Confessioni di un carcerato e altre poesie - Alessio Romano
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<strong>Alessio</strong> <strong>Romano</strong> – <strong>Confessioni</strong> <strong>di</strong> <strong>un</strong> <strong>carcerato</strong> e <strong>altre</strong> <strong>poesie</strong> – 2013<br />
FRAMMENTO DELLA LETTERA DI MATTEO GIACOMI<br />
(ERGASTOLANO NEL CARCERE “OINÈ” PER DUPLICE OMICIDIO)<br />
A SUA ALTEZZA L’IMPERATORE<br />
Dal carcere “Oinè”<br />
il XX/XX/XXXX<br />
“Che l’infedeltà sia equamente p<strong>un</strong>ita affinché non rimangano <strong>altre</strong> ingiustizie da compiere!.<br />
Io, Giacomi Matteo,<br />
ex-commerciante <strong>di</strong> pregiate stoffe, ex scaricatore <strong>di</strong> porto, ex degustatore <strong>di</strong> vini e in séguito<br />
accanito bevitore d’ogni genere <strong>di</strong> alcoolici, nelle più luride e malfamate bettole (senza mai,<br />
peraltro, chiedere elemosina, essendo finito in miseria a forza <strong>di</strong> inseguire ciò che credevo<br />
che irremovibilmente mi incalzasse senza tregua, finalmente la coscienziosa ragione<br />
allumandomi sulla perniciosità <strong>di</strong> questa vita de<strong>di</strong>ta alla <strong>di</strong>ssolutezza) ed ex imbrattatele,<br />
nonché <strong>di</strong> umili origini; e attualmente e “ad libitum” e ad litteram ergastolano nel carcere<br />
“Oinè”: rendo omaggio a Vostra altezza l’Imperatore con <strong>un</strong> racconto in versi che mi sono<br />
premurato <strong>di</strong> scrivere e che ho terminato nell’arco <strong>di</strong> poche ore.<br />
Quando Voi mi vedeste, fra gli altri carcerati, in <strong>un</strong>a vostra visita al carcere Oinè, e foste<br />
dalla mia sembianza incuriosito, invitandomi ad esporVi quanto mi accadde per cadere in sì<br />
gran <strong>di</strong>sgrazia ed essere ergo gravato dalla pena dell’ergastolo, non Vi risposi che inutilmente<br />
<strong>di</strong>vagando, poiché non avevo i mezzi per far meglio e come si ad<strong>di</strong>ca a queste occasioni: ero<br />
infatti ancóra analfabeta, a quei tempi.<br />
Mi <strong>di</strong>ceste, o mio assoluto e regale Imperatore, che mi sarei potuto permettere in qualsiasi<br />
momento <strong>di</strong> farVi chiamare per approfon<strong>di</strong>re ciò che la Vostra curiosità abbia tanto<br />
acutamente stuzzicato.<br />
Confesso che abbandonai presto il proposito, scoraggiato dalla mia stessa persona, ma<br />
pian piano, senza saperne il motivo, in questi cinque anni, ho letto e stu<strong>di</strong>ato molto così che<br />
io adesso possa scrivere e in prosa, e in versi, decentemente; <strong>di</strong> sicuro non per vanità o per<br />
mestiere, ma solo per bisogno.<br />
Spero d<strong>un</strong>que che gra<strong>di</strong>ate la mia ultima opera, che <strong>di</strong> me stesso narra senza tracce <strong>di</strong><br />
mendacia, e che con essa sia il Vostro interesse, riguardante me, sod<strong>di</strong>sfatto appieno...”.