IL MITO DI ORFEO ED EURIDICE - Rinascimento-Idea
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<strong>IL</strong> <strong>MITO</strong> <strong>DI</strong> <strong>ORFEO</strong> <strong>ED</strong> EURI<strong>DI</strong>CE<br />
Agazia Giancotti<br />
Orfeo era figlio di Eagro, re della Tracia, e della musa Calliope (o, secondo altre<br />
versioni del mito, di Apollo e di Calliope). Ha preso parte alla spedizione degli<br />
Argonauti, cioè dei guerrieri che, guidati dall'eroe Giasone, a bordo della nave<br />
Argo erano andati alla ricerca del "vello d'oro", custodito da un terribile drago:<br />
però non sono state le battaglie e i pericoli di questa impresa che hanno reso<br />
famoso il suo nome, ma la musica e l'amore.<br />
Orfeo era un poeta e un musico. Le Muse gli avevano insegnato a suonare la lira,<br />
ricevuta in dono da Apollo. La sua musica e i suoi versi erano così dolci e<br />
affascinanti che l'acqua dei torrenti rallentava la sua corsa, i boschi si<br />
muovevano, gli uccelli si commuovevano così tanto che non avevano la forza di<br />
volare e cadevano, le ninfe uscivano dalle querce e le belve dalle loro tane per<br />
andare ad ascoltarlo (Seneca: "cessava il fragore del rapido torrente, e l'acqua<br />
fugace, obliosa di proseguire il cammino, perdeva il suo impeto ... Le selve inerti si<br />
movevano conducendo sugli alberi gli uccelli; o se qualcuno di questi volava,<br />
commuovendosi nell'ascoltare il dolce canto, perdeva le forze e cadeva ... Le Driadi<br />
[ninfe dei boschi], uscendo dalle loro querce, si affrettavano verso il cantore, e<br />
perfino le belve accorrevano dalle loro tane al melodioso canto ...")La sua sposa era<br />
la ninfa Euridice, ma non era il solo ad amarla: c'era anche Aristeo e un giorno<br />
Euridice, mentre correva per sfuggire a questo innamorato sgradito, era stata<br />
morsa da un serpente nascosto tra l'erba alta ed era morta all'istante.<br />
Orfeo allora aveva deciso di andare a riprendersela ed era sceso nell'Ade, nel<br />
oscuro regno dei morti. Con la sua musica era riuscito a commuovere tutti:<br />
Caronte lo aveva traghettato sull'altra riva dello Stige, il fiume infernale; Cerbero,<br />
l'orribile cane con tre teste, non aveva abbaiato.<br />
Le Erinni, terribili dee infernali (Aletto, Tisifone e Megera), si erano messe a<br />
piangere. I tormenti dei dannati erano cessati (Tantalo non aveva più fame e<br />
sete...) e ogni creatura, compresi il dio Ade e sua moglie Persefone, aveva provato<br />
pietà per la triste storia dei due innamorati.Così Ade aveva concesso ad Orfeo di<br />
riportare Euridice con sé, ma a un patto: Euridice doveva seguirlo lungo la strada<br />
buia degli inferi e lui non doveva mai voltarsi a guardarla prima di arrivare nel<br />
mondo dei vivi (Poliziano, Fabula di Orfeo, 237.: "Io te la rendo, ma con queste<br />
leggi: / che lei ti segua per la ceca via / ma che tu mai la sua faccia non veggi /<br />
finché tra i vivi pervenuta sia!").
Avevano iniziato la salita: avanti Orfeo con la sua lira, poi Euridice avvolta in un<br />
velo bianco e infine Hermes, che doveva controllare che tutto si svolgesse come<br />
voleva Ade. "Si prendeva un sentiero in salita attraverso il silenzio, arduo e scuro<br />
con una fitta nebbia. I due erano ormai vicini alla superficie terrestre: Orfeo<br />
temendo di perderla e preso dal forte desiderio di vederla, si voltò ma subito la<br />
donna fu risucchiata, malgrado tentasse di afferrargli le mani ma non afferrò altro<br />
che aria sfuggente. Così morì per la seconda volta, ma non si lamentò affatto del<br />
marito (di cosa avrebbe dovuto lamentarsi se non di essere stata amata così tanto?)<br />
e infine gli diede l’estremo saluto.(Ovidio, Metamorfosi, IV, 53).<br />
Perché Orfeo si volta? Per quale ragione, pur avendo avuto una concessione così<br />
straordinaria ed essendo ormai sul punto di vedere coronato da successo uno<br />
sforzo che lo ha condotto ai limiti dell'umano, per quale ragione egli si volta? Che<br />
cosa lo induce a un gesto che può apparire appunto solo un gesto di 'furor', di<br />
'subita dementia', di insania? Le interpretazioni per lo più hanno cercato di<br />
concentrarsi su questo aspetto, tentando di individuare le ragioni di ciò che non è<br />
ragionevole, di ciò che non è riconducibile a razionalità: se è vero che il<br />
comportamento di Orfeo è, come la stessa Euridice afferma, una espressione di<br />
'furor', non si può chiedere ragione di ciò che per definizione alla ragione si<br />
sottrae. Può essere allora - anche sulla scorta del resoconto ovidiano - più utile<br />
spostare l'attenzione dalla analisi delle ragioni irragionevoli del comportamento di<br />
Orfeo ad un altro aspetto, che invece gli studiosi e gli interpreti hanno per lo più<br />
trascurato e che può essere invece particolarmente significativo per comprendere<br />
anche la valenza filosofica di questo mito, e cioè spostare l'attenzione all'analisi<br />
della natura del patto, e cioè all'analisi delle condizioni poste da Plutone e<br />
Proserpina per il rilascio di Euridice. Apparentemente la condizione posta - che<br />
Orfeo non si volti a guardare Euridice prima di averla ricondotta alla luce -<br />
sembra essere tale da potere essere agevolmente soddisfatta. Anzi. Se è vero che<br />
ogni patto, ogni forma di negoziato per lo più prevede una qualche equivalenza<br />
delle condizioni, una qualche simmetria tra ciò che gli attori di questo patto<br />
devono concedersi scambievolmente, qui si potrebbe perfino osservare che esiste<br />
una dissimetria, uno squilibrio tutto a favore di Orfeo: egli può ottenere ciò che<br />
nessuno essere vivente è mai riuscito ad ottenere, e cioè il ritorno alla luce di chi<br />
già era stato assunto nel regno delle tenebre, e può ottenere qualche cosa di così<br />
incalcolabilmente grande e importante soltanto a condizione di sospendere<br />
temporaneamente lo sguardo, di non guardare per una fase, un periodo assai<br />
limitato quale è quello dell'itinerario di ritorno. Quindi la condizione posta sembra<br />
essere una condizione molto facile da soddisfare, anzi talmente facile da sembrare<br />
fin troppo squilibrata in favore di Orfeo. Ma forse è proprio questo il punto,<br />
questa apparente ovvietà.<br />
Occorre sapere che vi sono delle leggi che governano e organizzano l'Ade di cui<br />
Plutone e Proserpina sono i custodi, ma non sono tali da poter violare queste<br />
leggi; essi stessi in una qualche misura sono soggetti alle leggi di cui sono<br />
semplicemente garanti e custodi. Se Orfeo avesse potuto davvero ricondurre fuori<br />
dagli inferi Euridice queste leggi sarebbero state violate, proprio da quell'Orfeo<br />
che aveva ottenuto la possibilità di recuperare l'amata proprio sottolineando il<br />
rispetto per la legge, la sua soggezione alla legge. Euridice che ritorna dal mondo<br />
delle ombre nel mondo della luce, Euridice che ritorna alla vita infrange un<br />
'kòsmos', compromette una organizzazione legale alla quale non solo Euridice e<br />
Orfeo, ma le stessedivinità sono sottomesse. Se questo è vero, allora è evidente<br />
che la condizione posta ad Orfeo doveva essere tale da non potere essere
ispettata; l'unico modo per evitare che venissero violate le leggi che governano<br />
l'Ade e alle quali appunto dei e uomini sono in pari misura sottomessi, era<br />
imporre una condizione che non poteva essere rispettata, che non poteva che<br />
essere violata. E che cosa si chiede in effetti ad Orfeo? E' davvero così elementare<br />
la parte del patto che egli deve rispettare? E' davvero così semplice il rispetto di<br />
questa condizione? Si chiede a Orfeo di non guardare Euridice, si chiede ad Orfeo<br />
amante di non guardare l'amata, si chiede in altri termini a Orfeo - visto che,<br />
come sappiamo, per tutto il mondo antico esiste una sostanziale equivalenza o<br />
identità tra il vedere e il conoscere, per i quali tra l'altro nel mondo greco si usano<br />
anche gli stessi verbi, per cui la 'theorìa' è al tempo stesso la visione, la<br />
contemplazione ed è anche la contemplazione in senso intellettuale - si chiede<br />
insomma a Orfeo di amare senza conoscere. Questa indicazione, questo comando,<br />
questa richiesta sono impossibili: non è possibile scindere l'amore dalla<br />
conoscenza. Orfeo amante può essere tale solo a condizioni di conoscere e quindi<br />
di guardare Euridice. La richiesta è impossibile, non è ammesso, non è concesso<br />
a Orfeo di rispettare questa condizione. Solo così, dunque, formulando una<br />
richiesta che non poteva che essere trasgredita, le divinità infernali, custodi di<br />
leggi che esse stesse non possono modificare, hanno la possibilità di tutelare<br />
l'immodificabilità di quelle stesse leggi. La scissione di amore e conoscenza -<br />
richiesta implicita nel patto - non è possibile; occorrerebbe che si realizzasse una<br />
contraddizione, occorrerebbe che Orfeo, amante, non amasse, allo scopo di poter<br />
portare fuori Euridice. Ma è appunto questo il paradosso che segna anche l'esito<br />
tragico di questo epilogo. La condizione di amante non è un dato acquisito una<br />
volta per tutte, è una condizione che va - come dire - confermata processualmente<br />
nel proprio modo di essere e di comportarsi, e solo un paradosso avrebbe potuto<br />
consentire a Orfeo di riportare alla luce Euridice; quell'Orfeo che spinto<br />
dall'amore va fino agli inferi per recuperare la sposa perduta, avrebbe dovuto per<br />
poterla portare alla luce non amarla più, avrebbe dovuto poter scindere amore e<br />
conoscenza.<br />
P.S. Mi è piaciuto narrarti questo Mito, bello in ogni tempo, per fugare le ombre.<br />
Dal bisogno dell’anima nasce una riflessione o, meglio, un invito alla riflessione.<br />
Forse nella nostra era, così adusa al divorzio e alle facili, quanto fugaci, relazioni,<br />
tutto questo succede perché l’uomo, preso dal sé, non approfondisce la<br />
conoscenza dell’altro. È vero: non si può amare senza conoscere. È anche vero<br />
che se si conosce troppo l’altro, allora non c’è molto da scoprire. E allora, tutto<br />
torna a far parte della routine, della quotidianità, dell’abitudine che infligge un<br />
duro colpo all’amore. Quanti paradossi…