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notiziario di medicina nucleare ed imaging molecolare - AIMN

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La finestra sul Ra<strong>di</strong>ologo Giuseppe Villa<br />

<strong>di</strong>naria importanza soprattutto rispetto a quell’area <strong>di</strong> paura che si ingenera nel paziente.<br />

Avete a mio avviso due compiti fondamentali. Il primo è <strong>di</strong> comunicare al paziente ciò<br />

che si v<strong>ed</strong>e del male. E il malato nel v<strong>ed</strong>ere ciò <strong>di</strong> cui soffre e come il male cambi nel<br />

tempo, si rassicu ra. Non c’è bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione, basta guarda re.<br />

Da questo il rapporto me<strong>di</strong>co paziente assume una <strong>di</strong>mensione privilegiata, un livello <strong>di</strong><br />

comuni cazione attraverso le immagini che fa del ra<strong>di</strong>olo go un grande comunicatore con<br />

il paziente. Per tanto ritengo del tutto sbagliato che questo rap porto non si instauri e che<br />

la comunicazione con il paziente venga rimandata al clinico.<br />

In realtà, a mano a mano che la ra<strong>di</strong>ologia si arricchirà, il clinico perderà sempre più <strong>di</strong><br />

signifi cato. E <strong>di</strong>rò <strong>di</strong> più: il ra<strong>di</strong>ologo non deve accettare <strong>di</strong> gesti re una ra<strong>di</strong>ologia funzionale<br />

alla clinica, intesa solo come tecnica. Deve imporsi una ra<strong>di</strong>ologia come clinica<br />

<strong>di</strong>agnostica, capace, quanto più il male <strong>di</strong>venta male che si v<strong>ed</strong>e, <strong>di</strong> sganciarsi dalla<br />

clinica.<br />

Si attuerà a mio avviso un passaggio del testi mone necessario che esilierà il clinico dentro<br />

le liturgie ancora magiche che trovano legame nel vecchio criterio della cultura greca,<br />

meravigliosa per certi aspetti, ma non certo nella me<strong>di</strong>cina.<br />

Il ra<strong>di</strong>ologo è e sarà sempre <strong>di</strong> più colui che può fare la <strong>di</strong>agnosi. E le liturgie che non<br />

sono più giustificate troveranno in questa ra<strong>di</strong>ologia dottis sima che offre la possibilità<br />

oggi <strong>di</strong> v<strong>ed</strong>ere il male, uno sconvolgimento profondo.<br />

Non esito a <strong>di</strong>re che considero i centri <strong>di</strong> <strong>imaging</strong> come veri e propri centri <strong>di</strong>agnostici,<br />

centri clinici.<br />

Alla luce <strong>di</strong> questo, però, è fondamentale che i ra<strong>di</strong>ologi imparino anche a rapportarsi<br />

<strong>di</strong>retta mente al paziente, in una relazione che, come si è detto, non ha più bisogno <strong>di</strong><br />

magia, né dell’idea del sacro, ma degli strumenti tecnici che ne fanno una vera <strong>di</strong>sciplina<br />

scientifica.<br />

Così penso alla possibilità oggi <strong>di</strong> fare indagini funzionali e non solo <strong>di</strong> struttura, <strong>di</strong><br />

applicarle in quella che una volta era chiamata la sequenza clinica, poiché siete in grado<br />

<strong>di</strong> v<strong>ed</strong>ere e mostra re immagini capaci <strong>di</strong> <strong>di</strong>re ciò che accade in tempo reale, e dunque <strong>di</strong><br />

parlare della funzionali tà <strong>di</strong> un processo patologico.<br />

La nostra epoca sta assistendo alla morte del clinico, una certa morte <strong>di</strong> cui forse non<br />

sentiremo nemmeno troppo il lutto, perché quel clinico era percepito in maniera quasi<br />

misteriosa e quin<strong>di</strong> gravida <strong>di</strong> paura. Non si sapeva mai bene che cosa pensasse, se<br />

<strong>di</strong>cesse quello che pensava o se usasse tutta una serie <strong>di</strong> parole per non <strong>di</strong>re. Il malato<br />

usciva dallo stu<strong>di</strong>o sempre pieno <strong>di</strong> paura.<br />

Cr<strong>ed</strong>o anche che sia straor<strong>di</strong>nario il contributo che l’<strong>imaging</strong> può dare a una <strong>di</strong>sciplina<br />

come la psichiatria, a quello che accade dentro la mente e che fino a poco tempo fa era<br />

un mistero.<br />

Grazie a tecnologie e tecniche <strong>di</strong> nuova gene razione, cominciamo a v<strong>ed</strong>ere che la mente,<br />

la follia e tutta una serie <strong>di</strong> termini che venivano usati quasi come sinonimi, assumono<br />

specifica zioni precise, che ne attenuano la <strong>di</strong>mensione magica.<br />

Allora avete un compito che a me pare straor <strong>di</strong>nario oggi, quello <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> far sì che<br />

la me<strong>di</strong>cina che non si v<strong>ed</strong>e sia resa visibile. L’ubi consistam, dunque. Avremo così una<br />

me<strong>di</strong>cina sempre meno teorica, nel migliore dei casi imma ginativa.<br />

Proprio dove non si capisce, dove non si v<strong>ed</strong>e, il termine male acquista un significato<br />

oscuro. Lo perde nel momento in cui il male <strong>di</strong>venta quell’immagine. Quell’immagine<br />

precisa. Dovete trasformare il male in qualcosa che si v<strong>ed</strong>e. Solo così si spezzerà o si<br />

attenuerà il ciclo della paura.<br />

Quando si va a rilevare quale sia la malattia che ingenera maggiore paura in una perso-<br />

<strong>AIMN</strong> - NOTIZIARIO ELETTRONICO DI MEDICINA NUCLEARE ED IMAGING MOLECOLARE, ANNO VII, N 1, 2011<br />

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