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I RILIEVI DELLE CAPPELLE DEL SACRO MONTE DI CREA I ...

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procedere - nell’avanzare stesso del lavoro -<br />

sempre con maggiore sicurezza e autonomia.<br />

Basterà qui ribadire che non si intendeva<br />

mettere gli allievi nella condizione di “interpretare”<br />

l’opera architettonica o di affrontare<br />

problemi di datazione, ma semplicemente<br />

di leggere la cappella attraverso il<br />

rilievo e, in definitiva, di individuarne i fattori<br />

strutturali fondamentali, gli elementi caratteristici<br />

della forma, i rapporti metrici, e,<br />

ancora, di cogliere i cambiamenti e le anomalie<br />

nella tessitura muraria, di imparare a<br />

riportare esattamente l’andamento delle lesioni<br />

o i fuori piombo dei muri. Tutte operazioni<br />

che fanno del rilievo il documento dello<br />

stato di fatto di un’opera architettonica e permettono<br />

di evidenziarne i problemi statici, i<br />

metodi costruttivi, le eventuali fasi di crescita<br />

e di modificazione.<br />

Nell’articolazione pratica del lavoro, gli allievi<br />

sono stati organizzati in squadre formate<br />

ciascuna di due o tre elementi. Tale composizione<br />

ha permesso ad ogni componente la<br />

squadra di essere occupato (mentre uno o due<br />

procedevano alle operazioni di misurazione,<br />

il secondo o terzo disegnava) e, nello stesso<br />

tempo, di cambiare mansione con una certa<br />

frequenza, avendo così tutti la possibilità di<br />

fare le stesse esperienze.<br />

Le singole squadre hanno lavorato autonomamente<br />

e hanno contemporaneamente proceduto<br />

ciascuna per proprio conto alle operazioni<br />

di rilevamento su di una stessa cappella,<br />

per poi verificare insieme i risultati e<br />

discuterne i problemi.<br />

Le difficoltà grafiche sono state notevoli. Disegnare<br />

all’aperto nelle condizioni climatiche<br />

dell’inverno non è stata cosa di poco<br />

conto e ha richiesto un notevole entusiasmo.<br />

Nei fogli dei disegni eseguiti sul posto non<br />

si è teso certo a eleganze grafiche, ma si è<br />

pretesa la precisione e l’ordine.<br />

E’ sembrato pertanto opportuno dedicare al<br />

disegno alcune lezioni in aula. Qui gli allievi<br />

riprendevano in mano i rilievi eseguiti<br />

ripetendone la costruzione e restituendoli<br />

dai fogli originari. Gran parte della stesura<br />

definitiva dei disegni è avvenuta sia in aula<br />

che a casa. Pure per questa operazione si<br />

sono rese necessarie una serie di esercitazioni<br />

preliminari volte non solo a raggiungere<br />

un prodotto graficamente piacevole, ma<br />

soprattutto a mostrare agli allievi come anche<br />

la veste definitiva di un rilievo debba<br />

essere curata e studiata fin nei minimi particolari.<br />

Tutti i grafici definitivi sono stati restituiti in<br />

scala 1:20 e disegnati a mano libera. La<br />

scelta è stata determinata dalle particolarità<br />

delle cappelle e dalla individuale disposizione<br />

degli allievi.<br />

Alla fotografia è stato lasciato il compito di<br />

illustrare l’edificio nel suo rapporto con l’ambiente,<br />

di documentare i materiali, certe particolarità<br />

delle murature, gli elementi inaccessibili,<br />

gli arredi e le opere scultoree o pittoriche<br />

presenti all’interno delle cappelle, l’individuazione<br />

delle vedute prospettiche interne<br />

o esterne.<br />

E’ stato affrontato, con gli allievi, il problema<br />

dell’uso della fotografia nel rilievo architettonico<br />

e sono state date delle succinte indicazioni<br />

sui mezzi tecnici basilari per una operazione<br />

di rilevamento fotografico e sugli accorgimenti<br />

più elementari per ottenere una<br />

buona ripresa.<br />

La speranza di noi insegnanti è che l’esperienza<br />

singolarmente acquisita abbia non solo<br />

cercato di migliorare le conoscenze, dei nostri<br />

allievi, sulla pratica del rilievo, ma soprattutto<br />

sia stata in grado di sensibilizzarli<br />

sulle tematiche del territorio, dei parchi e<br />

della conservazione di un patrimonio culturale<br />

collettivo.<br />

Cinquant’anni<br />

di sguardi.<br />

La fotografia scopre<br />

il Sacro Monte<br />

Pierangelo Cavanna *<br />

Crea è veramente un luogo amenissimo (...) Ma<br />

per ben intendere a cosa realmente serva il Santuario<br />

di Crea per i quattro quinti almeno di coloro,<br />

che là si arrampicano, è bene visitarlo in un<br />

giorno di domenica dei mesi d’agosto, di settembre<br />

o di ottobre.<br />

Che mondo!.... Che baccano allora udiremmo su<br />

quel piazzale del convento!....<br />

Qui un confetteriere vorrebbe raddolcire la bocca<br />

(non parliamo della lingua) a tutta la gente: là un<br />

rumoroso venditore di rocche pretende che tutti<br />

(...) comprino lo strumento indispensabile per preparare<br />

il corredo delle spose. Più in qua un acquacedrataio<br />

ci introna le orecchie gridando: «acqua<br />

giassà» (G. NICCOLINI, 1877, pp. 519-520)<br />

... Il tono di questa descrizione ha tutta la vivacità<br />

di un’istantanea: la raffigurazione di una coralità,<br />

di un insieme è risolta per scene fissate nel<br />

momento del loro compiersi, lontane dalla fissità<br />

della posa, in modi che la fotografia solo in quegli<br />

anni iniziava faticosamente a mostrare; è proprio<br />

questa però - e quindi il fotografo - a risaltare<br />

per la sua assenza dalla scena sonora e viva<br />

che si svolge sulla piazza del Santuario e nei boschi<br />

intorno, che nel 1877 poco ancora sembrano<br />

aver conservato o riconquistato di sacro.<br />

... Quando il primo fotografo - almeno per ciò che<br />

ne sappiano sinora - sale a Crea è trascorso poco<br />

più che un anno dalla pubblicazione di questo testo,<br />

ma la sua attenzione non si sofferma certo sugli<br />

stessi soggetti: le tre riprese che Vittorio Ecclesia<br />

realizza nel 1878-1880 e presenta poi all’Esposizione<br />

torinese del 1884 riguardano la facciata<br />

e l’interno del santuario ed una Veduta generale<br />

del Sacro Monte di Crea ripresa dal colmo<br />

della chiesa che costituisce una delle più affascinanti<br />

invenzioni iconografiche del fotografo e<br />

di tutto il repertorio relativo a questi luoghi, per<br />

la sua capacità di porre in risonanza il segno architettonico<br />

del profilo del frontone della chiesa<br />

con quello del colle disseminato di cappelle, rinunciando<br />

alle facili suggestioni di una troppo rigida<br />

simmetria centrale per produrre, per la prima<br />

e forse unica volta, una precisa ed efficace sintesi<br />

visiva del sito, ribaltando il punto di vista – e<br />

quindi il significato – dello schizzo realizzato da<br />

Clemente Rovere il 13 settembre 1849 (C. SER-<br />

TORIO LOMBAR<strong>DI</strong>, 1978, n. 2663).<br />

... “Di tutte le terre monferrine - ricorda Luigi Gabotto<br />

nella commemorazione di Negri5 - egli amò<br />

però in modo particolarissimo Crea. Crea ebbe per<br />

Lui un’attrattiva singolare, forse perchè questo nostro<br />

magnifico colle è la sintesi del Monferrato.<br />

Qui egli trovava riunite, in picciol spazio, tutte le<br />

cose che più lo interessavano: la natura, la storia,<br />

l’arte.” L’indicazione, nella sua affettuosità, non<br />

potrebbe essere più puntuale e sintetica: Crea è<br />

per molti versi il laboratorio di Negri, il luogo in<br />

cui conduce le proprie ricerche sul campo nei diversi<br />

ambiti che via via lo interessano.<br />

... “Nessuno certo ignora i grandi vantaggi che apporta<br />

la fotografia associandosi allo storico fermando<br />

sullo strato sensibile di una lastra o pellicola<br />

le svariate scene che si svolgono di continuo.<br />

Pellegrinaggi, feste tradizionali spingono quassù<br />

fiumane di devoti. Schierati sull’ampio piazzale<br />

lo riempiono letteralmente e lo spettacolo si consegna<br />

alla cronaca in tutta la sua fedeltà numerica”<br />

21 . Questi concetti, espressi nel 1925 sulle<br />

pagine del bollettino del Santuario, indicano chiaramente<br />

quali fossero le lucidi intenzioni e quale<br />

l’ispiratore della nuova politica di utilizzazione<br />

del mezzo fotografico: padre Gian Giuseppe Valle<br />

(padre Giovanni), giunto a Crea nel 1922-23 22 , la<br />

cui passione per la fotografia lo trasformerà ben<br />

presto in una delle figure caratteristiche della comunità<br />

francescana del Santuario, col “suo vestito<br />

trasandato, colla macchina fotografica a tracolla,<br />

qua e là per il monte per accontentare i pellegrini<br />

o per fissare in una lastra qualche panorama o<br />

qualche singolare fenomeno della natura da mettere<br />

poi nel Museo”. (P.F. MACCONO, 1936, p. 22)<br />

* Il testo è tratto da:<br />

Pierangelo Cavanna, Cinquant’anni di sguardi. La fotografia<br />

scopre il Sacro Monte, in Amilcare Barbero, Carlenrica Spantigati,<br />

a cura di Sacro Monte di Crea, Alessandria, 1998<br />

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