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Atti sezione scientifica congressuale<br />

Relazioni ad invito<br />

1<br />

Comitato organizzatore scientifico:<br />

Marco Rosetti<br />

Agostino Montalti<br />

Sabato 3 settembre, sala A.<br />

Vermi ed altre prelibatezze, come allevare in modo semplice il cibo vivo.<br />

Stefano Valdesalici<br />

Pag.4


Aspetti riproduttivi e gestionali nell’ambito dei progetti di conservazione<br />

delle specie ittiche a rischio d’estinzione.<br />

Dott. Alessio Arbuatti, Dott.ssa Sonia Amendola, Prof. Augusto<br />

Carluccio<br />

Pag.7<br />

I Ciclidi del Madagascar, dall’ambiente naturale all’allevamento in<br />

acquario.<br />

Dott. Francesco Zezza<br />

Pag.10<br />

A seguire: meeting italiano allevatori amatoriali discus<br />

2<br />

Domenica 4 settembre, sala A.<br />

Filtro anossico: la vera rivoluzione della filtrazione per il laghetto.<br />

Dott. Franco Prati<br />

Pag.12<br />

Alla scoperta dei Ciclidi del Centro America: ambiente ecologia e specie<br />

principali.<br />

Gianni Ghezzi<br />

Pag.12


I pesci d’acquario e di lago nella Medicina Veterinaria preventiva<br />

d’urgenza.<br />

Dott.ssa Maddalena Iannaccone<br />

Pag.13<br />

Zambia: alla scoperta di un nuovo Nothobranchius sp. .<br />

Stefano Valdesalici<br />

Pag.16<br />

Caridine e neocaridine, biolgia ed allevamento in acquario.<br />

Christian Ghia, Sebastian Prati<br />

Pag.19<br />

Come alimentare i pesci d’acquario. L’importanza di una specifica<br />

alimentazione per il benessere dei pesci ed evitare l’in<strong>qui</strong>namento in<br />

acquario.<br />

Dott. Giuseppe Mosconi<br />

Pag.20<br />

3


4<br />

Sabato 3 settembre, sala A.<br />

VERMI ED ALTRE PRELIBATEZZE, COME ALLEVARE IN MODO<br />

SEMPLICE IL CIBO VIVO.<br />

Stefano Valdesalici<br />

Presidente AIK, Associazione Italiana Killifishes<br />

valdekil@tin.it<br />

Gli ambienti acquatici d’acqua dolce sono ricchi di vita. La piramide alimentare parte dall’energia<br />

solare e dai minerali, dei quali piante, batteri e organismi unicellulari si alimentano. Questi<br />

produttori primari sono consumati dai produttori secondari come insetti, crostacei e piccoli<br />

vertebrati come i nostri pesci. L’alimentazione occupa un ruolo decisivo per il benessere dei nostri<br />

pesci, oggigiorno esistono moltissimi alimenti di produzione industriale (fiocchi, liofilizzati,<br />

surgelati,…) che incontrano perfettamente le loro esigenze nutrizionali. Ciò nonostante i pesci nelle<br />

nostre vasche non possono scegliere cosa mangiare <strong>qui</strong>ndi possiamo allevare cibo vivo sia per<br />

dargli qualche cosa di diverso dal solito, integrando al meglio la loro dieta, ma anche per divertirci<br />

nell’allevamento di strani animaletti. Un esempio interessante, quelli che allevano Killi annuali<br />

sono abituati ad alimentare i loro pesci con larve di zanzara surgelate anche se in natura<br />

Nothobranchius e Austrolebias si cibano principalmente di piccoli crostacei (dafnie, copepodi,<br />

ostracodi,..) e solo in misura molto minore da larve di Zanzara. Quindi cerchiamo di informarci al<br />

meglio magari leggendo qualche pubblicazione scientifica su cosa effettivamente i nostri pesci<br />

mangiano in natura Si possono allevare molti tipi di animali, ovviamente ognuno con le sue<br />

esigente, che possono essere dell’ottimo cibo vivo per i nostri pesci.<br />

In riferimento anche alle tecniche di allevamento c’è da fare una prima divisione tra quelli terrestri<br />

ed acquatici (acqua salata e acqua dolce). Terresti:<br />

- Micro vermi<br />

Banana worms probabilmente: Radopholus similis o Pratylenchus goodeyi<br />

Wolter worms probabilmente: Caenorhabditis elegans<br />

Micro worms: Panagrellus redivivus<br />

- Grindal e vermi bianchi


Grindal worms Enchitraeus bucholtzi<br />

White worms Enchitraeus albidus<br />

- Moscerini della frutta<br />

Drosophila sp.<br />

Tra gli invertebrati allevabili in acqua salata vanno ricordati:<br />

- Artemia sp.<br />

- Copepodi marini<br />

Nitokra lacustris<br />

Tigriopus californicus<br />

- Rotiferi marini<br />

Brachionus plicatilis<br />

Tra gli invertebrati allevabili in acqua dolce, i principali sono:<br />

- Infusori<br />

Paramecium sp.<br />

- Anguillole dell’aceto<br />

Turbatrix aceti<br />

- Alghe unicellulari<br />

Clorella sp.<br />

- Dafnia<br />

Ceriodaphnia dubia<br />

Moina macrocopa<br />

Dafnia magna<br />

- “Gammarus”<br />

5


Hyalella azteca<br />

- “Tubifex”<br />

Dero sp.<br />

Tubifex sp.<br />

Bibliografia:<br />

HOLST A. (2011) Tubifex med mere. Sks killibladet 2:3-6<br />

HOLST A. (2010) Mexikanske ferskvandstanglopper Hyalella azteca. Sks killibladet 4:3 -7<br />

LEGGETT R. & J. R. MERRICK (1987) Australian native fishes for aquariums. J.R. Merrick<br />

Publications, Artarmon, N.S.W. 241 pp.<br />

McCOURT C. (2010) Culturing mexican gammarus shrimp (Hyalella azteca) Bka killi news<br />

539:138-140<br />

6


ASPETTI RIPRODUTTIVI E GESTIONALI NELL’AMBITO<br />

DEI PROGETTI DI CONSERVAZIONE DELLE SPECIE<br />

ITTICHE A RISCHIO D’ESTINZIONE.<br />

Dr. Alessio Arbuatti, Dr.ssa Sonia Amendola, Prof. Augusto Carluccio<br />

Sezione di Ostetricia, Ginecologia e Riproduzione Animale, Dipartimento di Scienze Cliniche<br />

Veterinarie, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Teramo.<br />

aarbuatti@hotmail.it<br />

Gli ecosistemi acquatici sono ambienti spesso poco conosciuti dal grande pubblico ma allo stesso<br />

tempo sono quelli sui quali gravano maggiormente le azioni antropiche che causano l’estinzione<br />

delle specie ospitate. Si calcola che tra il 1970 ed il 2007 si sia perso il 27% delle specie marine ed<br />

il 28% di quelle che popolano le acque dolci (1) ; molte di queste appartengono alle Classi degli<br />

Osteitti (pesci ossei) e dei Condroitti (pesci cartilaginei). A fronte delle 1147 specie ittiche<br />

minacciate registrate negli elenchi scientifici quali la IUCN Red List (2) , solo 15 specie e 3 generi<br />

godono di una protezione legislativa internazionale riguardante il loro commercio (CITES) (3) . Il<br />

rischio d’estinzione, più o meno imminente, richiede l’immediata attivazione d’interventi di<br />

conservazione e salvaguardia degli ecosistemi e delle popolazioni selvatiche. Tra i pesci d’acqua<br />

dolce quelli che godono di una maggiore protezione internazionale appartengono a quelle specie<br />

che hanno anche un valore economico commerciale elevato, in quanto sfruttate a fine alimentare.<br />

Arapaima gigas (4,5) (Schinz, 1912), Pangasianodon gigas (6,7) (pesce gatto gigante del Mekong)<br />

(Chevey, 1931) e gli storioni (8) (Acipenseriformes), sono tutti animali di grandi dimensioni cacciati<br />

nei paesi d’origine per l’utilizzo delle carni, delle uova (storioni) o anche della pelle (Arapaima<br />

gigas) per i quali oggi si stanno attuando progetti di allevamento in cattività. In alcuni casi alle<br />

tecniche sperimentali di riproduzione in cattività vanno affiancati anche progetti di salvaguardia dei<br />

biotopi naturali, come nel caso di Pangasianodon gigas, e di Probarbus jullieni (Saubage, 1880) (7) .<br />

Tra le altre specie il cui commercio internazionale è strettamente regolamentato, ve ne sono alcune<br />

di importante interesse scientifico tra le quali il Neoceratodus forsteri (Krefft, 1870) o “pesce<br />

polmonato australiano” il cui areale di distribuzione è limitato a pochi corsi d’acqua nel<br />

Queensland (9) . In questa specie la riproduzione in cattività a fine commerciale è concessa dal<br />

Department of Environment and heritage, esclusivamente ad un allevamento e tutti i soggetti nati in<br />

condizioni controllate sono microchippati (Allflex ISO compliant FDX-B passive internal<br />

transponder –PIT-) ed il loro genoma è depositato per il riconoscimento soggettivo (10) . Tra quelle di<br />

elevato interesse ornamentale, solamente Scleropages formosus (Müller & Schlegel, 1844) gode di<br />

una sufficiente protezione. E’ dunque facile notare come la maggior parte delle specie d’acqua<br />

dolce non goda di una tutela nell’ambito del commercio internazionale, bensì è sottoposta<br />

solamente a norme legislative nazionali o addirittura regionali, che non ne garantiscono una<br />

sufficiente protezione. La situazione non migliora di certo spostandosi negli ecosistemi marini,<br />

infatti la pressione della pesca sta drasticamente riducendo le popolazioni di squali in tutti i mari del<br />

mondo, a causa del “finning”, ossia la cattura di esemplari ai quali vengono asportate le pinne per<br />

7


poi essere rilasciati in acqua. Nonostante si pensi sempre ai paesi del Sudest asiatico come gli unici<br />

importatori di prodotti derivati dagli squali, va evidenziato che l’Italia occupa un poco onorevole 4<br />

posto a livello di importazioni mondiali (11) . Solo Il genere Pristis spp. (pesci sega), lo squalo bianco<br />

(Carcharodon carcharias) (Linnaeus, 1758), lo squalo balena (Rhincodon typus) (Smith, 1828) e lo<br />

squalo elefante (Cetorhinus maximus) (Gunnerus, 1765), sono legalmente protetti. Nell’ ambito<br />

marino ornamentale, la situazione si presenta fortemente differenziata con gravi problemi di<br />

conservazione delle specie di barriera specie in nazioni quali le Filippine, dove l’intenso<br />

sfruttamento ed il diffuso utilizzo del cianuro, stanno causando il: “bleaching”, ossia lo<br />

sbiancamento delle barriere coralline ed il successivo depauperamento della fauna marina (12) . Si<br />

rende dunque fondamentale incrementare il commercio dei soggetti riprodotti in cattività di<br />

provenienza europea o nordamericana e finanziare progetti di riproduzione in cattività delle specie<br />

maggiormente richieste ma per le quali riproduzione non vi sono tecniche standardizzate.<br />

All’interno della filiera riproduttiva un ulteriore campo di ricerca che necessita un notevole<br />

sviluppo è quello inerente l’utilizzo di nuove specie costituenti il phytoplankton e lo zooplankton<br />

marino utilizzabili per l’alimentazione delle prime fasi di vita libera dell’avannotto (13) , come<br />

dimostrato nell’allevamento in condizioni controllate di Zebrasoma flavescens (Bennet, 1928) (14) .<br />

Bibliografia e Sitografia<br />

1) WWF Living Planet Index, 2008, http://assets.wwf.org.uk/downloads/lpr_2008.pdf (consulto,<br />

Giugno 2011)<br />

2) IUCN Red List http://www.iucn.org (consulto, Giugno 2011)<br />

3) CITES- Convenzione di Washington http://www.cites.org (Consulto, Giugno 2011)<br />

4) O. Mueller. Arapaima gigas, market study. Current status of Arapaima global trade and<br />

perspectives on the swiss, french and UK markets. Biocomercio Perù and the Peruvian Export<br />

Promotion Agency, pp. 1-49, 2008.<br />

5) Various authors. Sustanaible trade of Arapaima gigas in the Amazon region report. FUNBIO,<br />

Rio De Janeiro, pp. 1-16, 2006.<br />

6) Lopez, A. (Comp.). MWBP working papers on Mekong Giant Catfish, Pangasianodon gigas.<br />

MWBP. Vientianne, Lao PDR. 2006.<br />

7) MGCWG Conservation strategy for the Mekong giant catfish Pangasiaondon gigas. Mekong<br />

Giant Catfish Working Group Report 5, 2008. http://www.aquaticresources.org/mekongcatfish.html<br />

8) Various authors. Ramsar declaration on global sturgeon conservation. 9-13 maggio 2005,<br />

Ramser, Iran, 2005.<br />

9) Australia Gov. Nationally threatened species and ecological communities, 2011.<br />

http://www.environment.gov.au/biodiversity/threatened/publications/pubs/lungfish.pdf<br />

8


10) http://www.ceratodus.com/lungfish.html (Consulto, Giugno 2011)<br />

11) www.sharkalliance.com (consulto, Giugno 2011)<br />

12) Rubec PJ, Cruz F, Pratt V, Oellers R, Lallo F. Cyanide-free Net-caught fish for the marine<br />

aquarium trade. SPC Live Reef Fish Information Bullettin N.7, Maggio 2000.<br />

13) Olivotto I, Holt GJ, Carnevali O. Advances in marine ornamentals: breeding and rearing<br />

studies. In Coral reefs threats and restoration, Cap.1, Nova Science Publisher, 2009.<br />

14) Laidley CW, Calman CK, Rietfors MDC, Kline MD, Martinson EW. Development of captive<br />

culture technology for the yellow tang (Zebrasoma flavescens). Accomplishment record, center for<br />

tropical and subtropical aquaculture pp. 21-22. Waimanalo and Honolulu , Hawaai U.S.A., 2010<br />

9


I CICLIDI DEL MADAGASCAR DALL’AMBIENTE<br />

NATURALE ALL’ALLEVAMENTO IN ACQUARIO.<br />

Dr. Francesco Zezza<br />

Associazione Italiana Ciclidofili (AIC- 30RM)<br />

-Il Madagascar (nascita geologica)- Il Madagascar, la quarta isola al mondo per estensione, nasce,<br />

per le teorie più accreditate, da quel movimento geologico comunemente conosciuto come “Deriva<br />

dei continenti”. Il processo inizia circa duecento milioni di anni fa e, geologicamente, si concretizza<br />

col distacco dell’attuale Madagascar e connessa nascita del Canale del Mozambico dall’odierna<br />

Africa. L’evoluzione geologica del Madagascar consta di una fase “erosiva” cui segue una seconda<br />

fase in cui compaiono movimenti tettonici di rilievo uniti a fenomeni di metamorfismo<br />

(trasformazione della struttura rocciosa a causa di cambiamenti di temperatura e/o pressione o per<br />

infiltrazione di fluidi). Oggi l’isola risulta, <strong>qui</strong>ndi, divisa in due aree principali: le zone costiere nate<br />

appunto dall’erosione del materiale roccioso preesistente e le zone interne formate da rocce ignee<br />

(per infiltrazione – dal nucleo centrale della terra - di materiale magmatico con temperature<br />

misurabili anche in migliaia di gradi) e, appunto, metamorfiche. -Il Madagascar (biodiversità)- Le<br />

forme di vita originarie presenti in Madagascar hanno due origini: erano presenti “in situ”, in forma<br />

arcaica, prima del distacco dal continente africano, oppure sono discendenti da ancestrali “specie<br />

esploratrici” che, ad onta del braccio di mare esistente tra il Madagascar e l’Africa (ancora intesa<br />

come Gondwana), raggiunsero l’isola in tempi successivi. Tutte si sono sviluppate lungo peculiari<br />

sentieri evolutivi sfociati in una sorprendente biodiversità ma anche in una marcata fragilità di tutto<br />

l’ecosistema che ne è risultato. Caratteristico del Madagascar è il persistere di specie “primitive”<br />

(dal punto di vista evolutivo) che, in altri ambienti, sono state sostituite da specie più evolute: una<br />

sorta, <strong>qui</strong>ndi, di peculiare “evoluzione alternativa”. Si ritiene che circa il 95% delle forme di vita<br />

oggi presenti in Madagascar sia endemico. Venendo alla attuale fauna dulciac<strong>qui</strong>cola si osserva (ad<br />

esempio con l’analisi di campioni fossili) che alcune delle specie attuali specie erano presenti in<br />

Madagascar prima del distacco dall’Africa e che solo col tempo la “barriera marina” è divenuta un<br />

ostacolo insormontabile dando il via ad una specifica speciazione. Come conseguenza, ancora oggi,<br />

molte specie malgasce vivono in ambienti eurialini (sovente caratterizzati da gradienti di salinità<br />

elevati e passibili di variazioni anche rilevanti). -I ciclidi del Madagascar, in Natura- L’attuale<br />

situazione malgascia non è rosea (per l’ambiente naturale, per la sua salvaguardia in generale ma<br />

non solo); tornando alla fauna ittica le minacce sono almeno: 1) Situazione generale economica<br />

“compromessa” tale, comunque, da rendere difficile “fare salvaguardia”; 2) Distruzione/modifica<br />

radicale (ed estensiva) dei biotopi originari per: disboscamento esasperato, prelievo idrico (a scopi<br />

irrigui) incontrollato, modifiche dovute alla pressione antropica; 3) Pesca incontrollata (in termini di<br />

quantità/dimensione del pescato); 4) Introduzione di specie alloctone (a scopo edule e/o ludico)<br />

concorrenti, a livello trofico e/o di siti e comportamenti riproduttivi, con quelle locali. -I ciclidi del<br />

Madagascar, in vasca- La mia esperienza (sette anni circa) basata specie nella prima fase su<br />

10


esemplari “di cattività” (ma provenienti da pesci raccolti, in tempi vicini, in natura <strong>qui</strong>ndi con<br />

bagaglio genetico qualitativamente elevato ed esente da “tare”) si è concentrata sulle tre specie che<br />

seguono.<br />

Paratilapia sp.: la specie più nota. L’aggressività intra/interspecifica è relativa: una coppia è<br />

gestibile anche in vasche non enormi, sono nuotatori modesti e dalla crescita lenta. Sembra abbiano<br />

(geneticamente) una aspettativa di vita abbastanza breve (in relazione alla taglia). Preferisco vasche<br />

relativamente luminose, essendo in natura attive all’alba ed al tramonto quando sfoggiano loro<br />

colori migliori. Accettano ogni tipo di cibo senza difficoltà, ma è possibile la predazione verso pesci<br />

più piccoli presenti in vasca.<br />

Paretroplus damii: ho ricevuto, da JCN in persona, sei pesci di taglia minuta che, quando “pronti”,<br />

sono stati inseriti in vasca con le (già più grandi) Paratilapia polleni (scelta obbligata ma di certo<br />

sub-ottimale) i rapporti fra i gruppi sono spesso stati tesi. Oggi, potendo, opterei per un<br />

“monospecifico” (adeguato) con 6/10 esemplari. Questi pesci crescono lentamente, riproducono di<br />

rado e … “vivono in eterno”, così sembra si sia espresso su di loro il Dr. Paul Loiselle. Posso<br />

aggiungere che i miei pesci, trasferiti in un’altra vasca, hanno deposto con soddisfazione rendendo<br />

disponibili all’allevamento molti piccoli.<br />

Paretroplus dambabe: hanno la stessa origine dei P. damii ed hanno subito la stessa trafila. L’aver<br />

sottovalutato l’aggressività intraspecifica (dimostratasi elevata) e la taglia finale (impegnativa anche<br />

per una vasca capiente) mi ha fatto perdere tutto il gruppo, benché fosse stato separato dagli altri, in<br />

età ancora sub-adulta. Avvisato di cosa attendermi ammetto di aver sottostimato le problematiche.<br />

Un’esperienza sfortunata il cui rammarico è aggravato dal fatto che sono tra le specie maggiormente<br />

a rischio e con minore disponibilità per l’allevamento.<br />

Attualmente (2011) allevo solo una coppia di Paratilapia sp. (di “non sicura” classificazione) cui<br />

dedico ogni possibile attenzione. Spero, prima o poi, di essere gratificato dalla loro riproduzione.<br />

ATTENZIONE! Questi splendidi pesci, sfuggenti e sussiegosi, possono … “generare dipendenza”!<br />

-I ciclidi del Madagascar, prospettive future- La situazione è critica: il genere Paratilapia<br />

(secondo C.A.R.E.S.) passa, per gradi successivi, da AR (a rischio in natura) sino a VU<br />

(vulnerabile, da intendersi come a rischio di estinzione in un futuro molto prossimo) a seconda delle<br />

specie. Quella dai paretroplini (e di molti altri generi, ciclidi o meno, endemici dell’isola) non si<br />

discosta di molto nonostante tutti gli sforzi messi in atto dalle associazioni protezionistiche.<br />

Purtroppo. Anche se addentrandosi in zone del Madagascar (e ce ne sono ancora) poco conosciute si<br />

hanno ritorni in merito al reperimento, in natura, di nuove popolazioni precedentemente<br />

sconosciute. Possiamo solo augurarci che vengano “gestite” meglio!!!<br />

Bibliografia:<br />

“The Endemic Cichlids of Madagascar” a cura di J.C, Nourissat e P. D Rham.<br />

11


12<br />

Domenica 4 settembre, sala A.<br />

FILTRO ANOSSICO: LA VERA RIVOLUZIONE DELLA<br />

FILTRAZIONE PER IL LAGHETTO.<br />

Dott. Franco Prati<br />

ALLA SCOPERTA DEI CICLIDI DEL CENTRO AMERICA:<br />

AMBIENTE, ECOLOGIA E SPECIE PRINCIPALI<br />

Gianni Ghezzi<br />

Titolare negozio “Le Onde”, Ofanengo (Cr)


I PESCI D’ACQUARIO E DI LAGO NELLA MEDICINA<br />

VETERINARIA PREVENTIVA E D’URGENZA<br />

Dr.ssa Maddalena Iannaccone<br />

Medico Veterinario specialista in patologia delle specie acquatiche – consulente per animali esotici.<br />

“Il mondo degli animali esotici”, Via San Martino 67/r 16131, Genova.<br />

sito web www.veterinariaesotici.com<br />

Questa relazione é dedicata a coloro che si interessano di acquariofilia in maniera non<br />

professionale. Il suo scopo é quello di informare gli appassionati su parte delle possibili<br />

applicazioni della Medicina Veterinaria sui pesci, pazienti sui quali, fino a non molto tempo fa, si<br />

riteneva di poter fare poco o nulla. In essa verranno descritte parte delle possibili azioni che il<br />

Veterinario competente potrà decidere di mettere in atto. Non é né un protocollo né una guida,<br />

perché sarà il Medico che “secondo scienza e coscienza” valuterà quale sarà la miglior cosa da fare.<br />

In Medicina, sia essa umana che animale, quando si parla di Medicina Preventiva ci si riferisce a<br />

tutte quelle azioni che é opportuno mettere in essere onde evitare l’insorgenza si patologie in<br />

genere. Nella Medicina dei Pesci questo concetto é ancora più importante: vivendo noi in un<br />

ambiente completamente diverso dal loro potremmo accorgerci con grave ritardo di una situazione<br />

ambientale degenerativa (come ad esempio una errata ossigenazione dell’acqua). Fare Medicina<br />

Preventiva vuol dire innanzitutto “sapere cosa guardare, saper cogliere i particolari e valutare per<br />

tempo le situazioni di stress”. Si dovrà <strong>qui</strong>ndi partire dall’ac<strong>qui</strong>sizione di conoscenze di base, sia<br />

per quanto attiene le attrezzature, sia per quanto concerne le specie animali e vegetali che si vanno<br />

ad introdurre nell’acquario/laghetto che vorremo realizzare. Infine, ma non ultimo, ci si dovrà<br />

informare sulle persone che possono esserci di valido aiuto: fornitori, manutentori, veterinari<br />

specialisti, ecc… che ci potranno aiutare sia nella realizzazione che nella gestione del nostro<br />

acquario/laghetto. Sostanzialmente le cose da osservare bene e all’occorrenza descriverle nei<br />

minimi dettagli sono:<br />

- il comportamento del singolo individuo e come e’ inserito sia nel gruppo che nell’ambiente;<br />

- la presenza di lesioni o anomalie di qualsiasi genere;<br />

- la pigmentazione;<br />

- il respiro e <strong>qui</strong>ndi il nuoto che non deve presentare comportamenti che non siano propri<br />

delle specie che stiamo esaminando e sulle quali ci saremo preventivamente informati.<br />

Anche il gruppo nel suo insieme và osservato con attenzione: notando se all’interno di esso gli<br />

animali interagiscano o qualcuno resta isolato e notando come rispondono agli stimoli provenienti<br />

dall’esterno: somministrazione del cibo, luce, rumori. Ovviamente le forme, le cubature, le<br />

apparecchiature del nostro impianto (acquario o laghetto o vasca esterna che sia) saranno sempre<br />

13


ealizzate in funzione delle specie e della quantità di animali e piante che vorremmo introdurvi. Se<br />

il nostro impianto è all’ esterno dovrà essere realizzato in maniera da proteggerlo da aggressioni<br />

fisiche e chimiche provenienti appunto da fattori esterni quali “violente ed improvvise variazioni<br />

termiche, in<strong>qui</strong>namento ambientale, arrivo o aggressioni da parte di ospiti incompatibili o<br />

inaspettati (uccelli e predatori in genere). Molto importante è predisporre di mezzi ed<br />

apparecchiature che ci consentano di intervenire il più velocemente possibile sugli animali. In<br />

talune specie e in alcune circostanze è consigliabile ricorrere a vaccinazioni ed<br />

immunostimolazioni. Enorme importanza nella Medicina Preventiva assume la quarantena che,<br />

molto semplicemente, consiste in una serie di procedure alle quali i pesci devono essere sottoposti<br />

in ambiente a parte prima di essere introdotti nella loro definitiva sistemazione. Per mancata<br />

quarantena anche un solo ospite introdotto in un ambiente di individui sanissimi può provocare<br />

delle vere e proprie stragi. A volte può capitare che, nonostante le migliori intenzioni, qualcosa è<br />

sfuggito o si è commesso un errore: “qualche ospite galleggia, qualche altro respira a fatica…”.<br />

Cosa fare? Per prima cosa evitare di somministrare cibo. Contattare immediatamente il proprio<br />

consulente Veterinario stando possibilmente vicino all’ acquario/laghetto in maniera da fornire il<br />

massimo delle indicazioni possibili rispondendo con la massima chiarezza alla richiesta di<br />

particolari che verrà dallo specialista e in attesa del suo arrivo:<br />

• rimuovere gli animali deceduti e conservali tra 2° C e 8° C,<br />

• verificare il funzionamento delle apparecchiature,<br />

• controllare i parametri fisico-chimici dell’ acqua,<br />

• allestire una o più vasche d’ emergenza,<br />

• approntare attrezzature sia per l’ eventuale trasferimento degli ospiti sia per effettuare<br />

eventuali cambi d’ acqua,<br />

• raccogliere il materiale organico presente in vasca.<br />

Lo Specialista al suo arrivo osserverà l’impianto e gli animali eventualmente sottoponendoli a visita<br />

medica e valuterà i dati raccolti dal proprietario e se lo riterrà opportuno provvederà ad eseguire<br />

nuovi esami tra i quali esami del sangue, esami del raschiato branchiale, esame bioptico, esame del<br />

muco, dando <strong>qui</strong>ndi le prime disposizioni di emergenza: spostamenti, cambi d’ acqua, fermo pompe<br />

ed altri fattori. Se lo riterrà opportuno procederà all’ esecuzione degli esami autoptici e in base all’<br />

analisi complessiva dei dati ac<strong>qui</strong>siti disporrà la terapia definitiva.<br />

14


Foto.1: prelievo bioptico su Carassius auratus in anestesia. Foto2 : preparazione di un esemplare di Carassius auratus<br />

per esecuzione di Tomografia Assiale Computerizzata (TAC)<br />

In situazioni particolari potrebbe disporre ed eseguire o far eseguire esami speciali: microbiologici<br />

ed istologici su prelievi bioptici (Foto 1) ecografie, radiografie, endoscopie, risonanza magnetica ed<br />

eventualmente TAC (Foto 2).<br />

Bibliografia e Sitografia<br />

1) STOSKOPF M. “Fish Medicine” Vol I-II, Second Edition, (2010) Paperback Edition<br />

2) WOO P.T.K., editor “Fish Diseases: Diagnosis and disorders” (2006) London, UK.<br />

3) E. NOGA “Fish Disease: Diagnosis and treatment” (2000) Iowa State University Press/Ames<br />

4) ROBERTS R J, editor. “Fish pathology” 2nd ed. (1989) London, England: Bailliere Tindall;<br />

5) GHITTINO P., “Tecnologia e patologia in ac<strong>qui</strong>coltura”, Vol. I: Tecnologia e Vol. II:<br />

Ittiopatologia,Tipografia E. Bono, Torino 1983.<br />

6) ALBORALI L., CARBONI A., Guida pratica di acquacoltura e ittiopatologia, Riv. Selezione<br />

Veterinaria, Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell' Emilia-Romagna, Brescia<br />

7) ZOONOSI ITTICHE (a cura di Claudio Ghittino)<br />

http://www.antropozoonosi.it/Ittiche/ZoonosiIttiche_file/frame.htm<br />

15


ZAMBIA: ALLA SCOPERTA DI UN NUOVO<br />

NOTHOBRACHIUS SP.<br />

Stefano Valdesalici<br />

Presidende AIK. Associazione Italiana Killifishes<br />

valdekil@tin.it<br />

Al genere Nothobranchius (Peters 1868) appartengono circa 50 specie diffuse nelle aree tropicali e<br />

subtropicali dell’Africa, dal Sudan al Sud Africa e dal Chad alle isole di Zanzibar e Mafia in<br />

Tanzania. Tutte le specie conosciute sono annuali e vivono in pozze o ac<strong>qui</strong>trini che si formano<br />

durante la stagione delle piogge. Infatti sotto forma di adulti sono presenti solo quando è presenta<br />

acqua nella pozza. Nel restante tempo rimangono nel terreno secco sotto forma di uova. Le uova<br />

dormienti, che in natura possono rimanere all’asciutto per mesi (perfino anni), presentano nel loro<br />

sviluppo degli stadi di arresto chiamati diapause. Quando è presente abbastanza acqua nella pozza<br />

le uova schiudono, gli avannotti crescono in modo straordinario diventando adulti nell’arco di<br />

alcune settimane, a questo punto si riproducono depositando/fecondando nel fondo un uovo alla<br />

volta. In Zambia si conoscono circa 400 specie di pesci e 4 specie di Nothobranchius:<br />

Nothobranchius symoensi (Wildekamp, 1978)<br />

Nothobranchius kafuensis (Wildekamp & Rosenstock, 1989)<br />

Nothobranchius rosenstocki (Valdesalici & Wildekamp, 2005)<br />

Nothobranchius boklundi (Valdesalici, 2010)<br />

Il Viaggio ha previsto 3 voli (Bologna-Francoforte-Johannesburg-Lusaka), per una durata di 24 h<br />

,per raggiungere lo Zambia. durante questo viaggio di ricerca scientifica il gruppo percorrerà un<br />

itinerario di circa 3000 km in meno di una settimana, riuscendo a scoprire una nuova specie di<br />

Nothobranchius a nord del lago Mweru Wantipa. Questa nuova specie è stata descritta come<br />

Nothobranchius oestergaardi (Valdesalici & Amato, 2011). Il gruppo di ricerca è composto da:<br />

Giuseppe Amato Italiano Importatore di pesci tropicali e profondo appassionato di Nothobranchius,<br />

Jørn Boklund Danese In pensione appassionato di Nothobranchius (nel 2009 è già stato in Zambia e<br />

ha scoperto Nothobranchius boklundi (Valdesalici, 2010), Kaj Østergaard Danese ex dipendente<br />

dell’ ambasciata di Lusaka, cacciatore, appassionato della natura e anche di Nothobranchius e<br />

Stefano Valdesalici Italiano appassionato di killifish e ricercatore freelance amatoriale. Al fine di<br />

poter campionare al meglio i differenti biotopi acquatici, l’itinerario pè stato suddiviso in più tappe<br />

successive.<br />

16


- Lusaka-Kasama<br />

-Kasama-Ndole Bay Lodge/Lago Tanganica<br />

Lacustricola matthesi, Barbus sp. Kneria sp. Neolebias sp.<br />

-Ndole Bay Lodge<br />

Ciclidi<br />

-Ndole Bay Lodge-Nchelenge/Lago Mweru<br />

Lacustricola mueroensis, Barbus sp. Ctenopoma sp. e nuova specie di Nothobranchius in un<br />

ac<strong>qui</strong>trino sul fiume Mwawe, descritta quest’anno come Nothobranchius oestergaardi (Valdesalici<br />

& Amato, 2011).<br />

-Nchelenge – Kasanka National Park<br />

Lungo il percorso: Lacustricola matthesi, Nothobranchius rosenstocki, N. symoensi. Il Kasanka è<br />

famoso per la più grande migrazione di mammiferi al mondo, che non è quella del Serengeti-Masai<br />

Mara ma la migrazione di pipistrelli da frutta (Eidolon helvum). I biologi e i ricercatori hanno<br />

tentato di spiegare il motivo di questa migrazione di massa che arriva a toccare i 10 milioni di<br />

pipistrelli e gli studi sono ancora in corso. Una di quelle meraviglie non ancora completamente<br />

spiegate del pianeta.<br />

-Kasanka NP<br />

Barbus haasianus, Ciclidi, Lacustricola matthesi + visita al parco con antilopi puk<br />

-Kasanka NP Kipiri Mposhi , vicino a Kipiri Mposhi<br />

Barbus kersteni, B. bifrenatus, B. multilineatus, Lacustricola katangae.<br />

-Kipiri Mposhi – Lusaka<br />

Lungo il percorso deviazione in una proprietà privata (vicino a Lukanga Swamp) con Giraffe e<br />

palude con Lacustricola johnstoni , L. huteraui e Nothobranchius kafuensis.<br />

-Lusaka – South Luangwa National Park – Lusaka.<br />

Località tipo di Nothobranchius bocklundi.<br />

Bibliografia:<br />

SEEGERS, L. 1997. Killifishes of the World. Old World Killis II. Verlag A.C.S. Morfelden-<br />

Walldorf, Germany, 112 pp.<br />

VALDESALICI, S. (2010): Nothobranchius boklundi (Cyprinodontiformes: Nothobranchiidae): a<br />

17


new annual killifish with two male colour morphs from the Luangwa River basin, Zambia. Aqua,<br />

International Journal of Ichthyology 16: 51-60.<br />

VALDESALICI, S. & AMATO, G. 2011. Nothobranchius oestergaardi (Cyprinodontiformes:<br />

Nothobranchiidae), a new annual killifish from Mweru Wantipa Lake drainage basin, northern<br />

Zambia. Aqua, International Journal of Ichthyology 17:111-119.<br />

VALDESALICI, S. & WILDEKAMP, R.H. 2005. A new species of the genus Nothobranchius<br />

(Cyprinodontiformes: Nothobranchiidae) from Luapula River basin, Zambia. Aqua, International<br />

Journal of Ichthyology 9: 89-96.<br />

WILDEKAMP, R. H. 1978. Redescription of Nothobranchius brieni Poll, 1938 and the description<br />

of three new Nothobranchius species (Pisces, Cyprinodontidae) from the provinces of Shaba, Zaire.<br />

Revue Zoologie Africaine 92: 341-354.<br />

WILDEKAMP, R.H. 2004. A world of killies. Atlas of the oviparous cyprinodontiform fishes of<br />

The world. Volume 4. Mishawaka, Indiana, 398 pp.<br />

WILDEKAMP, R. H. & ROSENSTOCK, J. 1989. Anmerkungen zu den Nothobranchius-Arten<br />

Sambias, mit der Beschreibung von Nothobranchius kafuensis spec. nov. (Cyprinodontiformes,<br />

Nothobranchiinae). Die Aquarien und Terrarien Zeitschrift (DATZ) 42: 413-419.<br />

18


CARIDINE E NEOCARIDINE, BIOLOGIA ED<br />

ALLEVAMENTO IN ACQUARIO<br />

Christian Ghia, Sebastian Prati<br />

Shrimpsandmosses.com, Via Torino 25, 27045 Casteggio (PV), Italia<br />

info@shrimpsandmosses.com<br />

Con l’avvento dei nano acquari, gamberetti appartenenti alla Famiglia delle Atyidae, più<br />

precisamente ai Generi: Caridina, Neocaridina e Paracaridina, hanno iniziato a diffondersi sempre<br />

più insistentemente nel mercato acquariofilo. Tale diffusione spesso però è accompagnata da scarse<br />

conoscenze relative alla biologia degli stessi e di conseguenza si registrano insuccessi che portano<br />

poi in molti casi a distanziarsi dall’allevamento dei crostacei. Gli esemplari di Caridina spp.,<br />

Neocaridina spp. e Paracaridina spp. presenti attualmente negli acquari di molti appassionati, sono<br />

originari dell’est asiatico (Indonesia, Cina, Vietnam, Taiwan e Giappone) e provengono da habitat<br />

molto diversi tra loro per caratteristiche chimico-fisiche (da pH 6, 21°C, 50 µs per i gamberetti<br />

acidofili a pH 8, 31°C, 90 µs per i gamberetti provenienti da Sulawesi) .A livello di anatomia<br />

esterna i tre generi trattati risultano essere molto simili, tuttavia il dimorfismo sessuale non risulta<br />

evidente in tutte le specie, ma vi sono delle caratteristiche anatomiche che permettono la sicura<br />

sessuazione degli esemplari. I gamberetti sono caratterizzate da due tipi diversi di riproduzione: la<br />

riproduzione di tipo primitivo e la riproduzione di tipo specializzato. La riproduzione di tipo<br />

primitivo comporta uno sviluppo larvale in più fasi comprendendo anche uno stadio planctonico in<br />

ambiente salmastro/marino; la riproduzione di tipo specializzato invece non prevede stadi larvali<br />

dato che essi avvengono direttamente all’interno delle uova dalle quali al momento della schiusa<br />

escono piccoli gamberetti già sviluppati ed autosufficienti. Durante l’accrescimento i gamberetti<br />

effettuano svariate mute che permettono lo sviluppo della massa corporea, onde evitare problemi di<br />

exuviazione e conseguente morte degli esemplari è importante fornire loro un corretto apporto di<br />

sali minerali attraverso appositi integratori (se necessari). Caridine, neocaridine e paracaridine in<br />

ambiente naturale hanno un alimentazione prevalentemente vegetariana, in acquario risultano essere<br />

onnivore è dunque importante fornire loro una dieta variata e bilanciata, evitando alimenti<br />

eccessivamente proteici. L’allevamento dei gamberetti è alla portata di tutti se vengono rispettati i<br />

parametri chimici richiesti dalle singole specie, oggigiorno in aiuto agli appassionati sono presenti<br />

sul mercato appositi fondi in grado di stabilizzare i parametri chimici dell’acqua su valori<br />

appropriati all’allevamento. La grande variabilità cromatica che caratterizza molti gamberetti ha<br />

permesso di selezionare molteplici varietà di colorazione delle stesse specie, generando degli<br />

standard di colorazione utilizzati per valorizzare e classificare sulla base della colorazione alcune<br />

specie. La creazione di nuove varietà cromatiche sfrutta principalmente la comparsa casuale di<br />

mutazioni e più recentemente l’incrocio di diverse varietà o specie filogeneticamente molto vicine<br />

tra loro. L’estenuante ricerca di nuove varietà di colorazione per contro sta lentamente portando alla<br />

19


scomparsa dei ceppi cosiddetti puri, i quali proprio a causa della scarsa reperibilità soprattutto in<br />

Europa diventano sempre più ricercati.<br />

Bibliografia:<br />

1) Dorothy Bliss (1985). Biology of Crustacea: Integument, pigments, and hormonal processes<br />

vol.9, Academic Press.<br />

2) Talbot H. (1960). The physiology of crustacean vol. 1: metabolism and growth, Academic<br />

Press .<br />

3) Rita S. W. Yam and David Dudgeon (2005). Genetic Differentiation of Caridina cantonensis<br />

(Decapoda:Atyidae) in Hong Kong Stream, Journal of the North American Benthological<br />

Society, Vol. 24, No. 4, pp. 845-857.<br />

4) Rita S. W. Yam and David Dudgeon (2006). Production Dynamics and Growth of Atyid<br />

Shrimps (Decapoda:Caridina spp.) in 4 Hong Kong Streams: The Effects of Site, Season,<br />

and Species, Journal of the North American Benthological Society, Vol. 25, No. 2, pp 406-<br />

416.<br />

5) Shinohara Motoyuki, Yamanoi Hideo, Jikihara Haruko (1996). On the Ecology of<br />

Neocaridina denticulata inhabit the Fresh Waters of Northern Region of Okayama, Bulletin<br />

of the Fisheries Experiment Station Okayama Prefecture.<br />

6) Von Rintelen K and Y-X Cai (2009). Radiation of endemic species flocks in ancient lakes:<br />

Systematic revision of the freshwater shrimp Caridina H. Milne Edwards, 1837 (Crustacea:<br />

Decapoda: Atyidae) from the ancient lakes of Sulawesi, Indonesia, with the description of<br />

eight new species. The Raffles Bulletin of Zoology 57, pp. 343-452.<br />

20


COME ALIMENTARE I PESCI D’ACQUARIO.<br />

L’IMPORTANZA DI UNA SPECIFICA ALIMENTAZIONE<br />

PER IL BENESSERE DEI PESCI ED EVITARE<br />

L’INQUINAMENTO DELL’ACQUARIO<br />

Dr. Giuseppe Mosconi<br />

Medico Veterinario, docente di “Acquariologia”. Corso di Laurea in Acquacoltura ed Igiene delle<br />

produzioni ittiche. facoltà di medicina Veterinaria UNIBO, sede di Cesenatico.<br />

vedegheto@fastwebnet.it<br />

La scelta di un mangime è determinante per la vita non solo dei pesci, ma dell’intero acquario. Lo<br />

sviluppo corporeo, l’armonia delle forme, l’intensità della pigmentazione e la predisposizione degli<br />

animali acquatici all’accoppiamento, sono condizionati dalla qualità del mangime somministrato.<br />

La qualità degli alimenti forniti è, <strong>qui</strong>ndi, più importante della quantità. Specificità dell’alimento:<br />

le differenze anatomiche, che presenta l’apparato digerente nelle varie specie di pesci, sono alla<br />

base delle loro differenti attitudini alimentari. I pesci vegetariani presentano un lungo intestino<br />

privo di stomaco, specializzato nella digestione di un alimento ricco di fibra e con un modesto<br />

contenuto proteico. I pesci carnivori presentano, invece, uno stomaco che consente di trattenere un<br />

alimento ad elevato contenuto proteico, digerendolo lentamente. L’intestino è corto. I pesci<br />

onnivori presentano caratteristiche intermedie, <strong>qui</strong> l’importanza cade sulla composizione<br />

aminoacidica e degli acidi grassi. Nei così chiamati “ pesci d’acqua fredda “, manca lo stomaco ed<br />

il metabolismo è più basso rispetto a quello degli altri pesci tropicali; elementi caratterizzanti il<br />

mangime per questi pesci: elevata digeribilità, basso tenore di proteine, fibra e grassi di origine<br />

vegetale a basso punto di fusione. Formulazione di un Mangime - Mangime semplice ► un solo<br />

ingrediente -- Mangime composto ► svariati ingredienti -- Mangime completo ► i vari<br />

ingredienti che lo compongono, bilanciati nella giusta quantità, soddisfano le esigenze nutritive<br />

della specie cui è destinato.<br />

• Un mangime semplice non potrà MAI considerarsi completo.<br />

• Un mangime composto non è detto possa essere completo.<br />

La composizione chimica di un mangime può essere suddivisa nei seguenti gruppi di sostanze:<br />

Proteine, Lipidi, Carboidrati , Fibre, Sostanze minerali. Le proteine costituiscono la<br />

maggior parte della materia organica del corpo degli animali ; queste sono composte<br />

dall’associazione di 20 diversi aminoacidi, 10 dei quali detti “essenziali”: Acido aspartico, Acido<br />

glutammico, Alanina, Arginina, Cisteina, Cistina, Fenilalanina, Glicina, Idrossiprolina,<br />

Isoleucina, Istidina, Leucina, Lisina, Metionina, Prolina, Serina, Tiroxina, Treonina, Triptofano,<br />

Valina. Si tratta di elementi chiave indispensabili per la sintesi della nuova proteina; se<br />

nell’alimento manca anche un solo aminoacido essenziale, quest’ultimo non può essere sostituito da<br />

un altro, per cui la sintesi delle proteine che lo richiedono non può avvenire, con il conseguente<br />

21


arresto della funzionalità dell’organo richiedente la proteina o della crescita. La creazione di una<br />

nuova proteina è condizionata dalla quantità dell’aminoacido essenziale che si trova in quantità<br />

minore rispetto all’esigenza dell’organismo. La mancata sintesi di una proteina, dovuta alla<br />

carenza di un aminoacido essenziale comporta l’inutilizzazione di tutti gli altri che saranno, <strong>qui</strong>ndi,<br />

espulsi creando in<strong>qui</strong>namento. La qualità del mangime è determinante sull'in<strong>qui</strong>namento<br />

dell'acqua. Un mangime non adatto viene digerito solo parzialmente e la parte non digerita non fa<br />

altro che in<strong>qui</strong>nare l'acqua. Se per fini energetici si utilizzano le proteine, si libera ammoniaca che è<br />

un nutriente per batteri e alghe. Occorre particolare attenzione alla quota di energia non proteica. I<br />

pesci, per un’alimentaz. incompleta e affaticati dall’in<strong>qui</strong>namento deperiscono ammalandosi. Se nel<br />

mangime o nell’alimento mancano o c’è carenza anche di un solo aminoacido essenziale,<br />

compaiono specifiche patologie: se, ad esempio, manca il Trioptofano i pesci manifestano scoliosi e<br />

lordosi, se la Metionina è carente c’è aumento della mortalità neonatale e ritardo nella crescita, se<br />

manca la Lisina viene favorito l’attacco di ectoparassiti e si presentano lesioni alla pelle. In<br />

mancanza di aminoacidi essenziali si verifica comunque in<strong>qui</strong>namento e immuno depressione. Di<br />

norma il mangime per pesci ornamentali adulti contiene dal 30 al 35 % di proteine soprattutto di<br />

origine vegetale. Nel caso di larve o giovanili le percentuali possono giungere al 55% di proteine.<br />

Come regola generale va ricordato che le esigenze proteiche diminuiscono, in termini percentuali,<br />

con il progredire del ciclo di sviluppo del pesce. E’ importante considerare il valore biologico delle<br />

proteine e la biodisponibilità degli aminoacidi. Valore biologico di una proteina = rendimento di<br />

utilizzazione di quella proteina. Più è elevato, minore sarà l’in<strong>qui</strong>namento. Connessione tra<br />

proteine e grassi: le proteine ingerite non sono completamente utilizzate dai pesci per la crescita; dal<br />

5 al 15% si perde nelle feci mentre parte degli aminoacidi assorbiti viene catabolizzata (“bruciata”)<br />

per ottenere energia; ciò avviene soprattutto nei carnivori non in grado di ben utilizzare ai fini<br />

energetici gli amidi e gli zuccheri. Questo processo genera “ scorie azotate “ costituite in prevalenza<br />

da ammoniaca, eliminata attraverso le branchie che insieme alle feci contribuisce ad elevare il<br />

carico in<strong>qui</strong>nante in acquario. Recentemente si sta assistendo ad un incremento delle percentuali di<br />

grasso utilizzato nei mangimi per pesci d’acquario, soprattutto da parte di quelle aziende la cui<br />

ricerca deriva dal settore acquacoltura. In altre parole si aggiungono più grassi per risparmiare<br />

l’utilizzo delle proteine che costano di più, questo con la finalità di un migliore sfruttamento della<br />

razione alimentare ed un più elevato incremento carneo delle specie ittiche allevate. I lipidi: i grassi<br />

rappresentano un importante fattore nell’alimentazione dei pesci ornamentali, poiché costituiscono<br />

la fonte energetica subito utilizzabile o accumulabile in appositi siti corporei. A seconda della<br />

lunghezza della catena distinguiamo acidi grassi a catena corta ed a catena lunga. Gli acidi grassi<br />

che possiedono uno o più doppi legami (etilenici), conferiscono una particolare reattività e vengono<br />

denominati insaturi o polinsaturi ( P.U.F.A. ). Ogni tipo di grasso possiede un proprio punto di<br />

fusione (passaggio dallo stato solido a quello li<strong>qui</strong>do), per cui differenziamo grassi ad alto punto di<br />

fusione (solidi alla temperatura ambiente) e grassi a basso punto di fusione (restano li<strong>qui</strong>di anche a<br />

basse temperature). Più è basso il punto di fusione, migliore è l’utilizzo del grasso: i più importanti<br />

sono l’acido oleico (C18:1W9), l’ac. linoleico (C18:2W6), l’ac. linolenico (C18:3W8) e l’ac.<br />

arachidonico (C20: 4W6). Si tratta di acidi grassi che sono tutti li<strong>qui</strong>di a temperatura ambiente<br />

(basso punto di fusione). La digeribilità degli acidi grassi diminuisce con l’allungamento della<br />

catena e, a parità di lunghezza, l’assorbimento intestinale aumenta con il grado di insaturazione. Ac.<br />

Grassi essenziali: i pesci non possiedono un corredo enzimatico idoneo a modificare i grassi che<br />

ingeriscono, per cui è necessario somministrare con la dieta alcuni acidi grassi mono o polinsaturi<br />

22


della serie C18, C20 e C22, poichè risultano indispensabili alle funzioni vitali degli ospiti<br />

dell’acquario e, per questa ragione, vengono chiamati acidi grassi essenziali. I fabbisogni di acidi<br />

grassi essenziali differiscono da specie a specie ed in generale si osserva che i pesci d’acqua dolce<br />

richiedono l’Ac. Linoleico o l’Ac. Linolenico o entrambi, mentre quelli marini l’EPA e/o il DHA.<br />

La qualità di un mangime si valuta, dunque, dalla presenza abbondante di acidi grassi essenziali di<br />

facile digeribilità e soprattutto non ossidati. Contenuto di grassi nei mangimi: i mangimi<br />

appositamente formulati per i pesci d’acquario contengono dal 2,8% al 9% di grassi, la differenza è<br />

giustificata dalla destinazione del mangime. Gli avannotti, ad esempio, necessitano di tenori<br />

analitici dei grassi più elevati, minori quantità di grasso necessitano invece i pesci da fondo, i pesci<br />

vegetariani, quelli da laghetto ed i pesci specificatamente carnivori: la maggioranza, <strong>qui</strong>ndi, dei<br />

pesci allevati in acquario. Stesso mangime x pesci da reddito e pesci d’acquario ? Non dobbiamo<br />

confondere le esigenze energetiche ed alimentari dei pesci d’acquario con quelle dei pesci da<br />

reddito, prodotti per l’alimentazione umana, dove l’indice di conversione dei mangimi in carne<br />

risulta essere il parametro guida nella formulazione delle diete animali. In acquario l’attività<br />

motoria è modesta, la velocità di accrescimento è un parametro non richiesto, la temperatura è<br />

garantita dal termostato che riduce i dispendi di energia; i nostri beniamini sono accuditi per poter<br />

essere allevati a lungo in acquario, i loro tempi di accrescimento non scadono con la macellazione<br />

dopo alcuni mesi di vita. Utilizzando mangimi destinati ai pesci da reddito o alimenti troppo ricchi<br />

di lipidi, i pesci d’acquario accumulano progressivamente grassi, tendendo a diventare obesi<br />

compromettendo così la corretta funzionalità di svariati organi. “Mangime buono da morire” Per i<br />

pesci d’acquario e per i rettili si devono utilizzare ac. grassi con basso punto di fusione per evitare<br />

che, variando la temperatura, i depositi di grasso diventino solidi. Gli animali a sangue caldo<br />

immagazzinano acidi grassi ad alto punto di fusione, che i pesci non possono utilizzare e che <strong>qui</strong>ndi,<br />

si depositano nel fegato di questi ultimi. Mangimi formulati con grassi contenuti nelle carni di<br />

animali a sangue caldo e/o irranciditi, sono dannosi per i pesci poiché causano degenerazione grassa<br />

e ceroide al fegato. I grassi che derivano dalle carni degli animali a sangue caldo hanno un elevato<br />

punto di fusione, quelli che derivano dal pesce azzurro, contengono, invece, grassi a basso punto<br />

di fusione. A differenza degli animali a sangue caldo, i pesci ed i rettili devono utilizzare solo grassi<br />

a basso punto di fusione. Errori dietetici o cattive abitudini alimentari, come la somministrazione di<br />

carni derivate da animali a sangue caldo e l’eccesso proteico, sono le più frequenti cause di<br />

malessere dei pesci d’acquario e delle tartarughe. Principali cause di patologie nutrizionali:<br />

alimentazione carente come quantità, ma soprattutto come qualità (aminoacidi e acidi grassi<br />

essenziali, vitamine, minerali); errori nella conservazione del mangime (ossidazione lipidi, perdita<br />

vitamine); presenza di fattori antinutrizionali nella dieta; sovralimentazione proteica e lipidica.<br />

Sintomatologia di una alimentazione inadeguata: spesso si tratta di patologie ad andamento cronico<br />

con crescita rallentata e nanismo: inappetenza, appetito capriccioso, letargia, esoftalmo, aumento<br />

dell’incidenza di malattie infettive per minore risposta immunitaria, turbe nel comportamento,<br />

lesioni delle mucose. Il quadro anatomo-patologico mostra steatosi epatica, degenerazione lipoidea<br />

(ceroide) del fegato, versamenti addominali (ascite), anemia, iperplasia del tessuto adiposo con<br />

atrofia degli organi, occlusione intestinale, enterite con presenza di essudato catarrale nel tratto<br />

gastro-enterico che porta a diarrea mucosa biancastra. Riduzione dell’attività riproduttiva, con<br />

mancata trasmissione al sacco vitellino di nutrizionali essenziali: problemi idrostatici nelle larve<br />

(non si alzano dal fondo).<br />

23


Bibliografia:<br />

Bibliografia disponibile presso l’autore.<br />

24

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