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www.xos.<strong>it</strong> : 2003 ©© Osvaldo Duilio Rossi : ZANNE : 1<br />
Non eri felice?<br />
No: soltanto allegra.<br />
Henrik Ibsen – Casa di bambola<br />
OSVALDO DUILIO ROSSI<br />
<strong>Zanne</strong>
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1<br />
Rimase lì, fermo nella notte d’agosto e – No – rispose dopo che il vec-<br />
chio gli aveva chiesto: – Avresti mai creduto che potesse succedere?<br />
E poi, sempre il vecchio, continuò con la storia del suo amico morto e di<br />
come era morto, il suo amico e collega e prima ancora precettore. Continuò<br />
dicendo di come era successo in una lunga giornata di estate: – Doveva es-<br />
sere intorno a questo periodo, ma di parecchi anni fa, almeno venti, venti-<br />
quattro forse. Lo ricordo come fosse adesso, anche se accadde che era gior-<br />
no invece che notte, in quel letto che ti ho detto, il letto matrimoniale… non<br />
se lo sarebbe mai aspettato, dopo tutto quel tempo, di morire dentro un letto<br />
matrimoniale. Era convinto che essendo nato e vissuto in un letto singolo ci<br />
sarebbe anche dovuto morire, magari in quello di un altro ospedale. È stata<br />
parecchio dura e lunga, durata più di un giorno ed una notte interi e poi tutta<br />
la mattina seguente, la sua agonia. Te l’ho detto, ti ho detto cosa aveva…<br />
venne fuori all’improvviso… be’, all’improvviso no, se potevamo aspettarci<br />
qualcosa, un tumore era una di quelle cose. Non si sarebbe potuto cavare<br />
fuori nient’altro da quel cancro di v<strong>it</strong>a che aveva passato, come ti ho già det-<br />
to. Perché è stata piuttosto un cancro che una v<strong>it</strong>a, per quanto benigna potes-<br />
se apparire. Eppure, nascosto in profond<strong>it</strong>à, sotto sotto c’era il male, e non<br />
lo si sarebbe detto a guardare così di sfugg<strong>it</strong>a. No, non ci avresti potuto cre-<br />
dere che quell’uomo soffriva, se lo avessi incontrato qualche mese prima.<br />
Un medico rinomato, docente univers<strong>it</strong>ario, ricco, distinto, ancora un bel-<br />
l’uomo (perché sì, bisogna dirlo, era addir<strong>it</strong>tura un bell’uomo), con una mo-
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glie bella e più giovane di lui di quarant’anni. Non avresti mai potuto pensa-<br />
re che soffrisse o che potesse soffrire o che avesse sofferto, e se lo avessi sa-<br />
puto non ci avresti creduto oppure lo avresti odiato e lo avresti anche male-<br />
detto, perché avresti potuto pensare che era un imbecille… e forse, chissà,<br />
magari è stata qualcuna di quelle maledizioni… Ma no, sappiamo perché è<br />
successo. Lo sai anche tu adesso. E sai anche di come lui non abbia fatto<br />
niente per tentare di salvarsi e di come non abbia ag<strong>it</strong>o in alcun modo nean-<br />
che per tentare di ottenere almeno giustizia o vendetta, neanche per veder<br />
applicare la giusta punizione o assicurarsi che una punizione fosse infl<strong>it</strong>ta a<br />
chi ne portava la colpa, nel caso in cui non fosse riusc<strong>it</strong>o a sopravvivere fino<br />
a quel momento, come effettivamente è stato. E sai anche del tempo che c’è<br />
voluto perché tutto questo accadesse, e sai anche, ormai, di quanto sia im-<br />
portante il tempo, tutti gli anni passati prima che la bomba esplodesse; per-<br />
ché, prima del tumore, è esplosa quella bomba di cui ora sai, non dimenti-<br />
carlo. E sai anche di quanto poco gli importasse, alla fine, della pena o della<br />
colpa, delle responsabil<strong>it</strong>à o delle negligenze; sai di quanto poco si interes-<br />
sasse, ormai in punto di morte, e forse è normale, della punizione o della<br />
vendetta, della giustizia, e anche della ver<strong>it</strong>à. Quanto piuttosto era interessa-<br />
to a ricordare come erano andate bene le cose in quel breve periodo in cui<br />
erano andate bene, o quando sembravano essere andate bene. E non gli inte-<br />
ressava più neanche delle sciocchezze e delle mancanze che aveva fatto,<br />
neanche delle brutte figure, nemmeno di tutti gli errori grandi e piccoli che<br />
aveva commesso, nemmeno del male che poteva aver provocato e neppure<br />
dei desideri che non era riusc<strong>it</strong>o ad appagare. Anche questo sai adesso. E lui<br />
lì, mentre moriva con me a fianco, in quel letto che ora sai e che potresti ri-<br />
conoscere se un giorno ti cap<strong>it</strong>asse di vederlo. Lui lì, mentre moriva, e che
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non pensava a chiedere giustizia e neanche voleva avere a disposizione<br />
quella persona per punirla o perdonarla, non voleva nient’altro che ricordare<br />
quello di bello che c’era stato o che sembrava esserci stato. E fu con me che<br />
dovette farlo perché solamente io c’ero al suo capezzale, in quel letto che<br />
sai, quando morì durante quei due giorni. Perché morì lentamente, ci mise il<br />
suo tempo a farlo e ci mise parecchio proprio perché si stava ostinando a ri-<br />
cordare e aveva deciso che non sarebbe morto finché non fosse arrivato a ri-<br />
cordare fino all’istante precedente alla rovina, quando iniziò a cadere… Sì,<br />
perché prima di morire e prima di iniziare a ricordare me lo disse, prima che<br />
il male esplodesse in lui, e forse se lo sentiva che sarebbe accaduto. Ma, co-<br />
munque, quando si accorse che era tornato indietro nel tempo nel battere<br />
d’un ciglio, dall’oggi al domani, anzi dall’oggi allo ieri, quando si rese con-<br />
to che tutto era tornato come prima che lui fosse felice, tutto come prima di<br />
quel breve periodo di gioia o di qualunque cosa sembrasse gioia, e mi disse:<br />
“Sto cadendo. Sto cadendo. Dio mio, sto cadendo. Ci siamo arrivati in un<br />
modo o nell’altro. Ci sono arrivato. Sarà stata l’attesa, saranno stati gli<br />
anni… Cielo, più ci ripenso, più guardo indietro e più mi sembra assurdo”.<br />
Lo ammetteva anche lui, lo sapeva già di proprio conto che non era così che<br />
sarebbe dovuta andare. “Sembra che a dirlo non ci si possa credere. Anni di<br />
tutto questo ancora non fin<strong>it</strong>i, anni di sol<strong>it</strong>udine e d’illusione”. Pensa a come<br />
doveva sentirsi, come doveva aver trasportato il suo tempo attraverso quella<br />
v<strong>it</strong>a che aveva passata ogni giorno uguale al precedente, ogni giornata distil-<br />
lata nella stessa illusione e con le stesse speranze appostate dietro ogni an-<br />
golo di strada e dell’animo, sempre le stesse fantasie continuamente in cir-<br />
colazione, incessanti, sempre solo se stesso con cui parlare, finché non cam-<br />
biarono le cose e poi cambiarono di nuovo per farlo tornare indietro. “Anni
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che, se fossero terminati anni prima, non sarebbe cambiato nulla ed anzi l’a-<br />
gonia sarebbe stata più breve. Perché adesso io non posso fare a meno di<br />
guardarlo, guardare il passato e dietro ancora, e vedere cosa? Guardarmi in-<br />
dietro per vedere cosa? Non posso fare a meno di guardarlo e piangerlo”.<br />
Disse proprio così, con queste sue parole, e lo disse a me, prima di scoprire<br />
il tumore, quando la bomba era già esplosa e lui iniziava solo allora a sentir-<br />
ne il boato. E poi avrebbe sent<strong>it</strong>o invece lo schianto della propria caduta.<br />
Perché stava cadendo, cadeva e lo faceva ad una veloc<strong>it</strong>à bizzarra, cadeva<br />
indietro come un povero disgraziato che, appena arrivato in cima alla mon-<br />
tagna che ha scalato, appena messa la mano sulla punta del monte ed il pie-<br />
de sull’ultima pietra, venga spinto via, spinto giù per sfregio. Perché era sta-<br />
to uno sfregio trattarlo in quel modo. Sarebbe potuto uscirne in maniera<br />
meno dolorosa, e invece no, venne trattato in quella maniera orrenda, come<br />
tu ormai sai. Ma non è questo il punto.<br />
Il ragazzo annuì e guardò dentro, attraverso la finestra della terrazza,<br />
verso il padre che stava bevendo qualcosa insieme a qualcuno ed anche in-<br />
sieme a sua moglie (quella del ragazzo) e, per quanto le volesse bene (a sua<br />
moglie), anche lei sparì come sparirono gli altri ed egli non ebbe occhi che<br />
per il gen<strong>it</strong>ore: sorridente, il bicchiere nella mano, lo stile nel portare il ve-<br />
st<strong>it</strong>o, i modi cortesi e quel fascino che doveva eserc<strong>it</strong>are sulle donne e che,<br />
adesso lo sapeva, doveva essere riusc<strong>it</strong>o ad eserc<strong>it</strong>are almeno su di una. E il<br />
vecchio continuava a parlargli di come era morto il protagonista della storia<br />
che gli aveva raccontato per tutta la sera, lì su quella terrazza bevendo ver-<br />
mouth, e che adesso stava giungendo alla conclusione, il finale drammatico<br />
che forse il vecchio stava gonfiando come forse aveva gonfiato tutto il resto.<br />
– Ed io ero lì con lui mentre finiva di ricordare quel periodo che lui conside-
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rava l’unico periodo felice della propria v<strong>it</strong>a, per quanto chiunque non lo co-<br />
noscesse potrebbe dire che tutta la sua v<strong>it</strong>a era stata felice, ma così non era.<br />
Non era stato felice, nonostante il ruolo, nonostante le cose ed il denaro…<br />
adesso lo sai, adesso anche tu, come me, sai perché non fu felice fino a quel<br />
giorno in cui, sette anni prima di morire, conobbe per la prima volta l’unica<br />
cosa che mancava nella sua v<strong>it</strong>a, l’unica che gli era mancata fino ad allora. E<br />
poi ci furono quei sette anni dei quali ti ho detto e dei quali mi stava raccon-<br />
tando prima di morire… perché morì lì, insieme a me, mentre io ascoltavo<br />
in silenzio come tu stai facendo adesso, mentre cercavo di capire perché non<br />
avesse cercato vendetta, mentre mi sforzavo di lenire in qualche modo il suo<br />
dolore semplicemente ascoltando… perché soffriva nel corpo, un tumore<br />
che lo aveva mangiato in meno di tre mesi, e perché aveva sempre sofferto<br />
attraverso lo spir<strong>it</strong>o, e poi quei sette anni di morfina (perché quella che lui<br />
chiamava gioia era solo un’attenuazione del dolore, era solo un palliativo,<br />
non era felic<strong>it</strong>à, era solo qualcosa che gli impedì per un po’ di sentire i morsi<br />
che lo avevano straziato per oltre cinquant’anni, era solo una piccola dose di<br />
morfina) gli fecero credere di essere felice, finché l’effetto non svanì e il do-<br />
lore tornò e tornò insieme al tumore che lo terminò di mangiare… perché se<br />
i morsi che aveva subìto fin’ora erano solo dell’animo, allora furono quelli<br />
del tumore a divorargli anche la carne… e non se ne meravigliò ed oggi non<br />
me ne meraviglio neanche io, seppure allora mi era sembrato atroce, ma<br />
oggi riconosco che un senso c’era in quello che accadde perché era giusto<br />
che finisse così, perché non sarebbe potuto finire in maniera differente – in-<br />
sisteva il vecchio; il suo capo chino, le sue mani in mano, poco interessato<br />
alla narrazione, si sarebbe detto, come se raccontare la cosa non fosse un<br />
piacere o un bisogno che sentiva di appagare, ma un dovere da compiere. E
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continuò a dire di come stava morendo il suo amico e, tornando a tutto quel-<br />
lo che lo aveva portato a morire in quel letto che ora anche il ragazzo cono-<br />
sceva, aggiunse una giustificazione: – Lui me lo disse ed io adesso lo dico a<br />
te come fosse lui a parlartene. Perché vedi, non è necessario saperlo per es-<br />
sere migliori e non serve per vivere felici e neanche per avere la possibil<strong>it</strong>à<br />
di esserlo, ma lui voleva farlo sapere (forse per insegnare qualcosa o per re-<br />
dimere, o forse solo per liberarsi del peso che lo aveva schiacciato negli<br />
anni, o perché non aveva null’altro da fare quel particolare giorno a parte<br />
morire, o perché sentiva che sarebbe serv<strong>it</strong>o ad aiutare qualcuno a capire<br />
qualcosa della v<strong>it</strong>a e del nostro genere umano, oppure perché credeva che<br />
fosse l’unico modo per scacciare quel ricordo appena prima di morire e per<br />
non portarselo dietro, dove sarebbe stato solo un peso che non gli avrebbe<br />
permesso di andare via, o solo per distrarsi e non rendersi conto del momen-<br />
to ultimo) ed è per questo che lo raccontò a me (anche se io, come adesso<br />
ben sai, la vicenda l’ho anche vissuta, in parte, in prima persona), ed è sem-<br />
pre per questo che io adesso lo racconto a te e che tu domani, quando avrai<br />
cap<strong>it</strong>o, lo racconterai a tua volta a qualcun altro, anche se non sarà una cosa<br />
che è successa a te e neanche a me. Ma noi sapevamo e abbiamo compreso<br />
quale sia la differenza tra la felic<strong>it</strong>à e la gioia e quale è la differenza tra il<br />
dolore e la rabbia.<br />
Annuì di nuovo, il ragazzo, cercò di mostrarsi ancora interessato, ma la<br />
storia era ormai fin<strong>it</strong>a e tutti quelli erano solo particolari di margine, niente<br />
che avesse a che fare con quello che adesso lui stava costruendo nella pro-<br />
pria mente ricombinando insieme ognuno dei pezzi che il vecchio gli aveva<br />
forn<strong>it</strong>o, e guardò ancora il padre perché era stato il padre, secondo lui, per-<br />
ché c’erano elementi che coincidevano e gli davano da pensare che fosse
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stato lui. Mentre il vecchio ancora parlava ed era tornato alla morte del pro-<br />
tagonista: – Iniziò di mattina, quando fu proprio lui a telefonare dicendo che<br />
ormai c’era arrivato, che lo sentiva mordere gli ultimi pezzi, il tumore, lo<br />
sentiva sgranocchiare il dessert, proprio così disse, che era arrivato alla fine<br />
del suo pasto e che presto qualcuno avrebbe dovuto sparecchiare, e volle che<br />
fossi io. Non so bene perché scelse me in particolare, ma aggiunse che non<br />
avrei dovuto preoccuparmi del conto, che quello lo aveva già pagato lui, sa-<br />
lato. E così andai a vedere di cosa si trattava e trovai la casa vuota, nessuno<br />
a vegliarlo, era rimasto lì da solo e non aveva chiamato nessuno tranne<br />
me… forse perché, alla fine dei conti, voleva che fosse un estraneo a liberar-<br />
si di tutto; perché io ero sì un suo collega ed un suo commensale, ma ero<br />
stato anche un estraneo fino a quel momento e diventai un amico solo quan-<br />
do seppi la storia che ti ho raccontato e solo da allora posso dire di essere<br />
stato suo amico, anche se per poco e solo dopo aver appreso la vicenda che<br />
scelse di rivelarmi… la sua storia, che raccontò a me invece che ad altri,<br />
vuoi perché non amava i suoi parenti e perché di amici non ne aveva, e quel-<br />
li che sembravano esserlo voleva tenerli solo per stare allegro… di motivi<br />
ne possiamo immaginare a bizzeffe, ma non è questo che ci interessa. Per-<br />
ché lui mi fece andare lì nella sua casa dove giaceva nel suo letto, lo stesso<br />
letto che lo aveva visto rinascere e vivere ed ora, giustamente e al contrario<br />
di ogni previsione, lo vedeva anche morire. Mi fece andare lì e specificò su-<br />
b<strong>it</strong>o che era fin<strong>it</strong>a ma che avrebbe resist<strong>it</strong>o per tutto il tempo necessario a ti-<br />
rare le somme e poi, solo dopo, le cuoia. E fu così. Mi raccontò tutto quello<br />
che io ho raccontato a te, tutto per filo e per segno, tutto il giorno, senza per-<br />
mettermi di medicarlo né di vis<strong>it</strong>arlo, lasciandomi solo la possibil<strong>it</strong>à di<br />
ascoltare quello che aveva da dire (e credo che si sarebbe messo a racconta-
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re tutto anche senza la presenza di qualcuno disposto ad ascoltarlo, ma era<br />
riusc<strong>it</strong>o a trovare un testimone di fronte a Dio o di fronte al tempo o di fron-<br />
te a qualunque cosa alla quale credesse di dover rendere conto, se poi ci cre-<br />
deva e se veramente doveva rendere conto di qualcosa a qualcuno o a qual-<br />
cosa, e fu felice di poterlo fare con me seduto al suo fianco e attento) ed io<br />
lo feci ed ubbidii e non cercai di impedirgli alcunché: voleva solo morire ed<br />
io ero lì per esaudire il suo ultimo desiderio… forse, al dunque, l’unico suo<br />
desiderio che venne veramente soddisfatto… prima di morire, prima che po-<br />
tesse pronunciare “Carolina”. Da solo nel letto… perché, anche se lì c’ero<br />
io, lui era ancora solo, anche alla fine della sua esistenza come pure durante<br />
quei lunghi settant’anni, solo e senza una mano da stringere, perché non mi<br />
volle lì al suo fianco per potermi stringere le mani mentre moriva se aveva<br />
ancora la forza di stringere qualcosa… quella triste v<strong>it</strong>a finalmente giunta al<br />
termine, la sua ultima parola nella bocca, neanche tirò un respiro, chiuse gli<br />
occhi e nient’altro, e morì. Lo vidi all’improvviso giacere, nulla più che gia-<br />
cere sotto le lenzuola; e non posso neanche dire che stesse giacendo perché<br />
era appena morto ed era solo il suo corpo a stare lì, fermo e poggiato sul ma-<br />
terasso che adesso sosteneva anche le mie mani. Non avevo bisogno di far-<br />
lo, era chiaramente defunto, ma gli tastai ugualmente il polso, è pur sempre<br />
la professione… e quando sentii che non c’era alcun movimento sotto quella<br />
pelle e dentro quelle vene, ripensai alla sua sofferenza, quella dei suoi set-<br />
tant’anni sommata a quella di quegli ultimi mesi, pochi mesi sofferti oltre<br />
che nel dolore dell’essere abbandonato (ed essere così r<strong>it</strong>ornato al punto di<br />
partenza) anche passati a sopportare i morsi del tumore. E non so se sia ne-<br />
cessario raccontarti della sua agonia, non credo che serva starti a parlare di<br />
come il tumore si era espanso e dove e come, e neanche credo che sia neces-
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sario ricordare le f<strong>it</strong>te e le urla, neanche le sue lunghe pause nel discorso fat-<br />
te per prendere fiato, per quel po’ di fiato che ancora riusciva a respirare.<br />
No, questo non serve, puoi immaginarlo da solo, puoi immaginare cosa sia<br />
stato per lui il dolore che stava provando la meccanica del suo corpo… men-<br />
tre so che invece è più difficile comprendere quello che aveva provato prima<br />
del male fisico, ed è questo che lui ha cercato di trasmettermi e spero per lui<br />
che ci sia riusc<strong>it</strong>o, anche se non mi pare di aver imparato molto da questa<br />
storia perché, guardami, adesso sono poi così diverso da lui? Sono diverso<br />
da come era lui prima di quel giorno in cui iniziarono i suoi sette anni di sol-<br />
lievo? E ti assicuro che non sono diverso da com’ero prima, non sono mi-<br />
gliore. E, dopo tutto quello che mi ha raccontato, dopo dieci anni, ho impa-<br />
rato a non commettere i suoi stessi errori? E poi, effettivamente, fu lui a<br />
commettere errori o si r<strong>it</strong>rovò soltanto appeso ad una croce dal giorno in cui<br />
nacque per poi bere solo un piccolo sorso amaro da una lurida spugna? Ho<br />
imparato o no? Mi guardo e posso solamente dire che, se imparare la sua le-<br />
zione significava riuscire a vivere non come era cap<strong>it</strong>ato a lui di vivere, allo-<br />
ra non ho imparato niente. Credo che sia questo il motivo per cui mi chiamò<br />
e volle che fossi io ad ascoltarlo: perché aveva riconosciuto in me quello che<br />
anche lui era stato e adesso era ancora. E forse anche lui non aveva imparato<br />
nient’altro dalla propria vicenda, nient’altro che saper riconoscere gli uomi-<br />
ni votati a quello che fu il suo stesso destino, ed io dovevo essere e sono an-<br />
cora uno di quelli. E se io adesso parlo con te di questo, non è perché vedo<br />
in te questo tipo di uomo, perché è evidente che tu, per tua fortuna, non sei<br />
stato e mai starai su questa croce (perdonami l’accostamento troppo forte),<br />
ma perché r<strong>it</strong>engo che questa sia una lezione da tramandare alle persone di-<br />
verse dal genere al quale appartengo io ed al quale apparteneva lui perché
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noi già lo sappiamo, già conosciamo questa lezione, e comunque abbiamo<br />
modo di impararla anche senza che ci venga insegnata da qualcuno, ma gli<br />
altri devono per forza sentirla per poterla conoscere. Ed ecco, forse di lezio-<br />
ne posso parlare perché forse almeno questo l’ho imparato: una lezione da<br />
insegnare a chi non ha dovuto né dovrà mai, per sua fortuna, patire le pene<br />
che lui sopportò, in modo che questi fortunati sappiano distinguere e non ag-<br />
giungano peso al carico che devono portare quegli altri poveracci… perché<br />
imparino a compatirli… non la pena, non la pietà, non la commiserazione,<br />
ma la comprensione.<br />
Guardava suo padre. Il ragazzo lo guardava da lì fuori, dalla terrazza sul-<br />
la quale stava finendo di ascoltare gli ultimi dettagli che il vecchio doveva<br />
aggiungere alla sua languida storia; dalla terrazza dell’attico dove era inizia-<br />
ta la festa di compleanno di suo padre che adesso teneva in mano un bic-<br />
chiere e parlava sorridendo, perché giustamente sorrideva, lui che ne era<br />
usc<strong>it</strong>o fuori come l’unico vinc<strong>it</strong>ore, dopo che il protagonista era morto e –<br />
Lei chi è? – chiese al vecchio, determinato, stroncando le sue ultime parole,<br />
prima che potesse finire di dire che poi quello morì senza unzione né con-<br />
fessione (r<strong>it</strong>i nei quali non credeva) né potendo stringere una mano o avere<br />
un ultimo contatto con qualcuno l’attimo prima di morire, dovendosi ag-<br />
grappare solo al ricordo dell’ultimo tocco che ricevette da lei (perché non fu<br />
un bacio, l’ultima cosa che gli rimase di lei, ma qualcosa di meno che una<br />
stretta di mano e poco più dello sfiorarsi dei palmi).<br />
Il vecchio trattenne la frase, trattenne le mani nelle mani, rimase fermo<br />
nella sua posizione contemplativa. La luna d’agosto sopra la sua testa, la<br />
notte dietro, poggiata la schiena contro la ringhiera e la testa bassa, – Caroli-<br />
na – disse. Il nome che il ragazzo aveva già sent<strong>it</strong>o durante la narrazione. –
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Ti ho già detto chi era. Ti ho già raccontato cosa fece.<br />
Non bastava. – Voglio sapere chi è. Voglio sapere dov’è.<br />
Il vecchio sospirò, i suoi pensieri che tornavano al dolore del morto, i<br />
suoi occhi fissi sulle scarpe. – Non è questo il punto – quasi mormorò. – Se<br />
ci pensi, se ripeti quello che ti ho raccontato, facci caso, non è di lei che stia-<br />
mo parlando e neanche di quell’altro uomo. E forse neanche di Alberto stes-<br />
so. Non il male che lei ha fatto a lui, non la passione dell’altro uomo per lei,<br />
non sono nemmeno il tradimento o la vigliaccheria di qualcuno. Non mi è<br />
stato raccontato perché qualcuno facesse giustizia, non perché qualcuno lo<br />
vendicasse, visto che fu lui stesso a non cercare vendetta, e assolutamente<br />
non voleva vendicarsi perché non c’era nulla di cui vendicarsi, perché lui sa-<br />
peva, e lo sapeva dal giorno in cui prese coscienza di chi fosse, e adesso lo<br />
so anch’io e dovresti saperlo anche tu, che quella era l’unica maniera in cui<br />
poteva svolgersi e finire la sua v<strong>it</strong>a. Non voleva vendicarsi per qualcosa che<br />
era andata, alla fine dei conti, nella maniera giusta, perché sapeva che così<br />
sarebbe dovuta andare: dopo settant’anni lo aveva cap<strong>it</strong>o, gli era apparso<br />
chiaro. E non siamo noi a doverlo vendicare perché non può esistere vendet-<br />
ta quando non c’è un torto. E ti dico che, dopo tutta questa storia che hai<br />
ascoltato, non c’è stato alcun torto, nonostante a te possa sembrare il contra-<br />
rio, perché, ripeto, non è stato il comportamento di lei a generare il dolore di<br />
cui sono il testimone (e adesso lo sei anche tu), non è questo il punto, non è<br />
lei il punto, non è lei che ci interessa – e smise per assicurarsi che il ragazzo<br />
stesse ascoltando. – È stata tutta la v<strong>it</strong>a di lui, è iniziato molto prima di Ca-<br />
rolina, è stato il tipo di persona che era lui, è stato il suo destino, è stato il<br />
disegno che prese la mappa dei suoi geni, forse, o forse il disegno tracciato<br />
da Dio per lui, o quello che in qualche parte del nostro corpo o dell’universo
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fa in modo che le cose accadano nel modo in cui accadono. Non ti ho rac-<br />
contato della cattiveria di certe persone e neanche della sfortuna di altre, ho<br />
solo cercato di farti sapere che alcuni esseri nascono per vivere certe espe-<br />
rienze in un certo modo. E la sua v<strong>it</strong>a (cerca di tenere a mente questo) non<br />
fu dolorosa per colpa degli altri (e neanche so, ormai, se posso ammettere<br />
che dolore fosse), ma fu così come te l’ho raccontata perché lui era il tipo<br />
d’uomo che doveva vivere quel tipo di v<strong>it</strong>a (e neanche so, ormai, se posso<br />
ammettere che fosse v<strong>it</strong>a).<br />
Lo guardò nuovamente e lui ascoltava e il vecchio sperò che avesse ca-<br />
p<strong>it</strong>o. – Per questo non devo dirti altro su di lei – aggiunse, – perché sarebbe-<br />
ro solo dettagli superflui e inutili. Perché non è stata di lei la colpa. Perché,<br />
con o senza lei, la sua v<strong>it</strong>a sarebbe sfociata, in un modo o nell’altro, in quel-<br />
lo che ti ho detto prima, in quel triste tipo di morte. Ed anzi aggiungo che<br />
morte sempre fu, sin da quando egli vide la luce, nonostante tutta l’invidia<br />
che qualcuno avrebbe potuto provare per lui. Dico morte perché, comunque,<br />
non si può dire che per sessant’anni visse.<br />
Guardava il padre, bello ed elegante, fascinoso, che stringeva mani e<br />
passava da un inv<strong>it</strong>ato all’altro, dentro e fuori tra la casa e la terrazza e pen-<br />
sò e chiese: – Era bella? Quanto era bella?<br />
Il vecchio si esibì ancora una volta nel suo rallentamento e, prima che<br />
potesse rispondere, il ragazzo aggiunse: – E lo è ancora? – e il vecchio, con<br />
la notte alle spalle e le mani in mano, lo guardò e, prima di rispondere, pen-<br />
sò al perché: perché? – Vuoi sapere chi era e com’era e come era fatto il suo<br />
corpo – e non riusciva a capire perché volesse saperlo, ma – Va bene, te lo<br />
dirò – concluse.<br />
– Era bella, sì. Era bella quanto può esserlo una ragazza di ventiquattro
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anni con pantaloni attillati e camicie bianche sempre pul<strong>it</strong>e (lei e le sue ca-<br />
micie e i suoi jeans) con pochi bottoni, i capelli neri come la seta nera, le<br />
unghie curate, la pelle scura e senza trucco. Vuoi sapere altro? Vuoi sapere<br />
perché ad un uomo poteva piacere una donna come lei? Ecco perché: perché<br />
era snella, soda e smussata, perché era sorridente e aveva le labbra carnose,<br />
perché profumava e perché i suoi occhi erano grandi. E se lo è ancora, così<br />
bella com’era allora, be’ questo non lo so perché (mi crederesti?) sono venti-<br />
quattro anni che non la vedo, da quando ha lasciato morire quell’uomo in<br />
quel letto, dal giorno dopo che io gli diagnosticai il tumore. Poi la vide sola-<br />
mente il notaio che le consegnò il denaro e la casa e tutto quello che le spet-<br />
tava… perché (ci crederesti?) spettò a lei di prendere tutto, dato che figli<br />
non ce n’erano… e, se ti venisse in mente che questo sia un altro torto (che<br />
lei abbia preso tutto e se lo sia goduto, non so dove, non so come e non so<br />
quando, insieme all’altro suo compagno, credo, o almeno lo spero per lui),<br />
sappi che stai sbagliando perché la questione non è se lei mer<strong>it</strong>asse o meno<br />
quello che ha ottenuto (nel modo in cui l’ha ottenuto) e neanche se fosse<br />
nella posizione giuridica di ottenerlo (e sicuramente vi era): il punto è che<br />
questo non ha poi così importanza. Non sarebbe stato il destino di quelle<br />
cose, di quegli oggetti e di quei soldi, a modificare la v<strong>it</strong>a di quell’uomo, e<br />
faceva parte della sua v<strong>it</strong>a anche la beffa della successione. In qualche modo<br />
possiamo dire che nacque per essere continuamente beffato. – Riposò il fia-<br />
to. Il ragazzo rimase in ascolto ed il vecchio riprese: – Ma tu vuoi sapere al-<br />
tro. Tu vuoi sapere lei chi era. Ed ecco chi era: era una donna (anche se<br />
quando si conobbero per la prima volta lei era poco più che una ragazza e<br />
dopo, nei sei anni passati con lui, divenne defin<strong>it</strong>ivamente una donna) molto<br />
bella, questo già te l’ho detto, e credo che sapesse bene di esserlo. Se era
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cattiva? No, non credo, non credo… non posso dire che fosse cattiveria la<br />
sua, non posso dire che sia stato odio o violenza, né rancore e nemmeno sa-<br />
dismo… non posso dire che gli abbia fatto per cattiveria quello che ti ho<br />
raccontato prima. Cattiva no, malvagia neanche… forse soltanto naturale e<br />
fin troppo sincera, anche nei suoi momenti di simulazione, anche quando<br />
mentiva… non faceva che essere sempre sé stessa. Ed è anche per questo<br />
che ti ripeto che non bisogna meravigliarsi di quello che è successo e che<br />
nessuno deve vendicare qualcun altro o rendergli giustizia perché, anche se<br />
può sembrare strano, nessuno ha subìto torti. E lei non ha fatto nulla che<br />
possa essere defin<strong>it</strong>o cattivo. Gli ha allegger<strong>it</strong>o sei anni della sua v<strong>it</strong>a morta,<br />
ha iniziato a farlo vivere, forse gli ha dato, forse senza volerlo, quello che in<br />
più di sessant’anni non aveva mai avuto (e non importa che l’abbia fatto<br />
controvoglia o ingenuamente): lo chiami male questo? Poi ha riscosso l’ere-<br />
d<strong>it</strong>à che le spettava: la chiami cattiveria? Le spettava. Ed intanto ha voluto<br />
bene anche ad un’altra persona. È possibile dire che fosse malvagia per que-<br />
sto? perché voleva del bene a qualcuno? No, non possiamo dirlo. E non l’a-<br />
vrebbe detto neanche lui e non l’ha mai detto. Anzi, lui la ringraziava per<br />
quello che aveva fatto e non perché il dolore lo facesse sragionare, non per il<br />
cancro che lo mordeva, non per simulare benevolenza e sforzarsi di mer<strong>it</strong>are<br />
il paradiso (perché, ti ho già detto, non ci credeva), ma perché lei era stata<br />
veramente una brava donna e lui ne era consapevole e non la mischiava al-<br />
l’insieme delle donne, quello che lui considerava l’insieme delle donne; non<br />
la considerava una donna. Lei era Carolina, non una donna. Mi disse appena<br />
arrivai in quel lungo primo giorno di agonia nel suo letto: “Tu pensa alla<br />
bomba atomica… che arma stupida. Con le tecnologie di oggi, tutto il lavo-<br />
ro che facevano una volta i soldati (andare in terr<strong>it</strong>orio nemico, uccidere, in-
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dividuare le postazioni di fuoco e le trincee, segnalare le coordinate al co-<br />
mando per far radere al suolo da un colpo di cannone le barricate<br />
avversarie…) è diventato un lavoro inutile: basterebbe un satell<strong>it</strong>e, un radar<br />
o un rilevatore laser per fare tutto questo. E invece la bomba atomica…<br />
un’arma proprio stupida… è arrivata sessant’anni fa e ha reso inutile tutto il<br />
progresso tecnologico che c’è stato da sessant’anni a questa parte. E così,<br />
allo stesso modo, è la donna per un uomo, la stessa identica cosa. Non im-<br />
porta quanto un uomo abbia imparato, non importa quanto e cosa egli sappia<br />
e neanche cosa è in grado di fare e neanche è importante che sia capace di<br />
dimostrarlo perché, se arriva una donna – come sessant’anni fa è arrivata la<br />
bomba atomica – quella donna cancella tutto. Non serve a niente tutto quello<br />
che l’uomo ha imparato nella sua v<strong>it</strong>a perché a quella donna tutto ciò non<br />
interessa e perché sono cose che non servono a prendere quella donna. Nien-<br />
te di quello che si può imparare serve per prendere una donna… quella par-<br />
ticolare donna. E tutto quello che egli ha imparato o che sa fare, in quel pre-<br />
ciso momento, quando lei arriva, svanisce, è come se non fosse mai stato<br />
presente dentro l’uomo, è materia inutile, non serve più perché quello che<br />
serve da quel preciso istante in poi è solamente la donna che è arrivata, l’og-<br />
getto della nostra attenzione, di ogni nostra attenzione. Ed è proprio come la<br />
bomba atomica: distrugge tutto quello che c’è sulla terra, dove la terra è<br />
l’uomo e quello che egli ha imparato i suoi ab<strong>it</strong>anti. Ed è proprio come la<br />
bomba atomica, ma non del tutto: perché non è stupida e, se può sembrare<br />
che lo sia, lei ne è cosciente e in qualche modo ne trae beneficio, in qualche<br />
modo che io non conosco. E, ancora, non è come la bomba atomica perché<br />
la bomba, dopo lo scoppio, sparisce, non ne rimane più nulla, neanche una<br />
traccia”. Ecco cos’erano per lui le donne. Ma non Carolina. Lei non era que-
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sto. Tanto più che lei sparì e sono dieci anni che se ne sono perse le tracce.<br />
Il ragazzo rimase in ascolto ma guardava il padre. Il vecchio parlava e<br />
suo padre serviva da bere a una coppia, ci scambiava qualche battuta, sorri-<br />
deva, cambiava coppia, poi cambiava gruppo, cambiava persone come una<br />
farfalla cambia fiore. – Ed era bella, sì – continuava il vecchio per finire di<br />
rispondere, – come un fiore. E come un fiore s’è inclinata dove tirava il ven-<br />
to –. Si fermò, prese un respiro, la luna sopra e la notte dietro, secca, puntel-<br />
lata d’aghi come stelle. – No, non possiamo chiamarla cattiva. E forse fece<br />
bene a lasciarlo morire da solo (perché, anche se c’ero io con lui, stava mo-<br />
rendo da solo, visto che solo lo era sempre stato ed aveva smesso di esserlo<br />
soltanto quando venne lei e tornò ad esserlo quando lei se ne andò) perché<br />
in questo modo non fece altro che assecondare il normale corso delle cose.<br />
Non fece altro che mandare avanti le cose come lui si aspettava di vederle<br />
accadere. Ecco, se io fossi una sorta di avvocato, un suo difensore in un ipo-<br />
tetico quanto improbabile processo, potrei trovare migliaia di ottime scuse<br />
(ed è di questo che vanno in cerca i giudici, ogni giudice civile, penale o<br />
morale che sia), e potrei trovare altrettante buone ragioni e spiegazioni a<br />
quello che gli ha fatto se fossi uno psicologo. Potrei dire che lei era stata<br />
schiacciata dai subdoli meccanismi del potere che lui aveva sfoggiato per<br />
concupirla (se volessi mentire), potrei parlare di eccesso di gelosia da parte<br />
di lui e potrei parlare di desiderio sessuale o di invidia e di troppe altre cose<br />
ancora. Ma non sono né uno psicologo né un avvocato, ed essere medico<br />
non mi serve a tracciare altre giustificazioni o a trovare motivi plausibili.<br />
Quindi sarà soltanto l’uomo a cercare una spiegazione, come un semplice<br />
essere umano che cerca di capire un altro essere umano. E cosa vuoi che ti<br />
dica… ha fatto quello che ha fatto perché voleva farlo, non perché avesse ar-
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ch<strong>it</strong>ettato chissà cosa, chissà quale piano malvagio ai danni di lui o chissà<br />
cos’altro possa ancora portarla davanti a un tribunale (e questo non se lo<br />
mer<strong>it</strong>a perché lei è nel giusto, anche nel modo in cui ha ottenuto l’ered<strong>it</strong>à<br />
che si è goduta col suo amico, credo)… non perché avesse in mente un siste-<br />
ma che la facesse arricchire e le togliesse di mezzo ai piedi quel pover’uo-<br />
mo, ma solo perché voleva a un certo punto lasciarlo, solo perché si era<br />
stancata o perché lui non le piaceva più o perché le piaceva di più qualcun<br />
altro, o magari perché si era resa conto di aver commesso un errore sposan-<br />
dolo. Perché lei voleva qualcosa dalla v<strong>it</strong>a e lui non poteva darle quello che<br />
lei cercava, o forse glielo aveva già dato e non le serviva più lui, oppure al-<br />
l’improvviso voleva qualcos’altro che lui non aveva, oppure si era accorta di<br />
aver voluto la cosa sbagliata… Comunque, ormai non lo desiderava più e si<br />
comportò di conseguenza, seguì il proprio istinto e fece quello che sentiva di<br />
dover fare, magari sbagliando di nuovo, proprio come seguì il proprio istinto<br />
quando decise di sposarlo.<br />
E lo guardava ancora, ancora mentre il vecchio stava parlando, guardava<br />
suo padre e si chiese se anche per lui (per suo padre) le cose era così che si<br />
sarebbero dovute svolgere. Lui (suo padre) – e questo il vecchio non glielo<br />
aveva ancora detto – aveva avuto un ruolo, aveva visto accadere quelle cose<br />
ed aveva fatto in modo che accadessero? In qualche modo era stato anche<br />
lui a farle andare come andarono? Il vecchio lo sapeva? E il padre stesso?<br />
– E tu vuoi ancora sapere lei chi fosse? E vuoi ancora sapere chi è oggi?<br />
E bada bene che io non lo so, non sarei in grado di dirtelo, anche volendo –<br />
prese una pausa, sempre immobile nell’angolo buio del terrazzo, la luna so-<br />
pra. – Adesso che sai tutto e che puoi immaginare (come anche io lo imma-<br />
ginai dopo averlo saputo perché non avrei potuto immaginare e tanto meno
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comprendere prima di saperlo) quello che lui aveva med<strong>it</strong>ato prima di quei<br />
fatidici sei anni, ti sembra poi così tanto importante scoprire chi era e chi è<br />
oggi Carolina? No. Non è importante. Poteva essere buona o cattiva e altret-<br />
tanto, oggi, può essere buona o cattiva come lo era ieri oppure al contrario<br />
di ieri, ma questo non importa, non ci interessa… non interessava neanche a<br />
lui… non gli interessava neanche mentre moriva, no. Ormai lo sai, adesso<br />
hai conosciuto la sua storia e il motivo della sua sofferenza, che non era do-<br />
vuto al comportamento di lei e neanche alle sue azioni (né di lui né di lei),<br />
ma al fatto che questo era il suo destino (se tu vuoi chiamarlo in questo<br />
modo), anche se lui nel destino non ci credeva, e questo non me lo disse<br />
apertamente, non me lo rivelò, ma era evidente. Non pensava, non aveva<br />
mai pensato che quello che gli era successo (o, per meglio dire, quello che<br />
non gli era successo) fosse stato per il disegno oscuro (che poi tanto intrica-<br />
to e oscuro, visti i fatti, non era stato) di qualche ent<strong>it</strong>à suprema o di un ge-<br />
nio del male, se vogliamo, o di chi ha progettato le nostre v<strong>it</strong>e o di chi le go-<br />
verna e le pilota per chissà quale scopo (solo per divertimento o forse per<br />
studio o perché gli servono chissà a cosa), ma solo (credeva lui e non so se<br />
sbagliasse né quanto sbagliasse) perché i suoi geni erano combinati in modo<br />
da non coincidere con quelli di qualcun altro, combinati e montati insieme<br />
in maniera incompatibile con il modo in cui i geni del resto del genere uma-<br />
no erano (e sono) stati assemblati: la sua mappatura genetica, il suo DNA,<br />
differente dallo standard del magazzino umano: il suo genoma (ed intendo,<br />
come anche lui intendeva, il suo aspetto e il suo modo di essere, il suo modo<br />
di pensare, il suo atteggiamento, il modo in cui parlava ed il tono di voce,<br />
come se fosse un alieno molto simile ai suoi commensali ma con un altro<br />
schema organizzativo mentale e, perché no, quantico) che era costru<strong>it</strong>o sem-
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pre secondo le stesse regole universali ma con caratteristiche differenti da<br />
quelle infuse negli altri, di modo che non fosse evidente la differenza (e in-<br />
fatti Carolina ci mise sei anni ad accorgersene), ma sempre in modo che la<br />
natura, l’incoscienza delle regole biologiche del corpo e del cervello, potes-<br />
se agire nella maniera corretta: accoppiarsi con i propri simili geni quando li<br />
avesse riconosciuti attraverso quei sensi inconsci. Similis cum similibus.<br />
Questo è quello che ha saputo alla fine, nonostante, è vero, avesse cercato di<br />
non fare pensieri etici e morali, ma si fosse solo sforzato di ricordare il tem-<br />
po bello che alleviò il suo male. E, in fondo, quel bel passare non fu altro<br />
che un errore (errore commesso da Carolina, certo, che cercò di forzare la<br />
propria costruzione genetica della quale ti dicevo prima, imponendosi di<br />
sposarlo) nel regolare svolgimento degli eventi: un errore di giunzione in<br />
quell’incastrarsi di v<strong>it</strong>e che è il nostro essere di ogni giorno. Non posso par-<br />
lare del mio e non posso includerci il mio, di certo perché io, ahimè, sono<br />
come lui, me ne rendo conto e, però, dopo tutto non riesco più neanche a di-<br />
spiacermene. Guardami: ho sessant’anni e cos’altro? Sono io, ho me stesso e<br />
chi altro? A volte (e questa, oggi, adesso, qui parlando con te, è una di quelle<br />
volte) mi guardo e guardo il mio passato dal giorno in cui nacqui fino al pre-<br />
sente e no, non piango come potresti credere perché, come ti ho già detto,<br />
non c’è da piangere, non c’è da chiedere perdono e neanche ci sono torti da<br />
riscattare o da esorcizzare perché siamo stati, sia lui che io, due di quelle<br />
persone progettate con un codice genetico incompatibile, chiamiamolo<br />
così… guardo il mio passato e penso che, se avessi trascorso la mia v<strong>it</strong>a in<br />
piena sol<strong>it</strong>udine e lontano dal mondo, isolato in una grotta, disperso in una<br />
foresta, come Zarathustra o Tarzan, ma senza incontrare Jane, o come il bon-<br />
zo Ren-in: cosa sarebbe cambiato? Sarebbe stata un’altra v<strong>it</strong>a? Sarebbe stata
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una v<strong>it</strong>a diversa? E la risposta pare che debba essere: no perché sempre alla<br />
stessa sol<strong>it</strong>udine sarei giunto. Iinvece così non è perché almeno, se avessi<br />
vissuto veramente da solo, in sol<strong>it</strong>udine assoluta, mi sarei risparmiato tutte<br />
le grane che mi ha accollato il nostro mondo e non avrei sent<strong>it</strong>o il peso di<br />
quello che oggi mi affligge (come ieri anche quel pover’uomo che è morto e<br />
di cui ti ho raccontato ne è stato schiacciato) e, avendo vissuto fuori e parec-<br />
chio lontano dalla società, non avrei conosciuto il motivo della mia sofferen-<br />
za e non ne avrei sofferto perché, alla fine dei conti, andando a stringere il<br />
nodo per cercare (sperando) di spezzarlo, sono state le regole e i modelli so-<br />
ciali ad inculcare in me e in quel mio amico morto la cognizione del nostro<br />
dolore, la coscienza di quello che ci era mancato e che a me continua a man-<br />
care, dopo ben sessant’anni.<br />
Il ragazzo non guardava il vecchio e quello se ne accorse, ora si accorse<br />
di come la sua attenzione fosse focalizzata su qualcun altro e si accorse an-<br />
che della sua attiv<strong>it</strong>à cerebrale perché ormai, anche se il vecchio qualcosa<br />
della v<strong>it</strong>a doveva ancora conoscerla, aveva comunque imparato a conoscere<br />
bene gli esseri umani e le loro ab<strong>it</strong>udini. Il giovane stava pensando a qualco-<br />
sa e guardava qualcuno ma il vecchio non riusciva a mettere a fuoco i visi e<br />
quasi neanche gli ab<strong>it</strong>i delle persone che giravano dentro l’appartamento e<br />
sulla terrazza, lontano da dove egli stava, immobile e fisso, a parlare. Così<br />
non seppe a chi stesse dedicando la sua attenzione il ragazzo in quel mo-<br />
mento e dub<strong>it</strong>ò anche di tutta l’attenzione che poteva avergli dedicato fino<br />
ad allora. E lo vide ancora interessarsi e riflettere sul destino di qualcuno<br />
che stava lì e finalmente mosse le mani: ne posò una sul braccio del ragazzo<br />
e gli diede una sgrullata e scosse il capo quando lui volse lo sguardo. – Non<br />
è tua moglie che devi interrogare. Non è di te che stiamo parlando. Tu non
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sei stato minimamente sfiorato da queste cose e non lo sarai. Tu e tua mo-<br />
glie, vi ho visti e lo sapete bene anche voi, non siete stati concep<strong>it</strong>i come<br />
alienati… e alienanti… No. Voi, come tutti gli altri che sono presenti qui<br />
stasera, non l’avete mai vissuta una vicenda simile, non siete in grado di vi-<br />
verla, per fortuna. È per questo che te lo sto raccontando. Non mi riferisco al<br />
loro matrimonio e al successivo addio, ma a quello che c’era stato prima.<br />
Voi avete sempre avuto compagni e compagne, ne avete sempre avuta l’oc-<br />
casione e, a volte, l’avete anche lasciata andare per rimanere un po’ in pace<br />
e in tranquill<strong>it</strong>à… Ogni volta che vi lasciavate con qualcuno, mi sembra di<br />
vedervi anche adesso, come adesso ne vedo ancora a centinaia, soffrivate e<br />
facevate vedere di deperire ma non era difficile svegliarsi il mattino seguen-<br />
te e vedervi di nuovo raggianti ed abbracciati a qualcuno. Voi non sapete<br />
cosa è non essere sincronizzati col mondo. Si è come uno strumento non ac-<br />
cordato che nessuno vuol suonare. Voi siete perfettamente intonati.<br />
E questa volta fu il ragazzo a scuotere la testa per poi dire che no, non si<br />
trattava della sua v<strong>it</strong>a né di quella di sua moglie e che neanche si trattava di<br />
se stesso.<br />
La mano del vecchio sul braccio del giovane, poco rugosa e poco mac-<br />
chiata, ossuta, lasciava ad intendere come la v<strong>it</strong>a fosse passata, scivolata,<br />
solo in parte su di lui e di come fosse stata solo la parte penosa a scendere e<br />
a lavargli via le forze e l’aspetto della rigoglios<strong>it</strong>à che un tempo doveva<br />
averlo reso addir<strong>it</strong>tura belloccio; mentre l’altra metà, quella metà di v<strong>it</strong>a fat-<br />
ta di gioie e piaceri, era rimasta ancora appesa da qualche parte ed era ormai<br />
troppo tardi perché si decidesse a venire giù, e il filo che la teneva doveva<br />
anche essersi irrobust<strong>it</strong>o invece che sfibrato per poter cedere. Ora la mano<br />
stava lì sul suo braccio e – doveva aver sofferto, pensò il ragazzo – rimane-
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va ferma ed inerte dopo averlo scosso per svegliarlo dalle sue divagazioni e<br />
fu a quelle che tornò immediatamente: – Hai detto che lui conosceva Caroli-<br />
na – disse indicando tra le persone con un cenno del capo, la punta del suo<br />
mento come un indice.<br />
Il vecchio non poteva mettere a fuoco senza gli occhiali che non voleva<br />
tenere sul naso ma, senza neanche sforzarsi di guardare, capì: – Stai parlan-<br />
do di tuo padre. Sì – e alzò anch’egli il mento verso la macchia indistinta di<br />
persone, come se con quel gesto fosse stato in grado di sollevare il braccio e<br />
fare quello che avrebbe dovuto se ne avesse avute voglia e forza, – lui la co-<br />
nosceva, erano compagni di corso… – e adesso gli occhi li strizzò e cercò di<br />
guardare bene, si sforzò di guardare in faccia il padre di lui, almeno ci provò<br />
e – Oh – mormorò – perché tu credi…<br />
– No, non credo niente. Ma sei stato tu a dire che si conoscevano e tutte<br />
quelle altre cose, e se ho fatto bene i conti…<br />
Il vecchio sorrise. – Così è questo che ti ha trattenuto fino ad ora. Non il<br />
significato di quello che ti ho raccontato, non lo spir<strong>it</strong>o di questa triste vi-<br />
cenda, non la figura dell’uomo e le regole che l’uomo ormai morto dovette<br />
seguire, quando avrebbe fatto meglio a isolarsi e a rinnegare tutti, non per<br />
salvarsi ma, almeno, per non accentuare le proprie pene. Non è stato questo<br />
a farti restare in ascolto, ecco. È stata la tua morbos<strong>it</strong>à. Perché forse speravi<br />
di trovare qualcosa che giustificasse o potesse giustificare quello che sai o<br />
che credi di aver commesso in maniera illec<strong>it</strong>a (e non so cosa sia perché è<br />
qualcosa che sta in fondo alla tua mente, nei tuoi ricordi, e ci stai pensando<br />
adesso, lo vedo) addossandone la responsabil<strong>it</strong>à remota a qualcun altro… e<br />
addosso a chi, nella tua testa da novello uomo, sposo malizioso e geloso, se<br />
non al tuo stesso padre? Quindi è per questo che hai ascoltato fin’ora, solo
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per sentirti dire (sperando di sentirtelo dire) che tuo padre, quell’uomo che<br />
stasera è il protagonista e che chissà in che modo lo vedi e lo hai sempre vi-<br />
sto, è stato lui a prendere Carolina e a strapparla da suo mar<strong>it</strong>o causandone<br />
la morte e allo stesso tempo costringendo lei a fare del male e facendo lui<br />
stesso del male all’interno del proprio matrimonio con tua madre e all’inter-<br />
no del rapporto che lui aveva con te. E tutto questo, cerchi di addossare tutto<br />
questo sulle spalle di tuo padre per giustificare attraverso il vostro stesso<br />
sangue qualcosa di malvagio che tu sai di aver compiuto all’interno del tuo<br />
giovane matrimonio con tua moglie… per giustificarlo sapendo che, essen-<br />
do tuo padre avvezzo a tali atti, è naturale che per la genetica anche tu faccia<br />
lo stesso… così potresti scrollare la colpa del tuo tradimento (se di tradi-<br />
mento si tratta, e di cosa si tratta lo sai solamente tu) semplicemente attri-<br />
buendone la responsabil<strong>it</strong>à al sangue e non alla tua coscienza. Ebbene, vuoi<br />
sentirti dire che è o, almeno, che è stato tuo padre l’amante di Carolina – e il<br />
ragazzo rimase anche lui immobile e guardò finalmente il vecchio negli oc-<br />
chi per cercarci dentro la risposta, prima che questa venisse fuori dalla sua<br />
bocca, e il vecchio si accorse che finalmente veniva ascoltato con la massi-<br />
ma attenzione. Il ragazzo lo scrutava per cercare nelle pieghe dei suoi linea-<br />
menti e dentro le pupille quello che non era riusc<strong>it</strong>o a trovare in trent’anni<br />
guardando il padre, e questo il vecchio lo sapeva e per questo non piegò un<br />
muscolo né tirò un tendine né strizzò o sbarrò gli occhi, ma rimase ancora<br />
immobile per dire: – E invece no. Non lo è. Non lo è mai stato. Forse nean-<br />
che mai ha provato a baciarla – e il ragazzo scansò la testa e la scosse, un’e-<br />
spressione diffidente in volto. – Non ci vuoi credere – constatò il vecchio. –<br />
Eppure hai fatto tutto questo per sentirti dare una risposta. Hai ascoltato e<br />
mi hai fatto parlare per sentirmi dire (speravi) che era stato lui, perché per
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qualche oscura ragione tu ci tenevi a sentir dire che era stato lui a portare via<br />
Carolina ad Alberto. E tu credevi che, solo perché si conoscevano e frequen-<br />
tavano le stesse lezioni e perché tuo padre era ed ancora oggi è un bell’uo-<br />
mo, fosse lui il suo amante, il prescelto… perché, ricorda, fu lei a scegliere<br />
il suo amante, non lui a scegliere lei: nessuno si presentò a Carolina chie-<br />
dendole di dare un calcio nel sedere al vecchio mar<strong>it</strong>o per succhiargli i soldi<br />
e tutto il resto e fuggire insieme. Fu proprio lei, invece, a prendere quel ra-<br />
gazzo che tu credi fosse tuo padre (e qui sbagli più di quanto abbia sbagliato<br />
fin’ora, più di quanto tu abbia sbagliato a non ascoltarmi e a pensare solo al<br />
modo di sentirti rivelare una ver<strong>it</strong>à che non esiste se non nella tua immagi-<br />
nazione morbosa) e a trascinarlo nella storia, e probabilmente fu sempre lei<br />
a caricarlo di quelle responsabil<strong>it</strong>à che lo fanno sembrare il lupo cattivo che<br />
ha strappato dall’uomo (da Alberto) il miglior pezzo di v<strong>it</strong>a che ebbe. Per-<br />
ché, per come la vedo io, a lui, all’amante di quella donna, non interessava<br />
rovinare ed umiliare e neanche uccidere Alberto, ma voleva solo semplice-<br />
mente portarsi a letto sua moglie e farci un viaggio ogni tanto e guardarla<br />
mentre era nuda e mentre si faceva la doccia, voleva scambiarci qualche am-<br />
plesso, passarci del tempo insieme, sì, ma non tenerla per sempre con sé;<br />
mentre, invece, era lei a voler sost<strong>it</strong>uire il mar<strong>it</strong>o con quest’altro più giovane<br />
e non so quanto più bello perché si era stancata di vivere insieme ad un vec-<br />
chio.<br />
Adesso che aveva aggiunto anche il proprio giudizio, si mosse e voltò la<br />
schiena verso gli altri inv<strong>it</strong>ati e la faccia verso la c<strong>it</strong>tà, le mani aggrappate<br />
alla ringhiera, il giovanotto ancora al suo fianco, immobile e scettico e sem-<br />
pre in contemplazione del padre. La notte e la luna ferme sopra.<br />
– No – continuò il dottore – non fu tuo padre. Non è lui l’amante di Ca-
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rolina, se oggi ancora ne ha uno. Perché il tempo è passato anche per lei e,<br />
facendo bene i conti, visto che ti piace farli, oggi deve avere cinquantacin-<br />
que anni e a quell’età non si tratta più di amanti e di avventure, ma di com-<br />
pagnia che duri fino alla fine, oppure di sol<strong>it</strong>udine e basta.<br />
Dopo di che il ragazzo vuotò il proprio bicchiere e decise di andare a<br />
riempirlo e, mentre si apprestava ad allontanarsi, si accorse che anche quello<br />
del suo amico dottore, dottore amico anche di suo padre ed amico del morto<br />
di cui aveva sent<strong>it</strong>o la storia appena adesso, era vuoto e lo prese dalle sue<br />
mani per portarlo al tavolo delle bevande.<br />
– Così tu credevi, anzi speravi, che tuo padre fosse stato tanto abile e<br />
meschino da insidiare la moglie di quel pover’uomo e poi di usarla per farsi<br />
strada, magari ricattandolo, per diventare il gran nome che è oggi? Tanta<br />
poca stima hai di lui? che invece è diventato il grand’uomo che conosciamo<br />
solo grazie alle proprie forze. O forse l’avresti r<strong>it</strong>enuto più abile e scaltro e<br />
degno di lode e del tuo amore di figlio se fosse diventato la persona che è<br />
oggi grazie ad una macchinazione del genere? Forse è questo che r<strong>it</strong>ieni un<br />
comportamento onorevole? È questo che è degno di lode per un uomo (per-<br />
ché non sei più un ragazzo, adesso, ma un uomo) che ha trent’anni al giorno<br />
d’oggi e che si è sposato da tre con una bellissima ragazza che (la ragazza)<br />
non deve preoccuparsi di lavorare… Questo è degno di lode di questi tempi,<br />
ai giorni tuoi? Ed è poi tanto orribile quello che hai fatto? – e aggiunse d’un<br />
fiato: – Io che ti ho conosciuto ragazzino, soltanto un metro e dieci di carne<br />
che saltava sui tavoli dell’ambulatorio e rideva se gli davo un tubo di acqua,<br />
olio e siero per misurare il peso specifico degli elementi, e che la madre do-<br />
veva tenere buono mentre stavo lì ad esprimere il mio giudizio sulla vis<strong>it</strong>a<br />
che tuo padre già aveva esegu<strong>it</strong>o ma che voleva anche io eseguissi perché si
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fidava più di un giudizio estraneo e più di me che di chiunque altro (e non è<br />
questo che può sembrare farmi prendere le sue difese in una battaglia che<br />
neanche c’è), adesso, dopo tutti gli anni che ti ho perso di vista (l’ultima<br />
volta è stata quando ne avevi venticinque e ti laureavi ed ero stato inv<strong>it</strong>ato<br />
da tuo padre e ti vidi vest<strong>it</strong>o pressappoco come sei vest<strong>it</strong>o stasera mentre ta-<br />
gliavi qualcosa di dolce e prima avevi stappato una bottiglia facendo un di-<br />
scorso e prima ancora ne avevi fatto un altro a qualcun altro che doveva<br />
metterti un pezzo di carta in mano che abbiamo anche io e tuo padre, anche<br />
se c’è scr<strong>it</strong>to qualcos’altro, in piedi di fronte a noi amici della tua famiglia<br />
che ringraziavi per la presenza e per i regali perché non sapevi cos’altro<br />
fare, ed io pensai che eri cambiato così tanto da quando ti avevo visto bam-<br />
bino ed era ovvio che ignorassi tutto quello che c’era stato tra il tuo giocare<br />
con i miei campioni nel mio ambulatorio e il conseguire la tua laurea stu-<br />
diando o facendo cosa sai solo tu nella tua camera o dovunque tu avessi im-<br />
pegnato il tuo tempo prima di quella data) e dopo tutte le cose che avrei po-<br />
tuto pensare di te (ma non l’ho fatto perché… be’, è ovvio il perché… tutti<br />
abbiamo qualcos’altro a cui pensare…), buone o cattive, oggi sei qui e mi<br />
ascolti (me che sono un tuo amico, se non altro perché ti ho visto piccolo e<br />
poi grande, sia nel corpo che nel carattere) e non so cosa stai pensando an-<br />
che se credo o spero di saperlo. E comunque, se lo faccio, lo sto facendo<br />
solo basandomi su quello che ho conosciuto di te e spero che quel buon ma-<br />
teriale che ho visto nascere e crescere (anche se per solo qualche anno) non<br />
sia poi tanto cambiato, anche se questo mondo può trasformare in robaccia<br />
anche l’oro.<br />
Si era fermato volgendogli le spalle, con i bicchieri vuoti nelle mani, la<br />
testa bassa, ancora nell’angolo buio ed appartato che avevano scelto per
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loro, ormai senza più l’intenzione né la voglia di bere. – Hai detto che si<br />
chiama Carolina e che ha cinquantacinque anni, vero? E che era bella e che<br />
ered<strong>it</strong>ò dopo la morte di lui. E che aveva avuto un amante della sua età del<br />
quale non sai il nome né conosci il viso, ma che ha detto di aver conosciuto<br />
a quelle lezioni e che si era laureato nell’anno in cui avrebbe dovuto farlo<br />
anche lei.<br />
– Questo non significa che…<br />
– Se non lo hai mai visto insieme a lei né conosci il suo nome, allora si-<br />
gnifica che potrebbe anche non esistere –. Posò i bicchieri sulla ringhiera e<br />
ve li lasciò. Lo guardò per l’ultima volta negli occhi, gli occhi del vecchio<br />
che stavano al buio, lontani dalla festa. – Si chiama Carolina, ha cinquanta-<br />
cinque anni, ha una rend<strong>it</strong>a e ha avuto un amante della sua età che è laureato<br />
in medicina, vero?<br />
Il vecchio prese un respiro, distolse lo sguardo ed asserì.<br />
– A me basta sapere questo.<br />
Rivolto verso le luci delle strade, quelle delle macchine che vi procede-<br />
vano per lungo da un capo all’altro dello sguardo, tra i quartieri illuminati<br />
dalle finestre, le luci di lampade per leggere i giornali del mattino rimasti in-<br />
tonsi fino a sera sul tavolo dei tinelli, la luce dei televisori fibrillanti che<br />
spacciavano pubblic<strong>it</strong>à e notizie false, i riflessi dei lampioni sul fiume sno-<br />
dato verso il mare nel cuore della c<strong>it</strong>tà, e la luce di dietro, quella della ter-<br />
razza con gli osp<strong>it</strong>i e quella della casa con altri osp<strong>it</strong>i ed il padrone dentro ed<br />
il figlio del padrone che si apprestava ad entrare, il figlio del padrone che lo<br />
aveva lasciato lì da solo con la notte davanti, le luci finte dentro la notte e<br />
senza un bicchiere per aiutare la gola che aveva dato fiato e parole fino a<br />
quel momento. – Il mantice che sono… Il mantice che non sono altro… che
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un mantice che sfiata, a vuoto –. Si volse verso la luce della casa, verso gli<br />
inv<strong>it</strong>ati che consumavano le loro tartine con le loro chiacchiere che avrebbe-<br />
ro prefer<strong>it</strong>o non dover fare né mangiare. Si volse e rimase poggiato alla rin-<br />
ghiera guardandoli sgranocchiare e parlottare e sorridere dopo aver bevuto e<br />
li guardò, anche senza occhiali e senza distinguerli bene, ma non solo imma-<br />
ginandoli, già sapendoli, belli e brutti, tutti vest<strong>it</strong>i belli, tutti di cinquant’anni<br />
ed oltre, vest<strong>it</strong>i come era vest<strong>it</strong>o il ragazzo di trenta che adesso aveva rag-<br />
giunto la propria moglie, anche lei bella e vest<strong>it</strong>a bella, di poco meno di<br />
trent’anni d’età, che aveva fatto una scelta, giusta o sbagliata che fosse, sce-<br />
gliendo di sposare quell’uomo (perché adesso non era più un ragazzo, ma un<br />
uomo) che non aveva ascoltato tutto quello che lui aveva avuto da dirgli e<br />
che quelle poche cose che aveva ascoltate le aveva segu<strong>it</strong>e per riuscire a far-<br />
si dire ciò che voleva sentirsi dire e che, comunque, anche se qualcosa l’ave-<br />
va ascoltata, doveva averla anche già dimenticata perché era troppo concen-<br />
trato ad elaborare le proprie elucubrazioni su se stesso e su quello che aveva<br />
commesso e sul padre e su quello che credeva e sperava che il padre avesse<br />
commesso. Eppure non gliel’aveva sent<strong>it</strong>o dire. Non dal vecchio.<br />
Si voltò nuovamente, verso il buio con le luci dentro, poggiato alla rin-<br />
ghiera, e sperò che la ringhiera cedesse. – Tutto il fiato che ho sprecato…<br />
avrei potuto tenerlo per vivere domani qualche ora di più… – e gli vennero<br />
in testa tutte le ore che aveva vissuto e che aveva tenuto a mente, adesso che<br />
stava immobile poggiato contro una ringhiera come era stato immobile e<br />
poggiato contro un muro da bambino mentre sfogliava le pagine di qualche<br />
libro, o come stava sempre poggiato contro lo schienale di una sedia dentro<br />
casa, immobile lui e la casa tutta, non un al<strong>it</strong>o di vento né un segno di v<strong>it</strong>a,<br />
in casa sua, vuota, e come era stato immobile e attento seduto nei banchi
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dell’univers<strong>it</strong>à prendendo appunti e poi immobile alla scrivania per studiarli<br />
insieme ai libri, ed altrettanto immobile era stato sempre anche nelle pizze-<br />
rie di fronte alla cena e alla compagnia della serata, sempre respirando con<br />
naso e bocca e parlando, ridendo anche, ma fermo, senza muoversi quel po’<br />
che sarebbe bastato… ognuna delle volte che avrebbe dovuto farlo, che<br />
avrebbe dovuto muoversi, cambiare faccia ed allungare una mano, stringere<br />
tra le d<strong>it</strong>a qualcosa che fosse non sua, ognuna delle volte che avrebbe dovu-<br />
to muoversi e bruciare altro ossigeno per togliere minuti alla sua v<strong>it</strong>a e go-<br />
dere della v<strong>it</strong>a di qualcun altro, ognuna di quelle volte, quando aveva t<strong>it</strong>uba-<br />
to e tentennato solo per poi rinunciare sempre; ognuna di quelle volte che<br />
aveva tenute a mente tornò ora, rifluì risucchiata nelle connessioni della sua<br />
mente e gli passò sotto gli occhi, rivedendole tutte.<br />
Esplosero in un applauso dietro di lui, un inno alla lunga v<strong>it</strong>a del festeg-<br />
giato che adesso abbracciava moglie e figlio e la moglie del figlio e poi suo<br />
fratello e poi qualcun altro. – È vero – pensò, – per quanto ne so io, potrebbe<br />
anche essere lui o potrebbe addir<strong>it</strong>tura non esistere alcun amante… ma que-<br />
sto cambierebbe qualcosa? Cambierebbe la v<strong>it</strong>a che ha passato Alberto? E<br />
cambierebbe la mia? E qualcosa sarebbe più giusta se sapessimo la ver<strong>it</strong>à<br />
fino in fondo, se sapessi anche quello che c’era nella testa e nel cuore di Ca-<br />
rolina?<br />
Brindarono e fecero tintinnare i bicchieri, chiunque ne avesse uno.<br />
– Dove sarà lei adesso?<br />
– Non lo saprai mai, amico – gli disse un uomo tarchiato e sgradevole di<br />
fianco a lui – ma è stata una bella storia.
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2<br />
Perché poteva essere vero. Se poteva essere vero che lei aveva preso in<br />
giro tutti (Alberto, l’amico di Alberto e indirettamente Matteo stesso, dopo<br />
che aveva sent<strong>it</strong>o raccontare tutta la storia del morto e ci aveva creduto), di-<br />
cendo che c’era un amante, un ragazzo della sua età (perché allora, se lui<br />
c’era stato veramente, al tempo era stato soltanto un ragazzo) che né Alberto<br />
né il suo amico avevano mai conosciuto come il suo amante ma che, senza<br />
saperlo, senza sospettare, avevano a detta di lei prima promosso e poi fatto<br />
laureare nell’anno in cui avrebbe dovuto diventare dottoressa anche Caroli-<br />
na e poi lo avevano dimenticato: dimenticati faccia, nome e numero di ma-<br />
tricola perché ancora non avevano motivi per tenerli a mente, perché solo<br />
dopo essersene liberati con un voto seppero che uno di quei giovanotti era<br />
l’amante di lei. Se poteva essere vero che lei aveva inventato l’esistenza di<br />
quest’uomo, magari per giustificare la separazione che Alberto, comunque,<br />
per amore o per ostinazione, non le avrebbe concesso e che lei poté ottenere<br />
solo attraverso la morte di lui; se lei poteva aver inventato la figura dell’a-<br />
mante giovane e bello e intelligente, magari ricalcandola sulla persona di<br />
qualche suo amico o su qualche studente che Alberto avrebbe potuto vaga-<br />
mente riconoscere o ricordare per qualche vago motivo, se poteva essere<br />
vero che lo aveva fatto magari per stimolare in lui la gelosia chissà per quale<br />
sentimento morboso che lei covava dentro; se poteva aver imbast<strong>it</strong>o quella<br />
farsa proprio per farlo scoppiare, per farlo star male e spingerlo al suicidio o<br />
alla morte in qualunque altro modo (e fu altro modo rispetto al suicidio) per
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appropriarsi dei soldi e delle sue case o per qualsiasi altro motivo gironzo-<br />
lasse nella sua testa; se poteva anche essere possibile che lei avesse inventa-<br />
to l’esistenza del suo amante giovane e mer<strong>it</strong>evole di amore (poiché bello e<br />
suo coetaneo ed anche intelligente ed intelligente anche perché era riusc<strong>it</strong>o a<br />
portarla via ad Alberto) per giocare e basta, per passare il tempo o per cerca-<br />
re di capire che genere di persona avesse sposato; oppure se lo aveva fatto<br />
per divertirsi a prendere in giro lui ed il suo amico che sarebbe stato uguale<br />
a lui se lui e lei non si fossero sposati, magari perché si era resa conto di non<br />
essere affascinata o addir<strong>it</strong>tura di odiare quell’uomo e tutto quel genere di<br />
persone stonate, come le aveva defin<strong>it</strong>e Giorgio; se poteva essere vero che<br />
Carolina non aveva mai avuto altri uomini durante il suo matrimonio con<br />
Alberto e se poteva anche essere vero che per un motivo o per l’altro, qua-<br />
lunque esso fosse, lei avesse inventato la presenza di un amante giovane e<br />
bello per vendetta, magari per vendicarsi del torto che le aveva fatto (se lei<br />
lo considerava un torto) negandole quel favore che aveva chiesto a suo tem-<br />
po per il suo amico (quando Giorgio gli aveva raccontato sulla terrazza an-<br />
che l’episodio del favore chiesto da lei per dare una mano ad un ragazzo di<br />
cui nessuno aveva saputo il nome perché il favore era stato rifiutato ancora<br />
prima); allora, se tutto questo poteva essere vero, poiché né Alberto né il suo<br />
amico avevano mai visto Carolina da sola insieme ad un altro uomo che<br />
vantasse di essere il suo amante o che fosse presentato loro da lei come tale<br />
(perché loro due, Alberto e Giorgio, non conoscevano né di nome né di vista<br />
quest’uomo), anche se lei aveva detto che lo avevano conosciuto in passato<br />
e che lo avevano addir<strong>it</strong>tura una prima volta bocciato e poi promosso nella<br />
loro materia al secondo appello; se tutto ciò poteva essere vero, allora pote-<br />
va anche essere vero che egli esistesse realmente e che fosse quella partico-
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lare persona da lui immaginata.<br />
Matteo pronunciò tra sé e sé un sommesso sì, mentre finiva di chiudere<br />
le porte dell’ascensore. Poteva essere vero. Lei poteva veramente aver avuto<br />
un amante se poteva essere altrettanto vero che non lo avesse avuto. – Sol-<br />
tanto che qui il giudizio non pende da nessuna delle due parti a prescindere<br />
dall’inesistenza di prove – aggiunse quando il cancelletto di ferro schioccò.<br />
– Se fossimo in un tribunale e lei fosse accusata di qualcosa e se mancassero<br />
prove a suo carico (e, innanz<strong>it</strong>utto, se riuscissimo a rintracciarla per notifi-<br />
carle la c<strong>it</strong>azione), non si potrebbe condannarla e la giustizia presupporrebbe<br />
la sua innocenza. Ma qui non ci sono colpe da imputare né crimini commes-<br />
si; tanto meno è la giustizia a poter parlare di quello che è successo, anche<br />
se volesse e troverebbe il modo di farlo, se lo volesse veramente. Ed è diffi-<br />
cile pendere da una parte o dall’altra perché: qual’è la differenza? Di certo<br />
non è stata colpa sua, di Carolina, se il tumore se l’è portato via… né colpa<br />
di Carolina né del suo altro uomo, se ce n’era uno. E soprattutto non è un<br />
verdetto di colpevolezza quello che potrebbe esprimere una sentenza di tri-<br />
bunale, perché si tratta della colpa di aver fatto cosa? E se il dubbio c’è tra il<br />
prediligere che lei abbia avuto un amante o che non lo abbia avuto, allora<br />
anche qui sarebbe impossibile inclinarsi in una direzione poiché: quale tra le<br />
due ipotesi sarebbe giusta o sbagliata? Giusta o sbagliata per la legge o per<br />
gli uomini… E, comunque, anche volendo credere a quello che direbbero i<br />
testimoni, soltanto lei e Dio saprebbero alla fine qual è la ver<strong>it</strong>à, e forse il<br />
suo amante, se un amante c’è stato. E, se la coincidenza trovo che sia credi-<br />
bile, se trovo che l’uomo descr<strong>it</strong>to da lei e quello che penso io possano esse-<br />
re la stessa persona, allora potrebbero credere che di una straordinaria coin-<br />
cidenza si tratti anche tutti gli altri figli e figlie dei medici che si sono lau-
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reati in quello stesso anno. E forse ognuno di loro, se fosse stato v<strong>it</strong>tima di<br />
un’altra straordinaria coincidenza, come lo sono stato io, sarebbe fermamen-<br />
te convinto di quello che crede. E, di nuovo, come potrei sapere quale è la<br />
ver<strong>it</strong>à? Quando, anche chiedendolo a lei, se riuscissi a trovarla un giorno,<br />
oppure facendomi raccontare tutto da lui, il suo amante o ex amante, sareb-<br />
be ancora una volta solo Carolina a sapere cosa è realmente successo… e<br />
non è detto che sarebbe disposta a dirlo.<br />
Pensò questo ed infilò la chiave nella serratura, la fece ruotare e toccò la<br />
porta col palmo della mano libera. La toccò: casa sua. La sua carne con la<br />
sua casa, in contatto l’una con l’altra. La sua v<strong>it</strong>a con quello che la rappre-<br />
sentava: la porta con dietro tutto quello che aveva tratto dalla propria esi-<br />
stenza, la porta blindata con dietro sua moglie. Le mura di cemento con at-<br />
taccato un pezzo di legno e con dentro un pezzo di carne che sapeva muo-<br />
versi e parlare e che lui amava: la donna bella che aveva voluto per sé da<br />
quando l’aveva vista per la prima volta seduta con le ginocchia strette ed i<br />
talloni sollevati, la testa bassa e bionda dei capelli che le giravano attorno al<br />
collo e lungo le spalle fino al seno, esile e disattenta al fragore della prima<br />
ora di ricreazione del nuovo anno scolastico in cui lui aveva lasciato il piano<br />
della propria aula per vedere le facce dei nuovi acquisti ed era inciampato,<br />
oltre la fila per la pizza e le ciambelle, nella figura di lei assorta in qualcosa<br />
che non aveva a che fare con le lezioni o l’intervallo o i numeri di telefono<br />
dei nuovi compagni. Non era triste e neanche allegra, soltanto impegnata a<br />
pensare a qualcosa che non avrebbe rivelato, e la prima cosa che volle Mat-<br />
teo da lei fu sapere cosa stava covando, così si era avvicinato per chiederle<br />
come si chiamava e quale classe frequentava per poi presentarsi e poterle<br />
chiedere se conosceva già qualcuno e perché stava lì da sola a pensare cosa.
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Così passò oltre la fila degli affamati-con-i-soldi-in-mano e la scrutò un atti-<br />
mo nel volto e si accorse che era veramente molto bellina, sia in viso che al-<br />
trove, e che presto qualcuno si sarebbe sbrigato a farsi sotto, quindi sarebbe<br />
stato meglio farlo sub<strong>it</strong>o ed assicurarsi lo ius primae noctis. E fece un altro<br />
passo e vide la sua pelle bianca sulla carne compatta e fresca e immaginò<br />
che non era fatta così solo sulle braccia, ma che tutto il suo corpo doveva es-<br />
sere pul<strong>it</strong>o, snello e sodo e soffice, come soffici erano i capelli veramente<br />
biondi e tutto il resto. Finché fece un altro passo e lei si accorse di lui e lui si<br />
accorse dei suoi occhi che erano l’unica cosa che aveva truccata e che l’ave-<br />
va fatto con una leggera ombra di azzurro. Lei lo guardava ed aspettava. E si<br />
conobbero.<br />
Sua moglie, quando stava in casa, portava d’inverno un maglione largo<br />
che la faceva sembrare una bambina, con le trecce legate sopra le orecchie<br />
come se le faceva quando era in vena di allegria, mentre d’estate girava con<br />
le gambe scoperte fin’oltre metà della coscia, un paio di calzoncini da mare<br />
del mar<strong>it</strong>o ed una canottiera rosa confetto che sicuramente stava indossando<br />
anche ora, mentre lui apriva la porta e lei iniziava a preparare la cena. In<br />
piedi di fronte ai fornelli, un cucchiaio di legno tra la mano e la padella, in-<br />
tenta a mescolare qualche soffr<strong>it</strong>to con patate e piselli, avrebbe sorriso ve-<br />
dendolo arrivare, avrebbe distolto lo sguardo dallo sfrigolare dell’olio e del-<br />
la cipolla e avrebbe allungato il collo da una parte per farsi baciare, lo<br />
avrebbe fatto come lo faceva ogni volta che lo vedeva spuntare dalla porta<br />
del corridoio, già sapendo che sarebbe arrivato perché aveva sent<strong>it</strong>o le sue<br />
chiavi sfregare ed entrare nella serratura e girare, e poi lo scatto della serra-<br />
tura, il suo passo nell’ingresso, la porta accompagnata fino all’urto del cate-<br />
naccio contro l’anta bloccata ed il piccolo urto infine della porta richiusa. E
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lei che già sapeva di doversi sporgere per doverlo baciare appena l’avrebbe<br />
visto spuntare dal corridoio. Perché lui era suo mar<strong>it</strong>o ed era appena tornato<br />
a casa. Ma fingendo di non sapere che fosse arrivato.<br />
Erano mar<strong>it</strong>o e moglie. Due v<strong>it</strong>e intrecciate come lo erano le ciocche<br />
delle sue trecce quando voleva legare i capelli in trecce. A lui piaceva quan-<br />
do legava i capelli in quel modo e quando li lasciava sciolti e lunghi dietro<br />
la schiena o raccolti sulla nuca con le mollette rosa. Lei chiedeva se gli pia-<br />
cessero i capelli messi in quel modo e lui diceva di sì perché gli piacevano<br />
sempre e in ogni modo perché erano della sua ragazza, era così che si erano<br />
sposati.<br />
Erano sposati, tenuti insieme da qualcosa, dalle promesse fatte senza<br />
parlare: le promesse che ognuno aveva immaginato di sentir dire dall’altro;<br />
le parole che aveva detto il prete; la material<strong>it</strong>à del sesso; la piaga del denaro<br />
e della casa, il tetto; la coscienza; la certezza; le spalle coperte; scendere giù<br />
per una discesa con i freni rotti; un figlio in futuro se potesse dover cap<strong>it</strong>are;<br />
una canzone per noi; doversi svegliare ogni mattina alla stessa ora; avere<br />
qualcuno che ti svegli ogni mattina a quell’ora; cambiare ab<strong>it</strong>udini chissà<br />
perché; ciao, bacio, porta. E la sera a cena quello che c’è.<br />
Sembrava differente, quando passavano tutto il giorno insieme nella ca-<br />
mera di lui o di lei ed era un po’ come fossero già sposati e parlavano anche<br />
di come lei dovesse portare i capelli o di cosa avrebbero fatto ognuno della<br />
propria v<strong>it</strong>a, con quale lavoro e poi, per scherzare, con chi – scherzando per-<br />
ché era chiaro con chi avrebbero risposto di voler passare la v<strong>it</strong>a. Già si sen-<br />
tivano sposati, con tutta l’intim<strong>it</strong>à che era nata e con tutte le cose che sape-<br />
vano l’uno dell’altra e viceversa e con la loro capac<strong>it</strong>à di prevedere quello<br />
che avrebbe detto o fatto l’altro in certe occasioni, e la gioia che nasceva da
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questo li elettrizzava e li faceva abbracciare, e sapevano che sarebbe stato<br />
sempre bello così.<br />
Sposati. Anche per dare al suocero una garanzia nei confronti di Bene-<br />
detta, sua figlia: la figlia del suocero. Il suocero che disse chiaramente come<br />
stavano le cose. L’uomo già mar<strong>it</strong>o e già padre che disse ad entrambi, a lui e<br />
a lei, figli e futuri sposi, cosa un matrimonio fosse e a cosa servisse: che la<br />
v<strong>it</strong>a tra gli uomini è guerra e che ognuno combatte per difendere i propri di-<br />
r<strong>it</strong>ti, la proprietà individuale sua e dei suoi figli e la v<strong>it</strong>a propria e dei figli<br />
suoi e di come i figli devono imparare a difendersi e di come, quando questi<br />
siano nati femmine, quando il padre di loro sia morto o non sia più in grado<br />
di difendere le loro v<strong>it</strong>e ed i loro interessi o non voglia più farlo, è un mar<strong>it</strong>o<br />
quello che serve loro per continuare ad essere protette in mancanza del pa-<br />
dre, ed è un mar<strong>it</strong>o che serve per difendere la propria fortezza durante la<br />
guerra quotidiana degli uomini, qualcuno che sappia come fare quando il<br />
capo del gruppo sia venuto a mancare. E così per sempre: difendere e adde-<br />
strare a difendere, o cercare qualcuno in grado di difendere o di essere adde-<br />
strato a difendere, fin quando almeno non si smetta di voler generare figli e<br />
dir<strong>it</strong>ti e proprietà da dover custodire e mantenere integri e salvi.<br />
Un matrimonio al quale era arrivato dopo aver appreso o comunque<br />
dopo aver creduto di aver appreso cosa significasse essere due invece di uno<br />
solo; dopo aver imparato o creduto di sapere cosa fosse una donna e cosa<br />
fosse un uomo e cosa ci potesse essere tra un uomo ed una donna e di come<br />
questo potesse esserci in tutti i modi di condividere la v<strong>it</strong>a che entrambi ave-<br />
vano imparato a conoscere; cose che aveva imparato con la pelle anche di<br />
altre donne e sulla loro pelle (come lei le aveva imparate con e sulla pelle di<br />
altri uomini che al tempo erano stati soltanto dei ragazzi). Un matrimonio
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che stava dietro una porta. E adesso la mano, la sua carne, quella di lui, con-<br />
tro il loro legno, o meglio quello di lei perché il Generale, il padre di lei,<br />
aveva sì acconsent<strong>it</strong>o al matrimonio ed aveva concesso l’uso della casa che<br />
era stata del proprio padre – il nonno di Benedetta – ma solo a condizione<br />
che l’appartamento venisse intestato a nome della figlia, nel caso in cui Mat-<br />
teo potesse un giorno decidere che il gioco doveva terminare. Perché, per<br />
quanto magnanimo poteva essere apparso il Generale, egli aveva tenuto in<br />
conto ognuna di quelle cose che lui stesso avrebbe potuto fare se fosse stato<br />
nei panni del genero. E così tornava a casa (casa loro che era più casa di lei<br />
che casa di entrambi, per quanto piacesse a tutti e due definirla ufficiosa-<br />
mente la “loro casa”) aprendo la porta col rumore sempre identico della<br />
chiave che girava nella toppa e del mazzo che pendeva urtando e scheggian-<br />
do il legno ogni sera sempre nello stesso punto, ogni sera scavando poco di<br />
più, impercettibilmente di più, sempre poco di più incidendo i tre centimetri<br />
di lacca appena sotto la serratura. E rientrava in casa chiudendo e cammi-<br />
nando poi lungo il corridoio, sempre guardando la luce sbucare dalla cucina<br />
e cercando di spiare se c’era l’ombra di lei che accennava uno scontro o un<br />
abbraccio e sempre sapendo che lei era già all’opera e che avrebbe trovato il<br />
tempo solo di allungarsi di lato per baciarlo appena prima che lui fuggisse a<br />
cambiarsi nel pigiama. E ogni sera, seduti compostamente a tavola, con<br />
quello che c’era da mangiare che era sempre qualcosa di buono perché fatto<br />
in casa e non comperato precotto, sapeva che avrebbe potuto cibarsi, disse-<br />
tarsi, non dover restare muto prima di andare a dormire e poter gioire prima<br />
di andare a dormire perché si sarebbe coricato al fianco della donna che<br />
amava e dalla quale sapeva di essere amato (ed era convinto di conoscere il<br />
vero, proprio nella stessa misura in cui confidava che lei fosse convinta del-
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la stessa cosa). E questo era durato sei anni, solo sei anni, per Alberto. E po-<br />
teva lamentarsi Alberto? quando avrebbe addir<strong>it</strong>tura potuto non passare in<br />
quel modo neanche due giorni e forse neanche uno? Poteva lamentarsi?<br />
avrebbe potuto? Era nato e cresciuto e aveva poi vissuto sempre nella stessa<br />
identica maniera per sessantaquattro anni, come gli aveva raccontato l’ami-<br />
co del morto (il morto Alberto, deceduto ormai da parecchi anni e di cui si<br />
sarebbero perse memoria, tracce e tomba, se non fosse stato per l’attacca-<br />
mento morboso del suo amico alla sua vicenda poiché era tanto simile alla<br />
propria); e cosa avrebbe potuto cambiare l’andare delle cose se non fosse<br />
apparsa Carolina un bel giorno? Chi o cosa avrebbe potuto cambiare, anche<br />
solo per poco, la sua v<strong>it</strong>a, chi se non Carolina? Così per quei sei anni di tre-<br />
gua poteva r<strong>it</strong>enersi soddisfatto e, per quello che emergeva dal racconto del<br />
dottore, Alberto si r<strong>it</strong>enne tale. Infatti non l’aveva presa in astio con Caroli-<br />
na, non l’aveva odiata e non ne aveva chiesto il cadavere e la questione,<br />
quella triste storia, poteva finire lì, con la morte del protagonista come sem-<br />
pre finisce e dovrebbe finire… ed invece il ricordo e la tradizione orale la<br />
portavano avanti, avevano spinto gli osservatori a cercare qualcosa in più,<br />
avevano stimolato la curios<strong>it</strong>à a sbirciare dietro il sipario ormai già calato<br />
per scoprire cosa ci fosse oltre agli avvenimenti narrati.<br />
C’era Benedetta in cucina che, si chiedeva suo mar<strong>it</strong>o tra le due mura del<br />
corridoio, dove c’erano i quadri e gli interruttori delle luci appese avv<strong>it</strong>ati<br />
sulla carta, come lo stava vivendo o l’aveva vissuto il cambio operato dal<br />
matrimonio e come aveva vissuto prima? – Magari lei avrebbe parecchio da<br />
ridire… magari lo dice ogni giorno da quando le ho messo quell’anello ed io<br />
invece ci sono arrivato soltanto oggi, il giorno dopo che quel vecchio mi ha<br />
raccontato quel mare di pianto suo e del suo amico, anche se fossero state
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soltanto bugie, magari. Perché io sono convinto che lei sia felice ma non ne<br />
sono sicuro.<br />
– Finalmente sei arrivato – esclamò quando lo vide apparire oltre lo sti-<br />
p<strong>it</strong>e, lui che neanche s’era accorto di essere già entrato in cucina e di aver<br />
iniziato a togliersi la giacca, la giacca pul<strong>it</strong>a e leggera che lei gli aveva pre-<br />
parato la sera prima e che quella mattina aveva trovata pronta appesa alla<br />
stampella appesa dietro la porta della camera, anche la camera da letto ras-<br />
settata e composta, sicuramente come la trovava e l’avrebbe r<strong>it</strong>rovata ogni<br />
sera al suo rientro, con le tende tirate ed i cuscini paffuti ed inv<strong>it</strong>anti, i cas-<br />
setti ordinati per quando lui li avrebbe aperti per prendere gli slip dal secon-<br />
do in basso e dal terzo i calzini, come pronta era la tavola apparecchiata<br />
bene secondo l’etichetta, come secondo etichetta una moglie avrebbe dovuto<br />
averla preparata, come una moglie avrebbe dovuto essere. – Avevo paura<br />
che si freddasse la carne.<br />
Sorrise e le si fece incontro per baciarla lievemente, soltanto un bacio<br />
del rientro, per poi sub<strong>it</strong>o girare sui tacchi e sbrigarsi ad indossare il pigiama<br />
in fretta perché altrimenti la carne si sarebbe freddata sul serio e lei avrebbe<br />
preso paura sul serio.<br />
Mentre faceva passare il braccio nella manica, la carne che scorreva den-<br />
tro la seta – cotone al cinquanta per cento, diceva l’etichetta cuc<strong>it</strong>a dietro il<br />
collo che gli irr<strong>it</strong>ava la pelle ma che non andava tagliata altrimenti avrebbe<br />
fatto peggio – già immaginava il loro dialogo seduti a tavola, il lento scam-<br />
bio di battute di due attori su un canovaccio male steso, male perché non era<br />
chiaro a quale finale stesse tendendo ed anzi non era proprio ancora stato<br />
scr<strong>it</strong>to il finale, la chiosa: quella che vivevano era piuttosto ancora una pro-<br />
va scenica, un provino per gli attori o un tentativo di aggiustare il clima del-
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l’opera, ma non era il fine ultimo. E questo andava bene perché Matteo non<br />
avrebbe voluto sapere che la moglie l’avrebbe lasciato in un giorno preciso,<br />
come anche Alberto, il medico, non avrebbe voluto sapere che il suo mo-<br />
mento di gioia sarebbe durato solo un momento breve di sei anni brevi e<br />
fuggevoli nei settanta della sua v<strong>it</strong>a. Per Matteo il futuro, prima che fosse ar-<br />
rivato, era meglio immaginarlo che conoscerlo. Così il lento scambio di frasi<br />
dilu<strong>it</strong>o dal masticare muto della carne dentro altra carne dentro seta e cotone<br />
era chiaramente impresso nella sua immaginazione che però non poté lavo-<br />
rare perché già aveva fin<strong>it</strong>o di allacciare l’ultimo bottone e si trovava sull’u-<br />
scio della camera intento a dirigere verso la tavola, intento a sedersi per<br />
mangiare e dire i suoi ah e bah.<br />
E parlarono di cosa avevano fatto entrambi durante il giorno e lei ripeté<br />
la stessa cosa che gli aveva già detto al telefono verso metà giornata e lui, in<br />
un’altra occasione, le avrebbe ricordato di averla già sent<strong>it</strong>a dire quella sto-<br />
ria, ma questa volta rimase muto, senza sentire altro che il rumore delle ga-<br />
nasce che facevano sbattere i denti e il rumore della sprem<strong>it</strong>ura della carne<br />
dentro la propria bocca, il rumore del lavoro dei molari e dei liquidi che co-<br />
lavano e mescolavano finché non veniva tutto deglut<strong>it</strong>o, fino al suo turno di<br />
parlare per dire che sì, era stato al lavoro ed era usc<strong>it</strong>o solo per mangiare un<br />
tramezzino, sì, solo un tramezzino perché non aveva fame, al tonno e pomo-<br />
doro con dopo un caffè, ed era sub<strong>it</strong>o rientrato in ufficio ed aveva fin<strong>it</strong>o di<br />
lavorare e poi era tornato a casa senza fermarsi a parlare con i colleghi per-<br />
ché semplicemente non ne aveva voglia: una giornata tranquilla. – Vediamo<br />
un po’ di televisione?<br />
– Mi sembra che non ci sia niente di bello stasera. Restiamo ancora qui.<br />
Fermi ai propri posti, rimasero a finire di bere quello che avevano nei
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bicchieri finché non fu vuota anche la bottiglia. Matteo ascoltava la moglie<br />
parlare di cose riguardanti il condominio e la prossima assemblea alla quale<br />
lui non sarebbe andato, già l’aveva detto, mentre lei voleva che partecipas-<br />
sero entrambi per imporre in qualche modo la loro scelta (la scelta di Bene-<br />
detta, visto che a lui interessava niente) di sost<strong>it</strong>uire l’attuale amministratore<br />
che sicuramente faceva le creste ai conti e sulle fatture delle d<strong>it</strong>te, come tutti<br />
ben sapevano fingendo di non curarsene per indolenza, paura, complic<strong>it</strong>à o<br />
perché accettavano l’idea che, in qualche modo, comunque, bisognava tutti<br />
arrotondare per vivere decentemente, e anche un po’ meglio, e che bisogna<br />
tutti accettare o ignorare o fingere di ignorare un discreto margine di illice<strong>it</strong>à<br />
altrui per garantirsi certi agi. Voleva che il mar<strong>it</strong>o partecipasse perché non<br />
era in grado da sola di spiegare bene la s<strong>it</strong>uazione agli altri condòmini senza<br />
rischiare di commettere ingiuria e svegliarsi un giorno con una querela a ca-<br />
rico, ed aggiunse anche che avrebbe potuto proporsi lei come amministrato-<br />
re, visto che non aveva un lavoro e che le piaceva curarsi della salute dello<br />
stabile, ed ora Matteo avrebbe dovuto dare una risposta che avrebbe potuto<br />
suonare pressappoco: “Non è facile amministrare un condominio, si hanno<br />
tante responsabil<strong>it</strong>à, ci vuole tanta forza per l<strong>it</strong>igare con tutti e per farli<br />
smettere di l<strong>it</strong>igare fra loro se stanno mettendoti i bastoni tra le ruote, e lo<br />
faranno sempre, anche se non è loro intenzione, e bisogna sempre difendersi<br />
da tante accuse uguali a quelle che tu hai intenzione di lanciare contro l’at-<br />
tuale nostro amministratore, soprattutto se sei stata tu ad accusare prima e a<br />
sbagliare poi, anche se non sbaglierai, perché comunque tutti ti staranno con<br />
gli occhi puntati addosso e aspetteranno che tu faccia una mossa sbagliata…<br />
perché la gente ha bisogno di prendersela sempre con qualcuno che sembri<br />
eserc<strong>it</strong>are un potere più forte del loro…”, ma, invece di parlare, colse l’odo-
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re della moglie seduta oltre lo spigolo del tavolo alla sponda di fianco alla<br />
sua, quell’odore di lavanda e di pul<strong>it</strong>o, la sua pelle fresca e chiara che odora-<br />
va di panni stesi e profumati ma ancora umidi, il suo odore di giovinezza e<br />
candore che lo aveva tenuto sveglio di notte quando lei ab<strong>it</strong>ava ancora con i<br />
suoi e lui pure e non si erano ancora mai nemmeno baciati, quando lui nella<br />
sua stanza o dovunque si trovasse stava pensando a lei e restava fermo d’im-<br />
provviso, come era fermo anche adesso, e si concentrava sull’odore finché<br />
non tornava dalla zona della mente in cui era rinchiuso e codificato fino al<br />
naso o dovunque il suo corpo fosse in grado di percepirlo e allora teneva gli<br />
occhi ben stretti, serrati come gli si sprangava anche lo stomaco, e stringeva<br />
i pugni e non sapeva se piangere o no perché qualcuno avrebbe potuto ac-<br />
corgersene e chiedere cosa era successo e sarebbe stato inutile ed imbaraz-<br />
zante spiegare cosa era successo perché non era a chi poteva accorgersi che<br />
stava piangendo che andava spiegato cos’era successo, perché era a lei che<br />
doveva farlo sapere, non ad altri. Adesso, invece, doveva dirle qualcos’altro,<br />
doveva darle la risposta che stava aspettando, doveva parlare dell’ammini-<br />
stratore e della riunione di condominio… doveva farlo con l’odore di lei che<br />
gli aveva fatto stringere i pugni e chiudere gli occhi per un attimo, anche lì<br />
in quel momento accanto a lei. Quando li riaprì la vide sorreggere il capo<br />
sulle nocche di una mano e fissarlo con sorriso atton<strong>it</strong>o. Era sua moglie, non<br />
doveva più spiegarle perché aveva potuto voler piangere pensando a lei, lo<br />
scopo ormai era stato raggiunto: poteva sentire il suo odore senza doversi<br />
concentrare, poteva baciarla senza temere un rifiuto e poteva parlarle del-<br />
l’assemblea della settimana successiva.<br />
– Allora?<br />
Odorava di freschezza e di lavanda, profumo di Marsiglia, Francia meri-
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dionale e campagna verde in fiore, tenera e soffice, odorava di morbidezza e<br />
campanule e sembrava un batuffolo di lanugine che germoglia sulla punta<br />
degli steli esili e che il vento porta via insieme al soffio dei bambini. Lui che<br />
immaginava, quando ancora vivevano separati e senza ancora essersi bacia-<br />
ti, di portarla una volta in autunno a passare una giornata in campagna insie-<br />
me al sole tenue e le foglie gialle sotto i tronchi grigi e secchi, e sedere vici-<br />
ni avvolti nei loro cappotti lunghi con l’aria pungente e ferma sulle guance<br />
arrossate, stare un giorno intero insieme nel languore della calma delle colli-<br />
ne e dei castagni selvatici messi in fila lungo un viale deserto di un paese so-<br />
p<strong>it</strong>o all’ora di pranzo… e invece non c’erano mai stati, neanche da sposati,<br />
perché poi la gioia cancella tutto.<br />
– Oh!<br />
Lei era bella e tenera e odorava di pace e vaniglia, rugiada sul prato e<br />
Francia e lana pul<strong>it</strong>a e voleva una risposta.<br />
– Ecco… io credo che… credo che faresti meglio… non sarebbe una<br />
cattiva idea… forse faresti bene a lasciar stare questa storia, a tenerti fuori<br />
da certi grattacapi… penso che sarebbe meglio tenersi il più possibile lonta-<br />
no dalle grane. Ne abbiamo dovuta affrontare già qualcuna e ho imparato<br />
che… se i guai arrivano vanno affrontati, ma non voglio andarne in cerca –.<br />
Così adesso lei avrebbe tirato fuori la questione delle creste e delle mazzette<br />
dell’amministratore e del lavoro che avrebbe voluto e che quello le sarebbe<br />
piaciuto fare, solo che già lo stava facendo qualcuno che ci rubava sopra e<br />
tutto il resto. E allora aggiunse: – Un lavoro… puoi sempre trovarne un altro<br />
di lavoro, non credo che il tuo sogno sia sempre stato quello di fare l’ammi-<br />
nistratrice di condominio, potresti cercare qualcos’altro… qualcosa di meno<br />
oneroso, qualcosa con meno responsabil<strong>it</strong>à e più tranquillo. Se vuoi posso
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chiedere in giro, possiamo sentire mio padre… una volta…<br />
– Così non hai intenzione di venire a questa assemblea?<br />
C’era poco altro da ricordare, adesso. – No. Già te l’avevo detto. Non ho<br />
bisogno di altre grane… non voglio dover l<strong>it</strong>igare e affilare le lame… non<br />
mi va… e neanche tu dovresti… non dovresti prendertela così a cuore. Se è<br />
per il lavoro, te l’ho detto, ne troviamo un altro… uno migliore.<br />
– Ma quell’uomo…<br />
– Quell’uomo probabilmente sbaglia… ma, lo sai bene, con un uomo<br />
cattivo è meglio non averci a che fare, lo sappiamo bene, vero? Ricordi? E<br />
vorresti andare lì ad iniziare una guerra personale per cosa? Oltre che per<br />
fargli saltare i nervi anche per soffiargli il lavoro e fargli credere che hai<br />
sempre voluto rubare al posto suo e che quei soldi che lui crederà tu starai<br />
rubando gli spettino… così, per avere quei soldi in più che tu non avrai e per<br />
vendicarsi, si metterà a farci cose anche peggiori di quelle che fa adesso non<br />
solo a noi ma, in piccola quant<strong>it</strong>à, a tutte le famiglie che vivono qui. No, la-<br />
scia stare. Stiamone lontani. Teniamoci lontani da queste rogne, non ci ser-<br />
viranno a vivere meglio.<br />
Ci pensò sopra finendo di vuotare il bicchiere, mise da parte le posate di<br />
entrambi nel proprio piatto, mise i piatti uno sopra l’altro, controllò che lui<br />
avesse fin<strong>it</strong>o di bere, – Forse hai ragione… è meglio ev<strong>it</strong>are problemi. Tro-<br />
verò qualcos’altro –. Portò piatti e bicchieri al lavabo, tornò per raccogliere<br />
la tovaglia e concluse: – Sì, cercherò qualcos’altro. Ma mi aiuterai a trovar-<br />
lo! – e lo disse sorridendo, soddisfatta. E, sorridendo, anche lui rispose di sì<br />
e cambiarono stanza con la scia lasciata dall’odore di lei e lui dietro.<br />
Poi, dopo, solo la luce della cucina accesa a notte fonda. Il rumore del-<br />
l’acqua che scorreva nel lavabo e il rumore di stoviglie.
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– Lavi i piatti a quest’ora? – gli chiese col sonno addosso.<br />
– Non riuscivo a dormire – disse e, mentre asciugava le posate (le imma-<br />
ginava ancora una volta entrare nella bocca della moglie e i suoi denti strin-<br />
gere la carne e tirare via, ed il ferro che ora stava nel panno prima era stato<br />
tra le labbra della bocca che avrebbe baciato e così, adesso, sia lui che il fer-<br />
ro erano quasi allo stesso livello, ma non così a fondo come lo era stata la<br />
carne della cena), aggiunse a mezza voce: – A dire il vero, da un po’ ci sono<br />
un sacco di cose che non riesco a fare. Non riesco a scrivere, non riesco a<br />
studiare, non riesco a guardarmi allo specchio… – lo diceva perché sapeva<br />
di poterlo dire, perché sapeva che erano stati insieme da ragazzi e che poi si<br />
erano sposati affinché potessero parlare con l’altro come se stessero parlan-<br />
do con se stessi, perché era questo che Matteo aveva cercato quando era an-<br />
dato sempre in caccia di ragazze e poi di una moglie: oltre che buona carne<br />
da usare per trarne piacere materiale, aveva cercato anche, se non a tutti gli<br />
effetti uno specchio di se stesso, qualcuno che riuscisse con il tempo a com-<br />
prenderlo tanto bene da poter ascoltare quello che aveva da dire come se<br />
fossero parole proprie, come se non stessero mai dialogando ma solo facen-<br />
do entrambi lunghi monologhi in una stanza vuota e buia senza nessuno<br />
dentro tranne loro stessi, per esorcizzare quel senso di pazzia che avrebbero<br />
provato parlando veramente da soli chiusi in bagno e per non dover soffrire<br />
il malessere di non poter gettare fuori le cose perché nessuno le avrebbe vo-<br />
lute raccogliere e, anzi, sarebbero stati anche guardati di sbieco perché<br />
avrebbero inquinato il mondo altrui. Così non era solo perché l’amava e l’a-<br />
mava perché lei sapeva ascoltare. Non l’aveva cercata e sposata solo per<br />
questo, come ne aveva cercate altre cinque o sei e aveva pensato quasi con<br />
tutte loro di sposarle, non solo per l’amore che sapeva di provare, ma soprat-
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tutto l’aveva chiesta in moglie per non dover parlare da solo come faceva<br />
prima di diventare il suo ragazzo e per non doversi attribuire di propria<br />
mano l’etichetta di squilibrato o pazzo o alienato che avrebbe cuc<strong>it</strong>o addos-<br />
so a chiunque, anche a Giorgio e ad Alberto che, per propria ammissione, di-<br />
cevano in qualche maniera di mer<strong>it</strong>arne una.<br />
Benedetta rimase in silenzio, gli passò un braccio dietro la schiena, so-<br />
pra il nodo che lui aveva fatto per indossare lo zinale. Gli chiese cosa ci fos-<br />
se a turbarlo – Sembravi felice prima, quando ci siamo messi a letto – e su-<br />
b<strong>it</strong>o dopo: – Cosa c’è adesso?<br />
Iniziò a insaponare un piatto e le chiese se ricordava di quell’amico del<br />
padre, Giorgio, il dottore che incontravano ogni tanto a tutte le cerimonie e<br />
spesso anche per puro piacere dei gen<strong>it</strong>ori di lui. – Mi ha raccontato la storia<br />
di un uomo disgraziato che fu ancora più disgraziato dal momento in cui tro-<br />
vò quello che aveva sempre sperato di trovare. E così stavo pensando alla<br />
moglie che lo fece soffrire tanto e poi mi sei venuta in mente tu. Perché se tu<br />
sei la donna che mi impedisce di stare male e se tu sei la donna che impedi-<br />
rebbe a chiunque di stare male… e se sei bella quanto lo sei… mi chiedevo<br />
allora come deve essere, invece, una donna che un uomo l’ha ridotto alla<br />
morte…<br />
Passò il piatto sotto il getto caldo dell’acqua che schizzò un poco intorno<br />
al lavello e sul grembiule. Benedetta asciugò con un panno la superficie<br />
umida. – E allora?<br />
– Allora cosa?<br />
Benedetta, che forse stava pensando o forse aveva sonno e, anzi, sicura-<br />
mente aveva sonno perché teneva ancora gli occhi socchiusi, tenute accosta-<br />
te le palpebre dal torpore della notte, tranquilla la notte, pesanti e calanti le
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sue ciglia che la luce algida del globo faceva serrare, la luce che premeva<br />
sugli occhi e lei che abbassava le palpebre non per coprire e proteggere i<br />
suoi bulbi, ma come per volerli spingere in dentro, più giù dentro il cranio,<br />
lontani dai riflessi chiari e dal lampo statico e perenne che pioveva bianco<br />
dal soff<strong>it</strong>to, e parlava ancora trascinandosi dietro, sin dal momento in cui si<br />
era alzata dal letto, il letto che aveva trovato vuoto dalla parte del mar<strong>it</strong>o e<br />
che aveva abbandonato per seguire la luce e il rumore dell’acqua, quel ru-<br />
more che era stata la prima cosa che aveva notato dopo la sensazione di vuo-<br />
to tra le braccia, si trascinava ancora dietro nella voce la pastos<strong>it</strong>à gutturale<br />
del dormire, la spossatezza del risveglio inatteso, e con occhi a serranda e<br />
parole viscose che, però, (occhi e voce) andavano pian piano sciogliendosi, i<br />
primi sempre più disposti a ricevere luce e la bocca sempre più a suo agio<br />
nel r<strong>it</strong>mo, ma lentamente ed inciampando, chiese (e l’atto del chiedere fu<br />
l’unica cosa che riuscì a produrre mentre rimaneva poggiata, quasi dormien-<br />
te e neanche del tutto sveglia in cucina, perché chiedere era l’unica cosa che<br />
potesse e che le sembrasse logico fare per quanto riuscisse, appena destata, a<br />
comportarsi in maniera logica, perché non aveva risposte, ora, per domande<br />
che non le erano state rivolte e voleva sapere per quale ragione lei e suo ma-<br />
r<strong>it</strong>o non fossero coricati nel letto come avrebbero dovuto esserlo alle… che<br />
ora era?): – Perché ti interessa sapere che faccia ha il male quando in questa<br />
casa non ce n’è? O hai paura forse che io possa farti soffrire in qualche<br />
modo?<br />
C’era l’acqua che cascava contro il fondo del lavello, il rumore del gor-<br />
go nello scolo, il rumore del coccio appena lavato, l’odore del detersivo al<br />
limone, il colore bianco del coccio, il colore bianco della schiuma rel<strong>it</strong>ta nel<br />
lavabo, il colore verde del detersivo nella sua bottiglia verde e poi la pelle di
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lei contro la pelle di lui, nelle mani e sulla faccia, con le mani di lui bagnate<br />
che stavano bagnando anche le mani di lei. L’odore del sapone e della pelle<br />
appena usc<strong>it</strong>a dal letto, l’odore del sonno e della notte squarciata dal ricor-<br />
do. Lei bella e così vicina che, se undici anni prima gli avessero detto che<br />
l’avrebbe avuta tra le braccia, sarebbe svenuto sopraffatto da quell’odore<br />
che aveva archiviato nella testa e che ogni tanto si sforzava di far riemerge-<br />
re.<br />
– Mi ha raccontato di quell’uomo… si chiamava Alberto. Mi ha raccon-<br />
tato di quell’uomo e di come morì e del motivo che lo portò a morire. Non<br />
credevo che una donna… non credevo che un essere umano potesse uccider-<br />
ne un altro senza neanche toccarlo o colpirlo – ed immaginò che sarebbe po-<br />
tuto succedere anche a lui, ma non sapeva se ne sarebbe morto, forse al mas-<br />
simo svenuto…<br />
to?<br />
Lei strinse l’abbraccio, magari solo per riposare un po’. – Come è mor-<br />
– L’hanno lasciato solo –. Chiuse il rubinetto. – Non lo hanno mai avvi-<br />
cinato, nessuno, per cinquant’anni, e poi l’unica persona che gli si accostò,<br />
la donna che divenne sua moglie, lo abbandonò avendolo sposato solo per<br />
tenersi le sue cose e i suoi soldi. Ma lui, quell’amico di mio padre, dice che<br />
non è per colpa di lei che è morto… perché il suo male era nato nel momen-<br />
to in cui si era accorto di non poter mai vivere insieme a qualcuno, perché si<br />
era accorto che nessuno avrebbe avuto voglia di prenderlo con sé, dice quel-<br />
l’amico del morto e di mio padre.<br />
– E allora?<br />
Sciolse l’abbraccio della moglie e sciolse il nodo che teneva allacciato il<br />
grembiule. – E allora non ci credo.
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La moglie prese il grembiule e lo appese al gancio del muro, quello di<br />
fianco al frigorifero; era quasi del tutto sveglia se poteva aver fatto una cosa<br />
che qualunque altro essere umano bisognoso di riposare avrebbe r<strong>it</strong>enuto su-<br />
perflua. Lui continuò: – Io ho te e so che potrei soffrire se mi lasciassi. Pen-<br />
so a quell’uomo che era stato sempre solo e che di punto in bianco si r<strong>it</strong>ro-<br />
vava sposato e di nuovo, all’improvviso, si trovava ancora solo, per di più<br />
abbandonato… ed è per questo che deve essere morto, dico io. Non credo<br />
che gli sia successo qualcosa, che sia esploso in lui il male, solo avendo sa-<br />
puto all’improvviso chi fosse, solo per aver di colpo realizzato. Non ci cre-<br />
do. Non l’ho mai visto succedere. Il mero sapere che…<br />
Lei era poggiata di schiena alla cucina, con i gom<strong>it</strong>i sul pianale che pro-<br />
teggeva i fornelli, il bacino sporto lievemente in avanti, la testa adagiata al-<br />
l’indietro, – E per nessun’altra ragione?<br />
– Non riesco a credere nella crudeltà dell’intero genere umano rappre-<br />
sentato da tutti gli individui che quell’uomo può aver incontrato, non riesco<br />
a credere che fossero tutti intenzionati ad ev<strong>it</strong>arlo e a volerlo morto, guidati<br />
da una mano invisibile o che so io… ma posso ammettere che una singola<br />
persona fermamente convinta di quello che stava facendo, determinata ad<br />
eliminarlo e subdola e malvagia anche… posso capire, posso ammettere che<br />
questo sia possibile. Posso comprenderlo perché so che tu potresti farlo ed<br />
io potrei morirne. Ma il sapere che ciò è possibile non mi farà morire.<br />
– E credi che si lasci una persona solo per volerla morta e per nessun’al-<br />
tra ragione? Ed io lo farei?<br />
– No, non si abbandona una persona solo per ucciderla… ma è uno dei<br />
modi giusti di fare se ucciderla è quello che si vuole. E no, non credo… non<br />
credo che lo faresti. Spero di no. Ma posso dirlo solo perché ti conosco.
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– Ed invece non conosci lei.<br />
E adesso era sveglia.<br />
Rimanevano entrambi immobili con solo le bocche che facevano muo-<br />
vere le labbra e le braccia penzoloni, i corpi poggiati contro qualcosa, lei<br />
contro i fornelli, lui contro il lavabo, senza guardarsi. – Di questo non ne<br />
sono pienamente convinto… credo di averla incontrata, una volta, ma non<br />
ne sono certo, non so se si tratta della stessa persona. Dovrei chiedere a mio<br />
padre.<br />
– Tuo padre? Cosa c’entra tuo padre?<br />
– Credo che lui la conoscesse. All’univers<strong>it</strong>à, sai… credo che…<br />
Matteo prese una sedia da sotto il tavolo e vi sedette, non sapeva bene<br />
cosa avrebbe detto, poi gli uscì: – È stato un anno fa, forse di meno. Avevo<br />
incontrato questa donna in un ufficio del comune, dovevo esserci andato per<br />
sbrigare qualche pratica sulla casa o che so io. Non so cosa ci facesse lì, non<br />
ci lavorava, questo è certo… portava un soprab<strong>it</strong>o, come se fosse appena en-<br />
trata e dovesse sub<strong>it</strong>o uscirne. È buffo non averglielo chiesto…<br />
Benedetta fece lo stesso, anche lei prese posto sulla sua sol<strong>it</strong>a sedia,<br />
quella di rimpetto al muro con il piccolo quadro appeso, uno scorcio di c<strong>it</strong>tà<br />
antica, un mercato all’aperto tutto fiori e pesci brillanti che avevano scorda-<br />
to da dove fosse arrivato. Lei lo aveva appeso lì, al posto della piccola tele-<br />
visione che il mar<strong>it</strong>o avrebbe voluto mettere al capo del tavolo in cucina,<br />
perché non voleva avere i quiz e i telegiornali tra i piedi mentre si stava ce-<br />
nando loro due assieme, e questo col tempo a Matteo piacque perché così<br />
poteva contemplare la moglie con gli stessi occhi con i quali l’avrebbe guar-<br />
data da ragazzo ed essere felice: rendersi conto di essere felice. Vi sedette,<br />
di fronte al quadro, e, r<strong>it</strong>ta sulla schiena, posò un gom<strong>it</strong>o sul tavolo e rimase
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in ascolto.<br />
– Solo adesso ho realizzato che poteva essere lei la donna che ha portato<br />
quell’uomo alla morte, anche perché al tempo non conoscevo ancora la sto-<br />
ria di lui e soprattutto non conoscevo ancora lei. Al tempo non avrei avuto<br />
ragione, semplicemente osservandola, di sospettare di lei. E neanche di mio<br />
padre.<br />
Completamente sveglia, chiese al mar<strong>it</strong>o: – Dove hai detto di averla in-<br />
contrata?<br />
– Nell’atrio di un ufficio. Sai, dove ci sono le macchinette per il caffè, le<br />
riviste, i divani e tutta quella roba per la pausa del personale e per far aspet-<br />
tare il pubblico… ma lei non stava facendo una pausa, perché non lavorava<br />
lì, non ci ha mai lavorato (credo che non abbia mai lavorato in v<strong>it</strong>a sua). Do-<br />
veva essere in attesa, piuttosto, forse per un colloquio con qualcuno, non ne<br />
ho idea, ma non aveva fascicoli o pezzi di carta timbrati con sé; alla fine<br />
neanche ho chiar<strong>it</strong>o la questione, non ne avevo motivo.<br />
Adesso lui giaceva ingobb<strong>it</strong>o sorreggendo il capo con un braccio, il dor-<br />
so della mano contro lo zigomo e lo sguardo fisso su un dettaglio stupido<br />
del pianale laccato color crema, concentrato su quello che stava per dire. – È<br />
vero, non avevo alcun motivo per farlo, ma lei… stava lì seduta, sembrava<br />
annoiata e sul punto di scappare, così forse pensai che comunque se ne sa-<br />
rebbe andata via e sarebbe spar<strong>it</strong>a per sempre e non avremmo più dovuto ve-<br />
derci in v<strong>it</strong>a nostra perché non saremmo più tornati lì alla stessa ora dello<br />
stesso giorno e che né io né lei avevamo né avremmo mai avuto qualcosa in<br />
comune e che, allora, neanche avevamo nulla da perdere, perciò le parlai,<br />
tanto per sfidare la sorte. Ripeto, non so per quale ragione, non ne avevo<br />
motivo. Forse perché da ragazzo avrei fatto così, forse perché mi è rimasto
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ancora qualcosa di quando avevo vent’anni, quando se crollava il mondo<br />
credevo di poter rimanere in piedi. Lei neanche era bella, non quanto avreb-<br />
be dovuto esserlo per…<br />
Benedetta si sporse in avanti: – Cosa stai cercando di dirmi?<br />
– Aveva tra i 50 e i 60 anni, giudicando ad occhio, ma oggi so con preci-<br />
sione che erano 54. Portava i capelli colorati di un rosso bruno e la sigaretta<br />
in mano e sorrideva perché lei la sapeva lunga, con la sua bocca sottile e la<br />
pelle scura. Mi guardò senza dire niente, fissa negli occhi, spense la cicca<br />
che ancora doveva finire di fumare, la schiacciò in un posacenere, si ravviò i<br />
capelli, reclinò un poco il busto sollevando anche la testa perché io ero in<br />
piedi e, continuando a sorridere, rimase in silenzio guardandomi. “Io ci ver-<br />
rei con te,” le dissi sorridendo anch’io. Non so cosa mi spinse a dirlo, non<br />
avevo motivo per fare una cosa simile, attaccare bottone con una vecchia<br />
sconosciuta, poi in maniera tanto volgare, e forse speravo addir<strong>it</strong>tura che<br />
prendesse e se ne andasse o che rimanesse in silenzio e cambiasse sguardo,<br />
ma lo feci ugualmente, le dissi proprio a quel modo. Non so… Lei aggiunse:<br />
“Sì, ci verrei volentieri.” Ed eravamo a casa sua, eravamo usc<strong>it</strong>i dalla sala<br />
d’attesa così, lei si era alzata e nel trag<strong>it</strong>to per uscire si era fermata un atti-<br />
mo, il tempo necessario a me per raggiungerla, e poi stavamo camminando<br />
in silenzio, distaccati come due sconosciuti che tengono la stessa andatura (e<br />
infatti eravamo due sconosciuti ma sentivo che c’era una specie di legame, e<br />
non so se questo dipenda da mio padre o no, vorrei capirlo ma solo per poter<br />
comprendere bene cosa la spinse a lasciare quel pover’uomo che era suo<br />
mar<strong>it</strong>o), fino a casa sua, la casa di una donna che vive sola da troppi anni e<br />
che non si cura più di raddrizzare i quadri appesi alle pareti né di cambiare<br />
le tre lampadine fulminate sul lampadario del salone che non usa mai. Mi
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offrì da bere un amaro, lo rifiutai, chiesi se avesse della birra e rispose di no,<br />
io le dissi che sarei andato a comprarla se voleva e lei spiegò, non più sorri-<br />
dendo, che se fossi andato non sarei tornato. Io scesi a prendere una confe-<br />
zione da sei al bar all’angolo (c’erano uomini grassi che mangiavano panini<br />
e cornetti mentre il ragazzo lavava bicchieri e tazzine; è incredibile come<br />
certi dettagli insignificanti restino a mente quando fanno parte, anche per<br />
una piccola porzione, di qualcosa che ti ha interessato; qualcosa che comun-<br />
que, alla fine dei conti, mi interessa veramente soltanto adesso che so chi lei<br />
fosse, o dovrei dire è, se ancora vive, e che mi interessa solo per sapere cosa<br />
è successo tra lei e Alberto, che io neanche ho mai conosciuto ma che ormai<br />
sento di dover comprendere: il bisogno di capire come ha funzionato quel<br />
meccanismo, forse messo in moto da lei, dico forse perché non so ancora se<br />
sia stata proprio lei la protagonista, che lo distrusse) e suonai al suo campa-<br />
nello. Avrei potuto fare dietro front e lasciarla lì senza sapere chi fosse e<br />
perché le avessi parlato, ma non lo feci, magari proprio perché all’inizio di<br />
questa storia erano le mie intenzioni a non essermi chiare.<br />
– Aveva appena fin<strong>it</strong>o di fare la doccia, i capelli raccolti in un mucchio<br />
rossastro stopposo sopra la nuca per non farli bagnare, indossava una sotto-<br />
veste viola e sopra portava un accappatoio qui e là macchiato da bruciature<br />
di sigaretta, e si era anche profumata. Sorrise. Ci sedemmo sul divano a bere<br />
e mi raccontò di quello che aveva fatto nell’ultima settimana, che era passa-<br />
ta tra un supermercato e un cinema e una sala del bingo e, poi, in tabacche-<br />
ria per comprare sigarette lunghe e sottili; poi attaccò a raccontare di quanti<br />
ragazzi aveva avuto quando era stata ragazza anche lei e di quanto amore<br />
aveva fatto, cercando di quantificare in ore e giorni tutto il sesso che era riu-<br />
sc<strong>it</strong>a a fare, e raccontò anche del perché, poi, si fosse sposata prima di finire
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l’univers<strong>it</strong>à, di come non le piacesse l’univers<strong>it</strong>à e del perché l’avesse mol-<br />
lata (e l’aveva fatto perché le sembrava di aver trovato qualcosa di meglio<br />
per vivere) e di come, infine, la sua v<strong>it</strong>a s’interruppe dal giorno in cui negò a<br />
quell’uomo di continuare ad averla in sposa. Non mi raccontò chi fosse lui e<br />
cosa facesse per vivere, disse soltanto il suo nome ed è lo stesso nome che<br />
ho sent<strong>it</strong>o pronunciare l’altra sera da quel vecchio amico di mio padre, solo<br />
il nome e non il cognome, ma è quello stesso nome di battesimo… e disse<br />
che aveva parecchi anni più di lei e che era rimasto da solo per altrettanto<br />
tempo, se non di più, e disse che avevano vissuto insieme per sei anni e che<br />
lei lo aveva certo adescato, ma anche che avrebbe potuto farlo chiunque al-<br />
tra, visto che lui era una persona molto infelice, e aggiunse che forse gli era<br />
andata meglio con lei in quel modo che con un’altra in qualsiasi altra manie-<br />
ra e che, comunque, per lui sarebbe andata meglio in qualsiasi modo, sia per<br />
tanto che per poco tempo, piuttosto che andare avanti da solo per sempre.<br />
Parlò poco del matrimonio, è vero, e riferendosi agli ultimi mesi di v<strong>it</strong>a in-<br />
sieme disse: “Se non ci fosse stata la televisione a cena saremmo stati co-<br />
stretti a guardarci in faccia tutto il tempo” e poco altro. Poche cose. Non<br />
parlò di nessun amante, disse però che frequentava i suoi amici di corso an-<br />
che dopo sposata, ma so che questo non significa alcunché, visto che nean-<br />
che ha mai detto cosa ci faceva con quei suoi amici dell’univers<strong>it</strong>à che, al<br />
contrario di lei, avevano continuato a studiare e si erano laureati e che in<br />
gran parte erano maschi… e lei prima si era vantata del successo con cui era<br />
usc<strong>it</strong>a dalla rivoluzione sessuale, ma questo non vuol dire nulla, tanto più<br />
che neanche fece nomi, neanche uno, né di battesimo né cognome di un suo<br />
qualsiasi amico, quindi non posso trarre le somme da questo, non posso di-<br />
mostrare che lei sia la Carolina di quell’Alberto e che il suo amante fosse
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stato chi credo io, ma posso crederlo o, se non altro, pensarlo. Poi disse che<br />
si era sposata per errore, o meglio che fu un errore sposarsi, e disse che sol-<br />
tanto l’ostinazione per la lucid<strong>it</strong>à della scelta che aveva preso l’aveva fatta<br />
rimanere con il suo vecchio mar<strong>it</strong>o per due anni più del dovuto, solo l’osti-<br />
nazione nei confronti del proprio orgoglio, perché non fu neanche per rimor-<br />
so o per una questione di coscienza o di spir<strong>it</strong>o car<strong>it</strong>atevole e di semplice<br />
pura bontà… no, fu solo perché (me lo disse lei quell’unico giorno che l’ho<br />
vista) era ancora inesperta e immatura, solo perché ancora credeva che una<br />
scelta fatta vada rispettata per sempre o, almeno, il più a lungo possibile per<br />
rispettare la propria dign<strong>it</strong>à nel momento in cui si è scelto qualcosa invece di<br />
qualcos’altro. Un orgoglio che, però, ammise di aver messo a tacere anche<br />
prima del giorno in cui lo abbandonò, quando ammise di aver frequentato<br />
(disse soltanto frequentato, non specificò nient’altro) un ragazzo della sua<br />
età anche durante il matrimonio e, devo dedurre da quel poco che mi aveva<br />
raccontato della sua v<strong>it</strong>a da nubile, non giocavano a carte quando stavano<br />
insieme, ma posso soltanto dedurlo e non so se ci metterei la mano sul fuo-<br />
co. Così adesso so che tra tutti quegli amici ormai dottori che frequentava<br />
ancora ce ne doveva essere uno che frequentava più degli altri o che lo fre-<br />
quentava in maniera differente e questo non lo so per certo (quello che face-<br />
vano insieme) ma è lec<strong>it</strong>o dedurlo dal suo passato, da quello che mi aveva<br />
raccontato una mezz’ora prima. Ancora una volta, non posso saperlo, ma<br />
posso almeno crederlo o pensarlo. Ma non aggiunse altro su questa persona,<br />
di nuovo niente nome né cognome. Si dilungò, invece, su quello che aveva<br />
passato quando il matrimonio finì (quando lei lo troncò scappando) e, ricor-<br />
do bene anche questa sua puntualizzazione, aggiunse che da quel momento,<br />
da quando aveva abbandonato il suo anziano mar<strong>it</strong>o, non era più riusc<strong>it</strong>a a
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vivere come aveva vissuto prima di sposarlo, come se quell’azione di ab-<br />
bandono (che prima non aveva neanche tenuto nel conto delle sue possibili<br />
azioni perché, come ammise lei stessa, era ancora troppo immatura e ine-<br />
sperta, e che poi r<strong>it</strong>enne una cosa naturale da fare per una giovane donna e<br />
che invece, dopo ancora, dopo pochi anni, riconobbe come un male, quando<br />
anche lei rimase ai margini, abbandonata dal destino o da qualunque cosa<br />
credesse fosse a detenere la responsabil<strong>it</strong>à di una v<strong>it</strong>a umana) avesse inne-<br />
scato un processo di declino che la spinse giù sempre più indietro, sempre<br />
più in basso, e che le succhiava via via tutte le capac<strong>it</strong>à che aveva acquis<strong>it</strong>o<br />
con gli anni, tutti i modi, tutto il fascino, la sua bravura di donna; un proces-<br />
so che, nonostante i soldi e le rend<strong>it</strong>e ered<strong>it</strong>ate dal mar<strong>it</strong>o, l’aveva fatta rima-<br />
nere sola fino a quei cinquantaquattro anni di quel giorno in cui passò poche<br />
ore con me: io che non avrei potuto comunque, ammise lei stessa, farle<br />
espiare il suo male o tramutare la sua v<strong>it</strong>a nuovamente in un lampo di sole<br />
con un incantesimo; io come chiunque altro, come avrebbe potuto farlo so-<br />
lamente il suo vecchio mar<strong>it</strong>o ormai defunto. E credo adesso che quel riferi-<br />
mento nei miei confronti, un riferimento che quel giorno non potevo afferra-<br />
re, credo che lo avesse fatto perché anche lei doveva avere intu<strong>it</strong>o una specie<br />
di legame o, forse, aveva notato una mia somiglianza, se quello che fu il suo<br />
amante è chi credo io.<br />
– Certo, è vero… potrebbe anche darsi che quello che mi ha detto lo ab-<br />
bia inventato di sana pianta o che mi abbia solo sciorinato la storia di qual-<br />
che sua amica mettendo sé stessa nel ruolo della protagonista… potrebbe es-<br />
sere; ma averla lì e sentirla parlare e sentire come lo diceva non mi dettero il<br />
tempo di dub<strong>it</strong>are e, anche adesso, ricordando quelle poche ore di quel gior-<br />
no, mi è difficile credere che abbia ment<strong>it</strong>o. Non so… La stavo guardando,
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il suo corpo ancora formoso, le sue linee e le curve ancora in mostra, ancora<br />
non piegate e nascoste dal tempo, i seni che, sotto la veste, si facevano vede-<br />
re lievemente scesi, le d<strong>it</strong>a dei piedi senza calli, gli zigomi vispi e colorati,<br />
scuri come il resto del viso e le mani magre, la sottana che stava nasconden-<br />
do le rughe che lei non voleva farmi vedere. Poi si mise in piedi, il suo sede-<br />
re ballò per un attimo, le natiche come due onde, e mi tese la mano, la affer-<br />
rai per lasciarmi guidare verso la camera da letto dove si tolse l’accappatoio,<br />
tenendo però la sottana viola. Sedé sul materasso, le molle che si piegarono<br />
sotto di lei, e mi fece segno con la mano di raggiungerla e di mettermi co-<br />
modo, dando due colpetti sulle coperte. Lo feci e lei sorrise ancora. E adesso<br />
credo di sapere che quello sul quale mi ero seduto era il letto non solo che<br />
lei aveva già usato insieme ad Alberto (e chissà quanti altri, se li raccattava<br />
tutti così facilmente come diceva e come mi aveva appena dimostrato di sa-<br />
per fare), ma anche il letto nel quale lui morì; però allora non potevo imma-<br />
ginarlo, ero disinteressato al passato di una sconosciuta e dei suoi compagni,<br />
mi stavo impegnando solo sul momento presente. Tutto è venuto fuori e si è<br />
ricombinato l’altra sera.<br />
– “Non sai da quanti anni non ne prendo uno”, mi disse mentre apriva la<br />
lampo dei pantaloni per metterci dentro la mano. “Saranno sette, dieci, quin-<br />
dici anni che non ne prendo uno”, e lo prese e lo tirò fuori per metterselo in<br />
bocca e sentire ancora il sapore con la lingua e le labbra. Poi, ancora senza<br />
togliere il suo ab<strong>it</strong>o da camera mal ricamato sugli orli, sedette sul mio grem-<br />
bo e con la mano cercò la direzione giusta guidandomi dentro e restò per un<br />
poco in estasi, seduta e bagnata sopra di me, con gli occhi chiusi, e dopo,<br />
solo dopo un po’, iniziò a muoversi. Aveva quasi sessant’anni, una sottove-<br />
ste viola e sapeva come fare.
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– Mi chiese di spingere ed io lo feci, mi chiese di toccare ed io lo feci, la<br />
sua pelle qui e là ruvida e piena di v<strong>it</strong>a anche sotto la carne, mi passò le<br />
braccia attorno alle spalle, attorno al collo, si strinse ed io, dietro la seta vio-<br />
la, sentii la pressione di quei seni che una volta erano stati gonfi e, mentre<br />
muoveva il bacino e quel po’ di petto che si affacciava dalla scollatura mi<br />
strusciava in viso, ruvido, sentii anche l’odore della carne vissuta appena la-<br />
vata, con il profumo messo sopra. Credo che lei venne ancora.<br />
– “Chiudiamo in bellezza,” disse a mezza voce, “voglio sentire ancora<br />
un’altra cosa.” Si girò restando sulle ginocchia e sulle mani, io da dietro le<br />
sollevai per la prima volta la sottoveste viola e per la prima volta vidi<br />
com’era fatta nel fondo della schiena e dissi: “Sei messa ancora bene, vedo”.<br />
Le forme erano quelle di una donna, non di una vecchia, e potevo sentire il<br />
languore e la morbidezza delle natiche; le tenevo il sedere con entrambe le<br />
mani e a lei piaceva farsi toccare sotto, tra le gambe e poi su. Aveva un pic-<br />
colo neo nella parte interna della natica sinistra, e la pelle era scura anche lì<br />
giù e la carne era tonda invece che spigolosa, anche se adesso potevo accor-<br />
germi che la pelle sulle gambe e nell’interno delle cosce tendeva a smagliar-<br />
si. Ma non era butterata né aveva macchie, e anche di cellul<strong>it</strong>e non se ne ve-<br />
deva, e le vene varicose credo di averle intraviste solo sui polpacci.<br />
“Avanti”, disse lei in attesa. Entrai temendo che non avrebbe retto, avevo<br />
paura che i sessant’anni o quanti fossero del suo corpo avessero fatto perde-<br />
re elastic<strong>it</strong>à alla carne, soprattutto in quel punto. Invece non ci fu problema<br />
ed entrai. Lei tirò su la testa al cielo. Rimase all’inizio anestetizzata, poi per-<br />
se le spalle contro il materasso e, sempre contro lenzuola e imbott<strong>it</strong>ura, la-<br />
sciò cadere anche la testa con gli occhi stretti e la bocca socchiusa che dice-<br />
va qualcosa sottovoce. E mi venne in mente. Ricordo che io facevo la secon-
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da delle scuole medie ed un regista stava lanciando il suo nuovo film; la c<strong>it</strong>-<br />
tà era tappezzata di manifesti con questa bomba di protagonista inquadrata<br />
da dietro, il suo sedere in primo piano che chiamava tutti noi ragazzi ed io<br />
che avrei voluto sprofondare in quel solco e morirci perché sentivo che era<br />
tra quella carne bianca e calda e odorosa che potevo trovare la pace, ma<br />
qualcuno ci aveva messo sopra, proprio nel mezzo, un quadratino bianco<br />
che i nostri gen<strong>it</strong>ori chiamavano censura. A scuola si diceva che lungo una<br />
certa strada c’era uno di quei poster giganti col sedere gigante senza censu-<br />
ra, e un paio di miei compagni erano riusc<strong>it</strong>i a vederlo passandoci davanti in<br />
macchina mentre le loro madri si assicuravano che i figli fossero distratti<br />
dalle giostre. A quanto pare, doveva averlo guardato e visto anche la nostra<br />
professoressa di <strong>it</strong>aliano che era bassa e cattiva e che mi odiava e che diceva<br />
che quella pubblic<strong>it</strong>à era un’indecenza (suo figlio sarebbe stato sorpreso un<br />
anno dopo dal bidello più scontroso della scuola mentre sfogliava una rivista<br />
porno in un bagno), ma doveva ammettere anche lei che la figliuola aveva<br />
veramente un bel didietro, doveva ammettere, ma con livore e mal simulan-<br />
do divertimento e tolleranza, o apertura mentale che fosse. Io la odiavo la<br />
censura. Quel sedere, adesso, il sedere di quella donna non ancora del tutto<br />
vecchia, ma neanche più giovane, col suo neo vicino a dove avrebbe dovuto<br />
esserci la censura, mi aveva ricordato, visto così da vicino, in primo piano,<br />
toccato con le palme e con le d<strong>it</strong>a delle mie mani (quelle natiche ancora pie-<br />
ne di carne invece che osso), mi aveva ricordato il sedere della locandina del<br />
film e, mentre io quel sedere me lo stavo prendendo, mi saltò in testa che,<br />
nonostante i quadratini bianchi appiccicati da qualcuno e le mani imposte<br />
dalle madri sopra gli occhi dei figli, nonostante i libri e le riviste mandati al<br />
macero dai magistrati e nonostante le multe, gli arresti e la Chiesa Cattolica
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Apostolica Romana, è vero che fanno tutte così, anche quelle che preferisco-<br />
no farselo fare da qualcun altro, ma lo fanno tutte, a quel modo.<br />
– Poi completai la cosa riempiendola e lei vagì. La vedevo da sopra, da<br />
dietro, l’espressione estatica del suo viso schiacciato sulle coperte. Mi tolsi<br />
da lei che rilassò il corpo e rimase prona, sdraiata e contenta con ancora la<br />
sottoveste viola indosso e i capelli rossi in testa, e le toccai nuovamente il<br />
sedere da sotto la veste, la tirai su fino a metà della schiena e prima di anda-<br />
re via le baciai il neo. Senza neanche sapere che era esist<strong>it</strong>o un Alberto.<br />
– Ecco com’è andata.<br />
Benedetta aveva ascoltato tutto con profonda attenzione, seduta mani in<br />
grembo e testa bassa. Quando tirò su il viso per piantare i suoi occhi ora<br />
completamente vivi, più che svegli e accesi, su quelli del mar<strong>it</strong>o, Matteo<br />
pensò che, mentre lui le stava raccontando della v<strong>it</strong>a passata di Carolina, lei<br />
avesse sperato che il dialogo che c’era stato tra loro due su quel divano be-<br />
vendo birre, la storia patetica raccontata da quella vecchia donna patetica a<br />
un giovane uomo sposato, gli avesse tolto la voglia, quel giorno, di andare a<br />
letto con una cinquantaquattrenne dai capelli fasulli ed infiammati. Mentre<br />
poi, quando gli piantò bene gli occhi dentro, quando Benedetta scrutò, per-<br />
ché sapeva che la storia era fin<strong>it</strong>a e che lui non avrebbe aggiunto altro e che<br />
questo era (finalmente era arrivato) il suo turno di parlare, allora Matteo,<br />
quando si accorse che lei aveva l’intenzione di bere dell’acqua ma non ave-<br />
va né la voglia né la forza per farlo, capì che lei, invece, dal momento in cui<br />
egli aveva iniziato il racconto, non aveva mai sperato che nulla fosse acca-<br />
duto tra lui e quella donna: aveva sub<strong>it</strong>o cap<strong>it</strong>o cosa il mar<strong>it</strong>o si accingeva a<br />
dire, sin dal momento in cui si era seduto; lo aveva cap<strong>it</strong>o da qualcosa che<br />
lui non aveva mai imparato a nascondere; doveva averlo cap<strong>it</strong>o dalla sua
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voce o dal suo modo di tenere le gambe incrociate; o forse lo aveva sempre<br />
saputo e aveva atteso pazientemente, doveva anche aver perso la calma den-<br />
tro di sé, ma senza darlo a vedere. Doveva avere preparato un discorso, a un<br />
certo punto, smettendo anche di ascoltare le parole perché già aveva cap<strong>it</strong>o<br />
come sarebbe andato a finire quell’episodio o, forse, perché tanto, ormai, era<br />
l’atto in sé che le interessava e non il modo in cui era stato consumato, per-<br />
ché le era bastato sapere che qualcosa che non avrebbe dovuto verificarsi,<br />
invece, era successa e non le serviva conoscere altro, nessun ulteriore detta-<br />
glio; perciò doveva aver smesso di ascoltare e aveva preparato la sua arringa<br />
e forse mentre lui raccontava e lei lo osservava, era in quei momenti che lei,<br />
disattenta alle sue frasi, prendeva spunto per quello che avrebbe detto poi,<br />
prendendo spunto dalle espressioni del volto del mar<strong>it</strong>o mentre stava rac-<br />
contando di sé e Carolina.<br />
– Cosa credi di aver fatto? – ma non attese risposta e Matteo non avreb-<br />
be saputo darne una e neanche voleva farlo perché sapeva che quello adesso<br />
era il turno di Benedetta per parlare e che lei non avrebbe tollerato un altro<br />
affronto; poteva ascoltare la storia della donna sciatta, raccontata dal mar<strong>it</strong>o<br />
o dalla donna stessa, ma non avrebbe certo ascoltato risposte sciocche e<br />
neanche avrebbe tollerato un’interruzione. – Stai cercando di espiare? Cer-<br />
chi redenzione? – e forse non era stato un discorso quello a cui aveva pensa-<br />
to fino ad allora, magari pensandoci già da mesi prima che Matteo iniziasse<br />
il suo racconto, ma un atto, qualcosa da fare materialmente, un’azione reale,<br />
un fatto concreto la cui natura poteva oscillare tra il mero omicidio e il ba-<br />
nale alzarsi e andare in camera da letto per chiudersi a chiave dietro la porta<br />
e rimanere a piangere accovacciata sul cuscino senza muoversi fino all’alba.<br />
E ora avrebbero saputo entrambi cos’era. – No. Tu non stai cercando perdo-
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no. Non ne saresti capace, neanche in maniera indiretta, come potrebbe es-<br />
serlo questa tua… storia? confessione? dichiarazione? Come devo chiamar-<br />
la? Racconto? No. Non è perdono quello che mi chiedi… e neanche so se<br />
stai chiedendomi qualcosa, e se l’hai chiesta non l’ho afferrata perché proba-<br />
bilmente non sono così scaltra come credi, ma sono abbastanza intelligente<br />
da capire che non è una richiesta di perdono quella che è usc<strong>it</strong>a dalla tua<br />
bocca (e vattela a lavare col sapone, quando qui avrò fin<strong>it</strong>o) perché tu non<br />
sei in grado di farlo, non sei in grado di pentirti, perché chiedere “Perdona-<br />
mi, te ne prego” significherebbe ammettere che hai sbagliato e raccontarmi<br />
questa porcheria potrebbe sembrare un’ammissione di colpa e quindi un’in-<br />
diretta richiesta di amnistia o quello che vuoi, in qualunque modo tu voglia<br />
chiamarlo, qualunque cosa essa sia, ma non lo è perché tu non sei tanto co-<br />
raggioso da fare una cosa simile, ma non sei neanche tanto sciocco da far<br />
crepare queste pareti alle tre della notte senza un motivo valido che io non<br />
riesco ancora ad afferrare perché, te l’ho detto, non sono così furba come<br />
potrei sembrare, ma voglio ugualmente cercare di capire e, se non dovessi<br />
riuscirci, almeno voglio provare ad immaginare cosa e perché ti ha spinto a<br />
dire quelle frasi con tutti quei particolari dentro, perché hai dovuto intaccare<br />
la stabil<strong>it</strong>à di questa casa, e quando parlo di mura e di casa sai a cosa mi ri-<br />
ferisco, che non sto parlando di cemento e mattoni, ma di persone, come ti<br />
spiegò o cercò di spiegarti mio padre quella volta, un uomo di legge troppo<br />
sicuro e forte della propria affin<strong>it</strong>à con i codici e con le regole che si convin-<br />
se di poterti persuadere, come io mi convinsi che egli fosse riusc<strong>it</strong>o a fare,<br />
ad adempiere ciecamente agli obblighi che ti stavi prendendo nei miei con-<br />
fronti anche dopo la sua morte, ed è questo che mi fa pensare a come tu<br />
sembri sciocco, ma sicuramente non lo sei a tal punto da farmelo capire,
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quando vuoi darmi ad intendere che stai cercando di accollarti una fantoma-<br />
tica scomoda ered<strong>it</strong>à di tuo padre facendo leva sull’altrettanto scomoda ere-<br />
d<strong>it</strong>à che il mio lasciò a me (lasciò a noi), ed è per questo, perché le cose<br />
sembrano stare nella maniera in cui tu sembri essere lo stupido, che so che<br />
invece c’è qualcos’altro sotto, che il tuo scopo (perché ne hai uno) non è<br />
quello di apparire pazzo o idiota, ma è un altro che io ancora non riesco ad<br />
afferrare, ma ti giuro che voglio sforzarmi di arrivarci o almeno di immagi-<br />
nare cosa hai arch<strong>it</strong>ettato e, se non dovessi farcela, allora significa che sia io<br />
che te ed anche mio padre abbiamo tutti puntato male le nostre carte e getto-<br />
ni e forse è anche per questo che hai fatto questa tua ultima mossa, perché<br />
sapevi che mio padre ed io non siamo mai stati abili giocatori, ed anche que-<br />
sta volta sai a cosa mi riferisco perché è proprio su questo che hai fatto leva,<br />
hai forzato proprio questa questione, ribaltandola però su te stesso e su tuo<br />
padre perché è in questo modo, l’ho cap<strong>it</strong>o, che mi hai appena venduto la<br />
faccenda di Carolina o comunque si chiami quella vacca, ed uso l’espressio-<br />
ne “vendere” perché so che intendi guadagnarci qualcosa, lo sappiamo tu ed<br />
io di come, non capisco ancora perché, hai progettato di mettermi a cono-<br />
scenza dei fatti, facendomi sapere quella storiaccia, rec<strong>it</strong>ando il ruolo dell’e-<br />
rede sfortunato, tu ora come lo sono stata io l’anno scorso quando morì mio<br />
padre lasciandomi nel bel mezzo della sua guerra legale con quel piccolo<br />
uomo, non so ormai quanto più grande di te, quel suo impiegato che era an-<br />
che suo inquilino e che gli rivoltò contro un intero eserc<strong>it</strong>o di odio e di azio-<br />
ni vili che ricaddero poi su di noi, e credevo allora e fino a pochi minuti fa<br />
che sarebbero serv<strong>it</strong>e, quelle brutture e quelle forze che impiegammo tu ed<br />
io insieme per uscirne, almeno a non farci dividere se non a renderci più<br />
un<strong>it</strong>i, e invece vedo che giocai male le mie carte e le mie puntate, come, è
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naturale pensarlo adesso, tu probabilmente già sapevi e speravi che io faces-<br />
si… e nonostante tutto hai ment<strong>it</strong>o e la tua menzogna è arrivata ad essere<br />
tanto perfetta da sacrificare il nostro (soprattutto il tuo) quieto vivere per<br />
aiutarmi a vincere contro quell’odioso verme che uccise mio padre, e adesso<br />
voglio dire che fu ucciso anche da lui perché, da quello che sento, sembra<br />
essere sempre per colpa di qualcun altro che qui le persone muoiono… e,<br />
inoltre, hai continuato a fare il mar<strong>it</strong>o e a mangiare quello che cucinavo (non<br />
so se ti piaceva) e hai dorm<strong>it</strong>o con me e fatto l’amore come poche ore fa<br />
mentendo solo per mentire nel migliore dei modi, mi pare di capire, perché<br />
altrimenti non c’è ragione dietro le parole che mi dicesti… ricordi come mi<br />
dicesti, piegandoti tu al ruolo dello sconf<strong>it</strong>to? piegandoti bene nei modi al<br />
ruolo della v<strong>it</strong>tima in amore, curvandoti tu sotto la mia sola ombra e dando<br />
ad intendere che solo quella sarebbe bastata poi e per sempre a farti piegare<br />
ancora una volta nel momento del bisogno… “Neanche se dovessi dirti che<br />
ne morirei,” dicevi (di poter morire di crepacuore per il dolore che ti avrei<br />
infl<strong>it</strong>to negandomi) e “che mi ucciderò se tu mi lasci qui adesso senza te” ed<br />
io avrei potuto andarmene e, solamente adesso lo so, tu oggi saresti ancora<br />
qui e senza esserti ucciso, mentre io credei che fosse vero ed ev<strong>it</strong>ai la tua<br />
falsa morte restandoti a fianco… e no, non ti ho sposato perché così tu non<br />
avresti dovuto ucciderti, non sono stata tanto ingenua, non pensarlo, ma se<br />
c’era qualcosa di te che mi aveva fatto innamorare, che mi aveva fatto pen-<br />
sare che quello che avevo trovato in te avrei sì potuto trovarlo anche in qual-<br />
cun altro, ma in quel momento c’eri tu e non sapevo se fidarmi o meno e<br />
avevo bisogno di un segno che mi facesse luce, le tue parole mi avevano<br />
confermato che quel qualcosa fosse giusto e che anche tu lo eri e oggi, inve-<br />
ce, anche dopo tutto il fondamentale appoggio che mi hai dato in questi anni
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e, soprattutto, anche dopo il tuo aiuto per superare quella sfortunata vicenda<br />
di quel meschino individuo ered<strong>it</strong>ata da mio padre e tutte le altre fastidiose e<br />
odiose s<strong>it</strong>uazioni che abbiamo vissuto e superato, oggi so che quella non do-<br />
veva essere una conferma, ma, anzi, una sment<strong>it</strong>a, oggi, adesso qui con te,<br />
perché quella di adesso, la s<strong>it</strong>uazione che tu adesso hai portato in tavola – e<br />
colpì la resina zigrinata del tavolo con la mano aperta, il palmo che divenne<br />
rosso immediatamente dopo lo schianto ancora a contatto con la lastra ruvi-<br />
da e la mano lì ferma immobile senza tremare o fremere, il volto che non<br />
aveva fatto una piega, quell’unica mossa, oltre agli essenziali movimenti ne-<br />
cessari a parlare che aveva usato fino ad allora, aveva rotto la quiete del mo-<br />
nologo spezzando l’attenzione, aveva squarciato la mente di Matteo, che<br />
adesso stava uscendo dall’ipnosi delle parole e finalmente vedeva negli oc-<br />
chi della moglie – è quanto di peggio potesse cap<strong>it</strong>are e stavolta, lo sai bene<br />
perché lo hai alimentato proprio tu tutto questo, non puoi risolvere né aiutar-<br />
mi a risolvere questa cosa, e non vuoi che venga risolta perché altrimenti<br />
non l’avresti generata… e se hai voluto condurmi a questa mia attuale con-<br />
dizione di impotenza devi avere un valido motivo, credo e spero, ma ancora<br />
una volta non l’ho ancora compreso. Quindi ora tornerò a letto e cercherò di<br />
riflettere – e nient’altro. Tacque e rimase in silenzio anche lui, finché Bene-<br />
detta non fece scivolare la mano indietro per riprenderla, la mano che le cad-<br />
de in grembo oltre l’orlo del tavolo mentre l’altra rimaneva ancora sopra<br />
come a minacciare un secondo sparo, poi si alzò senza guardare, assorta,<br />
voltò la schiena e scomparve oltre, senza rumore e senza singhiozzi, il suo<br />
profumo adesso m<strong>it</strong>igato dall’odore del sonno che ancora le avvolgeva le<br />
membra, non più l’odore fresco di completa pulizia della ragazza che era,<br />
ma l’odore di donna che l’aveva impregnata durante la notte; l’odore rimase
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un poco e poi fluì via.<br />
Matteo allungò il braccio per spegnere la luce, posò il capo sul tavolo<br />
con le mani in vece del guanciale. – A quale dei due avrà fatto più male? A<br />
Benedetta o ad Alberto? – si chiese mentre prendeva sonno. E poi: – Così<br />
ecco cosa ho appena cercato di fare. Ho pensato: se non posso sapere chi è<br />
veramente Carolina, almeno saprò cosa ha provato.
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3<br />
Scoccavano le otto e il ragazzo del servizio, vest<strong>it</strong>o da cameriere, che<br />
per qualche ragione non sembrava un cameriere, aveva preparato i tavoli<br />
delle tartine e adesso attendeva dietro a quello delle bevande controllando<br />
che il ghiaccio nei secchielli fosse abbastanza e che i bicchieri fossero tutti<br />
pul<strong>it</strong>i; le brocche con i succhi di frutta le aveva verificate prima. Attendeva<br />
perché gli osp<strong>it</strong>i sarebbero arrivati da un momento all’altro. Attendeva silen-<br />
zioso nell’uniforme blu dalle fin<strong>it</strong>ure giallo oro e i pantaloni neri con le<br />
scarpe lustre, i capelli alla moda che facevano intuire cosa avrebbe fatto la<br />
notte seguente senza pensare e neanche ricordare quella che stava passando.<br />
– Speriamo che vada bene – disse la padrona di casa guardando di sot-<br />
tecchi verso la terrazza dal suo ab<strong>it</strong>o brillante, guardando al giovanotto e<br />
piegando gli angoli della bocca. – Cosa dovrebbe succedere? – di rimando il<br />
mar<strong>it</strong>o, – È solo una festa. Verranno a bere qualcosa, scambieranno due<br />
chiacchiere con le persone che non vedevano da qualche anno, lasceranno i<br />
loro regali all’ingresso e forse assaggeranno le tartine e il caviale. Cosa do-<br />
vrebbe succedere?<br />
Sembrava essersi tranquillizzata, ma la sua veste di padrona di casa le<br />
imponeva la massima sever<strong>it</strong>à ed inflessibil<strong>it</strong>à anche con se stessa per quan-<br />
to concerneva l’organizzazione. – Piacerà la pasta? Non l’ho ancora assag-<br />
giata, non so come l’hanno fatta quelli del servizio –. Non si fidava. Li ve-<br />
deva scorrazzare sulle lambrette con i capelli scolp<strong>it</strong>i, i giubbotti nei panta-<br />
loni, le parolacce in bocca… e adesso lì in casa sua cosa avrebbero combi-
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nato? Avrebbero saputo fare il proprio dovere? Sapevano fare veramente<br />
quello che dicevano essere il loro lavoro? Camerieri e serv<strong>it</strong>ù li aveva sem-<br />
pre visti e percep<strong>it</strong>i inappuntabili ed anziani, rigorosi e severi, tesi e reveren-<br />
ziali, cose dell’indole di una persona, azzimati per natura e non solo per la-<br />
voro. Mentre il ragazzo (diciannove, vent’anni) era insofferente e lottava<br />
con il proprio ruolo di ogni giorno e con quello che stava interpretando<br />
adesso, era chiaro, si vedeva dai suoi movimenti melliflui, dalla postura, i li-<br />
neamenti arroganti m<strong>it</strong>igati solo dalla coscienza della paga e della necess<strong>it</strong>à<br />
dell’impiego, i muscoli mal celati dalla divisa che gli stonava indosso lavo-<br />
rati in ore ed ore di palestra per poter affrontare di sera gli sforzi da eseguire<br />
insieme alla sua collega piazzata di là in cucina, la ragazzetta che si occupa-<br />
va dei piatti, che avrebbe potuto passare ore intere in camera da letto, avreb-<br />
be potuto essere un’amante infaticabile e viziosa (lo si leggeva nei suoi oc-<br />
chi, senza alcun dubbio), e la cast<strong>it</strong>à era anche questa una caratteristica inna-<br />
ta delle maestranze casalinghe; quelli invece erano due macchine di carne<br />
con dentro la testa soltanto poche cose e pure sbagliate per essere buoni ca-<br />
merieri.<br />
La padrona di casa era seriamente preoccupata.<br />
– Nessuno fa caso a queste cose. Gli inv<strong>it</strong>ati neanche vogliono andarci<br />
alle feste. È per questo che non volevo mettere in piedi questa…<br />
– Stai dando la colpa a me?<br />
– La colpa di cosa? Non ti sto incolpando di niente. Cosa è successo?<br />
Cosa dovrebbe succedere? È solo che… comunque ormai ci siamo, tra poco<br />
arriveranno, loro malgrado…<br />
– Pensi sempre in questo modo. Perché pensi sempre in maniera negati-<br />
va? A te possono non piacere le feste…
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– Soprattutto quando sono le mie.<br />
– Ma questo non vuole dire che non piacciano agli altri.<br />
– Avanti, c’è gente che è rientrata dalle vacanze, altri che hanno rinun-<br />
ciato ad andarci… è ovvio che obtorto collo stasera si presenteranno con<br />
doni e sorrisi. Qual è il piacere? Anche per noi che stiamo qui a farci festeg-<br />
giare… io non ci trovo nessun piacere… e neanche c’è un motivo… i miei<br />
più di cinquant’anni? Cinquanta più cinque. E bisogna festeggiare? Perché<br />
ci sono arrivato ancora tutto intero e ricco e sposato, come chiunque in que-<br />
sto mondo vorrebbe averlo fatto… come bisognava e bisogna ancora farlo…<br />
E c’è bisogno anche di festeggiare e di sbatterlo in faccia agli altri e farsi<br />
dire “che bravo”? Se sono felice della mia v<strong>it</strong>a non è con una festa nel gior-<br />
no del mio compleanno che lo dimostro, ma ogni giorno dell’anno conti-<br />
nuando a stare vicino a voi che siete la mia famiglia e vivendo per voi. È<br />
così che dimostro la mia felic<strong>it</strong>à, non con una stupida festa… che parola cre-<br />
tina… un giorno solenne e di felic<strong>it</strong>à. Sai quanto è solenne per chi sta arri-<br />
vando? Meno di niente. E neanche sono felici perché sono nato. Io sono feli-<br />
ce di essere nato, forse anche tu. Ma a loro…<br />
Singhiozzò: – Io mi sono impegnata tanto…<br />
Suonarono alla porta, lei si ravviò i capelli e controllò il trucco allo<br />
specchio della sala da pranzo prestando particolare attenzione al contorno<br />
occhi. Dall’atrio giunse la voce di Matteo che salutava Giorgio, poi quella di<br />
Giorgio che salutava Benedetta e Matteo che faceva strada, anche se Giorgio<br />
conosceva bene la strada, e sub<strong>it</strong>o dopo lei lo vide entrare e sorrise (le sem-<br />
brò di farlo un po’ come il mar<strong>it</strong>o aveva detto che tutti gli osp<strong>it</strong>i avrebbero<br />
sorriso quella sera) e fece segno a Giorgio di accomodarsi e prendere qual-<br />
cosa da bere prima di sedersi.
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Giorgio non andò in terrazza, verso il tavolo dei beveraggi col ragazzo<br />
vest<strong>it</strong>o da cameriere dietro; prima incrociò Silvio con un abbraccio, tirò fuo-<br />
ri da una tasca un pacchetto: – Una sciocchezza – e glielo porse. Poi, dopo i<br />
ringraziamenti, andò ad aprire l’anta di un mobile basso e ne tirò fuori una<br />
bottiglia di vermouth.<br />
– I bicchieri stanno…<br />
– Tranquilla, userò quelli per gli inv<strong>it</strong>ati. Non vogliamo che pensino<br />
male. Non facciamogli pensare che sono uno di casa.<br />
Il mar<strong>it</strong>o sorrise.<br />
Giorgio andava fuori, prendeva un bicchiere, lo riempiva con la bottiglia<br />
che aveva preso e portato dal mobile dei liquori e la consegnava al ragazzo<br />
raccomandandogli qualcosa. Quello sorrise divert<strong>it</strong>o. Tornò in salone col<br />
bicchiere pieno. – Sono il primo – notò.<br />
– Vorrebbe che tu fossi l’unico.<br />
Giorgio bevve un sorso che prese metà del contenuto. – Si capisce. Sia-<br />
mo a più di mezzo secolo. Passa la voglia… avercela mai avuta…<br />
– Non ti ci mettere pure tu. È già così contrariato…<br />
Vuotò il bicchiere e si accomodò sul divano. Li vedeva tutti e tre: Silvio,<br />
sua moglie e il figlio, ognuno in piedi per conto proprio, sparsi a caso nel sa-<br />
lone, senza niente a cui badare. Matteo disse che sarebbe andato a controlla-<br />
re come se la stava cavando Benedetta in cucina, lei che stava controllando<br />
come se la cavava l’altra impiegata del servizio alle prese con la pasta e con<br />
i secondi.<br />
– Sai – disse pensando alla propria v<strong>it</strong>a (ma questo la moglie di Silvio<br />
non poteva saperlo) – spesso non si ha nessuna voglia di festeggiare – (e<br />
non avrebbe potuto immaginarlo) – spesso ti guardi indietro, guardi quello
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che hai tra le mani e… Ma non devo spiegarti niente.<br />
– Perché, credi che lui abbia qualcosa per cui non dover festeggiare o al-<br />
meno essere felice? Credi che dovrebbe essere triste perché ha una famiglia,<br />
un figlio, un’ottima carriera…<br />
– Smettila! – la riprese il mar<strong>it</strong>o e lei capì. Poteva aver dimenticato per<br />
un attimo, ma certamente non ignorava chi fosse Giorgio e soprattutto, dopo<br />
lo sguardo feroce del mar<strong>it</strong>o (un’occhiata risent<strong>it</strong>a, e lui fer<strong>it</strong>o per il colpo<br />
che il suo osp<strong>it</strong>e e innanz<strong>it</strong>utto amico aveva appena dovuto subire: un’altra<br />
sferzata di quelle che aveva ricevuto sempre senza crollare o far vedere di<br />
essere crollato, sempre accusando i colpi con rassegnazione), ripensò a chi<br />
fosse Giorgio, ripensò alla sua v<strong>it</strong>a, ai suoi sessant’anni per i quali una volta<br />
soltanto lo aveva visto lì lì per piangere, e ammutolì voltandosi per non do-<br />
verlo guardare e sapere, vedendo nei suoi occhi tristi, che aveva sbagliato a<br />
dire una manciata di parole di troppo. Sentì il mar<strong>it</strong>o scusarsi e l’altro non<br />
rispose, lo sentì invece alzarsi ed uscire per tornare quasi sub<strong>it</strong>o a sedere<br />
dove lei lo aveva appena battuto.<br />
Rimasero in silenzio e così continuarono finché tornò Matteo (Giorgio lo<br />
vide entrare soddisfatto e sorridente e non poté impedirsi di pensare che era<br />
stato di là a baciarsi con sua moglie) e Matteo disse che in cucina tutto anda-<br />
va alla grande (Giorgio mandò giù il sorso) e, ancora fermo sulla soglia del<br />
salone, chiese quale fosse il motivo di tanto silenzio.<br />
dire.<br />
– Niente, caro – spiegò la madre, – semplicemente non abbiamo nulla da<br />
Giorgio si alzò dal suo posto, – Credo che mi trasferirò stabilmente in<br />
terrazza – e andò a riempire il calice.<br />
Suonarono alla porta. Nuovi osp<strong>it</strong>i. Era iniziata l’affluenza. Facevano il
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loro ingresso plateale, schioccavano le guance contro quelle dell’osp<strong>it</strong>e, ri-<br />
manevano per un poco in mezzo alla sala facendosi ammirare.<br />
– Questi bicchieri li fanno apposta per toglierti la voglia di bere – disse<br />
al ragazzo del servizio. – C’entra meno del necessario e sono scomodi, li<br />
fanno per farti rassegnare –. Quello annuì cordialmente. – Credi che più tar-<br />
di ci sarà qualcos’altro da bere oltre a quel prosecco? Qualcosa che possa<br />
somigliare al vermouth ma che non vada messo in questi affari?<br />
– Quando la ragazza porterà il primo servirò del vino bianco.<br />
– E i bicchieri?<br />
– Più comodi di questi.<br />
Giorgio annuì e poi schiarì le idee: – Quale vino?<br />
E intanto, mentre Giorgio si dilettava con gli stuzzichini salati per giusti-<br />
ficare al pubblico l’abuso del proprio bicchiere, la terrazza si era emp<strong>it</strong>a, tut-<br />
ti avevano iniziato ad elogiarsi per almeno un quarto d’ora reciprocamente,<br />
poi cambiavano interlocutore ed iniziavano ad adularlo per poter sentirsi<br />
fare nuovi complimenti. Se il discorso si protraeva oltre i sette minuti, signi-<br />
ficava che qualcuno aveva incontrato la persona giusta alla quale chiedere<br />
un favore. Le signore gettavano immediatamente lo sguardo sulle appendici<br />
delle altre per sbirciare anelli, bracciali e girocolli, tesserne le lodi o tacere<br />
sorridenti.<br />
– Se ti dico che non me ne frega niente ci credi? – sentì dire da un uomo<br />
tarchiato ad uno bello. Quello tarchiato vest<strong>it</strong>o sportivo e l’altro omologato<br />
all’etichetta del ricevimento. – Che razza di ipocrisia è questa… non gliene<br />
frega niente a nessuno qui. Almeno io sono sincero –. L’altro, quello bello<br />
ed elegante, sorrideva guardingo ma noncurante della presenza di Giorgio<br />
che, sì, li stava ascoltando, ma che tanto aveva a che fare con i suoi beverag-
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gi; se ne era accorto, il biondo.<br />
– Nessuno ti ha chiesto di essere sincero. E comunque, cosa ci sei venu-<br />
to a fare se non ti interessava? – chiese al tipo inadeguato.<br />
– Non avevo nient’altro da fare. Io sono un artista, oggi mica dovevo an-<br />
dare in vacanza come voi altri. E poi sapevo di poter mangiare benone se<br />
venivo – e agguantò tartine e qualcos’altro, nell’altra mano un bicchiere che<br />
non voleva sbrigarsi a vuotare, troppo impegnato a parlare, ingozzarsi e ge-<br />
sticolare con le mani occupate, che già aveva inzaccherato lo spazio intorno<br />
ai suoi piedi. – E sai cosa ti dico? Che non gliene frega neanche al festeggia-<br />
to. È una persona intelligente, quello.<br />
– Oh, poi! – ridendo l’altro. – Lui che ha messo su tutto quanto…<br />
Quello basso ingoiò il caviale e deglutì lo spumante facendo di sì con la<br />
testa avanti e indietro.<br />
danni?<br />
Ancora il biondo: – Se ti lascio da solo per un po’ prometti di non fare<br />
– Ah!<br />
E il biondo si allontanò.<br />
Giorgio stava selezionando i piccoli tramezzini più lontani dalla zona di<br />
pesca dei pol<strong>it</strong>ici, quelli nel bel mezzo della fila, quelli che erano stati tocca-<br />
ti e sputazzati con minore probabil<strong>it</strong>à. Bisogna saperci fare, dovete avere sti-<br />
le ed essere scaltri se volete sopravvivere. Stava mettendo qualcosa nel piat-<br />
to, un paio di pezzi da tenere come riserva per quando qualcuno si fosse ac-<br />
corto che da troppo tempo stava bevendo senza mangiare. Alla sua destra<br />
c’era una donna anziana parecchio truccata e profumata, sposata ad un sotto-<br />
segretario o qualcosa del genere che era stato ricevuto con tutti gli onori del<br />
caso e che anche lui, Giorgio, aveva dovuto salutare con falso compiacimen-
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to, e anche lei selezionava le cose più piccole e ne prendeva poche, ma per-<br />
ché aveva paura del giudizio del ragazzo in livrea dietro il tavolo, perché<br />
non voleva che pensasse che a casa sua non ci fosse un tozzo di pane come<br />
prima di sposarsi. Così la moglie del prefetto, o del gerarca, stava piluccan-<br />
do con molta discrezione tra Giorgio e il sincero uomo tarchiato che si era<br />
defin<strong>it</strong>o, sempre sinceramente (un uomo che doveva aver fatto dell’autoim-<br />
posta sincer<strong>it</strong>à il proprio biglietto da vis<strong>it</strong>a), un artista. E questo consigliò: –<br />
Quelli no, le faranno venire i bruciori, sono troppo piccanti. Ha una certa<br />
età, mi dia retta –. Lei sbarrò gli occhi e automaticamente passò a cercare i<br />
pasticcini perché voleva togliersi quella pesante puzza di salmone dall’al<strong>it</strong>o<br />
che anche Giorgio riusciva a sentire e, contemporaneamente, alternando lo<br />
sguardo tra i vassoi e la folla, stava cercando il mar<strong>it</strong>o perché il tipo in jeans<br />
e scarpe da tennis l’aveva cominciata veramente a sfondare: aveva attaccato<br />
con la pol<strong>it</strong>ica e lei non poteva sbilanciarsi e non avrebbe neanche saputo<br />
farlo e gli rimandò che quella era una festa e che la pol<strong>it</strong>ica non c’entrava<br />
niente. Poveraccia… cercava di farlo ragionare.<br />
– Lo vede quello lì? – le chiese ed indicò un certo angolo della sala. – Io<br />
quello lo conosco – e lo conosceva anche lei. – Siamo usc<strong>it</strong>i a cena insieme,<br />
mi ha portato in un ristorante al centro –, doveva esserci andata anche lei in<br />
quel ristorante, uno di quei posti dove si mangia male per pagare molto e<br />
dire che si è mangiato bene e consigliarlo a qualcuno che a sua volta possa<br />
permettersi di dire che è un buon posto. – Li conosciamo bene, vero? Ha pa-<br />
gato lui, ha voluto offrire –. Offriva sempre lui, la signora lo sapeva, erano<br />
amici lei e lui. – E comunque doveva offrire per forza perché io i soldi per<br />
pagare quel conto non ce li avevo e non li avrei mai voluti spendere.<br />
Il mar<strong>it</strong>o non si riusciva a trovare, nonostante lei cercasse e cercasse fa-
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cendo saltare l’impeto, non più solo lo sguardo, da un capannello all’altro.<br />
Giorgio ascoltava con attenzione perché iniziava a piacergli il poeta verace o<br />
qualunque altra cosa egli fosse; era la prima persona ad aver messo alle<br />
strette qualcuno in quell’ambiente, invece che acconsentire sempre in ma-<br />
niera gentile. – Be’, lo sa che c’è? Lo sa cos’è che mi ha fatto veramente<br />
schifo? oltre alla cena, intendo –. La signora sorrise in quella maniera ridi-<br />
cola che si conosce bene, quel sorrisetto isterico ed ipocr<strong>it</strong>a di chi non si tro-<br />
va a proprio agio. Rispose di no, che non poteva saperlo. Il poeta ne fu entu-<br />
siasta e ricambiò con una risata piena di spruzzi, – Certo che non può saper-<br />
lo – e rise di nuovo. Così Giorgio continuava a bere e ad ascoltare e comin-<br />
ciava a farsi un’idea più chiara della s<strong>it</strong>uazione e di quello che doveva pen-<br />
sare la vecchia, mentre l’altro parlava ancora: – Quanto crede che guadagni<br />
uno come lui?<br />
La dama non rispose e mandò gli occhi in giro, in giro a caso, poverac-<br />
cia… – Io non lo so quanto guadagna – continuò il grassoccio p<strong>it</strong>tore san-<br />
guigno, o qualunque altra arte praticasse tutto il giorno, – ma so che prende<br />
un sacco di soldi, cifre grosse. Con tutto il rispetto, cifre che né io né lei<br />
dobbiamo immaginare –. La signora avrebbe voluto morire, ma sorrise al-<br />
l’improvviso, quando identificò la chierica del mar<strong>it</strong>o in un gruppo di vivaci<br />
commensali: era quasi fin<strong>it</strong>a, lui l’avrebbe portata via. Il tipo quasi vecchio<br />
in jeans e scarpe da tennis aveva fin<strong>it</strong>o di bere il suo calice e riprese: – Di<br />
certo uno con quello stipendio può togliersi diversi sfizi, lei non crede?<br />
La vecchia dama stava cercando di mesmerizzare la sala per far girare la<br />
testa al mar<strong>it</strong>o che, però, si godeva paciosamente la chiacchierata al fianco<br />
di una brunetta pomposa. Giorgio pure si soffermò a contemplare la grazia<br />
della mora che ridacchiava col mar<strong>it</strong>o della vecchia. E intanto il musicista
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imperterr<strong>it</strong>o: – Quanto può incidere sul suo conto in banca una cena per tre<br />
persone al centro? – e la signora fece due occhi disperati perché l’aveva ca-<br />
p<strong>it</strong>o che il mar<strong>it</strong>o non sarebbe tornato presto, quel maiale arrapato, sempre a<br />
sbirciare le sise e i sederi delle ragazzine. – Oh no, signora, non intendevo<br />
sul suo di lei, ma su quello di lui, del nostro amico che mi ha portato a cena<br />
– chiarì l’artista. – Non incide un bel niente, glielo assicuro, cara mia –. E<br />
lei rispose – Già –. E lui: – E allora, visto che può permettersi una cena al<br />
centro senza sentirsi in colpa col suo portafogli – e attaccò un nuovo bic-<br />
chiere di prosecco e se ne fece preparare sub<strong>it</strong>o un altro bello spumoso, –<br />
me lo sa dire lei, signora cara, perché quel bastardo – e sul “bastardo” lei<br />
trasalì e si portò una mano alla bocca, come se fosse stata lei a dirlo, – ha<br />
dovuto mettere la cena sul conto spese del ministero?<br />
Sembrava una donna di chiesa che avesse appena sent<strong>it</strong>o bestemmiare…<br />
qualcuno che infrangeva le regole fondamentali della casa. E a Giorgio l’ar-<br />
tista piaceva ancora di più. Poveretto, lui non lo faceva per stuzzicarla, cre-<br />
deva che lei capisse veramente. – E lo sa cosa vuol dire questo? Lo sa, si-<br />
gnora mia?<br />
Eccolo lì, il mar<strong>it</strong>o si era girato, ma andava da un’altra bella figliuola<br />
pompata a chiacchierare per scippare un numero di telefono. – Significa che<br />
quella cena l’abbiamo pagata noi. L’ho pagata io, l’ha pagata lei, l’hanno pa-<br />
gata tutti. E questo fa schifo! – finalmente se ne era accorto sì che faceva<br />
schifo, era un vino troppo frizzante. Avrebbe voluto, era lì lì per farlo, offrir-<br />
gli un bicchiere del suo. Invece si avvicinò un altro uomo, forse l’amante<br />
della vecchia dama, uno con la cravatta a doppia banda e i gemelli in madre-<br />
perla e fece spuntare una di quelle due coppie di gemelli dal fianco destro<br />
della vecchia signora e, dopo averla cinta col braccio, tese l’altro verso il
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poeta per stringere la sua grassa mano unta mentre lei gli sussurrava qualco-<br />
sa all’orecchio e allora lui sorrise e volle rimanere a parlare col tipo in scar-<br />
pe da tennis giusto per farle un dispetto (si vede che sotto le coperte era lei a<br />
dominare).<br />
Giorgio, non per curios<strong>it</strong>à né per maleducazione, ma perché era arrivato<br />
lì e ci si era stabil<strong>it</strong>o prima degli altri, rimase ad ascoltare la loro discussione<br />
sull’espianto degli organi. Il nuovo arrivato diceva che bisognava lottare,<br />
lottare per convincere la popolazione che era giusto donare gli organi e che<br />
bisognava lottare per convincere (ma a Giorgio parve di aver individuato un<br />
“costringere” abilmente camuffato) soprattutto chi era contrario. Era uno di<br />
quei primari in cerca di copertine patinate come chirurgo dell’anno. Giorgio<br />
lo immaginava (e immaginava che anche l’artista se lo figurasse alla stessa<br />
maniera) in sala d’attesa mentre convinceva i parenti di un povero disgrazia-<br />
to a sperare nella morte di qualcun altro e lo immaginava soprattutto mentre<br />
staccava la spina a qualcuno di soppiatto per poter salvare ad ogni costo la<br />
v<strong>it</strong>a di qualcun altro – qualcuno più mer<strong>it</strong>evole.<br />
– Sarò sincero – disse il poeta da spazzatura e Giorgio non poté fare a<br />
meno di abbozzare un ghigno malefico perché sapeva che il nodo era venuto<br />
al pettine e che un altro idiota sarebbe stato messo alle corde e strapazzato<br />
per bene. – Io sopravvivo grazie al rene di Erika, una ragazzina di 14 anni.<br />
Devo la v<strong>it</strong>a a lei e ai suoi gen<strong>it</strong>ori. Loro sono felici di sapere che una parte<br />
della bambina continua a vivere nel mio corpo.<br />
Fortunatamente solo una piccola parte…<br />
Arrivò Matteo posando il proprio bicchiere accanto al piatto con due tar-<br />
tine che Giorgio aveva lasciato sul tavolo accanto a sé mentre era rimasto ad<br />
ascoltare la vecchia, il suo amico e il lurido individuo parlare e sprecare fia-
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to. Il ragazzo chiese a Giorgio se andava tutto bene, una richiesta di sempli-<br />
ce cortesia. Lui rispose retoricamente che poteva sempre andare meglio, ma<br />
che non poteva lamentarsi, – E questa anche è retorica – aggiunse, spiegan-<br />
do che era solo una di quelle cose che si imparano a dire per quieto vivere. –<br />
E quieto non è mai, neanche da soli con noi stessi.<br />
– Diventa pesante il discorso. Io chiedevo solo per…<br />
– Per dire una di quelle cose che si imparano a dire.<br />
– Già.<br />
Giorgio si voltò per dare le spalle al trio che parlava di reni e di pol<strong>it</strong>ica<br />
e… bah. – Lo conosci quello basso e trasandato?<br />
Matteo sbirciò oltre le spalle dell’amico, inclinò l’angolo della bocca<br />
verso l’alto. – Il poeta – sentenziò. – Deve essere stato inv<strong>it</strong>ato più per for-<br />
ma e per cortesia che per amicizia… amico di amici…<br />
Giorgio era lì lì per parlare, poi fece empire il bicchiere dal ragazzo in<br />
divisa blu facendogli il semplice gesto di avvicinare il calice, lo r<strong>it</strong>rasse a sé<br />
come per bere e si decise a dire qualcosa che suonava come una remora. –<br />
Non dovrei poi stare a pensare ai fatti degli altri. In fin dei conti non mi inte-<br />
ressa più niente degli altri.<br />
Matteo sbuffò, – Sei terribilmente serioso stasera.<br />
– Non è la parola giusta… Direi piuttosto che sono… pragmatico, oppu-<br />
re nichilista… ma non stasera, non solo stasera.<br />
Matteo e Giorgio erano amici da quando Matteo era nato poiché Giorgio<br />
era un collega di Silvio da prima che quest’ultimo si sposasse con la madre<br />
di Matteo e così Giorgio aveva visto nascere e crescere e sposarsi il ragazzo<br />
e nel tempo, prima che questo avesse raggiunto i sei anni, Giorgio era anche<br />
diventato un grande amico di Silvio, il che aveva fatto in modo che, oltre a
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vederlo farsi grande, per qualche verso lo aveva cresciuto un po’ anche lui<br />
stesso il ragazzo. Così fu normale per Matteo chiedere il perché sempre di<br />
tanta tristezza. E Giorgio, che gli aveva, anche lui, insegnato qualcosa<br />
(come ad esempio la maniera corretta di fare una sutura provando sulle car-<br />
casse del pollo in cucina o come suonare un filo d’erba tra le d<strong>it</strong>a o come ri-<br />
solvere un’equazione differenziale, oppure come, quella volta che il ragazzo<br />
si era r<strong>it</strong>rovato con un’infezione intima, era stato proprio Giorgio, di nasco-<br />
sto, a curargliela e a consigliargli il modo migliore per ev<strong>it</strong>arla in futuro e<br />
come tutti e due avessero ben mantenuto il segreto e un mucchio di altre<br />
cose ancora che Matteo doveva ringraziare Giorgio per avergliele fatte co-<br />
noscere), adesso si sentiva di essere sul punto di insegnargli, o per meglio<br />
dire, secondo il modo in cui lui avvertiva la vicenda, semplicemente di fargli<br />
sapere l’unica cosa che valeva la pena di dire ad un uomo.<br />
Però Matteo lo interruppe, non gli dette il tempo di iniziare, interrom-<br />
pendo il corso dei suoi pensieri. – Hai già bevuto parecchio, vedo…<br />
– Qualcosa per ammazzare il tempo – rispose il vecchio e vuotò il bic-<br />
chiere. Rimase contro la balaustra a guardare sorridere gli uomini in ab<strong>it</strong>o<br />
scuro con le loro dame, mentre si scambiavano le battute come in un buon<br />
copione. In fondo alla coda del suo occhio il terzetto si stava sciogliendo.<br />
– Solo il tempo? – incalzò Matteo.<br />
– Ti dà fastidio?<br />
– Anzi, mi fa piacere che ci sia qualcosa che ti va bene.<br />
Fece empire ancora lo stesso bicchiere dalla stessa bottiglia. – Quello<br />
che c’è si beve. L’importante è metterlo dentro, giusto?<br />
– Giusto – rispose Matteo. – Comunque… non pensi che ti sentirai male<br />
più tardi o domani mattina o prima o poi?
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– Ti dà fastidio?<br />
– Se ti sentirai male o se stai bevendo? Quale delle due cose?<br />
Giorgio si rivolse per la prima volta direttamente al ragazzo, guardando-<br />
lo per la prima volta dr<strong>it</strong>to in faccia da quando avevano iniziato quel dialo-<br />
go: – Perché ce n’è una che t’infastidisce più dell’altra?<br />
– Voglio dire, che gusto ci trovi? A forza di dai e dai ti farà male… sono<br />
anni che ti vedo bere e bere in continuazione…<br />
me.<br />
– Già…<br />
– Sì… insomma, perché? Ti farà male, sei un medico, lo sai meglio di<br />
– Già… Be’, voglio dirti una cosa. Un sacco di buone idee mi sono ve-<br />
nute da ubriaco e le ho perse poi da sobrio, e col passare del tempo ci ho<br />
preso così tanto l’ab<strong>it</strong>udine che oggi neanche riesco più ad ubriacarmi… ed<br />
è una gran fregatura. È vero… – ma non era quello che voleva dire e, visto<br />
che aveva perso il filo dei pensieri, si fermò a riorganizzare.<br />
Matteo rimase in attesa e visto che il suo amico non parlava ci mise an-<br />
che lui un: – Già…<br />
– Infatti… – ed andarono avanti così per qualche minuto, tempo nel qua-<br />
le Matteo si guardava intorno sperando che il suo amico dicesse qualcosa di<br />
simpatico, come lo ricordava fare quando stavano a pranzo insieme tutti<br />
quanti loro della famiglia e lui, e invece quello mandava giù bicchierate e al-<br />
lora lui non riuscì a resistere e dovette chiederglielo: – L’alcolismo…<br />
– Non dire mai più una cosa del genere – lo fulminò. – Non costringermi<br />
a pensare che sei uno stupido. Per quanto ne so io, per quanto ti conosco, in<br />
tutti questi anni, non sei uno stupido, dovresti riuscire a capire certe cose.<br />
Matteo chinò la testa dicendo: – Già…
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– Perché tu conosci la differenza… o almeno la riesci a percepire o se<br />
non altro a immaginare… perché non sei uno stupido, perché non è uno stu-<br />
pido quello che ho conosciuto fino a ieri.<br />
– Già…<br />
Empì il bicchiere con la bottiglia che aveva lì a portata di mano, ad oc-<br />
chio e croce avrebbe potuto usarla per un altro paio o forse per tre bevute,<br />
poi avrebbe tagliato la corda. Quindi, visto che non poteva scappare prima<br />
della torta e visto che ancora un po’ sembrava mancare all’ora delle candeli-<br />
ne, il momento in cui anche tutti gli altri si sarebbero sbrigati ad accomiatar-<br />
si, bisognava prendere tempo e far fruttare il più possibile quel po’ di botti-<br />
glia rimasta. Diede un piccolo sorso e attaccò a parlare, così poteva tenere la<br />
bocca impegnata in qualcos’altro. – Sei felice con quella ragazza?<br />
Matteo sorrise pieno di amore, gli si inondò la faccia di gioia: – Stiamo<br />
parecchio bene insieme.<br />
– Si vede.<br />
– Ci vogliamo bene. È bello.<br />
– Sì, è bello. È bello quando ti svegli con accanto qualcuno e sai di non<br />
essere solo.<br />
Ed era all’improvviso lì: tutta la storia, come se fosse finalmente com-<br />
pleta nello schema della sua mente. E adesso aveva anche un altro buon mo-<br />
tivo per raccontargliela, perché almeno cercasse di capire (il ragazzo) quale<br />
fosse la differenza tra alcolismo, disperazione e sete e gusto e sol<strong>it</strong>udine.<br />
– Siete innamorati?<br />
– Direi di sì.<br />
– È già qualche anno… tre?<br />
Matteo fece di sì, disse: – Sì.
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– E siete innamorati… e sapete, o almeno tu la sai, qual’è la differenza<br />
tra essere innamorati e ostinati? O la differenza tra amore e bisogno e amici-<br />
zia?<br />
– Dove vuoi arrivare?<br />
– Credi che se fossi voluto arrivare da qualche parte avrei es<strong>it</strong>ato a farlo?<br />
Ti ho fatto una domanda e aspetto una risposta. Se vorrò portarti a qualche<br />
conclusione lo farò al momento giusto, se vorrò. Adesso dimmi se conoscete<br />
quella differenza.<br />
– Dio mio, non credevo che sarebbe stata una serata così difficile…<br />
– La conoscete?<br />
– Siamo stati tutti innamorati, Giorgio, sappiamo bene cosa significa e<br />
sappiamo che non si può spiegare. Né cos’è l’amore né quale differenza pas-<br />
sa tra l’amore e qualcos’altro. Anche perché, forse, l’amore è anche ostina-<br />
zione, bisogno e amicizia. Ma non lo so, no… e non te lo saprà dire nessu-<br />
no, credo.<br />
– Ma tutti cerchiamo di capirlo. È vero che ci proviamo? Oppure voi due<br />
non ci avete mai pensato e vi siete lim<strong>it</strong>ati a prendere la cosa così come ve-<br />
niva? lim<strong>it</strong>andovi a svolgere le conseguenze dei vostri primi incontri. Limi-<br />
tandovi a sposarvi –. Lasciò il bicchiere sul tavolo accanto al piatto ed impe-<br />
gnò la mano aggrappandosi alla ringhiera. Matteo sembrava turbato, vedeva<br />
brillare negli occhi dell’altro il bisogno di sfogarsi riflesso nel vermouth in-<br />
crespato. – Posso dirti che in tutti questi anni io non l’ho ancora imparato e,<br />
sai – Giorgio ormai neanche lo stava più guardando, era iniziata la sua gia-<br />
culatoria, – è difficile imparare qualcosa che nessuno si sforza di insegnarti,<br />
ma non ho di certo ev<strong>it</strong>ato di provare a capire, non ho mollato… e forse ho<br />
sbagliato in questo. Avrei semplicemente dovuto accettare la cosa e vivere in
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pace, come una persona mi ha insegnato troppo tardi a fare. Invece ho conti-<br />
nuato a cercare una cosa che, anche trovandola, non avrei potuto portare con<br />
me perché non avevo le capac<strong>it</strong>à per farlo. La parola che usiamo è amore.<br />
Ed anche se non ho potuto verificarlo insieme ad una donna, è cap<strong>it</strong>ato an-<br />
che a me… è una cosa che ti cap<strong>it</strong>a, che cade sulla tua testa all’improvviso.<br />
Così, potrà sembrarti strano, mi sono innamorato anche io, anche se in tutto<br />
questo tempo mi hai sempre incontrato da solo e non hai mai sent<strong>it</strong>o raccon-<br />
tare niente su di me con una donna e io non ho mai fatto riferimento ad una<br />
donna in tutti questi anni. Non per mia scelta. Perché io mi sono, anche io,<br />
mi sono innamorato. E non solo una volta, anche se ogni volta sembrava es-<br />
sere l’unica. Però non è mai accaduto nient’altro, si è sempre fermato tutto<br />
lì, con me che ero innamorato. Quindi non so dirti cosa dovrebbe accadere<br />
dopo, però posso dirti quello che ho visto accadere a qualcun altro. E ades-<br />
so, ripensandoci, non so se sia un gran male questa mia s<strong>it</strong>uazione perché,<br />
come qualcuno non è tagliato per fare il medico e qualcun altro è meglio se<br />
ev<strong>it</strong>a di fare sforzi per non rovinarsi la spina dorsale, io non sarei in grado di<br />
sostenere una cosa come quella che c’è tra te e Benedetta, anche se riuscissi<br />
a farla accadere, se la trovassi o se mi cap<strong>it</strong>asse. Non ci sono tagliato, ecco<br />
cosa credo di aver imparato, forse. E tutte le donne che ho incontrato già lo<br />
sapevano parecchio prima di me, anche se non avrebbero saputo spiegarlo e<br />
anche se non avevano conosciuto la persona che lo spiegò a me troppo<br />
tardi… troppo tardi per un quieto vivere… perché se lo avessi saputo prima<br />
avrei vissuto da solo ugualmente ma calmo e in pace.<br />
– Tutto questo è per dirmi che non hai mai avuto una donna.<br />
Il ragazzo sembrava aver cap<strong>it</strong>o, però Giorgio sapeva pure che doveva<br />
aver frainteso. Se non altro, aveva frainteso il fine ultimo di quella chiac-
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chierata, di questo era certo, perché Matteo fissava a tratti il bicchiere e la<br />
bottiglia nascosta e a tratti i suoi occhi, sempre in cerca di evidenti segni di<br />
ubriachezza che qualcun altro, qualcuno che non fosse stato suo amico, non<br />
avrebbe es<strong>it</strong>ato a definire molesta.<br />
– Ma che la volevi e che non saresti stato in grado di tenertela e che sa-<br />
rebbe stato meglio se da sub<strong>it</strong>o avessi ev<strong>it</strong>ato di volerne una. Però è cap<strong>it</strong>ato<br />
anche a te di innamorarti di qualcuno e allora…<br />
Era incessante il suo ammiccare al bicchiere come per suggerire la per<br />
lui evidente risposta secondo la quale Giorgio avrebbe trovato soluzione<br />
dentro quel pezzo di vetro.<br />
Ed era incessante anche il suo incalzare: – Ma se credi di aver forse im-<br />
parato una lezione allora dimmi: adesso sei innamorato di qualcuna?<br />
Giorgio dovette ricorrere ad uno degli ultimi sorsi per organizzare le<br />
idee. – Ti dirò di più. Adesso sono innamorato di tre donne. E non sono in-<br />
namorato di tre donne diverse (come di altre ancora che dovrò conoscere si-<br />
curamente mi potrò innamorare) perché sono un cretino che non ha imparato<br />
l’unica lezione che doveva imparare, un ingenuo o un disperato, ma perché<br />
non avrei potuto fare altrimenti. Gli anni che ho passato cercando di disillu-<br />
dermi e aspettando che qualcosa si rivelasse (tutti gli anni passati dopo la<br />
morte della persona che mi chiarì la vicenda, dopo aver cap<strong>it</strong>o cosa fossero<br />
state la sua e la mia v<strong>it</strong>a), aspettando che una risposta pos<strong>it</strong>iva giungesse al<br />
fine della mia attesa, qualcosa di bello che accadesse per la fiducia che ave-<br />
vo riposto nel tempo e per il modo in cui avevo impiegato il tempo per di-<br />
ventare un uomo sempre migliore di quello che ero il giorno prima, proprio<br />
perché fosse più alta la probabil<strong>it</strong>à di ricevere un segno pos<strong>it</strong>ivo che non po-<br />
teva arrivare (e questo lo compresi troppo, ti dico, troppo tardi). Quegli anni
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che sono scivolati e poi non mi hanno lasciato niente e che sono scivolati in<br />
mia completa sol<strong>it</strong>udine… nel momento in cui ho conosciuto quelle tre don-<br />
ne è stato necessario innamorarmene ed è stato anche un caso fortu<strong>it</strong>o, se<br />
questo è successo, perché, vedi, ognuna di loro è fatta di cose che non pos-<br />
sono che farmi innamorare. E di caso fortu<strong>it</strong>o si tratta perché forse, se al po-<br />
sto loro ce ne fossero state altre tre, non me ne sarei innamorato, come forse<br />
invece è pur vero che mi sarei innamorato di chiunque mi fosse cap<strong>it</strong>ato di<br />
potermi innamorare solo perché l’avevo appena conosciuta ed era una don-<br />
na, in un qualsiasi mio periodo passato oppure anche oggi. Così non mi sen-<br />
to un cretino o un ipocr<strong>it</strong>a o un infame quando so che una di loro ce l’ho<br />
sempre in testa perché è la più bella, che l’altra non la perdo mai dai miei<br />
pensieri perché è sorridente e gioiosa, e la terza la sogno ogni sera perché è<br />
la persona più dolce che io abbia conosciuto. Ci si può innamorare di più<br />
persone contemporaneamente, ti dico che è vero. Come più spesso accade<br />
che, forse per cec<strong>it</strong>à o per il bagaglio che ci trasportiamo dietro, in una per-<br />
sona sola si possano trovare contemporaneamente tutte le cose che possono<br />
far scattare in noi l’amore. E questo è quello che è successo ad Alberto e Ca-<br />
rolina.<br />
– Alberto e Carolina?<br />
– Tuo padre non te ne ha mai parlato?<br />
Matteo fece di no, poco incurios<strong>it</strong>o a dirla tutta, e piuttosto concentrato<br />
sempre sul bicchiere e sugli sguardi rivelatori (secondo lui di qualche ver<strong>it</strong>à<br />
assoluta) sul conto del vecchio medico ancora solo e innamorato.<br />
– E comunque non avrebbe potuto dirti quello che sto per dirti io.<br />
Il ragazzo fece per andarsene, si era voltato respirando rumorosamente,<br />
non aveva intenzione di stare lì a subire il delirio alcolico di un vecchio
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stanco che continuava imperterr<strong>it</strong>o a parlare, fiducioso. – Cerca di capire<br />
che – gli disse quell’ometto vest<strong>it</strong>o sportivo contro il quale urtò, mentre cer-<br />
cava di allontanarsi dal vecchio, e che gli impedì di farlo – non è questa la<br />
molla – sollevando e alludendo al suo bicchiere di prosecco.<br />
Giorgio neanche si era accorto ed insisteva, come se il ragazzo non aves-<br />
se voluto andar via, ma solo sgranchirsi torcendo la schiena: – Lei era una<br />
studentessa, anche lei di medicina. Era nata da gen<strong>it</strong>ori modesti, per quanto<br />
ne so io brave persone, anche se non li ho mai conosciuti e ne ho solo senti-<br />
to parlare… non vollero presentarsi alla cerimonia del matrimonio visto che<br />
neanche avevano l’età dello sposo e se ne vergognavano e credo si vergo-<br />
gnassero anche della figlia e della scelta che aveva fatto, anche se è lec<strong>it</strong>o<br />
pensare che potevano r<strong>it</strong>enersi felici di saperla sistemata con un professore<br />
univers<strong>it</strong>ario che era anche un ricco medico, invece che con un fricchettone<br />
drogato (un tipo di gente che andava parecchio di moda e che era addir<strong>it</strong>tura<br />
stimata in certi ambienti giovanili). Ho saputo tra l’altro di alcune l<strong>it</strong>i tra lei<br />
e suo padre, battibecchi telefonici di cui mi aveva parlato Alberto, e anche di<br />
un paio di l<strong>it</strong>igate sfociate in uno scambio di schiaffi in mezzo alla strada o<br />
fuori da un caffè durante quei rari incontri che lei si riservava con la propria<br />
famiglia.<br />
Così il medico aveva lo sguardo assente e raccontava distratto, ipnotiz-<br />
zato un po’ da se stesso, mentre il ragazzo si era voltato nuovamente verso<br />
di lui per continuare ad ascoltare, e il poeta, senza farsi accorgere dal medi-<br />
co, stava fermo dietro il ragazzo per impedire che questi provasse nuova-<br />
mente a fuggire.<br />
– Dunque, tu cerca di immaginare questa ragazza che allora era più pic-<br />
cola di te. Avrà avuto ventuno o ventidue anni, era il tempo in cui avevo ini-
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ziato il mio dottorato alla cattedra di Alberto, lui era già un rinomato profes-<br />
sore, anche tuo padre l’ha conosciuto e ha studiato e lavorato insieme a lui.<br />
Per noi studenti era un grande onore poter studiare con lui e soprattutto, im-<br />
maginerai la gioia, poter fare pratica al suo fianco. Tu non hai presente Al-<br />
berto? È morto che eri ancora piccolo e non so se lo hai visto in qualche<br />
foto. Neanche io ne tengo una di lui esposta in casa e così credo che pure<br />
tuo padre non lo abbia mai fatto, perciò tu non lo hai presente. Era un uomo<br />
alto e dal fisico asciutto, i lineamenti decisi, ha portato per tutta la v<strong>it</strong>a sem-<br />
pre lo stesso taglio di capelli, corti a spazzola che divennero bianchi col<br />
tempo, le mani lunghe, gli occhi scuri e sinceri della persona corretta e riser-<br />
vata che era, ben vest<strong>it</strong>o, come si conviene ad un uomo del suo rango, ed<br />
educato. Se lo avessi incontrato ad una cena senza conoscerlo e ti fosse stato<br />
presentato e avessi saputo quelle poche cose che si sanno di una persona che<br />
si conosce appena, avresti addir<strong>it</strong>tura creduto che fosse felice perché, a ve-<br />
dere un bell’uomo elegante e ricco e t<strong>it</strong>olato (non che fosse nobile, anche se<br />
una vena di classe innata in lui c’era, e comunque era pur sempre un dottore<br />
illustre), non avresti avuto motivo di r<strong>it</strong>enerlo degno della tua commisera-<br />
zione. E pure Alberto felice non era. E qui è difficile renderti chiara la cosa<br />
perché si tratta di una vicenda che non sembra reale e però è quotidiana, ba-<br />
sterebbe guardar meglio le persone invece di scansarle, e magari provare a<br />
comprenderle. È una cosa difficile anche da immaginare per te, visto che<br />
non l’hai provata, visto che con te il tempo si è comportato come doveva; e<br />
questo è un bene. Puoi figurarti come deve sentirsi un uomo che arriva ver-<br />
gine ai sessantaquattro anni e non perché sia stato lui a volerlo? Puoi imma-<br />
ginare il rancore e la disperazione ed il senso di impotenza di fronte al mon-<br />
do (non dovuto certo alla sua condizione di vergin<strong>it</strong>à che – ma se tu provi a
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dirlo giuro che ti mollo uno schiaffo – avrebbe potuto anche estirpare in un<br />
semplice modo che neanche so se mai avesse praticato ma che non poteva<br />
valere alla stregua di un rapporto sessuale consumato insieme ad una donna<br />
desiderosa di lui). Un mondo che va avanti in un modo tanto evidente, pure<br />
semplice, ed invece così lontano da quello che ogni giorno, dalla mattina,<br />
nel momento in cui tiri via la coperta, fino alla sera, quando ci torni sotto, ti<br />
tocca sopportare… perché non lo staresti vivendo, ma solo sopportando, e<br />
non sarebbe una di quelle cose che hai deciso di voler vivere (a meno che tu<br />
non abbia deciso che sia giusto voler vivere così, e allora non ci sarebbe nul-<br />
la da dire, ma Alberto non aveva scelto questo), ma solamente una di quelle<br />
condizioni che ti cap<strong>it</strong>ano addosso imposte dalla v<strong>it</strong>a. La stessa v<strong>it</strong>a che ti fa<br />
nascere ricco ed intelligente in una famiglia completa di ogni suo membro<br />
ed anche abbastanza grazioso da non spingere alcun maschio che ti conosca<br />
a nominarti tra i brutti e gli schern<strong>it</strong>i. Quindi, fortunato.<br />
– Riesci a immaginare cosa significhi arrivare a sessantaquattro anni<br />
senza poter incolpare il fato o Dio e, anzi, sapendo che devi render loro gra-<br />
zie per quello che hai ricevuto, invece di una v<strong>it</strong>a senza materasso né tetto<br />
né tre pasti al giorno e anche senza parecchie altre cosucce? Riesci a imma-<br />
ginare come si possa sentire un uomo (o qualunque altro essere in questa<br />
stessa condizione di emarginazione, se vogliamo dire così, da una certa par-<br />
ticolare sfera della v<strong>it</strong>a) dopo sessantaquattro anni di tentativi, di attesa e di<br />
speranza?<br />
– Mi piacerebbe poterti raccontare qualcosa della sua infanzia e poi di<br />
quando era un ragazzo come te, ma non conosco nessun aneddoto al riguar-<br />
do (eravamo amici ma lui era anche parecchio riservato, come me del resto,<br />
e non mi ha mai raccontato episodi particolari della sua v<strong>it</strong>a), però credo che
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sarebbe stato bello sapere qualcosa sulla sua giovinezza, tanto per capire<br />
meglio come fosse arrivato a quei sessant’anni e magari anche per avere una<br />
possibil<strong>it</strong>à in più di capire il perché. E non mi riferisco al perché delle sue<br />
decisioni, non c’entrano le sue decisioni. Potresti dire che se ci era arrivato<br />
ancora vergine a quell’età era colpa sua e non avrebbe dovuto lamentarsi<br />
perché almeno un metodo semplice e rapido per avere un rapporto sessuale<br />
con una donna poteva trovarlo con la stessa semplic<strong>it</strong>à con cui si trova un li-<br />
tro di latte, uscendo di casa e facendosi un giro in macchina, e che quindi<br />
era stata solo una storia di taccagneria. E se tu glielo avessi fatto notare, ti<br />
avrebbe risposto che in quel modo, sì, avrebbe perso la vergin<strong>it</strong>à ma solo<br />
quella del suo corpo ed era un genere di vergin<strong>it</strong>à che non gli importava poi<br />
così tanto perdere perché ci era andato abbastanza vicino con la fantasia,<br />
aveva potuto immaginare in maniera abbastanza fedele all’originale cosa si-<br />
gnificasse e come si facesse e cosa producesse. Non era soltanto questo che<br />
voleva (perché comunque, sì, lo voleva e voleva anche sapere perché gli era<br />
stato precluso, come vorrei saperlo anch’io); era qualcosa che non avrebbe<br />
potuto comprare anche se, guardandosi intorno, era come se tutti ogni gior-<br />
no stessero lì a venderla e ad acquistarla da chiunque con mezzi di scambio<br />
differenti dal denaro, mezzi che però lui pure possedeva; e così il punto era<br />
che nessuna era andata lì da lui a chiedere di poter fare questo scambio e, se<br />
magari era stato lui a proporlo, nessuna aveva accettato, quindi era strano<br />
essere arrivati a sessantaquattro anni senza aver trovato una donna disposta<br />
a vendergli quello che gli serviva; ma poteva anche darsi che il problema<br />
non stesse nella consistenza del baratto o nella modal<strong>it</strong>à di concludere que-<br />
sto scambio (cosa che possiamo escludere, visto che ti sto parlando di una<br />
persona educata e corretta) perché poteva essere anche vero che non ci fosse
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nulla da vendere e da comprare ma soltanto un regalo da fare ad una persona<br />
grad<strong>it</strong>a in particolar modo e, se le cose stanno così, è stato lec<strong>it</strong>o chiedersi<br />
anche perché in sessantaquattro anni un buon uomo come Alberto non sia<br />
incappato mai in una donna che minimamente gradisse essere resa felice da<br />
lui e pacificargli l’anima. Si trattava del desiderio di perdere la vergin<strong>it</strong>à dei<br />
suoi sentimenti e delle sue azioni, il bisogno di mettersi all’interno della co-<br />
scienza e dell’arb<strong>it</strong>rio di qualcun altro, il bisogno di condividere non solo il<br />
corpo con e di una donna, ma la v<strong>it</strong>a intera stessa sua e quella di lei. Questo<br />
c’era adesso nella sua testa, ogni ora di ogni giorno. C’era la domanda ricor-<br />
rente del cosa ancora non avesse imparato a fare o a dire e, se lo aveva im-<br />
parato e lo aveva messo in pratica, perché non aveva funzionato. Era questo<br />
il modo in cui viveva in quel periodo. Il modo in cui aveva vissuto fino a<br />
quel periodo.<br />
– E però neanche veniva abbandonato dalla speranza e dalla fede nel fu-<br />
turo, tanto che (è lec<strong>it</strong>o concedere una debolezza tale dopo tutto quel tempo)<br />
ogni donna che gli concedesse un minimo di confidenza gli faceva illumina-<br />
re gli occhi perché lui sperava sempre che Dio o chi per lui stesse lì lì per<br />
mettere in pari i conti, prima o poi, come con Giobbe ma con l’unica diffe-<br />
renza che quello che a Giobbe venne tolto, Giobbe lo aveva prima avuto, poi<br />
perso e poi avuto nuovamente indietro, mentre Alberto non lo aveva mai<br />
neanche sfiorato, non gli era mai stato concesso se non dall’immaginazione.<br />
E non sarebbe stato sperando che qualcosa accadesse che avrebbe potuto vi-<br />
vere in pace (perché a quel punto della v<strong>it</strong>a di una persona, l’importante è la<br />
pace), anzi, continuando a sognare ed implorare per qualcosa che ormai è<br />
evidente che non puoi avere non fai che allontanarla sempre di più la pace.<br />
Potrebbe trattarsi di una questione di quanti, forse succede solo perché certe
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persone sono assemblate con atomi caricati in maniera che gli atomi degli<br />
altri individui non vengano attratti…<br />
– Ma per tornare a Carolina… Credi di poter ricordare come ci si sente a<br />
ventidue anni, dopo qualche anno di univers<strong>it</strong>à inconcludente, il corpo al<br />
culmine delle potenzial<strong>it</strong>à e tutto quanto il resto? Io ad esempio non ho pro-<br />
blemi ad immaginare cosa c’è dentro la testa di un ragazzo o di una ragazza<br />
di ventidue anni perché anche oggi a sessanta è un po’ come se ancora non li<br />
avessi superati i miei ventidue anni, perché effettivamente ci sono cose che<br />
avrei dovuto fare allora e ancora oggi rimangono insolute. Poi mettici anche<br />
il fatto che quella di Carolina era una generazione di sbandati affascinati<br />
dalle droghe, credevano di essere romantici perché vestivano di stracci e<br />
dormivano per terra, figli dell’ideologia, nemici dei padri… questo puoi non<br />
capirlo, ma ciò non toglie che dovresti sapere come ci si sente a quell’età.<br />
Tutto è possibile, si nutrono speranze infin<strong>it</strong>e, si coltivano desideri che di-<br />
ventano l’essenza di tutta la v<strong>it</strong>a per qualche mese ed il mese successivo si<br />
cambiano con qualcos’altro, tendendo sempre verso qualcosa di indefin<strong>it</strong>o,<br />
con l’illusione che qualcosa possa succedere anche nella v<strong>it</strong>a reale, nella tua<br />
v<strong>it</strong>a. E lei sapeva di avere ancora tutta la v<strong>it</strong>a davanti e tutte le energie e le<br />
risorse ancora da bruciare e sapeva che poteva ancora permettersi di perdere<br />
un po’ di tempo. Così, quando incontrò Alberto e credette di esserne inna-<br />
morata o solo affascinata, pensò che fosse giusto e almeno ragionevole pro-<br />
vare a vedere cosa sarebbe successo se fossero stati insieme, tanto lei era an-<br />
cora giovane e bella e forte e se tutto fosse andato male non ci avrebbe mes-<br />
so niente, lei, a trovare qualcun altro o qualcos’altro da fare con tutte le pos-<br />
sibil<strong>it</strong>à che le offrivano età e corpo.<br />
– Adesso il perché lei desiderasse Alberto non so dirtelo. Non so per
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quale motivo fu proprio lei la prima a desiderarlo, dopo che per oltre sessan-<br />
t’anni nessuna lo aveva voluto nonostante tutto quello che ti ho già detto di<br />
lui e cioè che brutto non era ed addir<strong>it</strong>tura belloccio e se non altro era alto e<br />
fiero, e soldi ed un buon nome non gli mancavano, e sapeva stare al gioco e<br />
allo scherzo… forse ci vollero sessant’anni perché una donna si accorgesse<br />
di questo. Forse sì, forse tutto richiede il tempo necessario, o forse lei aveva<br />
soltanto giocato una sfida con sé stessa o (perché no?) con qualche amica e<br />
aveva voluto vincerla ad ogni costo come spesso vogliono fare gli esseri<br />
umani. Ciò non toglie che il motivo ufficiale, naturalmente, era che lei ave-<br />
va perso la testa, che ci metteva tutto l’amore del mondo e lui, com’era na-<br />
turale, lo credeva e forse era addir<strong>it</strong>tura vero, forse per un po’, all’inizio, lei<br />
poteva esserne innamorata e forse, se vogliamo escludere le ipotesi della<br />
scommessa, del gioco e della v<strong>it</strong>a facile che sapeva di poter fare intascando i<br />
beni della successione, potrebbe anche essere vero che lei lo avesse sempre<br />
amato, perché come vedi è possibile tutto a questo mondo, ma ciò non toglie<br />
che, quando quello che c’era stato tra loro finì (e su questo tasto che è quello<br />
importante ci arriveremo poi), lui si r<strong>it</strong>rovò proprio come Giobbe ma ormai<br />
alla fine dei suoi giorni e senza il tempo per tornare a stare bene perché<br />
avrebbe fatto prima a morire che a tornare felice, visto che ci aveva messo<br />
sessantaquattro anni per riuscirci la prima volta. Questa è una possibil<strong>it</strong>à che<br />
però mi sento di escludere perché sono stato testimone di discussioni che<br />
non possono farmi credere che in lei potesse esserci amore per Alberto, a<br />
meno che non fosse pazza (e non lo era) o che fosse una gran burlona che<br />
amava il mar<strong>it</strong>o ma che si divertiva anche a raccontare bugie per farlo arrab-<br />
biare (per farlo ammalare, direi io). Ed anche quest’ultima ipotesi la esclu-<br />
derei perché Carolina non aveva alcun senso dell’umorismo.
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– Quindi, adesso l’avrai cap<strong>it</strong>o, come si suol dire “si misero insieme”<br />
(espressione che non sopporto perché tanto potrebbe essere efficace per si-<br />
gnificare quello che c’è tra due persone che si amano, quanto nel gergo co-<br />
mune viene sprecata per s<strong>it</strong>uazioni inadeguate, e quindi assume ormai un<br />
senso controverso e fastidioso) e poi si sposarono. Avevano iniziato a fre-<br />
quentarsi dopo che lei aveva superato l’esame con Alberto, questo perché lui<br />
era una persona estremamente corretta e non voleva vendere la propria pro-<br />
fessional<strong>it</strong>à, ma senza saperlo già l’aveva fatto nel momento in cui lei gli<br />
fece gli occhi dolci o gli disse qualcosa di equivoco e pudico che lui doveva<br />
aver interpretato nella maniera sbagliata secondo la sua ottica distorta; l’otti-<br />
ca di un uomo che a quell’età non aveva ancora perso la speranza di iniziare<br />
a vivere.<br />
– Allora – lo interruppe il ragazzo – era ben riposta quella speranza che<br />
tu condanni tanto.<br />
– No, perché con l’arrivo di Carolina e con il loro rapporto non era cam-<br />
biato assolutamente niente per lui, anche se era convinto del contrario. Sem-<br />
brava che fosse cambiato qualcosa, ma non era cambiato niente. Credi che<br />
stesse recuperando quei cinquant’anni che aveva perduto? E credi che di<br />
punto in bianco avesse imparato a fare le cose giuste che vanno fatte con<br />
una donna? Credi che la sua v<strong>it</strong>a cambiò? credi che migliorò perché in lui<br />
qualcosa era migliorato? credi che in lui qualcosa fosse migliorata? No. Non<br />
dipendeva da lui. L’accondiscendenza di Carolina non era dovuta a quello<br />
che stava facendo lui, perché quello che aveva fatto lui per tutta la v<strong>it</strong>a non<br />
era mai andato bene. L’accondiscendenza di Carolina era solo accondiscen-<br />
denza e dipendeva solo da Carolina, non da qualcosa che lui poteva aver fat-<br />
to o detto. Era lei che aveva deciso così, e niente le avrebbe potuto impedire
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un bel giorno di decidere nel senso inverso. Era da lei che dipendeva tutto;<br />
da lei o da chiunque altra avesse rec<strong>it</strong>ato quel ruolo. E voglio dirti anche<br />
un’altra cosa, e cioè che, sì, lo condanno tanto quel senso di speranza che<br />
Alberto, come ogni essere umano, coltivava, perché, se nessuna donna si era<br />
mai innamorata di lui, era così che avrebbe dovuto essere per il bene di Al-<br />
berto e di tutte quelle donne, e infatti l’unica che si è comportata in maniera<br />
differente ha combinato un grave danno. E adesso arrivo a raccontarti quale.<br />
– Iniziarono ad uscire insieme. Io non c’ero lì con loro ma sapevo che<br />
uscivano insieme perché ero suo amico e lui mi diceva che finalmente stava<br />
arrivando quello che per tutta la v<strong>it</strong>a aveva atteso e, lui non me lo diceva,<br />
ma posso immaginare come si svolgessero questi incontri, come puoi imma-<br />
ginarlo anche tu. Una ragazza bella e scaltra, figlia della generazione dei la-<br />
voratori, tirata su a pol<strong>it</strong>ica chiacchierata e vest<strong>it</strong>i stretti, l’ideale della v<strong>it</strong>a<br />
facile e quello dell’onore… Ripeto che lì con loro ovviamente non c’ero, ma<br />
credo che gli abbia fatto immaginare all’incirca le stesse cose che lui sogna-<br />
va e solo aveva immaginato da tanti anni. E poi un bel giorno deve essersi<br />
tappata il naso per fare il passo decisivo. E dopo un po’ si fece sposare. Così<br />
adesso aveva vinto la scommessa che aveva giocato, disponeva di un bel pa-<br />
trimonio e sapeva che lo avrebbe ered<strong>it</strong>ato tutto lei, visto che non c’erano al-<br />
tri parenti in giro e visto che anche i figli non sarebbero arrivati. Tanta era<br />
l’infatuazione e lo sconvolgimento di Alberto per quella nov<strong>it</strong>à (una donna<br />
giovane, bella e che sembrava buona e amorevole) che non gli passò per la<br />
testa una probabile cattiva intenzione di lei neanche quando gli rifiutò un di-<br />
scendente; Alberto si lim<strong>it</strong>ò a prenderne atto e a dire che era una scelta di<br />
Carolina e che andava rispettata e che lei già aveva fatto parecchio per lui.<br />
– Su come andasse avanti la loro v<strong>it</strong>a matrimoniale non ho troppi detta-
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gli da raccontare perché è una cosa che non conosco molto bene, fatta ecce-<br />
zione per quello che tra poco ti dirò, alcuni fatti che ho appreso direttamente<br />
da Alberto nei suoi ultimi giorni, quando era tornato ad essere un individuo<br />
e non più il membro di una coppia… sai com’è, quando due persone stanno<br />
insieme il resto del mondo non esiste più, è solo un diversivo, anche io ave-<br />
vo perso la rilevanza che prima avevo come suo amico. In quegli anni co-<br />
nobbi tuo padre – indicò l’uomo con un gesto pacato della mano che stringe-<br />
va il bicchiere vuoto, un gesto lento nel vuoto. – Era da poco riusc<strong>it</strong>o a farsi<br />
ammettere alla cattedra e aveva stoffa da vendere, era simpatico ed intelli-<br />
gente, loquace quando serviva e sempre discreto; una gran persona agli oc-<br />
chi di tutti noi che di sol<strong>it</strong>o nutrivamo buone riserve nei confronti dei novel-<br />
lini, soprattutto quelli di quel periodo. Invece tuo padre entrò sub<strong>it</strong>o in sim-<br />
patia a tutti, tranne a quel paio di immancabili idioti, e dimostrò quello di<br />
cui era capace professionalmente. Per quanto mi riguarda lo presi sub<strong>it</strong>o in<br />
simpatia e diventammo presto amici e questo lo sai bene, ed iniziammo a<br />
frequentarci anche perché io vedevo di meno Alberto adesso che era sposa-<br />
to. Alberto gli ha passato volentieri il testimone, non avrebbe potuto fare al-<br />
tro con il migliore della squadra. Uno dei migliori frutti di quella generazio-<br />
ne che aveva prodotto soprattutto individui inutili e nocivi come Carolina<br />
che infatti non riuscì neanche a laurearsi: lasciò stare presto perché preferiva<br />
fare le cose in maniera semplice con i soldi del mar<strong>it</strong>o… lei ed il suo ragaz-<br />
zo (non voglio dire amante perché amore sono certo che non uscì mai da<br />
quella gente, anche se è lec<strong>it</strong>o pensarlo), se poi un infame c’è veramente sta-<br />
to oltre a quello che dicevano le sue chiacchiere.<br />
– Quando allora arrivò il momento fatidico… Alberto o non aveva pen-<br />
sato che potesse succedere o non era riusc<strong>it</strong>o ad immaginare quanto potesse
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essere forte il dolore in quel punto della storia altrimenti avrebbe fatto qual-<br />
cosa per prepararsi, e del resto aveva passato la v<strong>it</strong>a intera preparandosi ad<br />
avere una moglie. Quando cap<strong>it</strong>ò l’inev<strong>it</strong>abile (e tutte quelle storie che rac-<br />
contava Carolina sul suo amante ragazzino avrebbero dovuto metterlo sul-<br />
l’attenti, anche se fossero state solo fandonie e a lui piaceva credere che fos-<br />
sero fandonie anche se alcune volte ci credeva e s’imbruniva fino a piangere<br />
ogni tanto) il crollo si risolse in uno schianto di tutta la sua persona, sia nel<br />
fisico che nello spir<strong>it</strong>o. Prima che lei lo lasciasse (se ne era andata punto e<br />
basta, senza salutare, senza lasciare scr<strong>it</strong>te due righe, senza una telefonata.<br />
Dall’oggi al domani era spar<strong>it</strong>a e non sarebbe tornata in quella casa né sa-<br />
rebbe tornata al fianco di quell’uomo, mai, nella stessa maniera repentina<br />
con cui gli si era aggrappata prima, come un lampo all’improvviso, ed infat-<br />
ti per lui fu un’illuminazione r<strong>it</strong>rovarsi ammogliato e poi nuovamente solo:<br />
furono i due modi che gli servirono a completare la propria cresc<strong>it</strong>a, ed in-<br />
fatti poco dopo morì) era un uomo di settant’anni che stava bene e che era<br />
diventato finalmente felice e pacificato con sé stesso e con il mondo che lo<br />
stava osp<strong>it</strong>ando; dopo invece gli anni sembrarono raddoppiati e raddoppiata<br />
era anche la rabbia che si era portato dentro fino a prima di conoscere Caro-<br />
lina, le energie erano pressoché fin<strong>it</strong>e, se non quelle per restare semplice-<br />
mente in v<strong>it</strong>a e lamentarsi, e le lacrime… be’, le lacrime, quelle sono sempre<br />
state il suo mare prediletto. E così, tira oggi tira domani, lasciati l’insegna-<br />
mento e la professione, perduta la dedizione per la cura del corpo e della<br />
casa, senza la voglia di aprire neanche la finestra per guardare un po’ che<br />
tempo faceva, sub<strong>it</strong>o dopo un breve lasso di tempo in cui aveva detto che<br />
già c’era passato prima e che non era una nov<strong>it</strong>à tutta quella sol<strong>it</strong>udine, arri-<br />
vò presto la malattia che lo avrebbe consumato in poco tempo. Fui io stesso
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a diagnosticargliela, anche se lui già l’aveva cap<strong>it</strong>o, ma sai com’è tra medi-<br />
ci… gli spiegai che genere di cancro fosse e rimase impassibile. Non si la-<br />
mentava. Voglio dire che alla morte ci era preparato e che il dolore che arri-<br />
vò quasi sub<strong>it</strong>o non gli dava fastidio, anzi lo distraeva dai pensieri e dal do-<br />
lore dell’animo; gli faceva male, certo, come fa male a tutti i malati, però gli<br />
faceva anche dimenticare il resto, gli altri dolori. Sicuramente non era felice<br />
di dover morire con un cancro, sapeva a cosa andava incontro, però si rese<br />
conto che le f<strong>it</strong>te gli svuotavano la mente dalla sua idea fissa, da Carolina e<br />
dal passato ed anche dal futuro. Allora non mi chiese di ricevere tutte le cure<br />
del caso, si rifiutò anche di farsi operare, quindi si tenne quello che era arri-<br />
vato e si chiuse in un mutismo completo, non ci diceva niente e neanche ri-<br />
spondeva alle domande che io e tuo padre gli facevamo quando andavamo a<br />
trovarlo circa ogni giorno. Mi chiamò solo l’ultima volta, qualche ora prima<br />
di morire, per raccontarmi i fatti, come io gli avevo raccontato i miei in pas-<br />
sato perché eravamo amici e lui era più grande di me e sposato ed io crede-<br />
vo ancora di poter ottenere risposte illuminanti da un altro essere umano. E<br />
invece adesso lui sapeva che eravamo uguali e senza scampo, lo sapeva per-<br />
ché si era accorto che nonostante tutte le energie che ci aveva impiegato lui,<br />
e nonostante tutto il tempo che ad occhio e croce potevo ancora avere io per<br />
fare quello che aveva fatto inutilmente lui, e nonostante lui una donna l’a-<br />
vesse trovata anche se solo per un po’, sempre soli ci r<strong>it</strong>rovavamo e final-<br />
mente adesso, solamente adesso mentre moriva, senza speranza. Speranza<br />
che non venne uccisa dalla malattia o dalla consapevolezza della ineluttabi-<br />
l<strong>it</strong>à della morte sempre più vicina in una questione di giorni e ore, ma solo<br />
dall’aver constatato quanto male gli avesse fatto quella ostinazione che lo<br />
aveva spinto a mettere la mano dentro al fuoco anche dopo sessant’anni di
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avvertimenti, dopo sessant’anni di evidenza. Ma questo è solo il triste desti-<br />
no umano… quanti sono stati i maestri che ci hanno insegnato cosa fosse la<br />
ver<strong>it</strong>à e quanti anni sono passati dall’ultima volta che hanno aperto bocca? e<br />
quanto il genere umano ha imparato di quello che hanno detto in tutto que-<br />
sto tempo?<br />
– Perciò non mi meraviglio… neanche di non aver imparato io stesso<br />
questa lezione che sto cercando di impartirti.<br />
Adesso il ragazzo sembrava aver iniziato a pensare a qualcosa di preciso<br />
e Giorgio non aveva la certezza che fosse una cosa attinente a quello che<br />
stava raccontandogli; poteva non essere minimamente interessato a quella<br />
faccenda e magari stava ripassando i nomi dei suoi compagni di classe del<br />
liceo in ordine alfabetico e, se sembrava assorto in qualcosa, era solo perché<br />
non riusciva a ricordare chi fosse il settimo della lista; oppure aveva scoper-<br />
to un altro trucchetto mentale per distrarsi e lasciar credere all’amico (certa-<br />
mente ubriaco) che le sue parole non sarebbero andate perse nel vento, così<br />
sarebbe stato felice di aver avuto un buon ascoltatore e lui avrebbe potuto<br />
presto tornare alla festa. Ma non gli chiese se lo stava annoiando e se voleva<br />
che smettesse perché l’unica maniera che conosceva per scoprirlo era conti-<br />
nuare a parlare. E, mentre Matteo iniziava ad essere accigliato per la piega<br />
che dovevano aver preso i suoi pensieri, mentre Giorgio riempiva per l’ulti-<br />
ma volta il bicchiere in modo da poter aiutare la voce nello scatto finale, lo<br />
stesso biondo che prima aveva lasciato l’individuo inelegante da solo con<br />
un’anziana signora estenuata dalla discussione, adesso arrivò in cerca di co-<br />
stui gonfio di euforia, dicendo in tono compiaciuto di averlo finalmente tro-<br />
vato e che gli avrebbe presentato un paio di persone importanti, così, tenen-<br />
dolo per un braccio aggrappato con fare rapace, si voltò, puntò lo sguardo
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con decisione verso un piccolo capannello di persone, fece con la mano libe-<br />
ra un gesto di richiamo e sorrise.<br />
Matteo si svegliò. Aveva visto arrivare tre uomini, barbe colte e petto in<br />
fuori, impassibili e sobri, addir<strong>it</strong>tura cordiali ed attenti. Disse: – Devo chie-<br />
derti qualcosa. Mettiamoci un po’ in disparte – e guidò il vecchio verso un<br />
angolo della terrazza dopo averlo fatto passare oltre il raggio d’azione dei<br />
nuovi arrivati, salutandoli con un breve cenno e scusandosi per essersi mos-<br />
so, tenendo d’occhio il poeta che ormai era stato placcato e reso innocuo.<br />
Dove stavano adesso, Giorgio poggiato con le spalle contro il muro ed un<br />
gom<strong>it</strong>o sulla ringhiera, lui di fronte in piedi e rigido, non c’era che un mode-<br />
sto via vai di passaggio, nessuno intenzionato a sostare al buio. – Devo chie-<br />
derti una cosa…<br />
– Non prima che io abbia fin<strong>it</strong>o – lo interruppe il medico. – Potrebbe es-<br />
serci la risposta alla tua domanda in quello che sto per dirti.<br />
Va bene, doveva aver pensato il ragazzo, il tempo non manca.<br />
– Ero andato da lui appena mi aveva chiamato. Ti renderai conto, non<br />
aveva detto una parola da più di due mesi e adesso mi voleva espressamente<br />
per parlare. Corsi sub<strong>it</strong>o. Lo trovai come mi aspettavo di trovarlo, steso sot-<br />
to le lenzuola con la testa reclinata. Mi vide entrare e mandò via l’infermiera<br />
che lo assisteva. La mandò via defin<strong>it</strong>ivamente, non per avere qualche minu-<br />
to di riservatezza come noi due adesso, non per affidarle una commissione o<br />
darle un po’ di riposo. Le disse: “Il suo lavoro è fin<strong>it</strong>o. Torni dovunque deve<br />
tornare” e quella sparì senza troppi complimenti. Quando attaccò a parlare<br />
con me non fece preamboli né cerimonie, partì parlando del suo letto, quello<br />
in cui si trovava in quel momento. Disse: “Ecco dove muoio. Fino a qualche<br />
settimana fa ci godevo ed ero felice e prima ancora ci ho sofferto e pianto e
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ci ho anche sperato di morire sognando ed immaginando come sarebbe stata<br />
una v<strong>it</strong>a bella ed una morte altrettanto bella e plateale pure, perché ero anco-<br />
ra pieno di speranze. E adesso ci muoio. E morire in un letto per un essere<br />
umano è già una gran cosa per la quale r<strong>it</strong>enersi soddisfatti. Nel proprio let-<br />
to, poi, un vero traguardo. Tu hai la minima idea di cosa sia un letto?” mi<br />
chiese. Io non sapevo cosa rispondere, avrei potuto dire tante cose e non in-<br />
sertarne neanche una giusta, oppure rispondere quello che avrebbe voluto<br />
lui, ma non era il mio turno di parlare anche se mi aveva fatto una domanda.<br />
Ero lì solo per ascoltare, se non altro questo dovevo concederglielo, il mio<br />
silenzio e la mia attenzione. E lui continuò: “È qualcosa di più di un posto in<br />
cui dormire o fare l’amore o solo riposare. Cerca di capirlo anche se te lo sto<br />
per dire con poche parole. Carolina potrà essersene andata da questa casa e<br />
avermi abbandonato, ma non ha lasciato questo letto.” Cosa significava?<br />
Non ho avuto il tempo di cercare una risposta che lui sub<strong>it</strong>o: “Lei è ancora<br />
qui. È qui che ho sofferto ed è qui che lei mi ha reso veramente felice per la<br />
prima volta in v<strong>it</strong>a mia. Ed è qui che ora giustamente muoio. Tu lo sai chi è<br />
stata Carolina?” e su questa domanda avrei voluto rispondere francamente<br />
quello che pensavo, e cioè che era una delle tante cattive persone al mondo e<br />
non l’unica brava ragazza che lui avesse mai potuto incontrare e neanche<br />
l’unica che aveva compreso i suoi segni o che era stata tanto amorevole da<br />
accudirlo, avrei voluto dirgli che era stata un’infame, una canaglia, e non<br />
quella lungimirante persona che si era finalmente accorta di lui nel momento<br />
in cui Alberto aveva appreso quello che c’era da sapere per conquistare una<br />
donna (perché Alberto non aveva imparato niente e non aveva fatto niente:<br />
quel che successe era dipeso unicamente da lei). Invece tacqui ancora una<br />
volta perché l’ultima gioia di cui avrebbe potuto godere sarebbe stato solo il
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mio silenzio e non potevo togliergliela, non potevo farlo oltretutto per dire<br />
cattiverie che avrebbero potuto ferirlo ulteriormente ed inutilmente. Inutil-<br />
mente perché ormai cosa c’era da spiegare? E invece lui: “Carolina è stata la<br />
persona che mi ha salvato.” Avrei voluto colpirlo. “Mi piacerebbe rivederla<br />
per dirle ancora quanto la amo.”<br />
– Avrei voluto dirgli che sarebbe stata ora di pensare al perché lei invece<br />
non desiderasse più di vedere lui, perché fosse spar<strong>it</strong>a all’improvviso, per-<br />
ché non aveva più dato cenni di v<strong>it</strong>a, perché gli avesse sempre raccontato di<br />
quel fantomatico ragazzetto… e perché avesse fatto tutto con tanta tranquil-<br />
l<strong>it</strong>à, senza paura, quando un altro mar<strong>it</strong>o abbandonato, e con tutta probabili-<br />
tà anche quello stesso ragazzetto da lei vociferato, avrebbero messo in piedi<br />
un putiferio per agguantarla e darle una bella raddrizzata; e invece lei perché<br />
era stata tanto tranquilla?<br />
– Non credo fosse tanto tranquilla se lasciò che si perdessero le sue trac-<br />
ce – obbiettava Matteo.<br />
L’altro sorrise e spiegò: – Se fosse stata inquieta, scappando avrebbe<br />
cercato di prendere tutto quello che poteva (attingendo dall’armadio e dai<br />
cassetti, dal conto corrente cointestato, dagli svuota tasche poggiati sulla to-<br />
letta, dal frigorifero anche) per salvare il salvabile perché avrebbe dovuto<br />
pensare che un mar<strong>it</strong>o di altro genere l’avrebbe fatta escludere dal testamen-<br />
to facendo annullare il matrimonio. Invece lei sapeva che avrebbe ered<strong>it</strong>ato<br />
ed infatti adesso quel che fu di Alberto è suo, se non lo ha rovinato. Da que-<br />
sto punto di vista non posso negare che avesse cap<strong>it</strong>o che genere di persona<br />
lui fosse, anzi, lo aveva inquadrato proprio bene. Stai a sentire cosa mi disse<br />
poi: “Tu, Giorgio,” mi disse, “la sol<strong>it</strong>udine sai cos’è. E devo presumere che<br />
tu abbia anche immaginato cosa significhi avere qualcuno accanto.” Prese
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fiato, forse dimenticò addir<strong>it</strong>tura quel che mi aveva detto prima, era arrivato<br />
quasi alla fine del suo tempo e per lui era difficile e troppo faticoso parlare,<br />
comunque prese le forze e disse: “Io ero felice. Semplicemente felice.” Pro-<br />
prio come io potrei venirti a dire che dopo tutti questi anni sono felice quan-<br />
do rientro in casa con dentro la borsa un libro raro che non ho dovuto pagare<br />
e che dovrò rest<strong>it</strong>uire entro un mese alle persone che me lo hanno dato in<br />
prest<strong>it</strong>o, e le mie preoccupazioni non sono che quelle di leggere il romanzo<br />
e riportarlo sullo scaffale dal quale lo ho preso (anzi, solo lasciarlo sul banco<br />
perché qualcun altro per me lo riponga in archivio), e quando sono felice<br />
mentre sto leggendo quel libro senza avere lo squillo del telefono in testa<br />
perché ho staccato la spina per non dover sentire la segreteria telefonica che<br />
scatta, in quei momenti non mi interessa più minimamente delle rate del<br />
condominio o delle pratiche da far sbrigare negli uffici pubblici. Così, se<br />
questo mi succede con un libro, Alberto per la gioia che gli derivava dall’a-<br />
more non aveva neanche più interesse alla propria stessa v<strong>it</strong>a, per il ricordo<br />
della gioia di quell’amore (quello che lui credeva fosse amore). Così lui co-<br />
nosceva la gioia, l’aveva conosciuta per sei anni di fila e già era una gran<br />
cosa, e l’aveva anche poi perduta e rimpianta e ci si era ammalato (non della<br />
malattia che soffriva in precedenza, quel livore dell’animo che lo aveva cre-<br />
sciuto, ma quella che lo portò a morire nel fisico sotto i miei occhi in quelle<br />
ore) e si era accorto che era poi una cosa semplice e per niente complicato il<br />
meccanismo che la faceva funzionare, e allora non era riusc<strong>it</strong>o ancora a ca-<br />
pire quale fosse stato il motivo per cui fosse fin<strong>it</strong>a, la ragione per la quale<br />
Carolina avesse dovuto, avesse sent<strong>it</strong>o la necess<strong>it</strong>à di troncare quella cinghia<br />
di trasmissione del benessere. Non riusciva a capire per quale rozzo e bruta-<br />
le motivo lei non desiderasse quella pace e gioia che lui aveva ricevuto
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come per magia. E per questo si ammalò: perché non era riusc<strong>it</strong>o a conosce-<br />
re la persona che aveva sposato e perché, nonostante la diffidenza che<br />
avrebbe dovuto provare nei suoi confronti, ne fu abbandonato.<br />
– Così tu dici che fu colpa di questa Carolina.<br />
– Non so se si possa parlare di colpa. Colpa significherebbe che lei ma-<br />
gari non desiderava la sua morte ma sapeva che comportandosi in quel<br />
modo sarebbe potuto accadere… e che poi abbandonandolo sarebbe certa-<br />
mente accaduto. Ma questo presupporrebbe che lei fosse stata tanto sensibile<br />
da capire quale fosse stato il dolore del mar<strong>it</strong>o in tutti quegli anni di sol<strong>it</strong>udi-<br />
ne; e sono scettico al riguardo. Piuttosto direi che la malattia fu la stimmate<br />
rel<strong>it</strong>ta dal suo passaggio, il segno che lei lasciò come un marchio, una firma,<br />
l’erba sterile di Attila. Ogni cosa resta segnata, nulla passa senza intaccare<br />
qualcos’altro.<br />
– Comunque hai detto che è stata la sua fuga a costringerlo a letto e a<br />
farlo morire.<br />
Il ragazzo neanche più si occupava di tenere sotto controllo il bicchiere<br />
di Giorgio ed i suoi occhi, lucidi o meno che fossero, e qualcosa, anche nel<br />
modo in cui scrutava tra gli osp<strong>it</strong>i, doveva aver fatto scattare in lui l’interes-<br />
se per la vicenda, così il medico non dovette sforzarsi troppo per continuare:<br />
– Anche questo non è del tutto vero perché Alberto stesso, quel giorno, mi<br />
fece capire che qualcosa era accaduto sin da prima, che non fu solo l’atto ul-<br />
timo della fuga (e poi la fuga è un’opera di ripiego, è una tecnica di difesa, e<br />
quale genere di attacchi aveva potuto portare Alberto contro di lei? No, fuga<br />
è il termine sbagliato); qualcosa che lei doveva aver fatto al di fuori delle<br />
proprie intenzioni, semplicemente perché doveva farlo, solo perché lo<br />
avrebbe fatto comunque senza neanche rifletterci, istintivamente come gli
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animali selvaggi ne uccidono altri. Fece riferimento alla malattia che aveva<br />
previsto senza bisogno di sintomi fisici; la malattia del loro rapporto e poi<br />
quella sua personale che stava tornando dopo quattro anni di letargo e, dopo<br />
ancora, quella decisiva: “I primi sintomi. Quando stavamo insieme, sia pri-<br />
ma che dopo esserci sposati, si chiacchierava, mangiavamo, dormivamo in-<br />
sieme e facevamo l’amore, sì… ma cosa c’era di differente da una qualun-<br />
que altra v<strong>it</strong>a? dalla v<strong>it</strong>a di qualcun altro, della gente comune, di quelli che<br />
fingevano di amare, che differenza c’era dalla v<strong>it</strong>a di chi sta solo? O<br />
meglio… per me era importante anche stare vicini e basta, sapere che lei<br />
c’era, lì accanto, nella mia stessa casa, sotto lo stesso tetto, sapere che ero<br />
salvo e che potevo vivere invece di sognare, sapere che lei al mio fianco era<br />
la chiave che mi aveva fatto uscire dalla prigione della mente e della mia<br />
immaginazione e dei monologhi, sapere che la persona che amavo era lì,<br />
pronta ad essere carezzata quando ne avessi avuta la voglia, sapere che la<br />
sol<strong>it</strong>udine di una v<strong>it</strong>a si era spezzata… ma per lei c’era bisogno di qualco-<br />
s’altro, qualcosa che andasse oltre una cena fuori per noi due o un fine setti-<br />
mana in ba<strong>it</strong>a o una vacanza o una festa. Lei voleva qualcosa in più che for-<br />
se poteva essere conosciuta solo dalla giovinezza o forse neanche da questa<br />
e nemmeno da Carolina stessa. Viveva di una certa insofferenza nel conti-<br />
nuo evidente agognare verso qualcos’altro, verso cose che io non ero in gra-<br />
do di farle avere e che mai ho cap<strong>it</strong>o quali fossero perché io non sentivo al-<br />
tro bisogno che starle accanto e basta, e non potevo capire quali fossero le<br />
sue necess<strong>it</strong>à proprio perché io non ne avevo altre, non potevo immaginarne<br />
altre. E sarà stata anche colpa mia, ma rispondi a questo: cos’altro avrei do-<br />
vuto fare? Fingere? E fingere cosa poi?”<br />
– Ma io la risposta alle sue domande non ce l’avevo e lui lo sapeva, altri-
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menti non mi avrebbe chiamato lì a sentirlo parlare. Allora continuò: “Così<br />
quando sbottò con quella storia… iniziando con piccoli pungoli e provoca-<br />
zioni, ipotesi riguardanti fantomatiche sue avventure con altrettanto fanto-<br />
matici ragazzi della sua età, chiedendo cosa ne avrei mai pensato se… per<br />
poi passare ad accennare scappatelle di giornata, poche ore trascorse in com-<br />
pagnia di qualcun altro a fare cose non precisate, cose coperte da irremovi-<br />
bili veli di mistero… ed io che non sapevo se crederci o meno perché capivo<br />
che quella poteva essere solo una tecnica, dire bugie per farmi ingelosire (e<br />
non so ancora perché, ma magari è così che sono fatte le donne), e di contro<br />
il mio amore invece mi faceva credere ad ognuna delle sue fantasticherie sui<br />
suoi amanti perché in amore è bello e confortante soffrire perché soffrire dà<br />
la certezza di essere innamorati. Quando per la prima volta poi mi disse che<br />
frequentava regolarmente un ragazzo della sua età, uno del suo vecchio cor-<br />
so che stava laureandosi e che io avevo addir<strong>it</strong>tura avuto come studente, uno<br />
che spesso passava interi pomeriggi con lei quando lei mi diceva che stava<br />
uscendo per andare a guardare le vetrine o per incontrare un’amica… uno<br />
che avrebbe voluto fare il dottorato con me e che si sarebbe fatto sotto per<br />
chiedermelo insieme ad un’altra ventina di laureati, e a lei avrebbe fatto pia-<br />
cere che ci fosse riusc<strong>it</strong>o…” Gli stava succedendo una cosa che già aveva<br />
provato tanti anni prima, quando aveva incontrato dopo parecchio tempo<br />
una donna che gli era piaciuta ma che non lo voleva e poi aveva perso di vi-<br />
sta perché aveva deciso che sarebbe stato meglio dimenticarla completa-<br />
mente, ed invece la incrociò alla fila di un cinema e lei era accompagnata<br />
con uno che gli venne presentato come il suo fidanzato e che ignorava com-<br />
pletamente il fatto che Alberto avesse avuto una sbandata per la ragazza e<br />
pensava solo che fossero vecchi amici e così gli strinse la mano sorridente e
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cordiale come anche lei, sorridente e cordiale, lo abbracciò convinta di avere<br />
incontrato un vecchio amico che ormai aveva trovato chissà quante altre<br />
fiamme ed almeno una per il momento, e lui non poté fare a meno di pensa-<br />
re che quei due facevano l’amore, non si poté impedire di immaginare il<br />
come e il quanto. “Così mi bastò sapere che lei vedeva un altro uomo, un ra-<br />
gazzo, e la immaginai intenta a fare l’amore con questo irreale (forse sì, for-<br />
se no) bamboccio, intenti a godere e a dirsi cose che io non avrei mai saputo<br />
né saputo dire… lei con questo ragazzino che avrei incontrato entro poco<br />
tempo ma che non avrei potuto riconoscere e che quindi neanche avrei potu-<br />
to discriminare… non avrei potuto fargli del male perché non sapevo che<br />
faccia avesse ed avrei anche rischiato di nuocere ad un innocente. Carolina<br />
non mi disse il suo nome perché aveva cap<strong>it</strong>o che altrimenti avrei fatto qual-<br />
cosa,” mentre io volevo dirgli che non gli aveva fatto alcun nome perché se-<br />
condo me non c’era stato mai nessuno, nessun amante, nessun ragazzo; vo-<br />
leva solo sbrigarsi a levare le tende con una cospicua buona usc<strong>it</strong>a e stava<br />
imboccandogli il motivo per farlo. Ma restai z<strong>it</strong>to perché tanto, ormai, che<br />
importanza aveva? E anche se il ragazzo ci fosse stato e se tutto quello che<br />
raccontava Carolina fosse stato vero e se fosse stato vero anche che lei vole-<br />
va accaparrarsi il patrimonio per goderselo con l’amante, come avrebbe po-<br />
tuto Alberto ev<strong>it</strong>are di dannarsi? E perché Carolina avrebbe dovuto mettere<br />
in piedi tutta quella sceneggiata? Forse perché sapeva che lo avrebbe presto<br />
ucciso con le chiacchiere e con una repentina fuga? Lo lasciai continuare:<br />
“Neanche potevo odiarlo come invece avrei voluto, come avrei voluto odia-<br />
re il ragazzo di quella donna che incontrai al cinema ma non potevo perché<br />
lui non aveva colpe e con me era gentile e simpatico ed ignorava tutto… e<br />
così non potevo odiare questo infame che mi portava via Carolina perché
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non sapevo che nome avesse e che faccia avesse e perché sapevo che era im-<br />
possibile resistere a Carolina e lui si era trovato lì e non aveva potuto dire di<br />
no perché magari credeva pure che io ero un vecchio porco che cambiava<br />
ogni tre mesi una ragazzina diversa tra le sue studentesse ed infermiere per<br />
sbattersela in sala operatoria e che… Così né odio né amore mi sono stati<br />
concessi, nessuno dei due da conoscere completamente, fino in fondo,” rife-<br />
rendosi al primo per quello che aveva appena detto e al secondo perché, no-<br />
nostante fosse stato con Carolina per quattro anni, poteva dire (se ne era<br />
reso conto) che fosse stato amore? Un sentimento sfociato alla fine in tanta<br />
delusione non poteva essere amore. Ci era arrivato vicino, lo aveva ben im-<br />
maginato, ma non l’aveva vissuto mai perché un amore non poteva conclu-<br />
dersi in quel modo. L’amore che aveva sognato ed immaginato non avrebbe<br />
dovuto affatto concludersi.<br />
– Ma lui aveva amato – puntualizzò Matteo. – Aveva amato sinceramen-<br />
te, sapeva cosa significa.<br />
– Certo. Aveva amato. Come aveva amato altre donne prima di Carolina.<br />
Però queste sono cose che funzionano a dovere quando si è in due a farle…<br />
in questo caso invece… C’era stata una donna prima di Carolina (ed altre<br />
prima ancora), soltanto una conoscenza che non divenne niente di più per-<br />
ché lei non aveva l’intenzione di stare con Alberto, non lo amava e lo aveva-<br />
no cap<strong>it</strong>o entrambi senza bisogno che nessuno dei due facesse qualcosa per<br />
chiarire la s<strong>it</strong>uazione; così io, nel mio fervore giovanile che mi permetteva<br />
ancora di prendere certe iniziative, gli dissi che sarebbe stato meglio se<br />
avesse provato a fare o almeno a dirle qualcosa e lui mi rispose che sarebbe<br />
stato meglio di no perché sapeva che lei non lo amava e neanche ne era affa-<br />
scinata e questo vanificava tutto il valore dell’amore suo per lei e di quello
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che avrebbe potuto esserci tra loro se lei avesse acconsent<strong>it</strong>o ad elemosinar-<br />
gli anche una notte soltanto. E quando Carolina sparì, quella sua mossa rapi-<br />
da ed inattesa di sgattaiolare fuori nottetempo per non tornare più, mise in<br />
dubbio tutto quello che c’era stato prima. Così non so se lui ripensò a quella<br />
cosa che mi aveva detto anni addietro, ma il dubbio fece comunque nascere<br />
il perché, la domanda alla quale non sapeva rispondere nessuno, forse nean-<br />
che lei, e Alberto al riguardo disse: “Ho cercato di darmene la colpa. Ho<br />
pensato di aver fatto qualcosa di orrendo per quattro anni di matrimonio,<br />
qualcosa che potesse giustificare la sua fuga, qualcosa come la mia gelosia<br />
cronica, un sentimento troppo forte ed unilaterale, gelosia che pensai avesse<br />
causato la rottura – perché la gelosia, sono arrivato pure a pensare, è egoi-<br />
smo e non il profumo dell’amore come disse un poeta. E però potevo non<br />
essere geloso io che per tutto quel tempo ero stato privato dell’amore e del<br />
sesso? Potevo non esserci così attaccato? Potevo non esserne geloso? E que-<br />
sto è egoismo? Iniziare a respirare e voler continuare a farlo, è forse egoi-<br />
smo? Sto togliendo cosa a chi altro? E quello che mi era stato tolto fino ad<br />
allora? Egoista? Stavo pensando solo a me stesso? Ed anche se questo fosse<br />
vero, anche se è vero che ero un egoista, devo allora prendere tutta la mia<br />
v<strong>it</strong>a come una punizione per il mio egoismo o come il giusto contrappeso<br />
che è stato messo sulla bilancia nel momento in cui ho deciso di bruciare<br />
quel talento di purezza che mi era cap<strong>it</strong>ato? Pensare questo, questo sì che sa-<br />
rebbe egoismo ed egocentrismo. E fanatismo. Mentre sono solo uno di que-<br />
gli ingranaggi difettosi nell’universo. E qualcuno ha tentato di registrarmi,<br />
hanno provato ad aggiustarmi con Carolina, ma il difetto era troppo radica-<br />
to, evidentemente. Neanche la chiave inglese è riusc<strong>it</strong>a ad agganciarsi bene<br />
e a farmi girare. E non è colpa mia. Tu questo puoi capirlo.
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“Ti ho voluto qui perché almeno tu, qui mentre muoio, tu non puoi dirmi<br />
che è stata colpa mia e che io ho sbagliato… perché in fin dei conti quello<br />
che voglio è soltanto quello che voglio sentirmi dire, solo quello che direi a<br />
me stesso se potessi stare lì al posto tuo guardandomi morire. È questo che<br />
ho cercato per tutta la v<strong>it</strong>a. Un me stesso femminile. Ed allora è vero che<br />
sono egoista ed egocentrico e che mi mer<strong>it</strong>o tutto quello che ho avuto (o non<br />
ho avuto sarebbe più giusto dire). Ma comunque non puoi, non devi dirmi<br />
che ho sbagliato… Cos’altro avrei dovuto fare oltre ad amarla?” E la rispo-<br />
sta probabilmente era che non avrebbe potuto farci niente. Doveva andare<br />
così e basta. Lei probabilmente, lo abbiamo detto prima, neanche era inna-<br />
morata e stava solo giocando. Ma la cosa più assurda, e non per questo la<br />
meno probabile, potrebbe essere questa: che fosse lui a non essere innamo-<br />
rato, ma solo convinto di esserlo, che fosse invece confuso, tratto in inganno<br />
piuttosto dal suo sogno di una v<strong>it</strong>a come la voleva che dalla realtà delle<br />
cose, e cioè che Carolina non era la donna che faceva per lui anche nel caso<br />
in cui lei fosse stata veramente sincera il giorno in cui prese la fede al d<strong>it</strong>o.<br />
– Oddio… cosa c’entra l’anello? – s’inserì Matteo per cr<strong>it</strong>icare il gusto<br />
della frase, il mero stile. – Quello è solo un r<strong>it</strong>o, non è lì che nasce l’amore,<br />
nasce prima, è da prima che si è sinceri, oppure…<br />
– Allora perché hai sposato tua moglie? Potevate farne a meno.<br />
– Te l’ho detto, è solo un r<strong>it</strong>o, sono cose che si fanno per…<br />
– Perché abbiamo paura di arrivare a settant’anni senza qualcuno a fian-<br />
co o qualcosa in tasca, o per lo meno al d<strong>it</strong>o. Proprio come disse Alberto:<br />
“Così a quasi settant’anni, come già prima dei sessanta, mi sono r<strong>it</strong>rovato da<br />
solo. Dentro una casa con dentro un bagno ed un letto ed una cucina che<br />
erano le uniche cose che mi servivano e che ero in grado di usare, le uniche
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cose per le quali la mia v<strong>it</strong>a potesse essere applicata, perché per il resto non<br />
c’era nient’altro che io potessi fare. Le uniche cose… perché anche i libri e<br />
la musica ormai erano inutili, perché andarci a cercare qualcosa non aveva<br />
più senso ormai, a settant’anni… anche vivere ancora a lungo ed imparare<br />
qualcosa, a settant’anni sarebbe serv<strong>it</strong>o? Ormai potevo r<strong>it</strong>enermi soddisfatto<br />
del nulla che avevo stretto. Già prima me n’ero accorto… quando una parti-<br />
ta inizia male non puoi sperare di andare in pari con l’ultima mano anche<br />
perché all’ultima mano non ti è rimasto abbastanza da puntare per vincere<br />
indietro tutto quello che hai perso, a meno che l’ultima mano non te la gio-<br />
chi a metà part<strong>it</strong>a. E comunque io avevo già dimostrato di non saper giocare.<br />
Ma l’ultima di sol<strong>it</strong>o è sempre quella in cui non ti resta niente da puntare.<br />
Tranne la speranza, dannazione. Questa dannata speranza che mi ha illuso<br />
per tutta l’esistenza… Non farti fregare, ti dico, non farti prendere dalla spe-<br />
ranza altrimenti hai chiuso. Non permetterle di attirarti nel suo gioco. Quan-<br />
do ti accorgi che stai sperando, smetti sub<strong>it</strong>o, batti la testa contro uno spigo-<br />
lo, fa’ in modo di svegliarti!” E Carolina, se ancora è viva, se si trova accan-<br />
to qualcuno non lo so, ma qualcosa di quello che prese al mar<strong>it</strong>o dovrebbe<br />
esserle rimasto, altrimenti non sarebbe valsa la pena di sacrificare sei dei<br />
propri anni per impadronirsi di qualcosa da spendere e dilapidare in fretta e<br />
furia, in meno di altri sei anni. Credo. E comunque fu per questo, per le cose<br />
e per la roba, per i soldi… tornò appena seppe della sua morte (non so come<br />
lo seppe), andò a rivendicare quel che era suo nell’ufficio del notaio dal qua-<br />
le aveva accompagnato Alberto che se l’era portata lì per farle sapere dap-<br />
principio quali sarebbero state le sue ultime volontà e la destinazione dei<br />
propri beni, lo prese e sparì di nuovo. Fu come giocare a ruba bandiera: il<br />
destino comandò il numero, e cioè la morte del mar<strong>it</strong>o, allora lei corse fuori
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dalla sua fila, agguantò quel che doveva prendere per potersi divertire (per-<br />
ché altrimenti cosa avrebbe dovuto giocare a fare?) e tornò da dove era ve-<br />
nuta. Part<strong>it</strong>a vinta e chiusa.<br />
– “Sono stato dentro questa casa giorno e notte,” continuò a dirmi rife-<br />
rendosi all’immobile che di lì a poco avrebbe pienamente posseduto Caroli-<br />
na, non so per farne cosa, riferendosi al suo periodo di sol<strong>it</strong>udine precedente<br />
all’arrivo di lei ed identico a quello successivo alla sua scomparsa, “ed usci-<br />
vo solo per andare all’univers<strong>it</strong>à e per fare la spesa, perché la spesa andava<br />
fatta ogni tre giorni, questo me lo insegnò mia madre che la faceva regolare<br />
come un orologio, come l’orologio che mio padre teneva nel cassetto per<br />
guardarlo solo due minuti prima che scoccassero le otto e mezza, giusto il<br />
tempo necessario a rimetterlo tra le carte ed i coltelli della sua scrivania, al-<br />
zarsi e lavarsi le mani per poi sedere a tavola e mangiare la cena che lei ave-<br />
va preparato con la spesa che aveva acquistata regolare come quell’orologio,<br />
ogni tre giorni, anticipando o r<strong>it</strong>ardando l’avanti e ‘ndrè con le sporte piene<br />
a seconda di come cadevano le domeniche. E quindi ero solo con il mio ba-<br />
gno, il mio letto, la mia cucina e la spesa e la memoria dell’unico insegna-<br />
mento buono di mia madre che era anche l’unico contatto umano che non<br />
potevo disprezzare, il ricordo di mia madre che da dentro la cucina (quella<br />
cucina che adesso adoperavo io ogni giorno o quasi, ma sempre o quasi con<br />
poca voglia) mi faceva vedere come si butta la pasta lunga a mo’ di raggiera,<br />
lei con la sua parannanza a quadri sempre slacciata ed i movimenti rapidi e<br />
decisi che io invece non potevo emulare neanche dopo settant’anni perché<br />
sbrigarmi non era più ormai una necess<strong>it</strong>à, dal momento in cui dovetti ini-<br />
ziare a cucinare e vivere da solo: non avevo ormai più bisogno di risparmia-<br />
re tempo perché era così evidente che l’avevo sprecato già tutto: r<strong>it</strong>rovarsi
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già vecchio a ventisei anni e scoprire che a cinquanta ancora non avevo ini-<br />
ziato a vivere e che ormai le opportun<strong>it</strong>à della mia adolescenza erano brucia-<br />
te completamente… non sarebbe stato imparando a cucinare meglio e più in<br />
fretta, come faceva mia madre per guadagnare sei minuti, che avrei recupe-<br />
rato quei brevi istanti di trenta secondi l’uno che dovevo prendere quando<br />
ero giovane e che non persi per mia colpa quando ero più piccolo. Così sta-<br />
vo qui, cucinando come un bravo scapolo, mettendo a bollire l’acqua con il<br />
sale per poi buttarci la pasta come avevo imparato a fare in tutti quegli anni,<br />
mentre sull’altro fornello preparavo il condimento, come avevo imparato in<br />
tutti quegli anni sempre alla stessa maniera, con sempre le stesse dosi degli<br />
stessi ingredienti per ognuno dei dieci piatti che sapevo preparare, così che<br />
adesso sapevo cucinare perfettamente una porzione di spaghetti aglio ed<br />
olio, ma sarebbe stato impossibile prepararne due o peggio ancora tre… e<br />
comunque non correvo il rischio di doverlo fare. E poi sapevo anche come<br />
lavare ed asciugare pentole e padelle e tutto il resto delle stoviglie ed anche<br />
lì facevo con calma e piuttosto perché era anche l’energia di sbrigarmi che<br />
mi mancava.<br />
“Poi sapevo anche curarmi del bagno, il bagno che era un po’ la mia<br />
tomba, il posto in cui dal mio corpo usciva tutto. Era in bagno che mi spo-<br />
gliavo per lavarmi e per cambiarmi ed era lì che mi vedevo nudo e che tutto<br />
tornava a galla e piangevo, perché mi era impossibile ev<strong>it</strong>are di osservarmi e<br />
tirare delle conclusioni. Ed ero nudo, come avrei potuto esserlo ogni volta<br />
che mi guardavo le gambe ed i pantaloni e la mia immagine allo specchio<br />
dentro una camicia (perché potevo vederlo, il mio corpo, anche attraverso la<br />
stoffa, dentro le camicie, poiché lo conoscevo fin troppo bene), e mi guarda-<br />
vo, e lo facevo ormai ovunque: in bagno, seduto nelle macchine fissando la
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mia coscia sinistra, poi per un attimo l’altra, negli spogliatoi della palestra,<br />
in spiaggia guardando gli addominali miei e quelli degli altri, e dopo aver<br />
osservato bene la forma dei muscoli (perché sono i muscoli ed il modo in<br />
cui sono sviluppati a dare forma al nostro corpo) pensavo e dicevo che erano<br />
perfetti e costru<strong>it</strong>i nella maniera migliore e che non avevano niente da invi-<br />
diare ai muscoli degli altri e che niente avevano da invidiare a quelli degli<br />
altri ragazzi e poi col tempo a quelli degli altri uomini della mia età e nem-<br />
meno a quelli più stupidi di me che poi non sono arrivati ad insegnare medi-<br />
cina all’univers<strong>it</strong>à senza neanche sapere che è vissuto uno scr<strong>it</strong>tore chiamato<br />
Céline e che i Marx erano prima quattro e poi tre, e che… e li guardavo,<br />
quei miei muscoli delle braccia, del petto, delle gambe e dell’addome, e non<br />
potevo fare altro che pensare che erano belli e fatti bene e proporzionati e<br />
che erano stati montati assieme nel migliore dei modi, nella maniera giusta,<br />
secondo le giuste proporzioni (che conoscevo avendole studiate in anatomia<br />
ed anche allo specchio) e non capivo, veramente ti dico, non capivo e nean-<br />
che oggi, dopo quello che ho passato, sia dopo il male che il bene, soprattut-<br />
to dopo il bene che dovrebbe aver portato risposte e coscienza e invece…<br />
dopo tutto, ancora non ho cap<strong>it</strong>o perché a me quei muscoli e quel corpo<br />
sembrassero fatti bene ed addir<strong>it</strong>tura mi sembrassero fatti nel migliore dei<br />
modi (ed effettivamente, se consultassi anche tu un testo di anatomia, come<br />
sicuramente hai fatto, te ne renderesti conto di quanto siano ancora oggi per-<br />
fetti), mentre invece alle donne no, a loro non sembravano fatti e messi bene<br />
insieme… o forse c’era qualcosa di più fortemente brutto, odioso e fastidio-<br />
so in me che poteva superare la bellezza del corpo. E nemmeno oggi riesco<br />
a capire perché (se fosse stata colpa solamente del corpo il mio insuccesso<br />
con le donne) anche (almeno) il cervello e la personal<strong>it</strong>à che, anche quelle
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osservate a lungo allo specchio, mi sembravano se non altro gradevoli e non<br />
comunque al di sotto della media o fastidiose, non mi avessero assicurato un<br />
minimo di ascendente su una qualsiasi donna e ragazza che avevo conosciu-<br />
to o incontrato per caso. E ti giuro e ti assicuro che li osservai per tutto il<br />
corso della mia v<strong>it</strong>a sol<strong>it</strong>aria (e che sol<strong>it</strong>aria fu per colpa di quel corpo e di<br />
quella mente miei, altrimenti per cos’altro?) e non vi trovai niente di sballa-<br />
to, scoordinato, squilibrato o qualunque ep<strong>it</strong>eto o aggettivo negativo e peg-<br />
giorativo tu possa attribuirvi. Ma di certo questa è una considerazione che<br />
solo un protagonista di sé stesso e della propria v<strong>it</strong>a può fare perché, messi<br />
in bocca ad altri, quel corpo e quella v<strong>it</strong>a devono essere e sono stati tutto il<br />
contrario di quello che io ci avevo visto… a partire da qualunque presa in<br />
giro mi possa essere stata mossa, fino ad arrivare ad ognuna delle vessazioni<br />
che ho subìto da parte anche dello stato, oltre che da parte della famiglia,<br />
della v<strong>it</strong>a e degli sconosciuti. No, non riesco, veramente, per quanto io mi<br />
sforzi e per quanto tu o chiunque altro possiate volermi far spremere, non<br />
posso veramente trovare alcun motivo, non posso trovare alcuna giustifica-<br />
zione identificabile in una regola, in una legge della natura, e neanche in una<br />
di quelle regole e leggi create dall’uomo.<br />
“E così come io non posso ancora oggi, anche ieri furono in molti a non<br />
comprenderlo al punto da presupporre una mia v<strong>it</strong>a privata fatta di amori e<br />
bellezze che desideravo nascondere per tenerle solo mie, secondo certi uni<br />
che mi reputavano un uomo pienamente appagato e soddisfatto e meschino e<br />
falso, e falso perché sembravo schivo (a loro sembravo schivo perché erano<br />
convinti che non lo fossi) ed in qualche modo misteriosamente disperato, e<br />
meschino perché le mie gioie le avevo nascoste e chiuse a chiave mentre a<br />
loro portavo solo rimpianti e dolori, e questo non perché loro fossero orribili
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e cattivi e disumani, ma perché neanche loro, vedendomi, potevano immagi-<br />
nare quello che era la realtà, non potevano figurarsi una v<strong>it</strong>a come quella<br />
che la mia è stata; e questo per due motivi: uno, perché era semplicemente<br />
impossibile e due, perché se poteva accadere io non avevo (non sembravo<br />
avere) tutte quelle caratteristiche negative necessarie a farlo succedere.<br />
“E così, oltre al dolore di quello che fu questa v<strong>it</strong>a, ho dovuto sopportare<br />
anche lo sdegno di chi mi ha immaginato per qualche verso come un mostro<br />
con una v<strong>it</strong>a privata gioiosa, con una famiglia fatta di moglie e figli che<br />
scartano regali sotto l’albero e davanti al presepe, e che li teneva fuori dalla<br />
propria v<strong>it</strong>a pubblica per paura che gli altri potessero sciuparglieli, quando<br />
invece quello che loro davano per scontato io non l’avevo mai neanche sfio-<br />
rato. Gente che mi incontrava così, per poco tempo ad una cena di professio-<br />
nisti, ognuno con sua moglie o suo mar<strong>it</strong>o ed alle volte con figlio al ségu<strong>it</strong>o,<br />
gente che aveva sent<strong>it</strong>o pronunciare il mio nome da altra gente che non mi<br />
conosceva o da chi mi aveva conosciuto ma non si sarebbe mai permesso di<br />
parlare della mia v<strong>it</strong>a privata con loro, persone che avevano letto il mio<br />
nome su qualche rivista medica o su quel paio di testi miei ed avevano im-<br />
maginato tutto quello che avrei dovuto avere solo perché anche loro ce l’a-<br />
vevano perché semplicemente era giusto e normale averlo…<br />
“Accidenti, sto perdendo la ragione, ho detto loro, come fanno i pazzi.<br />
Ormai ci siamo quasi.<br />
“Ma c’è poco da recriminare… è anche questo che ho dovuto subire.<br />
Anche lo sguardo ed il giudizio delle persone che mi hanno solamente visto<br />
senza sapere. Ed anche di chi mi ha conosciuto abbastanza bene da poter<br />
stare qui come te adesso ma che io non ho avvisato di venire perché l’unica<br />
cosa che hanno saputo fare è stato dire che sarebbe passato, che sarebbe
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cambiato qualcosa, che avrei dovuto fare qualcosa io per farlo cambiare, e<br />
così avrebbero detto anche adesso. Quando, sì, era vero che prima avevo<br />
bussato contro un muro, ma è altrettanto vero che, quando me ne sono ac-<br />
corto, ho iniziato a bussare su porte che poi nessuno ha voluto aprire. Gente<br />
che non poteva vedere al di là del proprio naso anche se, nel migliore dei<br />
casi, cercava di guardarci. E forse in questo non siamo poi così differenti io<br />
e loro.<br />
“Loro… di nuovo sto sragionando.<br />
“Ecco, Giorgio… non vorrei che tu pensassi che sto recriminando e<br />
piangendomi addosso. Non pensare che abbia passato la mia v<strong>it</strong>a piangendo-<br />
mi addosso. Perché questo si potrebbe pensare: che non abbia rimboccato le<br />
maniche e che abbia solo subìto lamentandomi perché qualcuno non mi tira-<br />
va fuori dal guaio. E questo non è vero perché la tenacia e la voglia non mi<br />
hanno mai abbandonato e ho sempre continuato a provare, e oggi ho cap<strong>it</strong>o<br />
che ho sbagliato in questo… dimmi che è vero, Giorgio, dimmi che è vero<br />
che ho sbagliato ad accanirmi contro il destino, contro quel che doveva esse-<br />
re.”<br />
– Cosa potevo dire?<br />
Il ragazzo non rispose. Attese che fosse l’altro a spiegare.<br />
– Tacqui. E lui: “Credevo di poterne uscire in questo o in quell’altro<br />
modo, pensando ancora una volta, ogni giorno al mattino e poi dopo alla<br />
sera prima di dormire, pensando tutte le cose che avrei potuto fare in più e<br />
che avrei dovuto decidermi a fare l’indomani, almeno l’indomani, senza più<br />
rimandare oltre. Pensavo a come avrei dovuto dire cosa a quale donna, a<br />
come avrei dovuto muovermi con lei, come abbracciarla e se fosse il caso in<br />
certi momenti (ed in quali momenti) di tenerle la mano, perché credevo che
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fosse mer<strong>it</strong>o di questi dettagli, che fosse colpa dei dettagli che avevo trascu-<br />
rato se prima avevo sempre fall<strong>it</strong>o; e credevo sperandolo forte che fosse do-<br />
vuto al modo di fare, perché ignoravo del tutto come invece stanno le cose.<br />
E così ho pensato ed immaginato fino ai sessant’anni. A sessant’anni ancora<br />
credevo di poterne uscire con quelle sciocchezze di dettagli. Non cambiamo<br />
mai. Come quella volta che avevo diciotto anni e leggevo i giornalini di vi-<br />
gnette sotto la luce della mia stanza ed invece di sbrigare i comp<strong>it</strong>i che ave-<br />
vo per la casa e per scuola mi sdraiavo pancia sotto sulla coperta del letto e<br />
tenevo gli occhi su quei disegni anche dopo averli già letti per la seconda<br />
volta, perché l’importante era ev<strong>it</strong>are il dovere… l’importante era sempre<br />
qualcos’altro. E poi, uno di quei giorni in cui stavo leggendo per la terza<br />
volta una barzelletta disegnata male, successe a mia madre quello che succe-<br />
de a tutti prima o poi e che succede adesso a me qui: moriva. Non sub<strong>it</strong>o,<br />
non all’improvviso con un colpo secco o tranquilla beatamente nel sonno,<br />
neanche divorata da un rapido cancro fortissimo, no: esaur<strong>it</strong>a, le sue batterie<br />
che andavano scaricandosi ogni giorno di più, le sue energie sempre più de-<br />
boli, le membra ogni giorno più molli come una lumaca senza guscio, il suo<br />
guscio che si era dissolto nelle stanze di casa finché non poteva neanche più<br />
uscire dal suo letto se non per recarsi al bagno, e anche da lì era difficile che<br />
ne uscisse con le sue proprie forze. Ed io che leggevo vignette finché mio<br />
padre mi prese e mi strappò via la carta di mano per mettermi di fronte al<br />
corpo di lei che giaceva, non ancora morto, sotto le lenzuola di un’estate che<br />
avrebbe presto mandato in rovina il suo cadavere (lo sapeva bene, lui che<br />
era medico e l’ho saputo bene anch’io dopo): – Dille ciao – mi ordinò e la<br />
salutai e poi morì, non sub<strong>it</strong>o tra le mani mie, ma di lì a poco, entro qualche<br />
ora che stavo passando fuori dalla sua camera pensando ai soldi che avevo
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speso dietro quel giornale che mio padre aveva rotto, senza pensare che fos-<br />
sero i suoi soldi… pensavo a quanto fosse ingiusto il suo comportamento<br />
nei confronti delle mie cose e neanche pensavo a mia madre, credo perché<br />
non r<strong>it</strong>enevo possibile ch’ella morisse perché mi sembrava ancora troppo<br />
presto in confronto a quello che avevo sent<strong>it</strong>o dire sui miei nonni e a quello<br />
che sentivo sempre raccontare alla radio e sui giornaletti, perché non era un<br />
evento sincronizzato con la tabella di marcia di tutti gli altri eventi simili nel<br />
mondo… e invece morì e mio padre col suo viso come una lastra di ferro si<br />
fece fuori dalla camera da letto, volse lo sguardo a me che sedevo finalmen-<br />
te senza alcunché in mano, mi guardò e basta, non disse nulla e diresse in<br />
cucina, dove tenevamo il telefono, ed io capii. E capii anche che non mi sa-<br />
rebbero più serv<strong>it</strong>i giornaletti o cinema o sale da ballo, almeno per un po’, e<br />
poi ho pensato: ecco, adesso sono un uomo. E invece oggi è diverso da pri-<br />
ma di quel giorno? O da quando per la prima volta in v<strong>it</strong>a mia mi feci dentro<br />
un ufficio pubblico e mi ci volle quasi un’ora per capire come funzionava la<br />
fila agli sportelli e come andava riemp<strong>it</strong>o il modulo adatto e quale era il mo-<br />
dulo adatto? e dopo averlo compreso pensai anche allora che ormai sapevo<br />
un’altra cosa che solo gli adulti conoscevano e che un’altra parte della mia<br />
infanzia era perduta per fortuna e stavo crescendo e cambiando. E invece…<br />
“Non sono cambiato anche se non ho più letto altre vignette. È impossi-<br />
bile. Anche in trenta, quarant’anni di tempo concessi. Ci pensavo e mi ren-<br />
devo conto che ormai era impossibile cambiare, vivere una v<strong>it</strong>a fatta di tutte<br />
le cose vissute da chi mi girava intorno, avere una v<strong>it</strong>a ed una compagna<br />
come chiunque altro, ormai che la v<strong>it</strong>a mia stava quasi per finire. Perché io<br />
ero rimasto ad un livello troppo basso per una donna della mia età ed anche<br />
per una più giovane e non più piccola di una ventenne, e questo col tempo
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sarebbe sempre peggiorato, sarebbe stato col tempo un vuoto sempre più in-<br />
colmabile, una distanza troppo lunga da percorrere. Dove avrei potuto trova-<br />
re una donna disposta a condividere la propria v<strong>it</strong>a con un uomo che di v<strong>it</strong>a<br />
ne aveva passata parecchia ma ne sapeva così poco quanto ne potrebbe sape-<br />
re un ragazzo di diciotto anni al massimo? Esisteva una donna che avrebbe<br />
accettato il compromesso di rinunciare alla propria v<strong>it</strong>a passata e di iniziarne<br />
un’altra insieme a me, ripartendo dal mio zero? Più vedevo e più mi sembra-<br />
va che cercassero qualcuno in grado di dar loro sensazioni nuove, emozioni<br />
che non avevano ancora provato, qualcuno che impartisse loro lezioni nuo-<br />
ve; non uno come me che ne sapeva parecchio meno di loro, io che ne sape-<br />
vo parecchio meno di quelle donne che osservavo. Cercavano la soddisfa-<br />
zione e non potevano trovarla in me, visto che io ancora più di loro e da più<br />
tempo pure stavo cercando la stessa cosa e non l’avevo mai trovata, e questo<br />
doveva essere chiaro ai loro occhi, e doveva essere altrettanto chiaro che<br />
non ero in grado di impartire una lezione che non conoscevo. Potevo inse-<br />
gnar loro come operare un’appendic<strong>it</strong>e, ma non come godere di un uomo e<br />
della v<strong>it</strong>a con lui… perché io non avevo ancora imparato a godere della mia<br />
e tanto meno a godere della v<strong>it</strong>a di un’altra persona con quest’altra persona.<br />
“Inoltre, mettevo in conto anche l’ab<strong>it</strong>udine. L’ab<strong>it</strong>udine di vivere da<br />
solo e tutte le relative ab<strong>it</strong>udini o sotto-ab<strong>it</strong>udini che comporta lo stare soli,<br />
ed anche il mio corpo era troppo assuefatto ormai da anni a restare solo, di-<br />
staccato dagli altri corpi, autarchico. Come avrei potuto dopo tanti anni im-<br />
parare a fare del sesso quando ormai per me il culmine del piacere era la<br />
masturbazione? Come avrei potuto assimilare un nuovo mondo dopo tutto<br />
quel tempo, dopo tutta l’ab<strong>it</strong>udine e la confidenza che il mio corpo ormai<br />
aveva preso unicamente con il mio corpo? Un uomo senza una gamba, con
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trent’anni di v<strong>it</strong>a senza una gamba, sarebbe felice di farsene mettere una<br />
buona, ma riuscirebbe ad ab<strong>it</strong>uarcisi? riuscirebbe a modificare tutti i suoi<br />
movimenti, il suo senso dell’equilibrio? E così era per me, lo sapevo e pian-<br />
gevo tutto questo, perché anche se fosse cambiato tutto, come avrei fatto io<br />
ad adeguarmi? E come avrebbe potuto una donna accettare un uomo in que-<br />
ste condizioni? Una donna come quelle che avevo osservato, una donna ca-<br />
rica di esperienze disparate, persone che incontravo anche magari solo un<br />
paio di volte l’anno e mi raccontavano ogni volta intere v<strong>it</strong>e differenti dal-<br />
l’ultimo nostro incontro, nuovi mestieri, nuovi amori, nuovo tutto, sei mesi<br />
di una v<strong>it</strong>a, poi sei mesi di un’altra… v<strong>it</strong>e intere per una sola persona con-<br />
densate in cos’ poco tempo… ed io invece sempre nello stesso mare basso e<br />
in secca. Una donna carica di bisogni da appagare, una donna proiettata nel<br />
sogno di vedersi messa nelle stesse condizioni dei modelli che le venivano<br />
proposti dalla nostra cultura di massa non avrebbe potuto comprendere cosa<br />
c’era dietro un uomo come me, se di uomo posso parlare invece che di un<br />
essere sospeso nel limbo tra la purezza e la tentazione. Il retaggio della car-<br />
ne e l’illusione dello spir<strong>it</strong>o. Non avrebbe potuto comprenderlo perché la<br />
mia era una s<strong>it</strong>uazione che chiunque, alla mia età e molti anche parecchio<br />
prima avevano già superato da troppo tempo per ricordarla, e qualcun altro,<br />
le donne soprattutto, non aveva mai neanche dovuto vivere, per loro fortuna,<br />
ma non so per quale motivo.<br />
“Ed anch’io ho fatto quello che hanno fatto gli altri, ho studiato e mi<br />
sono divert<strong>it</strong>o, ho riemp<strong>it</strong>o la mia rubrica con nomi, indirizzi e numeri di te-<br />
lefono, ho lavorato, ho giocato, ho detto le stesse cose che dicevano gli altri<br />
e spesso anche usando le stesse parole, però io non sono riusc<strong>it</strong>o ad ottenere<br />
quello che gli altri, tutti quanti gli altri che ho conosciuto, hanno avuto sa-
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pendo che l’avrebbero ottenuto in quel modo, dicendo e facendo quelle pre-<br />
cise cose che avevano poi detto e fatto, nella stessa maniera in cui anch’io le<br />
avevo dette e fatte ma fallendo. Per anni.<br />
“Ed inoltre, oltre alla giovinezza perduta e però sempre tenendola in<br />
conto come argomento sul quale fissare l’attenzione, perché è soprattutto la<br />
giovinezza che non ebbi, anche se fui fortunato rispetto a parecchi altri sia<br />
qui che nel resto del mondo, quello di cui mi rammarico sempre, la giovi-<br />
nezza e quello che avrei potuto farci se fossi stato congegnato in maniera<br />
differente… La giovinezza, dicevo, è quella che mi ha pure rovinato quando<br />
passò: perché, se già mi aveva fatto soffrire mentre la stavo spendendo e mi<br />
accorgevo che non ci stavo guadagnando nulla spendendola, dopo fu anche<br />
più atroce perché mi accorsi che qualunque cosa potesse accadermi, ed an-<br />
cora speravo che potesse accadere di lì a poco, entro i quarantacinque anni,<br />
speravo, qualunque cosa bella fosse successa, l’amore magari, non avrei<br />
neanche più avuto la capac<strong>it</strong>à di meravigliarmene, quella capac<strong>it</strong>à di farsi<br />
sorprendere che avrebbe avuto un giovane sprovveduto al quale cap<strong>it</strong>a di in-<br />
ciampare in una donna, o quella propensione a perdere le staffe e a lottare<br />
(anche la forza di lottare) per un cattivo comportamento altrui, perché or-<br />
mai, da vecchio ed anche poco prima, erano svan<strong>it</strong>e in me queste cose, que-<br />
ste debolezze, questa ignoranza del mondo che fa rimanere sbalord<strong>it</strong>i ed im-<br />
preparati, indifesi di fronte alle s<strong>it</strong>uazioni così che l’animo possa reagire<br />
bene o male a seconda del caso ma comunque avere una reazione spontanea,<br />
perché ormai vecchio era passato tutto, m’ero indur<strong>it</strong>o, m’ero anche ab<strong>it</strong>uato<br />
e senza neppure aver mai sent<strong>it</strong>o attraverso quelle sensazioni (perché, te l’ho<br />
già detto, non ebbi la possibil<strong>it</strong>à di goderne), e mi ero indur<strong>it</strong>o e mi ci ero<br />
tanto ab<strong>it</strong>uato a non rimanere ad occhi e bocca spalancati, fulminato da qua-
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lunque comportamento umano, non perché ne avessi subìti in interminabili<br />
serie, questo lo sai bene, ma al contrario perché, ormai disab<strong>it</strong>uato a ricevere<br />
quei certi stimoli, non sapevo neanche più accorgermi di quando questi fos-<br />
sero presenti e vegeti, ed inoltre perché ero anche ormai tanto disgustato da<br />
quei pochi segnali ricevuti dagli altri uomini (ma puoi chiamarlo uomo un<br />
essere così pieno di pregiudizio?… magari è proprio questo un uomo, un es-<br />
sere vivente ded<strong>it</strong>o alla soppressione di chi uomo non è o non sembra) che<br />
non avrei più accettato di subirne qualunque altro. E se poi addir<strong>it</strong>tura mi<br />
fossi per caso accorto di qualche buon segno e se ancora solo per puro caso<br />
avessi fatto la mossa giusta da fare per goderne, neanche avrei potuto più<br />
goderne ormai perché era troppo tardi, ero troppo ab<strong>it</strong>uato a vivere da solo,<br />
non avrebbe più avuto senso avere una donna a quel punto perché non sarei<br />
stato in grado di goderne, perché ormai avevo perso le capac<strong>it</strong>à di farlo ed<br />
era passato il momento, perché era una ventina di anni addietro che sarebbe<br />
dovuto succedere, non ero più in grado, i sensi relativi all’amore si erano in-<br />
torpid<strong>it</strong>i, non sarei neanche riusc<strong>it</strong>o a capire, ad intendere la gioia che stavo<br />
ricevendo… e infatti Carolina è stata un grande fallimento.<br />
“Quando passa il momento non c’è più niente da fare…<br />
“E così è naturale chiedersi (chiedermi) cosa è successo allora quando<br />
giunse lei. Se veramente non intendevo reagire ad alcun segno, se ero pro-<br />
prio così cieco e sordo da non accorgermene neppure, perché allora poi mi<br />
r<strong>it</strong>rovai non solo al fianco di, ma addir<strong>it</strong>tura sposato con Carolina?<br />
“Perché la speranza è l’ultima a morire, e questo non è un bene, è la no-<br />
stra condanna, la nostra croce, l’apice dell’ingenu<strong>it</strong>à che si fa breccia attra-<br />
verso le illusioni nei momenti più torpidi, anche e soprattutto quando la ra-<br />
gione sembrerebbe dover avere la meglio. Infatti, se fossi stato per morire
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come ora sono in procinto di fare (e solo adesso posso parlarti così aperta-<br />
mente, perché adesso ti assicuro che non spero e non voglio vivere – perché<br />
per non sperare in qualcosa non devi volerla), allora avrei anche nell’ultimo<br />
istante creduto e confidato in un altro attimo di respiro anche solo per aver<br />
visto il soldato es<strong>it</strong>are o per aver sent<strong>it</strong>o iniziare a battere ancora una volta il<br />
cuore, e così la vidi e la sentii parlare con me e fu naturale credere non che<br />
ci fosse qualcosa o addir<strong>it</strong>tura l’amore per cui stupirsi o rimanere sbalord<strong>it</strong>o,<br />
ma che potesse finalmente accadere una di quelle cose che non avevo ancora<br />
provato in sessant’anni di v<strong>it</strong>a e delle quali comunque sapevo di non poter<br />
godere ormai nello stesso modo in cui avrei potuto prima, al momento debi-<br />
to. Ed è in questo che credei e sperai: non nella possibil<strong>it</strong>à di provare sensa-<br />
zioni e stati d’animo che mi erano sempre sfugg<strong>it</strong>i, ma nella mia capac<strong>it</strong>à di<br />
mettermi nella condizione di poterli provare, perché, finché nutrivo speran-<br />
ze, credevo e covavo nascostamente l’idea che fosse un mio fallo il motivo<br />
per cui la v<strong>it</strong>a mia aveva proceduto in maniera errata, quando invece adesso<br />
so che tutto fu giusto e si compì nella maniera esatta. Ed infatti non dipende-<br />
va, non poteva dipendere, non era mai dipeso nulla da me. Perché fece tutto<br />
lei. Mi prese e mi lasciò. E come mi prese in un lampo, rapidamente, dicen-<br />
do piccole sciocchezze e poggiando le sue labbra contro la mia bocca, addu-<br />
cendo neanche un motivo buono che giustificasse il suo amore per me (io<br />
che al tempo ero tornato a credere che, se amore era, non sarebbero serv<strong>it</strong>e<br />
motivazioni), allo stesso modo svelto ed indolore, apparentemente indolore<br />
come l’amputazione di un arto ben esegu<strong>it</strong>a, mi lasciò dicendo la cosa più<br />
sciocca ed impossibile da negare: che non le piacevo più e se ne andava.<br />
Come mi aveva detto che le piacevo ed era venuta da me, adesso se ne anda-<br />
va per la ragione opposta e con la stessa leggerezza.
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“Solo una questione di tempo era stata, come ugualmente credevo che la<br />
v<strong>it</strong>a di tutto il genere umano fosse solo una questione di tempo… ero arriva-<br />
to a pensare in un certo periodo, prima che arrivasse lei… ed era solo un al-<br />
tro modo di sperare che quello che stavo vivendo non fosse vero… mi ero<br />
messo in testa che non fosse vero e che non dipendesse da me. Speravo di<br />
potermi mettere l’anima in pace in questo modo, credendo che tutta la catti-<br />
veria dell’uomo, l’autolesionismo, le guerre batteriologiche, fossero tutte<br />
solo questioni di tempo… che quando, in un modo o nell’altro, ci saremo<br />
estinti, l’esperimento sarà riusc<strong>it</strong>o e il risultato sarà quello previsto… perché<br />
dovevo attribuirne la responsabil<strong>it</strong>à a qualcuno. E invece cosa ho cap<strong>it</strong>o<br />
adesso?”<br />
– E sai cosa aveva cap<strong>it</strong>o?<br />
E ancora Giorgio, senza aspettare risposta: – Che non c’era responsabili-<br />
tà, né sua né di nessun altro. Perché le cose stavano così e basta. Ed è questo<br />
che sto cercando di spiegarti – aggiunse mentre constatava che il proprio<br />
bicchiere era un’altra volta vuoto, in cerca del collo di una bottiglia nei pa-<br />
raggi ma senza trovarlo. – Che alla fine lui aveva cap<strong>it</strong>o di aver sbagliato<br />
ognuna delle volte in cui si era messo a recriminare e piangere per tutto il<br />
tempo perduto, per le occasioni perse, per la gioventù che aveva sciupato e<br />
che a volte ed anzi molto spesso neanche aveva sciupato per sua colpa. Ave-<br />
va cap<strong>it</strong>o in settant’anni che non serviva lamentarsi, gridare e piangere e<br />
dannarsi per ogni momento di pace e godimento che non aveva avuto, per<br />
circa i sessant’anni di pena che aveva vissuto. Aveva cap<strong>it</strong>o che era stato<br />
inutile e addir<strong>it</strong>tura dannoso mettersi a lottare contro la v<strong>it</strong>a, e che ancora<br />
più rovinoso ed anche sciocco era stato farlo attraverso la mente, con i pen-<br />
sieri e la fantasia, con la speranza… perché non serviva a cambiare le cose,
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non serviva a cambiare le carte in tavola. La s<strong>it</strong>uazione era quella e non era<br />
stato pensando e sperando ed immaginando che era cambiata. A settant’anni,<br />
prima di morie, solo allora aveva cap<strong>it</strong>o che bisognava semplicemente ac-<br />
cettare la cosa e continuare a vivere e a provare, perché vivere non significa<br />
raggiungere un risultato, ma camminare per andare avanti… e, forse, ogni<br />
tanto sul cammino succede qualcosa di piacevole e bello ed anche qualcosa<br />
di sgradevole e brutto e bisogna solo accettarlo, prendere quello che viene,<br />
perché non si può fare altro. Non si può ev<strong>it</strong>are che accada un evento, e una<br />
volta successo non si può cambiare. E non ci si deve illudere che possano<br />
accadere o non accadere certe cose. E se non altro si può ev<strong>it</strong>are di perdere<br />
tempo ed energie ed i residui di gioia ev<strong>it</strong>ando di accanirsi contro il nulla.<br />
Perché cos’altro sono gli eventi della v<strong>it</strong>a se non materia intangibile? Anche<br />
se hanno a che fare con la nostra carne. Ma sono cose che la nostra carne<br />
non può prendere. È inutile accanirsi contro gli eventi quando sono successi<br />
e sono passati. Capisci questo: che sono passati. Non è così che si trova la<br />
pace. Alberto lo aveva cap<strong>it</strong>o e me lo stava spiegando mentre moriva, dove-<br />
va averlo cap<strong>it</strong>o proprio in quel momento, che si era dannato tutta la v<strong>it</strong>a,<br />
che aveva sofferto e aveva dato legna da ardere al suo dolore, che lo aveva<br />
alimentato invece di cercare la pace, invece di accettare quello che era pas-<br />
sato (passato da due, tre anni o da un mezzo minuto appena), invece di vive-<br />
re nel mondo presente e smettere di dannarsi a recriminare guardando indie-<br />
tro, pensando e sognando e ricordando. Alberto è questo che ha voluto dir-<br />
mi: di non perdere il presente e di lasciar stare il passato… per trovare la<br />
mia pace. Quello che lui non era riusc<strong>it</strong>o a fare in settant’anni. E adesso che<br />
lo aveva cap<strong>it</strong>o lo avrebbe potuto fare, ma stava morendo.<br />
– Lui mi insegnò questo ed io adesso lo dico a te non perché tu ne faccia
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tesoro, non lo pretendo. Lo spero ma non lo pretendo. Però voglio che tu,<br />
quando incontrerai una di queste persone come Alberto e come me, gli dica<br />
quello che ti ho appena spiegato e voglio che tu lo faccia premettendo que-<br />
sta storia perché altrimenti quell’uomo o quella donna alla quale starai par-<br />
lando potrebbe pensare che sei solo un maledetto idiota insensibile che vuo-<br />
le impartire una lezione di v<strong>it</strong>a che non conosce ad una persona che non co-<br />
nosce soltanto per sentirsi bene con sé stesso, per sentir ricadere su di sé l’o-<br />
nore concesso ad un maestro… addir<strong>it</strong>tura uno di quelli con la emme maiu-<br />
scola. E non è questo che siamo noi uomini. Non siamo maestri, non possia-<br />
mo insegnare niente a nessuno perché non abbiamo mai imparato nulla…<br />
guardami. Anche se lui mi diede una lezione in quel suo ultimo giorno.<br />
Matteo sembrava perplesso e però anche ghignante. Giorgio continuò,<br />
come cercando di giustificarsi, o come per giustificare quello che gli era sta-<br />
to detto dall’amico, come se stesse vergognandosi di quello che aveva appe-<br />
na raccontato, come se le parole avessero trascinato a galla la vergogna, ma<br />
nell’incertezza sulla natura di quella vergogna perché non era chiaro se si<br />
sentisse a disagio per la stupid<strong>it</strong>à di ciò che aveva detto avendolo sputato<br />
fuori e avendolo visto e riconosciuto come una cosa banale e magari anche<br />
stupida, o se l’imbarazzo derivasse dalla sua posizione di uomo già cresciu-<br />
to e vissuto e meravigliato di fronte a cose che forse un ragazzo poteva r<strong>it</strong>e-<br />
nere scontate o, di contro, che forse un ragazzo neanche poteva capire (e in<br />
questo caso poteva sentirsi stupido perché poteva rendersi conto di aver<br />
frainteso per anni le doti del ragazzo). Quindi distolse lo sguardo dall’e-<br />
spressione interdetta di Matteo e si giustificò: – Perché questo non serve ad<br />
essere migliori o ad essere più felici… la felic<strong>it</strong>à non sta nel raggiungimento<br />
di uno scopo, non è ottenere quello che si desidera, ma accettare la s<strong>it</strong>uazio-
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ne dell’ora, quello che c’è qui e adesso, e goderne… saperne godere. Non<br />
dico di doverne gioire e neanche di ringraziare il Signore, ma di accettarla<br />
semplicemente… perché non puoi fare altro e perché è l’unica cosa che si<br />
possa fare, l’unica cosa che serva fare. È inutile ragionare sopra a quello che<br />
accade, è inutile prendersela col destino e con le persone… Né le persone né<br />
il destino cambieranno perché tu ci stai pensando sopra, perché tu ci fanta-<br />
stichi e speri e ci costruisci i tuoi sogni. Ma puoi accettare quello che stai vi-<br />
vendo e smettere di pensarci ed iniziare a viverlo.<br />
Però Matteo ancora sembrava perplesso e la nuova giustificazione che<br />
stava per dare Giorgio era stimolata dal bisogno di non essere considerato<br />
completamente folle, perché altrimenti si sarebbe sent<strong>it</strong>o troppo stupido per<br />
aver parlato una sera intera ad un cieco. E così aggiunse ancora: – E questo<br />
te lo dico per non farti perdere tempo, o per non farlo perdere a tuo figlio, se<br />
mai dovessi averne uno e sperando che non sia uno come me ed Alberto, ma<br />
comunque potrebbe tornargli ugualmente utile saperlo. Per non farvi perdere<br />
tempo, perché non dobbiate capirlo alla fine dei vostri giorni come Alberto.<br />
Quindi Matteo: – E tu? Tu hai perso tempo? Tu hai cap<strong>it</strong>o?<br />
Stavolta fu l’altro a ghignare, strinse anche forte il bicchiere come per<br />
aggrapparsi mentre stava cadendo. Al bicchiere vuoto. – Io no. Io non ho<br />
imparato. Vuoi perché ero già troppo assuefatto da me stesso e troppo stanco<br />
per imparare qualcos’altro, vuoi perché ero troppo ab<strong>it</strong>uato al mio male per<br />
separarmene, vuoi perché il tempo ormai l’avevo già perso… No. Io non<br />
l’ho imparata questa lezione. Però l’ho memorizzata e spero che possa im-<br />
pararla qualcun altro.<br />
Sulla terrazza ed anche all’interno dell’appartamento gli osp<strong>it</strong>i passava-<br />
no ben vest<strong>it</strong>i e ridanciani, ma si scorgeva anche ogni tanto uno sguardo di
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disappunto tra le coppie, attr<strong>it</strong>i personali, cose estranee alla serata, malumori<br />
privati e segreti, gli osp<strong>it</strong>i strappati alla loro v<strong>it</strong>a, gli inv<strong>it</strong>ati strappati all’e-<br />
state, i commensali che si erano tirati a lucido e avevano cercato ed acqui-<br />
stato un regalo nei negozi d’agosto, avevano anche una v<strong>it</strong>a piena di roba ol-<br />
tre alle serate eleganti. Questo passava sotto gli occhi del vecchio medico e<br />
del ragazzo e, nonostante lo avessero notato, non interessava né all’uno né<br />
all’altro, ma per ragioni differenti.<br />
– E così, tutto questo… questa storia… avresti mai creduto che potesse<br />
succedere?<br />
E il ragazzo, contemplando qualcuno in particolare all’interno dell’atti-<br />
co, di fianco l’anziano medico che cercò di seguire la linea del suo sguardo<br />
ma che non ci vedeva bene e non distingueva le figure mischiate nelle loro<br />
divise pressoché identiche, ed ancora il ragazzo che scrutava passando in<br />
rassegna a mente le cose che il vecchio gli aveva raccontato, focalizzando<br />
l’attenzione su qualche particolare e cercando di trascinarla nella realtà ad-<br />
dosso a qualcuno dei personaggi che stavano lì, sforzandosi di abbinare gli<br />
elementi del racconto a qualcuno di preciso, selezionando e scartando perso-<br />
ne da far combaciare con i dettagli, rispose di no.<br />
E continuarono a parlare, o piuttosto Matteo continuò ad ascoltare quello<br />
che Giorgio aveva da dire, fino a che si accese un pacato alterco, uno scon-<br />
tro educato, indignato ma composto, duro e ordinato dal quale uscirono si-<br />
lenziosi, Matteo che aveva fatto r<strong>it</strong>orno alla festa con passo determinato, e<br />
Giorgio che bofonchiava nella notte di quell’angolo di terrazza senza nean-<br />
che più il bicchiere.<br />
I conv<strong>it</strong>ati già mangiavano la loro fetta di torta sollevati. Lontano da loro<br />
c’erano solamente lui ancora in disparte nell’angolo, ancora poggiato alla
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ringhiera, e poco più in là l’uomo inelegante che stava fissandolo e sorride-<br />
va.<br />
– E allora, cosa c’è da guardare?<br />
Il poeta rimaneva giulivo e dinoccolato, ancora in possesso del suo bic-<br />
chiere e del piatto di stuzzichini dai quali attingeva disinteressato. Sorrise,<br />
tornò distaccato, sentenziò indifferente: – La gente passa, la gente guarda.<br />
Giorgio aveva fin<strong>it</strong>o le sue bib<strong>it</strong>e, lo squadrò storto e infastid<strong>it</strong>o, non gli<br />
piaceva che qualcuno avesse spiato la conversazione. Girò sui tacchi e cam-<br />
biò aria. Incontrò Benedetta che gli stava portando una fetta di dolce ed un<br />
calice, sorridente e soddisfatta, solare nella notte. Accettò amorevolmente<br />
quel gesto solo perché gli veniva proposto con tanta spontane<strong>it</strong>à ma, veden-<br />
dola compiaciuta e felice (per la riusc<strong>it</strong>a della serata, per la propria v<strong>it</strong>a, per<br />
il benessere di Matteo e dei suoi gen<strong>it</strong>ori, per qualunque cosa la rendesse<br />
tanto contenta), gli stimolò una fastidiosa sensazione di rancore commisto<br />
alla benevolenza; avverso a quello di buono che Matteo aveva ricevuto natu-<br />
ralmente dal destino, dall’intrecciarsi quotidiano delle v<strong>it</strong>e, era anche sotto-<br />
messo all’incontrastabile leggerezza e al senso di pace che Benedetta irra-<br />
diava con la sua sola presenza. Guardandola, osservandola con perizia e<br />
scienza, sforzandosi di sezionare con la sola occhiata l’essere umano per<br />
estrarne quel che la rendeva tanto semplice, coinvolgente, necessaria, dovet-<br />
te anche ricordare che lui aveva vissuto sessant’anni senza nulla di quello<br />
che Benedetta rappresentava, era e che avrebbe potuto salvarlo (perché a<br />
questo punto, al punto che aveva raggiunto anche Alberto e che ancora per<br />
fortuna non era il punto di non r<strong>it</strong>orno, anche se lo stava sfiorando, si tratta-<br />
va unicamente di salvezza da quel po’ di futuro ostile che si profilava come<br />
riflesso e prosecuzione di presente e passato), mentre Matteo, che di prima-
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vere ne aveva trascorse solo la metà rispetto alle sue, senza tormenti né la-<br />
menti si era r<strong>it</strong>rovato accoppiato ad una donna tanto bella. E non era invidia<br />
quella che stava provando e neanche odio. Non per quello che qualcuno ave-<br />
va e qualcun altro neanche aveva mai avuto, per quanto lo avesse sperato<br />
ogni giorno di più e per quanto si fosse impegnato ad imparare, fare e dire<br />
per ottenerlo (e che non bisognava ottenerlo per essere migliori o più soddi-<br />
sfatti o più potenti, ma solo per vivere); non per quello che uomini e donne<br />
potevano individualmente o anche oggettivamente r<strong>it</strong>enere giusto o sbaglia-<br />
to; non per la condotta e gli atteggiamenti tenuti dalle persone né per le cose<br />
che il fato, il caso e le azioni delle persone facevano ed avevano fatto acca-<br />
dere; e neanche per le decisioni che chiunque al di sopra dell’uomo o al di<br />
sopra soltanto dell’uomo comune aveva potuto prendere; per niente di tutto<br />
ciò stava provando rassegnazione e dolore, ma per il fatto che lui sapeva<br />
come sarebbe stato il resto della propria v<strong>it</strong>a: sapeva che sarebbe stato iden-<br />
tico a quello ch’era stato fino ad allora, e lo sapeva già da parecchio e mai<br />
aveva voluto piegarsi ad accettarlo, proprio come neanche Alberto aveva vo-<br />
luto fare, ma con l’unica differenza che Alberto era stato traviato e disorien-<br />
tato da quella meteora che era stata Carolina, mentre lui non aveva subìto<br />
l’influsso di alcun diversivo, era stato v<strong>it</strong>tima di nessun raggiro: per lui tutto<br />
era sempre stato eccezionalmente chiaro, limpido e cristallino, palese e ba-<br />
nale a tal punto da costringersi a non poterlo accettare per la troppa esagera-<br />
ta evidenza e banal<strong>it</strong>à.<br />
Benedetta consegnò a Giorgio piatto e calice e non andò via, rimase non<br />
per sapere se torta e vino fossero di suo gradimento ma, visto che pratica-<br />
mente durante tutta la serata non si erano quasi neanche salutati, per sapere<br />
come stava e come andavano le cose, come se fosse realmente preoccupata
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per quello che potesse accadere all’interno della v<strong>it</strong>a di qualcun altro, adesso<br />
in particolare di quella di Giorgio, e forse era addir<strong>it</strong>tura vero. Così lui, che<br />
difficilmente parlava di sé stesso e che se riusciva a farlo era perché r<strong>it</strong>eneva<br />
di conoscere la persona con la quale stava confidandosi abbastanza bene da<br />
sapere che questa avrebbe potuto comprendere o se non altro ev<strong>it</strong>are di ride-<br />
re, di odiarlo o di annoiarsi, nonostante conoscesse la ragazza da parecchio,<br />
la scrutò dapprima solo per mettere meglio a fuoco la figura e solo la figura,<br />
tanto per esser certo che fosse proprio la persona che credeva di avere di<br />
fronte, poi studiò meglio cercando di capirne le intenzioni reali che pareva-<br />
no combaciare con l’apparenza bonaria e gentile. Rispose che ad una certa<br />
età non è più importante come stanno andando le cose, e intanto cercava di<br />
capire cosa l’avesse spinta a sposare e prima ancora a fidanzarsi e ancor pri-<br />
ma a passare parecchio tempo con l’attuale mar<strong>it</strong>o, cosa lui avesse detto e<br />
fatto perché lei prendesse quella scelta, e se lei avrebbe deciso egualmente<br />
in corrispondenza di qualunque comportamento Matteo avesse potuto tene-<br />
re.<br />
Avrebbe voluto lui fare una domanda, lasciar stare i dolci e le bevande,<br />
lasciare la musica di fondo ed il brusio, lo scalpiccìo dei tacchi e gli struscii<br />
di calze e sete, domare la propria codardia ed i rimorsi che sarebbero sorti<br />
nell’immediato futuro adescati dalla paura del giudizio, magari ev<strong>it</strong>ando di<br />
guardarla fissa in viso (le due cornici che trattenevano sopra gli zigomi il<br />
paio d’occhi lucenti e sotto, incastonati a filo, i denti dietro le labbra rosse)<br />
avrebbe chiesto per la prima volta alla prima donna che forse avrebbe potuto<br />
dare una risposta e forse una risposta abbastanza esaustiva: “Cosa ha dovuto<br />
fare un uomo per stare con te?” sperando che la risposta potesse servire ad<br />
ogni uomo con ogni donna.
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– E neanche interessa ad una ragazza cosa sta succedendo ad un vecchio<br />
di quella certa età – aggiunse invece; e lei a rispondere che non era vero e<br />
tutto il resto.<br />
Si dileguò appena poté. Attese che Benedetta, naturalmente gentile, ter-<br />
minasse di apportare le sue gentilezze garbate e chiacchierose per passare a<br />
qualcun altro da intrattenere, poi abbandonò le cose che teneva in mano su<br />
qualche tovaglia e passò a prendere il cappotto dal ripostiglio stando ben at-<br />
tento a non confonderlo con quello di qualcun altro e sperando che nessuno<br />
l’avesse già scambiato per il proprio.<br />
Se ne andò mentre stavano uscendo, ag<strong>it</strong>ando la mano, certi visi che ave-<br />
va già visto ma ai quali non sapeva dare nome, una coppia con lui troppo<br />
sorridente e lei con troppi interventi di rinoplastica, mastoplastica e linfodre-<br />
naggio accumulati negli anni. Aveva salutato Silvio con un abbraccio e sua<br />
moglie con una mossa di galanteria, qualcosa di simile ad un inchino con<br />
scappellamento ma senza avere un cappello; Matteo era spar<strong>it</strong>o e sua moglie<br />
in terrazza stava dando direttive al ragazzo vest<strong>it</strong>o da cameriere, erano trop-<br />
po impegnati. Uscì. Nell’ascensore rimase z<strong>it</strong>to sorridendo solo un istante<br />
verso i due compagni di discesa, anche loro muti e schiacciati contro la pa-<br />
rete dell’ascensore opposta alla sua, opposta a quella contro la quale si era<br />
premuto lui, tutti e tre contro l’odore del legno lustro. Il rumore del freno e<br />
degli ammortizzatori fu un sollievo. Lasciò che uscissero per primi con un<br />
gesto della mano, si curò di chiudere le porte ed il cancelletto per dar loro il<br />
tempo necessario a farlo rimanere solo: non li voleva sulla sua strada per<br />
l’estasi.<br />
La macchina attendeva dormiente, i fanali spenti, il motore sop<strong>it</strong>o. Nel<br />
sedile reclinò il capo contro il poggiatesta, le chiavi ancora in mano. Sareb-
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be stato normale voltare la testa e trovare qualcuno seduto accanto con un<br />
paio di calze trasparenti sotto una gonna leggera e la voglia di tornare a casa<br />
stampata in faccia per coricarsi insieme. Capelli da carezzare, un corpo co-<br />
nosciuto tutto…<br />
Partì lentamente dando uno sguardo alla strada e tenendola sott’occhio<br />
come si trattasse solo di un dettaglio trascurabile la presenza dell’asfalto, dei<br />
marciapiedi, dell’ordine gest<strong>it</strong>o dai semafori lampeggianti in arancione per<br />
ev<strong>it</strong>are che qualcuno si facesse del male o morisse e l’indomani non potesse<br />
alzarsi e godere, o che qualcuno facesse del male a qualcun altro che l’indo-<br />
mani sarebbe dovuto andare a lavorare per far godere un altro ancora.<br />
I viali notturni illuminati e vuoti avrebbero dovuto stare lì per conchiu-<br />
dere la sera e riportarlo a casa, come ad indicare che, una volta fuori dalla<br />
riunione alla quale aveva appena partecipato, ormai forzata la notte, niente<br />
più fosse rimasto fino all’indomani se non il sonno. Ed invece il viale era<br />
ancora non completamente morto e pareva chiamare a tutt’altro r<strong>it</strong>o che non<br />
quello del sonno, con le sue passeggiate nude e more, bionde ossigenate, a<br />
cosce scoperte e lunghe insieme a petti usc<strong>it</strong>i. Il torpore mattinale era quanto<br />
di più lontano potesse esserci, adesso che i sensi s’erano risvegliati per ac-<br />
cendere la fiamma del desiderio, il delirio del sesso che lui aveva sempre so-<br />
gnato e sempre sfugg<strong>it</strong>o non perché ne avesse timore (anche se ormai, alla<br />
sua età, una buona dose di timore faceva parte del suo modo di concepire<br />
quello che era l’unione fisica di due corpi, qualunque cosa essa realmente<br />
fosse al di fuori del suo modo di immaginarla) ma perché, se l’unico modo<br />
di provarlo che gli era mai stato concesso era quello di pagare per comprare<br />
una manciata di tempo e due briciole di rec<strong>it</strong>ata disponibil<strong>it</strong>à di un corpo<br />
femmineo, visto che mai donna si porse né ragazza si offerse, compiacente o
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coatta che avesse potuto essere, proprio come aveva denunciato il suo ami-<br />
co, ricusava fermamente di farlo per ev<strong>it</strong>arsi la doppia delusione di non<br />
averlo mai raggiunto per averlo mer<strong>it</strong>ato e quella di aver fall<strong>it</strong>o anche nel<br />
tentativo di compiere l’atto: perché provare in quel modo avrebbe significa-<br />
to ammettere apertamente la reiezione della donna nei suoi confronti, altri-<br />
menti quella donna non avrebbe voluto meri denari. Piuttosto per non avere<br />
la certezza confermata del suo immanente fallimento primigenio, preferendo<br />
godere almeno della speranza e della possibil<strong>it</strong>à di sognare che un giorno,<br />
ancora un altro giorno di un domani migliore, qualcosa potesse cambiare al-<br />
meno come, seppur inutilmente, era cambiata per Alberto.<br />
E se aveva accettato quella raccontata dal suo amico come una lezione<br />
da imparare e addir<strong>it</strong>tura aveva tentato di impartirla o perlomeno spiegarla<br />
ad un altro, ad un ragazzo estraneo a tutto quello e giustamente disinteressa-<br />
to, allora perché non aveva dimostrato di aver imparato qualcosa lui stesso?<br />
Perché, se la via di scampo che aveva segnalato Alberto in punto di morte<br />
era quella di abbandonare il sentimento di speranza (inutile sciocchezza e<br />
mostruoso e forte oppiaceo obnubilante, distorcente della cruda realtà e<br />
schiacciante d<strong>it</strong>tatore), ancora, in quasi trent’anni da che aveva sent<strong>it</strong>o pro-<br />
nunciare quella semplice lezione, non s’era deciso ad impararla o se non al-<br />
tro a provarsi ad applicarla? Solo per giacere beatamente nel circolo vizioso<br />
della speranza e del sogno, della crudele immaginazione del fantastico? Per<br />
la platonica essenza delle cose intangibili che, anche senza concedergli pia-<br />
cere, lo avrebbero almeno lasciato illeso o comunque intatto?<br />
Andava spezzato, decise. Doveva ammettere la sconf<strong>it</strong>ta, farsi schiaccia-<br />
re da quello che lui stesso era e smettere di anelare; doveva strappare via<br />
l’orgoglio e l’illusione per vedere quello che era veramente la v<strong>it</strong>a, prendere
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l’antidoto per l’allucinogeno che fino ad allora lo aveva costretto e gli aveva<br />
proiettato una falsa realtà inebetendolo. Decise. Lo fece come per tagliare<br />
un d<strong>it</strong>o morto, un arto incancren<strong>it</strong>o, un dente marcio. Per salvare il resto, per<br />
salvare il salvabile.<br />
Frenò alla prima occasione, accanto ad una delle creature in attesa e<br />
neanche l’aveva guardata, aveva solo visto che c’era, che stava lì ferma e di-<br />
sponibile. Fece scendere il finestrino. Lei portò dentro il capo odoroso, lo<br />
stordente olezzo di van<strong>it</strong>à e lussuria, assuefatta alla consuetudine del lavoro,<br />
dicendo il prezzo come se avesse dovuto sputare una cicca o uno scontrino.<br />
– Avanti – concluse lui e lei aprì lo sportello come lo avrebbe aperto<br />
ogni giorno per farsi accompagnare a scuola, come fosse quello della pro-<br />
pria auto o di quella del suo amico.<br />
Sedette al suo fianco portando dentro innanz<strong>it</strong>utto il deretano, una gam-<br />
ba lunga e soda, ed un piede con tacco e stringhe, entrando poi col resto del<br />
corpo molle e accaldato, poco vest<strong>it</strong>a, con una piccola borsa.<br />
Lui, facendo muovere la macchina, come per una improvvisa scintilla<br />
seppe che era la prima volta che una donna quasi nuda stava al suo fianco di<br />
propria volontà con intenzioni chiare e determinate e risolutive anche se in-<br />
centivata da fini differenti da quelli che lui aveva sognato per sé e la sua<br />
fantastica compagna. Mentre portava la vettura avanti e intanto la ragazza<br />
segnalava disattenta la direzione da seguire, l’immagine della propria casa<br />
invasa da una presenza femminile amorevole e graziosa che alla parola casa<br />
avrebbe assegnato un’accezione umana e di calore, la figura di anni ed anni<br />
trascorsi insieme per avere notti di quiete nelle quali restare impassibili ac-<br />
canto l’un l’altra senza dover ricercare alcunché di esotico, il desiderio co-<br />
vato da sempre di avere accesso e concedersi a qualcuno mossi entrambi da
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identici impulsi coltivati e mantenuti con grazia e piacere, tutte queste spe-<br />
ranze si erano raggruppate nel suo pensiero e poi presto dileguate quando la<br />
presenza della donna che adesso stava lì si era concretizzata nonostante l’in-<br />
sofferenza e la distrazione di questa.<br />
Lo guidò per strade secondarie fino ad un parcheggio morto indicando il<br />
trag<strong>it</strong>to con gesti indispensabili accompagnati da monosillabi frettolosi. Ci-<br />
m<strong>it</strong>ero di amplessi sconosciuti ed identici, una tundra di asfalto e fogli vec-<br />
chi di giornale, pozzanghere e liquami oleosi giacevano dove altre vetture si<br />
erano messe in sosta per i pochi minuti di un congiungimento isterico a se-<br />
gnare i luoghi ed i tempi di sgocciolamento delle marm<strong>it</strong>te e delle coppe di<br />
olio e lubrificanti per motori ed impianti di raffreddamento dove regolar-<br />
mente, a neanche un metro sopra la superficie, due esseri umani giacevano<br />
faticando per sforzarsi di ottenere qualcosa in cambio e convincendosi non<br />
solo di non aver perso quello che avevano portato per impiegarlo in ciò che<br />
r<strong>it</strong>enevano un buon investimento, ma anche di aver guadagnato togliendo al-<br />
l’altro ciò che prima possedeva o credevano possedesse. Giunti lì, fermò e<br />
spense.<br />
Adesso avrebbe praticato il r<strong>it</strong>o, stava per accingersi ad eserc<strong>it</strong>are la ce-<br />
rimonia del piacere, lui insieme all’officiante austera, lasciva e stanca, che<br />
intanto stava adoperandosi per prepararlo alla funzione, rapida e svogliata,<br />
giudicando tra sé, credendo di non darlo a vedere o forse ostentando la pro-<br />
pria disapprovazione o fastidio, che avrebbe evidentemente prefer<strong>it</strong>o avere<br />
un ragazzo da smaltire e che magari lo avrebbe anche accompagnato con ca-<br />
rezze fingendo di essere una sua intima conoscenza, invece di star lì come<br />
cieca ma senza il bisogno di procedere a tentoni, comunque impegnata in un<br />
comp<strong>it</strong>o che, per lo meno in quelle condizioni con quell’uomo, lui lo perce-
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piva o si era fatto forte di tale convinzione, avrebbe prefer<strong>it</strong>o ev<strong>it</strong>are di svol-<br />
gere. Aveva preso dalla sua piccola sporta in vinile un preservativo sigillato<br />
dentro un rettangolo di plastica, strappò un lembo e la gomma saltò fuori.<br />
Gli chiese: – Fai tu? – e lui scosse la testa per dire di no.<br />
Allora lei, ancora più urtata, si mosse e lui conosceva il motivo, lo aveva<br />
immaginato e sognato mille volte, e già reagì, nonostante il fastidio generato<br />
dall’atteggiamento avvilente della donna, prima che qualcosa accadesse per-<br />
ché sapeva cosa lei stava per fare, come si sarebbe piegata allungando le<br />
mani per sbottonarlo ed assicurarsi che tutto fosse a posto e pronto per la ve-<br />
stizione, toccandolo con la propria carne (la pelle bianca di mani ruvide e<br />
calde di una donna che per la prima volta con lui andavano a prendere quel<br />
che andava usato con una donna), e già lui era irrigid<strong>it</strong>o prima ancora che il<br />
contatto fosse avvenuto, addir<strong>it</strong>tura prima che il bottone fosse stato rimosso<br />
dall’asola e, nell’ecc<strong>it</strong>azione della scoperta, lì lì per conoscere il piacere che<br />
gli era stato finora precluso, poco prima del dissipamento del sogno, temeva<br />
il fallimento dell’opera così che, se veramente qualcosa non avesse dovuto<br />
funzionare, avrebbe saputo come certo e confermato (ed era questo a spa-<br />
ventarlo) che il destino accan<strong>it</strong>o p<strong>it</strong>turato dalla sua mestizia e dalla parola di<br />
Alberto era inev<strong>it</strong>abile, qualunque sforzo egli potesse ancora fare per sfug-<br />
girvi, come di sforzi ne aveva già provati a fare e quello che stava per com-<br />
piere ora era il più estremo ed ultimo. E nel timore del fallimento (che<br />
avrebbe sì confermato anni di sol<strong>it</strong>udine passati e a venire, ma che anche<br />
avrebbe sciolto il nodo della piattezza immane ed infin<strong>it</strong>a del sogno, della<br />
speranza e dell’ab<strong>it</strong>udine) temeva ancora di dimenticare e perdere l’attenzio-<br />
ne riposta in quello che stava per fare. Così prese la seconda decisione e<br />
smise di pensare semplicemente guardando la figura giovane (per la prima
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volta si era interessato all’aspetto della ragazza) per mettere in moto il cir-<br />
cu<strong>it</strong>o dei sensi: era talmente carina che credeva di doversi svegliare prima o<br />
poi. In un’altra occasione, pensò, potrebbe anche rifiutarsi di sfiorare un ra-<br />
gazzo o un grand’uomo se non dovesse corrispondere alla sua idea di un<br />
compagno, ed invece il caso ha voluto che stasera io fossi qui e lei sulla mia<br />
strada. Pensò anche al calore delle sue carni interne che avrebbe provato a<br />
breve, a quello che in qualche modo poteva considerare un privilegio e cioè<br />
giacere con una donna bellissima da copertina. La guardò meglio: le gambe<br />
nude e lunghe che uscivano dal fondo di una gonna estremamente ridotta, i<br />
fianchi erano una curva comoda e molle, il ventre piatto e i seni gonfi, le<br />
labbra piene. Avrebbe potuto innamorarsene.<br />
Gli abbassò la chiusura lampo, infilò una mano e prese, e si accinse a<br />
svolgere il lattice con l’altra.<br />
Giorgio fece di no con la testa, che non voleva.<br />
– È meglio che lo metti.<br />
Avrebbe ottenuto tutto il derivabile da quel suo primo unico ed ultimo<br />
gesto. Allungandole il doppio della tariffa richiesta: – No. È meglio di no.<br />
* * *<br />
Fu lei a spegnere la luce per ultima. Si tirò sopra il lenzuolo e scivolò<br />
contro il corpo del mar<strong>it</strong>o. Lo sfiorò con un bacio leggero sulla bocca e sor-<br />
rise nel buio. – Anche se è il tuo compleanno, posso essere io a chiedere un<br />
regalo?<br />
– Certo. Vuoi la penna d’oro che mi ha portato il Cavaliere? Mi sono ac-<br />
corto di come la guardavi.
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Sorrise. – È vero, è una bella penna, è molto bella. Però è un’altra cosa<br />
quella che volevo chiederti.<br />
– Avanti. Credo di essere pronto a parecchi generi di richieste.<br />
Rimase abbracciata a riflettere, voleva prenderla larga, era chiaro. – Mi<br />
trovi ancora attraente? Bella non so se posso dirlo, ma affascinante? intri-<br />
gante? o almeno attraente?<br />
– Il regalo deve essere un mio sì?<br />
– Non scherzare – lo riprese con un miagolio che a Silvio fece tornare in<br />
mente quando erano più giovani di oltre vent’anni e lui ad una domanda si-<br />
mile avrebbe immediatamente risposto di sì, senza es<strong>it</strong>are, e lo avrebbe fatto<br />
aggiungendo che non solo era bella, affascinante, attraente, provocante e<br />
pure ecc<strong>it</strong>ante, ma anche che era la più bella ed affascinante e attraente e tut-<br />
to il resto dei complimenti che avrebbe potuto farle; oppure avrebbe potuto<br />
addir<strong>it</strong>tura tacere e chiuderla in un bacio e sarebbero stati felici ugualmente,<br />
sia con che senza risposta, e magari a quel tempo era successa veramente<br />
qualcosa del genere, in riva al mare dopo l’ora di pranzo o chiusi in casa con<br />
fuori la pioggia… e così, anche se questa volta dovette ricordare quel perio-<br />
do passato da vent’anni e pensare alla risposta da dare adesso, perché la ri-<br />
sposta sbagliata avrebbe seriamente compromesso il sonno di questa nottata,<br />
la rivide com’era vent’anni prima, sentì tutta l’attrazione che li trascinava, il<br />
semplice piacere di stare vicini: le fece una carezza, disse di sì e lei sorrise<br />
nuovamente, poi sempre lei aggiunse che stava per chiedergli di fare l’amo-<br />
re e specificò: – Sai cosa pensavo? Mi è venuta voglia per la prima volta da<br />
quando siamo sposati di fare l’amore con un altro uomo, un bel ragazzo gio-<br />
vane e forte. Sono sicura che tu hai desiderato parecchie volte di fare l’amo-<br />
re con qualcuna delle tue infermiere e magari… ma non mi interessa. Lo
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trovi strano? Trovi strano questo desiderio? Anche se adesso ho più di cin-<br />
quant’anni? Credi che un ragazzino ci verrebbe a letto con me?<br />
Lui mosse la testa per parlare meglio, non perché quella della moglie gli<br />
desse noia. – A quale di tutte queste domande devo rispondere per prima?<br />
– Scegli tu.<br />
– È questo il regalo che volevi farti fare?<br />
– No. Ma per adesso va bene così. Dai, rispondi.<br />
– Allora… No. Non lo trovo strano. Trovo strano che tu non mi abbia<br />
chiesto se possa darmi fastidio sapere che preferiresti avere un altro uomo<br />
con cui fare l’amore, ma non trovo strano che tu possa volerne uno o cento<br />
altri. Quindi passiamo alla seconda domanda. Soprattutto adesso che abbia-<br />
mo più di cinquant’anni trovo ragionevole desiderare un rapporto come<br />
quelli che si hanno a venti…<br />
– Oh! Non intendevo così giovane.<br />
– Quelli che si hanno a trenta, allora. Non è l’età che dovrebbe porre dei<br />
lim<strong>it</strong>i a ciò che puoi desiderare. Quindi, anche adesso puoi desiderare un bel<br />
fustaccio biondo, credo sia normale. E per concludere, per sapere se uno di<br />
questi giovani bellocci verrebbe con te, chiedilo a tuo figlio. Suppergiù cer-<br />
chi uno della sua età, chiedi a lui se lo farebbe.<br />
Disse lei con sdegno e repulsione, anche con una vena di ironia insol<strong>it</strong>a:<br />
– Quanto sei stupido.
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4<br />
Il cielo era terso, striato d’una striscia di rondini e tutto era calmo, rosa e<br />
blu tra le foglie del tramonto. Benedetta camminava quieta lungo i marcia-<br />
piedi del centro e accanto alle vetrine ogni tanto si fermava a guardare e a ri-<br />
mirare la merce ponderando la possibil<strong>it</strong>à di acquisti che sapeva di non ave-<br />
re l’intenzione di fare, ma senza rinunciare ad immaginarsi con indosso quel<br />
vest<strong>it</strong>o rosa e nero o con lo smeraldo al d<strong>it</strong>o, e neanche facendosi sfuggire le<br />
scarpette dal tacco alto ed esile e figurandosi mentre avrebbe ticchettato sul<br />
marmo della grande sala di un ricevimento.<br />
Ma questa era una cosa che già aveva fatto altre volte ed ormai era arri-<br />
vata a sapere che comperare un oggetto non sarebbe serv<strong>it</strong>o ad esorcizzare il<br />
demone che la teneva per i capelli. Demone rosso infame.<br />
Sulla vietta che percorreva, oltre l’emporio antico e pregiato che stava<br />
aperto di fronte all’erborista fermo sull’uscio con le mani nelle tasche fonde<br />
del grembiale, sub<strong>it</strong>o prima della pellicciaia intenta a cucire dietro il banco e<br />
prima ancora del gioielliere sfavillante rinchiuso a doppia mandata dietro le<br />
due porte antiscasso antirapina ed ant<strong>it</strong>utto trasparenti, stava l’incrocio con<br />
la via meno trafficata ma non meno elegante. Il passo ancora incerto, l’atten-<br />
zione rap<strong>it</strong>a ora dalle cose in mostra e poi dal trag<strong>it</strong>to, presa prima da un ele-<br />
gante fazzoletto di seta attorno ad un collo di legno e sub<strong>it</strong>o dopo dalla serie<br />
di antiche lastre del suolo sconnesse ed usurate che portavano di là. Indu-<br />
giando tra l’avanzare ed il sostare in contemplazione di un ab<strong>it</strong>o, r<strong>it</strong>ornare<br />
indietro o proseguire verso l’angolo, oppressa dal tentennare ed imbarazzata
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dall’indecisione che, sicuramente, stava attirando gli sguardi curiosi di ogni<br />
passante e di ogni modista annoiata di quel pomeriggio, per cavarsi dall’im-<br />
paccio dell’ilar<strong>it</strong>à che credeva e sentiva di aver susc<strong>it</strong>ato, si fece dentro ad<br />
un caffè senza avere sete né fame; pochi tavoli liberi tranne uno nel fondo<br />
ed una coppia con aper<strong>it</strong>ivo appollaiata agli sgabelli del banco, di fianco un<br />
sol<strong>it</strong>ario ed il suo tè; lo accostò, era il posto più vicino all’entrata, ma non<br />
sedette. Rapidamente le venne incontro il ragazzo del banco, fiero nella sua<br />
divisa di barista del bel quartiere, che gestiva e manteneva l’ordine di botti-<br />
glie, tazze e bicchieri con cucchiai e cucchiaini lungo tutta l’estensione del<br />
mobile massiccio di legno scuro, lavorato ed intarsiato, lustro, incerato, in-<br />
tonato alle luci giallognole della sera incalzante, le domandò cortese e deci-<br />
so cosa potesse servirle; rispose, un tè freddo, tanto per giustificare il suo in-<br />
gresso. Rimase in attesa, le mani ferme sull’asse e lo sguardo d’intorno<br />
mentre il banconista preparava la bevanda di fronte al grande specchio a<br />
chiazze ossidato.<br />
L’uomo e la donna con l’aper<strong>it</strong>ivo parlavano con piglio di lavoro, com-<br />
pìti e seri negli ab<strong>it</strong>i da professionisti abbinati alle cartelle delle pratiche che<br />
lasciavano riposare per una breve tregua sullo sgabello vacante, lei gingil-<br />
landosi con l’oliva dell’aper<strong>it</strong>ivo si concedeva saltuariamente un sorriso,<br />
mentre il suo compagno pareva piuttosto interessato ad altro che al lavoro<br />
ma per qualche ragione non riusciva a far deviare il discorso. Il sol<strong>it</strong>ario, di-<br />
staccato e ombroso, beveva lentamente e pensava, come in attesa di qualco-<br />
sa che dovesse accadere; se fosse crollato il soff<strong>it</strong>to non avrebbe fatto una<br />
smorfia, a meno che non fosse quello ciò che si aspettava di vedere. Al tavo-<br />
lo occupato sedeva una donna sola, vistosa e rossa, aveva consumato qual-<br />
cosa di alcolico con la bocca piatta, doveva averlo portato alle labbra sottili,
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che avevano lasciato l’impronta del loro passaggio sul bordo del bicchiere,<br />
con quelle d<strong>it</strong>a secche e p<strong>it</strong>turate; s’aggiustò l’ampia scollatura, ravviò i ca-<br />
pelli, filamenti rosso fuoco e decrep<strong>it</strong>i che sarebbero volati via col vento se<br />
la lacca non fosse stata lì a tenerli fermi; lasciò una banconota, poi due mo-<br />
nete accanto al posacenere che aveva provveduto ad empire, le lasciò cadere<br />
sonoramente e si tirò in piedi. Doveva essere una cliente ab<strong>it</strong>uale e forse la-<br />
vorava o ab<strong>it</strong>ava in zona, visto che il ragazzo in divisa le ammiccò e lei ri-<br />
cambiò il saluto solo con un sorriso e uno sguardo languido mentre iniziava<br />
a prendere il passo per uscire.<br />
L’associazione d’idee che fece Benedetta fu improvvisa, la fulminò lì<br />
come stava, r<strong>it</strong>ta sull’impiant<strong>it</strong>o col bicchiere appena lasciatole sotto gli oc-<br />
chi dal barista, ma lei non lo guardò, né bicchiere né barista né nessun altro,<br />
solo il riflesso della vecchia che si spostava nello specchio. Poi si sforzò di<br />
ricordare mandando indietro come alla moviola quello che le era stato rac-<br />
contato poche notti prima e, riluttante, ripescò le parole giuste appena in<br />
tempo per sputarle fuori mentre la donna rossa le passava alle spalle, nella<br />
specchiera: – Io ci verrei con te – disse a testa alta, sicura di essere stata sen-<br />
t<strong>it</strong>a, senza riferirsi ad alcuno, né uomo né donna, ma solo gettando lì la frase<br />
perché chi di dovere la raccogliesse.<br />
E quello: – Dove? – accanto a lei che stava lì da solo e che aveva smesso<br />
di bere e pensare ed attendere perché forse era successo quello che si aspet-<br />
tava da quando entrato, anni prima, lì dentro.<br />
La rossa, Benedetta se n’era accorta o credeva di averlo percep<strong>it</strong>o, aveva<br />
rallentato e dopo la risposta dell’uomo era tornata a camminare sped<strong>it</strong>a per<br />
uscire, i loro sguardi avevano cercato d’incrociarsi nei riflessi della spec-<br />
chiera ma si erano mancati di poco, potendo cogliere solo la reciproca inten-
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zione. E ancora non poteva essere certa, Benedetta, che la donna avesse esi-<br />
tato perché aveva cap<strong>it</strong>o la sua provocazione o solo perché c’era stata in lei<br />
una punta di estranea curios<strong>it</strong>à. Così la lasciò andare senza il coraggio di ag-<br />
giungere altro e neanche quella si girò a guardarsi indietro dopo essere usci-<br />
ta.<br />
Il bev<strong>it</strong>ore sonnolento di tè, che si era appena destato, adesso bofonchia-<br />
va qualcosa e, senza ricevere ulteriori inv<strong>it</strong>i da Benedetta che, invece di fila-<br />
re con lui, fissava muta la propria immagine sperando di scorgervi anche<br />
quella della donna appena andata, iniziò a lamentarsi con la coppia di fianco<br />
prima chiedendo se si fossero accorti di quello che lei aveva detto e poi se<br />
r<strong>it</strong>enevano cosa educata fare proposte piccanti per poi neanche concedere la<br />
possibil<strong>it</strong>à di chiedere il nome o il posto, se r<strong>it</strong>enevano buon costume per<br />
una donna comportarsi a quel modo, e l’uomo della coppia rispose sempli-<br />
cemente che erano entrambi distratti e tornò a voltarsi verso la propria com-<br />
pagna, e quello sbuffò, finì di bere e allungò al ragazzo una mancia per subi-<br />
to alzarsi e andar via dicendo mentre passava: – Signorina, avete qualcosa<br />
che non va – ma senza rivolgerle lo sguardo.<br />
Il ragazzo al banco rideva sotto i piccoli sottili baffi che esibiva ben pet-<br />
tinati. Benedetta si diresse in fretta alla cassa per pagare, poi si sbrigò ad<br />
uscire.<br />
Adesso non sentiva più gli sguardi dei negozianti addosso, ma sapeva<br />
che almeno due persone stavano esprimendosi nei suoi confronti.<br />
La cosa era part<strong>it</strong>a male, sin dal momento in cui era cominciata, dalla<br />
notte in cui il mar<strong>it</strong>o l’aveva messa a conoscenza del fatto, ogni volta che<br />
pensava e agiva in funzione di quella storia le cose andavano a catafascio, le<br />
si rivoltavano contro la giornata e tutta la società, dall’atteggiamento male-
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volo del macellaio fino alle cattive notizie del consulente finanziario. In pre-<br />
da ad un’altra crisi d’indecisione e soverchiata dall’abbattimento, frutto di<br />
quell’infelice tentativo d’identificazione naufragato, ancora tentennava in<br />
mezzo alla strada e non avrebbe più potuto entrare nuovamente in un bar,<br />
non per dare ancora una volta spettacolo e neanche per sforzarsi di bere<br />
un’altra bib<strong>it</strong>a.<br />
La via era adesso deserta e neanche si vedeva la figura della donna rossa<br />
usc<strong>it</strong>a poco prima e che probabilmente, e questo avrebbe significato che la<br />
sua sensazione coincideva con la realtà, si era incamminata verso l’indirizzo<br />
che lei era venuta a verificare. Decise di insistere una volta per tutte e passò<br />
oltre l’angolo per andare fin sotto il palazzo che gli era stato indicato, e tac-<br />
co tacco, a passi calcati e rabbiosi – aveva iniziato a prendere la cosa di pet-<br />
to e a sfoderare la grinta, pronta a giocare la mano finale che poteva signifi-<br />
care v<strong>it</strong>toria o sconf<strong>it</strong>ta, dove la sconf<strong>it</strong>ta avrebbe solo significato tornare a<br />
casa ancora nel dubbio, mentre la v<strong>it</strong>toria consisteva nell’apprendere lo stato<br />
delle cose e fare i conti con sé stessa e col modo in cui avrebbe reag<strong>it</strong>o im-<br />
mediatamente oppure dopo, quando si sarebbe resa meglio conto della s<strong>it</strong>ua-<br />
zione – passò lungo un buon centinaio di metri durante i quali, noncurante<br />
delle luci degli espos<strong>it</strong>ori e parlando tra sé riguardo a quello che stava per<br />
fare, riguardo a quello che sperava di trovare e a cosa ne avrebbe fatto poi<br />
(perché, nel caso fortu<strong>it</strong>o in cui avesse dissipato ogni dubbio stringendo in<br />
pugno certezze da poter interpretare in un solo modo, non sapeva e neanche<br />
aveva mai pensato a decidere cosa ne avrebbe fatto della ver<strong>it</strong>à), a naso in su<br />
spulciava i numeri civici finché, eccolo, le linee spigolose scavate nel qua-<br />
drato di marmo vecchio, apparve prima del previsto, tra una taverna ed un<br />
libraio, il numero a due cifre dispari che apparteneva al portoncino di legno
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con una serratura semplice ed una pulsantiera a sette tasti che non indicava<br />
tutti i cognomi dei proprietari di ogni interno, ma solo quelli di cinque di<br />
loro, il che poteva ridurre come moltiplicare le sue probabil<strong>it</strong>à di successo<br />
perché, ancora senza leggere le etichette accanto ai pulsanti, se ella era volu-<br />
ta sparire non aveva conservato di certo il nome da ragazza e tanto meno<br />
quello del mar<strong>it</strong>o e, invece di lasciare vuota la propria didascalia, ne avrebbe<br />
segnato uno fasullo, come poteva essere vero il contrario e come anche po-<br />
teva essere vero che non aveva mai cercato di nascondersi, o che era appena<br />
tornata da chissà dove…<br />
– Desidera? – s’informò un tono di voce basso da fumatrice alle sue<br />
spalle. Benedetta ebbe un brivido. Così è questa la sua voce, pensò. – Credo<br />
di averla già incontrata – insisteva la donna che ancora non aveva guardato<br />
in volto. Allora, trasalendo e pregando, si voltò per fronteggiarla. – Sì – de-<br />
cretò la rossa, la stessa rossa di prima, potendola vedere bene adesso – Era<br />
lei nel bar.<br />
– Io… – ma non riuscì a continuare sia perché non sapeva cosa dire, sia<br />
perché l’altra sorrideva cordialmente e l’istinto le forzava un desiderio di<br />
colpire che però soffocò con la ragione, convincendosi ad attendere di sape-<br />
re con certezza le cose prima di fare alcunché, anche perché magari stava<br />
prendendo un abbaglio e aveva scambiato quell’incendiata vecchia donna<br />
aggressiva per la persona che era andata a cercare, quando poteva trattarsi<br />
solo di un’inquilina estranea a tutta la faccenda o magari, nel caso fortu<strong>it</strong>o in<br />
cui ab<strong>it</strong>asse nell’appartamento che era stato del dottore, poteva solo essere<br />
un’aff<strong>it</strong>tuaria inconsapevole dei fatti, e comunque costringendosi ad esclu-<br />
dere l’idea della violenza che non era ciò che era andata lì per fare, ma che<br />
sentiva scorrerle forte dentro. – Sono venuta a cercare una persona… – atte-
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se, poi aggiunse il nome e i due cognomi, prima quello da nubile e poi l’al-<br />
tro. – Nonostante questa signora non mi conosca, avrei bisogno di parlarle –<br />
concluse ed attese ancora, non prima di presentarsi anche lei con entrambi i<br />
suoi cognomi. Il primo per educazione, e il secondo per posizionare l’esca.<br />
Mise un’aria pensierosa, la donna del tavolo al bar, ponderò diversi ele-<br />
menti tra i quali anche l’aspetto di Benedetta (l’aveva fissata negli occhi e<br />
poi squadrata tutta, dalle forme del corpo ai vest<strong>it</strong>i indossati). – Se vuole ac-<br />
comodarsi… – e passò a far scattare la serratura del portoncino per introdur-<br />
re l’osp<strong>it</strong>e in un and<strong>it</strong>o male illuminato e poi farla proseguire verso l’ingres-<br />
so dell’appartamento, scusandosi cortesemente per la modestia dei locali.<br />
Varcata la soglia, nella loggia odorosa di fumo e deodoranti, dopo che la<br />
padrona di casa aveva acceso la luce e si erano rivelati i tre quadrucci mode-<br />
sti appesi di sghembo sui parati ingiall<strong>it</strong>i, il legno antico di un mobile a pan-<br />
ca che pareva soltanto vecchio e abbandonato lì per mancanza di spazio ol-<br />
tre che di gusto, le stesse luminarie fioche e la vestaglia lisa penzolante da<br />
un gancio, Benedetta, prima di ogni altra cosa, presa anche da un minuscolo<br />
e pur presente senso di compatimento e pietà per la persona che viveva lì in<br />
maniera tanto sciatta (e quei pochi segni le erano bastati per notarlo e per<br />
confermare l’esatta descrizione riportata da Matteo), si domandò il motivo<br />
per cui un uomo giovane e bello e fiero come lui avesse dovuto trascorrere<br />
in un ambiente tanto desolante, seppur pochi, alcuni momenti, minuti o ore<br />
che fossero state, di piacere, se piacere era stato, addir<strong>it</strong>tura da raccontare<br />
poi. Perché?<br />
La donna fece strada fin verso un salotto, anch’esso decrep<strong>it</strong>o come il<br />
resto della casa e della proprietaria, dove sedettero questa ad una poltrona e<br />
l’osp<strong>it</strong>e ad un divano. Benedetta, credendo in maniera di non darlo a vedere,
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ispezionò le federe dei cuscini aspettandosi di trovare le macchie lasciate dai<br />
fondi delle lattine.<br />
– Mi dica. Di cosa vuole parlare?<br />
L’argomento poteva essere qualunque, per lei non fa alcuna differenza,<br />
pensò Benedetta, non le pare vero di trascorrere qualche minuto in compa-<br />
gnia, era come se non le fosse cap<strong>it</strong>ato da tanto, troppo tempo, forse quella<br />
con Matteo è stata l’ultima volta, forse quello che ha detto Matteo è in parte<br />
vero, forse in parte può ancora essere falso. Avrà sent<strong>it</strong>o… avrà cap<strong>it</strong>o quel-<br />
lo che ho detto in quel bar? – Io… non so come affrontare… – e l’unico mo-<br />
tivo per cui ancora non aveva tirato fuori le zanne era che quella non aveva<br />
ancora ammesso di essere Carolina, che poteva anche soltanto essere la vici-<br />
na identica della donna che stava cercando, soltanto una vecchia annoiata e<br />
chiacchierona, e così potevano anche r<strong>it</strong>rovarsi entrambe in mezzo ad un<br />
brutto equivoco combinato dalle coincidenze, e non sarebbe stato bene farci<br />
finire dentro una scomposta pettegola che andava a bere fuori per spifferare<br />
con qualcuno invece di starsene ad invecchiare in casa. – Conosco un chi-<br />
rurgo che dovrebbe essere un suo lontano amico – decise di muoversi, – se<br />
lei ha mai frequentato la facoltà di medicina o almeno è vedova di un altro<br />
illustre medico.<br />
Non era propriamente una domanda ma l’aveva messa in modo da aspet-<br />
tarsi una risposta o almeno un accenno, e invece quella, dato che lei attende-<br />
va una parola di assenso o di diniego, disse solo di andare avanti.<br />
– Se lei è chi credo che sia, allora non servirà dire altro che i nomi di<br />
questi due signori, anche perché il cognome di uno di loro l’ho già rifer<strong>it</strong>o e<br />
dovrebbe essere stato per qualche tempo anche il suo. Non ho conosciuto<br />
Alberto se non per voce dei suoi amici, però conosco bene Giorgio ed è lui
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che mi ha dato questo indirizzo. Giorgio non è mai venuto a controllare che<br />
fine avesse fatto questa casa, sembra convinto che sia spar<strong>it</strong>a insieme a lei e<br />
ad Alberto… perché Giorgio, evidentemente a torto, è convinto che lei sia<br />
spar<strong>it</strong>a a fare chissà cosa. Ma adesso, prima di tutto, mi dica: è lei Carolina?<br />
E quella, dura in faccia ma per niente alterata nel tono: – Prima di quale<br />
tutto? – e sub<strong>it</strong>o dopo: – Suona come una minaccia.<br />
Benedetta la guatò per poco, solo per il dovere della rec<strong>it</strong>a. – Sono sola-<br />
mente venuta per sapere certe cose.<br />
– E posso sapere per conto di chi? – s’informò senza mascherare il sorri-<br />
so che avrebbe dovuto stare lì a significare che il gioco lo conduceva lei no-<br />
nostante la ragazza avesse imbast<strong>it</strong>o il discorso in modo da rendere le cose<br />
misteriose e difficili da sondare.<br />
Ma Benedetta, senza cedere ed anzi calcando il tono quanto bastava per<br />
rimanere almeno allo stesso livello del sorriso dell’altra, disse che era per<br />
conto proprio che era andata ad informarsi, che c’erano cose che la riguarda-<br />
vano personalmente.<br />
– Così devo dedurre che in qualche modo i suoi interessi e quelli di<br />
Giorgio o di Alberto coincidono. Perché tra me e lei sembra non esserci<br />
nient’altro all’infuori di quei due signori, a suo dire.<br />
No. Avrebbe potuto immediatamente smentire, ma ev<strong>it</strong>ò di farlo perché<br />
sembrava adesso che l’altra iniziasse a temere qualcosa. Infatti la vecchia<br />
aggiunse presto e senza concederle il tempo di una replica: – E di che genere<br />
d’interessi dovrebbe trattarsi? – ma questo, senza la sua ammissione di col-<br />
pa o almeno senza l’ammissione del proprio nome, poteva continuare ad es-<br />
sere solo un equivoco o una fantasia rec<strong>it</strong>ata da un’anziana bislacca per di-<br />
vertirsi in una serata altrimenti morta.
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Così Benedetta dovette cercare e trovare una risposta che, secondo lei,<br />
avrebbe potuto portare la vecchia a scoprirsi spontaneamente, portarla a dire<br />
chi fosse con tanto di nome e due cognomi e poi tutto quel resto che doveva<br />
aver fatto o omesso di fare. – Il genere di interessi che stanno a cuore a una<br />
donna. Ad una come me – rispose.<br />
Adesso l’altra si fece torva e strinse lo sguardo. – Anche io sono una<br />
donna e anche io ho avuto la tua età – e qui sembrò vacillare come preda del<br />
ricordo o di quello che aveva perduto. – Due sono le cose che interessano e,<br />
se quella che ti sta a cuore è l’onore, non vedo cosa possa entrarci io con voi<br />
tre, tu e quei due uomini.<br />
Così, adesso Benedetta lo seppe, chiunque la vecchia fosse, doveva es-<br />
sersi già fatta una propria precisa idea sulla questione, ma non doveva essere<br />
necessariamente esatta. E allora, se quella lì seduta di fronte a lei era Caroli-<br />
na e non una vecchia pazza annoiata, poteva continuare Benedetta a rec<strong>it</strong>are<br />
il proprio ruolo per farla scoprire; e se non era Carolina avrebbero solamen-<br />
te tutte e due perso un paio di mezz’ore, ma lei, Benedetta, si sarebbe co-<br />
munque avvicinata un po’ alla ver<strong>it</strong>à, visto che sarebbe stata a parlare con<br />
chi un’idea decisa della vicenda l’aveva, qualcuno che non aveva dubbi su<br />
come le cose erano andate, vere o false o inventate che fossero. – Allora po-<br />
trebbe trattarsi di quell’altra cosa che lei crede, seppure l’onore non è esclu-<br />
so che c’entri anch’esso.<br />
E quella, sfacciata e non proprio ghignando ma quasi: – Bene – sfidò, –<br />
E allora stupiscimi. Fammi vedere come potresti immischiarti tra me e le<br />
mie cose –, dove Benedetta ancora non era convinta se con “cose” la vec-<br />
chia stesse riferendosi alle proprie questioni private o a meri oggetti e stru-<br />
menti.
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– Sono venuta qui per una ragione precisa, signora, ma non so se posso<br />
chiamarla con questo appellativo dopo quello che ha fatto –. In questo modo<br />
credeva ormai di averle concesso l’opportun<strong>it</strong>à ultima di sconfiggersi o di<br />
confessarsi.<br />
– E cosa avrei mai fatto? – ribatté quella che ormai aveva iniziato a per-<br />
dere le staffe e pian piano avrebbe perso anche gli altri pezzi. – Cosa di tan-<br />
to orribile da non mer<strong>it</strong>are neanche più un t<strong>it</strong>olo?<br />
– Tanto per cominciare ha fatto del male ad un uomo ingannandolo e<br />
beffeggiandolo, ad Alberto, e neanche è stata lì a consolarlo mentre lui mori-<br />
va – così che quella stecchì tutta dura, rigida e gonfia di fiamme dentro, lo<br />
sguardo torvo e cattivo che presagiva un’esplosione, lo scoppio tanto atteso<br />
da Benedetta, andata lì proprio per innescare la detonazione, che concluse: –<br />
E soprattutto ha fatto del male a me. Lo ha fatto a me!<br />
Ed ella sbarrò gli occhi, i neri globi infossati tra l’osso e le rughe sotto<br />
l’incendio dei capelli aridi. Colpì il cuscino sul quale sedeva, con le mani<br />
fragili scure e la forza tutta che riuscirono a scaturire, potendo nient’altro<br />
che sollevare una nebbia di pulviscolo presto tornata a posare su ginocchia e<br />
gonna vecchia. – Io non la conosco! – sbra<strong>it</strong>ò – Non la conosco! Non posso<br />
sopportare questa sua… – saltò in piedi, i seni lenti che traballarono come<br />
gelatina fredda, il tintinnare di pochi pendagli o bracciali – Esca dalla mia<br />
casa! – e l’indice teso come il braccio a segnalare la direzione.<br />
– Mai! – rispose forte, senza urlare, ma anche lei decisa e scattando in<br />
piedi. E l’associazione d’idee (il garbuglio tessuto da quello che Matteo le<br />
aveva rifer<strong>it</strong>o senza piangere né batter ciglio e la propria emozione offesa di<br />
donna plagiata e vilipesa dal tradimento, la scappatella ridicola e fugace del<br />
mar<strong>it</strong>o con una vecchia disgraziata, il groviglio intrecciato dall’odio che vo-
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leva risolversi in qualcosa di fattibile e fungibile che in primis avrebbe potu-<br />
to essere vendetta ma che non sarebbe bastata, e tessuto dalla possibil<strong>it</strong>à che<br />
ora le si presentava di far coincidere così tanti fattori come l’età e le inten-<br />
zioni sue e quelle che erano state di Carolina e che questa credeva fossero, il<br />
passato poco chiaro e lo scetticismo che la megera si era costru<strong>it</strong>a intorno<br />
assieme alle proprie paure e confabulazioni) fu presto fatta come presto i<br />
suoi muscoli avevano provveduto a farle scuotere mani e braccia: così ades-<br />
so l’occhio per occhio non sarebbe stato applicato, non perché stava impa-<br />
rando a perdonare, ma perché aveva trovato qualcosa che poteva andare ol-<br />
tre al contrappasso o all’analogia. – Ormai questa posso considerarla come<br />
fosse anche la mia casa.<br />
Le mancò il fiato e, quando presto lo riprese, soffiò rabbiosa: – Questo<br />
no! – e ricadde, più che seduta, sprofondata nel duro mollame della vecchia<br />
poltrona conciata da polvere ed anni.<br />
– Sì invece. È qui dentro che si è consumato quello che rende una perso-<br />
na, ed i legami che essa ha con un’altra, parte di una casa. Perché, signora,<br />
io non la odio e non voglio farla sparire, come invece qualcuno pensava e<br />
sperava già avesse lei stessa provveduto a fare. Voglio invece conoscerla e<br />
cercare di capire per quali ragioni lei sia stata prefer<strong>it</strong>a ad un’altra nonostan-<br />
te un evidente dir<strong>it</strong>to di prelazione –. Eccolo il motivo. Ecco perché aveva<br />
fatto quella passeggiata e visto quelle vetrine e poi era entrata in quel bar per<br />
non consumare il tè acquistato. Eccolo il perché del moto e dell’azione: per-<br />
ché lei che viveva ed aveva vissuto con Matteo e ne era la sposa era stata<br />
improvvisamente stracciata?<br />
– No – mormorò egra dal fondo la vecchia, non tanto per opporsi a quel-<br />
la che ormai era la sua avversaria, quanto per segnalare l’avviso della pro-
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pria sconf<strong>it</strong>ta o almeno dell’esaurimento delle forze necessarie a sostenere lo<br />
scontro, per accompagnare il proprio cedimento con quel triste gem<strong>it</strong>o.<br />
Scosse la testa, i capelli stopposi la seguirono come una balla compatta sen-<br />
za r<strong>it</strong>ardare neanche di un poco il moto. – Tu vuoi dire…<br />
Anche Benedetta adesso poteva tornare a sedere e, senza fretta, senza<br />
piombare giù come era cap<strong>it</strong>ato all’altra, posò sul divano silenziosamente e<br />
a testa alta.<br />
– Vuoi dire che… Stai dicendo che lui mi ha preso in giro, si può dire<br />
così, che Alberto mi aveva ment<strong>it</strong>o… che non era vero che lui, poverino,<br />
quella storia della sua v<strong>it</strong>a vuota e triste, sì forse un poco, lui da solo sempre<br />
e per sempre, senza nessuno, qualcuno da stringere e da avere… stai dicen-<br />
do forse che magari questo è il giusto prezzo pagato da una bugiarda, senza<br />
sconti da poterle praticare ed anzi venendole a portare, per sventolarglielo<br />
sotto il naso all’ultimo momento, un conto salato con in più allegate un paio<br />
di vecchie cambiali protestate firmate da qualcun altro in suo nome. Così,<br />
nonostante fossi andata lì sicura di me e fossi riusc<strong>it</strong>a in quello che mi ero<br />
prefissa, avevo sottovalutato qualcosa… il passato di cui lui non mi aveva<br />
detto e che anzi mi aveva celato con i suoi racconti sul proprio dolore, quan-<br />
do invece… eccoti, aveva già una figlia. E, anche se a quel tempo non lo sa-<br />
peva, non era comunque vero che non aveva mai fatto niente che potesse<br />
permettergli di averne una… perché è questo che sapevo e che me lo fece<br />
sposare… e giustamente tu oggi vieni qui a chiedere indietro quello che ri-<br />
tieni essere tuo e che ti è stato tolto per tutto questo tempo… da me.<br />
Niente più. Rimase e tacque.<br />
Benedetta allora, senza ghigni da dover celare o esibire, ma neanche me-<br />
sta, si alzò, fece la strada fin verso la porta, quella che le era stata indicata
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poco prima, ed uscì.<br />
– No – si ripeteva mentre andava via, – Non la odio. Io non la odio.