Lavoro e Riabilitazione nell'IRCCS - Fondazione Salvatore Maugeri
Lavoro e Riabilitazione nell'IRCCS - Fondazione Salvatore Maugeri
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G Ital Med Lav Erg 2002; 24:2, 167-169 © PI-ME, Pavia 2002<br />
www.gimle.fsm.it<br />
E. Capodaglio<br />
<strong>Lavoro</strong> e <strong>Riabilitazione</strong> nell’IRCCS “<strong>Salvatore</strong> <strong>Maugeri</strong><br />
Direttore Scientifico Centrale <strong>Fondazione</strong> S. <strong>Maugeri</strong>, Clinica del <strong>Lavoro</strong> e della <strong>Riabilitazione</strong>, IRCCS<br />
Nell’anniversario della scomparsa si ricorda oggi il<br />
Prof. <strong>Salvatore</strong> <strong>Maugeri</strong> presentando, ristrutturata, quella<br />
che fu la sua prima realizzazione in Pavia e ribadendo gli<br />
impegni della <strong>Fondazione</strong> per la Medicina Occupazionale<br />
e la Medicina Riabilitativa.<br />
Il primo nucleo della Clinica del <strong>Lavoro</strong> fu inaugurato<br />
in via Boezio nel 1960. Era il secondo Istituto Universitario<br />
di Medicina del <strong>Lavoro</strong> realizzato da <strong>Maugeri</strong>. Il primo<br />
fu quello di Padova, e nel 1952 (50 anni fa) vi entrai anch’io,<br />
seguendo poi sempre il Maestro e partecipando così<br />
all’avventura della nascita e dello sviluppo della <strong>Fondazione</strong>.<br />
Mi si chiede ora di parlarne e uso la memoria di un<br />
cinquantennio di vita e il ricordo che ho sempre vivo del<br />
rapporto personale, profondo, con il prof. <strong>Salvatore</strong> <strong>Maugeri</strong>,<br />
che ha nel tempo sostituito quello, più formale, legato<br />
al ruolo accademico.<br />
Questa memoria e questo ricordo mi consentono di vedere<br />
una linea di continuità nello sviluppo di questa Istituzione<br />
(la <strong>Fondazione</strong>) partendo dal rapporto di <strong>Salvatore</strong><br />
<strong>Maugeri</strong> con la Università e continuando attraverso snodi<br />
decisionali critici, presi del prof. <strong>Maugeri</strong>. Di estrazione,<br />
formazione e cultura clinica, <strong>Salvatore</strong> <strong>Maugeri</strong> era soprattutto<br />
dominato dalla volontà di realizzare, non per ottenere<br />
potere, che pure sapeva bene usare, ma perché così<br />
interpretava il suo servizio nel ruolo accademico. A Padova<br />
prima, a Pavia poi, nel decennio ’50-’60, riuscì a dotare<br />
le sue Cattedre di una struttura universitaria, “Istituto di<br />
Medicina del <strong>Lavoro</strong>”. Erano i tempi dei grandi rischi occupazionali<br />
monofattoriali, costituiti da macrodosi (silice,<br />
piombo, solfuro di carbonio, cloruro di vinile, amianto,<br />
benzolo) generati da uno sviluppo industriale postbellico<br />
violento, irriguardoso del rischio per il lavoratore e per<br />
l’ambiente, in assenza di condotta preventiva. La patologia<br />
che negli anni ’50-’60 arrivava agli Istituti Universitari era<br />
il più delle volte irreversibile, senza spazio per prognosi<br />
favorevoli, e l’impegno del medico era per questo frustrante<br />
ma insieme stimolante per le ampie possibilità di ricerca<br />
tesa a chiarire la patogenesi e la fisiopatologia di malattie<br />
professionali (ora presenti solo nei paesi in via di sviluppo),<br />
ed a fornire criteri valutativi del danno, la cui riparazione<br />
monetaria costituiva il perno del sistema previdenziale-assicurativo,<br />
mentre il sistema sanitario era completamente<br />
assente e il rischio veniva apertamente mercanteggiato<br />
nei contratti di lavoro. <strong>Maugeri</strong>, clinico, capì che<br />
occorreva correggere il tiro e differenziare la ricerca dalla<br />
clinica. Volle quindi uno strumento per contrastare all’origine<br />
il rischio, identificando e misurando l’agente responsabile,<br />
come premessa al suo contenimento. Nacque a Pavia<br />
il Laboratorio per l’Igiene Industriale e per il monitoraggio<br />
delle esposizioni a rischio. Volle anche una struttura<br />
sanitaria, in grado di agire almeno sulla funzione, compromessa<br />
da processi patologici di per sé poco sensibili alla<br />
terapia. E nacquero (per necessità logistiche fuori Pavia)<br />
i Centri di <strong>Riabilitazione</strong>. Per far questo però erano necessarie<br />
due cose. Anzitutto uno strumento che, pure assicurando<br />
alla disciplina universitaria d’origine il necessario<br />
sussidio ai compiti didattici, di ricerca e di assistenza, garantisse<br />
anche l’autonomia decisionale indispensabile per<br />
proprie iniziative biomediche non condizionate da rigidità<br />
procedurali e amministrative.<br />
Lo strumento fu la “<strong>Fondazione</strong> pro Clinica del <strong>Lavoro</strong>”<br />
riconosciuta personalità giuridica (DPR 991/1965),<br />
poi diventata il primo IRCCS sorto in Pavia (DM<br />
21/11/1969), intitolato a <strong>Salvatore</strong> <strong>Maugeri</strong> dopo la Sua<br />
scomparsa (DM 30/5/95), come “Clinica del <strong>Lavoro</strong> e<br />
della <strong>Riabilitazione</strong>”.<br />
Era necessario inoltre superare la rigidità monodisciplinare<br />
delle materie-base. La Medicina del <strong>Lavoro</strong> si<br />
identificava allora con una sola competenza medica specialistica.<br />
Ma il campo sanitario-sociale del “<strong>Lavoro</strong>” richiedeva<br />
anche altre componenti, mediche (fisiologiche e<br />
tossicologiche) e non mediche (chimiche, fisiche). E la<br />
<strong>Riabilitazione</strong> era appannaggio della Fisiatria, mentre la<br />
varietà e peculiarità delle menomazioni funzionali richiedevano<br />
interventi mirati, innestabili senza soluzioni di<br />
continuità con i percorsi clinici curativi specialistici. La<br />
<strong>Riabilitazione</strong> voluta da <strong>Maugeri</strong> fu, in contrasto con la<br />
corrente dominante, funzionale e specialistica incentrata<br />
su tre grandi raggruppamenti di patologie disabilitanti<br />
(Neuromotoria, Cardiologica, Pneumologica), e tale è riconoscibile<br />
anche ora in gran parte dei Centri. In Pavia, già<br />
in Via Boezio, fu però possibile allargare la cerchia delle<br />
patologie, affrontando nell’adulto situazioni di grave disabilità<br />
per: nefropatie terminali; neoplasie non trattabili chirurgicamente,<br />
o con malattia residua all’intervento o con<br />
esiti funzionali gravi; patologie croniche internistiche. E<br />
tutto ciò grazie a collaboratori dei quali <strong>Salvatore</strong> <strong>Maugeri</strong><br />
seppe circondarsi. Era anche una necessità del territorio,<br />
cui si dava per primi una risposta, e la si dà tuttora nel nuovo<br />
Centro di Pavia.
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Da questi snodi decisionali, il percorso logico è continuato<br />
anche dopo la scomparsa del prof. <strong>Maugeri</strong>.<br />
L’evoluzione temporale del contesto sociale e sanitario<br />
nei suoi parametri demografici (invecchiamento della popolazione),<br />
produttivi (tecnologie che rendono ubiquitari i<br />
rischi produttivi, con microdosi composite che creano situazioni<br />
epidemiologiche nuove e polifattoriali), previdenziali<br />
(necessità di promuovere le capacità partecipative del<br />
disabile, dell’anziano, del cronico), fanno sì che “<strong>Lavoro</strong>”<br />
abbia oggi il significato di attività personale finalizzata a<br />
compiti che vanno da quelli dell’autosufficienza a quelli liberamente<br />
scelti, a quelli organizzati nei cicli e negli ambienti<br />
di lavoro.<br />
E di conseguenza la parola composita “Ri-Abilitazione”<br />
per la età adulta e anziana deve assumere un significato<br />
“olistico” riferibile all’intera persona, ma a doppia valenza:<br />
da un lato rispetto e considerazione della formazione<br />
e abilità acquisite nella vita, dall’altro un obiettivo di ripresa<br />
di attività compatibili con la menomazione che permane<br />
dopo il dovuto recupero funzionale.<br />
“Dis-Abilità” è la condizione di salute conseguente a<br />
patologie congenite od acquisite non guarite; nella Sanità<br />
è l’oggetto della <strong>Riabilitazione</strong> e, nel “Welfare”, della tutela<br />
previdenziale, assicurativa, e preventiva dell’handicap.<br />
Va pensata, pronunciata e scritta con pausa o trattino<br />
di interiezione, a precisarne i due significati:<br />
– significato negativo, di perdita funzionale (dis-) percentuale<br />
rispetto ad un valore di normalità statistica. È<br />
oggetto di provvedimenti riparativi che sono: nella Sanità<br />
il recupero o il mantenimento funzionale (<strong>Riabilitazione</strong><br />
Funzionale); nelle Assicurazioni sociali l’indennizzo<br />
economico della menomazione;<br />
– significato positivo, di potenzialità (abilità) dell’intera<br />
persona ad un ruolo attivo. Vi partecipa naturalmente e<br />
comunque il recupero funzionale specifico ottenuto in<br />
<strong>Riabilitazione</strong> Funzionale (che ha sempre una valenza<br />
occupazionale), ma anche il suo reinserimento guidato<br />
in una attività generica o specifica finalizzata, caratterizzante<br />
un ruolo sociale dell’individuo, alla quale concorrono<br />
altre funzioni individuali o ausili esterni. Su<br />
questa componente “positiva” della “dis-abilità” può<br />
agire quindi la <strong>Riabilitazione</strong>, con un complemento di<br />
prestazioni polidisciplinari, trasversali alla specificità<br />
del recupero funzionale, utilizzando come strumento terapeutico<br />
attività finalizzate e graduate delle quali sia<br />
possibile ottimizzare l’esecuzione e misurare il costo (in<br />
termini energetici, biomeccanici, produttivi) e la risposta<br />
individuale (in termini di livello e durata di impegno<br />
sostenibile) (<strong>Riabilitazione</strong> e Terapia Occupazionale).<br />
La componente “positiva” dello stato di salute del disabile<br />
è anche oggetto di tutela previdenziale mirata<br />
(assistenza sociale) e di tutela preventiva (diritto al lavoro<br />
del disabile, prevenzione dell’handicap), ed è<br />
preconizzata in recenti leggi nei piani socio-sanitari<br />
regionali. La <strong>Riabilitazione</strong> così intesa si colloca in<br />
una zona di “overlapping” tra sanità e sistema sociale,<br />
e qui si posiziona anche la misura del rendimento sociale<br />
della <strong>Riabilitazione</strong> in termini di recupero d’attività,<br />
qualità della vita, ridotta ospedalizzazione, rapporto<br />
costo/benefici.<br />
La ricerca biomedica applicata alla dis-abilità può fornire<br />
nel tempo i criteri di misura e valutazione che ancora<br />
mancano e senza i quali si deve ricorrere a stime<br />
osservazionali e ad una utilizzazione impropria di parametri<br />
tabellari basati sulla valutazione del danno, o di<br />
giudizi discrezionali di commissioni varie.<br />
La ricerca e le prestazioni sanitarie in questa <strong>Riabilitazione</strong><br />
Occupazionale richiedono però una conoscenza<br />
ergonomica delle attività umane e del contesto in cui<br />
vengono svolte (ambiente, posto di lavoro). Qui la<br />
<strong>Fondazione</strong> deve e può dare precisi obiettivi di ricerca<br />
e assistenziali per la popolazione adulto-anziana, al binomio<br />
“LAVORO-RIABILITAZIONE” che la identifica<br />
nel sistema degli IRCCS.<br />
L’evidenza di questo problema sanitario di importanza<br />
sociale è nella comparsa in Italia delle leggi: 428 del 1968;<br />
104 del 1992; 68 del 1999; 328 del 2000.<br />
Tutte hanno chiari obiettivi ma sono carenti di strumenti<br />
attuativi e di criteri valutativi, ancora non definiti.<br />
Si dovrà arrivare ad una misura in positivo delle attività<br />
compatibili con una menomazione (dopo il recupero terapeutico<br />
funzionale di quest’ultima), misura possibile solo<br />
in ambito sanitario; la ricerca in <strong>Fondazione</strong> può contribuire<br />
alla disponibilità di criteri e metodologie.<br />
In tale ottica si muove l’OMS, con le successive presentazioni<br />
di sistemi di valutazioni e classificazioni delle conseguenze<br />
di malattie (ICIDH 1980, ICIDH2 1997, ICF<br />
2002), il primo ancorato alla nosografia, gli altri alla disabilità<br />
interpretata come serie di attività, ciascuna valutata con<br />
punteggio di difficoltà su base anamnestico-osservazionale.<br />
In tale direzione vanno anche i rilievi statistici sull’invecchiamento<br />
della popolazione e su rendite definite (col<br />
criterio medico legale e quindi sempre con una lettura in<br />
negativo della disabilità) per le invalidità da lavoro e civile<br />
sulle quali esistono solo dati parziali.<br />
Una interpretazione positiva della disabilità in un mercato<br />
libero del lavoro assai diverso dal nostro è quello dello<br />
statuto federale ADA (USA - 1990) partito da una indagine<br />
del Congresso Americano che aveva rilevato che 43 milioni<br />
di persone (cioè il 17 % della popolazione) erano portatrici<br />
di danni comportanti una qualche menomazione delle principali<br />
funzioni e che tale condizione esponeva a discriminazione<br />
nei confronti di una occupazione che l’individuo ritenesse<br />
poter affrontare. Da ciò una legge federale (A.D.A.)<br />
antidiscriminazione. Un aspetto di tale legge è forse mutuabile:<br />
l’obbligo di fornire, in assunzione, completa informazione<br />
sulle richieste (energetiche, meccaniche, neurosensoriali,<br />
formative ecc.) del compito lavorativo.<br />
Pertanto ferma restando l’importanza di una RIABILI-<br />
TAZIONE FUNZIONALE, differenziata per gruppi nosografici<br />
di disabilità e su percorsi secondo stadiazione di<br />
gravità, gli obiettivi per la Medicina Occupazionale e Riabilitativa<br />
unificanti i settori del <strong>Lavoro</strong> e della <strong>Riabilitazione</strong>,<br />
dalla ricerca alla assistenza, sono:<br />
l’AMBIENTE<br />
– identificazione di nuovi fattori di rischio chimico, fisico,<br />
biologico e dosaggio ambientale dell’inquinamento<br />
(dose esterna);
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– monitoraggio della dose interna e studio di indicatori di<br />
effetti precoci e delle modalità di azione;<br />
– studio ergonomico (osservazionale - metabolico - biomeccanico<br />
- percettivo) dei carichi ambientali e organizzativi<br />
del posto di lavoro e della mansione;<br />
le ATTIVITÀ<br />
– classificazioni delle attività pregresse del disabile, punto<br />
anamnestico di riferimento per la <strong>Riabilitazione</strong> Occupazionale,<br />
e per una stima prognostica in <strong>Riabilitazione</strong><br />
Funzionale;<br />
– osservazione e classificazione psicometrica delle attività<br />
fondamentali per l’autosufficienza;<br />
– simulazione di attività submassimali critiche per l’individuo<br />
nelle disabilità energetiche (patologie cardiorespiratorie<br />
postacute e croniche) e nelle patologie neuromotorie<br />
(da processi menomanti la produzione e l’e-<br />
secuzione di movimenti e postura) con sviluppo di metodi<br />
e criteri per la misura di:<br />
– livello energetico richiesto, potenza biomeccanica<br />
erogata e durata sostenibile senza rischio,<br />
– parametri del movimento (forza, accelerazione, ritmi,<br />
distanze, etc.) ottimali rispetto alla sopportabilità<br />
nel tempo,<br />
– messa in opera di programmi individuali di terapia<br />
occupazionale.<br />
Sarebbe assicurata la continuità nell’evoluzione dello<br />
“strumento” creato da <strong>Salvatore</strong> <strong>Maugeri</strong>, dalla ormai lontana<br />
origine al futuro prossimo venturo; mantenendo l’identità<br />
fornita dal binomio “<strong>Lavoro</strong> - <strong>Riabilitazione</strong>” e coltivando<br />
il nuovo campo di ricerca biomedica applicata ai<br />
processi produttivi e ad una attività sociale compatibile<br />
con lo stato di salute e con i condizionamenti ambientali.