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Relativita

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I.S.I.S.S. “A. Scarpa” – Motta di Livenza (TV)<br />

Liceo Scientifico<br />

Classe V A<br />

Anno Scolastico 2007/2008<br />

Appunti di Relatività Ristretta<br />

Escher ‐ Relatività<br />

Tutto è relativo!<br />

L’astuzia matematica di Lorentz<br />

Il pensiero innovativo di Einstein<br />

Le 4 dimensioni spazio‐temporali di Minkowsky<br />

A cura del Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Un giornalista : “ Prof. Einstein, ci spieghi in parole<br />

povere cosa si intende per tempo relativo”.<br />

Einstein: “Pensi di stare in compagnia di una bella<br />

donna, il tempo sembra fuggire via; viceversa pensi<br />

si stare con i piedi sui carboni ardenti, un secondo<br />

sarà un’eternità.”<br />

“Il tempo si fonde, ma non si confonde con le<br />

variabili spaziali…”<br />

V. Fock<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 1 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Appunti ‐ Relatività Ristretta<br />

Questi appunti non esauriscono l’argomento relatività, ma sono un supporto alla normale attività di<br />

docenza. Quindi è necessario integrare il tutto con appunti personali durante la lezione e la lettura del<br />

testo.<br />

Introduzione<br />

La teoria della relatività, elaborata da Albert Einstein all’inizio del XX secolo, è alla base dell’intera fisica<br />

moderna. Solo mediante la teoria della relatività si può dare una sistemazione completa<br />

all’elettromagnetismo e alla teoria della gravitazione; ed è solo grazie ad essa che la fisica nucleare e la<br />

fisica delle particelle elementari hanno potuto svilupparsi e avere le applicazioni ingegneristiche attuali. La<br />

teoria della relatività si può suddividere, anche storicamente, in due “fasi” successive: la relatività speciale e<br />

la relatività generale. Il problema di fondo, per risolvere il quale Einstein elaborò la propria teoria, è in<br />

ambedue i casi quello di dare una forma invariante, indipendente cioè dal sistema di riferimento, alle leggi<br />

fisiche. Per molto tempo si rimase convinti che l’unica risoluzione del problema fosse costituita dal<br />

“Principio di relatività di Galileo”. Secondo questo principio tutti i sistemi di riferimento “inerziali” sono<br />

equivalenti per la descrizione dei fenomeni meccanici. Ricordiamo che un sistema di riferimento è detto<br />

“inerziale” se in esso sono soddisfatte le tre leggi di Newton della meccanica. Comunemente si dice che il<br />

sistema delle stelle fisse (cioè un sistema avente come origine il centro del Sole e l’orientazione degli assi<br />

invariante rispetto alla posizione delle stelle fisse) è inerziale. Un sistema di riferimento solidale con la Terra<br />

non è inerziale in quanto la Terra è in moto rotatorio su se stessa. Gli effetti dovuti a questo moto sono<br />

però così piccoli che, in prima approssimazione, si possono trascurare e considerare la Terra un sistema di<br />

riferimento inerziale. Il principio di relatività venne dedotto da Galileo dallo studio dei fenomeni meccanici<br />

noti al suo tempo (basta ricordare il famoso esperimento della caduta dei gravi dalla torre di Pisa). Esso<br />

viene messo in discussione alla fine del XIX secolo in seguito alla scoperta dei fenomeni elettromagnetici. In<br />

modo particolare la formulazione maxwelliana dell’elettromagnetismo e la scoperta della natura<br />

elettromagnetica della luce portavano a contraddizioni molto profonde con il principio di relatività<br />

galileiano. Alcuni tra i più famosi fisici dell’epoca, in particolare il francese Jules‐Henry Poincarè e l’olandese<br />

Hendrik A. Lorentz tentarono di risolvere queste contraddizioni ma con scarsi risultati. Bisogna attendere il<br />

1905, anno in cui viene pubblicato da Albert Einstein (1879 – 1955) sulla rivista “Annalen der physik” il<br />

famoso articolo intitolato Electrodynamic bewegter korpen (Sull’elettrodinamica dei corpi in moto) perché<br />

si riescano a superare le contraddizioni tra principio di relatività e teoria elettromagnetica. È in questo<br />

articolo che Einstein espone i concetti della sua teoria. La teoria della relatività di Einstein si basa su due<br />

postulati:<br />

• Le leggi della fisica devono essere le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali.<br />

• La velocità della luce è una costante, cioè è la stessa in tutti i sistemi di riferimento.<br />

Egli inoltre analizza a fondo i concetti di spazio e di tempo e dimostra, sulla base di due postulati, che né lo<br />

spazio né il tempo hanno carattere assoluto; ogni osservatore ha un suo proprio tempo e un suo proprio<br />

sistema di coordinate. Einstein dimostra inoltre, partendo dall’esistenza di un tempo proprio per ogni<br />

osservatore, che le trasformazioni di Galileo sono errate. Esse vanno sostituite con leggi di trasformazione<br />

più generali, note come “leggi di trasformazione di Lorentz”. Utilizzando queste leggi di trasformazione<br />

Einstein dimostra che le equazioni di Maxwell del campo elettromagnetico sono invarianti; non esiste<br />

quindi alcuna contraddizione tra principio di relatività ed elettromagnetismo. La teoria della relatività<br />

einsteiniana non si limita a spiegare i fatti sperimentali: partendo da essa si derivano una nuova cinematica<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 2 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

e una nuova dinamica, chiamate “relativistiche”, che sostituiscono la meccanica newtoniana. La dinamica<br />

relativistica è alla base di tutta la moderna ingegneria nucleare. Con la teoria della relatività Einstein<br />

stabilisce la completa equivalenza, per quanto riguarda la descrizione dei fenomeni fisici, di tutti i sistemi di<br />

riferimento inerziali; così facendo egli estende il principio di Galileo, valido per i soli fenomeni meccanici, a<br />

tutta la fisica. La teoria rimane però limitata ai soli sistemi di riferimento inerziali, da cui il nome di<br />

“relatività ristretta”. Il desiderio di generalità vorrebbe un principio di relatività valido anche per tutti i<br />

sistemi di riferimento, anche non inerziali. È ancora Einstein a risolvere il problema formulando la “teoria<br />

della relatività generale” nell’opera “Die Grundlage der aligemeinen Relativitätstheorie“ (I fondamenti della<br />

relatività generale), presentata nel 1916. egli dimostra l’equivalenza tra un sistema di riferimento inerziale<br />

e uno non inerziale in cui è presente un campo gravitazionale; si può cioè passare da un sistema di<br />

riferimento inerziale a uno non inerziale introducendo un opportuno campo gravitazionale. Su queste basi<br />

Einstein sviluppa una nuova teoria della gravitazione, che si sostituisce a quella newtoniana e che è alla<br />

base di tutta la moderna cosmologia.<br />

Relatività Galileana<br />

Si considerino due sistemi di riferimento<br />

inerziali, Σ0 (x,y,z) e Σ’0’ (x’,y’,z’), tali che Σ’<br />

si muova di moto rettilineo e uniforme<br />

rispetto Σ con VELOCITA’ RELATIVA ��� , ed in<br />

modo che l’asse x’ si muova rispetto ad x<br />

nella stessa direzione con velocità ���, ed y’e<br />

z’ parallelamente a rispettivamente a y, z<br />

con la stessa velocità. Inoltre si consideri<br />

che al tempo t0=0, ����, e quindi dopo<br />

un tempo t ,il Sistema Σ’ si trovi ad una<br />

distanza ���· �.<br />

Nelle ipotesi appena fatte si sono dati per<br />

impliciti due concetti cardine della<br />

posizione galileana di relatività, dopo<br />

ereditati dalla meccanica Newtoniana, tali<br />

concetti sono:<br />

Principio di Spazio Assoluto ( ed infinito) : Lo Spazio misurato da un Osservatore solidale con Σ0, è sempre<br />

lo stesso sia per Σ che per Σ’. Lo spazio è da considerarsi INFINITO.<br />

Principio di Tempo Assoluto: Due Cronometri fissati in O e in O’, azionati all’istante t0=0, segnano sempre<br />

lo stesso tempo; quindi implicitamente si intende che il tempo t per Σ è sempre uguale al tempo t’ per Σ’<br />

(t=t’)<br />

Se si considera un punto P solidale con Σ’ , le sue Coordinate, in un determinato istante t, nel sistema Σ’<br />

saranno P(x’,y’,z’,t’), allo stesso momento le sue coordinate in Σ saranno P(x,y,z,t). SI FACCIA ATTENZIONE<br />

CHE OLTRE LE CANONICHE COORDINATE SPAZIALI SI E’ INTRODOTTA UNA QUARTA COORDINATA (o<br />

dimensione), IL TEMPO. In tale tipo di concezione può anche omettersi, per quanto detto sopra, ma ci<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 3 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

servirà come riferimento. Per trasformare le coordinate di Σ’ in quelle di Σ e viceversa si avra bisogno di<br />

queste due semplici TRASFORMAZIONI GEOMETRICHE, Traslazioni in questo caso particolare:<br />

Σ � � Σ � �<br />

��� � ���<br />

��� �<br />

��� �<br />

��� �<br />

�<br />

, mentre viceversa Σ � Σ � � �<br />

� �� ���<br />

�� � �<br />

�� � �<br />

�� � �<br />

Da questa impostazioni discende il celeberrimo Teorema dalla somma delle velocità.<br />

Se il punto P si muoverà con velocità �� di componenti �� ���,��,��� rispetto gli assi omologhi, e ricordando<br />

che nel caso che il punto P(x’,y’,z’) in Σ’, e P(x,y,z) in Σ, si muova le sue coordinate sono delle funzione in t e<br />

quindi si dovrebbero esprimere in questo modo P’(x’(t),y’(t),z’(t)), e quindi P(x(t),y(t),z(t))<br />

���� � �<br />

�<br />

���� � ��<br />

���� � ����� ���� � ����� ���� � ��������� �������� � � �� ��: �<br />

� � ��� � ��<br />

� � ��� �<br />

� � ��� �<br />

Esempio: Un uomo corre con velocità v’x all’interno di un vagone ferroviario, e il vagone si muove con<br />

velocità V, un osservatore sulla terra ferma a quale velocità vedrà correre l’uomo sul vagone?<br />

L’osservatore vedrà l’uomo correre alla velocità vx = v’x+V<br />

Principio di Relatività Galileana : Tutte le leggi Meccanica ( e quindi si estende a tutte le leggi della fisica)<br />

sono le stesse in tutti i possibili sistemi di riferimento inerziali. O meglio, tutte le leggi della fisica sono<br />

invarianti rispetto le trasformazioni galileane.<br />

La teoria dell’elettromagnetismo non è invariante rispetto le<br />

trasformazioni galileane. La CRISI della Fisica.<br />

Come nell’esempio precedente si consideri un uomo su di un vagone ferroviario che si muove con velocità<br />

V, e l’uomo accende un torcia elettrica. L’uomo sul treno vedrà la luce propagarsi con velocità � � 3,00 ·<br />

10��/�, velocità costante determinata da MAXWELL, carta e penna, partendo dalle quattro celeberrime<br />

equazioni (Si ricordi che �� �<br />

�.<br />

�����<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 4 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

L’osservatore a terra, secondo il teorema della somma velocità vedrà la luce propagarsi alla velocità<br />

� � ����. Ma ciò è un paradosso, in quanto la velocità della luce non è più costante!<br />

E’ crisi della fisica! La velocità della luce calcolata da Maxwell, dovrebbe aver bisogno di sistemi “privilegiati<br />

di riferimento”. Insomma una legge delle fisica non è invariante rispetto le trasformazioni galileleane. Ciò<br />

va contro un principio di tutta la fisica, e quindi SCRICCHIOLA TUTTA LA FISICA. Ricordiamo che se le ipotesi<br />

di qualsiasi teoria vengono contraddette nell’ambito della stessa teoria, la teoria stessa viene a cadere per<br />

contraddizione e bisogna trovare nuove ipotesi che possano essere prive di contraddizioni.<br />

La velocità della luce e l’etere<br />

La contraddizione appena esposta, fu al centro di molte interpretazioni e nuove ipotesi. La comunità<br />

scientifica reagì, in modo conservatore e ipotizzo che la luce, radiazione elettromagnetica, non si potesse<br />

propagare nel vuoto. Infatti si suppose l’esistenza in una “fantasmagorica” sostanza che avvolgeva tutti e<br />

tutto chiamata “etere”. Così facendo si sarebbe distrutta la teoria Maxwell.<br />

Tale ipotesi creava un parallellismo tra le onde meccaniche, tra cui il suono, che ha bisogno di mezzo per<br />

propagarsi e la luce che avrebbe bisogno dell’etere per propagarsi. Invece la luce è capace di propagarsi nel<br />

vuoto, o meglio nello SPAZIO VUOTO!<br />

L’esperimento di Michelson‐Morley<br />

Torniamo all’etere, l’etere era inteso come mezzo<br />

immobile in cui tutto si muove. Quindi anche il moto di<br />

rivoluzione della terra attorno al sole si svolge<br />

nell’etere. Ma se indichiamo �� la velocità della terra,<br />

un osservatore sulla terra “POTREBBE PERCEPIRE UN<br />

VENTO D’ETERE” con velocità v e quindi potrebbe<br />

vedere propagarsi la luce con velocità compresa<br />

nell’intervallo �� � �; � � ��. Serviranno a questo<br />

punto delle prove sperimentali!<br />

Per verificare l’esistenza dell’etere e quindi la sua incidenza sulla velocità della luce, si ricorse ad un<br />

esperimento particolare che avrebbe permesso di rilevare anche le più piccole variazioni della velocità della<br />

luce dovute al vento d’etere. L’esperimento fu eseguito con un particolare tipo di interferometro così fatto<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 5 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

La posizione iniziale è stata quella del fascio di luce dell’emettitore è parallelo alla superficie terrestre e il<br />

rilevatore perpendicolare alla superficie terrestre stessa.<br />

Il fascio di luce emessa dalla fonte colpisce lo specchio semi‐riflettente e lo scinde in due fasci di luce che<br />

vanno a colpire i due specchi percorrendo le distanze d1 nel tempo t1 e d2 nel tempo t2. La differente<br />

distanza e l’influenza del vento d’etere fanno si che ∆� � �2‐t1 provochi un particolare spettro<br />

d’interferenza costituito da una particolare successione di frange d’interferenza.<br />

In seguito si ripete l’esperimento ruotando di 90° l’interferometro, così che la distanza d1 sia percorsa dalla<br />

luce, per il diverso effetto del vento d’etere, in un tempo t’1 e la distanza d2 in tempo t’2. Così facendo si<br />

avrà ∆�� � ��2‐t’1 , con ∆�≠∆��. Questo dovrebbe produrre un diverso spettro di interferenza.<br />

Ma le ripetute prove effettuate, con strumentazioni sempre più sofisticate, e cambiando persino l’angolo di<br />

inclinazione rispetto la superficie terrestre con ampiezze comprese tra 0° e 90°, non hanno prodotto alcun<br />

cambiamento delle frange d’interferenza. Da ciò si dedusse che la luce si propagava in tutte le direzioni<br />

alla stessa velocità, non subendo l’azione del vento d’etere!<br />

Chi aveva ragione a questo punto …. Galileo e Newton oppure Maxwell? EINSTEIN ideò questo<br />

paradosso, a tal proposito, intuendo che c fosse costante e che Maxwell avesse ragione :<br />

“Un uomo viaggia alla velocità della luce c su di una navicella spaziale e parallelamente ad esso viaggia<br />

un raggio luminoso. L’uomo dovrebbe rilevare un campo elettromagnetico statico, quindi la luce non<br />

potrebbe esistere.”<br />

Le Trasformazioni di Lorentz – Un virtuosismo matematico per spiegare<br />

la propagazione della luce.<br />

Lorentz tentò di coniugare il tutto con un virtuosismo matematico, per spiegare l’ISOSTROPIA della<br />

propagazione della luce. Partendo dalle TRASFORMAZIONI DI GALILEO, già esposte precedentemente, le<br />

modificò introducendo tre parametri γ, a, b. Dopo innumerevoli tentativi riuscì a posizionarli nel modo<br />

giusto e riuscì ad ottenere un gran bel risultato che giustificava il fenomeno, ma fu Einstein a giustificarlo<br />

con un significato fisico adeguato.<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 6 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Reelatività<br />

ristreetta<br />

L’impostazione<br />

teorica ddelle<br />

nuove trasformaziooni<br />

è la segue ente:<br />

Per determinare<br />

γ , a e b consideriaamo<br />

un fenoomeno<br />

fisico particolarmente<br />

semplicce:<br />

supponia amo di averee<br />

una sorgentte<br />

puntiformme<br />

fissa in O, , la quale all’istante<br />

t=0 , in cui O’ paassa<br />

per O eemette<br />

un br reve segnalee<br />

elettromagnnetico,<br />

che ssi<br />

propaga in tutto lo spazio<br />

circostan nte formandoo<br />

un’onda sfferica<br />

il cui ra aggio<br />

cresce con iil<br />

passare deel<br />

tempo .<br />

Sostituendoo<br />

le trasformmazioni<br />

di soppra<br />

:<br />

Cioè:<br />

Che deve esssere<br />

identicca<br />

alla (*), peer<br />

cui per il pprincipio<br />

di id dentità dei poolinomi<br />

si haa:<br />

Risolvendo le tre equazioni<br />

a tre inccognite<br />

di soppra<br />

avremo:<br />

Anno scolasticco<br />

2007/2008<br />

γ<br />

2<br />

γ<br />

2<br />

x<br />

( 2<br />

2 2 2<br />

( γ − b c<br />

γ<br />

2 2 2<br />

− b c<br />

1 2<br />

2 = c<br />

b<br />

2<br />

r<br />

2 2<br />

2 2<br />

) − 2xt(<br />

γ v + c ab)<br />

+ y + z = (a<br />

( 1)<br />

2 γ − , a<br />

=<br />

IIn<br />

S la equa azione della superficie ddell’onda<br />

al tempo t t dell<br />

segnale<br />

emes sso al tempoo<br />

t=0 sarà:<br />

ccome<br />

volevamo<br />

una supperficie<br />

sfericca.<br />

Poiché le e leggi dellaa<br />

fisica<br />

devono o avere la stessa formma<br />

in tutti i sistemi dii<br />

riferimento<br />

inerziali, i e lla<br />

velocità ddella<br />

luce de eve avere ill<br />

mmedesimo<br />

va alore in tali ssistemi<br />

,in S’ ’ avremo:<br />

2<br />

2 2 2<br />

x + y +<br />

z<br />

2 2<br />

= 1;<br />

γ v + c ab = 0;<br />

2<br />

2 v = 1+<br />

γ , con γ =<br />

2<br />

c<br />

Pag. 7<br />

2<br />

x +<br />

′<br />

2<br />

x +<br />

CClasse<br />

V A – Liiceo<br />

Scientific co “A. Scarpa” ”<br />

2 2 2<br />

y + z = (ctt<br />

) (*)<br />

2 2<br />

y ′ + z′<br />

= ( c t′<br />

)<br />

2 2 2 2 2 2 2<br />

2<br />

x − 2vxtt<br />

+ v t ) + y + z + = c ( a t + 2 2abxt<br />

+ b x<br />

2<br />

2 2 v<br />

a − γ<br />

c<br />

2<br />

2<br />

2 v<br />

− γ )cc<br />

2<br />

c<br />

1<br />

2<br />

2<br />

v<br />

1−<br />

c<br />

= 1<br />

2<br />

2<br />

)<br />

2 2<br />

t<br />

2<br />

Prof. Giulio G Stringellii


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Quindi<br />

v<br />

b = −γ<br />

e a = γ<br />

2<br />

c<br />

Abbiamo quindi determinati le celebri trasformazioni di Lorentz:<br />

�<br />

�<br />

� �<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

� ���� ����<br />

�� ��<br />

�� � �<br />

�� � γ �� � �<br />

�<br />

� ��<br />

�� ����� ��������<br />

��<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

� � ������<br />

�1 � ��<br />

�� �� ��<br />

�� � �<br />

�� �� �<br />

�<br />

�<br />

�� ��<br />

�1 � ��<br />

�� Le trasformazioni di Lorentz soddisfano il principio di reciprocità infatti se risolviamo il sistema di equazioni<br />

rispetto a x, y,z,t avremo:<br />

�<br />

�<br />

��<br />

����� � ���<br />

� ���<br />

� � �<br />

�<br />

���γ<br />

�� �<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

� ���<br />

�� ����� ��������<br />

��� � ���<br />

� ��<br />

�<br />

�<br />

�1 �<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

�<br />

��<br />

�� ���<br />

� � �<br />

��� �<br />

��<br />

�<br />

�� ���<br />

�1 � ��<br />

�� Che differiscono dalle precedenti solo per il segno di v ; il fattore γ non è cambiato in quanto dipende da<br />

( c<br />

2<br />

v / ) .<br />

Notiamo che quando v → c allora γ → ∞ , mentre per v


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Mentre quello in Σ:<br />

v x<br />

′<br />

=<br />

dx′<br />

dt′<br />

;<br />

dx<br />

vx = ;<br />

dt<br />

v y<br />

′<br />

=<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 9 Prof. Giulio Stringelli<br />

dy′<br />

dt′<br />

dy<br />

v y = ;<br />

dt<br />

;<br />

v z<br />

′ dz′<br />

=<br />

dt′<br />

dz<br />

vz =<br />

dt<br />

Differenziando ambo i membri delle trasformazioni:<br />

dx′ = γ ( dx − vdt)<br />

; d y′<br />

= dy ; d z′<br />

= dz ; ( ) 2 dx<br />

v<br />

dt′ = γ dt − ;<br />

c<br />

dividendo le prime tre equazioni per la quarta e , successivamente, dividendo le espressioni a destra per dt<br />

si ottiene:<br />

⎧<br />

⎪ ′ dx − vdt vx<br />

− v<br />

⎪vx<br />

= =<br />

v v<br />

⎪ dt − dx 1−<br />

v<br />

2<br />

2 x<br />

⎪ c c<br />

⎪<br />

′ 1 dy 1 v y<br />

⎨v<br />

y =<br />

=<br />

⎪ γ v γ v<br />

dt − dx 1−<br />

v<br />

2<br />

2<br />

⎪<br />

c<br />

c<br />

⎪<br />

⎪<br />

′ 1 dz 1 vz<br />

vz<br />

=<br />

=<br />

⎪ γ v γ v<br />

dt − dx 1−<br />

v<br />

⎪<br />

2<br />

2<br />

⎩ c<br />

c<br />

Le regole per la composizione delle velocità si riducono alle trasformazioni di Galileo per v/c


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Il principio di relatività di Einstein.<br />

Abbiamo visto come i risultati sperimentali relativi alla propagazione della<br />

luce appaiano tra loro in contraddizione quando si cerchi d’interpretarli<br />

utilizzando l’ipotesi dell’etere come sede dei fenomeni elettromagnetici e le<br />

leggi di trasformazione galileiana per il passaggio da un sistema di<br />

riferimento a un altro in moto rettilineo e uniforme rispetto al primo. La<br />

spiegazione e il superamento di queste contraddizioni fu opera di Albert<br />

Einstein il quale pubblicò nel 1905 il celebre scritto “Sull’elettrodinamica dei<br />

corpi in moto”, nel quale veniva enunciata la teoria della relatività<br />

einsteiniana. Einstein innanzitutto estese il principio di relatività di Galileo,<br />

valido per i fenomeni meccanici, a tutti i fenomeni fisici, basandosi sul fatto<br />

che, sperimentalmente, i fenomeni elettromagnetici sembravano<br />

indipendenti dal moto rettilineo e uniforme della sorgente. Egli enunciò<br />

quindi il principio di relatività (ristretta): le leggi della fisica rimangono<br />

identiche in tutti i sistemi di riferimento in moto rettilineo ed uniforme uno<br />

rispetto all’altro.<br />

Una conseguenza immediata di questo principio è l’abolizione dell’etere. Infatti, se anche l’etere esistesse,<br />

non sarebbe in alcun modo distinguibile dagli altri sistemi di riferimento: questo, fisicamente, equivale a<br />

negarne l’esistenza. A questo principio Einstein aggiunse anche il seguente postulato, relativo alla<br />

propagazione della luce: la velocità di propagazione della luce è sempre la stessa, indipendentemente dal<br />

moto del sistema di riferimento in cui viene misurata. Questo risultato è pienamente confermato dal<br />

risultato dell’esperimento di Michelson e Morley, secondo cui la velocità della luce è indipendente dal moto<br />

della sorgente.<br />

In sintesi, Einstein poggiò le fondamenta della NUOVA teoria che mette d’accordo tutti e tutto; tali<br />

fondamenta sono i PRINCIPI DI RELATIVITA’ EINSTENIANA:<br />

Principio Zero: La velocità della luce nel vuoto deve avere lo stesso valore e in tutti i sistemi inerziali.<br />

Principio 1: Tutte le leggi della MECCANICA e dell’ELETTROMAGNETISMO devono essere invarianti in tutti<br />

i possibili sistemi inerziali.<br />

Principio 2: Se i fenomeni studiati si svolgono a velocità � ��, le nuove trasformazioni (Trasformazioni di<br />

Lorentz) devono ridursi alle trasformazioni di Galilelo.<br />

Il concetto di tempo nella fisica relativistica. La simultaneità.<br />

Il principio di relatività di Einstein impone che le leggi dell’elettromagnetismo abbiano la stessa forma per<br />

due osservatori O e O ’ in moto rettilineo uniforme uno rispetto all’altro. Sappiamo che questo non è vero<br />

per le equazioni di Maxwell, che non sono invariati per trasformazioni di Galileo. Per risolvere questa<br />

contraddizione bisogna abbandonare o le equazioni di Maxwell oppure le trasformazioni di Galileo. Ma le<br />

equazioni di Maxwell hanno avuto troppe conferme sperimentali per essere messe in dubbio. Sono le leggi<br />

di trasformazione di Galileo che, come mostrò per la prima volta Einstein, non sono corrette. Einstein riuscì<br />

inoltre a dimostrare che il punto debole delle equazioni di trasformazione di Galileo sta nell’assunzione di<br />

un tempo assoluto, indipendente dal sistema di riferimento. Come vedremo, questa ipotesi non ha alcuna<br />

giustificazione fisica, pur sembrando al senso comune logico e naturale.<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 10 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Il concetto di tempo è intuitivo e tutta la nostra esperienza quotidiana ci dice che il tempo scorre. Nasciamo<br />

giovani e diventiamo vecchi con il passare del tempo; il sole sorge la mattina e tramonta la sera, che è più<br />

tardi della mattina. Un altro concetto intuitivo, legato alla nostra esperienza quotidiana, è quello di<br />

simultaneità: in base a esso ci<br />

capita sovente di affermare<br />

che degli eventi sono avvenuti<br />

“contemporaneamente”.<br />

Molte volte però noi usiamo la<br />

parola “simultaneo” in modo errato. Consideriamo infatti un treno immaginario, enormemente lungo,<br />

tanto che dal vagone di testa non si possa vedere il vagone di coda. Quando il treno si ferma due viaggiatori<br />

scendono, uno (A) dal vagone di testa l’altro (B) da quello di coda. In che modo possiamo dire se sono scesi<br />

simultaneamente? La risposta più banale è: fornendo a ciascuno un orologio e facendoci poi riferire l’ora in<br />

cui sono scesi. Il metodo sembra ragionevole, ma non tiene conto del fatto che un orologio potrebbe<br />

ritardare rispetto all’altro. Il problema diviene allora quello di poter “sincronizzare” gli orologi. Alla stessa<br />

distanza da A e da B mettiamo una sorgente luminosa S. S emette un raggio luminoso che viaggia sia verso<br />

A sia verso B. Ora, per il secondo dei due postulati di Einstein, il raggio luminoso si propagherà con la stessa<br />

velocità c sia nella direzione di A sia in quella di B, e quindi giungerà nel medesimo istante in A e in B.<br />

Quando la luce arriva ad A e B, entrambi regolano i loro orologi in modo da indicare la stessa ora, ad<br />

esempio le 12. In questo modo e solo in questo modo è possibile sincronizzare gli orologi e quindi parlare di<br />

simultaneità di due eventi. Il punto fondamentale di questo esempio sta nell’utilizzo del postulato<br />

d’invarianza della velocità della luce: senza questa assunzione non si può trovare alcun metodo<br />

logicamente corretto per sincronizzare gli orologi e quindi stabilire la simultaneità di due eventi. La<br />

domanda che sorge spontanea a questo punto è la seguente: se due eventi A e B sono simultanei per un<br />

certo osservatore S , essi risultano simultanei anche per una altro osservatore S’ in moto rettilineo uniforme<br />

rispetto ad S ?<br />

Consideriamo allora la seguente situazione: abbiamo cioè un treno in moto, con velocità v rispetto a un<br />

osservatore S, fermo a terra.<br />

Supponiamo che in A e B si<br />

accendano due lampade, e<br />

che questo avvenga, per<br />

l’osservatore S,<br />

simultaneamente. Vediamo<br />

cosa accade per un<br />

osservatore S’ solidale con il<br />

treno. Al momento<br />

dell’accensione delle<br />

lampade in A e in B i due<br />

ipotetici osservatori S e S’ si trovano nello stesso punto. Se il treno non si muovesse, i raggi di luce emessi<br />

da A e B raggiungerebbero S’ simultaneamente. Ma l’osservatore S’ si sta muovendo, rispetto ad S, incontro<br />

al raggio di luce proveniente da B, mentre sta “sfuggendo” al raggio di luce emesso da A. Quindi il raggio di<br />

luce emesso da B raggiungerà S’ prima di quello emesso da A e quindi per S’ l’accensione della lampada in<br />

B è avvenuta prima dell’accensione della lampada in A: per S’ i due eventi non sono simultanei. Il concetto<br />

fondamentale che si ricava dall’esempio riportato è il seguente: gli eventi che sono simultanei per un certo<br />

osservatore S non saranno in generale simultanei per un altro osservatore S’, in movimento rispetto ad S.<br />

Possiamo quindi affermare che ogni osservatore (sistema di riferimento) ha il suo tempo proprio. Lo<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 11 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

specificare un tempo o un dato intervallo di tempo ha significato solo quando venga specificato anche il<br />

sistema di riferimento cui ci si riferisce. Questo fatto è assolutamente nuovo nella fisica; prima dell’avvento<br />

della teoria della relatività al tempo veniva attribuito un carattere assoluto. Un’ipotesi del genere è però<br />

incompatibile con la più naturale definizione di simultaneità, come abbiamo visto nell’esempio precedente.<br />

Se abbandoniamo l’ipotesi del tempo assoluto, scompare anche l’incongruenza tra leggi di Maxwell e<br />

principio di relatività. Tale apparente incongruenza era legata alla legge di composizione della velocità;<br />

questa legge si basa però sulle trasformazioni di Galileo in cui il tempo è assunto essere lo stesso nei due<br />

sistemi di riferimento. Poiché questa ipotesi non è sostenibile, anche le trasformazioni di Galileo devono<br />

essere abbandonate. In che modo è allora possibile determinare il tempo e la posizione di un evento,<br />

rispetto a un osservatore S’, quando conosciamo il tempo o la posizione dello stesso evento rispetto a un<br />

osservatore S, in moto relativo rispetto ad S’ ? Bisogna trovare delle nuove leggi di trasformazione: queste<br />

leggi dovranno essere in accordo con i due postulati della teoria della relatività: in particolare dovranno<br />

essere tali per cui la velocità della luce nel vuoto rimanga la stessa per tutti gli osservatori, quale che sia il<br />

loro stato di moto.<br />

La contrazione delle lunghezze di Lorentz.<br />

Come diretta conseguenza, le trasformazioni di Lorentz portano a due importanti modifiche, poiché<br />

introducono il concetto di relatività in grandezze normalmente considerate assolute: la lunghezza e il<br />

tempo.<br />

La lunghezza di un corpo appare più corta se misurata quando il corpo è in movimento e più lunga quando il<br />

corpo è fermo. Un corpo lanciato alla velocità della luce ci apparirebbe di lunghezza nulla, mentre il suo<br />

orologio non camminerebbe!<br />

La misura della lunghezza di un oggetto, quando esso è in movimento rispetto al sistema di riferimento in<br />

cui avviene la misurazione, è minore del valore misurato quando esso è fermo (questo valore si chiama<br />

lunghezza propria)<br />

Supponiamo di dover misurare la lunghezza di un regolo di lunghezza L solidale con il sistema Σ’ (che si<br />

muove in modo solidale con Σ’) fissato per comodità sull’asse x’.<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 12 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Nel momento iniziale del moto, quando il regolo è ancora fermo, la sua lunghezza L si misura in coordinate<br />

“simultanee” rispetto Σ, e tale lunghezza risulterà:<br />

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con x2 e x1, le coordinate degli estremi del regolo in Σ e L0 Lunghezza a riposo .<br />

Mentre, una volta che il moto è iniziato il regolo si muoverà con il sistema Σ’, e la sua Lunghezza<br />

(relativistica) si misurerà in coordinate “simultanee” rispetto Σ’, tale lunghezza sarà:<br />

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con x’2 e x’1, le coordinate degli estremi del regolo in Σ’ e L Lunghezza relativistica. (Relativa all’osservatore<br />

solidale con Σ ).<br />

Riprendendo le equazioni di Lorentz, si ha:<br />

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Questo risultato significa che: Rispetto ad un osservatore solidale con Σ, gli oggetti in moto APPAIONO<br />

contratti nella direzione del moto. Non si contraggono, ma appaiono contratti, e ritorneranno ad apparire<br />

a dimensione “normale” quando si fermeranno, a riposo! NON ESISTE PIU’ LO SPAZIO ASSOLUTO!<br />

Esempio: Un’astronave sfreccia sopra la testa di osservatore alla velocità di 0,9 c, se l’astronave misura a<br />

riposo 1Km, quanto sembrerà lunga all’osservatore?<br />

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Anno scolastico 2007/2008 Pag. 13 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

La dilatazione temporale di Einstein.<br />

Con il solito schema di sistemi inerziali, si considerino ulteriormente due cronometri fissati nell’origine dei<br />

sistemi Σ e Σ’. Cronometrando un qualsiasi evento, nell’uno e nell’altro sistema si ottengono i seguenti<br />

intervalli temporali:<br />

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Applicando la quarta equazione di trasformazione di Lorentz si ha:<br />

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Anno scolastico 2007/2008 Pag. 14 Prof. Giulio Stringelli<br />

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L’intervallo di tempo T’ risulta essere dilatato rispetto a T. Pensando ad un evento che a riposo si compie in<br />

un secondo, a velocità prossime a quelle della luce, potrebbe diventare pressoché infinito per un<br />

osservatore sulla terra.


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Osservazioni:<br />

La durata minima dell'intervallo di tempo è misurata da un orologio solidale con gli eventi; tale intervallo T<br />

viene chiamato tempo proprio. Si definisce tempo proprio di un corpo, il tempo misurato da un orologio<br />

che si muove insieme a quel corpo. Un osservatore che veda questo corpo in movimento può sempre<br />

risalire al tempo proprio, che sarà chiaramente diverso dal tempo misurato nel proprio sistema di<br />

riferimento, purché ovviamente conosca la velocità del corpo. Il tempo proprio appare quindi come un<br />

invariante della teoria, nel senso che tutti gli osservatori inerziali possono facilmente calcolarlo.<br />

Il tempo misurato da un orologio in movimento scorre più lentamente rispetto al tempo misurato da un<br />

orologio fermo, in modo tanto più evidente quanto più velocemente l'orologio si muove. In altre parole, il<br />

tempo misurato da una persona che corre rallenta, in modo tanto più evidente quanto più veloce essa<br />

corre. Questo rallentamento dello scorrere del tempo corrisponde a una dilatazione dei tempi, ossia degli<br />

intervalli di tempo misurati, per cui due eventi, contemporanei per un osservatore in quiete, non lo saranno<br />

più per un osservatore che si muova rispetto al primo.<br />

Ciascun osservatore non noterà alcun effetto sul "proprio" tempo, vale a dire per ciascuno di essi il tic‐tac<br />

del "proprio" orologio batterà sempre con la consueta velocità; ma tanto maggiore sarà la velocità relativa<br />

dei due osservatori, tanto più lento apparirà marciare all'uno l'orologio dell'altro. Paradossalmente, al<br />

raggiungimento della velocità limite della luce, i due osservatori, in moto relativo, vedranno fermarsi l'uno<br />

l'orologio dell'altro, pur continuando a veder camminare regolarmente il "proprio" orologio.<br />

In sostanza, se i due osservatori sono in moto relativo uniforme fra di loro, senza accelerare, né rallentare,<br />

né cambiare direzione, e hanno con sè orologi identici, ognuno dei due osserverà l'orologio dell'altro<br />

funzionare più lentamente. Vale a dire: esiste una perfetta simmetria tra i due osservatori, per cui ognuno<br />

dei due darà una descrizione analoga, ugualmente valida, del fenomeno.<br />

Anche nel caso della teoria della relatività ristretta, come per tutte le teorie è sempre necessario che ci<br />

siano delle verifiche sperimentali.<br />

La dilatazione temporale è stata confermata con un elevato grado di precisione da numerosi esperimenti<br />

eseguiti nei laboratori di fisica atomica dove studiando il tempo di vita delle particelle subatomiche, in<br />

quiete ed in moto, è possibile verificare appunto che le particelle in moto relativistico vivono più a lungo di<br />

quelle in quiete o comunque in moto newtoniano. Uno degli esperimenti più noti fu compiuto nel 1966, in<br />

un acceleratore di particelle al CERN a Ginevra: dei muoni (mesoni instabili), che si muovevano a una<br />

velocità di pari al 99,6% della velocità della luce, avevano una vita media esattamente 12 volte più lunga di<br />

quella dei muoni a riposo. Si noti che questo effetto è importante soltanto a velocità relativistiche, ossia a<br />

velocità che siano una considerevole frazione della velocità della luce. È chiaro però che nel momento in cui<br />

consideriamo eventi che si muovono a velocità molto basse rispetto a quella della luce vale la fisica classica.<br />

Ma cosa succede se il moto non è più uniforme?<br />

� Paradosso dei gemelli<br />

A tale proposito, Einstein suggerì l'ormai famoso "paradosso dei gemelli" (anche se in realtà non si tratta di<br />

un "paradosso", in quanto viene spiegato completamente nel contesto dei due postulati della teoria della<br />

Relatività Ristretta).<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 15 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

"Se un organismo vivente, dopo un volo arbitrariamente lungo<br />

ad una velocità approssimativamente uguale a quella della luce, potesse ritornare nel suo luogo d'origine,<br />

egli sarebbe solo minimamente alterato, mentre i corrispondenti organismi rimasti, già da tempo avrebbero<br />

dato luogo a nuove generazioni." (Einstein, 1911)<br />

Ci sono due gemelli, inizialmente nello stesso posto e dotati di due orologi uguali, sincronizzati. Uno dei due<br />

gemelli rimane sulla Terra, mentre l'altro parte per un viaggio interstellare a bordo di un'astronave, la cui<br />

velocità, molto elevata, raggiunge l'80% di quella della luce. Al suo ritorno a Terra, l'orologio del gemello<br />

astronauta segna che sono trascorsi 30 anni (di tempo "proprio") dalla partenza, mentre quello del suo<br />

gemello, rimasto a Terra, quanti ne segnerà?<br />

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Ne segnerà ben 50 dalla partenza dell'astronave.<br />

Poiché nel veicolo spaziale, in movimento ad altissima velocità, tutti i fenomeni scorrono più lentamente,<br />

nell'ipotesi che gli orologi biologici (ad esempio, le pulsazioni ritmiche del cuore, i battiti del polso) si<br />

comportino come gli ordinari segnatempo, anche l'invecchiamento avverrà con un ritmo più lento. In altri<br />

termini, dopo avere fatto questo viaggio a velocità elevatissime, ritornando sulla Terra, l'astronauta<br />

ritroverà il fratello gemello più vecchio di lui di ben 20 anni!<br />

In questo caso, poiché il gemello astronauta non compie un moto uniforme, ma deve necessariamente<br />

accelerare e decelerare per effettuare l'andata e il ritorno, la situazione non è più simmetrica: l'astronauta<br />

avrà, in effetti, vissuto di meno rispetto al suo gemello rimasto a Terra.<br />

Questo fatto è sorprendente, ma, di per sé, non paradossale.<br />

Il paradosso emerge se si tiene presente che anche per gli astronauti i fenomeni terrestri sarebbero<br />

rallentati, poiché essi vedono la Terra muoversi; per le stesse ragioni considerate sopra, essi potrebbero<br />

arguire che il gemello terrestre rimane più giovane, in contraddizione con le previsioni terrestri. Poiché non<br />

si tratta di opinioni soggettive, al ritorno dell‘astronave, si potrebbe comunque decidere quale delle due<br />

opzioni è vera, e quindi la relatività conterrebbe una vera contraddizione.<br />

L’errore che invalida queste ultime considerazioni, e che vanifica il presunto paradosso, è contenuto nella<br />

considerazione secondo la quale anche l‘astronave sarebbe un sistema inerziale, mentre le variazioni di<br />

velocità (accelerazione e decelerazione) mostrano chiaramente che l‘astronave non costituisce un sistema<br />

inerziale durante l‘intera missione. Per descrivere correttamente come appaiono gli eventi terrestri agli<br />

astronauti bisognerebbe conoscere le trasformazioni tra coordinate di sistemi non inerziali, ai quali non si<br />

applica il principio di relatività formulato all‘inizio di questo lavoro. Cioè, si dovrebbe ricorrere alla teoria<br />

della relatività generale.<br />

Nonostante l'apparente irrealizzabilità, il paradosso dei gemelli è stato verificato sperimentalmente!<br />

Questo grazie a degli orologi atomici collocati a bordo di due aerei che volavano in direzioni opposte<br />

rispetto al pianeta: l'aereo che viaggia in direzione est somma la sua velocità a quella di rotazione della<br />

terra, dunque viaggia più velocemente di quello che viaggia in direzione ovest, e quindi deve segnare un<br />

tempo inferiore di alcune frazioni di secondo.<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 16 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Questo effetto ha ricevuto recentemente un’ulteriore conferma: orologi molto precisi sono stati messi a<br />

bordo di aerei in viaggio intorno al mondo ed in seguito confrontati con orologi rimasti a Terra. Anche se<br />

l’effetto è piccolo, perché gli aerei ovviamente viaggiavano a velocità molto inferiori rispetto a quella della<br />

luce, si è visto che il tempo segnato dagli orologi che hanno viaggiato in aereo era diverso da quello segnato<br />

dagli orologi rimasti a Terra, in perfetto accordo con le previsioni della relatività (nei calcoli si è tenuto<br />

anche conto del rallentamento degli orologi in un campo gravitazionale previsto dalla relatività generale).<br />

Spazio‐tempo di Minkowski<br />

Il matematico lituano Herman Minkowski (1864‐1909), nel 1908 poco dopo la pubblicazione delle idee di<br />

Einstein, diede alle stesse una formulazione geometrica molto elegante. Nella visione di Minkowski, il<br />

tempo è trattato alla pari delle altre coordinate spaziali. Dato che un evento può essere sempre individuato<br />

tramite la sua posizione nello spazio e lungo l'asse temporale, il formalismo relativistico può essere<br />

formulato in uno spazio a 4 dimensioni (spazio‐tempo), nel quale le prime 3 coordinate coincidono con le<br />

normali coordinate spaziali e la quarta è rappresentata dal tempo. In questo modo un evento è identificato<br />

da una quaterna di numeri (x,y,z,t) che lo individuano nello spazio‐tempo detto di Minkowski o cronotopo.<br />

Uno spaziotempo è semplicemente la versione matematica di un universo che, come il nostro universo<br />

fisico, ha dimensioni sia spaziali che temporali. Uno spaziotempo piatto è uno spaziotempo che non<br />

considera gli influssi gravitazionali, poiché questi ultimi tendono a deformarne la struttura. Ciò che rende<br />

uno spaziotempo diverso da un spazio euclideo sono, naturalmente, le differenti leggi che lo governano.<br />

Definizione matematica di spazio‐tempo<br />

L’usuale spazio euclideo può essere definito a partire dall'invariante della distanza:<br />

Δs 2 = Δx 2 + Δy 2 + Δz 2<br />

Con gli assiomi della relatività einsteniana, e in particolare con l'assunto della costanza della velocità della<br />

luce, ad essere invariante è, a questo punto, la distanza percorsa dalla luce in un detto intervallo temporale<br />

Δt:<br />

s = c Δt<br />

e quindi<br />

s 2 = Δx 2 + Δy 2 + Δz 2 = c 2 Δt 2<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 17 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

I nuovi vettori, che fanno parte di uno spazio a quattro dimensioni, sono tali per cui:<br />

Δx 2 + Δy 2 + Δz 2 ‐ c 2 Δt 2 = 0<br />

Si possono, quindi, utilizzare due convenzioni: o si assegna il segno positivo al quadrato del tempo e quello<br />

negativo a quello dei vettori spaziali, o viceversa; l'importante è che i due quadrati, temporale e spaziale,<br />

siano opposti in segno, ovvero che uno dei due venga considerato immaginario.<br />

Quindi mentre per la fisica classica spazio e tempo sono due entità fra loro separate, perché il tempo scorre<br />

con un suo ritmo indipendente da quale sistema di riferimento usiamo, al contrario nella teoria della<br />

relatività spazio e tempo sono talmente intrecciati fra di loro che non possono più essere considerati<br />

separati, ma si deve introdurre il concetto di spazio‐tempo per sottolineare questa mutua influenza. I punti<br />

dello spaziotempo sono detti eventi e ciascuno di essi corrisponde ad un fenomeno semplice che si può<br />

riscontrare verificarsi in una certa posizione spaziale in un certo istante. Ogni evento è individuato da<br />

quattro coordinate. Può così accadere che in un certo sistema di riferimento un evento A preceda, cioè<br />

accada prima di, un evento B, mentre in un altro sistema di riferimento sarà l’evento B a precedere l’evento<br />

A. L’inversione temporale si può verificare solo se un raggio di luce partito da uno dei due eventi è in grado<br />

di raggiungere il punto spaziale corrispondente all’altro evento, solamente dopo che questo secondo<br />

evento si è verificato.<br />

La natura non ci fornisce evidentemente nessun sistema di assi cartesiani il cui riferimento è assoluto. Nel<br />

mondo reale le coordinate devono essere definite artificialmente. Di conseguenza due differenti osservatori<br />

O e O’ posti in uno spaziotempo possono avere sistemi di coordinate diversi, e possono quindi trovarsi in<br />

disaccordo su una posizione spaziotemporale di un evento. Da qui nasce la necessità di creare delle<br />

relazioni fra le diverse misurazioni attuate dagli osservatori, relazioni che possono essere suddivise in due<br />

tipi: la prima quando i due osservatori sono tra loro in stato di quiete, l’altra quando gli osservatori sono in<br />

moto relativo fra loro. Di quest’ultimo caso ci occuperemo in modo particolare in quanto base<br />

fondamentale della relatività ristretta.<br />

Possiamo rappresentare su un piano una sezione dello spazio‐tempo limitandoci alle coordinate x e t.<br />

Inoltre, per rendere omogenee le coordinate, moltiplichiamo la coordinata tempo per la costante c. Il<br />

generico evento è quindi rappresentato dalla quaterna (x,y,z,ct). Due sistemi di riferimento O e O’, in moto<br />

l’uno rispetto all’altro lungo l’asse x e con origini coincidenti all’istante t=t’=0, saranno rappresentati dallo<br />

schema sotto riportato.<br />

Gli eventi A e B hanno, rispettivamente, coordinate (xA , ctA) e (xB , ctB) in O e (x’A , ct’A) e (x’B , ct’B) in O’.<br />

Inoltre gli eventi A e B risultano contemporanei per O, mentre A è antecedente a B per O’. Anche la<br />

distanza spaziale tra i due eventi, xB‐xA e x’B‐x’A appare diversa se misurata da O o da O’. Le due linee gialle<br />

rappresentano due raggi di luce partiti all’istante t=t’=0 dall’origine e propagantesi in direzioni opposte. La<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 18 Prof. Giulio Stringelli


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

loro equazione nei due sistemi di riferimento, per la costanza della velocità della luce, è x = ±ct e x’ = ±ct’<br />

Ciò che risulta identico (invariante per trasformazioni di Lorentz) per i due osservatori è il cosiddetto<br />

intervallo s, dato dalla seguente espressione:<br />

I raggi di luce dividono lo spazio‐tempo di O e O’ in tre regioni, passato, presente e futuro. Il passato è<br />

costituito da tutti gli eventi che possono aver trasmesso informazione ad O, il presente da tutti quegli<br />

eventi che non possono inviare informazione ad O e il futuro da tutti quegli eventi che possono ricevere<br />

informazioni da O.<br />

A causa dell'insuperabilità della velocità della luce cui si è fatto riferimento, non tutti i punti del cronotopo<br />

possono essere raggiunti a partire da uno di essi; ad esempio, quelli per i quali vale la relazione:<br />

x ><br />

sono così lontani dall'origine che non può raggiungerli neppure la luce, e dunque sono fuori dalla portata di<br />

un osservatore posto nell'origine. Quelli per cui invece vale la relazione:<br />

x <<br />

possono essere raggiunti, e quindi costituiscono il passato (se t < 0) o il futuro (se t > 0) dell'osservatore che<br />

si trova nell'origine dei tempi (t = 0 significa il presente) In uno spazio tridimensionale i punti che soddisfano<br />

l'equazione precedente sono i punti interni di un cono, che viene detto cono di luce. Tali punti possono<br />

avere relazioni di causa ed effetto con l'origine. E' facile dimostrare che non esiste la possibilità di invertire<br />

cronologicamente la causa e l'effetto, cioè di invertire la freccia del tempo; e ciò rende materialmente<br />

impossibile realizzare una macchina del tempo come quella sognata da Herbert George Wells.<br />

Siamo pertanto indotti a concludere che la posizione e la velocità sono fisicamente concepibili solo in<br />

quanto relazione tra differenti oggetti. Una “posizione assoluta” ed un’”assoluta velocità” sono astrazioni<br />

compiute dalla nostra mente, senza nessun significato concreto.<br />

Un osservatore inerziale è un osservatore che non sta accelerando. Le sue coordinate sono coordinate<br />

inerziali. La premessa basilare della relatività, quella per cui la natura non fornisce alcun sistema di<br />

coordinate fisiche, porta a concludere che l’universo sia uguale in tutte le sue parti per ogni osservatore<br />

inerziale; tutto questo è riassunto dal Principio di relatività di Einstein:<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 19 Prof. Giulio Stringelli<br />

ict<br />

ict<br />

Le leggi della fisica sono le stesse in ogni sistema di coordinate inerziale.


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Equivalenza massa‐energia.<br />

Un'altra conseguenza fondamentale della Relatività Ristretta riguarda il concetto stesso di massa<br />

ed energia. Se a un corpo che si muove a velocità prossima a quella della luce si fornisce energia, la<br />

sua velocità aumenterà molto poco, mentre a subire un effettivo incremento sarà la sua massa.<br />

Quando si modifica la Dinamica di Newton, che è invariante per le trasformazioni di Galileo, per<br />

renderla invariante per le trasformazioni di Lorentz, si ottiene come conseguenza che la quantità<br />

di moto di una particella la cui massa è m, non è più data semplicemente dal prodotto m v. Infatti<br />

la massa della particella aumenta con il progressivo aumentare della sua velocità, secondo la<br />

legge:<br />

� � ��<br />

��� ��<br />

� �<br />

E' proprio questo aumento relativistico dell'inerzia ad impedire alle particelle di venire accelerate<br />

fino alla velocità della luce, che risulta così assolutamente insuperabile. Tale effetto è stato<br />

osservato innumerevoli volte negli acceleratori di particelle ad alta energia. Einstein ha inoltre<br />

mostrato che ciò che in un sistema di riferimento inerziale appare come energia si può<br />

manifestare come massa in un altro sistema di riferimento; quindi entrambe sono manifestazioni<br />

della stessa entità e sono collegate fra loro dalla famosa equazione, celebre quanto Einstein stesso<br />

e nota con il nome di equazione relativistica per l'energia:<br />

� � �� � �<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 20 Prof. Giulio Stringelli<br />

� �<br />

�1 � ��<br />

� �<br />

dove m rappresenta la massa di un corpo, c la velocità della luce ed E l’energia di riposo, relativa al<br />

caso in cui il corpo è fermo. La formula esprime un concetto "filosofico" completamente nuovo<br />

e ricco di conseguenze inaspettate (rispetto alla meccanica classica): esso afferma la totale<br />

equivalenza di massa ed energia (a meno della costante moltiplicativa c²). Afferma cioè che massa<br />

ed energia sono due aspetti apparentemente diversi di una medesima realtà. Di conseguenza una<br />

piccola massa equivale ad una grandissima energia (dato che la massa m va moltiplicata due volte<br />

per la velocità della luce che è una quantità molto grande). Viceversa una grande variazione<br />

d’energia corrisponde ad una piccola variazione di massa. Nel mondo subatomico tuttavia le<br />

variazioni di energia sono talmente grandi da provocare cospicue variazioni nella massa. La massa<br />

è dunque una specie di energia "congelata" che in determinate condizioni si può trasformare in<br />

altri tipi di energia, come nel caso dell’energia nucleare che deriva, almeno in parte, dalla<br />

differente massa posseduta da un grande nucleo e dai frammenti più piccoli nei quali si è diviso.<br />

Alla conservazione della massa ed alla conservazione dell'energia va perciò sostituita la<br />

conservazione della massa‐energia. Questo spiega perché, nelle reazioni nucleari, una piccola<br />

frazione di massa sparisce, dando luogo ad un'enorme liberazione di energia, purtroppo adoperata<br />

in modo nefasto nelle armi termonucleari, contro l'uso delle quali Einstein si batté a spada tratta<br />

fino alla morte, sentendosi responsabile della loro invenzione. Ma spiega anche come mai una<br />

coppia particella‐antiparticella può essere generata apparentemente "dal nulla", quando l'energia<br />

si materializza secondo la E = mc². Oggi i principi della relatività speciale sono incorporati e<br />

verificati nel funzionamento degli acceleratori di particelle.<br />

� �


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Simili energie si ottengono nelle reazioni atomiche di fissione (in cui nuclei pesanti tipo l'uranio si rompono<br />

generando parti più leggere ed energia dal difetto di massa (reattori nucleari, bombe atomiche)) e di<br />

fusione (in cui nuclei leggeri come per esempio il deuterio si fondono formando elio con trasformazione del<br />

difetto di massa in energia (stelle, bombe H)).<br />

Energia e quantità di moto relativistiche<br />

Anche un corpo a riposo in un certo sistema di riferimento (energia cinetica = 0) e sul quale non<br />

agisce alcun campo di forze (energia potenziale = 0) è dotato di un'energia, chiamata energia a<br />

riposo. L'energia totale posseduta dal corpo in moto è allora pari alla somma dell'energia a riposo<br />

e dell'energia cinetica, secondo la formula:<br />

c<br />

m d<br />

2<br />

= m<br />

0<br />

c<br />

2<br />

Attraverso complessi calcoli che richiedono l'uso del calcolo infinitesimale, si possono riscrivere le<br />

espressioni della quantità di modo e dell'energia totale di un corpo secondo la dinamica<br />

einsteiniana:<br />

p =<br />

m v<br />

0<br />

2<br />

1− β<br />

E tot<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 21 Prof. Giulio Stringelli<br />

+<br />

=<br />

1<br />

2<br />

m<br />

0<br />

0<br />

v<br />

m c<br />

2<br />

2<br />

2<br />

1− β<br />

Sostituendo la prima delle due dentro l'altra si trova il legame tra di esse:<br />

E tot<br />

= c<br />

p<br />

2<br />

+ m<br />

mentre la corrispondente formula nella dinamica newtoniana era<br />

2<br />

E = p / 2m<br />

Se nella precedente si pone nulla la massa a riposo si trova<br />

Etot = p c,<br />

il che significa che possono esistere delle particelle prive di massa. Sono tali i fotoni, i quanti di<br />

luce (cioè i "pacchetti" di energia trasportati dalla radiazione luminosa), che sono dotati di<br />

energia e di quantità di moto pur essendo privi di massa a riposo.<br />

2<br />

0<br />

c<br />

2


Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa”<br />

Conclusione<br />

Con la teoria della relatività Einstein stabilisce la completa equivalenza, per quanto riguarda la descrizione<br />

dei fenomeni fisici, di tutti i sistemi di riferimento inerziali; così facendo egli estende il principio di Galileo,<br />

valido per i soli fenomeni meccanici, a tutta la fisica. La teoria rimane però limitata ai soli sistemi di<br />

riferimento inerziali, da cui il nome di “relatività ristretta”. Il desiderio di generalità vorrebbe un principio di<br />

relatività valido anche per tutti i sistemi di riferimento, anche non inerziali. È ancora Einstein a risolvere il<br />

problema formulando la “teoria della relatività generale” egli dimostra l’equivalenza tra un sistema di<br />

riferimento inerziale e uno non inerziale in cui è presente un campo gravitazionale; si può cioè passare da<br />

un sistema di riferimento inerziale a uno non inerziale introducendo un opportuno campo gravitazionale.<br />

Anno scolastico 2007/2008 Pag. 22 Prof. Giulio Stringelli

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