’oggetto di cui non è proprietario, suscitando malumore ed<br />

ira nel proprietario reale.<br />

<br />

S’attacca ‘u ciùcciu aùndi voli ‘u patruni.<br />

Si lega l’asino dove vuole <strong>il</strong> padrone.<br />

Il padrone ha sempre ragione, e all’operaio non resta che eseguire passivamente<br />

ciò che un superiore comanda.<br />

<br />

Sangu e dinari su duri a’ cacciari.<br />

Sangue e soldi sono duri da togliere (è diffic<strong>il</strong>e privarsene).<br />

Il sangue e <strong>il</strong> danaro sono accomunati dal fatto che è proprio dura privarsene.<br />

Chi dona <strong>il</strong> sangue senza una giusta causa? Chi regalerebbe soldi se non per<br />

una ragione ben fondata e motivata?<br />

<br />

Sant’Antoni faci tridici grazi o jornu pe’ ‘i vagabondi.<br />

Sant’Antonio fa tredici grazie al giorno per i vagabondi.<br />

La leggenda narra che Sant’Antonio un giorno vide bruciare <strong>il</strong> suo convento,<br />

impaurito dalle enormi fiamme divampate, corse fuori dalla cinta delle mura<br />

del convento per chiamare aiuto. A quell’ora la gente si era ormai recata nei<br />

campi a lavorare e nella piazza erano rimasti soltanto gli sfaticati. Questi ultimi,<br />

sentendo le grida di aiuto provenienti da Sant’ Antonio, accorsero al convento<br />

e aiutarono i frati a spegnere l’incendio velocemente, senza che <strong>il</strong> fuoco<br />

apportasse ingenti danni. Si narra che la benevolenza di Sant’Antonio fu talmente<br />

tanta verso i vagabondi, che promise loro tredici grazie al giorno.<br />

<br />

Santu Mangiuni nescìu prima ‘i Cristu.<br />

San “Ghiottone” nacque prima di Cristo.<br />

L’uomo che sperpera i propri averi, spendendo senza risparmio e ritegno<br />

più soldi di quelli che potrebbe guadagnare onestamente, fa pensare che<br />

gli stessi siano i profitti ricavati da lavoro <strong>il</strong>lecito.<br />

76 Termine onomatopeico usato per far rima.<br />

110


Sapi cchjù ‘u pacciu ‘ncasa sua, ca ‘u saviu ‘ncasa d’atru.<br />

Sa di più <strong>il</strong> pazzo in casa sua, che <strong>il</strong> saggio in casa d’altri.<br />

Ogni persona in casa sua sa muoversi liberamente trovandosi a proprio agio, e<br />

sapendo districarsi anche in situazioni precarie e diffic<strong>il</strong>i. Sicuramente non<br />

saprà fare altrettanto un saggio in quella stessa casa che non gli appartiene.<br />

<br />

Scarrica 77 t’abbamba e scarrica t’aduma dudici animedi 78 e tridici buttuna.<br />

Scarrica ti brucia e scarrica ti accende, dodici bottoncini e tredici bottoni.<br />

Cant<strong>il</strong>ena usata dai suonatori di tamburi.<br />

<br />

Scherza cu panti 79 e dassa stari ‘i Santi.<br />

Scherza con gli stupidi e lascia stare i Santi.<br />

Detto che invita alla discrezionalità nello scherzare con le persone stupide e<br />

all’ammonimento a non scherzare con le persone sacre.<br />

<br />

Scherzi ‘i mani e pidita ‘i culu fetinu.<br />

Scherzi di mani e peti di sedere puzzano.<br />

Lo scherzo per essere simpatico deve rimanere verbale, perchè se è di mani<br />

diventa come un peto, entrambi accomunati dal cattivo gusto.<br />

<br />

Scrusciu ‘i scupa nova pocu dura.<br />

Rumore di scopa nuova dura poco.<br />

La scopa è un arnese domestico usato per pulire <strong>il</strong> pavimento. Lo strofinìo della<br />

scopa nuova a contatto con <strong>il</strong> pavimento provoca un rumore che si affievolisce<br />

e poi successivamente scompare con <strong>il</strong> logorio subìto per l’uso continuato.<br />

Trasportando la figura traslata sul piano umano è paragonab<strong>il</strong>e ad una persona<br />

che ricopre una carica nuova: al primo approccio, detta regole e comportamenti<br />

mostrandosi innovativo, inflessib<strong>il</strong>e e severo, ma poi col passar del tempo<br />

diviene man mano più elastica.<br />

<br />

Se ‘u jetti ‘ntro mari, nesci cu culu chjnu ‘i calamari.<br />

Se lo butti in mare, ne esce col sedere pieno di calamari.<br />

Detto che indica una persona sempre baciata dalla fortuna, la cui sorte favorisce<br />

sempre la buona riuscita di ogni impresa.<br />

77 Antico gioco giovan<strong>il</strong>e.<br />

78 Piccoli bottoni di osso delle camicie.<br />

79 In DEDC Pantu, agg. Intontito, spaventato. stupido, cretino; lo sp. espanto per aferesi. Chiamasi anche pantu<br />

chi fa lo stupido senza essere tale.<br />

In DCI Pantafia, s. f. Figura di donna brutta e allocchita.<br />

111


Se bboi aviri furtuna mu si brutta e camuzzuna.<br />

Se vuoi aver fortuna devi essere brutta e pigra.<br />

Detto secondo <strong>il</strong> quale la fortuna accompagna la donna brutta e pigra, trovando<br />

marito prima di chi è bella e laboriosa.<br />

<br />

Se boi mu mbiti l’amicu carni di crapa e lignu di ficu.<br />

Se vuoi invitare un amico carne di capra e legno di fico.<br />

Per allontanare un amico inopportuno, si adotta un ottimo stratagemma,<br />

che consiste nel cucinare una carne come quella di capra che richiede<br />

molto tempo di cottura, quest’ultimo aumenta se la legna che alimenta <strong>il</strong><br />

fuoco sarà di fico, che per la durezza non produce fiamma, bensì soltanto<br />

brace. La lunga attesa stancherà l’amico.<br />

<br />

Se boi mu t’armi ‘na bona p<strong>il</strong>ucca, ‘u pedamentu fatt<strong>il</strong>lu d’acqua.<br />

Se vuoi costruirti una buona sbronza, le fondamenta devono essere d’acqua.<br />

Prima di una grossa ubriacatura conviene farsi una notevole bevuta d’acqua,<br />

perché si pensa che aumenti la capacità di sopportare l’alcool, dando così la<br />

possib<strong>il</strong>ità all’uomo ebro di bere quantità eccessive di vino o liquori.<br />

<br />

Se bboi mu ti vidi di beni va ‘a chiesia e carria fumeri.<br />

Se vuoi vivere nel bene vai in chiesa e trasporta letame.<br />

Dio ha una speciale pred<strong>il</strong>ezione per le persone dotate di un sentimento<br />

religioso autentico, che osservano scrupolosamente le pratiche del culto e<br />

che lavorano molto e volentieri. Per vivere felicemente bisogna essere<br />

onesti, devoti e laboriosi.<br />

<br />

Se bboi nommu ta passi mali, lavura a’ spada du caporali.<br />

Se non vuoi passartela male, lavora a fianco del caporale.<br />

Il caporale è un operaio che guida e sorveglia una squadra di lavoratori.<br />

Persona autoritaria dai modi spesso sgarbati e perentori. L’aspetto sicuro, deciso,<br />

che non ammette dubbi o contestazioni, rende <strong>il</strong> caporale persona di potere<br />

e per questo chi, con maniere ipocrite e adulatorie, cerca di ingraziarselo,<br />

otterrà vantaggi e favori.<br />

<br />

Se bboi stari beni, pigghja ‘u mundu comu veni.<br />

Se vuoi viver bene, prendi <strong>il</strong> mondo come viene.<br />

Il mondo presenta m<strong>il</strong>le lati oscuri e per vivere senza continui rompicapi bisogna<br />

vivere alla giornata, dando sì <strong>il</strong> peso giusto alle cose, ma senza soffermarsi<br />

in continue ed estenuanti riflessioni.<br />

112


Se bboi vidiri ‘n’omu jestimari danci tri ligna e no l’attaccari.<br />

Se vuoi vedere un uomo bestemmiare dagli tre legni e non li legare.<br />

Il legno ha un fusto tubolare di forma conica. Per trasportare più pezzi bisogna<br />

assolutamente legarli fra loro altrimenti scivolano. Se i pezzi non legati<br />

rischiano la caduta l’uomo che li deve portare perde ovviamente la pazienza.<br />

<br />

Se bboi vidiri l’amicu ‘mpurriri dassalu u’ parla e no nci rispundìri.<br />

Se vuoi vedere l’amico marcire lascialo parlare e non rispondergli.<br />

Quando si vuol vedere un amico andare in collera, la miglior cosa è lasciarlo<br />

parlare e non rispondere alle sue provocazioni, così facendo finirà per avere<br />

un’improvvisa accensione d’animo, si lascerà trasportare dall’ira manifestandola<br />

con grida, parole e gesti inconsulti.<br />

<br />

Se chiovi ‘i San Gianni s’allupanu80 ‘i castagni.<br />

Se piove <strong>il</strong> giorno di San Giovanni si rovinano le castagne.<br />

Nel mese di giugno i terreni per <strong>il</strong> forte caldo sono surriscaldati. Un<br />

improvviso temporale nel giorno di San Giovanni produce uno sbalzo termico<br />

che forma una nebbiolina fine, somigliante al vapore acqueo, che<br />

provoca una malattia al pericarpio. I ricci ammalati si staccano dalla pianta,<br />

non consentendo al frutto di venire a maturazione.<br />

<br />

Se Cola cacava no moria abbuttatu.<br />

Se Nicola defecava non moriva gonfio (cioè non scoppiava).<br />

Modo di dire per sottolineare una risposta più che ovvia.<br />

<br />

Se fabbricu barritti jeu, nescinu l’omani senza testa.<br />

Se fabbricassi cappelli io, nascerebbero uomini senza testa.<br />

Quando ad ogni iniziativa presa non si è assistiti dalla sorte, si ha l’impressione<br />

che tutto sia contro, si perde ogni speranza, ci si convince che è<br />

inut<strong>il</strong>e scervellarsi, perché qualsiasi progetto non sarà mai portato a termine<br />

e si teme che succederà qualcosa, impossib<strong>il</strong>e da prevedere, che<br />

comprometterà la buona riuscita dell’opera.<br />

80 Malattia che infradicia l’interno dei frutti tramutandoli in una massa scura divenendo inut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i.<br />

113


Se marzu no marzìa ‘u massaru no palìa 81 .<br />

Se marzo non marzeggia <strong>il</strong> contadino non palìa.<br />

114<br />

Il tempo variab<strong>il</strong>e, come lo è in marzo, è essenziale perché si abbia una buona produzione<br />

di grano, per questo si dice che se marzo non marzeggia <strong>il</strong> contadino non<br />

fa un raccolto abbondante e quindi non può sistemarlo con la pala nel granaio.<br />

Senti sulu u scrusciu du rami.<br />

Sente solo <strong>il</strong> rumore del rame.<br />

<br />

Modo di dire che indica una persona che agisce solo per denaro, dimostrandosi<br />

esclusivamente ispirato da motivi d’interesse economico.<br />

<br />

Senza sacrificiu ‘mparadisu no si va.<br />

Senza sacrificio in paradiso non si va.<br />

Secondo la religione Cattolica, <strong>il</strong> Paradiso è <strong>il</strong> luogo dove le anime dei<br />

giusti godono nella visione di Dio di una beatitudine eterna. Per guadagnare<br />

un posto in Paradiso la Chiesa insegna a rispettare le regole, ovvero<br />

i dieci comandamenti dettati da Dio a Mosè. Pertanto per riuscire ad ottenere<br />

una cosa, raggiungere uno scopo desiderato, necessitano privazioni e<br />

fatiche, ma soprattutto un impegno serio e severo.<br />

<br />

Si ‘ndi nesci da magghja rutta.<br />

Esce fuori dall’anello rotto.<br />

Espressione che si riferisce ad una persona consapevole di aver provocato un danno,<br />

che finge di non esserne la causa, trovando una scorciatoia per darsela a gambe.<br />

<br />

Si cchiù longu i na jornata senza pani.<br />

Sei più lungo di una giornata senza pane.<br />

Quando i contadini si recavano a lavorare nelle terre solevano portar con sé gli<br />

alimenti giornalieri, ma poiché erano tempi tristi non sempre i poveri lavoratori<br />

avevano <strong>il</strong> pane. Lavorando duramente e senza niente da mangiare una giornata<br />

diventava lunghissima e senza fine. In senso figurato questo proverbio<br />

indica una persona molto alta.<br />

81 Agitare con la pala <strong>il</strong> frumento nel granaio.


Passa l’agroi e pungi ‘u voi, torna a passari<br />

no ‘u pungiri e no ‘u toccari<br />

(Disegno di Luciana Politi)<br />

115


Si cchjù nigru da paramatta 82.<br />

Sei più nero di un grembiule.<br />

116<br />

La pigmentazione del contadino calabrese, lavorando sotto <strong>il</strong> sole cocente,<br />

diventa dapprima bronzea, poi col passare dei giorni assume un colore nerastro<br />

sim<strong>il</strong>e ai pigmei. Il viso scuro si raffronta col colore della paramatta per evidenziare<br />

che <strong>il</strong> volto del contadino è fortemente bruno.<br />

Si cchiù vacabundu i’ nu cani.<br />

Sei più vagabondo di un cane.<br />

<br />

Una storiella racconta che un cane, un giorno passò da una sorgente d’acqua.<br />

Il forte zamp<strong>il</strong>lo toccava la coda dell’animale <strong>il</strong> quale pensò: “Se la<br />

mia bocca fosse al posto della mia coda, di sicuro berrei”. Da questo nasce<br />

<strong>il</strong> detto “più vagabondo di un cane”.<br />

<br />

Si comu l’ovu o focu, cchjù staci e cchjù ‘nduri.<br />

Sei come l’uovo al fuoco, più sta e più indurisce.<br />

Detto che indica un uomo che non impara mai dalla vita, perseverando così<br />

negli errori. Questi viene usato come termine di paragone con l’uovo, che se<br />

lasciato sul fuoco indurisce sempre più col passare dei minuti.<br />

Si futti ‘a lira e cu’ ‘a penza.<br />

Vada al diavolo chi pensa ai soldi spesi.<br />

<br />

L’uomo ha bisogno di evadere dalla realtà, prendendosi degli svaghi, dei divertimenti.<br />

Anche se a volte economicamente non si potrebbero fare degli spropositi, per lo<br />

stare bene non bisogna pensare certamente ai soldi spesi, si recupereranno in seguito.<br />

Si na lagna.<br />

Sei una lagna.<br />

<br />

Espressione indirizzata ad una persona che infastidisce con lunghi discorsi o<br />

continui piagnistei.<br />

82 Tessuto di cotone nero usato per grembiule o per fare delle strisce da appendere obliquamente alla porta dove<br />

c’è stato un lutto.


Si scappu ‘i sti botti no nci vegnu cchjù ‘i notti.<br />

Se scappo a queste botte non vengo più di notte.<br />

Il ladro non sempre porta a termine <strong>il</strong> suo colpo, qualche volta incappa, suo<br />

malgrado, nelle grinfie del proprietario, a cui doveva sottrarre qualcosa, ed è<br />

proprio in quell’istante che nascono i problemi. Iniziano le percosse e botte da<br />

orbi, dalla sofferenza fisica ne scaturisce una promessa nel cuore del ladro di<br />

non ritornar mai più a rubare.<br />

Si sparanu pe’ lupi.<br />

Si sparano come si fa ai lupi.<br />

<br />

Detto che indica due persone acerrime nemiche.<br />

Si teni ‘i ddùi arrami.<br />

Si tiene da due rami.<br />

<br />

Detto che indica in senso figurato un uomo che mantiene due possib<strong>il</strong>ità.<br />

<br />

Spara a’ levanti e pigghja a’ ponenti.<br />

Spara a levante e colpisce a ponente.<br />

Metafora usata per segnalare una persona che attacca con violente accuse un<br />

innocente, sbagliando completamente bersaglio.<br />

<br />

Sparti ricchizza e mori ‘npovertà.<br />

(Chi) divide <strong>il</strong> patrimonio muore in povertà.<br />

Non bisogna mai rinunziare volontariamente al patrimonio per ripartirlo ai<br />

propri cari, con la speranza di essere un giorno accuditi, perché si finisce<br />

per morire da soli con le proprie sofferenze e in più senza un soldo da<br />

poter impiegare come meglio si crede.<br />

Spogghja ‘a cruci e vesti artaru.<br />

Spoglia la Croce e veste l’Altare.<br />

<br />

Detto che indica la mancata sistemazione di un qualcosa, aggiustandone una e<br />

contemporaneamente guastandone un’altra.<br />

117


Su cchjù vicini ‘i denti ca ‘i parenti.<br />

Sono più vicini i denti dei parenti.<br />

118<br />

Quando si è golosi, specie di alcuni cibi particolarmente gustosi che sollecitano la<br />

voglia di mangiarne anche oltre <strong>il</strong> bisogno, è diffic<strong>il</strong>e pensare di conservarne un<br />

po’ anche per <strong>il</strong> resto della famiglia. Si preferisce prima soddisfare <strong>il</strong> proprio piacere<br />

di mangiare, poi eventualmente farne assaggiare un pò anche agli altri.<br />

<br />

T’ammogghj ‘u biscottinu.<br />

T’inzuppi <strong>il</strong> biscottino.<br />

Detto che indica una persona che reagisce alle burle verbali di qualcuno.<br />

<br />

Ti menti comu ‘u ciciari o crivu 83 .<br />

Ti metti come i ceci nello staccio.<br />

Il frutto dei ceci è costituito da un baccello contenente uno o due semi, <strong>il</strong> quale<br />

una volta essiccatosi attaccato alla stessa pianta verrà raccolto. Un tempo, dopo<br />

<strong>il</strong> raccolto, si deponeva a terra davanti alle affollatissime aie, per essere calpestato<br />

o battutto. Dopo questa prima fase le donne mettevano <strong>il</strong> tutto nello staccio,<br />

e con un’azione rotante lanciavano i chicci rotondi e le restanti parti del<br />

baccello ormai polverizzati, che a contatto con l’aria si separavano, i chicchi<br />

cadevano nello staccio. In senso figurato indica persone che come i ceci rotano<br />

e sono sempre in giro per essere separati dai baccelli essiccati.<br />

<br />

Ti menti supa ‘a nu ciucciu jancu.<br />

Ti metti sopra un asino bianco.<br />

Metaforicamente ci si riferisce all’essere criticato ferocemente per un comportamento<br />

non uniforme al modo di pensare e di agire, l’andare contro corrente<br />

non lasciandosi trascinare dal parere dei più.<br />

<br />

Ti mini ‘i falacchi ntra facci.<br />

Ti getti fango in faccia.<br />

Detto che indica in senso figurativo, l’esortazione ad evitare un’ azione che può<br />

essere causa di perdita d’immagine, disonore e vergogna.<br />

83 Arnese formato da due sott<strong>il</strong>i cerchi di legno l’uno incastrato in una piccola parte nell’altro per tener ferma e<br />

tesa una rete di seta o di f<strong>il</strong>i metallici.


Ti porta a’ Napuli sutta o lettu.<br />

Ti porta Napoli sotto <strong>il</strong> letto.<br />

Si indica una persona dalla grande dialettica, attraverso la quale riesce a convincere<br />

gli altri, tanto da far apparire fac<strong>il</strong>e anche le cose più impossib<strong>il</strong>i.<br />

<br />

Ti russichi ‘i guvita!<br />

Ti rodi i gomiti!<br />

Frase che è ut<strong>il</strong>e per indicare la disperazione di una persona per un’opportunità<br />

lasciata sfuggire.<br />

<br />

Ti vannu tri arangi e tri limuna.<br />

Ti entrano tre arance e tre limoni.<br />

Detto usato quando una persona è assalita dalla paura per un pericolo presente,<br />

prossimo, reale o accresciuto dall’immaginazione.<br />

<br />

Trasi cu lisciu lisciu.<br />

Entra pian pianino.<br />

Detto che indica <strong>il</strong> modo di agire di una persona che entra pian piano in una società,<br />

e attraverso astuzie e inganni, tenta di convogliare tutto e tutti dalla sua parte.<br />

<br />

Tri ‘i chisti su menza canna.<br />

Tre di questi sono mezza canna.<br />

Modo di dire che accusa la mancanza degli alimenti necessari per soddisfare<br />

<strong>il</strong> bisogno di mangiare.<br />

<br />

Tri p<strong>il</strong>i ‘ndavi ‘nu porcu e ‘nu porcu ‘ndavi tri p<strong>il</strong>i.<br />

Tre peli ha un maiale e un maiale ha tre peli.<br />

Detto che indica la ripetizione sistematica di uno stesso discorso.<br />

<br />

Tri su ‘i potenti: Re, Papa e cu’ no ‘ndavi nenti.<br />

Tre sono i potenti: Re, Papa e chi non ha niente.<br />

Il Re detiene <strong>il</strong> potere sovrano negli Stati retti a monarchia, <strong>il</strong> Papa è <strong>il</strong> Pontefice<br />

romano, capo della Chiesa cattolica e chi non possiede niente ha <strong>il</strong> potere di agire<br />

come meglio crede, perché non ha nulla da perdere e niente da guadagnare.<br />

119


Trova modu e zzappa fundu.<br />

Trova tenero e zappa fondo.<br />

Figura metaforica che si riferisce a chi approfitta delle debolezze altrui, speculando<br />

senza scrupoli su una situazione a lui favorevole.<br />

<br />

Tu dugnu l’orgiu.<br />

Te lo do l’orzo.<br />

Detto, a mo’ di avviso, per minacciare una lezione a suon di legnate.<br />

<br />

‘U bonu jornu si vidi da matina.<br />

La buona giornata si vede dal mattino.<br />

Se la mattina appena alzati va tutto per <strong>il</strong> verso giusto, si intuisce immediatamente<br />

dalle prime manifestazioni che quella sarà una giornata favorevole, da<br />

poter affrontare con tranqu<strong>il</strong>lità.<br />

<br />

‘U cani muzzica sempi ‘u sciancatu.<br />

Il cane morde sempre <strong>il</strong> disgraziato.<br />

Questo proverbio indica, in senso figurativo, un uomo che più è disagiato e più<br />

viene colpito dalla cattiva sorte e da eventi negativi.<br />

<br />

‘U cavadu in cumunìa mori via via.<br />

Il cavallo in comune muore cammin facendo.<br />

Lavorare in società a volte non da guadagno a nessuno dei componenti, in<br />

quanto l’eccessiva fiducia sovente viene ricambiata con la sbadataggine.<br />

<br />

‘U ciùcciu ‘a carrija e ‘u ciùcciu sa ‘mbivi.<br />

L’asino trasporta l’acqua e lui stesso se la beve.<br />

120<br />

L’asino, un tempo, era <strong>il</strong> mezzo principale usato per <strong>il</strong> trasporto di cose e persone.<br />

Anche l’acqua necessaria alla famiglia veniva trasportata dalla fonte alle<br />

case sugli asini. Il padrone, appena giunto a casa, doveva prestare la massima<br />

attenzione nello <strong>scarica</strong>re i bar<strong>il</strong>i, perché se lasciava i recipienti a portata della<br />

bocca dell’animale, l’acqua spariva, bevuta in un baleno dal quadrupede affaticato.<br />

In senso figurativo, si paragona l’asino ad un uomo che porta un qualcosa<br />

a casa e la consuma, senza dividere con i propri fam<strong>il</strong>iari.


‘U ciucciu, chi mangia ficara, si caccia ‘u viziu quandu mori.<br />

Il somaro, che mangia foglie di fico, si toglie <strong>il</strong> vizio solo alla morte.<br />

Il somaro una volta sciolto dal basto84 è libero di riposarsi un po’ e di brucare<br />

nella fresca e tenera erba verde, ma, invece di chinare <strong>il</strong> capo, preferisce alzarlo<br />

e strappare le foglie dal fico. In chiave metaforica, l’uomo vagabondo, per vivere<br />

sovente va a rubare e tale vizio lo perderà soltanto quando cesserà di vivere.<br />

<br />

‘U ciucciu i tanti patruni camina a raghuni.<br />

Il somaro di tanti padroni cammina strisciando.<br />

Vedi proverbio «‘U cavadu in cumunia mori via via».<br />

<br />

‘U ciùcciu o senteri, ‘u dannu arriva a’ casa.<br />

Il somaro sull’orlo del dirupo, <strong>il</strong> danno arriva a casa.<br />

L’asino costituiva per <strong>il</strong> proprio padrone un patrimonio da salvaguardare, perchè<br />

serviva da mezzo di trasporto e come mezzo di lavoro. Per tutelare la sua<br />

incolumità era necessario percorrere sentieri sicuri, lontano dai dirupi. Questo<br />

proverbio è un monito a non condurre una vita sul limite del precipizio, perchè<br />

in caso di eventi negativi sarà la famiglia a patirne.<br />

<br />

‘U ciucciu si mangia ‘u frenu ca si ricorda quand’era erba.<br />

L’asino mangia <strong>il</strong> fieno, perché si ricorda quand’era erba.<br />

La vita riserva spesso cambiamenti di condizione sociale, pertanto chi ha ricevuto<br />

un favore da una persona agiata, dovrà ricambiare, quando quest’ultimo caduto<br />

in disgrazia, sarà nel bisogno. Non bisogna mai dimenticare <strong>il</strong> bene ricevuto.<br />

<br />

‘U culu chi no vitti mai panneda, quandu ‘a vitti sa cacau.<br />

Il sedere che non ha mai visto la falda, appena vista l’ha defecata.<br />

Si fa riferimento a quegli individui che cambiano <strong>il</strong> proprio stato sociale e da poveri<br />

diventano ricchi, e dimenticando <strong>il</strong> proprio passato, assumono atteggiamenti altezzosi<br />

e si comportano con alterigia85 verso chi continua a vivere nell’indigenza.<br />

84 Specie di sella grossa e rozza per bestie da soma, che serve per caricarvi i sacchi, legna ed altro.<br />

85 Comportamento di chi si ritiene superiore agli altri.<br />

121


‘U diavulu no ‘ndavi ‘i pecuri e vindi lana.<br />

Il diavolo non ha le pecore e vende lana.<br />

Il diavolo è un ottimo ingannatore, fa apparire tutto chiaro promettendo ogni<br />

cosa, ma bisogna essere consapevoli che sono solo <strong>il</strong>lusioni.<br />

<br />

‘U ferru stortu, ‘u focu l’addirizza.<br />

Il ferro storto, <strong>il</strong> fuoco l’addrizza.<br />

Il fabbro addrizza <strong>il</strong> ferro mettendolo nel fuoco e, dopo averlo reso incandescente,<br />

lo batte ripetutamente col martello sull’incudine rendendolo diritto.<br />

Simbolicamente è usato come termine di paragone ad una persona dalla testa<br />

calda, la quale tornerà al rispetto altrui solo attraverso le maniere forti.<br />

<br />

‘U figghjolu moriu e ‘u San Gianni si perdiu.<br />

Morto <strong>il</strong> bambino si perde <strong>il</strong> comparatico.<br />

“U San Gianni” in Calabria è chi fa da padrino al battesimo di un bambino o<br />

di una bambina. Questa denominazione trae le sue origini da San Giovanni<br />

Battista, <strong>il</strong> quale battezzò Gesù nel fiume Giordano. Il padrino in Calabria è<br />

considerato alla pari di un fam<strong>il</strong>iare, al quale ci si rivolge con tono confidenziale<br />

e amichevole, ma sempre con grande rispetto e stima, fino a dire che “U<br />

San Gianni” si rispetta fino alla settima generazione. Attraverso la metafora<br />

questo proverbio indica l’allontanamento di due famiglie perché è venuto a<br />

mancare l’elemento principale della loro amicizia.<br />

<br />

‘U focu si chiama ciccu 86 , ardi ‘u virdi e ardi ‘u siccu.<br />

Il fuoco si chiama ciccu arde sia <strong>il</strong> legno verde che quello secco.<br />

Il fuoco consuma e distrugge, rendendo in cenere qualsiasi tipo di legno. Esso è un<br />

fenomeno da combustione che brucia sia <strong>il</strong> legno secco e già stagionato, che quello<br />

verde, solo che nel secondo caso impiega più tempo, perché <strong>il</strong> legno verde, prima di<br />

bruciarsi, tende a friggere emettendo <strong>il</strong> caratteristico scoppiettio di ciò che crepita.<br />

<br />

‘U gabbu cogghj, ‘a jestima no.<br />

Il gabbo colpisce, l’imprecazione no.<br />

Il gabbo è un atto scherzoso e allegro fatto per divertirsi alle spalle altrui,<br />

ma senza intenzione di offendere o nuocere. L’imprecazione è una maledizione<br />

invocata alle spalle altrui con l’intenzione di far del male. Il gabbo<br />

può colpire le persone sia moralmente che fisicamente, l’imprecazione no,<br />

perchè si tratta di una stolta credenza popolare.<br />

86 Termine onomatopeico per fare la rima.<br />

122


Cu’ ddùi lepri voli m’acchiapppa<br />

una nci fuji e l’atra nci scappa<br />

(Disegno di Pietro Vaccarello)<br />

123


‘U gabbu cogghj a’ u’ labbru, ‘a maravigghja cogghj ‘a figghja.<br />

Il gabbo colpisce al labbro, la meraviglia colpisce la figlia.<br />

La credenza popolare insegna che quando ci si diverte prendendo in giro qualcuno,<br />

un male nuocerà alla bocca; mentre quando ci si meraviglia per un’imperfezione<br />

fisica lo stesso difetto colpirà un componente della famiglia.<br />

<br />

‘U jimbusu, in mezzu a’ via, no guardava ‘u jimbu c’avia.<br />

Il gobbo, in mezzo alla via, non guardava la gobba che aveva.<br />

Sovente l’uomo è portato ad osservare e burlarsi dei difetti altrui, mentre lui<br />

stesso ne è possessore di più grandi. “Non guardare la pagliuzza nell’occhio di<br />

un’altro, quando nel tuo c’è una trave”.<br />

<br />

‘U jornu vaju aùndi vogghju e ‘a notti m’ardu l’ogghju.<br />

Di giorno vado dove voglio e la notte brucio l’olio della lampada.<br />

Lo scolaro menefreghista, durante le ore diurne, tralascia i normali doveri scolastici,<br />

ossia i compiti assegnatigli, perché distratto dalle cattive amicizie o<br />

dalla voglia irrefrenab<strong>il</strong>e di giocare. Con l’arrivo della sera, subentrano le<br />

angosce e si tenta di recuperare, compiendo le normali operazioni che si sarebbero<br />

dovute svolgere di giorno.<br />

<br />

‘U lavuru da festa, trasi da porta e nesci da finestra.<br />

Il lavoro nel giorno di festa, entra dalla porta ed esce dalla finestra.<br />

Chi si reca a lavorare nelle giornate di domenica e nelle feste comandate,<br />

sovente non si gode quasi mai <strong>il</strong> guadagno di dette giornate, poiché succede<br />

sempre qualcosa a mettere i bastoni fra le ruote. Pertanto è meglio rispettare <strong>il</strong><br />

comandamento che invita a santificare le feste.<br />

<br />

‘U lettu faci ddùi cosi se no dormi ti riposi.<br />

Il letto fa due cose se non dormi riposi.<br />

Il letto è <strong>il</strong> giaciglio destinato al sonno e al riposo, pertanto una volta coricati ed<br />

aver assunto una posizione comoda, se non si ha voglia di dormire si possono<br />

tranqu<strong>il</strong>lamente recuperare le forze e smaltire la fatiche giornaliere riposandosi.<br />

<br />

‘U lupu cangia ‘u p<strong>il</strong>u, ma no ‘u viziu.<br />

Il lupo cambia <strong>il</strong> pelo, ma non <strong>il</strong> vizio.<br />

Chi è pervicace in una cattiva abitudine diffic<strong>il</strong>mente riesce a togliersela, non<br />

ascolta i consigli e i rimproveri degli altri, è un pò come <strong>il</strong> lupo che non può<br />

124


sopprimere l’abitudine di assalire le greggi, pur essendo maltrattato e cacciato<br />

ogni qualvolta si avvicini.<br />

<br />

‘U mangiari e ‘u ‘mbiviri ti sana, ‘u troppu fatigari t’abbanduna.<br />

Il mangiare e <strong>il</strong> bere ti curano, <strong>il</strong> troppo lavoro ti ammala.<br />

Il mangiare e <strong>il</strong> bere fanno godere l’uomo di un’ottima salute, <strong>il</strong> troppo lavoro<br />

fa perdere le forze, rendendo una persona stanca e priva di energia.<br />

<br />

‘U mangiari eni di regiuni, cu’ no mangia ‘mpalisi mangia ammucciuni.<br />

Il mangiare è di ragione, chi non mangia palesemente mangia di nascosto.<br />

Il mangiare costituisce per la sopravvivenza dell’uomo un bisogno di<br />

prima necessità, pertanto chi cerca di persuadere gli altri, con atteggiamenti<br />

e parole, a non mangiare niente è un bugiardo, perché se non si nutre<br />

pubblicamente lo farà sicuramente di nascosto.<br />

<br />

‘U marinaru pigghja pisci e jestima.<br />

Il marinaio pesca pesci e impreca.<br />

Detto che indica una persona che guadagna bene, ma per non essere colpito dal<br />

malocchio da parte di persone invidiose, cerca di nascondere la propria condizione<br />

economica lamentandosi.<br />

‘U massaru eni patruni da ricotta.<br />

Il pastore è padrone della ricotta.<br />

<br />

Vedi proverbio “Cu’ sulu sulu si guarda ‘i vacchi, sulu sulu si ‘mbivi ‘u latti”.<br />

<br />

‘U mastru pignataru menti ‘u manicu aùndi voli.<br />

Il mastro pignattaio mette <strong>il</strong> manico dove vuole.<br />

Il pignattaio è un artigiano che costruisce recipienti di terracotta usati per cuocere<br />

vivande. Lo stesso nel costruire le pignatte, decide da quale lato attaccare<br />

<strong>il</strong> manico. Questo proverbio riconduce a quelle persone molto loquaci che con<br />

molte parole riescono ad avere sempre ragione.<br />

125


‘U medicu no ordina lavuru, ordina riposu.<br />

Il dottore non ordina lavoro, ordina riposo.<br />

L’uomo che non intende lavorare è propenso ad inventarsi, operando di pura<br />

fantasia qualsiasi scusa, anche quella di asserire che <strong>il</strong> lavoro fa male alla salute<br />

e che non si è mai visto in un precetto medico comparire <strong>il</strong> lavoro.In poche<br />

parole questo è <strong>il</strong> motto dei vagabondi.<br />

<br />

‘U medicu pietusu faci ‘a caja verminusa.<br />

Il medico pietoso fa diventare la piaga con i vermi.<br />

Il medico per la professione che esercita non può permettersi d’impietosirsi di fronte<br />

al dolore provocato dalla malattia, in alcuni casi, se occorre deve aver <strong>il</strong> coraggio<br />

di tagliar corto e di usar rimedi drastici, altrimenti rischia che <strong>il</strong> male avanzi.<br />

<br />

‘U paisi eni du paisanu.<br />

Il paese è del paesano.<br />

Ogni paese è caratteristico per le sue tradizioni e le sue abitudini, <strong>il</strong> paesano<br />

essendo del luogo spontaneamente le acquisisce, facendole proprie e comportandosi<br />

di conseguenza, per questo si dice che è compito delle persone che vi<br />

abitano salvaguardarlo e valorizzarlo.<br />

<br />

‘U pani chi no eni ‘u toi dassalu stari.<br />

Il pane che non è tuo lascialo stare.<br />

Questo proverbio è di chiaro significato, è un invito, e nello stesso tempo un<br />

ammonimento, a rispettare e soprattutto a non rubare la roba appartenente ad altri.<br />

<br />

‘U piaciri du ciùcciu eni ‘a gramigna.<br />

Il piacere dell’asino è la gramigna.<br />

La gramigna è una pianta dai fusti terminanti in sott<strong>il</strong>i spighe, si propaga largamente<br />

e per questo nuoce ai campi coltivati, ed è però un buon nutrimento<br />

per <strong>il</strong> bestiame specialmente per gli asini che ne sono ghiotti. In senso figurato<br />

l’asino è l’uomo che lavora e la gramigna rappresenta i soldi.<br />

<br />

‘U pocu ranu su mangianu l’acedi.<br />

Il poco grano se lo mangiano gli uccelli.<br />

Sovente <strong>il</strong> contadino, quando <strong>il</strong> campo di grano non cresce rigoglioso, non<br />

miete e lascia lo scarno raccolto in mano agli stormi d’uccelli. L’amara metafora<br />

è qua rivolta alle famiglie in cui regna la scarsità, e per tal ragione i figli<br />

mangeranno poco e non si vedranno mai sazi.<br />

126


‘U poveru mu nci duna o riccu ‘u diavulu si scippa.<br />

Se <strong>il</strong> povero dona al ricco <strong>il</strong> diavolo si dispera.<br />

Solitamente l’uomo povero, anche se non abbiente è dotato di un cuore<br />

grande, è una persona magnanima e assai generosa, anche nei confronti di chi vive<br />

in condizioni agiate come l’uomo ricco. Questa situazione assurda, contraria persino<br />

ai maligni principi, porta <strong>il</strong> diavolo alla disperazione.<br />

<br />

‘U primu d’Apr<strong>il</strong>i ment<strong>il</strong>u ‘n caddu e no lu diri.<br />

Il primo di Apr<strong>il</strong>e mett<strong>il</strong>o in caldo e non lo dire.<br />

Questo proverbio è legato alla coltivazione del gelso ed all’allevamento del<br />

baco da seta un tempo molto diffusi ad <strong>Anoia</strong> 87 . «Nell’entrare dell’Apr<strong>il</strong>e quando<br />

le gemme dei gelsi sono per sbocciare, le donne mettono in caldo come<br />

dicono, le uova del baco da seta. Per far ciò, queste, contenute e conservate in<br />

pezzuolina di tela di lino e poi avvolte in altra di lana, si mettono in stanza in<br />

cui è una braciera con brace, regolandone <strong>il</strong> calore con la prudenza. La notte si<br />

passa l’involto suddetto sotto le coltrici del letto dove si dorme. A capo di cinque<br />

o sei giorni incomincia a uscire <strong>il</strong> baco (norrimi, n.d.a.)» 88 .<br />

<br />

‘U previti senza sordi missa no ‘ndi canta.<br />

Il prete senza soldi non canta messa.<br />

In determinate occasioni quali matrimonio, battesimo, <strong>il</strong> prete celebra la messa<br />

rinnovando <strong>il</strong> sacrificio di Cristo, ma perché alcuni momenti della celebrazione<br />

siano allietati con canti è necessario che venga pagato anche <strong>il</strong> coro; con<br />

riferimento a questo fatto, quando non si vuole prestare un servizio gratuitamente<br />

si dice che <strong>il</strong> prete se non viene pagato non fa cantare la messa.<br />

<br />

‘U Santu prima ricivi e poi disponi.<br />

Il Santo prima riceve e poi dispone.<br />

Questo proverbio si riferisce alla categoria di persone che se non ricevono<br />

anticipatamente un compenso, non portano a compimento l’opera o <strong>il</strong><br />

favore a loro chiesto.<br />

87 Giuseppe Antonio Pasquale, Relazione..., op. cit., pag. 252. «In Mammola nei giardini, sovente vanno a morire<br />

dei grandissimi gelsi. Così nel latifondo del Marchese Avati in <strong>Anoia</strong>. Mentre osservate i gelsi impalcati della<br />

Piana, di figura globosa, carichi di foglia rigogliosa e forte: per tutti gli orti di Galatro, Maropati, Feroleto,<br />

Cittanuova, <strong>Anoia</strong>, Cinquefrondi, Polistina, i gelsi ivi non invecchiano mai, quantunque non diano mai più di<br />

uno a due cantaia».<br />

88 Giuseppe Antonio Pasquale, Relazione..., op. cit., pag. 94.<br />

127


‘U saziu no canusci ‘u diunu.<br />

Il sazio non conosce <strong>il</strong> digiuno.<br />

Detto che indica una persona che vive in condizioni agiate, <strong>il</strong> quale non crede<br />

alla realtà del povero che vive di stenti e privazioni.<br />

<br />

‘U Signuri nciuna pani a’ cu’ no ‘ndavi denti.<br />

Iddio dà pane a chi è senza denti.<br />

A chi avrebbe la possib<strong>il</strong>ità di fare, manca la voglia, mentre a chi vorrebbe fare,<br />

manca la possib<strong>il</strong>ità. Il Signore dà beni a chi è impossib<strong>il</strong>itato o incapace di<br />

goderne, oppure non ne è meritevole.<br />

<br />

‘U Signuri mu t’aiuta, cu na mani mina e cu natra ti teni.<br />

Il Signore ti possa aiutare, con una mano ti picchia e con un’altra ti sorregge.<br />

È meglio ricevere un’educazione ferrea, dura, forte e ferma. Dapprima all’occhio<br />

del ricevente risulterà diffic<strong>il</strong>e da accettare, ma poi, col tempo, vedendone<br />

i vantaggi, ciò verrà apprezzata come un ottimo insegnamento alla vita.<br />

<br />

‘U suli si ‘ndi jiu domani torna, se mi ‘ndi vajiu jeu no tornu cchjù.<br />

Il sole è tramontato domani torna, se me ne vado io non torno più.<br />

Detto che indica in maniera profonda l’intramontab<strong>il</strong>e differenza tra <strong>il</strong> sole e la<br />

vita. Il sole anche se tramonta l’indomani risorgerà, l’uomo quando cessa di<br />

vivere non può più ritornare in vita.<br />

<br />

‘U tempu passa e ‘a morti s’avvicina.<br />

Il tempo passa e la morte s’avvicina.<br />

Col passare del tempo anche gli anni avanzano rapidamente, ci si ritrova ad<br />

un’età attempata, le forze diminuiscono e si è sempre più prossimi alla morte.<br />

<br />

Va avanzi e arretu comu ‘a navetta da t<strong>il</strong>a stritta.<br />

Va avanti e indietro come la navetta della tela stretta (del telaio).<br />

128<br />

La navetta è uno strumento del telaio, che contiene la spola, quest’ultima è un<br />

piccolo arnese su cui si avvolgono i f<strong>il</strong>ati che vengono inf<strong>il</strong>ati nella navetta per<br />

formare la trama. La tessitura si realizza spostando manualmente la navetta da<br />

un margine all’altro del telaio. In senso traslato, questo movimento della navetta<br />

indica l’andare e venire più volte da un luogo ad un altro, senza sosta.


(Dipinto di Pasquale D’Angeli)<br />

Anni e biccheri ‘i vinu<br />

no si cuntanu mai<br />

129


Va cacati a’ l’urmu 89.<br />

Va a cacare a l’urmu.<br />

130<br />

Detto che indica una persona che l’ha sparata davvero grossa.<br />

<br />

Va camina ca ti caddianu i pedi.<br />

Vai a camminare che ti riscaldano i piedi.<br />

Vedi proverbio «Va zappa ca ti paganu».<br />

Va rruppiti ‘u culu a’ casa d’affittu.<br />

Vai a romperti <strong>il</strong> sedere a casa d’affitto.<br />

<br />

Detto che indica una frase detta in circostanze di nervosismo, dal significato<br />

volgare uguale al mandare a quel paese.<br />

<br />

Va trovandu l’erba du sperracavadu 90 .<br />

Va in cerca del convolvolo.<br />

L’espressione è usata a segnalare chi cerca m<strong>il</strong>le scuse per non compiere un<br />

lavoro o per chi vuol attaccare brighe ad ogni costo.<br />

Va zappa ca ti paganu.<br />

Vai a zappare che ti pagano.<br />

<br />

Detto che indica in senso figurato <strong>il</strong> mandare a quel paese una persona.<br />

<br />

Vali cchjù ‘n’amicu ‘n chiazza ca centu carrini ‘n tasca.<br />

Vale di più un amico in piazza che cento carlini in tasca.<br />

L’amicizia è un legame affettuoso tra due o più persone, nato dalla consuetudine<br />

e dall’affinità di sentimento tenuto saldo da una reciproca stima e considerazione.<br />

Un vero amico corre sempre in aiuto e all’occorrenza è sempre presente, l’amicizia<br />

ha un valore inestimab<strong>il</strong>e, meglio essere ricco di amici che ricco di soldi.<br />

89 Zona situata nei pressi della v<strong>il</strong>la comunale di <strong>Anoia</strong>, un tempo luogo di cloaca a cielo aperto.<br />

90 Pianta erbacea rampicante delle convolvulacee, con fiori a campanella leggermente profumati.


Vali cchjù ‘na brunetta sapurita ca no ‘na jànca cu rrobbi e dinari, pe’<br />

‘a brunetta azzippu ‘a vita ma pe’ ‘na jànca no passu u’ mari. Ma se ‘na<br />

jànca no ‘ndavi n’occhju eni sempi bella e sapurita.<br />

Vale di più una brunetta saporita di una chiara con vestiti e soldi, per la brunetta<br />

spendo la vita ma per una chiara non passo <strong>il</strong> mare. Ma se una chiara non ha un<br />

occhio è sempre bella e saporita.<br />

I matrimoni di un tempo rare volte non erano combinati e sovente non era <strong>il</strong><br />

sentimento a far “cadere la scelta” su una ragazza povera o ricca, ma i propri<br />

genitori. Chi godeva di massima libertà di scelta cercava di trovare delle argomentazioni<br />

logicamente strutturate, con le quali tentava di convincere se stesso<br />

della convenienza della propria preferenza. La donna bruna è una ragazza<br />

che viene imbrunita dai raggi solari poiché lavora, la donna bianca o chiara è<br />

una ragazza che, spesso, trascorre le proprie giornate chiusa in casa. La giovane<br />

bruna garantisce la passione, la giovane chiara, nob<strong>il</strong>e, garantisce un futuro<br />

prospero. La scelta, dopo approfondite valutazioni, ricadrà sulla nob<strong>il</strong><br />

donna, anche se come dote oltre a beni materiali in misura superiore al<br />

necessario porta anche qualche difetto fisico.<br />

<br />

Veni cani di munti, mu caccia cani di frunti.<br />

Viene un cane dal monte, per spodestare un cane di versante.<br />

Ospitare una persona venuta da lontano sovente comporta disguidi. Il<br />

padrone di casa accoglie in maniera benevola e cortese, con garbo e premure<br />

l’ospite, <strong>il</strong> quale dimenticando in fretta di essere in casa altrui, adotta<br />

comportamenti atti al comando suscitando sdegno nel padrone che vede<br />

altri dettare legge in casa propria.<br />

<br />

Vertula e bacchetta cu’ ‘a pigghja no la jetta.<br />

Chi prende bisaccia e bastone non li lascerà (mai).<br />

La bisaccia è un tipo di sacco, con due grosse tasche unite insieme da cinghie, per<br />

essere portato a contrappeso in spalla. Un tempo era usata dai viandanti per trasportare<br />

cose, pertanto preda molto appetib<strong>il</strong>e per i ladri. La bacchetta è una verga<br />

di legno usata da persone con problemi motori. Allegoricamente l’uomo che<br />

incarna un vizio è diffic<strong>il</strong>e che se lo tolga, pertanto chi è abituato a vivere rubando,<br />

continuerà a rubare almeno fin quando non incorrerà in cattivi incontri e chi a<br />

camminare con la bacchetta la lascerà solo al momento della pace eterna.<br />

131


Vestiti zumpuni ca pari ‘nu baruni.<br />

Vestiti v<strong>il</strong>lano e sembrerai un barone.<br />

Chi abita in campagna e coltiva la terra per sopravvivere, indossa, di solito,<br />

abiti da lavoro. Nel momento che lo s’incontra con vestiti lussuosi e di una<br />

certa finezza, si ha l’impressione d’imbattersi in un’altra persona.<br />

L’abbigliamento contribuisce a cambiare l’aspetto ed a destare buona impressione<br />

in chi guarda.<br />

<br />

Vicini mei, specchiali mei.<br />

Vicini miei, specchio mio.<br />

132<br />

I vicini sono persone affini e somiglianti nei gusti e nel carattere, nell’usanze e<br />

nell’abitudini a noi, pertanto sono degni della massima fiducia.<br />

Vizi e arti no si perdinu mai.<br />

Vizi e mestieri non si perdono mai.<br />

<br />

Il vizio è una cattiva abitudine, mentre l’arte è <strong>il</strong> mestiere che si acquisisce<br />

col tempo. L’uno e l’altra sono accomunati dal fatto che fanno parte<br />

dell’essere di una persona, pertanto non si dimenticano mai, infatti <strong>il</strong><br />

vizio, anche se tolto, in diverse circostanze si può riprendere; <strong>il</strong> mestiere<br />

anche se non esercitato, all’occorrenza può essere praticato.<br />

<br />

Zu monacu pecchì fujiti? Ognunu sapi i fatti soi.<br />

Zio monaco perché correte? Ognuno sa i fatti suoi.<br />

Ognuno sa quali sono i propri problemi e i tempi che ha a disposizione, pertanto<br />

per risolverli si assumono a volte atteggiamenti non comprensib<strong>il</strong>i agli<br />

occhi degli altri, ma giustificati da esigenze personali.<br />

χiuri e no liga.<br />

Fiorisce però non frutta.<br />

<br />

Immagine metaforica per indicare una persona all’apparenza sempre disponib<strong>il</strong>e,<br />

che promette ma non mantiene mai.


APPENDICE<br />

<br />

133


134


Proverbi e canti di <strong>Anoia</strong> di fine ottocento 91<br />

Lu gabbu cogghî e la jastima no.<br />

<br />

Matrimonj ‘ntra stritti parenti<br />

o longhi guai o curti turmenti.<br />

<br />

Cchiù Atu è lu munti, cchiù carrica di nivi.<br />

<br />

Lu ‘ranu se no lu sìmini non nasci,<br />

l’omu no ‘mpara mai se non patisci.<br />

91 Questi proverbi e questi canti sono stati raccolti nell’anno 1894 in occasione dell’onomastico del Dott. Paolo<br />

Giorgi Preside-Rettore del R. Liceo-Ginnasio e Convitto Nazionale “Tommaso Campanella” di Reggio Calabria,<br />

e sono stati pubblicati in Fiori Sevatici: Poesie popolari calabresi, Siena 1894, rist. anastatica Arnaldo Forni<br />

Editore, Sala Bolognese 1977.<br />

135


136<br />

Vinni mu cantu e no ppigghiai licenza,<br />

scusatimi la mia malacrianza;<br />

si mi diciti “SI” sta vucca canta,<br />

se mi diciti “NO” sto all’obbedenza…<br />

<br />

Guarda aqu<strong>il</strong>a chi nc’è ‘ntra stu paisi<br />

chi ‘ntra lu Regno no nc’ eni l’eguali;<br />

e si ndi jiru principi e marchisi<br />

a st’aqu<strong>il</strong>a non pottaru parlari;<br />

passa nu giuvanottu calabrisi,<br />

cu lu so’ cantu la fici calari,<br />

senza mu paga nessunu tornisi<br />

l’aqu<strong>il</strong>a nci catti ‘ntra li mani.<br />

<br />

Jeu sugnu chirh’ amanti ch’era mortu,<br />

comu Lazzaru ‘m bita ritornai;<br />

jeu sugnu chiru gigghiu ch’era all’ortu,<br />

vivu su’ sempi e non siccarò mai;<br />

jeu caminavi mari, terra e portu,<br />

lu cori di l’amici scandagghiai;<br />

‘mpundau la navi e mi voliva mortu,<br />

minau lu ventu a lu portu picchiai.


Tuttu lu beni meu l’ eppi a la fascia<br />

quand’era piccirirhu e non sapia:<br />

cu’ mi pigghiava a cui mi tenia ‘m brazza,<br />

cu’ mi dicia: Te minna, gioja mia.<br />

Mo chi su’ grandi ognunu si nd’ arrassa,<br />

pari ca levu lu focu cu mmia…<br />

O mamma, mamma, tornami a la fascia,<br />

mu nd’ àju li carizzi chi nd’ avia.<br />

<br />

Lu riccu è riccu, ca riccu fu natu,<br />

lu povaru è parenti di lu lignu;<br />

lu riccu fu a li nozzi cumbitatu,<br />

lu povaru non jiu ca non fu dignu;<br />

lu riccu se à di dar non è cercatu,<br />

lu povaru a la curti è cu lu pugnu;<br />

lu riccu sia a lu ‘mpernu cundannatu,<br />

lu povaru a lu ‘mpernu ed a lu limbu.<br />

137


138


Bibliografia<br />

ATTILIO PICCOLO, Detti e Proverbi Calabresi come espressione culturali,<br />

Barbaro Editore, Oppido Mamertina 1982.<br />

C. ASCIUTI - S. BUSCO - D. GALLO, Dizionario dei sinonimi e dei contrari,<br />

F.lli Melita Editori, La Spezia 1995.<br />

M. G. BACCI, Dizionario della lingua italiana, F.lli Melita Editori,<br />

La Spezia 1989.<br />

BIBLIOTHECA SANCTORUM, III Edizione, Vol. I, Città Nuova Ed., 1991.<br />

LUIGI CASTIGLIONI - SCEVOLA MARIOTTI, IL Vocabolario della<br />

Lingua Latina, Loescher Editore, M<strong>il</strong>ano 1990.<br />

Dizionario Sandron della lingua italiana, Istituto Geografico De Agostini,<br />

Novara 1980.<br />

ETTORE GLIOZZI, Il parlare calabrese e l’italiano, Società Editrice<br />

Internazionale, Torino 1923, ristampa anastatica a cura di Franco Pancallo<br />

Editore, Locri 2002.<br />

Fiori Selvatici : Poesie popolari calabresi, Siena 1894, rist. anastatica<br />

Arnaldo Forni Editore, Sala Bolognese 1977.<br />

FRANCESCO LARUFFA, Dizionario Calabrese Italiano, Adnkronos Libri,<br />

Roma, 1986.<br />

GIOVAN BATTISTA MARZANO, Dizionario Etimologico del Dialetto<br />

Calabrese, Arnaldo Forni Editore, ristampa anastatica dell’edizione di<br />

Laureana di Borrello, 1928.<br />

139


GIUSEPPE ANTONIO PASQUALE, Relazione sullo stato fisico-economico-agrario<br />

della Prima Calabria Ulteriore, Tipografia nel R. Albergo de’<br />

poveri, Napoli 1863, rist. anastatica Franco Pancallo Editore, Locri 2002.<br />

GERHARD ROHLFS, Dizionario toponomastico e onomastico della<br />

Calabria, Longo Editore, Ravenna 1974.<br />

GERHARD ROHLFS, Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria, Longo<br />

Editore, Ravenna 1982.<br />

La Sacra Bibbia, Edizione ufficiale della CEI, Edizioni Paoline, Roma 1980.<br />

140


Indice<br />

Sigle ed Abbreviazioni . . . . . . Pag. 6<br />

Prefazione . . . . . . . . » 7<br />

Note dell’autore . . . . . . . » 11<br />

Proverbi . . . . . . . . . » 17<br />

Appendice:<br />

Proverbi e canti di <strong>Anoia</strong> di fine Ottocento . . » 135<br />

Bibliografia . . . . . . . . » 139<br />

141


Finito di stampare<br />

nel mese di Apr<strong>il</strong>e 2006 in Polistena<br />

presso le Arti Poligrafiche Varamo s.r.l.

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