Benvenuti al Donatello – Cent'anni di ristorazione a Bologna
Benvenuti al Donatello – Cent'anni di ristorazione a Bologna
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B ENVENUTI AL D ONATELLO
Ferruccio Fanciullacci<br />
<strong>Benvenuti</strong> <strong>al</strong><br />
<strong>Donatello</strong><br />
Cent’anni <strong>di</strong> <strong>ristorazione</strong> a <strong>Bologna</strong>
Ferruccio Fanciullacci<br />
<strong>Benvenuti</strong> <strong>al</strong> <strong>Donatello</strong><br />
Cent’anni <strong>di</strong> <strong>ristorazione</strong> a <strong>Bologna</strong><br />
re<strong>al</strong>izzazione e<strong>di</strong>tori<strong>al</strong>e: E<strong>di</strong>zioni Pendragon<br />
redazione: Michele Pompei<br />
L’autore desidera de<strong>di</strong>care questo libro a tutti coloro che<br />
hanno lavorato, in questi cento anni, <strong>al</strong> <strong>Donatello</strong> contribuendo,<br />
con il loro impegno, a farlo <strong>di</strong>ventare ciò che è oggi.<br />
Ed anche a tutti i clienti che, con la loro affezione, hanno<br />
permesso a questo ristorante <strong>di</strong> raggiungere un traguardo così<br />
significativo: cento anni <strong>di</strong> ininterrotta attività.<br />
Ma la de<strong>di</strong>ca più grande va a tutti i ristoratori: persone che<br />
nascono con la vocazione per uno dei lavori più <strong>di</strong>fficili, faticosi<br />
e stressanti che ci siano <strong>–</strong> ma <strong>al</strong> contempo il lavoro più<br />
bello <strong>di</strong> tutti!<br />
Ferruccio Fanciullacci<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Quando un ristorante o un <strong>al</strong>tro esercizio commerci<strong>al</strong>e<br />
compiono i cento anni <strong>di</strong> vita, significa che fanno ormai<br />
parte della storia della nostra città.<br />
Il binomio <strong>Donatello</strong>-<strong>Bologna</strong> lo <strong>di</strong>mostra. Ai tavoli del ri-<br />
storante <strong>di</strong> via Augusto Righi si sono seduti <strong>–</strong> in questi cento<br />
anni <strong>–</strong> personaggi che hanno fatto la storia <strong>di</strong> <strong>Bologna</strong> e dell’I-<br />
t<strong>al</strong>ia: poeti, professori, politici, artisti, sportivi.<br />
È bello ripercorrere, come viene fatto in questa pubblica-<br />
zione, un viaggio così lungo e denso <strong>di</strong> avvenimenti. È bello ri-<br />
cordare tutti i componenti della famiglia che sono stati e sono<br />
tutt’oggi protagonisti <strong>di</strong> questa avventura. A cominciare proprio<br />
da <strong>Donatello</strong>, il qu<strong>al</strong>e aprì il loc<strong>al</strong>e nel lontano 1903 in quella<br />
che <strong>al</strong>lora si chiamava via Repubblicana.<br />
Sono lieto <strong>di</strong> festeggiare questo significativo anniversario e<br />
<strong>di</strong> rivolgere il mio s<strong>al</strong>uto <strong>al</strong>la famiglia Fanciullacci.<br />
ñ 5 ó<br />
Giorgio Guazz<strong>al</strong>oca<br />
Sindaco <strong>di</strong> <strong>Bologna</strong>
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Era una mattina del 1903 e nel piccolo appartamento della<br />
famiglia Fanciullacci la confusione regnava sovrana. Quel<br />
giorno <strong>Donatello</strong>, che aveva lasciato la natìa Prato <strong>al</strong>la fine<br />
del secolo per tentare la fortuna come cameriere a <strong>Bologna</strong>, stava cercando<br />
febbrilmente la copia del contratto d’acquisto che aveva sottoscritto<br />
due settimane prima, rilevando i muri <strong>di</strong> un loc<strong>al</strong>e destinato a <strong>di</strong>ventare<br />
uno dei ristoranti più gloriosi e longevi<br />
della città.<br />
In quei pochi metri quadri, i figli Otello,<br />
Bruno e Ferruccio si rincorrevano come indemoniati.<br />
Ogni cosa era per aria e <strong>di</strong> quel pezzo<br />
<strong>di</strong> carta, sul qu<strong>al</strong>e campeggiava stentorea la firma<br />
autografa <strong>di</strong> Fanciullacci <strong>Donatello</strong> sembrava<br />
non vi fosse più traccia. «Cominciamo<br />
bene!» gridò mamma Elvira, rifilando un sonoro<br />
scappellotto a Otello, il primogenito, che<br />
tentava <strong>di</strong> ripararsi sotto <strong>al</strong> grande letto matrimoni<strong>al</strong>e.<br />
Alla fine quel foglio s<strong>al</strong>tò fuori e messi<br />
i loro vestiti migliori, <strong>Donatello</strong>, Elvira,<br />
Otello, Bruno e Ferruccio cominciarono a<br />
marciare compatti in <strong>di</strong>rezione del centro.<br />
La famiglia svoltò in via Repubblicana<br />
e si fermò <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>la vetrina <strong>di</strong> ciò che restava<br />
<strong>di</strong> un piccolo teatrino <strong>di</strong>urno, incastonato<br />
sotto uno dei tanti portici che riparavano<br />
i bolognesi d<strong>al</strong>le insi<strong>di</strong>e del tempo e d<strong>al</strong>l’impertinenza<br />
dei piccioni.<br />
<strong>Donatello</strong> entrò per primo e per un attimo<br />
si <strong>di</strong>menticò del resto della famiglia, rimasta<br />
ad attendere <strong>al</strong>l’esterno. Pensò a quella<br />
ñ 7 ó<br />
La famiglia Fanciullacci si<br />
è da poco riunita<br />
a <strong>Bologna</strong>. Da sinistra: la<br />
signora Elvira, i figli<br />
Ferruccio, Otello e Bruno<br />
e il capofamiglia <strong>Donatello</strong>.
La prima documentazione<br />
uffici<strong>al</strong>e del <strong>Donatello</strong>:<br />
l’iscrizione del ristorante<br />
<strong>al</strong>la Camera <strong>di</strong> commercio<br />
nel 1906.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
somma enorme, 700 lire, <strong>al</strong> debito che aveva contratto per ricominciare<br />
una vita lontano da casa, nella «grassa» <strong>Bologna</strong> <strong>di</strong> inizio secolo.<br />
Il civico 8 <strong>di</strong> via Repubblicana <strong>di</strong>venne da quel giorno il centro<br />
della loro vita. Oltrepassata la soglia, a <strong>Donatello</strong> sembrò <strong>di</strong> vedere, sotto<br />
la tinta delle pareti ingi<strong>al</strong>lite d<strong>al</strong> fumo dei toscani e delle lampade a<br />
petrolio, qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> nuovo. I suoi occhi squadravano il loc<strong>al</strong>e, le orecchie<br />
credevano <strong>di</strong> percepire, nel silenzio che lo aveva accolto <strong>al</strong>l’interno,<br />
il suono delle voci che lo avrebbero <strong>di</strong> nuovo animato e, misurando<br />
a passi il perimetro della s<strong>al</strong>a, tirò un lungo sospiro e invitò la famiglia<br />
ad entrare.<br />
Non c’era tempo da perdere e c’erano quelle 700 lire da guadagnare,<br />
il prima possibile.<br />
In poche settimane il ristorante cominciò la sua attività. Elvira in<br />
cucina, tra i fornelli <strong>al</strong>imentati a carbone, <strong>Donatello</strong> tra i pochi tavoli<br />
apparecchiati in attesa dei primi clienti.<br />
Bruno, Otello e Ferruccio a fare la spola<br />
tra l’interno e l’esterno, tra la casa e la<br />
strada, quella via Repubblicana, a pochi<br />
passi d<strong>al</strong>la grande piazza intitolata a Vittorio<br />
Emanuele, dove avrebbero visto<br />
un giorno radunarsi le truppe del re.<br />
D<strong>al</strong> grammofono sistemato su un tavolino<br />
nel retro, il grande Caruso intonava<br />
l’aria Una furtiva lacrima e <strong>Donatello</strong><br />
cantava a bassa voce insieme<br />
a lui.<br />
Cucina toscana nel cuore dell’Emilia.<br />
Il menù avrebbe presto<br />
cambiato sapore. Le minestre <strong>di</strong><br />
farro, la trippa, la ribollita furono<br />
poco a poco sostituite dai piatti<br />
loc<strong>al</strong>i. Elvira imparò a cucinare<br />
per i bolognesi le pietanze che<br />
questi erano abituati a mangiare.<br />
In cucina cambiarono gli<br />
odori, sul grande tavolo la sfoglia<br />
attendeva <strong>di</strong> essere tirata<br />
ñ 8 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
e trasformata per sod<strong>di</strong>sfare l’appetito degli avventori, in<br />
s<strong>al</strong>a i tavoli che rimanevano liberi erano sempre più rari,<br />
la porta del ristorante cominciava ad aprirsi con regolarità<br />
e il debito <strong>di</strong> <strong>Donatello</strong> si sarebbe presto estinto.<br />
Avere tre figli maschi poteva rappresentare una<br />
grande ricchezza o una grande preoccupazione. Soprattutto<br />
se uno <strong>di</strong> loro era nato con l’animo inquieto e lo<br />
spirito da avventuriero. Proprio come Bruno, il figlio <strong>di</strong><br />
mezzo, a cui bruciava costantemente la terra sotto i pie<strong>di</strong>.<br />
Ci pensò lui a gettare nello sgomento il resto della famiglia quando,<br />
a soli 14 anni, decise che era giunto il momento <strong>di</strong> abbandonare genitori<br />
e fratelli per andare ad esplorare nuovi orizzonti.<br />
E senza <strong>di</strong>re nulla a nessuno, un bel giorno fece fagotto e dopo<br />
ñ 9 ó<br />
In cent’anni il <strong>Donatello</strong><br />
non ha mai cambiato sede.<br />
I cuochi del <strong>Donatello</strong> posano<br />
<strong>di</strong>etro la cucina commissionata<br />
<strong>al</strong>la <strong>di</strong>tta Krupp.
Bruno in c<strong>al</strong>zoncini e scarpette,<br />
in una classica posa<br />
da boxeur.<br />
Le referenze <strong>di</strong> Bruno Fanciullacci.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
aver fortunosamente attraversato<br />
l’Europa verso nord,<br />
si imbarcò su una nave per<br />
ritrovarsi d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra parte<br />
della Manica, <strong>al</strong>la corte <strong>di</strong><br />
Giorgio V, vagando, senza<br />
meta e senza un penny in<br />
tasca, per le strade <strong>di</strong><br />
Londra.<br />
La fortuna, si sa,<br />
aiuta gli audaci e il giovanissimo<br />
Bruno la incrociò<br />
per caso, poggiando<br />
il naso sulla<br />
vetrina <strong>di</strong> un ristorante.<br />
D<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra parte<br />
del vetro incontrò<br />
lo sguardo stupito<br />
<strong>di</strong> un cugino che in quel loc<strong>al</strong>e lavorava<br />
da anni.<br />
Passata la sorpresa e ottenuto un pasto c<strong>al</strong>do rigeneratore,<br />
Bruno ebbe la buona sorte <strong>di</strong> vedersi anche offrire un impiego<br />
proprio in quel ristorante, davanti <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e il destino lo<br />
aveva benevolmente condotto.<br />
Attraverso il consolato it<strong>al</strong>iano a Londra, il cugino s<strong>al</strong>vatore<br />
poté avvisare i genitori del fuggitivo, ormai deciso a<br />
tentare la fortuna in quella che gli it<strong>al</strong>iani, qu<strong>al</strong>che tempo<br />
dopo, avrebbero imparato a conoscere come «la perfida Albione».<br />
Con Bruno l’Inghilterra fu invece assolutamente benevola.<br />
A Londra imparò da solo l’inglese e i ru<strong>di</strong>menti della<br />
nobile arte della boxe, lasciò il ristorante dove lavorava il cugino<br />
per trasferirsi <strong>al</strong> Picca<strong>di</strong>lly e quin<strong>di</strong> <strong>al</strong> Quo Va<strong>di</strong>s, un loc<strong>al</strong>e<br />
gestito da un <strong>al</strong>tro it<strong>al</strong>iano, Peppino Leoni.<br />
Bruno doveva essersi convinto che respirare troppo a<br />
lungo la stessa aria non gli facesse bene. La piccola v<strong>al</strong>igia riposta<br />
sotto <strong>al</strong> letto venne dunque riaperta e riempita dei pochi<br />
indumenti appesi nell’arma<strong>di</strong>o a muro della sua stanza <strong>di</strong><br />
ñ 10 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Soho. Un battello lo attendeva per portarlo ancora<br />
più lontano, verso il Sud America, una delle<br />
nuove frontiere vagheggiate da milioni <strong>di</strong><br />
emigranti europei. Ma a passare per emigrante<br />
non ci pensava proprio. Lui era un viaggiatore e<br />
le strade <strong>di</strong> Buenos Aires avrebbero consumato<br />
le suole delle sue scarpe solo per pochi mesi.<br />
Quelli sufficienti a convincersi che la vecchia<br />
Europa poteva avere ancora qu<strong>al</strong>cosa da offrirgli.<br />
La grande Germania dell’imperatore Guglielmo<br />
II sembrava un luogo adatto per far riposare<br />
i suoi pie<strong>di</strong>.<br />
L’estate del 1914 era cominciata da poco,<br />
Bruno sudava nelle cucine <strong>di</strong> un piccolo ristorante<br />
<strong>di</strong> Amburgo, la città portu<strong>al</strong>e dove era<br />
sbarcato solo poche settimane prima. Improvvisamente,<br />
d<strong>al</strong>la s<strong>al</strong>a sentì qu<strong>al</strong>cuno gridare delle<br />
frasi incomprensibili. Bruno si affacciò cercando<br />
<strong>di</strong> capire cosa fosse successo, la confusione era<br />
grande e solo più tar<strong>di</strong> un lavapiatti <strong>di</strong> origini<br />
it<strong>al</strong>iane gli raccontò che un terrorista serbo aveva<br />
sparato <strong>al</strong> petto dell’arciduca d’Austria Fran-<br />
ñ 11 ó<br />
La grande guerra è cominciata:<br />
Bruno in una delle<br />
sue prime foto da bersagliere.<br />
Foto <strong>di</strong> gruppo del corpo <strong>di</strong><br />
spe<strong>di</strong>zione nella Russia settentrion<strong>al</strong>e.
Due illustri clienti del <strong>Donatello</strong>:<br />
il tenore Beniamino<br />
Gigli e il compositore<br />
Giacomo Puccini.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
cesco Fer<strong>di</strong>nando d’Asburgo, uccidendolo sul colpo. La prima guerra<br />
mon<strong>di</strong><strong>al</strong>e stava per cominciare e Bruno avrebbe abbandonato camice e<br />
grembiule per indossare la <strong>di</strong>visa da bersagliere del Regno d’It<strong>al</strong>ia.<br />
La guerra finì. Il freddo accumulato nella spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Russia<br />
aveva gelato le ossa e il cuore <strong>di</strong> Bruno e per la prima volta, dopo molti<br />
anni, il giovane Fanciullacci capì che era giunto il momento <strong>di</strong> ricongiungersi<br />
<strong>al</strong> resto della famiglia, <strong>al</strong> numero 8 <strong>di</strong> via Repubblicana,<br />
nel centro <strong>di</strong> <strong>Bologna</strong>.<br />
L’aria frizzante della Belle époque era stata spazzata via d<strong>al</strong>l’odore<br />
acre <strong>di</strong> una guerra che aveva visto l’It<strong>al</strong>ia capitolare e risorgere grazie<br />
<strong>al</strong>l’ardore dei suoi soldati schierati sulla linea del Piave. In quegli anni<br />
<strong>di</strong> lampi e bagliori, il ristorante era <strong>di</strong>ventato una specie <strong>di</strong> c<strong>al</strong>amita, un<br />
magnete che attirava <strong>al</strong> suo interno artisti, intellettu<strong>al</strong>i, professionisti<br />
della politica, atleti dai baffi a manubrio e bellissime donne che si sedevano<br />
a tavola facendo frusciare le loro sottane.<br />
Mentre ciò che restava delle truppe <strong>di</strong> re Sciaboletta ritornava a<br />
casa d<strong>al</strong> fronte, le luci del <strong>Donatello</strong> illuminavano i volti dei clienti,<br />
sempre più numerosi e molto spesso illustri: tra questi, era possibile <strong>di</strong><br />
tanto in tanto scorgere la folta barba <strong>di</strong> Giosue Carducci, quasi immer-<br />
ñ 12 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
sa in un bicchiere colmo <strong>di</strong> Pianella, il suo vino pre<strong>di</strong>letto, e il pizzetto<br />
del vate D’Annunzio, il poeta decadente e astemio, con un debole per<br />
le lasagne ricoperte d<strong>al</strong>la crosticina croccante e la femminea grazia delle<br />
sue commens<strong>al</strong>i, avvolte in fascinosi abiti <strong>di</strong> seta e taffettà. Anche i<br />
baffi scuri <strong>di</strong> Giacomo Puccini fremevano <strong>di</strong> fronte <strong>al</strong>le pietanze <strong>di</strong> Elvira,<br />
mentre i suoi occhi incrociavano spav<strong>al</strong><strong>di</strong> gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> ammirazione<br />
delle signore presenti in s<strong>al</strong>a.<br />
Gli anni trascorrevano felici in quella piccola enclave presi<strong>di</strong>ata<br />
da <strong>Donatello</strong> ed Elvira. Attorno ai tavoli si sedevano le gran<strong>di</strong> stelle<br />
della lirica e se ogni tanto da un tavolo partiva improvviso un acuto o<br />
un gorgheggio nessuno ci faceva più caso, trovando assolutamente norm<strong>al</strong>e<br />
che, <strong>al</strong> rumore <strong>di</strong> posate e stoviglie, si mescolassero le voci <strong>di</strong> Lina<br />
Pagliughi, «l’usignolo dei due mon<strong>di</strong>» o del grande Beniamino Gigli.<br />
E Bruno? Bruno il bersagliere,<br />
andava <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong> corsa, la sua f<strong>al</strong>cata<br />
sembrava sempre troppo più<br />
ampia degli spazi segnati dai confini<br />
del ristorante e della stessa <strong>Bologna</strong><br />
che lo aveva accolto <strong>al</strong> ritorno<br />
d<strong>al</strong>la guerra. Non c’è dunque da<br />
stupirsi se pur <strong>di</strong> rifare le v<strong>al</strong>igie,<br />
l’inquieto secondogenito si risolse a<br />
tornare a Prato, da dove il padre<br />
<strong>Donatello</strong> era partito molti anni<br />
prima. Questa volta, però, Bruno riuscì<br />
a convincere anche Otello a<br />
seguirlo d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra parte dell’Appennino:<br />
questi aprì un <strong>al</strong>bergo, il Posta,<br />
mentre Bruno, fedele quantomeno<br />
<strong>al</strong>la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> famiglia,<br />
inaugurò un ristorante che battezzò<br />
il Commercio.<br />
G<strong>al</strong>eotta fu quella trasferta…<br />
Era una domenica d’estate e nella<br />
chiesa <strong>di</strong> Sant’Agostino, a pochi<br />
metri d<strong>al</strong> suo ristorante, si stava celebrando<br />
la messa. Bruno, ancora<br />
ñ 13 ó<br />
Gli occhi <strong>di</strong> Lola, moglie <strong>di</strong><br />
Bruno, guardano lontano.
Ferruccio <strong>al</strong> volante<br />
dell’Isotta Fraschini.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
intorpi<strong>di</strong>to d<strong>al</strong> sonno, credette <strong>di</strong> avere una visione. Tra i banchi del<br />
coro un paio <strong>di</strong> profon<strong>di</strong> occhi neri sembravano puntati proprio su <strong>di</strong><br />
lui. E attorno a quegli occhi era <strong>di</strong>segnato il volto <strong>di</strong> una giovane donna<br />
d<strong>al</strong> nome esotico, Lola, apprezzata in pubblico dai fedeli per la sua<br />
bella voce e ammirata <strong>di</strong> nascosto per la sua grande bellezza. Sull’orlo <strong>di</strong><br />
un’improvvisa crisi mistica, il Fanciullacci si fece coraggio e, sfidando le<br />
m<strong>al</strong>e lingue, appena terminata la funzione avvicinò Lola. Il matrimonio<br />
venne celebrato poche settimane dopo e nel 1926 Bruno condusse la<br />
sposa a <strong>Bologna</strong> perché potesse dare <strong>al</strong>la luce la primogenita, Floriana,<br />
sotto la protezione <strong>di</strong> san Petronio.<br />
«Quanto è piccina questa città!» pensava mentre osservava il viavai<br />
dei clienti che attraversavano la soglia del suo ristorante. Certo, per<br />
uno che aveva girato il mondo, la piccola Prato doveva sembrare un misero<br />
borghetto e presto si pentì della sua decisione.<br />
Con la moglie <strong>al</strong> fianco, stabilì che fosse opportuno abbandonare<br />
la Toscana per puntare <strong>di</strong>rettamente verso la capit<strong>al</strong>e del regno.<br />
ñ 14 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Era il 1938, il sole <strong>di</strong> Roma sc<strong>al</strong>dava l’insegna <strong>di</strong>pinta <strong>di</strong> fresco<br />
dell’ennesimo ristorante. Sarà stato a causa della nost<strong>al</strong>gia o forse un<br />
vago senso <strong>di</strong> colpa che lo inseguiva sin d<strong>al</strong>la sua fuga pratese, che Bruno<br />
decise <strong>di</strong> intitolare <strong>al</strong> padre il loc<strong>al</strong>e che aveva rilevato, in via Nazion<strong>al</strong>e,<br />
insieme <strong>al</strong>la paziente consorte.<br />
ñ 15 ó<br />
Bruno e due camerieri<br />
davanti <strong>al</strong>l’entrata<br />
del <strong>Donatello</strong> capitolino.
Foto con de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Federico<br />
Fellini a <strong>Bologna</strong><br />
per la preparazione<br />
<strong>di</strong> “La voce della luna”.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Il “<strong>Donatello</strong> capitolino” <strong>di</strong>venne una vera e propria succurs<strong>al</strong>e <strong>di</strong><br />
quello bolognese. E se <strong>al</strong>l’ombra delle Due torri il ristorante ospitava i<br />
gran<strong>di</strong> nomi della lirica, a Roma era frequente incontrare tra i tavoli del<br />
<strong>Donatello</strong> i <strong>di</strong>vi della rivista: Carlo Dapporto, la Van<strong>di</strong>ssima, il mite<br />
Macario e il pantagruelico Aldo Fabrizi. Molto onore e pochi sol<strong>di</strong> e, se<br />
ci è concesso il gioco <strong>di</strong> parole, molta fama e gran<strong>di</strong>ssima fame. Solo un<br />
anfitrione come Bruno, che invero guardava agli artisti del teatro con<br />
una sorta <strong>di</strong> ammirazione mista ad invi<strong>di</strong>a, poteva fare uscire questi personaggi<br />
d<strong>al</strong>la loro eterna contrad<strong>di</strong>zione: avere un enorme appetito e le<br />
tasche perennemente vuote. Riccardo Fellini, fratello <strong>di</strong> Federico, era<br />
uno dei più convinti habitué. Era lì, chitarra in mano, il giorno in cui<br />
il futuro cantore della Dolce vita si fidanzò uffici<strong>al</strong>mente con la sua piccola<br />
Cabiria, la Giulietta Masina che lo avrebbe accompagnato per il<br />
resto della vita. Bruno accettava <strong>di</strong> buon grado le “pataccate” dei due<br />
fratelli riminesi. E se si vedeva riconsegnare il conto con su scritto “i<br />
belli non pagano” abbozzava, stracciava il pezzo <strong>di</strong> carta e ritornava <strong>al</strong>le<br />
sue faccende.<br />
Federico Fellini, molto tempo dopo, avrebbe varcato anche la so-<br />
ñ 16 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
glia del <strong>Donatello</strong> bolognese in occasione della preparazione del suo ultimo<br />
film La voce della luna. Ad accogliere il Maestro, annunciato da<br />
Melega, il cameriere che in quel momento serviva ai tavoli, c’era Ferruccio,<br />
il figlio <strong>di</strong> Bruno, l’anfitrione della succurs<strong>al</strong>e romana, in cui il<br />
Maestro aveva trascorso interminabili serate. Fellini si fece presentare<br />
tutto il person<strong>al</strong>e e, a qu<strong>al</strong>che decennio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, le strade del regista<br />
riminese e quelle della famiglia Fanciullacci, tornarono <strong>di</strong> nuovo ad incrociarsi.<br />
ñ 17 ó<br />
Giulietta Masina festeggiò<br />
il fidanzamento con Federico<br />
Fellini nella succurs<strong>al</strong>e<br />
romana del <strong>Donatello</strong>.
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
del 1940 non era ancora cominciata, Roma era<br />
immersa in un’atmosfera che pareva stregata. La grande<br />
L’estate<br />
ra<strong>di</strong>o appoggiata sul bancone del bar era accesa e gracchiava<br />
una musichetta rigorosamente autarchica. A poca <strong>di</strong>stanza da<br />
via Nazion<strong>al</strong>e, sotto il b<strong>al</strong>cone <strong>di</strong> piazza Venezia, era stata convocata<br />
l’adunata. Il programma music<strong>al</strong>e venne interrotto e d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>toparlante si<br />
udì la voce del cav<strong>al</strong>iere Benito Mussolini: «Combattenti <strong>di</strong> terra, <strong>di</strong><br />
mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini<br />
e donne d’It<strong>al</strong>ia, dell’Impero e del Regno d’Albania! Ascoltate!<br />
Un’ora segnata d<strong>al</strong> destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle<br />
decisioni irrevocabili. La <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> guerra è già stata consegnata<br />
agli ambasciatori <strong>di</strong> Gran Bretagna e <strong>di</strong> Francia. Scen<strong>di</strong>amo in<br />
campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente,<br />
che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insi<strong>di</strong>ato l’esistenza<br />
medesima del popolo it<strong>al</strong>iano». Bruno il bersagliere fece una<br />
smorfia e girò verso sinistra la manopola. La voce del duce scomparve<br />
<strong>al</strong>l’improvviso, mentre da piazza Venezia continuava ad arrivare l’eco<br />
della folla esultante. Riccardo Fellini si <strong>al</strong>zò da tavola e bofonchiò «Mo’<br />
senti ’sto patacca…», infilò la porta<br />
della toilette e andò a pisciare.<br />
La seconda guerra mon<strong>di</strong><strong>al</strong>e era<br />
cominciata anche per l’It<strong>al</strong>ia. Il <strong>di</strong>cembre<br />
<strong>di</strong> quell’anno fu più freddo del<br />
solito per la famiglia Fanciullacci. Il<br />
13 <strong>di</strong> quel mese, mamma Elvira chiuse<br />
gli occhi per sempre. <strong>Donatello</strong> era rimasto<br />
quasi solo nel suo ristorante <strong>di</strong><br />
via Repubblicana, <strong>di</strong>ventata via Augusto<br />
Righi. Il figlio Otello era impegnato<br />
a gestire un <strong>al</strong>bergo in via In<strong>di</strong>-<br />
ñ 19 ó<br />
Mamma Elvira con il suo<br />
inseparabile grembiule.
Ferruccio, campione <strong>di</strong><br />
tamburello, in posa davanti<br />
<strong>al</strong>lo Sferisterio.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
pendenza e ad aiutarlo c’era solo Ferruccio, un pezzo d’uomo che raccoglieva<br />
<strong>al</strong>lori in giro per l’It<strong>al</strong>ia giocando a tamburello.<br />
Le esequie <strong>di</strong> Elvira si celebrarono in gran pompa, il feretro venne<br />
caricato su una lussuosa carrozza trainata da quattro cav<strong>al</strong>li bianchi.<br />
Il corteo funebre attraversò la città per giungere <strong>al</strong>la Certosa. Elvira<br />
avrebbe riposato a pochi metri d<strong>al</strong>le colline che aveva scorto <strong>al</strong> suo primo<br />
arrivo da Prato.<br />
Prima del precipitare degli eventi, Bruno e Lola avevano fatto<br />
tappa a <strong>Bologna</strong> perché lì potesse nascere anche la loro seconda figlia,<br />
Franca.<br />
L’erede maschio ancora non era arrivato,<br />
ma con la pazienza e la costanza, anche<br />
questa lacuna sarebbe stata colmata.<br />
Il definitivo ritorno tra le mura <strong>di</strong><br />
casa sarebbe avvenuto nel bel mezzo del<br />
conflitto.<br />
Ferruccio, l’atleta, aveva un corpo<br />
massiccio e muscoloso. Ma il suo cuore era<br />
molto più fragile. Il 24 marzo del 1942, durante<br />
una delle centinaia <strong>di</strong> partite a tamburello<br />
che aveva giocato nella sua luminosa<br />
carriera, Ferruccio vede la p<strong>al</strong>lina<br />
piombargli addosso a tutta velocità. Istintivamente<br />
<strong>al</strong>lunga il braccio destro <strong>di</strong>etro<br />
<strong>al</strong>la schiena per raccogliere la forza necessaria<br />
a colpire la sfera col suo guanto <strong>di</strong> legno.<br />
Un solo secondo, l’impatto, la p<strong>al</strong>lina<br />
che schizza <strong>di</strong> nuovo d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra parte del<br />
campo. Ferruccio guarda il suo pugno bardato<br />
che gli ondeggia davanti agli occhi.<br />
Con un ultimo sguardo cerca <strong>di</strong> seguire la<br />
traiettoria, poi la luce si spegne, il suo cuore<br />
cessa improvvisamente <strong>di</strong> battere, le ginocchia<br />
cedono <strong>di</strong> schianto e la folla e i<br />
compagni rimangono impietriti a guardare<br />
il suo corpo immobile a terra.<br />
Ecco, quel triste giorno <strong>di</strong> primavera,<br />
ñ 20 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
segnò la seconda fase della storia del <strong>Donatello</strong>. Il ristorante che Ferruccio<br />
gestiva uffici<strong>al</strong>mente d<strong>al</strong> 1931 era in cerca <strong>di</strong> un nuovo padrone. Il<br />
destino, per una volta aveva deciso <strong>al</strong> posto <strong>di</strong> Bruno. Le v<strong>al</strong>igie erano<br />
pronte per essere riempite, forse per l’ultima volta. Via Righi attendeva<br />
impaziente il ritorno del figliol pro<strong>di</strong>go.<br />
<strong>Bologna</strong> aveva accolto Bruno in una notte d’inverno, la città era<br />
coperta <strong>di</strong> neve. Stringendo la mano della piccola Franca, in un’atmosfera<br />
ovattata e quasi surre<strong>al</strong>e, si avvicinò <strong>al</strong> ristorante e, dopo aver tirato<br />
anche lui un lungo sospiro, si chinò per <strong>al</strong>zare la serranda che <strong>Donatello</strong><br />
gli aveva lasciata aperta.<br />
Seppelliti i morti era tempo <strong>di</strong> sorridere <strong>di</strong> nuovo. Nonostante<br />
la guerra, l’armistizio, l’incubo dei bombardamenti, <strong>al</strong> civico 8 <strong>di</strong> via<br />
Righi si tornò a far festa. Il ristorante romano era stato venduto; Bruno,<br />
Lola e le due figlie erano ormai stabilmente accanto a <strong>Donatello</strong><br />
e il 3 settembre del 1944 arrivò fin<strong>al</strong>mente un figlio maschio, il piccolo<br />
Ferruccio.<br />
ñ 21 ó<br />
I gran<strong>di</strong> tenori Tito Schipa<br />
e Mario Del Monaco.<br />
Il padre, Bruno, posa orgoglioso<br />
con il figlio Ferruccio<br />
in braccio.
Il tenore<br />
Giacomo Lauri Volpi.<br />
Il baritono<br />
Riccardo Stracciari.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Con la guerra non si scherza, le bombe erano vere<br />
e aprivano continuamente ferite e squarci tra le case e<br />
le strade della città. Meglio trovare un posto sicuro per<br />
sé e la famiglia. Meglio lasciare il grande letto <strong>al</strong> piano<br />
<strong>di</strong> sopra, fare fagotto e portare tutti <strong>al</strong> sicuro, nell’<strong>al</strong>ta<br />
campagna <strong>di</strong> Pianoro, dove per precauzione anche l’argenteria<br />
del ristorante era stata riposta, <strong>al</strong> riparo <strong>di</strong> <strong>al</strong>cune<br />
zolle <strong>di</strong> terra, in un campo a<strong>di</strong>acente la casa colonica.<br />
Il ristorante comunque rimaneva una zona franca<br />
o così <strong>al</strong>meno doveva essere per Bruno, che mai si risolse<br />
a chiudere i battenti. L’unica concessione, imposta<br />
d<strong>al</strong> coprifuoco, fu l’abolizione del pasto ser<strong>al</strong>e, ma a<br />
mezzogiorno le cucine funzionavano per gli amici e i<br />
clienti che insieme <strong>al</strong> titolare non si davano per vinti e<br />
continuavano a sedersi attorno ai tavoli apparecchiati.<br />
Il bersagliere Bruno cominciò così a fare la spola<br />
tra la casa della famiglia Tomba a Pianoro e il ristorante<br />
<strong>di</strong> via Righi, ped<strong>al</strong>ando sulla bicicletta d’or<strong>di</strong>nanza,<br />
avanti e in<strong>di</strong>etro.<br />
La clientela comunque non si perdeva d’animo.<br />
ñ 22 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
L’affezionata clientela, si può ben <strong>di</strong>rlo, era letter<strong>al</strong>mente<br />
ancorata <strong>al</strong>le se<strong>di</strong>e del ristorante, sulle<br />
qu<strong>al</strong>i gravava il peso dei più irriducibili biassanot<br />
della città. I bombardamenti offrirono loro una<br />
buona occasione per trovare un modo <strong>al</strong>ternativo <strong>di</strong><br />
pagare il conto: quando la sirena cominciava a ululare<br />
annunciando l’arrivo dei bombar<strong>di</strong>eri, mentre<br />
tutti i clienti si <strong>al</strong>zavano per raggiungere i rifugi antiaerei<br />
Rimon<strong>di</strong>ni, Saccomani, Fontana il lavandaio<br />
appassionato melomane, Orlan<strong>di</strong>, Brando, Pippo, Montefamelio<br />
tenevano s<strong>al</strong>damente le «postazioni», riparandosi<br />
il petto col tovagliolo e aspettando che uno tra loro<br />
cedesse per primo <strong>al</strong>la paura abbandonando il desco e il resto<br />
dell’<strong>al</strong>legra e incosciente brigata. A lui, secondo regolamento<br />
<strong>di</strong> guerra, sarebbe spettato <strong>di</strong> pagare il conto dell’intera<br />
tavolata, ancora china e sghignazzante sui piatti, mentre<br />
le bombe colpivano i loro bersagli.<br />
In un giorno d’inverno del 1944, dopo le sette <strong>di</strong> sera, durante il<br />
coprifuoco, le strade <strong>di</strong> <strong>Bologna</strong> venivano attraversate da pattuglie <strong>di</strong><br />
SS e dai repubblichini. Raffaele Mezzetti, lo chef, era arrivato da poco.<br />
ñ 23 ó<br />
Per i clienti del <strong>Donatello</strong>,<br />
i versi in <strong>di</strong><strong>al</strong>etto del poeta<br />
Dante Federici.
L’interno del <strong>Donatello</strong> <strong>al</strong>la<br />
fine degli anni Quaranta.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 24 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 25 ó
Gli chef del <strong>Donatello</strong> in<br />
posa per l‘obiettivo del fotografo.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Nonostante la guerra i bolognesi non rinunciavano <strong>al</strong> loro coperto sotto<br />
gli <strong>al</strong>ti soffitti affrescati del <strong>Donatello</strong>. Quel giorno, però, dovettero<br />
tornare a mangiare a casa o quantomeno rassegnarsi a s<strong>al</strong>tare il pasto <strong>di</strong><br />
mezzogiorno. Quella mattina lo chef non cucinò per loro, anzi molti temettero<br />
che non avrebbe cucinato più per nessuno.<br />
Pochi minuti dopo il suo arrivo, <strong>al</strong>la porta del ristorante si presenta<br />
infatti un gruppo <strong>di</strong> uffici<strong>al</strong>i tedeschi. Cercano proprio lui, Raffaele<br />
Mezzetti, e senza <strong>di</strong>re una parola lo prendono e lo portano via.<br />
Nessuno ci capiva nulla, Mezzetti era un buon <strong>di</strong>avolo, un ottimo<br />
cuoco, non era ebreo, non era comunista, non aveva mai pestato i pie<strong>di</strong><br />
a nessuno. Perché lo avevano prelevato? Che fine aveva fatto Mezzetti?<br />
Le conoscenze in <strong>al</strong>to loco non bastarono a risolvere il mistero,<br />
che però, fortunatamente, rimase t<strong>al</strong>e solo fino a sera.<br />
Il coprifuoco è già cominciato e mentre tutti si torcono le mani<br />
ñ 26 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
per l’angoscia, qu<strong>al</strong>cuno bussa <strong>al</strong>le porte chiuse del ristorante: sono gli<br />
stessi uffici<strong>al</strong>i tedeschi della mattina e, <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> loro, sano e s<strong>al</strong>vo c’è il<br />
povero Mezzetti.<br />
Lo chef viene fatto sedere, qu<strong>al</strong>cuno gli <strong>al</strong>lunga un bicchiere <strong>di</strong><br />
grappa. Mezzetti era astemio, ma quella sera aveva voglia <strong>di</strong> bere; racconta<br />
che gli uffici<strong>al</strong>i tedeschi, fred<strong>di</strong> e cortesi, lo avevano caricato su<br />
un’automobile <strong>di</strong>retta verso una villa fuori <strong>Bologna</strong>,<br />
a metà strada tra Budrio e Me<strong>di</strong>cina.<br />
Quella villa, insieme a molte <strong>al</strong>tre, ospitava <strong>al</strong>cuni<br />
<strong>al</strong>ti papaveri della Wehrmacht e il più<br />
<strong>al</strong>to fra loro, il feldmaresci<strong>al</strong>lo Kesserling, comandante<br />
delle truppe tedesche in It<strong>al</strong>ia, è atteso<br />
quel giorno per pranzo. I camerati per onorare<br />
la visita vollero il meglio e il meglio aveva<br />
proprio il nome <strong>di</strong> Raffaele Mezzetti, la cui perizia<br />
culinaria Kesserling aveva già avuto modo<br />
<strong>di</strong> apprezzare nel 1938. Troppo onore, doveva<br />
aver pensato il povero Mezzetti, bianco come il<br />
suo camice da cuoco, mentre un uffici<strong>al</strong>e lo accompagnava<br />
nelle cucine della villa per sod<strong>di</strong>sfare<br />
i raffinati appetiti del feldmaresci<strong>al</strong>lo, che<br />
solo pochi mesi prima aveva placato la sua sete<br />
<strong>di</strong> vendetta facendo trucidare 335 persone <strong>al</strong>la<br />
periferia <strong>di</strong> Roma, presso le Fosse ardeatine.<br />
<strong>Bologna</strong>, dopo l’armistizio, scontava la<br />
sua posizione geografica. Al <strong>di</strong> sopra della linea<br />
gotica si continuava a tremare. Le bombe inglesi arrivavano d<strong>al</strong> cielo,<br />
le truppe tedesche cercavano <strong>di</strong> controllare la città, i repubblichini facevano<br />
il lavoro sporco. Un giorno tre uomini trafelati attraversano la<br />
soglia del ristorante, hanno la fronte imperlata <strong>di</strong> sudore e gli occhi segnati<br />
d<strong>al</strong>la paura. Sono partigiani. Bruno è un bersagliere, non ha mai<br />
giurato per il Partito fascista e ha una grande ghiacciaia nel retro del loc<strong>al</strong>e.<br />
Lo spazio è sufficiente per ospitare i tre uomini e il loro piccolo arsen<strong>al</strong>e.<br />
Così per un pomeriggio, insieme ai polli, ai quarti <strong>di</strong> bue e ai panetti<br />
<strong>di</strong> lardo, nella grande cella frigorifera i partigiani rimangono nascosti,<br />
sfuggendo ai rastrellamenti e contraendo con Bruno un debito<br />
che nessuna somma <strong>di</strong> denaro avrebbe mai potuto s<strong>al</strong>dare.<br />
ñ 27 ó<br />
Gigliola Franzoni.
Magda Oliviero.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Nel 1944, il fronte <strong>di</strong> guerra si era spostato raggiungendo il rifugio<br />
<strong>di</strong> Pianoro. Scattò così il contro-esodo e la famiglia Fanciullacci ricambiò<br />
l’ospit<strong>al</strong>ità ricevuta, accogliendo gli amici nella casa <strong>di</strong> città.<br />
Uomini, donne e bambini scesero a v<strong>al</strong>le con il loro seguito <strong>di</strong> anim<strong>al</strong>i<br />
e nel giar<strong>di</strong>no del ristorante si potevano trovare polli, capre e persino<br />
un paio <strong>di</strong> cav<strong>al</strong>li. Solo a un grasso mai<strong>al</strong>e toccò il privilegio <strong>di</strong> essere<br />
ospitato dentro l’appartamento e l’odore e le tracce della sua presenza<br />
rimasero a lungo, a ricordo <strong>di</strong> un’amicizia nata sotto i bombardamenti.<br />
La fine del conflitto fu un sollievo, ma trascinò con sé la pacifica<br />
invasione delle truppe <strong>al</strong>leate entrate a <strong>Bologna</strong> il 21 aprile del 1945. Il<br />
ristorante <strong>Donatello</strong> <strong>di</strong>venne così il quartier gener<strong>al</strong>e delle milizie angloamericane,<br />
che requisirono il ristorante (<strong>di</strong>spense e cantine comprese)<br />
per trasformarlo in un’elegante mensa uffici<strong>al</strong>i.<br />
Si b<strong>al</strong>lava e si cantava dopo la Liberazione, e<br />
dentro <strong>al</strong>la mensa risuonavano i ritmi del boogie<br />
woogie, il battere dei tacchi dei soldati, impegnati<br />
ad incrociare i loro passi con le giovani bolognesi<br />
attratte d<strong>al</strong>la musica, d<strong>al</strong>la preziosa seta dei paracadute<br />
americani e natur<strong>al</strong>mente dagli ottimi manicaretti<br />
che continuavano a uscire d<strong>al</strong>le cucine del<br />
ristorante.<br />
Bruno fece buon viso a cattivo gioco e mentre<br />
gli <strong>al</strong>tri ristoranti avevano ripreso a lavorare<br />
norm<strong>al</strong>mente, da <strong>Donatello</strong> gli <strong>al</strong>leati continuavano<br />
a gozzovigliare a spese del Fanciullacci. Ma Bruno,<br />
l’inquieto, sapeva essere anche molto paziente.<br />
In breve tempo il loc<strong>al</strong>e tornò, parafrasando<br />
il grande Petrolini, «più bello e più superbo che<br />
pria» e tra i tavoli protetti d<strong>al</strong>l’elegante soffitto affrescato<br />
i camerieri ricominciarono a muoversi vestiti<br />
in smoking, mentre Bruno in tight e ghette osservava<br />
sod<strong>di</strong>sfatto il ritorno <strong>al</strong>la norm<strong>al</strong>ità.<br />
Ora provate ad immaginarvi Bruno, vestito<br />
<strong>di</strong> tutto punto, come un gagà, fasciato da un elegante<br />
tight e con i pie<strong>di</strong> infilati <strong>al</strong>l’interno <strong>di</strong> un<br />
paio <strong>di</strong> ghette lussuose. La chioma fluente che accarezza<br />
il colletto inamidato, uno si sarebbe aspet-<br />
ñ 28 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
tato che si mettesse a danzare tra i tavoli come il<br />
grande Fred Astaire, anziché occuparsi dei clienti<br />
e delle sorti del suo ristorante. Forse Bruno avrebbe<br />
veramente avuto voglia <strong>di</strong> mettersi a b<strong>al</strong>lare,<br />
stringendosi <strong>al</strong> petto la sua Lola, la dolce e paziente<br />
Lola che per amore <strong>di</strong> Bruno aveva abbandonato<br />
i suoi sogni <strong>di</strong> cantante, che un tempo cullava<br />
tra i banchi del coro della chiesa <strong>di</strong> Sant’Agostino<br />
a Prato.<br />
La musica era comunque il collante che<br />
univa i destini <strong>di</strong> chi <strong>al</strong> <strong>Donatello</strong> lavorava e <strong>di</strong><br />
coloro che lì venivano non solo per mangiare, ma<br />
per sentirsi parte <strong>di</strong> una strana comunità che in<br />
nessun <strong>al</strong>tro ristorante era possibile incontrare. E<br />
così era, in quegli anni folli e formidabili.<br />
Si può <strong>di</strong>ssertare a lungo sul concetto <strong>di</strong><br />
norm<strong>al</strong>ità. Se per gli <strong>al</strong>tri ristoranti corrispondeva<br />
<strong>al</strong> tranquillo succedersi dei pasti <strong>di</strong>urni e ser<strong>al</strong>i e <strong>al</strong><br />
rigoroso abbassarsi delle serrande <strong>al</strong> tocco della mezzanotte, <strong>al</strong> civico 8<br />
<strong>di</strong> via Augusto Righi, la vita vera cominciava proprio a quell’ora.<br />
Qu<strong>al</strong>cuno doveva pur rifocillare gli artisti <strong>al</strong>l’uscita dai teatri. Accogliere<br />
i cantanti, gli attori e i musicisti <strong>al</strong> termine dei loro spettacoli.<br />
Era un piacere <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e Bruno non avrebbe mai rinunciato, a costo <strong>di</strong> tirar<br />
tar<strong>di</strong> fino <strong>al</strong>le cinque <strong>di</strong> mattina, per ritrovarsi il giorno dopo a riapparecchiare<br />
i tavoli <strong>al</strong>l’ultimo momento.<br />
Per sapere chi sarebbe entrato quella sera era sufficiente dare<br />
un’occhiata ai cartelloni e ai manifesti che decoravano i muri della città.<br />
Se la <strong>di</strong>vina Wanda Osiris era <strong>di</strong> scena a <strong>Bologna</strong>, era natur<strong>al</strong>e che<br />
la si vedesse varcare trionf<strong>al</strong>mente la soglia del ristorante, col capo coperto<br />
d<strong>al</strong> turbante e le labbra rosso fuoco. E i pie<strong>di</strong> gonfi. Sì, perché la<br />
più luminosa fra le stelle della rivista era pur sempre fatta <strong>di</strong> carne e ossa<br />
e tutto quello scendere e ris<strong>al</strong>ir <strong>di</strong> sc<strong>al</strong>e metteva a dura prova le sue squisite<br />
estremità. Bastava <strong>al</strong>lora un cenno e sotto <strong>al</strong> tavolo dove la <strong>di</strong>vina<br />
sedeva in attesa della cena, compariva una <strong>di</strong>screta bacinella riempita<br />
d’acqua c<strong>al</strong>da e s<strong>al</strong>e. Bacinella fortunata, perché era proprio lì che la favolosa<br />
Wanda immergeva i suoi pie<strong>di</strong>ni per trovare sollievo, dopo le fatiche<br />
del p<strong>al</strong>coscenico e le sfilate in passerella.<br />
ñ 29 ó<br />
Maria Caniglia.
Le locan<strong>di</strong>ne dell’Arena del<br />
Sole e del cinema Bios<br />
campeggiano <strong>al</strong>l’interno del<br />
ristorante.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 30 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 31 ó
Josephine Baker: il suo arrivo<br />
<strong>al</strong> <strong>Donatello</strong> è rimasto<br />
nella leggenda.<br />
Ebe Stignani.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Ci fu gran trambusto il giorno in cui Josephine Baker, la splen<strong>di</strong>da,<br />
irresistibile vedette delle Folies Bergère, fece il suo ingresso <strong>al</strong> <strong>Donatello</strong>.<br />
Appena la videro, a Saccomani andò <strong>di</strong> traverso il Grignano<br />
che stava bevendo, Montefamelio rischiò <strong>di</strong> cascare <strong>al</strong>l’in<strong>di</strong>etro, mentre<br />
si dondolava sulla se<strong>di</strong>a cercando <strong>di</strong> sbirciare le gambe <strong>di</strong> una b<strong>al</strong>lerina<br />
seduta poco più in là, Rimon<strong>di</strong>ni sbiancò improvvisamente assumendo<br />
il colore del sorbetto <strong>al</strong> limone che piluccava <strong>di</strong>strattamente,<br />
mentre Pippo, sp<strong>al</strong>le <strong>al</strong>l’entrata, gli raccontava una delle solite b<strong>al</strong>le<br />
sulle sue presunte avventure g<strong>al</strong>anti. Il tempo si fermò per qu<strong>al</strong>che secondo,<br />
dopo<strong>di</strong>ché Bruno, senza battere ciglio e sfoderando un impeccabile<br />
sorriso, invitò Josephine a sedersi, a rigorosa <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sicurezza<br />
dagli amici <strong>di</strong> sempre.<br />
Il bello <strong>di</strong> quel ristorante era che funzionava come una specie <strong>di</strong><br />
specchio della verità. E sotto le sue luci c<strong>al</strong>de ognuno tirava fuori la sua<br />
vera indole, gli attori gettavano la maschera e le gran<strong>di</strong> stelle, se erano<br />
veramente t<strong>al</strong>i, mostravano i lati più amichevoli e sinceri del loro carattere.<br />
Josephine, oltre a essere un’artista <strong>di</strong> fama mon<strong>di</strong><strong>al</strong>e, era senza<br />
dubbio una gran<strong>di</strong>ssima<br />
donna. Coraggiosa e molto<br />
spiritosa. Così, passato<br />
lo shock inizi<strong>al</strong>e, i clienti<br />
presero confidenza e, a furor<br />
<strong>di</strong> popolo, quando l’orologio<br />
suggeriva che la<br />
notte stava per arrivare<br />
<strong>al</strong>la sua inevitabile conclusione,<br />
venne chiesto<br />
<strong>al</strong>la Baker <strong>di</strong> donare <strong>al</strong><br />
popolo una sua scarpetta.<br />
Josephine dapprima sgranò<br />
i suoi gran<strong>di</strong> occhi,<br />
mostrando la fila <strong>di</strong> perle<br />
che custo<strong>di</strong>va tra le labbra,<br />
poi esplose in una risata,<br />
si chinò leggermente,<br />
si sfilò una scarpa e la<br />
porse a Bruno.<br />
ñ 32 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Uno, due, tre scoppi <strong>di</strong> bottiglie del miglior<br />
champagne, s<strong>al</strong>utarono la concessione <strong>di</strong> questo dono<br />
insperato e come una grolla, la scarpetta <strong>di</strong> Josephine<br />
passò <strong>di</strong> tavolo in tavolo, perché tutti potessero abbeverarsi<br />
da quel prezioso c<strong>al</strong>ice.<br />
Dopo mezzanotte non c’erano solo Carlo Dapporto<br />
o Erminio Macario, con il loro seguito <strong>di</strong> graziose<br />
fanciulle, a reclamare un pasto. Spesso arrivavano<br />
anche le signorine che esercitavano il mestiere<br />
nelle case <strong>di</strong> tolleranza sparpagliate nella zona. Accompagnate<br />
d<strong>al</strong>la maîtresse, prendevano educatamente<br />
posto e insieme a loro comparivano un paio <strong>di</strong><br />
musicisti, armati <strong>di</strong> chitarra e violino, perché la cena<br />
venisse <strong>al</strong>lietata d<strong>al</strong> suono delle loro canzoni.<br />
La musica, come abbiamo già avuto modo <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>re, era un ingre<strong>di</strong>ente fondament<strong>al</strong>e quanto la sfoglia<br />
che veniva tirata sui tavoloni della cucina. La<br />
sfrenata passione per la lirica che univa Bruno e Lola<br />
veniva ricompensata d<strong>al</strong>la presenza delle migliori<br />
ugole it<strong>al</strong>iane. Il tenore Raimon<strong>di</strong> <strong>al</strong> <strong>Donatello</strong> era <strong>di</strong><br />
casa. Bolognese purosangue, amava la buona cucina e spesso esercitava<br />
la sua voce accompagnandosi <strong>al</strong> pianoforte che Bruno teneva in casa, <strong>al</strong><br />
piano <strong>di</strong> sopra. Gianni M<strong>al</strong>ipiero<br />
era <strong>di</strong> casa e un giorno ricambiò<br />
l’ospit<strong>al</strong>ità reg<strong>al</strong>ando <strong>al</strong> piccolo<br />
Ferruccio una chitarra.<br />
Ogni tanto si u<strong>di</strong>vano i<br />
duetti improvvisati da Gigliola<br />
Franzoni e Franco Corelli, una<br />
delle coppie più amate del melodramma<br />
dell’epoca. La bellezza<br />
dei due spesso spingeva il pubblico<br />
ad applau<strong>di</strong>rli freneticamente<br />
non appena mettevano piede in<br />
scena, una forma <strong>di</strong> entusiasmo<br />
estetico che Corelli e la Franzoni<br />
sapevano scatenare ancor prima<br />
ñ 33 ó<br />
Franco Corelli, una delle<br />
ugole e dei volti più amati<br />
dai melomani.<br />
Gianni Raimon<strong>di</strong>, una<br />
delle “voci storiche”<br />
della lirica petroniana.
Come si <strong>di</strong>ce… anche l’occhio<br />
vuole la sua parte.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 34 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 35 ó
Bruno posa con gli amici <strong>di</strong><br />
sempre <strong>di</strong>etro <strong>al</strong> bancone<br />
del bar, nel 1946.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
<strong>di</strong> aprire bocca per cantare. Il buon Corelli si fece pure convincere a<br />
dare u<strong>di</strong>enza a un giovanissimo e imbarazzatissimo Ferruccio, cui era<br />
stato imposto da Bruno (in virtù <strong>di</strong> una voce che pareva promettente)<br />
<strong>di</strong> affrontare un’estemporanea au<strong>di</strong>zione <strong>al</strong> cospetto del maestro. Il tutto<br />
nel retro del loc<strong>al</strong>e, dove la carriera <strong>di</strong> cantante <strong>di</strong> Ferruccio terminò<br />
ancor prima cominciare.<br />
Bruno riceveva quoti<strong>di</strong>anamente, tra le <strong>al</strong>tre, la gra<strong>di</strong>ta visita del<br />
tenore Bergamaschi che, in cambio <strong>di</strong> un bicchiere dell’amato Grignano,<br />
intratteneva gli astanti intonando con la sua splen<strong>di</strong>da voce qu<strong>al</strong>-<br />
che celebre romanza. Terminata l’esibizione, puntando il bicchiere in<br />
<strong>di</strong>rezione dei clienti, annunciava: «Io sono il grande Bergamaschi, ho<br />
75 anni e i giovani tenori mi fanno un baffo». Ed effettivamente era<br />
proprio così.<br />
Accanto ai loro nomi vanno evocati quelli <strong>di</strong> Mario Del Monaco,<br />
Tito Schipa, Gina Cigna, Ebe Stignani, Renata Teb<strong>al</strong><strong>di</strong>, stelle <strong>di</strong> primissima<br />
grandezza, devote <strong>al</strong>la cucina <strong>di</strong> Lola e <strong>al</strong>l’ospit<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> Bruno.<br />
Oggi il <strong>Donatello</strong> ci appare come un piccolo museo della lirica,<br />
con le foto appese <strong>al</strong>le pareti, le affettuose de<strong>di</strong>che autografe, il vecchio<br />
grammofono che accoglie i clienti <strong>al</strong>l’entrata e l’aria che sembra ancora<br />
vibrare degli acuti <strong>di</strong> Lauri Volpi e Magda Olivero.<br />
ñ 36 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Occorre a questo punto spendere qu<strong>al</strong>che doverosa parola per ricordare<br />
il person<strong>al</strong>e che, insieme a Bruno e Lola, ha contribuito <strong>al</strong>la<br />
grandezza e <strong>al</strong>la fama del <strong>Donatello</strong>.<br />
C’era il leggendario Passerini, cui venne consegnata una medaglia<br />
per celebrare i ciquant’anni <strong>di</strong> servizio. Nella sua «piazza», composta<br />
<strong>al</strong> massimo da quattro tavoli, c’era sempre per lui un bicchiere <strong>di</strong><br />
vino rosso offerto dai clienti. Un po’ curvo con i pie<strong>di</strong> piatti, sembrava<br />
ñ 37 ó<br />
La torta nuzi<strong>al</strong>e per il matrimonio<br />
<strong>di</strong> Katia e Ferruccio.
Al <strong>Donatello</strong> si festeggiano<br />
le nozze <strong>di</strong> uno dei cuochi.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
uscito <strong>di</strong>rettamente d<strong>al</strong>la canzone che Aldo Fabrizi aveva inciso, intitolata,<br />
giustappunto, Il cameriere.<br />
C’era Filippo, sempre sorridente e con la testa c<strong>al</strong>va e lucida come<br />
una p<strong>al</strong>la <strong>di</strong> biliardo e poi Raffanini, straor<strong>di</strong>nariamente simile a Clarence,<br />
l’angelo custode <strong>di</strong> Jimmy Stewart, nel film <strong>di</strong> Frank Capra La<br />
vita è una cosa meravigliosa. Tanto profession<strong>al</strong>e quanto giovi<strong>al</strong>e. La sua<br />
bonomia, unita <strong>al</strong> c<strong>al</strong>ore del vino e del buon cibo, spingeva molti clienti<br />
a scegliere proprio lui per abbandonarsi a confidenze e confessioni che<br />
avrebbero <strong>al</strong>trimenti con<strong>di</strong>viso solo con un intimo amico.<br />
E c’era l’impeccabile Capovilla, che indossava la sua <strong>di</strong>visa come<br />
se fosse un «principe <strong>di</strong> G<strong>al</strong>les» signorile e lievemente austero. Di fronte<br />
a lui i clienti si sentivano un po’ in soggezione e quando era il momento<br />
<strong>di</strong> fare le or<strong>di</strong>nazioni, tutti <strong>di</strong>ventavano estremamente compunti,<br />
pronunciando il nome delle pietanze desiderate ad occhi bassi.<br />
Forse qu<strong>al</strong>cuno si ricorda ancora del leggendario Dante, cameriere<br />
<strong>di</strong> incrollabile fede fascista e dello scimpanzé che si portò <strong>di</strong>etro <strong>al</strong> ri-<br />
ñ 38 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
torno d<strong>al</strong>la campagna d’Africa. Certo è che questo particolare anim<strong>al</strong>e<br />
da compagnia dava a Dante qu<strong>al</strong>che inevitabile grattacapo, soprattutto<br />
quando lo scimpanzè decideva <strong>di</strong> prendersi autonomamente la sua ora<br />
d’aria, andandosi a sistemare tra i rami degli <strong>al</strong>beri che ombreggiavano<br />
le strade <strong>di</strong> San Giovanni in Persiceto, costringendo il suo padrone a<br />
lunghi appostamenti e mille moine per convincerlo a scendere e ritornare<br />
a casa. Il fascistissimo Dante, che sfoggiava una collezione <strong>di</strong> camicie<br />
nere da far invi<strong>di</strong>a a Farinacci, visse tra le mura del <strong>Donatello</strong> una<br />
delle sue giornate più memorabili:<br />
Ferruccio, rivolto<br />
verso le cucine, dà le<br />
sp<strong>al</strong>le <strong>al</strong>l’ingresso. Ad un<br />
certo punto Dante gli si<br />
mette <strong>di</strong> fianco. Ferruccio<br />
lo guarda e vede che gli<br />
occhi del cameriere sono<br />
rossi e a stento sembrano<br />
trattenere le lacrime, ma<br />
soprattutto vede che<br />
Dan te lo ha avvicinato<br />
stringendo la mano <strong>di</strong><br />
un’esile vecchina. L’anziana<br />
signora si rivelò essere<br />
niente meno che<br />
donna Rachele, la signora Mussolini, per capirci. La vedova del duce<br />
era proprio lì, nel cuore della rossa <strong>Bologna</strong>, accompagnata d<strong>al</strong> figlio<br />
Romano e d<strong>al</strong>la <strong>di</strong> lui consorte, la signora Anna Maria Scicolone, sorella<br />
<strong>di</strong> Sofia Loren.<br />
Dante ormai piangeva come un bambino e per tutto il tempo si<br />
occupò del tavolo <strong>di</strong> donna Rachele, avvicinandola con la stessa compunzione<br />
del chierichetto, impegnato ad assistere il parroco durante la<br />
funzione religiosa.<br />
Insieme ai nomi citati è doveroso poi ricordare anche gli <strong>al</strong>tri<br />
gran<strong>di</strong> camerieri del ristorante: Franco Poli, Riccardo, i fratelli Bellagamba,<br />
Melega, fino ad arrivare a Carlo, livornese garbato e spiritoso,<br />
che a <strong>Bologna</strong> e <strong>al</strong> <strong>Donatello</strong> ha trovato la sua seconda casa.<br />
ñ 39 ó<br />
Il person<strong>al</strong>e <strong>di</strong> s<strong>al</strong>a in<br />
smoking d’or<strong>di</strong>nanza.
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Il ristorante era un piccolo regno <strong>di</strong>viso a metà. Sul p<strong>al</strong>coscenico, la<br />
grande s<strong>al</strong>a da pranzo, Bruno <strong>di</strong>rigeva le operazioni, immancabilmente<br />
avvolto d<strong>al</strong> suo elegantissimo tight. Dietro le quinte, circondata da profumi<br />
e vapori, Lola governava la grande cucina a carbone, fatta costruire<br />
appositamente d<strong>al</strong>la <strong>di</strong>tta tedesca della famiglia Krupp, proprietaria<br />
delle fornaci nelle qu<strong>al</strong>i, durante la prima guerra mon<strong>di</strong><strong>al</strong>e, venne forgiato<br />
il lungo mortaio conosciuto come la Grande Berta.<br />
Ai suoi coman<strong>di</strong>, negli anni, si <strong>al</strong>ternarono i migliori cuochi <strong>di</strong><br />
<strong>Bologna</strong>: lo chef Ramazza e accanto a lui Cavrini, il re delle minestre e<br />
poi Marcello il pasticcere del <strong>Donatello</strong> e Francesco, detto Checco,<br />
amato tanto per la sua abilità in cucina che per il suo carattere gioioso,<br />
il mitico Ancarani, il primo ad essere premiato d<strong>al</strong>l’Unione cuochi bolognesi<br />
e infine il giovane e t<strong>al</strong>entuoso Enea.<br />
Tra i gran<strong>di</strong> chef passati per il <strong>Donatello</strong> è giusto ricordare il<br />
grande t<strong>al</strong>ento <strong>di</strong> Ernesto<br />
Menghini, capocuoco a partire<br />
d<strong>al</strong> 1935.<br />
Lola sovrintendeva <strong>al</strong>l’incessante<br />
lavoro che animava<br />
quella fucina <strong>di</strong> t<strong>al</strong>enti<br />
culinari e, accompagnata<br />
d<strong>al</strong> suono del grammofono,<br />
si muoveva leggera come le<br />
fiamme che si sprigionavano<br />
dai gran<strong>di</strong> fornelli. Accanto<br />
<strong>al</strong>le due sfogline, Bianca la<br />
grassa e Bianca la lunga (ma<br />
a dar manforte c’erano anche<br />
Peppina e Margherita),<br />
chinate sui mattarelli anche<br />
ñ 41 ó<br />
Bruno <strong>al</strong> lavoro sul leggendario<br />
carrello dei bolliti<br />
fabbricato d<strong>al</strong> biciclettaio<br />
Testi.
La cucina negli anni<br />
Cinquanta.<br />
Nella pagina a fianco:<br />
I due amici-nemici<br />
Fausto Coppi e Gino Bart<strong>al</strong>i.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
per <strong>di</strong>eci ore <strong>al</strong> giorno, Lola con la rotella in mano sezionava la pasta<br />
stesa sul tavolone e d<strong>al</strong>le sue mani uscivano, come un’inesauribile cornucopia,<br />
centinaia <strong>di</strong> tortellini, tortelloni e lunghe teorie <strong>di</strong> tagliatelle<br />
appena spolverate <strong>di</strong> farina.<br />
Questo per quanto riguarda il person<strong>al</strong>e uffici<strong>al</strong>e. Ai nomi che abbiamo<br />
elencato andrebbero aggiunti anche quelli <strong>di</strong> personaggi che tra<br />
le mura del ristorante esercitavano le loro particolari professioni. Tra<br />
loro ci piace ricordare il giocattolaio Damiani, abituato a girare tra i tavoli<br />
mostrando la merce esposta nella cassetta che portava a tracolla.<br />
C’era poi il caricaturista, del cui nome si è perduto il ricordo, che si presentava<br />
ai potenzi<strong>al</strong>i modelli mostrando i ritratti <strong>di</strong> Xavier Cugat, Abbie<br />
Lane e Tyrone Power. Ma il più pittoresco fra tutti era senza dubbio<br />
un elegante omino dai capelli argentei, con l’aria del pittore appena<br />
sceso da Montmartre. Il suo mestiere era però quello dell’“ostricaro”, il<br />
ñ 42 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> ostriche. Ricevuto il regolare via libera<br />
da Bruno, faceva il suo ingresso in s<strong>al</strong>a, con la testa coperta<br />
da un grande basco <strong>di</strong> velluto e un fiocco nero <strong>al</strong><br />
collo e procedeva <strong>al</strong>la <strong>di</strong>stribuzione dei prelibati frutti<br />
<strong>di</strong> mare, contribuendo a suo modo, a variare la <strong>di</strong>eta<br />
dei clienti del <strong>Donatello</strong>.<br />
L’ostricaro, il ritrattista, il giocattolaio… insieme<br />
a queste figure, ve ne era una che spiccava per c<strong>al</strong>ore<br />
e umanità: era padre Marella, amato dai bolognesi<br />
per la semplicità e la determinazione con cui affrontava<br />
e interpretava il suo sacerdozio. Una vita spesa per<br />
costruire un futuro a centinaia <strong>di</strong> giovani che in lui trovarono<br />
un riferimento fondament<strong>al</strong>e. Il progetto della<br />
Città dei ragazzi si poté compiere grazie <strong>al</strong> suo impegno<br />
e <strong>al</strong>la solidarietà che molti seppero concretamente mostrargli<br />
negli anni: tra questi c’erano anche Bruno e<br />
Lola Fanciullacci, che ebbero con lui un rapporto <strong>di</strong><br />
lunga e solida amicizia, scan<strong>di</strong>to dai pranzi domenic<strong>al</strong>i<br />
e dai banchetti <strong>di</strong> nozze offerti ogni volta che uno dei<br />
ragazzi <strong>di</strong> padre Marella convolava a nozze.<br />
Insieme <strong>al</strong>la musica, un’<strong>al</strong>tra passione <strong>di</strong>vorava<br />
la famiglia Fanciullacci. Lo sport, l’attività fisica, l’agonismo<br />
sono sempre stati presenti nei suoi geni. Abbiamo<br />
raccontato delle imprese <strong>di</strong> Ferruccio, grande e<br />
sfortunato giocatore <strong>di</strong> tamburello, ma anche Bruno<br />
spesso si esibiva su quei campi, colpendo la p<strong>al</strong>la con<br />
il suo maglio <strong>di</strong> legno. Da buon bersagliere, era particolarmente<br />
legato <strong>al</strong>la sua bicicletta, sulla qu<strong>al</strong>e percorreva<br />
per necessità (ricordate la temporanea permanenza<br />
a Pianoro?) e per <strong>di</strong>letto lunghe <strong>di</strong>stanze. Bruno<br />
si rifiutò sempre <strong>di</strong> prendere la patente, sostenendo<br />
che un vero bersagliere dovesse servirsi solo della bicicletta.<br />
Erano le gambe i suoi pistoni ed era il cuore<br />
il motore che li faceva muovere.<br />
Questo profondo legame con il ciclismo è testimoniato<br />
d<strong>al</strong>le molte foto che decorano le pareti del ristorante.<br />
Ritratti che raccontano l’amicizia che Bruno<br />
ñ 43 ó
Erminio Sp<strong>al</strong>la: d<strong>al</strong> ring<br />
passò con <strong>di</strong>sinvoltura <strong>al</strong>le<br />
tavole dei p<strong>al</strong>coscenici e ai<br />
set cinematografici.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
aveva stretto negli anni con i più gran<strong>di</strong> campioni delle due ruote. Il<br />
mitico Alfredo Binda era uno <strong>di</strong> questi. Un giorno, l’eroe che vinse praticamente<br />
tutto quello che si poteva vincere in sella ad una bicicletta,<br />
vide il piccolo Ferruccio ped<strong>al</strong>are per la grande s<strong>al</strong>a sul suo triciclo e <strong>di</strong><br />
suo pugno scrisse una de<strong>di</strong>ca, visibile ancora oggi, che recita: «A Ferruccio<br />
che nel 1969 sarà campione del mondo». Purtroppo la profezia<br />
non si è mai avverata, con buona pace del grande Binda e delle sue imperfette<br />
capacità <strong>di</strong>vinatorie.<br />
Ogni tanto si presentavano anche<br />
Fausto Coppi e Gino Bart<strong>al</strong>i. Arrivavano<br />
insieme, ma per non togliere<br />
nulla <strong>al</strong>la leggenda della loro riv<strong>al</strong>ità,<br />
prendevano posto a tavoli <strong>di</strong>versi.<br />
Poi, terminato il pasto e pagato il conto,<br />
si <strong>al</strong>zavano e <strong>di</strong> nuovo insieme uscivano<br />
d<strong>al</strong> loc<strong>al</strong>e.<br />
Memorabile rimane la giornata<br />
della punzonatura per la tappa del giro<br />
dell’Emilia, che vedeva i princip<strong>al</strong>i campioni<br />
passare per <strong>Bologna</strong>. Davanti <strong>al</strong> ristorante<br />
erano parcheggiate un centinaio<br />
<strong>di</strong> biciclette da corsa. Una visione incre<strong>di</strong>bile<br />
per i tifosi <strong>di</strong> quei tempi, letter<strong>al</strong>mente<br />
rapiti <strong>al</strong>la vista <strong>di</strong> quei mezzi colorati che facevano<br />
risplendere <strong>al</strong> sole del primo mattino<br />
le loro lucenti cromature.<br />
Alla faccia della <strong>di</strong>eta, i corridori, prima<br />
della partenza, avevano pensato bene <strong>di</strong> rifocillarsi<br />
da <strong>Donatello</strong>, facendo onore <strong>al</strong>le tagliatelle<br />
e <strong>al</strong>le lasagne <strong>di</strong> mamma Lola, la qu<strong>al</strong>e provvide<br />
pure <strong>al</strong>la preparazione dello spuntino da<br />
consumare durante la corsa (casomai qu<strong>al</strong>cuno<br />
sentisse ancora i morsi della fame), farcendo decine<br />
e decine <strong>di</strong> panini con s<strong>al</strong>ame, prosciutto, mortadella<br />
e aggiungendo <strong>al</strong> «cestino da viaggio» qu<strong>al</strong>che<br />
frutto per rinfrescare la bocca.<br />
Terminate le operazioni <strong>di</strong> rifornimento, la corsa poteva dunque<br />
ñ 44 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
cominciare, mentre la folla assiepata<br />
davanti <strong>al</strong> ristorante<br />
cercava <strong>di</strong> estorcere ai vari Magni,<br />
Coppi, Bart<strong>al</strong>i, Coblet e Milani<br />
un autografo da conservare<br />
gelosamente.<br />
Invero, la bicicletta ebbe<br />
anche un ruolo nell’attività <strong>di</strong> <strong>ristorazione</strong><br />
del <strong>Donatello</strong>. Bruno<br />
poteva considerarsi sicuramente il<br />
re dei bolliti a <strong>Bologna</strong>. Sapeva tagliare<br />
le carni con gesti precisi ed<br />
eleganti e col coltello in mano e il<br />
frac indosso poteva anche essere<br />
scambiato per un <strong>di</strong>rettore d’orchestra<br />
impegnato a <strong>di</strong>rigere una sinfonia.<br />
I bolliti erano custo<strong>di</strong>ti sui ripiani<br />
<strong>di</strong> uno dei primi carrelli apparsi in It<strong>al</strong>ia.<br />
Se la cucina era uscita d<strong>al</strong>le fonderie<br />
Krupp, il carrello era invece una pregevole<br />
opera d’artigianato commissionata<br />
<strong>al</strong>l’amico Testi, grande costruttore<br />
<strong>di</strong> biciclette. Bruno <strong>di</strong>segnò il modello,<br />
Testi lo re<strong>al</strong>izzò assemblando <strong>al</strong>l’uopo i<br />
tubolari norm<strong>al</strong>mente usati per creare i suoi boli<strong>di</strong> a ped<strong>al</strong>i (ve<strong>di</strong> la<br />
foto <strong>di</strong> pag. 41).<br />
Insieme <strong>al</strong> ciclismo, anche la nobile arte del pugilato aveva ritagliato<br />
uno spazio importante nella storia e negli affetti del ristorante.<br />
La grande bascola che troneggiava sul retro, la bilancia norm<strong>al</strong>mente<br />
usata per pesare gli <strong>al</strong>imenti, ogni tanto veniva prestata <strong>al</strong>le esigenze<br />
dei boxeur. Alla vigilia degli incontri, i pugili vi s<strong>al</strong>ivano sopra<br />
per la tra<strong>di</strong>zion<strong>al</strong>e “pesa”, concedendosi successivamente ai flash dei fotografi,<br />
assumendo la classica posa da gla<strong>di</strong>atori.<br />
Facendo vagare lo sguardo sulle pareti del ristorante, molte <strong>di</strong><br />
quelle foto scattate <strong>al</strong>lora sono ancora visibili e ci piace ricordare quella<br />
<strong>di</strong> Erminio Sp<strong>al</strong>la, campione europeo dei me<strong>di</strong>o massimi, che seppe<br />
inventarsi una brillante carriera <strong>di</strong> attore cinematografico e cantante li-<br />
ñ 45 ó<br />
Duilio Loi.
Il grande Francesco<br />
"Checco" Cavicchi.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
rico. Insieme <strong>al</strong> suo ritratto si possono ammirare le pose <strong>di</strong> Duilio Loi,<br />
Federico Frisio, Dante Canè o Francesco Cavicchi.<br />
Bruno, che aveva imparato a tirare <strong>di</strong> boxe durante la sua fuga<br />
lon<strong>di</strong>nese, amava organizzare piccoli incontri su un ring improvvisato<br />
nel grande s<strong>al</strong>one. Ad incrociare i<br />
guantoni erano le gran<strong>di</strong> firme del giorn<strong>al</strong>ismo<br />
sportivo bolognese del tempo,<br />
invitati a sfogare in quel modo le tra<strong>di</strong>zion<strong>al</strong>i<br />
schermaglie tra colleghi, frequenti<br />
in quel genere <strong>di</strong> professione, e<br />
a questo proposito forse qu<strong>al</strong>cuno ancora<br />
oggi ricorda i match tra Gianni<br />
F<strong>al</strong>chi, grande patron del baseb<strong>al</strong>l bolognese<br />
e il suo collega Gianni Poggi.<br />
Sul ring non erano invitati a s<strong>al</strong>ire solo<br />
i rappresentanti della stampa, ma anche<br />
il person<strong>al</strong>e del <strong>Donatello</strong>. Cuochi<br />
e camerieri potevano <strong>al</strong>lo stesso modo<br />
risolvere i loro attriti presentandosi sul<br />
quadrato <strong>al</strong>lestito nel ristorante, smettendo<br />
momentaneamente camici e <strong>di</strong>vise,<br />
per indossare i braghini da boxeur,<br />
mentre la solita, affezionata clientela,<br />
faceva il tifo a bordo ring.<br />
Il 1955 fu l’anno del trionfo per il<br />
grande Cavicchi. Lo sta<strong>di</strong>o comun<strong>al</strong>e<br />
<strong>di</strong> <strong>Bologna</strong> era stipato in ogni or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
posti per seguire il match v<strong>al</strong>ido per il<br />
titolo <strong>di</strong> campione d’Europa dei pesi<br />
massimi. Sessantamila persone furono<br />
testimoni del trionfo del pugile bolognese ai danni del detentore, Heinz<br />
Neuhaus, un robusto tedesco <strong>di</strong> Dortmund, che invano cercò <strong>di</strong> conservare<br />
la corona. I festeggiamenti si spostarono nelle s<strong>al</strong>e del <strong>Donatello</strong>,<br />
che quel giorno, sull’onda del successo dello scultoreo Cavicchi, registrò<br />
il record d’incassi, in un tripu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tappi <strong>di</strong> spumante che volavano<br />
da una parte <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra del ristorante.<br />
ñ 46 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
D<strong>al</strong>la sua apertura nel 1903 era passato più <strong>di</strong> mezzo secolo. Intorno<br />
<strong>al</strong> ristorante erano cambiate molte cose e tra queste anche le abitu<strong>di</strong>ni<br />
<strong>al</strong>imentari degli it<strong>al</strong>iani. In città cominciavano ad aprire le prime<br />
pizzerie, le tavole c<strong>al</strong>de e anche quei ristoranti che rime<strong>di</strong>avano <strong>al</strong><br />
loro aspetto da mensa aziend<strong>al</strong>e (con tutto il loro corollario <strong>di</strong> vassoi e<br />
piatti riempiti come in una catena <strong>di</strong> montaggio da inservienti riparati<br />
d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra parte del bancone), ricorrendo <strong>al</strong>la <strong>di</strong>zione esotica <strong>di</strong> self service.<br />
La gente cominciava a sposare l’idea del pasto consumato velocemente,<br />
anteponendo la rapi<strong>di</strong>tà <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>ità dei cibi che venivano serviti.<br />
Sul <strong>Donatello</strong> incombeva un’atmosfera crepuscolare. I vecchi e<br />
gloriosi chef si stavano progressivamente ritirando a vita privata e dopo<br />
ñ 47 ó
La famiglia <strong>di</strong> Katia <strong>al</strong><br />
completo a un tavolo del<br />
<strong>Donatello</strong>. Katia è la bambina<br />
in basso <strong>al</strong> centro.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
<strong>di</strong> loro non c’erano <strong>al</strong>lievi in grado <strong>di</strong> sostituirli degnamente. Bruno,<br />
con la s<strong>al</strong>ute già minata, assisteva a questa decadenza senza riuscire ad<br />
intervenire per risollevare le sorti del ristorante. I tempi leggendari sembravano<br />
essere solo un ricordo testimoniato d<strong>al</strong>le centinaia <strong>di</strong> foto appese<br />
<strong>al</strong>le pareti, sulla vela del <strong>Donatello</strong> non soffiava più il vento vigoroso<br />
che gli aveva fatto attraversare cinquant’anni <strong>di</strong> storia. In una m<strong>al</strong>inconica<br />
bonaccia, Bruno si spense nel 1961 e per il ristorante sembrava<br />
che la sentenza <strong>di</strong> morte fosse già stata emessa senza possibilità <strong>di</strong> appello.<br />
Lola cercò in ogni modo <strong>di</strong> portare avanti il loc<strong>al</strong>e, ma il compito<br />
sembrava improbo e a frequentare il ristorante erano rimasti soltanto<br />
pochi clienti e gli studenti che venivano serviti nelle s<strong>al</strong>ette in fondo<br />
<strong>al</strong> loc<strong>al</strong>e. Un giorno si presentò Domenico Modugno e non appena<br />
venne informato della scomparsa <strong>di</strong> Bruno, l’anfitrione che lo aveva accolto<br />
tante volte negli anni Cinquanta, turbato e imm<strong>al</strong>inconito decise<br />
<strong>di</strong> andar via senza consumare il pasto. In questo episo<strong>di</strong>o si poteva<br />
leggere la profonda crisi che il ristorante stava attraversando, mentre i<br />
fasti <strong>di</strong> un tempo sembravano ormai lontani.<br />
E il giovane Ferruccio? Ferruccio era poco più che adolescente e<br />
nel suo orizzonte sembrava non ci dovesse essere spazio per quel ristorante<br />
che aveva gloriosamente resistito a due guerre. Solo un evento<br />
straor<strong>di</strong>nario avrebbe potuto mutare quello che sembrava il corso inevitabile<br />
degli eventi: la chiusura del <strong>Donatello</strong> e la definitiva c<strong>al</strong>ata del<br />
ñ 48 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
sipario su quello speci<strong>al</strong>e p<strong>al</strong>coscenico <strong>al</strong> numero 8 <strong>di</strong> via Augusto Righi.<br />
E qu<strong>al</strong>cosa effettivamente accadde.<br />
Invitato ad una festa in maschera, Ferruccio si presentò vestito da<br />
Amleto e poco dopo, come era capitato <strong>al</strong> babbo Bruno quasi trent’anni<br />
prima, anche il suo sguardo precipitò improvviso nel pozzo fondo <strong>di</strong><br />
un <strong>al</strong>tro paio <strong>di</strong> occhi neri. Quegli occhi appartenevano ad una giovanissima<br />
ragazza <strong>di</strong> origini siciliane e, anche se quella sera non conobbe<br />
il suo nome, aveva capito che in quell’abisso vi si sarebbe dovuto rituffare.<br />
Katia aveva <strong>al</strong>lora 16 anni, Ferruccio 21. Bruno, da qu<strong>al</strong>che parte,<br />
sicuramente stava sorridendo, qu<strong>al</strong>cosa gli <strong>di</strong>ceva che la storia del<br />
<strong>Donatello</strong> non era finita.<br />
Dopo due anni <strong>di</strong> frequentazione, un veloce fidanzamento e le<br />
nozze, Katia decise <strong>di</strong> prendere in mano la situazione. Il suo entusiasmo,<br />
la sua determinazione, la sua incre<strong>di</strong>bile «capa tosta», a<br />
<strong>di</strong>spetto della giovane età, ebbero il sopravvento su m<strong>al</strong>inconie,<br />
paure e indecisioni.<br />
La rinascita del ristorante venne celebrata dopo<br />
<strong>di</strong>eci giorni <strong>di</strong> chiusura necessari a rinnovare il loc<strong>al</strong>e,<br />
trovare un nuovo chef <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tezza dei precedenti, il grande<br />
Serse Guidoboni, e raccogliere forze ed energie per affrontare<br />
la riapertura.<br />
Mentre serviva i clienti, Ferruccio doveva avere<br />
provato qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> simile a ciò che attraversava il cuore<br />
e la testa del nonno <strong>Donatello</strong> quando, nel lontano<br />
1903, accoglieva i nuovi avventori nell’ex teatrino <strong>di</strong> via<br />
Repubblicana.<br />
Nel ristorante cominciarono a farsi rivedere i pugili,<br />
soprattutto dopo le riunioni <strong>di</strong> boxe, arrivando a decine<br />
per trascorrere la nottata insieme a Ferruccio, Katia<br />
e <strong>al</strong>le leggendarie crespelle <strong>di</strong> Serse Guidoboni. Le <strong>di</strong>fficoltà<br />
e le privazioni erano un peso che facilmente si poteva<br />
sopportare, grazie <strong>al</strong>l’ottimismo e <strong>al</strong>la fiducia che<br />
Katia aveva saputo infondere in tutti, impedendo che il<br />
<strong>Donatello</strong> facesse una fine ingloriosa.<br />
Successivamente, grazie <strong>al</strong>l’incontro con Thomas<br />
Arndt, <strong>al</strong>lora aiuto del <strong>di</strong>rettore artistico del Teatro co-<br />
ñ 49 ó<br />
Una caricatura<br />
<strong>di</strong> Bruno Fanciullacci.
La famiglia Fanciullacci<br />
oggi. Da sinistra Davide,<br />
Katia, Riccardo e<br />
Ferruccio.<br />
I bersaglieri suonano la<br />
fanfara davanti <strong>al</strong>le vetrine<br />
del ristorante.<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
mun<strong>al</strong>e, anche i gran<strong>di</strong> nomi della lirica<br />
ripresero a frequentare il s<strong>al</strong>one<br />
del <strong>Donatello</strong>: Luciana Serra, Elizabeth<br />
Norberg-Shultz e poi ancora<br />
Renato Bruson, Daniela Dessì, Anna<br />
Caterina Antonacci e Mirella Freni,<br />
furono solo <strong>al</strong>cune delle stelle che illuminarono<br />
il ristorante con lo<br />
splendore della loro presenza e,<br />
quando erano in vena, della loro<br />
voce.<br />
Anche gli artisti della prosa<br />
cominciarono a sedersi intorno <strong>al</strong>le<br />
tavole sempre elegantemente apparecchiate. Da V<strong>al</strong>eria Moriconi a Raf<br />
V<strong>al</strong>lone, da Mario Scaccia a Paolo Poli, Gianni Agus, Leo Gullotta,<br />
Moni Ova<strong>di</strong>a fino a Elio Pandolfi, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e Ferruccio e Katia sono legati<br />
da un’affettuosa amicizia.<br />
Se per molti anni gli ottoni della banda Puccini hanno annunciato<br />
l’inizio del nuovo anno, esplodendo in un tripu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> trombe, clarini<br />
e basso tuba sotto <strong>al</strong>le finestre della famiglia Fanciullacci, ancora<br />
oggi, il 4 novembre <strong>di</strong> ogni anno, è possibile ascoltare la fanfara dei bersaglieri,<br />
riuniti nella grande s<strong>al</strong>a del ristorante, per celebrare la nascita<br />
ñ 50 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
della Federazione nazion<strong>al</strong>e bersaglieri e rendere il giusto omaggio <strong>al</strong><br />
loro commilitone <strong>di</strong> <strong>al</strong>lora, Bruno Fanciullacci.<br />
Come era stato per Elvira prima e per Lola dopo, la gravidanza fu<br />
per Katia un norm<strong>al</strong>e dettaglio, che mai l’avrebbe costretta a star lontana<br />
d<strong>al</strong> ristorante. Aiutata d<strong>al</strong>lo chef-b<strong>al</strong>ia Serse, la signora Fanciullacci<br />
riuscì ad occuparsi contemporaneamente del piccolo Davide e dei<br />
clienti che aspettavano <strong>di</strong> essere nutriti, mentre d<strong>al</strong>le cucine arrivavano<br />
i gioiosi vagiti del primogenito e Lola, che sarebbe scomparsa nel<br />
1991, continuava a chiudere tortellini china sul suo banchino.<br />
La nave aveva ritrovato il vento giusto, aumentato l’equipaggio<br />
con l’arrivo <strong>di</strong> Riccardo, il secondo figlio e, ristabilita la rotta da percorrere.<br />
Quest’anno il ristorante <strong>Donatello</strong> ha fin<strong>al</strong>mente raggiunto questo<br />
traguardo. E festeggiarlo significa prima <strong>di</strong> tutto togliere un po’ <strong>di</strong><br />
polvere ai ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> una famiglia che, nel succedersi delle sue generazioni,<br />
ha potuto osservare lo scorrere della storia fuori e dentro i muri<br />
del loc<strong>al</strong>e. Una storia a più livelli, da quello squisitamente gastronomico<br />
a quello più intimamente umano, fino a quello più <strong>di</strong>chiaratamente<br />
storico, sempre e comunque intrecciati tra loro, come i fili <strong>di</strong> un tappeto<br />
nei cui decori è possibile scorgere un significato più vasto.<br />
Raccontare la storia della famiglia Fanciullacci, <strong>di</strong> <strong>Donatello</strong>,<br />
Bruno, Ferruccio e delle donne, Elvira, Lola e Katia, non è dunque solo<br />
l’occasione per festeggiare un anniversario importante. Ci auguriamo<br />
che i lettori abbiano potuto fare un piccolo viaggio nel tempo, seguendo<br />
le tracce dei protagonisti <strong>di</strong> questo racconto, fino <strong>al</strong> giorno in cui<br />
<strong>Donatello</strong> si fermò, pieno <strong>di</strong> dubbi e speranze, davanti <strong>al</strong>l’ingresso dell’ex<br />
teatrino <strong>di</strong>urno, <strong>al</strong> civico 8 <strong>di</strong> via Repubblicana, nella lontana <strong>Bologna</strong><br />
del 1903.<br />
ñ 51 ó
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 52 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 53 ó
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Hanno mangiato <strong>al</strong> <strong>Donatello</strong><br />
Daniele Luttazzi<br />
Grace Jones<br />
D<strong>al</strong>ida Di Lazzaro<br />
Leo Gullotta<br />
Barbara D’urso<br />
Lando Buzzanca<br />
Tosca D’aquino<br />
Francesco Paolantoni<br />
Loris Capirossi<br />
Roberto Baggio<br />
Carl Fogarty<br />
Giacomo Bulgarelli<br />
Renato Vill<strong>al</strong>ta<br />
Gianluca Pagliuca<br />
Cesare Cremonini<br />
Chicco Ravaglia<br />
Manuel Ginobili<br />
Irene Gran<strong>di</strong><br />
Cristina D’Avena<br />
Milly D’Abbraccio<br />
Franco Franchi<br />
Ciccio Ingrassia<br />
Memo Remigi<br />
Gino Paoli<br />
Milva<br />
Pino Daniele<br />
Edoardo Bennato<br />
Paolo Rossi<br />
Piero Chiambretti<br />
Michelle Huntzinger<br />
Ottavia Piccolo<br />
Luciana Serra<br />
Renato bruson<br />
ñ 54 ó<br />
Mirella Freni<br />
Vincenzo La Sc<strong>al</strong>a<br />
Tonino Siracusa<br />
Alberto Cupido<br />
Ada Finelli<br />
Ildebrando D’Arcangelo<br />
Marcelo Alvarez<br />
Sonia Gonossi<br />
Mariella Devia<br />
Anna Caterina Antonacci<br />
Eva Mei<br />
Elisabeth Norberg Scultz<br />
Nicola Martinucci<br />
Francesca Patane<br />
Daniela Dessì<br />
Nicolai Ghiavrov<br />
Asndrea Bocelli<br />
Mario del Monaco<br />
Franco Corelli Di Stefano<br />
Giovanni M<strong>al</strong>ipiero<br />
Rita Orlan<strong>di</strong> M<strong>al</strong>aspina<br />
Ferruccio Tagliavini<br />
Cesare Siepi<br />
Federico Fellini<br />
Giulietta Masina<br />
Gianni Moran<strong>di</strong><br />
Umberto Eco<br />
Ivano Marescotti<br />
Rita Levi Mont<strong>al</strong>cini<br />
Alessandro Gasmann<br />
Francesco Molinari Pradelli<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 55 ó
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 56 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 57 ó
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Tanti auguri, <strong>Donatello</strong>!<br />
Ricordo esattamente la data <strong>di</strong> quando andai <strong>al</strong> Ristorante <strong>Donatello</strong>: era il 17 gennaio<br />
del 1999 ed <strong>al</strong>la sera io avevo la prima della Vedova Allegra <strong>al</strong> Comun<strong>al</strong>e <strong>di</strong><br />
<strong>Bologna</strong>.<br />
Il giorno prima nella portineria del teatro mi fu consegnato un biglietto da visita del<br />
Signor Ferruccio Fanciullacci, che mi invitava a pranzo! Incuriosito da tanta cortesia<br />
ci andai. E fu un incontro rivelatore, sia per l’amabilità del Signor Ferruccio e<br />
della sua amata consorte caterina, ma anche per l’ambiente elegante e raffinato che<br />
destò in me la più sentita ammirazione.<br />
Il trionfo del buon gusto e anche della buona cucina!<br />
Mantenetelo sempre così!<br />
Con tutto il mio entusiasmo e l’amicizia <strong>di</strong> sempre<br />
Elio Pandolfi<br />
Carissimi, Vi faccio i miei più sentiti auguri per lo storico anniversario del vostro<br />
Ristorante <strong>Donatello</strong>.<br />
Mio padre Mario, mia madre Fedora ed infine tutta la mia famiglia, ci siamo sempre<br />
sentiti a casa nostra, nei vostri accoglienti s<strong>al</strong>oni.<br />
Vi auguriamo <strong>di</strong> cuore un secondo Centenario, continando la vostra grande tra<strong>di</strong>zione<br />
familiare<br />
Cor<strong>di</strong><strong>al</strong>mente<br />
Giancarlo del Monaco<br />
All’amico Ferruccio, dopo tanti anni <strong>di</strong> carriera, oggi ricordo ancora i bei momenti<br />
vissuti con amici e colleghi.<br />
Momenti <strong>di</strong> grande giovi<strong>al</strong>ità, spensieratezza, risate… e buon cibo. Il mondo operistico<br />
è cambiato, ma la tua affettuosa ospit<strong>al</strong>ità non è mutata.<br />
Un carissimo “in bocca <strong>al</strong> lupo”,<br />
Giorgio Merighi<br />
ñ 58 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
A Katia e Ferruccio. Maestri nell’ospit<strong>al</strong>ità e Artisti nella cucina.<br />
Con stima<br />
Giorgio Zagnoni<br />
Agli amici carissimi Katia e Ferruccio, che festeggiano ancora giovani i cento anni<br />
del loro splen<strong>di</strong>do ristorante <strong>Donatello</strong>, per anni ed anni meta e sostegno <strong>di</strong> <strong>al</strong>cuni<br />
tra gli artisti più significativi del nostro teatro drammatico e lirico.<br />
Auguro a loro e <strong>al</strong> celebre ristorante ancora lunghi anni <strong>di</strong> vita, con la ripresa dei<br />
ritu<strong>al</strong>i concerti che saziano anche i bisogni dell’anima della eletta clientela.<br />
Augurissimi e mille e mille <strong>di</strong> questi giorni<br />
Con amicizia<br />
Leonardo Bragaglia<br />
Carissmo <strong>Donatello</strong>, quando Katia e Ferruccio mi hanno chiesto <strong>di</strong> scrivere qu<strong>al</strong>che<br />
riga per il Tuo “Centenario”, mi sono resa conto che ci conosciamo già da venticinque<br />
anni!<br />
Sei stato molto importante nella mia carriera, già d<strong>al</strong>la mia prima volta <strong>al</strong> “Comun<strong>al</strong>e”<br />
con Sonnambula nel 1979 e poi nel 1981 con “Lakmè” dove ho conosciuto<br />
person<strong>al</strong>mente Katia e Ferruccio.<br />
Ricordo la mia famiglia riunita nella tua bella “S<strong>al</strong>a” e tutti i momenti sereni e tristi,<br />
pieni <strong>di</strong> emozione e stanchezza per il duro lavoro delle prove, tutti i timori e infine<br />
la gioia del successo delle PRIME.<br />
Tutto questo sempre con l’aiuto delle parole <strong>di</strong> conforto, <strong>di</strong> incoraggiamento e i c<strong>al</strong><strong>di</strong><br />
sorrisi, le attenzioni affettuose e tutte le “coccole” <strong>di</strong> due cari Amici.<br />
Cosa <strong>di</strong>re <strong>di</strong> più?<br />
Tanti complimenti per la grande profession<strong>al</strong>ità, la grande qu<strong>al</strong>ità e la simpatia,<br />
che <strong>di</strong> questi tempi è sempre più <strong>di</strong>fficile trovare. Da Te tutto questo è sempre <strong>di</strong><br />
più… e sempre maggiore<br />
È <strong>di</strong>fficile esprimere tante emozioni in poche righe, ma dopo 100 anni sei ormai un<br />
“MITO” e io sono felice e fiera <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>re che in questo “MITO” sono presente<br />
da un quarto <strong>di</strong> secolo.<br />
Tanti auguri a Te e <strong>al</strong>la Tua cara Famiglia: Ferruccio, Katia, Davide e Riccardo,<br />
che ho visto crescere.<br />
Con affetto e “in bocca <strong>al</strong> lupo” per i prossimi 100 anni!!!<br />
Luciana Serra<br />
ñ 59 ó
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Tra i tanti ristoranti frequentati nella mia lunga vita <strong>di</strong> teatrante<br />
in giro per il mondo, il Ristorante <strong>Donatello</strong> <strong>di</strong> via<br />
Righi a <strong>Bologna</strong>, è come il ricordo <strong>di</strong> una vecchia casa <strong>di</strong><br />
famiglia.<br />
Spesso ci torno col pensiero e rivivo le ore liete <strong>di</strong> tanti<br />
“dopo teatro” con colleghi ed amici.<br />
Ed a illuminare il ricordo, gli occhi <strong>di</strong> Katia e il sorriso <strong>di</strong><br />
Ferruccio!<br />
Mario Scaccia<br />
L’amicizia che mi lega <strong>al</strong>la famiglia Fanciullacci ha ra<strong>di</strong>ci lontane<br />
Mio padre Aldo, del “Brunetti”, e Bruno, del “<strong>Donatello</strong>”, erano colleghi che si<br />
stimavano, amavano il profumo della vera cucina bolognese ed avevano la passione<br />
per la musica.<br />
Si <strong>di</strong>ce che l’arte si ad<strong>di</strong>ca <strong>al</strong>la buona cucina: infatti in questi due ristoranti sono<br />
passati i più prestigiosi nomi music<strong>al</strong>i, teatr<strong>al</strong>i e letterari. Le fotografie confermano<br />
questa grande presenza.<br />
Ai cento anni del Ristorante <strong>Donatello</strong>, la mia amicizia <strong>di</strong> sempre<br />
Paola Molinari<br />
A Ferruccio e Katia, il mio grazie per il vostro sorriso, per la vostra storia, per la<br />
vostra cucina <strong>di</strong> qu<strong>al</strong>ità e tra<strong>di</strong>zione! Ancora grazie e… Auguri!<br />
Leo Gullotta e Fabio Grassi<br />
Un <strong>Donatello</strong> che ci ha donato tanti piatti succulenti, manicaretti<br />
squisiti, buona compagnia e l’affetto <strong>di</strong> Katia e<br />
Ferruccio.<br />
Mirella Freni e Nicolai Ghiaurov<br />
ñ 60 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
Un ritrovo? Un rifugio? Un circolo? Un asilo? Un riparo? Un club? Tutto questo e<br />
molto <strong>di</strong> più. Se volete conoscere questo luogo magico: immaginate.<br />
Immaginate un c<strong>al</strong>do ambiente tardo-liberty dai soffitti <strong>al</strong>tissimi che ruota intorno a<br />
una colonna <strong>di</strong> ghisa d<strong>al</strong> capitello dorato. Immaginate pareti che sviluppino centinaia<br />
e centinaia <strong>di</strong> ritratti con de<strong>di</strong>che rigorosamente person<strong>al</strong>izzate a evocare leggendarie<br />
soirées con artisti dello spettacolo lirico e drammatico che, come nei S<strong>al</strong>on parigini,<br />
si sono stratificate fino <strong>al</strong> soffitto nel corso <strong>di</strong> quattro generazioni. Immaginate la rassicurante<br />
atmosfera <strong>di</strong> una cucina <strong>al</strong>la cui tra<strong>di</strong>zione si possa ricorrere giorno dopo<br />
giorno, per anni e anni. Immaginate l’energia ar<strong>al</strong><strong>di</strong>ca <strong>di</strong> una D - daemon e <strong>di</strong>o - che<br />
sta per <strong>Donatello</strong>, impressa su maniglie, tende, tovagliati e menù. E a tutto questo<br />
aggiungete la fantasia e l’‘animo’ <strong>di</strong> un padrone <strong>di</strong> casa come Ferruccio che è prima<br />
<strong>di</strong> tutto un amico, e <strong>di</strong> tutta la sua gens.<br />
Sulla facciata storica, la mano sacrilega che ha sequestrato la fiammante aragosta<br />
déco (aspettiamo solo <strong>di</strong> conoscere l’entità del riscatto), ha <strong>al</strong>meno risparmiato l’estremo<br />
guizzo tardo<strong>–</strong>futurista della fruttiera colma <strong>di</strong> pomi…<br />
Grazie a Ferruccio, Katia, Davide e Riccardo.<br />
Paola P<strong>al</strong>lottino<br />
Cari amici Katia e Ferruccio, i miei ricor<strong>di</strong> del Ristorante <strong>Donatello</strong><br />
datano dagli anni ’60, quando ho cominciato a girare l’It<strong>al</strong>ia con la<br />
mia professione <strong>di</strong> teatrante.<br />
Mi sentivo protetto dai ritratti dei gran<strong>di</strong> cantanti e degli artisti del<br />
passato, che decoravano le pareti.<br />
Il loc<strong>al</strong>e è ampio, arioso, bene illuminato così da permettere <strong>di</strong> vedere<br />
bene quello che si mangia.<br />
I “primi” sono sempre stati magnifici e memorabili. Ma quello che più<br />
conta è il garbo dei gestori che facevano e fanno buon viso anche <strong>al</strong>le<br />
persone umili come i miei tecnici teatr<strong>al</strong>i, nella pausa da lavoro.<br />
Lode comunque <strong>al</strong> <strong>Donatello</strong> e grazie a voi della c<strong>al</strong>orosa accoglienza.<br />
Abbracci<br />
Paolo Poli<br />
ñ 61 ó
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
In occasione dei cento anni del Ristorante <strong>Donatello</strong>, mi piace ricordare la mia prima<br />
visita (molti anni fa). Entrai quasi timoroso nell’austero ed elegante s<strong>al</strong>one e<br />
subito pensai <strong>al</strong> conto fin<strong>al</strong>e. Il motivo? Ero <strong>al</strong>l’inizio della carriera e con limitate<br />
possibilità economiche, ma ormai era fatta. Con mia grande sorpresa mi resi subito<br />
conto <strong>di</strong> trovarmi in un ambiente caratterizzato d<strong>al</strong>la squisita gentilezza dei gestori<br />
che hanno fatto <strong>di</strong> tutto, pur vedendomi la prima volta, per mettermi a mio agio e<br />
darmi così modo <strong>di</strong> apprezzare pienamente e gustare <strong>al</strong> meglio la classica cucina bolognese.<br />
Quel pranzo <strong>al</strong> <strong>Donatello</strong> fu il primo <strong>di</strong> una lunga serie fino ad oggi ininterrotta,<br />
sempre caratterizzata da cor<strong>di</strong><strong>al</strong>ità, gentilezza e amicizia, nonché d<strong>al</strong>la sempre ottima<br />
cucina.<br />
Grazie <strong>di</strong> cuore Katia e Ferruccio anche per l’affetto serbatomi e... buon Centenario<br />
d<strong>al</strong> vostro<br />
Renato Bruson<br />
Questo scritto è una testimoninza concentrata a tre voci, tre voci “music<strong>al</strong>i” che<br />
concordano (e si accordano) sulle affinità che legano la storia, la vicenda umana<br />
del <strong>Donatello</strong>, <strong>di</strong> Katia e Ferruccio con la musica.<br />
La partitura music<strong>al</strong>e è una tavolozza <strong>di</strong> suoni e colori. L’arte culinaria così raffinata<br />
<strong>di</strong> questa “bottega d’arte” lo è in egu<strong>al</strong> misura, con l’ineguagliabile aggiunta<br />
dei sapori<br />
Con amicizia e ammirazione<br />
Giulietta, Vittorio ed Elisabeth Norbrg-Schulz<br />
ñ 62 ó<br />
B ENVENUTI AL D ONATELLO<br />
ñ 63 ó
Bruno Fanciullacci in una caricatura