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Dalle carte fedeltà a Internet: l'evoluzione del ... - ESCP Europe

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3. Il micromarketing nel mercato virtuale<br />

CONVEGNO “LE TENDENZE DEL MARKETING IN EUROPA”<br />

Il sito web è, nel mercato virtuale, quello che la carta <strong>fe<strong>del</strong>tà</strong> è nel mercato fisico.<br />

In linea teorica, qualsiasi impresa che si è dotata di un sito web è nelle condizioni di fare<br />

micromarketing. Infatti <strong>Internet</strong> obbliga per sua natura le aziende a gestire l’informazione. Come<br />

nel caso <strong>del</strong>la carta <strong>fe<strong>del</strong>tà</strong>, scopriamo però che lo strumento è una condizione necessaria ma non<br />

sufficiente perché l’orientamento alla segmentazione e alla personalizzazione si realizzi.<br />

Abbiamo analizzato i siti web dei retailers europei e americani di cui sono stati studiati i programmi<br />

<strong>fe<strong>del</strong>tà</strong> nel paragrafo precedente, e anche alcuni e-retailers puri. Trattandosi di aziende di rilevanti<br />

dimensioni e familiari con l’information technology, non ci ha stupito che tutte possedessero un<br />

proprio sito. Tuttavia, abbiamo riscontrato che i siti erano molto diversi, dal punto di vista <strong>del</strong>le<br />

potenzialità di micromarketing e li abbiamo quindi classificati in tre gruppi:<br />

1) Siti di prima generazione, che consistono nella semplice trasposizione su <strong>Internet</strong> dei contenuti<br />

comunicazionali cartacei utilizzati come “comunicazione di massa”. Questi siti offrono le stesse<br />

informazioni a tutti (Asda e Conad, ad esempio). In questo caso il sito è probabilmente un<br />

ulteriore medium all’interno <strong>del</strong> “communication mix” <strong>del</strong>l’impresa e il flusso informativo che<br />

lo collega al processo di marketing <strong>del</strong>l’impresa è unidirezionale: i contenuti prodotti nelle varie<br />

funzioni aziendali vanno al sito per esservi “pubblicati”, ma verosimilmente nessuna<br />

informazione proveniente dal web viene reinserita nelle decisioni <strong>del</strong>l’impresa. In questo caso<br />

non vi è nessun uso di <strong>Internet</strong> per il micromarketing.<br />

2) Siti di seconda generazione, che realizzano un primo grado di interattività, ad esempio<br />

permettendo la ricerca di informazioni in un database e il contatto tramite posta elettronica, ma<br />

non raccolgono informazioni sull’utente (Albert Heijn e Migros, ad esempio). Un sito di questo<br />

tipo, oltre a svolgere le funzioni di cui sopra, è uno strumento di customer service, in quanto<br />

permette agli interessati di contattare direttamente l’impresa e di riceverne informazioni e/o<br />

assistenza, tramite l’uso <strong>del</strong>la posta elettronica. Se conservati in un database, gli indirizzi di<br />

posta elettronica possono essere un importante strumento di relazione con soggetti che<br />

dimostrano un interesse nell’impresa, e che quindi potrebbero essere oggetto di iniziative di<br />

marketing (§3.1).<br />

3) Siti di terza generazione, interattivi e personalizzati, nel senso che forniscono informazioni e/o<br />

condizioni di vendita differenziate ai diversi utenti, che vengono riconosciuti in vari modi:<br />

attraverso la registrazione online, attraverso l’inserimento <strong>del</strong> codice <strong>del</strong>la carta <strong>fe<strong>del</strong>tà</strong>,<br />

attraverso l’invio di cookies (vedi §3.1). Verosimilmente, le tecnologie di riconoscimento e<br />

segmentazione utilizzate da questi siti indicano che nessun contatto viene “sprecato”, ma i<br />

clienti e i visitatori vengono identificati e seguiti nel tempo (Big Y, ad esempio).<br />

Le imprese già presenti nel mondo fisico, a differenza degli start up, che nascono per il mercato<br />

virtuale, di solito sviluppano la propria presenza sul web in modo graduale, passando da una<br />

situazione in cui non dispongono di un sito (la maggior parte dei retailers italiani fino al 1998, ad<br />

esempio) fino alle fasi sopra indicate.<br />

Solo quando il retailer fisico decide di intraprendere la strada <strong>del</strong> commercio elettronico e di<br />

utilizzare la Rete come canale di vendita, il sito evolve ad un livello di forte interattività: oltre a<br />

permettere all’utente la ricerca di informazioni, supporta anche le transazioni, abilitando l’ordine o<br />

addirittura il pagamento online dei prodotti e servizi <strong>del</strong>l’impresa (Tesco, Sainsbury’s).<br />

Nel caso infine di retailers virtuali puri, si arriva a siti che sono l’elemento centrale se non<br />

addirittura unico nella relazione <strong>del</strong>l’impresa con i clienti, e che supportano le altre attività di<br />

Università Ca’ Foscari Venezia 24 Novembre 2000<br />

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