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® Danilo Bonora Giorgio Manganelli confessò - molto tempo fa - di ...

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<strong>®</strong> <strong>Danilo</strong> <strong>Bonora</strong><br />

<strong>Giorgio</strong> <strong>Manganelli</strong> <strong>confessò</strong> - <strong>molto</strong> <strong>tempo</strong> <strong>fa</strong> - <strong>di</strong> aver sempre straor<strong>di</strong>nariamente ammirato la competenza,<br />

la penetrazione intellettuale, la cultura dei can<strong>di</strong>dati alla maturità che devono affrontare il tema <strong>di</strong> italiano:<br />

“Come è possibile che anch’io, una volta, sia stato <strong>di</strong>chiarato maturo? Ero davvero tanto colto e intelligente?<br />

Non riesco a crederci, se fossi rimasto a quel livello sarei in lizza per una paio <strong>di</strong> Nobel”. Già. Alla richiesta<br />

<strong>di</strong> una surfer impicciata con Montale, gli Ossi <strong>di</strong> seppia e la maturità (una delle domande <strong>di</strong> aiuto che arrivano<br />

dal cyberspazio) mi sono posto una questione analoga: ce la <strong>fa</strong>ccio in quattro e quattr’otto a buttare giù<br />

qualcosa <strong>di</strong> decente su una - non <strong>fa</strong>mosa - lirica degli Ossi? Hai <strong>fa</strong>tto il sito fighetto-culturale? Hic Rhodus,<br />

hic salta...<br />

(inverno 2000)<br />

Portovenere<br />

Là fuoresce il Tritone<br />

dai flutti che lambiscono<br />

le soglie d’un cristiano<br />

tempio, ed ogni ora prossima<br />

è antica. Ogni dubbiezza<br />

si conduce per mano<br />

come una <strong>fa</strong>nciulletta amica.<br />

Là non è chi si guar<strong>di</strong><br />

o stia <strong>di</strong> sé in ascolto.<br />

Quivi sei alle origini<br />

e decidere è stolto:<br />

ripartirai più tar<strong>di</strong><br />

per assumere un volto.<br />

Non è certo <strong>fa</strong>cile sciogliere, come un alka-seltzer, il sistema simbolico degli Ossi nel bicchier d’acqua della<br />

“parafrasi”: la poesia, si è già visto, è precocemente considerata da Montale come un oggetto (lo <strong>di</strong>rà anche<br />

Heidegger, cfr. Holzwege), come un monile, una concrezione preziosa e lucente. Che cosa vuol <strong>di</strong>re un <strong>di</strong>amante<br />

grezzo? E una stalattite? Boh…<br />

Detto questo, e tenendo ben presente la tendenza montaliana - nel <strong>di</strong>scorso critico - a mescolare in parti uguali<br />

verità e menzogna, si dovrebbe anche doverosamente smontare la macchinetta delle prime liriche <strong>di</strong><br />

Eusebio; esse hanno alle spalle, lo ha notato Mengaldo, un background più solido <strong>di</strong> quanto si è soliti pensare<br />

(il vecchio primum continiano).<br />

La lirica consta <strong>di</strong> due strofe; la prima è <strong>di</strong> sette versi, sei settenari (alcuni sdruccioli) e un novenario; sono<br />

presenti una rima (mano-cristiano), assonanze (prossImA-amIcA) e consonanze (TritONe-lambiscONo). La<br />

seconda strofe consta <strong>di</strong> sei settenari (quasi sempre con sinalefe) con rime in –olto e –ar<strong>di</strong>; un settenario è<br />

irrelato perché sdrucciolo (orìgini). Il ritmo è estremamente variato e quin<strong>di</strong> tende alla <strong>di</strong>ssonanza (attacchi<br />

<strong>di</strong> prima, seconda, terza, ecc.: Là / o stìa / e decìdere).<br />

Dalle parti <strong>di</strong> Portovenere (comune in provincia <strong>di</strong> La Spezia, ab. 4500, origini me<strong>di</strong>evali e antiche chiese <strong>di</strong><br />

S. Pietro e S. Lorenzo, VI e XIII secolo) l’ef<strong>fa</strong>nte <strong>fa</strong>lotico “protagonista” (o “non-agonista”, visto che non <strong>fa</strong><br />

niente) degli Ossi osserva e descrive, come al solito, il paesaggio, nel quale si muovono presenze reali o allucinatorie<br />

(la <strong>di</strong>fferenza per Montale è sottilissima), del tutto estranee al poeta. Non stupisce dunque che dal<br />

mare possa issarsi un Tritone. Con la t minuscola è un anfibio con la coda appiattita, della <strong>fa</strong>miglia degli urodeli,<br />

che vive negli stagni: quello crestato è affine al ramarro, l’animale che guizza in un <strong>fa</strong>moso Mottetto<br />

ricco <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> danteschi (“Il ramarro, se scocca / sotto la grande fersa / delle stoppie…”; cfr. Le occasioni).<br />

Con la T maiuscola è un <strong>di</strong>o marino, personificazione dei flutti impetuosi, che i Greci onoravano prima ancora<br />

<strong>di</strong> Poseidone, col quale coabitava nelle profon<strong>di</strong>tà marine. Che i dubbi - la corrosione che la razionalità<br />

analitica opera ai danni dell’élan vital - trovino un luogo pacificatore al <strong>di</strong> fuori delle mura delle città (al cui<br />

interno lo spettro del <strong>fa</strong>llimento esistenziale e il sentimento <strong>di</strong> esclusione - le ragazze! - tolgono il fiato al ragazzo<br />

Eugenio), nella solitu<strong>di</strong>ne, tra i deserti o le scogliere, è una <strong>fa</strong>ccenda nota ai poeti malinconici, dal Pe-<br />

1


<strong>®</strong> <strong>Danilo</strong> <strong>Bonora</strong><br />

trarca <strong>di</strong> Solo e pensoso i più deserti campi fino al Des<strong>di</strong>chado <strong>di</strong> Gérard de Nerval: Là non è chi si guar<strong>di</strong> /<br />

o stia <strong>di</strong> sé in ascolto: non c’è nessuno che guarda o si osservi vivere: solo pura natura inconsapevole, irritante<br />

nella sua lontananza (nessun panismo dannunziano qui).<br />

Negli Ossi è rintracciabile una mitologia del Puer-Senex: è la compresenza della vitalità <strong>fa</strong>nciullesca (Fine<br />

dell’in<strong>fa</strong>nzia) con i suoi miti larici e desessuati (le nuvole…), e della pesantezza della ragione adulta, della<br />

riflessione incessante (è la sentimentalische Dichtung <strong>di</strong> Schiller e <strong>di</strong> Leopar<strong>di</strong>, la poesia filosofica e riflessiva,<br />

nata dopo lo spegnimento dei fuochi d’artificio dell’antico: “Quivi sei alle origini”). Questa ratio è propria<br />

del vecchio, del Senex-Saturno, solitario, anerotico, veuf, inconsolé, ténébreux, à la Tour abolie, colui<br />

che a traversé l’Acheron, come appunto recita la lirica nervaliana. È un archetipo ottocentesco, e, da noi, leopar<strong>di</strong>ano:<br />

in Montale le braci libi<strong>di</strong>che (il poeta desidera 1 ) verranno in futuro smosse con sa<strong>di</strong>smo da una<br />

donna con i denti aguzzi della volpe (Madrigali privati, La bufera). Una preghiera araba del X secolo del Picatrix<br />

a Saturno, riportata da James Hillman, salmo<strong>di</strong>a: “…tu il Freddo, lo Sterile, il Luttuoso, il Pernicioso…<br />

tu il Saggio e Solitario, l’Impenetrabile…” 2 .<br />

“La trage<strong>di</strong>a della relazione fra Marcel e Albertine - scriveva Samuel Beckett a proposito <strong>di</strong> Proust - è la tipica<br />

trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> ogni rapporto umano, il cui <strong>fa</strong>llimento è preor<strong>di</strong>nato in anticipo […] la Memoria e l’Abitu<strong>di</strong>ne<br />

sono attributi del cancro del Tempo. Essi controllano anche i più semplici episo<strong>di</strong> dell’opera proustiana, e la<br />

comprensione del loro meccanismo deve precedere qualsiasi analisi della loro applicazione. Sono gli archi<br />

rampanti del tempio eretto per commemorare la saggezza <strong>di</strong> tutti i saggi da Brahma a Leopar<strong>di</strong>, la saggezza<br />

che consiste, non già nella sod<strong>di</strong>s<strong>fa</strong>zione, ma nell’oblazione del desiderio: In noi <strong>di</strong> cari inganni, Non che la<br />

speme, il desiderio è spento” 3 . Per Leopar<strong>di</strong> la noia, come i gas, prendeva il posto lasciato vuoto da altri elementi,<br />

non appena essi fossero <strong>di</strong>ssolti, e conteneva ad<strong>di</strong>rittura in se stessa una sorta <strong>di</strong> antidoto: “l’uomo si<br />

<strong>di</strong>sannoia per lo stesso sentimento vivo della noia universale e necessaria” 4 . Meritevole <strong>di</strong> attenzione un passo<br />

<strong>di</strong> L. Bell, che Fortini ha scovato in un libro <strong>di</strong> Carlo Maggini e Riccardo Delle Luche (Il para<strong>di</strong>so e la<br />

noia. Riflessioni metapsicologiche sulla noia morbosa, Bollati Boringhieri, 1991: secondo Eugenio Borgna i<br />

due me<strong>di</strong>ci hanno qui scritto “cose bellissime e originali” 5 ), nel quale le idee <strong>di</strong> Kierkegaard si incrociano<br />

con quelle <strong>di</strong> Sartre: “la noia è un problema per l’esteta, che evita l’impegno per fuggire il finito e con esso la<br />

paralisi vitale lasciandosi aperta la strada leggera della costante rivalutazione dell’ipotetico; mentre non lo è<br />

per l’uomo impegnato e morale, che fugge la libertà nella <strong>fa</strong>tticità della comune vita sociale, benché la rettitu<strong>di</strong>ne<br />

e i principi morali lo rendono un intollerabile noioso. In una prospettiva sartriana l’autenticità [...]<br />

sembra collocarsi fra gli estremi del ‘serio’ e dell’’ipotetico’ e risolversi in una certa combinazione <strong>di</strong> noia e<br />

allegria” 6 .<br />

E dunque: noia, spleen (Baudelaire), isolamento, estraneità, melanconia (cfr. gli sterminati stu<strong>di</strong> iconologici<br />

dei warburghiani, Panofsky e Saxl in testa, tradotti da Einau<strong>di</strong>), e l’ipotesi – <strong>molto</strong> fragile – <strong>di</strong> una autenticità<br />

vivibile esclusivamente nella solitu<strong>di</strong>ne: “e decidere è stolto: / ripartirai più tar<strong>di</strong> / per assumere un volto”.<br />

Un volto, una maschera: lo sanno anche i gatti che in società è necessario indossare una maschera, quella che<br />

Jung chiamava persona, “un complesso sistema <strong>di</strong> comportamento dettati dalle pretese della società e in parte<br />

da quello che ci raccontiamo su noi stessi...” 7 . Montale lo <strong>fa</strong>rà, con snobismo e ironia, <strong>molto</strong> presto. Non si<br />

deve <strong>di</strong>menticare che ben presto gli spettri del <strong>fa</strong>llimento esistenziale devono convivere, dopo una primissi-<br />

1<br />

Secondo Cesare Garboli "uno dei tratti più pertinenti (e più appariscenti) della poesia italiana <strong>di</strong> questo secolo è il suo bassissimo<br />

grado <strong>di</strong> vitalità, la sua sindrome depressiva. Diceva Gianfranco Contini che la poesia <strong>di</strong> Montale nasce “da un mininimo <strong>di</strong> tollerabilità<br />

del vivere”. È il Pascoli dantista - che descrisse “lo stato <strong>di</strong> smarrimento dell’uomo-puer nella selva dantesca” come “uno sterile<br />

groviglio vegetativo, uno stato <strong>di</strong> non-volontà e <strong>di</strong> non-essere, <strong>di</strong> negatività, puerilità, sonnolenza, in<strong>di</strong>fferenza, incapacità <strong>di</strong> decidere<br />

e agire” - a fungere per Garboli da perfetto profeta <strong>di</strong> un pronostico inverato dalla poesia novecentesca, e in particolare da Penna e<br />

Montale, due che “hanno risposto percorrendo fino ai limiti estremi una terra desolata e infeconda, <strong>fa</strong>tta <strong>di</strong> sterpi e <strong>di</strong> rami secchi”.<br />

Una negatività che paradossalmente trasmetteva fotoni corroboranti ai figli del secolo (Garboli ricorda un Montale recitato nei nights<br />

o sulle spiagge). “Quale messaggio può sedurci più <strong>di</strong> quello che ci viene rivolto da un profeta <strong>di</strong> negatività?” (C. Garboli, Al lettore,<br />

in Id., Penna, Montale e il desiderio, Milano, Mondadori, 1996).<br />

2<br />

J. Hillman, Senex e Puer [1967], in Puer aeternus, tr. it. Milano, Adelphi, 1999, pp. 79-80.<br />

3<br />

S. Beckett, Proust (1931), tr. it. Milano, SugarCo, 1994, p. 31. I vv. leopar<strong>di</strong>ani appartengono ad Amore e morte, 4-5.<br />

4<br />

Zibaldone <strong>di</strong> Pensieri, 4-5 ottobre 1820.<br />

5<br />

E. Borgna, Malinconia, Milano, Feltrinelli, 1992, p. 135.<br />

6<br />

F. Fortini, Disobbe<strong>di</strong>enze. II. Gli anni della sconfitta, Roma, manifestolibri, 1996, p. 208.<br />

7<br />

Cfr. C. G. Jung, L’Io e l’inconscio, in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, vol. VII, pp. 154-60.<br />

2


<strong>®</strong> <strong>Danilo</strong> <strong>Bonora</strong><br />

ma <strong>fa</strong>se antiborghese e avanguar<strong>di</strong>stica (Montale ricorda in un’autointervista che le prime cose scritte erano<br />

testi <strong>di</strong> tipo “<strong>fa</strong>ntaisiste o se si vuole, grottesco-crepuscolare” 8 ), con l’elogio della concretezza e della chiarezza:<br />

sta sorgendo all’orizzonte Benedetto Croce. È una placcatura etica <strong>molto</strong> forte, che emerge sotto forma<br />

<strong>di</strong> un neokantismo rafforzato dalla lettura della rivista “Coenobium”, dalla frequentazione <strong>di</strong> amici gobettiani<br />

e dall’insegnamento genovese <strong>di</strong> Giuseppe Rensi. La stessa lettura <strong>di</strong> Boutroux (che era stato allievo del<br />

neokantiano Renouvier) lo spingeva nella medesima <strong>di</strong>rezione: nella polemica antipositivista e nella proposta<br />

contingentista del filosofo francese, che contrappone alla “necessità” delle leggi naturali una libertà interiore<br />

che può vittoriosamente sfidarle, uno spazio particolare ha certo il volontarismo etico 9 .<br />

Certo, si poteva <strong>fa</strong>r meglio: il mio è ancora un temino stipato <strong>di</strong> letture vecchie e nuove. D’altronde, uno dei<br />

migliori raccourci - probabilmente inarrivabile - sulla poesia italiana del secolo appena spirato è già stato offerto<br />

alla nostra cultura negli anni Settanta da un allievo inglese <strong>di</strong> Luigi Meneghello: lo si legge nelle Carte<br />

10 :<br />

Nel saggio del bion<strong>di</strong>no dal nome italiano (su Gozzano e Montale) ho letto ieri tra l’altro: “Il sentire <strong>di</strong><br />

Montale circa il male del mondo, la certezza dell’inferno ecc., mi pare genuino (cioè non credo sia una<br />

posa, benché non manchi un po’ <strong>di</strong> posa), ma è <strong>di</strong> scarso interesse culturale e psicologico.<br />

In Gozzano si sente, <strong>di</strong>etro al poeta, un giovanotto che ha i suoi successi con le donne, ma si duole perché<br />

(a) non ci trova poi <strong>molto</strong> gusto e (b) ne vorrebbe ad ogni modo tanti altri ancora, e sente che la vita<br />

gli sfugge. Dice che ghermisce la serva messaggera della sua morosa, e possiede (il verbo è suo) la<br />

cuoca <strong>di</strong>ciottenne, fresca come una prugna fresca. Però in fondo ha il désarroi. Montale, che su questi<br />

temi è riservato, sogna invece le ‘straniere’, tratto abbastanza <strong>di</strong>ffuso tra gli italiani in provincia e altrove.<br />

Ho notato che qualche volta in principio dava del Voi alle donne, ma poi è passato stabilmente al<br />

Tu, che in questo caso è la forma aulica.<br />

Gozzano è torinese, e ama la sua città, le pasticcerie ecc. Montale è dalle parti <strong>di</strong> Genova, dove ho sentito<br />

<strong>di</strong>re che la gente è tirchia. Non credo fosse una persona <strong>molto</strong> istruita, nel senso convenzionale del<br />

termine, per esempio pare che non sapesse il greco. Da giovane era, in pratica, uno spostato. In entrambi<br />

questi artisti il gelo è un importante elemento poetico, che ha un suo peso nella cultura italiana<br />

del presente secolo. Montale: ‘il gelo del cuore si s<strong>fa</strong>’; Gozzano: ‘le mie gelide sere’; Scettico blu:<br />

‘Cosa m’importa se il mondo mi rese glacial...’”. Gli ho dato un alpha question mark minus (a ? -) dopo<br />

aver esitato per un ambiguo, sempre vagamente elettrizzante alpha delta (a/d) che equivale a “<strong>molto</strong><br />

bello ma sull’orlo del pestilenziale”. Ho aggiunto un ammonimento alla cautela.<br />

8 E. Montale, Intenzioni. Intervista immaginaria, in Sulla poesia, Milano, Mondadori, 1976.<br />

9 Per tutto ciò cfr. R. Luperini, Storia <strong>di</strong> Montale, Roma-Bari, Laterza, 1986.<br />

10 L. Meneghello, Le Carte, Milano, Rizzoli, 2000, vol. II.<br />

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