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Le celebrazioni del centenario<br />

della nascita di<br />

Padre Eligio Bortolotti osj<br />

(1912-1944)<br />

Presentazione della sua biografia:<br />

Pinuccio Demarcus,<br />

Padre Eligio Bortolotti dalla parte di...


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P. Michele Piscopo osj<br />

Grazie, Padre Eligio Bortolotti osj<br />

Fedele fino a morire per la sua gente<br />

Padre Eligio Bortolotti è un Oblato di San Giuseppe che ha mostrato, fino al<br />

sacrificio di sé, il suo cuore di padre. Il giorno prima di essere barbaramente<br />

ucciso, egli disse: “Se andate via tutti, vado anch’io, ma finché rimane anche<br />

una sola persona a Querceto, io rimando qui”.<br />

In lui tutto si basa sull’abbandono fiducioso in Dio. Così aveva detto ai suoi<br />

parrocchiani, e scritto nel suo Quaderno degli Avvisi: “In questi momenti di trepidazione<br />

per il cuore di tante famiglie non bisogna dimenticare i materni<br />

ammonimenti che sempre, ma specialmente in tali circostanze, ci dà la religione<br />

nostra: confidenza e fiducia in Dio. Iddio nelle ore serene come<br />

nelle ore oscure è un Padre amoroso e tutto fa convergere, anche le tribolazioni,<br />

al nostro bene. Se Iddio ci mette alla prova la nostra fede e la<br />

rassegnazione cristiana, sappiamo che dopo il sacrificio ci sarà la<br />

ricompensa. Invece di imprecare, chiniamo la fronte con umiltà, consapevoli<br />

che soltanto la preghiera e la vita cristiana profondamente vissuta potranno<br />

consolare il cuore ambasciato”. Lo ha detto ai suoi parrocchiani non solo con<br />

le parole ma con la sua stessa vita e la morte sua. Ancora ce lo ripete: “Bando<br />

alle leggerezze, al disordine dei costumi, alla colpa: serietà di vita e concordia<br />

di animi nel lavoro fraterno… Intensifichiamo le preghiere, allontaniamoci<br />

dal peccato, accostiamoci ai Sacramenti. Confidenza e fiducia in Dio”.<br />

P. Michele Piscopo osj<br />

Superiore Generale degli Oblati di San Giuseppe<br />

Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”, affermava Tertulliano e con lui tutta<br />

la tradizione patristica, ed è prezioso ritornare a questo adagio anche ai nostri<br />

giorni, quando la testimonianza fino al sangue ha ripreso a essere un segno presente<br />

non solo agli estremi confini della missione.<br />

Mi unisco volentieri a tutti voi nel ringraziare il Signore per il dono di P. Eligio alla<br />

Famiglia religiosa di noi Oblati di S. Giuseppe, alla parrocchia di Querceto e alla<br />

Chiesa di Firenze. Esprimo gratitudine ai miei confratelli Oblati della comunità di<br />

Sesto Fiorentino, particolarmente al parroco P. Ferruccio Zammataro e alle Autorità<br />

che nel Centenario della nascita di P. Eligio Bortolotti, con impegno e diverse<br />

iniziative presentano la figura del giovane sacerdote che, fedele alla missione,<br />

ha saputo “ rendere conto della speranza che era in lui”.<br />

A orientare la nostra attenzione e curiosità sulla figura di P. Eligio è il libro realizzato<br />

da P. Pinuccio Demarcus che si apre con l’originale titolo: “ Dalla parte di…”.<br />

Egli basandosi su manoscritti, documenti di archivio e testimonianze ci fa incontrare<br />

il giovane parroco di Querceto che, per liberare i prigionieri e salvare delle<br />

famiglie dalla deportazione dei tedeschi ha scelto di morire tra i suoi parrocchiani<br />

perdonando gli stessi uccisori. La Chiesa toscana negli anni della guerra ha<br />

visto sorgere numerosi testimoni dai volti e tratti diversi: semplici uomini e donne,<br />

religiosi, sacerdoti che nell’umiltà e nel nascondimento, hanno speso tutta la propria<br />

esistenza per narrare in opere, prima ancora che in parole, la vicinanza di<br />

Dio all’uomo, mostrando che avevano una ragione per vivere così forte da essere<br />

pronti a morire per essa; penso in questo momento ai 59 parroci toscani uccisi<br />

durante i mesi dell’occupazione nazista, penso a don Cortese il cui ricordo e<br />

il suo amore alla parrocchia rimane indelebile nel cuore dei fedeli. Il grazioso profilo<br />

di vita di P. Eligio raccontato da P. Pinuccio mi auguro sia una prima raccolta<br />

dell’umile e coraggioso pastore che ha donato la vita per il suo gregge.<br />

P. Luigi Marsero osj<br />

Superiore della Provincia “San Giuseppe Marello”<br />

2


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Don Eligio, trucidato perchè non aveva abbandonato i parrocchiani<br />

Le ultime a vederlo vivo furono due donne del luogo. “Vado alla fucilazione,<br />

disse passando al loro fianco sulla strada, scortato da due soldati tedeschi.<br />

Quel pomeriggio del 4 settembre 1944 Padre Eligio Bortolotti stava<br />

compiendo la sua Via Crucis. Sul viso recava ben visibili i segni delle percosse<br />

subite poche ore prima, cui sarebbero seguite vere e proprie torture una<br />

volta giunto a Villa Daddi, sede del comando superiore nazista. Lo costrinsero<br />

a camminare per una dozzina di chilometri lungo una strada che si inerpicava<br />

in alto tra gli ulivi delle colline fiorentine e poi, giunti vicino a un torrente,<br />

lo freddarono con sei colpi di pistola al torace e alla testa. Per avere<br />

salva la vita gli sarebbe bastato abbandonare la chiesa di Querceto, della<br />

quale era parroco da sei anni, e scendere a Sesto Fiorentino, dove gli Alleati<br />

erano arrivato il primo settembre. Un piccolo tratto di strada che Eligio Bortolotti<br />

decise di non percorrere per restare al fianco dei suoi parrocchiani e<br />

difenderli dai nazisti in ritirata verso le colline. “Il suo sacrificio non è stato<br />

cercato, né voluto ma neppure rifiutato” spiega padre Pinuccio Demarcus che<br />

oggi vive nella canonica annessa alla chiesa di Santa Maria e San Jacopo a<br />

Querceto, risalente al XIII secolo. Questo luogo suggestivo situato a pochi<br />

chilometri da Firenze, ha celebrato il centenario della nascita di padre Eligio<br />

Bortolotti, uno dei 59 parroci toscani uccisi durante i mesi dell’occupazione<br />

nazista […]<br />

di Riccardo Michelucci, su "L'Avvenire", 19/09/2012<br />

Le date importanti<br />

28 ottobre 1912 nasce nella frazione di Por delle Giudicarie, Pieve di Bono, Trento, da Francesco e Maria Filippi<br />

31 ottobre 1912, battezzato nella parrocchia di Por, Trento.<br />

1914 la famiglia si trasferisce a Molina di Fiemme, Trento.<br />

5 ottobre 1925 entra nel seminario degli Oblati di San Giuseppe, a Santa Chiara, Asti.<br />

1925-1927 in Santa Chiara a Asti, frequenta la scuola media.<br />

1927-1929 a Canelli, Asti, studi classici.<br />

29 settembre 1929 entra nel Noviziato degli Oblati di San Giuseppe ad Alba.<br />

30 settembre 1930 fai i voti religiosi negli Oblati di San Giuseppe, ad Alba.<br />

1930-1932 a Armeno, Novara, studia filosofia.<br />

1932-1934 a Canelli, insegnante di francese, greco, storia, geografia.<br />

1934-1937 a Asti, Santa Chiara, studente di teologia; insegnante di esegesi dal 1935 al 1938.<br />

1 agosto 1937 è ordinato sacerdote dal vescovo di Asti mons. Umberto Rossi, nel santuario di San Giuseppe -<br />

insieme a P. Guido Coletti, poi missionario nelle Filippine, P. Mazrimas della Lituania missionario in California, P.<br />

Zanca e altri.<br />

5 ottobre 1938 arriva da Asti Casa Madre, nella comunità di Sesto Fiorentino.<br />

1 novembre 1938 gli è affidata la parrocchia di San Jacopo a Querceto, Firenze.<br />

Gennaio 1941 la visita pastorale alla parrocchia dell’arcivescovo di Firenze il cardinale Elia Dalla Costa.<br />

Marzo 1941 esce il primo numero del Bollettino parrocchiale.<br />

25 Luglio 1943 la fine del fascismo.<br />

8 settembre 1943 l’armistizio del governo Badoglio con gli Alleati.<br />

1 settembre 1944 Sesto Fiorentino è sgombra di tedeschi.<br />

4 settembre 1944 Don Eligio è invitato a presentarsi al Comando tedesco a Villa Zappalà, Querceto. Interrogato,<br />

arrestato, trasferito a Villa Daddi, Calenzano, e torturato.<br />

5 settembre 1944, alle ore 11 è ucciso presso la Villa Daddi, Calenzano, Firenze.<br />

3<br />

Eligio Bortolotti a 18 anni, nel 1930<br />

nel Noviziato degli Oblati di S. Giuseppe


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L'autore alla presentazione in anteprima<br />

del libro alla Casa del Popolo di Querceto (FI)<br />

il 12 settembre scorso<br />

Chi desidera averne copia,<br />

può rivolgersi a:<br />

Parrocchia San Giuseppe<br />

Artigiano,<br />

Via Calenzano 70 - 50019<br />

Sesto Fiorentino (FI),<br />

tel. 055.420.7328<br />

email: marcusde@tiscali.it<br />

Pinuccio Demarcus,<br />

Padre Eligio Bortolotti dalla parte di...<br />

Sesto Fiorentino 2012, pp. 164<br />

Eligio Martino Bortolotti nacque nella frazione di Por delle Giudicarie, frazione<br />

del comune di Pieve di Bono, in provincia di Trento, il 28 ottobre 1912.<br />

Suo padre, Francesco, era un insegnante elementare dell’impero austroungarico.<br />

La madre, Maria Filippi, era di Albiano nella Val di Cembra alle porte di Trento.<br />

Donna forte, dedita totalmente alla famiglia, e di grande fede. Romualdo, il<br />

Nostro, Olga, Irma, Celestino.<br />

Tre giorni dopo la nascita viene battezzato dal parroco don Bonenti. E all’età<br />

di 2 anni la famiglia si trasferisce a Molina di Fiemme.<br />

Scrivendo alla sorella Olga, diventata mamma con la nascita di Silvano, le<br />

ricorda un’antica nenia che sua madre gli cantava la sera. Nonostante la guerra,<br />

per lui e i fratelli sono anni sereni di giochi sui prati e di un comico inseguimento,<br />

per le vie del paese, del maiale fuggito dalla stalla. Dopo la cresima,<br />

ricevuta a Trento nel 1924, la sua vita cambia. Nasce in lui il desiderio di diventare<br />

sacerdote. Sicuramente influì su di lui l’ammirazione che provava per il suo<br />

parroco che seguirà, negli anni successivi la sua formazione, anche se non<br />

avrà la gioia di vedere il suo chierichetto salire l’altare della sua parrocchia per<br />

la prima Messa. Egli stesso racconta le modalità del suo ingresso, negli Oblati:<br />

“Entrai in S. Chiara per un furto di Don Viola, perché io ero già iscritto fra gli<br />

Stimmatini di Verona. Don Viola prese l’iscrizione sul tavolo del mio Parroco, la<br />

strappò e al suo posto vi mise quella dei Giuseppini di Asti. Venni ad Asti il 5<br />

ottobre 1925”.<br />

Dal 1925 al 1927 frequenta la prima e la terza media ad Asti, saltando la<br />

seconda e poi la quarta e quinta ginnasiale a Canelli (AT). Egli sintetizza così<br />

quegli anni di intenso studio per i quali si sentiva portato ed amava: “Per maestri<br />

ebbi Don Viola, Don Ferrero, Don Bobbio. Il secondo anno entrai in terza<br />

primaria: maestri: Don Bosticco, Don Mazzucco. Don Bosticco mi sprigionò la<br />

scintilla del greco. Fu allora che incominciò ad impossessarmi di suo la passione<br />

o piuttosto le grazie delle lingue. Nel ‘28 andai a Canelli dove trovai Don<br />

Savino, come Rettore, Don Marsero e come maestro Don Bobbio. In quarta<br />

dormivo ancora. Mi svegliai in quinta ove ebbi la mania degli studi classici:<br />

Foscolo, Leopardi, Carducci, Omero per me erano diventati tanti idoli. A ripensarci<br />

mi vien da ridere”.<br />

Alla fine di settembre fa la vestizione religiosa ad Alba e comincia il Noviziato<br />

che si concluderà con la prima professione religiosa che emetterà il 30 settembre<br />

1930, con in cuore una profonda tristezza, in un giorno che doveva<br />

essere di gioia, per la morte del padre. L’ombra della croce comincia a segnare<br />

la sua vita.<br />

Nei due anni successivi frequenta il primo e il secondo anno di filosofia ad<br />

Armeno, in provincia di Novara, senza problemi. Quel periodo è ritmato dalla<br />

preghiera, dallo studio, con le immancabili camminate sul Monte Rosa, il lavoro<br />

nei boschi, la raccolta del fieno nei prati e la cura del bestiame in casa. Mentre<br />

frequenta la Filosofia perfeziona lo studio del tedesco e studia l’inglese e<br />

l’ebraico. Nel settembre del 1932, pur essendo abile al servizio militare, viene<br />

esonerato come religioso con i Voti. Viene mandato dai Superiori a Canelli, dove<br />

rimane due anni: Assistente dei Carissimi e loro insegnante di francese, greco,<br />

storia e geografia. La sua preparazione culturale e l’amore per lo studio gli permettono,<br />

intanto, di saltare la terza filosofia.<br />

Nel settembre del 1934 rientra ad Asti per iniziare la teologia che compie<br />

4


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regolarmente, non prima di aver emesso i voti perpetui, professione pubblica di<br />

totale consacrazione a Dio e ai fratelli nella Congregazione dei Giuseppini del<br />

Marello. Ma, come egli confessa, dal maggio di quell’anno “... a Canelli mi era<br />

sbocciata la chimera delle elucubrazioni esegetiche. Credevo di essere un altro<br />

Knabenbauer o Loisy“.<br />

Mentre si prepara agli Ordini, per due anni è Assistente dei Carissimi e insegna<br />

greco, francese, storia e geografia ai seminaristi di terza ginnasiale.<br />

Nel dicembre del 1935 riceve la tonsura da monsignor Umberto Rossi,<br />

vescovo di Asti. E da quell’anno fino al 1938 fa scuola di Esegesi ai compagni<br />

di teologia mentre era anche loro Assistente, impegno che vide come una croce<br />

da portare. Intanto nel novembre del 1936 riceve i primi due Ordini minori, Ostiariato<br />

e Lettorato nella chiesa di San Giuseppe in Asti, Casa Madre della Congregazione.<br />

Mentre, nel pomeriggio dello stesso giorno, riceve i due ultimi Ordini<br />

minori, Esorcistato ed Accolitato, nell’Episcopio di Asti. Nell’arco di due mesi<br />

riceve ad Asti il suddiaconato in cattedrale ed il diaconato nel santuario di S.<br />

Giuseppe.<br />

Non ha ancora 25 anni quando, il primo agosto del 1937 viene ordinato<br />

sacerdote con la dispensa della S. Sede al termine del terzo anno di teologia.<br />

È giorno di grande festa nella Casa Madre di Asti. Con lui vengono ordinati<br />

altri cinque. Nel pomeriggio confratelli, parenti e amici, parteciparono all’accademia<br />

in loro onore con “... l’augurio cordiale di tutta la Congregazione e di tutti<br />

i Cooperatori, ad multos annos, ad multos labores, ad multas coronas!”. In P. Eligio<br />

gli auguri si concretizzarono negli ultimi due e, in particolare, l’ultimo ma<br />

come corona di spine: la grave malattia del fratello Romualdo. Ancora la croce.<br />

Tuttavia la corale presenza degli invitati trentini non gli fece mancare un<br />

momento di serenità e, sicuramente, gli avranno strappato un sorriso con la loro<br />

Mandolinata.<br />

Intanto i parenti col parroco don Giuseppe Morandini, preparavano la celebrazione<br />

e la festa della Prima Messa. P. Eligio, prima di arrivare in paese, andò<br />

a visitare Romualdo ricoverato a Trento e la cui vista lo turbò nei giorni a seguire.<br />

Questo suo stato di prostrazione non sfuggì ai familiari tanto che gli chiesero<br />

più volte se stesse male.<br />

Il concorso del paese fu totale e le foto ne testimoniano il clima di festa. P.<br />

Mario Viola, che lo aveva preso da Molina e lo aveva accompagnato nella formazione,<br />

tenne l’omelia. L’intenzione della sua Prima Messa fu per il babbo.<br />

Dal Registro delle Messe risulta che si fermò in paese fino al nove settembre<br />

per far rientro ad Asti e ricevere, come si diceva una volta, l’obbedienza.<br />

Rientrato ad Asti, completa gli studi di teologia e, probabilmente, si rende<br />

disponibile all’insegnamento.<br />

Verso la fine dell’anno scolastico, esprime ai Superiori il desiderio di andare<br />

in Missione negli Stati Uniti. Il suo desiderio di partire per la nostra Missione<br />

della Pennsylvania tra i minatori italiani, dunque, non viene accolta perché su di<br />

lui i Superiori avevano un altro progetto: lo mandano a Sesto Fiorentino, sicuramente<br />

con l’intento di creargli l’opportunità di frequentare, magari in un secondo<br />

momento, l’Università.<br />

È il 5 ottobre 1938.<br />

Cosa piuttosto singolare, sia nella Cronistoria, tenuta dai Giuseppini, come<br />

nel Bollettino parrocchiale di S. Martino, La Martinella, non c’è una notizia, la<br />

cronaca di una attività da lui condotta: niente. L’unico dato in nostro possesso lo<br />

abbiamo rilevato dal Libro delle Messe della pieve di S. Martino, in cui, oltre alla<br />

celebrazione della Messa quotidiana, si annota la celebrazione di 13 battesimi<br />

e 4 funerali alcuni dei quali però li celebra quando era già a Querceto.<br />

Questa assenza di notizie ci permette di trarre questa conclusione: egli era<br />

di sostegno all’attività del Pievano e dei Confratelli, senza un ruolo specifico<br />

all’interno dell’Oratorio, anche perché, probabilmente, P. Monticone lo inviava ad<br />

5<br />

Momenti di vita<br />

di Padre Bortolotti


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P. Eligio, il primo a destra, a Firenze.<br />

A Querceto nel giardino<br />

della sua parrocchia<br />

aiutare don Pecchioli. E ciò che ci pare indicativo è il fatto che di questo stato di<br />

cose non ne fa un lamento, né con i Superiori né con i familiari: fresco di Messa,<br />

come tutti i novelli sacerdoti, non gli interessava farsi il nido, tutto preso dall’entusiasmo<br />

apostolico, seppur precario. Ma il suo futuro, vedremo, non sarà alla<br />

Pieve.<br />

Nel frattempo si chiariscono sempre più le modalità dell’assegnazione della<br />

parrocchia di S. Jacopo ai Giuseppini: il desiderio del Pievano si realizza e P.<br />

Monticone, non prima di essersi consultato con i Superiori, ne detta i tempi.<br />

Il Pievano nutriva grande stima nei confronti di P. Eligio a tal punto che, ventilata<br />

l’ipotesi di un suo possibile trasferimento ad Asti, interviene in suo favore,<br />

ricevendo un’immediata risposta dai Superiori.<br />

Significativo rimane il fatto che, durante questi tormentati momenti ed estenuanti<br />

trattative, non si registra alcun intervento di P. Eligio.<br />

LO STILE <strong>DI</strong> UN GIUSEPPINO<br />

Finalmente P. Eligio si stabilisce con P. Bianco a Querceto. Ma il popolo del<br />

Borgo aveva già avuto modo di apprezzarne il valore se P. Monticone, scrivendo<br />

ai Superiori nel dicembre del‘38, era in grado di riportarne le prime positive<br />

impressioni dei parrocchiani: “L’è un pretino a modo… sa come prendere la<br />

gente per benino… e sa anche quel che dice dall’altare”.<br />

Egli parte dalla consapevolezza dell’attualità del carisma del Fondatore e<br />

dell’amore alla Congregazione e, nonostante le normali incomprensioni con<br />

qualche confratello, il servizio alla Chiesa locale. Nel rispetto il lavoro svolto dal<br />

suo predecessore che aveva imparato a conoscere e a stimare, P. Eligio comincia<br />

il suo servizio pastorale con l’entusiasmo del novello sacerdote ma anche<br />

con la maturità acquisita dalle riconosciute capacità intellettuali e morali. Ma<br />

qual era, in concreto, la situazione della parrocchia?<br />

Alcuni dati ci vengono offerti dalle Osservazioni che il Dalla Costa fa al termine<br />

della Visita pastorale del 1937. L’Arcivescovo, dopo aver sottolineato la intelligente<br />

organizzazione del catechismo, soprattutto grazie all’impegno delle<br />

Suore di S. Marta, nota la mancanza di gruppi e associazioni che attraverso<br />

i propri Statuti, accompagnino la crescita spirituale del popolo, sia<br />

adulto che giovane e ne esorta la nascita, cosa che don Pecchioli cercherà<br />

di fare, soprattutto con l’Azione Cattolica, nonostante l’età avanzata<br />

e lo stato di salute ormai precario.<br />

P. Eligio comincia con la visita alle famiglie e col redigere lo Stato delle<br />

Anime durante la benedizione delle case che avveniva in tempo di Quaresima.<br />

Questo Stato, istituito con la Costituzione Apostolicae Sedis da<br />

Paolo V nel 1614, venne reso obbligatorio, per i parroci, dal Codice di<br />

Diritto Canonico del 1917: un mezzo efficace per la conoscenza delle<br />

famiglie anche se faticoso e, qualche volta, umiliante.<br />

La lettura e l’analisi della tabella ci permetterà di leggere con attenzione<br />

la reale situazione del popolo di Querceto.<br />

La popolazione era di 1261 anime, così composta: 280 coppie, 26<br />

vedovi, 60 vedove, 1164 cresimati, 1155 comunicati, 184 celibi, 158 nubili,<br />

206 impuberi.<br />

Come si può notare cinque Vie erano, in proporzione, particolarmente<br />

abitate: via dei Finestroni, l’attuale via Biancalani; via Valiversi; via della<br />

Loggia; via del Cuoco e il Borgo. Il territorio della parrocchia era vasto e<br />

ciò richiese, da parte di P. Eligio, una costante e notevole capacità di<br />

movimento, senza la quale non avrebbe potuto incontrare i suoi parrocchiani,<br />

e cominciare un nuovo stile di evangelizzazione e presenza<br />

umana e solidale.<br />

Allo scarno riassunto dei dati, P. Eligio aggiunge delle note esplicative<br />

che riguardano la conta delle persone residenti in parrocchia: “Biso-<br />

6


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gna notare che in via di Gavine non si può avere il numero preciso delle persone,<br />

perché il Noviziato di S. Marta varia continuamente di personale”. Descrive<br />

con precisione la situazione delle criticità matrimoniali che l’Arcivescovo raccomandava<br />

di segnalare nel Questionario per la Visita pastorale: “In parrocchia ci<br />

sono un matrimonio civile e due separazioni legali”. Ed, infine, il numero dei<br />

bambini che, come si può notare, ricevettero la Cresima a S. Martino, senza<br />

che per questo, il popolo di Querceto provasse umiliazione: “Nel 1939 il giorno<br />

29 aprile ricevettero il Sacramento della Cresima da S.E. il Cardinale Elia dalla<br />

Costa nella Pieve di S. Martino 18 bambini e 13 bambine”.<br />

Per meglio descrivere il tipo di pastorale inaugurata dall’arrivo dei Giuseppini,<br />

ci serviremo delle testimonianze scritte e orali di numerose persone che,<br />

volentieri, mi hanno aiutato a descrivere, nel modo più preciso possibile, la figura<br />

di P. Eligio. In modo semplice, con un certo timore riverenziale, con simpatia<br />

ma anche con una certa emozione, si è potuto così descrivere questa figura di<br />

sacerdote che, il Pievano don Andrea Cassulo così descrive: “Scuro in viso<br />

come le sue rocce dolomitiche, lento nel parlare come il passo di montagna,<br />

cuore profondo, aperto, sereno, come le valli e il cielo alpino”.<br />

Una delle Suore di S. Marta, ragazza di Querceto, lo ricorda così: “Carattere<br />

riservatissimo. Di poche parole. Gentile ma non espansivo. Sofferente, forse,<br />

per qualcosa che non rivelò a nessuno, quasi schiacciato da una premonizione...<br />

Corretto. Alle ragazze, (era un bel ragazzo e giovane), che gli chiedevano<br />

se le confessava le indirizzava a P. Bianco (un sacerdote Giuseppino anziano)<br />

o a P. Guerra che aveva due sorelle suore nella Congregazione di S. Giuseppe.<br />

E non voleva che noi ragazze andassimo in giro da sole. Era prudente. La<br />

gente diceva di lui: “E’ un ragazzo che si fa!”. Era una persona seria: un vero<br />

uomo, formato, spiritualmente (di una spiritualità profonda) e moralmente maturo.<br />

Non era un frequentatore di compagnie. Non amava apparire. Non aveva<br />

un ridere sguaiato: sorrideva pulito. Tra i ragazzi preferiva quelli più silenziosi e<br />

semplici”.<br />

Visitava le famiglie e si intratteneva con loro in modo naturale e semplice:<br />

“Certe sere veniva da noi a giocare a tombola e, a volte, collaborava a pulire le<br />

pannocchie del granoturco e giocava con i ragazzi. Scherzava molto con loro,<br />

ma con gli adulti era molto serio, compreso nel suo ruolo. Di carattere era allegro,<br />

buono”.<br />

Se, da una parte, la lettura dei dati riassunti nella tabella dello stato d’anime<br />

avrà sicuramente dato motivo di riflessione al giovane parroco di Querceto, nello<br />

stesso tempo, con entusiasmo, iniziò il suo apostolato. Non ci pare domanda<br />

oziosa chiederci quale fu la prima impressione che il popolo di Querceto ebbe<br />

nell’incontrare questo giovane sacerdote. Racconta l’Anna Mattolini: “Il suo arrivo<br />

portò grande entusiasmo tra la gente. Gli ultimi anni con l’anziano parroco<br />

furono faticosi. P. Eligio era giovane e bello. Erano in corso le Quarant’ore.<br />

C’era stata la processione ed il Camerlengo della Compagnia del S.S. Sacramento<br />

lo invitò a rivolgersi alla gente per ringraziare. Provò disagio dinanzi a<br />

questo invito, ma salì ugualmente sul pulpito che si trovava sopra l’attuale confessionale<br />

e, un po’ impacciato cominciò a ringraziare. Una donna esclamò:<br />

“Beata la mamma che ti ha dato il latte!”. Ma in lui non c’era niente di vanesio,<br />

niente che esigesse un’attenzione particolare alla sua persona; direi concentrato<br />

e tutto compreso nella sua missione, eppure delicato e rispettoso delle persone:<br />

“Con la gente era affabile. Girava molto per Querceto per conoscere la<br />

gente e per incontrare anche quelli che non venivano in chiesa, anche se molti<br />

erano ostili alla chiesa”.<br />

Questa sua attenzione a quelli che oggi chiameremmo i lontani, in lui, non<br />

era frutto di un atteggiamento originale ma uno spiccato senso del ricercare il<br />

bene delle persone senza distinzione alcuna e la salvezza delle anime: “Di P.<br />

7<br />

Momenti della mostra fotografica a lui dedicata<br />

a Querceto, Sesto Fiorentino, Calenzano


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Momenti delle celebrazioni centenarie<br />

Eligio ho un ricordo solare, - ricorda Leonella Prato - sempre ottimista (malgrado<br />

i tempi), attivo, ma mai agitato…”Ssss, non lo dica, non lo dica”. Ho sentito<br />

P. Eligio dire queste parole mentre giocavo con gli altri bambini davanti alla<br />

finestra del salotto dove lui stava parlando con mia nonna e i miei genitori. Si<br />

rivolgeva a mio padre non so se per impedire una sua ennesima proclamazione<br />

di ateismo o una sua critica del regime fascista”. Cominciava, dunque, ad<br />

essere una presenza familiare per le strette vie di Querceto, anche se per qualcuno<br />

egli era il tedesco, data la sua origine trentina.<br />

Intanto, P. Eligio comincia a scrivere su quaderni di tipo scolastico, alcune<br />

annotazioni che componevano il Cronicon parrocchiale: “Il priore Don Cesare<br />

Pecchioli morì in Firenze il 9 dicembre 1938, alle ore 5 del mattino. Aveva<br />

lasciato Querceto il giorno 11 novembre 1938. Gli successe P. Eligio Bortolotti<br />

come Vicario Economo”. La penna di P. Giuseppe SebastianI continua: “Dal 11<br />

novembre 1938 al 5 settembre 1944 P.Eligio Bortolotti ucciso dai soldati tedeschi.<br />

P. Giulio Serra dal 5-9-1944 all’8 gennaio 1950. P. Giuseppe Sebastiani<br />

dall’8 gennaio 1950 all’ottobre 1950”.<br />

P. Eligio, nel Libro dei Mortori e Ufizi, annota: “Il 12 dicembre si celebra il<br />

mortorio di don Cesare Pecchioli: con 9 sacerdoti, compreso P. Eligio. Ci sono:<br />

i sac., Italo Nuti, Narcisio Del Lena, Severino Monticone, Ottavio Bertini, Aldo<br />

Puliti, Angelo Zulfanelli, Antonio Bagnoli, Orazio Dell’Agnolo. Alla Messa del<br />

Trigesimo (14 gennaio 1939): Luigi Franchi, Severino Monticone, Eligio Bortolotti,<br />

mons. Giacomo Meneghello, Ottavio Bertini, Narcisio Del Lena, Angelo<br />

Zulfanelli, Anacleto Bianco, Antonio Bagnoli, Italo Nuti.<br />

All’Anniversario (celebrato il 15 dicembre ‘39): Eligio Bortolotti, Ottavio Bertini,<br />

Luigi Franchi, Angelo Zulfanelli, Roberto Chiosti, Antonio Bagnoli, Severino<br />

Monticone, Italo Nuti.<br />

Al II° Anniv. (celebrato il 16 dicembre del ‘40) ci sono: Eligio Bortolotti, Ottavio<br />

Bertini, Angelo Zulfanelli, Italo Nuti, Vittorio Franzoi”.<br />

Come primo atto ufficiale volto a rinnovare la pastorale parrocchiale da anni<br />

ormai piuttosto blanda, P. Eligio programma le Quarantore. La risposta della<br />

gente non fu particolarmente entusiasmante e non solo per le dubbie qualità<br />

del dotto predicatore, ma egli non si scoraggiò: intendeva offrire ai suoi parrocchiani<br />

un momento di forte intensità spirituale, fondamentale per una coerente<br />

vita cristiana.<br />

Intanto, alcune notizie riportate in questi Ricordi, meritano particolare attenzione:<br />

la morte di Pio XI, il 10 febbraio e l’elezione a Papa di Pio XII il 2 marzo,<br />

la preghiera indetta dal Papa per la pace, la dichiarazione di guerra, meglio, l’invasione,<br />

della Polonia da parte di Hitler e l’entrata, pacifica, in canonica dei Giuseppini.<br />

Così si costituisce la Comunità religiosa. Essa era composta da P. Anacleto<br />

Bianco che vi rimarrà solo un anno e da Fr. Stefano Cavanna. Ma ogni anno<br />

avveniva qualche avvicendamento e cambio di personale che però non causò<br />

particolari disagi, data la presenza costante di P. Eligio. Ma tutti vivevano la loro<br />

consacrazione nel solco del Fondatore: nascostamente e silenziosamente operosi<br />

nell’imitazione di s. Giuseppe.<br />

E VENNE IL GIORNO…<br />

[…] “Verso le 11 [di martedì 5 settembre 1944] fu ucciso nel campo sotto la<br />

Villa. Sei colpi nel petto e due nel capo. Venne sotterrato a fior di terra. Due soldati<br />

tedeschi dissero in quel pomeriggio ad un giovane di Morello, Sig. Emiliano,<br />

fattore delle monache di S. Domenico in Querceto: “Stamani, ore 11, avere<br />

ucciso Pastore, grande spia. Quando morire, baciare Crocifisso”.<br />

I Giuseppini non hanno notizie di P. Eligio. Continua il racconto la Mazzanti:<br />

“La mattina del 5 si va dal Comandante per sapere dov’erano i nostri familiari.<br />

Il Comandante si preoccupa invece di dirci di andar via a causa dei bombarda-<br />

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