fornaci a corte franca tra storia e memoria - Associazione La Schiribilla
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Durante l’inverno<br />
Per i proprietari<br />
■ «Facendo essiccare tutto al sole, d’inverno non<br />
si faceva più niente! In realtà dopo c’era sempre<br />
l’escavazione dell’argilla, poi c’era ancora un po’<br />
di roba da vendere e da offrire in giro, neh!?<br />
Quindi l’impegno sarà stato ridotto, ma per i proprietari<br />
era per tutto l’anno!» (Orazio Anessi).<br />
Per gli altri<br />
Al termine della stagione lavorativa la maggior<br />
parte degli addetti veniva licenziata per essere<br />
poi riassunta all’inizio della stagione successiva;<br />
ad alcune persone, una decina circa, in genere<br />
quelle con maggior anzianità di lavoro, era riservata<br />
l’attività invernale. Tale lavoro consisteva<br />
soprattutto nell’es<strong>tra</strong>rre l’argilla, <strong>tra</strong>sportarla, depositarla<br />
in cumuli.<br />
■ «D’inverno andavamo a scavare la terra col sapù<br />
(piccone) e la pala. Andavo con gli sgalber... però<br />
ci sono stato poco a cavare la terra! L’ho fatto<br />
lì da “Rico” perché io con lui ero come fossi suo<br />
figlio. Una volta quelli che andavano a cavare la<br />
terra erano quelli anziani, che lavoravano nei forni<br />
e che lavoravano alle macchine. Quelli sulle aie<br />
poco, ma cosa succedeva: questa settimana lavorava<br />
tre o quattro giorni uno, l’al<strong>tra</strong> settimana lavorava<br />
quattro giorni l’al<strong>tra</strong> squadra poi quell’al-<br />
<strong>tra</strong>... passava un mese per poter fare quattro giorni,<br />
eh!» (Giovanni Parzani).<br />
Per gli altri si apriva un periodo nel quale cercare<br />
altri mezzi per integrare ciò che rimaneva del<br />
magro guadagno effettuato nel periodo lavorativo<br />
in fornace. <strong>La</strong> maggior parte degli uomini<br />
perseguiva questo scopo salendo sul monte a<br />
raccogliere legna o foglie cadute fa’ la fòiå, qualcuno<br />
raccogliendo pelli da rivendere, qualche<br />
donna andando in filanda.<br />
Il monte<br />
Tranne una parte, i Quadrècc, di proprietà del Comune,<br />
il resto del Monte Alto apparteneva alle<br />
famiglie più abbienti del paese, Barboglio, Ragnoli,<br />
Monti, <strong>La</strong>na, Pizzini, Zoppola; ai proprietari<br />
delle <strong>fornaci</strong>, Anessi e Biasca; al Cacciamatta<br />
di Tavernola Bergamasca, ai benefici parrocchiali<br />
di Colombaro e Torbiato; a vari piccoli proprietari.<br />
Il monte era una fonte di risorse a cui si<br />
attingeva, ufficialmente o di nascosto, in continuazione<br />
e la pressione su di esso diveniva maggiore<br />
nei momenti di difficoltà economica.<br />
Alla fine del 1929, l’anno della grande crisi, alla<br />
Milizia Forestale di Brescia «...pervengono numerose<br />
e pressanti domande di taglio di legne cedue<br />
di boschi non soggetti a vincolo forestale...»<br />
(Doc. A.C.C.F.) e là dove questo veniva concesso<br />
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