16.06.2013 Views

Acquario

Acquario

Acquario

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Di conchiglia in conchiglia,<br />

generazione<br />

dopo<br />

generazione,<br />

la collezione si era<br />

notevolmente ampliata.<br />

Ora un’intera ala<br />

della nave madre era adibita<br />

a museo di storia naturale.<br />

<strong>Acquario</strong><br />

Libertà Edizioni<br />

FANTAPERIODICO FIGURATO<br />

NUMERO 2 - GIUGNO 2011<br />

L’ALTRA CASA<br />

URANUS DIGEST<br />

SANIA OLMS<br />

FLORA DI PEGASO<br />

IL SEGRETO DI LERCHI<br />

LIEBIG<br />

UND ROGERBRUN<br />

EXPERTISE<br />

YLENIA<br />

GIACOMO<br />

LE NUVOLE


Rientrato alla base dopo tanto<br />

tempo non conosceva nessuno,<br />

si isolava.<br />

Leggeva l’Uranus Digest, il<br />

New Moon Chronicle.<br />

Ogni tanto tornava a rivedere la<br />

vecchia scuola di volo, ora sede<br />

del più grande fast food del<br />

pianeta. Si compiaceva di ricordare<br />

il nome dei suoi compagni<br />

di corso, persi di vista negli<br />

anni, molti scomparsi in missione.<br />

Ma il suo qual era? Ne<br />

aveva avuti tanti in codice che<br />

si confondeva. Si sentiva come<br />

un cane che avesse cambiato<br />

troppe volte padrone.<br />

Sul Corriere di Piccola Terra<br />

seguiva le imprese del mostro<br />

Lerchi. Si appassionava alle indagini<br />

della squadra speciale<br />

URANUS DIGEST


omicidi interni diretta dalla dottoressa<br />

Cock. Raccoglieva gli<br />

articoli relativi in un album per<br />

fotografie omaggio della Fanta<br />

Cola per il Natale del '77.<br />

Cominciò a frequentare un<br />

certo Jinx, meccanico robotico<br />

alla catena dei bombo taxi Marshall.<br />

La sera andava da lui a rivedere<br />

qualche vecchio film:<br />

X-Men, Avatar, Kill Bill. Le lattine<br />

vuote di birra sintetica<br />

Everbringer rotolavano sulla<br />

moquette sdrucita.<br />

Si commosse alla notizia della<br />

morte del fisico Konrad Liebig.<br />

Aveva lavorato per lui alle simulazioni<br />

di volo atemporale<br />

all’epoca del colpo di stato della<br />

mafia cinese. In quel periodo<br />

aveva anche amoreggiato con<br />

sua figlia Mary o Adelaide o<br />

Evelyn, non ricordava. Ritagliò<br />

la foto dello scienziato dalla<br />

prima pagina dell’Uranus Digest.


INCIPit sania olms<br />

Mi chiamo Sania Olms e sono guardacaccia<br />

nella tenuta imperiale di Bromurov.<br />

I bracconieri di serpi volanti<br />

temono la mia pistola ad aghi al titanio.


EXit sania olms<br />

Chi introdusse nel mio carniere un serpe<br />

mentre gustavo un piatto di lenticchie<br />

sapeva che mi avrebbe condannato<br />

a questa fine orribile: volteggio,<br />

reso invisibile, sopra la mia casa.


FLORA DI PEGASO


I<br />

REBUS (8, 5)<br />

IS


La polizia lo cercava ovunque.<br />

I giornali non parlavano d’altro.<br />

Lerchi lo avevano chiamato.<br />

Lui che nemmeno lo sapeva di<br />

avere un nome. Sistemava i suoi<br />

gioielli, le sue teste. Sette ne<br />

aveva. Inginocchiato davanti a<br />

loro piangeva, a volte ne stringeva<br />

una al petto. La fogna non<br />

lo feriva, era la sua casa. Vi<br />

sguazzava anzi dentro come in<br />

una piscina. Nei suoi geni di<br />

primate doveva esserci qualcosa<br />

di un pesce. La sua pelle<br />

era bianca, bianca e liscia. Sempre<br />

muto, sempre solo.<br />

Fino a che la natura non lo<br />

chiamava ad accoppiarsi. Era<br />

un istinto ancestrale, non violento<br />

e non irrispettoso, ma in<br />

modo animalesco cambiava il<br />

LERCHI<br />

IL SEGRETO DI LERCHI


suo comportamento. Chissà da<br />

quale parte dell’Universo proveniva,<br />

su Piccola Terra non<br />

c’erano suoi simili, gli umani<br />

tuttavia lo attraevano, le femmine<br />

degli umani in particolare.<br />

Ma non faceva niente per attrarle<br />

a sé. Non consapevolmente.<br />

Seguendo l’istinto<br />

semplicemente si toglieva di<br />

dosso la sua solitudine per mischiarsi<br />

agli umani, ripulito, rivestito,<br />

persino profumato. Si<br />

vestiva in modo da occultare il<br />

suo corpo e scoprire solo il suo<br />

bellissimo viso di semidio. Andava<br />

per bar, per discoteche.<br />

Muto, appartato, si sedeva e<br />

stava lì. La sua natura sprigionava<br />

amore, polline di amore,<br />

musica profonda. Loro, le<br />

donne, la coglievano nell’aria, a<br />

volte si sedevano accanto a lui,<br />

incuriosite, lo guardavano, lo<br />

scrutavano, e, anche loro inconsapevoli,<br />

finivano nella sua<br />

rete. Come prede drogate lo accoglievano<br />

nel proprio letto, gli<br />

aprivano le cosce, lo accoglievano<br />

in sé. Per poi morire, distrutte<br />

dalle dimensioni del<br />

membro di Lerchi.


Dopo l’amore si trovava abbracciato<br />

a un corpo morto, dilaniato<br />

lui e la sua musica.<br />

Niente poteva allora se non le<br />

lacrime e la disperazione. Non<br />

poteva separarsi dalla sua<br />

amata, ma nemmeno poteva rimanere<br />

nell’alcova di un animale<br />

morto. Le toglieva la testa<br />

allora, e, stravolto dal dolore, si<br />

precipitava a piangerla nelle<br />

fogne di Piccola Terra. Il suo<br />

tempio, la sua casa.<br />

Ecco un rumore metallico distrae<br />

Lerchi dal suo pianto.<br />

Non scopriranno mai il suo nascondiglio<br />

ma come esserne<br />

certi? Una camera cui può accedere<br />

soltanto un subacqueo,<br />

o un anfibio. Lerchi si apposta<br />

alla botola brandendo una<br />

spranga di ferro, pronto a spaccare<br />

il cranio al primo intruso<br />

che avesse fatto capolino.


“Vilipendio!” esclamò il capitano<br />

Rogerbrun “La vostra<br />

paccottiglia rifilatela ai venusiani!<br />

Corpo di mille balene<br />

spiaggiate!” E scaricò la potenza<br />

della protesi in titanio<br />

della mano destra sulla superficie<br />

in plexiglass del tavolo della<br />

sala riunioni della Vertigo, che<br />

cominciò a vibrare come il<br />

tamburo di un rito vudù. “Si<br />

calmi, sir Rogerbrun,” cercò di<br />

blandirlo il professor Liebig “la<br />

merce che ci offrono è la migliore<br />

fino a Vega, possiamo ottimizzarla<br />

col plutonio…” “Un<br />

cacchio!” sbraitò il capitano<br />

“Non cerchi d’abbindolarmi,<br />

Liebig; lo sa meglio di me che<br />

fuori dall’orbita di Urano quei<br />

materiali sarebbero inservibili.”<br />

E lo fulminò con uno sguardo<br />

carico di rabbia. Konrad Liebig<br />

si tolse gli occhiali, alitò sulle<br />

LIEBIG UND ROGERBRUN


lenti, le nettò col fazzoletto e riprese:<br />

“Come crede, herr Rogerbrun,<br />

mi è passata la voglia<br />

di litigare. Lei sa bene che non<br />

ho il minimo interesse economico<br />

in questo affare. Ma i miei<br />

calcoli mi suggeriscono di<br />

poter tentare con buone probabilità<br />

di riuscita… Veda lei…”<br />

e uscì chiudendo con meticolosa<br />

lentezza il portello di acciaio<br />

della stanza che fece solo<br />

clic.


INCIPit sania olms<br />

Mi chiamo Sania Olms e sono il ganzo<br />

della contessa Magdala di Brass.<br />

Ho molto tempo libero, cazzeggio<br />

coi giardinieri e con la servitù.


EXit sania olms<br />

In fin dei conti non era tanto male<br />

la vita nel castello laggiù a Brass.<br />

Purtroppo fu geloso il conte Magdala.<br />

Mi spinse ad imbarcarmi sul Pernod.


LE FIGURINE<br />

DI ACQUARIO<br />

fkvjq50gòalkZ<br />

JIN MASQUE<br />

fkvjq50gòalkr<br />

MAGGIE PIE


LE FIGURINE<br />

DI ACQUARIO<br />

2077894RVT1<br />

ULT<br />

òàgblzùglzùgòk<br />

ZIN


LE FIGURINE<br />

DI ACQUARIO<br />

kkljbxnàopfjà<br />

LEPER<br />

pglhmnùè<br />

VILIO


LE FIGURINE<br />

DI ACQUARIO<br />

207380576Z2<br />

SANIA OLMS<br />

207380576Z1<br />

KONRAD LIEBIG


LE FIGURINE<br />

DI ACQUARIO<br />

àòjkl6òà7eQ<br />

PAHAB<br />

àòjkl6òà7e5<br />

LEDIA


LE FIGURINE<br />

DI ACQUARIO<br />

30G789450C<br />

RUFUS PILSEN<br />

20G789450B<br />

LOCCHI


INCIPit sania olms<br />

Mi chiamo Sania Olms e sono uno scrittore.<br />

Scrivo di notte. Di giorno lavo i ponti del Pernod.<br />

Il capitano Pahab rilegge ciò che scrivo.<br />

Certe volte scuote il suo testone glabro.<br />

Altre sorride fumando la pipa.


EXit sania olms<br />

Stavolta ho fatto centro: il mio journal intime<br />

vende sei volte più dell’Astral Week.<br />

Ormai sono armatore di una flotta, la Olms & C.<br />

Pahab presiede il consiglio di amministrazione.<br />

Ho quasi pronto il seguito:<br />

INALIENABILE ALIENO.


non la precisa pazienza, il riluttante codice dell’attesa<br />

ma il segnale trasmesso per gioco dal callido radioamatore<br />

trova subito risposta, riapre la partita


senza un originale scambio di vedute<br />

non saprei dire di che colore ha gli occhi<br />

ma piange se la tocchi


Sono congegni minimi<br />

ma vanno messi a punto:<br />

macchine inutili,<br />

prototipi del caso.<br />

Il tempo che rimane<br />

lo impieghi a tormentare<br />

i peli della barba,<br />

le aste degli occhiali.


“Sicuramente è un falso,” constatò<br />

Rufus Pilsen osservando<br />

con gli occhialini a infrarossi la<br />

superficie della tela “di ottima<br />

mano, ma un falso: l’hanno fregata<br />

Pahab, mi dispiace” concluse<br />

restituendogli il quadretto<br />

che raffigurava una sorta di latteo<br />

cetaceo affiorante tra le<br />

onde di un mare in burrasca. E<br />

lui se lo guardava incredulo, rigirandoselo<br />

tra le mani grassottelle,<br />

mentre le volute di fumo<br />

della sua pipa salivano ad annidarsi<br />

nel cono della lampada<br />

che illuminava la cabina.<br />

EXPERTISE


Al bar della stazione Marius<br />

raggiunge Ylenia.<br />

“Eccomi, che volevi da me?”<br />

“Volevo dirti una cosa importante,<br />

ho deciso di suicidarmi.<br />

La decisione è definitiva, ci tenevo<br />

a dirtelo e a salutarti.”<br />

“Un pensiero gentile.”<br />

“Che ne pensi?”<br />

“Sono affari tuoi, sinceramente<br />

non me ne frega un cazzo.”<br />

“Ah, bene. Pensavo che dopo<br />

tutti gli anni passati insieme la<br />

cosa ti dolesse almeno un po’.”<br />

“Quando mi hai mollato per<br />

quel demente di ballerino ho<br />

desiderato talmente tanto la tua<br />

morte che adesso provo quasi<br />

piacere alla notizia che ti levi<br />

dalle scatole. L’unico rammarico,<br />

ad essere sinceri, è non<br />

poterti far fuori io stesso.”<br />

Ylenia


“Ti farebbe piacere?”<br />

“Onestamente devo dire che<br />

mi farebbe un enorme piacere.”<br />

Ylenia rimase in silenzio, pensosa.<br />

“Marius, hai presente la legge<br />

sull’omicidio consenziente?”<br />

Riprese.<br />

“Certo.”<br />

“Posso firmarti un Atto legale<br />

in cui ti autorizzo a farmi fuori<br />

nel modo che preferisci. Ti<br />

va?”<br />

“Sei veramente gentile, certo<br />

che mi va.”<br />

“Ho vinto la scommessa con<br />

mia sorella, ero certa che ti<br />

avrebbe fatto piacere. Ho già<br />

l’Atto con me, firmato e vidimato<br />

dal tribunale. Eccolo.<br />

Puoi ammazzarmi quando vuoi<br />

nel modo che preferisci.” Tirò<br />

fuori un foglio dalla borsa e lo<br />

porse a Marius, che in silenzio<br />

lo lesse attentamente.<br />

“Cazzo, pare tutto a posto. Sei<br />

davvero una donna determinata.”<br />

“Sono in gamba, di’ la verità.”<br />

“Di certo sei fottuta.”<br />

Marius si alzò dal tavolino e co-


minciò a esibire ai presenti<br />

l’atto del tribunale. Lo esibì al<br />

gestore del bar e a una guardia<br />

giurata che si trovava sul posto.<br />

Si fece dare un coltellaccio affilato<br />

dal barista e tornò da Ylenia.<br />

“Che vuoi farmi?”<br />

“L’ho visto in televisione” disse<br />

Marius.<br />

Prese Ylenia per i capelli e la<br />

obbligò a inginocchiarsi. Intorno<br />

all’evento si radunò subito<br />

un folto pubblico,<br />

rassicurato dalla guardia giurata.<br />

Era un omicidio consenziente,<br />

una cosa perfettamente<br />

legale.<br />

Tenendole i capelli con la mano<br />

sinistra, con la destra cominciò<br />

a sgozzarla e a decapitarla. La<br />

cosa durò pochi minuti. Alla<br />

fine, imbrattato di sangue, Marius<br />

diede un calcio alla testa di<br />

Ylenia rotolata per terra.<br />

“Puttana gol!” urlò “Puttana<br />

gol!” Esclamarono tutti i presenti.<br />

Un coro da stadio.<br />

“Puttana gol!” Gridavano i<br />

bambini.<br />

“Puttana gol!” Gridò felice un<br />

handicappato in carrozzella.


Era una tiepida notte d’inverno,<br />

- come: tiepida? D’inverno ci sono<br />

notti fredde...<br />

- sta’ buono:<br />

Era una tiepida notte d’inverno.<br />

Dai caloriferi emanava un generoso<br />

tepore condominiale.<br />

L’ora inoltrata bandiva ogni genere<br />

di rumore. L’aria era avvolta<br />

in un immemorabile<br />

silenzio, lancinato di tanto in<br />

tanto dal roco passaggio di<br />

qualche motoretta. Nella casa,<br />

la moquette coltivava il buio<br />

più buio come un borghese<br />

muschio nero...<br />

- tzé, il poeta...<br />

- ssscc, zitto:<br />

Insomma: il buio più nero e il<br />

silenzio più muto sigillavano la<br />

tranquilla notte domestica di<br />

provincia.<br />

Tutte le cose immobili nella<br />

GIACOMO


notte già fonda.<br />

Crac. Gneec.<br />

Quasi tutte. C’è un essere, in<br />

questo mondo a questa inconcepibile<br />

ora della notte, che si<br />

muove. È il mite Giacomo.<br />

Come una vaga macchia chiara<br />

nel buio della stanza da letto,<br />

scivolato a piedi nudi sulla moquette,<br />

ha scostato leggermente<br />

la finestra e tirato la tenda. Stanotte<br />

qualcosa d’indefinibile lo<br />

agita. Ha caldo. La macchia<br />

riaffonda subito in un mare di<br />

coltri pesanti. Silenzio. L’impeccabile<br />

Bassetti è tornato a covare<br />

sotto le sue piume<br />

protettive l’immobilità dei<br />

corpi.<br />

Gneec. Crac.<br />

Uno dei due corpi, destatosi<br />

dalla sua imponderabile quiete,<br />

trascinandosi si gira faticosamente<br />

su un fianco. L’altro,<br />

smosso dal destarsi del primo,<br />

gli si gira specularmente. Socchiude<br />

le palpebre nel buio.<br />

Aaahhh! Cristo santo! Sbarrati<br />

nel nero di quel buio ci sono<br />

due occhi da incubo. Un demone.<br />

Clic. La luce, nervosamente


amata dalla mano della<br />

donna, si accende. Oh, Vergine<br />

santa: ma sono gli occhi del<br />

mite Giacomo quelli spalancati<br />

nella notte. E spalancata gli è<br />

anche la bocca, come stupita.<br />

Gli è nel bel mezzo d’una crisi<br />

d’asma. E lì, la testa ritta fuori<br />

dalle coperte, traccheggia a pescare<br />

attonito un po’ d’aria.<br />

Giacomo, lo sai che la finestra<br />

aperta fa umidità, e l’umido ti<br />

fa male. Sì, Adriana, hai ragione,<br />

la chiudo.<br />

Gneec. Crac.<br />

Clic.<br />

I due corpi presto tornano alla<br />

loro imponderabile immobilità.<br />

Nel buio. Il Bassetti, come una<br />

nera mammona, li cova. Nel silenzio.<br />

Ogni tanto passa una<br />

motoretta. Una macchina. I<br />

fari, giocando tra i fori delle<br />

tapparelle, si spostano sul soffitto.<br />

Salgono sul culmine. Si<br />

spostano. Scendono sulla parete.<br />

Su un quadro imbrunito<br />

dall’oscurità. Sulla spalliera del<br />

letto. Su... due lenti: sono quelle<br />

degli occhiali di Giacomo, che<br />

li ha inforcati, come tutte le<br />

volte che ci vuole vedere


chiaro. Perché la finestra è<br />

chiusa da un po’, ma quest’ansia,<br />

questa greve fiataccina è ancora<br />

lì che l’opprime. Ed ha<br />

caldo. E non può stare fermo.<br />

E tutta quell’immobilità, diciamolo,<br />

gli sta dando ai nervi.<br />

Gneec. Crac.<br />

Crac. Gneec.<br />

Clic. Ah, no: no davvero. Giacomo<br />

ci vuole vedere chiaro.<br />

Una crisi d’asma non è per<br />

nulla: i fumenti d’acqua solforosa<br />

fatti per mesi l’avevano<br />

placata. Le tisane di camomilla<br />

e gelsomino avevano avuto<br />

buon gioco. L’espettorato era<br />

scorso giallino da giorni. I<br />

bronchi erano puliti come<br />

quelli d’un bimbo. Eppure<br />

quell’ansimo, quel refolo.<br />

Clic.<br />

E di nuovo questo buio, questo<br />

silenzio, questo imponderabile<br />

immobilismo dei pesi. E lui,<br />

solo, il solo in questa veglia febbricitante,<br />

con uno strano turbamento<br />

nelle viscere. E la<br />

distante vicinanza di Adriana,<br />

che dorme ormai già in una<br />

terra mille miglia lontana, fatta<br />

di sogni e di bambagia. Eppure


a fianco.<br />

Adriana, Adriana, le vorrebbe<br />

dire, e non osa svegliarla.<br />

Adriana, Adriana, le direbbe,<br />

cara, se solo osasse destare dal<br />

sonno quella piccola creatura:<br />

Adriana, Adriana... Ma... che ha<br />

fatto: oh, sciocco, quel nome<br />

ha per davvero mormorato,<br />

troppo forte. Ed Adriana si<br />

muove, si trascina su un fianco.<br />

No, cara, piccola cara, deve<br />

dormire, domani arriva presto.<br />

E, per sincerarsi che dorma<br />

davvero, oh, il tenero Giacomo!,<br />

le chiede ingenuamente:<br />

dormi, vero?<br />

E, in quel silenzio, un no leggermente<br />

tremulo, come turbato,<br />

non oseremmo dire<br />

nervoso, sfugge alla bocca assonnata<br />

di Adriana. O, grazie,<br />

grazie cielo, Adriana è sveglia,<br />

di per sé, e a lei può tornare a<br />

confidare al buio quel suo piccolo<br />

tormento. E confida. E<br />

Adriana l’ascolta. E confida. E<br />

Adriana l’ascolta. E pensa di essersi<br />

confidato. E Adriana<br />

l’ascolta. E credendo di essersi<br />

confidato, per esserne sicuro, lo<br />

chiede ad Adriana. E Adriana


l’ascolta. Adriana l’ascolta.<br />

L’asc... Ma: Adriana, Adriana,<br />

che fai, dormi?<br />

Ah? Eh? Ehm, no, caro, ti<br />

ascolto: e ho capito. Hai mal di<br />

pancia. Sì, forse, benché ne<br />

debba in seppur minima parte<br />

dubitare, non ti sia grave il saperlo,<br />

forse, sì, cara: questo<br />

sordo limo in fondo al ventre<br />

non è che mal di pancia. Eppure.<br />

Ha caldo. E nel nero di questa<br />

stanza matrimoniale di provincia,<br />

ficcata nel nero di un nero<br />

palazzo di una nera strada cittadina,<br />

i due corpi sono piccoli<br />

piccoli. E il caldo e il silenzio<br />

insopportabilmente pesanti. Ed<br />

in quel buio, piano piano, una<br />

tenera, pudibonda bugia,<br />

prende a farsi grande grande.<br />

Sì, ho mal di pancia.<br />

Gneec. Adriana, vado in bagno<br />

a prendere la dolce Euchessina. Sì,<br />

caro, penso sia bene, per il tuo<br />

mal di pancia.<br />

Oh, teneri sposini, ma: siamo<br />

grandi e vaccinati e sappiamo<br />

come pudicamente, venialmente,<br />

mentono.<br />

E tremando, anèlano.


- ma, che dici, anèlano? anélano,<br />

semmai.<br />

- dico, dico. Sono turbati...<br />

- no-o, non è quello: noi si dice: anélano,<br />

anééélano...<br />

- ma, che... e poi: che c’entra ora la<br />

questione della lingua. È notte fonda,<br />

dio bello. E poi sscc, fate piano: se<br />

volete stare a guardare, stateci e zittini.<br />

Nella notte fonda un’unica<br />

bugia cresce e si divide in due:<br />

ed una scivola per la moquette<br />

dritta nel bagno, insieme a Giacomo,<br />

che se la sveste chiudendosi<br />

la porta alle spalle. L’altra,<br />

rimane al caldo sotto le coperte<br />

in seno alla dolce Adriana che<br />

sa e che teme e che spera.<br />

Frunc, frunc, frunc. Frunc,<br />

frunc, frunc. Nell’armadietto<br />

dei medicinali, Giacomo cerca<br />

un po’ nervosamente. Frunc,<br />

frunc. Giacomo sa. Frunc. Giacomo<br />

osa. Frunc. Eppure, Giacomo<br />

sapeva. Aveva<br />

nascostamente nascosto quel<br />

piccolo pacchetto temerario. E:<br />

frunc. Nervosamente: frunc.<br />

Nel calmo sicuro tepore del<br />

letto Adriana, temendo e sperando,<br />

aspettava. O, tenero


Giacomo, non sapeva: che da lì<br />

era passata la santa furia catechistica<br />

della sua suffragetta. E<br />

che nel cestino si era spento,<br />

abbattutosi su quell’involto discreto<br />

e celato, il sano stimma<br />

del decalogo coniugale.<br />

Oh, non più frunc. Povero Giacomo:<br />

la sua intelligenza si rifiutava<br />

di credere a qualche<br />

seppur vereconda diavoleria<br />

della moglie. E pensare che, per<br />

una volta, la sua riluttante intelligenza<br />

non aveva recalcitrato<br />

nemmeno all’idea di vestire di<br />

quell’increscioso, lubrìco, plastico<br />

calzino il suo, come dire,<br />

pisello: farlo scivolare, un po’<br />

maldestramente come aveva<br />

provato il giorno dell’acquisto,<br />

con quel guantato gommoso<br />

vagito, sul, come dire, membro.<br />

E con quale affannato rossore,<br />

quel giorno addietro, c’era alfine<br />

riuscito, mirando con vergognoso<br />

orgoglio lo sbilenco<br />

segno del suo trionfo sulla tecnica.<br />

Ma Adriana, nera papessa di<br />

questa nera nottata, aveva, nel<br />

cieco tepore del loro letto, la<br />

certezza che, punita quella pic-


cola debolezza di Giacomo, la<br />

ruota del più casto Ogino non<br />

li avrebbe per quella notte traditi.<br />

E semmai, semmai volesse,<br />

li avrebbe, sì, traditi, ma col<br />

santo dono di una irrefutabile<br />

creatura di Dio.<br />

Giacomo, nel bagno, è silente.<br />

È angosciato. Tutto gli ruota<br />

nel basso ventre. E rischia veramente<br />

di venirgli il mal di<br />

pancia. E, l’altro male, è vistosamente<br />

presente. D’un tratto<br />

decide sul da farsi: dalla luce del<br />

bagno ecco che apre e si tuffa<br />

nel buio della stanza, finendo<br />

per dare una ginocchiata sul<br />

bordo del lettone, scivolato per<br />

l’eccessivo slancio. Ora, infilatosi<br />

lesto tra le coltri, sente due<br />

distinte bue, di cui una solo ha<br />

timore a confessare.<br />

Buio. Gneeec. Silenzio. Crac.<br />

Immobilità. Gneec.<br />

Solo Adriana può lenire questa<br />

bua.<br />

E in quel silenzio, in quella<br />

notte che altrimenti che fonda<br />

non potremmo dire, che è sacramente<br />

consegnata al muto<br />

non dire, al sonno senza parole,<br />

il mite Giacomo: eh, no. Il mite


Giacomo vuole rischiare. E si<br />

fa avanti, dentro tutto quel<br />

buio, con una sola arma, a lui<br />

fidata: la retorica. E allora, ecco.<br />

Adriana, dice, ho la bua.<br />

Ma, dio che scemo, ma cosa ha<br />

detto: si morde le labbra, l’impulsivo<br />

Giacomo. Lui che rigira<br />

le frittate meglio di un politico,<br />

che fa ingoiare i sassolini a<br />

qualsivoglia Demostene, che sa<br />

attaccare bottoni meglio di<br />

qualsiasi solerte sartina, guarda<br />

con cosa se ne è uscito: ho la<br />

bua.<br />

Ma ormai, credendo Ogino<br />

forse complice dal cielo e propizio,<br />

una santa volontà arma la<br />

sposina, sinora tutta rintanata<br />

nel suo angolo di letto ad aspettare<br />

il balzo.<br />

Visto lo spegnersi di quel balzo<br />

non nel suo seno, ma nel duro<br />

bordo ligneo del lettone, si erge<br />

lei dal buio fin tra le braccia di<br />

un ammutolito Giacomo, che<br />

soccombe, al buio non rinunciando<br />

tuttavia a parlare la sua<br />

eloquenza d’amore:<br />

Oh caro, parla... No, tesoro,<br />

tutto freme, eppure: la mia intelligenza<br />

si rifiuta... No, ma te


ne prego... Non userò allocuzioni,<br />

sarò circonciso... Sì, caro,<br />

di’, di’... Oh, ma il senso te ne<br />

sarebbe duro... No, dai, di’...<br />

- deh, che climax ritrita, la commedia<br />

all’italiana, la barselletta sporca...<br />

- sccc... La vita imita l’arte, e non<br />

necessariamente la migliore.<br />

Permettimi d’aprirti una parentesi...<br />

Oh, sì, apri... Scusami se<br />

m’intrometto... Oh, te ne<br />

prego, sì... Ma ti uscirebbe sangue<br />

dal naso... Ma che dici,<br />

sciocchino... Non vorrei infilarmi<br />

in un ginepraio... Ma<br />

quale, sciocchino, ho fatto la<br />

ceretta... Vengo al dunque...<br />

Non ancora, ancora, dai...<br />

Gneec. Gneec. Gneec. Crac.<br />

Gneec. Gneec. Gneec. Crac.<br />

Gneec. Gneec. Crac. Gneec.<br />

Gneec. Crac.<br />

Gneec. Crac. Gneec. Crac.<br />

Gneec...<br />

Tum, tumm, tum:<br />

- oooo, ma la volete far finita, deh,<br />

con codesti gneec, si vuole dormire, o<br />

ghiozzi...<br />

- sccc, buoni: che dormire e dormire:<br />

avete origliato sinora guancia a guancia<br />

con la parete: ora fatemi finire il<br />

racconto:


Gneec. Gneec. Crac. Gneec.<br />

Crac. Gneec. Crac.<br />

Gneec. Crac. Gneec. Gneec.<br />

Crac.<br />

Aaahhhh, sì...<br />

Aaahhhh, sì...<br />

Sì...<br />

Sì...<br />

...Sìii?<br />

...Sì?<br />

Aaaaggggh...<br />

Aaaaggggh...<br />

Ma ch’hai fatto, Giacomo?<br />

Mi sorge un dubbio, cara: si finisce<br />

con crac o con gneec?<br />

Gneec, caro, gneec. Finire con<br />

crac lo sai che può essere pericoloso.<br />

E il dubbio, l’assillante dubbio,<br />

gli si impone in tutto quel buio,<br />

per tutto lo stupore rapito della<br />

sua faccia, si somatizza lungo<br />

tutta la circonferenza della sua<br />

bocca spalancata, va a ballargli<br />

follemente sul rapido frenetico<br />

pendolio degli occhi che qui<br />

che là che là che qui cercano disperatamente<br />

di far mente locale.<br />

E quasi, nel cercare la<br />

risposta, quegli occhi che ballano<br />

al buio mimano la sua<br />

danza d’amore di poco fa: alla


quale rivà con sofferenza:<br />

gneec o crac? crac o gneec?<br />

Le lenti gli si appannano. Una<br />

motoretta passa. La bocca gli si<br />

richiude. Un faro, sulla parete,<br />

gioca e fa ghirigori. Uno illumina<br />

un occhio un po’ umido.<br />

La bocca si è chiusa. Il pomo<br />

d’Adamo, a testa bassa, viaggia<br />

sconsolato da cima a fondo a<br />

mandar giù un magone.<br />

Adriana prega. Giacomo ha<br />

mal di pancia. Adriana spera.<br />

Strizza forte gli occhi al buio e<br />

le mani a mandare un augurio.<br />

Giacomo ha davvero mal di<br />

pancia. E ha l’asma. E perde<br />

sangue dal naso. Adriana ha<br />

sperato e pregato. Ora apre gli<br />

occhi piano pianino.<br />

E, davanti a sé, deformato nella<br />

penombra, vede un mostro<br />

contratto a soffocare un singhiozzo.<br />

Crac, geme, craaac,<br />

come un povero corvo colto in<br />

fallo. Craaac, isolato nel suo<br />

piccolo dramma di uomo nel<br />

buio di quella buia stanza di<br />

quel nero palazzo di quell’oscura<br />

strada di quella tetra<br />

notte di quella desolata città.<br />

Adriana, sì, sola la tenera esile


Adriana gli lenirà l’affanno, ne<br />

raccoglierà la fioca richiesta<br />

d’aiuto, di conforto.<br />

Crac. Ha capito, Adriana. Crac:<br />

si alza Adriana. Crac, va in cucina<br />

Adriana. Crac, regge tremula<br />

un bicchier d’acqua la<br />

fragile mano di Adriana.<br />

Adriana la dolce. Nel silenzio di<br />

quella cucina. La mite Adriana.<br />

La piccola Adriana.<br />

Ioboia, grida Adriana, ioboia.


Certe nuvole sembrano per natura<br />

votate all’informale e difficilmente<br />

cedono al figurativo,<br />

anche se una lunga osservazione<br />

può tradire qualche parentela<br />

con le cose o piuttosto<br />

lasciare il campo libero all’immaginazione.<br />

Altre, invece, rimandano<br />

alla terra come<br />

animali domestici, spesso ironicamente,<br />

con la licenza poetica<br />

della caricatura. Le più sofisticate<br />

attingono al repertorio<br />

della mitologia e si fingono<br />

mostri, chimere. Alcune, dedite<br />

alla meditazione, navigano il<br />

cielo da sole, mentre altre si<br />

concentrano in un punto, quasi<br />

per un raduno programmato, e<br />

stanno in conciliabolo tra loro,<br />

importunate appena dalle correnti<br />

che inutilmente si affannano<br />

a spostare altrove quella<br />

mole.<br />

LE NUVOLE


STAMPATO SU PICCOLA TERRA NEL GIUGNO 2011<br />

IN 100 ESEMPLARI

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!