Il fiume Esino come ecosistema (Classi III Moro) - I.C. "G. Ferraris"
Il fiume Esino come ecosistema (Classi III Moro) - I.C. "G. Ferraris"
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Progetto CEA a. s. 2011-2012<br />
Scuola primaria Aldo <strong>Moro</strong> <strong>Classi</strong> 3^ A e 3^ B<br />
IL FIUME ESINO COME ECOSISTEMA
FIUMI E LAGHI<br />
Lungo i fiumi<br />
Ogni <strong>fiume</strong> nasce o da una sorgente in montagna o <strong>come</strong> emissario<br />
di un lago . Man mano che il corso d’ acqua scorre verso la foce, si<br />
arricchisce dell’ acqua piovana e dell’ acqua di altri torrenti, che lo<br />
rendono sempre più grande. All’ inizio, il fiumiciattolo scorre in valli<br />
strette e anguste.
La corrente del <strong>fiume</strong> trascina nel suo corso rocce e sabbia, erodendo le rive . Man<br />
mano che il <strong>fiume</strong> si allarga , erode la terra, rendendo le valli più ampie.<br />
La maggior parte dei fiumi scorre verso il mare, secondo il tracciato più comodo.
ALLA FOCE<br />
<strong>Il</strong> luogo dove il <strong>fiume</strong> si getta nel mare è detto foce. Alcuni fiumi, quando arrivano in<br />
prossimità del mare, si diramano. Questo tipo foce si chiamano delta.<br />
La foce in cui il mare si addentra nel <strong>fiume</strong> due volte al giorno è detta<br />
estuario.
<strong>Il</strong> <strong>fiume</strong> ha sempre rappresentato una risorsa fondamentale per far<br />
fronte al fabbisogno idrico necessario all’ alimentazione ed alle attività<br />
agricole ed industriali. Spesso le sue sponde vennero scelte per<br />
costruire gli insediamenti abitativi ed è stato da sempre sfruttato per<br />
allontanare e depurare le acque reflue e liquami. Questa capacità<br />
autodepurativa è però legata alle buone condizioni di tutto<br />
l’<strong>ecosistema</strong> fluviale. L’alterazione di alcuni fattori biotici o fisici e le<br />
immissioni di agenti inquinanti non degradabili preclude questa<br />
capacità autodepurativa propria dei corsi d’acqua. Per capire meglio le<br />
caratteristiche di un <strong>fiume</strong> dell’Italia peninsulare lo dividiamo,<br />
andando dalla sorgente alla foce, in quattro segmenti principali<br />
caratterizzati ognuno dalla specie di pesce più rappresentativa del<br />
tratto preso in esame.
Insieme a laghi, mare e agenti atmosferici, i fiumi<br />
sono una componente fondamentale del ciclo<br />
dell’acqua.. <strong>Il</strong> <strong>fiume</strong> è il protagonista della parte<br />
finale del percorso: all’interno del suo bacino<br />
raccoglie l’acqua meteorica non assorbita dal suolo<br />
convogliandola verso il mare. E’ costituito da un<br />
insieme di ambienti biologici, in funzione di più<br />
variabili: pendenza, velocità della corrente,<br />
temperatura, ossigeno disciolto, natura del<br />
substrato. Variabili che influenzano la composizione<br />
delle comunità animali e vegetali che popolano i vari<br />
tratti del corso d’acqua.<br />
La presenza dei fiumi influisce sulle aree che<br />
attraversa: regolandone il microclima e<br />
modificando i il territorio. <strong>Il</strong> <strong>fiume</strong> è l’architetto e<br />
il modellatore del territorio in cui scorre: disegna<br />
valli, pianure, montagne.
IL FIUME ESINO<br />
<strong>Il</strong> <strong>fiume</strong> <strong>Esino</strong> nasce dal monte cafaggio (m. 1. 200) a Km. 7 da Esanatoglia .Le sue acque<br />
scaturiscono e si sfrangono limpide e gorgheggianti sulla viva roccia, e scorrendo sul fondo<br />
ghiaioso e pulito. Durante questa prima parte del l’ <strong>Esino</strong> è incanalato per km. 8 tra monti<br />
ricchi di boschi, dove la flora e la fauna sono ancora selvagge. L’alta Valle dell’ <strong>Esino</strong> vide, nei<br />
secoli passati, la presenza di specie faunistiche <strong>come</strong> la lince e l’orso bruno.Successivamente ,<br />
il cambiamento degli ambienti forestali, grazie anche all’ avviamento di boschi di faggio ad<br />
alto fusto, ha fatto sì che diverse specie faunistico – forestali potessero ricolonizzare la<br />
montagna appenninica. <strong>Il</strong> fatto più importante è stato il nuovo insediamento spontaneo<br />
del lupo nelle zone montane dell’ alto <strong>Esino</strong>, mentre la volpe si era già diffusa in ogni<br />
tipo di ambiente. Lungo i corsi d’acqua (<strong>Esino</strong>, Sentino e Giano)vivono tra gli altri il merlo<br />
acquaiolo, la trota fario,il gambero e il granchio di <strong>fiume</strong>. Nelle aree forestali troviamo, tra i<br />
roditori, lo scoiattolo e(da più di vent'anni) l’istrice, specie di origini africana importata in<br />
Italia dai romani. Nei pascoli secondari delle foreste demaniali si sono insediate la<br />
lepre(fondamentale presenza nelle reti alimentari appenniniche)e la starna , un ‘uccello<br />
che(seppure a bassa densità)sta lentamente ricolonizzando l’alto <strong>Esino</strong>. Qui è anche possibile<br />
vedere a caccia numerose specie di rapaci , soprattutto l’aquila reale. Nelle gole rupestri<br />
(Frasassi e Rossa) le numerose cavità carsiche rappresentano un importante habitat per<br />
pipistrelli e rapaci.
PARCO NATURALE<br />
DELLA GOLA DELLA<br />
ROSSA E DI FRASASSI<br />
La grande varietà di condizioni ecologiche del territorio consente lo sviluppo di tipi di<br />
vegetazione molto diversificati. Nel piano collinare sono diffusi boschi di carpino nero, e<br />
boschi di roverella e cerro. Nel piano montano, si sviluppano boschi di faggio. Sui versanti<br />
più caldi delle gole rupestri,la vegetazione è tipicamente mediterranea con leccio, robinia<br />
selvatica, terebinto, fillirea,corbezzolo, asparago e stracciabraghe. L’ ambiente rupestre delle<br />
gole ospita una vegetazione discontinua costituita da specie floristiche rare. Nei pascoli<br />
rupestri rinvengono specie di elevato valore, quali l’asfodelo giallo, l’iberide rupestre, la<br />
ginestra di Carniola.<br />
La gola di Frasassi, lunga complessivamente 3 km., si caratterizza per una grande presenza di<br />
Calcaree massiccio, risultato delle innumerevoli stratificazioni createsi in circa 190 milioni di<br />
anni. Si tratta di una roccia permeabile, sulla quale i movimenti geologici che sono all’ origine<br />
della catena appenninica hanno lasciato segni evidenti, ben visibili anche sui monti<br />
Vallemontagnana e Ginguno tra i quali la gola si snoda. Nella struttura del calcaree massiccio si<br />
creano con facilità fenomeni carsici, e ciò è tipico in tutta la zona di Frasassi che, a detta degli<br />
esperti, rappresenta una delle aree speleologiche più importanti d’ Europa.
LA FAUNA<br />
La fauna del parco evidenzia delle specie di notevole valore naturalistico per<br />
le Marche:l’ aquila reale, mammiferi ,uccelli ,anfibi , pesci e crostacei. Tra le<br />
specie selvatiche spicca la presenza del lupo, dell’astore, del lanario e del<br />
falco pellegrino. Le numerose cavità ipogee presenti in quest’ area sono<br />
popolate da decine di specie diverse di chirotteri. Tra le specie cavernicole,<br />
oltre al geotritone, è notevole la presenza del Niphargus sp. , un rarissimo e<br />
minuscolo crostaceo che popola i laghetti delle grotte.
Galleria di alcuni<br />
animali presenti<br />
nell’alto <strong>Esino</strong>
Falco pellegrino - Falco<br />
peregrinus<br />
<strong>Classi</strong>ficazione sistematica e<br />
distribuzione<br />
Classe: Uccelli<br />
Ordine: Falconiformi o<br />
Accipitriformi<br />
Famiglia: Accipitridi o<br />
Falconidi<br />
Genere: Falco<br />
Specie: peregrinus<br />
<strong>Il</strong> Falco pellegrino è presente<br />
in Eurasia, Africa e Americhe.<br />
E' stazionario in Italia, dove<br />
manca nelle pianure.<br />
Migratrici le popolazioni<br />
nordiche ed orientali<br />
europee, sverna nell'area<br />
atlantico - mediterranea ed<br />
in centro Europa. La<br />
migrazione autunnale<br />
avviene in settembreottobre;<br />
quella primaverile,<br />
in marzo aprile.
Ordine: Passeriformi<br />
Famiglia: Cinclidi<br />
Genere: Cinclus<br />
Specie: Cinclus cinclus<br />
<strong>Il</strong> merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) è lungo in genere<br />
17 cm. con un piumaggio bruno e grigio scuro nelle<br />
parti superiori e sul ventre, bianco sul petto. Nel volo<br />
batte rapidamente le ali e si tiene basso sul livello<br />
dell'acqua.<br />
Possiede tutti i sensi assai sviluppati, in particolare la<br />
vista e l'udito.<br />
<strong>Il</strong> canto consiste in un dolce cicaleccio molto<br />
gradevole, composto da suoni sommessi ma<br />
intonati.<br />
<strong>Il</strong> merlo acquaiolo è diffuso in tutta l'Europa e<br />
Tibet supera i cinquemila metri, raramente<br />
l'Asia. In Italia è sia di passo che stazionario.<br />
scende in pianura.<br />
In Campania è presente nel Parco Nazionale<br />
del Cilento e Vallo di Diano.<br />
Vive di solito lungo i torrenti montani, sul cui<br />
fondo corre e nuota veloce,catturando insetti,<br />
piccoli molluschi e pesci. Si spinge fino a<br />
duemila metri di quota sulle Alpi, mentre nel
Questo anfibio ha una lunghezza media che da adulto supera di poco i 10 cm, il colore<br />
varia dal bruno del dorso, al rosso, nero e biancastro del ventre, sulla testa ha una<br />
macchia di colore chiaro a forma di 8, da cui il nome. Rispetto ad altri Urodeli, ha<br />
quattro dita sulle zampe posteriori, invece di cinque.<br />
DISTRIBUZIONE E HABITAT<br />
In Italia è specie endemica, la si trova sugli Appennini a sud del <strong>fiume</strong> Volturno; a nord<br />
di esso è sostituita da un altro endemismo appenninico: Salamandrina perspicillata. Nel<br />
Parco nazionale del Pollino in Basilicata è presente nei pressi dei torrenti Frido e<br />
Peschiera [1] ed è stata segnalata nella Valle del Mercure a Rotonda (PZ).
L'aquila reale è protetta su tutto il territorio nazionale e la sua popolazione sembra<br />
mantenersi stabile, poiché le scarse nascite riescono appena a compensare le perdite<br />
causate dal bracconaggio. Ed è stato proprio il bracconaggio, assieme al furto dei piccoli ed<br />
al disturbo arrecato da strade e impianti di risalita, che per molti anni hanno fatto temere<br />
per la sua sopravvivenza. Nel passato, l'aquila reale è stata perseguitata nel suo habitat,<br />
dagli agricoltori, convinti che uccidesse i loro agnelli, e dai guardacaccia per proteggere gli<br />
uccelli nelle riserve dei loro padroni. Di recente i pesticidi agricoli e l'inquinamento hanno<br />
provocato danni alle uova, il cui guscio è così fragile che spesso si rompe prima di<br />
schiudersi. In realtà l'aquila reale non è un rapace di montagna, ma è solo lì che riesce<br />
ormai a trovare territori relativamente disabitati e ricchi di selvaggina. All'inizio del secolo<br />
l'aquila reale nell'Arco Alpino era prossima all'estinzione. Tramite l'istituzione di aree<br />
protette e la tutela accordatale nei diversi paesi interessati, fu possibile salvare in extremis<br />
la regina dell'aria dalla scomparsa. Nell'anno 2001 cinque grandi aree protette alpine, il<br />
Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, i Parchi Naturali Fanes-Sennes-Braies e Vedrette di<br />
Ries-Aurina, la parte altoatesina del Parco dello Stelvio ed il Parco austriaco degli Alti Tauri,<br />
si sono impegnate in un progetto comune per valutare lo stato attuale dell'aquila reale: da<br />
tre anni stanno conducendo attività comuni di monitoraggio e ricerca su questo animale<br />
simbolo della fauna alpina.
Distribuzione sul territorio<br />
Un tempo comune nelle zone più temperate dell'Europa,<br />
nel nord dell'Asia, America, Africa e in tutto il Giappone;<br />
oggi l'aquila reale è completamente scomparsa da<br />
Islanda e Irlanda (dove nel 2001, per tentare il<br />
ripopolamento, sono stati liberati 35 esemplari) ed in<br />
tutta Europa il numero totale di esemplari non supera le<br />
3.000 unità. Protetta su tutto il territorio nazionale<br />
italiano, non è però ancora scampata al pericolo di<br />
estinzione. Troppo ristretto il territorio nel quale può<br />
vivere tranquillamente, ancora fortemente presente il<br />
bracconaggio. La sua sopravvivenza è messa in pericolo<br />
anche dagli elementi chimici che, dalle piantagioni e<br />
dall'acqua, si trasferiscono nell'animale uccidendolo o<br />
rendendo così fragile il guscio delle uova da farlo<br />
rompere prima del tempo. In Italia la presenza<br />
dell'aquila reale è stabile ed è stimata in circa 500<br />
coppie, delle quali circa 300 si trovano sulle Alpi, circa<br />
100 distribuite lungo la dorsale appenninica e, le<br />
rimanenti, tra Sicilia e Sardegna
Imponente e maestosa, l'aquila reale è capace<br />
di raggiungere altezze vertiginose in brevissimo<br />
tempo per poi lanciarsi in picchiata a velocità<br />
altissime ( fino 300km/h ), capace di muoversi<br />
nel cielo senza battere le ali e di vedere cose<br />
minuscole da grandissima distanza. L'aquila<br />
reale è un rapace che affascina sia in volo, sia<br />
posato, con quello sguardo profondo, un<br />
portamento fiero, quel becco e quegli artigli<br />
che solo un superbo predatore possiede. I suoi<br />
segreti sono: la forza, la sicurezza di sé, la<br />
bellezza, l'arte del volo, l'armonia, la prontezza<br />
di riflessi, che ne fanno la punta di diamante<br />
del suo <strong>ecosistema</strong>. Non a caso l'aquila reale e'<br />
stato preso nella storia <strong>come</strong> simbolo di potere<br />
in stendardi e corone.
Comportamento dell'aquila reale<br />
Durante tutto l'anno l'aquila reale compie spettacolari parate effettuando il<br />
caratteristico volo a festoni sia per difendere il proprio territorio e sia, nel<br />
periodo riproduttivo, per il corteggiamento. <strong>Il</strong> volo a spirale, caratteristico per il<br />
controllo del territorio, è sostenuto dalle correnti termiche ascensionali che si<br />
formano nelle ore più calde. <strong>Il</strong> volo di caccia invece viene svolto generalmente a<br />
bassa quota costeggiando i fianchi delle montagne per sorprendere le prede che<br />
cattura in genere al suolo. Nel caso che la preda sia un mammifero, maschio e<br />
femmina (che sovente cacciano assieme) si dividono i compiti: l'uno plana<br />
radente al suolo per impaurire la preda, mentre l'altra si lancia in picchiata<br />
dall'alto. Gli uccelli, invece, vengono spesso cacciati in volo. Fedeli per la vita, il<br />
maschio e la femmina di aquila reale, una volta formata la coppia e scelto il<br />
territorio, rimangono stanziali per molti anni costruendo nei dintorni, sulle pareti<br />
a picco dei dirupi o fra i rami degli alberi più alti, anche una decina di nidi<br />
scegliendo, di anno in anno, quello che sembra il più adatto. Sempre, però, i nidi<br />
sono costruiti più in basso rispetto all'altitudine di caccia, per evitare faticose<br />
risalite con la preda tra gli artigli. <strong>Il</strong> controllo del territorio non costituisce un<br />
problema ed anche questo compito viene diviso equamente tra maschio e<br />
femmina ed, il più delle volte, si limita ad un volo lungo il confine del territorio<br />
stesso per segnalare alle altre aquile quali siano gli effettivi confini.
Riproduzione<br />
Affascinante il volo del rituale di accoppiamento tra esemplari di aquila reale che avviene<br />
generalmente in marzo: la cosiddetta danza del cielo, che prosegue per vari giorni, vede en<br />
impegnati entrambi gli individui in spettacolari evoluzioni che spesso la femmina compie in volo<br />
rovesciato mentre il maschio sembra piombarle sopra, o con scambi di preda in volo o giri della<br />
morte. La danza viene alternata ai lavori di restauro dei nidi e solo alla fine verrà scelto quello<br />
definitivo. Questi raggiungono spesso i due metri di diametro e, anche a causa delle annuali<br />
ristrutturazioni, possono avere uno spessore di un metro. I luoghi preferiti dall'aquila reale per<br />
nidificare si trovano tra i 1000 e i 2000 metri, quasi sempre su roccia, in punti inaccessibili.<br />
All'accoppiamento, che avviene sempre a terra, segue la deposizione delle uova (gennaio nelle<br />
zone più calde e maggio in quelle più fredde) solitamente due a distanza di 2-5 giorni l'una<br />
dall'altra. In questo periodo il maschio è poco presente, per ricomparire immediatamente alla<br />
schiusa (dopo 43-45 giorni di cova) per portare cibo sia alla madre che ai due piccoli dei quali,<br />
solitamente, solo uno sopravvive. <strong>Il</strong> più vecchio uccide quasi sempre l'altro. Dopo circa due mesi<br />
i pulcini diventati aquilotti iniziano ad esercitarsi nel volo sul bordo del nido. Spiccano il primo<br />
volo a 75 giorni e dopo 160-170 dalla nascita diventano indipendenti: in questo periodo vengono<br />
portati dai genitori fuori dai confini del territorio natale e diventano nomadi fino a quanto, verso<br />
i 3-6 anni, ormai in grado di procreare, costituiranno un nuovo nucleo famigliare.
Centri di recupero dell'aquila reale in Italia<br />
In Italia operano decine di centri per il recupero della fauna selvatica, attrezzati per il<br />
ricovero, la cura e la riabilitazione di animali selvatici che si trovano, per cause<br />
diverse, in condizioni di inabilità alla vita selvatica. Lo scopo principale di queste<br />
strutture, generalmente gestite da associazioni ambientalistiche, è la reintroduzione<br />
in natura degli esemplari curati. Queste azioni sono particolarmente significative per<br />
quelle specie, soprattutto di uccelli rapaci, che sono presenti con pochi esemplari su<br />
un territorio (aquile reali, capovaccai, lanari, ecc.). I centri di recupero svolgono anche<br />
programmi di educazione ambientale, arricchiti dalla possibilità di osservare con le<br />
dovute accortezze per evitare qualsiasi disturbo gli esemplari in cattività. Per gli<br />
uccelli rapaci, oggetto di persecuzioni e di collezionismo, l'informazione e la<br />
sensibilizzazione verso il vero ruolo di questi predatori assume un particolare valore.<br />
Molto spesso, ad essere sconosciuta o sottovalutata è la stessa normativa in vigore in<br />
Italia. Infatti, nonostante la cattura, l'abbattimento o la semplice detenzione degli<br />
uccelli rapaci sia un reato penale, per il quale sono previste forti sanzioni o l'arresto,<br />
sovente nei centri di recupero vengono ospitati esemplari (quasi sempre disabituati<br />
in maniera irreversibile alla vita selvatica) sequestrati a privati cittadini.
Alimentazione<br />
L'aquila reale si nutre, a seconda del territorio<br />
nel quale stanzia, di mammiferi di taglia piccola<br />
e media (conigli, piccoli daini, scoiattoli,<br />
marmotte) oppure di uccelli (galli cedroni,<br />
pernici, fagiani) o rettili.<br />
Habitat ideale dell'aquila reale<br />
L'aquila reale predilige le zone di montagna<br />
impervie (sotto il livello delle nevi perenni),<br />
con presenza di pareti adatte alla nidificazione<br />
(ricche di nicchie ed anfratti) e vicine ad ampie<br />
praterie dove si svolge l'attività di caccia. E'<br />
completamente assente dalle pianure. L'aquila<br />
reale è un uccello molto attaccato al suo<br />
territorio, che può andare dai 50 ai 500 km<br />
quadrati a seconda della disponibilità di cibo
IL LUPO<br />
<strong>Il</strong> lupo (Canis lupus) è la specie di maggiori dimensioni tra i<br />
rappresentanti del genere Canis, le dimensioni corporee variano<br />
molto, a seconda dell'area geografica considerata, e possono<br />
raggiungere anche i 60 kg di peso. Possiede un corpo slanciato, con<br />
il muso allungato, le orecchie triangolari non molto lunghe, il collo<br />
relativamente corto, la coda corta e pelosa e gli arti lunghi e sottili.<br />
<strong>Il</strong> colore del mantello è generalmente mimetico, gli occhi sono<br />
obliqui, di colore marrone chiaro, e disposti in posizione frontale e<br />
piuttosto distanziati tra loro.<br />
Caratteristica della specie è la presenza dei denti "ferini"<br />
particolarmente sviluppati la cui funzione sembra essere quella di<br />
tranciare grosse ossa e tendini.<br />
<strong>Il</strong> lupo presente in Italia raggiunge un peso tra i 24 ed i 40 kg,<br />
mentre la lunghezza dalla punta del muso alla coda è compresa tra i<br />
100 ed i 140 cm. <strong>Il</strong> colore del mantello varia dal fulvo al grigio e<br />
recentemente sono stati avvistati individui dal colore nero nel Parco<br />
Nazionale delle Foreste Casentinesi e nell’Appennino toscoemiliano.
Habitat<br />
<strong>Il</strong> lupo, prima che cominciasse la persecuzione<br />
sistematica da parte dell'uomo, era diffuso in<br />
tutti gli ambienti dell'emisfero settentrionale,<br />
in Italia in particolare lo si trovava in tutti gli<br />
habitat, dalla macchia mediterranea della<br />
costa alle foreste di montagna.<br />
Al momento, la scarsa disponibilità di prede e<br />
la sempre minore presenza di habitat naturali<br />
integri, soprattutto quelli con estesa<br />
copertura vegetale che permette ai lupi di<br />
nascondersi e sfuggire alla persecuzione<br />
umana, hanno ristretto di molto le aree<br />
frequentate dai lupi.
Riproduzione<br />
<strong>Il</strong> lupo si accoppia verso la fine dell’inverno, e la gestazione dura circa due<br />
mesi. Circa 15-20 giorni prima del parto la coppia cerca una tana che può<br />
essere costituita da un tronco cavo, da una cavità rocciosa, da una fossa<br />
scavata in terra ed in alcuni casi può essere ricavata allargando una preesistente<br />
tana di volpe, di istrice o di tasso.<br />
La femmina alla fine della gestazione, dà alla luce dai 4 agli 8 cuccioli dal<br />
peso di circa 300-400 grammi ciascuno. I cuccioli, che in Italia nascono tra<br />
aprile e giugno, completamente inetti e con capacità sensoriali scarse (ciechi<br />
e sordi), dipendono all’inizio completamente dagli adulti.<br />
Vengono alimentati esclusivamente con il latte materno durante i primi 20<br />
giorni di vita. Successivamente, per un periodo di circa 40-50 giorni, gli viene<br />
offerto del latte integrato da rigurgiti a base di carne. I cuccioli lasciano la<br />
tana dopo circa 2 mesi di vita e a poco a poco iniziano a seguire i genitori nei<br />
loro spostamenti apprendendo dagli adulti le tecniche di caccia, la<br />
conoscenza e l’utilizzazione ottimale del territorio, le strategie per evitare gli<br />
ambienti e le situazioni più pericolose.<br />
Le dimensioni corporee definitive vengono raggiunte a circa un anno di età,<br />
mentre la maturità sessuale verso i due anni, anche se femmine in cattività<br />
sono in grado di riprodursi già a 10 mesi.
Legislazione<br />
<strong>Il</strong> lupo è inserito, in qualità di specie "vulnerabile", nella cosiddetta Lista Rossa redatta<br />
dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), che elenca tutte le specie<br />
in qualche modo in pericolo.<br />
La popolazione italiana è passata, negli ultimi 30 anni, grazie alla legge che lo protegge dal 1971,<br />
da circa 100 esemplari agli attuali oltre 500.<br />
<strong>Il</strong> lupo ha ricolonizzato tutto l'Appennino e ha raggiunto le Alpi Occidentali e la Francia, ma è<br />
ancora visto <strong>come</strong> una minaccia da pastori e cacciatori. Per i pastori il lupo non perderà mai<br />
l'appellativo di massacratore di pecore, nonostante oggi rechino più danni alle greggi i cani<br />
rinselvatichiti. Per i cacciatori il lupo è un abilissimo concorrente nella caccia al cinghiale, e per<br />
tale motivo se ne avvistano qualcuno lasciano lungo i sentieri i bocconi avvelenati o li<br />
impallinano direttamente.<br />
Per tali motivi ogni anno dai 50 ai 70 esemplari, circa il 10-15% del totale, vengono uccisi<br />
illegalmente.<br />
Poiché i suoi antichi territori sono protetti, e grazie alla sua notevole adattabilità, la popolazione<br />
del lupo è attualmente in crescita. Infatti oltre a predare ungulati selvatici e domestici mangia<br />
piccoli mammiferi, carogne, rifiuti e persino frutti.
Alimentazione<br />
<strong>Il</strong> lupo è un carnivoro specializzato nella predazione di grossi erbivori selvatici, ma può includere nella<br />
propria dieta all’occorrenza anche mammiferi di piccole dimensioni, frutti, carcasse, animali domestici e<br />
rifiuti di origine umana.<br />
<strong>Il</strong> lupo in Italia ha una dieta molto variabile, va da una dieta che include quasi esclusivamente ungulati<br />
selvatici, in particolare il cinghiale nell'Appennino tosco-romagnolo, a diete che includono in misura<br />
variabile, ma consistente, bestiame, carcasse e rifiuti, nel Parco Nazionale d’Abruzzo.<br />
La caccia avviene generalmente all’interno di territori in cui i lupi persistono per periodi più o meno<br />
prolungati ed il fabbisogno giornaliero medio di carne di un lupo di dimensioni medie è di circa 3-5 kg.<br />
Comunque il lupo è noto per essersi adattato ad una alimentazione non uniformemente cadenzata nel<br />
tempo, e si ha notizia di lupi che sono rimasti fino a 17 giorni senza ingerire cibo.<br />
<strong>Il</strong> tasso di successo dell’attività venatoria del lupo è stimato intorno al 10% del totale degli attacchi, nel caso<br />
specifico di caccia a carico di prede di grosse dimensioni.<br />
In Europa, segnalazioni di casi di antropofagia da parte del lupo erano frequenti in passato, ma spesso<br />
provenivano da fonti non certe ed attendibili, generalmente frutto di pregiudizi e antichi retaggi culturali<br />
avversi al lupo. In Italia, dove le segnalazioni di casi di attacchi rivolti a persone da parte di lupi e di cani sono<br />
state spesso confuse tra loro, gli ultimi casi accertati di antropofagia si sono verificati intorno al 1825.<br />
L’antropofagia del lupo è in ogni caso considerata un comportamento raro del lupo, che può verificarsi<br />
occasionalmente solo in condizioni ambientali particolarmente degradate, caratterizzate per esempio da una<br />
cronica carenza di prede, una popolazione rurale in forte espansione, e, più spesso, la presenza nella<br />
popolazione di individui affetti da rabbia silvestre.
Diffusione<br />
E' presente, con grosse popolazioni, in Nord<br />
America, nell'ex Unione Sovietica e nei paesi<br />
dell'Europa centro-orientale. Popolazioni meno<br />
consistenti ed isolate tra loro sono presenti nella<br />
penisola Iberica, in Italia, in Scandinavia, nei Balcani<br />
ed in Medio Oriente.
TROTA FARIO<br />
MORFOLOGIA: La forma del corpo è allungata e leggermente compressa lateralmente; testa<br />
robusta e bocca terminale grande munita di forti denti; colorazione molto variabile, dorso da<br />
bruno scuro in molti soggetti a quasi argenteo in altri, tipica tuttavia la presenza di piccole<br />
macchie nere, rosse e marrone o di altra sfumatura sui fianchi e sulla testa.<br />
TAGLIA: 30-35CM,sino ad un massimo di 50cm in ambienti con una buona produttività.<br />
Distribuzione: nelle acque correnti di molte regioni italiane.<br />
È difficile dire quali popolazioni siano indigene e quali derivino da immissioni<br />
di materiale d’allevamento,<br />
spesso si origine transalpina o nord Europea. Nell’Italia settentrionale<br />
Sono anche presenti ibridi con la trota padana. Habitat: acqua e corrente molto rapida,<br />
fresca,limpide e ben ossigenate con fondale roccioso, sassoso o ghiaioso.<br />
ALIMENTAZIONE: invertebrati acquatici e terrestri, altri pesci.<br />
RIPRODUZIONE: depone nel tardo autunno o all’inizio dell’ inverno un numero modesto(<br />
1500-2000 per kg di femmina) di grosse uova(4-6 mm).La schiusa , con una temperatura<br />
ambientale di 10 C ha luogo in 41 giorni. La maturità sessuale è raggiunta in un periodo<br />
variabile da 3 a 5 anni.<br />
VAL. ECONOMICO: molto elevato.<br />
NOTE: il nome di fario deriva dal tedesco”forelle”.
Galleria di alcune piante<br />
presenti nell’alto <strong>Esino</strong>
Le foglie del Faggio sono<br />
ovali a margine ondulato,<br />
con venature ben<br />
evidenti, verde più scuro<br />
nella pagina superiore, più<br />
chiare inferiormente.
Le foglie del Faggio diventano<br />
giallo-bruno vivo in autunno.<br />
I fiori del Faggio compaiono in aprile-maggio,<br />
quelli maschili, più evidenti dei femminili, sono<br />
raggruppati in amenti corti e penduli,<br />
all'estremità di un peduncolo lungo 5-6 cm.
La corteccia del<br />
Faggio è grigia e<br />
liscia.<br />
In Italia il Faggio caratterizza i<br />
boschi montani su tutto l'arco<br />
alpino e su quello<br />
appenninico (manca solo in<br />
Sardegna).
Roverella<br />
Le foglie della Roverella simili, ma più<br />
piccole di quelle della Rovere, sono<br />
lisce di sopra e tomentose (=pelose) di<br />
sotto.
<strong>Il</strong> carpino nero ha tronco diritto e chioma un po’ allungata.<br />
La corteccia del carpino nero<br />
Le foglie del carpino nero sono ovali e<br />
appuntite, a margine doppiamente<br />
seghettato nervature primarie parallele<br />
molto evidenti
I frutti del carpino nero sono acheni<br />
portati a grappoli, di colore biancastro o<br />
verde.<br />
I fiori del carpino nero sono unisessuali.<br />
Quelli maschili, raggruppati amenti penduli<br />
di 2-4, compaiano già in autunno.
FLORA E FAUNA FLUVIALE<br />
La vegetazione attuale ha preso gran parte dei suoi aspetti naturali<br />
ed è difficilmente riconducibile alla vegetazione tipica degli<br />
ambienti fluviali che doveva caratterizzare in passato le valli fluviali<br />
marchigiane. La vegetazione ripariale è costituita da una esile fascia<br />
di alberi ed arbusti lungo gli argini laterali del <strong>fiume</strong> e dei fossi che<br />
delimitano le aree coltivate. Nelle vicinanze del <strong>fiume</strong> domina il<br />
salice rosso con la presenza del salice vimini e il salice da ciste, il<br />
salice, bianco, il pioppo nero e bianco. Sulle rive e nelle zone più<br />
umide si sviluppano canneti di canna domestica, il vilucchio, la vite<br />
selvatica, la vitalba. Si trovano ancora filari di siepi con biancospino,<br />
roverelle, gelsi, pioppi. La zona collinare di Ripa bianca presunta<br />
arbusti ginepro e prugnolo spinoso. <strong>Il</strong> bacino del <strong>fiume</strong> <strong>Esino</strong><br />
rappresenta con i suoi habitat il sito di nidificazione, svernamento<br />
ed estivazione di numerose specie di uccelli, con aree idonee alla<br />
sosta e all’alimentazione dell’avifauna migratrice.
OASI WWF RIPA BIANCA DI JESI<br />
L’ambiente: L’Oasi naturale di Ripa Bianca è situata lungo un tratto del <strong>fiume</strong> <strong>Esino</strong>, nel<br />
territorio del Comune di Jesi, a metà strada dalla costa adriatica e la Gola della Rossa.<br />
Nonostante le ridotte dimensioni l’area presenta una notevole diversità di ambienti creati<br />
nel corso del tempo delle diverse attività umane. <strong>Il</strong> toponimo Ripa Bianca deriva dai<br />
suggestivi calanchi che nell’area caratterizzano il versante destro del bacino idrografico del<br />
<strong>fiume</strong> <strong>Esino</strong>, originati da fenomeni di erosione accentuati anche dall’intensa attività agricola<br />
praticata sui terreni argillosi-sabbiosi. La pianura alluvionale e le vicine colline plioceniche<br />
sono caratterizzate dal tipico ambiente agrario marchigiano con filari di querce e siepi e la<br />
diffusa presenza del gelso a testimonianza della passata attività della bachicoltura. Altro<br />
ambiente di notevole interesse ed importanza naturalistica è il lago artificiale, relitto di una<br />
passata attività estrattiva presente nell’area. La natura ha lentamente riconquistato lo<br />
specchio d’acqua che ospita ai margini una fitta vegetazione arborea costituita<br />
principalmente da pioppo nero dove si è insediata la più importante garzaia delle Marche.<br />
Ambiente fluviale: attualmente l’ambiente fluviale è caratterizzato da una fascia di residua<br />
vegetazione ripariale costituita da pioppi e salici, isolotti e aree di sponda ghiaiosi con<br />
vegetazione pioniera e arbustiva. Sul versante sinistro del <strong>fiume</strong>, in un’area periodicamente<br />
inondata dalle piene, si è insediato un lembo di bosco ripariale con piccole zone umide e<br />
stagni, quest’ultimi ambienti particolarmente importanti per la presenza di anfibi.
Aspetti della fauna<br />
<strong>Il</strong> bacino del <strong>fiume</strong> <strong>Esino</strong> rappresenta il sito di nidificazione, svernamento ed estivazione di numerose specie<br />
di uccelli, con aree idonee alla sosta e all’alimentazione dell’avifauna migratrice. Numerosa inoltre è la<br />
presenza nel bosco ripariale di diverse specie di mammiferi, in relazione anche ai diversi habitat presenti.<br />
L’area, essendo soggetta a periodiche esondazioni del <strong>fiume</strong> con la formazione di piccole aree umide, è<br />
caratterizzata da interessanti microecosistemi con presenze di anfibi e rettili.<br />
UCCELLI:Sono state individuate tra le specie nidificanti la nitticora (Nyctycorax nyctycorax) il gheppio (Falco<br />
tinnunculus), il fagiano comune (Phasianus colchicus), la gallinella d’acqua (Gallinula chloropus), il cuculo<br />
(Cuculus canorus), il barbagianni (Tyto alba), l’allocco (Strix aluco), l’assiolo (Otus scops) il martin pescatore<br />
(Alcedo atthis), il topino (Riparia riparia), la ballerina gialla (Motacilla cinerea), la ballerina bianca (Motacilla<br />
alba), lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), il merlo (Turdus merula), l’usignolo di <strong>fiume</strong> (Cettia cetti), il<br />
beccamoschino (Cisticola juncidis), l’occhiocotto (Sylvia melanocephala), la capinera (Sylvia atricapilla), il<br />
codibugnolo (Aegithalos caudatus), la cincia mora (Parus ater), la cinciarella (Parus caeruleus), la cinciallegra<br />
(Parus major), l’usignolo (Luscinia megarhynchos), il cannareccione (Acrocephalus arundinaceus), il<br />
pendolino (Remiz pendulinus), l’averla piccola (Lanius collurio)la gazza (Pica pica), la cornacchia grigia (Corvus<br />
corone cornix), lo storno (Sturnus vulgaris), il fringuello (Fringilla coelebs), il picchio rosso maggiore (Picoides<br />
major).<br />
Di particolare valore naturalistico da citare la colonia di topini su una sponda del <strong>fiume</strong> <strong>Esino</strong> ed la<br />
nidificazione del gruccione su una parete di sabbia all’interno della Riserva.<br />
Tra le specie stazionarie si segnalano, la poiana (Buteo buteo), il rampichino (Certhia brachydactila) mentre<br />
tra le svernanti l’airone cenerino (Ardea cinerea), l’airone bianco maggiore (Egretta alba), l’airone<br />
guardabuoi (Bubulcus ibis) il corriere piccolo (Charadrius dubius), il gabbiano comune (Larus ridibundus), il<br />
gabbiano reale (Larus cachinnans), la passera scopaiola (Prunella modularia), il pettirosso (Erithacus<br />
rubecola), l’albanella reale (Circuì cyaneus), oche selvatiche (Anser anser) e gru (Grus grus) e un centinaio di<br />
pavoncelle (Vanellus vanellus).
Galleria di alcuni animali e<br />
piante presenti nella zona<br />
ripariale del <strong>fiume</strong> <strong>Esino</strong>
<strong>Il</strong> pettirosso (Erithacus rubecola) è lungo da 13 a 15 cm ed ha la fronte, i<br />
lati del capo, la gola ed il petto rosso arancio.<br />
Le parti superiori sono di un colore bruno oliva mentre l'addome è bianco; sia il<br />
becco che le zampe sono brune. Non c'è differenza fra soggetti di sesso diverso. I<br />
giovani non hanno il petto arancio e presentano numerose macchie bruno-scure e<br />
fulve.<br />
E' un uccello dalla vivacità inesauribile. Sul terreno si muove con una rapida successione di<br />
lunghi balzi, in posizione quasi curvata per un passo o due, poi si arresta in atteggiamento<br />
eretto, facendo vibrare talvolta ali e coda. Se incuriosito o eccitato, inclina rapidamente il<br />
corpo da lato a lato, movendo ali e coda. <strong>Il</strong> volo è solitamente lento e breve. <strong>Il</strong> canto è<br />
semplice e cristallino ed è particolarmente melodioso all’epoca degli amori. Emette un tie<br />
ripetuto e persistente, un tsip o ts'ssp debole, un tsii sottile e lamentoso. Se eccitato, emette<br />
un iss simile al suono prodotto da un gatto irritato; canta anche la femmina. <strong>Il</strong> Pettirosso è<br />
diffuso in tutta Europa sino al circolo polare artico e dall'Atlantico agli Urali; alcune<br />
sottospecie dimorano nell'Asia Minore, nelle Canarie e nell'Iran. In Italia è stanziale ovunque.<br />
I boschi di conifere e i boschi cedui costituiscono il suo habitat nei mesi estivi, habitat che<br />
viene abbandonato in autunno per la ricerca di cibo nelle pianure e nei giardini presso<br />
l'abitato, dove spesso il pettirosso s'inoltra spinto dalla sua insaziabile curiosità, lesto però a<br />
sfuggire l'uomo di cui non gradisce la presenza. Le specie nordiche sono più frequentemente<br />
migratrici e si spostano nelle ore notturne.
E‘ un animale solitario e di indole aggressiva verso i consimili di cui non ama la<br />
vicinanza e con i quali ingaggia spesso in primavera lotte sanguinose.<br />
Entrambi i sessi difendono il loro territorio e nell'atteggiamento di difesa, la<br />
testa è tenuta eretta, per mostrare la macchia color arancio del petto, ed il<br />
corpo viene inclinato rapidamente da lato a lato. a fine aprile o ai primi di<br />
maggio, nel nido costruito dalla sola femmina e collocato in un cespuglio o in<br />
una fossetta sul terreno e sempre bene occultato, vengono deposte 5-6 uova<br />
bianche macchiate di bruno pallido. La cova dura 13-15 giorni; i piccoli<br />
abbandonano il nido dopo un paio di settimane pur continuando ad essere<br />
imbeccati dai genitori ancora per un certo tempo. Qualche volta vengono<br />
portate a termine tre covate in una stagione riproduttiva. <strong>Il</strong> pettirosso si ciba<br />
soprattutto di insetti e le loro larve, lombrichi, semi e piccoli molluschi, ma<br />
integra questa dieta con una grande quantità di frutta e bacche, more, lamponi,<br />
mirtilli, fragole e ribes .Fortunatamente quest’uccello, dal bel canto e<br />
dall’indole orgogliosa, non è oggetto di bracconaggio <strong>come</strong> i suoi simili<br />
granivori a causa della difficoltà di reperimento dell’alimentazione indicata.<br />
Gli esemplari che sopravvivono ai primi giorni di prigionia finiscono per<br />
rassegnarvisi abbastanza presto, senza però mai perdere del tutto il timore<br />
suscitato dalla presenza dell'uomo. E’ ovviamente protetto in Italia dalla<br />
legislazione vigente.
Pendolino - Remiz pendulinus<br />
Piccolo uccello noto per le straordinarie doti di costruttore. L’abito è simile in entrambi<br />
i sessi. Nell’adulto spicca la mascherina facciale nera sulla testa grigia e il dorso color<br />
ruggine. <strong>Il</strong> giovane, privo di parti nere, è di colore nocciola piuttosto uniforme. Le<br />
abitudini e le posture sono simili a quelle delle cince, ma al contrario di queste è legato<br />
alla vegetazione delle aree umide. Predilige ambienti d’acqua dolce con canneti e<br />
vegetazione arborea ripariale. Può fare a meno di quest’ultima componente solo nelle<br />
aree di svernamento. Costruisce un caratteristico nido a fiaschetta, con apertura rivolta<br />
verso il basso, intrecciando abilmente il materiale cotonoso ricavato dall’infiorescenza<br />
della tifa. <strong>Il</strong> nido si trova di solito appeso all’estremità della fronda di un salice, in<br />
vicinanza dell’acqua. Talvolta nella fase fra la schiusa delle uova e l’involo dei giovani<br />
nel nido viene pratica un’apertura laterale per una migliore areazione. I nuclei familiari<br />
restano uniti ancora per alcune settimane dopo l’involo. La voce è un sottile "zii-i"<br />
ripetuto con elevata frequenza. <strong>Il</strong> canto, cinguettante ma quieto, si ode solo per un<br />
periodo di tempo molto breve. In Italia la specie è di norma stazionaria, mentre le<br />
popolazioni nord orientali migrano verso sud ovest, svernando in gran numero anche<br />
nella nostra penisola.
Le foglie del Pioppo<br />
bianco sono ovate,con<br />
margine dentato,o<br />
palmato-lobate con 5<br />
lobi.<br />
Come riconoscere le piante<br />
<strong>Il</strong> frutto del Pioppo bianco è<br />
una capsula che si apre per<br />
liberare i semi avvolti da una<br />
lanugine bianca.<br />
<strong>Il</strong> Pioppo bianco ha<br />
portamento eretto<br />
e chioma bianca.
PIOPPI (gen. Populus - fam. Salicacee)<br />
<strong>Il</strong> nome deriva dal termine con cui i Romani designavano queste piante, "arbor<br />
populi", cioè albero del popolo.<br />
<strong>Il</strong> genere Populus comprende una quarantina di specie delle zone temperate<br />
dell'emisfero boreale.<br />
In Italia vegetano spontanee 4 specie distinguibili principalmente per i diversi<br />
caratteri delle foglie.<br />
Sono tutti alberi a rapido accrescimento, ma poco longevi che prediligono terreni<br />
alluvionali, umidi.<br />
<strong>Il</strong> Pioppo nero (Populus nigra), ha foglie di forma triangolare.<br />
<strong>Il</strong> Pioppo bianco (Populus alba) ha foglie palmato-lobate , di colore verde intenso<br />
superiormente e di color bianco e tomentose (pelose) inferiormente.<br />
<strong>Il</strong> Pioppo tremolo (Populus tremula) ha foglie arrotondate a margine dentato.<br />
<strong>Il</strong> Pioppo gatterino (Populus canescens) è un ibrido naturale tra il Pioppo bianco e il<br />
Pioppo tremolo.<br />
Molti pioppi oggi coltivati in Italia sono poi il prodotto di incroci tra il Pioppo nero<br />
d'Europa e vari pioppi nord-americani. Questi pioppi euroamericani, coltivati su<br />
larghissima scala in pianura per l'arboricoltura intensiva da legno, si caratterizzano<br />
in genere per la maggior dimensione della foglia rispetto a quelle del Pioppo nero e<br />
per il colore rosso-cupreo della laminaa e del picciolo da giovani
Le foglie del Salice bianco sono lanceolate, strette e<br />
lunghe 5-10 cm, con margine dentato e di colore<br />
grigio argento<br />
La corteccia del Salice bianco è liscia e di colore grigio a<br />
rgenteo nei tronchi giovani<br />
I frutti del Salice bianco sono capsule contenenti i<br />
semi che maturano in giugno e si diffondono insieme<br />
ad una peluria bianca (pappo).
I frutti del Salice bianco sono capsule<br />
contenenti i semi che maturano in giugno e<br />
si diffondono insieme ad una peluria bianca<br />
(pappo).<br />
I fiori del Salice bianco<br />
compaiono insieme<br />
alle foglie in marzoaprile.<br />
I maschili in<br />
amenti gialli lunghi 4-7<br />
cm, i femminili, verdi,<br />
più esili e con un breve<br />
peduncolo.
<strong>Il</strong> Salice bianco vive lungo i corsi<br />
d'acqua e nei terreni<br />
periodicamente inondati.<br />
Spesso lo si trova coltivato in<br />
pianura in corrispondenza di<br />
fossi e canali<br />
<strong>Il</strong> Salice bianco vive lungo i corsi d'acqua e nei<br />
terreni periodicamente inondati. Spesso lo si<br />
trova coltivato in pianura in corrispondenza di<br />
fossi e canali
La corteccia del Salice bianco<br />
con l'età diventa grigio scura e<br />
profondamente fessurata.<br />
I frutti sono a forma di strobilo <strong>come</strong><br />
quelli dell'Ontano nero, ma attaccati<br />
direttamente al rametto, senza peduncolo
'); //--><br />
La corteccia dell'Ontano<br />
bianco è grigio verde,<br />
liscia e lucida.<br />
Le foglie dell'Ontano bianco sono ovali,<br />
terminanti a punta, con margine dentato e<br />
venature parallele.
<strong>Il</strong> barbo italico o padano Barbus plebejus<br />
Bonaparte, 1839<br />
Descrizione - <strong>Il</strong> corpo è slanciato e<br />
robusto, fusiforme, con profilo ventrale<br />
meno arcuato del dorsale, moderatamente<br />
compresso nella regione caudale. La<br />
sezione del corpo è ovale quasi circolare.<br />
La testa è allungata a muso cuneiforme,<br />
allungato ed appuntito. L'occhio è piccolo.<br />
La bocca è infera, protrattile, la mascella<br />
superiore prominente circondata da spesse<br />
labbra. Sono presenti due paia di barbigli.<br />
Le squame sono piuttosto piccole. La linea<br />
laterale ha andamento orizzontale. La<br />
colorazione del dorso è bruno scuro o<br />
bruno verdastro. I fianchi sono giallastri o<br />
dello stesso colore del dorso. <strong>Il</strong> ventre è<br />
bianco o bianco giallastro. Le pinne<br />
possono essere grigio-verdastre, brunogiallastre<br />
o bruno-verdastre, con sfumature<br />
aranciate durante la frega. Gli adulti<br />
raggiungono la lunghezza massima di 60<br />
cm circa ed il peso di circa 4 kg.<br />
Habitat - <strong>Il</strong> barbo italico è caratteristico del<br />
tratto medio-superiore dei fiumi planiziali. La<br />
specie è legata alle acque limpide, ossigenate,<br />
a corrente vivace e fondo ghiaioso e sabbioso.<br />
L'habitat di questa specie è talmente tipico da<br />
essere comunemente indicato <strong>come</strong> "zona del<br />
barbo". La specie ha una discreta flessibilità di<br />
adattamento. Nei fiumi più grandi può<br />
spingersi notevolmente a monte, fino a<br />
sconfinare nella zona dei Salmonidi, spesso<br />
occupa gran parte della zona del temolo. A<br />
valle si rinviene anche in acque<br />
moderatamente torbide purché ben<br />
ossigenate. Nei laghi è abbondate fino a circa<br />
600 m di quota.
Valore economico - Nel lago di Garda, fino al<br />
1950 - 1950, venivano annualmente pescate<br />
circa tre tonnellate di barbo italico e la carne<br />
era considerata di buona qualità. Attualmente<br />
il barbo italico viene considerato specie di<br />
modesto interesse commerciale. Le carni sono<br />
comunque buone, anche se molto ricche di<br />
lische. Le uova sono tossiche e, se ingerite,<br />
possono causare notevoli disturbi<br />
gastrointestinali. Viene commercializzato<br />
fresco o refrigerato. Si cucina <strong>come</strong> il barbo<br />
tiberino. La specie sta acquistando una sempre<br />
maggiore importanza per gli allevatori, infatti<br />
stanno aumentando le richieste di materiale,<br />
sia di adulti che di avannotti, da utilizzare per<br />
le semine a supporto della pesca sportiva.<br />
Distribuzione - In Italia la specie è autoctona.<br />
Barbus plebejus è endemico del distretto<br />
Padano-Veneto. Nel dopoguerra è stato<br />
introdotto, con acclimatazione, in acque dolci<br />
dell'Italia centrale.
Alimentazione e abitudini - il barbo italico è specie gregaria, specialmente in giovane età, gli<br />
adulti di età superiore ai 5-6 anni possono sviluppare la tendenza a vivere isolati. Localmente<br />
può dividere l'habitat con altre specie ittiche, tra cui in particolare l'alborella, la savetta, il<br />
vairone, la sanguinerola, il cobite ed i ghiozzi. Si nutre in prevalenza di invertebrati bentonici<br />
che ricerca grufolando in continuazione sul fondo, sollevandone il materiale coi robusto muso<br />
appuntito , occasionalmente può cibarsi anche di vertebrati morti. Tra gli insetti risultano<br />
predati prevalentemente tricotteri, plecotteri ed efemerotteri.<br />
Riproduzione - <strong>Il</strong> barbo italico raggiunge la maturità a 3-4 anni. La frega si svolge a seconda<br />
delle condizioni climatiche delle zone geografiche in cui la specie vive, generalmente<br />
seconda metà di aprile ai primi giorni di luglio. La risalita a scopo riproduttivo avviene in<br />
grandi sciami. Dopo aver formato branchi, risalgono la corrente in cerca di fondali ghiaiosi o<br />
pietrosi dove ha luogo la deposizione. Le femmine depongono da 8.000 a 25.000 uova. Le<br />
uova sono giallastre ed adesive, dal diametro di 2,5-3 mm. A 16 °C la schiusa avviene in<br />
circa 8 giorni. Circa 10-20 giorni dopo la nascita le giovani larve iniziano a condurre vita<br />
libera muovendosi nella colonna d'acqua e formando spesso sciami misti con altri avannotti<br />
di ciprinidi reofili. Dopo pochi mesi i giovani barbi iniziano a condurre vita prevalentemente<br />
bentonica.
Cavedano<br />
Corpo fusiforme lievemente compresso lateralmente ricoperto di squame di grandi<br />
dimensioni. Testa pronunciata con bocca leggermente rivolta verso l’alto . Occhi di medie<br />
dimensioni. Linea laterale decorrente leggermente al di sotto della parte mediana dei<br />
fianchi, con andamento che segue il profilo ventrale del corpo. Nella parte anteriore la linea<br />
laterale presenta una vistosa curvatura verso l’alto. La lunghezza massima raggiungibile è<br />
di 80 cm.<br />
Pigmentazione: dorso verde-brunastro, con fianchi più chiari e ventre bianco – giallastro .<br />
Pinne grigio- giallastre con sfumature rosacee. Distribuzione geografica: la specie è presente<br />
in tutto il territorio Italiano, fatta eccezione per le isole . Ecologia: specie gregaria in età<br />
giovanile e solitaria da adulta , predilige acque a medio decorso e laghi, all’interno predilige<br />
acque all’interno dei quali si distribuisce in modo piuttosto omogeneo, grazie alle sue grandi<br />
capacità di adattamento. Nel periodo invernale gli esemplari tendono a spostarsi nelle<br />
acque più profonde.
La riproduzione viene da aprile a giugno e le femmine depongono le uova in acque<br />
basse, caratterizzato da fondali ghiaiosi e sabbiosi. La maturità sessuale viene<br />
raggiunta dai maschi al secondo- quarto anno di vita , mentre le femmine possono<br />
raggiungerla anche al sesto anno di vita. Alimentazione: specie onnivora , si nutre di<br />
crostacei , di larve , di insetti e loro adulti , di vegetali , i piccoli anfibi , di pesci , quali<br />
alborelle , e loro uova. Nutrendosi anche di materiale organico ,il cavedano è spesso<br />
abbondante in zone in qui sbloccano scarichi fognari.<br />
Cattura ed allevamento: è una preda ambita per la pesca sportiva viste le difficolta di cattura<br />
legate alla diffidenza di questo animale.<br />
La pesca viene praticata in superficie , a mezz’ acqua e a fondo, con lenze innescate con larve<br />
di mosca carnaria , lombrichi , larve di insetti e adulti alati ,piccoli pesci vivi ,mais ,pane,<br />
formaggio.<br />
Visto lo scarso interesse commerciale la pesca professionale non viene praticata e si limita a<br />
catture accidentali.
TINCA<br />
NOME LATINO:Tinca tinca ( Linnaeus 1758)<br />
FAMIGLIA:Cypriniformes<br />
ORDINE:Cypriniformes<br />
NOME INGLESE: Tench<br />
MORFOLOGIA:forma del corpo massiccia e leggermente compressa lateralmente nella parte<br />
posteriore; squamatura molto piccola e superficie corporea ricoperta di secrezione<br />
mucosa;bocca terminale con labbra carnose e munite di 2 barbigli;pinne brevi ed arrotondate,<br />
pinna caudale quasi priva di concavità;colorazione verde –bruna sul dorso, verde –gialla sui<br />
fianchi,gialla sul ventre.<br />
TAGLIA: 25-30cm,raramente raggiunge e supera i 50 cm (2kg di peso).<br />
DISTRIBUZIONE: IN TUTTO IL TERRITORIO ITALIANO.
LA CARPA<br />
<strong>Il</strong> corpo di forma ovale, meno accentuata nella forma selvatica;<br />
bocca protrattile con labbra carnose munite di quattro barbigli; squamatura grossa e<br />
regolare nelle forme selvatiche; nella forma a «specchi», poche squame grandi<br />
spiccano sulla pelle nuda; colorazione bruno-verde sul dorso esso con riflessi bronzei,<br />
gialla sul ventre.<br />
Taglia: 20-40 cm a 3-4 anni; raramente 100 cm e 40 anni di età.<br />
Distribuzione : in acque stagnanti o a debolissima corrente in tutto il territorio<br />
Italiano.<br />
Habitat: tra la vegetazione di riva ed in stretta vicinanza con fondali di tipo<br />
melmoso. È specie eurialina, adattandosi così anche ad ambienti salmastri<br />
Alimentazione: invertebrati di fondo, larve di insetti, detrito vegetale, ma anche anfibi<br />
ed avannotti di altri pesci.<br />
Riproduzione: ha luogo in acque molto basse , in maggio –Giugno, con temperatura<br />
compresa tra 17 e 20 ° C; uova assai piccole (1mm) rimangono attaccate alle piante e<br />
schiudono in 3-8 giorni; le larve restano inattive sul fondo fino al riassorbimento del<br />
sacco vitellino(2-3 giorni).L’accrescimento è rapido: ad un anno di età la lunghezza può<br />
raggiungere i 15 cm ed il peso di 200g.La maturità sessuale è raggiunta a 3 anni nei<br />
maschi è a 3 -4 nelle femmine .VAL .ECONOMICO : modesto . è oggetto di allevamento<br />
per produzione di carne e per ripopolamento. NOTE : è originaria di due aree<br />
discontinue : l’Est europeo (Russia meridionale , Caspio ,Aral) ed Asia Orientale<br />
(dall’Indocina al Giappone).Con le introduzioni è oggi la specie più diffusa.
<strong>Il</strong> Cavaliere d’Italia
<strong>Il</strong> cavaliere d'Italia misura circa 37 centimetri di lunghezza e pesa da 140 a 180 grammi. Le<br />
sue zampe rosse sono lunghissime e, in volo, superano di molto la coda. La parte inferiore<br />
del corpo è bianca mentre il dorso e le ali sono neri. Maschio e femmina risultano alquanto<br />
simili; le macchie nere, di dimensioni variabili, che ornano il corpo e la nuca nel piumaggio<br />
nuziale, essendo meno pro, nunciate nella femmina, permettono di distinguere i due sessi.<br />
Esso nidifica nell'Europa meridionale, in alcune zone dell'Europa centrale, in gran parte<br />
dell'Africa, nelle regioni meridionali e orientali dell'Asia, dell'Australia, in Nuova Zelanda e<br />
in America, dal sud degli Stati Uniti sino all'Argentina. E' un uccello parzialmente migratore,<br />
ma le sue migrazioni non hanno grande espansione. In Italia è più frequente in primavera<br />
che non in autunno. E' un uccello socievole. Al di fuori del periodo degli amori, in cui si<br />
formano le coppie, il cavaliere d'Italia vive in piccoli gruppi. Ma anche durante il periodo<br />
della riproduzione le coppie non si allontanano le une dalle altre e nidificano in piccole<br />
colonie. Esso cammina con passo leggero ed elegante, ma le zampe lunghe fanno sembrare<br />
questa sua andatura un pò barcollante. Si alza in volo battendo rapido le ali, ma quando ha<br />
raggiunto una certa altezza vola lentamente tenendo le lunghe zampe distese all'indietro.<br />
Prima di posarsi, plana descrivendo uno o più cerchi. Lo si può trovare nelle zone paludose<br />
e ama trattenersi nei luoghi più umidi, dove l'acqua è invasa dalle erbe, e vi nuota per tutto<br />
il giorno. <strong>Il</strong> cavaliere d'Italia si nutre d'insetti e delle loro larve, di molluschi e di altri piccoli<br />
animali. <strong>Il</strong> nido è fatto di una buca poco profonda, scavata nel terreno fangoso o nella<br />
sabbia ed è tappezzata con fili d'erba, circondato d'acqua e consolidata con alcuni sassolini.<br />
Durante il periodo degli amori, la sua voce acuta risuona nel silenzio della campagna. Le 4<br />
uova brune, macchiate di nero e di grigio, vengono covate alternativamente da entrambi i<br />
genitori per un periodo di 25 giorni.
MARTIN PESCATORE<br />
<strong>Il</strong> martin pescatore è lungo 16/17 cm, con un becco lungo, grosso alla base, ali e coda brevi<br />
e piedi piccoli. Nelle parti superiori blu – verde metallico, in quelle inferiori e sulle guance<br />
Giallo ruggine, ai lati del collo spicca una macchia bianca. È dotato di un volo sempre<br />
rapido e uniforme, che gli permette di fendere l’ aria in linea retta, mantenendosi in una<br />
Direzione parallela a quella del livello del liquido. In Italia è stazionario e di passo ed è<br />
Ovunque. Vive sempre vicino ai corsi d’ acqua dolce, fiumi, laghi e stagni e dimostra<br />
predilezione per i boschetti e per i cespugli che fiancheggiano i corsi d’ acqua limpida.<br />
E’ un uccello sedentario e rimane posato per varie ore su un medesimo ramo, con lo<br />
sguardo rivolto all’ acqua in attesa della preda .L’ accoppiamento ha luogo a fine marzo o ai<br />
primi di aprile ,periodo in cui la coppia si mette alla ricerca di un luogo adatto alla<br />
nidificazione. <strong>Il</strong> nido , di solito , è situato su di un cunicolo scavato in argini sabbiosi , e<br />
richiede il lavoro di entrambi i coniugi per circa tre settimane . La stessa cavità viene<br />
riutilizzata per vari anni di seguito, ma l’ abbandona appena si accorge che ha subito<br />
qualche modificazione . <strong>Il</strong> martin pescatore si nutre principalmente di pesciolini e di<br />
granchi, a cui aggiunge molti insetti ,destinati soprattutto ai piccoli. In quanto molto vorace<br />
necessita di una grande quantità di cibo ed ogni giorno, per saziarsi deve mangiare<br />
Dieci o dodici pesciolini lunghi un dito. Non di rado riesce ad impadronirsi anche di prede<br />
abbastanza grosse . Pesca solamente con il becco tuffandosi fulmineo da un ramo o da un<br />
masso. Gli bastano pochi colpi su di un sasso per uccidere la preda e per ingoiarla , certe<br />
volte deve lanciarla in aria e riafferrala con il becco per disporla in una posizione migliore.
Alla foce
La Spigola è un magnifico pesce, ha il corpo<br />
allungato, elegante, un poco compresso<br />
lateralmente che a pieno sviluppo può arrivare<br />
fino al metro di lunghezza e ai 10-14<br />
chilogrammi di peso. La testa è robusta, con la<br />
mandibola prominente sulla mascella. La bocca<br />
è ampia, un poco obliqua e armata di aguzzi<br />
denticelli che formano una specie di velo<br />
all’interno di questa. L’opercolo è munito<br />
posteriormente di due spine aguzze e il<br />
preopercolo è seghettato sul bordo posteriore.<br />
<strong>Il</strong> dorso reca due pinne contigue e di pari<br />
altezza, delle quali la prima è sorretta da raggi<br />
spinosi e la seconda da raggi molli. La caudale<br />
è concava posteriormente, l’anale è situata<br />
ventralmente alla dorsale molle, le ventrali<br />
sono subtoraciche e infine le pettorali sono<br />
piuttosto corte.<br />
La colorazione è mimetica: grigio plumbea sul<br />
dorso, grigio chiara con riflessi giallicci e delle<br />
punteggiature scure sui fianchi (bene evidenti<br />
negli individui giovani) e infine bianco argentea<br />
sul ventre.
Dove vive<br />
L’ambiente preferito dalla Spigola è la zona costiera, dove di solito si tiene in acque la cui<br />
profondità raramente oltrepassa i cinque metri. Entro questi limiti frequenta le coste rocciose sia<br />
alte che basse, le scogliere artificiali, i porti, le lagune di acqua salmastra e in maniera particolare<br />
le foci dei fiumi anche con modesta portata, purché con acque pulite, nelle quali può trovare il<br />
suo cibo abituale costituito soprattutto da Gamberi, Latterini, Mugginetti, Ceche e Anguilline.<br />
Comunque, al contrario di quanto comunemente si crede, la Spigola non disdegna altri bocconi<br />
più umili quali le Arenicole che cerca rasentando il fondo, i pesci morti, il semplice pane e infine i<br />
bachini di sego o bigattini. Le giovani Spigole sono gregarie, ma una volta divenute adulte,<br />
diventano dei predatori solitari astuti e aggressivi, i quali hanno bisogno di un’ampia zona di<br />
caccia. Proprio per questa sua natura di predatrice, il suo comportamento è sempre sospettoso e<br />
pieno di curiosità. Pure essendo presenti tutto l’anno nell’immediato sottocosta, le Spigole più<br />
grosse si avvicinano a terra soprattutto nella stagione fredda. Infatti è proprio in questo periodo<br />
che avviene la loro riproduzione che, neppure a farlo apposta, viene a coincidere con l’entrata<br />
delle Ceche nei fiumi nostrani. La Spigola viene costantemente insidiata con diverse tecniche di<br />
pesca, sia dalla costa che a traina e il sub la caccia sia all’aspetto che all’agguato in uno degli<br />
ambienti preferito
<strong>Il</strong> cefalo è un pesce dal corpo fusiforme, il dorso è di colore grigio scuro, a volte<br />
tendente all'azzurro o al verde, con strisce longitudinali dello stessa colore che<br />
decorrono spesso sui fianchi di colore argento. Le pinne pettorali hanno alla loro base<br />
una macchia più scura.<br />
<strong>Il</strong> cefalo vive in grandi branchi, in ambienti diversi in quanto tollera variazioni di<br />
temperatura e di salinità. Si nutre in prevalenza di detrito organico, alghe e piccoli<br />
invertebrati e si riproduce in estate.<br />
La taglia media è di 30 cm, anche se può raggiungere i 4 kg per 60 cm di lunghezza.<br />
<strong>Il</strong> cefalo è un pesce dal corpo fusiforme, il dorso è di colore grigio scuro, a volte<br />
tendente all'azzurro o al verde, con strisce longitudinali dello stessa colore che<br />
decorrono spesso sui fianchi di colore argento. Le pinne pettorali hanno alla loro<br />
base una macchia più scura.<br />
<strong>Il</strong> cefalo vive in grandi branchi, in ambienti diversi in quanto tollera variazioni di<br />
temperatura e di salinità. Si nutre in prevalenza di detrito organico, alghe e piccoli<br />
invertebrati e si riproduce in estate.
Si distingue dagli altri aironi per le grandi dimensioni (90-98 cm<br />
di lunghezza). Ha una livrea grigio cenere (da cui il nome). Le<br />
parti superiori sono grigie, il collo e la testa bianchi con una<br />
striscia nera sulla nuca. <strong>Il</strong> lungo e affilato becco è giallastro, le<br />
grandi zampe brunastre, ma entrambi diventano di colore<br />
rossastro in primavera. <strong>Il</strong> volo è potente, con lenti e profondi<br />
battiti di ala. L'apertura alare, nei maschi adulti, in taluni casi<br />
può raggiungere 2 mt.di ampiezza. La silhouette in volo è<br />
caratteristica, tiene la testa arretrata tra le spalle, <strong>come</strong> a<br />
formare una "S", e le zampe estese. Frequenta stagni, risaie,<br />
prati allagati, canali, fiumi, laghi, e coste marine. Se ne sta<br />
immobile per lungo tempo nell'acqua bassa nell'attesa della<br />
preda, di solito costituita da rane, pesci, rettili, che cattura con<br />
un fulmineo colpo del lungo becco. Nidifica in colonie con altri<br />
aironi (garzaie), predilige costruire il nido su alberi alti, ad<br />
almeno 25 mt.di altezza. Anche se vi sono casi in cui i nidi sono<br />
posti su alberi più bassi o nei canneti. <strong>Il</strong> suo areale di<br />
nidificazione è il più settentrionale tra quello degli Aironi<br />
Europei, quindi alcune popolazioni sono soggette ad un elevato<br />
tasso di mortalità negli inverni più rigidi. Comunque è<br />
riscontrato che, in questo caso, la specie ha forti capacità di<br />
recupero nella consistenza numerica, tanto da diventare<br />
l'airone più diffuso nelle aree nord occidentali europee.<br />
L'Airone cenerino
La forma del corpo, in ogni sua parte, è un esempio mirabile di adattamento evolutivo in<br />
funzione, principalmente, dell'alimentazione. Le dita lunghe e distanziate tra di loro consentono<br />
all'Airone di muoversi su terreni fangosi. La ricerca del cibo è possibile in acque profonde fino a<br />
60 cm. grazie alla lunghezza dei tarsi. Infine il becco ad arpione associato al lungo collo e alla sua<br />
particolare muscolatura permettono movimenti potenti e istantanei nell'atto di cattura della<br />
preda. La tecnica di caccia solitamente adottata è particolarmente interessante: passi lenti<br />
nell'acqua, sono seguiti da immobilizzazioni, una volta localizzato il pesce viene arpionato,<br />
lanciato in aria afferrato ed inghiottito dal capo, evitando così l'apertura delle scaglie.<br />
L'Airone cenerino necessita di specchi d'acqua aperti e poco profondi e abitualmente si nutre di<br />
pesce bianco non superiore ai 20 cm. di lunghezza. L'ignoranza di queste caratteristiche lo ha<br />
reso capro espiatorio degli insuccessi degli allevamenti di pesce, dovuti in genere a condizioni<br />
ecologiche insensate (sovrappopolazione, inquinamento, migrazioni). A volte è ancora possibile<br />
assistere ad Aironi abbattuti ed appesi nei pressi delle vasche di piscicoltura allo scopo di<br />
scoraggiare l'attività di altri, che al contrario ignorano l'individuo morto.<br />
La specie non presenta dimorfismo sessuale. Due penne ornamentali nere (egrette) si<br />
prolungano sulla nuca. I giovani hanno collo e sommità del capo grigi, becco nerastro e sono<br />
privi delle penne ornamentali.<br />
Gli Aironi cenerini nidificano in colonie quasi sempre sulla cima di alberi d'alto fusto. I nidi sono<br />
costruiti con rami e canne, la struttura poco elaborata è in relazione all'allontanamento precoce<br />
dei piccoli, che imparano a volare solo qualche settimana dopo. Dopo questo periodo, tuttavia,<br />
sono frequenti i ritorni al nido. Molti rapaci utilizzano nidi di Airone cenerino abbandonati. Le<br />
cure parentali sono condotte da entrambi i sessi.<br />
Migratore, erratico o sedentario a seconda della distribuzione geografica.
Papavero giallo (Papaver rhaeticum)<br />
<strong>Il</strong> papavero giallo è una pianta tenacemente<br />
radicata nel detrito in cui vive. Con il suo colore<br />
giallo vivo costituisce uno dei più belli<br />
ornamenti dei ghiaioni calcarei e delle foce del<br />
<strong>fiume</strong> <strong>Esino</strong>.
L’epizoocoria:<br />
fenomeno osservato alla foce del <strong>fiume</strong>
Frutti trasportati dagli animali<br />
Agrimonia (Agrimonia eupatoria L.)<br />
Certe piante producono frutti o semi che<br />
presentano sulla superficie formazioni<br />
particolari quali spine, setole o uncini.<br />
Grazie a questo adattamento, i frutti o i<br />
semi si attaccano facilmente ai peli di<br />
alcuni animali, che li trasportano<br />
disseminandoli in ambienti più o meno<br />
distanti dalla pianta che li ha maturati<br />
(epizoocoria)<br />
Frutti trasportati dal vento<br />
Tarassaco (Taraxacum officinale Weber)<br />
Frutti appetiti dagli animali<br />
Tasso comune (Taxus baccata L.)<br />
<strong>Il</strong> tasso, o albero della morte, è una pianta<br />
molto velenosa in tutte le sue parti, compreso<br />
il seme; essa produce una particolare struttura<br />
carnosa, detta arillo, che viene comunque<br />
mangiato dagli animali senza conseguenze,<br />
dato che ne utilizzano solo la dolciastra parte<br />
esterna, mentre il seme, rivestito da un<br />
resistente tegumento, attraversa il tubo<br />
digerente dell'animale rimanendo integro.<br />
<strong>Il</strong> tarassaco è una specie vegetale molto comune; essa produce vistosi capolini di<br />
fiori gialli che, dopo l'impollinazione, si trasformano in particolari infruttescenze, i<br />
ben noti soffioni. <strong>Il</strong> soffione è formato da numerosi piccoli frutti (acheni), disposti<br />
a formare una sorta di sfera, ognuno dei quali è prolungato in una struttura<br />
leggera e piumosa, che ha la funzione di una piccolissima elica, capace di tenere<br />
sospeso il frutto lasciandolo trasportare dalle correnti d'aria; questo tipo di<br />
disseminazione è detta anemocora.
Frutti appetibili agli uccelli<br />
Sorbo montano, farinaccio (Sorbus<br />
aria (L.) Crantz)<br />
Per la vita delle piante è importante che,<br />
dopo la produzione dei frutti, i semi in essi<br />
contenuti possano disperdersi nell'ambiente<br />
in aree sempre più vaste; questo avviene in<br />
diversi modi. Possono disperdersi i semi, se<br />
sono prodotti in un frutto che si apre a<br />
maturità (deiscente), <strong>come</strong> i legumi e le<br />
silique, o possono essere dispersi i frutti<br />
stessi, se sono indeiscenti, ovvero se non si<br />
aprono a maturità, <strong>come</strong> nel caso delle<br />
cariossidi, delle samare, delle drupe e dei<br />
pomi. <strong>Il</strong> sorbo montano ed altre specie dello<br />
stesso genere, producono frutti che vengono<br />
ingeriti dagli uccelli, che ne utilizzano la<br />
polpa, attirati dal colore e dal valore<br />
nutritivo.<br />
Spesso i semi passati all'interno del tubo<br />
digerente di un uccello germinano più<br />
facilmente e ad una distanza anche notevole<br />
dalla pianta che li ha prodotti; questo<br />
fenomeno è chiamato endozoocoria.
Frutti e semi trasportati dal vento I<br />
Acero di monte (Acer pseudoplatanus L.)<br />
I meccanismi e le modalità con le quali i semi<br />
facilitano la dispersione attraverso il vento<br />
sono molti, e si basano quasi sempre<br />
sull'aumento del rapporto tra superficie e<br />
volume. Questo si realizza quando i frutti o i<br />
semi sviluppano strutture piumose, oppure<br />
strutture a forma di ali.<br />
I frutti dell'orniello, detti sàmare, si<br />
prolungano da una parte in un'ala; quelli<br />
dell'acero presentano una doppia ala e sono<br />
detti disàmare. Grazie a queste strutture i frutti<br />
possono essere agevolmente trasportati dal<br />
vento.<br />
Frutti e semi trasportati dal vento II<br />
Camedrio alpino (Dryas octopetala L.)<br />
<strong>Il</strong> camedrio alpino è un relitto glaciale presente<br />
nelle parti più elevate delle Apuane. Dai suoi<br />
vistosi fiori bianchi ad otto petali maturano<br />
numerosi piccoli frutti (acheni), ognuno dei<br />
quali è munito di un lungo filamento piumoso,<br />
che ha la funzione di facilitarne la dispersione.<br />
Anche in questo caso, essendo i frutti del<br />
camedrio alpino indeiscenti, cioè che non si<br />
aprono a maturità, le strutture atte a facilitare<br />
la dispersione non sono proprie del seme ma<br />
del frutto
Cardo del<br />
lanaiolo<br />
L’ACQUA CHE SI<br />
RACCOGLIEVA NELLA<br />
“COPPA” FORMATA<br />
DALLE FOGLIE ERA<br />
CONSIDERATA<br />
“ACQUA SANTA” E<br />
SERVIVA PER<br />
“SEGNARSI” E PER<br />
PRATICHE RITUALI.<br />
ERA ANTICAMENTE<br />
USATO PER CARDARE<br />
O SCARDASSARE LA<br />
LANA.<br />
.<br />
.