Pagine Moncalvesi - Anno VII - n. 12, gennaio 2002 - Provincia di Asti

PAGINE MONCALVESI 

Bollettino della Biblioteca civica “Franco Montanari” di Moncalvo – Asti 

Anno VII – n. 12, gennaio 2002 

Supplemento a “Il Platano”, Rivista di Cultura astigiana 

SOMMARIO 

Ai Collaboratori. .....………………………………………….. 3 

Arturo Marcheggiano 

La protezione delle dimore storiche in tempo di guerra (seconda 

parte) …………………………………………...… 7 

Alessandro Allemano 

La disgrazia di perdere una chiave……………………… 11 

Corrado Camandone 

Calendario d’arte ……………………………………….. 15 

Angela Biedermann 

Dinanzi al calendario 2001 di Mario Pavese ………….... 18 

Paolo Cavallo 

La musica nella chiesa di San Grato in Penango fra ‘800 e 

‘900: figure, strumenti, documenti …………………..… 19 


Vitalismo implicito: lineamenti di una filosofia della vita 

(terza parte) ....…………………………………………... 32 

Curiosità 

Tunnel si, tunnel no? (Le proposte di don Bolla) ………. 35 

Riletture 

Arriva il cinematografo (Cesare Vincobrio riletto da Corrado 

Camandone) …………………………………………. 36 

Notizie e libri giunti .....………………………………... 38

Ai sensi della legge 675/96, “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento 

di dati personali” (legge sulla privacy), chiunque NON desideri che il proprio nome 

compaia tra gli aderenti a questo Bollettino potrà comunicarlo per iscritto alla redazione. 

Chi non esegue alcuna comunicazione in tal senso, si intenderà consenziente. Si 

garantisce inoltre la riservatezza dell’indirizzario completo, cui si potrà attingere per formulare 

inviti a manifestazioni di carattere esclusivamente culturale. Tali dati non saranno 

comunque trasmessi a terzi. 

In copertina 

La piazza del Mercato (dal 1907, piazza Garibaldi) con baracconi e banchi allestiti per la 

fiera patronale di Sant’Antonino. 

La fotografia, risalente all’inizio del secolo XX, appartiene alla collezione Rosinganna del 

fondo fotografico Verdelli - Parva Lux; si ringrazia la maestra Paola Bertone Bianco per 

la gentile concessione alla Biblioteca civica.

“Il leggere rende un uomo completo; 

il parlare lo rende pronto; lo scrivere lo rende preciso” 

Francis Bacon (1561 - 1626) “Essays”, 50, Of studies 

AI COLLABORATORI 

Il “Bollettino” è giunto al suo settimo anno di vita e al dodicesimo numero: oltre a fare gli 

auguri di buon anno ai sempre più numerosi Lettori, riproponiamo le norme di collaborazione 

già pubblicate sul precedente numero. 

1) La collaborazione al semestrale “Pagine Moncalvesi” è gratuita: i Collaboratori potranno, 

su richiesta e senza spesa, ottenere alcune copie della rivista, secondo disponibilità. 

2) Si accettano di preferenza articoli che abbiano attinenza con la storia locale monferrina. 

3) A giudizio insindacabile della redazione, potranno essere pubblicati anche interventi 

che trattino più in generale temi legati alla diffusione della cultura in tutti gli ambiti 

della vita sociale. 

4) Adeguandosi alle direttive di gestione della Biblioteca civica di Moncalvo, ogni numero 

della rivista pubblicherà un articolo riguardante la protezione dei beni culturali nelle 

più svariate circostanze (nei conflitti armati, nelle calamità naturali, in caso di furto, 

etc.). 

5) La redazione, pur apprezzando e caldeggiando la collaborazione di tutti quanti fossero 

interessati, si riserva, a suo insindacabile giudizio, di scegliere gli interventi da 

pubblicare su ciascun numero del bollettino, tenuto conto dello spazio disponibile e 

della necessaria varietà di argomenti da trattare. 

6) Il contenuto degli articoli rispecchiano esclusivamente l’opinione dei rispettivi autori. 

7) Sarà particolarmente gradita la fornitura degli articoli su supporto magnetico (dischetto), 

con memorizzazione in formato “solo testo” oppure in formato WORD per 

Windows. 

8) Ciascun Collaboratore potrà fornire anche un certo numero di immagini da inserire a 

corredo dello scritto; in caso contrario, l’articolo sarà illustrato a cura della redazione. 

Con ciò terminiamo, ed auguriamo a tutti una piacevole lettura. 

Alessandro Allemano Antonio Barbato 

Presidente della Biblioteca Direttore della Biblioteca 

3

ADESIONI AL BOLLETTINO “PAGINE MONCALVESI” 

Elenco aggiornato al 31 dicembre 2001 

Aldo di Ricaldone – Ottiglio (AL) 

Giuseppe Alessio – Montemagno (AT) 

Carlo Aletto – Rosignano Monf. (AL) 

Rita Allara – Grazzano B. (AT) 

Gaetano Amante – Penango (AT) 

Irene Amarotto – Genova 

Rosanna Amerio - Grazzano Badoglio (AT) 

Antonino Angelino – Casale Monf. (AL) 

Rosalba Ansaldi – Moncalvo (AT) 

Giovanni Ardizzone – Moncalvo (AT) 

Associazione culturale “Aquesana” – Acqui Terme 

(AL) 

Archivio storico diocesano – Casale Monf. (AL) 

Giuseppe Arrobbio - Grana (AT) 

Associazione Casalese Arte e Storia – Casale Monf. 

(AL) 

Associazione nazionale Combattenti e Reduci – Moncalvo 

(AT) 

Cristina Bacco - Moncalvo (AT) 

Stefano Baldi - Torino 

Enrica Baralis Coppa - Moncalvo (AT) 

Roberto Barberis – San Salvatore Monf. (AL) 

Amilcare Barbero – Ponzano (AL) 

Simona Bargero – Moncalvo (AT) 

Clelia Beccaris – Moncalvo (AT) 

Stefano Beccaris – Moncalvo (AT) 

Adriana Bechis Piacenza – Torino 

Ezio Belforte – Torino 

Cinzia Bendanti – Imola (BO) 

Clara Bergamin - Montechiaro (AT) 

Alberto Berliat - Penango (AT) 

Cesare Berruti – Calliano (AT) 

Gianni Berta – Alessandria 

Mario Bertana – Moncalvo (AT) 

Ugo Bertana – Castelletto Merli (AL) 

Clara Besso – Moncalvo (AT) 

Claudio Bestente - Moncalvo (AT) 

Daria Bianco - Moncalvo (AT) 

Paola Bianco - Moncalvo (AT) 

Biblioteca civica “G. Canna” – Casale Monf. (AL) 

Biblioteca civica – Moncucco Torinese (AT) 

Biblioteca comunale – Calamandrana (AT) 

Biblioteca comunale – Calliano (AT) 

Biblioteca comunale – Castelletto Merli (AL) 

Biblioteca comunale – Grazzano Badoglio (AT) 

Biblioteca del Seminario vescovile – Asti 

Biblioteca del Seminario vescovile – Casale Monf. 

(AL) 

Biblioteca nazionale centrale – Firenze 

Biblioteca storica della Provincia di Torino – Torino 

Biblioteche civiche e Raccolte storiche – Torino 

Angela Biedermann – Andora (SV) 

Anna Maria Biginelli - Moncalvo (AT) 

Raimondo Biglione di Viarigi – Brescia 

Alessandro Biletta - Moncalvo (AT) 

Fernando Biletta - Milano 

Guido Boano – Moncalvo (AT) 

Ida Boggio - Moncalvo (AT) 

Alfio Bonelli – Calliano (AT) 

Maria Bonzano Strona – Asti 

4 

Alberto Borghini – Massa 

Fernanda Borio - Milano 

Elio Botto - Casale Monf. (AL) 

Mauro Bosco – Casale Monf. (AL) 

Pier Giuseppe Bosco - Montalero (AL) 

Enrichetta Bosia – Torino 

Vittorio Brandi - Asti 

Francesco Brignoglio - Moncalvo (AT) 

Armando Brignolo – Asti 

Ermanno Briola - Asti 

Francesco Broda - Moncalvo 

Luigi Broda – Asti 

Luisa Brovero – Casale Monf. (AL) 

Franco Buano – Moncalvo (AT) 

Maria Pia Buronzo - Torino 

Domenico Bussi – Asti 

Luigi Caligaris – Roma 

Corrado Camandone – Andora (SV) 

Marcello Cambiaso – Moncalvo (AT) 

Felice Camerano – Moncalvo (AT) 

Marco Canepa – Alessandria 

Maria Capra - Moncalvo (AT) 

Pierina Capra - Moncalvo (AT) 

Gaia Caramellino – Torino 

Giancarlo Caramellino - Odalengo Piccolo (AL) 

Massimo Carcione – Asti 

Vittorio Giovanni Cardinali – Torino 

Dina Cariola – Moncalvo (AT) 

Mario Casalone - Torino 

don Gian Paolo Cassano – Occimiano (AL) 

Ugo Cassina - Moncalvo (AT) 

Luigi Castagnone - Moncalvo (AT) 

Maria Castellano – Torino 

Alba Cattaneo – Casale Monf. (AL) 

Carlo Cavalla - Villafranca d’Asti (AT) 

Giuseppe Cavalli - Beinasco (TO) 

Angela Cavallito – Moncalvo (AT) 

Paolo Cavallo – Pinerolo (TO) 

Luigi Cavallotto – Moncalvo (AT) 

Carla Cavanna Broda – Moncalvo (AT) 

Luciano Cecca - Moncalvo (AT) 

Centro Studi Piemontesi – Torino 

Centro UNESCO di Firenze – Firenze 

Centro UNESCO di Torino – Torino 

Mario Cerrano - Moncalvo (AT) 

Annalisa Cerruti – Moncalvo (AT) 

don Claudio Cipriani – Casale Monf. (AL) 

Clara Cisi - Alfiano Natta (AL) 

Maria Clerici – Pino Torinese (TO) 

Comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri – Asti 

Comando Stazione Carabinieri – Moncalvo (AT) 

Commissione nazionale della CRI per la Diffusione 

del Diritto Internazionale Umanitario – Roma 

Consorzio per la gestione della Biblioteca Astense – 

Asti 

Carla Coppo Sorba - Moncalvo (AT) 

Giuseppe Coppo - Casorzo (AT) 

Giuseppe Coppo – Moncalvo (AT) 

Enrico Corzino – Moncalvo (AT)

Giuseppe Cova – Alessandria 

Luigi Cravino - Frassinello Monf. (AL) 

Maria Eleonora Cravino – Torino 

Mario Cravino – Casale Monf. (AL) 

Graziella Crosetto - Arese (MI) 

Elisabetta Cuniberti - Torino 

Piergiuseppe Cuniberti – Calliano (AT) 

suor Elsa Cuppini – Torino 

Franca Dagnino - Genova Sestri Ponente 

Santina Dattrino - Sanremo (IM) 

Carlo Debernardi - Moncalvo (AT) 

Patrizia Debernardi - Moncalvo (AT) 

Armando De Coppi – Milano 

Carlotta Della Sala Spada Lombardi – Quattordio 

(AL) 

Maria Cristina Della Sala Spada - Asti 

Aldo Demaria - Asti 

Direzione didattica – Moncalvo (AT) 

Antonio Dogliani – Bra (CN) 

Marco Dolermo – Acqui Terme (AL) 

Elèna Dolino – Torino 

Diana Donna - Moncalvo (AT) 

Nadia Durante - Ponzano (AL) 

Gigi Efisio - Casale Monf. (AL) 

Emeroteca Storica Italiana – Verona 

Tino Evaso – Casale Monf. (AL) 

don Cesare Falaguerra - Calliano (AT) 

Aldo Fara - Moncalvo (AT) 

Cesare Fara – Sanremo (IM) 

Giovanni Fara – Torino 

Luca Farotto - Moncalvo (AT) 

Gianpaolo Fassino - Moncucco Torinese (AT) 

Franco Fassio – Moncalvo (AT) 

Romano Fea - Torino 

don Vincenzo Ferraris - Grazzano Badoglio (AT) 

Giovanna Ferraro - Moncalvo (AT) 

Marco Ferrero – Vicenza 

Ornella Fino – Asti 

Gennaro Fiscariello - Napoli 

Alessandro Fisso - Torino 

Fondazione San Vincenzo - Mirabello Monf. (AL) 

Lorenzo Fornaca – Asti 

Renzo Fracchia – Casale Monf. (AL) 

Giuseppe Franco - Penango (AT) 

Marta Franzoso – Asti 

Iraide Gabiano - Moncalvo (AT) 

Carla Galetto Broglia - S. Marcherita Ligure (GE) 

Bruna Gallone Cavanna - Pontestura (AL) 

Bruno Gallo – Buenos Ayres (Argentina) 

Ugo Gallo – Casale Monf. (AL) 

Francesca Gamba – Moncalvo (AT) 

Fiorenzo Gambino – Monale (AT) 

Marisa Garino Perissinotto - Moncalvo (AT) 

Maria Teresa Gavazza - Quargnento (AL) 

Renato Gendre – Villafranca (AT) 

Carlo Francesco Genta – Asti 

Cleto Girino – Torino 

Mario Andrea Gerbi – Roma 

Fiorenza Gherlone – Revigliasco (AT) 

Rosanna Gherlone – Moncalvo (AT) 

Luigi Ghezzi - Vercelli 

Bruno Giordano - Moncalvo (AT) 

Giorgio Gonella - Moncalvo (AT) 

Teresio Gonella - Moncalvo (AT) 

5 

Vittorio Graziano – Ponzano (AL) 

Stefano Grillo – Casale Monf. (AL) 

Walter Haberstumpf – Torino 

Josette Hallet – Limal (Belgio) 

Marco Illengo – Serralunga di Crea (AL) 

Michele Isacco – Trino (VC) 

Istituto Internazionale di Diritto Umanitario – Sanremo 

(IM) 

Pietro La Barbiera “Labar” - Villadeati (AL) 

Maria Rita Laio Cerruti - Moncalvo (AT) 

Claudio Lamberti Corbella - Moncalvo (AT) 

Angela Laurella - Torino 

Roberto Laurella - Moncalvo (AT) 

Silvio Lavagnino – Asti 

Emma Lazzarini Delponte - Alessandria 

Carlo Leoncini – Casale Monf. (AL) 

Giancarlo Libert – Torino 

Liceo Ginnasio “V. Alfieri” – Asti 

Elisa Ludergnani Magnani - Moncalvo (AT) 

Alberto Lupano - Torino 

Americo Luparia – Moncalvo (AT) 

Giovanni Macagno – Asti 

Lorenzo Magrassi – Mombello (AL) 

Giampiero Maio – Moncalvo (AT) 

Teresio Malpassuto – Casale Monf. (AL) 

Giuseppe Mantelli – Casale Monf. (AL) 

Arturo Marcheggiano – Pitigliano (GR) 

Carlo Antonio Marchesi - Milano 

Giuseppandrea Martinetti – Moncalvo (AT) 

Aldo Marzano – Moncalvo (AT) 

Rita Marzano – Moncalvo (AT) 

Rita Marzola - Moncalvo (AT) 

Marco Massaglia – Moncalvo (AT) 

Giorgio Massola – Casale Monf. (AL) 

Alfredo Matuonto – Milano 

Ferruccio Mazzariol – Treviso 

Oreste Mazzucco – Torino 

Roberto Mercuri – Viterbo 

Rinaldo Merlone – Piobesi (TO) 

Giovanni Minoglio Chionio – Torino 

Olga Miravalle - Moncalvo (AT) 

Aldo Alessandro Mola – Torre San Giorgio (CN) 

Renzo Mombellardo - Moncalvo (AT) 

Roberto Mombellardo – Moncalvo (AT) 

Elda Mongardi – Imola (BO) 

Nancy Montanari - Palermo 

Wendy Montanari - Alexandria, Va. - U.S.A. 

Orazia Montiglio – Moncalvo (AT) 

Paola Monzeglio - Grazzano Badoglio (AT) 

Luigina Morando Cavallo - Grana (AT) 

Marco Morra – Asti 

Mirella Mortarotti - Moncalvo (AT) 

Lyda Mosca – Asti 

Pier Luigi Muggiati – Casale Monf. (AL) 

Olimpio Musso - Colle Val d’Elsa (SI) 

Angelo Muzio – Casale Monf. (AL) 

Giovanni Navazzotti – Villanova Monf. (AL) 

Gino Nebiolo – Roma 

Ignazio Nebiolo - Asti 

Vincenzo Nebiolo – Asti 

Donatella Nebiolo Sacco – Asti 

Pierina Nicolini - Mombello Monf. (AL) 

Livia Novelli – Borgo San Martino (AL) 

Nevilda Oddone - Grana (AT)

Giuseppe Opezzo – Omegna (VB) 

Oscar Ottone – Moncalvo 

Monica Parola – Portacomaro (AT) 

Parrocchia di S. Antonio di Padova – Moncalvo (AT) 

Parrocchia del S. Nome di Maria – Calliano (AT) 

Vittorio Pasteris - Moncalvo (AT) 

Mario Pavese – Torino 

Renato Peirone – Penango (AT) 

Fratelli Pelazza – Milano 

Romolo Penacca – Casale Monf. (AL) 

Marcello Peola - Castellero (AT) 

Marcella Perotti - Quattordio (AL) 

Franco Piacenza – Torino 

Gino Piacenza – Torino 

Giulia Piacenza Amerio – Torino 

Alfredo Poli – Calliano (AT) 

Studio Poli - Sanremo (IM) 

Francesco Porcellana – Asti 

Pontificio Consiglio per la Cultura – Città del Vaticano 

Anna Prato Sarzano - Torino 

Rodolfo Prosio – Asti 

Carlo Prosperi – Acqui Terme (AL) 

Luciana Rabbezzana - Torino 

Achille Raimondo – Moncalvo (AT) 

don Severino Ramello – Agliano Terme (AT) 

Gian Luigi Rapetti Bovio Della Torre – Strevi (AL) 

Alice Raviola – Asti 

Carlo Raviola – Asti 

Pierantonia Raviola - Moncalvo (AT) 

Giovanni Rebora – Acqui Terme (AL) 

Giuseppina Redoglia Sarzano - Moncalvo (AT) 

Piera Redoglia – Grazzano Badoglio (AT) 

Pia Re Ombra – Casale Monf. (AL) 

don Francesco Ricossa – Verrua Savoia (TO) 

Alberto Rissone – Asti 

Graziella Riviera - Torino 

Luigi Rizzo – Lecce 

Mario Andrea Rocco – Castell’Alfero (AT) 

Dionigi Roggero – Casale Monf. (AL) 

Giovanni Roggero – Asti 

Rubèn Darío Romani Ferreira – Mendoza (Argentina) 

Riccardo Romano – Venezia Lido 

Giuseppe Rosina – Moncalvo (AT) 

Enrica Rossetti Rampi - Alessandria 

Antonio Rossi - Torino 

Renato Rossi – Moncalvo (AT) 

Giuliana Rota - Grana (AT) 

Learco Sandi – Milano 

Paolo Santoro – Firenze 

Raffaele Santoro – Roma 

Laura Santoro Ragaini – Milano 

Claudio Saporetti – Roma 

Mariella Sarzano – Vinchio (AT) 

6 

Simonetta Satragni Petruzzi - Torino 

Silvia Save Ferrari – Fubine (AL) 

Romano Scagliola - Neive (CN) 

Giovanni Scaiola – Moncalvo (AT) 

Massimo Scaglione – Torino 

Mariangela Scarsi Barberis – Moncalvo (AT) 

Scuola elementare “Ten. Riva” – Montemagno (AT) 

Scuola media statale “G. Capello” – Moncalvo (AT) 

“Segusium” - Società di ricerche e studi valsusini - 

Susa (TO) 

Carlo Serra – Moncalvo (AT) 

Elisabetta Serra – Torino 

Mirella Simoni Locatelli - Piacenza 

Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti – Torino 

Fernando Sorisio – Asti 

Roberto Sorisio - Asti 

Sovrintendenza archivistica – Torino 

Sovrintendenza ai beni artistici e storici - Torino 

Emilio Spallicci – Alessandria 

Giuseppe Spina – Treville (AL) 

Maria Spinoglio – Moncalvo (AT) 

Angela Strona – Moncalvo (AT) 

Vincenzo Strona – Moncalvo (AT) 

Studio Poli - Sanremo (IM) 

Giorgio Tacchini - Vercelli 

Marco Tappa - Moncalvo (AT) 

Giuseppe Tardito – Moncalvo (AT) 

Mario Testa – Torino 

“Tridinum” – Società per l’Archeologia, la Storia e le 

Belle Arti – Trino (VC) 

Pierluigi Truffa – Gabiano (AL) 

Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito – Roma 

UTEA (Università Terza Età) – Asti 

Francesco Vaglio- Givoletto (TO) 

Giuseppe Vaglio – Torino 

Anna Varvelli – Castelletto Merli (AL) 

Laura Venesio – Moncalvo (AT) 

Elena Verrua – Moncalvo (AT) 

Alberto Verdelli – Moncalvo (AT) 

Sergio Vidinich – Genova 

Aldo Vigna - Asti 

Mario Villata - Torino 

“Villaviva” – Società culturale – Villanova Monf. 

(AL) 

Anna Visca Martinotti – Moncalvo (AT) 

Luisa Volta – Moncalvo (AT) 

Franco Zampicinini – Cocconato (AT) 

Giuseppe Zanello – Penango (AT) 

Igor Zanzottera – Alessandria 

Domenico Zoccola – Lecco 

Mario Zonca – Moncalvo (AT) 

Carlo Zucchelli - Milano

Arturo Marcheggiano 

LA PROTEZIONE DELLE DIMORE STORICHE IN TEMPO DI GUERRA 

(seconda parte) 

(La prima parte dell’intervento è stata pubblicata 

sul n. 11 - luglio 2001) 

5. LA SOCIETÀ ITALIANA PER 

LA PROTEZIONE DEI BENI 

CULTURALI E LA “LEGA” 

INTERNAZIONALE DELLE SOCIETA’ 

NAZIONALI 

La Società Italiana per la Protezione dei Beni 

Culturali in tempo di guerra (SIFPBC) è nata 

nel 1996 e, in un certo senso, ha raccolto 

l’eredità in fatto di beni culturali dell’Istituto 

Internazionale di Diritto Umanitario di Sanremo 

(Commissione beni Culturali retta dal 

Prof. Giuseppe Costantino Dragan), che della 

SIPBC è socio e mecenate. La Società italiana 

ha sede presso l’Istituto e come tutte le altre 

Società nazionali ha lo scopo di concorrere 

alla diffusione della Convenzione del 1954 

(e sue successive modificazioni, compreso il 

Protocollo del 1999) tra gli attori della Convenzione 

stessa, cioè le autorità militari e civili 

che operino in territorio occupato dalle 

Forze Armate italiane, anche se l’Italia spera 

di non dover mai più gestire un “territorio 

occupato”. Il Protocollo del 1999, tra l’altro 

non ancora ratificato dall’Italia, ma già applicato 

dalle sue Forze Armate in missione di 

pace all’estero, per disposizione del Capo di 

Stato Maggiore della Difesa, consentirebbe 

di estendere la validità della Convenzione 

dell’Aja anche ai grandi disastri naturali, che 

si presentassero in ogni tempo, dettando le 

norme (segnatamente variato l’elenco) dei 

beni culturali sotto protezione speciale, i cui 

dettati erano farraginosi e di difficile applicazione 

nella precedente stesura della Convenzione. 

Vi sono anche altri scopi non esplicitati, 

quale quello di costituire elemento di pressione, 

nel caso che l’Italia fosse non completamente 

adempiente agli impegni liberamente 

assunti in ambito internazionale con la preparazione 

delle Forze Armate o nel campo 

7 

delle predisposizioni tipiche del tempo di pace. 

La SIBPC non è una società qualunque, anche 

in campo europeo è una società altamente 

selezionata, composta di ordinari universitari 

di Diritto Internazionale e di materie diverse, 

da tecnici militari di Diritto Umanitario, 

da Comandanti o membri di contingenti 

di pace che hanno operato all’estero, da diffusori 

di Diritto Umanitario delle Forze Armate, 

della Croce Rossa Italiana e del Sovrano 

Militare Ordine di Malta e da consiglieri 

giuridici in materia di Diritto Umanitario, 

formati secondo i dettati dell’art. 82 del Primo 

Protocollo Aggiuntivo di Ginevra. È intenzione 

della SIPBC di dare vita ed impulso 

ad una organizzazione che deve nascere di 

“scudo blu” italiano e a questo titolo saranno 

presi dei contatti con la Croce Rossa italiana, 

di cui l’organizzazione relativa alla diffusione 

del diritto umanitario, oltre naturalmente a 

noi e nell’ignavia delle autorità competenti, 

assicura la diffusione della Convenzione del 

1954 tra la popolazione civile, e l’ICOM italiana 

(il Concilio internazionale dei Musei). 

Le altre società mondiali sono tutte europee: 

quella svizzera (Società Svizzera per la Protezioni 

del Beni Culturali — SSPBC) ha più 

di trent’anni; quella austriaca (Österreichische 

Gesellschaft für Kulturgüterschutz) ha 

compiuto recentemente vent’anni; le società 

tedesche (due: Germania dell’Ovest, subito 

copiata dalla Germania dell’Est, l’una ad impostazione 

prevalentemente militare, l’altra 

prevalentemente accademica) hanno già più 

di dieci anni (e quasi un decennio ci è voluto 

per la riunificazione: le due società sono oggi 

riunite nella Deutsche Gesellschaft für Kulturgutschutz 

e. V.). Sono più recenti la società 

rumena e la società spagnola e stanno per 

nascere una società francese, una greca ed 

una portoghese, mentre sembrano interessati 

al lavoro comune gli osservatori olandesi, 

sloveni e, in genere, dei paesi della 

NATO.

Le società nazionali sorelle (hanno anche uno 

statuto analogo, mutuato, con le particolarità 

nazionali, dalla società svizzera), su iniziativa 

comune, a Friburgo nel 1996, hanno dato 

vita ad una “Lega Internazionale”, che è ancora 

molto giovane per dare dei frutti e che, 

risentendo delle diverse filosofie e delle diverse 

delle società nazionali, sta cercando da 

una parte di dare vita ad un progetto comune 

e, dall’altra, di diventare “consulente” 

dell’UNESCO sulla fattibilità delle regole 

della guerra come lo era la Commissione Beni 

Culturali dell’istituto Internazionale di Diritto 

Umanitario di Sanremo. 

6. GLI OBIETTIVI DELLA “LEGA” 

Gli obiettivi prioritari della “Lega” sono 

quelli di diffondere i tutti gli Stati i dettati, 

cioè le “regole” della guerra nei conflitti armati 

internazionali, di applicare possibilmente 

tali “regole” nei conflitti interni (conflitti 

non internazionali), di armonizzare, se possibile, 

le politiche nazionali nei confronti della 

Convenzione dell’Aja e di attuare possibilmente 

degli obiettivi comuni e dei progetti 

comuni, che siano finanziati se possibile dalla 

Comunità Europea, almeno per quei paesi 

che ne fanno parte. 

Allo stato attuale c’è da notare che la “Lega” 

è ancora troppo giovane e che è poco incisiva 

anche sul piano internazionale, perché le varie 

società nazionali sono diversamente sostenute 

ed aiutate dagli organi istituzionali di 

ciascuno Stato (Presidenza del Consiglio dei 

Ministri, Ministero della Difesa, Ministero 

dei Beni Culturali, Ministero della Pubblica 

istruzione e dell’Università, Ministero 

dell’Interno, organizzazioni di protezione civile, 

organizzazioni di Croce Rossa, ecc.). I 

conseguenti progetti comuni presentati risentono 

troppo delle diverse filosofie delle società 

nazionali (prevalentemente civile, accademica 

e pacifista quella tedesca; civile e militare 

quella austriaca, con una Costituzione 

di neutralità; prevalentemente militare quelle 

italiana e svizzera, pur non essendovi possibilità 

di un comune finanziamento) anche se 

non escludono che si possa arrivare a progetti 

8 

sostanzialmente identici, presentati da almeno 

cinque Nazioni. 

In ogni caso sembra che un finanziamento 

comunitario debba essere appoggiato ad un 

ente della Difesa o a una facoltà universitaria 

piuttosto che non ad una società nazionale 

per le ovvie diverse capacità amministrative 

istituzionali. 

7. LA POSIZIONE DELLA SOCIETÀ 

ITALIANA ED IL PROGETTO 

NAZIONALE 

La Società italiana intanto constata che la 

Convenzione internazionale del 1954 riguarda 

essenzialmente la guerra, ed i conflitti internazionali, 

che erano il prevedibile sviluppo 

strategico (quando la strategia riguardava 

un mondo essenzialmente bipolare, con i due 

blocchi contrapposti, e la grande probabilità 

dei conflitti era solo quella dei “conflitti internazionali”). 

Il Protocollo 2 dell’Aja del 1999 consentirebbe 

di allargare ai grandi disastri naturali 

l’impiego della Convenzione, ma non è ancora 

stato ratificato dai vari paesi, e poi a noi 

sembra che sia maggiormente riferibile alle 

Forze Armate, che operino in un paese straniero 

e amico, o come aliquota di un contingente 

multinazionale di pace, o per concorrere 

a dare un aiuto in caso di grande catastrofe 

naturale, in cui sia chiaro che gli uomini ed i 

mezzi del Ministero dell’Interno o della Protezione 

Civile o dei bene culturali non abbiano 

possibilità di farcela da soli. 

In pratica si tratta di interventi fuori area delle 

Forze Armate, o di interventi interni, in caso 

di gravi calamità naturali. In sostanza, si 

tratta di imballare e trasportare sugli autocarri 

militari, da parte di una minima aliquota 

del contingente o del reparto, specializzata, i 

beni culturali lesionati o in parte distrutti, 

dove i tecnici civili della Soprintendenza li 

restaureranno e li sistemeranno definitivamente 

dove vorranno, o dove erano o in un 

museo. 

Si tratta quindi di formare dei tecnici militari 

sia per la salvaguardia sul posto (guardia armata), 

sia per l’imballaggio ed il trasporto 

dei beni culturali là dove dice il comando del

contingente, se si opera all’estero, o dove dicono 

i tecnici civili del restauro, se si opera 

in patria. 

Il progetto italiano (in bozza), da eventualmente 

studiare in comune con le altre società 

analoghe, è stato consegnato al Comandante 

della Scuola Sottufficiali di Viterbo, e sarebbe 

il seguente: 

CARATTERISTICHE DEL 

PROGETTO: misto (un Ente della Difesa 

ed una Università. L’Ente della Difesa darebbe 

solo gli input, come nel caso degli armamenti 

— caratteristiche tecniche). La 

SIPBC sarebbe disposta a collaborare gratuitamente 

con la Facoltà universitaria, qualora 

non fosse disponibile il docente di diritto internazionale. 

SCOPO: formare gli specialisti militari 

ai più bassi livelli (Comandanti di squadra e 

di plotone PBC — a livello Brigata, da impiegare 

sempre nelle missioni di pace — sarebbe 

dato in rinforzo al reggimento o battaglione. 

Qualora il contingente nazionale fosse 

di livello inferiore alla Brigata - e nei disastri 

o pubbliche grandi calamità) per la movimentazione 

eventuale — recupero, imballaggio, 

carico e scarico, trasporto normale o 

sotto protezione - dei Beni Culturali lesionati 

dalla guerra o dalle pubbliche grandi calamità, 

dove sarà indicato dal Comando del contingente 

all’estero o dal Ministero dei Beni 

Culturali in Italia, per la concentrazione o il 

restauro 

INTERESSE: interministeriale 

PARTECIPANTI: Ufficiali subalterni e 

Sottufficiali (destinati a comandare il plotone 

e ad assicurare una lunga permanenza nel 

grado e nell‘incarico) delle Forze Armate 

(Carabinieri, Esercito, Marina, Aeronautica, 

Guardia di Finanza). 

ENTE PILOTA: Scuola Sottufficiali 

dell’Esercito di Viterbo (potrebbe tra l’altro 

appoggiare e seguire i pochi frequentatori), 

che piloterebbe la Facoltà di Beni Culturali a 

cui darebbe gli input relativi al prodotto finito 

che si vuole (Università della Tuscia — 

Facoltà di Beni Culturali: sarebbe una Facol- 

9 

tà non sovraffollata, la più antica d’Italia e 

sarebbe anche vicina al Centro per i relativi 

controlli) 

PROGRAMMA: concordato, della durata 

sperimentale di 1-2 settimane (pari a quella 

dei Consiglieri Giuridici in materia di Diritto 

Umanitario) 

FINANZIAMENTO: nazionale: costerebbe 

poco! Dovrebbe essere finanziato in 

parte dal Ministero della Difesa in accordo 

con il Ministero dei Beni Culturali, 

dell’Interno, degli Esteri e della Protezione 

Civile. 

Rimane da esplorare la possibilità di un finanziamento 

fisso comunitario (Comunità 

Europea). 

DURATA: 1-2 settimane. Trattasi di un 

corso di tipo “master” a livello postuniversitario 

(frequenza: una volta all’anno 

oppure ogni due anni). 

NOTE (Per notizia: obiettivi nel campo professionale 

del Diritto Umanitario cui tende la 

SIPBC: 

- avere un solo tipo di conflitti (internazionali) 

allo scopo di avere sempre regole 

uguali e sicure da applicare, internazionalizzando 

tutti i conflitti intervenendo subito da 

parte della Comunità Internazionale, con aliquota 

di forze minima ed internazionale, secondo 

il concetto dell’equa rappresentanza 

geografica; 

- il soldato non è un leguleio e 

l’addestramento deve essere sempre uguale, 

senza casi e sottocasi da dover applicare nelle 

missioni di pace e/o nelle pubbliche calamità, 

in Italia ed all’estero; 

- avere tribunali internazionali permanenti 

e non “ad hoc”, che giudichino tutti i 

crimini di guerra comunque commessi, compresi 

i crimini riguardanti i Beni Culturali. 

Il progetto è stato illustrato al Comandante 

della Scuola Sottufficiali dell’Esercito, che 

ne avvierà la fase di “fattibilità” con la facoltà 

di beni culturali dell’Università di Viterbo.

8. CONCLUSIONI 

Serve in guerra, in tutti i tipi di conflitto, che 

i combattenti contrapposti Siano uomini leali, 

colti e di buona volontà, come quelli che, durante 

la II Guerra Mondiale, salvarono dalla 

distruzione Parigi o la biblioteca 

dell’Abbazia di Montecassino. D’altra parte 

le regole della guerra devono essere sempre 

le stesse, chiare, perché il soldato non è un 

leguleio, ma necessita di un addestramento il 

più possibile uniforme ed uguale a sé stesso, 

senza casi e sottocasi. 

Mentre per la protezione dei beni culturali 

nei conflitti armati internazionali ci sono 

chiare norme abbastanza precise (la Convenzione 

del 1954 e sue modifiche), le stesse 

mancano o sono vaghe nei conflitti armati 

non internazionali, soprattutto per la protezione 

speciale o rinforzata. Il guaio è che a 

maggior parte dei conflitti che avvengono 

oggigiorno sono conflitti armati non internazionali 

o interni, per i quali non esistono regole 

precise, semplici e fattibili, che possano 

essere applicabili da tutti. Per poter applicare 

regole uniche, è necessario “internazionalizzare” 

tutti i conflitti, non appena questi si 

manifestino. 

A mio avviso, una strada perché ciò accada, 

potrebbe essere quella dell’immediato intervento 

della comunità Internazionale in ogni 

tipo di conflitto, con forze anche esigue (a 

livello di plotone o di compagnia), purché 

multinazionali e rappresentative dei vari Stati. 

Se poi per salvaguardare la pace mondiale 

interviene, come contingente multinazionale, 

un reparto di livello battaglione o reggimento 

per ciascuna nazione, il contingente stesso 

abbia i suoi specializzati per tutelare i beni 

culturali, che, come si è già detto, appartengono 

non agli Stati ed agli individui, ma 

all’intera umanità nel suo complesso. Non è 

più tollerabile che avvengano le distruzioni e 

le perdite di beni culturali per l’umanità della 

II Guerra Mondiale con i bombardamenti a 

tappeto o con lo sgancio di ordigni li distruzione 

di massa come Hiroshima e Nagasaki. 

Inoltre, devono sedere dei tribunali internazionali 

permanenti per giudicare tutti i crimini 

di guerra (anche quelli contro i beni culturali, 

guardati come “vittime di guerra”), co- 

10 

munque e dovunque commessi, con il giusto 

rigore, senza ricorrere alla pena di morte. Col 

terzo millennio sembrano essere finiti i tempi 

dei tribunali “ad hoc”, che si creano di volta 

in volta, a volte e a volte no, secondo i casi, e 

che hanno il sapore dell’ingiustizia o dei tribunali 

dei vincitori. 

Infine, la Comunità Internazionale deve intervenire 

sempre, il più presto possibile, e 

senza guardare in faccia nessuno, perché cominci 

una nuova era, sia per limitare i possibili 

danni della guerra, che hanno ripercussioni 

notevoli sui beni culturali, specie quando 

questi assurgono al valore d’immagine del 

nemico, sia per non lasciare incancrenire gli 

odi tra coloro che si combattono. 

Per quanto riguarda le “dimore storiche”, che 

in Italia pullulano, come i resti dei forti di 

Venezia (tutta la città è un insieme di “dimore 

storiche” tanto da rendere unica la città al 

mondo e da giustificare l’esistenza di un comitato 

internazionale per la sopravvivenza di 

Venezia) direi che occorre che i proprietari 

espongano ben visibile il simbolo fin dal 

tempo di pace. Poi, per distruggere o bombardare 

la casa, ci vorrà quanto meno il consenso 

di un colonnello, cosa difficile, dato 

l’elevato grado di professionalità odierna, 

anche considerando il deterrente che semina 

il giudicato di un tribunale internazionale del 

tipo di quello di Roma, che sta per entrare in 

vigore anche se l’Italia non lo ancora ratificato. 

Ma ognuno ha i governanti che si merita, 

dato che li eleggono la maggioranza dei popoli; 

ed i popoli o aliquota di essi sono sempre 

più avanti dei loro governanti!

Alessandro Allemano 

LA DISGRAZIA DI PERDERE UNA CHIAVE 

na delle attività più tipiche della vita 

di relazione è sempre stata la litigiosità. 

Lo testimoniano, a livelli 

estremi, i conflitti di cui è costellata la storia 

dell’umanità, fin dai tempi più remoti, sorti 

per cause svariatissime ma sempre caratterizzate 

dalla costante conflittualità tra due individui, 

due gruppi di persone, due popoli. 

In forme meno eclatanti e tragiche, anche 

l’esistenza nei nostri piccoli paesi non è scevra 

da casi anche curiosi di ricorso all’umana 

giustizia in seguito a litigi - per fortuna solo 

di rado cruenti - sorti per cause che sovente si 

rivelano di una banalità disarmante. 

Nell’archivio storico del Comune di Sala 

Monferrato, in corso di riordino, sono conservati 

ad esempio gli atti di una causa intentata 

nel 1757 da un garzone contro il padrone, 

accusato di averlo ferito: la ragione scatenante 

della lite fu nientemeno che lo smarrimento 

di una … chiave. 1 

U 

Leggere le carte ed immaginarsi come si potrebbero 

essere svolti i fatti è oggi gradevole 

e stimolante, seppure con un pensiero di riguardo 

al povero Comolo, colpito al capo 

dall’irascibile padrone. 

Ecco i fatti. 

La notizia del reato 

Verso le otto di sera 2 di domenica 20 febbraio 

1757 Angelo Maria De Regibus, 

1 Il documento di cui si tratta è conservato tra gli atti 

- interessantissimi - dell’antica Giudicatura di Sala: è 

una filza, composta di 14 carte. Sulla prima, che fa da 

copertina, si legge: “N. undecimo del triennio. 1757 

Fisco della Sala in causa di mastro Francesco Comolo 

contro mastro Gioanni Mozzone”. 

2 Testualmente si afferma che la chiamata avvenne 

“circa le ore due della notte”, ma va considerato che 

prima della Rivoluzione Francese il tempo veniva misurato 

secondo il sistema italiano, secondo cui il giorno 

iniziava alle attuali sei di sera. Pertanto le due di 

notte corrispondevano alle ore venti contate secondo il 

sistema francese poi universalmente adottato. 

11 

“chirurgo approvato” 3 del luogo di Sala, viene 

urgentemente chiamato da un tale Filippo 

Pastore a recarsi presso la casa di suo cugino 

Carlo Antonio. Qui, nella stalla, il sanitario 

trova un uomo “ferito a parte destra lateralmente, 

dalla qual ferita usciva gran quantità 

di sangue”. Innanzitutto si tenta di fermare 

l’emorragia, e quindi l’individuo, secondo la 

dottrina medica empirica allora in uso viene 

sottoposto ad una bella “cavata di sangue” 

dal braccio sinistro. 

Avendo capito che l’uomo è stato ferito dolosamente, 

il De Regibus si affretta a darne 

comunicazione all’autorità locale di pubblica 

sicurezza e di giustizia, in persona del vicepodestà 

di Sala, “nodaro piazzato” Giovanni 

Giacomo Raselli, che faceva le veci del podestà 

Carlo Corsi, egli pure notaio. 

Costui dunque il giorno successivo al fatto 

istruisce d’ufficio una causa penale, assistito 

dal vice procuratore fiscale Giovanni Battista 

Bonello, che rappresenta la pubblica accusa. 4 

3 La figura del chirurgo, o cerusico o flebotomo, era 

assai diffusa nei paesi nelle epoche in cui la medicina 

laureata non era che privilegio di pochi. A questo sanitario 

empirico, che spesso era il barbiere del luogo, 

toccava medicare le piccole ferite, eseguire i salassi e 

svolgere le pratiche chirurgiche, quando la chirurgia 

non era ancora assurta a specialità medica di alta professionalità. 

4 Nell’intestazione della causa si parla di “Fisco”: si 

intende con questo termine appunto l’ufficio che attualmente 

è ricoperto dal Pubblico ministero, il quale 

precisamente sostiene la pubblica accusa nelle cause 

penali. In maniera analoga va inteso il termine “vice 

procuratore fiscale”. Il Podestà era invece il rappresentante 

del feudatario locale: altrove poteva assumere 

altre denominazione, quali Giusdicente, Castellano, 

Luogotenente, ed era assistito sovente da un Vicepodestà. 

Il Consiglio comunale ogni tre anni proponeva 

al feudatario una rosa (detta “rotolo”) di tre personaggi 

scelti tra i notai e gli avvocati; a sua volta il signore 

locale nominava tra questi il proprio rappresentante, 

che aveva in particolare l'importante compito di amministrare 

la giustizia.

L’interrogatorio dell’offeso 

Il vicepodestà Raselli trasferisce il proprio 

ufficio nella stalla di Carlo Antonio Pastore, 

nella contrada di Borgoratto, dove su di un 

giaciglio “sopra poca paglia, coperto d’un 

lenzuolo” è ancora ricoverato il ferito: costui 

porta “un vestito di color rossetto sopra, e 

berettino in testa”. Preventivamente ammonito 

dell’importanza di una testimonianza 

giurata, l’uomo declina finalmente le proprie 

generalità. 

“Io mi chiamo per nome Francesco e per cognome 

Comolo, figlio di Mattheo, del luogo 

d’Arcisato 5 , mandamento di Milano”. 

Si tratta dunque di un brianzolo ventunenne, 

giunto in Monferrato da sei mesi per svolgere 

il mestiere di muratore come garzone di un 

capomastro salese, come si leggerà poco dopo. 

Intanto passa ad esporre i fatti accaduti la sera 

prima. 

Verso l’una di notte (le nostre sette pomeridiane) 

il Comolo veniva avvertito di portarsi 

alla casa di Giovanni Mozzone, figlio del suo 

padrone, capomastro anch’egli di nome Giovanni, 

al quale avrebbe dovuto portare la 

chiave di casa. Senonchè sfortunatamente 

nel tragitto Francesco perdeva la chiave. 

Subito tornava indietro e si procurava un lume 

“per poter meglio rinvenirla”, ma, colmo 

della malasorte, il lume si era spento e proprio 

in quel mentre il giovane veniva aggredito 

da uno sconosciuto “nella parte destra 

nelle coste”. 

“A questo fatto mi posi a gridare aiutto, aiutto 

e confessione; a quali grida accorsero da 

lì a qualche pocho di tempo Filippo Pastore 

e Clara pure Pastore, figlia di Carl’Antonio 

di questo luogo, quali vedendomi cossì ferito 

e maltrattato, coll’aiuto anche di Antonio 

Francesco Pastore figlio del sudetto 

Carl’Antonio, e di Gioanni Massa servo del 

sudetto signor chirurgo De Regibus mi condussero 

per sua bontà ove di presente ancor 

mi ritrovo”. 

5 Leggasi, più correttamente, Arcisate, paese dell’alta 

Valle Ceresio in provincia di Varese, quasi ai confini 

con quella di Como. Nei secoli passati molti erano gli 

artigiani edili che dall’Alta Lombardia e dalla Svizzera 

italiana emigravano in Piemonte per esercitare il 

loro mestiere. 

12 

Pur non avendo visto in volto l’aggressore, 

Francesco Comolo non esita ad identificarlo 

nel figlio del capomastro Giovanni Mozzone. 

Da che cosa deriva in lui tanta sicurezza? 

Dal fatto che mentre il garzone cercava la 

famosa chiave si era sentito apostrofare dal 

Mozzone: Eh perché stai tanto tempo a portarmi 

la mia chiave ?” Avendogli ribattuto 

che l’aveva smarrita e la stava cercando, per 

tutta risposta si sentiva dire: “Oh stampa 

becc: sempre fate cossì” e dopo pochi istanti 

seguiva l’aggressione. 

Il referto medico 

Terminato l’interrogatorio del ferito, il Vicepodestà 

dovrebbe passare all’escussione dei 

testi. 

Prima però il chirurgo De Regibus è pregato 

di visitare attentamente il giovane muratore 

per constatarne le condizioni. 

Il suo referto è che la ferita, inferta “a parte 

destra, tra la quinta costa vera e falsa”, ha 

offeso i muscoli intercostali esterni “con 

grande effusione di sangue”; la ferita è definita 

“pericolosa”, cioè tale da pregiudicare la 

vita del Comolo. Tuttavia il sanitario, che 

precisa di avere già curato casi analoghi, si 

riserva di “dar maggior giudizio in progresso 

di cura, e salvo anche ogni accidente in contrario 

che potesse occorrere nel progresso 

della mede[si]ma spezialmente durante li 

giorni critici”.

Le testimonianze 

Il 24 febbraio, dietro citazione fatta dal serviente 

comunale Giuseppe Viola, inizia 

l’esame dei testimoni. 

Tocca per primo a Filippo Pastore, 45 anni, 

contadino, analfabeta e possidente per oltre 

cento doppie. 

Egli racconta che la sera del 20, verso le due 

di notte, mentre stava in casa del prevosto 

Anselmi a discorrere “di varie cose”, sentiva 

una persona che gridava “Aiutto, oh me, pover 

homo”. A queste invocazioni “parte per 

curiosità, parte anche per soccorrere, ove 

fosse stato di bisogno ad ogni accidente che 

fosse occorso”, accesa una lanterna, scendeva 

in strada e trovava disteso per terra il Comolo: 

“Avendo io interrogato il mede[si]mo cosa 

gli fosse occorso, egli mi rispose che era 

stato ferito, ed io gli risposi che ciò non poteva 

essere, ma che più tosto lui fosse caduto 

e si fosse fatto qualche male”. Finalmente 

decideva di soccorrerlo con l’aiuto di altri parenti 

che nel frattempo erano usciti anch’essi 

in strada ed il ferito veniva portato prima in 

casa di Carlo Antonio Pastore e poi, su consiglio 

del chirurgo, nella stalla. 

Il testimone non ha sospetti sull’identità del 

feritore, ma si limita a confermare che la voce 

pubblica accusa del fatto il mastro Giovanni 

Mozzone: ad ogni buon conto egli non 

esterna alcun giudizio su di costui “siccome 

non ho mai sentito a discorrerne del mede[si]mo 

né bene né male”. 

Dopo di lui viene sentito Giovanni Battista 

Massa fu Giacomo Francesco, nativo di 

Mombello. 6 

Quella famosa domenica sera egli si trovava 

in casa di don Antonio Maria De Franciscis 

in compagnia del chirurgo De Regibus, 

quando giungeva Filippo Pastore a richiedere 

l’opera del sanitario. Accompagnatolo a casa 

Pastore, qui vedeva il Comolo “sedente sovra 

una cadrega”: subito De Regibus tentava di 

fermargli l’emorragia e lo faceva trasportare 

nella stalla, incaricando anzi il servitore di 

6 Anche questo teste si dichiara illetterato, ha 

vent’anni, si trova a Sala da circa un anno ed è a servizio 

del chirurgo De Regibus. Possiede di proprio il 

valore di circa dieci doppie. 

13 

andare a casa a prendergli “li ferri, o sian instromenti 

di chirurgia”. 

Ritornato nella stalla, sentiva i presenti dire 

che il muratore era stato ferito con un coltello 

muto dal Mozzone “per causa di una chiave”. 

Tuttavia, anche da questo testimone il 

presunto feritore è definito “un galant’homo”. 

Tra quelli che accusavano il Mozzone c’era 

Pietro Giacomo Beltrame, che il Vicepodestà 

fa citare per il 13 marzo. 

Egli, soldato nel Reggimento Nazionale di 

Casale, ha vent’anni, svolge “l’arte di ferraro” 

7 e possiede sole dieci doppie, per di più 

in comunione con i fratelli. 

L’ultima domenica di Carnevale, il 20 febbraio 

appunto, stava andando a casa De 

Franciscis dove si teneva una festa da ballo 8 

e cammin facendo udiva “una voce lamentevole 

di un uomo, quale gridava aiutto, confessione”. 

Né lui né il suo compare Giovanni 

Battista Massa davano peso alle invocazioni 

(!) e tiravano dritto per la loro strada. In casa 

De Franciscis, dove con balli e musiche si 

stava festeggiando la fine del Carnevale, trovava 

anche il chirurgo De Regibus “che suonava 

in detta conversazione col violino”. 

Dopo qualche tempo però il sanitario, “tralasciando 

di suonare dal violino”, veniva richiesto 

di andare a casa Pastore per curare 

una ferita. Anche il teste “per curiosità” lo 

seguiva e vedeva il Comolo nelle condizioni 

già descritte. 9 

Anche il giovane Beltrame ha sentito dire che 

il feritore sia il mastro Mozzone, ma stanta a 

dar credito alla voce pubblica, dati i buoni 

rapporti esistenti tra i due e dichiara 

all’interrogante: “Anzi le dirò che credo fossero 

più tosto amici che inimici prima del 

fatto da me sovra deposto, perché li vedevo 

sempre a travagliare di buona compania da 

muratori”. 

7 “Ferraro” = “fabbro ferraio”. 

8 Il teste, per maggior prudenza, afferma che si recava 

colà non per prendere parte attiva al ballo, ma solo 

“a titolo di conversazione”! 

9 Il Comolo era “sedente sovra una cadrega, o scagno, 

tutto insangiunato dalla parte destra nel fianco”.

È quindi la volta di Carlo Bonello, trentasettenne 

contadino, nullatenente, il quale dichiara 

che la sera di domenica grassa 20 febbraio 

stava cenando con Filippo Pastore in casa del 

Parroco, quando “si sentì pocho distante dalla 

casa parocchiale una voce d’uomo che 

fortemente si lamentava”; mentre il Pastore 

scendeva a vedere, egli si rimetteva “di nuovo 

di compania del signor Preposto a tavola 

per continuare la cena”, ma ancora una volta 

il pranzo doveva interrompersi perché il sacerdote 

veniva richiesto di confessare il mastro 

Francesco “dicendo che gli avevano dato”. 

Nella stalla dei Pastore trovavano il Comolo 

tutto insanguinato: don Anselmi lo invitava a 

perdonare il proprio aggressore, che tutti ormai 

identificano in Giovanni Mozzone, ma 

Francesco Comolo, poco evangelicamente, 

gli rispondeva: “Non voglio perdonar minga 

minga”. 

L’ultima perizia medica 

Si arriva così all’11 maggio, quando si tratta 

di concludere l’istruttoria e ancora una volta 

viene chiesta una perizia al chirurgo De Regibus, 

sebbene un po’ in ritardo, “attese le 

sue continue occupazioni”. D’altra parte 

sembra che il ferito si sia perfettamente ripreso, 

dato che “giorni sono si è absentato da 

questo luogo”. 

Secondo il chirurgo dunque le cose si sareb- 

14 

bero messe per il meglio, nonostante che il 

Comolo “siasi partito da questo luogo senza 

mia saputa pria che essa ferita fossesi cicatrizata”. 

Le conclusioni 

Il 9 luglio 1757 l’Avvocato fiscale di Casale, 

preso atto di quanto emerso dalle indagini, 

conclude essere abbastanza provato che il feritore 

sia stato Giovanni Mozzone, “risultando 

parimenti della causa procedente 

dall’avere il ferito perduta la chiave di casa 

del Mozzone” e dichiara la colpevolezza del 

mastro da muro. 

Sebbene citato a comparire, Giovanni Mozzone 

non si fa vivo per discolparsi delle accuse 

rivoltegli: una ad una vengono compilate 

le tre fedi contumaciali previste dall’allora 

vigente procedura penale, scadute le quali il 

30 ottobre 1757, otto mesi dopo il fatto, 

l’inquisito è condannato alla pena pecuniaria 

di scudi due d’oro, oltre all’indennizzo del 

ferito e alle spese di giustizia.


CALENDARIO D’ARTE 

I 

l calendario diffuso a Moncalvo nel 

2001, pubblicato per iniziativa del 

Parroco D. Angelo Francia, ci ha tenuto 

compagnia per dodici mesi. Una splendida 

tempera del nostro Mario Pavese è stata 

da noi vista, contemplata, goduta durante ciascun 

mese. È stata come una piccola mostra 

d’arte allestita in casa nostra per un anno intero. 

Ogni anno comincia a mezzanotte e giustamente 

il calendario si presenta con un bellissimo 

notturno. Solo un artista può, con tanta 

sicurezza, usare blu scuro, violetto e nero per 

rappresentare un paese. Ma questo artificio 

dà risalto alle luci calde delle finestrine e alle 

pennellate di luce delle vie illuminate. Il 

quadro è ricchissimo di disegno: alberi, tetti, 

comignoli, finestre, campanili, tutti diversi e 

rifiniti nei particolari. L’edicola della Madonnina 

è come una miniatura. In questa 

tempera ci sono quasi tutte le caratteristiche 

dell’arte di Mario Pavese: disegno ricco, preciso, 

onesto; capacità di creare una precisa 

atmosfera in ogni opera, con una tonalità 

dominante calda o fredda, e con la rara capacità 

di rappresentare la luce. 

In gennaio sono protagoniste quelle due 

mantelline nere, agitate dal vento che crea folate 

di neve ben visibili sull’arco nero. Lo 

sfondo è una prospettiva ricca e ardita di case 

allineate a destra e a sinistra, con porte, gradini 

e balconi filettati di bianco. Sullo sfondo 

la chiesa di S. Marco, con il suo arco e il suo 

orologio che segna le otto del mattino. I due 

uomini affondano il passo nel tappeto di neve, 

senza rompere il silenzio. Pittura morbida 

anche se precisa come una fotografia e che 

rappresenta il movimento come in un film. 

Febbraio ci presenta la chiesa della Madonna, 

che mostra da secoli la sua imponente 

bellezza. I suoi mattoni rosati, in un mattino 

15 

d’inverno, col cielo grigio, non possono cantare 

come quando c’è il sole. Sono grigi, scuri, 

con gli occhi chiusi, in attesa della grande 

luce. Ma questa tonalità bassa permette alla 

neve di disegnare con un filo di luce tutti i 

particolari della ricca architettura: timpani, 

cornicioni, basamenti e i capitelli delle colonne. 

Sulla piazzetta, bianca di neve, tre bambini in 

atteggiamenti vivaci si lanciano palle di neve. 

Sono il simbolo delle generazioni che come 

un fiume passano davanti alle opere d’arte, 

che restano, e ancor più davanti ai valori 

permanenti che quelle opere rappresentano. 

Marzo. La piazza del mercato è un allegro 

annuncio di primavera. Le tende hanno il colore 

delle prime foglie tenere che rispuntano 

sugli alberi. Il contadino che lavora tanti 

giorni da solo, qui si sente membro della società 

a cui può dare e chiedere qualcosa. I 

progetti e i calcoli, fatti durante le lunghe serate 

d’inverno, qui diventano incontri, proposte, 

trattative, affari. 

Il giorno di mercato che è “a metà strada 

tra il lavoro e la festa”, come ha ben detto 

Gigi Sarzano, riattiva il meccanismo della 

parola, della logica, del tentativo di convincere 

qualcuno a vendere o comperare qualcosa. 

È occasione d’incontro con parenti e amici 

e voglia di mostrare il bue ingrassato con 

mille artifici. È un’accolta di cappelli, mantelli, 

bastoni, carretti e bancarelle, immersa in 

un concerto di voci dai mille toni. In alto, a 

destra sotto il pennone coi colori del Comune, 

un gruppetto di gente partecipa forse a un 

comizio. Il giorno del mercato è atteso e colora 

tutta la settimana. 

Aprile è ritratto in un giorno di pioggia. La 

stradina del Fosso (Via Roma). lucida, riflette 

le immagini degli omini, delle donnette, 

della carrozza che sale verso S. Francesco. A

sinistra si vedono i campanili della Madonna 

e di S. Antonio. Le vecchie mura accompagnano 

decisamente lo sguardo verso l’alto, 

dominato dal campanile della chiesa parrocchiale. 

Gli orti in primo piano, con le loro 

scalette, le aiuole dei primi ortaggi e la massa 

splendida del pesco in fiore, sono come un 

immenso tappeto festoso steso ai piedi del 

paese. 

È una decorazione che non può avere nessuna 

Via Roma delle grandi città. I tetti delle 

case sono come un antico mosaico. 

Maggio. I bambini giocano alle birille col 

naturale impegno dell’età; l’occhio attento e 

il dito che sta per scattare sono di una precisione 

vivente. Il compagno con le mani sulle 

ginocchia spera e teme qualcosa. Il bambino 

appoggiato al lampione, con sguardo furbetto 

e maturo, ci guarda come per dire: “Anche tu 

hai giocato quando avevi la mia età, no?”. 

L’altro bambino corre chissà dove. 

Il sole inonda di luce la piazza; dà alla casa e 

al campanile una pennellata chiara, sapientemente 

accostata alla grande massa delle 

facciate del palazzo e della Sinagoga, ritratte 

con un raffinato grigio-violetto e toni trasportati. 

Anche nell’ombra si vedono cornicioni, 

porte, persiane: artifici di un esperto pittorefotografo. 

Giugno ci porta la processione del Corpus 

Domini, mentre scende dalla Fracia: 

è una visione precisa degli anni ‘50. Fanno 

tenerezza le Figlie di Maria col loro stendardo 

in primo piano, le suore ancora “Cappellone”, 

il baldacchino, poi lo stendardo del 

Comune e il seguito degli uomini. Balconi 

con coperte esposte e gente che guarda con 

atteggiamento devoto. 

È senza dubbio grande qui l’arte di rappresentare 

l’espressione dei sentimenti con pochissimi 

tratti. Protagonisti dell’avvenimento 

sono le persone umane, ma protagonisti del 

quadro sono i tetti delle vecchie case, le tegole, 

disegnate una per una, come tante persone, 

quelle intere, quelle mezze, con leggere 

variazioni di tinta, più o meno cotte, più o 

meno giovani. Le tegole sono come le mani 

che proteggono e tengono al caldo la casa, 

nido di tutti i sogni, rifugio di tutti i segreti, 

oggetto del ricordo e della nostalgia. 

16 

La piena estate è ritratta nel quadro di luglio: 

campi di grano in collina, dopo la mietitura. 

Il colore scuro e caldo è quello della buona 

terra. Le stoppie gialle ricordano le vigorose 

pennellate di Van Gogh. La stradina polverosa 

ci porta fino al crinale della collina, dove 

sta quasi in bilico un carro colino di covoni 

di grano, su cui è seduta una donna con la sua 

cappellina. A terra c’è l’uomo col bastone e 

tra le ruote del carro si vedono le gambe del 

bue che sembrano in movimento. 

La piccola dimensione del carro mette in risalto 

l’immensità del cielo azzurro, su cui 

trionfa una enorme nuvola bianca. Luce e calore 

nel disegno e nelle tinte. 

La stradina ci porta su al cascinotto, che veglia 

dall’alto su vigneti e campi. È il momento 

della vendemmia, tanto attesa e tanto minacciata 

da pericoli di vario genere. Però, 

quando va bene, è il momento più bello per 

l’uomo di campagna. 

Agosto ci presenta una sera d’estate a Moncalvo. 

La Fracia, l’antica via medioevale 

conduce alla Piazza Garibaldi. Dopo una 

giornata di caldo afoso il fresco della sera invoglia 

la gente a fare due passi e due chiacchiere. 

Anche qui le fortissime tinte dei tetti 

sono necessarie per far brillare le luci delle 

finestrine e dei lampioni. Le tegole e i comignoli 

sono disegnati con amore e anche 

nell’oscurità si nota la varietà dei loro colori. 

Settembre è illustrato con una scena della 

vendemmia, avvolta nella luce calda delle 

foglie di vite che maturano insieme ai grappoli 

e si vestono dei colori più allegri: 

giallo, arancio, rosso. Caldo il colore del carro, 

della bigoncia, della terra. Protagonista, in 

primo piano, la “barosa”, con le ruote, i ferri, 

i chiodi, le corde e il timone ben evidenti; poi 

la bigoncia vecchia e robusta su cui si china 

l’uomo per vuotare la “brenta” colma di 

grappoli maturi. Con una mano si tiene alla 

scaletta e con l’altra alza il fondo della brenta, 

mentre piega fortemente la schiena; gesto 

faticoso ripetuto mille volte da tante generazioni 

qui fissato come in un monumento. 

Ottobre. Le castagne arrivano anche a Moncalvo. 

Una vecchina, una specie di befana

anzitempo, prepara le caldarroste su un braciere 

all’aperto. Il suo profilo, una sedia, un 

sacco e un ombrellone spiccano ben disegnati 

sulla colonna di fumo bianco che sale dal 

braciere. Sullo sfondo le alte case della piazza, 

di colore austero, ma schiarito da una 

nebbiolina autunnale, che rafforza in modo 

misurato la prospettiva aerea, ben nota ai pittori 

esperti. 

Si nota, a sinistra, l’arco ogivale della casa 

più antica di Moncalvo. Un comignolo, una 

grondaia, una persiana aperta, una mensola 

dei fili elettrici ci assicurano dell’assoluta fedeltà 

dell’ambientazione. Dolce scenetta di 

paese. 

Novembre. Giornate più corte, voglia di casa 

e di tepore: il tutto rappresentato in un caminetto 

che è una poesia. Sono prevalenti le tonalità 

scure che mettono in risalto le lingue 

della fiamma e le “monachine” che salgono 

su per la cappa. Sulla mensola del camino 

stanno tranquilli e orgogliosi i simboli della 

civiltà contadina: le candele per scendere in 

cantina, le lettere che sono forse l’unica biblioteca 

della casa e l’archivio delle notizie e 

degli affetti; macinino, scatola e caffettiera 

per il rito quotidiano, la statuetta della Madonna 

per confidare in un aiuto dall’alto, il 

ferro da stiro per le camicie delle feste e la 

sveglia per non perdere tempo—Gli attrezzi 

da cucina si fanno belli con i loro riflessi di 

rame. 

La legna in basso e lo sportello nero non possono 

essere disegnati meglio. 

17 

Questo caminetto, specchio della civiltà contadina 

non vale meno dei grandi archi di 

trionfo eretti in tante città del mondo. 

Dicembre ha il suo momento più bello nella 

notte di Natale. Uomini e donne spiccano 

scuri sulla piazzetta imbiancata dalla neve e 

camminano verso S. Francesco, che campeggia 

solenne con le finestre illuminate. Dietro 

quella porta disegnata dalla luce, c’è la bellezza 

dell’arte, i documenti della storia, il 

profumo dell’incenso, la cattedra della “Parola”, 

la pratica dell’esame di coscienza, il Pane 

dell’anima, lo spazio che accoglie i nati, 

gli sposi, i morti. È la magnifica sede di una 

scuola sempre antica e sempre nuova, aperta 

a tutti. 

A Natale l’austerità della Legge si addolcisce 

nella figura di un tenero Bambino che invita 

e incoraggia. 

Tutto questo viene in mente osservando i 

passi, le scarpe, i mantelli che Mario Pavese, 

col suo disegno magico, ha messo in movimento 

verso la luce. 

Terminato l’anno 2001, le immagini del calendario 

che abbiamo scoperto e amato, devono 

essere conservate in una cartellina e 

collocate nella nostra biblioteca, insieme alle 

pubblicazioni di storia dell’arte, perché sono 

vere preziose opere d’arte, insieme classica e 

moderna, per tutti, ma in modo specialissimo 

per noi moncalvesi.

Angela Biedermann 

DINANZI AL CALENDARIO 2001 DI MARIO PAVESE 

GENNAIO - Invano cerco nella neve le impronte 

lasciate dai due passanti intabarrati. 

Già sono scomparse sotto altra neve. Come le 

ore nella vita. 

FEBBRAIO - Mi colpisce il colore forte, 

l’architettura pesante della chiesa. Mattoni su 

mattoni e un leggero cordolo di neve. Ma ai 

piedi, macchie di colore richiamano innocenti 

giochi di bimbi. Mi auguro che anche nelle 

ore buie della vita, ci sia sempre un filo di 

speranza. 

MARZO - Al mercato, spaesata tra la folla, 

anche pensieri, desideri e sogni si evolvono. 

Come quei buoi che in vendita sulla piazza, 

sognano la stalla. 

APRILE - Sembra primavera, ma gli ombrelli 

aperti e le pozzanghere sull’asfalto mi fanno 

pensare agli inganni latenti negli avvenimenti 

della vita. 

MAGGIO - Il violento contrasto fra l’azzurro 

pallido del cielo e il blu notte della casa mi 

richiama l’alternarsi degli avvenimenti nella 

vita e mi suggerisce di guardare sempre in 

alto, oltre le nubi. Troverà il sereno. 

18 

GIUGNO - Vorrei anch’io poter esporre alla 

finestra il candido lenzuolo d’una vita senza 

macchia. 

LUGLIO - Quando m’imbatto in una salita 

difficile mi auguro di poter sempre ricorrere 

al sostegno della volontà. 

AGOSTO - Le finestre illuminate, nel cuore 

della notte, mi fanno pensare al mistero della 

vita. 

SETTEMBRE - La vite cede i grappoli maturi, 

pronta a ricominciare il ciclo. Non così per 

l’uomo. 

OTTOBRE - L’amore, come il profumo delle 

caldarroste, solletica l’appetito anche quando 

ogni desiderio sembra spento. 

NOVEMBRE - Un vecchio camino in una 

vecchia casa. Un orologio fermo su di un’ora 

ben precisa: l’ultima. 

DICEMBRE - Ma forse c’è ancora una speranza. 

Una luce alla quale approdare: la fede.

Paolo Cavallo 

LA MUSICA NELLA CHIESA DI SAN GRATO IN PENANGO FRA ‘800 e ‘900: 

FIGURE, STRUMENTI, DOCUMENTI 

“ […] 

Di labile materia fui costrutto, di misterioso tempo 

È in me forse la fonte. 

Forse dalla mia ombra 

Nascono i giorni fatali e illusori.” 

[Jorge Luis Borges, Eraclito, da Elogio dell’ombra] 

Le origini dell’organo di Penango. 

Riflessioni per un’attribuzione ragionata. 

La volontà di rendere perspicua la storia della 

musica sacra prodotta dal contado moncalvese 

nei secoli XVIII e XIX attraverso 

l’esame del contesto sociale ed artistico in 

cui la stessa maturò conduce il ricercatore ed 

i suoi eventuali lettori, dopo le disamine dedicate 

alle chiese parrocchiali di Calliano e di 

Scandeluzza, ad una nuova tappa 

d’indagine 10 . 

Territorialmente confinante con i comuni di 

Calliano e Moncalvo, il paese di Penango cela 

probabilmente il caso di più intricata soluzione 

della storia organaria di questo lembo 

di Monferrato. Ciò si verifica in quanto 

l’organo ubicato nella locale parrocchiale, 

dedicata a San Grato, non ha ancora, a 

tutt’oggi, un autore né una comprovata provenienza 

geografica. 

Poiché tali vuoti storici non sono stati confutati 

che da dati acefali (la data di costruzione 

della cassa lignea dello strumento - che reca 

impresso, sotto la campata centrale, l’anno 

1754-) oppure mai compiutamente suffragati 

(l’attribuzione della stessa, secondo Giuseppe 

Niccolini, al minusiere autoctono Giovanni 

Battista Allemano 11 ), l’unica certezza di 

10 I dati che vengono qui di seguito esposti debbono il 

loro reperimento e la loro riproduzione alla cortesia di 

tre persone: don Cesare Falaguerra e Giuseppe Franco 

per l’archivio parrocchiale di Penango, il prof. Alessandro 

Allemano per quello comunale. A loro sia indirizzato 

il mio più sentito ringraziamento. 

11 “Si ammirano inoltre in questa chiesa il pulpito e la 

cassa dell’organo. Entrambe sono diligentissime opere 

19 

cui si correda questo strumento è la seguente: 

esso nacque per un tempio diverso rispetto a 

quello che oggi lo ospita (anche perché 

l’attuale chiesa sarebbe stata ricostruita solo 

a partire dal 1755 12 ). Individuare qual esso 

fosse, per quanto sia ancor obbligatoria la 

prudenza, non è oggi più impossibile: dalla 

visita pastorale compiuta dal vescovo casalese 

nel 1873 risultava sussistente nella parrocchiale 

penanghese un 

“organo ristorato or son quattro anni [sic] a spese del 

Comune, a richiesta dei Fabbricieri della Chiesa che 

n’è la proprietaria” etichettato come “l’antico organo 

della Chiesa di Calliano” 13 . 

La scrupolosità dell’esplicazione ed il tono 

confidenziale con cui, quattro anni dopo, essa 

si riversò nelle pagine dedicate dal Niccolini 

a Penango parrebbero provenire da una stessa 

persona, forse il parroco del paese: a riprova 

che l’evento che i precari elementi contabili 

conservati nell’archivio parrocchiale situano 

negli anni immediatamente precedenti il 

1856 14 doveva essersi impresso indelebilmente 

nella memoria popolare dei borghigiani. 

Dinanzi ad uno spaccato così lacunoso di 

certezze va da sé che risalire alla situazione 

ab ovo sia un miraggio. Anche in virtù della 

pervicace omertà delle fonti: presenti e completi 

per il periodo 1726-1763 15 , i conti spese 

del falegname Penanghese il fu Gioanni Alemanno, 

autore del rinomatissimo coro della Cattedrale di Saluzzo.”, 

cit. da G. NICCOLINI, A zonzo per il Monferrato, 

Torino 1877 ( la presente citazione è tolta da [A. 

ALLEMANO], Giuseppe Niccolini visita Penango in 

“Pagine Moncalvesi”, III, 4 [1998], p. 54). 

12 

Cfr. A. ROSSO- I. MAESTRI, L’opera dell’architetto 

Magnocavallo in Piemonte, Politecnico di Torino, Tesi 

di laurea in Storia dell’Architettura, rel. Daria De 

Bernardi Ferrero, a.a. 1975-76, pp. 71 sgg.; A. 

MERLETTO, La figura del Conte Magnocavalli e 

l’attività edilizia nella Moncalvo del ‘700, Politecnico 

di Torino, Tesi di laurea in Storia dell’Architettura, 

rel. Laura Palmucci, a. a. 1986-87, p. 121. 

13 

Vd. Appendice, Doc. 7. 

14 

Ibid., Doc. 1. 

15 

APP, Libro Mastro della Reggenza della Chiesa 

Parrocchiale di Penango [contiene le entrate e le uscite 

comprese nel lasso 1726-1763 e 1856-1857].

della fabbriceria parrocchiale di Penango sono 

del tutto assenti sino alla seconda metà 

dell’Ottocento 16 . Non essendovi così modo di 

appurare l’esatta data dell’acquisizione dello 

strumento lasciamo spazio alle congetture 

sulle sue origine e struttura fonica. 

La data sul frontalino (1754) e l’acclarata derivazione 

geografica obbligano ad una sola 

supposizione: che il suo costruttore sia stato 

l’organaro napoletano residente in Asti Liborio 

Grisanti. Questi, infatti, a cavallo fra il 

1753 ed il 1754, stava portando a termine lo 

strumento commissionatogli dalla fabbriceria 

e dalle tre compagnie residenti nella Chiesa 

del SS.mo Nome di Maria di Calliano 17 . Anche 

se l’organo in questione non è fisicamente 

riconducibile, come vorrebbe il succitato 

documento penanghese, a quello - che è 

tutt’ora esistente - della parrocchiale callianese, 

in questo comune esistevano due ulteriori 

luoghi di culto dotati di una base di affiliati 

così considerevole da rendere concretizzabile 

un progetto di tal onere finanziario: le 

confraternite dedicate alla SS.ma Annunziata 

ed a San Michele. 

Purtroppo, il mutamento di prospettiva e di 

località non indulge a risultanze documentarie 

più significative e cospicue: se nella prima 

si ritrova menzione di uno strumento a 

canne a partire dal 1857, nella seconda un 

inventario datato 1833 lasciava invece trapelare 

l’esistenza di un anonimo “Organo a cilindri” 

18 . Procede da sé che l’appaltatura di 

uno strumento legato a doppia mandata con 

la corografia devozionale di una comunità 

costituì grave motivo di frizione per coloro 

che di tal mondo erano parte. Ma poiché lo 

scontro fra parrocchia e chiese confraternite 

fu un evento affatto inconsueto nella storia 

religiosa piemontese dell’età moderna, si impone 

la convinzione che i confratelli di San 

Michele, per controbattere all’offensiva decorativa 

ordita dai concorrenti parrocchiani, 

16 

Cfr. Ibi, Libro dell’uscita Uscita della Chiesa Parrocchiale, 

ad annum. 

17 

Cfr. (anche per la bibliografia su Grisanti) P. 

CAVALLO, Da Grisanti a Gandini. 160 anni di organari 

e organisti nella Parrocchia SS:mo Nome di Maria 

di Calliano, in “Pagine Moncalvesi”, III, 4 [1998], 

pp. 32-41. 

18 

Ibid., in Pagine Moncalvesi”, III, 5 (1998), pp. 21- 

37: 22. 

20 

assoldarono lo stesso organaro di questi ultimi 

e, obbedendo ai criteri dell’oculatezza e 

del rispetto delle condizioni acustiche di un 

vano più limitato, gli fecero erigere uno 

strumento in base sì di otto piedi ma con una 

cornice più disadorna ed un materiale fonico 

più ridotto. Sapendo infatti che l’organo Grisanti 

della parrocchiale di Calliano doveva 

possedere all’incirca dieci/dodici registri non 

si errerà a ritenere che il suo probabile omologo 

ne rappresentasse un ricalco in scala 

(con l’unico dubbio legato alla presenza del 

flauto in quinta, registro che Grisanti non 

sempre inseriva nei suoi strumenti degli anni 

‘50-’60 19 ). 

Una volta resa credibile questa commissione 

occorre però chiederci a che cosa servisse 

uno strumento di tal fatta ai confratelli di S. 

Michele. 

19 A quell’arco temporale può essere infatti riferito 

l’organo della chiesa parrocchiale di Cocconato, che, a 

detta dell’allora locale parroco Francesco Borgogna 

era uno strumento “ […] costrutto dal Sig.r Liborio 

d’Asti […] perfettissimo nel suo essere di ondeci registri 

[…] avendo però l’avvertenza volendo far la spesa 

di farle aggiungere il duodecimo registro del flauto in 

quinta, qual nel notro vien suplito dal Cornetto” 

(Arch. Parr. di Murisengo, Cart. “Chiesa Parr.”, fald. 

“Organo-Campane”, lettera del 11 dicembre 1772).

Pronta la risposta: dei rarissimi atti amministrativi 

e finanziari 20 di questa associazione 

devozionale che ci sono stati conservati, un 

documento (che però non si trova custodito 

nell’archivio parrocchiale callianese) è di 

chiara natura musicale. Nel fondo di una non 

meglio indicata confraternita callianese (che 

può essere solo quella di San Michele, visto 

che il progressivo stato di degrado del tempio 

dell’Annunziata ha determinato anche la dispersione 

del suo archivio), lo studioso Carlo 

Caramellino ha segnalato recentemente il ritrovamento 

di una copia manoscritta della 

Missa trompette / Dite de Bordeaux. Modulanda 

Cantantibus Organis, databile attorno 

al quinto decennio dell’Ottocento 21 . 

L’esistenza di un repertorio necessitante di 

cantori semiprofessionisti e di accompagnamento 

strumentale sembrerebbe confermare 

che l’utilizzo di questo piccolo organo si protrasse 

almeno sino agli anni ’40 del XIX secolo. 

Poiché oggi nella chiesa di San Michele 

non rimane più alcuna traccia dell’esistenza 

di uno strumento a canne (e si potrebbe perciò 

opinare che dopo la sua cessione esso non 

venne più sostituito), la misconoscenza delle 

motivazioni economiche e sociali che furono 

a monte di questa misura costringe a soffermarsi 

sul suo più palmare effetto oggettivo: 

la dicotomia fra un fiorente sistema di produzione 

e diffusione musicale endogeno (che, a 

breve, avrebbe fecondato anche la chiesa parrocchiale 

callianese 22 ) e la coeva dismissione 

20 Vd. M. PAROLA, Inventari delle associazioni devozionali, 

in A. TORRE (a cura di), Confraternite. Archivi, 

edifici, arredi nell’Astigiano dal XVII al XX secolo, 

Asti 1999, pp. 45-46. 

21 Cfr. N. GALLINO, Per honor della sua Collegiata. 

Musica e spazio urbano. Rivoli XIV-XX secolo, Torino 

1996 [Il Gridelino, 16], p. 130, n. 54. 

22 Nell’Arch. Parr. di Calliano si trovano infatti, assieme 

a due edizioni del Missale Romanum (la prima 

recante la marca tipografica “Venetiis, apud Johannem 

Manfré, 1764”, la seconda “[Torino], Marietti, 1893”) 

ad un Graduale Romanum (Venetiis, [?], 176[…]) e 

ad un Antiphonarium Romanum/ de tempore et Sanctis 

(Venetiis, ex Typographia Balleoniana, 1776), tre libri 

corali manoscritti: Libro / contenente / la / messa / per 

li /Defunti Manoscritto in / Calliano Li 20 dicembre / 

l’anno 1869 [8 cc.]; Libro pei Vespri / delle / Solennità 

dall’anno / Scritto in Tonco anno 1870 / Sampietro 

Pietro Libraio [16 cc.]; un libro, s. d., contenente 12 

Messe per voci e organo ad libitum [fra cui la “Messa 

a due voci del M.° Nat.le Paoletti”; 35 cc.]. Cfr., per 

21 

del medium atto a sorreggerlo. Una dicotomia 

che, emergendo decontestualizzata dalla 

sua prospettiva originaria, potrebbe apparire 

una volontaria quanto immotivata autocastrazione 

della simbologia devozionale dei confratelli 

riuniti sotto l’invocazione di San Michele. 

Il trapianto di un organo a metà Ottocento: 

piccole (e sparute) vicende organarie e 

organistiche di una comunità rurale. 

Giunto a Penango dopo il 1833 e prima del 

1856, lo strumento a canne di Calliano subì 

quasi sicuramente, anche se indocumentata, 

una generale revisione fonica all’atto del suo 

posizionamento. I circa dieci anni che decorrono 

dalla primitiva menzione dello strumento 

sino al riattamento attuato da Giuseppe 

Vittino nel 1865 risultano infatti eccessivi 

per un somiere ed un sistema meccanico ormai 

centenari. Per non parlare di una prassi 

organistica che prediligeva i registri in grado 

di riprodurre le voci degli strumenti bandistici 

e da concerto (soprattutto quelli ad ancia, 

di cui lo strumento di Grisanti era del tutto 

sprovvisto) e la tastiera spezzata in bassi e 

soprani. 

I documenti consultati asseconderebbero 

l’impressione che soltanto con l’avvento 

dell’artigiano astigiano, che era all’epoca uno 

dei più attivi in Monferrato 23 , l’organo di San 

Grato subì una sostanziale revisione fonica e 

tecnologica che lo adeguò ai desiderata timbrici 

peculiari della letteratura tastieristica 

ottocentesca 24 : dando finalmente modo 

all’organista incaricato dal Comune di Penango 

nel 1860, il flebotomo autoctono Gio- 

una ricognizione dei testi musicali contenuti in tal 

fondo, il mio articolo Alla scoperta dei fondi musicali 

nel Monferrato moncalvese, in “Pagine Moncalvesi”, 

VI, 11 (2001), pp. 34-35. 

23 Cfr. l’anonimo Vittino che lavorò sull’organo Grisanti 

della Chiesa Parrocchiale di Calliano nel 1858 

(P. CAVALLO, Da Grisanti a Gandini cit., p. 24). 

24 APP, Inventario Dei beni della Chiesa parr.le e Del 

Benefizio e rispettive Carte di pagine 99 [Inventario 

Degli Arredi e Mobili appartenenti alla Chiesa Parr.le 

di S. Grato in Penango compilato Nel Giugno 1872], 

c. 62: 

“6. Organo, Cassa e Tribuna in buon stato: l’organo di 

recente fu ridotto a nuovo coi campanelli”.

vanni Occhiale 25 , di servirsi di una pedaliera 

equiparata al gusto contemporaneo 26 . 

La notevole mole di lavoro svolta da Vittino 

oltrepassò di molto l’emolumento di 250 lire 

che, preventivamente, era stato deliberato 

come equo ed iscritto a bilancio dal consiglio 

comunale così da rendere necessario il reperimento 

di ulteriori fondi nelle casse parrocchiali. 

27 

Una volta portato a compimento, il rinnovamento 

del ‘65 fu vagliato criticamente da uno 

dei principali estimatori locali del Vittino: 

l’organista della chiesa prepositurale di Murisengo 

Secondo Rolfo. Egli, dopo aver procacciato 

negli anni ’40 del secolo la manodopera 

dell’organaro aronese Felice Silvera 

per la costruzione del suo nuovo organo in 

Sant’Antonio Abate, aveva esperito direttamente 

nel 1857 l’arte del figlio di Melchiorre 

Vittino, 28 divenendone un fervido mentore, 

come si desume dall’accettazione del compito 

censorio penanghese. 

È infatti difficile ritenere casuale la preferenza 

che venne accordata al Rolfo in quel frangente 

viste la disponibilità e la prossimità territoriale 

di un organista stimato qual era don 

Edoardo Bassi, 29 il sacerdote titolare del Serassi 

della chiesa di San Francesco in Moncalvo 

(che, fra l’altro, era anche uno dei collaudatori 

più richiesti della zona, essendo stato 

padrino dello strumento Silvera di Muri- 

25 

Devo l’informazione al prof. Alessandro Allemano 

che ha curato il riordino e la catalogazione del materiale 

archivistico del comune di Penango. 

26 

Cfr. Appendice, Doc. 6. 

27 

Ibid., Doc. 5. 

28 

Arch. Parr. Murisengo, Fald. “Chiesa Parr.”, Cart. 

“Organo-Campane”, Capitolazione del 2 settembre 

1857: 

“Dovrà pure [Giuseppe Vittino] adattarsi ai suggerimenti 

dell’attuale organista Sig.r Secondo Rolfo in 

tutto ciò che ragionevolmente e secondo le regole della 

musica e meccanica dovrà ripararsi o cangiarsi”. 

29 

Già vice parroco di Cuccaro Monferrato, questi intraprese 

l’officio organistico nelle chiese moncalvesi 

di San Francesco e Sant’Antonio nel 1840, divenendo 

successivamente anche direttore spirituale del ginnasio 

cittadino (cfr. l’atto di congrega del 17 novembre 

1840 contenuto in Arch. Parr. Moncalvo, Corrispondenza 

parrocchiale 1825-1840, e il verbale del consiglio 

comunale di Moncalvo del 29 agosto 1862 conservato 

in Arch. Comunale Moncalvo, Cart. 45, fasc. 

319/bis). 

22 

sengo 30 e, probabilmente, dei due organi eretti 

da Luigi Lingiardi per le chiese parrocchiali 

di Alfiano Natta nel 1845 e di Grazzano 

Badoglio nel 1860 31 ). 

Attuato l’intervento di Giuseppe Vittino e ottenuto 

il conforto del parere tecnico di Rolfo, 

l’amministrazione comunale sembrerebbe 

non essersi più interessata allo strumento a 

canne della chiesa di San Grato. 

Ma il condizionale è d’obbligo. Logica avrebbe 

preteso che, trattandosi di stanziamento 

occasionale l’esborso municipale del 

‘65, le successive spese di ordinaria manutenzione 

venissero a ricadere sulla fabbriceria 

parrocchiale: ragionamento che i fatti 

smentiscono. Fatto salvo, nel 1870, 

l’adeguamento sperequativo della retribuzione 

annua dell’organista Occhiale, 32 i conti 

dell’ente religioso non contengono più alcun 

accenno a revisioni, ripuliture o accordature 

commissionate all’organo: e questo sino 

all’abboccamento ed al conseguente carteggio 

del 1897 con Carlo Vegezzi Bossi. Il trapasso 

da una realtà pulsante - qual poteva essere 

quella della confraternita di San Michele 

di Calliano - ad una più sclerotizzata e fissa - 

perché imperniata sull’accompagnamento 

delle sole principali festività del calendario 

liturgico 33 - fu dunque protetto (e non solo per 

l’odierna mancanza di documentazione) da 

un paio di fattori di carattere generale che si 

riflessero su scala locale: un contesto musicale 

attestato su un lessico organistico ormai 

30 

Arch. Parr. Murisengo Fald. “Chiesa Parr.”, Cart. 

“Organo-Campane”, documento del 6 ottobre 1842: 

“ La Reggenza di Chiesa Parrocchiale […] inteso il 

giudizio formatone dal Sig.r D. Bassi Organista di 

Moncalvo, vista la buona qualità de materiali, 

l’esatezza osservata nell’orditura degl’ingredienti, ed 

appoggiata alla probità, ed onestà del Sig.r Fabbricatore 

Felice Silvera, rinunzia alla riserva fatta di sottoporre 

alla Collodazione l’organo da esso Lui costrutto.”. 

31 

Cfr. O. MISCHIATI, Repertorio toponomastico dei 

cataloghi degli organari italiani 1587-1930, Bologna 

1995, pp. 5 e 86. 

32 

APP, Libro dell’Uscita Uscita della Chiesa Parrocchiale, 

c. 53 [1870]: 

“£160 per lo Stipendio dell’Organista degli anni 1868 

e 1869 fissato a £ 80 all’anno 160”. 

33 

Ibi, ibi,: cfr. i pagamenti all’immediato successore 

di Giovanni Occhiale (retribuito sino al 1886, c. 125) 

Eugenio Zabagliati nel 1887 (“ nelle feste del SS. Natale 

e 40 Ore £ 3”, c. 130) e nel 1888 (“Per aver 

suonato l’organo nelle feste di Pasqua 2”, c. 145).

canonizzato 34 (non dimentichiamo che Giovanni 

Occhiale esercitò ininterrottamente le 

proprie mansioni musicali per più di venticinque 

anni) e su una tecnologia organaria 

all’apice del suo bioritmo. Che tuttavia dietro 

la canonizzazione del primo e l’apogeo della 

seconda si celassero, dal punto di vista storico, 

i germi delle rispettive future dissoluzioni 

violente sarebbe toccato dimostrarlo, di lì a 

poco, agli adepti di uno dei più facinorosi 

movimenti della storia musicale europea: il 

cecilianesimo. 

Fra tradizioni ataviche e velleità riformistiche: 

le parrocchie di campagna 

“nelle quali volsi nei suoni molta vivacità”. 

Specchio di un contesto storico e culturale 

sempre più attento agli stimoli provenienti 

dall’estero, le tre tappe istituzionali costituite 

dal Regolamento promulgato dalla Sacra 

Congregazione dei Riti (1884), dal suo nuovo 

Decreto a dieci anni di distanza (1894) e 

dal definitivo Motu Proprio di Pio X (1903) 

costituirono un imprescindibile corpus normativo 

per la musica chiesastica italiana di 

fine Ottocento e per il sostrato umano (organisti, 

strumentisti di banda, coristi e semplici 

uditori) che le ruotava intorno. 

Dall’esautoramento del canto fratto, repertorio 

di spiccata tendenza localistica, alla progressiva 

adozione del repertorio gregoriano 

normalizzato sul modello paleografico della 

scuola di Solesmes, 35 dall’estromissione delle 

ripetizioni testuali nella musica vocale, 

contaminazione fraseologica di chiara marca 

operistica, all’auspicio di esecuzioni polifoniche 

dell’epoca palestriniana, dalla condan- 

34 Ma rapportato con l’esterno, come dimostra 

l’affidamento all’organista Ferraris (probabilmente 

Giuseppe, il titolare dell’organo della cattedrale di Asti) 

dell’accompagnamento musicale per il solenne 

funerale di Umberto I nel 1900 (cfr. A. ALLEMANO, 

Ancora un secolo al 2000. Uomini e cose di cent’anni 

fa nel mondo, in Italia, nel Monferrato, Santa Maria di 

Moncalvo 2000, p. 35). 

35 Per una sintesi della questione cfr. E. VALENTINI, 

Don Giovanni Pagella, il più grande musica salesiano, 

in “Salesianum”, 42 (1980), pp. 351-354; G. 

CATTIN, La monodia nel Medioevo, [Storia della musica 

a cura della Società Italiana di Musicologia, 2], 

Torino 1991², pp. 117-121. 

23 

na della tastiera spezzata fra soprani e bassi 

degli organi ottocenteschi all’esaltazione acritica 

di un piano fonico il più possibile “liturgico” 

(cioè grigio e stereotipato per fattura 

di canne e procedimento costruttivo), 36 le tipologie 

di produzione e recezione musicali 

coinvolte dalla riforma ceciliana furono plurime. 

Il rovente dibattito ideologico che si 

innescò all’epoca nel nostro paese tra i (pochi) 

cultori di questo genere più castigato ed i 

(molti) fautori della tradizione ottocentesca 37 

cagionò, all’atto pratico, un recepimento assai 

diversificato e geograficamente disomogeneo 

delle succitate normative ecclesiali 38 

(che valide universalmente - persino nello 

stesso ambiente clericale - non furono mai, 

perlomeno sino al 1925-30). 

Le eclatanti anticipazioni che si riscontrarono 

nell’ultimo quindicennio dell’Ottocento 39 dipesero 

essenzialmente, visto lo stato ancor 

embrionale del supporto della pubblicistica 

partigiana (eccettuato il periodico Musica 

Sacra di Milano, attivo dal 1877), dal peso 

specifico esercitato sia nelle metropoli che 

nei piccoli centri di campagna da alcune personalità 

di spicco del movimento ceciliano. 

In Piemonte, abiurati gli atavici connubi con 

gli autori chiesastici di stile operistico, fra i 

campioni della divulgazione della nuova estetica 

si imposero i salesiani: su tutti il maestro 

di coro don Giovanni Battista Grosso e il 

noto Giuseppe Dogliani, il maestro di cappella 

dell’oratorio di Valdocco che nel 1879 si 

era reso promotore di un’imponente esecuzione 

della Missa Papae Marcelli di Gio- 

36 Cfr. O. MISCHIATI, Il Concilio di Trento e la polifonia 

– Una diversa proposta di lettura e prospettiva 

storiografica, in D. CURTI, M. GOZZI (a cura di), Musica 

e liturgia nella riforma tridentina, catalogo della 

mostra (Trento, 23 settembre – 26 novembre 1995), 

Trento 1995, pp. 19-29. 

37 Cfr. F. ROMITA, Jus musicae liturgicae, Torino 

1936, pp. 136-140; G. B. KATSCHTHALER, Storia della 

Musica Sacra, (trad. it. di P. Guerrini) Torino 1910², 

pp.275-287. 

38 Cfr. N. GALLINO, Dal melodramma al cecilianesimo. 

Il ricambio della musica liturgica in Piemonte 

nella stampa militante fino al Motu Proprio di Pio X 

(1903), in Tradizione popolare e linguaggio colto 

nell’Ottocento e Novecento musicale piemontese, Atti 

del convegno (Alessandria 15-16 aprile 1997), Torino 

1999 [Il Gridelino, 19], pp. 95-118. 

39 È educativo a proposito consultare l’opuscolo di G. 

TEBALDINI, La musica sacra in Italia, Milano 1893.

vanni Pierluigi da Palestrina. 40 Poiché a Penango 

aveva sede un istituto di quest’ordine 

religioso 41 i cui seminaristi già da tempo curavano 

la parte musicale della liturgia parrocchiale, 

42 non sorprenderà che il parroco 

locale del periodo, don Giuseppe Garavelli, 

provocato dalle idee di rinnovamento dei seguaci 

di Don Bosco, avesse domandato il 

malleveria del Dogliani per entrare in contatto 

con un organaro di chiara fama. 43 E non è 

altresì motivo di stupore che il musicista salesiano 

passasse la pratica al torinese Carlo 

Vegezzi Bossi, il costruttore che in quel 1897 

stava terminando il colossale organo della 

chiesa del Sacro Cuore di Maria in Torino, 

opera simbolo del riformismo organario per i 

primigeni cultori di Santa Cecilia del capoluogo. 

44 Dimostratosi disponibile al lavoro e 

pronto ad eventuali trasferte esplorative, fra 

Vegezzi Bossi ed il prevosto penanghese si 

inaugurò un intenso carteggio culminato nella 

redazione da parte del primo del piano fonico 

del nuovo strumento a canne. Nonostante 

le probabili pressioni dei viciniori salesiani 

perché il prospetto presentatogli si concretizzasse 

quanto prima, don Garavelli, più per 

ragioni pecuniarie che musicali, volle ancora 

rifarsi al lume critico di un esperto di fiducia, 

Diodato Tironi da Casorzo, organista delle 

chiese parrocchiale e confratriali della vicina 

Moncalvo sin dal 1862. 45 

Il suo parere, prossimo all’“empietà” reazionaria 

per il disarmante realismo di cui era intriso, 

fu netto: se le difficoltà finanziarie in 

40 

Cfr. G. BERUTTO, Il Piemonte e la musica 1800- 

1984, Torino 1984, pp. 80-81. 

41 

Sito nel cosiddetto “cascino”, la villa di campagna 

venduta alla Congregazione dal barone Leonino Sabino 

nel 1880: cfr. A. MERLETTO, La figura del Conte 

Magnocavalli cit., p. 133. 

42 

APP, Libro dell’Uscita Uscita della Chiesa Parrocchiale 

[1889] c. 145: 

“All’organista e Chi[erico] Agnoli per aver suonato 

l’organo nella festa di Pentecoste 2.00 ”; 

p. 146 “ Alli Rev.mi Salesiani per l’organista nella festa 

di S. Grato 3.00”. 

43 

Cfr. Appendice, Doc. 8/a. 

44 

Si veda l’entusiastico giudizio a proposito di 

quest’organo dato da G. FOSCHINI, La musica 

all’esposizione generale italiana di Torino 1898, in 

“Rivista Musicale Italiana”, V, 4 (1898), pp. 793-798. 

45 

Arch. Parr. Moncalvo, Compagnia del SS. Sacramento, 

Libro degli ordinati e delle entrate e delle uscite 

1719-1871, c. 270. 

24 

cui versava la parrocchia di Penango avessero 

spinto il Vegezzi Bossi a cassare dal progetto 

di base tre registri di concerto (cosa che 

egli era pronto a fare 46 ), la tavolozza timbrica 

dell’organo di Penango avrebbe perso ogni 

attrattiva fonica, risultando 

“regolare […] per comunità, non già per chiese Par- 

rocchiali di campagna nelle quali volsi nei suoni molta 

vivacità”. 47 

Per quanto il culto verso Santa Cecilia fosse 

da rinsaldare, tal finalità non era perseguibile 

cogli occhi chiusi: ed al clero di provincia di 

fine Ottocento ciò era ben noto. Soprattutto 

se ad un ancor astratto concetto di liturgicità 

musicale si fosse dovuta immolare la collegiale 

partecipazione dei fedeli ai riti sacri. 

Adducendo a scusante il costo eccessivo degli 

oneri logistici sussidiari (espediente retorico 

grazie al quale si mettevano al sicuro anche 

le abitudini canore e strumentali indigene), 

don Garavelli interruppe le trattative con 

Vegezzi Bossi e si volse a sondare le ulteriori 

offerte del coevo mercato organario. 48 E il 

tentativo di mediazione fra le norme istituzionali, 

la voga secolare e la contingente disponibilità 

monetaria gli riuscì. Fra gli artigiani 

assuefatti alla novella ortodossia musicale 

liturgica, l’attenzione del sacerdote si 

46 Cfr. Appendice, Documento 8/c. 

47 Ibi, Documento 8/d. 

48 Ricordo che Giuseppe Dogliani, dopo il fallito convegno 

con Carlo Vegezzi Bossi, invitò anche 

l’organaro lodigiano Gaetano Cavalli a formulare una 

propria soluzione erettiva per la chiesa parrocchiale di 

San Grato. Tuttavia, il catalogo dei propri organi che 

questi fece pervenire a don Garavelli giunse a destinazione 

quando la convenzione con Giuseppe Gandini 

era già stata firmata (la lettera del Cavalli, datata 18 

dicembre 1897, si trova in APP, Carte riguardanti i 

Restauri e le decorazioni della Chiesa e relativo Organo 

1899).

fissò sul nome di Giuseppe Gandini, organaro 

che cominciava a muovere i primi passi 

nella diocesi casalese. In capo a meno di un 

mese, il 6 dicembre 1897, le trattative intavolate 

furono favorevolmente finalizzate. Allo 

stesso prezzo praticato in seconda istanza da 

Vegezzi Bossi (£ 2500), il varesotto Gandini 

si impegnò a costruire un organo “liturgico” 

dotato di una tastiera di 58 tasti, di una pedaliera 

di 24 e di complessivi quindici registri, 

da cui risultavano però assenti alcuni di quelli 

che avrebbero tipicizzato la sua attività 

monferrina a venire: l’”Unda maris” al 

grand’organo, l’“Eufonio”, e il “Concerto 

violini” a quello espressivo. 49 

Ignoriamo chi fu il collaudatore dell’opera 

compiuta, nel 1898: ma ciò non è oltremodo 

significativo, visto che quel che più preme è 

la dinamica intellettuale dell’avvenimento. 

Agendo d’anticipo sulle istanze che di lì a un 

lustro sarebbero divenute perentori dettami 

comportamentali, don Garavelli aderì, sacrificando 

il probabile strumento settecentesco 

di Liborio Grisanti, al movimento ceciliano. 

La sventurata perdita con cui si pagò questo 

consenso permise tuttavia al nostro di preservare 

gran parte dell’originario patrimonio 

musicale in cui si rispecchiava la sua comunità: 

cioè la “molta vivacità” dei brani 

d’organo ascoltati in San Grato. In un periodo 

privo di grandi remore storicistiche e ricco 

di timori socialistici, la personalissima soluzione 

penanghese del problema musicale 

liturgico funse da stimolo per i credenti locali, 

nel sincretismo fra il gusto del passato e 

quello del futuro prossimo, 50 ad una sempre 

maggior coesione interclassista. 

A convincente dimostrazione che le epifanie 

decentrate del cecilianesimo piemontese degli 

albori furono sfruttate più in termini di 

politica sociale che di stretta propaganda e- 

49 Vd. il progetto di riforma presentato per l’organo 

Silvera di Murisengo nel 1903 (Arch. Parr. Murisengo, 

Cart. “Organo”) e il piano fonico del’organo di 

Calliano del 1912-3 (P. CAVALLO, Da Grisanti a 

Gandini cit., pp. 34-37). 

50 Come dimostra APP, Contabilità della Compagnia 

di S. Grato (s.i.c., ad annum), nel periodo 1893-1910 

il circolo della gioventù cattolica di Penango fu allietato 

annualmente da bande musicali provenienti da 

Calliano (nella grande maggioranza dei casi), da 

Grazzano, da Zanco e da Tonco. 

25 

stetica, nella ripulsa (così come ormai non 

stava più accadendo fra le penne dei pubblicisti 

settari 51 ) di ogni estremismo culturale. 

Legenda delle sigle utilizzate nel corso 

dell’articolo: 

Archivio Comunale di Penango (ACP) 

Archivio Parrocchiale di Penango (APP) 

51 Cfr., per tutti, TH. GIOVANNINI (pseudonimo di G. 

TEBALDINI), La riforma della musica sacra in Italia 

dopo il decreto ed il regolamento del luglio 1894, in 

“Rivista Musicale Italiana”, III, 2 (1896), pp. 329-349.

Appendice Documentaria 

1 

APP 

1856 

Libro Mastro della Reggenza della Chiesa Parrocchiale di Penango 

[1726 –1763 e 1856-1857, s.i.c.] 

[1856] 

Pagato per far tingere la cortina dell’organo compreso la fattura e l’occorrente 3,75 

2 

ACP 

1861, maggio 31 

Fald. 36 [provv.] 

Mandati 

[Foglio protocollo accluso 

recante data 1861, maggio 2, f. 1 r-v] 

Ill.mi Sig.ri 

Occhiale Giovanni fu Luigi di Penango avendo sino dal principio del mese di ottobre 1860 accettato 

l’incarico di organista della Chiesa Parrocchiale a cui le veniva affidato da questo Municipio 

per l’annua gratificazione di lire sessanta ricorre per avere il mandato di detta somma 

obbligandosi di continuare in detta qualità sino al compimento dell’annata 

E della grazia etc. 

L’anno mille ottocento sessantuno ed alli due di maggio in Penango 

Il consiglio comunale legalmente adunato in prosecuzione dell’ordinaria sessione di primavera 

intervennero oltre al sig. Sindaco Cima Lodovico , li Sig.ri Consiglieri Biletta Stefano, Cavallero 

Giovanni, Nosenzo Tommaso, Firato Pietro Antonio, Oddone Giuseppe, e Firato Pietro 

fu Luigi, 

Vista ed esaminata [sic] l’avanti esteso ricorso del sig. Occhiale Giovanni quall’Organista di 

questa Chiesa Parrocchiale 

Vista l’imposta fatta nel bilancio 1861 nel Tit. 1 Cat. 8 art. 32 per il detto oggetto in lire sessanta 

Il sullodato Consiglio manda rilasciare al detto Occhiale un mandato di lire sessanta somma 

eguale a quella bilanciata con che sia tenuto a proseguire in detta qualità sino al 1 ottobre p.v. 

epoca in cui finisce l’annata […] 

3 

ACP 

1864, novembre 20 

Affari di culto 1864-1870 

Fald. 541. 

[Foglio protocollo, 1 r-v] 

Verbale del Consiglio Comunale in ordine all’imposta in bilancio 1865 per l’aggiustamento 

dell’organo della chiesa Parrocchiale di Penango. 

26

L’anno mille otto cento sessanta quattro il venti di novembre in Penango e nella Casa Comunale. 

Il Consiglio Comunale adunato in continuazione dell’ordinaria sessione di autunno, intervennero 

oltre al Signor Sindaco Biletta Stefano, li Sig. Consiglieri Ferraris Pietro, Barberis Pietro, 

Oddone Giuseppe, Gagliardone Stefano, e Manacorda Maestro Vittorio componenti per tutti il 

numero legale siccome in prosecuzione di seduta. 

Il sindaco espone che ad istanza dei Sig. Consiglieri del Capo luogo venne imposto alla Categoria 

decima spese speciali del Titolo primo lire due cento cinquanta sugli intenti del Capo 

luogo, per aggiustamento dell’organo esistente in detta chiesa Parrocchiale, e e [sic] richiede 

dal presente Consiglio che sia autorizzata la Giunta municipale di far eseguire le necessarie 

operazioni da persona dell’arte, ben inteso che la spesa non abbia a rilevare oltre all’imposta 

per il che si eccita a deliberare. 

Il consiglio premessa lettura del sovra esposto e ritenuto che la relativa spesa di dette riparazioni 

sarebbe stata imposta a carico dei proprietarii del Capo [1v] luogo sull’istanza dei sig. 

Consiglieri locali, autorizza la Giunta Municipale a fare eseguire le riparazioni allo stesso organo 

da persona dell’arte; e rilasciare al medesimo quanto la Giunta riconoscerà essere dovuto 

per dette opere, ben inteso che la spesa non abbia ad eccedere quella stabilita in bilancio di lire 

due cento cinquanta. 

E messo il presente alla votazione per appello nominale venne approvato con tutti i voti favorevoli 

in numero di sei, e così nessun contrario. 

E precedente lettura e conferma si è sottoscritto il Sindaco, Assessore anziano e Segretaro. 

4 

APP 

1865, gennaio 13-15 

Libro dell’Uscita 

Uscita della Chiesa Parrocchiale 

[c. 33] 

id [gennaio] 13 Pagato a Giavarino di Calliano per la condotta delle canne dell’Organo da 

Asti 3.50 

id 15 Pagato al Giovanetto Pastore che servì per giorni 12 l’organaro 6.60 

5 

ACP 

1865, aprile 15 

Mandati 

Fald. 40 [provv.] 

[Verbale di adunanza della giunta municipale] 

L’anno mille ottocento sessanta cinque alli quindeci di Aprile in Penango e nella sala delle 

Congreghe Consolari. 

Si è adunata precedente avviso in iscritto la Giunta Municipale di Penango sotto la presidenza 

del Sig. Gagliardone Stefano Sindaco, e nelle persone delli signori Assessori Occhiale Giovanni 

con l’assistenza del Segretario 

Visto il verbale di questo Consiglio in data 20 novembre ultimo col quale sarebbe stato deliberato 

l’aggiustamento dell’organo di questa Chiesa Parrocchiale, come pure risulta autorizzata 

la presente Giunta di far eseguire le riparazioni da persona dell’arte, con che però la spesa non 

avesse a rilevare oltre a lire due cento cinquanta come da imposta fatta in bilancio 1865 categoria 

decima contabilità speciale; 

27

Visto che le riparazioni eseguite al detto organo dal Sig Vittino Giuseppe fabbricatore di organi 

della città di Asti avrebbe oltrepassato di lungo della somma imposta, e che l’eccedenza 

sarebbe stata pagata con redditi proprii della fabbriceria di detta Chiesa 

Risultando che le riparazioni sarebbero state eseguite lodevolmente come risulta da visita fatta 

seguire dal Sig Organista Rolfo di Murisengo. 

La Giunta a mente del verbale avanti citato di questo Consiglio Comunale 20 9mbre manda 

rilasciarsi al predetto Sig Vittino fabbricatore un mandato di dette lire duecento cinquanta da 

prelevarsi al Tit.1 Cat. 10 art. 40. 

E precedente lettura si è sottoscritta […] 

6 

APP 

1865, giugno 7 

Libro dell’Uscita 

Uscita della Chiesa Parrocchiale 

[c. 33] 

Giugno 7 A Corrado Stifano Falegname per la pedalliera dell’organo 10 

7 

APP 

1873 

Risposte a quesiti proposti dall’Ill.mo e Rev.mo Vescovo di Casale in precedenza alla visita 

pastorale nella parrocchia di Penango Diocesi di Casale 1873 

[c. 5] 

26 Organo: se vi sia e in quale stato si trovi 

26 Vi è organo ristorato or son quattro anni [sic] a spese del Comune, a richiesta dei Fabbricieri 

della Chiesa che n’è la proprietaria: è l’antico organo della Chiesa di Calliano. 

8 

APP 

Carte riguardanti i Restauri e le decorazioni della Chiesa e relativo Organo 1899 

[Volume di carte rilegate] 

8a 

1897, ottobre 21 

Lettera di Carlo Vegezzi Bossi all’arciprete Giuseppe Garavelli di Penango 

[minuta, r-v] 

Rev.mo Signor Prevosto, 

Di questi giorni l’egregio maestro Dogliani venne da me per riferirmi che l’incarico di V. S. 

Rev.ma m’invita a presentare il progetto per il nuovo rogano da costruirsi nella nuova Chiesa 

di Penango. 

Siccome mi disse che la Chiesa non può disporre di Forte spesa così cercherò di fare quanto è 

più possibile artistico colla minor spesa. 

Sabbato [sic] 23 cor. verrò costì oppure manderò [1v] mio incaricato per la presentazione [del] 

progetto e, se del caso per la firma del contratto. Voglio sperare si potrà conchiudere poiché 

28

per parte mia nulla tralascerò per cooperare a fornir a V. S. Rev.ma un buon strumento col 

minor prezzo. Sarò ben lieto se mi sarà dato di collocare in Penango una mia opera fiducioso 

che che la buona riuscita attirerà altre ordinazioni e così aprirmi una nuova strada. In attesa, 

m’è caro sottoscrivermi della S. V. Rev.ma 

Devot.mo 

C. Vegezzi Bossi 

8b 

1897, ottobre 25 

Comunicazione di Carlo Vegezzi Bossi a don Giuseppe Garavelli 

[cartolina postale] 

Torino, 25 ottobre 97 

Rev.mo Signore, 

Contrariamente a quanto dissi nella mia del 21- non mi sarà possibile venire costì che per la 

domenica 31 corr. Spero questo ritardo non disturberà V.S. Rev.ma; in caso contrario mi favorisca 

un cenno di riscontro a questa mia, che vedrò di regolarmi secondo il suo desiderio. Colla 

massima stima, e ossequio, mi sottoscrivo della Sig.ria V. Rev.ma 

Obbligat.mo C. V. Bossi 

8c 


Lettera di Carlo Vegezzi Bossi a don Giuseppe Garavelli a corredo del piano fonico compilato 

dal primo. 

[Foglio] 

Torino 5 Novembre 1897 

Rev.mo Signore, 

Mi ricresce che la S. V. Rev.ma non possa disporre per un organo di £ 3300. Pazienza, lo faremo 

ridotto a £ 2500 e ugualmente buono. Resta inteso che lo adatteremo alla cassa ora esistente. 

Benché V. S. Rev.ma abbia detto al mio Sig. Consoli che non vuol prendere la spesa di 

trasporto a suo carico, la prego però di accettarla poiché su questo prezzo non posso proprio 

sobbarcarmi a questa spesa. In caso però non voglia proprio occuparsene allora lo prego di 

aggiungere alla somma £ 100, ed in questo caso m’incarico di darlo alla stazione di Penango 

oppure alla più vicina in caso non vi siano trasporti alla piccola in quella di Penango. V. S. 

Rev.ma non avrà che a mandare due carri pel trasporto dalla stazione alla chiesa. Va bene ? 

Creda che per la S. V. Rev.ma faccio un vero prezzo di favore epperciò spero che mi farà poi 

il pagamento a saldo a termine non volendo disporre di alcuna somma all’atto del contratto. In 

attesa d’un cenno di riscontro, tanto per mia norma ringrazio per il cortese invito fattomi e per 

le cortesie usate al mio sig. Consoli. 

Colla massima stima mi sottoscrivo della S. V. Rev.ma 

Devot.mo Carlo Vegezzi Bossi 

8d 


Brutta copia di una lettera di Don Giovanni Garavelli a Carlo Vegezzi Bossi 

[minuta, r-v] 

29

Penango 11 Novembre 97 

Stim.mo Signore, 

Come ricevetti la pregiatissima sua lettera del 5 corrente Novembre, coll’unito progetto per 

Organo a questa nostra Chiesa Parrocchiale, mi rivolsi al Signor Tirone valente organista della 

qui vicina Città di Moncalvo, il quale oggi ebbe la gentilezza di rispondermi che l’organo diminuito 

dei registri 8-9 e 11 riuscirebbe bensì regolare ed adatto per una comunità, non già per 

una chiesa Parrocchiale di campagna nelle quali volsi nei suoni molta vivacità. Ora non potendo 

io sobbarcarmi alla spesa, di cui nel progetto, senza la diminuzione dei tre predetti Registri, 

mi toccherà per ora rinunziare al piacere di affidare alla S. V. il proggetto lavoro [v] tanto 

più che ella vorrebbe a mio carico la condotta dei materiali e non concederebbe mora di sorta. 

Dolente di non potere conchiudere le trattative la riverisco e saluto di cuore e 

Mi proffesso 

Dev. Servo 

8e 

1897, dicembre 3 

Progetto di Giuseppe Gandini per il rinnovamento dell’organo 

[foglio] 

Progetto per la custruzione [sic] di un nuovo organo da 8° piedi Reali principiando dal Do 

grave cromaticamente al Fa [sic] sopraguto da tasti 58 per la chiesa parochiale di Penango 

Parte Meccanica 

1° Somiere costruito a nuovo sistema 

2° Vari Somieri per la basseria, 

3° Pedagliera da 24 pedali 

4° Elegante tastiera d’osso bianco coi diesis d’ebbano massiccio 

5° Registrazione a bottoni sopra la Tastiera 

6° Macchina pneomatica per alzare i mantici da gire a manubrio e suficienti 

7° Terzo piede distacco del tasto 

8 pedale per il solo ripieno 

9 Pedale per il mezzo forte 

10 Pedaletti per introdurre vari registri di concerto senza staccare le mani dalla tastiera 

11 La meccanica e costruita tutto a nuovo sistema, pronta agile e silenziosa 

Parte Fonica Ripieno 

1° Principale da 8° Bassi e Soprani 58 stagno 

2° Principale da 8° 2° Bassi e Soprani 58 stagno misto 

3° Ottava Bassi e Soprani 58 “” 

4° Decima quinta 58 “” 

5° Quattro file di ripieno 252 “” 

Registri di Concerto 

1° Flauto da 8° piedi Soprani 34 “” 

2° Flauto da 4° piedi Bassi e Soprani 58 “” 

3° Viola da 8° piedi Bassi e Soprani principiando al 2° Do il rimanente servirsene del Principale 

da 8°, questo si fa per non avere suficiente [sic] posto 58 “” 

4 Violino da Concerto, Soprani da 8° piedi 34 “” 

5 Fagotto Bassi e Tromba soprani da 8° p. 58 “” 

Registi [sic] alla pedagliera 

1° Contrabassi da 16 piedi 24 legno 

30

2° Ottave di rinforso [sic] da 8° piedi 24 “” 

Da eseguire questo progetto godendo le Canne di faciata [sic] esistente, e retirando la materia 

dell’organo vecchio sarebbe la somma di £ire 2500, Duemila e cinque cento. A questo prezzo 

resta a carico dei signori comitenti il trasporto del materiale dalla stazione più vicina al paese, 

il tiramantice per tutto il tempo della cordatura, il mantenimento e la loggio [sic] per il fabbricatore; 

il rimanente le altre spese sono tutte a mio carico. 

Sto garante per dieci anni, salvo inconvenienti che non derivano dalla costruzione, mi sottopongo 

al colaudo di qualunque maestro di musica perito inteligente dell’arte, per il pagamento 

in due rate la prima a opera ultimata e colaudata la segonda entro l’anno successivo. 

Penango 3 Dicembre 1897 

Il Fabb.re Giuseppe Gandini 

Giuseppe Garavelli Prevosto 

8f 

1897, Dicembre 6 

Scrittura privata per il rinnovo dell’organo fra Giuseppe Gandini e Don Giuseppe Garavelli 

[Foglio protocollo, 1 r-v] 

Per la presente privata scrittura rimane inteso che il Sig. Gandini Giuseppe di Varese fabbricherà 

per la Chiesa Parrocchiale di Penango un organo secondo il progetto del prefato Gandini 

consegnato al parroco di Penango D. Giuseppe Garavelli, portante la data 3 Dicembre 1897. 

La fabbricazione dell’organo deve essere fatta secondo le regole dell’arte, adatta all’orchestra 

e alla cassa esistente nella detta Chiesa e colle modificazioni suggerite dal Sig. Maestro Tironi. 

Per questa fabbricazione e per le griglie occorrenti per la Basseria e per tutti i lavori in legno, 

ferro ed altro, occorrenti all’impianto dell’organo, il Parroco corrisponde al prefato Sig. 

Gandini lire duemilacinquecento (2500) da pagarsi in due rate la prima appena ultimato e collaudato 

il lavoro, la seconda entro l’anno successivo. Il detto lavoro deve essere finito e collodato 

per il 31 Marzo p. venturo 1898. Il Gandini garantisce il suo lavoro cioè [v] l’organo per 

anni dieci, salvo gli inconvenienti che non derivano dalla costruzione. 

Il parroco d’altronde corrisponderà al solo fabbricatore Sig. Gandini l’alloggio e il vitto nel 

tempo dell’impianto, più procurerà al fabbricatore una persona a tirare i mantici. Il materiale è 

a carico del Sig. Gandini. La condotta dell’organo è a carico del Sig. Gandini da Varese a 

Moncalvo, e del parroco da Moncalvo a Penango. 

Penango 6 Dicembre 1897 

Giuseppe Garavelli Arciprete 

Gandini Giuseppe 

Sac. D. Giuseppe Milano parroco di Cioccaro – teste- 

Quirino Felice teste 

31


VITALISMO IMPLICITO: LINEAMENTI DI UNA FILOSOFIA DELLA VITA 

(terza parte) 

(Le precedenti puntate sono state pubblicate 

sui numeri 10 e 11) 

Capitolo settimo - Vita arte e lavoro 

L’arte, suono o segno, cioè musica, pittura, 

scultura, architettura, danza è una manifestazione 

della vita. L’artista è colui che 

ama e comunica agli altri il suo amore. 

La vita non nasce dalla musica, ma la musica 

dalla vita. Tutte le arti sono emanazioni, 

espansioni, rappresentazioni della vita. 

Possono descrivere, imitare, commentare, 

interpretare la natura e l’uomo stesso, nella 

sua realtà fisica, spirituale, sentimentale, 

subcosciente. Oggetto dell’arte è la vita; 

fine dell’arte è la vita stessa, modificata, 

arricchita, nobilitata. 

Le prime opere d’arte figurativa della preistoria, 

nel paleolitico superiore, rappresentano 

uomini e animali. Per millenni, dai 

Sumeri, agli Egizi, ai Greci, l’arte ha rappresentato 

la vita. Tutte le correnti di arte 

non figurativa sono proiezioni della vita 

subcosciente. 

L’architettura domestica ha il fine di proteggere 

la vita nel modo migliore. A questo 

fine mirano le continue innovazioni tecniche, 

antisismiche, antimagnetiche, antiacustiche 

e i vari servizi interni. L’architettura 

pubblica, come arte e stile è proiezione 

dell’ideatore e come destinazione è opera a 

servizio della vita di aggregazione, necessaria 

per la formazione della società e lo 

sviluppo armonico della persona umana. 

Anche la musica è manifestazione vitale di 

un particolare talento che descrive e commenta 

la natura o le passioni umane, a livello 

cosciente o inconscio. 

32 

Le arti minori e le arti applicate hanno lo 

stesso scopo: dare forma bella ad ambienti 

e oggetti utili alla vita umana, nelle sue esigenze 

fisiche, sentimentali, simboliche. 

Una vetrata, un quadro, una sedia, una 

bandiera, un anello rispondono ad esigenze 

vitali. 

Il lavoro, in quanto azione, è 

un’emanazione della vita di un soggetto 

autocosciente e libero che potenzia se stesso 

o altro da sé. I rapporti tra vita e lavoro 

sono strettissimi in quanto nessun lavoro è 

possibile senza la vita e tutti i lavori, a ben 

riflettere, hanno lo scopo più o meno immediato 

di conservare, proteggere, migliorare 

la vita. Al limite, questo scopo è perseguito 

anche quando il derubato uccide il 

ladro, o il ladro uccide il carabiniere per 

conservare la propria vita. La liceità o meno 

di queste azioni dipende dalle circostanze 

che devono essere valutate in sede morale 

e legale. 

Il caso in cui si toglie la vita a un altro, 

senza che la propria sia in pericolo, (es. 

l’infermiere che sopprime i malati gravi 

inguaribili) rientra certamente tra le azioni 

non autentiche, perché non hanno il fine di 

conservare la vita. Ovviamente, per la stessa 

ragione, tali azioni non possono essere 

imposte per legge, in quanto ogni legge 

deve avere un minimo contenuto etico, nel 

quale è necessariamente incluso il rispetto 

della vita. Quindi sono illegittime tutte le 

leggi razziste, come quelle che hanno provocato 

l’olocausto. 

Anche nel mondo vegetale si può osservare 

un coordinamento delle leggi naturali al fine 

di conservare la vita. Le radici assorbo-

no gli alimenti, i tronchi e i rami li portano 

alle foglie, ai fiori, ai frutti, destinati a uomini 

e animali; poi il seme prepara future 

piante. Pure nel regno animale si osserva il 

rispetto di questa legge: dalla caccia, agli 

amori, alla cura della prole, tutto è diretto 

alla conservazione della vita nella specie. 

Basta una breve riflessione per comprendere 

che quasi tutte le attività umane sono finalizzate 

alla conservazione della vita: 

l’agricoltura, l’edilizia, il commercio, 

l’industria, la scuola, la medicina, i mezzi 

di comunicazione, le leggi, i tribunali, le 

prigioni, la difesa, l’arte, la religione hanno 

nella loro ideologia e in tutti i particolari 

delle loro strutture la concezione del vitalismo 

implicito: cioè riconoscono il valore 

fondamentale della vita, anche senza averlo 

dichiarato esplicitamente, perché norma 

fondamentale del senso comune. Questo 

vitalismo implicito, di fatto applicato in 

molti settori della vita sociale, è bene che 

diventi esplicito e sia esteso anche a quei 

settori che lo ignorano o lo disattendono, 

con grave danno della società. 

Poiché il lavoro è emanazione della vita 

che perfeziona se stessa o altro da sé, 

l’assenza del lavoro priva la vita della sua 

espansione, riduce la sua funzionalità fino 

a portarla alla morte. Infatti chi in carcere è 

condannato all’inerzia, può subire 

un’involuzione della personalità fino 

all’abulia. Molti disoccupati o neopensionati 

cadono in depressione. La disoccupazione 

è un problema sociale e politico 

mondiale, poiché il lavoro è effetto e causa 

della vita. 

Secondo il nostro punto di vista è erronea 

la concezione del lavoro per il lavoro, cioè 

che il lavoro è fine a se stesso. Quasi tutti i 

lavori richiedono fatica e sofferenza; anche 

il lavoro artistico sovente è associato alle 

sofferenze della ricerca e della difficoltà di 

raggiungere la perfezione voluta 

dall’artista. Ma ogni sofferenza esige una 

giustificazione che il lavoro per il lavoro 

non può dare. 

Anche la concezione del lavoro per il solo 

profitto è erronea, perché può portare alle 

conseguenze di un disumano sfruttamento 

dei lavoratori e di tutti gli acquirenti dei 

33 

prodotti, venduti a prezzi superiori al loro 

valore reale. 

Per concludere: tutte le leggi riguardanti 

l’arte e il lavoro, per essere norme positive, 

legittime, devono rispettare il principio del 

vitalismo implicito o esplicito. 

Capitolo ottavo - Vita scienza e tecnica 

La scienza è conoscenza e come tale è inconcepibile 

senza la vita. Che la vita sia 

fonte e stimolo della speculazione è stato 

dimostrato nel capitolo secondo di questo 

saggio. 

Il termine “scienza”, il cui significato si è 

arricchito col passare del tempo, comprende 

tutti i rami dello scibile umano, che 

vanno dalla più semplice sensazione alla 

più astratta speculazione. La vita è il fondamento 

della scienza, intesa come attività 

del soggetto conoscente, ma lo è anche nel 

senso che, direttamente o indirettamente, la 

vita è oggetto unico della scienza. Anche la 

scienza per la scienza o la scienza per il 

profitto, in ultima analisi, si risolvono in 

scienza della vita e per la vita. 

Quella che in un certo momento storico 

può essere definita scienza per la scienza, 

in un periodo successivo può portare a scoperte 

con fini pratici a servizio della vita. 

La scienza astrofisica e astronautica potrebbe 

permettere in un futuro lontano il 

trasferimento del genere umano in altri 

corpi celesti, se le mutate condizioni sulla 

terra fossero incompatibili con la vita umana. 

Nell’ipotesi che la scienza per la scienza 

non possa tradursi in scienza applicata, resta 

pur sempre un’attività che arricchisce la 

conoscenza, quindi la vita, di chi ad essa si 

dedica. 

Il profitto non può essere l’ultimo effetto 

della scienza, perché esso è necessariamente 

una realtà nuova che sfocia nella società 

e produce effetti a catena. È vero che il 

profitto, come ogni altra attività umana, 

può essere destinato a distruggere la vita, 

ma tale comportamento è conseguenza di 

una pazzia più o meno lucida, incompatibile 

col comune buon senso. 

Tutti i rami della scienza: dottrina della 

scienza, filosofia della scienza, scienza giu-

idica, scienza normativa, scienza sperimentale, 

scienza critica, scienza applicata, 

scienza morale, scienza positiva, scienza 

sociale, sono autentiche, positive e legittime 

se e in quanto riconoscono la posizione 

prioritaria del valore vita. 

Per quanto riguarda i rapporti tra vita e 

tecnica si può fare un discorso analogo. La 

tecnica è l’impiego di strumenti e procedimenti 

specifici per la maggiore e più facile 

esecuzione di qualsiasi opera, sia nel campo 

materiale che in quello speculativo. La 

tecnica è autentica e legittima solo e in 

quanto è ispirata al più grande rispetto della 

vita. La concezione vitalistica esige che 

la tecnica, nei fini che si propone e nei 

mezzi che usa, rispetti il valore vita in tutte 

le sue forme. A questo principio devono 

ispirarsi tutte le leggi relative a sanità, alimentazione, 

urbanistica, edilizia, comunicazioni, 

inquinamento, astronautica, biogenetica, 

informatica e tutti i settori in cui 

l’uomo produce dei beni o fruisce di essi. 

In molti settori continuamente emergenti 

dalle nuove tecniche, mancano leggi in difesa 

della vita. 

Capitolo nono - Vita società e politica 

È evidente che la società è un insieme di 

esseri viventi in relazione tra di loro. In un 

certo senso si può parlare di società anche 

riguardo al regno vegetale e ancor più riguardo 

al regno animale. 

Limitando la nostra considerazione alla società 

umana, notiamo che la società è fondata 

sulla vita, e a sua volta la vita sboccia 

in seno alla società. È autentica la società 

che protegge la sua sorgente. 

Non è nostro compito qui analizzare i 

complessi problemi circa la natura e le finalità 

della società. Basti ricordare che, 

34 

sulla scorta di Aristotele e di S. Tommaso, 

una legge naturale e un diritto naturale rendono 

possibile la convivenza sociale. 

“L’uomo che si ritiene autosufficiente o è 

un animale bruto o un dio” (Aristotele). 

L’uomo è per natura un essere che ha bisogno 

degli altri: dalla famiglia riceve 

l’essere, dalla società ha diritto di avere il 

benessere. Questo benessere è autentico se 

rispetta la vita e la natura dell’uomo, che 

ha l’esigenza fondamentale di godere della 

libertà. Ma poiché questa esigenza è di tanti 

individui, ecco la necessità di una legge e 

di un’autorità. È civile una legge e 

un’autorità che non emanano leggi contro 

la vita, cioè leggi che autorizzano l’aborto, 

la distruzione di embrioni, l’eutanasia, la 

pena di morte e certe manipolazioni genetiche. 

Società e politica sono intimamente 

compenetrate poiché una società civile è 

tale se regolata da leggi come quelle descritte 

nel capitolo quarto, e retta da un legittimo 

governo. L’attività politica che crea 

i parlamenti e i governi, è autentica e positiva 

se è ispirata agli stessi valori riconosciuti 

e rispettati da una sana società, come 

è stata sopra delineata. 

Stretti e complessi i rapporti tra legge, politica 

e morale. Le posizioni dei politologi 

sono diverse: alcuni sostengono l’assoluta 

estraneità tra politica ed etica; altri ritengono 

che vi sia un legame inscindibile tra politica 

ed etica. Il Croce, nella sua opera 

Storiografia e idealità morale, afferma: “E 

si vuole asserire l’assoluto divieto di deroga 

alle leggi morali per la politica e la «ragion 

di Stato», perché mai e poi mai si dovrà 

consentire che la moralità conceda di 

fare quel che la coscienza, cioè essa stessa, 

dichiara che non è da fare a nessun patto”. 

Ma una coscienza informata e ben formata 

non può non apprezzare la vita.

CURIOSITÀ 

TUNNEL SI, TUNNEL NO 

(Le proposte di don Bolla) 

Dalla metà degli anni ’40 e per un bel decennio 

la questione della costruzione di un 

tunnel sotto la collina di San Francesco per 

deviare dal centro abitato il traffico della 

statale Asti - Casale fu tema di discussione 

e polemica ricorrente in Moncalvo. 

Anche il bollettino parrocchiale “La buona 

parola” entra nel dibattito: dal numero 9-10 

del settembre - ottobre 1950 riportiamo - 

35 

mantenendone anche l’impostazione grafica 

- un intervento che ribadisce le posizioni 

del parroco di allora, mons. Giuseppe Bolla, 

sempre attento non solo ai problemi spirituali, 

ma anche alle istanze materiali dei 

suoi parrocchiani. 

Si ringrazia Rita Marzano, che ha cortesemente 

fornito alcuni numeri dell’ormai 

prezioso bollettino. 

“La spinosa questione è ritornata alla ribalta con probabilità più decisive dall’intervento che il 

governo ha impegnato. 

Sulle labbra della gente fioriscono con contrastante insistenza queste diverse aspirazioni: 

1) - Utilizzare lo stradale della Valle Scura per Grazzano, con sistemazione di due grandi 

curve, una nell’incrocio con la salita per S. Maria, e l’altra nell’unione con la provinciale a fondo 

Corso Umberto. 

2) - La già progettata direttissima Asti - Moncalvo -Stazione, che evita tutte le salite. 

3) - Unire la salita dal tirasegno alla cascina Madonnina con brevissimo tunnel, arrivando alla 

provinciale per Asti nell’incrocio, della strada di Grazzano con Corso Umberto. 

4) - Supposta la necessità o la decisione di attuare un tunnel: 

a) tenendo presente che non deve funzionare da stradale nazionale il Corso Umberto, 

perchè troppo pericolosamente contornato di abitazioni e frequentatissimo di bambini e di 

pedoni per lo Stabilimento dell’AMSA.; 

b) che già per errore precedente e cioè nella costruzione del tronco ferroviario Ponzano - Castell’Alfero 

la nostra città ebbe il danno irreparabile di doversi estendere a Nord invece che 

nel magnifico versante Sud (valletta e filanda). 

c) che è doveroso far ogni sforzo per conciliare realisticamente in questa occasione e con 

sguardo all’avvenire i maggiori vantaggi cittadini con la soluzione di questa correzione stradale. 

5) - Si propone a discussione un nuovo stradale che distaccandosi dalla provinciale al principio 

della salita nei pressi della ex fornace, formi una nuova strada periferica che passando tra 

lo Stabilimento AMSA e la Distilleria, prosegua fino all’altezza da costruire una grande curva 

a 45 gradi ed entri nel tunnel che raggiungerà il tracciato precedentemente stabilito dal retro 

del garage Bianco fino al tirasegno. 

Così Moncalvo, che è sempre stata priva di un’area fabbricativa. potrebbe salutarmente ampliarsi 

nel versante Sud, la parte sua più salubre e meglio esposta al sole. In regime democratico 

non è spiegabile che la popolazione Moncalvese debba restare estranea nelle varie 

fasi di preparazione e di criteri di scelta della forma e della località di un’opera così importante 

e duratura, in relazione appunto agli interessi cittadini presenti ma precipuamente futuri. 

Invochiamo dunque che, nel costume corrente in paesi veramente democratici, la rappresentanza 

più atta a riflessioni e ragionamenti, libera da interessi particolaristici e da partito preso, 

sia invitata con sollecitudine dal Comune a discutere ed accordarsi sul progetto che sarà giudicato 

più utile, onde presentarlo all’Autorità competente che certamente lo prenderà in considerazione 

per la decisione definitiva".

RILETTURE 

ARRIVA IL CINEMATOGRAFO 

(Cesare Vincobrio riletto da Corrado Camandone) 

LII. 

Iar seira, dop la solita baldoria Ieri sera, dopo la solita baldoria 

Ai Trei Re Vecc, m’han facc al sourtiment Ai Tre Re Vecchi, mi hanno fatto la proposta 

D’andà al cinematografo Vittoria Di andare al cinematografo Vittoria 

Tant csì par piasi ‘n po’ ‘d divertiment. Così, tanto per prendersi un po’ di [divertimento 

Ladarr, sasínn, scaladi, apoustamentt Ladri, assassini, appostamenti 

Tuta seira l’è stacc la stesa storia: Tutta la sera è stata la stessa storia: 

Robi, robi da sorti ‘d sentiment, Cose, cose da far uscire di mente, 

Da perdi l’intelet e la memoria! Da perdere l’intelletto e la memoria! 

Mi ‘ntant pensava: - Se ‘des par daboun Io intanto pensavo: Se adesso davvero, 

A quaicadun ‘d sa brusca coumpanía A qualcuno di questa losca compagnia 

Ai tacheis ‘d sbourà su d’ant is tendoun Saltasse in mente di venir giù da quel tendone 

E da vnì qui tra noui, coul l’è ‘n ambrœui! - E venire qui tra noi, sì che sarebbe un 

[problema! 

E ‘ntant mi tniva l’œucc a la sourtía E intanto io tenevo d’occhio l’uscita 

E la man ancioudà ‘ns al portafœui. E la mano inchiodata sul portafoglio. 

Nel 1925 il cinema era da poco arrivato a Moncalvo. Il nostro poeta, con poche parole e il solito 

tono sorridente, mette in risalto due fatti: la forza rappresentativa del cinema e il prevalente 

argomento messo in scena. 

Se il cinema non toccasse intimamente le persone, sarebbe già morto. Uno dei primi spettacoli 

cinematografici presentava l’arrivo del treno. L’impressione era così forte che le delicate signore 

ogni tanto svenivano per la sensazione di essere investite. 

Oggi, anche se siamo più abituati, senza svenire, siamo toccati nell’intimo da scene, problemi, 

discorsi diffusi dallo schermo. Il nostro simpatico poeta teneva d’occhio la porta per scappare 

e la mano sul portafoglio. 

Il cinema, oggi anche in casa, grazie alla televisione e il videoregistratore, ha preso il posto, in 

gran parte, dei libri. Non parliamo poi dei giovani, alcuni dei quali svengono per aver esaurito 

tutte le loro energie davanti allo schermo dei videogiochi, una specie di cinema fai da te. Come 

argomento dei film, oggi, a distanza di un secolo dalla sua nascita, siamo ancora allo stesso 

punto: ladri, assassini, assalti, storie gialle o nere; in più abbiamo aggiunto fantascienza, 

sesso e horror. 

Il film è entrato nella cultura, ma la produzione positiva è ancora in minoranza. Le persone 

mature possono assaggiare tutti i film che vogliono, ma prima di digerirli li giudicano col loro 

buon senso. 

36

LIII. 

J era lì dnan da noui in fancioutin C’era lì davanti a noi un ragazzino 

Che tut la seira l’era restà ‘n pe, Che tutta la sera è rimasto in piedi, 

Rapi ‘n countemplasioun ‘d coui bei afè, Rapito in contemplazione di quelle belle 

cose, 

Coun al co teis par veddij pu d’avsin. Col collo teso per vederle più da vicino. 

In bel moument però s’è voutà ‘ndrè Un bel momento però s’è voltato indietro 

E mi ‘1 l’ho d’lounc bourdà: - Neh, bel bioundin, E io l’ho subito bloccato: - Neh, bel biondino, 

Cme ch’l’è ‘1 to nom? Mi soun al sour Coulin.. - Com’è il tuo nome? Io sono il signor Coulin.- 

E chil succ, succ: — Mi soun ‘n habitué. - E lui asciutto, asciutto: - Io sono un habitué 

- 

-Bo - j ho pensà - ‘1 sarà ‘l mestè ‘d so pari — - Bo - ho pensato - sarà il mestiere di suo 

[padre - 

- E ti, ch’a t’am dirai ch’a soun curious, - E tu, mi dirai che son curioso, 

Voeuti fa ‘1 paisan o l’ouperari ? - Vorresti fare il paesano o l’operaio ? - 

Chil l’è stacc pensierous in moumentin, Lui è stato pensieroso un momentino, 

Po’, coun j œucc al tendoun, am fa sout vous: Poi, con gli occhi allo schermo, mi fa [sottovoce: 

- Mi, quand ch’a sarò grand, fas al sasín. - - Io, quando sarò grande, faccio 

l’assassino. - 

Continua l’analisi del cinema e la sua influenza sui giovani. 

Il nostro poeta sta osservando un ragazzino che beve con gli occhi le figure che si muovono 

sullo schermo. Il poeta-spettatore si presenta al ragazzo dicendo il proprio nome e gentilmente 

gli chiede come si chiama. Il bel biondino, senza staccare gli occhi dai suoi eroi, risponde con 

un aggettivo: habitué, cioè frequentatore assiduo dei cinespettacoli. Allora il poeta-psicologo 

pone una domanda intelligente per conoscere le idee che girano nella testa di un ragazzo che 

dà tanta importanza e tempo e credito ai messaggi del cinema: “Bel biondino, che segui tanto 

il cinema, da grande, cosa vorresti fare? il contadino o l’operaio?“. Il ragazzo spara una risposta 

congelante: “Quando sarò grande, farò l’assassino”. 

Una scelta di questo tipo si spiega solamente col fatto che lo schermo ha presentato l’assassino 

come un essere intelligente, coraggioso, che sfida le forze dell’ordine, che fugge magari dalla 

prigione e coi soldi rubati si dà alla bella vita. Comunque, anche punito e giustiziato è diventato 

una persona famosa. 

Oh, la fama, la grande droga anche dei nostri tempi, ritenuti furbi, evoluti, liberi da ogni tabù. 

Essere famoso, cioè conosciuto da tante persone, a qualunque costo: vestiti o nudi, con calendario 

personale o senza, con la testa rapata o chiuso nella gabbia del Grande Fratello, personaggio 

di quiz o di spot, protagonista di beghe pietose in pubblico o di scherzi fiacchi, tutto si 

fa pur di affacciarsi alla finestrina dello schermo televisivo, magari con la speranza, spesso delusa, 

di fare tanti soldi. 

Quando la cronaca ci parla di un delinquente minorenne, si riprende l’antica lagna: “Colpa 

della famiglia, della scuola, della televisione” . Di questi tre chi è più forte? La televisione. 

Ma nulla cambia. Cosa dire? povero popolo o povero governo? 

37

NOTIZIE 

MOSTRA DI EMMA FASSIO 

Dal 25 agosto al 9 settembre la Casa Montanari 

ha ospitato la mostra “Pulsioni, vita 

e fibra in movimento” di Emma Fassio. 

L’artista, di origini italo-svedesi ha iniziato 

la propria esperienza durante la permanenza 

negli Stati Uniti: a New York ha esposto 

lavori e vinto concorsi. Ultimamente, ha 

iniziato a sperimentare con tecniche che 

consistono nell’inserimento di fibre, filati e 

tessuti. Emma Fassio vuole trasmettere e 

comunicare nei suoi quadri le emozioni, le 

sensazioni e le pulsioni della vita, dove i 

colori e le loro sfumature sono elementi 

fondamentali. 

CONFERENZA DI LABAR E 

MOSTRA DI FLAVIO SACCO 

L’artista Labar ha tenuto l’8 settembre 

presso il salone della Biblioteca civica una 

interessante conferenza sul tema “Le tecniche 

di incisione originali”. Era presente 

l’incisore Flavio Sacco, che dal 15 al 30 

settembre ha poi tenuto in Casa Montanari 

la mostra dal titolo “Incisioni alla maniera 

nera”. Questa interessante tecnica, appresa 

da un giapponese consente di ottenere opere 

di straordinaria morbidezza, con forme 

bianche o colorate che emergono da una 

matrice nera. 

Al termine dell’esposizione, l’artista con 

gesto di grande gentilezza ha donato alla 

Biblioteca tre delle sue opere. 

MOSTRA DI MARIO PAVESE 

In occasione della Fiera del Tartufo, Casa 

Montanari ha ospitato dal 13 al 28 ottobre 

una bella mostra di tempere dell’artista 

moncalvese Mario Pavese dal titolo “Monfrà”. 

Come ha scritto Angela Strona, nelle 

opere di Pavese “c’è l’essenza più vera del 

Monferrato: i colori caldi, i sapori forti, 

38 

l’odore della campagna che nella notte è di 

mosto e di tartufo”. 

L’esposizione ha attirato l’attenzione di un 

gran numero di visitatori, vecchi e nuovi 

estimatori del pittore che a Moncalvo ha 

dedicato la maggior parte delle sue opere. 

Nell’occasione, Mario Pavese, con gesto di 

squisita amicizia, ha donato una sua opera, 

rappresentante il mercato del giovedì, al 

Comune di Moncalvo. 

CONFERENZA DEL RABBINO 

LUCIANO CARO 

Nell’ambito di un ciclo di iniziative volte a 

divulgare la cultura ebraica, domenica 14 

ottobre la Biblioteca civica ha ospitato una 

conversazione dal titolo “Ebraismo a tavola”. 

Relatore è stato il dottor Luciano Caro, 

rabbino capo di Ferrara. Egli ha parlato 

al folto pubblico di cibi rituali e proibizioni 

alimentari, intese secondo i precetti biblici. 

Particolare interesse ha destato negli ascoltatori 

il concetto di cibo kasher, cioè ammesso 

e cucinato secondo millenarie regole 

ben precise. 

SCOLARESCHE IN VISITA 

Per il secondo anno consecutivo in occasione 

della Fiera del Bue grasso la Biblioteca 

civica ha ospitato una folta scolaresca 

della Scuola media “Dante Alighieri” di 

Casale Monferrato, guidata dal professor 

Antonio Costanzo. 

In Biblioteca i giovani ospiti hanno incontrato 

l’artista Primo Favarin, che ha parlato 

di subiet di terracotta. 

Successivamente sono stati accompagnati 

nelle sale del Museo Civico, dove hanno 

ammirato le opere di arte contemporanea 

già esposte. 

La mattinata si è conclusa con la visita agli 

esemplari di bue grasso schierati sotto i 

portici di piazza Carlo Alberto.

ACQUISTO DI NUOVI LIBRI 

Proseguendo nella politica di costante rinnovamento 

del patrimonio bibliografico 

della Biblioteca civica, anche per il 2001 

sono stati acquistati molti nuovi volumi, di 

svariati argomenti. 

Inoltre è stato acquistato l’ultimo aggiornamento 

della Enciclopedia Italiana (la 

LIBRI RICEVUTI 

Il presidente Alessandro Allemano ha donato 

una serie di 36 volumi di informatica. 

Il professor Corrado Camandone ha donato 

una copia del volume “La Vita” recentemente 

edito dalle Edizioni Camilliane e 

contenente il saggio “Vitalismo implicito” 

pubblicato a puntate anche su “Pagine 

Moncalvesi”. 

La Libreria Antiquaria Piemontese di Torino, 

tramite Angela Strona, ha donato alcuni 

volumi di vario genere, tra cui: 

“Timon Greco” di Galeotto Del Carretto, 

pubblicato da Giovanni Minoglio nel 1878 

in occasione della inaugurazione del Teatro 

Sociale di Moncalvo; 

“Mondo antico”, romanzo storico di Agostino 

Della Sala Spada (volume unico, 

1877); 

omaggio poetico e scritto storico pubblicati 

in occasione delle nozze di Emilio Della 

39 

Treccani, per intenderci), che riporta dati, 

fatti e personaggi aggiornati sino al 2000. 

Presso la libreria “Libro Idea” di Casale 

Monferrato sono poi stati acquistati 70 volumi, 

tra i quali opere divulgative 

sull’Islam, volumi sulla civiltà ebraica in 

Italia, opere sulla storia coloniale italiana 

in Africa e altri sulla storia e il dialetto del 

Piemonte. 

Sala Spada con Caterina Biglione di Viarigi. 

Ha inoltre donato un’importante raccolta di 

lettere del barone Ferdinando Dal Pozzo di 

Castellino. La Biblioteca ringrazia la signora 

Angela Laurella Cicolini per la donazione 

molto gradita. 

L’Istituto per la Storia della Resistenza e 

della Società contemporanea in provincia 

di Asti ha inviato il volume in edizione anastatica 

“Il vento cancella le orme” di 

Amelio Novello. 

Sono inoltre giunte le seguenti riviste: 

“Monferrato Arte e Storia”, n. 13 (dicembre 

2001) 

“Il Platano”, anno XXVI- 2° semestre 2001

SUL PROSSIMO NUMERO 

In occasione delle celebrazioni per il cinquantesimo 

anniversario della morte di monsignor 

Giuseppe Bolla, parroco di Moncalvo dal 

1930 al 1952, il numero 13 di “Pagine 

APPELLO AI LETTORI 

40 

Moncalvesi” uscirà in edizione speciale con una 

serie di articoli che rievocheranno la figura di 

questo illustre sacerdote. 

Per arricchire di documentazione la sezione di storia locale della Biblioteca civica rivolgiamo 

un appello a tutti i Lettori che posseggano annate o numeri sciolti dei seguenti periodici: 

La Buona Parola (dal 1936 in poi) 

L’Eco del Monferrato 

L’Eco moncalvese (dal 1975 in poi) 

a contattare la Direzione della Biblioteca. 

I giornali saranno trattati con ogni cura e precauzione, fotocopiati e riconsegnati 

ai proprietari in brevissimo tempo. 

Chi collaborerà riceverà in omaggio una pubblicazione. Si ringraziano quanti hanno già 

raccolto l’appello. 

Realizzato in proprio presso la Biblioteca civica “F. Montanari” piazza Buronzo 2 - 14036 

Moncalvo (AT) tel. e fax 0141. 917427 

Indirizzo Internet: http://provincia.asti.it/comuni/moncalvo/moncalvo.htm 

E–mail: moncalvo@provincia.asti.it 

Distribuzione gratuita. I numeri arretrati, se disponibili, vengono ceduti previo rimborso delle 

spese di riproduzione. 

È vietata la riproduzione di testo e immagini contenuti in questo Bollettino –anche per 

quanto riguarda le “pagine Internet”– senza l’autorizzazione scritta della Redazione 

“Il Platano”, organo dell’Associazione Amici di Asti, rivista per lo studio della cultura 

e civiltà astigiana, pubblica saggi e studi, ricerche e documenti inediti, notizie di manifestazioni 

culturali interessanti la nostra Regione. Redazione e amministrazione presso 

CEPROS, via D’Azeglio 42, tel. e fax 0141-593281.

Pagine Moncalvesi - Anno VII - n. 12, gennaio 2002 - Provincia di Asti

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