Il Velino, lo Sguardo dei Marsi Anno IV, numero 60/3 del 15 febbraio ...
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SolI CoMe I palI <strong>del</strong>la luCe<br />
I baMbINI leggoNo <strong>Il</strong> preSeNte<br />
di Sabrina Persia di Pinino Lorusso<br />
• So<strong>lo</strong> la fantasia <strong>dei</strong><br />
bambini potrebbe<br />
portare ad associare<br />
l’immagine <strong>del</strong>la solitudine<br />
a quella <strong>dei</strong><br />
pali <strong>del</strong>la luce; forse<br />
perché le lenti deformanti<br />
<strong>del</strong>l’immaginazione infantile<br />
vedono quest’ultimi starsene giorno<br />
e notte lì, sul bordo <strong>del</strong>la strada, senza<br />
mai dire una parola e con la schiena<br />
ricurva verso terra. Ma ai bambini<br />
bastano le <strong>lo</strong>ro invenzioni per temere<br />
fantasmi so<strong>lo</strong> vagheggiati, mentre<br />
agli uomini spesso non è sufficiente<br />
nemmeno l’impatto con la cruda realtà<br />
per prendere coscienza di problemi,<br />
come l’abbandono, di persone<br />
sole, oggi più che mai un tema meritevole<br />
d’attenzione. La vita quotidiana<br />
ci pone sia direttamente che<br />
indirettamente di fronte a storie di<br />
gente invisibile, che l’occhio distratto<br />
e indaffarato <strong>del</strong>l’uomo moderno<br />
a fatica riesce a riconoscere e a<br />
comprendere. I senzatetto rientrano<br />
nella categoria più malauguratamente<br />
“celebre” di persone sole; rispetto<br />
ad essi, oltre alle mancanze personali<br />
di parenti, amici o conoscenti, grava<br />
la responsabilità di un sistema organizzativo<br />
che, dopo millenni di storia,<br />
continua a permettere che uomini,<br />
ancor prima di essere cittadini, abbiano<br />
dimora sotto i ponti o alle stazioni<br />
piuttosto che in case d’accoglienza,<br />
le quali, in quanto a numeri, non<br />
soddisfano affatto il bisogno richiesto.<br />
Poeticamente si potrebbe pensare<br />
che la scelta <strong>del</strong>le stazioni, come<br />
luogo in cui riparare, non sia casuale,<br />
ma piuttosto rappresenti una sorta di<br />
simbolico affronto da parte di co<strong>lo</strong>ro<br />
che hanno deciso vo<strong>lo</strong>ntariamente<br />
di perdere il treno <strong>del</strong>la vita convenzionale,<br />
che corre senza fermate,<br />
inseguendo cieche destinazioni. Realisticamente,<br />
davanti a cartoni impolverati<br />
e briciole di pane non c’è spiegazione<br />
poetica che tenga, perché il<br />
dovere morale di agire, per rendere<br />
umane le condizioni di vita di quelle<br />
persone, s’impone come traguardo<br />
necessario da raggiungere. Chiudere<br />
gli occhi di fronte al disagio e giustificar<strong>lo</strong><br />
anche fantasiosamente è so<strong>lo</strong><br />
un modo più raffinato per dimostrare<br />
la propria indifferenza, seppure con<br />
un cero “stile”. La nostra realtà marsicana<br />
non è purtroppo estranea a<br />
tali circostanze; a questo proposito<br />
dovremmo far nostro il motto di don<br />
Lorenzo Milani, sottoscrivibile per<br />
qualsiasi situazione: I care. M’interessa,<br />
mi sta a cuore.<br />
dISoCCupazIoNe ItalIaNa<br />
uN gIoVaNe Su tre e' SeNza laVoro<br />
a cura <strong>del</strong>la redazione<br />
• In Italia quasi un giovane su tre è disoccupato. Lo affermano i dati diffusi dall’Istat secondo<br />
i quali <strong>lo</strong> scorso dicembre il tasso di disoccupazione giovanile si è attestato al 31%.<br />
<strong>Il</strong> Servizio informazione religiosa ha parlato <strong>del</strong>la grave situazione italiana con Mario Pol<strong>lo</strong>,<br />
docente di pedagogia alla Lumsa. <strong>Il</strong> <strong>Velino</strong> riporta la dichiarazione nella convinzione<br />
che possa essere un ottimo suggerimento per i politici marsicani e una speranza per la<br />
<strong>Marsi</strong>ca. «Se l’Italia vuole avere un futuro, è obbligata a cambiare: altrimenti, la storia e<br />
la tradizione italiana si esaurirà e saranno altri a portarla avanti sul nostro suo<strong>lo</strong>» afferma<br />
Mario Pol<strong>lo</strong>. «Questo indicatore - spiega - è un segnale preoccupante di una società,<br />
come quella italiana, che sta invecchiando, che non è proiettata verso il futuro: non so<strong>lo</strong><br />
perché non genera una nuova generazione, ma perché nei confronti di quei pochi che genera<br />
attua una sorta di moratoria, li congela e tende a inserirli nella vita produttiva, sociale<br />
e politica quando non sono più giovani da un pezzo». Uno <strong>dei</strong> fattori determinanti di<br />
questo "oscuramento <strong>del</strong> futuro", spiega Pol<strong>lo</strong>, è proprio la carenza <strong>del</strong> lavoro: «I giovani<br />
sanno che, qualsiasi percorso sceglieranno, avranno alte probabilità di non riuscire a trovare<br />
un lavoro aderente a quel<strong>lo</strong> per cui hanno studiato. Così molti di <strong>lo</strong>ro si rassegnano<br />
a vivere giorno per giorno, e questa precarietà mina la <strong>lo</strong>ro progettualità, la <strong>lo</strong>ro capacità<br />
di sognare». Per invertire questa tendenza, conclude Pol<strong>lo</strong>, «occorre un cambio di rotta<br />
radicale: oggi, invece, ci si limita a fare “buoni parcheggi” per i giovani, ma mancano<br />
politiche tese a far sviluppare la <strong>lo</strong>ro capacità di costruirsi il lavoro e la vita».<br />
Italrugby<br />
SeI NazIoNI per VeNdIttI<br />
• La meta realizzata all’Olimpico di<br />
Roma contro l’Inghilterra rimarrà<br />
nella sua vita come uno <strong>dei</strong> momenti<br />
più belli ed emozionanti. Giovanbattista<br />
Venditti è un avezzanese di 22<br />
anni che gioca questa edizione <strong>del</strong><br />
Sei Nazioni di rugby. Uno <strong>dei</strong> volti più<br />
belli <strong>del</strong>la nostra nazionale. E’ nato il<br />
27 marzo in una famiglia composta<br />
da 6 persone, con due figli maschi<br />
e due femmine. Gioca a rugby, con<br />
l’Avezzano, da quando aveva 10<br />
anni. Insomma, una passione coltivata<br />
da sempre. Attualmente gioca<br />
con gli Aironi di Viadana (in provincia<br />
di Mantova), società che gioca nella<br />
Celtic League. Alla prima esperienza<br />
nella nazionale maggiore, dopo aver<br />
giocato nella nazionale giovanile, ha<br />
militato anche nella Roma capitolina<br />
e nel Parma. E’ cresciuto in una famiglia<br />
di sportivi. <strong>Il</strong> papà Luciano è<br />
stato un pugile dilettante. La madre<br />
Dea Testa è impiegata al Tribunale<br />
di Avezzano. Poi le sorelle: Carmina<br />
(volto notissimo e cordiale <strong>del</strong> bar<br />
Conca d’oro) e Michela (che fa la vo-<br />
<strong>lo</strong>ntaria alla Croce Verde). <strong>Il</strong> fratel<strong>lo</strong><br />
Lorenzo è studente all’istituto alberghiero<br />
<strong>del</strong>l’Aquila. Giovanbattista è<br />
sposato con Alice (una ragazza di<br />
Piacenza) è ha un figlio, Leonardo.<br />
Non vogliamo esagerare con l’esaltazione<br />
<strong>del</strong>la marsicanità vincente<br />
e <strong>dei</strong> giovani marsicani che si fanno<br />
onore nel mondo. Neanche cavalcare<br />
l’onda di un ritrovato interesse<br />
per un’Italia seria che <strong>lo</strong>tta e si afferma<br />
con i sacrifici. Non c’interessa<br />
il risvolto fortemente identitario <strong>del</strong><br />
successo di un giovane atleta <strong>del</strong>la<br />
<strong>Marsi</strong>ca. Siamo soltanto orgogliosi<br />
che Giovanbattista (come tanti altri<br />
marsicani prima e dopo di lui, in<br />
ogni ambito di vita) si stia affermando.<br />
Grazie anche all’amico Matteo<br />
Santilli che più volte <strong>lo</strong> ha invitato a<br />
giocare a rugby, oggi è diventato un<br />
campione nazionale. E permettici,<br />
caro Giovanbattista, in quella corsa<br />
di domenica 5 <strong>febbraio</strong> al<strong>lo</strong> stadio<br />
Olimpico, per schiacciare l’ovale al di<br />
là <strong>del</strong>la linea di meta degli inglesi,<br />
c’eravamo anche noi con te.