Leggi l'intervista ad Angelo Pasquarelli sulla rivista ... - Montecelio.net
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Febbraio 2011<br />
Bacchelli?<br />
Ma chi diamine è costui?<br />
No, spero proprio che i nostri lettori non si<br />
pongano una simile domanda.<br />
E neppure che ricordino questo nome, soltanto<br />
perché legato alla famosa legge 8<br />
agosto 1985 n° 440, che istituiva un assegno<br />
vitalizio a favore di citt<strong>ad</strong>ini che avessero<br />
illustrato la Patria, e che versassero in<br />
stato di particolare necessità.<br />
Infatti il primo beneficiario di tale legge<br />
sembra essere stato proprio Riccardo<br />
Bacchelli, per non dire che le sue vicende<br />
personali costituirono l’occasione prima e la<br />
spinta sostanziale per il varo e per la promulgazione<br />
di una tale legge, la quale, da<br />
allora, viene, ancor oggi, comunemente<br />
ricordata come “Legge Bacchelli”.<br />
Benché, figuriamoci, il Bacchelli abbia<br />
goduto i benefici della “ sua “ legge, solo<br />
da Natale a Santo Stefano, si fa per dire,<br />
dal momento che egli finì di vivere un mese<br />
dopo che la stessa era divenuta esecutiva<br />
nei suoi confronti.<br />
“ Appena vidi il sol che ne fui privo ...... “.<br />
Al di là di codesti curiosi e tristi rilievi,<br />
rimane il fatto che il Bacchelli ( 1891 -<br />
1985 ) può essere considerato come uno tra<br />
i più importanti e significativi romanzieri<br />
italiani del secolo scorso.<br />
Vastissima fu la sua produzione, per cui<br />
un critico lo ebbe a chiamare, e a mio<br />
modo di vedere, abbastanza a ragione, “il<br />
Balzac italiano”.<br />
E precisamente egli scrisse<br />
più di una ventina di romanzi,<br />
volumi di novelle, saggi<br />
critici e letterari, due volumi<br />
densi di teatro, alcuni volumi<br />
di poesie, e altro ancora.<br />
Si dice questo, per dare una<br />
prima, approssimativa idea<br />
della consistenza della sua<br />
opera, benché, ovviamente,<br />
sia chiaro che la mole quantitativa<br />
delle opere poco o<br />
nulla abbia a che fare con<br />
l’importanza, che è data<br />
esclusivamente dal livello<br />
qualitativo.<br />
E sotto questo aspetto, credo<br />
che particolarmente due,<br />
quanto meno, tra i suoi molti romanzi<br />
abbiano titolo per restare nell’interesse dei<br />
posteri: “ Il diavolo al Pontelungo “, che è<br />
il volume di cui vogliamo occuparci questa<br />
volta, e poi, il grande romanzo fluviale<br />
“Il mulino del Po”, che è il suo riconosciuto<br />
ed intramontabile capolavoro, trasportato,<br />
in anni ormai lontani, anche dal<br />
Bolchi in uno sceneggiato televisivo di<br />
grande successo.<br />
Proprio in forza di queste due opere, il bolognese<br />
Bacchelli ha potuto costruire la sua<br />
fama di cantore della sua terra: l‘Emilia-<br />
Romagna, l’Emilia, Bologna, in primis, ma<br />
anche la Romagna.<br />
“ La Romagna - dice il Bacchelli - è terra<br />
troppo grata e piacente, e i suoi l’amano di<br />
un affetto municipale, sensuale e fazioso.<br />
Non ha perciò ricevuto una capitale, e ricorre<br />
all’emiliana Bologna, tutta diversa.<br />
Emigrare a pochi romagnoli riesce senza<br />
che si sperdano, ma cotesti pochi, l’esilio<br />
li forma. Altrimenti molti ingegni di<br />
Romagna si logorano nella vita del caffè di<br />
piazza e in certi enfatici e sonori motti e<br />
vezzi di vanagloria locale. Ma di assai cose<br />
può farsi p<strong>ad</strong>rone un romagnolo, che si sia<br />
fatto p<strong>ad</strong>rone di sè e della propria natura”.<br />
Nato da p<strong>ad</strong>re bolognese e da m<strong>ad</strong>re tedesca,<br />
il Bacchelli sembra abbia ereditato,<br />
dalla m<strong>ad</strong>re, il rigore e la precisione di<br />
una costruzione e di una architettura intellettuale<br />
teutonica, e, dal p<strong>ad</strong>re, una fantasia<br />
svagata ed ariosa, gioviale ed insieme<br />
con spiccate propensioni<br />
carnali, unita alle doti per<br />
cui va famoso l’animo emiliano,<br />
imbevuto cioè di una<br />
lieta e grassa, ilare fecondità,<br />
e di una giocosa felicità<br />
d’animo, tra l’ariostesco<br />
ed il goldoniano.<br />
E se ci fosse uno scrittore italiano,<br />
che il Bacchelli abbia<br />
tenuto d’occhio, pur senza<br />
mai voler darlo a vedere, credo<br />
che questi sia il lombardo<br />
Manzoni, cui forse il Bac -<br />
chelli tendeva <strong>ad</strong> ispirarsi,<br />
con la sua prosa ampia e<br />
distesa, direi saporosa e per<br />
così dire completa, sì da non<br />
–– 22 ––<br />
Un libro da non dimenticare<br />
“Il diavolo al Pontelungo”<br />
di Riccardo Bacchelli<br />
tralasciare nelle descrizioni nessun particolare<br />
importante, e con il suo amichevole<br />
intrufolarsi nel racconto, per direttamente<br />
esprimere, volta a volta, un parere, un<br />
commento, una sua eventuale divergenza<br />
di opinione rispetto a quelle professate da<br />
un suo personaggio, e quasi per far comprendere<br />
al lettore come egli sia costantemente<br />
accompagnato dallo spirito critico<br />
dell’autore.<br />
E che la “ regia “ del tutto rimane sempre<br />
saldamente nelle mani di colui che sta dipanando<br />
le fila del racconto.<br />
Io personalmente il Bacchelli lo considero<br />
sì come un sanguigno emiliano, ma soprattutto<br />
come un Maestro di vita, come uno<br />
scrittore sapido dal periodare lento e solenne,<br />
ma anche placido e scorrevole, simile<br />
all’andare maestoso del fiume Po, che “ nel<br />
tempo volge e rivolge coi giorni e con noi<br />
ogni cosa nel segreto di Dio “.<br />
Perché malgr<strong>ad</strong>o il suo attardarsi più volte<br />
ed il suo indulgere a situazioni sicuramente<br />
grassocce, il che farebbe indubbiamente<br />
parte della componente emiliana<br />
della sua psiche, la di lui concezione di<br />
vita, la di lui visione del mondo è decisamente<br />
religiosa, come lo stanno a testimoniare<br />
innumerevoli sue pagine, e come<br />
lo provano le parole che poco sopra sono<br />
Un libro da non dimenticare<br />
state citate, e che son quelle<br />
che chiudono l’epico poema<br />
in prosa del Mulino del Po.<br />
(Da notarsi a questo riguardo,<br />
che il Bacchelli venne<br />
più e più volte proposto come<br />
candidato ufficiale dell’Italia<br />
al Premio Nobel, fin dal<br />
1940, da parte della Acca -<br />
demia dei Lincei e da parte<br />
della Acc<strong>ad</strong>emia della Cru -<br />
sca, ma sempre inutilmente,<br />
e ciò, è molto probabile, a<br />
causa del suo essere scrittore<br />
di fede cattolica, tant’è che fu<br />
lo stesso Bacchelli a pregare<br />
di non insistere più sul suo<br />
nominativo).<br />
E sono convinto che questo capolavoro del<br />
Mulino del Po, questa gigantesca saga di<br />
una famiglia italiana, che va dalla campagna<br />
napoleonica di Russia ( 1812 ) sino alla fine<br />
della Prima Guerra Mondiale ( 1918 ),<br />
resterà come una pietra miliare nella storia<br />
letteraria italiana, come un qualche cosa che<br />
unisce davvero gli abitanti della penisola,<br />
alla pari dei Promessi sposi, delle Con -<br />
fessioni del Nievo, e del Piccolo mondo<br />
antico del Fogazzaro.<br />
Ma torniamo al volume di cui si vuol parlare,<br />
cioè torniamo al Diavolo al Pon -<br />
telungo.<br />
Esso venne pubblicato nel 1927, col sottotitolo<br />
di Romanzo storico ( così come anche<br />
il Mulino del Po, del resto, che invece vide<br />
la luce nel biennio 1939/1940 ), e godette<br />
subito di un largo successo, che non gli<br />
manca, in certa misura, anche <strong>ad</strong>esso, visto<br />
che è tra i romanzi del Bacchelli più frequentemente<br />
ristampati.<br />
Che cosa narra questo romanzo ?<br />
E perché questo titolo così curioso ?<br />
Il romanzo descrive i preparativi, e poi lo<br />
svolgersi e quindi il naufragare di una sorta<br />
di insurrezione armata che venne effettuata,<br />
nel bolognese, dal famoso anarchico<br />
ed agitatore russo Michele Bakùnin, insieme<br />
<strong>ad</strong> un gruppo di anarchici italiani, tra<br />
cui anche, siamo allora nel periodo<br />
1873/74, da Andrea Costa, più tardi divenuto<br />
socialista.<br />
Come gli eventi successivi ebbero a dimostrare,<br />
si trattava di una specie di Armata<br />
Brancaleon ante litteram, con tutto il rispetto<br />
dovuto a pochi tra gli organizzatori, i<br />
quali almeno ci mettevano di proprio la<br />
buona fede e la disponibilità a sacrificare<br />
tutto alle loro idee.<br />
Ma il Bacchelli annota me -<br />
stamente che questo non<br />
possa essere considerato un<br />
merito, quando l’idea sia<br />
sbagliata.<br />
Io credo che il Bacchelli<br />
proprio non avesse né la<br />
stoffa, né l’animo dell’agitatore<br />
anarchico, ma tuttavia<br />
si deve riconoscere che egli<br />
sia riuscito <strong>ad</strong> entrare nell’atmosfera<br />
di quei circoli, e<br />
<strong>ad</strong> assimilare la loro mentalità<br />
ed il loro linguaggio, sì<br />
da rendere verosimili i loro<br />
far<strong>net</strong>icanti dialoghi ed i<br />
loro strampalati programmi.<br />
Siamo nei primi anni del<br />
nuovo Regno d’Italia, e la ideologia anarchica<br />
è in pieno fermento.<br />
Siamo ancora ai tempi eroici del socialismo<br />
e dell’anarchia.<br />
Perfino il giovanissimo socialista Giovanni<br />
Pascoli finirà per alcuni mesi in carcere, a<br />
Bologna, sul finire del 1879, per aver protestato<br />
pubblicamente contro l’arresto di<br />
alcuni compagni i quali, a loro volta, avevano<br />
protestato contro la condanna a vita<br />
del cuoco Passanante, che, l’anno prima,<br />
aveva tentato di uccidere il re d’Italia,<br />
Umberto Primo.<br />
L’anarchico Lucheni ucciderà, di lì a poco<br />
più di vent’anni (1898), l’Imperatrice Sissi,<br />
la moglie di Francesco Giuseppe, e due<br />
anni dopo (1900), l'altro anarchico Gae -<br />
tano Bresci, a Monza, colpirà a morte<br />
Umberto Primo.<br />
Siamo quindi in anni turbolenti,<br />
dove l’ideologia anarchica<br />
figura tra le più importanti<br />
e le più drammaticamente<br />
attive.<br />
Il romanzo dapprima descrive<br />
la vita di un gruppo di<br />
anarchici, provenienti da<br />
mezza Europa, riunitisi intorno<br />
alle figure del Bakùnin e<br />
dell’italiano Carlo Cafiero,<br />
in una villona “La Baronata”,<br />
di sostanziale proprietà di<br />
quest’ultimo, a Locarno, in<br />
terra svizzera.<br />
Come se stessimo assistendo <strong>ad</strong> una trasmissione<br />
dell’odierno “ Grande Fratello “,<br />
si snodano sotto i nostri occhi le giornate,<br />
vuote e velleitarie, di questo gruppo di personaggi,<br />
uomini e donne, in cui si trovano<br />
poveri esseri esaltati, uniti <strong>ad</strong> altri, che col-<br />
–– 23 ––<br />
Febbraio 2011<br />
tivano i minimi interessi dei poveri diavoli,<br />
una sorta di strana compagnia dove alcuni<br />
Don Chisciotte convivono con i loro Sancho<br />
Panza, gli uni senza riuscire a capire il mondo<br />
degli altri, e forse nemmeno il proprio.<br />
La prima parte del romanzo “ La Baronata<br />
“, segue questa combriccola di mestatori<br />
mentre, in terra svizzera, vagheggiano e<br />
preparano a modo loro la futura insurrezione.<br />
La seconda parte del romanzo, invece,<br />
si svolge in terra emiliana, e descrive il<br />
verificarsi appunto di tale insurrezione, ed<br />
il suo quasi squallido naufragare, o meglio,<br />
il suo sgonfiarsi, come se si trattasse di una<br />
bolla di sapone, scioltasi nell’aria.<br />
Il punto nodale della tentata insurrezione si<br />
svolge sul Pontelungo, un ponte sul Reno,<br />
che congiunge Bologna a Borgo Panigale.<br />
Dobbiamo anche sapere che proprio attorno<br />
a tale Ponte si era sviluppata, più di<br />
cent’anni prima, tutta una leggenda, del<br />
diavolo cioè, che sarebbe apparso all’arciprete<br />
del Borgo, mentre si trovava a percorrere<br />
quel Ponte.<br />
Nulla di più facile pensare <strong>ad</strong> una sorta di<br />
profezia, per cui su quel Ponte il diavolo<br />
avrebbe tentato nel futuro una sua sortita.<br />
Ma se c’è una cosa che salta agli occhi in<br />
maniera più che evidente, è il salto e il divario<br />
tra l’accuratezza dei particolari, per cui<br />
poteva sembrare che ogni minimo aspetto<br />
pratico dell’impresa fosse stato pesato e<br />
considerato a priori, e l’assoluta in<strong>ad</strong>eguatezza<br />
dei risultati concreti, e il conseguente<br />
banale fallimento di un’operazione tanto<br />
vanamente sognata e meditata.<br />
Perciò quello che stupisce<br />
sta proprio in questo contrasto<br />
tra la apparente<br />
serietà dei preparativi ed il<br />
ridicolo dell’esito, per cui<br />
non può che discenderne la<br />
velleitarietà e la pochezza<br />
di tali preparativi.<br />
E pensare che quanto sto<br />
affermando può andar bene<br />
egualmente per tanta parte<br />
dei moti insurrezionali che<br />
travagliarono la nostra<br />
penisola durante tutto l’Ot -<br />
to cento.<br />
Forse che furono meglio preparati i vari<br />
moti del ‘21, del ’31, quello di Pisacane o<br />
quello dei Fratelli Bandiera?<br />
O forse che ottennero un miglior successo?<br />
Ma il denominatore comune che costituiva<br />
la debolezza di tali progetti, stava forse nel<br />
falso presupposto che allo scoppio dell’in-