patologie dell'apparato uditivo e del linguaggio - cti Besta
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PATOLOGIE DELL’APPARATO UDITIVO E<br />
DEL LINGUAGGIO: FUNZIONAMENTO DELLE STRUTTURE E<br />
DISABILITÀ’<br />
ELEMENTI DI AUDIOLOGIA PEDIATRICA<br />
Notes on Paediatric Audiology<br />
Edoardo Arslan, Elisabetta Genovese, Rosamaria Santarelli<br />
Servizio di Audiologia e Foniatria – Università di Padova<br />
Dott.ssa Elisabetta Genovese<br />
Università Modena e Reggio Emilia<br />
INTRODUZIONE<br />
In termini generali ipoacusia significa un'alterazione <strong>del</strong>la percezione <strong>del</strong> suono, dovuta ad<br />
una lesione <strong>del</strong> recettore <strong>uditivo</strong> periferico. Le ipoacusie si classificano in:<br />
1. Ipoacusie trasmissive dovute ad una lesione <strong>del</strong>l’orecchio medio e/o esterno<br />
2. Ipoacusie neurosensoriali dovute ad una lesione <strong>del</strong>l’orecchio interno<br />
3. Ipoacusie centrali caratterizzate da una disfunzione <strong>del</strong> processing <strong>uditivo</strong> da<br />
lesione <strong>del</strong>le vie uditive centrali. Queste forme non hanno ancor oggi un inquadramento<br />
clinico e diagnostico definito, in particolare in età pediatrica e si possono far rientrare nel<br />
più ampio contesto dei disturbi <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong>, poiché di norma hanno una soglia uditiva<br />
normale.<br />
In campo pediatrico quindi le ipoacusie che hanno particolare rilevanza clinica sono le<br />
<strong>patologie</strong> <strong>del</strong>l’apparato <strong>uditivo</strong> periferico che provocano un innalzamento <strong>del</strong>la soglia<br />
uditiva tale da compromettere la percezione degli stimoli verbali.<br />
Secondo l'American National Standards Institute (ANSI, 1991) l'handicap <strong>uditivo</strong> viene<br />
classificato essenzialmente in base alle ripercussioni <strong>del</strong>la perdita uditiva,<br />
sull'acquisizione linguistica e sulle possibilità di intervento per ridurne la gravità.<br />
Le ipoacusie in età pediatrica vengono pertanto suddivise in base alla soglia, intesa come<br />
soglia media per le frequenze 500-2000 Hz nell'orecchio migliore, in sei categorie riportate<br />
nella tabella 1:<br />
- 0-15 dB udito nella norma con nessuna compromissione a livello linguistico.<br />
- 16-25 dB ipoacusia lieve, causata da <strong>patologie</strong> <strong>del</strong>l'orecchio medio o perdite<br />
neurosensoriali; possono presentarsi difficoltà nella percezione di alcune consonanti e<br />
può essere richiesto, a seconda dei casi, un intervento protesico-logopedico o<br />
chirurgico per la risoluzione <strong>del</strong>le <strong>patologie</strong> <strong>del</strong>l'orecchio medio.<br />
- 26-40 dB ipoacusia media, causata da <strong>patologie</strong> <strong>del</strong>l'orecchio medio o perdite<br />
neurosensoriali; vengono percepiti correttamente solo alcuni fonemi ad una intensità<br />
elevata ed è presente un ritardo di acquisizione fonemica e di <strong>linguaggio</strong>; in questo<br />
caso un intervento protesico-logopedico o chirurgico per la risoluzione <strong>del</strong>le <strong>patologie</strong><br />
<strong>del</strong>l'orecchio è necessario.<br />
- 41-65 dB ipoacusia moderata, causata da <strong>patologie</strong> croniche <strong>del</strong>l'orecchio medio,<br />
malformative o neurosensoriali; non viene percepita la maggior parte dei suoni<br />
linguistici a livello di conversazione e sono presenti ritardi di <strong>linguaggio</strong> e di<br />
apprendimento; gli interventi riabilitativi sono analoghi ai precedenti con l'aggiunta in<br />
alcuni casi di un supporto educativo nella scuola.<br />
- 66-95 dB ipoacusia severa, causata da <strong>patologie</strong> neurosensoriali o miste; non viene<br />
percepito alcun suono linguistico a livello di conversazione e sono presenti gravi<br />
problemi di acquisizione fonologica, ritardi di <strong>linguaggio</strong> e di apprendimento; gli
interventi riabilitativi sono analoghi ai precedenti con l'obbligo di un supporto educativo<br />
nella scuola.<br />
- + di 96 dB ipoacusia profonda, causata da <strong>patologie</strong> neurosensoriali o miste; non<br />
viene percepito alcun suono linguistico e ambientale, sono presenti gravi problemi di<br />
acquisizione fonologica, ritardi di <strong>linguaggio</strong> e di apprendimento; gli interventi<br />
riabilitativi sono analoghi ai precedenti con l'obbligo di un supporto educativo nella<br />
scuola.<br />
E' bene chiarire come l'epoca d'insorgenza <strong>del</strong>la sordità abbia però diversi effetti sullo<br />
sviluppo comunicativo nel bambino affetto da ipoacusia neurosensoriale. A tale riguardo<br />
in ambito audiologico viene comunemente usata la suddivisione in due categorie:<br />
preverbale e postverbale, anche se all'interno di ciascuna di esse esistono significative<br />
differenze.<br />
Per sordità "preverbale" intendiamo due tipi di ipoacusia:<br />
- ipoacusia insorta prima <strong>del</strong>l'inizio <strong>del</strong> processo di acquisizione <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong> che viene<br />
comunemente fissato intorno all'anno di età, momento in cui il canale <strong>uditivo</strong> diventa<br />
l'organizzatore principale <strong>del</strong>lo sviluppo linguistico;<br />
- ipoacusia insorta tra il primo ed il terzo anno di età, epoca in cui il bambino dovrebbe<br />
aver raggiunto la struttura sintattico-grammaticale minima propria <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong><br />
<strong>del</strong>l'adulto.<br />
L'età <strong>del</strong> soggetto al momento d'insorgenza <strong>del</strong>l'ipoacusia costituisce uno dei fattori<br />
predittivi, unitamente alle abilità cognitive e linguistiche possedute dal bambino, <strong>del</strong><br />
possibile utilizzo <strong>del</strong> canale <strong>uditivo</strong> con le conseguenti ripercussioni sull'organizzazione<br />
centrale. L'insorgenza di una sordità profonda in epoca preverbale in un bambino in cui lo<br />
sviluppo comunicativo è già iniziato può facilitare l'adattamento alle protesi acustiche ed<br />
all'eventuale impianto cocleare, oltre che i successivi apprendimenti linguistici.<br />
Nelle sordità "postverbali" in epoca infantile distinguiamo:<br />
- le ipoacusie insorte nella prima infanzia, dai tre ai sette anni, periodo in cui le abilità<br />
comunicativo-linguistiche anche se acquisite non sono ancora <strong>del</strong> tutto consolidate;<br />
- le ipoacusie insorte nella seconda infanzia, dai sette ai diciotto anni, periodo in cui il<br />
<strong>linguaggio</strong> verbale è già consolidato.<br />
Nel primo caso l'insorgenza di una sordità severa o profonda provoca il più <strong>del</strong>le volte una<br />
rapida regressione <strong>del</strong>le abilità linguistiche, mentre nel secondo caso si assiste a quadri<br />
diversi per lo più legati allo sviluppo psicointellettivo <strong>del</strong> soggetto.<br />
Tra le ipoacusie postverbali vanno ancora ricordate le otiti medie presenti soprattutto nella<br />
prima infanzia, che, se trascurate possono provocare perdite uditive di diversa entità tali<br />
da compromettere la percezione verbale con conseguenti ritardi nello sviluppo linguistico<br />
a vari livelli.<br />
Appare evidente che le ipoacusie più rilevanti per le conseguenze che possono avere<br />
sullo sviluppo <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong> nel bambino, sono le ipoacusie pre-verbali, che insorgono<br />
prima <strong>del</strong>l’anno di vita. La mancata percezione degli stimoli verbali che sono il reattivo su<br />
cui si innesca lo sviluppo <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong> nel bambino a partire soprattutto da 6-8 mesi di<br />
vita, può causare gravi ritardi o alterazioni permanenti nel processo di acquisizione <strong>del</strong><br />
<strong>linguaggio</strong> <strong>del</strong> bambino che saranno fonte di una potenziale disabilità comunicativa.<br />
Quando parliamo di ipoacusie infantili ci riferiamo quindi, in particolare, alle ipoacusie<br />
neurosensoriali bilaterali profonde perché le conseguenze di tale patologia sullo sviluppo<br />
psichico <strong>del</strong> bambino sono talmente gravi da costituire un problema sanitario e sociale di<br />
grande rilevanza. Una perdita uditiva nel bambino è infatti una condizione doppiamente<br />
"silente": perchè isola il bambino dal mondo circostante privandolo <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong>,<br />
principale canale e strumento comunicativo, ed in secondo luogo perchè è una patologia<br />
con una sintomatologia "silente", senza segni evidenti <strong>del</strong>la sua presenza fino<br />
all'instaurarsi di effetti irreversibili.<br />
Il mancato o ritardato sviluppo <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong> ed i gravi effetti ad esso collegati sono<br />
evitabili se viene instaurata una corretta e tempestiva terapia riabilitativa che ricordo ancor
oggi ha il suo cardine nell'immediata applicazione di un'amplificazione protesica. Quindi,<br />
nonostante l'incidenza relativamente scarsa di bambini ipoacusici, 1/1000 nati nei paesi<br />
occidentali, appare evidente la necessità di attuare programmi sanitari di prevenzione<br />
<strong>del</strong>le ipoacusie preverbali, volti non solo alla diminuzione <strong>del</strong>le cause, ma soprattutto alla<br />
identificazione precoce.<br />
Lo sviluppo <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong> in un bambino inizia, infatti, in un periodo critico<br />
importantissimo, dagli 8-12 mesi d'età, quando inizia ad instaurarsi quel feed-back<br />
acustico-fonologico-comunicativo che è alla base <strong>del</strong>le prime acquisizioni verbali e <strong>del</strong><br />
loro successivo arricchimento lessicale e morfo-sintattico. Fondamentale in questo<br />
periodo è la percezione da parte <strong>del</strong> bambino di strutture acustiche <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong> in gradi<br />
di innescare tutto il processo <strong>del</strong>l'apprendimento linguistico.<br />
La diagnosi <strong>del</strong>l'ipoacusia e la correzione protesica dovranno quindi avvenire al massimo<br />
entro l'anno di età e, perchè ciò avvenga, è indispensabile che vi siano a monte <strong>del</strong>le<br />
procedure di screening che consentano la identificazione dei possibili portatori di<br />
ipoacusia. Diversamente il bambino dovrà sviluppare metodiche comunicative basate su<br />
altre modalità di ingresso sensoriale e tali modalità saranno comunque sempre meno<br />
efficienti di quella acustico-verbale e potranno solo vicariare parzialmente il canale <strong>uditivo</strong>.<br />
Lo scopo finale <strong>del</strong>la riabilitatizione di un deficit sensoriale, non si limita alla sola<br />
correzione <strong>del</strong>la perdita sensoriale, vale a dire <strong>del</strong>l'impairment e <strong>del</strong>la disabilità che è<br />
l'effetto che l'impairment ha sulla vita singola <strong>del</strong>l'individuo, ma soprattutto al recupero<br />
<strong>del</strong>l'handicap (Stephens, 1987; WHO, 1980). Per handicap s'intende l'impatto che la<br />
disabilità provoca sulla vita di relazione <strong>del</strong>l'individuo, considerando soprattutto gli aspetti<br />
sociali e vale a dire le limitazioni nei rapporti e nelle relazioni con gli altri membri <strong>del</strong>la<br />
società, sia individualmente sia come collettività. Nel caso di bambini con ipoacusie<br />
preverbali diventa quindi essenziale, per evitare l'instaurarsi di una situazione di grave<br />
handicap, favorire al massimo e con qualsiasi mezzo l'apprendimento di una<br />
comunicazione acustico-verbale. Essenziale quindi è un riconoscimento precoce<br />
<strong>del</strong>l'ipoacusia e l'avvio <strong>del</strong> bambino ad una terapia protesico-riabilitativa efficace.<br />
La correzione <strong>del</strong>la disabilità dovuta ad una sordità preverbale dovrebbe perciò essere<br />
sempre impostata su un programma riabilitativo che consideri prioritari i mezzi e i sistemi<br />
di comunicazione tipici <strong>del</strong>la nostra società, e quindi il canale <strong>uditivo</strong> e la comunicazione<br />
verbale, se si vuole raggiungere la finalità di abolire o almeno di ridurre il futuro handicap<br />
<strong>del</strong> soggetto. Solo quando la correzione <strong>del</strong>la disabilità così attuata risultasse <strong>del</strong> tutto<br />
insoddisfacente, per evitare l'instaurarsi di un handicap maggiore, rappresentato da una<br />
abilità comunicativa insufficiente a cui si potrebbero associare conseguenze negative<br />
nello sviluppo psicointellettivo, si dovrà ricorrere a sistemi di riabilitazione alternativi alla<br />
comunicazione verbale che vanno scelti accuratamente in base alle potenzialità <strong>del</strong><br />
soggetto e non in modo aprioristico.<br />
Vi sono infine oggi dati sempre più significativi che dimostrano che il mancato<br />
funzionamento <strong>del</strong> recettore <strong>uditivo</strong> periferico, in particolare se dovuto ad una lesione<br />
congenita, provoca una condizione di deprivazione sensoriale nel sistema nervoso<br />
centrale. Per deprivazione si intende la mancata organizzazione neurale, <strong>del</strong>l’analizzatore<br />
centrale, ai vari livelli fino alla corteccia, che implica modificazioni nella struttura neurale e<br />
nelle sinapsi che diventano sempre meno reversibili dopo il periodo di plasticità e di<br />
organizzazione <strong>del</strong> SNC nel bambino. In altre parole l'ingresso sensoriale funge da<br />
modulatore e da regolatore <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong>l'analizzatore centrale, che si organizza<br />
attorno alle informazioni acustiche e agli impulsi neurali che provengono dalla periferia.<br />
Per il sistema <strong>uditivo</strong> in particolare se viene a mancare il reattivo sensoriale linguistico non<br />
si svilupperà o si svilupperà in modo inadeguato, anche l’analizzatore linguistico. Vi sono<br />
dimostrazioni sperimentali molto evidenti <strong>del</strong>la deprivazione uditiva: la mancata<br />
organizzazione tonotopica <strong>del</strong>le stazioni intermedie <strong>del</strong>la via uditiva, nuclei, collicolo<br />
inferiore e corpo genicolato mediale, e soprattutto <strong>del</strong>la corteccia uditiva primaria e<br />
secondaria (Harrison, 1993; Salvi, 2000), il mancato sviluppo <strong>del</strong>le strutture sottocorticali<br />
deputate alla fusione <strong>del</strong> messaggio proveniente dalle due orecchie (King e Coll., 2001).<br />
Questi dati danno ovviamente oggi un substrato scientifico a situazioni e concetti che però<br />
erano già ben noti in campo riabilitativo in particolare gli scarsi risultati di una riabilitazione
protesica tardiva. Infatti si ripristina un ingresso sensoriale che a valle non ha più una<br />
struttura neurale efficiente e si spiega così anche la grande variabilità dei risultati e<br />
l'impossibilità di stabilire a priori le strategie uditive che ciascun soggetto metterà in atto.<br />
Infatti sono praticamente infinite le correlazioni che vi possono essere tra grado <strong>del</strong>la<br />
perdita uditiva, tempo ed efficacia <strong>del</strong>la correzione protesica e conseguente influenza che<br />
tutto questo processo può avere sullo sviluppo e l'organizzazione di un analizzatore<br />
centrale così complesso come quello deputato alla percezione e produzione verbale.<br />
Anche alla luce di queste considerazioni appare sempre più determinante la necessità di<br />
strategie di identificazione <strong>del</strong>l'ipoacusia che consentano una diagnosi sempre più<br />
precoce e precisa, in modo da poter sfruttare nel periodo fisiologico di plasticità <strong>del</strong> SNC,<br />
le possibilità di ripristinare la funzione uditiva periferica attraverso l’utilizzo <strong>del</strong>le protesi<br />
acustiche e degli impianti cocleari.<br />
Protesi e impianti ripristinano la soglia uditiva e consentono al bambino di instaurare le<br />
strategie percettive verbali di un sistema <strong>uditivo</strong> normale. I risultati nelle sordità preverbali,<br />
a parità di perdita uditiva, sono tanto più soddisfacenti quanto minore è il tempo intercorso<br />
tra l'insorgenza <strong>del</strong>la perdita uditiva ed il ripristino <strong>del</strong>la funzione uditiva. Nel caso invece<br />
di applicazioni tardive l'analizzatore centrale ha già sviluppato strategie diverse da quelle<br />
fisiologiche e quindi l’ingresso sensoriale viene utilizzato in modo meno efficace.<br />
L'identificazione e la diagnosi precoce nelle sordità preverbali diventano quindi la<br />
condizione irrinunciabile per raggiungere l'obiettivo di ridurre se non addirittura abolire<br />
oggi con i mezzi protesici disponibili, la disabilità uditiva.<br />
INCIDENZA ED EZIOLOGIA<br />
L'incidenza <strong>del</strong>la sordità neurosensoriale bilaterale grave e profonda è stimata ancor oggi<br />
nei paesi occidentali di circa 1 bambino ogni 1000 nuovi nati. Alcuni autori infatti stimano<br />
che la sordità infantile nel mondo possa variare da 0.5/1000 a 1.5/1000 nati (Davis e<br />
Wood, 1992; Parving, 1993; Fortnum e Davis, 1997)<br />
Uno degli studi più importanti al riguardo è quello effettuato da Davis su una coorte di<br />
366.480 bambini di età da 1 a 6 anni, dal 1985 al 1990, nella Contea di Trent, in<br />
Inghilterra con una popolazione di 4.700.000 abitanti. Tale studio per l’ampiezza <strong>del</strong><br />
campione in esame, il periodo di tempo considerato e le modalità di esecuzione, può<br />
essere considerato come il dato statistico ed epidemiologico più significativo per un paese<br />
industrializzato. Invece per i paesi <strong>del</strong> terzo mondo e per i paesi in via di sviluppo non vi<br />
sono infatti ancora oggi stime precise, anche se dai pochi dati disponibili si stimano<br />
incidenze molto superiori da 2 a 20 volte quelle dei paesi occidentali soprattutto per la<br />
maggiore incidenza di processi flogistici (Fortnum e Davis, 1997).<br />
Prima di esaminare più in dettaglio i dati epidemiologici riteniamo utile richiamare i<br />
concetti di incidenza e prevalenza. Il termine incidenza viene riferito al numero di casi<br />
affetti da una determinata patologia, in un periodo di tempo definito ed in una popolazione<br />
specifica (numero di nuovi casi per anno su 100.000 bambini). Il termine prevalenza<br />
indica il numero totale di casi affetti da una patologia nell'ambito di una data popolazione<br />
in un tempo specifico (numero di casi affetta da un determinato tipo di ipoacusia in una<br />
specifica coorte).<br />
Nella tabella 2, ricavata da Davis, sono riportati i dati relativi alla prevalenza <strong>del</strong>le<br />
ipoacusie infantili nella Regione di Trent nei nati tra il 1985 ed il 1990, suddivisi in due<br />
categorie:<br />
- ipoacusie congenite, dove si presume che il danno <strong>uditivo</strong> sia intervenuto in epoca prenatale<br />
o perinatale;<br />
- ipoacusie acquisite: in cui il danno <strong>uditivo</strong> è intervenuto durante la prima infanzia o in<br />
modo progressivo.<br />
Appare evidente l'incidenza <strong>del</strong>le ipoacusie moderate con soglia superiore ai 40dB che<br />
sono circa i due/terzi rispetto alle ipoacusie di entità severa o profonda, e l'elevata
percentuale di ipoacusie infantili di natura congenita, circa l'84%, mentre solo il 16% di<br />
natura acquisita.<br />
Nello stesso studio vengono poi esaminate in dettaglio le diverse cause<br />
eziopatogenetiche (Tab. 3), da cui emerge che le cause congenite sono in gran parte<br />
di tipo genetico circa il 45%, prenatali solo il 4% e perinatali 7%; una piccola<br />
percentuale è imputabile ad anomalie cranio-facciale ed a altre cause associate.<br />
Come appare chiaro le ipoacusie perinatali sono ancora una quota considerevole,<br />
malgrado negli ultimi anni sia sensibilmente migliorata la sorveglianza durante il<br />
parto, ma parallelamente si è assistito al sempre maggiore sviluppo <strong>del</strong>le<br />
tecniche di monitoraggio <strong>del</strong>le terapie neonatali intensive che hanno contribuito a<br />
mantenere in vita gravi prematuri affetti frequentemente da <strong>patologie</strong> associate.<br />
La maggior parte <strong>del</strong>le ipoacusie acquisite invece viene ovviamente riferita a <strong>patologie</strong><br />
postnatali (circa il 42%), tuttavia esiste una percentuale elevata stimata attorno al 23% di<br />
cause genetiche anche in questa categoria.<br />
Tra le diverse cause etiologiche, congenite ed acquisite, appare evidente la<br />
grande incidenza <strong>del</strong>le ipoacusie genetiche. Le sordità da cause genetiche sono<br />
per circa il 70% isolate e per il restante 30% sindromiche, cioè associate ad altri<br />
difetti congeniti. La più frequente modalità di trasmissione <strong>del</strong> difetto è di tipo<br />
men<strong>del</strong>iano (sordità monogenica), in circa il 66% dei casi autosomica recessiva,<br />
nel 32% autosomica dominante e nel 2% X-linked; altre modalità di trasmissione,<br />
più rare, sono cromosomiche (aneuploide, sindromi cromosomiche) e<br />
mitocondriali, cioè dovute a mutazioni <strong>del</strong> genoma mitocondriale, come riferito da<br />
Dalla Piccola e Coll. (1996).<br />
Negli ultimi anni la ricerca genetica ha evdenziato che caratteristiche mutazioni<br />
<strong>del</strong> gene Cx-26 ( Cx26 o GJB2) localizzate sul cromosoma 13q12 (DFNB1 e<br />
DFNA3), sono responsabili di ipoacusie non sindromiche a carattere recessivo o<br />
dominante (Kelsell e Coll., 1997; Denoyelle e Coll., 1998; Estivill e Coll., 1998).<br />
La più frequente mutazione genetica recessiva <strong>del</strong> Cx26 è la <strong>del</strong>ezione di una<br />
singola base (35<strong>del</strong>G).Altri geni appartenenti alla famiglia <strong>del</strong>la Connexina sono<br />
stati recentemente associati ad ipoacusie: quali il gene CX30, 31 e 32 (White e<br />
Coll., 1998).<br />
Appare evidente come i principali fattori eziopatogenetici sono andati via via<br />
modificandosi negli ultimi trent’anni con il progredire dei programmi di prevenzione nel<br />
periodo <strong>del</strong>la gravidanza e nella prima infanzia, come ad esempio:<br />
- l'introduzione <strong>del</strong>la vaccinazione obbligatoria per la rosolia <strong>del</strong>le bambine in età premenarca;<br />
il monitoraggio sierologico <strong>del</strong>l'eventuale contagio in gravidanza di infezioni<br />
<strong>del</strong> complesso TORCH,<br />
- il controllo <strong>del</strong>le incompatibilità Rh o AB0 con la quasi totale scomparsa di quadri di<br />
eritroblastosi fetale e di grave emolisi postnatale,<br />
- l'utilizzo di criteri più efficienti nel monitoraggio e nella terapia <strong>del</strong>l'ittero neonatale,<br />
- l'abolizione <strong>del</strong>la commercializzazione di farmaci ototossici ora limitata ai soli ambienti<br />
ospedalieri,<br />
- la quasi scomparsa di traumi ostetrici dovuta ad una sempre migliore sorveglianza<br />
<strong>del</strong>la gravidanza e <strong>del</strong> parto,<br />
- la sempre maggiore prevenzione <strong>del</strong>le forme ereditarie attraverso l'attivazione di<br />
servizi di diagnostica e counseling genetico.<br />
D’altro canto a partire dal 1960 i progressi in ambito medico, con l’introduzione <strong>del</strong>le unità<br />
di terapia neonatale intensiva (NICU) aumentano l’incidenza di bambini con perdita uditiva<br />
in quanto:<br />
-sopravvivono neonati gravi prematuri, con problemi di asfissia e basso peso alla nascita;<br />
-i neonati che afferiscono alle NICU sono esposti a più fattori di rischio, quali:<br />
somministrazione di farmaci ototossici e meningiti batteriche.<br />
Programmi di prevenzione per individuare precocemente i neonati a rischio di ipoacusia<br />
infantile sulla base dei fattori eziologici sono stati introdotti già da vent’anni dal Joint<br />
Committee on Infant Hearing (JCIH, 1982) con la creazione di un Registro di Rischio per<br />
Ipoacusia Infantile.
I fattori di rischio individuati inizialmente, sono stati successivamente modificati ed<br />
integrati fino all’ultima stesura <strong>del</strong> 2000 in cui alcune possibili cause eziopatogenetiche di<br />
ipoacusia neonatale sono state accorpate in un unico criterio connesso con il ricovero in<br />
NICU per più di 24 ore. L’elevata incidenza infatti <strong>del</strong>le ipoacusie nei bambini ricoverati<br />
nelle <strong>patologie</strong> neonatali (1-3% dei neonati ricoverati) è imputabile spesso a più fattori:<br />
all’effetto lesivo <strong>del</strong>la patologia stessa causa <strong>del</strong> ricovero, all’utilizzo di farmaci ototossici<br />
ed alla frequenza di complicanze durante il ricovero; è quindi corretto identificarlo come<br />
un unico fattore.<br />
Riportiamo l’ultima position statement <strong>del</strong> 2000 con la suddivisione dei fattori di rischio in<br />
due categorie: perinatali e postnali fino ai 2 aa.<br />
Fattori di rischio dalla nascita a 28 giorni<br />
- Tutti i neonati che vengono ammessi alla NICU per più di 24 ore<br />
- Tutti i neonati con segni di sindromi associate ad ipoacusia.<br />
- Tutti i neonati con una storia familiare di ipoacusia neurosensoriale<br />
- Tutti i neonati con anomalie cranio-facciali comprese quelle <strong>del</strong> padiglione auricolare e<br />
<strong>del</strong> canale <strong>uditivo</strong>.<br />
- Tutti i neonati che sono stati esposti in gravidanza ad infezione <strong>del</strong> gruppo TORCH.<br />
Il JCIH raccomanda inoltre i seguenti fattori di rischio per un’età compresa tra i 29 giorni e<br />
i due anni per individuare ipoacusie ad insorgenza più tardiva come le forme<br />
neurosensoriali progressiva e le ipoacusie trasmissive.<br />
Fattori di rischio da 29 giorni a 2 anni<br />
- Storie familiari di ritardi di <strong>linguaggio</strong><br />
- Familiarità per gravi ipoacusie permanenti in adolescenti<br />
- Stigmate o altri segni riferiti a sindromi note per comprendere ipoacusia<br />
neurosensoriale o trasmissiva<br />
- Infezioni postnatali legate a ipoacusia, compreso meningite batterica<br />
- Infezioni in utero come citomegalovirus, herpes, rosolia, sifilide, toxoplasmosi.<br />
- Indicatori neonatali (iperbilirubinemia, ipertensione polmonare persistente)<br />
- Sindromi associate a ipoacusie progressive (Sdr di Usher, neurofibromatosi)<br />
- Disordini neurodegenerativi (sdr hunter, atassia di Friederich, sdr di Charcot-MARIE-<br />
TOOTH)<br />
- Traumi cranici<br />
- Otiti medie persistenti.<br />
Un’ipoacusia infantile può insorgere anche dopo il secondo di vita per cause nongenetiche,<br />
come: meningite, traumi cranici, <strong>patologie</strong> infettive, farmaci ototossici. Anche le<br />
otiti medie ricorrenti, come sottolineato da Parving (1993), devono essere considerate tra<br />
le cause di ipoacusia infantile.<br />
E' quindi di estrema importanza effettuare anche programmi di screening per la detezione<br />
<strong>del</strong>la sordità infantile anche nel periodo prescolare e scolare.<br />
Un altro aspetto epidemiologico rilevante da considerare è l’associazione <strong>del</strong>la ipoacusia<br />
con <strong>patologie</strong> associate.<br />
Dallo stesso studio emerge un altro dato significativo relativo alla associazione <strong>del</strong>la<br />
sordità infantile con <strong>patologie</strong> extrauditive: visive, neuromotorie, cognitive, etc.(Tab. 4). La<br />
percentuale di <strong>patologie</strong> associate aumenta sensibilmente nei neonati che hanno una<br />
storia di permanenza prolungata in NICU.<br />
DIAGNOSI<br />
La diagnosi di una ipoacusia infantile è un processo complesso che deve soddisfare<br />
innanzitutto l’obiettivo di rendere il più efficace possibile il procedimento terapeutico di<br />
correzione <strong>del</strong>la perdita uditiva nel bambino in modo da ridurre o abolire la disabilità
uditiva che ne potrebbe conseguire. Contemporaneamente o successivamente attraverso<br />
altre metodologie diagnostiche, che non hanno gli stessi criteri di priorità <strong>del</strong>la<br />
quantificazione <strong>del</strong> grado di perdita uditiva, verranno poi programmati tutti gli accertamenti<br />
necessari per arrivare alla diagnosi medica <strong>del</strong>la patologia che ha provocato la lesione<br />
uditiva. Infatti a differenza <strong>del</strong>l’adulto i requisiti che il procedimento di diagnosi<br />
<strong>del</strong>l’ipoacusia deve possedere nel bambino sono essenzialmente la precocità, entro il<br />
periodo di plasticità <strong>del</strong> sistema <strong>uditivo</strong> centrale, in modo da correggere la disabilità uditiva<br />
prima <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong>. Solo così si possono evitare gli effetti che l’impairment<br />
<strong>uditivo</strong> può avere nello sviluppo <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong> <strong>del</strong> bambino e in termini più generali sulle<br />
sue future competenze comunicative ed evitare l’instaurarsi di una condizione di<br />
deprivazione uditiva dovuta ad un intervento tardivo.<br />
Un intervento efficace implica quindi che tutto il procedimento diagnostico, dalle<br />
procedure di screening per l’individuazione di un bambino con un sospetto deficit <strong>uditivo</strong><br />
fino alla diagnosi finale con l'acquisizione dei dati clinici necessari all'impostazione <strong>del</strong><br />
programma protesico-riabilitativo, dovrebbero concludersi entro l'anno di età. Il<br />
conseguimento di questo obiettivo pone quindi la necessità di utilizzare procedure<br />
diagnostiche oggettive, poiché nell'arco di età considerato le tecniche comportamentali<br />
non possono essere sufficientemente precise ed affidabili da consentire una corretta e<br />
sicura impostazione dei parametri di prescrizione protesica. Le metodiche di audiometria<br />
obiettiva ed in particolare le indagini con i potenziali uditivi evocati (Auditory Evoked<br />
Responses, ERA) hanno assunto un ruolo determinante e insostituibile nella diagnosi e<br />
quantificazione <strong>del</strong> grado di perdita uditiva. Successivamente le metodiche<br />
comportamentali, attraverso le quali si potrà ottenere una descrizione più dettagliata <strong>del</strong>la<br />
percezione uditiva, sia in termini di soglia audiometrica, sia in termini di disabilità uditiva<br />
con l’utilizzo <strong>del</strong>le protesi, diventeranno il cardine <strong>del</strong>la valutazione audiologica <strong>del</strong><br />
bambino.<br />
LA DIAGNOSI OBIETTIVA DELLE IPOACUSIE INFANTILI: L’UTILIZZO DEI<br />
POTENZIALI EVOCATI UDITIVI<br />
CLASSIFICAZIONE<br />
I potenziali evocati uditivi possono essere prelevati sia mediante tecniche a campo vicino<br />
(near-field) che a campo lontano (far-field), in base alla distanza tra l’elettrodo registrante<br />
e generatore <strong>del</strong> potenziale bioelettrico. Sono registrazioni a campo vicino quelle<br />
<strong>del</strong>l’elettrococleografia prelevate con elettrodo transtimpanico ed a campo lontano le altre<br />
(ABR, MLR, SVR, CNV) registrate con elettrodi di superficie.<br />
Le derivazioni a campo vicino sono invasive, ma presentano un rapporto segnale-rumore<br />
molto favorevole e quindi danno luogo a risposte molto più ampie.<br />
La classificazione più utilizzata dei potenziali evocati uditivi si basa sul tempo di comparsa<br />
<strong>del</strong>le singole componenti ovvero sulla loro latenza rispetto al tempo di presentazione <strong>del</strong>lo<br />
stimolo. Sulla base di questo parametro i potenziali uditivi vengono classificati in (Fig. 1):<br />
-FAST: Elettrococleografia (ECochG). Le varie componenti originano dalle cellule cigliate<br />
interne ed esterne e dalle fibre <strong>del</strong> nervo <strong>uditivo</strong>. La latenza è compresa tra 0 e 5 ms.<br />
-EARLY: Le risposte ABR (Auditory Brainstem Responses) e FFR (Frequency Following<br />
Responses) sono potenziali precoci generati rispettivamente dal tronco encefalico e dal<br />
nervo cocleare. La loro latenza è compresa tra 1,5 e 15 ms.<br />
-MIDDLE: Le risposte a media latenza (MLRs, Middle Latency Responses) sono<br />
generate a livello <strong>del</strong>la corteccia cerebrale. La loro latenza è compresa tra 10 e 100<br />
ms.<br />
-SLOW: Le risposte SVR (Slow Vertex Responses) sono potenziali lenti generati dalla<br />
corteccia uditiva e compaiono tra 100 e 300 ms.<br />
-LATE: Le risposte CNV (Cognitive Negative Variation), P300 (Late Positive component) e<br />
SW (Slow Wave) sono potenziali tardivi generati dalle aree frontali <strong>del</strong>la corteccia con una<br />
latenza compresa tra 300 e 800 ms.
Fra le indagini ERA hanno trovato una applicazione in ambito clinico i potenziali evocati<br />
<strong>del</strong> tronco (Auditory Brainstem Response, ABR) e l’elettrococleografia (ECochG) per<br />
l’elevato grado di precisione con cui determinano la soglia monoaurale, per l’affidabilità<br />
<strong>del</strong>la risposta e, per quanto riguarda l’ABR, per la semplicità di esecuzione <strong>del</strong>l’esame.<br />
I POTENZIALI EVOCATI UDITIVI DEL TRONCO (ABR) NELLA DIAGNOSI DELLE<br />
IPOACUSIE INFANTILI<br />
Registrati per la prima volta nell’uomo nel 1967 i potenziali evocati uditivi <strong>del</strong> tronco si<br />
sono largamente affermati in audiologia come metodica di fondamentale importanza nella<br />
diagnosi <strong>del</strong>le ipoacusie infantili.<br />
Aspetti Metodologici<br />
L’ABR viene registrata per mezzo di 3-4 elettrodi di superficie dei quali l’attivo (+) è posto<br />
al vertice (Cz) mentre il riferimento (-) corrisponde all’orecchio (lobo o mastoide) in<br />
esame. L’elettrodo di massa è posizionato alla fronte. Il segnale opportunamente<br />
amplificato e filtrato viene inviato ad un computer che, previa conversione analogicodigitale,<br />
effettua l’averaging e consente quindi di estrarre le risposte dal rumore<br />
elettroencefalografico. La stimolazione viene ottenuta mediante una cuffia audiometrica<br />
standard applicata al soggetto in esame. Per quanto riguarda il tipo di stimolo, viene<br />
utilizzato il click, costituito da una stimolazione estremamente breve (0.1 msec) con un<br />
fronte di ascesa molto ripido, adatto a ottenere la massima sincronizzazione possibile a<br />
livello <strong>del</strong>le fibre <strong>del</strong> nervo <strong>uditivo</strong>, la cui attività, sommandosi, dà luogo a una risposta di<br />
superficie registrabile. Nella pratica corrente il numero di stimoli impiegati è di circa 2000<br />
mentre la frequenza di ripetizione utilizzata è di 20 stimoli/secondo. L’esame viene<br />
condotto partendo da intensità di stimolazione a livelli di “comoda udibilità”, per evitare il<br />
risveglio <strong>del</strong> piccolo paziente, procedendo con decrementi di 10 dB fino a determinare la<br />
soglia elettrofisiologica.<br />
Nel corso <strong>del</strong>l’esame dovrà essere costantemente verificato lo stato di quiete <strong>del</strong> piccolo<br />
paziente, dal momento che il movimento <strong>del</strong> soggetto in esame, peggiorando il rapporto<br />
segnale/rumore, può pregiudicare la registrazione in corso, soprattutto quando in<br />
prossimità <strong>del</strong>la soglia l’identificazione <strong>del</strong>la risposta diventa critica. Lo stato di sonno<br />
spontaneo può essere facilmente ottenuto dopo il pasto nei bambini a 6-8 mesi. Dopo<br />
quest’età è raccomandabile il ricorso sistematico alla sedazione, limitando a casi<br />
selezionati l’uso <strong>del</strong>la narcosi.<br />
Descrizione <strong>del</strong>la risposta<br />
Nel soggetto normale la presentazione di una stimolazione impulsiva (click) presentata a<br />
intensità sopraliminari evoca una risposta costituita da una successione di picchi a<br />
polarità positiva rispetto al vertice denominati con numeri romani da I a VII (Fig. 2).Tali<br />
deflessioni derivano dall’attivazione sincrona <strong>del</strong>le strutture neurali dalla periferia uditiva al<br />
tronco <strong>del</strong>l’encefalo: le onde I e II sono generate rispettivamente dalle porzioni intra ed<br />
extra-cocleare <strong>del</strong> nervo <strong>uditivo</strong>, l’onda III deriva dall’attivazione di gruppi cellulari<br />
localizzati a livello dei nuclei cocleari, mentre le onde dalla IV alla VII rappresentano<br />
l’attività di generatori multipli lungo la via uditiva troncoencefalica e diencefalica. In<br />
particolare, il complesso IV-V, dominante rispetto alle altre componenti <strong>del</strong>la risposta,<br />
origina a livello <strong>del</strong> lemnisco laterale. Anche per stimolazioni sopraliminari i picchi<br />
predominanti e più costantemente presenti sono rappresentati dalle onde I, III e V. Con la<br />
riduzione <strong>del</strong>l’intensità <strong>del</strong>lo stimolo tutte le componenti mostrano un progressivo aumento<br />
di latenza e una riduzione di ampiezza fino a non essere più identificabili nel tracciato<br />
(Fig. 5). La prima a scomparire è l’onda I, seguita dalla III e quindi dalla V onda, che<br />
appare perciò come la più “resistente” ed identificabile per intensità di stimolazione assai<br />
prossime alla soglia psico-acustica. Per questa sua proprietà essa costituisce il parametro<br />
su cui si basa la diagnosi di soglia.
La diagnosi di soglia<br />
La diagnosi obiettiva di soglia si basa essenzialmente sulla determinazione <strong>del</strong> minimo<br />
livello di intensità efficace per ottenere una risposta (onda V) identificabile e riproducibile.<br />
Dalla soglia elettrofisiologica è possibile stimare quella psico-acustica che si colloca a un<br />
livello che appare di 5-10 dB inferiore. L’interpretazione dei risultati ottenuti con i click<br />
deve tuttavia tenere conto <strong>del</strong> fatto che questo tipo di stimolo determina una attivazione<br />
dominante nel giro basale <strong>del</strong>la coclea. La soglia ABR pertanto risulta essenzialmente<br />
correlata con la soglia audiometrica nell’intervallo di frequenze 2-4 kHz. Il click non<br />
consente quindi di ottenere una valutazione precisa <strong>del</strong>la configurazione audiometrica e,<br />
pertanto, le ipoacusie zonali e quelle limitate alle frequenze medio-gravi potrebbero non<br />
essere rivelate o comunque adeguatamente diagnosticate.<br />
In presenza di una ipoacusia, la sua differenziazione in neurosensoriale o trasmissiva è di<br />
importanza fondamentale per l’impostazione <strong>del</strong> programma terapeutico. Tale distinzione<br />
per mezzo <strong>del</strong>l’ABR si basa sull’analisi dei parametri <strong>del</strong>la risposta alle intensità di<br />
stimolazione sopraliminari e sul comportamento <strong>del</strong>la funzione intensità-latenza <strong>del</strong>l’onda<br />
V.<br />
Una ipoacusia trasmissiva (Fig. 3) determina una attenuazione <strong>del</strong>l’intensità efficace <strong>del</strong>lo<br />
stimolo di un valore pari all’entità <strong>del</strong>l’ipoacusia. Di conseguenza a tutte le intensità<br />
sopraliminari l’ampiezza <strong>del</strong>le risposte sarà ridotta mentre la latenza di tutte le componenti<br />
identificabili risulterà uniformemente aumentata. A ciò corrisponde uno spostamento verso<br />
destra <strong>del</strong>la funzione intensità-latenza <strong>del</strong>l’onda V che decorre parallela rispetto a quella<br />
<strong>del</strong> soggetto normale.<br />
In presenza di una ipoacusia neurosensoriale da cocleopatia il comportamento <strong>del</strong>l’ABR è<br />
essenzialmente determinato dalla configurazione tonale <strong>del</strong>l’ipoacusia. Nelle ipoacusie<br />
pantonali o con curva audiometrica “in salita” (Fig. 4) la risposta alle intensità sopraliminari<br />
è caratterizzata da valori di latenza prossimi a quelli <strong>del</strong> soggetto normale. Riducendo<br />
l’intensità, questo comportamento può persistere o si può osservare un brusco aumento<br />
dei valori di latenza in prossimità <strong>del</strong>la soglia. In pratica, la funzione intensità-latenza<br />
appare sovrapponibile a quella ottenuta nel soggetto normale, rispetto alla quale essa<br />
appare semplicemente “amputata”, a causa <strong>del</strong>l’innalzamento di soglia. Nelle ipoacusie<br />
con curva audiometrica “in discesa”, in cui si verifica un trasferimento <strong>del</strong> pattern di<br />
eccitazione verso aree più apicali <strong>del</strong>la coclea, la latenza <strong>del</strong>la risposta potrà risultare<br />
aumentata rispetto al normale con conseguente spostamento verso destra <strong>del</strong>la funzione<br />
intensità-latenza rispetto al soggetto normale. In queste condizione la diagnosi<br />
differenziale tra ipoacusia trasmissiva e neurosensoriale non può basarsi unicamente sui<br />
risultati forniti dall’esame ABR, ma dovrà essere integrato con i dati <strong>del</strong>l’otoscopia e<br />
<strong>del</strong>l’esame impedenzometrico.<br />
Nelle ipoacusie di tipo misto l’ABR risente degli effetti combinati <strong>del</strong>le due distinte<br />
componenti <strong>del</strong>l’ipoacusia. In queste condizioni accade spesso che, con la<br />
sovrapposizione dei diversi deficit, il livello di soglia è tale da pregiudicare una efficace<br />
analisi dei parametri quantitativi o anche la possibilità di identificare la risposta. In questi<br />
casi, soprattutto quando si protrae la presenza <strong>del</strong>la componente trasmissiva nonostante i<br />
provvedimenti terapeutici attuati, il ricorso alla registrazione <strong>del</strong>la elettrococleografia<br />
diventa inevitabile.<br />
L’ELETTROCOCLEOGRAFIA (ECochG) NELLA DIAGNOSI DELLE<br />
IPOACUSIE INFANTILI<br />
L’elettrococleografia è stata introdotta nella pratica clinica alla fine degli anni ’60 ad opera<br />
<strong>del</strong> gruppo di Bordeaux (Portmann e collaboratori) che ha svolto un ruolo di primo piano in<br />
questo senso. L’esame veniva utilizzato nell’ambito <strong>del</strong>la diagnosi audiologica infantile per<br />
la valutazione obiettiva di soglia.<br />
La tecnica di registrazione<br />
Il piccolo paziente viene posto su di un lettino in una cabina schermata acusticamente e<br />
elettricamente attrezzata per l’espletamento <strong>del</strong>l’anestesia generale. Dopo l’induzione
<strong>del</strong>l’anestesia si procede al posizionamento <strong>del</strong>l’elettrodo attivo, costituito da un sottile<br />
ago di acciaio, isolato su tutta la sua superficie eccetto che in corrispondenza <strong>del</strong>la punta<br />
e preventivamente sterilizzato. Tale elettrodo viene collocato a livello <strong>del</strong> promontorio (Fig.<br />
5) sotto controllo microscopico. La stimolazione viene effettuata in campo libero con clicks<br />
<strong>del</strong>la durata di 0.1 ms, in condensazione o in rarefazione, presentati separatamente ad<br />
intensità decrescenti in step di 10 dB a partire da una intensità massima di massima di<br />
120 dB p.e. SPL (corrispondente a 90 dB nHL rispetto alla soglia psicoacustica dei<br />
soggetti normali).<br />
Gli elettrodi di riferimento e di massa vengono applicati rispettivamente in corrispondenza<br />
<strong>del</strong>la fronte e <strong>del</strong>la mastoide. Il segnale viene amplificato, filtrato e inviato ad un computer<br />
che, previa conversione analogico-digitale, effettua l’averaging, l’estrazione <strong>del</strong>le risposte<br />
dai tracciati elettrococleografici e il salvataggio <strong>del</strong>le tracce.<br />
I potenziali elettrococleografici<br />
L'elettrococleogramma è la registrazione dei potenziali elettrici evocati a livello <strong>del</strong>la<br />
coclea e <strong>del</strong>le fibre <strong>del</strong> nervo <strong>uditivo</strong> in seguito a una stimolazione impulsiva. Ogni<br />
risposta risulta dalla sovrapposizione di due categorie di potenziali: i potenziali di<br />
recettore, microfonico cocleare (CM) e potenziale di sommazione (PS), e il potenziale di<br />
azione <strong>del</strong> nervo (PA) (Fig. 6).<br />
Il potenziale microfonico cocleare è generato nelle cellule <strong>del</strong> Corti ed è correlato allo<br />
spostamento, istante per istante, <strong>del</strong>la membrana basilare. Il potenziale microfonico<br />
evocato da un click è rappresentato da una breve serie di oscillazioni ad alta frequenza,<br />
legate alla fase <strong>del</strong>lo stimolo, che riproduce strettamente la vibrazione <strong>del</strong>la membrana<br />
basilare. Si ritiene che esso sia generato fondamentalmente dalle cellule ciliate esterne<br />
<strong>del</strong> giro basale <strong>del</strong>la coclea.<br />
Il potenziale di sommazione e' un potenziale continuo, generalmente a polarità negativa,<br />
di durata corrispondente alla vibrazione <strong>del</strong>la partizione cocleare. Viene generato<br />
essenzialmente dall’attività <strong>del</strong>le cellule ciliate interne.<br />
Le informazioni utili dal punto di vista clinico sono in massima parte quelle che vengono<br />
fornite dallo studio <strong>del</strong> potenziale d'azione. Esso rappresenta l'espressione <strong>del</strong>la scarica<br />
sincrona <strong>del</strong>le fibre <strong>del</strong> nervo <strong>uditivo</strong> in risposta allo stimolo acustico. Sulla sua presenza o<br />
assenza in funzione <strong>del</strong>l'intensità si basa il rilievo <strong>del</strong>la soglia elettrococleografica. Tenuto<br />
conto <strong>del</strong>la sovrapposizione <strong>del</strong>le varie componenti <strong>del</strong>la risposta, l’individuazione <strong>del</strong><br />
potenziale di azione può non essere agevole, essendo perlopiù ostacolata dalla presenza<br />
<strong>del</strong> potenziale microfonico. L'uso di clicks di polarità' opposta permette la estrazione e la<br />
visualizzazione <strong>del</strong> solo potenziale di azione <strong>del</strong> nervo (Fig. 6). Infatti, la semplice somma<br />
<strong>del</strong>le risposte evocate separatamente da click con polarità negativa e positiva ad uguale<br />
intensità porta alla eliminazione <strong>del</strong> microfonico cocleare che, come si è detto, e' un<br />
potenziale che riproduce strettamente lo spostamento <strong>del</strong>la membrana basilare, che<br />
mostra evidentemente una fase opposta in risposta a stimoli di opposta polarità.<br />
La risposta normale<br />
Nella figura 7 è riportato un esempio di risposta elettrococleografica normale. Ad elevati<br />
livelli di stimolazione prevale nel PA una componente negativa (N1), seguita da un'onda<br />
negativa più piccola (N2) che diviene poi la componente principale per intensità inferiori a<br />
80-70 dB. La latenza <strong>del</strong> PA aumenta gradualmente, mentre l'ampiezza si riduce<br />
progressivamente al diminuire <strong>del</strong>l'intensità <strong>del</strong>la stimolazione.<br />
Il PS è identificabile come una piccola deflessione negativa inserita nel tratto N1 <strong>del</strong>la<br />
risposta neurale, la sua soglia è normalmente attorno a 80 dB peSPL e la sua ampiezza è<br />
molto variabile da registrazione a registrazione, probabilmente in rapporto alle inevitabili<br />
differenze nella posizione <strong>del</strong>l'elettrodo sul promontorio.<br />
Il MC è generalmente registrabile nei soggetti normali fino a 60-70 dB peSPL; la sua<br />
ampiezza diminuisce al ridursi <strong>del</strong>l’intensità di stimolazione. Il potenziale microfonico<br />
cocleare non ha però una vera soglia; il livello di intensità a cui esso non è più
evidenziabile dipende principalmente dai limiti imposti dalla qualità e dal guadagno degli<br />
amplificatori utilizzati e non dalla scomparsa <strong>del</strong>l'attività elettrica che ne sta alla base.<br />
Le indicazioni cliniche<br />
Rispetto ai potenziali far-field, l’elettrococleografia presenta tutta una serie di vantaggi,<br />
primi fra tutti la valutazione <strong>del</strong>la funzionalità <strong>del</strong>la periferia uditiva, l’indipendenza dallo<br />
stato di veglia <strong>del</strong> soggetto, la minore durata <strong>del</strong>l’esame, la sua elevata affidabilità, la<br />
possibilità di effettuare una valutazione strettamente monoaurale. Tutte queste<br />
caratteristiche sono sostanzialmente riconducibili al fatto che l’elettrococleografia<br />
costituisce una registrazione near-field dei potenziali elettrici extracellulari generati in<br />
risposta ad una stimolazione impulsiva dall’attivazione sincrona dei recettori cocleari e<br />
<strong>del</strong>le fibre <strong>del</strong> nervo <strong>uditivo</strong>. Pertanto, poiché le risposte che vengono registrate sono di<br />
notevole ampiezza e presentano un favorevole rapporto segnale-rumore, possono essere<br />
visualizzate facilmente dopo un ridotto numero di averaging e presentano una ripetibilità<br />
elevatissima, cosa questa che non rende necessario il ricorso alle repliche. Le limitazioni<br />
<strong>del</strong>l’esame discendono indirettamente dalla sua invasività. Infatti, la puntura timpanica,<br />
pur essendo risultata <strong>del</strong> tutto innocua in mani esperte, risulta dolorosa. Inoltre, a parte la<br />
possibile interferenza con la registrazione da parte di artefatti di origine miogenica, la<br />
completa immobilità <strong>del</strong> bambino è strettamente legata al mantenimento <strong>del</strong>la posizione<br />
<strong>del</strong>l’elettrodo per tutta la durata <strong>del</strong>la registrazione. Su questa base si giustifica il ricorso<br />
all’anestesia generale, procedura oggigiorno innocua nei soggetti che non presentino<br />
<strong>del</strong>le controindicazioni specifiche. La sua attuazione presuppone inoltre una complessa<br />
organizzazione dei servizi con il coinvolgimento di tutta una serie di figure professionali<br />
non confinate all’ambito strettamente audiologico.<br />
L’introduzione <strong>del</strong>l’ABR nella diagnosi audiologica infantile ha soppiantato l’utilizzazione<br />
<strong>del</strong>l’elettrococleografia nella valutazione obiettiva di soglia per diversi motivi. Essendo una<br />
metodica di registrazione far-field, l’ABR presenta rispetto all’ECochG una sensibilità<br />
minore, richiede un maggior numero di averaging per la identificazione <strong>del</strong>la risposta<br />
specie alle basse intensità di stimolazione dove il rapporto segnale-rumore è più<br />
sfavorevole, impone il ricorso alla esecuzione di repliche al fine di una corretta<br />
identificazione <strong>del</strong>la risposta. I vantaggi nella scelta <strong>del</strong>la sua esecuzione sono tuttavia<br />
consistenti, dal momento che si tratta di un esame sicuramente affidabile e non invasivo,<br />
che può essere eseguito in condizioni di sonno spontaneo o di blanda sedazione. Inoltre,<br />
dal punto di vista tecnico non richiede il complesso equipaggiamento necessario ai fini<br />
<strong>del</strong>la corretta esecuzione <strong>del</strong>l’elettrococleografia e può quindi essere ottenuto con le più<br />
comuni apparecchiature commerciali da parte di personale tecnico opportunamente<br />
addestrato. Il ricorso all’elettrococleografia si rende quindi necessario nei bambini in cui<br />
non si riesce ad ottenere la opportuna tranquillità per l’esecuzione <strong>del</strong>l’ABR e in tutte<br />
quelle condizioni in cui non risulti inequivocabile la valutazione ottenuta attraverso la<br />
registrazione dei potenziali <strong>del</strong> tronco. Esistono infatti situazioni cliniche definite, quali la<br />
presenza di una patologia <strong>del</strong> SNC o di un versamento nell'orecchio medio, in cui l'ABR<br />
può non essere affidabile. Infatti, una lesione <strong>del</strong>le vie uditive centrali può alterare<br />
l'elettrogenesi <strong>del</strong>l'ABR, risultandone un'assenza <strong>del</strong>la risposta in presenza di una<br />
periferia uditiva normale (Fig. 8). La presenza di un versamento nell'orecchio medio rende<br />
ancor più sfavorevole il rapporto segnale-rumore, già piccolo nella registrazione <strong>del</strong>le<br />
risposte evocate <strong>del</strong> tronco, compromettendo l'affidabilità <strong>del</strong>l'esame.<br />
In questo ambito quindi l’elettrococleografia si viene a configurare essenzialmente come<br />
un esame di secondo livello con una indicazione limitata. L'uso complementare <strong>del</strong>le due<br />
metodiche, ABR ed elettrococleografia, dimostra una sensibilità diagnostica pari al 100%,<br />
cioè consente di individuare correttamente la totalità <strong>del</strong>le sospette ipoacusie sottoposte a<br />
tali procedure.
La diagnosi elettrococleografica<br />
Il cardine <strong>del</strong>la diagnosi risiede nella identificazione e nella misura dei parametri di latenza<br />
e ampiezza <strong>del</strong>la risposta neurale.<br />
Il dato saliente che emerge dall’analisi <strong>del</strong>le registrazioni elettrococleografiche ottenute<br />
nelle ipoacusie trasmissive (Fig. 9) è quello di un innalzamento <strong>del</strong>la soglia <strong>del</strong> PA che<br />
mostra una latenza aumentata rispetto alla risposta normale. In particolare, la funzione<br />
latenza-intensità risulta traslata verso destra di una entità corrispondente alla perdita<br />
uditiva. Analogamente a quanto si verifica per la risposta ABR, i reperti elettrococleografici<br />
<strong>del</strong>la ipoacusia trasmissiva sono sostanzialmente giustificabili sulla base <strong>del</strong>la riduzione<br />
<strong>del</strong>la stimolazione efficace, sebbene alcuni aspetti come la riduzione di pendenza <strong>del</strong>la<br />
regressione lineare sulla funzione intensità-latenza, possano essere attribuiti a differenze<br />
di attivazione nel corso <strong>del</strong>la stimolazione con clicks lungo la partizione cocleare tra le<br />
orecchie normali e quelle con perdita trasmissiva.<br />
Considerando le ipoacusie di origine cocleare, le risposte elettrococleografiche possono<br />
mostrare l’assenza di risposta neurale alla massima intensità di stimolazione (120 dB<br />
peSPL corrispondenti nella normativa <strong>del</strong> nostro laboratorio a 90 dB nHL). In queste<br />
registrazioni è possibile evidenziare unicamente il potenziale microfonico che presenta<br />
un’ampiezza significativamente ridotta rispetto alle orecchie normali ad intensità di<br />
stimolazione corrispondenti. L’assenza <strong>del</strong> potenziale di azione <strong>del</strong> nervo in questi casi è<br />
indicativa di una ipoacusia neurosensoriale di origine cocleare profonda, con soglia<br />
uguale o maggiore a 90 dB nHL come media per le frequenze da 2 a 4 KHz.<br />
Nei soggetti con ipoacusia cocleare e risposta neurale presente, il caso di gran lunga più<br />
frequente è quello di una perdita con configurazione pantonale (Fig. 10). In questi soggetti<br />
la soglia è innalzata e generalmente la morfologia <strong>del</strong> potenziale d’azione <strong>del</strong> nervo è di<br />
tipo “stretto”, mentre la latenza <strong>del</strong>la risposta è sostanzialmente sovrapponibile a quella<br />
ottenuta da soggetti normali a intensità corrispondenti di stimolazione. Ne deriva che la<br />
funzione latenza-intensità si sovrappone a quella relativa alla risposta normale, eccetto<br />
che alle basse intensità di stimolazione alle quali essa appare improvvisamente<br />
“amputata”, analogamente a quanto si verifica per l’ABR. L’ampiezza <strong>del</strong>la risposta<br />
ottenuta in questi casi appare significativamente ridotta rispetto a quella dei soggetti<br />
normali a intensità corrispondenti. Questo tipo di comportamento è facilmente<br />
comprensibile se si tiene conto <strong>del</strong> fatto che la configurazione pantonale <strong>del</strong>la perdita<br />
uditiva riflette una degenerazione recettoriale distribuita in modo abbastanza uniforme<br />
lungo la partizione cocleare. Si potrebbe quindi ipotizzare che, alle elevate intensità di<br />
stimolazione, alle quali il reclutamento è massimo, la dinamica di generazione <strong>del</strong>la<br />
risposta non si discosti in maniera sostanziale da quella che si verifica in un orecchio<br />
normale.<br />
Nelle ipoacusie cocleari la cui configurazione tonale mostra un andamento in discesa (Fig.<br />
11), la latenza <strong>del</strong> potenziale di azione <strong>del</strong> nervo appare aumentata rispetto ai soggetti<br />
normali e la risposta mostra una morfologia di tipo “largo”. Il riscontro di queste<br />
caratteristiche può essere spiegato tenendo conto <strong>del</strong> fatto che la stimolazione acustica<br />
attiva preferenzialmente componenti <strong>del</strong>la partizione cocleare con frequenza caratteristica<br />
minore. Ne consegue, da una parte una riduzione <strong>del</strong> grado di sincronizzazione <strong>del</strong>la<br />
scarica <strong>del</strong>le fibre nervose in risposta alla stimolazione impulsiva, dall’altra una maggiore<br />
latenza di attivazione derivante sostanzialmente dal tempo richiesto dall’onda viaggiante<br />
per attivare unità con bassa frequenza caratteristica.<br />
In realtà, il riconoscimento di questi due possibili quadri elettrococleografici nelle<br />
ipoacusie di origine cocleare con potenziale di azione presente, costituisce solo una<br />
approssimazione utile a fini operativi. Di fatto, la perdita recettoriale non è quasi mai<br />
uniforme lungo l’intera partizione cocleare, potendo presentare anzi caratteri di grande<br />
variabilità. Ne consegue che la morfologia come pure i parametri che caratterizzano la<br />
risposta neurale, spesso non possono essere ricondotti a schemi unici o comunque fissi e<br />
deve essere quindi posta estrema cautela sia nella formulazione <strong>del</strong>la diagnosi sia nella<br />
indicazione <strong>del</strong> grado di perdita uditiva.
Elettrococleografia e <strong>patologie</strong> a carico <strong>del</strong> SNC<br />
Uno degli aspetti che emerge dall’analisi <strong>del</strong>le risposte elettrococleografiche consiste nella<br />
notevole dispersione dei dati relativi all’ampiezza <strong>del</strong> potenziale microfonico e, in misura<br />
minore, <strong>del</strong> potenziale di sommazione e <strong>del</strong> potenziale di azione. Sebbene non sia stata<br />
condotta una analisi statistica volta alla identificazione di una specifica distribuzione dei<br />
parametri <strong>del</strong>le risposte in qualche modo correlabile con variabili precise, il dato che<br />
emerge è quello di un elevato riscontro di risposte di ampiezza elevata in pazienti con<br />
possibili lesioni <strong>del</strong> sistema nervoso centrale riconducibili a <strong>patologie</strong> di vario genere (Fig.<br />
12). L’aumento riguarda in particolare il potenziale microfonico che può raggiungere<br />
ampiezze notevolmente elevate. Si può ipotizzare che le osservate differenze<br />
<strong>del</strong>l’ampiezza <strong>del</strong>le risposte rispetto al normale possono essere attribuite a un alterato<br />
controllo da parte <strong>del</strong>la corteccia cerebrale sul sistema efferente olivo-cocleare, con<br />
conseguente facilitazione <strong>del</strong>l’attività contrattile <strong>del</strong>le cellule ciliate esterne. Dal momento<br />
che è dimostrato che l’attivazione <strong>del</strong> sistema efferente in condizioni fisiologiche<br />
determina una ridotta frequenza di scarica nelle fibre afferenti ed essendo noto che le<br />
fibre efferenti prendono contatto unicamente con le cellule ciliate esterne, è possibile che<br />
una ridotta attività <strong>del</strong> fascio olivo-cocleare abbia come conseguenza una ridotta<br />
inibizione <strong>del</strong>l’attività elettrica <strong>del</strong>le cellule ciliate esterne e quindi, indirettamente, una<br />
facilitazione <strong>del</strong>l’attività elettrica <strong>del</strong>le cellule ciliate interne in risposta alla stimolazione<br />
acustica. Da ciò deriverebbe l’incremento di ampiezza sia dei potenziali recettoriali sia<br />
<strong>del</strong>la risposta neurale.<br />
AUDIOMETRIA COMPORTAMENTALE<br />
L'audiometria comportamentale è stata criticata negli ultimi anni perché costituisce un<br />
mezzo potenzialmente poco affidabile e inadeguato di determinare la soglia uditiva nei<br />
bambini piccoli anche se rappresenta un test con un rapporto costo-beneficio<br />
vantaggioso per gli usi clinici di routine. Indubbiamente la sua affidabilità dipende<br />
essenzialmente dall’età <strong>del</strong> bambino e dal suo sviluppo pico-motorio. In termini <strong>del</strong> tutto<br />
generali si può affermare che è uno strumento diagnostico inadeguato come metodica di<br />
screening neonatale. Successivamente a partire dai 6-8 mesi può fornire indicazioni<br />
clinicamente utili, ma in genere insufficienti per una definizione <strong>del</strong>la soglia a fini protesici.<br />
Solo con l’instaurarsi di una collaborazione continuativa <strong>del</strong> bambino diventa la metodica<br />
principale per una precisa valutazione <strong>del</strong>la soglia con e senza protesi <strong>del</strong> bambino.<br />
Essa richiede la capacità di interagire con il bambino nel rispetto dei tempi di attenzione e<br />
<strong>del</strong>le procedure in grado di stimolarne la collaborazione al fine di ottenere un esame<br />
attendibile (Diefendorf e Gravel, 1996; Renshaw e Diefendorf, 1998). L’audiometria<br />
comportamentale necessità di una situazione logistica adeguata ad un bambino, di<br />
personale altamente qualificato e con provata esperienza e di tempi di esecuzione che si<br />
possono protrarre in varie sedute.<br />
BOA Behavioral Observation Audiometry<br />
L'audiometria comportamentale neonatale basata sull'osservazione <strong>del</strong>le reazioni allo<br />
stimolo sonoro nel neonato e nel lattante fino ai cinque mesi di vita è considerata oggi una<br />
metodica superata (JCIHS 2000) ed è stata oggi progressivamente sostituita da<br />
procedure cliniche strumentali più affidabili come i potenziali evocati uditivi e le<br />
otoemissioni acustiche.<br />
VRA Visual Reinforcement Audiometry<br />
I bambini normalmente, sviluppano la capacità di girare la testa verso una sorgente<br />
sonora verso i 5-6 mesi di vita e questo comportamento è alla base <strong>del</strong>l'utilizzo <strong>del</strong>la VRA.<br />
Praticamente uno stimolo <strong>uditivo</strong> associato ad un rinforzo visivo provoca una risposta da<br />
parte <strong>del</strong> bambino con localizzazione <strong>del</strong>la sorgente sonora. Se il rinforzo è<br />
sufficientemente efficace, la risposta sarà presente ad ogni ripetizione <strong>del</strong>lo stimolo; come<br />
suggeriscono Moore e Coll. (1977) l'utilizzo di soli toni puri e warble tones non attira in
modo costante l'attenzione <strong>del</strong> bambino, per cui è necessario ricorrere a rinforzi<br />
gratificanti.<br />
Il rinforzo è costituito da: giocattoli, stimoli in movimento, colori, cartoni animati, segnali<br />
luminosi e qualsiasi gioco possa attrarre l'attenzione <strong>del</strong> bambino che abbiamo in esame.<br />
Il successo <strong>del</strong>la VRA è certamente in relazione al fatto che la risposta <strong>del</strong> bambino ed il<br />
rinforzo devono essere adeguati al livello di sviluppo globale: cognitivo, motorio, visivo,<br />
<strong>uditivo</strong>. Vanno ricordati a tale riguardo i normali tempi di maturazione <strong>del</strong>la localizzazione<br />
alla risposta uditiva (Fig. 13) riportati da Northern e Downs (1991).<br />
Nella strategia di esecuzione <strong>del</strong>l'esame, la prima fase consiste nel processo di<br />
condizionamento <strong>del</strong> bambino che può essere attuato con 2 modalità: 1) emissione di uno<br />
stimolo sopra la soglia uditiva stimata associata ad un rinforzo visivo; 2) presentazione di<br />
uno stimolo <strong>uditivo</strong> sopra la soglia stimata, osservazione <strong>del</strong>la risposta spontanea <strong>del</strong><br />
bambino, seguita dall'attivazione <strong>del</strong> rinforzo.<br />
Normalmente lo stimolo sopra soglia viene erogato a 30-50-70 dB, mentre in caso si<br />
sospetti una perdita udtiva severa è necessario erogare uno stimolo iniziale di 90 dB o più<br />
elevato.<br />
La prima fase si conclude con il raggiungimento <strong>del</strong> condizionamento <strong>del</strong> bambino a<br />
risposte consecutive.<br />
Successivamente inizia l'esame vero e proprio in cui se la prima risposta è positiva<br />
l'intensità <strong>del</strong>lo stimolo sonoro successivo deve essere diminuita di 10 dB, in caso<br />
contrario aumentata. Il test viene continuato fino a che viene raggiunto il criterio standard<br />
di 4 presentazioni per ogni frequenza. La soglia (minima risposta udibile) viene poi definita<br />
dalla media <strong>del</strong>le quattro presentazioni <strong>del</strong>lo stimolo.<br />
Una risposta affidabile alla VRA dipende dalla capacità di riconoscere le risposte "vere"<br />
dai "falsi positivi" durante l'acquisizione <strong>del</strong>la soglia.<br />
Questo esame infatti presenta una certa variabilità nelle risposte ottenute in funzioni a<br />
diversi fattori, tra i quali: età e condizionamento <strong>del</strong> bambino, situazioni di stress emotivo<br />
dovuti all'ambiente, calibrazione <strong>del</strong> campo libero, esperienza <strong>del</strong> personale tecnico.<br />
Comunque le soglie uditive ottenute nelle procedure VRA nei bambini tra i 6 e 12 mesi di<br />
età hanno dimostrato una variabilità limitata a 10-15 dB rispetto a quelle ottenute in<br />
bambini più grandi (Gravel e Wallace, 1998; Nozza e Wilson, 1984).<br />
CPA Condition Play Audiometry<br />
Nei bambini più grandi dopo i 2 anni e mezzo l'audiometria comportamentale continua ad<br />
essere un approccio sempre più affidabile. Rispetto alla VRA cambia la risposta<br />
comportamentale ed il rinforzo usato, ma alla base c'è sempre un rinforzo positivo alla<br />
stimolazione sonora.<br />
Nella Play Audiometry il bambino impara ad interagire in un'attività quando sente lo<br />
stimolo test. Tali attività di gioco devono essere messe in relazione alle capacità <strong>del</strong><br />
bambino, allo sviluppo motorio ed ai suoi tempi di attenzione.<br />
L'obiettivo nella Play Audiometry è quello di insegnare al bambino di aspettare, ascoltare<br />
e solo successivamente rispondere al segnale. (Fig. 14)<br />
Nella letteratura audiologica la Play Audiometry è ampiamente accettata come un<br />
esame di utilizzo clinico di routine in audiometria infantile dopo i tre anni (Thompson e<br />
Coll., 1989).<br />
Valgono per la Play audiometry gli stessi presupposti citati nella VRA relativi alla abilità<br />
<strong>del</strong> personale tecnico ed al condizionamento <strong>del</strong> bambino.<br />
Con tale metodica è possibile ottenere un esame audiometrico completo con soglia<br />
binaurale per via aerea ed ossea in grado di indirizzare l'iter diagnostico.<br />
RIABILITAZIONE UDITIVA<br />
L’applicazione di una protesi acustica, l’eventuale utilizzo di un impianto cocleare, nei casi<br />
in cui l’ipoacusia è così grave che la protesi acustica si dimostra insufficiente, e la
abilitazione al <strong>linguaggio</strong>, attraverso la terapia logopedica sono i cardini terapeutici <strong>del</strong>la<br />
ipoacusia infantile.<br />
Verranno ora esaminati più in dettaglio gli obiettivi <strong>del</strong> trattamento protesico, <strong>del</strong>la terapia<br />
logopedica ed i criteri che stanno alla base <strong>del</strong>la scelta <strong>del</strong>l’impianto cocleare nel<br />
bambino.<br />
Obiettivi <strong>del</strong>la protesizzazione acustica<br />
La protesizzazione acustica nel bambino ha l'obiettivo di ripristinare la soglia uditiva a<br />
livelli che permettano la percezione verbale e attraverso questa l’acquisizione e lo e lo<br />
sviluppo <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong>.<br />
Le informazioni audiometriche sulla base <strong>del</strong>le quali vengono stabiliti i parametri <strong>del</strong>la<br />
prima amplificazione protesica in un bambino derivano fondamentalmente dai test che<br />
utilizzano i potenziali evocati. Sono sicuramente informazioni affidabili, che consentono di<br />
applicare le protesi con sicurezza, ma però danno una immagine grossolana <strong>del</strong>le abilità<br />
percettive <strong>del</strong> bambini. Per questo motivo la protesizzazione infantile deve considerarsi<br />
come un processo longitudinale caratterizzato da progressive e sempre più precisi<br />
adattamenti che verranno effettuati mano a mano che dal bambino si potranno ottenere<br />
risposte più dettagliate sulla sua funzione uditiva (Cuda, 1994).<br />
La scelta <strong>del</strong> tipo di apparecchio acustico<br />
La tecnologia <strong>del</strong>le protesi acustiche si è notevolmente sviluppata negli ultimi 10 anni<br />
permettendo di disporre di apparecchiature che consentono amplificazioni molto potenti,<br />
fina a 60 dB di guadagno, dotate di sistemi di regolazione molto sofisticati. Le protesi<br />
retroauricolari (Fig. 15).Sono infatti protesi molto duttili e quindi adatte alle successive<br />
modifiche e adattamenti, robuste e soprattutto che consentono di arrivare in caso di<br />
necessità a potenze molto elevate. Le protesi endoauricolari non sono indicate nei<br />
bambini in primo luogo per le dimensioni ristrette <strong>del</strong> condotto <strong>uditivo</strong>, che non<br />
consentono di applicare apparecchiature di potenza, e poi perché non garantiscono<br />
potenze elevate, date le piccole dimensioni. Infine le protesi a scatola oggi si possono<br />
considerare uno strumento ormai obsoleto, sostituito completamente da quelle<br />
retroauricolari.<br />
Nel bambino è importante verificare al più presto il guadagno <strong>del</strong>la protesi in condizioni di<br />
uso reale. La misura di guadagno protesico più importante è il "guadagno funzionale" che<br />
si definisce come la differenza tra la soglia uditiva <strong>del</strong> bambino con e senza protesi.<br />
Questa misura, rappresentativa <strong>del</strong> reale utilizzo <strong>del</strong>l'amplificazione protesica da parte <strong>del</strong><br />
bambino, deve essere ottenuta al più presto, ed è ovviamente soggetta alla variabilità e<br />
affidabilità <strong>del</strong>la audiometria comportamentale. Il processo di adattamento <strong>del</strong>la protesi in<br />
un bambino può essere lungo, svilupparsi in diversi mesi con controlli seriali nei quali in<br />
base alla affidabilità e precisione dei dati audiometrici verranno modificati e affinati i<br />
parametri di amplificazione fino a raggiungere la protesizzazione ottimale.<br />
Si tenga presente che, a parte casi molto particolari e rari nei bambini, le protesi vanno<br />
sempre applicate nelle due orecchie per consentire i vantaggi <strong>del</strong> processing <strong>uditivo</strong><br />
binaurale. Di norma se la diagnosi clinica è stata sufficientemente precisa ed accurata per<br />
entrambe le orecchie, e quindi la prescrizione dei parametri di amplificazione corretta e<br />
adatta alla perdita uditiva, non vi sono molti problemi per fare indossare e utilizzare le<br />
protesi ad un bambino, che generalmente le accetta e in breve tempo le porta tutto il<br />
giorno. E’ importante ovviamente che la famiglia sia collaborante, abbia accettato il<br />
problema <strong>uditivo</strong> <strong>del</strong> bambino, inquadrando soprattutto le possibilità oggi offerte dalla<br />
tecnologia protesica e non abbia preconcetti sul far indossare le protesi al figlio.<br />
I rifiuti sono legati di solito a grossolane sotto o sovra-amplificazione, e non devono<br />
essere sottovalutati. Rappresentano un importante segno clinico di un possibile errore<br />
diagnostico e <strong>del</strong>la necessità di eseguire indagini più affidabili.<br />
Le misure di beneficio <strong>del</strong>la protesizzazione acustica<br />
Il processo di abilitazione protesica infantile ha come obiettivo quello di fornire al bambino<br />
l'apporto di informazioni acustiche necessarie allo sviluppo <strong>del</strong>la comunicazione verbale e
quindi tutte le informazioni sensoriali sulle componenti acustiche <strong>del</strong> parlato attraverso<br />
una corretta amplificazione.<br />
Le misure di beneficio protesico nel bambino piccolo presentano notevoli difficoltà dovute<br />
in parte al tipo di abilità che vogliamo misurare (indice di efficacia), legate allo sviluppo<br />
linguistico, ed in parte agli strumenti di cui disponiamo per misurare i risultati. Quest’ultimi<br />
sono legati per lo più a risposte comportamentali che hanno spesso difficoltà di<br />
interpretazione per le numerose variabili uditive ed extrauditive che intervengono.<br />
La soglia uditiva amplificata consiste nel rilievo <strong>del</strong>la soglia uditiva con la protesi acustica<br />
allo scopo di verificare lo spettro acustico udibile dal bambino e la sua correlazione con il<br />
riconoscimento <strong>del</strong> parlato. Il test viene eseguito in campo libero utilizzando toni modulati<br />
o rumori a banda stretta.<br />
La misura di elezione <strong>del</strong> beneficio protesico è però rappresentata dall'esecuzione di test<br />
con con stimoli verbali, o test di percezione verbali. Il nostro gruppo ha realizzato per la<br />
lingua italiana diversi test che indagano le abilità di percezione verbale di bambini<br />
ipoacusici di diverse fasce d'età con appropriata amplificazione protesica (Arslan e Coll.,<br />
1997). Questi test si sono rilevati utili per la descrizione e il monitoraggio nel tempo <strong>del</strong>le<br />
capacità di discriminazione, identificazione e riconoscimento degli stimoli verbali per via<br />
uditiva, oltre che per la programmazione <strong>del</strong>la riabilitazione. Anche nelle migliori<br />
condizioni però, al momento attuale, è difficile ottenere misure affidabili di percezione<br />
verbale prima dei tre anni di età. In generale è difficile distinguere con precisione se le<br />
abilità rilevate dipendono solo dalla reale capacità uditiva residua oppure se sono<br />
condizionate anche da altri fattori extrauditivi. I diversi test attualmente disponibili sono<br />
comunque molto utili nella valutazione <strong>del</strong>le performance relative alla percezione verbale<br />
nel bambino nel tempo,e per confrontare l'efficacia di amplificazione acustica rispetto ad<br />
un'altra.<br />
Obiettivi <strong>del</strong>la rieducazione logopedica<br />
L'efficienza e la tempestività <strong>del</strong>l’intervento su una sordità pre-verbale non deve esaurirsi<br />
nella identificazione precoce, nell'accurato iter diagnostico e nell'abilitazione protesica <strong>del</strong><br />
bambino, ma deve considerare la gestione dinamica <strong>del</strong> processo riabilitativo soprattutto<br />
nel primo periodo di trattamento. Durante questo periodo infatti potranno essere prese<br />
decisioni cruciali per lo sviluppo <strong>del</strong>le abilità linguistiche <strong>del</strong> bambino che condizioneranno<br />
la presenza o meno di un handicap comunicativo per tutta la vita.<br />
Alla luce <strong>del</strong>le possibilità di amplificazione acustica oggi possibili, in quanto la soglia<br />
uditiva è sicuramente ripristinabile attraverso protesi acustiche ad elevata potenza o<br />
impianto cocleare, anche le tecniche riabilitative nel bambino ipoacusico sono andate<br />
modificandosi negli ultimi dieci anni. La stimolazione verbale associata allo sviluppo di<br />
abilità comunicative accessorie, quali l'integrazione costante con la labio-lettura, l'utilizzo<br />
<strong>del</strong>la lingua dei segni, il ricorso a diverse metodiche accettate nell'ambito di una total<br />
communication, oggi è definitivamente scomparsa a vantaggio di un training sempre più<br />
specifico di tipo percettivo-verbale finalizzato all'acquisizione <strong>del</strong>la comunicazione verbale,<br />
entro tappe fisiologiche di sviluppo, necessaria per un normale inserimento nella scuola<br />
<strong>del</strong>l'obbligo.<br />
Il personale logopedico che si dedica alla riabilitazione <strong>del</strong> bambino ipoacusico oggi, deve<br />
avere quindi una preparazione adeguata a questo iter riabilitativo, e deve mantenere<br />
stretti contatti con lo specialista audiologo-foniatra per un'ottimale gestione <strong>del</strong>la<br />
protesizzazione che è frutto di vari aggiustamenti successivi a cui tutti devono collaborare.<br />
Infatti è la logopedista che ha un contatto continuo e quotidiano con il bambino che è in<br />
grado di monitorare e rilevare eventuali problemi di malfunzionamento nel presidio<br />
protesico utilizzato.<br />
Ovviamente anche gli altri operatori sanitari che collaborano all'iter diagnostico-riabilitativo<br />
<strong>del</strong> bambino, e che spesso operano a livello territoriale, devono essere informati e<br />
coinvolti nel programma riabilitativo in modo da fornire alla famiglia una continuità di<br />
intervento necessaria soprattutto quando diverse figure sanitarie e scolastiche<br />
intervengono sullo stesso bambino.
E' necessario comunque effettuare sempre un programma individuale che sia modulato<br />
nel tempo, longitudinale, e monitorato attraverso l’utilizzo di strumenti diagnostici oggettivi.<br />
Un altro fattore importante da non sottovalutare è l'ambiente in cui vive il bambino, non<br />
solo in termini di rapporti interpersonali nell'ambito <strong>del</strong>la famiglia, ma anche in termini più<br />
specifici di coinvolgimento dei genitori nell'iter riabilitativo e di stimolazione linguistica in<br />
grado di favorire l'apprendimento <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong>.<br />
Il trattamento riabilitativo quindi deve essere concordato innanzi tutto con la famiglia e con<br />
gli operatori territoriali, se il bambino viene rieducato in un luogo diverso da quello dove è<br />
stata effettuata la diagnosi, e deve prevedere una precisa informazione circa: modalità,<br />
tempi e mezzi riabilitativi utilizzati in accordo con le tappe evolutive <strong>del</strong> bambino.<br />
Ovviamente l’efficacia <strong>del</strong> trattamento riabilitativo non può essere considerata<br />
indipendentemente dagli obiettivi <strong>del</strong> trattamento stesso e gli obiettivi sono tanto diversi<br />
quanto è eterogenea la popolazione dei bambini ipoacusici; questo presuppone che<br />
dobbiamo effettuare un programma mirato alle esigenze <strong>del</strong> singolo bambino.<br />
In generale comunque possiamo sintetizzare gli obiettivi che si pone un trattamento<br />
logopedico dopo una protesizzazione precoce nello sviluppo <strong>del</strong>le seguenti abilità a<br />
seconda <strong>del</strong>le diverse fasce di età, all'interno <strong>del</strong>le quali vanno stimolate attività<br />
specifiche:<br />
1. Sviluppo <strong>del</strong>le abilità percettive e sensoriali<br />
-utilizzo costante <strong>del</strong>l'amplificazione acustica<br />
-migliorare la percezione uditiva<br />
-imparare ad utilizzare stimoli elettrici e tattili<br />
-integrare le informazioni uditive, visive, elettriche e tattili.<br />
2. Sviluppo <strong>del</strong>le abilità linguistiche:<br />
-promuovere la relazione genitore-bambino<br />
-sviluppare la comprensione di unità linguistiche e concetti progressivamente più<br />
complessi<br />
-aumentare l'acquisizione lessicale-semantica<br />
-sviluppare le abilità verbali di supporto alle attività scolastiche<br />
-favorire l'espressione spontanea e l'acquisizione <strong>del</strong>le regole pragmatiche, sintattiche e<br />
semantiche<br />
-sviluppare le abilità narrative<br />
3.Sviluppo <strong>del</strong>le abilità fono-articolatorie:<br />
-favorire la vocalizzazione con corretto utilizzo <strong>del</strong> tratto vocale<br />
-aumentare il repertorio fonetico-fonologico<br />
-stabilire una relazione tra percezione e produzione<br />
-migliorare la voce e la prosodia<br />
-migliorare l'intelligibilità <strong>del</strong> parlato<br />
4. Sviluppo <strong>del</strong>le acquisizioni scolastiche:<br />
-incrementare le abilità di letto-scrittura<br />
-ottimizzare i livelli educativo-scolastici<br />
5. Favorire la crescita emotiva e sociale<br />
-stabilire un'accettazione <strong>del</strong>la perdita uditiva<br />
-ridurre l'ansia <strong>del</strong>la famiglia<br />
-promuovere lo sviluppo socio-relazionale <strong>del</strong> bambino.<br />
Infine, come abbiamo ricordato precedentemente, molti sono i quadri sindromici in cui<br />
un'ipoacusia neurosensoriale e/o trasmissiva compare come sintomo associato.<br />
Tra le disabilità associate sia congenite che acquisite nei primi anni di vita, che rivestono<br />
una particolare importanza, sono quelle relative alla presenza di altri deficit sensoriali o<br />
cognitivi. In particolare un deficit visivo importante può compromettere il miglioramento<br />
<strong>del</strong>le abilità comunicative in quanto il bambino non può utilizzare un importante canale<br />
vicariante; l'eventuale associazione di un deficit cognitivo, nella maggior parte dei casi,<br />
limita le possibilità di acquisizione linguistica.<br />
In questi casi un'adeguata amplificazione acustica, fornita attraverso una protesi acustica
o l'impianto cocleare, anche se sfruttata in modo limitato, sarà di fondamentale<br />
importanza per la vita di relazione. Quindi ancor più se ci troviamo di fronte a bambini con<br />
disabilità associate va effettuato un programma abilitativo mirato ed individualizzato e si<br />
ha la necessità di disporre di personale preparato ad affrontare l'iter riabilitativo in modo<br />
adeguato.<br />
La selezione all’impianto Cocleare<br />
Gli impianti cocleari possono essere considerati una <strong>del</strong>le maggiori conquiste<br />
tecnologiche degli ultimi anni in ambito biomedico. Basta pensare che l’udito è il primo<br />
organo di senso ad essere sostituito da una protesi completamente artificiale con risultati<br />
eclatanti ed indiscussi, che permettono agli utilizzatori il recupero <strong>del</strong>la sensibilità uditiva<br />
ed il ripristino <strong>del</strong>la percezione di elementi linguistici.<br />
Attraverso l'applicazione chirurgica di un elettrodo multicanale endococleare, l'impianto<br />
cocleare permette di oltrepassare il ruolo <strong>del</strong>la coclea deficitaria e stimolare direttamente<br />
le fibre <strong>del</strong> nervo acustico con impulsi elettrici (Fig. 16).<br />
Nel bambino con deficit cocleare profondo la scelta di un impianto cocleare è determinata<br />
in gran parte dal grado di successo che il bambino dimostra con le protesi acustiche<br />
convenzionali. In linea di principio vengono considerati candidati ad un impianto cocleare<br />
tutti i bambini con una perdita neurosensoriale superiore ai 110 dBHL e anche molti<br />
bambini con un deficit <strong>uditivo</strong> tra i 90 e i 110 in cui sia stato correttamente dimostrato uno<br />
scarso beneficio protesico.<br />
Ma il problema decisionale è molto più complesso in quanto intervengono due esigenze in<br />
apparenza contrastanti.<br />
La prima esigenza è la necessità di un intervento il più possibile efficace in tempo utile. La<br />
seconda è la necessità, trattandosi di un intervento chirurgico con lesioni irreversibili <strong>del</strong>la<br />
coclea, di non fare un danno funzionale al bambino. Scelta quindi che deve avere un<br />
contenuto etico e deontologicamente corretto che non può prescindere da informazioni<br />
cliniche sufficienti ed esaustive.<br />
Esaminiamo ora il primo aspetto, e cioè la disabilità nel bambino indotta da una perdita<br />
uditiva.<br />
Se viene a mancare la stimolazione uditiva o se abbiamo un ingresso acustico inadeguato<br />
durante i primi anni di vita, periodo di massima plasticità cerebrale, il danno sarà<br />
pressochè irreversibile e coinvolge in modo più o meno marcato tutti gli aspetti linguistici.<br />
Infatti essi sono strettamente legati tra loro, ed una migliore percezione uditiva verbale<br />
non influenza solo gli aspetti periferici legati al feed-back <strong>uditivo</strong>, come il controllo <strong>del</strong>la<br />
voce e <strong>del</strong>l’articolazione, ma anche le acquisizioni lessicali-semantiche e morfosintattiche.<br />
Da qui la necessità di un intervento precoce che deve realizzarsi entro i 2-3 anni di vita.<br />
In questo caso in base al rapporto tra efficienza <strong>del</strong>la correzione protesica e processo<br />
riabilitativo finalizzato alla acquisizione <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong> si possono verificare tre principali<br />
situazioni :<br />
1. La correzione è sufficiente alla percezione <strong>del</strong>le cues fonetiche ed allora non si<br />
sviluppa alcuna deprivazione ed il processo segue la sua via fisiologica;<br />
2. la correzione è buona ma insufficiente a coprire tutto il range di frequenza e intensità<br />
<strong>del</strong>le “cues”. Questo deficit <strong>del</strong>l’analizzatore fonetico viene compensato durante il<br />
processo riabilitativo da strategie e canali sensoriali accessori che permettono una<br />
buona acquisizione linguistica; in questo caso l’unica disabilità indotta è la carenza<br />
permanente nella efficienza <strong>del</strong>l’analizzatore fonetico. Nel caso di una successiva<br />
correzione protesica più efficiente o nell’utilizzo di un IC si può rendere necessario un<br />
periodo di riadattamento <strong>del</strong> sistema ad un ingresso acustico migliore, ma diverso.<br />
3. La correzione protesica è insufficiente e l’analizzatore fonetico <strong>uditivo</strong> non si sviluppa.<br />
Lo sviluppo <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong> in Ear. In: Northern Downs, ed. Hearing in Children. William<br />
& Wilkins Press, 98-99, questo caso dipende solo dalle strategie riabilitative. Da un<br />
lato l’abilitazione linguistica può avvenire indipendentemente dal sistema <strong>uditivo</strong>
attraverso la comunicazione gestuale. All’opposto l’analizzatore fonetico viene<br />
sviluppato su ingressi vicarianti come la vista e il tatto.<br />
In termini di disabilità indotta dalla mancanza <strong>del</strong>l’analizzatore fonetico le due ultime<br />
situazioni sono praticamente uguali; in termini di handicap invece sono evidenti le<br />
limitazioni nell’utilizzo di modalità comunicative limitate solo a poche persone. Nell’ipotesi<br />
di ripristinare tramite un IC l’ingresso acustico in queste situazioni le difficoltà ed i risultati<br />
attesi possono considerarsi sovrapponibili e quindi l’IC, se applicato in tempo utile, è il<br />
solo mezzo disponibile per ridurre la parte più importante <strong>del</strong>le disabilità indotte dalla<br />
sordità preverbale.<br />
Ecco quindi come oggi la efficienza e la tempestività <strong>del</strong>l’intervento su una sordità preverbale<br />
non deve esaurirsi nella identificazione, diagnosi e abilitazione protesica <strong>del</strong><br />
bambino, ma anche nella gestione dinamica <strong>del</strong> processo riabilitativo soprattutto nel primo<br />
periodo di terapia. Durante questo periodo infatti potranno essere prese decisioni cruciali<br />
per lo sviluppo <strong>del</strong>le abilità linguistiche <strong>del</strong> bambino che condizioneranno la presenza o<br />
meno di un handicap comunicativo per tutta la vita. Inoltre la decisione se modificare la<br />
strategia protesica con l’utilizzo di un IC deve rispettare il più possibile le tappe di<br />
maturazione <strong>del</strong> SNC, a patto di non ridurre l’efficienza di utilizzo <strong>del</strong>l’IC, e quindi alla fine<br />
anche le abilità linguistiche finali.<br />
Dai presupposti finora analizzati deriva il problema etico decisionale. Da un lato occorre<br />
decidere in tempo utile e dall’altro lato occorre acquisire le informazioni cliniche a<br />
supportare la scelta chirurgica. Infatti il vero punto cruciale è essere consci che<br />
l’inserimento <strong>del</strong>l’IC nella coclea comporta una lesione permanente <strong>del</strong> recettore e la<br />
perdita totale <strong>del</strong>la funzione uditiva residua. Alla base vi deve essere la certezza clinica<br />
individuale che quel bambino con l’amplificazione acustica ottimale non è in grado di<br />
avviare una normale acquisizione linguistica.<br />
Certi di questo passaggio il resto dei criteri decisionali è più semplice. In primo luogo le<br />
controindicazioni mediche e chirurgiche all’intervento sono oggi limitate realmente a<br />
poche evenienze e così il rischio chirurgico ed anestesiologico approssimabili ad un<br />
qualsiasi intervento di routine.<br />
Criteri invece di politica sanitaria e ci riferiamo al caso di liste di attesa o di parametri di<br />
priorità per forniture limitate, rientrano nelle normali strategie di gestione <strong>del</strong>la singole<br />
Regioni o Aziende Sanitarie. Infine sono da considerare anche criteri aggiuntivi che sono<br />
invece tipici <strong>del</strong> funzionamento di ogni singolo gruppo che si dedica agli IC e che quindi<br />
sono appropriati alle competenze e risorse che il gruppo stesso possiede; in questo senso<br />
la situazione emblematica è considerare o meno la possibilità di gestire per un IC bambini<br />
con handicap associati.<br />
Al momento attuale dobbiamo quindi considerare il problema etico <strong>del</strong>l’impianto cocleare<br />
in età pediatrica in termini di rapporto tra benifici e rischi, e questo è, a nostro avviso,<br />
decisamente a favore dei primi, come supportato da diversi Autori: Geers e Moog (1994),<br />
Mc. Cormick e Coll. (1994), Tyler (1995).<br />
Strategia diagnostica.<br />
Abbiamo visto come la fase di selezione sia considerata la procedura più <strong>del</strong>icata ed il<br />
punto chiave di tutta la applicazione di un IC ad un bambino. Ma occorre però ricordare<br />
che, nonostante la peculiarità <strong>del</strong>le decisioni e <strong>del</strong>le procedure che gli IC comportano,<br />
l’inserimento di un impianto costituisce solo un anello nell’ambito <strong>del</strong>l’intero iter<br />
diagnostico e riabilitativo <strong>del</strong>la sordità infantile.<br />
Nello schema (Fig. 17)è riportato il flusso che un bambino che nasce oggi con una<br />
ipoacusia congenita dovrebbe teoricamente subire. Vi sono essenzialmente tre fasi<br />
successive, caratterizzate ciascuna da specifici obiettivi e quindi anche da proprie logiche<br />
decisionali. Prima <strong>del</strong>la decisione finale però occorre vengano rispettati e garantiti i<br />
requisiti di base e cioè:<br />
1. acquisire informazioni cliniche affidabili e sufficienti a gestire tutti gli stadi decisionali;<br />
2. che sia trascorso un tempo sufficiente a garantire la completezza <strong>del</strong> percorso<br />
diagnostico;
3. che la decisione sia sufficientemente tempestiva per impedire l’instaurarsi di un<br />
processo di deprivazione sensoriale irreversibile.<br />
Tempo sufficiente e tempestività sono ovviamente due requisiti contrastanti ma è proprio<br />
nell’equilibrio, nella esperienza <strong>del</strong>l’equipe e nella validità dei test utilizzati che sta alla fine<br />
la qualità e la bontà <strong>del</strong> percorso decisionale.<br />
La valutazione clinica finale e la scelta se utilizzare l’IC in un bambino si compie quindi<br />
solo a questo punto, quando sono disponibili informazioni affidabili e precise sull’entità<br />
<strong>del</strong>l’ingresso acustico <strong>del</strong> bambino (guadagno funzionale) e sviluppo <strong>del</strong>le abilità<br />
percettive linguistiche, valutate ovviamente in base all’età <strong>del</strong> bambino e al tempo e<br />
qualità <strong>del</strong>la riabilitazione effettuata.<br />
La precocità e la qualità di intervento in caso di ipoacusia severa e profonda congenita<br />
giocano un ruolo importantissimo nell'abilitazione uditiva di un bambino. Una corretta<br />
protesizzazione acustica associata ad un corretto iter abilitativo avviati entro i primi mesi<br />
di vita utilizzano infatti al meglio la plasticità <strong>del</strong>le vie uditive centrali e offrono un duplice<br />
vantaggio: sfruttano appieno le potenzialità uditive e linguistiche di un bambino e possono<br />
garantire un'applicazione precoce in caso di successiva scelta di impianto cocleare.<br />
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FIGURE E TABELLE<br />
Tabella 1<br />
Classificazione ANSI (American National Standards Institute): Hearing Handicap as a<br />
Fun<strong>cti</strong>on of Average Hearing Threshold Level of the Better Ear.<br />
Average Threshold<br />
Level at 500-2000 Hz<br />
(ANSI)<br />
Description Common Causes<br />
What Can Be Heard<br />
Without Amplification<br />
0-15 dB Normal Range All Speech sound<br />
16-25 dB<br />
26-40 dB<br />
41-65 dB<br />
66-95 dB<br />
96 + dB<br />
Slight hearing loss<br />
Mild hearing loss<br />
Moderate hearing<br />
loss<br />
Severe hearing loss<br />
Profound hearing<br />
loss<br />
Serous otitis,<br />
Perforation,<br />
monomeric<br />
membrane,<br />
sensorineural loss,<br />
timpanosclerosis<br />
Serous otitis,<br />
perforation,<br />
tympanosclerosis,<br />
monomeric<br />
membrane,<br />
Sensorineural loss<br />
Chronic ptitis, middle<br />
ear anomaly,<br />
sensorineural loss<br />
Sensorineural loss or<br />
mixed loss due to<br />
sensorineural loss<br />
plus liddle ear<br />
disease<br />
Sensorineural loss or<br />
mixed<br />
Vowel sounds<br />
Heard clearly, may miss<br />
unvoiced consonant<br />
sounds<br />
Hears omly some of<br />
speech sounds the louder<br />
voiced sounds<br />
Misses most speech<br />
sounds at normal<br />
conversatinal level<br />
Hears no speech sound of<br />
normal convesations<br />
Hears no speech or other<br />
suonds<br />
Degree of Handicap<br />
(Il Not Treated in<br />
First Year of life)<br />
None<br />
Possible mild or<br />
transitory auditory<br />
dysfun<strong>cti</strong>on<br />
Difficulty in<br />
perceveing some<br />
speech souns<br />
Auditory learning<br />
dysfun<strong>cti</strong>on<br />
Mild language<br />
retardation<br />
Mild speech problems<br />
Inattention<br />
Speech problems<br />
Language retardation<br />
Learning dysfun<strong>cti</strong>on<br />
Inattention<br />
Severe speech<br />
problems Language<br />
reatardation<br />
Learning dysfun<strong>cti</strong>on<br />
Inattention<br />
Severe speech<br />
problems Language<br />
reatardation<br />
Learning dysfun<strong>cti</strong>on<br />
Inattention<br />
Probable Needs<br />
None<br />
Consideration of need for<br />
hearing aid<br />
Lip reading<br />
Auditory training<br />
Speech therapy<br />
Preferenzial seating<br />
Appropriate surgery<br />
Hearing aid<br />
Lip readimg<br />
Auditory training<br />
Speech therapy<br />
Appropriate surgery<br />
All of the above plus<br />
considration of special<br />
classroom situation<br />
All of the above; probable<br />
assigment to special<br />
classes<br />
All of the above; probable<br />
assigment to special<br />
classes
Tabella 2<br />
Prevalenza <strong>del</strong>le ipoacusie infantili nella Regione di Trent dal 1985-90.<br />
Prevalence rate per 100 000 live births of<br />
PCHI<br />
dB HL<br />
PTA (0.5-1-2) Total<br />
>40<br />
> 50<br />
Congenital<br />
(84%)<br />
Acquired<br />
(16%)<br />
N Prev % N Prev % N Prev %<br />
487<br />
403<br />
133<br />
(1/751)<br />
110<br />
(1/909)<br />
100<br />
%<br />
83%<br />
409<br />
331<br />
112<br />
(1/896)<br />
90<br />
(1/1107)<br />
Tabella 3<br />
Incidenza <strong>del</strong>le ipoacusie infantili in base all’eziologia nella Regione di Trent negli anni<br />
1985-1993.<br />
Clinical or developmental problems in addition to PHI<br />
Total Number % Total % Affected % Only one<br />
Any problem 253 38.7% 100% -<br />
Visual 62 9.5% 19.8% 19.4%<br />
Neuro-motor 50 7.7 19.8% 16.0%<br />
Cerebral 74 11.3% 29.2% 21.6%<br />
Cognitive 91 13.9% 35.9% 22.0%<br />
CFA 78 11.9% 30.8% 37.2%<br />
Other<br />
86 13.2% 34.0% 34.9%<br />
Systemic<br />
Syndrome 89 13.6% 35.2% -<br />
NICU history sgnificantly raises odds of another problem of 3.6 (ci 2.5-5.1)<br />
100<br />
%<br />
19%<br />
78<br />
72<br />
21<br />
(1/4698)<br />
20<br />
(1/5090)<br />
100<br />
%<br />
92%<br />
40 - 50 84 23 17% 78 21 19% 6 2 8%<br />
51 - 69 186 51 38% 158 43 38% 28 8 36%<br />
70 - 94 104 28 22% 85 23 20% 19 5 24%<br />
≥ 95 113 31<br />
(1/3242)<br />
23% 88 24 22% 25 7<br />
(1/14659)<br />
32%<br />
Trent UK; birth cohort 1985-1990. Number of live births 366 480<br />
Fortnum and Davis, B.J.A.<br />
1997<br />
Modified from Fortnum and Davis, B.J.A. 1997
Tabella 4<br />
Patologie associate alla ipoacusia infantile<br />
Classification of aetiology of hearing impairment<br />
Aetiology Total<br />
Congenital<br />
(85%)<br />
Acquired<br />
(15%)<br />
Genetic 259 (39.7%) 237 (42.6%) 22 (23.1%)<br />
Prenatal 24 (3,7%) 23 (4.1%) 1 (1.0%)<br />
Perinatal 44 (6.7%) 43 (7.7%) 1 (1.0%)<br />
Postnatal acquired 40 (6.1%) - 40 (41.2%)<br />
CFA 8 (1.2%) 8 (1.4%) -<br />
Other 11 (1.7%) 8 (1.4%) 3 (3.0%)<br />
Missing 267 (40.9%) 237 (42.6%) 30 (30.9%)<br />
Total 653 556 97<br />
Trent UK; birth cohort 1985-1993. Number of live births 552 558<br />
Fortnum and Davis, B.J.A.<br />
1997<br />
Figura 1<br />
Potenziali evocati uditivi evocati da una stimolazione impulsiva nell’uomo. L’asse <strong>del</strong>le<br />
ascisse è riportato in scala logaritmica.<br />
Figura 2<br />
Risposta ABR evocata da click in una bambina normoacusica <strong>del</strong>l’età di 2 anni. L’onda V<br />
risulta identificabile fino a 20 dB nHL.<br />
Figura 3<br />
Risposta ABR evocata da click in un bambino di 3 anni con ipoacusia trasmissiva. L’onda<br />
V (indicata dalle frecce) appare incrementata di latenza alle varie intensità <strong>del</strong>lo stimolo a<br />
cui viene riconosciuta. La funzione intensità-latenza <strong>del</strong>l’onda V appare traslata verso<br />
destra rispetto alla funzione normale.<br />
Figura 4<br />
Risposta ABR evocata da click in un bambino di 4 anni con ipoacusia neurosensoriale.<br />
L’onda V (indicata dalle frecce) mostra valori di latenza prossimi a quelli normali, come è<br />
possibile rilevare anche dall’analisi <strong>del</strong>la funzione intensità-latenza.<br />
Figura 5<br />
Schema che illustra la posizione <strong>del</strong>l’elettrodo ad ago nell’orecchio medio nel corso <strong>del</strong>la<br />
registrazione <strong>del</strong>l’elettrococleografia transtimpanica.<br />
Figura 6<br />
Nella parte superiore <strong>del</strong>la figura sono riportati i tracciati elettrococleografici ottenuti in<br />
risposta a click presentati all’intensità di 120 dB peSPL, rispettivamente in condensazione<br />
e in rarefazione. Attraverso la media di tali tracciati, sono state ricavate le risposte
iportate nella parte inferiore <strong>del</strong>la figura. Sono identificabili il potenziale di azione <strong>del</strong><br />
nervo, su cui si inscrive il potenziale di sommazione, e il potenziale microfonico.<br />
Figura 7<br />
Potenziale di azione e microfonico cocleare ottenuti in un soggetto normoacusico a<br />
intensità di stimolazione decrescenti.<br />
Figura 8<br />
Potenziale di azione <strong>del</strong> nervo e risposta ABR ottenuti in un bambino di 2 anni con<br />
ipoacusia neurosensoriale. Si noti la presenza di una risposta neurale<br />
nell’elettrococleografia fino a 70 dB nHL e l’assenza <strong>del</strong>l’onda V nell’ABR alla massima<br />
intensità di stimolazione.<br />
Figura 9<br />
Potenziale di azione e microfonico cocleare ottenuti a intensità di stimolazione decrescenti<br />
in un bambino di un anno con ipoacusia trasmissiva. La risposta neurale appare<br />
incrementata di latenza alle varie intensità <strong>del</strong>lo stimolo rispetto al normale.<br />
Figura 10<br />
Potenziale di azione e microfonico cocleare ottenuti a intensità di stimolazione decrescenti<br />
in un bambino di 3 anni con ipoacusia neurosensoriale. La risposta neurale mostra valori<br />
di latenza prossimi a quelli normali alle intensità alle quali risulta identificabile.<br />
Figura 11<br />
Potenziale di azione ottenuto a intensità di stimolazione decrescenti in un soggetto con<br />
ipoacusia neurosensoriale e configurazione tonale in discesa. La risposta neurale mostra<br />
valori di latenza aumentati rispetto a quelli normali. A destra vengono riportate insieme<br />
alla funzione normale, le funzioni intensità-latenza di diversi soggetti affetti da ipoacusia<br />
neurosensoriale con perdita prevalentemente localizzata alle frequenze acute.<br />
Figura 12<br />
Confronto tra la risposta neurale e il microfonico cocleare ottenuti rispettivamente in un<br />
soggetto normale e un bambino normoacusico affetto da autismo. Si noti come l’ampiezza<br />
appaia consistentemente maggiore per le due categorie di potenziali nel soggetto<br />
autistico.<br />
Figura 13<br />
Tempi di maturazione <strong>del</strong>la localizzazione alla risposta uditiva da Northern e Downs<br />
(2001).<br />
Figura 14<br />
Schema di attuazione <strong>del</strong>la CPA (Condition Play Audiometry)<br />
Figura 15<br />
Protesi retroauricolare<br />
Figura 16<br />
Componenti interne ed esterne di un impianto cocleare.<br />
Figura 17<br />
Schema di flusso <strong>del</strong> processo diagnostico-riabilitativo di selezione ad un impianto<br />
cocleare nel bambino.<br />
________________________________________________________
Dott.ssa ELISABETTA GENOVESE<br />
Laureata in Medicina e Chirurgia a Verona, specializzata in Foniatria e in<br />
Otorinolaringoiatria a Ferrara<br />
Ha ricoperto incarichi annuali di Professore a Contratto presso la Scuola per<br />
Tecnici di Logopedia e presso le Scuole di Specializzazione in Foniatria ed<br />
Audiologia <strong>del</strong>l’Università di Ferrara, presso il Corso di laurea in Medicina e presso<br />
la Scuola di Specializzazione in Otorinolaringoiatria <strong>del</strong>l’Università di Sassari,<br />
presso la Scuola di Logopedia, il Diploma Universitario in Logopedia ed il Diploma<br />
Universitario in Tecnico Audiometrista <strong>del</strong>l’Università di Padova, i Corsi di Laurea<br />
in Audiometria ed Audioprotesi.<br />
Svolge attività a tempo pieno presso il Servizio di Audiologia e Foniatria<br />
all’Ospedale di Treviso.<br />
Attualmente ricopre il ruolo di Professore Associato in Audiologia e Foniatria<br />
presso l’Università di Modena<br />
Fa parte <strong>del</strong> Consiglio Direttivo <strong>del</strong>la Società Italiana Medici Audiologi e Foniatri