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LA REPLICA DELLO STUDIOLO DI FEDERICO DA ... - Farneti, Mario

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Associazione Maggio Eugubino<br />

<strong>LA</strong> <strong>REPLICA</strong> <strong>DELLO</strong><br />

<strong>STU<strong>DI</strong>OLO</strong><br />

<strong>DI</strong> <strong>FEDERICO</strong> <strong>DA</strong> MONTEFELTRO<br />

NEL PA<strong>LA</strong>ZZO DUCALE <strong>DI</strong><br />

GUBBIO<br />

Testo e disegni di<br />

Vincenzo Ambrogi<br />

Fotografie Giampaolo Pauselli<br />

Traduzione testi latini Filippo <strong>Mario</strong> Stirati<br />

Traduzione inglese Anna Lisa Rossetto<br />

copyright © 2011 Vincenzo Ambrogi<br />

Tutti i diritti riservati


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

Nel Palazzo Ducale di Gubbio è stata ricostruita la replica della stanza dello<br />

Studiolo del Duca Federico. Questo capolavoro del Rinascimento italiano era stato<br />

smembrato in vari musei di New York, Londra e Berlino. Nel presente testo sono<br />

descritti i dettagli dell’operazione, le caratteristiche dell’opera e le soluzioni adottate<br />

per la realizzazione della copia.<br />

Le ragioni di una replica<br />

E’ lecito indirizzare una così grande quantità di denari per creare un falso? Non sarebbe<br />

stato meglio destinare risorse finanziarie così importanti per conservare beni preesistenti?<br />

Quali sono state le ragioni per creare un replica?<br />

La particolarità dell’opera. Lo Studiolo è un arredo strutturale e dunque non può<br />

essere trasportato e ricollocato altrove né tanto meno smembrato. Il Palazzo Ducale<br />

sebbene ampiamente saccheggiato delle opere pittoriche, degli arredi lignei e lapidei,<br />

rimane intatto nella sua struttura, pronto ad accogliere nuovamente l’opera con vantaggi<br />

reciproci. Replicare lo Studiolo per accoglierlo nel contenitore originale ha la stessa<br />

dignità che esporre quello originale in un contenitore falso, come nel caso del<br />

Metropolitan.<br />

La soluzione più logica. La realizzazione di una replica lignea rappresenta la soluzione<br />

più logica. Le pratiche di restituzione non solo sarebbero state troppo lunghe, ma<br />

praticamente improponibili visto che lo Studiolo risulta regolarmente venduto qualche<br />

mese prima del 1 giugno 1939, giorno in cui entrò in vigore la legge italiana sul vicolo dei<br />

beni culturali. Anche un prestito temporaneo sarebbe difficile da realizzare, vista la<br />

complessità dell’opera e la sua elevata deteriorabilità: tanto che al Metropolitan, dal 1939 a<br />

oggi, è quasi più il tempo in cui l’opera è stata in restauro che in esposizione.<br />

La soluzione più efficace. La replica lignea, cioè il materiale originario dell’opera, è la<br />

soluzione che meglio restituisce l’idea dell’oggetto e quella che ha il carattere più<br />

definitivo. Una replica fotografica, ipotizzata nel 1996, sarebbe stata sicuramente più<br />

semplice, ma non avrebbe avuto la stessa resa e rapidamente si sarebbe deteriorata. Le<br />

nuove tecniche audiovisive con proiezione di immagini a grandezza naturale sulle pareti,<br />

avrebbero sicuramente restituito maggiore profondità all’immagine, ma non sarebbero<br />

state tecnicamente realizzabili vista l’esiguità dello spazio a disposizione.<br />

La sua riproducibilità. Una volta in possesso delle immagini, lo Studiolo è un’opera<br />

non impossibile da replicabile. Gli artigiani eugubini del mobile d’epoca, tra i migliori<br />

“falsari” d’Italia, e che ancora conoscono le antiche tecniche dell’intarsio rinascimentale,<br />

sarebbero stati assolutamente in grado di realizzare una simile opera.<br />

L’impatto sugli eugubini. Gubbio aveva interrotto ogni legame con questa magnifica<br />

opera - forse la perdita artistica più grave subita dalla città negli ultimi secoli - tanto che se<br />

ne era persa perfino la memoria: proprio quello che speravano gli “sciagurati” che nel<br />

1874 avevano venduto il bene. Un suo ritorno, anche se come opera “clonata”, rappresenta<br />

un punto fermo nella storia di Gubbio, segno tangibile della rinascita culturale ed<br />

economica.<br />

L’impatto sul movimento turistico. Contrariamente ad un restauro conservativo di<br />

un’opera già esistente, la replica dello Studiolo, eseguita “a regola d’arte” e reinserita nel<br />

nuovo polo museale del Palazzo Ducale, può essere considerata un’opera nuova che si<br />

aggiunge al patrimonio di opere d’arte in Italia. La diffusione e lo sfruttamento<br />

dell’immagine sono altre logiche conseguenze dell’operazione che potrà attrarre molti<br />

turisti anche dall’estero.<br />

1


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

Lo Studiolo<br />

Lo studiolo è la stanza più importante del palazzo di un principe del Rinascimento italiano,<br />

uno spazio segreto dove questi si ritira per studiare e pensare, ma fatto anche per stupire gli<br />

ospiti più importanti. E’ di solito piccolo e buio, ma ricco di decorazioni, rivestito di pannelli di<br />

legno ad illusione ottica e da tavole dipinte.<br />

Questa stanza è considerata molto importante perché rappresenta il luogo perfetto, dove si<br />

incontrano il mondo reale e quello delle idee, divisione cara al pensiero neoplatonico,<br />

dominante nel Rinascimento. Gli oggetti raffigurati negli intarsi sono simboli che inducono<br />

alla riflessione e guidano lungo il cammino della conoscenza.<br />

Visione prospettica dello Studiolo dall’alto.<br />

Quello di Gubbio è, insieme a quello di Urbino, il più completo esemplare di studiolo<br />

italiano del quattrocento. Entrambi sono stati eseguiti per volontà del Duca Federico di<br />

Montefeltro (Gubbio 1422 – Ferrara 1482), principe delle armi, cultore delle scienze e<br />

mecenate delle arti.<br />

L’opera venne realizzata tra il 1475 ed il 1482 dalla collaborazione di Francesco di Giorgio<br />

Martini, ideatore del progetto, con i fratelli Giuliano e Benedetto da Maiano, probabili<br />

disegnatori degli intarsi, realizzati poi da ebanisti locali, e con Giusto di Gand, esecutore delle<br />

tavole dipinte.<br />

2


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

La Perdita dello Studiolo<br />

Le tavole dipinte che ornavano la parte<br />

superiore della stanza furono smontate nel<br />

1673 e trasportate a Firenze, dove si<br />

trovava come granduchessa Vittoria,<br />

l’ultima erede Montefeltro. Da qui furono<br />

disperse in Europa.<br />

Nel 1874, la parte lignea dello Studiolo fu<br />

smantellata e venduta per la somma di<br />

6.000 lire. Questa era una cifra<br />

ragguardevole, basti pensare che nello<br />

stesso periodo il Comune di Gubbio<br />

acquistava il palazzo del Bargello per 4.000<br />

lire. L'acquirente era il principe Filippo<br />

Massimo Lancellotti che con lo Studiolo<br />

voleva arredare l’attico della sua villa di<br />

Frascati.<br />

Lo Studiolo rimase proprietà del principe<br />

per oltre cinquanta anni, quando, nel<br />

gennaio 1937, il curatore dei beni della<br />

famiglia Lancellotti lo vendette ad un<br />

mercante d’arte tedesco di origine ebraica<br />

che lavorava a Venezia, Adolph Loewi, per<br />

la somma di 150.000 lire. Con l’avvento<br />

delle leggi razziali e l’incombere della<br />

seconda guerra mondiale, Loewi non si<br />

sentì più al sicuro in Italia e partì per gli<br />

Stati Uniti nel febbraio 1938 dove pensava<br />

di poter collocare con maggiore profitto il<br />

pregiato, ma "scomodo" oggetto.<br />

Lo Studiolo venne smontato un’altra<br />

volta e partì per un lungo viaggio da<br />

Genova, per via mare fino a Marsiglia e poi<br />

verso gli Stati Uniti. Il 21 aprile 1939, dopo<br />

due mesi di traversata lo Studiolo venne<br />

sdoganato a New York. Loewi propose<br />

l’acquisto del bene al Metropolitan<br />

Museum di New York che ne entrò in<br />

possesso per la somma di 32.000 dollari: era<br />

il 30 novembre 1939.<br />

La Villa Lancellotti a Frascati. La freccia indica l’attico<br />

della villa dove fu accolto lo Studiolo dal 1874 al 1937.<br />

L’aspetto della stanza dello Studiolo<br />

dal 1874 fino al 2009.<br />

Lo Studiolo di Gubbio rimontato in una<br />

stanza appositamente ricreata al<br />

Metropolitan Museum of Art di New York.<br />

3


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

La Rinascita dello Studiolo<br />

Dopo una gestazione di circa cinque<br />

anni, il Progetto per la rinascita dello<br />

Studiolo è stato formalmente proposto<br />

dall’Associazione Maggio Eugubino alla<br />

Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia<br />

nel 2002.<br />

Esso prevedeva l’esecuzione della<br />

replica dello Studiolo del Duca in base ad<br />

immagini provenienti dagli archivi<br />

nazionali e la sua ricollocazione nel<br />

Palazzo Ducale.<br />

Il Progetto ha ottenuto il finanziamento<br />

iniziale per l’esecuzione di due dei tredici<br />

pannelli. Gli artigiani in grado di replicare<br />

lo Studiolo sono stati identificati nei<br />

maestri ebanisti eugubini Marcello e<br />

Vincenzo Minelli, che vantavano una<br />

grande esperienza nel restauro e<br />

riproduzione del mobile antico.<br />

Secondo la tecnica originale, gli intarsi<br />

fatti di legni differenti (noce, pero, ciliegio,<br />

acero, pioppo, quercia, gelso e fusaggine)<br />

furono inseriti nei pannelli scavando la<br />

matrice di noce stagionata con il coltello da<br />

spalla. Questo utensile era tipicamente<br />

usato dagli ebansti del Rinascimentos per<br />

incidere in profondità i contorni di un<br />

disegno.<br />

Nel dicembre 2003 sono stati presentati<br />

i primi due pannelli. Da allora in poi il<br />

Progetto ha ottenuto periodici<br />

finanziamenti con la realizzazione di tutti<br />

gli altri pannelli, dei soffitti e delle tavole<br />

dipinte.<br />

Dal gennaio 2009, lo stesso mese in cui,<br />

nel 1874, lo Studiolo era uscito dal palazzo,<br />

sono iniziate le prove per il riallestimento,<br />

terminate nel mese di settembre.<br />

Adesso Gubbio ha di nuovo il suo<br />

Studiolo.<br />

Uno dei pannelli durante la lavorazione.<br />

Lo scavo della matrice lignea con il coltello da spalla.<br />

La ricollocazione dei pannelli nella stanza.<br />

11 settembre 2009. Inaugurazione della<br />

replica. Il ministro della Cultura on.<br />

Sandro Bondi si complimenta con gli<br />

autori.<br />

4


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

I Pannelli intarsiati<br />

Gli 11 grandi pannelli intarsiati ed i 2 più piccoli, che corrispondono al sopraporta ed al<br />

sottofinestra, rivestono la parte inferiore della stanza e ne rappresentano l’aspetto più<br />

caratteristico.<br />

Gli intarsi di questi pannelli sono impostati su giochi di illusione visiva o trompe l’oeil, con falsi<br />

sedili, false scansie con sportelli semiaperti dentro le quali si intravedono in prospettiva, tra<br />

ombre e luci, falsi oggetti, i quali possiedono una particolare valenza simbolica.<br />

I 13 pannelli sono distribuiti su quattro pareti e vengono solitamente identificati con numeri<br />

latini. Sono qui rappresentati per intero, intorno ad una mappa schematica della stanza.<br />

La Parete della porta<br />

I II III<br />

La Parete lunga<br />

XI XII XIII IV V<br />

La Parete della finestra<br />

La Parete di fondo<br />

VI VII VIII IX X<br />

5


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

La Parete lunga<br />

E’ costituita dai tre pannelli, che sono concepiti in maniera unitaria, con una unica panca<br />

su cui è appoggiato il mazzocchio, la ciambella sfaccettata a scacchi bianchi e neri, usata<br />

come supporto per copricapi di stoffa, che diventa simbolo della Geometria. Negli schienali<br />

l’ermellino, simbolo della purezza, e lo struzzo, simbolo della tenacia.<br />

Lo struzzo, simbolo della tenacia, stringe<br />

nel becco una punta di lancia; la scritta<br />

in tedesco recita: “io posso ingoiare un<br />

grosso ferro”.<br />

I II III<br />

La Parete lunga. Nei cerchi sono evidenziati gli oggetti raffigurati in dettaglio nelle foto.<br />

Il mazzocchio.<br />

L‘ermellino, simbolo di purezza,<br />

l'animale che non vuole mai sporcarsi,<br />

6


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

Il corno da caccia.<br />

La Giarrettiera con il motto<br />

francese “Honi soit qui mal y<br />

pense” (sia un infame chi ne<br />

pensa male).<br />

L’arpa ed il tamburello.<br />

La ribeca ed il suo relativo archetto.<br />

Nel pannello di sinistra (I) i simboli di<br />

alcune muse: la ribeca, antico strumento ad<br />

arco, simbolo di Talìa (Commedia) ed il<br />

corno da caccia, simbolo di Melpòmene<br />

(Tragedia). Da un libro pende una lettera<br />

cifrata, espediente usato dal Duca per<br />

impartire ordini segreti.<br />

Nel pannello centrale (II) due simboli<br />

cari al Duca: la Giarrettiera, ordine onorifico<br />

conferito al Duca dal re d’Inghilterra, e lo<br />

spazzolino, simbolo della pulizia intesa<br />

anche come pulizia morale.<br />

Nel pannello di destra (III) il tamburello<br />

e l’arpa simboli della musa Erato (Poesia<br />

lirica) e la chiave a T per accordare, simbolo<br />

della Musica, che richiama un piccola croce<br />

ansata. Nel libro aperto si leggeva fino ad<br />

un secolo fa la canzone “O rosa bella”, tra le<br />

preferite del Duca.<br />

La lettera cifrata.<br />

Lo spazzolino.<br />

7<br />

La chiave per accordare.<br />

Il libro aperto sulla canzone “O rosa bella”.


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

La Parete di fondo<br />

E’ la prima parete che compare affacciandosi nello Studiolo. Sviluppa lo spazio di due<br />

pannelli raccordati da un semplice sedile unico privo di pilastri di sostegno. Negli schienali lo<br />

spazzolino per strigliare ed il morso per dirigere il cavallo, allusione agli strumenti della<br />

politica del principe che deve premiare gli obbedienti e bloccare i ribelli.<br />

Lo spazzolino.<br />

Il vaso ed il pugnale.<br />

Il compasso, la citerna, la squadra con<br />

filo a piombo e la clessidra.<br />

IV V<br />

La Parete di fondo. Nei cerchi sono evidenziati<br />

gli oggetti raffigurati in dettaglio nelle foto.<br />

Nel pannello di sinistra (IV)<br />

il compasso, la squadra con il<br />

filo a piombo (simboli della<br />

Geometria), la citerna<br />

(simbolo di Tersìcore, musa<br />

della Danza), la clessidra ed il<br />

candelabro con la candela<br />

spenta, riferimenti al tempo<br />

che passa.<br />

Nel pannello di destra (V) il<br />

pugnale diretto verso il basso<br />

(simbolo della Temperanza), il<br />

vaso a due manici (simbolo<br />

della Grammatica), il tamburo<br />

(simbolo della guerra) e la<br />

scatola di granuli (simbolo<br />

dell’Aritmetica).<br />

8<br />

Il morso da cavallo.<br />

La candela spenta.<br />

Il tamburo di guerra.<br />

La scatola dei granuli.


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

La Parete della finestra<br />

Su questa parete si apre la nicchia<br />

della finestra posta tra due grandi<br />

pannelli (VII e IX) ed uno più<br />

piccolo, sotto il davanzale (VIII). Ai<br />

lati della nicchia, sotto due piccole<br />

aperture aeree, troviamo altri due<br />

pannelli isolati (VI e X).<br />

Nel pannello di sinistra (VI) della<br />

parete, appoggiata sul sedile, la<br />

spada del Duca, simbolo della<br />

Giustizia. Sugli schienali le lingue<br />

di fuoco ed il monogramma del<br />

Duca FD. Nell’armadio l’armatura<br />

del Duca con la mazza (simbolo<br />

della Fortezza).<br />

L’elmo del Duca.<br />

La mazza.<br />

La spada.<br />

VI<br />

VII<br />

VIII<br />

IX<br />

X<br />

9


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

La gru che regge nella<br />

zampa una pietra.<br />

Il pappagallo.<br />

Il leggìo con l’Eneide aperta sulla<br />

“Morte di Pallante”.<br />

La sfera armillare.<br />

Lo strumento per tracciare la prospettiva.<br />

Nel pannello sinistro della nicchia<br />

(VII) sullo schienale è raffigurata<br />

una gru (simbolo della vigilanza) e<br />

nello stipo una grande gabbia<br />

ottagona che custodisce un<br />

pappagallo, simbolo della Retorica.<br />

Da segnalare anche i dischi della<br />

cornice che descrivono preziosi<br />

giochi prospettici.<br />

Il pannello del sottofinestra (VIII),<br />

perso durante la spedizione a New<br />

York, è frutto di una ricostruzione<br />

basata su una vecchia foto in bianco<br />

e nero. Sul sedile è appoggiato uno<br />

strumento per tracciare la<br />

prospettiva (un listello unito ad un<br />

filo che sospende un peso a forma<br />

di farfalla). Nello schienale<br />

l’Ordine della Giarrettiera che<br />

circonda un’aquila feltresca.<br />

Nel pannello di destra della<br />

nicchia (IX), sul sedile è appoggiato<br />

il leggìo che reca l’Eneide aperta sul<br />

brano della prematura morte in<br />

battaglia dell'eroe Pallante,<br />

allusione e alla gloriosa vita ed alla<br />

morte del Duca, avvenuta prima del<br />

completamento dello Studiolo. Dal<br />

soffitto dello stipo superiore pende<br />

lo specchio rotondo, simbolo della<br />

Prudenza, con la scritta<br />

G.BALDO.DX (Guidoubaldo, il<br />

nuovo Duca). Nella scansia<br />

inferiore il calamaio con lo stilo,<br />

simboli della musa Calliope, la<br />

Poesia epica.<br />

Nel pannello di destra della<br />

parete (X) sui sedili sono appoggiati<br />

due fasci, simbolo di concordia.<br />

Nello schienale sono raffigurate<br />

delle aquile alternate a campi in<br />

bande oblique. Nell’armadio si<br />

trovano la grande sfera armillare ed<br />

il quadrante, entrambi simboli<br />

dell’Astronomia.<br />

I dischi della cornice.<br />

Lo specchio rotondo<br />

di Guidoubaldo.<br />

Il calamaio, lo stilo<br />

ed il temperino.<br />

I fasci.<br />

1 0


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

La Parete della porta<br />

Sulla parete si apre l’unica porta che immette nella stanza dello studiolo. Ai lati due stretti<br />

pannelli, uniti tra di loro da un terzo che funge da architrave.<br />

Lo stipo chiuso, la<br />

granata esplodente<br />

ed il libro.<br />

Il Collare dell’Ermellino.<br />

Il doppio flauto di Euterpe.<br />

XI XII XIII<br />

La Parete della porta. Nei cerchi sono evidenziati gli oggetti<br />

Nel pannello di sinistra (XI),<br />

appoggiato sopra un sedile,<br />

un libro chiuso così come è<br />

chiusa l’unica anta dello stipo,<br />

allusione all'occulto sapere<br />

ermetico, introdotto allora in<br />

Italia. Nello schienale la<br />

granata esplodente, l'arma più<br />

moderna a disposizione del<br />

Duca.<br />

Dal pannello del sopraporta<br />

(XII) fuoriescono il manico di<br />

un liuto ed il Collare<br />

dell’Ermellino.<br />

Nel pannello di destra<br />

(XIII), appoggiato sul sedile,<br />

l’organo portatile, simbolo<br />

della musa Polimnia (Musica<br />

sacra). Nell’armadio un liuto,<br />

il flauto doppio simbolo della<br />

musa Euterpe (Musica) ed un<br />

violino.<br />

L’organo portatile ed il violino.<br />

1 1


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

L’Inscrizione<br />

L’inscrizione in<br />

latino è giunta<br />

incompleta ed è stata<br />

ricostruita per mezzo di<br />

trascrizioni eseguite nel<br />

1500 (Codice Gabrielli) e<br />

nel 1873, un anno prima<br />

dello smontaggio, da<br />

parte dell’architetto<br />

tedesco Laspeyres.<br />

La frase allude ad<br />

alunni inginocchiati<br />

davanti alla Veneranda<br />

Madre e richiama le<br />

Tavole delle Arti<br />

Liberali soprastanti. La<br />

Veneranda Madre<br />

potrebbe essere<br />

interpretata come la<br />

sapienza, o meglio la<br />

filosofia, la massima<br />

espressione del pensiero<br />

dell’uomo.<br />

Ancora più oscura è<br />

l’ultima parte<br />

dell’inscrizione che<br />

dovrebbe avere una<br />

spiegazione nella tavola<br />

dell’Orazione, ma<br />

ancora attende una<br />

soluzione soddisfacente.<br />

La versione adottata<br />

nella replica dello<br />

Studiolo tiene<br />

maggiormente conto<br />

della trascrizione<br />

eseguita da Laspeyres<br />

nel 1873, sono presenti i<br />

dittonghi Æ e la parola<br />

IVSTITIAM (accusativo,<br />

trad. la Pietas vince sulla<br />

Giustizia), che a New<br />

York è stata trascritta<br />

come IVSTITIĀ secondo<br />

il documento del Codice<br />

Gabrielli (ablativo, trad.<br />

la Pietas prevale con<br />

l’aiuto della Giustizia).<br />

ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS<br />

Tu osservi gli inesauribili discepoli della Veneranda Madre<br />

DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

uomini eccelsi per ingegno e cultura<br />

VT NV<strong>DA</strong> CERVICE CA<strong>DA</strong>NT ANTE ORA PARENTIS<br />

come si lascino cadere a capo nudo dinanzi alla genitrice.<br />

SVPPLICITER FLEXO PROCVBVERE GENV<br />

In atto di supplica si inginocchiarono.<br />

IVSTITIAM PIETAS VINCIT REVEREN<strong>DA</strong> NEC VLLVM<br />

La Pietas degna di reverenza vince sulla Giustizia e nessuno<br />

POENITET ALTRICI SVCCVBVISSE SVÆ<br />

si pente di essersi prostrato a colei che lo nutre.<br />

L’inscrizione è scritta in una forma metrica latina chiamata distico elegiaco con<br />

un esametro ed un pentametro alternati. Questo ha permesso ad esperti di<br />

enigmistica di completarne anche le parti andate perdute e non documentate<br />

(ORA PARENTIS SVPPLIC), che erano quelle intorno alla finestra. Questa che<br />

segue è la lettura metrica:<br />

ÀSPĬCĬS| ÈTĒR|NÒS VĔNĔ|RÀNDĒ| MÀTRĬS Ă|LÙMNŎS║<br />

DÒCTRĬNĂ |ÈXCĒL|SÒS║ ÌNGĔNĬ|ÒQUĔ VĬ|RÒS ║<br />

ÙT NŪ|DÀ CĒR|VÌCĔ CĂD|ÀNT ĀNT(E) |ÒRĂ PĂ|RÈNTĪS║<br />

SÙPPLĬCĬ|TÈR FLĒ|XÒ ║PRÒCŬBŬ|ÈRĔ GĔ|NÙ ║<br />

ÌUSTĬTĬ|ÀM PĬĔ|TÀS VĪN|CÌT RĔVĔ|RÈNDĂ NĔC|ÙLLŪM║<br />

PÈNĬTĔT |ÀLTRĪ|CÌ║ SÙCCŬ BŬ|ÌSSĔ SŬ|È║<br />

La trascrizione dell’inscrizione nel codice<br />

Gabrielli (Fondo Armanni, MS. I.C. 10,<br />

fol.146v).<br />

1 2


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

Il Titolo ducale<br />

Non è certo che nello Studiolo<br />

avesse posto l'inscrizione<br />

celebrativa del Titolo ducale, ma<br />

questa possibilità è molto alta. Per<br />

questo motivo l'inscrizione è stata<br />

riprodotta nella replica.<br />

La presenza del Titolo nello<br />

Studiolo è documentata in uno<br />

scritto del 1660 che descrive<br />

questa inscrizione come situata in<br />

un “camerino remoto” con soffitto<br />

dorato del piano nobile del<br />

palazzo. E' verosimile che questo<br />

“camerino” possa trattarsi proprio<br />

dello Studiolo poiché solo questa<br />

stanza del piano nobile possiede<br />

queste caratteristiche. Il Titolo<br />

sarebbe poi stato asportato nel<br />

1673 per facilitare lo smontaggio<br />

delle Tavole delle Arti Liberali.<br />

Alcuni studiosi negano la<br />

presenza del Titolo perché tale<br />

inscrizione sarebbe già presente<br />

nelle sottostanti Tavole delle Arti<br />

Liberali.<br />

Il Titolo è molto simile a quello<br />

riportato nello Studiolo di Urbino<br />

ed è stato collocato nella stessa<br />

posizione: subito al di sotto del<br />

soffitto. Da questo si differenzia<br />

per la presenza della significativa<br />

parola EVGVBII (di Gubbio).<br />

Il Titolo definisce l’araldica, i<br />

possessi politici e gli incarichi<br />

militari del Duca. In esso si<br />

evidenziano le alleanze da lui<br />

stabilite. Quella con il re Ferrante<br />

di Napoli, che gli ha conferito il<br />

Collare dell’Ermellino, e quella<br />

con il Papa Sisto IV che lo nomina<br />

Duca, e che viene rafforzata con il<br />

matrimonio di Giovanna, figlia<br />

del Duca, con Giovanni della<br />

Rovere, nipote del Papa.<br />

FEDERICVS MONTEFELTRIVS<br />

Federico da Montefeltro<br />

EVGVBII ET DVX VRBINI MONTISFERETRI<br />

di Gubbio e Duca di Urbino del Montefeltro<br />

AC DVRANTIS COMES<br />

e Conte di Castel Durante<br />

SERENISSIMI REGIS SICILIÆ<br />

del Serenissimo Re di Sicilia<br />

CAPITANEVS GENERALIS<br />

Capitano Generale<br />

SANCTÆQVE ROMANÆ<br />

e di Santa Romana<br />

ECCLESIÆ CONFALONERIVS<br />

Chiesa Confaloniere<br />

1 3<br />

La trascrizione del Titolo nel documento del 1660 (SASG Fondo<br />

Comunale Riformanze, Reg:75, c.152v. Indice Rif III,c,196).


ASPICIS ÆTERNOS VENERANDÆ MATRIS ALVMNOS DOCTRINA EXCELSOS INGENIOQVE VIROS<br />

La Retorica (replica).<br />

La Musica (replica).<br />

Le Tavole delle Arti Liberali<br />

Le tavole dipinte da Giusto di Gand, un<br />

pittore fiammingo della cerchia federiciana, che<br />

decoravano la parte alta dello Studiolo, furono<br />

smontate nel 1673. Non ci sono documenti di<br />

come dovessero essere disposte (per le ipotesi<br />

vedi la sezione dedicata). Le tavole<br />

rappresentano una figura maschile che si<br />

inginocchia al cospetto della personificazione di<br />

un’arte liberale assisa in trono e dalla quale<br />

riceve un dono. Oggi sono presenti solo quattro<br />

delle sette tavole di cui questo ciclo si<br />

componeva in origine.<br />

La Retorica, che la tradizione identifica con<br />

Costanza Montefeltro, quarta figlia del Duca,<br />

nell’atto di indicare la pagina di un libro aperto<br />

ad un giovane, forse il fratellastro Antonio.<br />

L’Astronomia, che porge una sfera armillare<br />

al Re Tolomeo con le sembianze di Ferrante, Re<br />

di Napoli che ha insignito Federico del Collare<br />

dell’Ermellino.<br />

La Grammatica, impersonata da Agnesina la<br />

terza figlia, che consegna un libro chiuso al<br />

Duca stesso.<br />

La Musica, incarnata da Giovanna la seconda<br />

figlia del Duca, che indica un organo portatile<br />

ad un giovane che potrebbe essere suo marito<br />

Giovanni Della Rovere o suo zio Costanzo<br />

Sforza. Un particolare interessante è costituito<br />

dal motivo ornamentale dell'arco del trono. Esso<br />

è in realtà una scritta in arabo con l'antico<br />

alfabeto cufico, che va letta da destra verso<br />

sinistra: non avrai altro Dio all’infuori di Allah, e<br />

Maometto è profeta di Allah.<br />

1 4<br />

L’Astronomia (replica).<br />

La Grammatica (replica).<br />

Le due tavole a destra (Astronomia e Grammatica) furono acquistate nel 1821 da un mercante<br />

prussiano e finirono al Kaiser Friedrich (oggi Bode) Museum di Berlino fino al 1945, quando<br />

andarono bruciate durante la battaglia per la conquista della città. Le repliche realizzate per il nuovo<br />

Studiolo di Gubbio e qui raffigurate sono state ricreate a partire da fotografie in bianco e nero.<br />

Le due tavole a sinistra (Retorica e Musica) furono acquistate nel 1866 dalla National Gallery di<br />

Londra, dove ancora oggi sono esposte.


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La Tavola dell’Orazione<br />

La presenza di questa tavola nello Studiolo è negata da molti studiosi, perché non omogenea, sia per<br />

altezza (molto inferiore per coprire lo spazio a disposizione) che per soggetto, rispetto alle tavole delle<br />

Arti Liberali. Inoltre sia il testo dell’inscrizione del Titolo che la presenza del Duca, costituirebbero<br />

due elementi già raffigurati nelle suddette tavole, e dunque mal conciliabili con queste.<br />

Elementi che invece depongono per la presenza di questa tavola nello Studiolo, a parte il soggetto<br />

feltresco e la simile mano del pittore, sono la perfetta corrispondenza tra le colonne e le paraste<br />

sottostanti nella parete della porta, la larghezza giusta per lo spazio disponibile, e la prospettiva della<br />

scena vista dal basso che si adatta bene a quella del punto di vista dell’osservatore nello Studiolo.<br />

La tavola dell’Orazione (replica).<br />

1 5<br />

La tavola<br />

venne smontata<br />

nel 1673 e come<br />

le altre tavole<br />

trasferita a<br />

Firenze.<br />

Fu poi<br />

acquistata dalla<br />

Regina Vittoria<br />

nel 1853 e da<br />

allora si trova<br />

nel Palazzo di<br />

Hampton Court<br />

a Londra.<br />

L’evento rappresentato non è stato identificato. Queste le ipotesi formulate:<br />

1) una seduta dell’Accademia degli Assorditi di Urbino;<br />

2) una lettura di Lodovico Odasio o di Paul di Middelburg o di un altro umanista invitato a corte;<br />

3) la cerimonia d’investitura (1474) con l’Ordine della Giarrettiera, che il Duca mostra sul petto;<br />

4) un’orazione pronunciata da Antonio Bonfini (1477 o 1478) in difesa di Leonardo Angelo, a cui<br />

era stato espropriato il feudo di Controguerra nel Regno di Napoli ed a cui farebbe riferimento<br />

l’inciso dell’inscrizione IUSTITIAM PIETAS VINCIT.<br />

La tavola si compone di tre settori divisi da due colonne in primo piano, possibile riferimento a<br />

Boaz e Jakim, le due colonne del tempio di Gerusalemme, potente elemento della filosofia<br />

ermetica.<br />

Nel settore a sinistra compare l’oratore in toga su un pulpito con un leggìo ed un libro.<br />

Al centro Federico seduto in trono con la coccarda dell’Ordine della Giarrettiera sul petto ed un<br />

libro in mano. Nella tavola originale i lineamenti del Duca erano molto ritoccati e lo rendevano<br />

irriconoscibile: nella replica abbiamo preferito dare un immagine più somigliante del Duca. Alla<br />

sua destra, in piedi, il figlio Guidoubaldo, erede al Ducato. Dalla cupola ottagona del soffitto<br />

filtra una luce, allegoria della rivelazione divina (la vita contemplativa dei neoplatonici), che<br />

investe i due protagonisti permettendone il passaggio ad un altro livello di conoscenza.<br />

Nel settore a destra sono raffigurati tre personaggi della corte ducale seduti sui loro scranni.<br />

Quello centrale è probabilmente Ottaviano degli Ubaldini, grande amico e collaboratore del Duca<br />

Federico, nonché reggente del giovane Guidoubaldo, dopo la morte del padre.


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La Sistemazione delle Tavole dipinte<br />

Non ci sono documenti di come dovesse essere la sistemazione delle tavole dipinte al di sopra<br />

dei pannelli intarsiati. Nessuna sistemazione tentata è risultata pienamente soddisfacente.<br />

Esistono dei principi generali che da più di sessanta anni hanno guidato le varie ipotesi:<br />

1) La corrispondenza spaziale tra tavole e pannelli: le tavole devono essere inserite nello spazio<br />

individuato dalla continuazione delle paraste intarsiate;<br />

2) La corretta sequenza testuale del Titolo ducale inscritto a segmenti nella parte superiore delle<br />

tavole e dunque con la Musica o ultima o penultima;<br />

3) La corrispondenza prospettica tra le tavole (orientate alcune da destra, altre dal centro ed altre<br />

da sinistra) e la disposizione di queste nella parete;<br />

4) La divisione classica delle Arti Liberali in trivio (dialettica, retorica e grammatica) e quadrivio<br />

(aritmetica, geometria, astronomia e musica);<br />

5) La corrispondenza semantica tra tavola e pannello sottostante. Questo punto è sicuramente<br />

quello meno vincolante, dal momento che i pannelli sono difficilmente monotematici.<br />

Davies M. Early Netherlandish School. National Gallery<br />

Catalogues. London 1945.<br />

Cheles L. The Studiolo of Urbino: An Iconographical<br />

Investigation, Wiesbaden 1986, pp. 31-33.<br />

<strong>DA</strong>VIS 1945<br />

Pro. La soluzione più logica per la<br />

parete lunga.<br />

Contro. Astronomia singola e con<br />

prospettiva sinistra messa come<br />

centrale su una parete a due posti.<br />

Geometria ed Aritmetica su parete<br />

tripartita. Sequenza del Titolo<br />

insoddisfacente. Necessità di chiudere<br />

a metà la finestra.<br />

CLOUGH 1986<br />

Pro. Introduzione dell’Orazione<br />

perfetta per la parete della porta.<br />

Contro. Astronomia singola su una<br />

parete a due posti. Necessità di<br />

chiudere le due finestrelle e a metà la<br />

finestra. Posizione prospettica non<br />

adatta alla Musica.<br />

CHELES 1986<br />

Pro. Sequenza del Titolo corretta.<br />

Contro. Soluzione prospettica poco<br />

probabile con due laterali sul fondo e<br />

due centrali sulle finestrelle, che<br />

debbono essere così necessariamente<br />

chiuse.<br />

FABIANSKI 1990<br />

Pro. Ottima soluzione per posizione<br />

prospettica e sequenza del Titolo.<br />

Contro. Necessità di chiudere le due<br />

finestrelle e a metà la finestra.<br />

Necessità di una Geometria molto<br />

diversa dalle altre, larga il doppio e<br />

con un elemento divisorio centrale che<br />

continua la parasta.<br />

1 6<br />

Clough CH. Lo Studiolo di Gubbio. In: Federico di<br />

Montefeltro. Lo Stato, le Arti, la Cultura (Atti del convegno di<br />

Urbino-Gubbio 1982) Cerboni Baiardi G, Chittolini G, Floriani<br />

P (eds). Roma 1986; Vol.II, pp. 287-300.<br />

Fabiański M. Federigo da Montefeltro's "Studiolo" in Gubbio<br />

reconsidered. Its decoration and its iconographic program: an<br />

interpretation. Artibus et Historiae, Vol. XI, No. 21 (1990), pp.<br />

199-214.


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Clough CH. Art as power in the decoration of the study of an<br />

italian Renaissace Prince: the case of Federico da Montefeltro.<br />

Artibus et Historiae, Vol. XVI, No.31 (1995), pp. 19-50.<br />

Raggio O. The problem of the Liberal Arts. In: Gubbio Studiolo and<br />

its Conservation. Federico da Montefeltro’s Palace at Gubbio and its<br />

Studiolo. The Metropolitan Museum of Art, New York 1999, Vol.I,<br />

pp. 157-167.<br />

CLOUGH 1995<br />

Pro. Ottima soluzione per la parete<br />

corta con due tavole strette.<br />

Contro. Posizione improbabile della<br />

Musica per motivi prospettici.<br />

RAGGIO 1996<br />

Pro. Divisione in trivio-quadrivio, con<br />

due centrali sul fondo e due laterali<br />

sopra la porta lasciando intatte tutte le<br />

finestre.<br />

Contro. Posizione improbabile per la<br />

sequenza del Titolo. Parete della porta<br />

con solo due tavole anziché tripartita.<br />

RAGGIO 1999<br />

Pro. Buona soluzione per la parete di fondo e per la sequenza del<br />

Titolo. Divisione in trivio e quadrivio lasciando intatte tutte le<br />

finestre.<br />

Contro. Improbabile soluzione della parete sopra la porta con due<br />

tavole di cui una con prospettiva centrale ed una laterale, che<br />

occupano uno spazio decisamente inferiore a quello disponibile.<br />

<strong>LA</strong> SOLUZIONE ADOTTATA 2009<br />

1 7<br />

Raggio O. The Liberal Arts Studiolo from the Ducal Palace at<br />

Gubbio. The Metropolitan Museum of Art Bulletin, Vol.LIII,<br />

No.4 (1996), pp. 5-35.<br />

Come abbiamo visto dall’analisi di tutte le ipotesi<br />

finora proposte, la soluzione ideale non esiste, a meno<br />

che non si trovino documenti chiave o, meglio ancora,<br />

le Tavole mancanti. Come appare evidente nella<br />

soluzione proposta non è stata adottata in maniera<br />

totale nessuna delle precedenti ipotesi.<br />

Nella soluzione adottata sono state rispettate tutte le<br />

tre aperture (due secondarie laterali e superiori ed una<br />

principale centrale) sulla parete della finestra. Anche se<br />

è molto probabile che queste non abbiano<br />

rappresentato un vincolo per la disposizione delle<br />

Tavole, perché aperte successivamente o comunque<br />

copribili con i dipinti, si è tuttavia preferito non<br />

alterare la fisionomia architettonica della parete.<br />

Sulla parete della porta la Tavola dell’Orazione è<br />

stata preferita a Musica ed Astronomia (ipotesi Raggio<br />

1999), perché più adatta alla tripartizione delle paraste.<br />

In base a questi presupposti l’unico spazio per<br />

Astronomia e Musica diventato la parete di fondo,<br />

soluzione non congruente con la sequenza del titolo e<br />

con le dimensioni ristrette dello spazio a disposizione.<br />

Tuttavia in questo modo non rimangono più<br />

antiestetici spazi vuoti nella stanza, se non quello per la<br />

prima tavola (la Dialettica).


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Il Soffitto<br />

Il soffitto dello Studiolo si compone di tre settori differenti: il soffitto maggiore, il soffitto del<br />

vano finestra, ed il soffitto del vano porta.<br />

Il soffitto maggiore<br />

Copre tutta la stanza ed ha pertanto un<br />

forma trapezoidale. E’ sostenuto da un<br />

cornicione che reca un fregio di palme e<br />

pennacchi dorati su campo azzurro. Esso si<br />

compone di 7 fasce di lacunari ottagoni al<br />

centro dei quali campeggiano in campo<br />

azzurro dei fiori dorati in rilievo. Gli<br />

ottagoni sono separati da lacunari a losanga<br />

con boccioli dorati in campo azzurro, e da<br />

rettangoli verdi intarsiati che simulano del<br />

finto marmo.<br />

Visione dal basso dello Studiolo. I cerchi<br />

evidenziano la posizione dei tre soffitti.<br />

Il soffitto minore o del vano finestra<br />

Di forma pressoché rettangolare copre il<br />

vano della finestra. E’ circondato da una<br />

cornice con grottesche urbinati dorate su<br />

campo azzurro e riprende lo stesso motivo<br />

del soffitto maggiore, con un totale di 6<br />

lacunari ottagonali.<br />

Il soffitto del vano porta<br />

Copre il vano della porta nello spessore<br />

del muro maestro e contrariamente ai<br />

precedenti è realizzato come una singola<br />

tarsia. Raffigura lo stemma dei Montefeltro<br />

con il monogramma FE DVX.<br />

Il soffitto maggiore (replica).<br />

Il soffitto minore (replica).<br />

Il soffitto del vano porta (replica).<br />

1 8

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