OPERAI SCAGLIA Foto di gruppo davanti allo stabilimento, anni Trenta MAESTRANZE SCAGLIA Foto di gruppo, piazzale dello stabilimento, 1939 164 165
verso S. Antonio, non senza una sosta indispensabile al<strong>la</strong> chiesa di Malentrata per un boccone e una preghiera. Se durante i mesi estivi il tragitto, seppur lungo, poteva anche essere piacevole, durante l’inverno, e specialmente con <strong>la</strong> neve, diventava un percorso a ostacoli e una lotta contro il tempo. In quei giorni, nel <strong>locale</strong> che ospitava <strong>la</strong> caldaia, gli operai che giungevano da lontano si cambiavano “galose, zocoi e calsì”, inzuppati d’acqua o di neve. Anche gli operai che scendevano da Berbenno o da altre contrade alte del<strong>la</strong> valle incontravano le stesse difficoltà ed erano costretti a orari molto simili, tanto che le sirene che svegliavano i Brembillesi li raggiungevano dopo quasi un’ora di cammino. Le fatiche del viaggio d’andata e le ore <strong>la</strong>vorate in <strong>Scaglia</strong> erano sì faticose, ma passavano in secondo piano rispetto ad alcune necessità delle famiglie, perché si raccontava che spesso sul<strong>la</strong> strada del ritorno si vedevano operaie e operai con un sacco di segatura o trucioli sulle spalle incamminarsi verso casa. Alcuni operai delle contrade più lontane, invece di affrontare ogni giorno un tragitto così impegnativo, affittavano alcuni locali e stanze in piazza Vecchia, mentre molte ragazze, che non tornavano a casa, venivano ospitate dalle suore presso l’asilo parrocchiale, dove, a proprie spese, Giuditta <strong>Scaglia</strong>, aveva attrezzato un alloggio con un minimo ma confortevole arredo. Qui, in cambio dell’ospitalità, nel dopo<strong>la</strong>voro le ragazze si dilettavano in attività di cucito e di ricamo e partecipavano alle varie attività sociali del<strong>la</strong> parrocchia. I Brembillesi abitanti in centro o lungo <strong>la</strong> carrozzabile erano sicuramente più fortunati, perché il tragitto verso il <strong>la</strong>voro era meno impegnativo e più comodo; infatti per i dipendenti che ne facevano richiesta <strong>la</strong> ditta concludeva contratti con aziende produttrici di biciclette per <strong>la</strong> fornitura ai dipendenti. Con una picco<strong>la</strong> trattenuta sullo stipendio, si poteva acquistare prima una Velox, poi una Benotto e infine una Legnano, per <strong>la</strong> gioia dei dipendenti, contenti di un marchio rinomato e pertanto di alta qualità. Dopo <strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> seconda guerra mondiale, il forte sviluppo produttivo degli anni Cinquanta originò assunzioni più frequenti senza che mutassero le tradizionali modalità. Gli stessi tito<strong>la</strong>ri del<strong>la</strong> ditta decidevano le necessità di manodopera e al<strong>la</strong> signorina Annetta Gamba spettava il compito di individuare il nuovo personale scegliendolo a Brembil<strong>la</strong>. Gli elenchi delle assunzioni degli anni Cinquanta e Sessanta mostrano che quasi ogni famiglia brembillese aveva in <strong>Scaglia</strong> almeno un membro. Per <strong>la</strong> dirigenza, era essenziale mantenere continuità nei posti chiave di coordinamento e di gestione dei reparti, al punto d’individuare con <strong>la</strong>rgo anticipo chi avrebbe sostituito coloro che avrebbero <strong>la</strong>sciato il posto a breve. All’interno dei reparti, Camillo e Fiorindo <strong>Scaglia</strong> sceglievano il nuovo caporeparto affiancandolo per tempo al precedente, affinché imparasse i segreti e le modalità del nuovo <strong>la</strong>voro. 4.1.2 La <strong>Scaglia</strong> e i suoi operai: un rapporto vitale Non è semplice descrivere il genere di rapporti instauratisi lungo i decenni tra gli operai e <strong>la</strong> ditta, perché prevalevano <strong>la</strong>rgamente re<strong>la</strong>zioni personali fondate sul paternalismo dei “padroni” nei confronti delle maestranze. Un aiuto può venire dal<strong>la</strong> considerazione che i Brembillesi avevano del<strong>la</strong> <strong>Scaglia</strong>. Rappresentando fino agli inizi degli anni Sessanta <strong>la</strong> principale realtà industriale <strong>locale</strong>, accanto al piccolo artigianato, per quanti vi erano assunti, <strong>la</strong> <strong>Scaglia</strong> significò sempre un forte miglioramento. Si passava dal<strong>la</strong> vita contadina a un <strong>la</strong>voro retribuito e di maggior importanza nel<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> sociale. Nelle interviste agli operai più anziani entrati in azienda negli anni Trenta, come pure a quelli assunti negli anni Quaranta, emerge <strong>la</strong> sottolineatura del<strong>la</strong> fortuna capitata a chi era riuscito a far parte di un mondo che qualificava e garantiva un reddito superiore al<strong>la</strong> media del<strong>la</strong> zona. Per le famiglie del paese, avere un congiunto che <strong>la</strong>vorava in <strong>Scaglia</strong> assicurava un’entrata in denaro che integrava le precarie entrate agricole. La consapevolezza dell’importanza di un <strong>la</strong>voro in <strong>Scaglia</strong> creava un legame tale tra operai e azienda, che spesso andava ben oltre il semplice rapporto di dipendenza. Esempio di questa re<strong>la</strong>zione furono i “prestiti aziendali” concessi agli operai in occasioni di partico<strong>la</strong>re bisogno; per esempio, l’acquisto o <strong>la</strong> ristrutturazione del<strong>la</strong> casa, senza necessità di garanzie, ma con un rimborso senza interessi con piccole trattenute sullo stipendio. Si trattava di una sorta di scambio con reciproche conve- 166 167
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