QUI - Storia della Farmacia
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<strong>Farmacia</strong> Dell’Ospedale Serristori di Figline Valdarno.<br />
L<br />
a singolare storia dell’Ospedale<br />
Serristori di Figline Val d’Arno<br />
ha consentito la preservazione<br />
di una farmacia-museo di grandissima<br />
importanza perché riflette l’immagine<br />
di diversi secoli vissuti dall’istituzione<br />
in questo appartato, antico comune toscano.<br />
Nel 1399, in seguito a una miracolosa<br />
apparizione <strong>della</strong> Madonna a un contadino<br />
del Delfinato, nacque un esteso<br />
movimento devozionale detto “dei<br />
Bianchi” per il colore dell’abito da penitenti<br />
indossato dai confratelli. Dalle<br />
loro file uscì un nobile notaio fiorentino,<br />
ser Ristoro di Iacopo, che con il<br />
suo testamento diede origine alla fondazione<br />
dell’ospedale.<br />
Situato in un palazzo del centro murato<br />
<strong>della</strong> città venne dedicato alla Vergi-<br />
ne <strong>della</strong> Numptiata e in memoria dei 12<br />
Apostoli tale fu il numero iniziale dei<br />
letti. Per ben sei secoli la stessa famiglia<br />
Serristori riuscì ad esercitare gli originari<br />
diritti sull’istituto, tra cui la nomina<br />
degli “spedalinghi” a capo dell’amministrazione,<br />
malgrado i numerosi tentativi<br />
di acquisizione da parte dello Stato.<br />
Questo favorì ovviamente la salvaguardia<br />
di un archivio ricco di 224<br />
volumi più diverse pergamene e delle<br />
suppellettili tra cui si distinguono gli<br />
arredi e le ceramiche <strong>della</strong> farmacia.<br />
La sua istituzione fu molto precoce e<br />
ciò è dovuto al fatto che già al tempo<br />
<strong>della</strong> prima visita del vescovo di<br />
Fiesole, nel 1439, il numero dei letti<br />
destinati all’infermeria era di gran lunga<br />
maggiore di quelli per i pellegrini.<br />
I primi acquisti di vasi destinati alla<br />
spezieria risalgono all’inizio del XVI<br />
secolo, secondo quanto dicono i libri<br />
mastri; la prima serie ancora esistente<br />
comprende 13 ampolloni ansati con<br />
decoro a palmetta persiana, policromi<br />
secondo una tipologia quattrocentesca<br />
riprodotta poi nel secolo successivo.<br />
L’approfondito studio di Alessandro<br />
Conte li attribuisce alle manifatture di<br />
Montelupo, come il gruppo di quarantacinque<br />
brocche dello stesso tipo del<br />
XVII secolo con decoro a rami fogliati<br />
e a grottesca, alcune con cartigli scritti,<br />
altre con il primo stemma dell’ospedale.<br />
Oltre venti tra brocche e albarelli<br />
dipinti a stile compendiario e generalmente<br />
più tardi provengono da altre<br />
fonderie toscane.<br />
Della stessa foggia il decoro di 45 pezzi<br />
appartenenti al secolo successivo in cui<br />
lo stemma è contornato da un nastro,<br />
mentre due orci alti 85 cm. e destinati<br />
forse alla teriaca e al mitridate sono<br />
dipinti a macchia con effetto marmorizzante.<br />
Uno degli armadi, settecenteschi come<br />
le cassettiere per le erbe, mostra ampolline<br />
e albarelli di vetro di provenienza<br />
locale, ma anche di Murano e<br />
di Boemia. Contengono residui di medicamenti<br />
ottocenteschi, dichiarati nei<br />
“polizzini” di carta, decorativi come<br />
i nastri che ornano i tappi di tali recipienti<br />
delle più varie fogge.<br />
La descrizione <strong>della</strong> Sala Rossa, trasformata<br />
in spezieria quando l’ospedale<br />
alla fine del’800 fu trasferito nella villa<br />
Serristori che ancora occupa sulla collina<br />
di S. Cerbone, non sarebbe completa<br />
senza citare le opere pittoriche.<br />
Una magnifica tavola fondo oro di un<br />
maestro del primo ‘400, forse Gherardo<br />
Starnina, mostra la Madonna<br />
col Bambino e sei angeli, detta di<br />
Orsanmichele. È il cimelio più antico<br />
e reca proprio la data di fondazione<br />
(1399).<br />
Matteo Rosselli dipinse nel 1630 la Testa<br />
del Redentore, per noi molto interessante<br />
a causa dell’atteggiamento misericordioso<br />
e dell’inclinazione del capo<br />
che ricordano l’immagine del Cristo<br />
Farmacista, tanto cara ai pittori di una<br />
certa tradizione mitteleuropea. Numerosi<br />
ritratti di benefattori dell’istituto,<br />
quasi tutti <strong>della</strong> famiglia Serristori, sovrastano<br />
gli scaffali di questa sala che<br />
non nasconde il gusto del secolo passato,<br />
costituendo tuttavia un invidiabile<br />
insieme, degno di competere con i<br />
numerosi musei dell’arte farmaceutica<br />
sparsi in tutta Europa.<br />
A. C.