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Borbona e il suo patrimonio artistico - Comune di Borbona

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Due <strong>di</strong>pinti secenteschi <strong>di</strong> grande qualità sono arrivati a <strong>Borbona</strong> da fuori: L’Ecce Homo conservato<br />

in S. Giuseppe (foto 8, sn), un quadro arrivato a L’Aqu<strong>il</strong>a e poi trasferito a <strong>Borbona</strong> nella cappella<br />

della famiglia Lopez, non è affatto una semplice copia del <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Ludovico o Agostino Carracci<br />

del 1586-87c. nella Galleria <strong>di</strong> Palazzo Durazzo Pallavicini, a Genova (fig.8, ds): è un <strong>di</strong>pinto<br />

splen<strong>di</strong>do, autentico, una copia <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o eseguita con grande intensità e con una profonda<br />

comprensione dell’originale carraccesco, un <strong>di</strong>pinto che potrebbe anche essere <strong>il</strong> lavoro <strong>di</strong> uno dei<br />

pittori più interessanti della maniera <strong>di</strong> Ludovico come Cam<strong>il</strong>lo Gavassetti (Modena,1596-1630)<br />

che ha <strong>di</strong>pinto un S. Andrea portato al martirio (Piacenza) nel quale sembra rivivere in parte<br />

l’atmosfera dell’Ecce Homo (7). Questa e<strong>di</strong>zione del <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Genova conserva con grande<br />

freschezza <strong>il</strong> ricordo del Moretto (+ 1554) nell’intarsio centrale del Cristo desunto dal Cristo alla<br />

colonna <strong>di</strong> Capo<strong>di</strong>monte, la leggerezza e la luminosità neoveneta con cui è realizzata la figura <strong>di</strong><br />

sinistra, <strong>il</strong> lirismo veronesiano con cui è realizzata la testa del Cristo contro <strong>il</strong> cielo rorido.<br />

Particolarmente interessante poi è la Crocefissione dell’altare maggiore della Parrocchiale (fig. 9,<br />

sn), un’opera che è stata finora assolutamente trascurata perché <strong>di</strong> non fac<strong>il</strong>e collocazione st<strong>il</strong>istica.<br />

Il tema paleocristiano del Cristo do<strong>di</strong>cenne in croce impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> pensare ad una data che superi la<br />

prima metà del Seicento, epoca <strong>di</strong> revival dell’antichità cristiana; questa figura <strong>di</strong> adolescente<br />

proviene dalla scultura cristiana del giovane Cristo docente nel Tempio (8).<br />

Il pittore che ha <strong>di</strong>pinto questa lirica Crocefissione può avere una sola matrice culturale, lo <strong>di</strong>cono<br />

esplicitamente gli elementi formali del <strong>di</strong>pinto: la figura femmin<strong>il</strong>e, delicatamente compressa in sé<br />

stessa e avvolta in un bozzolo <strong>di</strong> sott<strong>il</strong>i, melanconici toni grigi e violacei, è in acuto contrasto con la<br />

volumetria animata e scomposta della figura masch<strong>il</strong>e che è scossa invece dall’impasto acido del<br />

rosso e del verde. Il Cristo fanciullo al centro si decanta in una tessitura tenerissima <strong>di</strong> toni, <strong>di</strong><br />

velature, all’interno <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno stremato e smaterializzato. La visione dal basso spinge<br />

impercettib<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> gruppo contro lo schermo del tramonto <strong>di</strong>stante.<br />

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