una - Bottega del Restauro

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GRANDI NOMI ====~~~==~========================== da tutta Europa e poi da tutto il mondo. «Da quando ho iniziato a lavora re, nel 1950, ho sempre usato solo le Ber ke l». ricorda Angelo Stoppani, titolare con i fratelli di Peck, tempio milanese della gastro- nomia. Allora posse- derne una significava essere arrivati, non solo per l'otti- ma qualità degli apparecchi o per la precisio- nemeccanica, ma per il prezzo, e che prezzo! Una Berkel costava quanto un'automobile di grossa cilindrata e nell'imme- diato dopoguerra addirittura quanto un monolocale in città. Acquistare uno di questi gioiellini olandesi significava avere un giro di affari compa- tibile con un investimento di tale portata. I modelli venivano sempre perfezionati, sia dal punto di vista della sicurezza, con ac- corgimenti e protezioni via via più ingegnose, sia dal punto di vista della linea e della facilità di pulizia: cassettini per raccogliere gli 80 I A TAVOLA scarti, chiusure di sicurezza,carrelli che scorrono su rulli o cusci- netti. Le affettatrici insomma si dotano sempre più di congegni che hanno un solo scopo: rendere più sicuro e pratico il lavoro del salumiere. I negozi monomarca Berkel pro- ponevano ai negozianti anche bilance, pesa- persone, strumenti per misurare, macchine per affettare il pa- neindustrial- mente e gli affari pro- speravano. problemi sono venuti dopo, con l'avvento delle affettatrici elettriche, più rapide ed economiche delle splendi- de e monu- mentali macchine a mano. Così la Berkel da I 1985 non propone più i suoi modelli più celebri, ormai chic- che per collezionisti e vende esclu- sivamente macchine elettriche. Unica eccezione il modello 114, co- stosissimo: di listino viaggia sui 10 mila euro, 20 milioni di lire, e occorre farlo arrivare dalla Gran Bretagna. Il vero mito delle Berkel, quindi, quello che fa schizza- re le quotazioni alle stelle in pochi anni, nasce proprio quando cessa la produzione dei modelli tradizionali. E nasce la leggenda della "Ferrari dei salumieri", rossa come le fuoriserie su ruote. In realtà esistevano anche versioni ne- re e color avorio, molto usate dai lattai, mentre negli anni Sessanta sono arrivate anche Berkel grigio metallizzato, e qualcuna la si può ancora ve- dere dietro ai banconi di Peck. «Le prime affettatrici messe sul mercato ai primi del Nove- cento avevano un volano a raggi, poi arricchito con una decorazione floreale che fa impazzire i collezionisti», spiega Erik Luca, titolare della Bottega del Restauro di For- novo, vicino a Parma che col- leziona, vende e ripara le Berkel d'epoca. «Purtroppo il bel volano floreale è uscito di produzione nel 1928, in favore di una linea più pulita, anche dal punto di vista igienico, dato che lavare gli intarsi in ghisa è tutt'altro che semplice», interviene Icilio, padre di Erik, anche lui appas- sionato collezionista e restau- ratore dei pezzi più rari. Nel corso degli anni, quindi, la forma del volano cambia, a
favore di linee sempre più semplici: all'inizio resistono le scritte in rilievo con il nome del fabbricante, ma, nel volgere di qualche lustro, l'evoluzione del design porta ai volani senza alcuna dicitura, fino alla maniglia rientrante degli ultimi modelli. Un discorso a parte meritano poi gli apparecchi fabbricati per il mercato inglese: i modelli 20, 21 e 22, infatti, presentano delle piccole ma curiose differenze rispetto quelli prodotti nel resto d'Europa, I carrelli, per esempio sono più lunghi di almeno 7 cm per permettere di alloggiare in tutta la sua ampiezza il salume nazionale, il bacon disteso, e poterlo cosi tagliare più agevolmente. 01tretutto le versioni britanniche sono state le prime ad avere di serie il dispositivo "ultima fetta", un morsetto che permette di tagliare anche quando il prosciutto è quasi finito, senza sprecare nulla e senza rischiare le dita. Un dettaglio comune a tutte le affettatrici, invece, presente dal primo all'ultimo modello, è il piano in vetro opalino; oggi trovare questi piani d'appoggio ancora integri è una chimera, la maggior parte di essi, con il tempo e l'uso, si è rotta o scheggiata e le macchine restaurate devono per forza accontentarsi di un ripiano in vetro satinato o in plastica bianca. Sembra una sciocchezza, ma questo tipo di lastre opaline è ormai introvabile, così come le decalcomanie ad acqua usate dalla Berkel per decorare le sue affettatrici. «Molti pensano che siano dipinte a mano, ma non è così», spiega Erik Luca, {{oggi per riprodurre quei motivi è necessario lavorare con tecniche diverse da quelle industriali utilizzate allora, perché mancano proprio i materiali. Così ho riprodotto i vari disegni (fiori, linee, ghirigori, greche e così via) su mascheri ne e le ridipingo una per una, a mano, esattamente com'erano una volta. Ma si tratta di un lavoro lunghissimo e assai delicato». Altro elemento che rende stimolante collezionare Berkel è il fatto che è molto difficile trovare due modelli davvero uguali: cambia la sfumatura del rosso, cambiano i disegni, addirittura le scritte. Per esempio, quelli prodotti in Italia dopo gli anni Trenta non recano la marca Berkel sul volano ma la dicitura "The Auto Scale & Slicing Machine Co.- Milano" e in piccolo la scritta Berkel, mentre nel resto del mondo il volano riportava il marchio "Van Berkel's Patent Rotterdam Holland". E poi ogni nazione diffondeva il modello più rispondente al mercato, sfruttando i brevetti più congeniali al tipo d'uso. Tanto che persino le affettatrici uscite dalla stessa fabbrica potevano presentare notevoli differenze, a cominciare da optional come la rotella per lo spessore delle fette che in alcuni modelli aveva addirittura 14 tacche, anziché 8. Anche il mercato italiano ha i suoi piccoli segni distintivi. Tanto per cominciare niente piedistallo: la base in ghisa dai piedini a forma di zampa di leone non è stata mai proposta perché i salumieri nostrani usano appoggiare direttamente sul banco le affettatrici. In compenso solo in Italia si produceva il modello P, una macchina piccola e leggera, destinata agli ambulanti, i salumieri Questaaffet- tatrice è un modello 7 (1922-1928), moltoricercatodaicollezionistiperla base in ghisadai piedinidecorati e peril colorenero,pochissimo diffusiin Italia.In basso,undettagliodell'affilalama.Sopra, il pianodi tagliodel modello 20 (1928-1936), moltoamata daisalumieriperla facilità di pulizia.Nell'altrapagina,dall'alto,ancorail modello20 supiedistalloe un particolare deldispositivoperregolare lo spessoredellefette. Sotto,il primo modelloprodotto, l'Adel 1903, e i negozi monomarcadi Genova,Milanoe BergamoapertineglianniTrenta. A TAVOLA I 81
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