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tipiche della società e della letteratura yid<strong>di</strong>sh. In principio era essenzialmente un saltimbanco e un<br />
musicista ma anche un pre<strong>di</strong>catore itinerante. Poi è <strong>di</strong>ventato un cantastorie e, alla fine della sua<br />
parabola sociale, un men<strong>di</strong>cante, un uomo del ghetto scelto dalla Provvidenza per garantire al<br />
devoto la possibilità <strong>di</strong> una buona azione. In Train de vie lo ritroviamo nel suo humus originario,<br />
nel villaggio a misura d'uomo in cui si è scelto (“Perché sei tu il pazzo? ... “ gli chiederà Mordechai)<br />
il ruolo meno ambito, quello <strong>di</strong> colui che possiede una sola mela ma poi è in grado <strong>di</strong> ideare piani<br />
geniali come quello della fuga in treno. Lui è il pazzo che, proprio in quanto fuori dagli schemi <strong>di</strong><br />
pensiero e <strong>di</strong> esistenze comuni (non senza strazianti nostalgie), può permettersi <strong>di</strong> immaginare una<br />
storia così assurda e surreale. Ed è naturale che se ne vada in giro in giro vestito come il violinista<br />
<strong>di</strong> Chagall che si è inventato tutto un mondo immaginifico e straor<strong>di</strong>nario in cui l'ebraismo è una<br />
componente fondamentale.<br />
Così come Chagall – pensate alla Crocifissione bianca – è ispirata l’immagine del rabbino che porta<br />
in salvo le tavole della Legge dalla barbarie moderna (Singer, i cui racconti sono spesso stati<br />
accostati all’universo chagalliano scriveva: “Appartengo a una tribù antica e so che la letteratura<br />
cresce al meglio quando si basa sul fondamento <strong>di</strong> una fede antica, <strong>di</strong> spranze e illusioni esterne”).<br />
E alle atmosfere <strong>di</strong> certi quadri del pittore russo rimandano anche alcuni luminosi bozzetti rurali che<br />
racchiudono la vita del paese in un unico abbraccio visivo. L’idea dello shtetl come totalità<br />
spirituale è un topos da sempre della letteratura yid<strong>di</strong>sh. E’ lì che si manifestano l'identità, l'attesa e<br />
lo scopo del popolo ebraico. Ed è lì che possiamo ritrovare i caratteri del suo umorismo, la gioia del<br />
suo canto e i motivi del suo continuo peregrinare.<br />
Assurdo, autoironico, e paradossale: sono questi gli aspetti che contrad<strong>di</strong>stinguono l'umorismo<br />
yid<strong>di</strong>sh. Questi, più un immancabile retrogusto amaro, una sorta <strong>di</strong> malinconia che viaggia a<br />
braccetto con la risata conferendole una funzione terapeutica. Ne sono un esempio nel film le figure<br />
dello stratega-scacchista che, interrogato sul da farsi, risponde 'genialmente' “Chi va piano, va sano<br />
e va lontano”, o il macchinista recuperato in città, in realtà topo da biblioteca impiegato agli archivi<br />
delle ferrovie dello stato, fornito <strong>di</strong> apposito manuale. E’ un'ironia spesso stralunata che a volte fa<br />
ridere proprio perché improbabile. <strong>Mihaileanu</strong> ne offre un abbondante compen<strong>di</strong>o che va dalla<br />
tipica autocommiserazione yid<strong>di</strong>sh (l'ebreo malaticcio che non vuole vestire i panni del nazista: “Si<br />
è mai visto un tedesco vero con l'ulcera?”) al realismo un po' ottuso (il saggio che protesta contro<br />
l'ipotesi <strong>di</strong> fuga: “Se ci vogliono deportare almeno che facciano un po' <strong>di</strong> fatica”), dalla finta<br />
ingenuità (il rabbino che prega “Salva almeno i bambini e le donne... E poi, perché abbandonare i<br />
vecchi? Cosa ti hanno fatto?”) alla comicità dell'assurdo (Mordechai e il rabbino che cercano per<br />
terra il confine con la Russia: “Possibile che i tedeschi ci o<strong>di</strong>ano così tanto da aver nascosto la linea<br />
del fronte?”). Soprattutto è un umorismo che si basa sulle contrad<strong>di</strong>zioni proprie dell'yid<strong>di</strong>sh man.<br />
Per questo un treno <strong>di</strong> soli ebrei può trasformarsi in un'autentica babele. Basta che l'allievo<br />
pre<strong>di</strong>letto del rabbino, respinto dalla bella del villaggio, si faccia conquistare dalle idee sovversive<br />
del cugino comunista e cominci a <strong>di</strong>re che “presto gli uomini saranno tutti uguali”, organizzando le<br />
carrozze in soviet e reagendo contro gli imperialisti nazisti che hanno i posti migliori. E basta che il<br />
capitano finto-nazista si identifichi troppo nel proprio ruolo imponendo or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong>sciplina e<br />
pretendendo <strong>di</strong> essere obbe<strong>di</strong>to ciecamente. <strong>Mihaileanu</strong>, deciso a ri<strong>di</strong>colizzare qualsiasi ideologia,<br />
non risparmia nessuno. Il capo-comunista finirà rimbrottato dalla madre che gli chiederà <strong>di</strong> tornare<br />
ad essere un uomo (“Una volta amavi la gente, sognavi, avevi un Dio”), mentre agli argomenti <strong>di</strong><br />
Marx e Lenin verrà opposto quello <strong>di</strong> un bel seno e <strong>di</strong> un sano amplesso (il sesso è alluso e profuso<br />
con esplicita generosità, come ulteriore argomento per un ideale, inno alla vita).<br />
Quanto ai tedeschi-nazisti la presa in giro è continua, a volte 'grassa' (il nazista sorpreso con le<br />
braghe in mano), a volte simbolica (la svastica <strong>di</strong>strutta dalla retromarcia sbagliata del treno), a<br />
volte più sottile (i nazisti immortalati nel dondolìo <strong>di</strong> una preghiera ebraica). Parte dall'idea -<br />
peraltro filologicamente del tutto veritiera - che il tedesco sia una lingua rigida, triste e recisa e che<br />
l'yid<strong>di</strong>sh sia una sua paro<strong>di</strong>a, una specie <strong>di</strong> tedesco ma con più umorismo - e Mordechai chiede:<br />
“Loro lo sanno che gli facciamo la paro<strong>di</strong>a? E per questo che ci o<strong>di</strong>ano?” - e arriva al saluto del<br />
nazista gabbato, “Heil Hitler”, a cui rispondono gli ebrei in festa ballando: “Ai, Ai, Ai... “.