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Circolo Pescatori “Balin” Viale Rimembranza 16039 Sestri Levante

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<strong>Circolo</strong> <strong>Pescatori</strong> <strong>“Balin”</strong> <strong>Viale</strong> <strong>Rimembranza</strong> <strong>16039</strong> <strong>Sestri</strong> <strong>Levante</strong><br />

Antichi metodi di pesca e attrezzi. - U cann-na -<br />

<strong>Sestri</strong> <strong>Levante</strong> 1950-53<br />

Stanno stivando la “ric-cea du can-na”: Milanin (Mussi Franco sul carro),<br />

Toti (Marassini Giorgio a terra a sinistra), Cungadin (Gueglio Giorgio a terra a<br />

destra), Berturin (Bertorino Marco sulla barca) tipo di rete da posta, serve<br />

principalmente per catturare i cefali, specie dall’ou, per le macchie dorate che<br />

hanno sulle parti laterali della testa.<br />

L’attrezzatura si compone in due parti, una. calata a cerchio, racchiude,<br />

in fondale inferiore a m. 10-12, una zona di mare circolare con diametro circa<br />

m. 100-150 (dipende dalla lunghezza, da ric-cea), u can-na, si vede sulla<br />

barca dietro il carro, un tramaglio di altezza m. 3,5 – 4 armato di canne, che è<br />

calato sopra la i sugheri da ric-cea.<br />

Come si pesca, di solito avvistato il branco di pesce, si circoscrive con<br />

la ric-cea, chiudendola a cerchio, in fretta senza far rumore per evitare che il<br />

pesce si allontani, sempre alla svelta si cala u can-na sopra il cerchio di rete.<br />

Quando l’attrezzatura e ben sistemata, si comincia a far baccano, con<br />

qualsiasi mezzo, battendo sulla barca, buttando pietre a mare o altro, per<br />

spaventare il pesce che in difficoltà si mette a saltare per evadere e quindi<br />

rimane impigliato nel tramaglio di superficie retto dalle canne.<br />

Si attende che i pesci siano saltati tutti, prima di salpare e quindi riporre<br />

in barca, l’attrezzatura. Ci sono pesci saltando superano la rete e quindi<br />

guadagnano la libertà. Il muggine dall’ou è tipico fare salti fuori superficie<br />

mentre quelli neri, massoni, o altre specie, difficilmente compiono salti e<br />

quindi l’attrezzo non è indicato per la loro cattura. Gbertorino 04.10.2010


<strong>Circolo</strong> <strong>Pescatori</strong> <strong>“Balin”</strong> <strong>Viale</strong> <strong>Rimembranza</strong> <strong>16039</strong> <strong>Sestri</strong> <strong>Levante</strong><br />

balincircolopercatori@live.it<br />

Antichi metodi di pesca e attrezzi. - Le “Manaite”<br />

Il classico metodo per la pesca delle acciughe prima del 1930-35.<br />

Tipo di reti da posta realizzate in filo di cotone, le maglie di grandezza<br />

tale da far si che le acciughe durante i trasferimenti vi rimangano ammagliate.<br />

La lunghezza cento metri, l’altezza 1000 maglie del 21 (il numero indica<br />

che ci sono 21 nodi in un palmo, cioè in 25 centimetri).<br />

Erano “armate” con modesta quantità di sugheri infilati in una corda a<br />

distanza definita in precedenza, “bremmu da nata”, è fissato alla rete dopo<br />

averla rinforzata con l’operazione di “doppiatura”, per tutta la sua lunghezza.<br />

Da lato opposto ai sugheri, è cucito il “bremmo da ciungiu”, con i piombi<br />

al posto dei sugheri.<br />

Le testate sono rinforzate e munite di lacci, per mezzo di questi ultimi si<br />

formano giunture per raggruppare almeno cinque o sei elementi.<br />

Durante la cucitura del “bremmu da nata”, si provvede all’inserimento di<br />

6 – 10 “fuetti” per ogni spezzone di rete, dove durante la calata si allacciano i<br />

“segnè”, parallelepipedi di sughero muniti di cordino con lunghezza compresa<br />

fra cinque - dieci “braccia” (m. 1,75 circa).<br />

La manaita calata in acqua, tende ad andare a fondo, disponendosi<br />

come un muro, con oltre 10 - 12 m. di altezza in condizioni ottimali, grazie al<br />

peso del piombo che precipita mentre i sugheri tendono a rimanere in<br />

superficie.<br />

Le reti erano calate nel mar ligure solitamente alla distanza di circa da<br />

una a tre miglia dalla costa, si doveva considerare la direzione e l’entità della<br />

corrente, stabilire la profondità di pesca della rete, regolata dalla lunghezza<br />

della corda che si legavano i “segnè”.


Ultimata la calata, si badava a compiere una prova, lo scopo era<br />

accertare della presenza di pesce, l’adeguata profondità di pesca, il corretto<br />

comportamento della rete con la corrente, procedendo a eventuali rettifiche o<br />

al cambiamento di zona di pesca.<br />

Ho sentito raccontare di pescatori molto abili che riuscivano a<br />

prevedere approssimativamente il pescato, dal modo con cui galleggiavano i<br />

“segnè”, per queste previsioni condizione indispensabile era il tempo ottimo,<br />

mare calmo, l’assenza di vento.<br />

Un minore galleggiamento “du segna” indicava appesantimento della<br />

rete e quindi cospicua presenza di pesce, considerato che l’acciuga morta,<br />

precipita a fondo, contrariamente alle sardine che tendono al galleggiamento.<br />

Non credo che ci siano sostanziali differenze di peso specifico fra i due<br />

tipi di pesce.<br />

Ritengo che il fenomeno si possa spiegare con molta semplicità,<br />

l’acciuga morendo svuota la vescica natatoria mentre la sardina la riempie<br />

d’aria.<br />

Quando il pescato era scarso, alcuni equipaggi, i più validi, andavano a<br />

fare la stagione sulle coste Toscane, e anche sui litorali Romani, per il<br />

periodo da maggio fino ai primi di giugno.<br />

Prima di partire facevano provviste, caricavano i barili, il sale e tutto<br />

l’occorrente per la salagione del pesce, vettovaglie: olio, patate, cipolle, aglio,<br />

gallette di pane, non mancavano il vino, le provviste fresche erano fatte<br />

abbastanza di rado nei paesi costieri.<br />

Il piatto quotidiano, era il tradizionale “bagnun”, che in mancanza di<br />

pomodori, confezionato, con olio, aglio, acqua e sale, era cucinato dopo aver<br />

smagliato le acciughe, pulite ed eventualmente asciugate le reti.<br />

Solitamente la salatura era effettuata di pomeriggio dopo aver dormito,<br />

il pesce cosparso di sale in superficie di mattino aveva perso buona parte di<br />

sangue “sangume”.<br />

Il ritorno a <strong>Sestri</strong> solitamente previsto per i primi di luglio, era<br />

consuetudine contare i barili di acciughe alla ricorrenza della Madonna del<br />

Carmine (2^ domenica di Luglio), solitamente alla fine del mese venivano i<br />

Livornesi per l’acquisto dopo averne controllata la qualità.<br />

Ho sentito dire che il prodotto era utilizzato principalmente per<br />

realizzare la tipica pasta, per essere poi confezionata ed esportata in<br />

Inghilterra.<br />

La quantità del pescato variava secondo le capacità degli equipaggi,<br />

anche la fortuna svolgeva il suo immancabile ruolo. Quaranta barili di<br />

acciughe salate, per una stagione di pesca erano, una meta ambita<br />

difficilmente raggiungibile (circa 1.500 Kg. di pesce fresco), da dieci a venti<br />

barili era considerata ottima pesca.<br />

Correva voce che qualche equipaggio si avventurasse sulle coste<br />

dell’Africa, credo però che forse sia leggenda se consideriamo le dimensioni<br />

delle barche che avevano a disposizione.<br />

<strong>Sestri</strong> <strong>Levante</strong> 13.11.2010 G. Bertorino


Ricordi e Racconti Territorio Antichi metodi di pesca<br />

Q - 02 “La sciabica” (rè) 02.10.2011 O<br />

Uno dei più antichi metodi di pesca, praticata tutto l’anno, tempo<br />

permettendo. Nella stagione buona solitamente si facevano due calate, una al<br />

mattino e una alla sera.<br />

La rete era calata con un gozzo, partiva dalla spiaggia lasciando la cima di<br />

una corda, che variava a seconda dello specchio acqueo che si voleva coprire;<br />

con tre corde, dalla spiaggia di ponente si arriva quasi a metà rada. La rete<br />

veniva calata a settore di cerchio con raggio molto ampio, si ritornava a riva con<br />

la corda dall’altro lato a circa 100 m. di distanza da dove si era partiti.<br />

La zona di pesca più frequente era la spiaggia di Ponente di fronte ai bagni<br />

Sempione, si tirava la rete di fronte al Grande Albergo, ma anche dalle<br />

Fournaxe, attuali bagni Sporting, qualche volta a S. Bastian, a Pietracalante, una<br />

volta anche a Cavi Borgo.<br />

Si iniziava a tirare le corde da ambo i lati con la stessa velocità, i nodi di<br />

giuntura delle corde erano recuperati nello stesso istante, e quindi si aveva la<br />

verifica del corretto recupero della rete.<br />

La rete era formata da una parte centrale “manica” e da due ali “bande” (le<br />

ali circa 80 m., la manica circa 15m.).<br />

Le bande avevano due tipi di maglie: la prima era grande circa 22 – 25<br />

cm., la seconda parte (“spessi”) la cui lunghezza era di 10 – 12 cm.<br />

La manica aveva la maglia del 20 – 22 con la parte terminale del 28: i<br />

numeri indicano in questo caso in numero di nodi in un palmo; nella stagione dei<br />

bianchetti la parte terminale della manica finiva con maglia molto fine, il veli, che<br />

era adatto per la cattura del pesce novello.<br />

Era un tipo di pesca per la quale non era necessario avere abilità, salvo<br />

considerare la corrente durante la cala della rete; per tirare le corde, allo scopo<br />

di faticare meno, si faceva uso del frenello, un attrezzo che, indossato su di una<br />

spalla (come la fascia indossata dal sindaco), permetteva di tirare le corde e<br />

quindi la rete, sfruttando il peso del proprio corpo.<br />

Ci si attaccava alla corda con doppio collo in prossimità della battigia,<br />

procedendo all’indietro, cioè con la faccia rivolta al mare, ci si staccava a metà<br />

spiaggia in prossimità del pescatore, che riponeva a cerchio la corda, ritornando<br />

quindi alla partenza per un’altra corsa.


Recuperate le corde, si iniziava a tirare la rete, si abbandonava il frenello<br />

solo quando iniziavano gli spessi della rete e quindi la manica era tirata a riva.<br />

Il frenello era una striscia di tela da vele ripiegata e cucita di 6 – 8 cm. di<br />

larghezza, alle due estremità era fissata una corda di 30 cm. molto flessibile,<br />

con Ø 8 – 10 mm., che terminava con un piccolo disco di legno.<br />

Per fare una calata erano necessarie almeno 10 – 12 persone, talvolta si<br />

arrivava a superare i 20 elementi.<br />

Il lavoro era svolto principalmente, oltre che dai membri della famiglia, da<br />

persone molto anziane solitamente senza alcun tipo di reddito pensionistico, e<br />

quindi a carico di figli o parenti; l’utile di questa attività permetteva loro di andare<br />

all’osteria a bere il bicchiere di vino senza chiedere i soldi a casa.<br />

Il pescato, solitamente pochi kg., veniva portato subito, senza nessun<br />

trattamento conservativo, in strada e sistemato sul carretto per essere venduto.<br />

La gestione di questa attività non comportava spese di gestione se non<br />

quelle relative alla manutenzione delle barche e delle reti, spese molto modeste,<br />

fatte in proprio nel tempo libero.<br />

Mi risulta che la famiglia che gestiva questa struttura riusciva a vivere con i<br />

proventi; il tenore di vita era modesto, infine coglievano occasioni per avere<br />

profitti saltuari.<br />

Non so come veniva ripartito il ricavato, anche perché era difficile<br />

quantificarlo con precisione; ricordo che il guadagno era molto modesto, di solito<br />

i collaboratori erano pagati a fine settimana. Difficilmente si arrivava a<br />

guadagnare 1.000 lire.<br />

Quelli che andavano a calare la rete, guadagnavano qualcosa di più,<br />

benché non tutti offrissero lo stesso contributo lavorativo; ognuno dava quello<br />

che poteva, la paga era uguale per tutti.<br />

In rare occasioni il pescato, se era eccezionale per qualità o quantità, era<br />

ricordato per lungo tempo; ogni tanto se ne rievocavano i particolari, con il solito<br />

aumento delle misure.<br />

Della sciabica erano realizzate versioni più piccole, calate quasi in ogni<br />

angolo di costa, per catturare limitate quantità di pesce, a volte il fabbisogno di<br />

una famiglia; sovente era utilizzata anche da ragazzini.<br />

Ricordo una sera di fine maggio del 1952, avevo quasi 14 anni;<br />

all’imbrunire, mentre eravamo intenti a giocare sulla spiaggia di ponente, ci<br />

siamo accorti che a una ventina di m. da riva guizzavano tantissime pase<br />

(piccole sardine); in pochi attimi con gli amici abbiamo deciso di procedere alla<br />

cattura: siamo andati di corsa nel magazzino degli zii, con un carretto abbiamo<br />

portato la riseua in spiaggia, stivata su un gozzo e calata in fretta; recuperata la<br />

rete, era piena di oltre un paio di ql. di pase. Abbiamo provato a venderle, ma<br />

senza risultato, abbiamo cominciato a regalarle, ma alla fine ne sono avanzate la<br />

maggior parte. Lo zio, uscito dalla tubifera alle nove, dopo il turno di sera, ce le<br />

ha fatte seppellire in un paio di buche profonde sulla spiaggia. Il giorno dopo<br />

abbiamo pulito, lavato e asciugata la riseua, e quindi l’abbiamo riposta con cura<br />

nel cassone in magazzino.<br />

Le pase, sardine piccole, (bianchetti già vestiti), dovevano essere utilizzate<br />

entro un paio d’ore dalla cattura, a causa del precoce deterioramento: lavate,<br />

infarinate, fritte e mangiate con un cipolline novelle intinte in olio, sale e aceto.<br />

Un sapore rimasto solo nella nostra memoria.<br />

<strong>Sestri</strong> levante 05.09.2011 Giovannino


Ricordi e racconti Territorio Antichi metodi di pesca<br />

Q - 12 “Resagiu” 02.10.11 O<br />

U “resagiu” è un tipo di rete usata individualmente e manualmente.<br />

È un grande disco di rete con diametro di circa quattro metri e oltre, la<br />

cui circonferenza è armata con bremmu e piombo; è realizzata con tessuto<br />

leggero con filo in due capi, la grandezza delle maglie varia da 22 a 28 nodi a<br />

palmo, al centro è fissata la sagola, che serve per il restringimento della rete<br />

e il successivo recupero.<br />

È utilizzato per la cattura di cefali di grandezza medio piccola, dove<br />

l’acqua è poco profonda, di solito in 15 – 30 cm.; con tipi di rete provvisti di<br />

maggiore quantità di piombo, si può pescare anche a profondità di circa un<br />

metro.<br />

La scelta della zona di pesca è determinante, la superficie del fondale<br />

deve essere priva di pietre e avallamenti; spesso chi esercitava questo tipo<br />

di pesca era solito preparare la zona, togliendo le pietre dal fondo, per uno<br />

spazio di poco superiore alla superficie della rete, lasciando solo sabbia e<br />

graniglia.<br />

Era consuetudine bromeggiare, con piccoli pezzi di pane raffermo, per<br />

attirare i muggini nella zona sotto controllo.<br />

In attesa del raduno del pesce in zona, la rete era sistemata con cura<br />

sulla spalla, pronta per essere lanciata, quindi, ruotando nell’aria come un<br />

grande ombrello, precipitava fulmineamente in acqua intrappolandolo in una<br />

gabbia mortale.<br />

Tirando la sagola, il piombo si raggruppa intrappolando il pesce, quindi<br />

l’attrezzo, tirato a terra, viene alleggerito del pescato.<br />

Tante volte si procede a ripetere l’operazione, la pratica di questo tipo<br />

di pesca necessita grande abilità sia nel riporre la rete sulla spalla che nel<br />

lanciarla.<br />

Viene praticata principalmente al mattino presto o in tarda serata,<br />

quando il pesce è tranquillo, sfruttando condizioni di luce favorevoli e altri<br />

piccoli particolari che a volte fanno la differenza sull’esito della battuta di<br />

pesca.<br />

<strong>Sestri</strong> <strong>Levante</strong> 11.07.2011 gbertorino


Ricordi e Racconti Territorio Antichi metodi di pesca<br />

Q - 13 “Gambaia” 02.10.11 O<br />

La gambaia, struttura in metallo (solitamente tondino di ferro Ø 8 – 10<br />

mm.) ricoperta di rete, con apertura anteriore di cm. 80 x 30 circa, terminava<br />

con un sacco.<br />

Era munita di anelli o ganci dove si assicuravano le funi per il traino.<br />

Si utilizzava questa attrezzatura in bassi fondali regolarmente<br />

pianeggianti e senza avvallamenti, fondali misti, sabbia e alghe, habitat ideale<br />

dei piccoli gamberi bianchi.<br />

Zona ideale era la baia del silenzio, veniva trainata da piccoli gozzi o<br />

lancette a remi e trascinata sul fondo; era necessario un discreto sforzo.<br />

Si percorreva la baia in direzione parallela alla spiaggia fino ad una<br />

profondità di circa quattro metri, spesso ci si fermava per controllare e<br />

prelevare il pescato.<br />

Qualche volta da ragazzi la trainavamo in due, facendo il bagno,<br />

camminando in acqua poco profonda, dopo averla assicurata a due funicelle.<br />

Era un tipo di pesca sempre esclusivamente dilettantistico, i padri di solito<br />

costruivano l’attrezzo come giocattolo per i figli; i gamberetti catturati non erano<br />

mai venduti, ma utilizzati come esca per palamiti o bolentino, oppure dopo una<br />

risciacquata erano infarinati e fritti alla sera in famiglia.<br />

Avevano il sapore e la fragranza del pesce appena pescato, diverso da<br />

quello del pesce fresco conservato in frigorifero.<br />

Contribuiva sicuramente ad aumentarne la bontà il fatto che a quei tempi,<br />

la disponibilità di cibo era decisamente diversa rispetto a quella del giorno<br />

d’oggi…<br />

<strong>Sestri</strong> <strong>Levante</strong> 11.07.2011 gbertorino


Ricordi e Racconti Territorio Antichi metodi di pesca<br />

Q - 19 “Grunscea” 02.10.2011<br />

Una semplice attrezzatura per catturare i murici.<br />

Era costituita da un qualsiasi cerchio in metallo, a volte era utilizzato un<br />

vecchio cerchione di bicicletta dopo aver tolto i raggi, sul fondo era sistemato un<br />

pezzo di rete in nylon, per evitare il deterioramento in acqua, oppure una leggera<br />

griglia metallica, tesa e fissata con una legatura alla struttura metallica.<br />

Al centro era sistemato un tipo di spugna, recuperata fra gli scogli; sovente<br />

era possibile recuperarle in prossimità da lunga, secca situata subito dopo il<br />

pontile Margherita, che da un paio di metri dagli scogli si protende verso il centro<br />

della baia per almeno una ventina di metri e in condizioni di accentuata bassa<br />

marea affiora dall’acqua.<br />

La spugna veniva legata al centro, senza stringere eccessivamente per non<br />

deteriorarla, dopo averne controllato la vitalità e averla ripulita eventualmente<br />

delle parti affette da necrosi.<br />

Si sistemavano sulla stessa un paio di murici della varietà senza spine,<br />

ritenendo che, vivendo in simbiosi, contribuissero al suo mantenimento in vita.<br />

Tutta la struttura veniva appesantita con piccole lastre di piombo facilmente<br />

deformabili, oppure sistemando pietre con appropriata legatura.<br />

Veniva imbracata sulla circonferenza con tre o quattro funicelle di lunghezza<br />

m. 1 – 1,5 confluenti a mezzo nodo in un’unica fune; la lunghezza della fune era<br />

calcolata in modo che l’estremità a cui era fissato un natello, o qualsiasi tipo di<br />

galleggiante, rimanesse circa una braccia o anche più sotto il pelo dell’acqua; lo<br />

scopo era quello di tenerla nascosta alla vista di altri pescatori, in modo da evitare<br />

il rischio di furti di pescato, se così si può chiamare.<br />

L’attrezzatura, una volta preparata, si calava sul fondale, di solito nel golfo di<br />

ponente; era sistemata evitando di essere visti, in un punto rintracciabile in linea<br />

di massima a mezzo di “amie-e”, l’incrocio di coordinate prese in punti fissi a terra,<br />

mentre la localizzazione precisa veniva fatta a mezzo del natello sotto il pelo<br />

dell’acqua.<br />

O


L’ispezione della grunscea veniva effettuata ogni tre o quattro giorni, o<br />

settimanalmente: si prelevavano i murici, si controllava la spugna e la si riponeva.<br />

Non ho elementi scientifici per spiegare il motivo dell’attrazione dei murici<br />

verso la spugna, penso che ne traggano sostanze necessarie alla loro<br />

alimentazione.<br />

Forse, per far capire meglio il lettore, narro una mia esperienza personale.<br />

Nel 1954, a metà luglio, avevo posto a dimora una grunscea di fronte<br />

all’attuale entrata del posteggio di S. Anna, a una profondità di circa 10 - 12 metri,<br />

avevo memorizzato le debite coordinate per l’individuazione grossolana.<br />

Prima di riuscire ad ispezionare l’attrezzo, il tempo si è guastato con<br />

conseguente libecciata; migliorato il tempo, un mattino mi sono recato in zona per<br />

salpare la grunscea, ma senza risultato; a seguito di ulteriore ricerca senza<br />

risultato sono arrivato alla conclusione che mi era stata rubata.<br />

Dopo una ventina di giorni andavo a fare il bagno in compagnia sotto le<br />

rocche di S. Anna; il tempo era bellissimo, l’acqua perfettamente pulita e<br />

cristallina. Nella zona dove avevo sistemato prima l’attrezzatura, guardavo in<br />

mare quando, sul fondo, ho visto una macchia diversa dal fondo sabbioso: non<br />

c’era il natello sistemato a suo tempo; memorizzata l’amia, mi sono accorto che<br />

coincideva. Non ho detto nulla ai compagni e abbiamo fatto il nostro bagno come<br />

previsto.<br />

Il mattino dopo mi sono recato sul posto con maschera, pinne e una corda<br />

per imbracare la grunscea.<br />

Tuffato, raggiunto il fondo, è uno spettacolo: dell’attrezzatura non si vede<br />

l’ombra, si vede però un grande cono di murici, in cima c’è n’è uno solo.<br />

Ritornato in superficie, ho cercato di organizzare il recupero, riuscendo a<br />

recuperare la maggior parte dei murici.<br />

Con diversi di tuffi, riprendendo fiato tra uno e l’altro, sono riuscito ad<br />

annodare la fune alle funicelle che legavano l’attrezzo.<br />

Ritornato in barca e recuperata la grunscea , ho riempito quattro cassette di<br />

murici e, una volta a terra, ne ho regalato a parenti e conoscenti; logicamente<br />

durante il recupero ne sono caduti tanti e tanti erano fuori del cerchio, perché sul<br />

fondo era rimasto il segno.<br />

<strong>Sestri</strong> <strong>Levante</strong> 28.08.2011 Giovannino


Ricordi e Racconti Territorio Antichi metodi di pesca<br />

Q - 30 Lampare a gas 26.12.2010<br />

Quest’attrezzo per la pesca con manaite, cianciolo, fiocina, era in uso da<br />

prima della guerra, fino al 1965 circa.<br />

L’attrezzo è composto di una struttura in lamiera di ferro smaltata, per<br />

resistere sia al calore sia all’erosione da parte dell’ambiente marino.<br />

All’esterno sono situate le valvole per il combustibile, all’interno sono<br />

racchiusi i tubi che terminano con nipples sui quali sono avvitati diffusori di<br />

materiale refrattario dove sono legate le reticelle, realizzate in filato, una volta<br />

bruciato, rimane la cenere, elemento caratteristico per la corretta combustione del<br />

gas, un globo di vetro esterno protegge le reticelle da eventuali follate di vento<br />

una reticella, in filo di ottone protegge il globo, ne mantiene la forma anche in<br />

caso di venature del vetro.<br />

I combustibili cambiavano nel tempo, secondo la disponibilità e l’evoluzione<br />

dell’attrezzatura.<br />

O


I primi esemplari funzionavano a carburo che sistemato in contenitore metallico<br />

funzionante da gasometro, generavano acetilene, erano alquanto pericolosi.<br />

Si passò alla benzina, sistemata in contenitore metallico, con tappo ermetico,<br />

munito di pompa, compito di quest’ultima, realizzare all’interno del serbatoio la<br />

pressione necessaria, per far giungere il carburante alle valvole, e quindi all’interno<br />

dell’attrezzatura, nei tubi sotto l’effetto del calore, il combustibile, da liquido si<br />

trasforma in gas espandendosi, escendo quindi dai diffusori, passa alle reticelle che<br />

per continuità ardono, generando luce e calore.<br />

In seguito si è passò al gasolio, petrolio, kerosene, senz’altro meno pericolosi<br />

della benzina,<br />

In ultimo si usava il GPL, utilizzando bombole da 20 Kg.<br />

La maggior parte delle attrezzature è corredata di quattro reticelle, poiché<br />

ognuna può fornire circa 2000 lumen, ogni attrezzature circa 8.000.<br />

Su ogni natante si montavano spesso anche due attrezzature, per una potenza<br />

di circa 16.000 – 20.000 lumen, attualmente con i generatori elettrici si arriva ad<br />

avere disponibili potenze anche 200.000 lumen.<br />

Ci sono attrezzature con sei reticelle, non tanto frequenti perché il loro<br />

funzionamento è meno regolare, esistono tipi a una due e tre reticelle, questi tipi<br />

sono utilizzati per fare pesca con la fiocina, per passare sopra le manaite, per<br />

favorire la magliatura del pesce, ma non per la pesca con il cianciolo, a causa della<br />

limitata potenza, le reticelle sono molto delicate, a volte un piccolo urto le distrugge,<br />

si rompono,cadono.<br />

<strong>Sestri</strong> <strong>Levante</strong> 26.12.2010 Gbertorino

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