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Ceramiche ingobbiate dipinte<br />

e Slip Ware da contesti urbani<br />

in Sulmona (Aquila)<br />

Diego Troiano, Van Verrocchio<br />

PREMESSA<br />

n. 19 (2000), pp. 37-59.<br />

Lo studio su diversi contesti di materiali ceramici postmedievali da scavi archeologici e<br />

recuperi urbani in Sulmona1 sta permettendo una prima definizione delle produzioni<br />

ceramiche in uso nell’Abruzzo interno fra la fine del XV e il XVII secolo. L’interessante<br />

quadro emergente ci ha spinto, in attesa dell’edizione complessiva di tali materiali, a<br />

presentare in questa sede alcuni dati preliminari che riguardano due classi ceramiche<br />

ancora poco note nel quadro delle produzioni regionali d’età moderna quali l’invetriata<br />

dipinta a ingobbio, anche nota con il termine di Slip Ware, e l’ingobbiata dipinta a<br />

imitazione della maiolica. I principali contesti presi in considerazione sono quelli dagli<br />

scavi 1991-93 presso il complesso monumentale della Casa Santa dell’Annunziata, dagli<br />

scavi 1996 in vico delle Macerie e dai recentissimi recuperi nelle aree di discariche di<br />

rifiuti domestici fuori la cinta muraria lungo la circonvallazione ovest, fra porta Romana<br />

e porta Molina. Gli scavi dell’Annunziata hanno restituito una sequenza stratificata che<br />

dall’età romana giunge sino alla prima metà del XVI secolo con successivi interventi<br />

riferibili alla fine del XIX-inizi XX secolo che hanno fortemente inquinato i livelli<br />

cinquecenteschi anteriori al 1590. Gli scavi in vico delle Macerie hanno invece permesso<br />

di individuare due livelli databili complessivamente fra la metà del XVI e i primi decenni<br />

del XVII secolo2 sigillati da un livello databile al XIX secolo sottostante l’attuale piano<br />

stradale. Per quanto riguarda infine i materiali recuperati presso la circonvallazione<br />

ovest, oltre al materiale sporadico, si segnala la presenza di un livello piuttosto omogeneo<br />

riferibile al pieno Seicento, mentre altri livelli più superficiali del XIX - primi decenni del<br />

XX secolo testimoniano le ultime fasi di utilizzo della discarica rinvenuta.<br />

D.T., V.V.


38 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

39<br />

CERAMICA INVETRIATA DIPINTA A INGOBBIO (SLIP WARE)<br />

Gli scavi e le ricognizioni condotte nell’ultimo decennio in Abruzzo hanno restituito<br />

un’abbondante quantità di Slip Ware e hanno permesso l’elaborazione di alcune sintesi<br />

sull’argomento (Staffa, Pannuzi 1999; Verrocchio c.s.). Le attuali conoscenze in merito<br />

ai centri di produzione e agli aspetti crono-tipologici di questa classe ceramica<br />

postmedievale, ampiamente documentata nella nostra penisola 3 , risultano tuttavia ancora<br />

piuttosto limitate specie se rapportate alle abbondanti evidenze materiali che testimoniano<br />

di un fenomeno produttivo di rilevante consistenza almeno per quanto riguarda l’area<br />

costiera. Per l’Abruzzo interno le conoscenze sono invece del tutto insufficienti limitandosi<br />

ad alcuni frammenti editi dal castello di Bominaco (Staffa, Pannuzi 1999, p. 97, fig.<br />

79). Per tale motivo acquistano particolare interesse i materiali sulmonesi che permettono<br />

di delineare un primo quadro delle produzioni in uso nell’Abruzzo interno all’incirca fra<br />

la metà del XVI e il XVII secolo cui si aggiungono quelli rinvenuti presso la vicina<br />

Anversa degli Abruzzi che le recenti ricerche hanno permesso di identificare quale centro<br />

di produzione di tali ceramiche nell’arco cronologico sopra indicato.<br />

Le sequenze stratificate dagli scavi presso l’Annunziata e in vico delle Macerie permettono<br />

anzitutto di collocare le prime apparizioni di Slip Ware a Sulmona nella seconda<br />

metà del XVI secolo 4 e di seguirne gli sviluppi sino ai primi decenni del secolo successivo.<br />

Come mostra il grafico (tav. 1, in alto) che pone a confronto quantitativo percentuale<br />

le produzioni d’uso comune rinvenute presso i suddetti contesti, attorno al sestosettimo<br />

decennio del Cinquecento la Slip Ware appare con indici quantitativi già rilevanti,<br />

poco meno del 30% delle presenze, mantenendo più o meno stabile questa proporzione<br />

sino al pieno Seicento quando si nota un forte incremento cui corrisponde una sensibile<br />

flessione dell’invetriata da fuoco monocroma, già in atto dai primi decenni del XVI<br />

secolo, e la definitiva scomparsa delle produzioni acrome. Fra le produzioni databili fra<br />

la seconda metà del XVI e i primi decenni del successivo si illustrano in questa sede<br />

alcuni frammenti dall’Annunziata e da vico Macerie (tav. 2). È attestata prevalentemente<br />

la produzione che associa alla decorazione a ingobbio sotto vetrina, generalmente di<br />

colore giallastro solo interna nelle forme aperte ed esterna in quelle chiuse, l’uso del nero<br />

di manganese, caratteristica decorativa particolare che rimanda al momento in maniera<br />

esclusiva alle manifatture della vicina Anversa (vedi infra). Fra le forme documentate<br />

ricorrono spesso scodelle con orlo a breve tesa decorata a tratti in nero alternati a<br />

pennellate a ingobbio (tav. 2, 1), motivo che ritroviamo anche sulle ciotole (tav. 2, 2:<br />

produzione 1B di Anversa). Un coperchio presenta decorazione a fasce concentriche in<br />

nero alternate a ingobbio (tav. 2, 3) in questo caso con la presenza di un sottile strato di<br />

ingobbio rosso sotto la vetrina che rimanda alla produzione 6 di Anversa. Fra le forme<br />

chiuse si segnalano contenitori con pareti modellate (tav. 2, 4) e brocche con versatore a<br />

becco del tipo a panata (tav. 2, 5). Sono infine documentati contenitori troncoconici<br />

d’uso domestico vario (tav. 2, 6). Per quanto riguarda i repertori decorativi, alle semplici<br />

pennellate brevi e trattini sulle tese e ai cerchi concentrici si aggiungono motivi più<br />

elaborati, floreali (tav. 2, 6) o a tralci fitomorfi stilizzati, sempre in bicromia giallo-nero.<br />

Un primo quadro relativo al pieno Seicento è delineabile grazie al contesto di materiali<br />

dalla circonvallazione ovest che permette di colmare la lacuna nelle stratificazioni<br />

dell’Annunziata e di vico Macerie. Come si evince dal grafico in tav. 1 (in basso) il<br />

contesto è dominato dalle produzioni di Anversa e in particolare da quella caratterizzata<br />

da ingobbio rosso sotto vetrina (produzione 6) con più della metà delle attestazioni, cui<br />

si affiancano, nell’ordine, le produzioni 1, 2 e 3. A livello morfologico si segnala una<br />

forte omogeneità con netta prevalenza delle forme aperte e nello specifico scodelle,<br />

scodelloni e bacili caratterizzati da orlo ricurvo all’esterno e leggera carenatura (tav. 3,<br />

Tavola 1. In alto: Sulmona (AQ). Andamento percentuale fra le varie classi invetriate dai contesti della Casa<br />

Santa dell’Annunziata (scavi 1991-93: c. 1250-1520: periodi II-V), di vico delle Macerie (scavi 1996, uu.ss.<br />

205 e 207: c. 1550-1630) e della circonvallazione ovest (c. 1630-1690) sul totale di 581 frammenti; in basso:<br />

Sulmona, circonvallazione ovest. Percentuali relative alle differenti produzioni Slip Ware attestate in un livello<br />

di scarichi d’uso databile c. 1630-1690 sul numero minimo di 25 manufatti individuati.


40 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

41<br />

nn. 1-6; tav. 4, nn. 1-3) e con rare varianti a orlo più ingrossato (tav. 3, nn. 7-8; tav. 4,<br />

n. 4) o in un caso con orlo a breve tesa inclinata (tav. 4, n. 5). Anche il repertorio delle<br />

decorazioni è fortemente standardizzato limitandosi nella produzione 6 alla sequenza di<br />

singole o doppie pennellate ad arco (tav. 3; tav. 4, nn. 1, 3-4) con rare eccezioni<br />

rappresentate dalla sequenza di pennellate a S (tav. 4, n. 2). È riferibile alla produzione<br />

3 di Anversa il più elaborato motivo in tav. 4, n. 5. Le forme chiuse sono molto rare e si<br />

limitano a contenitori d’uso domestico biansati e olle o brocche con decori ad archetti o<br />

a graticcio.<br />

Come precedentemente accennato è possibile riferire la quasi totalità dei frammenti<br />

rinvenuti a Sulmona alle manifatture della vicina Anversa degli Abruzzi, centro di<br />

produzione ceramica che recenti ricerche hanno riportato all’attenzione degli studiosi<br />

documentandovi una locale produzione di maiolica rinascimentale (De Pompeis 1998).<br />

In seguito a tali rinvenimenti ulteriori ricognizioni hanno permesso l’individuazione di<br />

diverse aree di discarica di fornace e di rifiuti domestici che hanno restituito diversi<br />

frammenti e scarti di cottura di Slip Ware, sicure testimonianze di una locale produzione<br />

di tale classe ceramica. Dall’analisi di tali materiali si sono potute isolare almeno sei<br />

differenti produzioni locali qui di seguito brevemente descritte. La produzione 1 è<br />

caratterizzata da una vetrina generalmente brillante, lucida, a superficie liscia o leggermente<br />

opaca a seconda dell’assorbimento, di colore giallo più o meno intenso. Il decoro<br />

a ingobbio sottostante appare giallo, con pennellate non sempre uniformi, leggermente in<br />

rilievo. Le argille sono dure, leggermente porose a frattura irregolare, di colore beige o<br />

più spesso rosa intenso, a cottura uniforme e con rari inclusi bianchi di piccole dimensioni.<br />

Nel repertorio decorativo si hanno motivi a solo ingobbio poco elaborati (produzione<br />

1A) oppure con aggiunta di motivi in bruno-nero di manganese (produzione 1B). È<br />

interessante notare l’ampia presenza di forme non da fuoco e comunque in nessun caso<br />

si segnalano tracce di fuoco sui manufatti. Sono riferibili a questa produzione il 45% dei<br />

frammenti rinvenuti nelle varie zone di discarica. A livello morfologico si segnala la<br />

presenza di brocche a becco o panate (tav. 5, n. 9), olle e ollette di varie dimensioni (tav.<br />

5, nn. 6-7), scodelle (tav. 5, n. 1) e bacili con orlo a imitazione di manufatti metallici (tav.<br />

5, n. 3). Per quanto riguarda le decorazioni si tratta della produzione con repertori meglio<br />

ricostruibili dove alle semplici pennellate più o meno brevi si affiancano i trattini entro<br />

linee parallele, i fiorellini stilizzati e i più elaborati tralci floreali con l’uso del nero. La<br />

produzione 2 è caratterizzata da una vetrina di colore giallino con tonalità verdognole,<br />

poco brillante, sottile e aderente, con superficie opaca a tratti ossidata e decoro non ben<br />

visibile. L’argilla è a cottura non uniforme, camoscio o spesso con nucleo grigio, in un<br />

caso probabilmente stracotto, a frattura irregolare con piccoli inclusi bianchi a bassa<br />

frequenza. Sono attestati frammenti di forme chiuse fra i quali una brocca, forse con<br />

versatore a panata, con ansa complanare all’orlo verticale (tav. 5, n. 8). La produzione 3<br />

si caratterizza per una vetrina poco lucente, spesso opacizzata, facilmente distaccata in<br />

corrispondenza del decoro, sottile e assorbita. L’argilla è beige o rosata, dura e compatta,<br />

depurata. Sono attestati frammenti di forme chiuse fra i quali un’olletta o microvasetto<br />

Tavola 2. Sulmona (AQ). Slip Ware databili fra la seconda metà del XVI e i primi decenni del XVII secolo da<br />

vico delle Macerie (produzione 1A di Anversa: u.s. 207: nn. 1-2; u.s. 205: nn. 4, 6) e dalla Casa Santa<br />

dell’Annunziata (produzione 6A di Anversa: u.s. 2: nn. 3, 5) (dis. V. Verrocchio).


42 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

43<br />

(tav. 5, n. 4) e scodelle (tav. 5, n. 2). La produzione 4 è dotata di vetrina giallastra,<br />

brillante, simile alla produzione 1, ma a superficie più granulosa. L’argilla è più porosa,<br />

a frattura irregolare, rossastra, con minuti inclusi bianchi a media frequenza. Dalle<br />

caratteristiche sembra trattarsi di una produzione da fuoco anche perché compaiono<br />

frammenti di olle, di un tegame con tracce di annerimento e di uno scaldino. La produzione<br />

5 è testimoniata da un unico piccolo frammento con caratteristiche simili alla<br />

produzione 4 ma con decorazione maculata, cioè a schizzi d’ingobbio giallastro e con più<br />

piccoli schizzi di verde ramina. Chiudono il quadro delle attestazioni gli scarti di prima<br />

e seconda cottura fra i quali è interessante segnalare un frammento di parete, forse una<br />

brocca o panata, cui si è saldato deformandolo, un beccuccio di brocca invetriata.<br />

A tali produzioni se ne deve aggiungere un’altra (produzione 6) caratterizzata da argille<br />

chiare, beige, depurate, sulle quali è steso un sottile velo di ingobbio di colore rossastro<br />

o bruno più o meno scuro, solo interno nelle forme aperte con colature sotto l’orlo, che<br />

funge da base per la decorazione a ingobbio bianco. Fra i materiali da Anversa vi sono<br />

scarti di prima cottura privi di vetrina, con l’ingobbio di base, ma come prima illustrato<br />

la produzione è meglio inquadrabile grazie ai materiali rinvenuti a Sulmona dove sembra<br />

particolarmente diffusa 5 . Nel repertorio morfologico si ha l’esclusiva attestazione di<br />

forme aperte come ciotole, scodelle e soprattutto bacili di tipo con orlo a fascia ingrossata<br />

ma soprattutto con orlo estroflesso e appuntito. Chiudono il quadro morfologico gli<br />

scodelloni e i coperchi. Sebbene tale produzione non sia stata sinora segnalata fra quelle<br />

diffuse in area regionale, l’uso dell’ingobbio rosso di fondo trova interessanti confronti<br />

con altre regioni italiane, come il Piemonte e l’Emilia-Romagna 6 , e anche fuori della<br />

nostra penisola 7 . In tutti questi casi la presenza di argille di colore chiaro richiedeva la<br />

stesura di un fondo scuro per dare risalto al decoro a ingobbio.<br />

Per quanto riguarda la cronologia delle produzioni anversane i dati attualmente a disposizione<br />

dal centro di produzione sembrano indicare, almeno per alcune di esse (prodd. 1-<br />

3) una sicura attestazione fra metà del XVI e primi decenni del XVII secolo, in quanto<br />

diversi frammenti e sicuri scarti di produzione provengono da un livello di scarichi di<br />

fornace e d’uso domestico piuttosto omogeneo collocabile in questo arco cronologico per<br />

l’associazione con maiolica in stile compendiario. Tale cronologia iniziale della produzione<br />

viene significativamente confermata dai sopra citati contesti sulmonesi ma allo<br />

stato attuale delle conoscenze non è possibile stabilire con certezza l’arco cronologico di<br />

durata delle produzioni, anche se si può ritenere probabile un esaurirsi delle produzioni<br />

1-3 nel corso del ’600, quando invece la produzione 6 sembra trovare la sua più ampia<br />

affermazione e quando forse la comparsa delle produzioni 4 e 5 potrebbe indicare anche<br />

un cambiamento nell’orientamento di mercato con produzioni oramai prevalentemente<br />

da fuoco 8 . Il rinvenimento di frammenti riferibili sia alla produzione 1B che alla produzione<br />

6 e altre anversane nel contesto della circonvallazione ovest sulmonese (tav. 1, in<br />

basso) testimonia comunque un protrarsi quanto meno entro la seconda metà di quel<br />

secolo. Alle produzioni sinora descritte individuate ad Anversa se ne potrebbe aggiungere<br />

un’ultima molto simile per caratteristiche materiali alla produzione 1 ma che se ne<br />

differenzia per la presenza di ritocchi in verde ramina (produzione 7). Pur non avendo Tavola 3. Sulmona (AQ), circonvallazione ovest, livello databile ca. 1630-1690. Quadro tipologico riferibile<br />

alla produzione 6B di Anversa degli Abruzzi (dis. V. Verrocchio).


44 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

45<br />

rinvenuto frammenti di questo tipo nelle discariche di Anversa, alcuni frammenti rinvenuti<br />

a Sulmona 9 e a S. Valentino 10 con analogie d’impasto e di vetrina permettono di<br />

ipotizzare una provenienza dalle medesime manifatture. Da notare come tale produzione,<br />

anch’essa inquadrabile fra la metà del XVI e i primi decenni del XVII secolo, risulti<br />

l’unica attualmente nota in regione in cui si utilizzano ritocchi in verde nella decorazione<br />

11 , anche in abbinamento al nero di manganese, e per la quale non sembrano individuabili<br />

rapporti con altre produzioni con uso del verde, come ad esempio quelle più tarde d’area<br />

laziale (Bartoloni 1985).<br />

Al termine di queste note si possono sottolineare due interessanti aspetti emergenti dallo<br />

studio tuttora in corso sui materiali sulmonesi e anversani che si spera future ricerche<br />

possano contribuire a meglio definire. Un primo aspetto riguarda la destinazione d’uso<br />

delle produzioni anversane della seconda metà del XVI - XVII secolo. Nella quasi<br />

totalità dei frammenti Slip Ware esaminati da Sulmona e Anversa si tratta difatti di<br />

produzioni riferibili alla mensa o all’uso domestico polivalente comunque non da fuoco.<br />

Tale caratteristica è in netto contrasto con quanto documentabile in numerosi contesti<br />

dell’area costiera dove le produzioni Slip Ware da fuoco sono largamente predominanti<br />

rispetto a quelle da mensa o d’uso domestico, sempre molto rare (Staffa, Pannuzi 1999,<br />

pp. 95-102; Verrocchio c.s.). Ci si trova dunque di fronte a una differenziazione piuttosto<br />

sensibile fra i manufatti circolanti nell’Abruzzo adriatico, con centri di produzione<br />

ubicabili per esempio in Castelli, Penne e Lanciano, e quelli invece diffusi nell’Abruzzo<br />

interno, anche se va notato come il quadro cronologico fra i vari centri di produzione non<br />

sia perfettamente sovrapponibile poiché le evidenze al momento disponibili sono soprattutto<br />

riferibili al XVIII secolo, periodo per il quale invece i dati sulle produzioni anversane<br />

sono ancora insufficienti. Non mancano però contesti di materiali in area costiera databili<br />

fra la seconda metà del XVI e il XVII secolo dove le produzioni non da fuoco risultano<br />

comunque molto rare. La fetta di mercato relativa alle produzioni da fuoco viene tuttavia<br />

colmata da altre tipologie invetriate anch’esse con tutta probabilità di produzione anversana,<br />

come ad esempio l’invetriata nera 12 , le cui prime apparizioni, stando alla sequenza<br />

sulmonese, si collocano nel sesto-settimo decennio del Cinquecento (tav. 1, in alto) con<br />

maggiore sviluppo entro i primi decenni del Seicento, cui segue un sensibile calo nel<br />

pieno dello stesso secolo 13 . Il secondo aspetto che vale la pena sottolineare riguarda il<br />

quadro distributivo sinora ricostruibile per le produzioni Slip Ware anversane. Date<br />

alcune peculiarità di tali produzioni, al momento non documentate in altri centri di<br />

produzione regionali, non risulta difficile l’individuazione nei contesti di rinvenimento.<br />

Ai numerosi frammenti attestati fra i materiali sulmonesi, se ne possono aggiungere altri<br />

nell’aquilano dai castelli di Bominaco 14 e Rovere 15 , Cocullo e Capestrano, e in provincia<br />

di Pescara da S. Valentino, S. Clemente a Casauria, Alanno, Nocciano e più nell’interno<br />

da S. Eufemia a Maiella. Tali produzioni sembra abbiano goduto di un certo raggio di<br />

diffusione dato che qualche frammento della produzione 6 è stato rinvenuto anche presso<br />

Colonnella (TE), anche se è probabile si tratti di quantità minime in rapporto alle altre<br />

produzioni presenti sui mercati locali, come sembrerebbero d’altra parte suggerire le<br />

assenze in importanti contesti ceramici come quelli da Penne, S. Spirito a Maiella, Tavola 4. Sulmona (AQ), circonvallazione ovest, livello databile ca. 1630-1690. Quadro tipologico riferibile<br />

alla produzione 6B (nn. 1-4) e alla produzione 2 (n. 5) di Anversa degli Abruzzi (dis. V. Verrocchio).


46 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

47<br />

Pescara, Castel Frentano e altri dell’Abruzzo costiero. Tale distribuzione (tav. 10),<br />

sebbene del tutto preliminare, deve leggersi unitamente a quella della ingobbiata dipinta<br />

anversana (infra), e permetterebbe comunque di delineare alcune possibili dinamiche di<br />

commercializzazione dei prodotti che, facenti capo al principale mercato di smistamento<br />

identificabile in Sulmona, dovevano poi seguire le principali direttrici lungo la valle<br />

dell’Aterno, verso i mercati di L’Aquila e lungo la valle del Pescara, forse per giungere<br />

sino al porto e di qui seguire alcune rotte marittime, che ne giustificherebbero la presenza<br />

a Colonnella. Rispetto alla produzione ingobbiata dipinta si nota un minore raggio di<br />

diffusione, probabilmente giustificabile con il carattere più corrente della produzione Slip<br />

Ware.<br />

V.V.<br />

CERAMICA INGOBBIATA DIPINTA IMITANTE LA MAIOLICA<br />

L’analisi dei frammenti ceramici dai contesti in esame 16 ha evidenziato caratteristiche<br />

tipologiche e decorative riferibili a una produzione propria dell’area peligna, ben diversa<br />

da quelle di altre aree regionali. Il dato che maggiormente emerge è rappresentato dalla<br />

totalità di frammenti relativi a una produzione ingobbiata imitante repertori decorativi<br />

tipici della maiolica. L’uso di imitare con prodotti ingobbiati dal relativo costo più basso<br />

la più costosa maiolica è un fenomeno alquanto sviluppato in Italia: gli ultimi studi di<br />

archeologia postmedievale a riguardo stanno evidenziando infatti l’uso di queste ceramiche<br />

chiamate anche «mezzamaiolica», «bianchetti» o «maiolica ordinaria», in diverse<br />

aree regionali italiane quali l’Emilia-Romagna (Gelichi, Librenti 1994 p. 19), l’alto Lazio<br />

(Luzi 1993), la Lombardia (Nepoti 1978, pp. 182-185; Mangili 1985, tav. XIV n. 11/2;<br />

tav. XV n. 11/20; Agrippa Berger, Vannini 1991, pp. 323-325). Le ingobbiate di Sulmona<br />

sono riferibili come produzioni del vicino centro di Anversa degli Abruzzi (AQ) dove è<br />

stata recentemente individuata una produzione in maiolica rinascimentale (De Pompeis<br />

1998). Recenti ricognizioni di superficie sotto l’abitato di Anversa hanno infatti permesso<br />

di individuare alcuni scarti di produzione di ingobbiate dipinte del tutto identici a<br />

quelli di Sulmona qui di seguito presentati. Si tratta di frammenti che recano evidenti<br />

anomalie quali la mancanza di vetrina, lo stato di biscotto, ribolliture della vetrina nonché<br />

deformazioni delle forme dovute all’eccessivo calore durante la cottura. Questa produzione<br />

anversana si distingue per alcune caratteristiche sia tecniche che decorative che la<br />

rende facilmente identificabile all’interno delle altre produzioni ingobbiate regionali 17 .<br />

La principale caratteristica è come detto l’imitazione di repertori decorativi molto diffusi<br />

e tipici della maiolica coeva quali figure umane o animali, monticelli, stemmi, girali,<br />

nodi, motivi vegetali, graticci, tratti decrescenti, reticoli a squame, filettature concentriche.<br />

Alcuni frammenti inoltre si caratterizzano per una decorazione molto semplice<br />

costituita da tacche in genere di colore verde sull’orlo, anch’essa di produzione anversana,<br />

che trova stringenti analogie con repertori decorativi di altre aree abruzzesi quale per<br />

esempio la produzione di Penne, pur differenziandosene per le morfologie e per l’uso dei<br />

colori.<br />

Tavola 5. Anversa degli Abruzzi (AQ). Tipologie di Slip Ware di produzione locale documentate in scarichi di<br />

fornace e d’uso domestico (produzione 1: nn. 1, 3, 5-7, 9; produzione 2: nn. 2, 4, dis. V. Verrocchio).


48 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

49<br />

Altro elemento di identificazione è rappresentato dall’anomalo e costante uso nelle<br />

decorazioni del colore rosso 18 . Nella gamma cromatica è presente inoltre il nero in<br />

sostituzione del bruno, usato generalmente per pennellate sull’orlo di forme aperte come<br />

piatti e scodelle. L’impasto è sempre di colore camoscio, raramente rosato, caratterizzato<br />

dalla presenza di numerosi piccoli vacuoli, quali tracce in negativo di sostanze organiche<br />

presenti nell’argilla e scomparse per effetto della cottura. La presenza di queste impurità<br />

è inoltre confermata da caratteristiche righe concentriche sulle superfici esterne di forme<br />

aperte (risparmiate dall’ingobbio e dalla vetrina), dovute proprio alle tracce organiche<br />

che hanno graffiato la superficie durante la tornitura. Altra caratteristica è costituita<br />

dall’uso di rifinire le superfici esterne di forme aperte tramite spatole o stecche che<br />

lasciano la superficie liscia. In taluni casi si segnala anche la presenza di rotellature.<br />

Generalmente le forme aperte presentano ingobbio e vetrina data a risparmio cioè solo<br />

sulla superficie a vista, i piatti, le scodelle e le ciotole solo sulla superficie interna ed<br />

esternamente fin sotto l’orlo e le ciotole carenate internamente ed esternamente fino a<br />

sotto la carena senza comunque arrivare al fondo. Un coperchio presenta l’ingobbio e la<br />

vetrina su ambedue le superfici.<br />

Sono quindi presentati di seguito i materiali da Sulmona suddivisi in repertori decorativi,<br />

cui si affiancano alcuni frammenti che ho ritenuto di evidenziare diversamente per la<br />

caratteristica decorazione a «tacche». La semplicità di tale decoro come ho già accennato<br />

non rientra pienamente nell’imitazione del repertorio della coeva maiolica, ma la rende<br />

maggiormente accostabile alle altre produzioni ingobbiate regionali d’uso più corrente.<br />

La presenza di unità stratigrafiche dai contesti di Sulmona quali la SS. Annunziata, vico<br />

delle Macerie, circonvallazione ovest, ha infine permesso di suddividerli in due ben<br />

distinti periodi cronologici. Il primo comprende la produzione fra la fine del ’400 e la<br />

prima metà del ’500 (SS. Annunziata, uu.ss. 128, 181, 362, 374), il secondo fra la metà<br />

del ’500 e il primo trentennio del ’600 (vico delle Macerie, uu.ss. 205, 207); tale<br />

cronologia sembra comunque riflettere gli estremi cronologici della produzione di Anversa<br />

degli Abruzzi. A scopo semplificativo i contesti da Sulmona sono stati abbreviati in<br />

questo modo: SS. Annunziata (AN), S. Gaetano (S.G.), vico delle Macerie (V.M.),<br />

circonvallazione ovest (C.O.).<br />

CATALOGO<br />

- «Tacche»: Frammenti ceramici con tale decoro sono stati rinvenuti in V.M. u.s. 205, AN u.s. 2 (residuo). Fra<br />

le forme sono attestati un orlo di ciotola carenata (tav. 6, n. 1) e orli di ciotolina (tav. 6, n. 2). Le tacche sono<br />

di colore verde.<br />

La produzione fra la fine del ’400 e la prima metà del ’500<br />

- Figura umana. Un frammento di fondo di forma aperta presenta un profilo virile proveniente da AN u.s. 128.<br />

Colori: blu, verde, rosso. Il frammento è esposto presso il Museo in situ presso l’Annunziata.<br />

- Monticelli. I contesti di provenienza sono: AN u.s. 119, u.s. 374, u.s. 102 (residuo), S.G. Sono attestati piatti<br />

(tav. 6, n. 3) e ciotoline. Colori: il monticello è realizzato in blu, mentre i motivi riempitivi in rosso, le linee<br />

concentriche sull’orlo in ocra, giallo, e in un caso sono presenti tacche in nero. Risulta abbastanza evidente dai<br />

Tavola 6. Sulmona (AQ). Ceramica ingobbiata dipinta a imitazione della maiolica di produzione anversana da<br />

vico delle Macerie (nn. 1-2, 5, 6) e dall’Annunziata (nn. 3, 4) (dis. D. Troiano).


50 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

51<br />

numerosi confronti che l’imitazione è effettuata sulla produzione di coeva cronologia e di area laziale (Ricci<br />

1985, figg. 100 e 102).<br />

- Motivi vegetali stilizzati. AN u.s. 362, orlo di piatto (tav. 6, n. 4), colori: blu, giallo, ocra.<br />

La produzione fra la seconda metà del ’500 e il primo trentennio del ’600<br />

- Animali. Un frammento proveniente da V.M. u.s. 205, relativo a un fondo di forma aperta presenta come<br />

decorazione una lepre (tav. 6, n. 5). Colori: blu, giallo, arancio-rosso.<br />

- Stemmi. Un frammento proveniente da AN, saggio C, relativo a un fondo di piatto, ingobbio e vetrina: su<br />

ambedue le superfici, colori: blu, verde.<br />

- Girali. Questo tipo di decoro risulta largamente attestato da V.M. u.s. 201(residui), 205, 207. Sono attestati<br />

piatti (tav. 7, n. 7), ciotole (tav. 6, n. 6 e tav. 7, n. 8), scodelle e boccali. Le girali sono principalmente in blu<br />

ma non mancano girali in rosso oppure in arancio i riempitivi in verde, giallo. Sono presenti tacche nere<br />

sull’orlo. Taluni frammenti presentano il decoro in monocromia blu. Data la cronologia19 , il motivo sembra<br />

ispirarsi alle girali della coeva produzione in compendiario e non ai motivi «alla porcellana».<br />

- Treccia. V.M. u.s. 205, orlo di bacile (tav. 7, n. 9), colori: verde, blu.<br />

- Motivi vegetali. Frammenti con questo decoro sono stati recuperati da AN u.s. 24 (residuo), u.s. 119, e da<br />

V.M. u.s. 205. Sono attestati piatti, scodelle e forme chiuse. Colori: blu, giallo, verde, ocra, rosso. All’interno<br />

della tipologia si possono distinguere decori eseguiti con accuratezza e gusto per il particolare (tav. 7, n. 10)<br />

mentre in altri frammenti l’ornato viene semplificato fino ad assumere una vera e propria stilizzazione (tav. 7,<br />

n. 11).<br />

- Graticcio. Proviene da AN u.s. 102 (residuo), V.M. u.s. 205. sono attestati boccali, ciotole (tav. 8, n. 13)<br />

anche con presa polilobata (tav. 7, n. 12). Colori: colori: blu, arancio, giallo, non mancano monocromie in blu<br />

e tacche sull’orlo in nero. Il frammento di boccale (tav. 8, n. 14) si presenta come scarto di prima cottura<br />

essendo privo di vetrina.<br />

- Tratti decrescenti. Si segnala un frammento da V.M. u.s. 205 di scodella (tav. 8, n. 15), colori: blu, aranciorosso.<br />

Il frammento imita puntualmente un analogo decoro su maiolica di produzione romana del ’600 (Ricci<br />

1985 p. 413 n. 195b nonché Ricci 1985 p. 402 n. 141 decorate a tratti decrescenti alternati di produzione<br />

toscana o romana a imitazione).<br />

- Reticolo a squame verticali campite da tratti decrescenti. È attestato da AN, u.s. 2 (residuo), V.M. u.s. 205<br />

e S.G. Sono attestati piatti (tav. 8, n. 16), ciotoline (tav. 8, n. 17). Colori: blu, verde, blu, nero, arancio-rosso.<br />

- Reticolo a squame verticali campite da palmette. È presente un frammento di piatto da AN u.s. 119. Colori:<br />

blu. Il decoro imita la produzione in maiolica di Roma della prima metà del ’500 (Ricci 1985 p. 367 n. 64e di<br />

produzione romagnola o romana a imitazione di quella romagnola nonché i riempitivi a squame verticali di<br />

produzione romana in Ricci 1985 p. 386 n. 121c).<br />

- Scacchiera. È presente da AN, u.s. 24 (residuo), V.M. u.s. 201 (residuo), u.s. 205, u.s. 207, S.G. Sono attestati<br />

ciotole (tav. 8, n. 18), scodelle (tav. 9, n. 19), piatti (tav. 9, n. 20), bacili. Colori: blu, verde, arancio-rosso, nero,<br />

rosso, giallo, ocra.<br />

- Archetti. È presente da AN, u.s. 2 (residuo), V.M. u.s. 205. Sono attestate le seguenti forme: ciotola, piatti<br />

e scodelle (tav. 9, n. 21). Colori: blu, verde.<br />

- Linea ondulata. È presente da AN, u.s. 119, sono attestate ciotole. Colori: blu. (Ricci 1985, p. 381 n. 116E).<br />

- Filettature concentriche parallele costituite da linee larghe e sottili. È presente dai seguenti contesti: S.G.,<br />

AN, u.s. 2 e 102 (residui), V.M. u.s. 205. Sono attestate scodelle (tav. 9, n. 22), ciotole, piatti. Colori: verde,<br />

blu, arancio-rosso, giallo-ocra. (Ricci 1985, p. 414 n. 209-210).<br />

- Filettature orizzontali e verticali costituite da linee rette e ondulate. È presente dai seguenti contesti: AN,<br />

u.s. 102, V.M. u.s. 201 (residuo), 205. Sono attestati albarelli (tav. 9, n. 23), boccali (tav. 9, n. 24). Colori: blu,<br />

nero. arancio-rosso, verde, giallo, bruno (Ricci 1985, p. 402 n. 143a).<br />

Tavola 7. Sulmona (AQ). Ceramica ingobbiata dipinta a imitazione della maiolica di produzione anversana da<br />

vico delle Macerie (dis. D. Troiano).


52 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

53<br />

Tavola 8. Sulmona (AQ). Ceramica ingobbiata dipinta a imitazione della maiolica di produzione anversana da<br />

vico delle Macerie (nn. 13, 16-18), dall’Annunziata (n. 14) e da S. Gaetano (n. 16) (dis. D. Troiano).<br />

Tavola 9. Sulmona (AQ). Ceramica ingobbiata dipinta a imitazione della maiolica di produzione anversana da<br />

vico delle Macerie (nn. 19, 21, 23, 24), da S. Gaetano (n. 20, 22) (dis. D. Troiano).


54 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

55<br />

Fra le produzioni ingobbiate imitanti la maiolica note a chi scrive, confronti più stringenti<br />

con la produzione anversana si riscontrano unicamente con frammenti da Milano (Agrippa<br />

Berger, Vannini 1991, pp. 323-325, tav. CLI, d8, d11-13), da Bergamo (Mangili 1985,<br />

tav. XIV, n. 11/2; tav. XV, n. 11/20) e da Pavia (Nepoti 1978, pp. 182-185) assegnati a<br />

manifatture lombarde e caratterizzate dall’utilizzo anche del colore rosso. Tale confronto<br />

fra aree geograficamente così distanti lascia ipotizzare l’esistenza di una pluralità di<br />

produzioni similari e poco note che attendono una migliore definizione. Il successo<br />

commerciale di tale tipologia che sta emergendo con lo sviluppo degli studi è ben<br />

evidenziato nella carta di distribuzione regionale in tav. 10. Frammenti anversani sono<br />

stati recuperati ad Alanno, Nocciano, Pescara, Loreto Aprutino, S. Clemente a Casauria,<br />

Città S. Angelo, Tocco Casauria, S. Valentino, Miglianico, Ripa Teatina, Ortona, Castel<br />

Frentano, Celenza sul Trigno, Lama dei Peligni, Cocullo, Rovere (Castiglione et al. 1994,<br />

figg. 2-7), Capestrano, Peltuinum (Prata d’Ansidonia, AQ: Tulipani 1996, p. 58, fig. 88)<br />

e fuori dell’Abruzzo a Roma e Capena. Tale successo è dovuto all’ubicazione di Anversa<br />

degli Abruzzi nelle immediate vicinanze di Sulmona cioè all’incrocio di importanti vie di<br />

comunicazione quali la «via degli Abruzzi», direttrice nord/sud che collegava la Toscana<br />

e l’Umbria attraverso la nostra regione a Napoli e la via Tiburtina direttrice est/ovest che<br />

congiungeva Anversa da una parte a Roma e dall’altra al porto di Pescara. In questa<br />

chiave vanno letti i frammenti presenti lungo la Valpescara e molto probabilmente<br />

proprio dal porto di Pescara questi prodotti raggiungevano la fiera di Lanciano.<br />

Verso Napoli, inoltre, si documenta l’attività di importanti maestri ceramisti anversani<br />

quali Bernardino de’ Gentili e Pietro di Anversa che negli anni centrali del ’500 firma lo<br />

splendido pavimento maiolicato di alcuni ambienti della villa dei Della Tolfa a Palma<br />

Campania (Donatone 1994, pp. 83-85, tavv. 52-55, 56d). Il dato più sorprendente invece<br />

viene dai contatti verso il Lazio e in particolare Roma. Seguendo la Tiburtina da Anversa<br />

per Roma si incontrano dei veri e propri capolavori in maiolica. Dapprima la facciata<br />

della chiesa di Collarmele opera attribuita al maestro Bernardino de’ Gentili con gli<br />

stemmi delle importanti famiglie quali Piccolomini, Colonna e Orsini (Donatone 1994, p.<br />

75, tav. 117). Proseguendo fino a Tivoli dove sempre lo stesso maestro lavora presso<br />

villa d’Este 20 e il cortile di palazzo Mancini ora Giannozzi (Donatone 1994, tav. 180).<br />

Sicuramente dietro il successo di questa produzione aulica con commesse delle più<br />

importanti famiglie romane si inserisce la nostra più economica produzione ingobbiata e<br />

dipinta a imitazione della maiolica. Da Roma si segnalano alcuni frammenti che potrebbero<br />

essere riferiti alla produzione di Anversa, fra il materiale recuperato nel giardino del<br />

Conservatorio di S. Caterina della Rosa 21 . Alla produzione anversana inoltre potrebbero<br />

essere riferite le notizie di importazioni di ceramica da Tagliacozzo verso Roma (Gull<br />

1996, p. 45) intendendo a mio avviso Tagliacozzo - la più importante città abruzzese<br />

posta sul confine - come probabile sinonimo di abruzzesità e tramite fra il centro di<br />

produzione e il mercato romano. Di sicuro questi prodotti arrivavano fino a Roma, la<br />

conferma ci viene da vari frammenti di sicura produzione anversana recuperati a Capena 22 ,<br />

a nord di Roma nei pressi del Tevere. Sembra quindi che proprio attraverso traffici via<br />

fiume (Gull 1996, p. 45), da Roma questi prodotti siano arrivati fino a Capena come<br />

Tavola 10. Primo quadro distributivo regionale delle produzioni anversane (fine XV-XVII secolo) (cerchio<br />

pieno: ingobbiate dipinte imitanti la maiolica; cerchio vuoto: invetriate dipinte a ingobbio o Slip Ware,<br />

produzioni 1, 6 e 7).<br />

testimonierebbe la presenza di un porto sul Tevere nei pressi della cittadina laziale 23 .<br />

Altra importante via di smercio per le ingobbiate anversane sono senza dubbio le fiere,<br />

fra cui quella geograficamente più vicina dell’Assunta di Sulmona da cui l’altissima<br />

percentuale di prodotti anversani dai contesti archeologici in esame. Inoltre si segnalano<br />

le fiere di Chieti 24 il cui ruolo come centro di smistamento di questi prodotti ci viene<br />

testimoniato dalle presenze in contesti gravitanti sul capoluogo teatino quali Nocciano,<br />

Miglianico, Ripa Teatina, mentre sono poco attestati in contesti gravitanti su altre aree<br />

produttive quali Penne e Atri. Tramite il porto di Pescara questi prodotti raggiungevano


56 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

57<br />

anche la famosa fiera di Lanciano da cui il rinvenimento a Castel Frentano. Che essi<br />

seguissero tali vie commerciali ci viene documentato dal fatto che le materie prime per<br />

lavorarle venivano acquistate proprio nel giro delle fiere e nello specifico in quella di<br />

Lanciano dove viene documentato da parte di anversani l’acquisto di piombo, terra<br />

bianca, «terre cupti», «zaffaro» 25 .<br />

D.T.<br />

NOTE<br />

1 Si ringrazia la Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo nella persona della dott. R. Tuteri che ha diretto<br />

gli scavi citati in questo contributo e che ci ha gentilmente permesso di anticipare alcuni risultati in questa sede.<br />

Ringraziamo inoltre la dott. E. Ceccaroni con la quale stiamo conducendo lo studio delle ceramiche medievali<br />

e postmedievali sulmonesi e il dott. A.R. Staffa per i materiali dalla val Pescara. I materiali da contesti inediti<br />

citati nel testo provengono da ricognizioni condotte dagli autori.<br />

2 Per la precisione l’us 207, databile ca. 1550-1570 e l’us 205, databile ca. 1570-1630.<br />

3 Per una sintesi sui rinvenimenti in ambito nazionale e un inquadramento in rapporto alle altre realtà europee<br />

coeve si rimanda a Verrocchio c.s. Data l’ampia diffusione e i molteplici aspetti legati alle origini, alle tipologie<br />

morfologiche e decorative, nonché alla cronologia, sarebbe necessario un più approfondito studio delle abbondanti<br />

restituzioni materiali a disposizione.<br />

4 Tale cronologia concorda con quanto è possibile attualmente delineare nell’Abruzzo costiero dove la<br />

produzione invetriata Slip Ware appare per la prima volta sempre in associazione alla maiolica in stile<br />

compendiario di Castelli dunque databile fra la metà del ’500 e gli inizi del ’600.<br />

5 Diversi frammenti provengono dallo scavo dell’Annunziata (u.s. 2, 24 e 102; u.s. 56; saggio 91B). Altri<br />

frammenti decorati a ingobbio e non, riferibili a bacili o scodelle, provengono dagli scavi di S. Gaetano (u.s.<br />

204), via Petrarca e dal parcheggio S. Chiara.<br />

6 Per il Piemonte vedi Pantò 1982, p. 145 e p. 150; Gallesio, Pantò 1988, p. 366, p. 384, nn. 28-29 e p. 391,<br />

fig. 6 con decorazione «al cornetto». Alla produzione torinese si può aggiungere quella settecentesca individuata<br />

presso Cassine (Arditi 1979, pp. 79-81). Per l’Emilia-Romagna la produzione è segnalata da S. Nepoti<br />

nell’intervento in Pantò 1982, p. 150 e nel modenese in Luppi 1992, p. 71, tav. V, 6 e fig. 6.<br />

7 Si vedano in proposito le produzioni cinque-seicentesche da mensa con elaborata decorazione «al cornetto»<br />

della Francia settentrionale (Morisson 1973, p. 44, Cartier 1997; Dilly 1989) o dai paesi di lingua tedesca<br />

(Malhorn- ware) dell’Europa centrale e settentrionale per cui si rimanda al fondamentale Stephan 1987<br />

8 Il discorso sulle produzioni anversane nel ’700 resta tutto da approfondire. In assenza di dati certi e di<br />

conferme dalla documentazione d’archivio la continuità fra le produzioni seicentesche e quelle ottocentesche<br />

resta da provare e non si può escludere una temporanea cessazione delle attività manufatturiere ad esempio in<br />

seguito ai gravi eventi sismici degli inizi del Settecento.<br />

9 Un solo frammento di forma aperta, probabilmente una scodella, proviene da vico delle Macerie, u.s. 205,<br />

databile ca. 1570-1630.<br />

10 Un frammento di olla da fuoco databile fra la metà del XVI e i primi decenni del XVII secolo proviene da<br />

livelli di scarichi d’uso domestico individuati da chi scrive nel 1996 in via Valle.<br />

11 A parte la produzione 5 a schizzi d’ingobbio che rientra nel filone delle ceramiche maculate.<br />

12 Ceramiche con rivestimento di vetrina nera o di colore marrone molto scuro. Il rinvenimento di diversi<br />

frammenti negli scarichi di Anversa e l’ampia attestazione sul mercato sulmonese lasciano ipotizzare una<br />

produzione anversana. Nel repertorio morfologico si segnala la prevalenza delle olle a orlo verticale indistinto<br />

con ansa complanare. Sono tuttavia documentate anche forme da mensa fra le quali si segnala un interessante<br />

frammento di piatto da Anversa caratterizzato da una decorazione in rilievo ottenuta a stampo raffigurante<br />

motivi vegetali stilizzati nel cavetto e motivi non identificabili sulla tesa, coperti da vetrina nera molto lucida<br />

e a riflessi iridati. L’impasto è di colore grigiastro al nucleo, a frattura irregolare, poroso e stracotto. La<br />

presenza di tale produzione a rilievo negli scarichi di fornace anversani non è casuale così come non sembra<br />

casuale la presenza del giglio stilizzato, motivo decorativo ma forse con valenze anche simboliche dato che si<br />

ricollega alle più pregiate maioliche cinquecentesche recentemente attribuite alle manifatture di Anversa (De<br />

Pompeis 1998) come le mattonelle in rilievo che ornano la facciata della chiesa della Madonna delle Grazie a<br />

Collarmele (AQ) e altri importanti monumenti fuori regione riconducibili all’opera del maestro Bernardino de’<br />

Gentili (vedi infra).<br />

13 Questa produzione ceramica è significativamente assente fra i materiali dall’Annunziata riferibili alla<br />

seconda metà del XV o alla prima metà del XVI secolo.<br />

14 Staffa, Pannuzi 1999, p. 97, fig. 79: frammenti attribuiti a olle da fuoco ma trattasi evidentemente di un becco<br />

di panata e di frammenti a essa pertinenti riferibili alla produzione 1.<br />

15 La presenza di frammenti riferibili probabilmente alla produzione 7 per l’uso di ritocchi in verde mi è stata<br />

segnalata da E. Siena (che si ringrazia) fra i materiali inediti dallo scavo del fossato della rocca condotto<br />

dall’Università di Chieti sotto la direzione della prof. A.M. Giuntella.<br />

16 A Sulmona la classe è presente dai seguenti contesti: SS. Annunziata, S. Gaetano, vico delle Macerie,<br />

circonvallazione ovest.<br />

17 Per le altre produzioni di età rinascimentale e successive riferibili a Castelli, Penne e Atri vedi Staffa,<br />

Pannuzi 1999, Troiano c.s. che presentano tutte decorazioni molto semplici costituite da cerchi concentrici in<br />

ramina e ferraccia oppure da tacche generalmente in bruno ma anche in ferraccia sull’orlo.<br />

18 Allo stato attuale delle ricerche non mi sono note altre produzioni ingobbiate sia regionali che extraregionali<br />

riferibile come la nostra al tardo ’400 fino ai primi del ’600 che presentano nella fascia cromatica l’uso del<br />

colore rosso, tranne alcuni materiali dall’area padana, da Milano (Agrippa Berger, Vannini 1991) da Pavia<br />

(Nepoti 1978, pp. 182-185), ritenuti di probabile produzione lombarda e pochi frammenti da Ferrara e Modena<br />

(Gelichi, Librenti 1994, p. 19).<br />

19 La maggior parte dei frammenti provengono da V.M. u.s. 205 datata 1570-1630 solo un frammento<br />

proveniente da V.M. u.s. 207 anticipa di poco la cronologia al 1550-1570.<br />

20 Decorando alcune fontane della villa del cardinale Ippolito d’Este negli anni 1568-1572 (Donatone 1994, p.<br />

91, nota 26), quali la fontana dell’«Ovato» (ibid., tav. 181), il pavimento della «grotta di Diana» datato 1572<br />

(ibid., p. 74, tavv. 57-58, 178-179).<br />

21 Tesei 1989. Si tratta di due frammenti identificati come maiolica con ingobbio e con il caratteristico uso del<br />

colore rosso, ma che probabilmente sono riferibili a ingobbiate.<br />

22 Bocconi, Messineo 1995, p. 61, fig. 4. La visione diretta di tali materiali da parte di chi scrive ha evidenziato<br />

ben 11 manufatti attribuibili con certezza alla produzione di Anversa.<br />

23 Speranza 1997. La presenza del porto ci viene attestata da documentazione archivistica inedita gentilmente<br />

fornitami da S. Speranza che ringrazio cordialmente.<br />

24 Si ricorda che Chieti disponeva di traffici commerciali abbastanza estesi: qui infatti venivano acquistati nel<br />

1569 per Castelli alcune materie prime quali piombo, stagno, terra bianca e gesso, vedi Battistella 1986, p. 55,<br />

nota 11.<br />

25 Il 30 marzo 1535 Angelo di Cecco Rosa di Aversa di Valva promette di dare in Lanciano a Ottaviano di<br />

Tommaso Capuani alcuni beni ricevendo in cambio le seguenti cose: pani 3 e mezzo di piombo a carlini 18 per<br />

ogni centinaia, casse 3 di terra bianca a carlini 6 per ogni centinaia, e una sacchetta di terre Cupti a carlini 18<br />

il cantenaio (Regesti Marciani vol. 7/I notaio A. Macciocchino, p. 71). Inoltre il 4 aprile 1535 Vincenzo di<br />

Bernardo di Aversa di Valva promette di dare e consegnare in Lanciano allo stesso Ottaviano di Tommaso<br />

Capuani altri beni ottenendo sempre in cambio per un terzo del valore le seguenti merci: magliette di donna a<br />

grana 12 la maglietta; scavesani e garofali a carl. 9 il tomolo; litargizio a carl. 18 il centinaio; piombo arso a<br />

carl. 12 il centinaio, zaffaro a D.i 9 lo cento (Regesti Marciani vol. 7/I notaio A. Macciocchino).


58 Troiano, Verroccchio Ceramiche ingobbiate dipinte e slip ware in Sulmona (AQ)<br />

59<br />

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Nepoti 1978 S. Nepoti, Le ceramiche postmedievali rinvenute negli scavi della<br />

Torre Civica di Pavia, in «Archeologia Medievale», V, pp. 171-<br />

218.<br />

Pantò 1982 G. Pantò, Ceramiche con decorazione ad ingubbio sotto vetrina<br />

nelle civiche collezioni torinesi, in «Albisola. Atti del Convegno<br />

internazionale della ceramica», XV, pp. 145-157.<br />

Regesti Marciani «Regesti Marciani. Fondi del notariato e del decurionato di area<br />

frentana (secc. XVI-XIX)», a cura di C. Marciani, l’Aquila, voll. 7,<br />

I-V, 1987-89.<br />

Ricci 1985 M. Ricci, Maiolica di età rinascimentale e moderna, in D.<br />

Manacorda (a cura di), Crypta Balbi 3: Il giardino del Conservatorio<br />

di S. Caterina della Rosa, vol. 2, Firenze, pp. 303-424.<br />

Speranza 1997 S. Speranza, La «Concordia» del 1617 tra il monastero di San<br />

Paolo e la comunità di Leprignano in una copia novecentesca<br />

dell’originale latino, Fonti per la storia di Capena, III, Manoscritto<br />

inedito presso l’autore.<br />

Staffa, Pannuzi 1999 A.R. Staffa, S. Pannuzi, Produzioni ceramiche di uso comune in<br />

Abruzzo fra XV e XVIII secolo, in «Castelli. Semestrale del Museo<br />

delle Ceramiche», n. 10-11, pp. 13-109.<br />

Stephan 1987 H.-G. Stephan, Die Bemalte Irdenware der Renaissance in<br />

Mitteleuropa, München.<br />

Tesei 1989 L. Tesei, Ceramica smaltata su ingobbio, in A. Gabucci, L. Tesei<br />

(a cura di), Crypta Balbi 4: Il giardino del Conservatorio di S.<br />

Caterina della Rosa, supplemento, Firenze, p. 113.<br />

Troiano c.s. D. Troiano, Ceramica ingobbiata dipinta, in M. Scioli, D. Troiano,<br />

V. Verrocchio, Ceramiche postmedievali dallo scavo archeologico<br />

1994 in piazza Caporali a Castel Frentano (CH), in corso di<br />

stampa.<br />

Tulipani 1996 L. Tulipani, Da Peltuinum alla Civita Ansidonia, in A. Campanelli<br />

(a cura di), Peltuinum. Antica città sul Tratturo, Brescia, pp. 50-<br />

60.<br />

Verrocchio c.s. V. Verrocchio, La ceramica invetriata dipinta ad ingobbio (Slip<br />

Ware), in M. Scioli, D. Troiano, V. Verrocchio, Ceramiche<br />

postmedievali dallo scavo archeologico 1994 in piazza Caporali a<br />

Castel Frentano (CH), in corso di stampa.

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