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Il tartufo frIulano Tuber Mesentericum - Vino e Vacanze Friuli ...

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<strong>Il</strong> <strong>tartufo</strong> <strong>frIulano</strong><br />

<strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong>


associazione tartufai<br />

del friuli-Venezia Giulia<br />

A cura del Consiglio Direttivo:<br />

Associazione<br />

TARTUFAI FVG<br />

Barnia Erminio<br />

Presidente<br />

di Pinzano al Tagliamento (PN)<br />

Bragato Dott. gilberto<br />

r i c e r c at o r e - p e d o l o g o<br />

Vice-Presidente<br />

di Trieste<br />

Baratto Emanuele<br />

Segretario<br />

di Montereale Valcellina (PN)<br />

DE collE Pierluigi<br />

Consigliere<br />

di Campoformido (UD)<br />

cUSSigH Pietro<br />

Consigliere<br />

di Tarcento (UD)<br />

tUrco renzo<br />

Consigliere<br />

di Udine<br />

rUDES andrea<br />

m i c o l o g o<br />

Consigliere<br />

di Trieste<br />

Iniziativa realizzata<br />

con il sostegno della<br />

Provincia di Pordenone<br />

In collaborazione con<br />

Istituto d’Istruzione<br />

Superiore di Spilimbergo<br />

Provincia di<br />

PORDENONE<br />

Fonte dati<br />

associazione tartufai fVG<br />

Bragato Dott. Gilberto<br />

raggi Vivai<br />

Chiandotto Prof. Dorino<br />

Foto<br />

archivio associazione tartufai fVG<br />

Foto<br />

Ciriani Serena<br />

Grafica, impaginazione e stampa:<br />

litostil s.a.s.<br />

Via G.a. Pilacorte - Z.I.<br />

33034 fagagna (uD)


Premessa<br />

aSSoCIaZIonE tartufaI<br />

DEl frIulI-VEnEZIa GIulIa<br />

Undici anni fa, e precisamente il giorno 16 agosto 1999, veniva pubblicata sul<br />

Bollettino Ufficiale della Regione <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia n. 33, la Legge Regionale<br />

n. 23 «Disciplina di raccolta, coltivazione, conservazione e commercio<br />

dei tartufi».<br />

La Regione ha promulgato queste norme nel rispetto dei principi fondamentali<br />

stabiliti dalla Legge 16 dicembre 1985, n. 752 (GU n. 300 del 12/12/1985),<br />

assumendo come obiettivi la promozione, lo sviluppo e la valorizzazione<br />

del settore tartuficolo nell’ambito della necessaria tutela e conservazione<br />

ambientale dei territori regionali.<br />

E proprio per assolvere a questo compito un gruppo di appassionati, che da<br />

tempo si interessava di tale argomento, recepiva tale sfida ed affrontava una<br />

prima esperienza associativa nel settore, in <strong>Friuli</strong>.<br />

Nel 2002 veniva costituita l’Associazione Tartufai del <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia<br />

con sede a Spilimbergo in via Cavour, 5/e.<br />

L’Associazione non persegue scopi di lucro ed è un centro permanente di vita<br />

associativa che ha come fine fondamentale la conservazione e lo sviluppo<br />

della cultura del <strong>tartufo</strong> tipico delle nostre terre, con l’intento di garantire un<br />

riferimento di aggregazione per gli appassionati del <strong>tartufo</strong>, che consenta la<br />

tutela e l’incremento delle tartufaie, in una logica di protezione della natura e<br />

salvaguardia dell’ambiente.<br />

Tra le finalità che l’Associazione persegue ci sono:<br />

Collaborazione con enti e ricercatori impegnati nello studio e nella<br />

coltivazione del <strong>tartufo</strong>, con verifica e controllo delle piantine micorrizate.<br />

Studio della legislazione in materia di <strong>tartufo</strong> al fine della sua corretta<br />

applicazione, nonché la collaborazione propositiva alla stesura di nuovi testi<br />

normativi volti a introdurre modifiche migliorative alle leggi vigenti.<br />

Organizzare manifestazioni, incontri, dibattiti, convegni, spettacoli, feste,<br />

sagre, mostre, fiere, mercati ed escursioni, al fine di valorizzare zone o paesi<br />

vocati alla raccolta e alla coltivazione del <strong>tartufo</strong>, con particolare attenzione al<br />

recupero di aree abbandonate o depresse.<br />

Attivare rapporti e sottoscrivere convenzioni con enti pubblici e privati,<br />

nazionali ed esteri, anche per la gestione diretta di riserve, spazi e strutture.<br />

Vi hanno aderito fino ad oggi circa 150 soci, che spaziano dai semplici<br />

appassionati ricercatori ai coltivatori, ristoratori, commercianti,<br />

micologi, associazioni micologiche e amanti degli ambienti naturali<br />

della nostra regione.<br />

Nel corso degli anni, e conformemente agli indirizzi degli scopi sociali,<br />

l’Associazione ha contribuito alla modifica della Legge Regionale, cui<br />

rimandiamo, L.R. n. 17 del 25.08.2006, che ha dato un’importanza notevole<br />

all’Associazione Tartufai del <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia, peraltro unica associazione<br />

riconosciuta dalla Regione - decreto n. 2932 Servizio Produzioni Agricole<br />

del 19 ottobre 2007, con il quale se ne riconosce il ruolo istituzionale a<br />

curare la materia dei tartufi.<br />

Premessa: Associazione Tartufai del <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia 3


L’Associazione per tramite degli appassionati iscritti ha monitorato, negli<br />

anni, il territorio regionale al fine di fornire una esatta conoscenza della realtà<br />

tartuficola Friulana, per migliorare la legislazione e la conoscenza scientifica.<br />

Oggi collaboriamo con l’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale ERSA,<br />

al fine di dare una degna attuazione alla Legge Regionale in vigore, e per<br />

soddisfare l’interesse degli appassionati, semplici ricercatori, o coltivatori del<br />

prezioso <strong>Tuber</strong>.<br />

Già in passato, l’ERSA aveva eseguito uno studio sullo stato dei tartufi nel<br />

territorio regionale – pubblicato sul Notiziario ERSA n. 5, n. 6 del 2001 e n. 6<br />

del 2003 – in cui si individuavano le aree tartuficole nel <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia e si<br />

descrivevano i vari tipi di <strong>tartufo</strong> rinvenuti.<br />

Delle 9 specie di tartufi di cui è consentita e regolamentata la raccolta dalla<br />

Legge Regionale, nella nostra Regione in natura ne sono state ritrovate 7,<br />

e precisamente: <strong>Tuber</strong> magnatum Pico (bianco pregiato) in scarsissime<br />

quantità; <strong>Tuber</strong> brumale Vitt. var. moschatum in alcuni ritrovamenti; <strong>Tuber</strong><br />

aestivum Vitt. In discrete quantità; <strong>Tuber</strong> aestivum Vitt. Varietà uncinatum in<br />

alcuni ritrovamenti; <strong>Tuber</strong> brumale Vitt. in scarse quantità; <strong>Tuber</strong> borchii Vitt.<br />

(bianchetto) in discrete quantità e di ottima qualità; <strong>Tuber</strong> mesentericum<br />

Vitt. In quantità abbondante sparso per tutta la pedemontana e vallate<br />

montane del Pordenonese e Udinese.<br />

Proprio per valorizzare questo <strong>tartufo</strong>, il mesentericum, e per farne conoscere<br />

ed apprezzare il valore in cucina, in ottica di promozione gastronomica e<br />

turistica delle zone più belle della pedemontana friulana, in collaborazione<br />

con l’Istituto d’Istruzione Superiore di Spilimbergo e grazie al sostegno della<br />

Provincia di Pordenone abbiamo pensato di elaborare questa pubblicazione<br />

per divulgare al pubblico le nostre preziose esperienze.<br />

4<br />

Premessa: Associazione Tartufai del <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia


la Carta D’IDEntItà<br />

DEI tartufI<br />

Cosa sono i Tartufi<br />

I tartufi sono Funghi che si sviluppano sotto terra, cosiddetti “Simbionti”,<br />

cioè che vivono in Simbiosi con l’apparato radicale di alcune specie di alberi,<br />

scambiandosi reciprocamente alcune sostanze nutritive indispensabili per la<br />

loro vita.<br />

In Italia sono presenti circa 25 specie di Tartufo, ma solo 9 sono considerate<br />

commestibili e possono essere commercializzate.<br />

Dove si trovano<br />

La presenza dei Tartufi è legata a quella di specie arboree ed arbustive comuni<br />

in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia, quali il Nocciolo, il Carpino, le Querce, i Pioppi, i Salici,<br />

i Tigli, i Pini.<br />

Ogni Tartufo ha un ambiente di crescita specifico sia per quanto riguarda i<br />

terreni, le condizioni climatiche, sia per quanto riguarda le piante simbionti.<br />

In <strong>Friuli</strong> si possono trovare le seguenti specie commestibili di Tartufo:<br />

• <strong>Tuber</strong> Magnatum Pico (Bianco pregiato);<br />

• <strong>Tuber</strong> Borchi Vitt. (Bianchetto-marzuolo)<br />

• <strong>Tuber</strong> Aestivum Vitt. (Scorzone);<br />

• <strong>Tuber</strong> Uncinatum Ch. (Scorzone Autunnale);<br />

• <strong>Tuber</strong> Brumale Vitt.;<br />

• <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> Vitt. o nero ordinario, il più presente ed abbondante<br />

nella nostra regione.<br />

Ad oggi il <strong>Tuber</strong> Melanosporum ( nero pregiato) è stato ritrovato solo in Tartufaie<br />

coltivate, (non si hanno notizie di ritrovamenti in natura).<br />

I tartufi devono essere raccolti con l’ausilio del cane appositamente<br />

addestrato.<br />

La carta d’identità dei tartufi 5


Come si riconoscono<br />

Si presentano come dei “tuberi” di forma generalmente globosa, detti anche<br />

Carpofori. La scorza esterna o “peridio” può essere liscio o rugoso a seconda<br />

della specie. La polpa interna o “gleba” risulta sempre marmorizzata, con<br />

venature più o meno fitte. Quando sono maturi emanano un profumo<br />

caratteristico ed unico per ogni specie.<br />

Quando si trovano<br />

Ogni specie di Tartufo si sviluppa e matura in un determinato periodo<br />

dell’anno.<br />

• in autunno il <strong>tartufo</strong> bianco, l’uncinatum, il mesentericum;<br />

• in inverno e inizio della primavera il nero pregiato, il brumale<br />

e il bianchetto;<br />

• in estate ed inizio autunno lo scorzone.<br />

Conservazione ed uso in cucina<br />

I tartufi possono essere conservati freschi, congelati o trasformati in salse,<br />

patè, formaggio.<br />

Per quanto riguarda i tartufi freschi possono essere conservati per circa<br />

una o due settimane in frigorifero, in contenitori ermetici ed avvolti in carta<br />

assorbente, da sostituire almeno una volta ogni due giorni.<br />

In caso di congelamento (sconsigliato per il Bianco pregiato in quanto<br />

perderebbe almeno la metà del profumo, ma valida alternativa per tutte le<br />

altre specie), i tartufi possono essere conservati per vari mesi sia interi o<br />

affettati in contenitori con l’aggiunta di burro fuso.<br />

Per quanto riguarda l’uso in cucina, i tartufi rappresentano uno dei<br />

migliori condimenti esistenti.<br />

È consigliabile utilizzarli freschi in quanto esprimono al meglio tutti gli<br />

aromi e profumi caratteristici.<br />

6 La carta d’identità dei tartufi


la DIffuSIonE DEl<br />

tuBEr mESEntErICum<br />

In frIulI-VEnEZIa GIulIa<br />

a cura di Bragato Dott. Gilberto<br />

r i c e r c at o r e-p e d o l o g o<br />

<strong>Il</strong> <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia è stata tra le ultime regioni italiane a prendere<br />

coscienza di una propria vocazionalità tartuficola. La specie commerciabile<br />

predominante in regione è il <strong>tartufo</strong> mesenterico (<strong>Tuber</strong> mesentericum)<br />

che, pur se meno valutato, fornisce buone produzioni, interessanti non<br />

solo per il consumo fresco, circoscritto al periodo di raccolta compreso tra<br />

settembre e dicembre, ma anche per il prodotto trasformato, che potrebbe<br />

essere disponibile almeno fino all’inizio dell’estate.<br />

Le vallate e la pedemontana Pordenonese sono particolarmente vocate a<br />

questo <strong>tartufo</strong>.<br />

Da qui l’esigenza di uno studio e valorizzazione non solo per il <strong>tartufo</strong> stesso, ma<br />

anche in ottica di valorizzazione del territorio e di un turismo gastronomico.<br />

I funghi micorrizici ipogei<br />

<strong>Il</strong> regno dei funghi è caratterizzato da una grandissimo numero di specie note<br />

e da un’estrema complessità di forme, strutture e cicli biologici. Adottando<br />

la corretta terminologia tassonomica, l’interesse della nostra Associazione<br />

è però circoscritto alla divisione Eumycota e specificamente ai funghi eduli<br />

della sottodivisone Ascomycotina che formano corpi fruttiferi sotterranei e che<br />

per questa caratteristica vengono identificati con il termine generico di funghi<br />

tartufigeni. Scorrendo la tassonomia, siamo quindi interessati all’ordine delle<br />

<strong>Tuber</strong>ales, alla famiglia Eutuberacee e al genere <strong>Tuber</strong>.<br />

Caratteristica biologica fondamentale delle specie tartufigene è quella di<br />

stabilire simbiosi, cioé relazioni di mutuo scambio, con piante superiori<br />

rappresentate soprattutto da specie arboree forestali. Gli scambi – di<br />

composti organici, elementi nutritivi e acqua – avvengono nel suolo attraverso<br />

una particolare connessione anatomica tra fungo e apici radicali della pianta<br />

arborea denominata micorriza, che al microscopio ottico si presenta come un<br />

manicotto apicale di aspetto feltroso.<br />

Più in dettaglio, le micorrize che si formano dall’incontro tra specie tartufigene<br />

e piante superiori sono denominate ectomicorrize perché il micelio del fungo<br />

non penetra all’interno delle cellule dell’apparato radicale, ma esclusivamente<br />

negli spazi vuoti dei tessuti radicali, dove hanno fisicamente luogo gli scambi<br />

tra i due organismi. Nel corso del suo ciclo biologico il fungo micorrizico utilizza<br />

le sostanze messe a disposizione dall’albero simbionte per vivere e arrivare<br />

alla fruttificazione, producendo corpi fruttiferi che possono svilupparsi sopra<br />

o, nel nostro caso, sotto la superficie del suolo.<br />

<strong>Il</strong> <strong>tartufo</strong> mesenterico<br />

<strong>Il</strong> <strong>tartufo</strong> mesenterico è stato descritto per la prima volta dal Vittadini nel<br />

La diffusione del <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia 7


1831, che gli ha conferito l’aggettivo mesentericum per ricordare che le<br />

tipiche ripiegature delle vene dell’ascocarpo rassomigliano alle circonvoluzioni<br />

dell’intestino nel sacco peritoneale (mesentere). Nomi volgari, oltre a quello di<br />

<strong>tartufo</strong> mesenterico, sono quelli di <strong>tartufo</strong> nero ordinario e di <strong>tartufo</strong> di Bagnoli<br />

(dalla località campana di Bagnoli Irpino).<br />

La sua identificazione si basa, ancor oggi e nonostante le sofisticate tecniche<br />

di biologia molecolare esistenti, sulla morfologia dei corpi fruttiferi, che gioca<br />

un ruolo decisivo nella distinzione tra le diverse specie di <strong>Tuber</strong>. I corpi fruttiferi<br />

del <strong>tartufo</strong> mesenterico hanno una forma rotondeggiante quasi sempre<br />

caratterizzzata da una sezione reniforme, con depressione basale più o meno<br />

(come nella foto sottostante) accentuata.<br />

Entrando nel dettaglio, altri aspetti macroscopici e microscopici impiegati nel<br />

riconoscimento di questo fungo sono:<br />

• la forma e le caratteristiche del peridio (il tessuto esterno del corpo fruttifero)<br />

che deve avere un colore molto scuro o nero con piccole verruche piramidali<br />

a spigoli vivi come quelle visibili nella figura.<br />

• le dimensioni vanno dalla nocciola ad un mandarino; in <strong>Friuli</strong> non è raro trovare<br />

esemplari che raggiungono le dimensioni di un grosso arancio e pesi, alle volte,<br />

anche superiori ai 300 gr.<br />

• l’aspetto della gleba (la polpa del corpo fruttifero) i l<br />

cui colore vira dal bianco al grigio-bruno ed è solcata<br />

da venature bianche il cui andamento tortuoso<br />

caratterizza il <strong>tartufo</strong> mesenterico ed è ben<br />

visibile nella foto seguente.<br />

• le caratteristiche degli aschi e delle<br />

ascospore, le strutture riproduttive<br />

sessuali degli Ascomiceti. Gli<br />

aschi sono le cellule madri delle<br />

ascospore, che vengono liberate<br />

a maturità del corpo fruttifero.<br />

Aschi e ascospore sono visibili al<br />

microscopio ottico. Nella figura<br />

seguente si vede un asco di<br />

<strong>tartufo</strong> mesenterico contenente<br />

tre ascospore. Gli aschi del<br />

<strong>tartufo</strong> mesenterico contengono<br />

da 1 a 6 ascospore ellittiche caratterizzate,<br />

come in figura a pagina successiva, da una densa reticolatura.<br />

Un’ultimo aspetto utilizzato nella classificazione dei funghi, e delle specie tartufigene<br />

in particolare, è quello organolettico. Nel caso del <strong>tartufo</strong> mesenterico,<br />

l’odore caratteristico è quello di tintura di iodio o di bitume che si sente nel fungo<br />

appena raccolto e che tende a svanire dopo qualche ora e con la cottura.<br />

L’odore del corpo fruttifero gioca un ruolo importante anche nelle operazioni di<br />

ricerca e raccolta dei corpi fruttiferi, che possono essere fatte solo con l’ausilio<br />

di cani opportunamente addestrati per il suo riconoscimento.<br />

Le caratteristiche macroscopiche del corpo fruttifero delle specie tartufi-<br />

8 La diffusione del <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia


gene non hanno solo valore<br />

scientifico, ma anche una<br />

notevole importanza per la<br />

commercializzazione dei<br />

tartufi. Su di esse si basa<br />

la differenziazione dei<br />

vari tartufi commerciabili,<br />

la valutazione della<br />

qualità del prodotto e<br />

il prezzo che esso può<br />

raggiungere. Nel caso<br />

del <strong>tartufo</strong> mesenterico,<br />

le caratteristiche morfologiche<br />

sono indispensbili per<br />

distinguerlo dal <strong>tartufo</strong> estivo o<br />

<strong>tartufo</strong> scorzone (<strong>Tuber</strong> aestivum),<br />

specie geneticamente affine al <strong>Tuber</strong><br />

mesentericum. I caratteri differenziali sono<br />

rappresentati dall’aspetto reniforme del <strong>tartufo</strong><br />

mesenterico, dagli spigoli vivi delle verruche del peridio, dall’andamento<br />

circonvoluto delle vene della gleba e dall’odore di iodoformio.<br />

Diffusione e biologia del <strong>tartufo</strong> mesenterico<br />

<strong>Il</strong> nostro fungo ipogeo è presente in buona parte dell’Europa centrooccidentale,<br />

nelle aree pedemontane e montane che vanno dai Pirenei<br />

ai Carpazi e che sono caratterizzate dalla presenza di formazioni rocciose<br />

calcaree o comunque ricche in carbonato di calcio. In Italia, si ritrova in parte<br />

dell’arco alpino, lungo la dorsale appenninica e in Sardegna: come con altre<br />

specie di <strong>Tuber</strong>, per motivi climatici le aree produttive italiane tendono a salire<br />

in altitudine secondo la direttrice nord-sud. Nel caso del <strong>tartufo</strong> mesenterico<br />

si passa dalle quote inferiori ai 200 m di altitudine dell’alta pianura friulana agli<br />

oltre 1500 m degli Appennini meridionali.<br />

I simbionti di questa specie tartufigena sono rappresentati da varie essenze<br />

arboree forestali che sono comuni anche ad altre specie del genere <strong>Tuber</strong>, le<br />

più comuni tra queste sono il carpino nero (Ostrya carpinifolia), il cerro (Quercus<br />

cerris), il nocciolo (Corylus avellana) e la roverella (Quercus pubescens). A<br />

queste specie si aggiungono il faggio (Fagus sylvatica), il pino nero (Pinus<br />

nigra) e il pino silvestre (P. sylvestris), che il <strong>tartufo</strong> mesenterico ha in comune<br />

solo con il <strong>tartufo</strong> estivo o scorzone (<strong>Tuber</strong> aestivum). In <strong>Friuli</strong> le piante simbionti<br />

più diffuse sono il nocciolo ed il carpino nero.<br />

Come alcune altre specie di <strong>Tuber</strong>, il <strong>tartufo</strong> mesenterico ha la capacità di<br />

creare aree denudate intorno all’albero simbionte, denominate “pianelli” o<br />

“bruciate”. Uno di questi è ben visibile nella foto a pagina successiva.<br />

I pianelli sono imputabili all’attività “diserbante” del fungo, il quale produce<br />

sostanze allelopatiche che impediscono la germinazione e la crescita delle<br />

piante erbacee, in particolar modo le graminacee. La creazione del pianello<br />

non è però obbligatoria: nei boschi fitti lo sviluppo dello strato erbaceo viene<br />

limitato semplicemente dall’ombra creata dalle chiome e il <strong>tartufo</strong> mesenterico<br />

può limitare l’intervento diradante, risparmiando energia metabolica.<br />

La diffusione del <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia 9


La funzione del pianello non è stata ancora chiarita del tutto. È certo che<br />

nella zona diradata si verifica un aumento dell’aerazione e della sofficità<br />

del suolo. Sembra, inoltre, che i materiali organici delle piante erbacee<br />

eliminate siano utili al <strong>tartufo</strong> per il suo nutrimento, forse nella fase di<br />

accrescimento dei corpi fruttiferi.<br />

<strong>Il</strong> <strong>tartufo</strong> mesenterico fruttifica dall’autunno all’inizio della primavera, venendo<br />

generalmente raccolto prevalentemente alla profondità di 5-10 cm. La raccolta<br />

viene agevolata dalla presenza del pianello perché i corpi fruttiferi si rinvengono<br />

solo all’interno dell’area diradata, prevalentemente in prossimità dei bordi.<br />

L’habitat del <strong>tartufo</strong> mesenterico<br />

Gli ambienti di crescita del T. mesentericum hanno finora ricevuto<br />

scarsissima attenzione, tanto che si possono segnalare solo le indagini<br />

di Palenzona e altri a Bagnoli Irpino (1976) – indagini fondamentali cui<br />

faranno riferimento più o meno esplicito tutte le indagini successive –,<br />

quelle di Napoliello e altri in Irpinia e altre aree campane (1990) e quelle<br />

di Gregori in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia (2001).<br />

<strong>Il</strong> lavoro di Palenzona e altri è sicuramente il più esaustivo, avendo preso in<br />

considerazione non solo gli aspetti micologici, ma anche quelli botanici e<br />

pedologici relativi agli ambienti del <strong>tartufo</strong> mesenterico. Gli Autori segnalano la<br />

localizzazione delle tartufaie su calcari mesozoici eventualmente ricoperti da<br />

ceneri di origine vulcanica, in zone dove la temperatura media annua si attesta<br />

intorno a 8,3 °C, la piovosità arriva anche a 2200 mm/anno, la siccità estiva è<br />

attenuata e vi sono 45 giorni di potenziali gelate. Entrando più in dettaglio, essi<br />

notano che le tartufaie si collocano sempre su pendici soggette ad erosione,<br />

dove prevale il pino nero come simbionte, o dossi non interessati da fenomeni<br />

erosivi, dove il simbionte più frequente è il faggio. I suoli risultano inoltre essere<br />

ben drenati, caratterizzati da un pH neutro o debolmente alcalino (conferito loro<br />

dalla presenza di carbonato di calcio o di calcio scambiabile), da un elevato<br />

contenuto in sostanza organica (soprattutto nelle superfici dove sono presenti<br />

ceneri vulcaniche) e da una tessitura tendenzialmente grossolana.<br />

Le indagine fatte da Gregori (2001) in collaborazione con ERSA concordano<br />

10 La diffusione del <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia


per molti aspetti con quanto osservato da Palenzona e altri. Tutte le località<br />

produttive rilevate si localizzano su calcari mesozoici e sedimenti torbiditici<br />

eocenici ricchi in carbonato di calcio, circa l’80% di esse è caratterizzate da<br />

una piovosità annua superiore ai 1500 mm e la temperatura media si aggira<br />

su 11-12 °C. Tutti questi fattori favoriscono lo sviluppo di simbionti quali il<br />

carpino nero, il faggio, il nocciolo, il pino nero e la roverella. I suoli, inoltre, sono<br />

frequentemente caratterizzati da frammenti rocciosi abbondanti, da un tenore<br />

in sostanza organica elevato e da un pH quasi sempre superiore a 7,0.<br />

Passando dalle pubblicazioni alle esperienze dirette fatte dalla nostra<br />

Associazione, alle osservazioni possiamo aggiungere alcune informazioni<br />

più precise sulle caratteristiche degli habitat del <strong>tartufo</strong> mesenterico nelle<br />

nostre aree. Un aspetto biologico distintivo è dato dagli alberi simbionti: al<br />

pino nero e al faggio della zona irpina si sostituiscono il nocciolo e il carpino<br />

nero, eventualmente accompagnati dalla roverella. Riguardo alla posizione nel<br />

paesaggio, tutte le località di raccolta sono disposte in aree pianeggianti o in<br />

versanti e zone di raccordo tra pendici e fondovalle ben esposti, situati cioè<br />

nelle posizioni più calde e soleggiate dei paesaggi collinari e montani.<br />

Partendo da questi ultimi, esistono due tipologie di luoghi produttivi. La<br />

più frequente e quella costituita dai boschi localizzati ai margini di coltivi<br />

abbandonati o di prati sfalciati come quello che si vede nella figura sopra.<br />

Spesso queste zone sono situate in aree ripiananti di fondovalle e di versante,<br />

nonché nelle zone di raccordo tra pendice e fondovalle. L’idoneità di questi<br />

luoghi per la produzione tartuficola si spiega con un microclima relativamente<br />

più caldo rispetto alle porzioni interne del bosco, con l’effetto residuale delle<br />

vecchie lavorazioni e con l’attività di sfalcio, che agevola lo sforzo del <strong>tartufo</strong><br />

mesenterico nella creazione del pianello. Una notazione importante dal punto<br />

di vista ecologico è che le posizioni di bordo descritte sono caratterizzate<br />

da un equilibrio dinamico la cui modificazione incide anche sulla presenza<br />

del <strong>tartufo</strong> mesenterico. Se gli sfalci e le altre operazioni agricole favoriscono<br />

la produzione, il completo abbandono di tali attività determina il ritorno del<br />

bosco, una riduzione dell’insolazione diretta, il raffreddamento del microclima<br />

e la scomparsa se non del fungo stesso, almeno della sua fruttificazione.<br />

La diffusione del <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia 11


In ordine di frequenza, il secondo habitat del <strong>tartufo</strong> mesenterico è rappresentato<br />

dai boschi di nocciolo che si localizzano in zone di versante ben esposte,<br />

localizzate della fascia pedemontana e montana pordenonese e friulana in<br />

genere. In queste condizioni, nonostante le chiome ombreggino fortemente<br />

le superfici, la buona esposizione dei versanti consente di mantenere un microclima<br />

relativamente caldo. L’ombreggiamento, d’altro canto, consente al<br />

fungo di risparmiare energie nella creazione del pianello, dedicandole piuttosto<br />

alla fruttificazione.<br />

Riguardo all’aspetto del suolo nei punti di raccolta, in entrambi gli habitat<br />

descritti si ritrovano suoli di colore scuro eventualmente coperti, nel periodo di<br />

raccolta, dalla lettiera fresca dell’anno. Dalle segnalazioni dei nostri associati,<br />

inoltre, sembra sia infrequente trovare un accumulo di materiali organici poco<br />

decomposti nei punti di raccolta, ulteriore segno di un microclima relativamente<br />

temperato che favorisce l’attività di metabolizzazione della lettiera forestale.<br />

<strong>Il</strong> terzo habitat presente prevalentemente in aree di pianura della provincia di<br />

Pordenone è quello dei rimboschimenti artificiali di carpino nero attuati con i<br />

contributi del Regolamento CEE 2080/1992.<br />

Sono boschi giovani che però hanno già ombreggiato completamente la<br />

superficie, agevolando la formazione dei pianelli. I suoli sono stati a lungo<br />

coltivati e non presentano i livelli di accumulo di sostanza organica che si<br />

registrano negli altri habitat.<br />

<strong>Il</strong> periodo di maturazione può andare da ottobre a marzo/aprile. In <strong>Friuli</strong> si è<br />

notato che nelle zone tartufigene di fondovalle ed in coincidenza della fascia<br />

pedemontana, la maturazione è spesso anticipata ad agosto/settembre.<br />

Sono stati rinvenuti carpofori anche a giugno/luglio che solitamente si<br />

presentano molto attaccati da insetti ed invasi da larve, marcescenti o<br />

generalmente di rapido deperimento.<br />

12 La diffusione del <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia


Le peculiarità degli ambienti friulani<br />

La valorizzazione della produzione tartuficola della provincia di Pordenone<br />

dovrebbe fondarsi sul medesimo concetto di terroir utilizzato in<br />

vitivinicoltura. Bisognerebbe cioé esplicitare le peculiarità che legano il<br />

<strong>tartufo</strong> mesenterico agli ambienti naturali delle nostre zone.<br />

Pur essendo alquanto scarne le notizie sulla distribuzione della produzione<br />

tartuficola, i dati a disposizione dell’Associazione Tartufai del <strong>Friuli</strong>-Venezia<br />

Giulia consentono di affermare che questo legame esiste e può essere<br />

sfruttato per valorizzare la produzione tartuficola della regione in generale<br />

e della provincia di Pordenone in particolare.<br />

La vocazione friulana per la produzione di <strong>tartufo</strong> mesenterico può essere<br />

evidenziata attraverso il confronto con il <strong>tartufo</strong> estivo (<strong>Tuber</strong> aestivum). Le<br />

due specie sono geneticamente affini, nonchè comparabili per tipologia<br />

di simbionti (carpino nero, nocciolo, roverella) e di aree produttive (aree<br />

prative/pascolive al margine del bosco, zone boscate non eccessivamente<br />

fitte). Tuttavia, mentre il <strong>tartufo</strong> estivo predomina in gran parte d’Italia,<br />

nelle aree tartuficole regionali lascia la scena al <strong>tartufo</strong> mesenterico, che<br />

diventa la specie regina nella fascia pedemontana e nelle zone montane<br />

contermini.<br />

La vocazionalità del <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia per questo <strong>tartufo</strong> è verosimilmente<br />

legata alla piovosità media della nostra regione, una delle più elevate d’Italia.<br />

Se si osserva una carta della distribuzione delle precipitazioni in <strong>Friuli</strong>-<br />

Venezia Giulia (reperibile ad esempio all’indirizzo www.osmer.fvg.it/~www/<br />

IT/CLIMATOLOGIA/MAPPE_FVG/mappe/piogge_stat_med_anno.png).<br />

Si potra notare che le aree di massima diffusione del <strong>tartufo</strong> mesenterico<br />

sono quelli in cui la piovosità media annua supera i 1600-1700 mm, mentre<br />

il <strong>tartufo</strong> estivo comincia a comparire nella fascia pluviometrica dei 1300-<br />

1700 mm/anno.<br />

In termini di caratteristiche del suolo, è presumibile che un aumento della<br />

La diffusione del <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia 13


Piogge 1961 - 2000: media anno.<br />

Dati: Direzione Centrale Ambiente e Lavori Pubblici Servizio Idraulica<br />

Elaborazione: ARPA-OSMER 30/05/2008<br />

piovosità comporti un maggior dilavamento dei carbonati e un maggior<br />

accumulo di sostanza organica, segnalato dal colore scuro del suolo<br />

notato in molte aree di raccolta. I dati raccolti da ERSA-FVG non sono<br />

tuttavia sufficienti a evidenziare questi aspetti e sarebbe utile approfondire<br />

l’argomento partendo dall’ipotesi che il <strong>tartufo</strong> mesenterico sia più<br />

competitivo del <strong>tartufo</strong> estivo proprio in queste condizioni, che si possono<br />

considerare estreme per la gran parte delle specie del genere <strong>Tuber</strong>.<br />

Una seconda peculiarità, specifica delle aree produttive pordenonesi,<br />

è rappresentata dai rimboschimenti “2080”. In controtendenza con il<br />

generale regresso produttivo e la contrazione delle aree di raccolta che<br />

sta toccando i tartufi d’interesse commerciale, il <strong>tartufo</strong> mesenterico sta<br />

andando incontro ad un ampliamento dell’areale produttivo. Visto che nei<br />

rimboschimenti “2080” non sono stati utilizzati semenzali appositamente<br />

micorrizati con T. mesentericum, il fenomeno può essere imputato a due<br />

diverse cause, una involontaria micorrizzazione dei semenzali in vivaio<br />

e/o la presenza di spore dormienti di <strong>tartufo</strong> mesenterico nelle aree<br />

di attuale raccolta. Quale che sia l’origine del fenomeno, l’aspetto da<br />

sottolineare è che i rimboschimenti produttivi sono stati fatti in suoli idonei<br />

alla colonizzazione e fruttificazione del <strong>tartufo</strong> mesenterico. In termini<br />

pratici sarebbe quindi possibile definire la tipologia di suolo presente nei<br />

14 La diffusione del <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia


imboschimenti produttivi per spendere questa informazione nell’ambito<br />

del vigente Piano di Sviluppo Rurale regionale allo scopo di attuare, in aree<br />

di pianura, interventi di rimboschimento mirati non solo alla produzione<br />

legnosa ma anche a quella del <strong>tartufo</strong> mesenterico, con l’eventuale impiego<br />

di semenzali appositamente micorrizati con questo <strong>tartufo</strong>.<br />

Un’ultima interessante peculiarità, emersa proprio nei rimboschimenti<br />

“2080”, riguarda i caratteri organolettici dei tartufi raccolti. In queste<br />

aree, infatti, la produzione non manifesta il marcato odore di iodoformio<br />

considerato caratteristico della specie. Quali che siano le cause all’origine<br />

del fenomeno (il cui studio meriterebbe uno specifico approfondimento<br />

scientifico), questo fatto può avere due importanti risvolti. In primo luogo,<br />

tartufi con queste caratteristiche sono più indicati per il consumo fresco<br />

e spuntano prezzi di mercato superiori. In secondo luogo, la discordanza<br />

con le caratteristiche organolettiche ritenute tipiche del T. mesentericum<br />

suggerisce di riaprire il dibattito sui caratteri organolettici “centrali” della<br />

specie, che potrebbero essere più prossimi di quanto si pensi a quelli della<br />

produzione friulana.<br />

Bibliografia<br />

• Gregori, G. (2001) Individuazione di aree tartuficole nel <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia.<br />

Notiziario ERSA 5/2001:27-32.<br />

• Napoliello A., Pintozzi P., Verdoliva A. (1990) <strong>Il</strong> <strong>tartufo</strong> in Campania. Atti 2°<br />

Congresso Internazionale sul Tartufo. Comunità Montana dei Monti Martani<br />

e del Serano, Spoleto, pp. 539-544.<br />

• Palenzona M., Curto A., Mondino G. P., Saladin R. 1976. <strong>Il</strong> <strong>tartufo</strong> di Bagnoli<br />

<strong>Tuber</strong> mesentericum Vitt. Camera di Commercio Industria, Artigianato e<br />

Agricoltura, Avellino, 48 pp.<br />

• Vittadini C. 1831. Monographia <strong>Tuber</strong>acearum p. 40.<br />

La diffusione del <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia 15


analISI tErrEnI haBItat<br />

DEl <strong>tartufo</strong> nEro<br />

<strong>frIulano</strong><br />

CAMPIONI 1 2 3 4<br />

% scheletro ( Ø >2 mm ) 78 54 68 58<br />

% terra fine (Ø < 2mm ) 22 46 32 42<br />

% sabbia (2mm >Ø >0,02mm ) 84 68 66 78<br />

% limo (0,02 mm > Ø > 0,002 mm) 12 20 20 17<br />

% argilla (Ø < 0,002 mm) 4 12 14 5<br />

pH in H 2 O (1: 2,5 ) 8,33 8,28 8,31 8,17<br />

pH in KCl 1 N (1: 2,5 ) 7,15 7,24 7,31 7,32<br />

% calcare tot. (CaCO 3 ) 29 25 50 37<br />

% calcare attivo 1,9 1,4 1,3 1,0<br />

% S.O. (sost. organica ) 13.8 7,4 5,7 14,7<br />

Legenda campioni:<br />

1) Terreni impianti 2080/92<br />

2) Terreni impianti 2080/92<br />

3) Terreni impianti 2080/92<br />

4) Bosco di nocciolo naturale<br />

a cura di Chiandotto Prof. Dorino<br />

d e l l’istituto d i is t r u z i o n e su p e r i o r e d i sp i l i m b e r g o<br />

16 Analisi terreni habitat del <strong>tartufo</strong> friulano


tutEla E ValorIZZaZIonE:<br />

la lEGGE rEGIonalE<br />

SuI tartufI<br />

Come già anticipato in <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia il settore dei tartufi è<br />

regolamentato dalla legge Regionale n. 23 del 16 agosto 1999 (e<br />

successive modifiche ed integrazioni).<br />

Nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legge nazionale 16<br />

dicembre 1985, n. 752, con la citata normativa la Regione FVG disciplina<br />

la raccolta, la coltivazione, la conservazione ed il commercio dei<br />

tartufi nel proprio territorio, assumendo come obiettivi la promozione,<br />

lo sviluppo e la valorizzazione del settore tartuficolo nell’ambito della<br />

necessaria tutela e conservazione ambientale dei territori interessati.<br />

In particolare la legge, a cui rimandiamo, stabilisce che:<br />

• la raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati;<br />

• la raccolta è consentita solo nei periodi previsti dal calendario regionale;<br />

• la raccolta del <strong>tartufo</strong> è consentita esclusivamente con l’impiego del<br />

vanghetto;<br />

• per poter raccogliere il <strong>tartufo</strong> bisogna munirsi di un apposito tesserino di<br />

abilitazione dopo aver superato l’esame;<br />

• la ricerca del <strong>tartufo</strong> deve essere effettuata con l’ausilio del cane<br />

appositamente addestrato;<br />

• le buche o forate aperte per l’estrazione del <strong>tartufo</strong> devono essere riempite<br />

subito dopo con il medesimo terreno di scavo;<br />

• la ricerca e la raccolta dei tartufi sono vietate nelle ore notturne.<br />

Tutela e valorizzazione: la legge regionale sui tartufi 17


Prof<strong>Il</strong>o SEnSorIalE DEl<br />

tuBEr mESEntErICum<br />

a cura di Mondello Dott. Alessandro<br />

Noto volgarmente come “Tartufo nero ordinario o Tartufo di Bagnoli” in Abruzzo<br />

è addirittura chiamato “<strong>tartufo</strong> all’acido fenico” per lo spiccato odore di fenolo<br />

e di iodoformio che emana.<br />

<strong>Il</strong> profilo sensoriale del <strong>Tuber</strong> mesentericum è piuttosto interessante in quanto<br />

si caratterizza per due differenti aspetti. <strong>Il</strong> primo è il suo odore caratteristico<br />

precedentemente menzionato con note pungenti che ricordano la tintura di<br />

iodio, trielina, catrame e note salmastre tutte sensazioni molto decise che<br />

però si attenuano nel tempo e si trasformano in note più ampie e complesse<br />

nell’utilizzo in cucina.<br />

Infatti il <strong>tartufo</strong> mesenterico, a seconda della zona in cui viene raccolto presenta<br />

anche sentori di tabacco affumicato, china, rabarbaro, chiodi di garofano, note<br />

delicate di miele di grano saraceno e di sottobosco.<br />

In cucina molte sono le preparazioni che lo vedono protagonista, viene utilizzato<br />

per la preparazione di numerosi primi piatti che prevedono unicamente per<br />

questo tipo di <strong>tartufo</strong> l’utilizzo della panna da cucina che ha la funzione di<br />

attenuare i suoi sentori primari. Nelle altre preparazioni normalmente il <strong>tartufo</strong><br />

viene grattugiato in modo che gli aromi più complessi si possano esprimere e<br />

si integrino perfettamente con le pietanze a cui viene aggiunto.<br />

Se preparato adeguatamente questo <strong>tartufo</strong> è in grado di dare delle belle<br />

soddisfazioni in cucina e di fare bella figura anche nei confronti dei suoi parenti<br />

più nobili. Per l’abbinamento con i vini si consiglia di proporre vini del territorio<br />

con una particolare attenzione ai vini rossi di medio corpo.<br />

18 Profilo sensoriale del <strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong>


RICETTE A BASE DI<br />

TARTUFO NERO FRIULANO


Ingredienti per 1 kg di salsa<br />

• 1 kg di <strong>tartufo</strong> Mesenterico<br />

• 1 litro abbondante di olio d’oliva<br />

(che non sia di aroma intenso:<br />

andrebbe a coprire i profumi del <strong>tartufo</strong>)<br />

• 3 spicchi di aglio<br />

• Pasta di acciuga<br />

• Sale q.b.<br />

• Succo di mezzo limone<br />

• 1 cucchiaio da minestra di aceto<br />

Preparazione<br />

• Sbucciare i tre spicchi d’aglio, metterli in una<br />

padella con l’olio e farli rosolare a fuoco basso<br />

fino a quando saranno dorati.<br />

• Quando l’aglio è imbiondito, spegnere il fuoco e<br />

togliere l’aglio.<br />

• Macinare molto finemente il <strong>tartufo</strong> con un robot<br />

da cucina, fino ad assumere la consistenza del<br />

pepe macinato.<br />

• Quando l’olio si è un po’ raffreddato, aggiungere<br />

il <strong>tartufo</strong> e circa mezzo tubetto di pasta<br />

d’acciuga.<br />

• Riaccendere il fuoco ed aggiungere il limone e<br />

l’aceto mescolando con cura il tutto, regolando<br />

se serve di sale.<br />

• Quando la salsa ritorna a bollire, attendere un<br />

paio di minuti per poi spegnere.<br />

N.B.: se si desidera una salsa ancora più cremosa,<br />

passarla con il mixer ad immersione.<br />

Può essere conservata per vari mesi<br />

congelata, oppure in frigo in un vasetto di<br />

vetro per alcuni giorni.<br />

Ricetta a cura di Baratto Emanuele,<br />

segretario dell’Ass. tartufai FVG.<br />

20<br />

SalSa al <strong>tartufo</strong><br />

nEro frulano


PASTA (“BLECS” FRIULANI)<br />

CON FONDUTA<br />

DI “FORMAI TAL CIT”<br />

AL TARTUFO NERO FRIULANO<br />

Ingredienti per 4 persone<br />

• Formai “Tal Cit” (antico Formaggio delle Vallate Pordenonesi)<br />

• 50 grammi di Tartufo Nero Friulano (<strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong>)<br />

• Burro q.b.<br />

• Panna q.b.<br />

• Latte q.b.<br />

• Parmigiano o pecorino grattugiato<br />

Preparazione<br />

• In una padella, far sciogliere il burro e il “formai tal cit” a fuoco basso,<br />

finchè raggiunge la consistenza di una fonduta il più morbida possibile.<br />

• Aggiungere poi circa 30 grammi di <strong>tartufo</strong> tagliato a Julien.<br />

• Cuocere il tutto per circa 2/3 minuti a fuco lento.<br />

• Nel frattempo cuocere la pasta ( i risultati migliori si hanno con i “blecs<br />

friulani” o altra pasta fresca tipo tagliatelle o tagliolini).<br />

• Si consiglia di cuocere la pasta in brodo vegetale anziché in acqua.<br />

• Scolare la pasta e versarla nella padella della fonduta.<br />

• Mantecare la pasta aggiungendo un po’ di panna.<br />

• Distribuire la pasta nei piatti e spolverare ciascun piatto con il restante<br />

<strong>tartufo</strong> con un pizzico di parmigiano o pecorino.<br />

Un piccolo consiglio...<br />

Per ogni piatto a base di <strong>tartufo</strong>, usare SEMPRE piatti caldi (magari scaldati<br />

in forno); questo per poter apprezzare fino all’ultima forchettata questo<br />

gustosissimo piatto.<br />

Ricetta a cura di Baratto Emanuele, segretario dell’Ass. tartufai FVG.<br />

21


22<br />

ChItarrInE (aBruZZESI)<br />

al <strong>tartufo</strong> nEro<br />

<strong>frIulano</strong><br />

(<strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong> Vitt.)<br />

Ingredienti per 4 persone<br />

• 400 gr. di chitarrina di grano duro all’uovo<br />

• 2 spicchi d’aglio<br />

• Prezzemolo tritato<br />

• Burro di malga q.b.<br />

• 100 gr. di <strong>tartufo</strong><br />

• Olio extravergine d’oliva ( 1 cucchiaio)<br />

• Sale e pepe<br />

Preparazione<br />

• Sciogliere il burro e fare imbiondire l’aglio; quando<br />

l’aglio è imbiondito, toglierlo ed aggiungere<br />

il <strong>tartufo</strong> tagliato a julien con una spruzzata di<br />

prezzemolo per circa 2 minuti, sempre a fuoco<br />

lento.<br />

• Cucinare la pasta in acqua salata, quando la<br />

pasta sarà pronta, scolarla, unirla al burro e<br />

mantecare il tutto aggiungendo un cucchiaio di<br />

olio un pizzico di pepe e sale.<br />

• Servire in piatti caldi.<br />

Ricetta a cura dell’Enoteca con Cucina AQUILA<br />

NERA di Barcis (PN) e degustabile presso la<br />

stessa Enoteca.<br />

Enoteca<br />

Ristorante-Tipico<br />

Via Roma, 18<br />

Barcis (PN)<br />

tel. 0427 76390<br />

Cucina stagionale<br />

e del territorio<br />

Taglieri di salumi<br />

Serate organizzate<br />

Vini, grappe e...fantasia!<br />

Su prenotazione - chiuso il lunedì


INSALATA<br />

AL TARTUFO NERO<br />

FRIULANO<br />

Ingredienti per 8 persone<br />

• Mezzo cespo di insalata verde (tipo lattuga,<br />

lattuga romana o insalata gentile) curata e lavata<br />

• 2 mele (sbucciate)<br />

• 8/10 noci<br />

• Tartufo Nero Friulano affettato<br />

• Olio<br />

• Sale<br />

• Pepe<br />

• A scelta, aceto balsamico o limone<br />

• A piacere, alcuni chicchi di melograno<br />

Preparazione<br />

• In una terrina capiente mescolare assieme l’insalata, della mela tagliata a<br />

cubetti piccoli o a fettine sottili, le noci sminuzzate (ma non troppo piccole)<br />

ed il Tartufo tagliato a fettine sottili con il tagliatartufi, oppure sminuzzato<br />

con frullatore.<br />

• Condire con olio d’oliva, sale e pepe.<br />

• A scelta si può aggiungere dell’aceto balsamico oppure del limone, e alcuni<br />

chicchi di melograno.<br />

• Mescolare con cura il tutto e servire.<br />

Ricetta a cura della Sig.ra Nerina e Attilio Bolzon,<br />

soci dell’Assocciazione tartufai FVG.<br />

23


24<br />

PolEnta al<strong>tartufo</strong><br />

nEro <strong>frIulano</strong><br />

Ingredienti per 4 persone<br />

• 30 g di Tartufo Nero Friulano<br />

• 300 g di farina di mais<br />

• 100 g di pancetta affumicata<br />

• 1 spicchio di aglio in camicia<br />

• 250 g di formaggi misti come Montasio, Latteria o formaggio di malga (si<br />

consigliano anche “Formai Tal Cit” e “Formadi Frant”)<br />

• Mezzo bicchiere di latte<br />

• 200 g di pane grattugiato<br />

• 3-4 cucchiai di olio extra vergine di oliva<br />

• Sale<br />

• Noce moscata<br />

Procedimento<br />

• Preparate la polenta, regolate di sale e fate in modo che a cottura ultimata<br />

risulti morbida.<br />

• Nel frattempo fate tostare in una padella il pan grattato, mescolate di tanto<br />

in tanto con un cucchiaio di legno fino ad ottenere una doratura uniforme,<br />

salate, aggiungete l’olio extra vergine di oliva e trasferite il tutto in un altro<br />

contenitore per fermare la cottura.<br />

• Fate rosolare in una padella la pancetta affumicata e l’aglio in camicia<br />

(appena schiacciato) con un filo di olio.<br />

• Mettete il latte in un tegamino a fuoco moderato, una grattata di noce<br />

moscata ed i formaggi tagliati a cubetti.<br />

• Quando gli ingredienti si saranno amalgamati toglieteli dal fuoco e aggiungete<br />

la pancetta rosolata e la raspadura di <strong>tartufo</strong>.<br />

Presentazione<br />

Distribuite la polenta sul fondo del piatto, uno strato leggero di pane grattato,<br />

versate la crema di formaggi e <strong>tartufo</strong> e guarnite il piatto con julienne di<br />

montasio e scaglie di <strong>tartufo</strong>.<br />

Ricetta di Alessandro Mondello<br />

Co-fondatore dell’ associazione “Mondo Tartufo”.


PICCIONE AL FORNO<br />

RIPIENO CON TARTUFO<br />

NERO FRIULANO<br />

Ingredienti<br />

• Piccione già pulito<br />

• Pancetta<br />

• Spago per legare<br />

Per il ripieno<br />

• Salvia<br />

• Rosmarino<br />

• Cuore e fegato del piccione tritati<br />

• Uova<br />

• Pane grattugiato<br />

• Salsiccia fresca (Lovison)<br />

• Tartufo Nero Friulano<br />

• Aglio<br />

Albergo Ristorante<br />

Osteria da Afro<br />

Via Umberto I, 14<br />

33097 Spilimbergo (Pn)<br />

Tel./Fax 0427 2264<br />

www.osteriadaafro.it<br />

Preparazione<br />

• Impastare il ripieno e riempire il piccione.<br />

• Foderare con la pancetta il piccione, legare il tutto con lo spago da cucina<br />

aggiungendovi sopra ancora qualche scaglia di <strong>tartufo</strong>.<br />

• Cucinare in forno a 180° per 30/40 minuti.<br />

Questa ricetta è stata curata dal Ristorante Osteria da Afro di Spilimbergo<br />

e la si può degustare presso lo stesso ristorante.<br />

25


26<br />

FORMAGGIO<br />

AL TARTUFO NERO<br />

FRIULANO<br />

Ingredienti<br />

• Latte di mucca o pecora<br />

• 500/600 g di Tartufo Nero Friulano (<strong>Tuber</strong> <strong>Mesentericum</strong>)<br />

per ogni 10 kg di formaggio (sufficienti per circa 20 caciotte)<br />

• Sale<br />

Preparazione<br />

• Tagliare il <strong>tartufo</strong> a julien aggiungendo un pò di olio e sale.<br />

• Effettuare la cagliata del formaggio e dopo averla tolta dal siero, mescolarla<br />

con il <strong>tartufo</strong> ed il sale.<br />

• Disporre il composto nelle apposite vaschette (ad esempio quelle usate per<br />

fare le caciotte).<br />

• Stagionare il formaggio in appositi locali per circa 30/60 giorni, prima di<br />

consumarlo.<br />

N.B.: logicamente se non si hanno le nozioni, i materiali ed i locali idonei per<br />

la preparazione delle caciotte, rivolgersi ad un casaro di fiducia. Fare molta<br />

attenzione alla stagionatura, per evitare di rovinare il formaggio.<br />

Ricetta a cura del Segretario BARATTO Emanuele<br />

e del consigliere CUSSIGH Pietro dell’Associazione tartufai FVG.


Grazie al contributo di:<br />

Azienda Valchiarò Srl • Via dei Laghi 4/c • I-33040 Torreano<br />

Tel. +39 0432 715502 • Fax +39 0432 715735<br />

Via Cerchia di S. Egidio 3000 - 47023 Cesena (FC) - ITALY<br />

Tel. 0547.382171 / 340.9042789 - Fax 0547.631874<br />

info@raggivivai.it - www.raggivivai.it<br />

Pensione per cani e gatti<br />

Addestramento cani da <strong>tartufo</strong><br />

Strada Grande, 50/2 - Fraz. Merella<br />

15067 Novi LiGure (AL)<br />

Tel. 0143.329954<br />

www.cascinalapescatora.it<br />

<strong>Il</strong> Tartufo Nero Friulano<br />

si può degustare anche da:<br />

Manazzons di Pinzano al tagliamento - 33094 PorDEnonE<br />

tel. 0432.950003 - 0432.950612<br />

chiuso domenica sera e lunedì - www.trattoriaivanaesecondo.com


Provincia di Pordenone<br />

www.provincia.pordenone.it<br />

prov.pn@cert.provincia.pn.it<br />

Associazione Tartufai<br />

del <strong>Friuli</strong>-Venezia Giulia<br />

Via Cavour, 5/e<br />

33097 Spilimbergo (PN)<br />

Tel. 338.1997224<br />

info@tartufaifvg.it - www.tartufaifvg.it<br />

Istituto d’Istruzione<br />

Superiore di Spilimbergo<br />

con sez. associate<br />

I.T.Ag. - I.T.I.S. - I.P.S.C.T.<br />

Via degli Alpini, 1<br />

33097 Spilimbergo (PN)<br />

Tel. 0427.40392 - Fax 0427.40898<br />

istsup@isspilimbergo.iti

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